Alimentazione ed evoluzione dei primati -...

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Alimentazione ed evoluzione dei primati Molte caratteristiche dei moderni primati, che anche la specie umana condivide, potrebbero derivare dall'abitudine del nostro antico antenato comune di procacciarsi il nutrimento nella volta della foresta tropicale di Katharine Milton I giovani scimpanzé vanno in cerca di frutti che costituiscono la parte preponde- rante della loro dieta integrata da foglie e da pochi animali. Nella foresta tropica- le procurarsi il cibo necessario a un'alimentazione adeguata è impresa molto più ardua di quanto non si pensasse. L'autrice sostiene che le soluzioni alimentari adot- tate dai più antichi primati abbiano influenzato l'evoluzione dell'ordine a cui es- si appartengono insieme all'uomo. I disegni della pagina a fronte mostrano tipi- che parti commestibili di piante a disposizione degli animali nella foresta tropicale. F ino a non più di 20 anni fa, la volta della foresta tropicale era consi- derata un luogo di facile approv- vigionamento alimentare per le proscim- mie, le scimmie e le scimmie antropo- morfe. Si riteneva comunemente che i nostri parenti primati non dovessero far altro che allungare un braccio per pro- curarsi cibo direttamente sotto forma di foglie, fiori, frutti o altre parti comme- stibili di alberi e liane. Da allora, gli sforzi per comprendere la realtà dei fatti hanno portato a superare questa conce- zione erronea. I miei studi sul campo provano di fat- to che ottenere un adeguato nutrimento nella volta della foresta tropicale - l'am- biente nel quale i primati si sono evoluti - è, in realtà, un'impresa tutt'altro che facile. Questa ricerca, associata al lavoro complementare di altri, ha condotto an- che a un'altra considerazione: le strate- gie adottate dai più antichi primati per fronteggiare le necessità alimentari nel- l'ambiente arboricolo hanno influenzato profondamente la traiettoria evolutiva dell'ordine stesso dei primati, e in parti- .... .. ,. .. . .......,.. uL,gii atm upknui kiiii i avi unte L i ic comprende scimmie, scimmie antropo- morfe e uomo). Le ricerche successive indicano, inol- tre, che gli alimenti di cui si nutre oggi l'uomo, specialmente nei paesi più indu- strializzati, assomigliano ben poco alla dieta vegetariana privilegiata dagli an- tropoidi fin dal momento della loro com- parsa. Tutto ciò alimenta il sospetto che numerosi problemi di salute comuni alle nazioni tecnologicamente avanzate pos- sano essere almeno in parte il risultato della discordanza tra la dieta attuale e quella alla quale il nostro organismo si è adattato nel corso di un'evoluzione du- rata milioni di anni. Potrei giungere ad affermare che le prove sinora raccolte forniscono una spiegazione della storia evolutiva dei primati in termini soprat- tutto alimentari. La nostra storia ha inizio oltre 55 mi- lioni di anni fa, successivamente alla dif- fusione delle foreste di angiosperme su tutto il pianeta avvenuta nel tardo Cre- taceo (da 94 a 64 milioni di anni fa). A quell'epoca alcuni piccoli mammiferi insettivori, simili a toporagni arboricoli, si arrampicavano sugli alberi, presumi- bilmente alla ricerca di insetti impolli- natori. Ma i loro discendenti finirono per orientarsi in prevalenza verso le parti commestibili delle piante della volta fo- restale, e questo fu il cambiamento che . . . gcLtU 1C liabl pel lcl LO1I141S4 dell-OIC.1111C dei primati. La selezione naturale favorisce deci- samente quei caratteri che aumentano l'efficienza di foraggiamento. Quindi, mentre durante il tempo dell'evoluzione (migliaia, se non milioni di anni) le fonti di cibo vegetale andavano assumendo un'importanza via via maggiore, la sele- zione favoriva gradualmente quell'insie- me di caratteri che attualmente ricono- sciamo propri dei primati. La maggior parte di questi caratteri riguarda facilita- zioni di movimento e foraggiamento su- gli alberi. La selezione, per esempio, ha favorito lo sviluppo delle mani per af- ferrare piccoli rami e manipolare il ci- bo trovato. La pressione selettiva ha anche fa- vorito un considerevole miglioramento dell'apparato visivo (compresa la perce- zione della profondità, la maggiore acui- tà visiva e la visione dei colori), aiutan- do così i primati a muoversi agevolmen- te nella volta forestale e a distinguere con facilità i frutti maturi o le tenere fo- glie giovani. Questa pressione ha favo- rito un aumento dell'elasticità di com- portamento assieme alla capacità di im- parare a riconoscere e individuare le di- verse parti commestibili delle piante. A loro volta, i vantaggi derivati dal miglio- ramento delle capacità visive e cognitive hanno favorito lo sviluppo di un cervello sii aoiuiiiai ianieme gi antie, t:m allei e eiic contraddistingue i primati sin dalla lo- ro comparsa. Con il trascorrere del tempo, i prima- ti si sono differenziati secondo diverse linee evolutive: dapprima le proscim- mie, la maggior parte delle quali doveva estinguersi più tardi, e poi le scimmie e le scimmie antropomorfe. Inizialmente, ogni linea evolutiva è comparsa in rispo- sta alla pressione di una nicchia alimen- tare un po' diversa; nella volta forestale si richiedono capacità differenti per di- ventare efficienti consumatori di un par- ticolare sottoinsieme di cibi. Inoltre le nuove pressioni alimentari che condizio- narono alcuni dei nostri antenati apriro- no la strada allo sviluppo dell'uomo at- tuale. Perciò, in larga misura, «siamo» realmente ciò che mangiamo. I l mio interesse sul ruolo della dieta nell'evoluzione dei primati è derivato da una ricerca iniziata nel 1974. Mentre stavo decidendo l'argomento per la tesi di dottorato in antropologia fisica, ho vi- sitato la foresta tropicale dell'isola di Barro Colorado, nella Repubblica di Pa- nama. Le ricerche effettuate negli anni trenta sull'aluatta dal mantello (Alouatta palliata) proprio in quella località dove- vano involontariamente contribuire a rafforzare l'impressione che questi pri- mati si «godessero la vita» nella volta della foresta. Ma durante le prime settimane di stu- dio sul campo mi accorsi che gli esem- plari di aluatta non si comportavano se- condo le attese. Invece di rimanere se- duti su un albero a mangiare qualsiasi cosa capitasse loro a portata di mano, si davano da fare per cercare cibi partico- lari, scartando molto materiale apparen- temente apprezzabile. Anche quando trovavano un cibo gradito non erano soddisfatti. Sembrava piuttosto che fos- sero spinti alla ricerca di una mescolan- za di foglie e frutti, raccolti da molte specie diverse di piante. Il vecchio dogma, duro a morire, ap- pariva a questo punto chiaramente trop- po semplicistico. Decisi sui due piedi di approfondire la conoscenza dell'aluatta e degli altri antropoidi, studiando i loro comportamenti alimentari nella foresta tropicale. Speravo anche di intuire alcu- ne delle strategie che questi animali ave- vano adottato durante la loro evoluzione per far fronte a difficoltà alimentari di vario genere. I problemi che questi animali si tro- vano a dover affrontare sono multifor- mi. Le piante, per esempio, non poten- do evidentemente sfuggire ai loro preda- tori, hanno sviluppato particolari forme di difesa per evitare la perdita delle loro parti commestibili. Queste protezioni in- cludono una vasta gamma di sostanze chimiche, i cosiddetti composti seconda- ri (tannini, alcaloidi e terpenoidi). Nel migliore dei casi queste sostanze hanno sapore repellente, nel peggiore sono ad- dirittura letali. Inoltre le cellule vegetali sono delimi- tate da una parete costituita da sostanze indicate complessivamente come fibra, sostanze che resistono all'aggressione da parte degli enzimi digestivi dei mam- miferi. Tra i costituenti della fibra vi sono i carboidrati strutturali - cellu- losa ed emicellulosa - e la lignina; insie- me, queste sostanze conferiscono alle pareti della cellula vegetale forma, soli- dità e robustezza. Un'eccessiva ingestio- ne di fibra è inopportuna perché, se non viene digerita, essa non fornisce energia e occupa spazio nell'intestino, impeden- do, finché non viene escreta, l'assimila- zione di sostanze più nutrienti. Come si vedrà, molti primati, compreso l'uomo, riescono a estrarre dalla fibra una certa quantità di energia, o calorie, sebbene manchino degli enzimi che la possono degradare. Ma il processo richiede mol- to tempo ed è quindi potenzialmente problematico. Le sfide dietetiche poste dagli alberi e dai rampicanti non si esauriscono qui. Numerosi alimenti vegetali sono privi di una o più sostanze nutritive essenziali per il metabolismo animale, come parti- colari vitamine o amminoacidi (i costi- tuenti delle proteine), oppure scarseg- giano dei carboidrati ad alta digeribi- lità (amidi e zuccheri) che forniscono energia. Di solito, quindi, gli animali la cui dieta è essenzialmente vegetale, per far fronte al proprio fabbisogno alimen- tare giornaliero, devono reperire fonti nutritive complementari, e questa neces- sità complica notevolmente la loro ricer- ca di cibo. Per esempio, la maggior parte dei pri- mati arboricoli si concentra sui frutti maturi e sulle foglie, spesso integrando una dieta prevalentemente erbivora con insetti e altre sostanze animali. I frutti sono per lo più alimenti di buona qualità (ricchi di carboidrati ad alta digeribilità e relativamente poveri di fibra), ma con- tengono poche proteine. Dal momento che tutti gli animali abbisognano di una quantità minima di proteine, i frugivori devono trovare anche fonti di amminoa- cidi. Per di più nella foresta i cibi di qua- lità più elevata tendono a essere i più scarsi. Le foglie offrono una quantità maggiore di proteine e sono più abbon- danti dei frutti, ma di qualità inferiore (hanno un contenuto energetico più bas- 66 LE SCIENZE n. 302, ottobre 1993 LE SCIENZE n. 302, ottobre 1993 67

