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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 2 GIUGNO 2012 ANNO 15 N. 22 IL VANGELO SECONDO MATTEI CANTANTI E GREGARI MEET IN TOWN FESTIVAL VIVERE DA CITTADINI CONSAPEVOLI SU UN TERRITORIO RICCO DI «SCORIE IN LIBERTÀ»: TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE SUL NUCLEARE OGGI, NON LIQUIDATO, SOLTANTO DEPOTENZIATO LA BATTAGLIA DI SANTIAGO I PUGNI DI W.C.HEINZ GIANFRANCO PANNONE SHAYMA KAMAL RIFRAZIONI BAJOTIERRA DANIELE PARIS

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MUSICA » ARTI » OZIO SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO» SABATO 2 GIUGNO 2012 ANNO 15 N. 22

IL VANGELOSECONDO MATTEI

CANTANTI E GREGARI MEET IN TOWN FESTIVAL

VIVERE DA CITTADINI CONSAPEVOLISU UN TERRITORIO RICCODI «SCORIE IN LIBERTÀ»:TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERESUL NUCLEARE OGGI,NON LIQUIDATO,SOLTANTO DEPOTENZIATO

LA BATTAGLIA DI SANTIAGO I PUGNI DI W.C.HEINZ

GIANFRANCO PANNONE SHAYMA KAMALRIFRAZIONI BAJOTIERRA DANIELE PARIS

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IL FESTIVAL

PANNONEQuella centralefantasma a Latina

«Il mio non è soloun filmsul nucleare,ma sul bisognodi democraziapartecipata,di essere padronireali del proprioterritorio»

Scene da «Scorie in libertà»: manifestazioniantinucleariste. Immagini d’epocadella costruzione della centrale di Latinainaugurata da Enrico Mattei

ATTIVARSIRADIOATTIVARSI

di SILVANA SILVESTRI

●●●Unico film italiano dellasezione internazionale Scorie inlibertà di Gianfranco Pannone è inprogramma stasera il festival«Cinemambiente» di Torino (31maggio-5 giugno) e sarà eventospeciale al festival di Pesaro (25giugno-1 luglio). Accompagna lospettatore nel territorio di Latina,ambientazione più voltefrequentata dal regista nei suoiaffascinanti lavori su un passatoche altri hanno evitato diraccontare (come Latina/Littoria adesempio) e con la calma militantedi chi ha condiviso un allarmecostante per anni, mostra il profilodella centrale nucleare e del«piccolo» reattore che stendono laloro ombra su terreni, camping,industrie, poligoni, spiagge, acque ecoltivazioni, contadini e bagnanti,manifestanti e autorità, conl’obiettivo di indagare e farconoscere la realtà. Filmindipendente, sarà da settembredistribuito dall’Arci-Ucca nel suocircuito. «Non è stato facilerealizzarlo, dice, prima diFukushima i produttori cheavevamo si sono tirati indietro,come i francesi, o gli sponsorprivati. Sul nucleare cominciavanoa contare in parecchi, compresaparte della sinistra. A quel punto ilfilm lo avevo interrotto perché nonc’erano più soldi, ma dopoFukushima ho deciso di farlo ancheda solo con la mia associazione, laBlue Film e l’aiuto di mia moglie.C’era la rabbia di dire: non me lofanno fare, ma io lo faccio lo stesso»

●Un elemento in particolare èallarmante nel tuo film, quandoracconti che probabilmente gliamericani favorironol’interruzione della costruzionedel reattore Cirene e che imovimenti antinuclearistipotrebbero essere stati utilizzati in

questo senso.Separiamo due momenti: unoquando, ventenne, ero neimovimenti antinuclearisti di Latinacittà dove sono cresciuto e a cui hodedicato altri documentari comePiccola America, Latina/Littoria.Vivevo in quella città, ero studenteuniversitario, andavo e venivo daRoma e facevo parte di questicomitati antinuclearisti che eranocomposti da associazioni come ILWwf di cui sono stato ancheresponsabile locale per un periodo,Italia Nostra, i comitati civici locali.I comitati antinuclearisticiesistevano già prima di Cernobyl,erano già attivi nei primi anni ’80,perché c’era già una serie dicontraddizioni attorno alla centralenucleare come il fatto stesso che nelraggio di seicento metri abitasserocentinaia e centinaia di persone.

Ci siamo trovati in una situazioneanaloga l’anno scorso conFukushima e ha coinciso anchequesto con un referendum. Èstrano come tornino certe cose. Aldi là dell’idealismo della nostrabattaglia di cui ancora oggi sonoorgoglioso, cioè dire che attorno alnucleare ci sono una serie di segretiche in democrazia non cidovrebbero essere perché ilnucleare è anche militare e quindinon si ha quasi dirittoall’informazione, cosa che èsuccesso anche di recente con iltentativo di imporre il nucleare daparte del governo Berlusconi, tiaccorgi che il nostro paese, avendoperso la guerra e pagando leconseguenze della guerra fredda, hadovuto subire delle scelte prese dafuori, una delle quali è che il paesenon potesse essere sviluppato dalpunto di vista energetico, nonpotesse essere del tutto autonomo.Quindi al di là di essere a favore ocontro, sul nucleare l’Italia èsempre stata messa sotto controllo.

Tutto questo avviene proprio aLatina perché accanto alla vecchia

centrale nucleare del 1963 si stavacostruendo negli anni ’80 il Cirene,un vettore nucleare sperimentalemilitare che avrebbe in qualchemodo sancito l’autonomiadell’Italia per il nucleare. Lacentrale nucleare di Latina di BorgoSabotino del ’63, la più grande inEuropa per tutti gli anni ’60, era dicostruzione inglese e non era uncaso e dopo Cernobyl, quandoarriva il referendum del ’87 furonoanche gli americani a favorirel’interruzione del piccolo reattoreCirene tra l’altro mai andato infunzione. Noi ambientalisti non cisiamo resi conto che qualcuno cistava probabilmente usando perchési temeva che l’Italia, acquistandol’autonomia nucleare come nelcaso del Cirene, un reattore aplutonio, potesse vendere ilplutonio che è la materia primadella bomba atomica, agli staticanaglia, quindi alla Libia e aSaddam Hussein. Questo non lodico io, sono uscite delle cartedesecretate della Cia, ma intornoalle quali non c’è stato dibattito. Daqui il sospetto che porto nel film.Noi abbiamo fatto una battagliasacrosanta, perché questa è unabattaglia sul territorio: io cittadinoho il diritto di sapere cosa accadesul mio territorio e il nucleare nonlo permette, basti pensare cosaaccade in Francia dove ci sonointeri comitati civici che sono difatto soffocati da quella grandepotenza che controlla tutto questo.

Da un lato c’è una questione diterritorio: noi italiani non sappiamoessere cittadini, siamo spessosudditi in cambio di qualcosa,come è successo nel territorio diLatina e in altri territori, in cambiodel nostro silenzio, della nostradisattenzione, del far finta di nientee in cambio della centrale nuclearec’è stata la possibilità di fare lacasetta abusiva ecc. Cioé questoscambio che recentementeabbiamo visto anche in epocaberlusconiana - io accetto te ma tuin cambio mi dai qualcosa - il pattosegreto tra gli italiani e la politica. Equesto ha fortemente

compromesso i nostri territoricompresa l’area pontina, ilterritorio a nord di Latina. Nelmomento in cui accetto didiventare suddito, mi prendo anchequello che non so cosa sia perchénel frattempo mi faccio la casaabusiva, ma poi la pago. Questopagare è né più né meno che nelterritorio c’è un numero sospetto ditumori, più alto della mediaitaliana, crescono animali deformiche faccio vedere nel film, i pesciche chiamano «cinesi» perché sonopanciuti «come Buddha» a sentiregli ignorantelli pescatori del posto,cefali piccoli perché non possonocrescere, tondi e deformi cheassomigliano stranamente ai quadridi Antonio Taormina e sonoinquietanti perché crescono nelleacque di scolo della centralenucleare (le altre specie ittiche perora non sembrano essereintaccate).

●Ma la centrale non funzionapiù.Non dimentichiamo che dentro cisono ancora delle scorie, non è veroche quando una centrale nonfunziona più, finisce. È chiaro chenon può essere più potenzialmentepericolosa come prima ed è chiaroche le barre sono state mandate inInghilterra per essere depotenziate.Ma torneranno a Latina, perché noidopo la storia di Scanzano nonabbiamo un centro nazionale dismistamento del nucleare, quindiriprendiamo quello che hannodepotenziato.

Ma depotenziare una barra delnucleare non significa che quellabarra non funzioni più, è solo piùdebole, le radiazioni rimagono. Pereliminare delle scorie radioattiveoccorrono 80 mila anni. Pensa noicosa stiamo lasciando (non soloEuropa, ma anche India, Cina, StatiUniti, Russia, Giappone) allegenerazioni future, un contenziosoenorme. Che ne sappiamo cosa

sarà la società tra duemila anni? Seci saranno «barbari arrivati da altripianeti»? o una decrescita negativache non permetterà alla gente disapere cosa c’è nei nostri depositi?È inquietante la materia, c’è ilproblema delle scorie, non è veroche il nucleare è finito. Le scoriesono presenti anche nell’involucrodella centrale, nei serbatoi deicanali di scolo, non ci sono solo lebarre. Perfino i vestiti usati daitecnici sono chiusi in un deposito aLatina. Non sono radioattivi comele barre, ma sono ugualmentepiccoli elementi radioattivi.

Ma il problema reale è ladisinformazione perché c’è questoalone di segreto militare. In Italiaquesta segretezza ha attecchitomeglio perché ha fatto comodo atante persone.

Abbiamo un paradosso: siamo inun posto che dovrebbe esserecontrollato perché la centrale èpotenzialmente pericolosa, ma unterritorio intorno al quale c’è il farwest: c’è la seconda discarica piùgrande del Lazio e il poligono ditiro, tant’è che un colpo di cannonecolpì quasi la centrale per sbaglio:del colpo di cannone nel campingdurante un’esercitazione delpoligono di tiro militare, c’è notizianelle cronache sui giornalidell’epoca e tra l’altro il camping èstato installato a soli 600-700 metridalla centrale. Ci sono poi nelterritorio anche le fabbrichefarmaceutiche e tantissime caseabusive sanate negli ultimi anni, inprossimità di un luogo che noi nonsappiamo quanto è contaminato,perché il registro tumori della Asl di

Presentato stasera al festival cinemAmbientedi Torino «Scorie in libertà» è uno strumentodi conoscenza e autodifesa del nucleare in Italia

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GERENZA

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Alias a cura diRoberto Silvestri

Francesco Adinolfi(Ultrasuoni),Matteo Patrono(Ultrasport)con Massimo De Feo,Roberto Peciola,Silvana Silvestri

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IL FESTIVAL

La quindicesima edizione di CinemAmbiente diretto da Gaetano Capizzi si tiene a Torino,al cinema Massimo fino al 5 giugno con circa cento film nelle sezioni competitive nazionalie internazionali giudicati da sette giurie (Concorso Internazionale Documentari, ConcorsoDocumentari Italiani, Concorso Internazionale Mediometraggi), i focus tematici, la sezioneEcokids, dedicata al pubblico più giovane, e la sezione Panorama, che approfondisce alcunitemi del festival come la crisi, l'alimentazione e l'energia. Tra i film presentati «Le Soif dumonde», l’ultimo film di Yann Arthus-Bertrand, e «Oceans» (La vita negli oceani), direttoda Jacques Perrin e Jacques Cluzaud, che chiuderà il Festival il 5 giugno, Giornata mondialedell’ambiente, e sarà proiettato a cura di CinemAmbiente contemporaneamente intrentaquattro città italiane. Bertrand sarà inoltre il presidente della giuria dei documentariinternazionali, ruolo che lo scorso anno fu di Michael Cimino. Tra gli altri giurati NeriMarcorè, voce narrante della versione italiana del film di Perrin e Cluzaud, e LucaArgentero, presente al Festival anche nella veste di produttore. Tra le opere del concorsointernazionale, oltre al film di Gianfranco Pannone sul nucleare in Italia, «Chasing Ice» diJeff Orlowski, vincitore del premio per la miglior fotografia al Sundance Film Festival, chesarà presentato dal protagonista James Balog, uno dei maggiori fotografi viventi. Tra inumerosi film sulla crisi economica è da segnalare «Payback» di Jennifer Baichwal, trattodal saggio Dare e avere di Margaret Atwood. Sostenibile il prezzo del biglietto: gratuito almattino per i ragazzi, 3 euro nelle altre fasce di programmazione.

INTERVENTO

Cinema semplicee asciuttoper un’ecologiadel cinema

SEGUE A PAGINA 8

In copertina:dalla locandinadi «Scorie in libertà»di Gianfranco Pannone

OCEANS

Il nuovo filmdi Jacques Perrinarchitetturedi vita subacquea

Latina, il primo del lazio, dàinformazioni, ma non riesce adaverne dalla Sogin che presiede allosmantellamento della centrale e,dall’Arpa che sovraintente alleacque. Questo è voluto o no?Questa disinformazioneprobabilmente è voluta da chi nonvuole che passino notizie. Nonvoglio spaventare nessuno, ma inquel pezzo di terra che sta traLatina ed Aprilia si consuma latragedia del territorio italiano, è unesempio di come il nostro territoriosia stato violentato, come Savianoracconta del casertano in Gomorra.Non solo per responsabilità dellapolitica, ma anche della gente cheha fatto finta di nulla e che oggirischia di pagare le conseguenze.Allora il mio è un film non solo sulnucleare, ma sul bisogno didemocrazia partecipata, l’essereconsapevoli del proprio territorio,l’essere padroni reali del proprioterritorio nel senso positivo diviverlo insieme agli altri.

A Latina questo è accadutoperché è un territorio storicamentecolonizzato e poi in secondo tempoda chi ha vinto la guerra: a BorgoPiave c’era una sede della Nato, c’èil Poligono di tiro, c’è la sede dellaNato a Gaeta dove vicino c’èun’altra centrale dove ci fu unincidente tremendo nel ’79, lacentrale del Garigliano. Sono dellezone dove c’è il controllo militare ecuscinetti di spazio dove il cittadinoha potuto fare quello che voleva, incambio del silenzio. Non si parlavadi quello che c’era lì dentro, di cosapoteva succedere. Tanto cheintervisto persone del posto che nelrispondere sono come dei bambini,tranquilli, perché non sono mai

stati informati.

●Nonostante le vostre «brigadedel superotto»...Ma noi eravamo una minoranza, iofacevo cortometraggi di fiction,documentari, però c’erano personepiù grandi di me e c’era GiampieroPalumbo, un filmaker locale che miha insegnato l’abc del cinema,aveva la cinepresa, aveva ilsuperotto, la moviola. Avevamoquesto gruppo con un nometremendo, «Gmcm», «gruppo diintervento sui mezzi dicomunicazione di massa»,facevamo attività politica nella sededi Democrazia Proletaria,organizzavamo cineclub, facevamosuperotto, corsi di alfabetizzazionedel cinema e avevamo anche ilnostro impegno politicoambientalista. La Latina dei primi

anni ’80 è l’unica Latina che non haraccontato, se non in parte,Pennacchi: studenti, militanti,politici quello che era rimasto delmovimento. Poiché il ’68 da noi eraarrivato un po’ in ritardo e graziealla centrale nucleare che per noiera il nemico, gli anni ’70 hannoavuto un seguito. È curioso che aLatina esistesse un gruppo dipersone, minoritario, perchéeravamo pochi, la città eraindifferente, fascista edemocristiana e noi un gruppo checredeva nei valoridell’ambientalismo, ma soprattuttonella politica sul territorio.

E ci trovavamo in un territorioche aveva due contraddizioni: lazona nord con la centralefortemente urbanizzata e inquinatae dall’altra il parco nazionale delCirceo dove andavamo in bicicletta,facevamo bird watching e la puliziadelle spiagge. Una strana dicotomiache ha acutizzato la nostraconsapevolezza dellecontraddizioni della società.

●I filmati d’epoca che tu inseriscinel film riportano tutto il mitodell’innovazione che si viveva inquegli anni.

●Infatti io metto anche mio padrenel film che era un socialista chefece parte del centrosinistra, loro cicredevano all’idea di progresso. Losmantellamento ha un prezzo,pensare che quel luogo rimarràincontaminato è un errore. In Italianon esiste una sede centrale dellosmantellamento rifiuti, le scoriesono nelle centrali di Trino,Piacenza, Garigliano e Latina.Quindi non è vero che il problema èrisolto, ma la cosa più grave èinvece che non se ne parli.

di S.S.

●●●Film di chiusura del festival diCinemambiente è Oceans di Jacques Perrin eJacques Cluzaud. Come si può raccontarel’oceano? si chiede «la voce del film» che cerca diformulare una risposta da dare a un bambino.L’occhio e l’orecchio sono i sensi del filmdall’andamento ipnotico tanto che vi sembrerà dicogliere presenze preistoriche che anelano allaluce e alla superficie, inalberando corone cometrofei, seduti a consesso, portatori inarrivabili diarmature compatte. Nelle profondità inesploratesi muovono forme di vita che certo di voglionotrasmettere indizi con le loro geometrie. La storiadelle profondità marine è la storia degli imperi, lostesso mare è storia, ma affacciandosibrevemente ne cogliamo solo frammenti. Misteri,più che certezze e poco antropomorfismo (nonfosse per i cetacei che abbracciano i piccoli o ilmistero dei delfini forse frastornati dametamorfosi): solitudini fluttuanti, formepalpitanti, l’ombra di Batman, esseri di pietra,esseri nastri, esseri colore, spilli che zampillano.

E anche qualche indicazione che riguarda laprotezione delle specie in via d’estinzione (altre,appena scoperte, sono già estinte), la caccia e lapesca, la corsa delle tartarughe appena nate versoil mare prima che gli uccelli le inghiottano, isodalizi tra troppo grandi e troppo piccoli.

di GIANFRANCO PANNONE*

●●●È arrivato il momento dicambiare un po’ tutti? La crisiinternazionale che si aggiunge aquella italiana impone di sì. E certoanche il cinema, fantastica macchinaprometeica del ‘900, molto presto saràcostretto a darsi una regolata. Già, ilcinema ultimamente si è appesantito… Proprio ieri, alle prese con unworkshop pratico di alfabetizzazioneal cinema rivolto ai bambini, riflettevosu come girare un documentariosenza limiti sia, oltre che il più dellevolte cosa da dilettanti, una forma diconsumismo come tante altre. Perchéaccumulare quante più immaginipossibili tranquillizza molto,esattamente come tranquillizza ilcarrello della spesa pieno. Unproblema che per i documentari ingenere esiste eccome, visto che nelloro caso, fatte poche eccezioni, larealtà non può essere intrappolata inuna sceneggiatura. Ecco che, dunque,anche il cinema più snello, quello dinon-fiction, appunto, rischia di farsipesante, non dico, pensando al secoloche ci siamo lasciati alle spalle, comeuna centrale nucleare, ma come uncentro commerciale sì. Ed ecco che avenirci in soccorso può essere lapratica intelligente di un cinemasemplice e a basso costo, non per ilbisogno di un vago pauperismomoralizzatore, ma piuttostoconsiderando il significatoschiettamente ecologico delle duedefinizioni. E magari rivolgendoci alpensiero dell’ecoantropologo francesePhilippe Descola, il quale ammoniscedal pensare che «noi bipedi col donodella parola siamo l’ombelico delmondo» , come si è sempre stati lungodue secoli e più. Mi vengono in mentei film asciutti e morali dei fratelliDardenne, ma anche il caro vecchioRohmer, con al seguito una troupe di12-15 persone e le scene essenzialiche compongono i suoi incantevolicontes; penso a Cassavetes e ai suoiprimi film a basso costo, girati nei finesettimana e rigorosamente in 16mm,ma anche a Gianfranco Rosi e al suobellissimo Below sea level; e ancora, aidocumentari lievi e nobili di unPhilibert, dove le cose accadono unpo’ per volta e basta fermarsi sul voltodi un bambino per dare un senso allavita. Film intelligenti e a basso costo,insomma. Che cosa desiderava ilgrande Za? Di poter presto girare unpiccolo film nella sua Luzzara con latroupe ridotta all’osso. Ecco, misembra il momento giusto per tornarea quello spirito niente affatto mesto el’approccio documentaristico (anchespurio) mi sembra il modo miglioreper raggiungerlo. Basta poco perraccontare una storia, per celebrare lavita. E non solo in termini di budget edi troupe o, ancora, di facilità tecnicaed economica del digitale. Mi rivolgopiuttosto alle storie, che possonoessere ambientate anche nel bar sottocasa e, come invocava Truffaut aitempi della Nouvelle Vague,coinvolgendo amici e fidanzate.Storie, dunque, senza troppi fronzolisia sul piano tecnico che narrativo,ma capaci comunque di sorprenderci,affabularci, persino al pari di un filmdi Spielberg. È possibile tutto ciò? Iocredo di sì, ma per questa possibilitàc’è un prezzo. Perché, è inutileilludersi, tutto ha un costo, forse

ancor più in tempi di magra come èquello che stiamo attraversando. Inquesto caso bisogna vedersela conl’industria del cinema e dellatelevisione, che tuttora pretended’imporre ai film cifre alte in ognicaso (in Italia medio-alte), perpermettere guadagni altrettanto alti(o, sempre da noi, medio-alti).

Insomma, a prevalere tuttora èl’idea, molto americana, che tantodenaro produca inevitabilmenteancora più denaro. La storia recentec’insegna che questo determinismoeconomico ha una sua forza, ma adammonirci c’è sempre la «parabola»di Re Mida, che trasformando tutto inoro finì col morire di fame e di sete.Ecco che, così come non potremo piùusare buste di plastica a nostropiacimento, credo che anche facendocinema si possa rinunciare a qualcosa,non intendendo con questo unadiminutio, ma piuttosto unastimolante opportunità. Anche se intempo di pace (almeno, per ora, inEuropa e negli Usa, oltre a pochi altriPaesi), mi piacerebbe che noi artisti cisentissimo un po’ come nell’ultimodopoguerra, quando le opportunitàeconomiche erano ben poche, ma lavoglia di fare tanta, anche nel cinema,di fatto rivoluzionato dalla brevestagione del Neorealismo. Rossellinirimane tuttora un maestro del film«povero». Mi piacerebbe, insomma,che la realtà che ci circonda torni adessere nutrimento per registi, scrittori,drammaturghi (giovani e menogiovani) e che si raccontassero storiedel nostro mondo con una sguardopiù orizzontale di quanto non facciain genere il cinema commerciale (e seabolissimo questo vocabolo?),parlando sì di spettacolo, maaffiancando questa parola al mondopiuttosto che agli effetti speciali. C’èbisogno di verità in questi giornidifficili e il ruolo del denaro (laquantità più importante della qualità)potrebbe non essere più determinantecome un tempo. Ciò che conta, ora, èandare all’essenza delle cose. Propriocome sta accadendo in questi giorni alteatro Valle di Roma occupato, che mipiace citare come luogo di rinascitanon solo civile ma anche ecologica nelnostro asfittico teatro e non solo. Cosìcome per il teatro, anche per i film sipuò pensare a basso costo, fuori daglischemi, dunque, di un cinema e diuna televisione che in Italia segnano ilpasso perché troppo compromessicon le leggi di un’economia per giuntasottoposta al controllo della politica.C’è, insomma, un grande bisogno diraccontare il mondo senza troppifiltri, di stanarlo con idee libere dacensure e autocensure. C’è bisogno diaria fresca; ed è giusto allora andarsi acercare piccole grandi opere,cinematografiche e non, che faccianoda riferimento. Un esempio per tutti?Il pianeta azzurro, di quel poeta dellasemplicità che è Franco Piavoli.Consiglio a chi non lo ha ancora fattodi vederlo, questo film che ha già piùdi trent’anni ma che non ha perso lasua fresca vitalità. Diciamola tutta: perchi è più aperto e coraggioso la crisiattuale può essere persinoun’opportunità.

