ALGODISTROFIA 07-12-10 doc

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Mariconda: Lez. Del 07-12-2010 (ultima) ALGODISTROFIA. Def.: è una sindrome caratterizzata da dolore severo con iperpatia e allodinia (Allodinia: anomala risposta a stimoli normalmente non dolorosi; il soggetto avverte come dolorosi stimoli normalmente non dolorosi), disturbi vasomotori e alterazioni distrofiche (degenerative) della cute e degli annessi cutanei. (Bickerstaff e kanis, 1994) Accenni di fisiopatologia del dolore. Quando uno stimolo sensitivo (di qualsiasi origine) è particolarmente doloroso raggiunge il midollo spinale, determinando: 1. o una reazione superiore , mediata dai centri superiori 2. o una reazione spontanea (automatica) che è la reazione vegetativa ad un evento traumatico, un dolore, uno stimolo. 1.La paura non è uno stimolo: se ad esempio si ha paura di una persona che ogni volta che ti vede ti vuole bastonare, si cerca di non incontrarla. E’ chiaro che questa è una reazione mediata dal cervello. 2. Invece, quando voi vi fate male sul gas e vi scottate e retraete la mano, quella è una reazione automatica. Diap. 1:

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Mariconda: Lez. Del 07-12-2010 (ultima)

ALGODISTROFIA.

Def.: è una sindrome caratterizzata da dolore severo con iperpatia e allodinia (Allodinia: anomala risposta a stimoli normalmente non dolorosi; il soggetto avverte come dolorosi stimoli normalmente non dolorosi), disturbi vasomotori e alterazioni distrofiche (degenerative) della cute e degli annessi cutanei.

(Bickerstaff e kanis, 1994)

Accenni di fisiopatologia del dolore.

Quando uno stimolo sensitivo (di qualsiasi origine) è particolarmente doloroso raggiunge il midollo spinale, determinando:

1. o una reazione superiore, mediata dai centri superiori

2. o una reazione spontanea (automatica) che è la reazione vegetativa ad un evento traumatico, un dolore, uno stimolo.

1.La paura non è uno stimolo: se ad esempio si ha paura di una persona che ogni volta che ti vede ti vuole bastonare, si cerca di non incontrarla. E’ chiaro che questa è una reazione mediata dal cervello.

2. Invece, quando voi vi fate male sul gas e vi scottate e retraete la mano, quella è una reazione automatica.

Diap. 1:

Esistono delle reazioni di differente livello di complessità. In particolare, la terminazione afferente sensitiva, ossia il braccio centrale di quella cellula nervosa che porta l’impulso sensitivo all’interno del midollo spinale, va in sinapsi con un altro neurone, il neurone pre-gangliare, che è il neurone autonomico del sistema simpatico, situato nel corno intermedio laterale della sostanza grigia del midollo spinale, che

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esce con le radici anteriori del midollo spinale, e che va ad innervare gli effettori viscerali, e quindi, i vasi sanguigni, i muscoli piloerettori, le ghiandole sudoripare e i visceri.

Diap. 2:

Quando il recettore cutaneo registra una sensazione di tipo tattile, più o meno sgradevole, attraverso le terminazioni nervose di basso calibro (siano esse amieliniche come le fibre C o mieliniche come le fibre A-delta), il braccio afferente arriva al midollo, alle corna posteriori della sostanza grigia, e da lì entra in connessione:

- sia con dei neuroni che vanno al cervello per andare a formare quella che è la reazione superiore allo stimolo sensitivo;

- sia con altri tipi di neuroni: questi ultimi neuroni, che escono dalla parte anteriore del midollo spinale, sono sia neuroni somatici, che vanno ad innervare i muscoli, sia neuroni di tipo simpatico del SNV ,i quali innervano i visceri, i vasi sanguigni, le ghiandole e quant’altro. Quando si prova uno stimolo doloroso questi riflessi determinano, per esempio, il fatto che la parte intorno alla quale avete avuto lo stimolo doloroso diventi rossa, si infiammi, dal momento che è stata indotta una risposta di tipo vegetativo.

Diap. 3: distribuzione delle fibre somatiche (motorie e sensitive) e delle fibre vegetative (viscerali sensitive e motorie), afferente-sensitiva/efferente-effettrice.