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Alimentazione ed evoluzionedei primati

Molte caratteristiche dei moderni primati, che anche la specie umanacondivide, potrebbero derivare dall'abitudine del nostro antico antenatocomune di procacciarsi il nutrimento nella volta della foresta tropicale

di Katharine Milton

I giovani scimpanzé vanno in cerca di frutti che costituiscono la parte preponde-rante della loro dieta integrata da foglie e da pochi animali. Nella foresta tropica-le procurarsi il cibo necessario a un'alimentazione adeguata è impresa molto piùardua di quanto non si pensasse. L'autrice sostiene che le soluzioni alimentari adot-tate dai più antichi primati abbiano influenzato l'evoluzione dell'ordine a cui es-si appartengono insieme all'uomo. I disegni della pagina a fronte mostrano tipi-che parti commestibili di piante a disposizione degli animali nella foresta tropicale.

F

ino a non più di 20 anni fa, la voltadella foresta tropicale era consi-derata un luogo di facile approv-

vigionamento alimentare per le proscim-mie, le scimmie e le scimmie antropo-morfe. Si riteneva comunemente che inostri parenti primati non dovessero faraltro che allungare un braccio per pro-curarsi cibo direttamente sotto forma difoglie, fiori, frutti o altre parti comme-stibili di alberi e liane. Da allora, glisforzi per comprendere la realtà dei fattihanno portato a superare questa conce-zione erronea.

I miei studi sul campo provano di fat-to che ottenere un adeguato nutrimentonella volta della foresta tropicale - l'am-biente nel quale i primati si sono evoluti- è, in realtà, un'impresa tutt'altro chefacile. Questa ricerca, associata al lavorocomplementare di altri, ha condotto an-che a un'altra considerazione: le strate-gie adottate dai più antichi primati perfronteggiare le necessità alimentari nel-l'ambiente arboricolo hanno influenzatoprofondamente la traiettoria evolutivadell'ordine stesso dei primati, e in parti-.... .. ,. .. ........,.. uL,gii atm upknui kiiii i avi unte L i iccomprende scimmie, scimmie antropo-morfe e uomo).

Le ricerche successive indicano, inol-tre, che gli alimenti di cui si nutre oggil'uomo, specialmente nei paesi più indu-strializzati, assomigliano ben poco alla

dieta vegetariana privilegiata dagli an-tropoidi fin dal momento della loro com-parsa. Tutto ciò alimenta il sospetto chenumerosi problemi di salute comuni allenazioni tecnologicamente avanzate pos-sano essere almeno in parte il risultatodella discordanza tra la dieta attuale equella alla quale il nostro organismo siè adattato nel corso di un'evoluzione du-rata milioni di anni. Potrei giungere adaffermare che le prove sinora raccolteforniscono una spiegazione della storiaevolutiva dei primati in termini soprat-tutto alimentari.

La nostra storia ha inizio oltre 55 mi-lioni di anni fa, successivamente alla dif-fusione delle foreste di angiosperme sututto il pianeta avvenuta nel tardo Cre-taceo (da 94 a 64 milioni di anni fa). Aquell'epoca alcuni piccoli mammiferiinsettivori, simili a toporagni arboricoli,si arrampicavano sugli alberi, presumi-bilmente alla ricerca di insetti impolli-natori. Ma i loro discendenti finirono perorientarsi in prevalenza verso le particommestibili delle piante della volta fo-restale, e questo fu il cambiamento che. . .gcLtU 1C liabl pel lcl LO1I141S4 dell-OIC.1111C

dei primati.La selezione naturale favorisce deci-

samente quei caratteri che aumentanol'efficienza di foraggiamento. Quindi,mentre durante il tempo dell'evoluzione(migliaia, se non milioni di anni) le fonti

di cibo vegetale andavano assumendoun'importanza via via maggiore, la sele-zione favoriva gradualmente quell'insie-me di caratteri che attualmente ricono-sciamo propri dei primati. La maggiorparte di questi caratteri riguarda facilita-zioni di movimento e foraggiamento su-gli alberi. La selezione, per esempio, hafavorito lo sviluppo delle mani per af-ferrare piccoli rami e manipolare il ci-bo trovato.