*(agosto 2011 da «Docdoc, diecianni di cinema e altre storie» diGianfranco Pannone, edito daMephite per Quaderni di Cinemasud,in libreria)

Il logo di CinemAmbiente

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(4) ALIAS2 GIUGNO 2012

di VINCENZO MATTEI

●●●Esiste una linea didemarcazione che possa stabilire lamaturità di un'artista? Per ShaymaKamal questa linea è rappresentatadal superamento del traumapost-rivoluzionario dell'11 febbraio2011, quando Hosni Mubarak sidimise dalla carica di presidente. Èstato un percorso, un'evoluzionenaturale e sofferta, non solo per lepersone care perdute durante lesommosse e gli scontri con i militari,ma per i sogni e le speranze traditi,per una domanda senza risposta suquello che è successo e quello chesuccederà. Shayma sviluppa questoprocesso, portandolo a un livello chesupera i confini dell'Egitto, comepiazza Tahrir si è diffusa nel mondoprima negli Indignados spagnoli, poinegli Usa con Occupy Wall Street.Shayma Kamel ha affrontato ildramma interiore di chi ha vissutopienamente la rivoluzione del 25gennaio 2011, metabolizzando iltrauma che l'ha accompagnata perun intero anno, un lungo periodo diespiazioni in cui è riuscita aestrapolare una visione più ampia,maturando una consapevolezzapolitico artistica internazionale.

I suoi lavori sono stati ospitati alCairo presso l'Opera House, il GhotheInstitut, il museo Zaad Zaghalul, laTownhouse gallery, la AUC gallery, ilCairo Atelier... e all'estero in Greciasull'isola di Santorino, alla galleriadell'università americana di New Yorke della Westecher University dellaPennsylvania, in Germania a Monacodi Baviera.

La sua rappresentazione pittoricaha un filo storico legato alle stoffedella nonna e della madre, quelle chedovevano essere il suo corredo, lei haintrecciato i fili di quelle stoffe conquelli della Storia. Questo passaggiodi generazione in generazione rendemerito alla maturità dell'artista, fortee parte di un processo omogeneo incui lei stessa è inglobata. È proprionel momento in cui l'artista diventaparte di qualcosa più grande, che siriscontra quella maturazione che siricerca nell'arco di un'intera vita.

Shayma Kamel usa figure dianimali: ippopotami, elefanti, asini,leoni, falchi, iene... colori e formeimpastati con le stoffe di famiglia. Ilsuo progetto ricorda La fattoria deglianimali di George Orwell, anche ilsoggetto della mostra sembra calzareperfettamente con la visioneorwelliana: presidenti rappresentaticome elefanti e ippopotami, falchiingessati in un tight che ricorda glispeculatori di Wall Street. Ma Shaymanon dimentica l'ultimo annotrascorso in Egitto: due leoni conl'indice puntato verso l'altorichiamano i generali egiziani durante

le conferenze stampa; un cecchinovisto di spalle che punta la sua armaverso il vuoto; la figura nera di unadonna in niqab con accanto quella diun soldato in elmetto che sembra lasua fotocopia, sulla testa lei ha scritto«Sicurezza», lui «Centrale disicurezza»; un salafita che si tappa leorecchie per non ascoltare altraparola se non quella di Allah; donneritratte dentro alcuni quadri con unasilhouette nera, le braccia aperte e legambe conserte, in una posizione chesembra rappresentare l'ultimobaluardo a derive islamiste oautoritarie.

●Quanto tempo hai lavorato suquesto progetto?Da un anno, questa mostra è solo laprima edizione.

●Perché hai usato gli animaliinvece di persone?Perché le persone non sono piùsufficienti a rappresentare la miaidea. Dopo ciò che è successodall'inizio della rivoluzione e negli

scontri di fine anno, tutto è diventatoscioccante per me, per questo eraimpossibile rappresentare le personecome esseri umani. Così, ho scopertoche gli animali si adattano meglio almio progetto, anche se credo dimancare loro di rispetto, perché inconfronto a loro quello che l'uomo hafatto e fa è davvero crudo e violento.Quando un animale uccide, lo fa permangiare, non ne ricerca un altro finoa che non avrà fame di nuovo; ma gliesseri umani si uccidono a vicenda econtinuano a uccidere senza saziarsimai. Questo è ciò che ho sentito evisto nella rivoluzione. È uncomportamento che mi sconvolgesempre. Per questo motivo gli animalierano più adeguati nel mio progetto,che ancora non è terminato.

●Quale è lo scopo dietro il progetto?Non c'è scopo, ho solo il lavoro, cercodi rappresentare la mia idea di ciòche sta accadendo ora, non solo inEgitto, ma in tutto il mondo. Come iPaesi stanno cambiando cercando didivenire grandi potenze, come le

persone che usano ilpotere che hanno conil proprio popolo... ame sembra ilare eironico, questo è ilmotivo per cui quandosi passa attraversoquesta mostra ognidipinto richiama oinduce a una risata, aun gioco, al sarcasmodegli oggetti. Questo èquello che volevoesprimere,rappresentando la miaidea politica attraversouno scherzo, una frasesarcastica scritta suldipinto, opponendomia ciò che staaccadendo oggigiorno.

●Il sarcasmo è anche riferitoall'esercito egiziano, per quello chesta facendo?Non solo, ma anche all'ultimo

presidente, Hosni Mubarak, cosìcome ai presidenti di tutto il mondo:a come si comportano, come vestono,come parlano... come hannoindossato una maschera per cercaredi dimostrare quanto sonoimportanti, e come una singolapersona sia in grado di controllaremilioni d'individui decidendo sullaloro vita o sulla loro morte. C'è unlato assurdo, sono davveropreoccupata per il comportamentodegli esseri umani di controllare tutto,non solo la vita umana, ma tutto ilpianeta... è così irreale maaffascinante! Queste persone hanno lacapacità di distruggere più di quelloche vogliamo costruire. Cerco dimettere brevi dichiarazioni nella miapittura, per rappresentare il traumadel mio coinvolgimento emotivo neigiorni successivi alla caduta diMubarak, affrontandolo in modosarcastico.

●Il trauma è stato fondamentaleper sviluppare in una visionepolitica più ampia il tuo lavoro?Quando fai una grande azione comepuò essere una rivoluzione, ci siaspetta che le cose andranno bene eavranno successo, e che i sogni sirealizzino, ma abbiamo avuto unpaese secolarizzato? Il popolo hariottenuto i suoi diritti? Niente di tuttoquesto. Quando le cose desideratenon accadono, ci si sente delusi edepressi, soprattutto dopo tuttequelle persone che sono morte nellarivoluzione, ma che sono ancora vivenel nostro ricordo. Sotto questoaspetto sì, è deprimente, ma allostesso tempo tempra la forza divolontà per continuare a lottare.

●Possiamo dire che questo periododi depressione è stato fondamentaleper entrare in una maturitàartistica.La depressione e la repressione. Ladepressione è stata causata da ciò chesta accadendo in Egitto in generale,ma anche dal modo in cui siamocresciuti; questo è il mio Paese, in

ogni Paese c'è una sorta di atmosfera,qui c'è un'atmosfera difficile cherende dura la vita degli artisti, ma li falavorare e produrre di più, questaatmosfera potrebbe entrare dentro leloro opere. Ora la depressione èandata via e spero che le cose vadanoper il verso giusto; sono consapevoleche il conseguimento dellademocrazia può richiedere moltoanni, tuttavia, avendone 31, spero diriuscire a vedere il mio Paese comedovrebbe essere.

Mi rendo conto che questoprobabilmente non sarà possibile perla mia generazione, ma forse per leprossime sì, per questo lottiamo oggi,ed è bello e giusto così.

●Quale tecnica usi nei quadri, eperché hai deciso di fare lo sfondousando stoffa?È stata una casualità, però il materialedi questa mostra è davvero specialeper me perché apparteneva a mia

nonna e mia madre, i tessuti sonouna sorta di collante in questamostra, ogni quadro è legato all'altroin una storia sotterranea, qui tutto eradestinato ad essere utilizzato percome è stato usato, in un incastroperfetto. Questa vecchia stoffarappresenta uno specifico periodo, glianni '20 e '30, quando la gente eraabituata a vestire abiti e tessuticolorati, esisteva una coscienzamondiale diversa e il modo in cuitrattavano il mondo era differente.

È molto diverso quando siconfrontano questi tipi di abiti conquello che vestiamo oggigiorno: capiin nero, in grigio o altri colori scuri,neanche fossimo in tempo di guerra!Durante quel periodo le personepensavano con la propria testa,leggevano, ci fu una sorta di grandemovimento sociale e politico, tuttifattori che vedo condensati negli abitidi mia madre.

Abbiamo questa abitudine nella

DOPO LA RIVOLUZIONE DEL 25 GENNAIO 2011

Gli artiglidi Mubarake dei suoi pari

In pagina ritratto dell’artistaShayma Kamal e sue due opere

Incontro con la pittrice egiziana Shayma Kamal, che in una seriedi quadri dipinti su stoffe della nonna e della mamma, racconta larivoluzione egiziana e quanti stanno facendo di tutto per fermarla

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mia famiglia di conservare le stoffeper la prossima generazione, comemia nonna ha fatto per mia mamma elei a sua volta per me. Si hal'abitudine di andare dal sarto primadel matrimonio delle ragazze per farsicucire i vestiti nuovi, le mie non l'housate, ma sono sempre stataaffascinata da queste stoffe: di volta involta le prendevo e le osservavo conamore, senza farci nulla, per poirimetterle al loro posto, fino a quandoho davvero scoperto quale fosse illoro scopo. A un certo punto hosentito che potevano rappresentarequalcosa, allora l'ho usate per questamostra.

L'uso di questi tessuti fa riflettere lagente che si domanda perché li housati, e quale è la connessione con ilpassato. La maggior parte dellepersone che vengono a questa mostrane capiscono il significato dietro itessuti che trasmettono una sorta dinostalgia, di emozioni, e accendono

qualcosa nella mente delle personeche guardano i dipinti, l'ho vistochiaramente nei loro occhi durantel'apertura della mostra.

●Questa è stata fatta 10 giorniprima del primo anniversario dellarivoluzione, era concordato con ilgallerista?No, è stata una coincidenza.In realtà l'anniversario non significavanulla per me, perché la rivoluzionenon è ancora finita, è ancora in corso,come il mio lavoro. Non è il momentodi festeggiare anche se è passato unanno.

Mercoledì 25 gennaio 2012 c'eranomilioni in Tahrir, ma stiamo ancoralavorando sulla rivoluzione; non mi fafelice sapere che un anno è passato egli egiziani non hanno ottenutonessun diritto, molte cose non sonoaccadute, persone sono morte e chi leha uccise è ancora in giro, quindi nonè ancora tempo di festeggiare.

LONDRA 1966, IL CENTRO DEL MONDO●●●Scrittrice e giornalista Rai, Valentina Agostinis, collaboratrice storica del manifesto, studiosa di culture ibride einquiete, non solo Uk, dopo i libri sulla conterranea artista rivoluzionaria Tina Modotti e sulla Londra «olimpionica» dellepluriappartenenze socioculturali di oggi, nel suo ultimo saggio Swinging city (Feltrinelli euro 18.00) torna alla metropolidegli «absolute beginners», ai club (anche gay) e alle gallerie pop che strapparono a Parigi e New York il titolo di capitalemondiale di tutto: moda (Mary Quant, Carnaby St.), musica (ska, Who, Jeff Beck, Page, Beatles, Rolling), stile (Twiggy,Logan, psicodroghe...), design, pittura (Stephenson, Richard Hamilton, Allan Jones...), fotografia (David Bailey) e cinema(la lunga onda «arrabbiata», gli Hammer movies, Charles Dunning...). Michelangelo Antonioni, dal 1963 al 1966, soggiornaa Londra, conosce Claire People, e realizza Blow up, con David Hammings fotografo, sintetizzando il tutto e scovando la«scena di un delitto» poco chiaro, che poi non è che la rivoluzione interiore in atto (vincente e irreversibile).

Ero venuto p'faticànon ero venuto p'murì,quattro figli, na mugliera 'a caricona cascia 'e zinco p'me ne ji.Ero venuto p'accumincià,nun ero venuto p''e fernì(Ero venuto per lavorarenon ero venuto per morire,quattro figli e una moglie a caricouna cassa di zinco per ritornare.Ero venuto per iniziarenon ero venuto per finire).Canzone di Francesco Guccini ed Enzo

Avitabile Gerardo nuvole ‘e polvere mai cosìcontemporanea mai così antica. Muoiono ilavoratori sotto i capannoni noninchiavardati, ma dichiarati sicuri e non eravero, nel nord ricco e produttivo, è mortala giovane studentessa Melissa di Brindisidavanti alla scuola e la sua morte è passatanelle ultime pagine, perché il terremoto leha strappato la prima, ma nessuno sa direchi è stato a innescare la bomba che l’hauccisa e perché, alle elezioniamministrative sono andati a votare inpochissimi come se la gente non sperassepiù in niente. Le forme di parmigianorotolano a terra e si sconquassano amigliaia, il formaggio che vale oro chissàche fine farà, crollano torri e campanili maun vecchio mulino del ‘600 reggebenissimo. La sensazione è quella di unpaese suicidato dalla propria classedirigente, da una burocrazia similsovietica,da un ineluttabile abitudine all’ingiustizia,noi popolo pronipote di Caligola, chealmeno il suo cavallo lo amava, non cistupiamo di nulla, non ci ribelliamo, cisiamo fatti governare per 17 anni da unatv populista per minorati, da una chiesaverticistica, obsoleta, piena di scandali egiochi di potere (al contrario di quel chehanno deciso in Germania e in Irlanda danoi ai preti basta «consigliare» la denunciaper pedofilia, non c’è obbligo come se unreato su di un minore non fosse tale),abbiamo subito tutto semiaddormentati,drogati di una pessima droga che il poterein tutti i suoi travestimenti ci ha propinato.E siamo tuttora ostaggi di un parlamentodi non eletti che non si vergogna neancheun po’ di lasciare l’aula semivuota quandosi tratta di votare una leggeanticorruzione. Dovremmo pretendereda questi signori che tanto vivacementehanno contribuito al presente disastro didevolvere i loro stipendi alle necessariericostruzioni e tanto per non farli moriredi fame concedergli il salario minimo di unoperaio, dovremmo obbligarli afrequentare corsi serali di realtà, cosìmagari imparano qualcosa, e soprattuttodovremmo deciderci a mandarli a casa,ma si sa il potere si è così bene blindatosulle proprie poltrone da sembrareinamovibile e noi non abbiamo tempo daperdere con tutti i problemi disopravvivenza che abbiamo così ricattaticome siamo da miseria e disoccupazione.

Gerardo faceva 'o favvrecatore,viveva a Modena ma era terrone.A sera quann ferneva 'e faticàtrasmetteva a Radio Popolare.Ma senza alcuna protezionecaduto sul lavoro,morta janca prematura,sott' 'a na nuvola 'e polver'.(Gerardo faceva il muratoreviveva a Modena ma era terroneLa sera quando finiva di lavoraretrasmetteva a Radio Popolare.Ma senza alcuna protezionecaduto sul lavoromorte bianca prematurasotto una nuvola di polvere).

IL PAESESUICIDATO

GLI ARGOMENTIDEGLI ERETICI

Vacca, Gerratana, Gramsci....Argomento in questa rubrica, da sei

anni e in cento salse, che Gramsci con iQuaderni ha avviato una nuova scienza: lascienza della storia e della politica.

E che questa scienza è andata oltretutti i marxismi compreso il marxismo diMarx, producendo (con il concorso di37 anni di lavoro intellettuale e morale diLuis Razeto e mio) una serie di teoriescientifiche, prima fra le quali la «Teoriadella crisi organica».

Questa teoria mostra che al tempo incui Gramsci scriveva i Quaderni era inatto la fase iniziale di una «crisi di civiltà»,la fase terminale della quale stiamovivendo oggi.

Ecco perché Gramsci è attuale e ciserve come il pane.

Giuseppe Vacca pensa invece (in Vita epensieri di Antonio Gramsci 1926-1937,Einaudi 2012) che Gramsci ha elaboratonei Quaderni una «teoria delle crisi» – alplurale e in generale, e che la crisicontemporanea al Gramsci del carcerefu superata dall’«americanismo».

Superata? No: prolungata - prima dalkeynesismo, poi dalla Seconda GuerraMondiale, infine dal neoliberismo. E oranon si sa più cosa fare.

Trovate la «Teoria della crisiorganica» nel libro La Traversata,all’indirizzo internethttp://pasqualemisuraca.com/sito/index.php/scienza/50-la-traversata.html#Capitulo6. Un libro (edito nel 1978 da DeDonato col titolo Sociologia e marxismonella critica di Gramsci) che Vaccaconosce, e nel quale Razeto e iodimostriamo che ciò Gramsci, scrivendoi Quaderni, ha fatto (ha cominciato afare).

E lo conosce bene, avendolo lettoancora dattiloscritto. Lo impressionò alpunto da darlo in lettura a ValentinoGerratana, il quale rimase basito,particolarmente dalla radicale critica delmarxismo di Marx, convocò me eRazeto in via del Conservatorio, e cidisse: «La vostra critica di Marx non mipiace. Ho cercato di smontarlacriticamente. Non ci sono riuscito, ve lafarò pubblicare».

(Il libro si concludeva non a caso con ilconfronto fra la teoria gramsciana «dellacrisi organica» e la teoria marxiana«delle crisi del capitalismo».)

Grazie a Vacca e a Gerratana, insomma, il libro fu pubblicato. Ma. Non lorecensirono, Giuseppe e Valentino.Come mai, se lo avevano caldeggiato?

Cari lettori, questo è un ennesimocapitolo della silenziosa lotta contro glieretici.

A Gramsci è toccato essere curatocriticamente (Gerratana è stato ilcuratore della edizione critica deiQuaderni) e fondativamente (Vacca èstato prima direttore poi presidentedella Fondazione Gramsci) da duetogliattiani. E il togliattismo è una speciedi cattolicesimo controriformistico.

«La Controriforma elaborò un tipo dipredicatore che si trova descritto nelPredicatore Verbi Dei, Parigi, 1585.

Alcuni canoni: (…) 4˚. non riferisca gliargomenti degli eretici dinanzi allamoltitudine inesperta (…) Il punto 4˚ èspecialmente interessante: l’eresia èlasciata senza obiezione, perché si ritieneminor male lasciarla circolare in un datoambiente piuttosto che, combattendola,farla conoscere dagli ambienti nonancora infetti» (pagine 7 e 7bis delQuaderno 8). www.pasqualemisuraca.com

moderati arabi < 178 179 180 >

Martedì scorso, Javier Bardem e Álvaro Longoria hanno presentato Hijosde las nubes al Parlamento europeo: «le potenze occidentali, Usa e Franciasoprattutto, sono responsabili della mancata decolonizzazione del Sahara».

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Daniele Parisla musica del free

Già direttore d’orchestra, è a Londra con i film di LindsayAnderson e Lorenza Mazzetti, firma poi le musiche per quellidi Liliana Cavani ed è stato maestro di generazioni di musicisti

RIVISTA ■ LA CRITICA

Rifrazioni selvaggequadrimestrale,dal cinemaal magnifico oltre

di GABRIELLE LUCANTONIO

●●●«Quando mi si chiariva unprogetto e prendeva formaattraverso la stesura dellasceneggiatura, fissavo un incontrocon Daniele (anche se lo chiamavo«Paris» come fosse il suo nome, nonil cognome) e gli raccontavo lastoria che stavo sceneggiando equello che tale storia dovevasignificare, Gli parlavo anche dellamusica che ascoltavo giusto perdargli una pista. Paris ci si ispiravainfilandosi sulla pista indicata, maapprofondendo e proponendoanche altro. Non ha mai cercato diimporre il «suo genere» (comespesso accade), e la musicadefinitiva del film rappresentava

esattamente la sua sensibilitàcombinata con la mia» dichiaraLiliana Cavani nel libro dedicato alcompositore Daniele Paris, Il Suonodell'interiorità – Daniele Paris per ilcinema di Liliana Cavani, Luigi DiGianni, Lorenza Mazzetti, scrittodalla studiosa Maria FrancescaAgresta (Libreria musicale italiana,166 pagine, 25 euro). L'autrice hagià scritto un testo su Carlo Savina(Arte e Mestiere nella musica per ilcinema. Ritratto di un compositore:Carlo Savina, Biblioteca LuigiChiarini, 159 pagine, 2007)

Per la regista emiliana, Parisaveva scritto le musiche di duedocumentari, Età di Stalin (1962) eStoria del Terzo Reich (1962) e di trelungometraggi, Milarepa (1974), Il

portiere di notte (1974) e Al di là delbene e del male (1977). I tre unicilungometraggi della sua carriera. Lesue uniche colonne sonore per lequali esistono dei cd (pubblicatidalla C.A.M). Eppure il suo percorsonella musica applicata al cinema èinusuale e notevole. Con i registicon i quali ha collaborato, hasempre cercato di lavorare insintonia, per ottenere un risultatoparticolare. Il migliore possibile.

Daniele Paris era nato nel 1921 aFrosinone. In giovane età avevaintrapreso gli studi musicali informa privata e subito dopo laguerra aveva frequentato ilconservatorio di Santa Cecilia diRoma nelle classi di FernandoGermani (organo e composizione

di GIANLUCA PULSONI

●●●Tenere a mente oggi l’idea delfilm come arte sovversiva, come hainsegnato Amos Vogel, l’ uomo dispicco della cultura cinematograficaamericana recentemente deceduto,significa anche tenere aperta nellanostra vita la possibilità di una ideadi cinema come continua aperturaalle cose, corpo del mondo. Unintendimento, questo, che si puòritrovare in operazioni culturaliraffinate come il quadrimestraleRifrazioni, dal cinema all’oltre consede a Bologna, diretto dal filmmakere saggista Jonny Costantino (in rete,www.rifrazioni.net). Già recensito suAlias per i numeri passati, il lavorodi Rifrazioni merita ancora di essereintrodotto e segnalato per lo sforzocon cui la redazione (assieme aCostantino, Francesco Cattaneo eVito Contento) prosegue un propriodiscorso editoriale dentro il campodella critica cinematograficacontemporanea in Italia. Unpercorso, il loro, molto pragmaticoma soprattutto orgogliosamenteindipendente, che guarda alla curavisiva della rivista come fosse ilvalore aggiunto della loro ricerca. Adifferenza di molte altre rivisteinfatti, la cosa che salta subitoall’occhio con Rifrazioni è che ogninumero – ne sono nove, fino ad ora,l’ultimo è uscito recentemente – sipresenta sotto una magnificienzavisuale che oggi, volenti o nolenti, èrarissimo trovare in altri prodottieditoriali del genere, quantomenoin quelli legati al cinema,nonostante poi le pagine internerimangano in bianco e nero. Findalla copertina, che viene affidataper ogni uscita a un artista cherielabora un frame a scelta di unfilm preso in esame nel numero, larivista presenta una impaginazione«esplosa», dove il lavoro graficoconduce all’ impressione per illettore che ogni pagina sia unainvenzione, una danza tra parole eimmagini in una sovrabbonanzacontinua, come sfogliassimo unaspecie di libro d’arte.