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Non tutte le reazioni vegetative ad uno stimolo doloroso sono reazioni automatiche, consistenti solo nel fatto che i peli si rizzano, oppure che la pelle diventa rossa e la zona suda di più. Esistono anche delle reazioni vegetative più complesse come la tachicardia.

Abbiamo quindi capito che in seguito ad uno stimolo doloroso vi è una reazione vegetativa, di norma autolimitante. Se ad es. vi rompete una gamba, avrete sicuramente dolore che però piano piano passerà, facendo cessare la presenza di stimoli dolorosi. Immaginate invece, una condizione in cui avete una fonte di dolore cronico che crea un circolo di stimolazione vegetativa con la consecutiva produzione di mediatori chimici, (come chinine pro-infiammatorie, secrezioni neuronali), che tendono a mantenere questa iperattività vegetativa, finché il circolo vegetativo non si esaurisce e necessariamente si interrompe. Allora si passa da una fase di ipereccitabilità del sistema ad una fase di esaurimento.

Questa rappresenta una delle complicanze, in assoluto, più frequenti dei trattamenti in apparecchio gessato ed una delle complicanze più frequenti di tutta una serie di condizioni tra cui fratture non guarite, ictus cerebrale , ecc e che una volta si chiamava in varie maniere, tra cui Morbo di Sudek.

Il morbo di Sudek o algodistrofia (periferica) trae origine da una reazione normale, fisiologica dell’organismo ad uno stimolo doloroso e rappresenta una situazione consecutiva all’esaurimento della normale risposta allo stimolo doloroso, da parte del nostro organismo, fino al totale depauperamento di risorse dell’organismo ed esclusione funzionale di quel segmento.

Ovviamente, esiste un prerequisito perché si verifichi questa sindrome ed è rappresentato dalla cronicità del dolore, cioè dal fatto che permanga uno stimolo doloroso continuo. Come si può capire se un soggetto ha l’algodistrofia? Chi è il soggetto che può sviluppare un’algodistrofia?

Quello che caratterizza l’algodistrofia è la dispercezione, ossia un’anomala percezione sia qualitativa che quantitativa dello stimolo.

1. QUANTITATIVA:da iperpatia, ossia sente più dolore di quanto dovrebbe in relazione a stimoli dolorosi banali (un semplice pizzico è avvertito come estremamente doloroso);

2. QUALITATIVA: la dispercezione qualitativa consiste nel fatto che stimoli normalmente non dolorosi (es. tattile) finiscono per essere percepiti come stimoli di tipo doloroso e quindi, da stimolo inadeguato per allodinia, ossia differente interpretazione dello stimolo sensitivo, che viene erroneamente interpretato come doloroso.

Il paziente con algodistrofia ha un dolore esagerato rispetto alla fonte del dolore, cioè ha un dolore sproporzionato rispetto allo stimolo. Inoltre si associano tutta una serie di sintomi vegetativi come disturbi vasomotori, alterazioni distrofiche della cute, alterazioni distrofiche degli annessi cutanei (quindi, peli e unghie), quando colpisce i segmenti periferici.

Etiopatogenesi.

Diap. 4: Etiopatogenesi.

Traumi (fratture, distorsioni, lussazioni)( ingessate a lungo- non immobilizzate adeguatamente)

Procedure terapeutiche (artroscopie, by-pass arterioso, neurolisi carpo etc.)

Malattie (cancro, I.M.A., emiplegia, radicolalgie)

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Farmaci (fenobarbital, ciclosporina)

Idiopatica

Gravidanza (osteoporosi del III trimestre della gravidanza: estremità prossimale del femore. Tende a risolversi).

Sotto il profilo patogenetico l’algodistrofia può essere causata da moltissime situazioni.