La pressione selettiva ha anche fa-vorito un considerevole miglioramentodell'apparato visivo (compresa la perce-zione della profondità, la maggiore acui-tà visiva e la visione dei colori), aiutan-do così i primati a muoversi agevolmen-te nella volta forestale e a distinguerecon facilità i frutti maturi o le tenere fo-glie giovani. Questa pressione ha favo-rito un aumento dell'elasticità di com-portamento assieme alla capacità di im-parare a riconoscere e individuare le di-verse parti commestibili delle piante. Aloro volta, i vantaggi derivati dal miglio-ramento delle capacità visive e cognitivehanno favorito lo sviluppo di un cervellosii aoiuiiiai ianieme gi antie, t:m allei e eiiccontraddistingue i primati sin dalla lo-ro comparsa.

Con il trascorrere del tempo, i prima-ti si sono differenziati secondo diverselinee evolutive: dapprima le proscim-mie, la maggior parte delle quali doveva

estinguersi più tardi, e poi le scimmie ele scimmie antropomorfe. Inizialmente,ogni linea evolutiva è comparsa in rispo-sta alla pressione di una nicchia alimen-tare un po' diversa; nella volta forestalesi richiedono capacità differenti per di-ventare efficienti consumatori di un par-ticolare sottoinsieme di cibi. Inoltre lenuove pressioni alimentari che condizio-narono alcuni dei nostri antenati apriro-no la strada allo sviluppo dell'uomo at-tuale. Perciò, in larga misura, «siamo»realmente ciò che mangiamo.

I l mio interesse sul ruolo della dieta nell'evoluzione dei primati è derivato

da una ricerca iniziata nel 1974. Mentrestavo decidendo l'argomento per la tesidi dottorato in antropologia fisica, ho vi-sitato la foresta tropicale dell'isola diBarro Colorado, nella Repubblica di Pa-nama. Le ricerche effettuate negli annitrenta sull'aluatta dal mantello (Alouattapalliata) proprio in quella località dove-vano involontariamente contribuire arafforzare l'impressione che questi pri-mati si «godessero la vita» nella voltadella foresta.

Ma durante le prime settimane di stu-dio sul campo mi accorsi che gli esem-plari di aluatta non si comportavano se-condo le attese. Invece di rimanere se-duti su un albero a mangiare qualsiasicosa capitasse loro a portata di mano, sidavano da fare per cercare cibi partico-lari, scartando molto materiale apparen-temente apprezzabile. Anche quandotrovavano un cibo gradito non eranosoddisfatti. Sembrava piuttosto che fos-sero spinti alla ricerca di una mescolan-za di foglie e frutti, raccolti da moltespecie diverse di piante.

Il vecchio dogma, duro a morire, ap-pariva a questo punto chiaramente trop-po semplicistico. Decisi sui due piedi diapprofondire la conoscenza dell'aluattae degli altri antropoidi, studiando i lorocomportamenti alimentari nella forestatropicale. Speravo anche di intuire alcu-ne delle strategie che questi animali ave-vano adottato durante la loro evoluzioneper far fronte a difficoltà alimentari divario genere.

I problemi che questi animali si tro-vano a dover affrontare sono multifor-mi. Le piante, per esempio, non poten-do evidentemente sfuggire ai loro preda-tori, hanno sviluppato particolari formedi difesa per evitare la perdita delle loroparti commestibili. Queste protezioni in-cludono una vasta gamma di sostanzechimiche, i cosiddetti composti seconda-ri (tannini, alcaloidi e terpenoidi). Nelmigliore dei casi queste sostanze hannosapore repellente, nel peggiore sono ad-dirittura letali.

Inoltre le cellule vegetali sono delimi-tate da una parete costituita da sostanzeindicate complessivamente come fibra,sostanze che resistono all'aggressioneda parte degli enzimi digestivi dei mam-miferi. Tra i costituenti della fibra visono i carboidrati strutturali - cellu-

losa ed emicellulosa - e la lignina; insie-me, queste sostanze conferiscono allepareti della cellula vegetale forma, soli-dità e robustezza. Un'eccessiva ingestio-ne di fibra è inopportuna perché, se nonviene digerita, essa non fornisce energiae occupa spazio nell'intestino, impeden-do, finché non viene escreta, l'assimila-zione di sostanze più nutrienti. Come sivedrà, molti primati, compreso l'uomo,riescono a estrarre dalla fibra una certaquantità di energia, o calorie, sebbenemanchino degli enzimi che la possonodegradare. Ma il processo richiede mol-to tempo ed è quindi potenzialmenteproblematico.

Le sfide dietetiche poste dagli alberie dai rampicanti non si esauriscono qui.Numerosi alimenti vegetali sono privi diuna o più sostanze nutritive essenzialiper il metabolismo animale, come parti-colari vitamine o amminoacidi (i costi-tuenti delle proteine), oppure scarseg-giano dei carboidrati ad alta digeribi-lità (amidi e zuccheri) che forniscono

energia. Di solito, quindi, gli animali lacui dieta è essenzialmente vegetale, perfar fronte al proprio fabbisogno alimen-tare giornaliero, devono reperire fontinutritive complementari, e questa neces-sità complica notevolmente la loro ricer-ca di cibo.

Per esempio, la maggior parte dei pri-mati arboricoli si concentra sui fruttimaturi e sulle foglie, spesso integrandouna dieta prevalentemente erbivora coninsetti e altre sostanze animali. I fruttisono per lo più alimenti di buona qualità(ricchi di carboidrati ad alta digeribilitàe relativamente poveri di fibra), ma con-tengono poche proteine. Dal momentoche tutti gli animali abbisognano di unaquantità minima di proteine, i frugivoridevono trovare anche fonti di amminoa-cidi. Per di più nella foresta i cibi di qua-lità più elevata tendono a essere i piùscarsi. Le foglie offrono una quantitàmaggiore di proteine e sono più abbon-danti dei frutti, ma di qualità inferiore(hanno un contenuto energetico più bas-

66 LE SCIENZE n. 302, ottobre 1993LE SCIENZE n. 302, ottobre 1993 67

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E GRANDI SCIMMIESCIMMIE CATARRINE

macaco

L'albero evolutivo dei primati ha origine nel tardo Cretaceo,quando un piccolo insettivoro cominciò ad arrampicarsi suglialberi per sfruttare le opportunità alimentari offerte dalle fo-reste di angiosperme allora in espansione. Quando i discen-

denti di questo mammifero (a sinistra dell'albero) si adattaro-no alla nicchia alimentare della volta forestale, si svilupparonoquei caratteri considerati oggi tipici dei primati, come il mu-so e le unghie arrotondati (al posto di artigli). Queste forme

IL PICCOLO MAMMIFERO INSETTIVOROSI ARRAMPICA SUGLI ALBERI

u_30_ OLIGOCENE

3 Eo 40 -35

EOCENE

50 -

60 PALEOCENE

70- TARDOCRETACEO

so e una maggior quantità di fibra) e conmaggiore probabilità includono sostanzechimiche repellenti.