Meri virtuosismi allora? No, e quiandiamo al discorso critico, inquanto estetica ed etica si fondono econfondono, visto che a una libertàformale di ogni numero corrispondeuna incredibile libertà sostanzialenella scrittura da parte tanto deiredattori quanto dei collaboratori chevengono invitati a scrivere. Ogninumero di Rifrazioni ha questo di

bello, una mancanza disovrastruttura che, al di là dellastruttura classica di cui si compone(più o meno, un dossier introduttivo,una lettura di alcune pellicole recenti,uno spazio sulle poetiche,approfondimenti trasversali tracinema e altre arti), permette unasperimentazione stilistica che rende iltutto mutevole, vivo.

Rifrazioni n. 9 presenta da subitoqualcosa di prezioso: le immagini dicopertina e quarta di copertina,opere da frames di Drive (N. W. Refn,2011), rielaborate dal francese HervéBordas, finissimo e apprezzatissimoartista grafico la cui storia e attività èlegata alla nobile tradizione del librod’artista. All’ interno del numero,troviamo un dossier moltoparticolare – nato a seguito delprogetto di laboratorio sulle cittàpromosso dall’ Isituto Superiore dell’Università degli Studi di Bologna(http://www.laboratoriocitta.unibo.it/laboratorio/Bacheca/Eventi/2012/05/1_maggio_2012.htm) – dedicato alrapporto tra città e dolore,interpretati come due tòpoi dell’immaginario, attraverso degliapprofondimenti su tre trilogie di trecineasti che hanno affrontato taliquestioni a modo loro: N. W. Refn,con la sua «trilogia del Pusher»; AmirNaderi, con la sua «trilogia diManhattan» (molto belli qui gliinterventi di Grazia Paganelli eMassimo Causo, gran studiosi dell’opera dell’iraniano); Godfrey Reggio,con la sua «trilogia Quatsi». Fra leletture dei film, invece, è moltointeressante il lavoro che fa JonnyCostantino sul film di Refn, Drive, perl’ equilibrio miracoloso tra unacapacità analitica esibita senzapedanterie ed un approccioanti-convenzionale alla pellicola, conguizzi da scrittore autentico. Il suosaggio è affiancato da una lettera diBordas, molto particolare, da leggere.Finisco segnalando l’ultimo scrittodel numero, una riflessione delfilosofo e critico d’arte italianoFederico Ferrari, da alcune uscitefisso collaboratore di Rifrazioni, conuno spazio di riflessioni a partire dasingoli frames di film da lui scelti. Inquesto numero, il breve e incisivotesto di Ferrari si concentra su unistante del capolavoro di Tarkovskij,Stalker (1979), meditando suimmagine e desiderio: «il verorealismo è iconografia del desiderio.Saper dare inizio a nuove immaginivuol dire rendere alla realtà il suocarattere di pura potenza, di aperturasenza fine ad altro mondo, ad altravita ». Una apertura o più, che nelcinema, arte dei corpi e della luce, sifanno variazione continua, rifrazioniselvagge.

A sinistra e in alto, copertina e quartadi copertina della rivista Rifrazioni. A destra,

copertina del libro su Daniele Paris conil ritratto realizzato da Lorenza Mazzetti

EDITORIA Nella foto grande, da destra: Daniele Paris, Lorenza Mazzetti,John Fletcher e Lindsay Anderson sorseggiano un tè durante

una pausa di lavorazione del film «Togeter» e a destra scenedel film. Qui accanto, un ritratto della regista.

LA CITTA’ E IL DOLORE

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YELLOW SUBMARINE, CARTOON ALL’LSD●●●Rieditato in dvd torna il capolavoro del 1968 Yellow Submarine, il lungo trip d’animazionelisergica diretto dal canadese (ma ormai londinese) Charles Dunning, su soggetto di Lee Minoff,sceneggiato da Al Brodax, professore di letteratura classica a Yale, assieme a un pool diintellettuali (anche Eric Segal, quello del best seller Love Story), con i disegni di Heinz Edelman,grafico pubblicitario a cavallo tra oggettualità pop, new liberty e psichedelia, Bob Balser el’olandese Paul Driessen che riempiono l’esile trama (i Beatles attraverso le loro canzonid’amore combattono e sconfiggono i Biechi Blu , nemici della gioia e del colore, liberandoPepperland) di follie grafiche stupefacenti. È vero che Gianalberto Bendazzi scrisse che questoYellow Submarine (che ispirò a Spielberg l’idea di un ristorante a tema di Century City) «è

l’emblema merceologico di una certa generazione», ma secondo me continua a essere anche unemblema della contestazione beat. Il film non è affatto anti disneyano, intanto. Poco tempodopo, per capirsi, Fantasia, rieditato dopo il flop del 1940, fu 2˚ negli incassi mondiali al solo2001 odissea nello spazio (che oltretutto ci ricorda molto l’attrazione disneyanaTomorrowland). Libero, anticonformista e scatento fino alla psichedelia quello come questo, unfilm esplicitamente ecologico, sull’environment, che tocca con geniale arguzia le condizionifisiche, psichiche e tossiche di un mondo esplosivo. Le citazioni pittoriche sono infinite e isimbolismi spesso oscuri, ma la fantasia è mirabilante e il calore cromatico lo rendono una vera«esperienza al limite». Dunning (allievo di Norman McLaren) morto nel 1997 lavorando sullaTempesta ha firmato anche The apple (1961), tutto grafica a spigoli e segmenti, The flying man,1962, Moonrock 10, 1970; The maggot, 1971 e Demon the mower, di 3’, 1972. (r.s.)

È un western la miniserie via cavo piùseguita della storia. Così almenodecreta l’History Channel, che haprodotto Hatfields & McCoys, sei oreambientate sul confine tra WestVirginia e Kentucky (in realtà leriprese sono state effettuate inRomania) per raccontare una miticalotta tra due famiglie iniziata durantela Guerra Civile e ufficialmentedurata trant’anni (1863-91), ma le cuiramificazioni facevano notizia ancoraun secolo dopo, tanto che la faida trale due stirpi è diventata un archetipodella cultura popolare Usa,comicamente evocata da BusterKeaton, da cartoon della Disney edella WarnerBros, da Abbott eCostello, dai Flinstones e persino inun episodio di Star Trek. Nel 1975 èstata trasformata in un telefilm conJack Palance e Steve Forrest nei pannidei patriarchi delle due famiglie.

In onda per tre sere, a partire dadomenica scorsa, nella sua puntataconclusiva, mercoledì, la serie hatotalizzato la cifra record di 14.30milioni di spettatori, superando ilprimato precedente andato nel 2001a Crossfire Trail, adattato da unromanzo western di Louis L’Amour.Prova questa – dopo il successo diBroken Trail di Walter Hill e dellaserie Hbo Deadwood - che il«vecchio» West ha(momentaneamente) trovato unaculla ideale nella narrative dilatabile enell’epica relativamente contenutadelle grosse produzioni per la Tv viacavo. A dare il marchio doc alla serie,la presenza, in qualità di attore eproduttore, di Kevin Costner,appaiato a un regista che gli è carocome Kevin Reynolds (insieme daitempi di Fandango, ma anche suRobin Hood e Waterworld). Tra glisceneggiatori c’è anche Ted Mann,uno degli autori di Deadwood.

Con un po’ di licenza poeticarispetto alla verità storica, Hatfields &McCoys inscena un incontro traDevil Anse Hatfield (Costner) eRandall McCoy (Bill Paxton) su uncampo di battaglia delle Guerra civile,dove i due confederati si salvanoreciprocamente la pelle nel giro diqualche minuto. Ma il legame va apezzi quando Hatfield, disillusorispetto a una guerra che sa già persa,decide di disertare. McCoy, un uomoin cui fervore religioso e sensodell’onore si combinano in uncocktail iperbolico, non lo perdoneràmai. La sua animosità aumentaquanto, tornato in Kentucky dopo laguerra, trova la sua famiglia in stato di

estrema provertà, mentre quella diHatfield, appena aldilà del confine, inWest Virginia, è in condizionidecisamente migliori. «Sembraveramente stupido andare in tribunalper un maiale. Come se fossimo deipoveri bifolchi», mormora la signoraMcCoy (Mare Winnigham) subitozittita. Ma, secondo la leggenda, èproprio dal processo avvenuto innome della proprietà di un suino (epresieduto da un giudice di pace) chesarebbe cominciato l’inizio dellabattaglia all’ultimo sangue tra le duefamiglie. Le cose non potevano chepeggiorare quando un figlio diHatfield e una figlia di McCoy siinnamorano e lui la mette incinta, perpoi bizzarramente tradirla e finire persposare una suoa cugina.

Citando parzialmente BarackObama, in una delle sua affermazionipiù controverse, sul NyTimes, KevinCostner ha riassunto il nodo dellafaida storica nel mix explosivo di«alcol, pistole, e poverta’». «Credosia giusto dire che l’economia deltempo è stata la forza scatenante diquesta storia. Penso che ci sia statoun momento in cui Hatfield e McCoysarebbero stati disposti a mettere giùle pistole. Ma erano giovani, mentre ilpaese andava versol’industrializzazione, non avevano piùlavoro...Hanno iniziato a fare figli e,tutto ad un tratto avevano 26 boccheda sfamare. C’è una ragione per tuttaquell’amarezza». Il senso dell’assurdopercorre come una correntesotterranea l’escalation inevitabiledegli eventi. Sprofondati, nel fango,nel disagio e nell’ignoranza gliHatfiled e I McCoy si odiano, siammazzano e poi si odiano e siammazzano ancora di più.Huckleberry Finn aveva descrittoincredulo una simile guerra disterminazione tra stirpi (iGrangefords e i Sheperdson, ma sitratta di due famiglie benestanti) nelcapolavoro di Mark Twain (e loscrittore era sicuramente al correntedella faida in corso a pochi stati didistanza dal Missouri).

Febbrilmente fanatico, PaxtonMcCoy è l’America arcaica, rurale,quella lasciata indietro dalla storia. Inun’interpretazione intelligente esinistra, che ci riporta a sfumature daHollywood classica, Costner/Hatfield,«nascosto» dietro a una pipa, ha piùl’aura di un eroe coriaceo, ma èl’America priva di scrupoli, fredda,sicura di se stessa. Disposta persino asacrificare i proprio figli. Ma sono duefacce di uno stesso immaginario.

Colori spenti, neri profondi,atmosfere luride...la palette e certaiconografia vengono decisamente daDeadwood, l’outlook politico emorale è lo stesso. Ma l’abbinamentoCostner/Reynolds non ha il Dna perprodurre il cinismo surreale, patinatoe preciso di quello tra David Milchene Walter Hill. In quel senso Hatfields& McCoys non si spinge mai fino adove potrebbe veramente arrivare. Ela trama da Giulietta e Romeo tra idue giovani amanti ha momentiabbastanza insopportabili.

Ma, come tutto il westerncostenriano (inclusa l’immancabilemancanza di humor, strana per unastar sempre disposta a non prendersisul serio) è allo stesso tempo unaffascinante luogo di disagio e diconforto.

«Cari amici di Alias e del Manifesto,sono Simone Vertucci, delegato sindacale Cgil

della Libreria Edison di Firenze in Piazza Repub-blica. Rappresento da circa dieci anni altri 37 lavo-ratori che hanno avuto il piacere di leggere l’anali-si delle politiche commerciali (e non) delle Libre-rie Feltrinelli nell’articolo di Luciano Del Sette suAlias del 5 maggio u.s. La nostra vicenda sembraessere la continuazione ideale di quell’articolo. Inseguito ad un’operazione societaria a dir poco di-scutibile, nel 2005 una società controllata dalgruppo Feltrinelli, la Effecom, rileva la società chegestiva l’immobile in cui è locata la libreria Edi-son. Effecom si ritrova così proprietaria dell’im-mobile affittato da aprile 2000 a Edison, senzaaver effettuato realmente nessun acquisto e aggi-rando il diritto di prelazione rivendicabile da Edi-son in quanto affittuario occupante. Edison nonci sta, e fa ricorso alla Magistratura perdendo i pri-mi due gradi di giudizio. L’udienza in Cassazioneè avvenuta il 26 aprile u.s,, e la sentenza è previstaentro fine anno. Nel frattempo la scadenza delcontratto d’affitto è stata prorogata dal Tribunaledi Firenze al 30 settembre 2012, per cui, dal gior-no dopo, scatterebbe la procedura di sfratto ese-cutivo. Ora, visto che Edison non ha altri puntivendita a Firenze in cui rioccupare i suoi dipen-denti, e vista anche la grande difficoltà a trovareimmobili nel centro storico a causa dei costi degliaffitti, la prospettiva più concreta che hanno i di-pendenti Edison di non restare senza lavoro, è diessere riassorbiti dalla Feltrinelli, decisa a suben-trare nei locali di Piazza Repubblica fin da subito.E obbligata, dai vincoli del regolamento comuna-le, a non poter cambiare destinazione d'uso ai lo-cali stessi. D’altra parte, gli stessi vertici di Feltri-nelli hanno già affermato attraverso i giornali divoler sistemare una libreria in quei locali, per cui,il riassorbimento dei dipendenti Edison sembre-rebbe coincidere abbondantemente con il loropiano industriale per due ordini di motivi:

1) La possibilità di disporre di personale specia-lizzato, con esperienza decennale nel settore e, so-prattutto, radicato nel territorio e nel rapportocon la clientela. Capace, cioè, di garantire unacontinuità nei fatturati e nei profitti con quelli (al-ti) della Edison.

2) La volontà, anche in questo caso pubblica-mente dichiarata, di aprire un terzo punto vendi-ta alla stazione di Santa Maria Novella, mantenen-do quello già presente in Via Cerretani. Ciò con-sentirebbe una disponibilità di posti di lavoroche, numericamente, consentirebbe l'assorbi-mento dei dipendenti Edison senza danneggiarequelli di Ricordi e Feltrinelli International, che, inseguito alle chiusure dichiarate di quei punti ven-dita, troverebbero comunque una collocazione in-sieme a noi.

Nonostante questo scenario apparentementefavorevole, la Feltrinelli ha fino ad oggi mostratoun atteggiamento di chiusura totale nei confrontidel possibile (e fattibile) riassorbimento dei dipen-denti Edison, come testimoniano le parole del-l’Amministratore Delegato di Effecom Bonzio, ri-portate da La Nazione in un articolo del9/11/2011. In esso si afferma che «i dipendentiEdison non sono un problema di cui Feltrinellipuò farsi carico».

A questo punto, alle istituzioni e alle forze politi-che, le lavoratrici e i lavoratori della Libreria Edi-son, patrocinati dalla Cgil, hanno chiesto con for-za di adoperarsi per cercare di mettere in piedi untavolo di confronto. Attualmente la situazione èin fase di stasi, e la Feltrinelli continua a non darerisposte. Sembrano comunque definitivamentetramontati i tempi del motto di Giangiacomo,‘Cambiare il mondo con i libri, combattere le in-giustizie con i libri’, sostituiti dalla più aggressivaadozione delle logiche del capitalismo avanzato.Esiste, dunque, un’incredibile (!) vicinanza con gliaspetti delle politiche aziendali di Feltrinelli ana-lizzate da Luciano Del Sette nel suo articolo.

KEVIN COSTNERTORNA AL WESTERN

organistica) e di Goffredo Petrassi(composizione). Aveva poi seguito iprestigiosi corsi dell'AccademiaChigiana di Siena (composizione edirezione d'orchestra). All'iniziodegli anni cinquanta, lavora comedirettore d'orchestra per alcuneistituzioni importanti comel'Orchestra Sinfonica di Roma dellaRadiotelevisione italiana. Da quasisubito, collabora con il cinema econ un grande movimento, quellodel Free Cinema inglese,realizzando le colonne sonore delcortometraggio di Lorenza MazzettiK, (23 minuti, liberamente ispiratoalla Metamorfosi di Franz Kafka) nel1954, dei mediometraggi Togethersempre della Mazzetti nel 1956 edEvery day except Christmas diLindsay Anderson nel 1957. «Iopuntavo tutto sul violino finale. Peril resto, io sapevo solo che non cidoveva essere una musica«piacevole», essendo la situazionecompletamente distorta. Daniele hacapito bene quello che io volevo.(ndr: per K).» afferma la Mazzetti inuna conversazione pubblicata nellibro di Maria Francesca Agreste,per proseguire: «Daniele dopo cenadiceva sempre: ’Dai, Lindsay, adessocanta’. Così, dopo mangiato,Lindsay prendeva la chitarra e cicantava delle meravigliose canzoniirlandesi, cantava anche dellecanzoncine per bambine, con unavoce meravigliosa. Daniele eraproprio impazzito per lui! Duranteuna di queste serate, Danielepropose: «Lindsay, siccome sonotanti bambini nel film di Lorenza,che ne pensi se noi prendiamo unadi queste canzoncine e la usiamocome leit-motiv?» Lindsay è statosubito d'accordo. Così Daniele haarrangiato questa canzoncina e haterminato di comporre tutto il restodella musica.»

Paris ha capito da subito leistanze poetiche del Free cinema,ma anche le differenze stilistiche diAnderson e della Mazzetti.Rispettandole, questi tre film glihanno permesso di sperimentare, di

provare soluzioni musicali. Ilvolume di M.F. Agresta lo spiegabene, esplorando soprattutto le suecollaborazioni con la Mazzetti, conla Cavani e con Luigi Di Gianni(attraverso le analisi delle lorocollaborazioni con Paris e delleinterviste ai tre registi). Alla finedegli anni cinquanta, il compositoreentra quindi in contatto con DiGianni, giovane documentarista diispirazione antropologica esociologica, per il quale scrive lemusiche per Nascita e morte nelMeridione (San Cataldo) nel 1958,Pericolo a Valsinni, Frana inLucania, Donne di Bagnara nel1959, Ragazze dell'avanspettacolonel 1961. «Con Paris c'è stato unoscambio di idee.» dichiara Di Gianniin un'intervista del saggio. Ilcompositore avrà anche qualchealtre collaborazioni prestigiose,come quelle con il grandeAlessandro Blasetti per ildocumentario La lunga strada delritorno nel 1962, con Nelo Risi per ildocumentario La Firenze diPratolini del 1963 e con VittorioCottafavi per lo sceneggiato La vitadi Dante del 1965.

Negli anni '60, Paris è stato attivonel campo della direzione e fra iprotagonisti della nuova musica. Èstato il direttore artistico delleSettimane Internazionali di NuovaMusica di Palermo, di NuovaConsonanza a Roma e del FestivalInternazionale di MusicaContemporanea di Venezia. Neglianni '70 si è dedicatoall'insegnamento. È stato tra ipromotori della scuola di MusicaLicino Refice di Frosinone(trasformata poi in Conservatorio),un Istituto che negli anni, haformato diverse generazioni dimusicisti. Due degli allievi di Paris,Claudio Simonetti e Carlo Siliotto,sono diventati dei compositori dimusica applicata al cinema. Il primoha dichiarato in un'intervistapersonale: «Ho iniziato a studiare

privatamente composizione con Irma Ravinale, per poicontinuare a Santa Cecilia con Antonio Ferdinandi e BarbaraGiurana. Ho studiato pianoforte con la maestra Inardi, semprea Santa Cecilia. Dopo il mio servizio militare e il mio ritornodall'Inghilterra, dove ero andato per registrare un disco, hostudiato per un paio d'anni composizione a Frosinone conDaniele Paris. Non ricordo più per quale motivo e chi mi avevaconsigliato di andare lì. Probabilmente sarà stato mio padre,Enrico Simonetti. Il fatto è che andavo due volte a settimana,mi sembra, a Frosinone. Il primo anno ci andavo con i mezzi,poi dopo il successo di Profondo rosso, con la piccolamacchina che mi ero comprato con i diritti d'autore. Holasciato perdere quando i Goblin hanno davvero cominciato alavorare, e non riuscivo più a recarmi a Frosinone.

Daniele Paris era molto simpatico e alla mano, non era unodi quei professori impettiti che avevo conosciuto a SantaCecilia. Un aneddoto: una volta, volevo parlargli e stavaaspettando. C'era anche una giovanissima suora, avrà avuto 18o 19 anni, che stava aspettando. Quando lui l'ha vista, hacercato di capire perché era diventata suora. E in due,abbiamo cercato di convincerla che una bella ragazza come leinon poteva buttarsi via così.» Siliotto ha confermato in unabreve intervista personale, realizzata via email: «Il MaestroParis era l’umanità fatta persona e la curiosità per gli altri. Unaneddoto: un giorno, entra in classe e dice: ’Oggi componiamouna canzone. Siliotto vieni a darmi una mano.’ Mi invita asedermi accanto a lui e comincia a suonare un abbozzo dimelodia. «Non è male così. Ci mettiamo delle parole?Scriviamo una canzone d’amore!» E così abbiamo compostoinsieme una canzone. In fin dei conti, il Maestro ci stavaistruendo che nella musica così’ come nella vita, la diversitàrappresenta sempre una ricchezza e un allargamento deinostri orizzonti». Proprio come aveva dimostrato nelle suemusiche per il cinema.

LETTERA

Effecom controllatadal gruppoFeltrinelli compral’immobile dellaEdison di Firenze.Compresi i librai?

Copertina del 45 giri della colonna sonorarealizzata da Paris per il documentario di Nelo Risi«La vita è un dono», 1963. Accanto Kevin Costnernella miniserie «Hatfields & McCoys

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(8) ALIAS2 GIUGNO 2012

Lo spettacolo nato nel gennaio2012, è stato lanciato comeprovocazione da due artistimalaghegni, che lo portarono nelleloro case. Fu in quest’occasione cheBajotierra utilizzò come «materiaprima» testi scritti proprio perl’evento; in seguito hanno divulgatoil progetto, proponendo lacollaborazione anche a scrittoriprofessionisti e dilettanti. Glistrumenti sono pochi, però benimpiegati: il salone di una casa, undivano, una tavola, due sedie, unaTv e una cipolla. Lo spettacolo dura60 minuti circa, al costo di 10 euro.Dopo la rappresentazione si invita ilpubblico a partecipare al dibattitopubblico dal titolo «Quello cheabbiamo trovato e quello che no».

