algodistrofia

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Trattamento delle sindromi algodistrofiche dell’arto inferiore

Treatment of the complex regional pain syndrome in the lower limb

RIASSUNTO

Tra le varie sindromi dolorose, l’algodistrofia è probabilmente una delle più fru-stranti e complesse da trattare. Numerosi fattori eziologici sono stati invocati comeresponsabili della patologia, tra questi una delle cause più comuni è il trauma. I datidella letteratura riportano una correlazione di tale sindrome con alcune procedureterapeutiche ed interventi chirurgici.Gli AA. descrivono la propria esperienza clinica nel trattamento delle sindromi algo-distrofiche di tipo I dell’arto inferiore con blocco regionale endovenoso con uno stu-dio longitudinale prospettico su 20 pazienti.Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame radiografico e RMN prima del tratta-mento ed a sei mesi dall’ultima seduta terapeutica. In tutti sono stati eseguiti blocchiregionali endovenosi con una soluzione di 10 ml di mepivacaina al 2%.È stata ottenuta una remissione totale della sintomatologia dolorosa con normalizza-zione del quadro radiologico nel 60% dei casi, in un tempo medio di 5 mesi dal ter-mine del trattamento.Alla luce dei risultati ottenuti ed in accordo con i dati della letteratura, riteniamo chel’utilizzo del blocco regionale endovenoso risulti vantaggioso, indipendentementedal principio attivo iniettato, per un sinergismo tra l’effetto placebo e gli effetti dovu-ti alla compressione della radice dell’arto e all’azione dell’anestetico locale.

Parole chiave: algodistrofia, distrofia postraumatica, blocco regionaleendovenoso

SUMMARY

The “complex regional pain sindrome” is a pathology very difficult to diagnose andtreat. In literature a lot of studies about the use of intravenous regional blockade, sev-eral drugs and physical therapy have been reported.The Authors report their experience in this longitudinal perspective study about thetreatment of 20 patients affected by the complex regional pain syndrome in the lowerlimb, using the IVRA.The results showed that in 12 cases (60%) the complete relief of the pain and the nor-malization of the radiological features were obtained.Considering these results, the use of the IVRA in the treatment of the complexregional pain syndrome can be indicated for the simplicity of the technique, the lowcost and the good compliance of the patient.

Clinica Ortopedica, Università di Catanzaro “Magna Græcia”

Indirizzo per la corrispondenza:Policlinico “Mater Domini”Clinica Ortopedica, via T.Campanella 11588100 Catanzaro, ItalyTel. +39 0961 712313

+39 347 7702598E-mail: [email protected]

Ricevuto il 31 marzo 2005Accettato il 31 ottobre 2005

A. AmmendoliaF. FauciB. IannòG. Lotti

G.I.O.T. 2005;31:165-168

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Trattamento delle sindromi algodistrofiche dell’arto inferiore

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Key words: complex regional pain sindrome, postrau-matic dystrophy, algodystrophy, intravenous regionalanaesthesia

INTRODUZIONE

L’algodistrofia è una sindrome caratterizzata da doloresevero con iperpatia e allodinia, disturbi vaso-motori edalterazioni distrofiche della cute e degli annessi cutanei 1 2.Colpisce tipicamente l’estremità di un arto, con possibilemigrazione alle articolazioni prossimali e le sue manife-stazioni sono legate ad un prolungamento della rispostasimpatica che normalmente segue ad uno stimolo doloro-so o una noxa patogena.L’International Association for the Study of Pain ha ela-borato una classificazione basata sui dati anamnestici delpaziente e sui sintomi e segni clinici al momento delladiagnosi 3, che distingue 2 tipi:• tipo I, algodistrofia, che si sviluppa in assenza di una

lesione nervosa;• tipo II, causalgia, caratterizzata dalla presenza di una

lesione nervosa.La diagnosi ed il trattamento del dolore rappresenta unadelle sfide più impegnative per lo specialista ortopedico.Per tale motivo l’algodistrofia rappresenta una delle pato-logie più frustranti e complesse da trattare, anche in con-siderazione dei numerosi fattori eziologici che contribui-scono a determinarla. Una delle cause più comuni è iltrauma. Sebbene non sia stata dimostrata una precisa cor-relazione tra l’entità del fattore scatenante e la gravitàdella sindrome, secondo la maggior parte degli Autori l’e-vento traumatico può essere così insignificante che ilpaziente può non ricordarlo o non riferirlo all’anamnesi.Nella sindrome di tipo I dell’arto inferiore, oltre alla cor-relazione con i traumi articolari, è emersa una possibileeziopatogenesi legata ad alcune procedure terapeutiche ead interventi chirurgici. Tra le prime sono da annoveraregli apparecchi gessati o l’introduzioneaccidentale di aghi da infusione nelleterminazioni nervose. Tra gli inter-venti chirurgici, è stata dimostrataun’incidenza di tale sindrome in quel-li sul ginocchio, sia artrotomici cheartroscopici.In alcuni casi è stata osservata unarelazione tra la sindrome ed alcunemalattie di interesse internistico,