Nella foresta tropicale, dove vivonocentinaia di specie di alberi, la necessitàdi mescolare alimenti vegetali diversi èresa ancora più pressante dall'enormedistanza tra alberi della stessa specie. Unanimale che si affidasse per la propriadieta a una sola specie sarebbe costrettoa grandi sforzi per spostarsi da una pian-ta all'altra. Inoltre gli alberi presentanomassimi e minimi stagionali di produtti-vità riguardo ai frutti e alle foglie giova-ni di cui i primati sono ghiotti, e ciò ren-de vieppiù insostenibile l'affidarsi a unasola specie vegetale.

Da una prospettiva specificamente e-volutiva, a un animale vegetariano

si possono presentare due strategie dibase per tener testa ai numerosi proble-mi che abbiamo esposto. In una, la mor-fologia regna incontrastata: su lunghi in-tervalli di tempo la selezione naturalepuò favorire l'acquisizione di specializ-zazioni anatomiche - soprattutto del trat-to digerente - che attenuano la necessitàdi investire tempo ed energia nella ricer-ca dei soli cibi di elevata qualità. Vale adire, gli adattamenti morfologici con-sentono agli animali di utilizzare partidi piante reperibili ovunque, come le fo-glie adulte (facilmente disponibili, ma

di qualità non particolarmente elevata).I colobidi, una famiglia di primati del

Vecchio Mondo (catarrini) offrono uneccellente esempio di questa strategia.A differenza di quanto avviene nei ti-pici primati, uomo compreso, carat-terizzati dal possedere uno stomaco adambiente acido e a concamerazione uni-ca, il tratto digerente dei colobidi siespande in uno stomaco compartimenta-to - o sacculato - funzionalmente analo-go a quello dei ruminanti. Questa spe-cializzazione anatomica consente a que-ste scimmie di utilizzare la fibra in modoefficiente.

Le foglie masticate scendono, attra-verso l'esofago, nello stomaco anteriore,il primo dei due compartimenti. Qui, inambiente alcalino, i batteri cellulosoliticisopperiscono alla carenza degli enzimidigestivi dell'animale, cioè degradano lafibra. Nel processo di fermentazione essiattaccano la cellulosa e l'emicellulosadelle pareti cellulari vegetali, utilizzandoproprio tali composti come fonte dienergia per le loro attività. Quando i bat-teri degradano la fibra, liberano un gasdi acidi grassi volatili. Questo gas, attra-verso la parete dello stomaco, giunge alcircolo sanguigno, e rifornisce quindi dienergia i vari tessuti corporei, oppure èinviato al fegato dove viene trasformatoin glucosio. Alcuni ricercatori pensanoche lo stomaco anteriore dei colobidi

possa anche contribuire a detossificarealcuni composti secondari dannosi pro-dotti dalle piante.

Nei colobidi l'efficienza di estrazionedelle sostanze nutritive dagli alimentiricchi di fibra viene migliorata sfrut-tando un altro metodo. Quando i battericellulosolitici muoiono, passano nel se-condo compartimento dello stomaco,che è caratterizzato da acidità, ed èquindi simile allo stomaco che anche noipossediamo. Qui speciali enzimi, i liso-zimi, degradano la parete cellulare deibatteri. Di conseguenza, le proteine egli altri composti nutritivi di cui sonocostituiti i batteri cellulosolitici vengonoresi disponibili all'assimilazione. (In uncerto senso, quando le foglie sono ma-sticate e deglutite, i colobidi non intera-giscono direttamente etyri il cibo; essipiuttosto vivono dei prodotti della fer-mentazione e delle sostanze nutritive dicui sono costituiti gli stessi organismifermentatori.)

Al contrario di quanto avviene nei co-lobidi, nell'uomo e nella maggior partedegli altri primati la fibra passa presso-cne inalterata attraverso io stomaco aci-do e l'intestino tenue (il tratto nel qualeviene assorbita la maggior parte dellesostanze nutritive) e giunge all'intestinocrasso (cieco e colon). Quando la fibraha raggiunto cieco e colon, i batteri cel-lulosolitici possono degradarne una par-

ANTROPOMORFE

\ IN ALCUNE AREEUSO DEL FUOCO LEFANFNOORELSJOEGO

ALLA SAVANA

diedero origine ai veri primati, a par-tire dalle proscimmie. Il genere Homoè comparso nel Pliocene. Sono ancorain discussione i tempi delle radiazioni.

te. Ma, per la maggior parte dei primati,ingerire grandi quantità di fibra non of-fre gli stessi benefici di cui si avvantag-giano i colobidi dall'apparato digerentespecializzato.

Un'altra differenza morfologica chepuò facilitare la sopravvivenza basata sucibi vegetali di bassa qualità è un accre-scimento corporeo maggiore. Rispettoagli animali piccoli, quelli di grossa ta-glia devono consumare quantità maggio-ri di cibo per nutrire una massa di tessutipiù cospicua. Ma per motivi non del tut-to chiari, gli animali più grossi riesconoa nutrirsi in modo adeguato pur assu-mendo minore energia per unità di mas-sa corporea. Questa domanda di energiarelativamente più bassa significa che glianimali più grossi possono far fronte alproprio fabbisogno energetico con cibidi qualità inferiore. Tuttavia un corpo digrandi dimensioni è una scelta evolutivadi pochi primati. Se infatti gli animali ar-boricoli crescono troppo, rischiano dirompere i rami che li reggono e quindidi precipitare al suolo.

T a seconda strategia di base dei vege-tariani è più comportamentale che

morfologica. Una data specie può sce-gliere di nutrirsi selettivamente solo dialimenti vegetali di qualità più elevata.Ma dal momento che nella foresta tropi-cale il cibo di buona qualità è raro ed è

distribuito molto irregolarmente, questastrategia richiede l'adozione di compor-tamenti che aiutino a minimizzare i costidi reperimento. La strategia verrebbe de-cisamente migliorata potendo disporredi una buona memoria. Per esempio, lacapacità di ricordare l'esatta posizionedegli alberi che producono frutti partico-larmente ambìti e i percorsi più brevi perraggiungerli migliorerebbe l'efficienzadi foraggiamento riducendo la ricerca eil costo energetico degli spostamenti.Così pure sarebbe vantaggioso sapere inquali periodi su questi alberi si tro-vano con maggiore probabilità frutti ma-turi. Basarsi sulla memoria, con i bene-fici che questo comporta, potrebbe alloracondurre alla selezione di cervelli piùsviluppati, che avrebbero una maggioresuperficie disponibile per immagazzina-re informazioni.

Naturalmente, queste due strategieevolutive di base - morfologica e com-portamentale - non si escludono a vicen-da e le specie variano a seconda di quan-to tendano a favorire l'una o l'altra. Tut-tavia, per realizzare questa seconda stra-tegia con successo, i primati, come grup-po sistematico, si sono basati in preva-lenza sull'alimentazione selettiva e sullosviluppo del cervello, e ciò ha favoritol'intelligenza. Al contrario, altri ordinivegetariani hanno privilegiato gli adatta-menti morfologici.