Lo spettacolo, a cui potràassistere un pubblico ridotto, saràrealizzato all’interno di case privatee altri spazi della città. info:

[email protected]

ASSOCIAZIONE IMAGO

ROMA ■ L’APPARTAMENTO COME «BENE COMUNE» SCENICO

Cerimonia privata.«Qualcosa che nonso cos’è (ma lo sento)»

Con il referendum tutti pensaronoche la storia fosse finita.

●Hai avuto problemi nel girare que-sto documentario?Non me la prendo con qualcuno inparticolare. Il problema non è solo ita-liano (tranne il fatto che gli italianinon vogliono essere cittadini). La que-stione della segretezza lo trovi negliUsa, in Giappone, in India, dappertut-to, quindi non ci sono responsabilità.C’è l’approssimazione dei cittadiniche non fanno domande. Il film puòcreare un po’ di paure. Io non dicoche il territorio è finito. Io chiedo: pos-sibile che nessuno abbia chiesto infor-mazioni sul territorio? Dei pesci defor-mi piuttosto che turmori dovrebbefar porre dei quesiti. Noi non sappia-mo niente. A Latina per motivi anchestorici, vedi il fascismo e il dopoguer-ra, si preferisce andare avanti senzaporsi problemi. Oggi che nascono i co-mitati civici, un territorio come quellodeve porsi il problema. Probabilmen-te ci sarà anche della polemica, macredo che un film nasca anche per lan-ciare delle provocazioni. Mi pongo ilproblema di essere regista, artista, maanche cittadino con una passione po-litica. Può esserci una militanza laica.Quello che sta succedendo in Italia lotrovo interessante, c’è la crisi ma è an-che vero che la gente si risveglia. Pos-so provare a fare un film cercando difare non solo un reportage, parteci-pando come cittadino che si pone del-le questioni? Penso che sia doverosotornare al cinema d’impegno, tornarea Rosi che denuncia, ma che lo fa at-traverso un occhio cinematografico.

●Nel tuo libro appena uscito«Docdoc» fai numerosi interventicontro il documentarismo di Micha-el Moore ed è curioso che in questotuo film ti vediamo comparire cometestimone in prima persona propriocome fa lui nei suoi filmIo non sto con il dito puntato. Mooreche è intelligentissimo e ha fatto deldocumentario un business, fa un di-scorso a tesi. Lui deve dimostrarequalcosa, ha già in mente un disegno.Nel mio documentario è vero che rac-conto in prima persona e compaio co-me Michael Moore, però io non ho dadimostrare delle cose, metto insiemeelementi, lancio input allo spettatore.La conduzione è un po’ diversa, la suaè a tesi, io sposo più quello che diceRossellini, è più rivoluzionario mostra-re che dimostrare. Mostrando una se-rie di cose delinei un percorso chepuò essere un grido d’allarme, unaprovocazione. Io non ho un disegno,non sono neanche in grado di dire ache punto è l’inquinamento in quellazona e non mi interessa neanche: miinteressa che la gente possa essere pa-drona del proprio territorio e lancioun grido d’allarme non solo alla politi-ca ma agli italiani stessi che hanno fin-to finora non solo a Latina, ma anchein altri territori, che non ci fossero pro-blemi perché sono stati accecati daun’idea del consumismo terribile cheaveva intuito Pasolini quaranta, cin-quant’anni fa. Un film non può cam-biare il mondo, ma può fare qualcosa.

●Parlami dell’intervento «perun’ecologia del cinema» contenutonel tuo libro e che pubblichiamoqui accanto

Mi domando se non sia giusto pen-sare anche al cinema in termini di«ecologia», non solo come dice lapiattaforma di Cresto-Dina per laTempesta film appena presentata aCannes che si può fare un film nonproprio a emissione zero, ma conuna serie di accorgimenti. Io rispettoa questo faccio un discorso più filoso-fico, etico, credo che laddove il no-stro paese non può permettersi di fa-re grandi film, lavorare su piccoli filmnon vuol dire pauperismo, ma realiz-zare film semplici asciutti, in rispostaalla televisione populista, tornare aRossellini e al dopoguerra, fare di ne-cessità virtù e proporre anche valorimorali attraverso il cinema. Un cine-ma asciutto che non ha bisogno di or-pelli, come era Paisà.

TEATRO

di ALICE RINALDI

●●●Una delle scenografie teatralipiù utilizzate è l’interno di una casa,una stanza, un salone. Allora perchénon fare teatro direttamente in casa?Era un’idea semplice, e praticatasporadicamente nei decenni scorsi.Ma la genialità di rilanciarla ce l’haavuta Bajotierra (Sottoterra),compagnia teatrale di Malaga,sbarcata per la prima volta all’estero,scegliendo Roma. Un teatro senzateatro, una modalità di fruizionefunzionale e aggregativa, che soddisfaanche una certa curiositàmetropolitana, quando spessogirando per le città si alzano gli occhial cielo, dietro le finestre si notanodei soffitti, delle luci, dei quadri, e cisi chiede «chissà com’è fatta, quellacasa lì, chissà chi ci vive». Un’ideache si connette a una tendenzarecente, in campo artistico, e forseanche sociale: l’apertura del privatoal pubblico che si era già sentita neisecret concert – la musica dove non tel’aspetti - e nelle gallery allestite inambienti casalinghi. Mancava ilteatro, forse la forma artistica che piùha bisogno di rinnovarsi e più puòfarlo. Del teatro in casa c’è chi ne hauna visione «più divulgativa», comenel caso di TeatroaDomicilio, daun’idea di Nicole Sartiriani, 29ennebergamasca: «se la gente non va ateatro, il teatro va dalla gente». Sipossono scegliere grand pièce comesucculente pietanze su un menuinsieme a cene a tema, della serie «mipiacerebbe un Amleto accompagnatodal churrasco». C’è chi usa questascenografia alternativa come debutto,come qualcuno ha testimoniato diritorno dal Messico. In Spagna cisono altre due compagnie cheorganizzano teatro in casa, maBajotierra realizza l’esperimento nelmodo più originale con Estoybuscando algo que no sé lo que es (Stocercando qualcosa che non so cos’è),dandogli una valenza più social(network).

«L’idea, che ha preso vitanell’aprile 2011», è stata messa inscena da pochissimo, «nel gennaio2012, provocazione di due artistimalagueñi, che per primi la

portarono nelle loro case», raccontaPablo Mesa Capella,dell’Associazione Culturale Imago,organizzatrice dell’evento. «Unospettacolo che rompe gli schemiprestabiliti e si addentra nell’intimitàdella casa» con i pochi strumenti dicui si ha bisogno, «un salone, undivano, una tavola, due sedie e unacipolla». D’altra parte «la casa è ilquarto personaggio», dice AlessandraGarcìa, una delle tre giovanissime ebravissime attrici. Tutto lo spettacolosi ristudia per ogni diversa location,«ma non c’è improvvisazione,fondamentale è il contatto direttocon lo spazio» che viene visionatodalla compagnia il giorno prima.

Bajotierra rivela così un’altratendenza di arricchimento: lapossibilità di decentrare i punti diforza culturali, spesso tirannici. Comese i concerti dovessero svolgersi perforza tutti a Milano. La cultura si stasprigionando dalle capitali ai paesinidi provincia, dal Teatro dell’Opera aun appartamento sulla Balduina.Bajotierra per il momento ha dato trerappresentazioni a Roma, grazie allacollaborazione di Imago, in dueappartamenti della capitale – aBalduina e Trastevere - e in un ateliervicino piazza Bologna. E così succedeanche che in un articolo di giornale

su un’opera teatrale si possa parlaredella vostra casa e di alcunispettatori…

Se lo spazio è il quartopersonaggio, allora il pubblico è ilquinto. Per il quale si ha una cura diquelle semplici, senza pretese. Sibeve qualcosa tutti insieme primadello spettacolo, che dura circa 60minuti e alla fine viene offerta unaperi-cena dove non manca laclassica, buonissima tortilla di patate.Tra un sorso e un morso, si svolge ildibattito Lo que hemos encontrado ylo que no (Quello che abbiamotrovato e quello che no). Qui ilpubblico interagisce con le attrici, gliorganizzatori e il regista, ci siconosce, si fanno domande ecomplimenti, si danno spuntireciproci, con quella serenaconvivialità che solo gli spagnoli sonoin grado di creare.

Un pubblico piccolo - 15-20

persone – e una compagnia piccola,magicamente raddoppiano l’energia:«è un’emozione diversa per ilpubblico», afferma una spettatrice,ansiosa di sapere se l’attore ricambiquesta stessa sensazione. Alessandrasi illumina, come se non aspettassealtra domanda: «sì, l’energia è piùvicina», senza luci di scena sparateaddosso, «puoi guardare la gentenegli occhi, puoi toccarla. Si vainsieme». Il regista, personaggiomolto simpatico sotto il nome diAlberto Cortés, descrive questaenergia come una «sfida, una ricercaper la stessa compagnia, unariflessione e una prova-errore: perquesto abbiamo la necessità dicoinvolgere lo spettatore nel nostroprocesso creativo».

Alberto è infatti un regista senzasceneggiatore poiché losceneggiatore è quel piccolopubblico. Che come tale cambiasempre, così che anche il testoteatrale è sempre in divenire. Albertoscherza, dice: «io sono un regista chenon sa scrivere, scrivo malissimo»,allora chiese alle persone «cosa staicercando?». «Cercavamo testi a cuidar vita e per quello abbiamo invitatoscrittori, non scrittori, amatori,persone che non scrivono mai, che lofanno solo di tanto in tanto o per laprima volta». Coi giorni la sua caselladi posta si è riempita di brevi frasi ointere pagine. Gli spunti migliorisono stati «rilegati» da lui come uncollage. Il pubblico, nome per nome,è stato citato come autore all’iniziodello spettacolo. I movimenti, quasidanzanti, di Marity Manzanera,Alessandra Garcìa e SusanaAlmahano – non a caso tutte con unbackground coreutico, dalla danzaafricana a quella spagnola - hannofatto il resto, «interpreti di questacerimonia privata», così come l’hadefinita lo stesso Alberto.

Non a caso il titolo è già unprogramma, un’anima, che come hatirato all’amo sceneggiatoriimprovvisati, così ha la capacità dicoinvolgere anche gli spettatori, nelsegno di quella stessa «ricerca»,inizialmente nelle vesti di semplicecuriosità. Una mia amica mi rispose:«certo che vengo allo spettacolo, oggitutti stiamo cercando qualcosa chenon sappiamo cos’è». Ma il bello èche non c’è alcuna risposta a tuttoquesto, l’obiettivo è continuare acercare. Durante il dibattito chiese:«ma alla fine che avete trovato?», eloro risposero: «abbiamo trovato chestiamo sempre cercando. La ricercadi dove si vuole andare è l’obiettivostesso», della serie «il viaggio è lameta». L’importanza di muoversi,cambiare, chiedersi… in uncammino fatto anche di necessaritimori, assenze, fobie…

Per questo il pubblico vive un veroe proprio coinvolgimento. Non quelloche si pensa, quello che ne terrorizzala buona metà – ti estirpo dalla sediae ti metto al centro della scena: ilcoinvolgimento di Bajotierra è sottile,è dolce, è donare al pubblico un

pezzo di protagonismo che è lateralee insieme globale, intimo e insiemecollettivo. C’è chi si prende un bacio,chi un massaggio ai capelli, chi riceveuna telefonata… «è il sentirsi specialinello stare al centro del giocoscenico», commenta Pablo.

È forte Estoy buscando algo que nosé lo que es. Non è nemmenonecessario capire lo spagnolo fino infondo. Sono molte le scene checolpiscono, tutte difficili dadescrivere, ma evidenti da sentire,come il flamenco della cipolla, larappresentazione della libertà «nudae sola» in casa propria, l’intreccioenergico dei capelli, l’attrazioneostacolata del bacio lesbico, il corposcomposto, le ombre cinesi, le ficheluminose, le minacce di felicità, leforchette che stridono sui piatti,quella sensazione di fastidio che è ilconflitto psicologico nella testa ditutti, un grido in strada.L’immaginario è ricchissimo e siavvale anche di musica non originale– da Morricone agli Omd –scavalcando con la sede privata ivincoli Siae.

C’è stato un momento poi in cui siè voluto cambiare tutto, chi era inultima fila è passato avanti, mentre il«palco» diventava la «platea» eviceversa. Con tanto di foto-ricordo.Ogni barriera veniva ciclicamentepresentata e abbattuta, che poi altronon è che l’azione spontanea dellaricerca. Con un finale adorabile, dimeta-teatro, che prevede perfino tresipari, mentre le ragazze, sfogliando iloro curriculum vitae, veri, giocanocon le parole del Teatro Nogiapponese, sfruttandone lanegazione, uguale per lo spagnolo el’italiano, per sfogare tutti quei tabùimpensabili, a partire da«Shakespeare No me gusta!».

A un certo punto dello spettacolo,dopo una scena di grandecoinvolgimento fisico, Alessandratira verso di sé il braccio di unaspettatrice, lei reagisce subito conimbarazzo pensando dovessealzarsi. Alessandra poggiasemplicemente la mano di lei sulsuo petto. Poi lo fa anche con me.Sento il suo cuore pulsareall’impazzata. Forse come il mio.

CAMERA CON QUINTA

SEGUE DA PAGINA 3

Due spettacoliromani del gruppospagnoloBajotierra(Sottoterra),che fa «teatro incasa»,ma dandogliuna valenza social(network)

foto di Pablo Mesa Capella

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(9)ALIAS2 GIUGNO 2012

IL FESTIVAL

IL TEATRO

GLI INCONTRI

L’ALBANIA NEL SUO CINEMAROMA, CASA DEL CINEMA 2-5 GIUGNOIn occasione delle celebrazioni per il centenario dell’indipendenza dell’Albania laCasa del Cinema di Roma organizza una rassegna con l’associazione no profitOcchio Blu - Anna Cenerini Bova coordinata da Roland Seiko, una serie di filmsorprendenti per vivacità, inconsueti e poco conosciuti, presentati dai registi, conospiti speciali come Marco Bellocchio e Giuliano Montaldo. Apre il programma (ore18.30) il famoso Slogans (2001) primo film albanese ad essere selezionato a Cannes,alla presenza del regista Giergj Xhuvani, ambientato in una scuola rurale dove siinsegnano gli slogan comunisti a forza portare grosse pietre con cui comporre lelettere trasportate su e giù per la collina. Segue (21.30) Kolonel Bunker di KujtimCashku (’97) sugli 800 mila bunker costruiti nel piccolo paese per paura diun’invasione nemica. Da domenica: Lune di miele di Goran Paskalievic (dall’Albania alporto di Bari), Tirana anno zero di Fatmir Koci, La tristezza della signora Schneider deldecano Piro Milkani che firma con il figlio Eno (studenti della scuola di cinemadevono fare un saggio su una fabbrica di motociclette), Notte senza luna di ArtanMinaroli (2004) storia di emigrazione di nonno e nipote, La morte del cavallo diSajmir Kumbaro (1995), sarcastica storia di una condanna a morte negli annisettanta di un generale dell’esercito e anche del suo cavallo «per attivitàsovversive», Amnistia di Bujar Alimani (2011) incontro di due coniugi di carcerati cheintrecciano una relazioni fuori dalle mura della prigione. (s.s.)

IL PAESEKILLER ELITEDI GARY MCKENDRY; CON JASON STATHAM,ROBERT DE NIRO. USA AUSTRALIA 2011

0Danny Brice, killerprofessionista dello spionaggioabbandona il suo ruolo ma deve

tornare in carica quando uno sceicco,che vuole vendicare la morte di tre suoifigli uccisi durante un conflitto prendein ostaggio il suo compagno. L'uomosarà liberato solo se Danny ucciderà ikiller facendo sembrare che si tratti dimorti accidentali e non prima di avereottenuto da loro una piena confessionein merito agli omicidi. Da un libroautobiografico di Ranulph Fiennesdiretto da McKendry, attivoprecedentemente nella pubblicità.

LORAX - IL GUARDIANODELLA FORESTA (3D)DI CHRIS RENAUD - KYLE BALDA, ANIMAZIONEUSA 2012

0Ted, incontra un Lorax, unapiccola creatura provenientedal fantastico mondo di Truffula

fatto di alberi colorati e lanosi e abitatoda strani e sconosciuti animali. Ilminuscolo essere gli racconta di come,per proteggere quel micro ecosistema,si sia scontrato con le mire del cattivoOnce-ler che voleva costruire fabbrichedi abbigliamento utilizzando la lana deglialberi del bosco. Dal libro del celebrescrittore per bambini Dr. De Seuss, conle voci (nella versione italiana) di DannyDe Vito e Marco Mengoni.

LOVE AND SECRETSDI ANDREW JARECKI; CON RYAN GOSLING,KIRSTEN DUNST. USA 2011

0David invece di occuparsi degliaffari milionari del padre sposaKatie, ragazza di umile

estrazione e si trasferisce nel Vermont,dove apre un piccolo negozio di generialimentari. In seguito però, è costrettoa ritornare a New York, dove èobbligato a prendersi cura degliinteressi del genitore, e ne diventa lacopia esatta, arido e freddo, sospettatodella morte della moglie.

MARGARETDI KENNETH LONERGAN, CON ANNA PAQUIN, J.SMITH-CAMERON. USA 2011

0Margaret, una 17enne liceale diNew York, è stata testimone einavvertitamente ha avuto un

ruolo in un grave incidente stradale. Isuoi successivi comportamenti corretti,finalizzati a una ricostruzione reale delfatto, incontrano opposizioni di ognitipo, portandola alla frustranteconclusione che i suoi ideali giovanilisono contrasto con la realtà e icompromessi del mondo adulto.

VIAGGIO IN PARADISODI ADRIAN GRUNBERG, CON MEL GIBSON,PETER STORMARE. USA 2012

0La polizia di frontiera stainseguendo Driver che haappena commesso un buon

colpo. Con un corpo sanguinante sulsedile posteriore, Driver capovolge lasua auto varcando il muro di confine,precipita violentemente e atterra… inMessico. Portato in una infernaleprigione messicana, sopravviverà solograzie a un prezioso aiuto, un ragazzinodi dieci anni.

ATTACK THE BLOCKDI JOE CORNISH; CON JOHN BOYEGA, JODIEWITTHAKER. GB FRANCIA 2011

1Gli alieni atterrano nel sud diLondra e non conoscendo leasperità del cockney se la

passano malissimo quando incrocianosulla loro strada un gruppo di ragazzettiagguerriti delle periferie, armati ditutto. Così in due ore di inseguimenti escontri degni di un videogame dark ilregista inglese quarantenne, ex comicoin tv e alla radio, alla sua opera primacerca di realizzare un’opera di horrorspaziale per adolescenti platealmente

umoristica, mentre la polizia non siaccorge di nulla, se non che sono legang le uniche vere responsabili dellaviolenza. (r.s.)

CHRONICLEDI JOSH TRANK; CON MICHAEL B. JORDAN,MICHAEL KELLY. GB USA 2012

1Ci sono più Schlock e RogerCorman che Blues Brothers inquesta «cronaca» di vita di liceo

che combina solide radici mitologicoletterarie e intelligente backroundcinefilo dalla sensibilitàipercontemporanea non lineare, delcinediario da web per uno sguardod’insieme da Icaro a The Blair WitchProject a X-Men. Il film lievita verso unclamoroso finale volante. (g.d.v.)

COSMOPOLISDI DAVID CRONENBERG, CON ROBERTPATTINSON, JULIETTE BINOCHE. USA 2012

7Teorema sul cybercapitale, ilmanifesto di Occupy-WallStreet nell’interpretazione del

più morale dei registi che compiedetour politici su ogni riga di Don DeLillo. La limousine bianca al ralenti neltraffico di Manhattan è una metaforavivente lunga dieci metri che conduceda Park Avenue all’inferno di Hell’sKitchen il miliardario Eric Packer con lafaccia pietrificata dell’ex-vampiro diTwilight, tanto per rinviare aisucchia-sangue dell’alta finanza. E se loscrittore americano dellapost-modernità data i suoi appuntiaprile 2000, Cronenberg li proietta inuno spazio atemporale, l’ambienteclaustrofobico dell’auto lievita e sidissocia dal presente. È il regno delpotere invisibile, una «zona morta»dove il regista canadese comprimesotto la superficie asettica i mostri piùferoci del suo cinema. (m.c.)

DARK SHADOWSDI TIM BURTON, CON JOHNNY DEPP. USA 2012

7Burton gioca con l'immortalitàin un bazar di memorabilia, tralupi mannari e Crocodile rock,

alla ricerca impossibile di un presentedove fermarsi. Fruga nei bauli dellapaura, dietro alle sue creaturinemostruose, tutte fil di ferro, canapascucita, occhi sbilenchi, «autoritratti». Ilvampiro Barnabas dei mille episodi Abc(’66-’71) salta fuori dalla memoria degliesseri anormali, reietti e cadaverici.Depp riprende la sua faccia di cera ed èBarnabas, signorino nella tenuta diCollinswood, padrone della città chedal 1750 porta il suo nome. Burtonorchestra una commedia nera dai tonicamp sull'essere sempre fuori dalproprio tempo. (m.c.)

LA GUERRA È DICHIARATADI VALÉRIE DONZELLI, CON VALÉRIE DONZELLI,JÉRÉMIE ELKAÏM. FRANCIA 2011

7Una storia d’amore che haentusiasmato lo scorso anno ilfestival di Cannes, Siamo nel

marzo 2003, è appena stata dichiaratadagli Usa la guerra all’Iraq, Romeo eJuliette si sono incontrati in discoteca eniente può separarli. Un giorno arrivaAdam e dovrà essere operatod’urgenza per un tumore al cervello. Edeccola la loro guerra, contro la paura, ladisperazione, la paranoia che fa dubitaredi tutto e di tutti, la geurra contro isensi di colpa. Al contrario di ciò chepotrebbe sembrare è una commedia incui i corpi degli attori e i sentimentidanzano e si rincorrono cambiandocontinuamente il loro registro, daldramma alla gioia. Con coraggio e coneleganza il film parla di vita. (c.pi.)

ISOLEREGIA: STEFANO CHIANTINI, CON ASIAARGENTO, IVAN FRANEK. ITALIA 2012

7Tre personaggi vivono nel loroisolamento e nel silenzio perchédolore o difficili situazioni

hanno segnato il loro destino. Isole

nell’isola (siamo alle Tremiti), ma traloro si crea una profondacomprensione: una ragazza muta (AsiaArgento), l’anziato prete appena uscitodall’ospedale, l’immigrato senzadocumenti. Alta tensione emotiva,interpretazioni notevoli. Il film esce insala e si potrà vedere dal 16 maggioonline sul sito www.larepubblica.it (s.s.)

MARILYNDI SIMON CURTIS, CON MICHELLE WILLIAMS,KENNETH BRANAGH. GB 2011

7Colin Clark,figlio dello storicod’arte Kenneth Clark fuassistente sul set del film «Il

principe e la ballerina», del ’56 conMarilyn Monroe da poco sposata conArthur Miller in trasferta in Inghilterra.A quel backstage leggendario perl’antipatia che Olivier sviluppò neiconfronti della sua co-star americana siispira il film con una Marilyn moltoriuscita. A cavallo tra love story, sognoe gossip hollywoodiano. (g.d.v.)