quali: infarto del miocardio, polmonite, carcinoma bron-cogeno e mammario ed embolia polmonare. Una causafarmacologia di algodistrofia è rappresentata dall’assun-zione continua di barbiturici in pazienti affetti da epiles-sia. Solo in una piccola percentuale di casi la sindromepuò essere considerata idiopatica.Il meccanismo patogenetico alla base dell’algodistrofianon è stato ancora chiarito, anche se sono state ipotizzatenumerose teorie nel tentativo di spiegare lo sviluppo deisegni e sintomi peculiari della sindrome. Classicamenteviene considerata il risultato di una condizione di alteratamodulazione del sistema nervoso simpatico a vari livelli 2.Il quadro clinico è vario ed è influenzato alla sede e daifattori scatenanti; nelle forme post-traumatiche, la patolo-gia si estrinseca nella stessa sede dell’evento lesivo, men-tre nelle forme secondarie a patologie viscerali o a terapiefarmacologiche, la sede di elezione è l’arto superiore. Ilsintomo principale è il dolore, che è indispensabile per laformulazione della diagnosi ed è inspiegabilmente spro-porzionato rispetto alla lesione causale. La sintomatolo-gia algica è continua, spontanea o provocata 2.L’eliminazione della causa scatenante non permette laregressione del dolore, che anzi può acquisire caratteremigrante e coinvolgere le articolazioni vicine 4.In fase acuta, al dolore possono associarsi: edema,responsabile della limitazione dell’escursione articolare,ed alterazioni trofiche della cute (Tab. I).Le forme localizzate agli arti inferiori sono meno cono-sciute. In presenza di dolore continuo, inspiegabile, ilpaziente viene spesso sottoposto a differenti terapie,senza ottenere alcun miglioramento clinico e funzionale.

PAZIENTI E METODI

Al fine di valutare l’efficacia del blocco regionale endo-venoso con anestetico, tra il 2000 ed il 2002 presso laClinica Ortopedica dell’Università “Magna Græcia” di

Tab. I. Fasi dell’algodistrofia.

Fase acuta o calda Fase atrofica o fredda Fase dei postumi

Dolore intenso Dolore di intensità moderata Dolore spesso assenteImpotenza funzionale Impotenza funzionale Rigidità articolareCute calda, cianotica, sudata Cute distroficaEdema molle Edema duroIperstesia Comparsa dopo 3-4 mesi

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Catanzaro è stato realizzato uno studio longitudinale pro-spettico su 20 pazienti (15 uomini e 5 donne), con un’etàmedia di 52,3 anni, affetti da sindrome algodistrofica ditipo I ad un arto inferiore con la seguente distribuzioneanatomica: ginocchio (13 casi), caviglia (7 casi).Al momento dell’inclusione nello studio, tutti i pazientiavevano già effettuato un esame radiografico ed unaRMN. Quest’ultima risulta importante per un correttoapproccio diagnostico, in quanto permette di evidenziarel’edema midollare, segno patognomonico di questa pato-logia, caratterizzato da un iposegnale nelle sequenze T1-pesate ed un ipersegnale in quelle T2-pesate, presuppostifondamentali per una appropriata diagnosi differenzialecon la necrosi ischemica.Al momento della prima osservazione, i pazienti riferiva-no la persistenza di intenso dolore in sede articolare eperiarticolare ed impotenza funzionale di grado variabileda un minimo di 3 mesi ad un massimo di 5 anni.All’anamnesi, 10 pazienti hanno riferito un precedentetraumatico di varia gravità, in 7 casi la patologia è insor-ta dopo un intervento chirurgico artrotomico o artrosco-pico, in 3 casi, classificati come idiopatici, non è statopossibile rilevare alcuna causa apparente.A tutti i pazienti è stato chiesto di attribuire un valorenumerico all’intensità del dolore, indicato in una scalaVAS (0 → 10) ed è stato valutato il grado di impotenzafunzionale articolare. I risultati sonostati valutati utilizzando la schedaproposta da Roles & Maudsley 5.Durante le sedute terapeutiche, effet-tuate in regime di Day Hospital, èstato eseguito un blocco regionaleendovenoso, secondo la tecnicadescritta da Bier, con ischemia transi-toria, ottenuta mediante l’uso di uncosciale pneumatico posizionato allaradice dell’arto. Raggiunta la pressio-ne di 250 mmHg, si procedeva all’in-cannulamento di una vena perifericadel piede, successivamente la pressio-ne veniva aumentata fino a raggiunge-re i 400 mmHg, infine veniva effet-tuata una lenta infusione di 10 ml dimepivacaina al 2%. Dopo un tempomedio di 6 minuti, si procedeva allento sgonfiamento del cosciale fino araggiungere il valore della pressionesistolica, apprezzando i polsi periferi-