Ho ricavato i miei primi spunti sulleconseguenze evolutive dell'alimentazio-ne selettiva dei primati alla metà de-gli anni settanta, quando ho osservatoche l'aluatta e l'atele dalle mani nere(Ateles geoffroyi) - due specie di pri-mati del Nuovo Mondo - seguivano die-te notevolmente diverse. L'aluatta e l'a-tele, che sono andati differenziandosi daun antenato comune, hanno taglia simi-le, hanno uno stomaco semplice, privodi concamerazioni, un comportamentocompletamente arboricolo e una dietaquasi esclusivamente vegetariana, costi-tuita soprattutto da frutti e foglie. Ma ilmio lavoro sul campo, nella foresta diBarro Colorado, ha messo in luce che,mentre la dieta dell'aluatta si basa sullegiovani foglie, l'atele predilige i fruttimaturi.

Per la maggior parte dell'anno, l'a-luatta ripartisce equamente il suo tempotra ricerca di foglie giovani e di frutti,ma durante i minimi stagionali di frutti-ficazione si ciba prossoché esclusiva-mente di foglie. Al contrario l'atele con-suma frutti maturi per la maggior partedell'anno, cibandosi solo di piccolequantità di foglie. Quando i frutti inizia-no a scarseggiare, l'atele non ingeriscesolo foglie come l'aluatta. Pur incre-mentando il consumo di foglie, l'ateleriesce comunque a includere nella dietauna discreta quantità di frutti, andan-doli a cercare attentamente nella fore-sta e ricorrendo perfino a quelli ancoraacerbi.

Queste osservazioni sollevano diversedomande. Volevo comprendere in che

modo l'aluatta ricava energia sufficientedurante i mesi in cui si ciba di sole fo-glie. Come già discusso, gran parte del-l'energia delle foglie è contenuta nellafibra, inattaccabile dagli enzimi digestividei primati. Ma perché l'aluatta si cibain abbondanza di foglie anche quando haa disposizione grandi quantità di fruttimaturi? E, d'altra parte, perché l'ateleesce dai percorsi usuali per cercare deifrutti anche durante il periodo nel qualescarseggiano? Che cosa lo dissuade dalpassare alle foglie, come fa l'aluatta? Ein che modo riesce a far fronte al propriofabbisogno giornaliero di proteine conuna dieta ricca di frutti? (Si ricordi chesono alimenti poveri di proteine.)

Dal momento che l'aluatta e l'atelesono morfologicamente molto simili, hopensato che alcune caratteristiche pro-prie delle due specie - forse la strutturadell'intestino o l'efficienza della dige-stione - potessero influenzare questicomportamenti. E in effetti, durante al-cuni studi condotti alimentando con frut-ti e foglie individui tenuti temporanea-mente in cattività, è emerso che l'aluattaha una digestione molto più lenta diquella dell'atele. L'aluatta infatti inizia-va a eliminare i contrassegni di plasticacolorata inglobati nel cibo in media 20ore dopo l'ingestione, mentre l'atele lieliminava dopo sole quattro ore. L'esa-me delle dimensioni del tratto digerentenelle due specie ha permesso di spiegarequesta differenza nella velocità di pas-saggio. Il colon dell'aluatta è molto piùlargo e più lungo di quello dell'atele: inesso il cibo deve percorrere un tratto piùesteso e inoltre può essere costituito dauna massa molto maggiore.

Nell'insieme, questi risultati fannopensare che l'aluatta possa sopravviverecibandosi di foglie perché è maggior-mente in grado di far fermentare la fibranell'intestino cieco e nel colon. Essa tra-sforma il cibo lentamente, in modo daconsentire ai batteri presenti nel capaceintestino posteriore di produrre acidigrassi volatili in grande quantità. Espe-rimenti da me compiuti successivamen-te, insieme con Richard McBee dellaMontana State University, hanno con-fermato che l'aluatta può ricavare finoal 31 per cento del proprio fabbisognoenergetico giornaliero dagli acidi grassivolatili prodotti durante la fermentazio-ne della fibra.

Al contrario, l'atele - trasferendo piùvelocemente il cibo nel colon, più cortoe stretto - risulta meno efficiente nel-l'estrazione di energia dalla fibra. Tutta-via, questa velocità gli consente di farpassare ogni giorno notevoli masse di ci-bo attraverso il tratto gastrointestinale.Scegliendo frutti molto più digeribili emaggiormente energetici, l'atele ottienetutte le calorie necessarie più una picco-la parte di proteine e integra la sua dietaa base di frutta con alcune giovani foglieben selezionate, che forniscono il restodelle proteine necessarie, senza eccessidi fibra.

OLOCENE\ PLEISTOCENE

O PROSCIMMIE

PLIOCENE

10-

MIOCENE

20-

SCIMMIE PLATIRRINE

PRECURSOREDELLE PROSCIMMIE

OMINIDI

LE FORESTE DI ANGIOSPERMESI DIFFONDONO SUL PIANETA

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GRANDI DISTANZE FRA ALBERI SIMILIGli alberi che producono il cibo preferito sono spessodistribuiti irregolarmente

ELEVATO CONTENUTO DI FIBRALe pareti delle cellule vegetali, specialmente nellefoglie mature, possono contenere molta fibra(riquadro), che è difficile da digerire

EMICELLULOSAE PECTINA

PARETECELLULAREPRIMARIA

NUTRIZIONE INCOMPLETAPochi alimenti di origine vegetale sono al tempo stesso ricchi dienergia (calorie), proteine, vitamine e sali minerali fondamentali

DIFESE CHIMICHESpesso le piante elaborano sostanze dalsapore disgustoso, o velenose, o cheinterferiscono con la digestione di altri alimenti

DISPONIBILITA LIMITATAMolti alimenti sono disponibili solo perParte dell'anno: alcuni solo per alcune ore

STOMACO ANTERIOREALCALINO

CONTENENTE BATTERICELLULOSO-/LITIGI

STOMACOACIDO

INTESTINO TENUE

Colobus guereza

*t

CALORIEFACILMENTEACCESSIBILI

PROTEINE FIBRA CDHIIFMEICSHEE

DISPONIBILITÀSU UN DATO

ALBERO

FIORI Moderata Da moderataad alta

Da bassaa moderata

VariabileMeno ditre mesi

FRUTTI Alta Bassa Moderata BassaMeno ditre mesi

FOGLIEGIOVANI Bassa Alta Moderata Moderata Sei mesi

FOGLIEADULTE Bassa Moderata Alta Moderata

Quasi tuttol'anno

Nella foresta tropicale molte difficoltà possono impedire ai primati di ottenere lecalorie di cui hanno bisogno e la necessaria mescolanza di sostanze nutritive offertedagli alimenti vegetali (a sinistra). Poiché gran parte di questi alimenti è inadeguata,gli animali devono alternare cibi diversi. La tabella (sopra) documenta l'abbondan-za relativa dei componenti graditi (in verde) e problematici (in giallo) contenutinel cibo; è indicata inoltre la disponibilità di questi alimenti su un dato albero.

L'aluatta dunque non si rivolge maiesclusivamente ai frutti, in parte forseperché la sua bassa velocità di trasferi-mento del cibo attraverso l'intestino gliimpedisce di assimilare tutta la frutta ne-cessaria al suo fabbisogno energeticogiornaliero. Inoltre la quantità di fruttiche potrebbe consumare non fornirebbecertamente proteine in misura sufficien-te. Al contrario, l'atele deve cibarsi difrutti dal momento che il suo tratto di-gerente è scarsamente attrezzato per for-nire grandi quantità di energia con la fer-mentazione delle foglie; un'efficientefermentazione richiede che il materialevegetale rimanga nell'intestino per untempo abbastanza lungo.

