Alibi per mariti fedifraghi - di Giuditta Dallerba

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GIOVANI SCRITTORI IULM

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da: Giovani scrittori IULM, volume 6 - "Lei non ci crederà, ma sto aspettando il tram."https://www.facebook.com/aspettandoiltramhttp://www.ibs.it/code/9788876954931/lei-non-credera.htmlA cura di: Alessandro Bongiorni, Giuditta Dallerba, Marco Ferrarini e Federica GerardiPrefazione di: Edoardo ZuccatoPostfazione di: Vania BarozziCopertina di: Giovanni DuòFoto di: Andrea BelluschiRacconti di: Francesco Piccinelli CasagrandeDaniel Cristian TegaElena SabattiniTina PregaraGiuditta DallerbaChiara AllegriniRachele RebughiniAlessio AmatoFabio RodighieroStefano GianoniChiara Di SanteFrancesco PrianoRoberto ProcacciniVirginia DaraMarco FerrariniMaria Paola RossettiMattia ContiJacopo TrottaArturo ChellerMatteo CadedduDanilo SergioPaola CantellaVeronica RossiEleonora Gavaz

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LEI NON CI CREDERÀ, MA STO ASPETTANDO IL TRAMGIOVANI SCRITTORI IULM

Quandʼè che unʼazione banale diventa qualcosa di cui giustificarsi?A che punto della vita un mezzo pubblico si fa spartiacque tra un prima e un dopo? E come? Qualche risposta è contenuta nei ventiquattro racconti di questʼantologia.Alla fermata c'è chi è stato tradito, chi è stato lasciato, chi vuole partire, chi vive una vita che gli sta stretta, chi parla e chi balbetta, chi sogna e chi muore; c'è chi aspetta il tram per sempre e chi non lo ha mai realmente aspettato. Storie esistenziali, criminali, romantiche, fantastiche: esperienze narrative molto diverse tra loro, ma con lʼobiettivo comune di scavare dentro una quotidianità che spesso ci sfila davanti senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Proprio come i tram.

A CURA DI:Alessandro BongiorniGiuditta Dallerba Marco Ferrarini Federica Gerardi

PREFAZIONE DI:Edoardo Zuccato

POSTFAZIONE DI: Vania Barozzi

COORDINAMENTO DI: Paolo Giovannetti

COPERTINA DI: Giovanni Duò

FOTO DI: Andrea Belluschi

RACCONTI DI:Francesco Piccinelli CasagrandeDaniel Cristian TegaElena SabattiniTina PregaraGiuditta DallerbaChiara AllegriniRachele RebughiniAlessio Amato

Fabio RodighieroStefano GianoniChiara Di SanteFrancesco PrianoRoberto ProcacciniVirginia DaraMarco FerrariniMaria Paola RossettiMattia ContiJacopo TrottaArturo ChellerMatteo CadedduDanilo SergioPaola CantellaVeronica RossiEleonora Gavaz

€ 15,00 (IVA assolta a cura dellʼeditore) 9549317888769

ISBN 978-88-7695-493-1

GIOVANI SCRITTORI IULM

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Lei non ci crederà,ma sto aspettando

il tram

AntologiA di rAcconti

a cura di

AlessANdRO BONgIORNI, gIudITTA dAlleRBA,

MARCO FeRRARINI, FedeRICA geRARdI

Prefazione di

edOARdO ZuCCATO

Postfazione di

VANIA BAROZZI

Milano

2013

GIOVANI SCRITTORI Iulm

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Per la presente edizione© 2013 Arcipelago edizioni

Via G.B. Pergolesi, 1220090 Trezzano sul Naviglio (Milano)

[email protected]

Prima edizione, aprile 2013

ISBN 978-88-7695-493-1

Ha collaborato alla cura editoriale Fabio Ferrarini

Finito di stampare nel mese di aprile 2013presso Digital Print Service s.r.l.

Via E. Torricelli, 920090 Segrate – Milano

Ristampe:7 6 5 4 3 2 1 02019 2018 2017 2016 2015 2014 2013

è vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa lafotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

Volume realizzato con il contributo dell’Università IULM di Milano.

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Lei non ci crederà, ma sto aspettando il tram

Prefazione di Edoardo Zuccato . . . . . . . . . . . . . 7

FrancEsco PiccinElli casagrandE

Mario Pinzauti, scrittore fallito

di nonno chiantigiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

daniEl cristian tEga

L’avventura di una folle miliardaria

americana sposatissima . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

ElEna sabattini

Layla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

tina PrEgara

Il resto del resto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

giuditta dallErba

Alibi per mariti fedifraghi . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

chiara allEgrini

Crimini a San Francisco . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

rachElE rEbughini

Piante da orto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91

alEssio amato

Il fiore nel cemento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

Fabio rodighiEro

Il riflesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

stEFano gianoni

Una mattinata storta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121

chiara di santE

20 minuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137

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FrancEsco Priano

Ave CHI ara . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

robErto Procaccini

Lo sa la polvere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149

Virginia dara

La mossa del geco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

anonimoAnswers . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187

maria Paola rossEtti

L’attesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189

mattia conti

GianGiulio sulla luna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201

JacoPo trotta

Ridicolo di notte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207

arturo chEllEr

Jack e neve . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217

mattEo cadEddu

Allo stesso prezzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229

danilo sErgio

Ti guardi intorno, hai fame ma rammenti che cenerai a casa . . . . . . . . . . . 241

Paola cantElla

Numero 23457 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245

VEronica rossi

L’ultimo tram . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253

ElEonora gaVaZ

Una seconda possibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261

Postfazione di Vania baroZZi . . . . . . . . . . . . . . . 279

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Prefazione

Un’antologia di esordienti è un buon punto di osser-vazione per formulare qualche pensiero sullo stato dellanarrativa italiana contemporanea. In fase di formazione,gli scrittori assorbono inevitabilmente sia dalla scuola,sia da ciò che trovano attorno a sé. Salvo eccezioni, soloin seguito andranno a cercare modi narrativi più insoliti,lontani nel tempo o nello spazio, nel caso che quantoabbiano trovato sottomano gli appaia angusto e insuffi-ciente.