Traumi : ad es., in presenza di un trauma di tipo fratturativo, oppure di tipo distorsivo:Sicuramente una distorsione di collo piede genera dolore, il fatto poi che l’articolazione non viene immobilizzata (erroneamente), fa si che si continui a camminare, col rischio di prendere un’altra distorsione, che genererà altro dolore fino a che la caviglia diventerà instabile.Altro esempio: frattura di Colles (all’estremità distale del radio) di una persona anziana trattata in maniera classica, con apparecchio gessato oltre il gomito con la mano ridotta ecc. Viene poi tolto l’apparecchio gessato e si inizia a mobilizzare il polso che diventa un pallone. Il fisioterapista dice: “ho fatto il guaio perché mobilizzando ho spostato uno dei frammenti di frattura”. Non è così. Il problema è che quella articolazione, immobilizzata in gesso per tanto tempo, è diventata rigida. La sua mobilizzazione fa si che partano degli stimoli dolorosi che determineranno quel circolo vizioso di cui sopra, e quindi l’algodistrofia.

Malattie . Altro esempio, l’ictus cerebrale: è un’altra condizione in cui si può innescare questo circolo vizioso determinando poi quella che è la famosa spalla congelata dell’emiplegico (o froozen-shoulder). Perché i francesi considerano questa un’algodistrofia ? Perché è chiaro che se io ho una paresi o una paralisi dei motori della spalla, quando la spalla viene mossa si sente un dolore enorme, e più la muovo più si sente dolore. Ciò scatena quel meccanismo di cui sopra.

Procedure terapeutiche . Ad esempio, procedure chirurgiche come l’artroscopia: quest’ultima può determinare un’algodistrofia del ginocchio. Così come un intervento di sindrome del tunnel carpale fatto con mano un po’ troppo allegra, con divaricazione un po’ troppo generose può determinare un’algodistrofia.

Farmaci . Ci sono alcuni farmaci come gli immunosoppressori che si usano per il trapianto.

Idiopatica . Ci sono poi forme di cui non si conoscono le cause, i meccanismi etiopatogenetici alla base.

L’algodistrofia è una sindrome che coinvolge i segmenti distali degli arti, cioè mano e piede(segmenti appendicolari). Probabilmente la condizione che più di frequente sta alla base di una sindrome algodistrofica, è la frattura di polso, che può determinare il quadro del morbo di Sudek (che praticamente è un sinonimo dell’algodistrofia periferica).

L’algodistrofia è una condizione che può coinvolgere anche altre zone del corpo non periferiche, come per es. ginocchio e anca; e ci sono alcune scuole francesi che includono nell’algodistrofia una serie di condizioni che in origine non erano considerate così (A.N.D.), come l’osteoporosi transitorie dell’anca.

Molto spesso queste sono forme cliniche in cui non c’è un’articolazione che viene esclusivamente coinvolta, ma sono migranti, cioè coinvolgono più articolazioni. Per es. la sindrome spalla-mano nell’infartuato(I.M.A.) o nell’emiplegico, sono sindromi algodistrofiche dolorose che possono coinvolgere di volta in volta spalla, gomito o mano e sono condizioni che finiscono determinare questo andamento

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migrante, che può coinvolgere vari segmenti. La frozen -shoulder viene considerata, come detto, da alcuni una condizione algodistrofica, cioè una localizzazione algodistrofica alla capsula articolare della spalla.

Topografia.

Topografia: normalmente interessati, precocemente o tardivamente, i segmenti distali degli arti. Lequeme (1968) inserì tra le A.N.D. le osteoporosi transitorie dell’anca.

Il fatto che l’integrazione centrale del dolore come sensazione sia così importante, addirittura, ha determinato la formulazione di alcune ipotesi patogenetiche sull’algodistrofia; ipotesi che sarebbero alla base di una riorganizzazione delle strutture nervose centrali, in quanto alcune forme di algodistrofia più evolute sono attribuibili come “deafferentation pain syndrome”(sono insicuro che abbia detto questo, ma è probabile, dice dario), cioè come quelle dell’arto fantasma dell’amputato.

Cioè, l’arto dell’algodistrofico che ha un problema di questo tipo: continua ad avere e a determinare degli imput afferenziali estremamente dolorosi, e ciò viene interpretato come un’esperienza sensitiva da rimuovere, proprio per questioni di rimodulazione del sistema di proiezione corticale dell’area colpita da algodistrofia, legata a questo imput sensitivo prolungato.

Queste sono cose non dimostrabili: sono stati fatti studi di attivazione con la PET Cerebrale di alcune aree corticali rispetto allo stimolo doloroso, ma le teorie rimangono tali.