Per un caso fortunato ho scelto di stu-diare due specie che hanno sviluppa-

to due tipi di sistema digerente che ri-chiedono velocità di transito del tuttodifferenti. Oggi appare chiaro che lamaggior parte delle specie dei primati hasviluppato adattamenti intermedi chetendono o a massimizzare la propria ef-ficienza digestiva o ad aumentare il vo-lume giornaliero di cibo introdotto. Inol-tre questa ricerca dimostra che senzaparticolari cambiamenti strutturali deltratto digerente, piccole modifiche di-mensionali dei diversi segmenti dell'in-testino possono aiutare a risolvere i pro-blemi alimentari connessi alle scelte del-l'animale. Tuttavia le compensazionimorfologiche del tratto digerente mo-strano i loro svantaggi, mettendo in dif-ficoltà una specie che dovesse cambia-re le proprie abitudini alimentari quan-do le condizioni dell'ambiente cambianoall'improvviso.

Queste scoperte riguardo al tratto di-gerente mi hanno affascinato, ma il con-

fronto delle dimensioni del cervello nel-le due specie ha sortito uno di quegli«eureka» che ogni ricercatore sogna dipronunciare una volta o l'altra. Ho esa-minato le informazioni relative alle di-mensioni del cervello nell'aluatta e nel-l'atele, per il fatto che gli atele di Pana-ma sembravano più «intelligenti» dellealuatta, addirittura quasi umani. Ho ini-ziato col chiedermi se l'atele si compor-tasse diversamente dall'aluatta, dal mo-mento che il suo cervello è più simile alnostro. In effetti le mie ricerche hannomesso in luce che i cervelli dell'aluattae dell'atele differiscono, anche se questidue animali hanno all'incirca le stessedimensioni. (Animali della stessa tagliahanno di solito cervelli di dimensione si-mile.) Il cervello dell'atele pesa circa ildoppio di quello dell'aluatta.

Ora, il cervello è un organo dispen-dioso: utilizza una quantità sproporzio-nata dell'energia (glucosio) provenientedal cibo. Così ho pensato che nell'atelela selezione naturale non avrebbe potutofavorire lo sviluppo di un grosso cervel-lo a meno che l'animale non ne avessericavato un beneficio piuttosto cospicuo.Considerando che la differenza più sor-prendente tra l'aluatta e l'atele risiedenelle abitudini dietetiche, ho suppostoche le maggiori dimensioni cerebrali diquest'ultimo potessero essere state selet-tivamente favorite come presupposto perlo sviluppo di capacità mentali cheavrebbero migliorato il successo di unadieta basata sui trutti matun.

Sicuramente un cervello di grandi di-mensioni ha aiutato l'atele ad apprende-re e, cosa più importante, a ricordare laposizione di certi alberi fruttiferi distri-buiti irregolarmente e il periodo di ma-turazione dei frutti stessi. Inoltre, nel-

la ricerca di questi ultimi, l'atele setac-cia la foresta in piccoli gruppi variabilidi individui. L'aumento delle capacitàmentali avrebbe messo in grado l'anima-le di riconoscere i membri di ogni grup-po e di collegare il significato dei diversirichiami con cui essi si trasmettono agrande distanza le notizie sui ritrova-menti di fonti alimentari. Viceversa, l'a-luatta non necessita di una memoria cosìestesa, né di un sistema di riconosci-mento e di comunicazione così comples-so. I diversi individui di aluatta vanno incerca di cibo come unità sociale coeren-te, seguendo percorsi ben noti tra gli al-beri, in un'area «casalinga» molto piùristretta.

Se era corretta la mia idea secondo cuila pressione favorevole agli alimenti ve-getali di alta qualità, relativamente dif-ficili da trovare, incoraggia lo sviluppodi complessità mentale (ripagata da unamaggiore efficienza di foraggiamento),mi sarei aspettata di trovare analoghedifferenze nelle dimensioni del cervellodi altri primati. In altre parole, le scim-mie e le scimmie antropomorfe che sialimentano secondo una dieta basata suifrutti maturi dovrebbero avere cervellopiù grande di quello delle loro contro-parti di uguale taglia con dieta a base difoglie. Per verificare questa ipotesi misono riferita alle stime delle dimensionicomparate del cervello pubblicate daHarry J. Jerison, dell'Università dellaCalifornia a Los Angeles. Con soddisfa-zione, no scoperto cne in generale lespecie con dieta di buona qualità, costi-tuita da alimenti più ampiamente disper-si, hanno cervello più grande rispetto al-la controparte di ugual taglia con dietabasata su alimenti di qualità inferiore di-stribuiti più uniformemente.

Come ho detto in precedenza, i pri-mati presentano un cervello più grandedi quello degli altri mammiferi di ta-glia analoga. Personalmente ritengo chela differenza sia sorta come conseguenzadel fatto che i primati si cibano in modomolto selettivo privilegiando materia ve-getale di alta qualità; anche i primati chesi cibano di foglie, del resto, tendono ascegliere foglie molto giovani oppuresolo le loro estremità a basso contenutodi fibra.

Una volta scoperti questi legami tra pressione alimentare ed evoluzione

nei primati non ominoidi, mi sono do-mandata quale ruolo potesse avere eser-citato questa pressione riguardo all'evo-luzione dell'uomo. Un esame della do-cumentazione fossile relativa alla fami-glia d'egli ominidi - cioè dell'uomo e deisuoi antenati - ha fornito alcune tracceinteressanti.

Il primo genere della nostra famiglia,Australopithecus, fece la sua comparsain Africa più di 4,5 milioni di anni fa,

Il tratto digerente dei colobidi, peresempio di Colobus guereza (a sinistra),è specializzato: lo stomaco è costituitoda due compartimenti distinti, invecedell'unica camera presente nel cercopi-teco verde (a destra) e nella maggiorparte dei primati. Uno di questi com-partimenti - lo stomaco anteriore - servea digerire la fibra, estraendone unaquantità di energia maggiore di quellache normalmente si potrebbe ottenere.Perciò i colobidi possono sopravviverecon una dieta più ricca di fibra rispettoa quella di altri primati di taglia simile

durante il Pliocene. Come gli ominidisuccessivi era bipede, ma il suo cervellonon era apprezzabilmente più sviluppatodi quello degli ominoidi attuali, il che si-gnifica che la selezione non aveva anco-ra favorito l'aumento delle dimensionicerebrali nella nostra famiglia. La docu-mentazione fossile indica anche che Au-stralopithecus aveva denti molari mas-sicci, adeguati a una dieta costituita inlarga misura da materiale vegetale duro.Verso la fine del Pliocene le condizioniclimatiche iniziarono a mutare. Il perio-do successivo, il Pleistocene (che va dacirca due milioni a 10 000 anni fa), fucaratterizzato da ripetute glaciazioni del-

l'emisfero settentrionale. In entrambi iperiodi le foreste tropicali si ridussero ein molte aree furono sostituite da savanacon alberi.