Per quanto concerne questa antologia, prima diaffrontare qualsiasi discorso stilistico va preso in consi-derazione il punto di partenza obbligato, ovvero il temaenunciato dal titolo del libro. «Aspettare il tram» hacostretto gli autori a racconti di ambientazione urbana,limitata, almeno per l’Italia, alle poche grandi città dovequesto mezzo di trasporto è presente. Per allargare unargomento abbastanza restrittivo, gli autori hanno gioca-to, pur con gradazioni diverse, sui significati letterale emetaforico dell’«aspettare il tram».

Pochi sono i racconti in cui il tram viene utilizzatosolo in senso metaforico, per lo più per indicare di avermancato un’occasione importante piuttosto di averlacolta al momento giusto. Un racconto emblematico ariguardo è Piante da orto di Rachele Rebughini, compo-sto da una serie di brevi paragrafi, come aiuole di unorto immaginario in cui i protagonisti coltivano velleita-ri progetti di evasione. Lo stile a metà strada fra il cata-

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logo di agenzia turistica e la pagina economica di unquotidiano sui “paesi emergenti”, nella sua secchezza,serve a mettere in luce l’avvilente incapacità di prende-re uno dei tanti tram che permetterebbero di uscire dalpantano italiano in cui i protagonisti finiscono per rima-nere, caldi e protetti come ratti in una fogna. Ancora piùstraniante nell’uso metaforico del tema del volume èNumero 23457 di Paola Cantella, i cui protagonisti sonodue impulsi neuronali di un individuo che, rivela manmano il testo, sta per suicidarsi. Questi impulsi sonodescritti come persone a una fermata del tram in attesadel momento di entrare in azione, mentre discutono dilibero arbitrio e senso dell’esistenza.

Ma questi due esempi sono eccezioni. La via sceltanella maggioranza dei casi è un’altra, ovvero una seriedi eventi essenzialmente “realistici” che, tuttavia, fini-scono sempre per rivelare dei tratti surreali o irreali.Molti racconti narrano di incontri alla fermata del tram,o di viaggi sul tram da parte di impiegati, studenti eimmigrati, e perfino di una top model trasformata intranviera. Su questo banale quadro di fondo, l’abilitàdell’autore è stata di sorprendere il lettore o attraversocomplicazioni psicologiche o, soprattutto, tramite il con-catenarsi di accadimenti inattesi. Fiore nel cemento diAlessio Amato presenta un personaggio ricorrente inquesti testi, cioè uno studente impacciato verso le donnee la vita, ma riesce a creare un’efficace tensione narrati-va grazie a una vicenda imprevedibile (non vi anticipodi cosa si tratta per non rovinare il piacere della lettura).Non sugli eventi ma sulla psiche del protagonista, unafigura dominata dal desiderio di autocontrollo, si incen-tra invece Il riflesso di Fabio Rodighiero, in cui gli ele-menti naturalistici, come il fiume o il vecchio alla fer-mata del tram, si caricano di coloriture simboliche. Unottimo esempio di realistico-surreale è 20 minuti diChiara Di Sante, interamente ambientato a una fermata

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del tram dove un barbone resta per vent’anni finché, gra-zie a tre strani viaggiatori, si decide a salire a bordo, perscoprire però che si tratta di una vettura diretta in depo-sito. Non è peraltro il solo caso di ironia sulle grandidecisioni della vita lasciate a lungo in sospeso ma rive-latesi un flop una volta attuate.

Il tram come luogo di incontri sorprendenti riapparein altri racconti, come il convincente L’attesa di MariaPaola Rossetti, storia di studentessa fiorentina arrivatadistrattamente a Milano per studiare giurisprudenza. Acausa di uno sciopero dei tram, alla fermata conosce unvecchietto con una storia drammatica alle spalle che laspinge a non prendere il primo tram che passa, ma piut-tosto a riflettere su cosa si vuole davvero nella vita. Ilvecchietto muore la notte seguente, ma tanto basta a leiper imprimere una nuova direzione alla propria esisten-za. In Allo stesso prezzo di Matteo Cadeddu seguiamoinvece un impiegato immobiliarista che vive osservandogli altri e ripetendo ogni giorno lo stesso percorso versol’ufficio. Qui l’incontro perturbante è quello con unbambino petulante, che però lo spinge a riflettere e a«cambiare percorso». Lo stile del racconto è adeguatoall’introversione nevrotica del protagonista. Due storiedrammatiche legate alla genitorialità sono invece Layladi Elena Sabatini, storia di una coppia che ha abbando-nato una figlia, che un giorno incrociano sul tram senzarendersene conto, e La mossa del geco di Virginia Dara,incentrata su una coppia stabile senza figli, in apparenzasolida. Tuttavia, lui si trova coinvolto in una relazioneomosessuale con un vecchio compagno di scuola cheincontra per caso in tram, mentre la moglie, dopo innu-merevoli tentativi, riesce a rimanere incinta ma aborti-sce, portando la loro vita di coppia al collasso.