Il concetto di algodistrofia è stato di recente rimodulato e ciò ha fatto sì che queste CRPS (sindromi dolorose regionali complesse) fossero divise in due categorie(di tipo 1 o 2):

La sistemazione nosologica delle algodistrofie fu effettuata nel ’95 in occasione di un congresso sul dolore negli Stati Uniti. Al termine di algodistrofia è stato preferito quello di Complex Regional Pain Syndrome di tipo I (algodistrofia), per differenziala dalla C.R.P.S di tipo II. (Stanton-Hicks et al., 1995)

Quale è la differenza tra l’una e l’altra?

Nel tipo I, ossia nell’algodistrofia, voi avete tutto ciò di cui abbiamo parlato sino adesso senza che vi sia una lesione nervosa periferica dimostrabile.

Nel tipo II, una volta in chirurgia di guerra chiamata causalgia, (era quello che si osservava negli arti amputati d’urgenza per ferite di guerra caratterizzate da tagli a nervi o tronchi nervosi) è invece presente una lesione nervosa che crea una fonte inesauribile di stimoli dolorosi [Causalgia: sindrome disreattiva neurovegetativa per ferite con perdita grossa di sostanza arto fantasma; CRPS tipo II: per alterazioni trofiche e neuropatiche del moncone come per l’algodistrofia].

Diap. 5: Meccanismo patogenetico ipotizzato.(teoria classica)

Noxa patogena →

→Attivazione fibre nocicettive afferenti →

→Arcoriflesso centri nervosi vegetativi midollari→

→Attivazione fibre nervose simpatiche post-gangliari, o rilascio antidromico mediatori locali fibre nervose somatiche→(teoria periferica Gate control)

→Vasodilatazione e aumento permeabilità vasale→

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→Vasocostrizione→

→Distrofia

Una noxa patogena determina l’attivazione delle fibre nervose simpatiche post-gangliari o il rilascio antidromico (significa opposto di ortodromico, ossia centrifugo) di mediatori chimici dalle fibre nervose sensitive (somatiche: Sistema nervoso periferico), ossia sostanza P e NO (nitrossido) (che normalmente non dovrebbero uscire), i quali sono attivi sul neurone simpatico nel provocare vasodilatazione. Quindi anche a livello periferico, ed è una delle teorie,per cui si può provocare un’algodistrofia.

La liberazione dei mediatori locali dell’infiammazione causa vasodilatazione ed aumento della permeabilità vascolare, cui però segue un esaurimento. Per cui da una situazione di attività eccessiva si passa ad una situazione di calo locale.

[Ciò interessa di più i tecnici ortopedici perché è inerente alla rimozione di un’ortesi o ad una protesi che calza male. In quest’ultimo caso si ha quindi un brutto fit sul moncone, il che stimola in continuazione le terminazioni sezionate provocando uno stimolo doloroso continuo. Ciò determina che la linea di demolizione ossea dell’amputazione va in preda ad un’algodistrofia rendendo l’amputato incompatibile con la protes]i.

Nota: inserisco qui alcune note estrapolate dagli appunti di Silvana collegate all’etiopatogenesi e alla teoria classica.

1. Non è mai stata dimostrata “sinapticotomia”

2. Anomala conduzione stimolo nervoso centrale e periferico

3. Stimolo di fibre “ridondanti” del dolore (oltre alle vie centrali) vedi Gate Control Theory

4. Substrato Primitivo o Secondario? Cioè, reazione al dolore cronico o….?

Diap. 6: Stadi di Algodistrofia

FASE DURATA SINTOMI SEGNI

I Fase Calda Settimane, Dolore spontaneo, Rossore, Edema, Ipertermia

fino a 3 mesi alla mobilizzazione ,

alla pressione.

II Fase Fredda o Distrofica Molti Mesi Dolore,ipersensibilità Cute Fredda e cianotica,

al freddo iperidrosi, Rx, osteoporosi

III Fase Atrofica 2 anni o più Attenuazione dolore Pelle fine, pallida, brillante,

atrofia sottocute e annessi,

rigidità articolare, rX, marcata

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osteoporosi.