Quando la diversità delle specie arbo-ree diminuì e il clima divenne più mar-catamente stagionale, i primati dellearee di savana, in via d'espansione, do-vettero trovarsi di fronte a nuove diete.Nel Pleistocene le ultime specie di Au-stralopithecus - che a quel tempo pre-sentavano mascelle e molari davveromassicci - si estinsero. Forse questo ac-cadde, come ha ipotizzato il collegaMontague W. Demment dell'Universitàdella California a Davis, perché non fu-

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ATELE(Ateles geoffrop)

DIETA TIPICAFrutti: 72 p&I centoFoglie: 22 per cento

Fiori: 6 per cento

PESODa sei a otto chilogrammi

PESO DEL CERVELLO107 grammi

RAGGIO DI SPOSTAMENTO GIORNALIERO915 metri

APPARATO DIGERENTEColon piccolo

Passaggio rapido del ciboattraverso il colon

ALUATTA DAL MANTELLO(Alouatta palliata)

DIETA TIPICAFrutti: 42 per centoFoglie: 48 per centoFiori: IO per cento

PESODa sei a otto chilogrammi

PESO DEL CERVELLO50,3 grammi

RAGGIO DI SPOSTAMENTO GIORNALIERO443 metri

APPARATO DIGERENTEColon grande

Passaggio lento del ciboattraverso il colon

L'atele (a sinistra) basa la propria dieta sui frutti, mentre l'aluatta (a destra) si cibadi grandi quantità di foglie. Secondo l'autrice è stata la dieta a modellare le diversecaratteristiche delle due specie che hanno taglia simile e un antenato comune. Nel-l'atele la selezione naturale ha favorito un cervello di maggiori dimensioni: l'au-mento della capacità mentale aiuta l'animale a ricordare la localizzazione dei fruttimaturi. Ogni giorno l'atele si sposta più lontano, perché nella foresta i frutti maturisono meno abbondanti delle foglie. I tratti digerenti dell'atele e dell'aluatta sono ef-ficienti nell'estrazione di sostanze nutritive, rispettivamente, dai frutti e dalle foglie.

rono in grado di reggere la competizionecon gli ungulati, che avevano digestionespecializzata.

Il genere Homo comparve durante ilPliocene. La prima specie appartenenteal genere, H. habilis, aveva dimensionicorporee simili all'Australopithecus, macervello notevolmente più grande. Que-sta specie venne sostituita da H. erectus,con cervello ancora più grande e succes-sivamente, nel Pleistocene, da H. sa-piens, dotato del cervello più sviluppatoche si conosca. Parallelamente all'au-mento delle dimensioni del cervello, nelgenere Homo si verificarono altri cam-biamenti anatomici. I denti molari e ipremolari divennero più piccoli e la sta-tura aumentò.

Secondo me, il sorprendente aumento

delle dimensioni cerebrali nel nostro ge-nere indica che siamo riusciti ad affer-marci in quanto la selezione ha esaltatouna tendenza insita nell'ordine dei pri-mati sin dalla loro comparsa: quella diutilizzare le potenzialità del cervello perrisolvere i problemi alimentari. Associa-to alle modificazioni anatomiche, questoaumento - manifesto nei primati attualiche presentano una combinazione di cer-vello di grandi dimensioni e dieta di altaqualità - porta a concludere che la logicasoluzione comportamentale non potevaconsistere che nel privilegiare i cibi dialta qualità. In effetti credo che i primiuomini non solo mantenessero la qualitàdella dieta a dispetto del mutare di con-dizioni ambientali, ma che addirittura laperfezionassero.

L'ingrandimento del cervello combi-nato con l'incremento delle dimensionicorporee e la riduzione della dentaturaconforta l'ipotesi di una dieta di altaqualità per due motivi. Quando si osser-vano gli attuali oranghi e i gorilla, appa-re chiaro che nella nostra superfamiglia,gli ominoidi, un aumento delle dimen-sioni corporee associato a diminuzionedella qualità alimentare dà come risulta-to una scimmia antropomorfa non socia-le, piuttosto sedentaria e lenta nei movi-menti. Ma gli antenati del genere Homoerano senza dubbio mobili e sociali, piùsomiglianti ai vivaci, sociali e comuni-cativi scimpanzé. A differenza dell'o-rango e del gorilla, lo scimpanzé si cibadi preferenza di frutti maturi di alta qua-lità, ricchi di energia.

Similmente, la riduzione dei molari edei premolari dimostra che la composi-zione del cibo aveva subito qualchecambiamento, tanto che la dentatura nonaveva più gran lavoro da svolgere. In al-tre parole, o questi primi uomini si ciba-vano di alimenti diversi da quelli consu-mati dall'Australopithecus (con meno fi-bra e più facili da masticare) oppure tra-sformavano in qualche modo il cibo perrimuoverne le parti «difficili». In effettigli utensili di pietra rinvenuti tra i restifossili di H. habilis indicano che anchei membri più primitivi del nostro generericorrevano alla tecnologia per la prepa-razione del cibo.

La probabilità che gli ominidi si osti-nassero a cercare cibi ricchi di ener-gia durante la loro evoluzione evocauno scenario interessante. Probabilmen-te, quando l'approvvigionamento di cer-te componenti vegetali divenne più pro-blematico, i primi uomini fecero semprepiù frequentemente ricorso alla carneper soddisfare il proprio fabbisogno pro-teico. Li si può facilmente immaginarementre utilizzano selci acuminate per ta-gliare robuste pelli d'animale e per rom-pere le ossa alla ricerca del midollo.Per introdurre stabilmente la carne nel-la propria dieta e anche per accumularealimenti vegetali ricchi di energia, inostri antenati hanno sviluppato un ap-proccio alimentare completamente inno-vativo. Hanno cioè adottato una riparti-zione del lavoro in cui alcuni individuisi sono specializzati nell'approvvigiona-mento della carne (mediante la caccia ola ricerca delle carogne) e altri nella rac-colta delle piante. Gli alimenti così otte-nuti venivano conservati, invece di esse-re mangiati sul posto; più tardi si comin-ciò a distribuirli tra l'intero nucleo so-ciale per assicurare a tutti i membri unadieta bilanciata.

Perciò la sopravvivenza individualeiniziò a fare affidamento su un certonumero di espedienti tecnologici e so-ciali. Si rendeva necessario un cervel-lo capace non soltanto di costruire e me-morizzare una mappa delle fonti alimen-tari vegetali, ma anche di apprenderein quale modo ottenere e trasformarequeste fonti. Inoltre - condizione per

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la sopravvivenza - occorreva una capa-cità di intuire in che modo foggiare unpezzo di roccia per ottenerne un utensile.Ciò richiedeva particolare predisposizio-ne alla cooperazione tra individui (peresempio, per comunicare chi dovesseprecedere e chi inseguire una zebra), arinunciare all'immediata gratificazione(conservare il cibo fino al momento incui veniva portato in un luogo convenu-to per la distribuzione) e inoltre sia perstabilire la giusta porzione dovuta a cia-scuno, sia per accettare la parte ricevuta.Indubbiamente queste esigenze relazio-nali hanno agito come ulteriore pressio-ne selettiva nel favorire l'evoluzione diun cervello più complesso e persino piùgrande.