È interessante rilevare come la galleria dei protagoni-sti includa quasi solo individui in crisi, che cercano a fati-ca una loro strada, o falliti – in una parola, antieroi, e que-

PREFAZIONE

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sta è forse l’eredità più vistosa ricevuta dal Novecento(anche se non va enfatizzata: il romanzo moderno nascenel Settecento come epopea dell’uomo qualunque, quin-di è strutturalmente antieroico). Il volume, del resto, siapre su una di queste figure. Mario Pinzauti scrittorefallito di nonno chiantigiano di Francesco PiccinelliCasagrande contiene un protagonista alla Bianciardi, unintellettuale toscano immigrato nella Milano del terzomillennio, non più traduttore ma, per far quadrare iconti, scrittore commerciale di satira, sport e raccontini.Blandamente metaletterario, questo antieroe si esprimecon un linguaggio venato di manierata gergalità. InL’ultimo tram Veronica Rossi descrive un giovaneuomo fallito, schiacciato dal padre intraprendente, cheha pure sprecato l’unica occasione sentimentale dellasua vita. Un ulteriore fallito è il protagonista di Ave CHIara di Francesco Priano, che con gusto un po’ surrealenarra le vicende di un indeciso, a cui fa visita una donnamisteriosa che poi sparisce, portandolo però, finalmen-te, sulla soglia di una decisione. Qui appaiono anche deifugaci riferimenti letterari (a Philip Roth, per dire chesegue degli schemi prevedibili). Sul registro del tragi-comico fa esplicitamente leva, con buon ritmo narrati-vo, Jack e neve di Arturo Cheller, dedicato a un avvo-cato quarantenne divorziato appena giunto a Milano.Bloccato in periferia a causa di una nevicata, è costret-to a ripararsi per tre volte in un bar dopo aver perso iltram, compresa l’ultima corsa a causa di una rapina. Unlinguaggio lirico-ironico, meno lineare degli altri, èstato usato da Jacopo Trotta (Ridicolo di notte) per lastoria dello hangover di un giovane rockettaro alla fer-mata del tram, dove un mezzo fallito gli scrocca damangiare mentre lui gli racconta della penosa serataprecedente. A cazzotti va invece a finire la gelosia delprotagonista di Lo sa la polvere di Roberto Procaccini,che, abbandonato dalla fidanzata, la ritrova per caso

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infierendo sul suo nuovo uomo, e finendo così in que-stura.

Se al fondo di tutti questi racconti è chiaro l’elemen-to autobiografico, dato che per lo più si tratta di storie digiovani che si affacciano alla vita adulta o di adulti incrisi (si immagina, vicende di genitori, fratelli o cono-scenti degli autori), non mancano neppure escursioni(anti-realistiche o a-realistiche) nella narrativa di generein senso stretto. L’avventura di una folle miliardariaamericana sposatissima di Daniel Cristian Tega sembrail copione di un film americano degli anni Sessanta,misto di gossip e giallo che con una scrittura piana rac-conta come un adolescente venga casualmente coinvol-to nelle avventure di una riccona americana incontrata intram. Non poteva mancare il giallo in senso stretto,genere notoriamente in gran spolvero da una quindicinadi anni, come in Crimini a San Francisco di ChiaraAllegrini, un thriller da serie poliziesca americana, scrit-to con ritmo rapido e linguaggio scorrevole, e Una mat-tinata storta di Stefano Gianoni, poliziesco all’italianacon flashback. Un po’ meno prevedibile in un’antologiadi narrativa “seria” il racconto rosa Una seconda possi-bilità di Eleonora Gavaz, storia di una top model parigi-na anni ’50 che perde tutto a causa del colpo di fulmineper un uomo conosciuto a Roma. La protagonista finiscea fare la tranviera; poi, come è ovvio, quindici anni dopoi due innamorati si ritrovano (lui è un famoso scrittore eprofessore). Il manierismo di forma, tono e contenuti diquesti racconti non è un incidente, ma è costitutivo delgenere letterario. Vale la pena di notare, in tutti questitesti, lo spostamento in luoghi o tempi “esotici” ma nontroppo (una California da telefilm, gli anni ’50 e ’60 dagossip).

Un versante molto lontano dalla fiction di genere,non fosse altro che per l’esplicito fine commerciale diquest’ultima, è la narrativa di impegno sociale o politi-

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PREFAZIONE

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co, la quale appare in modo esplicito solo nel racconto Ilresto del resto di Tina Pregara. Si tratta della storia di unvu’ cumprà somalo, clandestino a Milano, che si decidea entrare in un giro losco (di spacciatori, si intuisce)dopo essere riuscito a prendere un tram per il centrocittà, la cui opulenza fa cadere le sue resistenze contro ilmalaffare. In tutti gli altri racconti la critica sociale nonè un’ottica da cui osservare la vita, ma solo un’implica-zione che il lettore estrae secondariamente da eventi dicarattere privato. Per questi giovani autori, la grandestoria e la politica sono decisamente attori di secondo senon terzo piano.

Un’altra assenza significativa, sul versante questavolta formale, è lo sperimentalismo. Fra i pochissimicasi espliciti troviamo GianGiulio sulla luna di MattiaConti, che narra di un bambino balbuziente attraversouna scrittura che ne riproduce i problemi affettivo-lin-guistici senza generare (qui sta la bravura) alcun effettocomico. A questo filone potremmo ricondurre, almenoin parte, anche Ti guardi intorno, hai fame ma rammen-ti che cenerai a casa di Danilo Sergio, storia di un feti-cista disperatamente solo che osserva i piedi di duedonne sul tram fantasticando, con un linguaggio pienodi ripetizioni martellanti a suggerire la patologia psichi-ca. Answers di *** è invece un brevissimo raccontocostruito in stile da forum in Rete attorno a una ragazzache vede un fantasma, il quale sembra poi rivelarsi comel’allucinazione di una figura maschile da cui è ossessio-nata.