ci e attendendo una media di 4 minuti prima del rilasciocompleto del cosciale.In tutti i pazienti sono stati eseguiti 3 blocchi endovenosia distanza di tre giorni l’uno dall’altro. In nessun caso siè verificata l’insorgenza di complicanze tali da costringe-re il paziente a sospendere il programma terapeutico. Atale trattamento ha sempre fatto seguito un programma dirieducazione funzionale, basato soprattutto su tecniche dimobilizzazione attiva assistita, al fine di evitare il passag-gio alla fase fredda della sindrome algodistrofica e di pre-venire le complicanze ortopediche. Poiché il marginedella rieducazione funzionale è molto stretto, a causadella possibile insorgenza di rigidità se il lavoro è pocoefficace e a causa del possibile peggioramento della sin-tomatologia se le tecniche sono eseguite troppo “intensa-mente”, è fondamentale accertarsi che durante l’esecuzio-ne dell’esercizio terapeutico venga rispettata la “regoladel non dolore”.

RISULTATI

Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame radiografi-co, RMN e controllo clinico a 6 mesi dall’ultima sedutaterapeutica. Abbiamo riscontrato un risultato buono oeccellente nel 55% dei casi trattati, in 11 casi è stata otte-

A. Ammendolia et al.

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Fig. 1. Algodistrofia dopo chirurgia artroscopica del condilo femorale mediale (A). Controllo a 6 mesi (B).

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nuta la completa remissione della sin-tomatologia dolorosa e una normaliz-zazione del quadro radiologico (Figg.1A, 1B e 2A, 2B). Nel 15% dei casi laremissione clinica è stata solo parzia-le, mentre in 6 casi abbiamo osservatouna persistenza del dolore e dei segniradiologici di evoluzione della patolo-gia (Tab. II).

CONCLUSIONI

Dai risultati ottenuti ed in accordo conaltri AA., riteniamo che l’impiego delblocco regionale endovenoso nellacura della sindrome algodistrofica ditipo I può risultare vantaggioso, pre-scindendo dal principio attivo inietta-to. Infatti, l’effetto placebo, la com-pressione alla radice dell’arto o l’ane-stetico utilizzato sono elementi chepossono intervenire indipendente-mente ed in associazione, sull’evolu-zione della sindrome, soprattutto sesupportati da una precoce e costanterieducazione funzionale 6 7.La semplicità di esecuzione, il bassocosto sanitario e la compliance delpaziente (compresa la tollerabilità delcosciale pneumatico), rendono questametodica assolutamente comparabilead altre terapie mediche come l’utiliz-zo dei beta-bloccanti, dei calcio-antagonisti, della calcito-nina, dei bifosfonati, dei corticosteroidi, degli antidepres-sivi triciclici o di procedure invasive, quali: la simpaticec-tomia od il blocco del simpatico, di dimostrata efficacia.

BIBLIOGRAFIA

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Trattamento delle sindromi algodistrofiche dell’arto inferiore

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Tab. II. Risultati clinici.

Risultati Casi

Eccellenti (assenza di dolore, normale funzione articolare) 8 (40%)Buoni (dolore lieve al carico, normale funzione articolare) 3 (15%)Soddisfacenti (persistenza di dolore al carico, parziale impotenza funzionale) 3 (15%)Scarsi (dolore continuo anche fuori carico, impotenza funzionale) 6 (30%)

Fig. 2. Algodistrofia post-traumatica dell'epifisi tibiale (A). Controllo a 6 mesi (B).