IL MUNDIAL DIMENTICATODI FILIPPO MACELLONI, LORENZO GARZELLA.DOCUMENTARIO. ITALIA ARGENTINA 2012

8Mockumentary che racconta,come se fosse vero, l’incredibilestoria dei moniali di Patagonia

del 1942. A contribuire a darecredibilità al gioco si sono prestati inmolti, tra cui Baggio, Havelange,Lineker, Valdano. E il risultato èspassoso con italiani e tedeschi chemettono in campo trucchi e abilità,fotografie, giornali e cinegiornali, amoriimpossibili, invenzioni straordinarie. Datre racconti di Osvaldo Soriano. (a.ca.)

NON VOGLIO MORIRE DASOLODI TSAI MING-LIANG, CON SHIANG-CHYI CHEN,LEE KANG-SHENG. TAIWAN FRANCIA 2006

7Siamo nella Kuala Lumpur delnuovo millennio popolata daimmigrati, non parlano il malese

e spesso si guardano anche tra loro condiffidenza, se non aggressività, perdifendere quel poco che hanno. C'è unsenso di malattia profonda nel film,forse più acuto che negli altri suoi lavoria cominciare dallo straniamentoesasperato di un'immagine quasidocumentaria. Un ragazzo (LeeKang-Sheng, icona di Tsai Ming-Liang)picchiato quasi a morte, è accolto da unaltro emigrato dal Bangladesh chedivide con lui il materasso. Una ragazzacinese cura un giovane ricco in coma.(c.pi.)

SILENT SOULSDI ALEKSEI FEDORCHENKO; CON IGORSERGEYEV, YURIY TSURILO. RUSSIA 2010

8Il titolo originale è Ovsyankizigoli, una specie di passeri dalpiacevole cinguettio, un

soprannome dato anche alla bella Tanyadefunta in attesa di funerale. E non èuna semplice cerimonia, ma uncomplesso rito fatto in solitudine checoinvolge il marito Miron e un suodipendente che farà la cronaca delviaggio a cui aggiungere personaliricordi, appartenente al suo stessopopolo quasi estinto, i Merja, una tribùugro finnica del lago Nero nella Russiacentro occidentale. Il linguaggio èessenziale e disteso, un affascinanteviaggio nelle profondità del tempo apartire da una ambientazione moderna,una cartiera in piena funzione. Il film,come altri celebri, scorre lungo il fiumeed è un fiume della storia, delletradizioni, dei ricordi di famiglia, degliusi e costumi che si perdono persempre. Resta il fuoco dove bruciare ilcadavere e le ceneri da spargerenell’acqua e, legame sottile tra vivi emorti, il racconto della intima vitaconiugale.La scheggia impazzita sono idue passeri che svolazzano nella gabbiacollocati in macchina a ricordarciqualcosa che ci sfugge. (s.s.)

A CURA DISILVANA SILVESTRICRISTINA PICCINO, MARCO GIUSTI,ROBERTO SILVESTRI,GIULIA D’AGNOLO VALLAN,ARIANNA DI GENOVA,MARIUCCIA CIOTTA

FESTIVAL DELLE COLLINETORINESITORINO, MONCALIERI, PECETTO, VERCELLI 5 - 26GIUGNOLo sguardo contemporaneo sui rapportitra generazioni e sulla memoriacaratterizza la maggior parte delleproduzioni teatrali che fanno parte delcartellone dell’edizione 2012 del«Festival delle Colline torinesi». Siinaugura al Teatro Astra di Torino con,in prima assoluta, Giù della compagniaScimone Sframeli, dialogo paradossaletra padre e figlio e con La secondaNeanderthal della Societas RaffaelloSanzio (martedì 5 ore 19, il 6 alle 21) alle Fonderie Limone, Moncalieri. Tra gli altriappuntamenti, altra anteprima con La nuit tombe di Guillaume Vincent creazione delFestival d’Avignon, ambientato nella stessa camera d’albergo in tempi diversi (tra icoproduttori anche il Théatre des Bouffes du Nord di Peter Brook), Paterfamilias diFiammetta Carena (Cavallerizza Reale di Torino), La bambina che raccontava i films diHernan Rivera Letelier, L’uomo della sabbia di Gianni Farina, Essedi Salomé teatrosonoro da Mallarmé con Sonia Bergamasco con le tecnologie live del suono diTempo Reale fondato da Luciano Berio, The plot is the revolution dei Motus conJudith Malina fondatrice del Living Theatre. (s.s.)

IO BALLOTRA GLI SCHEDARI

I FILM

SINTONIE

MASH ROME FILM FESTROMA, ACQUARIO ROMANO PIAZZA MANFREDOFANTI 47, 6-9 GIUGNOLa prima edizione di MashRome,dedicato al «mash up», il mixaggio dimateriali provenienti da fonti diverse, siinaugura a Roma il 6 giugno all’Acquarioromano, Casa dell’Architettura, direttoda Alessandra Lo Russo e MariangelaMatarozzo. Si metteranno in evidenza inuovi linguaggi artistici che hanno comeprotagonisti i creativi digitali, impegnati agenerare nuovi linguaggi . Lacombinazione delle risorse digitali (testi,foto, disegni, registrazioni audio e video,ecc.) e la distribuzione multicanale dei prodotti agli utenti spesso comporta latrasformazione dei lettori/spettatori in produttori interattivi di contenuti. Il festival faparte di un network che ha partner culturali come il Re/Mixed Media Festival di NewYork, l’European Independent Film Festival (Ecu) di Parigi, il Mashup Festival diTirana, il Nisi Masa, formato da giovani di ventisei Paesi della comunità europea.Oltre 50 i film presentati tra anteprime mondiali ed europee nelle tre sezioni ufficiali(MashPrime, i film sperimentali di MashNew Experience e Talented Youth), liveperformance di musica e danza contemporanea, installazioni audiovideo, focus,aperitivi alle ore 19.30. E una Mash In Black Night venerdì 8 Giugno. (s.s.)

LE CORDE DELL’ANIMACREMONA, 1-3 GIUGNOIncontri, reading, concerti e spettacoli,una tre giorni nel centro storico diCremona con la direzione artistica diAnna Folli con Vittorio Cosma per lamusica e Nicoletta Polla-Mattiot per laletteratura. Oggi appuntamento con NadaMalanima al suo terzo romanzo, La grandecasa (Bompiani), con il «giallista» GianniBiondillo che presenta Strane storie(Guanda) con l’accompagnamentomusicale di Ricky Gianco, la scrittriceneozelandese Sarah Quigley con l’omaggioal compositore Dimitri Shostakovich inSinfonia di Leningrado (Neri Pozza), la scrittrice danese Anne Lise Marstrand-Jorgensencon La sognatrice (Sonzogno). Ci saranno anche Giorgio Faletti, David Riondino con iljazzista Giovanni Falzone, il dialogo tra i Marlene Kuntz e Diego Da Silva. Solidali con lepopolazioni colpite dal terremoto, gli organizzatori si sono attivati con il Consorzio perla tutela del formaggio grana padano: è stato infatti raggiunto un accordo per mettere invendita, nell'ambito del Festival, alcune forme stoccate nei caseifici danneggiati dalterremoto. Il ricavato sarà interamente devoluto al sostegno delle popolazioni e delleattività economiche coinvolte dalla tragedia. Il denaro raccolto sarà versato sul contocorrente IT87U0623012700000036931013 presso la Cassa di Risparmio di Parma ePiacenza che si impegna a raddoppiare le sottoscrizioni ricevute. (s.s.)

TACATA’Italia, 2012, 3’36”; musica: Tacabro; regia: Andrea Califonte: Mtv Dance

6Gli inserti di una ragazza che ballain un’asettica stanza dalle paretiformate da cassetti-schedari, si

alternano con il playback del branoeseguito dal duo di musicisti italianiSapienza e Romano (Tacabro) incollaborazione con il vocalist cubanoMartinez Rodriguez, sovrapposti a unatexture di led luminosi, che disegnanoforme geometriche, grafici di frequenzesonore e parole varie. Stereotipato nellastruttura, ma comunque interessante peralcuni giochi visuali.

SUPERSTARS DON’T LOVECanada, 2011, 3’30”; musica: Buck 65regia: Trevor Hopkins; fonte: Youtube.com

8Le parole della canzone delrapper canadese Buck 65 (aliasRichard Terfry) si trasformano in

rapida successione – per mano deldesigner Trevor Hopkins – in altrettantititoli di film di genere differente, trattatiquindi con font sempre diversi suimmagini fisse o in movimento che fannoda sfondo. Il videoclip insomma diventa unflusso ispirato ai credits di film (2001,Psycho o il western True Grit) e ai loghidelle major (Wb, o Rko). Un lavoroassolutamente geniale che ci ricorda,ancora una volta, quanto sia marcatal’interfaccia tra forme brevi dellacomunicazione quali il music video e ititoli di testa, un settore della grafica tra ipiù innovativi. Il singolo è incluso nell’ep20 Odd Years.

COMA WHITEUsa, 1999, 4’23”; musica: Marilyn Manson; regia: SamBayer; fonte: Youtube.com

8Manson versione JFK a Dallas conl’immancabile sequenzadell’attentato, anche se lo sfondo

è più spettacolare e cupo, fotografato contoni freddi come la maggior parte dei clipdi Manson. Lo stile di Bayer è quellocollaudato ma qui raggiunge unaperfezione visuale davvero invidiabile,utilizzando l’immancabile ralenti perrendere più onirica e surreale una scenaentrata di prepotenza nell’immaginariocollettivo. Interessanti (anche se nonnuovi) i rimandi cristologici, come quellialla iconografia della pietas. JacquelineKennedy è l’attrice Rose McGowan.

SHE DRIVES ME CRAZYUk, 1989, 4’; musica: Fine Young Cannibals; regia:Philippe Decouflé;fonte: Youtube.com

7In sincrono con la musica dellaband inglese, una serie di surrealifigure meccanicamente si

muovono in teatro di posa e intervallanoil playback di Roland Gift e compagni,ripresi con immagini accelerate o insimpatico quadretti coreografici. Autoredi questo immaginario un po’ da fumettoè l’artista, mimo e coreografo franceseDecouflè, già direttore del Cirque duSoleil. Divertente il trucco del finto splitscreen con i due personaggi che siabbracciano, svelando di far parte di ununico spazio (lo stesso anno lo adottaanche Fincher in un clip per Paula Abdul:Straight Up). Nomination per i VideoMusic Awards 1989.

MAGICO

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Tutti gli uominidel cantante.Ecco i «gregari»

STORIE ■ DIECI GRUPPI CHE HANNO «LANCIATO» I PROPRI FRONTMENdi GUIDO MARIANI

Il cantante è da sempre al centro delrock, per svariati, profondi motivi:anzitutto storicamente il vocalistoccupa un ruolo preminenteall’interno (e all’esterno) di unaband, assumendo spessissimoanche la funzione di leader, autore,solista, nonché di portavoce,trascinatore, «filosofo». Ma esistepure una ragione più sottile, quasinascosta, che attiene all’estetica, allacultura e alla comunicazione delrock medesimo, la cui prerogativaesistenziale consiste nel porsi inposizione dialettica nei confrontidella forma-canzone, magari perstravolgerne i contorni o lestrutture.

Da qui l’insistenza proprio sullavoce e sul canto quali estensionisocioculturali di un’esperienzacollettiva (ri)-vissuta da un gruppocoeso o da una backing band; e inentrambi i casi i ruoli sono quasirazionalmente distribuiti come inun’orchestra sinfonica: a differenzadel jazz, il rock non ha grossi spaziimprovvisativi e non vive di bigband, di jam session, di all-stars, e ilcantante deve stare al gioco,osservare le regole, ossia rimaneretale per l’intera durata di unacarriera più o meno estroversa, incui è in sostanza avvertibile unadoppia percezione: se da un lato igruppi coesi, cambiando cantante,quasi di colpo mutano la lorofisionomia, dall’altro c’è il grandevocalist che emerge da un’ottimabacking band, senza la quale prima,durante o dopo il successo puòalternare in maniera spesso drasticao pesante le prestazioni artistiche.D’altronde il rock vive di questadialettica tra singolo e collettivo,dove il secondo è in funzione delprimo, ma non viceversa, almenoquasi mai. Basti ricordare unesempio famoso: esattamentecinquant’anni fa il cantante ingleseTony Sheridan è di scena adAmburgo dove si esibisce nellostesso tipo di localini (Top Ten eStar Club), dove suonano quattroragazzini di nome Beatles.

Il produttore Bert Kaempfert dellaPolydor tedesca lo nota e glipropone un 45 anni con unagiovane band formata da JohnLennon, Paul McCartney, GeorgeHarrison e Pete Best. Lui accetta maper l’occasione vuole che i quattrocambino nome e il disco MyBonnie/The Saints esce come TonySheridan & The Beat Boys, senzaseguito, nonostante il quinto postoin classifica: addirittura non vuolepiù il quartetto, convinto di poterfar meglio da solo. Ma la Storia nongli darà proprio ragione.

D’altronde si sta parlando deiBeatles, caso unico in cui «tutti peruno e uno per tutti», per parafrasareun celebre motto usato anche perun loro film: insomma uno dei rari

gruppi dove non solo ognuno èanche vocalist (a turno o in coro)ma che non avrebbero mai piùpotuto riunirsi, se fosse venuto amancare uno solo tra John, Paul,George e Ringo (un po’ comesuccede oggi con gli U2).

Tuttavia è buffo come il nome ecognome di John Lennon vengaoggi usato, post mortem, dai rinatiQuarrymen o meglio i JohnLennon’s Quarrymen di Rod Davis,Len Garry, John Duff Lowe e ColinHanton (questi ultimi due insostituzione degli originari EricGriffiths e Pete Shotton). È il 5 luglio1997 quando si riuniscono per illeggendario quarantennale: allafesta della St Peter’s Churchsuonano il medesimo repertorio

skiffle e rock and roll sul pianale diun carro guidato da DougChadwick, esattamente comequarant’anni prima, nella storicagiornata in cui John Lennonconosce Paul McCartney e lo invitaa salire sul palco.

E proprio il duo beatlesiano pereccellenza, dopo la rottura, ameràfarsi spesso accompagnare da unabacking band, Paul McCartney &The Wings e John Lennon & PlasticOno Band, talvolta persinorinunciano al proprio nome incopertina (solo Wings o Plastic OnoBand), non si sa se per modestia,pudicizia o altro ancora.

Ma il discorso sulle backing bandriguarda ulteriori aspettimusical-filosofici. E in tal senso vale

la pena ripensare a Waylon Jennings- (1937-2002), celebre esponente delcountry rock, fin dagli anni Settanta- che racconta infatti, con un po’ dienfasi, che per una carriera solistanon esiste nulla di più importantedella propria band. Benché spessopilotate in toto dal leader, succedetalvolta che queste rock band,chiamate in gergo backing band(letteralmente gruppi di appoggio odi supporto) raggiungano uno statusleggendario o un’aurea mitica inrelazione al vocalist che, a sua volta,metaforicamente, spicca il volograzie all’apporto creativo dei propriorchestrali. Ne sa qualcosa lo stessoJennings che nel 1976 fonda ilsupergruppo The Outlaws perl’unico album Wanted, dove lapartnership di Jessi Colter, TompallGlaser e Willie Nelson restafondamentale, se si pensa cheoltretutto sarà Nelson a otteneremaggior visibilità.

Nella storia del rock, dunque,esistono ad esempio almeno diecigruppi «indispensabili» nelpromuovere le carriere dei vocalistche sostengono all’inizio o all’apicedi realtà sonore ormai classichenell’evoluzione del sound giovanile.Eccoli.

Vocalist accompagnati da musicistiche li hanno aiutati a crescere, sperimentare,emergere. Artisti indispensabili quasi sempreoscurati da leader troppo ingombranti

THE SPIDERS FROM MARS (DAVID BOWIE)David Bowie impiega gruppi straordinari durante tutti gli anni di una carrierafavolosa, lunga quasi mezzo secolo, ma nessuna formazione ha mai trovato lamiscela esplosiva del trio The Spiders From Mars. Guidato dall'immensotalento del chitarrista Mick Ronson, i ‘ragni marziani’ forniscono il potentecombustibile al razzo futuristico azionato dall’androgino David al culmine delglam rock dei primi Settanta. Da The Man Who Sold the World (1970) a PinUps (1973) passando attraverso i capolavori Hunky Dory, The Rise and Fall ofZiggy Stardust, Aladdin Sane i contributi di Ronson, Trevor Bolder (basso) eMick Woodmansey (batteria) restano per Bowie insostituibili.

THE BAND (BOB DYLAN)Sembra difficile poter credere che alcuni fan contestino Bob Dylan, quando,nel 1965, sostenuto da un gruppo elettrico (diretto da Al Kooper) si presentaal Newport Folk Festival facendo compiere una svolta epocale alla storiadella musica Usa, nel passaggio dalla protest song acustica a un tiratissimofolk rock. Per la tournée successiva, nell’esigente Inghilterra, Bob cambiasquadra ma non sound chiamando i canadesi Levon And The Hawks, poisemplicemente The Band. Il successivo brillante lavoro predisposto daRobbie Robertson, Richard Manuel, Garth Hudson, Rick Danko, LevonHelm; e quest’ultimo ricorda che Bob insegna a loro come scrivere canzonifolk-rock e che «quando la folla lo fischiava e la gente gli urlava che nonaveva bisogno di noi ragazzi, per lui sarebbe stato davvero facile a dire ‘Sì,avete ragione’; invece non ha mai avuto un istante di incertezza oripensamento: era fantastico». Oltre live e bootleg della collaborazione restafondamentale il doppio The Basement Tapes.

THE HEARTBREAKERS (TOM PETTY)Tom Petty pubblica solo occasionalmente qualche album solista, perchénel corso di una lunga intensa attività cantautoriale è raro che siallontani dai «suoi» Heartbreakers per molto tempo. Attualmentecomposti da Mike Campbell, Benmont Tench, Ron Blair, Steve Ferrone,Scott Thurston, i «cuori spezzati» sono presenti fin dall’esordio con l’lpTom Petty & The Heartbreakers (1976) e suonano in pietre miliari comeDamn the Torpedos o SouthernAccents; e proprio Campbell, il cuiapporto chitarristico si sposaperfettamente allo stile jangly delleader, nel 2009 parla del feelingdel quintetto con Petty: «Tenereinsieme una band è un lavoro dicui nessuno di noi ama parlare».Però aggiunge: «Ma se haiqualcosa di speciale, un pugno diragazzi che suonano bene insiemee un brillante cantante-autore cheè veramente unico, lo devi a testesso e ai tuoi fan. Ecco è proprioquello che ti permette di andareavanti, come succede a noi dal1976».

Band e cantanti-leader, spesso al centrotanto per rimarcare ruoli e gerarchie

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THE M.G.’S (BOOKER T)Il trio dell’hammondista Booker T. Jones - costituito dal leader appenadiciassettenne, con Donald Duck Dunn (scomparso lo scorso 13 maggio) chenel ’65 subentrerà a Lewie Steinberg, Al Jackson Jr. e soprattutto Steve Cropper(chitarrista all’epoca ritenuto innovativo quanto Hendrix e Clapton) - gioca unruolo importantissimo nel plasmare ilsuono della musica nera della StaxRecords. Oltre al superbo hit jazzatoGreen Onions, Booker T & The M.G.’sè di fatto la mini-orchestra cheaccompagna registrazioni, tournée,concerti di Sam e Dave, WilsonPickett, Otis Redding e innumerevolialtri grandi del soul e del r’n’b; e nona caso Booker e compagni restanoanche tra i primi gruppi multirazzialidi una black music con la potenza delrock; ed infatti giustissimamente laband viene inserita nella Rock AndRoll Hall Of Fame già dal 1992.

THE EXPERIENCE (JIMI HENDRIX)Non sempre gli inglesi Noel Redding (basso) e Mitch Mitchell(batteria) godono delle oggettive attenzioni quando si trattadi considerare il ruolo giocato nel plasmare la musica di JimiHendrix realizzata, tra il ’67 e il ’68, nella summa dei tredischi Are You Experienced, Axis: Bold as Love, ElectricLadyland. Autentica spina dorsale di uno dei primi powerrock trio della storia, Redding e Mitchell architettano ifondamenti ritmici su cui Jimi edifica le proprie volute a basedi improvvisazioni dal sapore hard, jazz e bluesy. Il tecnicodel suono Eddie Kramer rivela alla rivista Rolling Stone cheHendrix «urlava in continuazione a Redding e Mitchell perottenere le cose al punto giusto. Fortunatamente, i due glihanno regalato le cose ‘giuste’ per quasi tutto il tempo»; certoassai più della Band of Gypsys, con la quale incide un quarto,omonimo album.

THE WAILERS (BOB MARLEY)I Wailers originali consistono, ovviamente, in BobMarley, Peter Tosh e Bunny Livingston. Tuttavia, è laband che Marley mette insieme dopo lo scioglimentodel trio a diventare in breve tempo l’istituzionereggae più coesa ed emozionante. Le leggendarieprodezze del nuovo ensemble con Aston ’FamilyMan’ Barrett, Carlton (Carlie) Barrett, Junior Marvin,Al Anderson, Tyrone Downie, Earl ’Wya’ Lindo, Alvin’Seeco’ Patterson, oltre il trio vocale I Threes (conJudy Mowatt, Marcia Griffiths e Rita Marley) sono inparte attribuibili alle virtù leaderistiche dello stessoMarley, nei sette studio album ufficiali (Natty Dread,il capolavoro). La moglie Rita del resto sostiene che«Bob era molto severo e molto disciplinato. Volevasempre assicurarsi che ogni nota fosse perfetta evoleva che rendessimo assolutamente al massimo,dopo di che potevamo divertirci e farci una canna».