Abbiamo parlato di una delle teorie patogenetiche dell’algodistrofia, dicendo che nell’algodistrofia si può identificare un rilascio antinfiammatorio delle terminazioni nervose periferiche e tutto questo era quello che consentiva di attribuire all’algodistrofia delle caratteristiche infiammatorie, cioè:

1. Fase I (fase calda): l’algodistrofia all’inizio sembra una condizione infiammatoria perché c’è edema, rossore, tumefazione, dolore e calore. Tutto ciò fa sembrare questa fase iniziale una risposta infiammatoria. La durata della prima fase della malattia è valutabile tra settimane e pochi mesi e in cui obiettivamente quello che noi osserviamo sono caratteristiche di edema e ipertermia. In pratica: la mano liberata dal gesso fatto, ad esempio, per una frattura di colles, diventa una specie di palloncino caldo e dolorosissimo tant’è che solo se la guardate fa male, e a un occhio disattento può sembrare una cosa inerente al fatto che la frattura non è ben consolidata, perché si tende a riprodurre un po’ quella che è la sintomatologia della parte iniziale, cioè i dolori che la signora aveva quando si è fratturata è come se si fossero cronicizzati.

2. Fase II (fredda o distrofica): nella seconda fase, si parla di fase distrofica, che è una fase più cronica e dura molti mesi; le caratteristiche di questa fase sono dolore e ipersensibilità al freddo. Ed è in questa fase che può essere ipotizzata l’attivazione importante del sistema nervoso vegetativo perché si può notare che in questa fase la cute è fredda e cianotica, che significa che c’è vasocostrizione e attivazione del simpatico. Ed è solo in questa fase che si vede l’osteoporosi. Le prime due parti sono necessarie nel decorso dell’algodistrofia, ma non è detto che dalla seconda parte (distrofica) si debba passare alla terza (atrofica). (anche perché la terza parte è la quella della continuazione anatomica, dove si eliminano alterazioni anatomiche secondarie a un danno nell’origine)

3. Fase III (atrofica): i soggetti in questa fase sentono dolore, hanno la pelle pallida, sudata, eccessivamente lucente; gli annessi cutanei tendono a cadere (peli, unghie), e le retrazioni articolari, che dapprima sono funzionali,dopo diventano strutturali perché c’è una retrazione dei legamenti e della capsula articolare e gli arti diventano retratti; così che è in questa fase che l’osteoporosi diventa marcatissima. (può durare 2 anni e più).

Quindi, i primi tempi della malattia sono caratterizzata da rossore, edema, tumefazione, ipertermia della parte affetta (segni dell’infiammazione), dopo alcuni mesi, invece, si passa ad una cute fredda, bianca, sudaticcia, e soprattutto si passa a quella che è la risposta ossea allo stimolo doloroso ossia un’osteoporosi localizzata, non diffusa, a chiazze, con zone più rarefatte di altre.

Questa fase normalmente regredisce spontaneamente oppure con terapia. Se non regredisce determinati tipi di alterazioni si strutturano, divenendo alterazioni anatomiche. Se ad es. ci troviamo di fronte ad un polso o a delle dita in preda ad un’algodistrofia, i tendini, le guaine tendinee, le pulegge di scorrimento dei tendini, andranno incontro ad una progressiva retrazione, determinando infine una deformità definitiva, dal momento che la fase atrofica è una fase non è più reversibile.

Mentre le prime due fasi della malattia sono caratterizzata dalla presenza di dolore, nell’ultima fase il dolore scompare, a causa dell’esaurimento del sistema nervoso vegetativo e delle afferenze somatiche.

[DISTROFIA = alterato nutrimento, alterato metabolismo di una zona.

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Una lesione distrofica non è una lesione necrotizzante. La distrofia non è la morte dei tessuti, indica invece un’alterazione della struttura di un tessuto in seguito ad es. ad un problema di cattivo afflusso di sangue. Se ad es. ad un muscolo riduco l’afflusso vascolare quindi il nutrimento, è probabile che questo muscolo e le sue fibre si affloscino, però non andranno in necrosi. La necrosi è quella che succede a seguito di un infarto del miocardio. Lì avrò la morte delle fibre muscolari, che si trasformeranno in tessuto necrotico amorfo, senza più forma dal momento che non c’è più organizzazione cellulare.