A prescindere da giudizi di valore, i problemi chehanno tormentato molti dei nomi consacrati della narra-tiva novecentesca sembrano semplicemente usciti dal-l’orizzonte di questi racconti. In ogni caso, non rappre-sentano più il quadro in cui i giovani autori hanno agito,ma sono diventati parte di una più lontana tradizionestorica. Questi esordienti volevano raccontare delle sto-

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rie e le hanno raccontate, senza farsi troppe domandemetanarrative, sulla consistenza epistemologica dell’ionarrante, la natura del linguaggio o la funzione dei per-sonaggi. È interessante che gli unici tre racconti che inparte si spingono in questa direzione siano dedicati aindividui con handicap fisici o psichici. Meno scontatarisulta, invece, la scarsa presenza di modalità espressivelegate alle tecnologie digitali, che i critici di età ritengo-no naturali per i digital natives. In questa antologia tro-verete poche tracce dello stile da sms, chat e social net-work. Per questi autori i modi narrativi formativi sonostati da un lato il romanzo della tradizione recente, diconsumo e di genere prima che alta, dall’altro il cinemae la televisione. Il resto fa contorno o semplicementenon c’è, almeno per il momento.

Il che non significa che ci sia ingenuità formale opressapochismo, ma che le modalità narrative un tempoinnovative sono diventate tecniche a cui si può libera-mente attingere per i propri scopi, come mostra, ad esem-pio, l’abile intreccio di vicende parallele messo in atto daGiuditta Dallerba in Alibi per mariti fedifraghi.Guidando, il protagonista sente alla radio l’intervento diun uomo il cui mestiere è inventare alibi per mariti infe-deli. L’effetto telescopico, del protagonista che ascolta icommentatori della trasmissione discutere con l’uomo altelefono, collassa nel finale, in cui il protagonista, dopoaver rimarcato più volte l’assurdità della trasmissione,una volta giunto a casa scopre la moglie in compagnia diun amante. I tre piani stilistici, fra cui la logorrea da tra-smissione radiofonica, sono resi con abilità e precisione.Come si vede, la complessità strutturale è presente, masolo come strumento per raggiungere un fine, non comeoggetto primario dell’attenzione dell’autrice.

Per la verità, una delle cose che più mi hanno colpitoin questa antologia è la buona competenza tecnica difondo degli autori, non inferiore a quella di molta narra-

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PREFAZIONE

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tiva che gli editor incubano alacremente nelle uovaalchemiche delle case editrici, anche importanti. Certo,la strada per arrivare da queste prove d’esordio allamaturità espressiva e, magari, all’originalità assoluta èancora lunga. Ma gli strumenti di base ci sono, anche sela tecnica e le lettura vanno costantemente alimentate.Buona fortuna e buon lavoro a tutti.

Edoardo Zuccato

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Lei non ci crederà,

ma sto aspettando

il tram

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Giuditta Dallerba

Alibi per mariti fedifraghi

17.38. Diego e la Pina chiacchierano alla radio del piùe del meno, scatta la telefonata, dall’altro capo della cor-netta un tizio si presenta come «creatore di alibi per ma-riti fedifraghi».

L’autostrada scorre sotto le ruote tutta uguale, campi,nuvole, ombre della sera; su il volume.

– Nicola, quindi tu inventi scuse per gli uomini conl’amante?

– Eh, che ti devo dire Pina, sì, è il mio lavoro,Nicola ha uno spiccato accento tarantino e da come

parla sembra fiero del suo impiego.– Dai, ma raccontaci tutto – miagola la Pina da dietro

i microfoni di Radio Deejay.– Cambio canale, non ne posso più di queste stronzate,

anzi sai cosa? Spengo la radio, mi avete rotto!Gianluca parla sempre da solo quando guida, dialo-

gare con se stesso lo appaga, lo rasserena.A radio spenta riflette sul lavoro di Nicola.– Certo che questi se ne inventano sempre una nuova.

Ma come cazzo ti viene in mente, dico io? Certo che...boh! Altro che strappare biglietti del cinema fino alle duedi notte, questo se ne sta lì a cazzeggiare tutto il giorno,e magari lo pagano pure bene.

Gianluca riaccende la radio: – Voglio proprio saperequanto prende sto stronzo.

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– ...ntare. Cioè, è un mestiere complicato, ci vuolemolta fantasia e, Pina non mi crederai, ma per quanto as-surdo possa sembrare ci vuole anche serietà! Voglio dire,bisogna mantenere il segreto professionale se no qua sirischia di mandare famiglie a monte!

Gianluca sogghigna: – Che cinismo, cazzo, ma ormaitanto son tutti così...

Diego prende il microfono e, giusto per non restarsenza parole, cita una vecchia battuta di Walter Chiari:

– Vi ricordate di quel tizio che veniva scovato nell’ar-madio della moglie e diceva: «Lei non ci crederà, ma stoaspettando il tram!»

E Nicola: – Bravo Diego! Vedo che ne sai! Non ci cre-derai, ma proprio questa battuta mi ha aiutato molte voltesul lavoro...

– Sul lavoro – pensa Gianluca inarcando un soprac-ciglio.

– Ma non dirmi che hai suggerito come alibi, quelladel tram! Se la suggerivi a me col cavolo che ti pagavoscusa! Ma che prendi in giro, Nicò!?

– Beh, beh, guardate che ci vuole fantasia! Questa èsolo una freddura, ma più la situazione è assurda, più, pa-radossalmente, sarà credibile! La donna è stufa delle so-lite scuse, le conosce ormai a memoria, il segreto stanell’offrirgliene sempre di nuove...