JELLYFISH POWER, METTI LA MEDUSA SUL COMODINOdi FRANCESCO ADINOLFI

Sembrano piovute dalla luna, da un altro mondo, e invece arrivano dal mare. Creature luminescentiche al buio si illuminano e lasciano a bocca aperta. Le stesse che colpivano e inquietavano nel filmThe Abyss. Sono meduse allevate in Florida in acquari utilizzati per ricerche mediche; in mareaperto sopravvivono fino a sei mesi (poi, dopo la riproduzione, vengono attaccate da batteri che leuccidono); in cattività, invece, sopravvivono tre volte tanto. Una volta decedute sono le stessestrutture medice a smaltirle. O almeno fino a poco tempo fa. Perché The Amazing Jellyfish hadeciso di rilevare le meduse «morte per cause naturali» - tendono a sottolineare - e trasformarle

in lampade, portachiavi, incredibili soprammobili. Grazie a una sostanza presente nel corpo (laluciferina), le meduse assorbono naturalmente la luce e la rilasciano in condizioni di oscurità. È unabioluminescenza bluastra capace di attirare partner, spaventare i predatori, attirare prede. LaAmazing Jellyfish congela le meduse decedute utilizzando azoto liquido e le fissa all’intero di bulbidi resina trasparente resistente agli urti. Durante il giorno assorbono luce e di notte la rilasciano,flebile, lontana, siderale. Tanti i colori e le specie offerte dalla azienda Usa che spedisceregolarmente in tutto il mondo. C’è l’insidiosa e velenosissima rossa australiana, la nera deglioceani profondi, la blue-verde spagnola, dolce e acidula, servita nei dessert di Ibiza, l’arancione delSud Carolina. Ognuna di queste ha un prezzo che varia dai 15 ai 150 euro. Posso essere esposte«al naturale» oppure appoggiate su appositi rialzi luminosi. Info:http://www.theamazingjellyfish.com/

THE E STREET BAND (BRUCE SPRINGSTEEN)Poche band riescono a sfoggiare un talento come quello che daquarant’anni esatti (1972) sostiene il cantante/chitarrista/compositore diFreehold. Composto da Clarence Clemons, Danny Federici, Vini ’Mad Dog’Lopez, David Sancious, Garry Tallent, il focoso team, tra rock e soul, prendeil nome dalla strada in cui abita la mamma di Sancious, assai premurosanell’ospitare i ragazzi per le prove. Purtroppo, negli ultimi anni, il sestetto,lontano da Bruce tra il 1988 e il 1999, ma prima artefice di pietre miliaricome Born to Run, The River, Born in the Usa, perde i compianti Federici eClemons, benché dal vivo continui a dispensare ritmo ed energia conSpringsteen a lodare il gruppo (di cui dice di sentirsi parte integrante) consuntuosi, divertenti panegirici per ogni membro della band.

THE REVOLUTION (PRINCE)La Rivoluzione per sempre sarà riconosciuta come la band che, nel 1984,contribuisce al successo di Purple Rain, l’album di Prince che appunto«rivoluziona» l’intera black music: grazie a Dez Dickerson, André Cymone,Bobby Z., Gayle Chapman (poi Matt Fink), l’ensemble multirazziale emulti-gender sembra modellato su Sly & The Family Stone, mentremusicalmente fonde George Clinton, Stevie Wonder, James Brown, JimiHendrix, Frank Zappa, introducendo un sound un po’ vintage tra psichedelia,soul funk e rhythm’n’blues. I 33 giri accreditati a Prince & The Revolution sonosolo tre: oltre il citato seminale Purple Rain, gli sperimentali Around the Worldin a Day (1985) e Parade (1986). Ma è proprio questa band a spingere, anche inseguito, idealmente, il leggendario frontman verso traguardi impossibili.

CRAZY HORSE(NEIL YOUNG)Dagli anni Sessanta Neil Young vaimperterrito per la sua strada, conl’uscita di numerosissimi albumche spesso confondonopalesemente le aspettative delpubblico e della critica. Ma ognivolta che il cantautore di Torontovuol fare rock and roll aggressivo,senza esclusione di colpi, quasisempre si rivolge ai Crazy Horse,attualmente formati da BillyTalbot, Ralph Molina, Frank’Poncho’ Sampedro (in passatoanche dai celebri Nils Lofgren eJack Nitzsche).

«Il mio lavoro con i Crazy Horseè davvero unico - ha confessatotempo fa lo stesso Neil Young - eho fatto dischi di rock con tantealtre persone, ad esempio ho fattoRockin’ in The Free World senza diloro, ma è un diverso tipo di cosa.Lavorare con i Crazy Horse apre leporte a qualcosa di cosmico,qualcosa che non riesco a fare connessun altro».

THE ATTRACTIONS(ELVIS COSTELLO)Elvis Costello per il suo secondoalbum abbandona i californianiClover per avvalersi di un quartettotutto inglese con Steve Nieve, BruceThomas, Pete Thomas, quasi aribadire l’indole molto british nelcreare un sound comunqueinfluenzato dal «modernismo»statunitense; e le Attrazioni - per ottoanni da This Year’s Model (1978) aBlood and Chocolate (1986), perundici album tra cui il genialissimoImperial Bedroom (1982) - operanocon fervore maniacale alla riuscita dicanzoni brillantemente predisposteda Costello a superare punk e newwave a favore di suoni ironicamentevintage, tra surf rock e impennated'organo quasi a evocare il soul-jazzdi Booker T & The M.G.’s. Qualche«attrazione» rimane a suonare conElvis nell’attuale band The Imposters.

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(12) ALIAS2 GIUGNO 2012

di PATRIZIO ROMAN

Di anni ne sono passati (già) sei.Dall'inizio della storia, da quandoMeet In Town portava nel TeatroStudio - la sala più raccolta einformale del Parco della Musica diRoma - alcuni dei migliori concerti dimusica elettronica in circolazione. Erail 2006, e MIT sbarcava nel cuoredell'Auditorium come rassegna, conun appuntamento mensile per circauna stagione l'anno. Il Teatro Studiosi trasformava in club, ma queglieventi erano qualcosa in più di unconcerto: erano l'ardito tentativo didare spazio alle espressioni artistichelegate alle tecniche digitali. Quindianche visual e installazioni, uniti a unprogressivo dilagare in altri spazi delParco della Musica e all'aumentodegli appuntamenti, grazie alsuccesso riscosso tra i cultori delgenere. Un genere che non èl'elettronica del sabato sera, o almenonon solo. Ma un percorso di ricerca,attento a catturare i nomi più freschidel panorama internazionale,spaziando in un ambito (non)circoscrivibile come quello dei nuovisuoni. Nei suoi tre anni in veste dirassegna, MIT ha ospitato live rimastiimpressi nella memoria degli amantidei ritmi sintetici, come quelli di

Animal Collective, Fennesz, MiraCalix, Telefon Tel Aviv, Who MadeWho e molti altri. Una selezionespesso precorritrice delle mode e nonscontata, come il luogo che la ospita.Ovvero una venue concepita comeistituzionale, ma puntualmenteinvasa durante la rassegna in tutti isuoi spazi da sonorità diverse daquelle che lo popolano durantel'anno. Dal 2010, infatti, MIT si è fattogrande. È diventato un festival,ospitando nella sua prima edizionesia A Life Along the Borderline - iltributo a Nico ideato da John Cale,forte di un cast che andava daiMercury Rev a Mark Lanegan, finoalle CocoRosie e Lisa Gerrard - chenomi di spicco dell'elettronica edell'indie. Un passo importante. Cheraddoppia la misura nel 2011,trasformandosi in una due giorni, eospitando la data unica italiana diuna band seminale come i PrimalScream e un numero significativo dinomi «di settore» - Modeselektor,Apparat, Kode 9, Nicolas Jaar, solo percitarne alcuni - che marchiano afuoco la direzione artisticadell'evento. E consacrano il festivalcome un evento davvero di respiro

europeo.È con queste premesse, che venerdì

8 e sabato 9 giugno, MIT sbarcanuovamente tra le sale-navicellecostruite da Renzo Piano. Gli intentiartistici sono quelli esplicitati nelleedizioni precedenti: mescolare nuoverealtà a nomi importanti delpanorama internazionale, con unosguardo focalizzato sull'elettronica. Eanche nella forma logistica, cherivisita la pianta funzionaledell'Auditorium offrendo unapluralità contemporanea di esibizionie la possibilità di combinarliliberamente, il festival mantiene saldala propria specificità. Accentuandolafin dal titolo di questa edizione - Let'sStay Together - omaggio ad Al Green einvito esplicito alla condivisione di«good vibrations». E come potrebbeessere altrimenti, quando ad «aprirele danze» del sabato è un monumentodella musica nera degli ultimitrent'anni - pioniere della cultura hiphop e dell'electro funk - come AfrikaBambaataa? O come Squarepusher, indata unica italiana, accompagnato daun live fatto di led alti oltre 100 metri,per cui sarà necessario stravolgere lanormale fruizione della Caveadell'Auditorium? Due headlinercapaci di far passare in secondo pianoil giovanissimo che nel 2011 hamonopolizzato la stampainternazionale (non solo)specializzata: James Blake. Tre nomi«grandi», a cui sono affiancatimusicisti e producer per intenditori. Apartire da Atlas Sound, il progettosolista tra elettronica e indie rock diBradford Cox, voce e chitarra deiDeerhunter, per la prima volta inItalia. O Sébastien Tellier, sensualequintessenza del french touch, in tourper presentare il suo ultimo My God IsBlue. E ancora, due guru della scenadi Detroit, Theo Parrish e MarcellusPittman; il suono non convenzionaledi uno dei riferimenti della scenalosangelina, Thundercat, gli ecletticiMouse on Mars e il poeta urbanoGhostpoet. E poi molti ibridatori digeneri, da Machinedrum all’ensembleche mescola classica e techno, itedeschi Brandt Brauer Frick, finoall’ipnotica esperienza audio-visivadei londinesi Breton e il suonointenso dei RocketNumberNine. Unaricca line up, quella del sabato,anticipata venerdì 8 dal MIT Party,serata di clubbing a posti limitati nelGarage Auditorium, dove tre artisti difama internazionale - il rivoluzionariodj space disco Lindstrøm,l’ambasciatore losangelino del boogiefunk Dâm Funk e il manipolatoresynth wave Com Truise - animerannola festa che anticipa il Festival vero eproprio. Un'invasione sensoriale,completata dalla curatela di uno deinomi di punta del teatroindipendente italiano, i Santasangre.Che, per l'occasione, hannoselezionato quattro artisti della scenacontemporanea nazionale - CarloBernardini, Donato Piccolo, DanielePuppi e Alessandro Rosa - chiamati areinterpretare la trasformazionepercettiva degli equilibri tra spazio efruizione nei foyer dell'Auditorium.

RASSEGNE/2

Il flussovitaledi John Cagetra alberi,fiori di cactuse conchiglie

HIPPIE HOUSE

di R. PE.Nel 1964 il chitarrista dei BeatlesGeorge Harrison e la sua compagna diallora, Patti Boyd, si trasferirono in unacasa nel Surrey, sud dell’Inghilterra, dovevissero insieme fino al 1970. Non moltotempo dopo per i quattro di Liverpool cifu la cosiddetta svolta psichedelica, grazie

a un celeberrimo viaggio in India dal guruMaharishi Mahesh Yogi. Quell’esperienzacambiò la storia della band, e forse anchedel rock, e cambiò soprattutto l’approccioalla vita di Harrison, che, con l’aiuto dialcuni amici e del collettivo di artistiolandesi The Fool, fece ridipingere l’interadimora, nota con il nome di Kinfauns.Tanto gli esterni quanto gli interni furonotinteggiati con temi psichedelici, come adesempio il visionario murale che

circondava il caminetto. Insomma unasorta di rifugio alla Haight-Ashbury (ilquartiere di San Francisco famoso per lacomunità hippie) per miliardari. La casa fumeta di feste e happening ai qualipartecipavano i più stretti amici dellacoppia, tra cui Mick Jagger e MarianneFaithfull, i quali lasciarono traccia del loropassaggio con la scritta «Mick e Mariannesono stati qui e vi amano». Fu in questacasa - oggi demolita - che i Beatles

di FLAVIANO DE LUCA

Alle porte di Lucca, sulle colline diVorno, c’è un luogo incantato, laTenuta dello Scompiglio, diretta daCecilia Bertoni, una stranacomunità in cui il dialogo e leattività con la terra, con il bosco,con la fauna, con l’elementoarchitettonico, le arti visive neglispazi interni ed esternicontribuiscono a una ricerca dicultura. Proprio lì, si aprirà oggi(con replica domani) la rassegna«John Cage: 4’33’’ Lezione suifunghi» con una splendida serata diimmersione nella natura, colconcerto Child of Tree-Interferences,performance itinerante su musichedi Cage, che dialoga coi suoni deglialberi e con la voce di AnnaClementi, l’arpa di Lucia Bova e lepercussioni dell’ensemble Ars Ludidi Roma. Il titolo dellamanifestazione è segnato da dueelementi importanti della vita diCage: il silenzio alla base del suobrano più famoso, 4’33’’ del 1952,nel quale un solista di qualsiasistrumento «non suona» per 273secondi, e la sua nota passione per ifunghi che, nel 1958, alprogrammma tv Lascia oraddoppia?, gli fece anche vincerecinque milioni di lire.

Questo articolato e interessanteprogetto in occasione del doppioanniversario dell’artista statunitenseJohn Cage (1912 -1992) - ventennaledella morte e centenario dellanascita, non un semplice grandecompositore ma un geniomultiforme che ha praticato inmodo creativo filosofia, arti visive,danza, new media - prevede, dagiugno a dicembre, diciassetteappuntamenti: concerti, con alcuneprime esecuzioni, teatro musicale,performance, danza, arti visive,reading, che si avvicendano indiversi luoghi di Lucca e provinciaquali il «Festival Opera Barga»nell’antico borgo della Garfagnana;l’Auditorium San Micheletto, ilMuseo Lu.C.C.A. «La manifestazione- dichiara Antonio Caggiano,direttore artistico e sensibileinterprete della musica del ‘900 -vuole essere un viaggio nelmeraviglioso universo di John Cage,con la riproposizione di alcune fra lesue composizioni più significativeper strumenti a percussione,pianoforte preparato, voce,performance, danza, arrivando alleopere in cui più esplicito è il suorapporto con la natura, già evidentenel nostro concerto di apertura nelquale vengono eseguite musiche

ispirate alla natura e gli strumentisono piante, vegetali, conchiglie,cactus. Lo spirito, lo stile e le sceltedel Progetto dello Scompiglio lorendono pertanto uno scrignoideale per promuovere e ospitareuna rassegna dedicata a Cage e allasua visione di arte come ‘flussovitale’».

Tra gli altri appuntamenti di unprogramma assai denso(rintracciabile sul sitowww.delloscompiglio.org), dasegnalare al «Festival Opera Barga»sabato 7 luglio Living Room Music,incentrato sul teatro musicale: unomaggio al Cage performer che hatanto influenzato generazioni dicompositori. In programmamusiche di Cage (in prima italianaFads and Facies in the Academy per5 performer); opere di compositoriitaliani che hanno fatto del teatromusicale la loro cifra espressivacome Giorgio Battistelli, PaoloCastaldi, Francesco Filidei e Iltappeto sonoro, in piazza S.Francesco a Lucca, il 27 luglio,performance interattiva per spazipubblici di Baldo Diodato e AntonioCaggiano per artista visivo, lastre dialluminio, 4 percussionisti, 1cantante, 1 flautista,1 poeta, 1performer, 1 critico d'arte epubblico con Silvia Schiavoni, voce;Gianni Trovalusci, flauto; Ars Ludi,percussioni in musiche di JohnCage, Lou Harrison, MortonFeldman.

La seconda parte del progettoprenderà il via alla fine di ottobreall’interno dello SpazioPerformatico Espositivo (Spe) chesarà inaugurato in autunno nellaTenuta dello Scompiglio e andrà acompletare l’attivitàdell’associazione, unendo il fuori aldentro, l’aperto al chiuso, in uncerchio che apre a una nuova ecomposita produzione culturale.Una circolarità che si compirà nellaprimavera 2013 con manifestazioniall'aperto e al chiuso di cui ilprogetto Cage rappresenta unponte: la musica dialoga infatti conle stanze interne ed esterne, leconfonde e le scompiglia in unoslancio continuo e circolare comedurante il Music Circus di Cage(ottobre-novembre 2012), in cuidieci ensemble di giovani musicistidi generi musicali diversisuoneranno simultaneamente nellesale dello Spe. In quel periodo inprima italiana la performance delvocalist David Moss Music By, for &Against John Cage, creataappositamente per l’anniversario diCage.

Venerdì 8 e sabato9 giugno al Parcodella Musicadi Roma la settimaedizionedel festivaldedicatoalle sonoritàelettroniche

In alto a sinistra Squarepusher,al centro Sébastien Tellier;in basso a sinistra James BlakeA destra, in alto e in basso, John Cage

RASSEGNE/1 ■ DA SQUAREPUSHER A JAMES BLAKE

Meet In Town,l’Auditoriumè un oceanodi beat digitali

TORRE CANNE (BRINDISI)La ForcatellaLitoranea Savelletri, Torre Canne, Brindisi(tel. 080 4820364). La paranza è una danzache ebbe origine sull’isola di Ponza, e suquesto siamo tutti d’accordo. Così comesiamo d’accordo sull’eleganza, sullaprudenza e ancor di più, viste le nostresembianze, sul movimento de panza.Epperò, ci chiediamo, sulla latitanza come lamettiamo? Noi paghiamo le tasse, cipiacciono i ristoranti che danno la ricevuta,parcheggiamo solo nelle aree consentite ela nostra fedina penale è talmente piatta chefa tristezza. E, allora, come la mettiamo?Facile, prendiamo la macchina e veniamo aTorrecanne, poco più a sud di Monopoli, làdove finiscono gli ombrelloni di quellaRimini pugliese che è Capitolo. Qui di postidove mangiare la paranza (specialitànapoletana, lo sappiamo, ma che qui haattecchito alla grandissima) ce ne sono adecine ma solo in uno di questi potretesentirvi, per una volta, piacevolmente,anche un po’ in latitanza. Si chiama laForcatella, prepara una straordinariaparanza, oltre ovviamente ai ricci che inPuglia sono d’ordinanza. Bonus: i tavolinivicino agli scogli e il pane fresco, parecchiopugliese. Malus: i tavolini sugli scogli. Voti:cucina 7,5; ambiente 7,5; servizio 6.ROMAMetamorfosiVia Giovanni Antonelli 30 (tel. 06 8076839).Uno chef di origine colombiana (RoyCaceres), un ambiente elegante mamoderno e scenografico, una cucinacreativa, sorprendente ed emozionante. Sichiama Metamorfosi, ha due anni di vita, edè uno dei pochi ristoranti da 100 euro epassa che vale la pena visitare, almeno unavolta nella vita. Ti può capitare di trovarticon un lecca lecca di Pata Negra, con raviolicon rapa rossa e tartufo, maccheronisalsiccia tatsoi limone e parmigiano,piccione con gel-agro ai lamponi e fiocchi dimais, anatra erbe e cassis. Gusto chedisorienta, metamorfosi vera, che spezza iluoghi comuni e ti trasporta in territorisconosciuti. Affidarsi a una degustazioneconviene: c’è quella da 70 euro o quellacompleta da 90, otto creazioni a manolibera. Una volta, e bisognerebbe farlo piùspesso, Metamorfosi ha ospitato unavioloncellista: ascoltare Bach e assaporareun risotto alle lumache è un’esperienza daprovare, almeno una volta nella vita.Bonus: una cucina di sostanza, oltre che diforma. Malus: il prezzo non modico. Voti:cucina 8; ambiente 7; servizio 6,5.LA FOCE (SIENA)Dopolavoro La FoceStrada della Vittoria, 90 Località La Foce (Si)Tel./Fax: 0578 754025. Si inaugura domani eapre al pubblico il 5 giugno, questoDopolavoro La Foce. Da verificare, dunque,la cucina, ma intanto ecco un progettodavvero speciale, con un bel passato allespalle. Dopolavoro La Foce fu edificato nel1939 come luogo di incontro esocializzazione per gli operai agricolidell’azienda di La Foce. Danze e spettacoliteatrali venivano allestiti sul piccolopalcoscenico, si proiettavano film edocumentari di guerra e si intonavano cantipopolari. Ora il Dopolavoro è tornato nellemani della famiglia Origo, che riapre unristorante in cui si mangiano piatti dellatradizione toscana, conditi con l’olioprodotto dall’azienda, pasta fresca e panefatto in casa. Di fronte al ristorante, ungrande orto. Lo chef è l’apprezzato PaoloAnelli. Bonus: lo splendido contestoambientale. Malus: da verificare.

www.puntarella.it

GLI ASSOLIDEL RICCIO

RITMI

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(13)ALIAS2 GIUGNO 2012

Bear in HeavenPer la prima volta in Italia la band indieelectro di Brooklyn.Torino MERCOLEDI' 6 GIUGNO (SPAZIO 211)Marina di Ravenna (Ra) VENERDI'8 GIUGNO (HANA-BI-BEACHES BREW)

Death Cab for CutieUnica data per il quartetto indie rock diSeattle.Milano LUNEDI' 4 GIUGNO (ALCATRAZ)

Afghan WhigsGreg Dulli e la sua band originale.Rho (Mi) LUNEDI' 4 GIUGNO (FIERA-ONEDAY FESTIVAL)Bologna MARTEDI' 5 GIUGNO (ESTRAGON)Roma GIOVEDI' 7 GIUGNO (ATLANTICOLIVE-ROCK IN ROMA, CON AFTERHOURS)

Wolves in the ThroneRoomArrivano da Olympia, Washington, esuonano ambient black metal.Torino DOMENICA 3 GIUGNO (SPAZIO 211)

Dirty ThreeIl trio australiano propone un rockstrumentale alternativo e sperimentale.Bologna DOMENICA 3 GIUGNO (PIAZZAVERDI)

Bruce Springsteen& The E Street BandTorna il rocker «born in the Usa».Milano GIOVEDI' 7 GIUGNO (STADIO SANSIRO)

The ExLa band olandese è un’istituzione dellamusica indipendente e unisce punk,nowave, noise, impro, jazz e folk. Ospitidel tour Roy Paci, Mats Gustafsson, KenVandermark e Wolter Wierbos.Bologna SABATO 2 GIUGNO (PIAZZA VERDI)Roma DOMENICA 3 GIUGNO(CS BRANCALEONE)

Marilyn MansonDi nuovo in Italia la provocatoria bandmetal americana.Padova GIOVEDI' 7 GIUGNO (GRAN TEATROGEOX)

KyussUna band seminale per quel che riguardalo stoner rock Usa anni Novanta.Ciampino (Rm) MARTEDI' 5 GIUGNO(ORION)Milano GIOVEDI' 7 GIUGNO (ALCATRAZ)

The Ting TingsIl duo è una delle rivelazioni del popbritannico.Segrate (Mi) MARTEDI' 5 GIUGNO(MAGNOLIA)Roma MERCOLEDI' 6 GIUGNO (PIAZZALEDEL VERANO-SUPERSANTO'S)

Dropkick Murphy’sUna realtà del panorama punkstatunitense.Ciampino (Rm) MERCOLEDI' 6 GIUGNO(ORION)Bologna GIOVEDI' 7 GIUGNO (ESTRAGON)

MegadethLa band del primo chitarrista dei Metallicaheadliner in una serata a tutto metal.Milano MERCOLEDI' 6 GIUGNO (ALCATRAZ)

Il Teatro degli OrroriIl tour di presentazione dell'ultimo lavorodella band veneta, Il mondo nuovo.Marina di Camerota (Sa) SABATO2 GIUGNO (MEETING DEL MARE)Prato SABATO 9 GIUGNO (BLACK OUT)

Giardini di MiròLa post rock band reggiana è tornata conun nuovo lavoro, Good Luck.Padova SABATO 2 GIUGNO (EX MACELLO)

Paolo BenvegnùIl cantautore, ex Scisma e leader dellaband che prende il suo nome.Sesto San Giovanni (Mi) MARTEDI'5 GIUGNO (CARROPONTE)Sommacampagna (Vr) SABATO9 GIUGNO (PARCO IMPIANTI SPORTIVI)