La distrofia può però rappresentare una fase preliminare rispetto alla necrosi: (come vedremo anche dopo)

Prendiamo in esempio la necrosi asettica della testa del femore. Prima dell’introduzione della RMN numerose anche “innocenti”, sono state protesizzate. Con la RMN si è visto che la testa del femore molto spesso è circondata inizialmente da una fase di distrofia che poi piano piano se ne va, lasciando solo la zona di necrosi, molto più limitata. In altri casi, invece,la distrofia può rappresentare il campanello d’allarme della necrosi asettica della testa del femore. 3 mesi: periodo minimo di attesa prima di operare per necrosi la testa del femore vs diagnosi di algodistrofia].

Diap. 7: Diagnosi strumentale

Radiografia → Osteoporosi loco-regionale punteggiata o “a chiazze” (osteoporosi tigrata)

Diagnosi strumentale.

Sotto il profilo strumentale quello che una volta rappresentava la metodica principale per l’algodistrofia era l’osteoporosi. Sotto il profilo formale parlare di osteoporosi in termini radiografici è un errore, perché la diagnosi di osteoporosi non viene fatta, generalmente, con la metodica radiografica (ma con la MOC). E’ chiaro che se aumento il voltaggio del tubo radiogeno faccio diventare l’osso osteoporotico quindi se non ho parametro di discrimine (per confrontare) non posso fare la diagnosi. Però se prendo una radiografia e la faccio bilaterale , ad esempio ai polsi e, a parità di esposizione, il polso dx è molto più decalcificato del sx, a quel punto posso dire c’è una penetrazione ossea (dei raggi) e non solo, posso anche notare differenze per quanto riguarda il polso e la restante zona dell’arto. Potrei avere, quindi, un cono d’ombra per le ossa dell’avambraccio, ma avere proprio una decalcificazione a livello del polso. Ma oltre a essere ridotta la densità della radiografia quello che caratterizza l’osteoporosi del soggetto algodistrofico è rappresentato dalle caratteristiche di irregolarità di questa osteoporosi, che non è omogenea come nelle donne in età post meno pausale (in cui il cono d’ombra non è localizzato). Cioè, quando avete un ginocchio osteoporotico e fate una radiografia comparativa del ginocchio vedete come l’articolazione osteoporotica sia fortemente decalcificata rispetto all’altro lato (in maniera omogenea).

Invece,se si osserva l’aspetto tarlato dell’osteoporosi di un’algodistrofia in fase avanzatissima, sostanzialmente c’è la sensazione come se l’osso fosse impallinato, chiazzato e non ci fosse una diminuzione di densità radiografica omogenea dell’osso.

Diap. 8: SCINTIGRAFIA TRIFASICA

FASE Flusso Sanguigno Precoce (Quantità) Ritardata (F.Statica)

FASE I

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FASEII N N

FASE III N

Come vi ho detto prima, la radiografia si utilizza solo tardivamente nell’algodistrofia, cioè non è precoce, noi invece possiamo utilizzare per diagnosi precoci invece la scintigrafia, che si basa sulla captazione di un tracciante come l’ostoblasta, radioattivo.

La scintigrafia è un esame di medicina nucleare, che serve per diagnosticare alcune patologie, ottenuto mediante la somministrazione di un tracciante radioattivo che consente l'evidenziazione, a mezzo di particolari strumenti (gammacamera), l'accumulo preferenziale del tracciante nel tessuto che si intende studiare. I traccianti utilizzati possono essere costituiti da soluzioni saline di radioisotopi o da specifici radiofarmaci costituiti da molecole farmacologicamente attive alle quali viene legato il radioisotopo.

Quella di cui si è proposto lo schema è la scintigrafia trifasica, che ovviamente studia 3 fasi : precoce, intermedia e tardiva.A noi non interessa tanto quello che possiamo fare con la scintigrafia, ma a noi interessa quello che possiamo fare con la risonanza magnetica nucleare, perché essa è diventata la metodica più specifica e più sensibile per una diagnosi precoce per l’algodistrofia.

Diap. 9: RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE

T1 T2

T1T2 con saturazione del grasso

T1 con gadolinio

La RMN ha però introdotto una serie di altri problemi che derivano dall’eccessiva sensibilità della metodica. Tutta una serie di diagnosi che si leggono sui quotidiani sportivi come microfratture ecc sono tutte figlie dell’epoca della risonanza perché la reazione dell’osso a un trauma è comunque una reazione di tipo edematoso quando il trauma è importante, cioè l’osso si riempie di liquido infiammatorio e questo liquido radiograficamente non si vede, ma con la risonanza si. Embè direte voi?