– Questa volta hai ragione, Nicò – ammette Gianlucaa voce alta, al caldo del suo abitacolo, il viso illuminatodalle lucine rosse dell’auto.

Nicola sembra quasi colto, a un certo punto perdequella sua aria spocchiosa con cui si è presentato e co-mincia a parlare del suo lavoro come se stesse illustrandouna complessa operazione finanziaria a un gruppo distakeholders.

– Incredibile pensare alla scarsa fantasia delle persone,in un certo qual modo io sono quasi uno scrittore, scrivostorie d’amore intricate, le storie d’amore degli altri e

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molte mi riescono talmente bene che la tentazione di met-terle per iscritto spesso si impossessa di me. Molte voltesalvo delle famiglie da un disastro coniugale, e c’è da direche aiuto molti più uomini che donne, non perchè loronon tradiscano, ma perchè le donne sono spesso moltopiù brave a mentire.

– Oppure gli uomini più scemi!– squittisce la Pina di-vertita dalla sua uscita.

– Vai così Pina, anche stasera ti sei assicurata il soste-gno delle quattro cozze inacidite che ti seguono su twitter– commenta Gianluca, scuotendo la testa nella solitudinedel suo abitacolo.

– Ma senti, quindi ci dicevi che hai pensato moltevolte di mettere queste storie per iscritto, giusto? Scrive-rai un libro?– incalza Diego.

– Beh sì, Diego, mi hai scoperto, sto scrivendo unlibro, una specie di selezione delle storie migliori e dicome sono state portate avanti proprio grazie alla miafantasia, ai miei alibi.

– Ecco qua, ti pareva che non ci fosse dietro il mes-saggio promozionale, due ore a parlare e poi tutto co-struito, questi mo’ mi vogliono vendere il libro! Ma chi èquesto? Ma quanto ha pagato per farsi sta pubblicità oc-culta su radio deejay? Ma boh! Sarà il cugino della Pina!–Ormai Gianluca sta letteralmente dialogando con un pas-seggero fantasma.

– Ma un pezzettino di libro da leggerci ce l’hai lì sottomano? Giusto per incuriosirci un po’?

– Sì, Diego, ce l’ho proprio qui!– Ma pensa! Ce l’ha proprio lì, che caso! A’ Nicò facce

rideeee! Ma pensa te sti quattro stronzi! A falsiiiiiiiii! Machi ve crede più? – Gianluca è su tutte le furie.

Nicola si schiarisce la voce:– È la storia di Angelo e Claudia, ah i nomi ovvia-

mente sono inventati eh.

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GIUDITTA DALLERBA – ALIBI PER MARITI FEDIFRAGHI

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«Angelo e Claudia sono due pariolini della Roma benecol Cayenne e lo Z4, con due figli e un labrador in giar-dino, con la domestica e il campo da tennis, coi divani inpelle e le abat-jour di Philippe Stark. Angelo un giornoal bar fuori dall’ufficio sta smozzicando un panino speck,brie e rucola, entra sta burina sulla trentina, tuta da gin-nastica, Nike con le molle, tette da paura:

“A’ Claudio, du panini al prosciutto e n’acqua naturaleche sto de fretta, namo va.”

Angelo s’innamora. Altro che pelliccia di visone, altroche parure di Cartier, altro che profumi Dyphtique e dietamacrobiotica, questa è una donna vera, questa è LAdonna vera. Angelo si alza:

“Lascia, pago io!” “E mo’ questo chi è?”“A’ Ma’ ( la tipa si chiama Mara) questo è ‘n signore,

te conviene accettà”, ride il buon Claudio.Mara guarda Angelo e masticando una gomma gli fa

cenno di pagare. Due ore dopo Angelo e Mara hanno ap-pena finito di consumare il loro primo rapporto sui sediliin pelle umana del Cayenne di Angelo, il primo di unalunga serie, e poi cespugli, tetti, treni e scenari urbani divario genere al limite dell’illegalità. Angelo torna ven-tenne, Mara tiene il ritmo a fatica e dopo un po’ si stufa.Sì, vabbè i regaloni, i macchinoni, i pelliccioni, ma lei im-pazzisce per Giorgio, il paninaro della Ostiense, c’ha pro-vato eh, ma non riesce a toglierselo dalla testa. Morale: aClaudia come glielo raccontiamo? Angelo chiama Nicola.

“Pronto signor Nicola? Devo portare la mia amante almare per il week end, ho sentito che lei risolve questotipo di problemi...”

“Nessun problema, mi mandi una mail con tutto ciòche devo sapere del rapporto con sua moglie e con tutti isuoi dati, nel giro di ventiquattro ore le invio una rispostacon una lista di alibi da snocciolare per questo e almenoaltri cinque o sei fine settimana.”

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LEI NON CI CREDERÀ, MA STO ASPETTANDO IL TRAM

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“Davvero? Non so come ringraziarla.”“Ovviamente pagandomi, non lo faccio certo in ami-

cizia, anche perché, non so se ha notato, ma noi due nonci conosciamo.”

“Pagando? Cioè lei in pratica vende balle? E che mifa, un preventivo?”

“Bravo, glielo mando per email.”“Ma non scherziamo, io non la pago per una cosa del

genere, due cazzate me le invento anche da solo!”“Bene, grazie a lei. E in bocca al lupo!”Viene il week end.“Claudia, amore, ho una cena di lavoro a Napoli que-

sto week end, parto domani sera.”“È la burina del bar davanti al tuo ufficio, vero?”“Prego?”“Vaffanculo!”»

La Pina riprende la parola disorientata: – Sì, maquindi?