MIT Meet in TownDue giornate all'insegna della musicaelettronica, con, tra i tanti. Lindstrøm.Com Truise, Brandt Brauer Frick (l'8),Squarepusher, Afrika Bambaataa, JamesBlake, Sébastien Tellier, Atlas Sound,Ghostpoet e Machinedrum (il 9).Roma VENERDI' 8 E SABATO 9 GIUGNO(AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA)

One Day FestivalIl «festival di un giorno» ha in programma

l'unica data italiana per la reunion deiSoundgarden, più Afghan Whigs, Refused,The Gaslight Anthem e Triggerfinger.Rho (Mi) LUNEDI' 4 GIUGNO (FIERA)

Rock in RomaIl primo appuntamento del festival rock ècon Afterhours e Afghan Whigs.Roma GIOVEDI' 7 GIUGNO (ATLANTICOLIVE)

Traffic Free FestivalSul palco Iori's Eyes, Mohko, Tim Exile (il7 al Molodiciotto), Chris Baio (l’8 alMolodiciotto), Foxhound, James Blake eThe Xx (l'8, piazza San Carlo), Drink toMe, Mount Kimble e Orbital (il 9, p.zza S.Carlo).Torino DA GIOVEDI' 7 A SABATO 9 GIUGNO(VARIE SEDI)

Beaches BrewTre giorni di festival sulla spiaggiaravennate. Con Calibro 35 (il 6), War onDrugs e Sleepy Sun (il 7) e Bear inHeaven e Blanck Mass (l'8).Marina di Ravenna (Ra) DAMERCOLEDI' 6 A VENERDI' 8 GIUGNO (HANA-BI)

Supersanto'sFestival indie a San Lorenzo. In cartellone:Coez (stasera), Nada, Sylvie Lewis eGiulia Anania (Il 3), The Ting Tings (il 6),Sonny and His Wild Cows (il 7), Dente(l'8), Il Muro del Canto (il 9).Roma DA SABATO 2 A SABATO 9 GIUGNO(PIAZZALE DEL VERANO)

Novara JazzLa nona edizione della rassegna ha incartellone Ricardo Gallo, Dans LesArbres, Marco Fusi, Fanga, ensemBlebaBel, Nick Pride & The Pimptones, DirtyDixie Jazz Band.Novara DA SABATO 2 A SABATO 9 GIUGNO(AUDITORIUM CONSERVATORIO CANTELLI,BROLETTO E ALTRE SEDI)

Una striscia di terrafecondaLa XV edizione del festival franco-italianodi musiche improvvisate vede esibirsiRiccardo Del Fra Ensemble conAlessandro Patarnesi, Danilo Rea/BaptisteTrotignon, il «conservatoriale»Paris-Rome Workshop Ensemble, ChiaraCaselli/Rita Marcotulli, RobertoGatto/Emmanuel Bex, Daniel Mille 5tet,Journal Intime. Louis Sclavis Atlas Trio,Magic Malik Duo, Benni legge Queneu(con S. Benni, N. Lê, R. Huby, P.Damiani).Roma DA SABATO 2 A MARTEDI' 5 GIUGNO(AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA)

Emilia concerti sulpratoDecimo anno per la rassegna che aprecon Dinamitri Jazz Folklore La societàdelle maschere; in organico D. GrechiEspinoza, E. Parrini, B. Scardino, G.Baldacci, P.W. Durante, A. Melani e S.Padovani.Portonovo (An) GIOVEDI' 7 GIUGNO(HOTEL EMILIA)

provarono e registrarono le primesession del White Album, e sempre qui, nel1969, George e Patti furono arrestati perpossesso di sostanze stupefacenti. Lapolizia scelse il giorno del matrimonio traPaul McCartney e Linda Eastman per unaperquisizione a Kinfauns, dove trovaronouna modestissima quantità di hashish, matanto bastò per una denuncia... e per farconoscere al mondo l’originedell’ispirazione che generò i loro lavori.

DAMON ALBARNDR. DEE (Parlophone/Emi)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Il Damon Albarn che non tiaspetti, forse. Sì perché a pensarci beneda un tipetto come lui, che con i suoi Blurchiuderà le Olimpiadi di Londra in unconcerto a Hyde Park il 12 agosto, ti puoiaspettare qualsiasi cosa. Stavolta l’idea èun omaggio al matematico e filosofo JohnDee, personaggio elisabettiano. Alla suavita si è ispirato per questo disco di folkpastorale e medievale, «sporcato» dastrumenti moderni e africani. A un primoascolto Dr. Dee può risultare ostico enoioso, ma alla lunga ti conquista (r.pe.)

BRADIPOS IVLIVE AT KFJC RADIO (FreakHouse/FullHeads)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Da Caserta alla Californiasull’onda del surf garage. I Bradipos IV sisono avventurati negli States nell’estatedel 2011 in un tour di dieci date tra i localidella West Coast, terminato con laregistrazione di nove brani strumentali aLos Altos Hills, negli studi della Kfjc,emittente universitaria che vive di solesottoscrizioni, rifiutando la pubblicità. Aportarli in radio il famoso dj Phil Dirt. Trasuggestioni western alla Tarantino, omaggial Morricone di Per un pugno di dollari e alSergio Bruni di Carmela. (a.po.)

MASSIMO DE MATTIABLACK NOVEL (Rudi Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ La label romana continua astupire. Con questo cd che si segnalacome uno degli esempi migliori dielaborazione del lascito free. Flautista, DeMattia si circonda di ottimi partner (LuigiVitale al vibrafono e alla marimba, DenisBiason alla chitarra, Alessandro Turchet alcontrabbasso, Bruno Cesselli al piano) e siavvale o di spunti tematici collettivi basatisu brevi ostinati o su cellule di suoniliberamente sovrapposti. Il grupposviluppa trame fitte eppure assai nitide,sequenze di ragionata veemenza e altre didistesa liricità «lunare». Originale scritturaforse istantanea forse no. (m.ga.)

EPOOGNI COSA E’ AL SUO POSTO (Polosud-Ird/Edel)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ In più di 10 anni di attività hannolavorato attorno a un suono che enfatizzala dimensione più intimistica della lorocifra espressiva. La chitarra, strumentoversatile per eccellenza declinata in tuttele sue molteplici incarnazioni di unintelligente pop d’autore, resta lostrumento che cattura le uggecontemporanee anche per questa bandnapoletana. Gli Epo vanno a occupare unposto di tutto rispetto nelle sfere di un«neo-belcantismo» orchestrale intriso dimalinconie esistenziali riverberate alla lucediafana di uno stile che trova forza ecoraggio senza urlare. (s.fr.)

IN USCITA A GIUGNO

Altera Italia sveglia! (Dal Basso/Venus)Anywhere S/t (Atp/Goodfellas)Apache Dropout S/t (Family Vineyard/Goodfellas)Awolnation Megalithic Symphony (RedBull/Emi)Paul Banks Julian Plenty Lives... ep(Matador/Self)Dean Blunt & Inga Copeland Black IsBeautiful (Hyperdub/Goodfellas)Broken Water Tempest (Hardly Art/Audioglobe)David Daniell/Douglas McCombs,Versions (Thrill Jockey/Goodfellas)Exit Music Passage (Secretly Canadian/Goodfellas)The Ghost Inside Get What You Give(Epitaph/Self)Glen Hansard Rhythm and Repose(Anti/Self)Kelly Hogan I Like to Keep Myself in Pain(Anti/Self)Hospitality S/t (Fire/Goodfellas)Hot Chip In Our Heads (Domino/Self)The Hundred in the Hands Red Night(Warp/Self)ILikeTrains The Shallows (I Like/Goodfellas)Jaill Traps (Sub Pop/Audioglobe)Kandodo S/t (Thrill Jockey/Goodfellas)Lemonade Diver (XL/Self)Liars WIXIW (Mute/Self)Lips Against the Glass Vivid Colour(Seahorse)Magic Trick Ruler of the Night (HardlyArt/Audioglobe)Dent May Do Things (Paw Track/Goodfellas)Metric Synthetica (Pias/Self)Barbara Morgensten Sweet Silence(Monika/Goodfellas)I Mostri La gente nuore di fame(Goodfellas)Motion City Soundtrack Go(Epitaph/Self)One Little Plane Into the Trees(Text/Goodfellas)Peaking Lights Lucifer (Domino/Self)Pop Etc S/t (Rough Trade/Self)Aziz Sahmaoui & Universityof Gnawa S/t (Naïve/Self)Mike Scheidt Stay Awake (ThrillJockey/Goodfellas)Shijo X If a Night (Bombanella/Audioglobe)Shannon Stephens Pull it Together(Asthmatic/Goodfellas)Twin Shadow Confess (4AD/Self)Van Houtens Flop (Facelikeafrog/ Venus)Variety Lights Central Flow (Fire/Goodfellas)Nick Waterhouse Time's All Gone(Innovative Leisure/Goodfellas)Bobby Womack The Bravest Man in theUniverse (XL/Self)

POP ROCK

In spiaggiacon i Train

SCHIZZISWING

INDIE ROCK

L’idioma «tribal»degli Zulu Winter

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DAGIAMPIERO CANEGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESESIMONA FRASCAMARIO GAMBAROBERTO PECIOLAADRIANA POLLICE

Qualche anno fa c’era stato Jazz &Fumetto, prima ricognizione tentata inItalia sui rapporti che legano due distintearti, apparentemente senza punti incomune. Adesso arriva il corposo Assolidi china (Stampa Alternativa /NuoviEquilibri), e la sonda dell’autore, FlavioMassarutto, va ben più in profondità. Illibro è partito in due: prima si discute dicultura, storia, mitologia del jazz,attraversandone anche luoghi e oggetti, e lequestioni di metodo legate ai linguaggi; unconfronto di mondi che riserva bellesorprese e una miniera di spuntiapprofondibili, dato che le due forme d’artenate «povere» in realtà condividono, oltreal dato cronologico, molte omologieespressive e formali. Superata una corposaserie di appendici, nella seconda parteMassarutto diventa autore di fumetti suljazz: due storie visionarie realizzate assiemea Massimiliano Gasperini e Davide Toffolodei Tre Allegri Ragazzi Morti.

¶¶¶È FIGLIO delle suggestioni primaaccennate anche il buon libro scritto daNicola Gaeta, titolo un po’melodrammatico - ma è una citazione -Una preghiera tra due bicchieri di gin(ediz. Caratterimobili). Più chiaro ilsottotitolo: «il jazz italiano si racconta».Gaeta ha scelto la via dell’intervista permettere assieme spunti e idee dal jazz dellaPenisola, ripartendo il testo in tre sezioni: iveterani della scena, la generazione dimezzo, i nuovi protagonisti. In coda ad ognisezione anche un produttore discografico,ed è forse qui che si misura meglio lacangiante prospettiva del jazz, fraprogressive strettoie di mercato enecessità di reinventarsi, trovare nuovoossigeno economico e creativo. Eccessivolo spazio riservato ai conterranei pugliesida Gaeta, ma è un peccato veniale per unlibro importante.

¶¶¶DAL JAZZ descritto al jazz da suonare: sideve al pianista e didatta trentacinquenneVittorio Mezza un libro prezioso per chisuona il jazz: Nuovi percorsiimprovvisativi/Tecniche avanzatepentatoniche (Libreriauniversitaria.itEdizioni). Con copiosa messe di esempi sulpentagramma Mezza propone una guidapratica e un «formulario d’invenzioni» sulmondo musicale pentatonico, la scalamusicale «bluesy» che non è soloprerogativa del mondo musicaleafroamericano, essendo diffusa più o menoin tutto il Pianeta, ma che nel contestoafroamericano ha trovato applicazioneintensiva. Né mero spezzone di «culturaorale», né pratica formalmentericonducibile, in toto, alle categoriemusicologiche «occidentali»: un serbatoiodi possibilità da (ri)conoscere e studiare,come ben spiega il musicologo VincenzoCaporaletti nell’introduzione, da ascriversial ricchissimo mondo delle musicheaudiotattili.

HOBOCOMBONOW THAT IT’S OPPOSITE, IT’S TWICE UPONA TIME (Trovarobato)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Un trio che si impegna nellaricerca di mood piuttosto fumettistici,stereotipi di cose in disuso da tempo.Quel che s’ascolta è un suono esotico allamaniera delle colonne sonore del cinemadegli anni '30 o '40. In definitiva un po’ diSamoa presso un Mediterranée in unposto qualunque. Cuocendo il pollo perrimbecillirlo: non è una cattiva idea, maapprofitta dello status quo. Suppongovolutamente lesso. (g.ca.)

ONE MAN 100% BLUEZSHOCK! (Autoprodotto)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Terzo lavoro in tre anni perDavide Lipari. Un miglioramento costante.Difficile ripetersi, ma se la stoffa c'è, puòaccadere. Un disco imperniato sullapoetica del doppio: elettrico edelettronico da un lato, acustico dall'altro.Si, avete capito bene, elettronica. Soffusae di gusto. Ruggero Solli e Low Chef losupportano alla grande in 15 brani cheviaggiano tra tradizione e contemporaneo.Con coraggio Lipari, tenta di fare qualcosadi «altro». E ci riesce. (g.di.)

SPAINTHE SOUL OF SPAIN (Glitterhouse)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Ci sono gruppi storici, nell'indierock, che possono essere ridottiall'epitome di se stessi, alla figura che è intutto e per tutto quel gruppo. Come gliSpain di Josh Haden, cuore, cervello enervi della band. Quelli del 1993 e quelliriformati di oggi, con formazionecompletamente cambiata, hanno identicaattitudine ovattata e slow core,malinconie in blue(s) che entranosottopelle, gran eleganza per una formula,necessario fulcro del progetto. (g.fe.)

La chitarra jazz in Italia trova oggi unnutrito gruppo di vecchi e giovani solistiche, spesso con formazioni assaieterogenee, portano avanti discorsimusicali altrettanto variegati; ciò chetiene assieme questi cd è un sentirevirtuosistico declinato a partire dalbebop fino agli sviluppi dei nostri giorni.Ecco quindi Sergio Coppotelli che, inEclectic Taste (Alfa/Egea), festeggia gliottant'anni con un album mainstreaminfarcito di grandi ospiti (Ascolese,Gatto, Giammarco, Gizzi, Jodice,Montellanico, Tommaso), dove laGibson del leader, al servizio delquintetto, rende omaggio alla lezione diCharlie Christian e Wes Montgomery.Più avanzato invece il sound di EraldoBernocchi in Metallic Taste Of Blood(Rare Noise) che, con Jamie Saft, ColinEdwin, Balasz Pandi, opta per un nu jazzcon vari riferimenti all’universoelettronico dalla techno al prog rock.Forse a metà tra ricerca e innovazione ilprogetto ‘.audrey’ (Abeat) di ClaudioRiggio in settetto a puntare su duemaestri americani come Tom Harrell(tromba) e John Stowell (secondachitarra). (Guido Michelone)

Rock spesso, molto spesso, fa rima con pop.Eccone tre declinazioni diverse, tutte madein Usa. John Mayer - oltreoceano primoad ogni uscita, semisconosciuto da noi -mescola una grande abilità strumentale, unavoce duttile, sofisticate armonizzazioni e unascrittura plastica che si muove fra il countrye la tradizione cantautorale, con unapadronanza mostruosa. Mayer sforna undelizioso Born and Raised (Columbia/Sonymusic), prodotto da uno specialista,Don Was: imperdibile per i cultori delgenere. Pop rock da spiaggia è invece quellodei Train (vi siete dimenticati Save Me?Impossibile) di ritorno con California 37(Sony). La band di San Francisco, promette emantiene ritornelli accattivanti e tormentonidietro l'angolo. Niente di trascendentale mail singolo Drive By (già tema di un noto spot)e la title track implacabile e giocata ai limitidel plagio sul sacro inno degli Eagles, HotelCalifornia, non passano inosservati. Pop rocknostalgico per Peter Cincotti che conMetropolis (Heads Up/Egea) si affrancadefinitamente dal modello crooner, con 12canzoni originali nel solco di Billy Joel. Labuona volontà c'è, il gusto per le citazionianni ’80 pure, ma non tutto ha la giustaispirazione. (Stefano Crippa)

ON THE ROAD

JAZZ ITALIA

Una chitarrache sa di sangue

Le regole sono semplici: un tocco di electro,una spruzzata di funky, qualche manciata diglam e una buona dose di sfacciataggine.Queste cose le mettono insieme i londinesiCitizens! che debuttano con un album chegià dal titolo evoca la voglia, anzi la certezza,di «spaccare»: Here We Are (Kitsuné/CoopMusic). Preceduto da un paio di singoli«catchy» come True Romance e Reptile, ildisco, prodotto da Alex Kapranos dei FranzFerdinand, vede 11 brani che mettonoinsieme gli elementi su menzionati in salsapop. Dal pop dance oriented dei Citizens! aldream pop dei Beach House il salto èquasi triplo. La band di Baltimora con Bloom(Bella Union/Coop Music) arriva al quartodisco. Melodie e atmosfere aeree, arpeggi dielettrica e la giusta miscela di elettronica,per un lavoro che non stravolge certi canoniestetici, anzi li cavalca, e che si apprezza incanzoni come Myth, Troublemaker e Wishes.Da Londra un’altra «next big thing», sichiamano Zulu Winter e sul loro esordio,Language (Pias/Self), c’è da scommetterci. Lochiamano tribal pop, ma le etichette diconopoco, diciamo che siamo in un mondo cheattraversa gli Arctic Monkeys e arriva aiColdplay. Un disco che ci ha catturati piano,ma inesorabilmente. (Roberto Peciola)

DI GUIDO FESTINESE

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(14) ALIAS2 GIUGNO 2012

ANNIVERSARI

Il primo e grandeFar West del calcio

1962 ■ MASCHIO, BRERA E LA LEGGENDA TRAGICOMICA DI UN MONDIALE AUSTRALE

di MASSIMO RAFFAELI

●●●Molti appassionati tuttoraricordano come la nazionale italiana dicalcio venne estromessa dai Mondialidel Cile dopo la sconfitta per 0 a 2subita dai padroni di casa il 2 giugnodel ’62 allo stadio di Santiago, unpomeriggio dell’inverno australespazzato dal vento delle tierras friasma divenuto di colpo un incendioagonistico: molti infatti rammentano,con l’ausilio delle poche immagini direpertorio, la polizia in campo, lemischie furibonde intorno all’arbitroinglese Aston (da allora famigerato,specie in Italia, ancorché noto nelmondo per avere inventato di lì a pocoi cartellini punitivi, il rosso e il giallo),insieme con il volto tumefatto, unavera e propria maschera di sangue,dell’italo-argentino HumbertoMaschio che vaga per il campopedinato da un cileno di forzabelluina, tale Léonel Sanchez, infine ilnugolo di agenti che scortano fino aglispogliatoi prima Giorgio Ferrini e poiMario David, entrambi espulsi daAston per essersi lasciati andare aplateali falli di reazione. (Il nudotabellino segnala che la resistenzadegli azzurri durò un’ora, in quanto icileni passarono verso il trentesimo delsecondo tempo con un colpo di testain mischia di Ramirez presto bissatoda un tiro di Jorge Toro dalla lungadistanza: due infortuni o pressappocodel portiere degli azzurri, il magrissimoe imberbe Carlo Mattrel).

Dunque molti ricordano tutto ciòma non molti sono a conoscenza delfatto che La battaglia di Santiago(prefazione di Roberto Beccantini,Urbone Publishing, [email protected],pp. 111, 12 euro) cioè il titolo di un bellibro, sobrio e documentato, che ungiovane storico del giornalismosportivo, Alberto Facchinetti, dedica aquel lontano evento, in realtàsintetizza una battaglia che fu plurimae venne combattuta dentro e fuori dalcampo, prima durante e dopo lapartita: con la consueta pregnanza,Roberto Beccantini ne riassume ladinamica alludendo «al primo egrande Far West che coinvolge ilcalcio nazionale in epoca moderna».Intanto la cornice ambientale rinviaad una sproporzione che si riveleràingannevole, e fatale. L’Italia stavivendo il miracolo economico ma daun quarto di secolo almenorappresenta il nulla calcistico a livellointernazionale: uscita al primo turnodai Mondiali brasiliani del ‘50 comeda quelli svizzeri del ’54, perStoccolma 1958 ha mancatoaddirittura la qualificazione contro isemidilettanti dell’Irlanda del Nord. Almomento dispone tuttavia di grandicampioni indigeni (i navigati CesareMaldini, Bruno Mora, Enzo Robotti, igiovanissimi Sandro Salvadore, GianniRivera e Giacomo Bulgarelli) cosìcome di una batteria di oriundi,italianizzati e in fretta e si direbbe percarità di patria, che rispondono ainomi, nientemeno, di Omar Sivori,José Altafini, Humberto Maschio eAngelo Benedicto Sormani. (Tale èl’abbondanza che per il ritiro di SanPellegrino - i maligni dicono un mesedi bevute, partite a poker e camarilleinverosimili - ci si permettel’esclusione di un asso qualeMariolino Corso, il quale se nevendica, quasi gli augurasse un viatico

letale, facendo il gesto dell’ombrelloall’intera comitiva azzurra presenteall’amichevole Inter-Cecoslovacchiadecisa, appunto, da uno slalom delmancino battezzato, con una qualcheenfasi, «il piede sinistro di dio»).

Per parte sua la nazionale cilena ètutta quanta di ignoti, a parte iltecnico Fernando Riera che ha diversitrascorsi in club europei di secondafascia: costui è un serio preparatoreatletico, un convinto assertore delpossesso della palla e un tattico che,sospettando le grandigie fumogenedel football sudamericano, persegueuno spiccio 4-3-3. Se i cileni sonosilenziosi più di sempre e aspettano apiè fermo, gli italiani continuano asnobbarli e, di fatto, a ignorarli. Il Cile

è ancora un paese del Terzo Mondo,una società rurale e arretrata,sostanzialmente estranea allademocrazia e pertanto i grandiquotidiani italiani esigono pezzi «dicolore» su di essa nonché squisitezzesociologiche da inviati in colonia. Unaprima battaglia, decisiva, è persa nonappena rimbalzano in Cile icablogrammi spediti da CorradoPizzinelli (inviato della Nazione) e daAntonio Ghirelli del Corriere dellaSera, che pure è un autenticoscrittore, destinato a una parabola dafuoriclasse del giornalismo. SePuccinelli segnala la miseria dilagante,gli scippatori e le prostitute per strada,il primo pezzo di Ghirelli ha un incipitmicidiale: «Un campionato del

mondo a tredicimila chilometri didistanza è pura follia. Il Cile è piccolo,è povero, è fiero: ha accettato diorganizzare questa edizione dellaCoppa Rimet come Mussolini accettòdi mandare la nostra aviazione abombardare Londra. La capitaledispone di settecento posti letto. Iltelefono non funziona. I tassì sonorari come i mariti fedeli».