Allo stesso modo, all'inizio, le comu-nicazioni verbali possono aver facilitatola cooperazione necessaria a un efficien-te foraggiamento e ad altre mansioni es-senziali. A poco a poco andò strutturan-dosi un linguaggio complesso e artico-lato per facilitare il corso delle interazio-ni sociali.

In altre parole, vedo la comparsa e l'e-voluzione della linea umana nascere

nella sua fase iniziale dalla necessità diacquisire una fonte stabile e sicura di ci-bo, di qualità molto elevata, in condizio-ni ambientali in cui le nuove richiestealimentari avevano reso il precedentecomportamento alimentare inadeguatoper qualche motivo. I carnivori e gli er-bivori specializzati della savana africanasi sono evoluti contemporaneamente aiprimi uomini, forse obbligandoli a tra-sformarsi in un nuovo tipo di onnivoro,dipendente dalle innovazioni sociali etecnologiche e perciò in larga misura dalpotere del cervello. Edward O. Wilsondella Harvard University ha stimato cheper oltre due milioni di anni (fino a circa250 000 anni fa) il cervello dell'uomo ècresciuto di una quantità corrispondentea circa un cucchiaio ogni 100 000 anni.Evidentemente nel genere Homo ognicucchiaio in più di materia cerebrale haapportato compensi favorevoli a un'in-tensificazione della tendenza al progres-so sociale e tecnologico.

Sebbene l'abitudine di integrare ladieta giornaliera con una certa quantitàdi carne sia diventata d'importanza car-dinale nella comparsa dell'uomo moder-no, dal punto di vista biologico questocomportamento non significa che l'uo-mo moderno si sia adattato a quella dietapressoché priva di fibra che molti di noioggi consumano. In realtà, nella sua for-ma generale, il nostro tratto digerentenon sembra essersi modificato molto ri-spetto a quello dell'antenato, sicuramen-te veoetariann comune a scimmie antrn-pomorfe e uomo.

Ma fino alla metà degli anni ottantanon era stata condotta alcuna ricerca perscoprire se le funzioni intestinali del-l'uomo moderno fossero di fatto simili aquelle delle scimmie antropomorfe. Eraprobabile che esistesse qualche differen-

Hamburger e patatine fritte, come molticibi comuni nei paesi industrializzati,mostrano scarsa somiglianza con i fruttie le foglie dei quali si è cibata la maggiorparte dei primati fin dalla loro com-parsa. Si ritiene che i primi uomini con-sumassero grandi quantità di alimentivegetali. Le diete moderne divergonoampiamehte da quelle a cui l'organismodell'uomo si è evolutivamente adattato.

za funzionale, dato che prove di tipoanatomico avevano dimostrato come,nonostante una somiglianza generale diforma, il tratto digerente dell'uomo mo-derno fosse piuttosto piccolo per un ani-male delle sue dimensioni. Nell'uomo èl'intestino tenue a costituire il maggiorvolume di tratto digerente, mentre nellescimmie antropomorfe è il colon.

Per comprendere meglio il tipo di die-ta a cui si è adattato l'intestino umano,Demment e io abbiamo deciso di con-frontare i processi digestivi dell'uo-mo e dello scimpanzé, il nostro parentepiù stretto. Speravamo così di appurarese, nel corso delle loro rispettive sto-rie evolutive, l'uomo e lo scimpanzé sifossero differenziati nelle loro capacitàa trattare la fibra. (Siamo stati forte-mente incoraggiati in questo sforzo dalcompianto Glynn Isaac che allora lavo-rava all'Università della California aBerkeley.)

Le abitudini alimentari dello scimpan-zé sono ben note. Nonostante la sua abi-lità nel catturare prede vive (in partico-lare scimmie), questa scimmia antropo-morfa sembra ricavare addirittura il 94per cento della sua dieta annuale dalleniante cnnrattuttn dai frutti maturi An--che se ricehi di zucchero, i frutti di cuisi ciba lo scimpanzé contengono moltameno polpa e assai più fibra e semi deifrutti domestici venduti nei supermerca-ti. Perciò ho calcolato che ogni giornogli scimpanzé selvatici assumono centi-naia di grammi di fibra, molto più dei

10 grammi o meno consumati da unostatunitense medio.

Diversi, eccellenti studi, tra i quali ilProgetto sulla fibra della Cornell Uni-versity, hanno già fornito numerose in-dicazioni sulla digestione della fibra daparte dell'uomo. Un tempo si pensavache il tratto digerente umano non conte-nesse i microrganismi in grado di degra-dare la fibra. Ma i batteri del colon di24 studenti maschi della Cornell Univer-sity hanno dimostrato notevole capacitàdi fermentazione della fibra contenuta inuna grande varietà di frutti e verdure. Almassimo livello di efficienza, la popola-zione batterica disgregava i tre quartidelle sostanze della parete cellulare ve-getale ingerita dal soggetto; circa il 90per cento degli acidi grassi volatili chene derivavano venivano distribuiti al cir-colo sanguigno.

Sull'esempio della ricerca promossadalla Cornell University, Demment e ioabbiamo valutato l'efficienza di disgre-gazione della fibra negli scimpanzé alle-vati con cibi nutrienti contenenti diversequantità di fibra. Demment ha utilizzatoanalisi statistiche e io ho raccolto datisperimentali. Come sembra povera lasperimentazione in confronto alla realtàdell'esperienza! Allo Yerkes PrimateCenter di Atlanta ho passato l'estate consei scimpanzé molto irascibili, che nonsi sono mai lasciati sfuggire l'occasionedi tirarmi i capelli, di lanciarmi le lorofeci e che di solito lasciavano intuire dinon essere entusiasti della nostra cucinasperimentale.

T risultati hanno dimostrato che l'inte-stino dello scimpanzé, riguardo al-

l'efficienza con cui trasforma la fibra, èsorprendentemente simile a quello del-l'uomo. Inoltre, con l'aumento della fra-zione di fibra (come si verificherebbein natura durante i periodi di stasi del-la produzione di frutti e foglie), nelloscimpanzé e nell'uomo aumenta la velo-cità di trasferimento del cibo nel trattodigerente.

Queste somiglianze indicano che, al-lorché in ambiente naturale la qualitàinizia ad abbassarsi, l'uomo e lo scim-panzé sono evolutivamente programmatiper rispondere a questo stress aumentan-do la velocità di trasferimento del cibonel tratto digerente. Questa risposta con-sente la trasformazione di una quantitàmaggiore di cibo in una data unità ditempo; ciò mette in grado chi si nutre disopperire alla ridotta qualità con un vo-lume maggiore di cibo giornaliero. (Laricerca medica ha scoperto un altro be-neficio del trasferimento rapido. Sembrache aumentando la velocità di trasferi-mento del rihn nell'intectinn la fibraimpedisca alle sostanze cancerogene diristagnare nel colon troppo a lungo.)

Se il tratto digerente dell'uomo è ef-fettivamente adattato a una dieta ricca difibre di origine vegetale, allora questascoperta conferisce maggiore credibilitàal comune asserto secondo cui nelle so-

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