– Quindi nulla, – fa Nicola – questo è quel che accadea non servirsi di me.

Alla radio sembrano davvero delusi del racconto.Diego e Pina per la prima volta sono senza parole, l’im-barazzo si taglia col coltello a grosse e pesanti fette.

Gianluca deve ricredersi: – Allora non avevano pro-grammato tutto!

È arrivato a casa, deve scendere dalla macchina.– Stavolta vi devo rivalutare, ragazzi, non avrei mai

più detto, mai più detto che il primo cretino leggeva ilsuo estratto di libro e lasciava tutti senza parole, ti devofare i complimenti, Nicò.

Gianluca spegne i fari, parcheggia in giardino, prendel’ascensore e finalmente arriva in casa.

– Fede? Ci sei?Improperi soffocati nella camera da letto.– Sì, amo, arrivo subito, cazz...

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GIUDITTA DALLERBA – ALIBI PER MARITI FEDIFRAGHI

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Gianluca corre in camera e vede un ragazzo sulla ven-tina che letteralmente cerca di ficcarsi nel suo armadiodelle camicie, è magrolino, pelosetto e indossa un boxerrosso con le renne di Intimissimi.

Gianluca lo guarda e scoppia in una risata fragorosa.– Fammi indovinare, aspetti anche tu il tram?– Sc... scusa, c... cosa?– Niente, lascia stare, sei troppo piccolo per capirla,

Fede, buttalo fuori, va’, poi ti suggerisco io un tipo chene racconta di migliori.

Federica sviene.Il ragazzino si riveste alla svelta.Gianluca esce di casa troppo fiero di sé, ci manca

l’esplosione all’Armageddon e poi, boh, ci può quasi scri-vere un libro anche lui.

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LEI NON CI CREDERÀ, MA STO ASPETTANDO IL TRAM

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Postfazione

di Vania Barozzi

Solitamente le postfazioni hanno il compito di fare il co-siddetto “punto della situazione”; e per questo, prima dientrare nel vivo di quest’antologia, voglio aprire unalunga parentesi sugli immediati antecedenti della stessa.Le passate due edizioni avevano come temi Da qui nonvedo e Troppo buio per gridare. Si può dire che entrambifossero legati a una condizione (anche e soprattutto men-tale, come accennava Tim Parks nella prefazione dellascorsa edizione) di oscuramento, di un impedimento co-gnitivo o sensoriale che può implicare una certa frustra-zione, se non addirittura disperazione. Chiaramente conciò non si vuole affermare che i racconti fossero un revi-val di quelli scritti durante il periodo della Scapigliatura,ma è da notare il taglio decisamente più comico del ti-tolo attuale che non si vedeva dai tempi del gioco di pa-role di Perso in tempo (seconda edizione) e che deriva dauna barzelletta-sketch di antica memoria, proposta dalcompianto Walter Chiari. Questo titolo ha favorito rac-conti di contenuto più umoristico, anche se ciò avvienesolo a sprazzi, e anzi spesso manca del tutto l’agognatolieto fine (tornerò su questo punto nel corso della tratta-zione).

Poco tempo fa mi sono ricordata di come Vittorio De Sicaconcludeva il suo Miracolo a Milano, usando la celeber-rima frase: «Verso un regno dove buongiorno vuol direveramente buongiorno», scolpita nell’immaginario col-lettivo degli italiani. Seppur quest’antologia provenga

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dall’ambiente IULM, come potete leggere sopra non sonoil suo rinomato professore Gianni Canova e non voglioparlarvi di film – anche perché da storica dell’arte ciò miriuscirebbe un po’ difficile, e soprattutto il vero Canovapotrebbe, a ragion veduta, linciarmi all’istante. Questafrase, dicevo, mi ha immediatamente fatto pensare a granparte dei racconti contenuti in questa raccolta per un mo-tivo molto semplice. Datemi un paio di paragrafi e arrivoal punto.

Contrariamente a quanto notava il già ricordato TimParks nella scorsa edizione dell’antologia (“[...] è curiosoquanti di questi racconti siano ambientati all’estero [...]”,scriveva), quest’anno si può notare come la stragrandemaggioranza delle storie non solo si svolga in Italia, main particolare a Milano – o nelle immediate vicinanze, ilcosiddetto hinterland, come piace tanto dire ad alcuni.Bisogna a questo punto ricordare che ogni scrittore ela-bora la propria storia in completa autonomia (talvolta gliautori selezionati nemmeno si conoscono fra loro): non cisono quindi trend prestabiliti di anno in anno, ma soloaccidentali coincidenze come questa.

Nella sua sagace ma un po’ intellettualistica prefazione– non si tratta di una critica, solo di una constatazione –Zuccato parla di ambientazione urbana e di autobiografi-smo. Il suo errore, se così lo vogliamo chiamare, è statol’applicazione del concetto di autobiografismo solo allanatura dei fatti narrati e dei personaggi (va da sé che laconstatazione dell’appartenenza di questi alla categoriadegli antieroi non si applica ai loro creatori), ma non allaloro collocazione geografica in senso stretto. Per la pro-pria natura di studenti che vivono a Milano, infatti, moltigiovani scrittori hanno scelto di ambientare le loro storienella città che è loro più familiare e in cui hanno intravi-sto un chiaro stimolo per collocare i loro intrecci.