Il problema è che la risonanza vi fa vedere delle immagini che all’inizio sono incontestabilmente delle immagini patologiche, ma non sapete che succederà in futuro perché quella immagine patologica tipica che vedete può essere un’immagine che poi tende col tempo a scomparire e in quel caso ci sta tutta la diagnosi di algodistrofia. Ma ci può essere un’immagine che tende ad attenuarsi in quanto immagine di edema diffuso nella zona, ma una volta scomparso l’edema si rende nota una zona di necrosi, perché il grosso problema è che l’algodistrofia spesso presenta una lesione pre-necrotica dell’osso, cioè alcuni segmenti che stanno andando in necrosi,prima di farlo, hanno questo diffuso alone di sofferenza e di edema (che si vede dalla risonanza) dietro il quale si vede poi la zona di necrosi. Dunque la risonanza come problema ha posto il problema di andare a differenziare:- delle condizioni autolimitantesi del tempo -con condizioni che autolimitantesi non sono: anzi hanno prognosi severa, come la necrosi.

Ma la necrosi in una mano in un piede va bene, ma nell’anca? Il problema è che prima venivano fatte diagnosi di necrosi che erano diagnosi,in realtà, di algodistrofia (appena uscì la risonanza come indagine).

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Uscite le immagini si diceva sul referto: “necrosi in stadio iniziale”, quando in realtà era un’algodistrofia; così, si ripeteva dopo mesi la risonanza e non usciva niente. Questo vuol dire che la risonanza è fortemente sensibile, cioè permette di vedere in largo anticipo rispetto alla radiografia il problema davanti al quale ci troviamo, però bisogna differenziare in T1 e T2 le variazioni, per non incorrere con diagnosi troppo precoci di sbagliare diagnosi più lievi (algodistrofia) con diagnosi più severe (necrosi). Quindi queste variazioni t1 (↓ = si abbassa)- t2 (↑= si alza), sono specifiche un pò inutili (il prof. Dice: non vi sto a scocciare!). Mamostra un lucido su una situazione algosdistrofica post-contusiva di un’anca:

L’anca sembra una lampadina accesa rispetto all’altra Tendenza al miglioramento: cioè, spesso l’andamento è spontaneamente migliorativo.

Prof mostra un lucido sulle distorsioni di caviglia, ed è importante dire cosa significa trascurare la distorsione dell’articolazione sotto astragalica, (nel soggetto non immobilizzato) significa che si è sviluppata grande algodistrofia di astragalo e calcagno.

Diap. 10: Decorso.

!.Regressione spontanea 2.Stabilizzazione-lesione atrofica

1. Il decorso può essere positivo e si ha una regressione spontanea

2. oppure si stabilizza la lesione atrofica e si entra appunto in fase atrofica.

Interventi Terapeutici nell’Algodistrofia.

Simuliamo situazioni reali:

1. “secondo voi l’osso distrofico è resistente come quello normale? Quindi se ho l’algodistrofia al collo del piede carico o non carico?”.

Dite “carico controllato?”: è un po’ come il sesso sicuro.

Non deve caricare tutto, ma bisogna interrompere circolo vizioso; dunque l’arto algodistrofico deve essere caricato, ma un carico controllato, cioè apparecchio gessato o tutore, e così siamo certi che un po’ di sollecitazioni meccaniche sull’osso coinvolto vadano a ridursi. E poi è vero che il movimento è vita, e non c’è sindrome osteoporotica che va in soluzione, se l’arto non viene messo in movimento. Quindi per l’arto inferiore grosso modo la soluzione è questa.

2. Seconda situazione clinica: “soggetto con osteoporosi dell’anca che viene con una risonanza e la risonanza dice algodistrofia dell’anca, ma questo dice che ha coxalgia”.