Ovvio che la battaglia mediatica èperduta d’acchito perché similiespressioni classiste, con evidentivenature razziste, sono manna per lastampa e la radio cilena che nediffonde l’eco con i toni di unchiassoso nazionalismo. Agli azzurrinon sembra interessare il contestoche intanto gli si viene allestendo,

impegnati come sono in un’altrabattaglia e stavolta totalmenteendogena: non dispongono ancora diun allenatore, o meglio ne hanno treche non fanno per uno. LaFedercalcio, guidata da GiuseppePasquale, vecchia volpe d’apparato,avrebbe voluto ingaggiare il MagoHerrera (personaggio ritenuto peròtroppo discusso e controverso, anchetroppo venale), poi Nereo Rocco,neoscudettato al Milan, invecegiudicato troppo dialettale eprovinciale, persino impresentabilecome capofila dei «catenacciari». Cosìè andata a finire che, dopo infinitemediazioni di carattere per così diredoroteo, Pasquale si è arrogato lui laguida tecnica annettendosi due vicarile cui caratteristiche non potrebberoessere più opposte: l’uno è PaoloMazza, factotum della Spal, un geniodel calcio-fai-da-te e un uomo di estrifolcloristici, l’altro è un’icona e sichiama Giovanni Ferrari, ha vinto dueMondiali in epoca fascista e ben ottoscudetti con tre squadre diverse, mapiù che altro è un istruttore ed unaccomodante funzionario difederazione, non un tecnico. Tant’è

che nella partita d’esordio (unoscialbo 0-0 con la Germania Ovest diUwe Seeler come di Helmut Haller edi Schnellinger) viene schierato unbricolage dove c’è posto per un Sivorisvagato, svampito, ma non perMaschio che è reduce, con l’Atalanta,dal più bel campionato della suacarriera.

Intanto incombe la partita col Cile ela terna al comando non sa,letteralmente, chi mandare in campo.Ed è qui che la battaglia intestina,prima che divenga mattanza sulcampo, assume un colore da leggendatragicomica e gli accenti, tra l’agro e ilgrottesco, di una commediaall’italiana. Non ne restano documentiscritti né deposizioni giurate, masoltanto un coro di voci o di quelli cheTacito chiamava per l’appuntorumores. La notte della vigilia pare chei giocatori ormai dormissero (su tuttil’integerrimo Maldini, il capitano) mapare che a Omar Sivori (sveglio, daautentico monarca del poker)accadesse di captare dalla camera delpiano di sotto gli spezzoni sonori diun conciliabolo ben assortito: i tretecnici pro forma stavano facendosi

Il 2 giugno di 50 anni fa Italia e Cile diedero vitaa una mattanza memorabile passata alla storiacome la Battaglia di Santiago. Un libro di AlbertoFacchinetti ricostruisce quel pomeriggio da saloon

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(15)ALIAS2 GIUGNO 2012

LA MAGIA DEL QUADRATO●●●«Se c'è una magia nella boxe, è la magia di combattere battaglie al di là di ogni sopportazione,al di là di costole inclinate, reni fatti a pezzi e retine distaccate. E' la magia di rischiare tutto per unsogno che nessuno vede tranne te». Questa di Morgan Freeman in «Million Dollar Baby» di ClintEastwood è forse la definizione più bella che l'arte abbia dato del pugilato. Ce ne sono tantissimeda ricordare. E ci sono pagine stupende di letteratura a partire da quelle di uno scrittore comeErnest Hemingway, non a caso citato da un altro scrittore come Elmore Leonard nella prefazioneall'edizione italiana de «Il professionista» di W. C. Heinz. Stiamo a quegli anni, cioè ai Cinquanta delsecolo scorso, perché gli scritti che sono venuti dopo (valga per tutti il Norman Mailer de «Ilcombattimento» sullo scontro tra Cassius Clay e George Foreman, o il «Mike Tyson» di Joyce

Carol Oates) ci portano già in un'altra epoca. Due episodi, apparentemente lontani uno dall'altro,rimettono al centro il rapporto tra boxe e arte: la pubblicazione, finalmente, del romanzo diWilfred Charles Heinz e la morte di Rocco Mazzola, campione italiano dei pesi medio massimi emassimi in quella fine degli Anni Cinquanta, quando Heinz dava alle stampe il suo avvincenteracconto e Luchino Visconti rendeva omaggio alla boxe e a uno dei suoi miti più in voga allora, illucano Rocco Mazzola (con un cameo memorabile nel film), ispiratore di uno dei personaggiprincipali di «Rocco e i suoi fratelli», viaggio del regista milanese dentro le contraddizionidell'emigrazione interna nazionale. Ma non solo: la concomitanza della morte di Rocco Mazzola el'uscita de «Il professionista», ancorché il primo sembri anche un eroe del secondo, riporta alcentro la boxe come mito, metafora di lotta e di vita, con buona pace della crisi attuale che stauccidendo qualsiasi grandezza e dignità della «nobile arte». (m.fum.)

di MICHELE FUMAGALLO

●●●Il nome di ErnestHemingway, l'autore di tantepagine memorabili sullaletteratura d'azione, fa capolinoper il giudizio lusinghiero chediede del romanzo del 1958 di W.C. Heinz, Il professionista, chel'editore Giunti ha dato da pocoalle stampe (pagine 368, euro 12).«E' l'unico bel romanzo sulla boxeche abbia mai letto», disse l'autoredi Cinquanta bigliettoni (è nei 49racconti), la mitica storia delpugile che scommette contro sestesso. E mai giudizio ha resistitobenissimo al tempo come questo.Perché davvero Il professionista èun'opera che si legge tutta d'unfiato, densa di dialoghi secchi,apparentemente privi di risvoltipsicologici, mentre invecel'intimità dei personaggi vienefuori in modo superbo quanto piùl'autore evita ogni forma dipsicologismo, intrecciandoracconti e storie di Eddie Brown, ilpugile che si prepara al suoincontro decisivo, del giornalistaFrank Hughes protagonistaprincipale della storia che tallonapasso dopo passo il suo pugile perpreparare sul campo l'articolo colritmo di un detective privato dimolti romanzi noir, di tutto lostaff che ruota attorno alcampione, a partire da DocCarroll, manager di Eddie.

Il romanzo segue il mese diallenamento prima delcombattimento per il titolo. Unmese in cui si racchiude tutta unavita di attese e speranze, didelusioni ma anche di rapportiumani. Ma assaporiamo la prosadi Heinz: «Non ricordo più laprima volta che incontrai DocCarroll, ma ricordo la sera in cuividi per la prima volta EddieBrown. Ero a Pittsburgh a faredelle ricerche per un articolo, eraluglio inoltrato e c'era una serie diincontri all'aperto al Forbes Field.Era stato caldo e umido per giorni,ma circa a metà pomeriggio eraarrivato un temporale che avevaoscurato la città e la luce delgiorno, squarciando l'aria conlampi che sembravano i colpi diun'enorme mannaia». E ancora,sull'aspetto più delicato delrapporto tra violenza e male cheha incanalato per anni il dibattitosulla boxe nel vicolo cieco delmoralismo, Heinz mette in moto

dialoghi magnifici («Per vincerel'incontro dovrai fare all'altro piùmale di quanto ne farà lui a te. Tipiace fare del male agli altri?».«No. Non è così che vedo la boxe.Voglio sconfiggerlo. Tutto qui»).

Wilfred Charles Heinz (1915 -2008), giornalista sportivoamericano, che ha al suo attivoaltri romanzi tra cui MASH(Robert Altman ne ricaverà unmemorabile film) scritto con unopseudonimo a quattro mani, ci hadato uno spaccato del mondodella boxe da cui non si puòprescindere, una scrittura che nonsi dimentica. Un romanzo da cuipotrebbe ripartire un dibattitoautentico su letteratura e boxe, esui suoi miti fondanti a partire daquello popolare. E così non puòmancare in questa breverecensione una delle pagine piùsuperbe di Heinz sul rapporto trala folla e il suo idolo prima delladiscesa in campo: «Quandoscendemmo dal taxi sulmarciapiede sentii tutta latensione che dominava la folla.Invisibile, intoccabile, ovunque eda nessuna parte, fragile eppurecapace di intrappolare ogni cosa.L'avevo sentita in una divisione difanteria prima dell'attacco, neitestimoni prima di un'esecuzione,nell'aula di tribunale prima delverdetto, in una famiglia primadell'attimo della morte». Che dire?Certo sarebbe bello che la boxeritornasse ad essere luogo di sportautentico, che significa in questocaso difficile, e la letteraturariprendesse a tesserne il mito conil coraggio di una scritturaappassionata e controcorrente.

W.C.HEINZ ■ IL PROFESSIONISTA

Quel romanzosulla boxetanto amatoda Hemingway

1933-2012 ■ PUGNI LUCANI

Rocco Mazzola,il gigante buonoche ispiròVisconti e DelonPROMOSSI

DOPO LA TRAGEDIA

dettare da due influenti giornalisti(l’uno senz’altro Gianni Brera, l’altroprobabilmente un suo affiliato,Gualtiero Zanetti) la formazione chelo escludeva insieme con Maldini,Altafini e Rivera mentre viceversacomprendeva Maschio e Sormani, ineffetti due pupilli di Brera. Pare ancheche Sivori abbia subito suonato ladiana e messo da par suo in subbuglioil ritiro: solo Altafini verrà ripescato alposto di Sormani per una personaleesibizione di salti, scatti e piegamentiavvenuta in sala da pranzo e alcospetto dei suoi superiori due oreprima della gara. Ma questa è solol’ultima simulazione donchisciottescaprima della battaglia vera e propria,laddove è pensabile che gli azzurrisiano andati in campo relativamenteignari di ciò li aspettava.

Il silenzio del Cile, a lungocompresso nel risentimento e nelrancore, lì esplode in boati a catena,mentre i calciatori in maglia rossaattaccano indifferentemente la palla ele gambe degli azzurri. L’isteria sipropaga in vibrazioni al diapason, lacaccia dei cileni agli oriundi si rivelasistematica tanto che, a rivederli oranei filmati di youtube , i falli direazione per cui vengono espulsiFerrini e David paionoretrospettivamente frutto dellostupore e di una impensabilecosternazione. (Brera in tribuna,oppresso dalla rabbia e dal senso dicolpa, sta scrivendo il suo pezzo per IlGiorno e parla di «pecore matte», valea dire di calciatori con ogni evidenzadrogati: per averlo ribadito a distanzadi decenni, perderà la causaintentatagli dagli eredi di GiorgioFerrini). Fatto sta che la partita cometale dura meno di dieci minuti, tantice ne vogliono a Sanchez per mettereMaschio ko, a Ferrini per farsi mandarvia e all’arbitro Aston per lasciarsisfuggire di mano l’incontro. ScriveFacchinetti di quel momento topico:«Il duello con Sanchez era iniziato benpresto. Quand’erano passati appenapochi minuti dal fischio d’inizio, i dueavevano già litigato per un motivo dipoco conto. La posizione di un calciodi punizione da battere per la squadracilena. L’arbitro in quella occasioneaveva dato ragione a Maschio, eSanchez per tutta risposta avevaurlato in faccia all’argentino: Ti seisbagliato, l’Argentina sta giocando aRancagua, tu devi andare la! Pocodopo ci fu un episodio che la stampaitaliana non raccontò: (…) in unadelle prime avvisaglie fra le duesquadre, il numero otto dell’Italiaaveva colpito Sanchez con un pugno,come probabile vendetta alleprovocazioni di poco prima. Il pugno,quello del cileno nei confronti diHumberto, giunse soltanto pochiminuti dopo».

Il resto è troppo noto per doveressere ancora una volta ribadito:l’Italia gioca ancora una partitaplatonica contro la Svizzeravincendola per 2 a 0 e schierandofinalmente i giovanissimi Rivera eBulgarelli (al suo esordio assoluto).Quel Mondiale poi lo vinse il Brasileorbo di Pelé, presto infortunato, mapervaso dal genio di un ManéGarrincha all’apice della parabola. Gliazzurri tornarono in patria senzaessere affatto disturbati e qui vennemaledetto il Cile e giustiziato in effigiel’arbitro Aston. Fu il consueto ritualedi un paese che ama autoassolversi insimili occasioni, e ad ogni livello:perciò la battaglia di Santiago venneesorcizzata come caso di cronacanera per essere ascritta a una sinistracongiuntura astrale. I giocatoritornarono al Campionato e alleCoppe, i presunti tecnici ai loroscranni federali. Quanto ai giornalisti,la gaffe catastrofica non impedì adAntonio Ghirelli il prosieguo di unafulgida carriera né l’esito infaustodella congiura notturna tolse a GianniBrera lo scettro di pontefice massimoin materia di pedate. Anzi proprioBrera, facciatosta ineffabile, avrebbecontinuato a dire per tutta la vita chela squadra azzurra di Santiago 1962era, per tasso tecnico ed individualità,la più grande di sempre: purtroppoera vero.

di M.FUM.

●●●«Vi fu un'altra trasposizioneonomastica rilevante e impressanella pellicola: il nome delcampione della boxe degli annicinquanta, il potentino RoccoMazzola. Balzato agli onori dellacronaca, dovette imporsiall'attenzione di Visconti sia per laprovenienza geografica sia per lapratica sportiva, imprescindibilecondizione creativa, indicata dalregista fin dalla sua prima idea delfilm. Rocco Mazzola, lucano ecampione di pugilato, così comesarà nello svolgimento della tramaRocco Parondi, confermò inqualche misura la scelta del nome.La sua brevissima ma importanteapparizione nel film fu l'omaggioche il regista rese al mondo dellaboxe in generale e al campione inparticolare ed insieme il segnale diun nome a forte connotazioneetnica, che fa tutt'uno con lapercezione della morfologia fisicaed etica dei lucani che avevanosviluppato gli altri, i cittadinimilanesi». Così scrive TeresaMegale nell'introduzione alcatalogo della mostra del 2003dedicata alle foto inedite delsopralluogo in Lucania di LuchinoVisconti per le riprese del prologo(che venne poi cancellato in sededi definitiva sceneggiatura) diRocco e i suoi fratelli. E fu subitoricerca del protagonista di quelmito pugilistico.

Non c'è stato tempo, allora, disapere cosa pensasse RoccoMazzola, campione dei medi emassimi nella seconda metà deglianni cinquanta, ispiratore delprotagonista del film (Alain Delonnella pellicola), di questaaffermazione della scrittriceamericana Joyce Carol Oates sullaboxe: «E' la quintessenza dellalotta umana non solo contro unavversario, ma anche contro ilproprio io diviso». Non ci fu allorae non ci sarà più. Mazzola se n'èandato il 17 marzo scorso a 79anni, lasciando la sua azienda acui aveva dedicato tutta la vitadopo l'abbandono della boxe, atesta alta per uno che eracresciuto a pane e pugilato fin daragazzo, agli inizi degli anni ’60,per una fragilità della manosinistra le cui dita si rompevanocome un grissino. Non c’è stato iltempo neanche di fargli leggerequesto passaggio de Il

professionista proprio sulle manidei pugili: «Le mani sono glistrumenti di lavoro del pugile.Deve prendersi cura dei suoiattrezzi. Se un pugile si rovina lemani non è più niente. Ho vistotanti bravi pugili mollare per lemani rovinate». Rocco Mazzolaaveva reagito bene a questa suafragilità. Ne parlava con ironia.Ma aveva anche un grandeorgoglio per il lavoro che erariuscito a creare per tante personenella sua azienda di gas. La suastoria è la stessa del RoccoParondi viscontiano. Era unemigrante. Il suo talent scoutpotentino lo portò nei torneiregionali dove ebbe successo equindi si trasferì a Varese dovecrebbe sul piano atletico. Agli inizidella carriere vinse insieme, casopiù unico che raro, il titoloitaliano dilettanti nei mediomassimi e nei massimi seguito poidagli stessi titoli nei professionisti.

Il suo mito ricalcava alloraquello dell'emigrante che avevasfondato e che iniziava la suaascesa europea. Che si fermò peròa Dortmund, dove fu sconfittoproprio per il titolo continentale,con un verdetto giudicato da tuttiscandaloso. Ma il suo handicapmordeva e Rocco ebbe la saggezzadi rinunciare e ritirarsi, senza maidimenticare la boxe (e anchequell'episodio cinematografico)ma anche senza farsi trascinareindietro dai ricordi. Su di lui hascritto un capitolo interessante nellibro sulla boxe lucana Altri pugnidi speranza, Pino Gentile, chericorda così Mazzola: «Erasoprannominato il gigante buonoper la sua mole ma anche per ilsuo modo di fare, insiemegeneroso e taciturno. A voltediventava per questo scontroso,ma ha lasciato sempre un granderimpianto nell'ambientepugilistico». Ora conviene però,come hanno promesso leistituzioni, che il ricordo di Roccovenga sviscerato nel modocompleto della boxe intrecciata alcinema, un'arte che incontrò percaso e che ebbe in Visconti ildemiurgo capace di leggerne ilmito ben al di là dellapubblicistica sportiva spessoincapace di lasciare tracce.

L’ARTE DEL RING

●●●Abruzzo, spareggio dei play off delcampionato di Eccellenza, si sfidanoFrancavilla e Sulmona, vinceranno questiultimi per 3-2 dopo i tempi supplementari.Ma non è questo l’importante. Nellemulte comminate dal giudice sportivo, perentrambe, ci sono gli insulti al «funzionariofederale presente nello stadio», quindipreso di mira da destra e da sinistra. Atestimonianza che come si fa, si sbaglia.

Squalifica di 5 anni e «preclusione allapermanenza in qualsiasi rango o categoriadella Figc» per Gerardo Petrolla, dirigentedel Borrello (Abruzzo), che prima hafermato la corsa dell’arbitro verso lospogliatoio con un violento calcio alpolpaccio, poi, azzoppatolo e reso inerme,lo ha finito con un terrificante pugno allanuca. Ricovero in ospedale e denuncia,Petrolla finisce qui.

La carta igienica più cara del mondo èin Sardegna, 400 euro per i rotoli tirati infaccia al portiere avversario dai tifosidell’Ilvamaddalena. Ben dieci societàsiciliane – Aurora Rossa, Ciclope Bronte,Città di Naro, Cus Palermo, Real Adrano,Calcio Vittoria, Tonnaruso, TonnarelloBeach, Acli Arconide e BonagiaSant’Andrea – sono state sanzionate:malgrado le tragedie avvenute anche direcente e nonostante l’obbligo che esisteda anni, non avevano fatto le visitemediche nemmeno a un calciatore.

Ora si sa che non avrebbe potutogiocare, non essendo tesserato, il fortePierluigi Mulattieri sceso in campo con ilSantopadre contro l’AranovaStrangolagalli (prima categoria laziale).Partita persa ovviamente. Due anni di stopper Valerio Neri, difensore del RomaClub Garbatella, per eccesso, come dire,di altruismo. Ha reagito malissimoall’espulsione – a suo dire ingiustissima –di un suo compagno di squadra. Al puntoche quest’ultimo quasi aveva accettato ilcartellino rosso, Valerio invece no, ècorso addosso all’arbitro e glielo hastrappato di mano; poi quando si è vistosventolare verso di lui lo stesso cartellino,non ci ha visto più: «afferrava con violenzal’arbitro per il collo, impedendogli direspirare, e nel contempo lo sollevava inaria». Come nei cartoni animati.

Quattro mesi di squalifica, maconsiderando le ferie estive è come zero,per Rocco Mastrogiacomo,centrocampista offensivo del BelmonteAntella Grassina (Toscana). Durante lagara contro il Lastrigiana, peraltro vintaper 2-1 in trasferta, ad un certo punto,per protestare contro una decisionedell’arbitro «scalciava una pozza,provocando il distacco di fango dalla suoladella propria scarpa che colpiva ad unocchio il direttore di gara, provocandodolore». Sfortunato.

La chiusura è per salutare lapromozione, in prima categoria ligure,della Monver, la squadra di Monterosso eVernazza, comuni semidistrutti lo scorsoottobre dal fiume di fango e di acqua. Latragedia, oltre quella civile, fu anchesportiva, nel senso che arrivò proprioquando la Monver si trovava in testa allaclassifica. Seguirono quasi due mesi di stopforzato, andati persi indumenti di gioco,documenti, campi di allenamento, tutto, latesta ovviamente occupata da cose piùimportanti. Ma la voglia di ricominciare èstata più grande e la prima attività che si ècercato di rimettere in moto, è stataproprio quella del calcio. Tra alti e bassi lastagione è proseguita bene ed è terminatacon lo spareggio contro l’IntercomunaleBeverino. Vinto.

Esce finalmenteanche in Italiaun libro del 1958dell’autoredi «MASH».Un’occasioneper riaprireil dibattito su boxee letteratura

Un ricordo dell’excampione anni’60 scomparsolo scorso marzo.Un emigrantedalle dita fragiliche diede il nomeal film «Roccoe i suo fratelli»

Alain Delon in «Rocco e i suoi fratelli». In altola copertina di «The Professional». Nellapagina a sinistra le foto di Cile-Italia 1962

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(16) ALIAS2 GIUGNO 2012

di LUCIANO DEL SETTE

●●●A dispetto della sua giovane età,soltanto ventidue anni, Chiara portacon sé, in ciò che fa, nella sua vita,una piccola storia quasi di altri tempi.Il sogno di alimentare la passione peril disegno, nata quand’era bambina eche già rivelava talento, la spinge alasciare Cuorgné, territorio delCanavese, Piemonte, dove è nata, peri banchi del Liceo Artistico di Torino.Qui incontra una professoressa, ognitanto si vedono ancora, alla quale nonsfugge che in quella ragazzina sinascondono capacità e istintivocreativo in grado di andare ben oltrela semplice e meccanica esecuzionedi un’opera. La prof segue Chiara, lasprona, la aiuta a far emergerecarattere e fantasia per trasporli neisuoi lavori. Al termine del camminoliceale, il passo successivo conduceoltre l’ingresso dell’Accademia. Ma,ricorda Chiara, «ho frequentatol’Accademia di Belle Arti soltanto perdue anni. Non era il suo aspettoistituzionale che mi interessava. Nonla laurea. Ho semplicemente tratto daquesta esperienza tutto ciò di cuiavevo bisogno: apertura mentale,curiosità, creatività e nuove amicizie».Al di là delle lezioni e degli esami,dunque, la ragazza che per ilmanifesto ha messo su carta un’operadal lungo e poetico titolo, si senteparticolarmente attratta, in quelperiodo, dall’arte concettuale econtemporanea. Anche se, inparallelo, continua a coltivarel’interesse per l’illustrazione ‘pura’attraverso la realizzazione di fumetti.Quando lascia l’Accademia, Chiarachiude definitivamente la portafigurativa classica. E apre quella diuna sana e meditativa «confusione».«Ho passato un periodo di stallo,durante il quale mi interrogavospesso su quale fosse il mio ‘stile’.L’ho capito nel momento in cui nonme lo sono più chiesto. Avere unostile imposto, era uno schema che miprecludeva infinite possibilità. Oraesploro, tutte assieme, la pittura,l’illustrazione e la fotografia; cerco diessere aperta a tutto ciò che inpassato avevo rifiutato per l’esigenzadi far parte di una determinata cosa ebasta». Queste esplorazioni, i cuiorizzonti compaiono annunciatisoltanto da segnali e da idee, Chiara lesta compiendo in coppia con unragazzo. Partecipano l’uno ai lavoridell’altro, mischiano le competenze diciascuno. «Cerchiamo i giusti modiper realizzare progetti che abbiano unimpatto concreto sulle persone». Larotta scelta, almeno a giudicare daquesta pagina, promette molto bene.

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