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Tornando al punto che qualche paragrafo fa ho promessodi sviluppare, la Milano tratteggiata nell’antologia parenon essere lontana se non cronologicamente da quella diDe Sica e Zavattini, principalmente per il suo cinismo ela scarsa predisposizione all’accoglienza vera e non soloformale – Tina Pregara docet. Con il suo Il resto del resto,infatti, Pregara dà un colpo al cerchio e uno alla botte,descrivendo da un lato con sagacia la situazione di unambulante che verrà sempre guardato non per ciò che èma per quello che offre, e dall’altro i suoi valori umanisolo apparenti, basati su un fraintendimento di fondo le-gato alla sua figura paterna svelato solo nel finale. Dal-l’ambulante che nonostante tutto decide di restare, sipassa alla descrizione del capoluogo ai piedi della Ma-donnina come luogo da cui fuggire se si vuole cercare unpo’ di umanità, altrimenti si resta attorniati dall’indiffe-renza e oppressi nel grigiore – eh sì, Elena Sabattini, ilsole pare non esistere e sì, Alessio Amato, il suo cielo ègrigio da settembre ad aprile. Una metropoli in cui esistedella “gente giusta” a cui devi piacere e l’unico modo perfarlo, per dirla con le parole del nostro giovane autoreFrancesco Piccinelli Casagrande, è di «buttare tutto invacca, apparire cinico, materialista e disinteressato». Unosfondo che all’apparenza non è mai troppo invadente, unsemplice portatore di quel colore plumbeo e quella neb-bia più simili a dati di fatto fugacemente citati che a con-dizioni atmosferiche in grado di determinare sorti eumore delle persone.

Può quindi sorprendere che ciò che pare connotarsi come“mero background meneghino” non sia in realtà poi tale,poiché influenza eventi e vite dei personaggi in manierapiù consapevole di quanto ci si aspetti. Il fatto che poiquesto sia una voluta forzatura di un esistente stereotipoè puramente strumentale. Ne L’attesa di Maria PaolaRossetti la condizione della studentessa Annina in balia

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dello sciopero dei mezzi, diventa il fattore scatenantedella sua repulsione per una città lontana dall’esserequella delle sue origini, nei ritmi di vita (traffico costante)e nelle abitudini (l’università va iniziata superandol’handicap della burocrazia e dell’assenza di amici). Ilritmo della giungla metropolitana appare anche ne Lamossa del geco di Virginia Dara, ma al negativo: un tramsemivuoto e strade perlopiù deserte che meraviglianoMarco Azzali, il protagonista, fanno incontrare a que-st’ultimo un vecchio compagno di liceo con cui verrà tra-scinato in un vero e proprio amarcord (e non solo). Lecattive condizioni atmosferiche di un gelido inverno mi-lanese cambiano le sorti di Meyer in Jack e neve di ArturoCheller, dove quella «città del c***o», piena di colleghimusoni e strafottenti che offre solo negatività, viene ri-valutata dal protagonista dopo un incidente rivelatore. Ri-velatore di cosa, lo possiamo dire: è davvero una città delc***o o è lo spirito con cui la si affronta a determinarlo?Molti racconti si imperniano proprio su questo concetto.La realtà è da vivere come una prigione da cui evadere oè un costante promemoria della nostra ineludibile pre-senza su questo mondo? Quanto contano le persone e gliavvenimenti nella nostra percezione della realtà e nel no-stro giudizio su di essa?

La Milano di questi scrittori è la Milano dello stereotipo.Il quale non è detto che non sia vero, ma come un po’ tuttigli stereotipi parte da una base di realtà che poi è modi-ficata e spesso ingigantita con il tempo, allontanandosidal dato reale. Ma allora perché i nostri scrittori sembravi si accaniscano? In realtà non è accanimento, bensì ciòche ogni scrittore (anche non alle prime armi, sottolinee-rei) deve fare per rendere la realtà più riconoscibile (at-tenzione: non vera, ma verosimile) agli occhi di coloroche non la vivono quotidianamente. Si strizza in questomodo l’occhio a chi le cose le conosce in prima persona,

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e si alimenta la leggenda, lo stereotipo. Sono storie, e per-tanto devono appartenere più al mito che al vero, senzacontare che in qualche modo il mito può essere vero.

Se sono riuscita a confondere molti di voi, me ne scuso.Come detto qualche paragrafo sopra, Milano è sì simbo-leggiata dal grigiore e dall’indifferenza, ma, cosa più im-portante e centrale visto il titolo della nostra antologia,anche dal tram, mezzo che decisamente dà più colore (no,non solo perché è spesso di un arancione fotonico) deidue tristi aggettivi sopraccitati. Per intenderci: il tram èun mezzo che ha più colore non solo perché qualche lineautilizza ancora quelli con i caldi interni in legno deglianni Trenta, ma perché è più aperto agli incontri inaspet-tati, alle chiacchiere, ai ricongiungimenti, di quella me-tropolitana piena di automi che fissano a vuoto ifinestrini. Certo, lo si può aspettare per una vita (e nonsolo in senso figurato, purtroppo) come dimostrato dairacconti di Veronica Rossi e Rachele Rebughini, maquando lo si prende la vita pare assumere una piega di-versa. Beh, anche se la dimensione della piega è pari al-l’orecchia fatta a un libro, si è pur sempre assistito a uncambiamento. Anche quando lo si perde (realmente o insenso figurato), il concetto rimane lo stesso, essendo lafermata luogo di incontri e di svolte.

Milano è anche sede di molte radio (e qui ci asteniamodal fare pubblicità occulta), e il racconto di GiudittaDallerba è proprio imperniato attorno a un famoso pro-gramma di una di esse. Qui il tono della narrazione, oltrea contenere un vocabolario un tantino colorito, fa sfoggiodi quell’ironia che il nostro titolo celava. A parte l’avermenzionato nelle sue battute iniziali lo sketch ispiratoredel titolo, Alibi per mariti fedifraghi ne segue alla letteralo spirito, ritraendo una vicenda che ha tutta l’aria di es-sere surreale ma si muove sulla falsariga del sembrerà

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paradossale ma è così. In un contesto che l’autrice non habisogno di rendere ridicolo essendolo già di suo, la vi-cenda si snoda sull’assurdità di alcuni avvenimenti realie su come si possa essere smentiti dalla realtà a ogni mi-nuto (sebbene gli argomenti trattati dai media ci paianolontani dal vivere comune e, talvolta, irrimediabilmenteidioti).