“Lo facciamo caricare o no?”:esiste la necrosi post contusiva della testa del femore, è logico farlo camminare caricando, perché dovete fare “paro e sparo” di situazione clinica e ragionare per negativo, <<se avesse la necrosi della testa del femore prima o poi verrà fuori>> e,almeno in fase precoce, non gli crea problemi, quindi nella fase pre-diagnostica, non ancora certi della diagnosi, il soggetto con le dovute cautele e non con dolore esagerato, va fatto camminare.

3. Frattura di colles: “che facciamo se mano è un pallone e la frattura non è completamente consolidata?”. Se vuoi interrompere il circolo vizioso, non devi dare esercizi attivi perché la soglia dolore è individuale e puoi avere persone che come la tocchi dice “ahia”, e quindi che fai, dici “fottitene, fai esercizi attivi e io mi faccio altre terapie??”. Qua siamo in un’aula dell’università e

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non possiamo dire questo, allora secondo me quanto si deve fare di attivo lo faccia ma un po’ lo si deve spingere; poiché la persona che ha dolore muove sempre di meno e articola sempre di meno. Mobilizzazione senza paura quindi!

Le pseudoartrosi di frattura di colles sono rare, la mobilizzazione fatta bene non deve essere esagerata, con punto di presa fermo sull’avambraccio ma comunque mobilizzazione. Quindi tutte cautele si, ma carico su arto inferiore e mobilizzazione arto superiore, altrimenti non se ne viene a capo.

In generale: tutore protettivo (modello Walker), per consentire il carico, in quanto altrimenti l’osteoporosi non si risolve.

Controllo edema - che cosa fare? Il ghiaccio è una scelta razionale, come anche il massaggio drenante ma in una zona dolorosa se non è vero massaggio drenante si può accentuare il problema, per cui massaggio sfiorante o linfodrenaggio.

- L’algodistrofia si tratta col movimento . (cauto).

- L’edema è parte generante del quadro clinico dell’algodistrofia.

(La mano deve porsi sul livello del cuore -> ma quale mano???)

- . Utile il linfodrenaggio, come la terapia in acqua.

- La magneto in fase calda non è opportuna: no!

Tutto questo al fine di gestire l’edema.

Controllo dolore - si può adoperare l’elettroterapia antalgica cioè le T.E.N.S (T.E.N.S. = Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation, elettroterapia che sfrutta particolari impulsi elettrici che stimolano solo le fibre della sensibilità tattile situate proprio sotto la pelle.Gli impulsi nervosi così prodotti, attraverso i nervi sensoriali, risalgono verso il midollo spinale bloccando a questo livello “la porta di ingresso al dolore” così come spiega la teoria del processo Gate Control. Importante: modulazione di frequenze e tempi a seconda del tipo di dolore: acuto, frequenze alte x minor tempo; saltuario, frequenze e tempi medi; cronico, frequenze basse x tempi lunghi), oppure i bagni galvanici (elettroterapia antalgica, basata sull’uso simultaneo di acqua e correnti di tipo galvanico, correnti a basso amperaggio). Inoltre anche due bacinelle d’acqua calda e fredda (ginnastica vascolare) sono ottime per edema e dolore.

Se il problema non si è risolto, in seguito si adotterà la magnetoterapia (per il metabolismo osseo).

Anche i campi magnetici pulsanti sono utili per la mano.

Ancora: TECAR Terapia (TECAR: Trasferimento Energetico Capacitivo Resistivo, tecnica che stimola l’energia dall’interno dei tessuti biologici, attivando i naturali processi riparativi e antinfiammatori).

L’algodistrofia è una sindrome caratterizzata da una sintomatologia iperalgesica di tipo neuropatico. Come dicevo prima, la soglia del dolore è molto soggettiva, e quindi non ne venite a capo in questi soggetti se non si interviene sulle componenti comportamentali e cognitive. Cioè talvolta il dolore neurogeno è un dolore che viene mantenuto al di là di quelle che sono le componenti organiche del dolore. Per cui è inutile accanirsi ma è probabile che alcuni di questi ammalati abbiano bisogno di cure psichiatriche per venire alla cura, come

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inquadramento complessivo. Perchè in tutte le sindromi da dolore cronico l’esperienza dispercettiva del dolore cronico è fortemente provante; per cui per venirne a capo bisogna troncarlo anche farmacologicamente (Gabapentin o Lyrica perdolore neuropatico + antidepressivi).