All’inizio di questa postfazione accennavo al fatto chenon tutti gli scrittori hanno interpretato il titolo nella suaaccezione ironica, dando vita a vicende dal finale dol-ceamaro (due su tutte: Il riflesso di Fabio Rodighero e 20minuti di Chiara Di Sante). Come tale, questo dato difatto non deve apparire un fraintendimento, ma un fat-tore positivo, in quanto la libertà di interpretazione deititoli scelti di anno in anno ha favorito quella varietà distorie che rinnova la nostra voglia di proseguire que-st’avventura con una nuova proposta ogni dodici mesi.

Zuccato lamenta, anche se non in maniera polemica,l’assenza di stili e di sperimentalismo delle storie propo-ste, etichettando il tutto come normale in quanto si trattadi autori esordienti. Mi sento di dissentire, perché questaquasi totale assenza di sperimentalismo non è qualcosadi negativo, né costituisce la semplice conseguenza del-l’essere in erba. Nella postfazione di un paio di edizionifa, Paolo Giovannetti scriveva: «[...] la pluralità ma anchelo scarso spessore degli stili è qualcosa che colpisce mapuò anche disturbare. [...] Ma io dico: bene, evviva.» Piùavanti sottolineava come la conseguenza di quanto citatofosse la creazione di una nuova convenzione letterariadalle forme più semplici, e qui mi unisco ai suoi evviva.Evviva per la bella intuizione e per averlo messo periscritto. Chi scrive su quest’antologia, infatti (e qui portoanche la mia esperienza), non lo fa per trovare nuovi stilima per cimentarsi ogni volta con la sfida di trovare unastoria per il personaggio che bussa alla porta della sua

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fantasia: una collocazione migliore insomma, che rendal’ospite in grado di dialogare con altre storie e, perché no,popolare nuove fantasie.

Come il GianGiulio di Mattia Conti (racconto peraltromagistralmente scritto di cui mi pento di non aver trat-tato più approfonditamente) possiamo balbettare quandoutilizziamo impropriamente stili letterari a cui non siamosicuri di dovere o voler fare riferimento, ma, come lui èin grado di dire «sei la mia sorellina» alla piccola Eva,noi sappiamo dire al pubblico: «ecco i nostri personaggi,recuperategli una casa nel vostro immaginario».

Di certo si troveranno meglio che nella nebbia mila-nese.

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Collana

Giovani scrittori IULM

Glenda Manzi, MicheleMarcon, Hulda FedericaOrrù, Danilo Potenza,Paola Tonetti, DimitriSquaccio, Marcello

Ubertone, GiusepppeCarrieri

L’inafferrabile

a cura di

Giuseppe Carrieri

e Michele Marcon

Postfazione di

Paolo Giovannetti

Michele Marcon, Hulda

Federica Orrù, Linda Avolio,

Massimo Pignat, Ludovica

Isidori, Danilo Potenza,

Anna Cuomo, Nicholas Di

Valerio/Salinoch, Rachele

Casato, Riccardo Fantoni,

Glenda Manzi, Stefano

Plebani, Giulio Tellarini,

Francesco D’Uva

Perso in tempo

a cura di Michele Marcon e Giulio Tellarini

Prefazione di Andrea G. Pinketts

Postfazione di

Paolo Giovannetti

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Andrea Sesta, Michele Danesi, MDS,Salinoch, Mattia Conti, Monica Ferrazzi,Danilo Potenza, Chiara Daffini, DiegoDotari, Valentina Neri, Linda Avolio,Giulio Tellarini, Daniel Cristian Tega,Giuseppe Marazzotta, Marco Romani.

Quello che resta

a cura di Michele Danesi e Andrea Sesta

Prefazionedi Antonio Scurati

Postfazione di Paolo Giovannetti

Marcello Ubertone, Elena Sabattini,Mattia Conti, Fabio Rodighiero, MicheleDanesi, Silvia Tramatzu, Valentina Neri,Domenico Ferrara, Andrea Sesta, DiegoDotari, Stefano Gianoni, Marco Ferra-rini, Salinoch, Jacopo D’Andrea, ChiaraDaffini, Francesco Priano, Vania Ba-rozzi, Filippo Rizzi, Federica Gerardi,Giovanni Fiorina, Valentina Colmi,Laura Banchero, Beatrice Lorenzini.

Da qui non vedo

a cura diValentina Neri, Alice Alfiedi, Michele

Danesi, Andrea Sesta

Prefazione di Giorgio Falco

Postfazione di Paolo Giovannetti

Giuditta Dallerba, Chiara Di Sante,Francesca Giordano, Marco Ferrarini,Danilo Sergio, Alessandro Parotti, Fe-derica Gerardi, Elena Castellini, Bea-trice Lorenzini, Elena Murgolo, MattiaConti, Chiara Castelli, Serena Di Vito,Stefano Plebani, Rachele Rebughini,Riccardo Dujany, Alfonso Casalini,Leonardo Angelini, Ilaria Padovan,Glenda Giussani, Vania Barozzi.

Troppo buio per gridare

a cura di

Alessandro Bongiorni, Laura Conti eMarco Ferrarini

Prefazione di

Tim Parks