Alessandro Russo

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ALESSANDRO RUSSO

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Mostra San Giovanni Catanzaro

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www.alessandrorusso.com

A L E S S A N D R O R U S S O

FONDAZIONE ROCCO GUGLIELMO

copertina 31-03-2011 18:46 Pagina 1

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A L E S S A N D R OR U S S O

COMUNE DI CATANZAROASSESSORATO ALLA CULTURA

16 APRILE 31 MAGGIO 2011COMPLESSO MONUMENTALE DEL SAN GIOVANNI

CATANZARO

WWW.FONDAZIONEROCCOGUGLIELMO.IT

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in collaborazione coN LA

galleria antonio battaglia. milano

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La mostra personale dell’artista Alessandro Russo, allestita all’interno del celebre Complesso Monumentale del SanGiovanni, curata da Gianluca Marziani, uno dei più autorevoli critici contemporanei operanti nel nostro Paese, si inseriscenel mirabile programma espositivo della Fondazione Rocco Guglielmo, istituto prestigioso per l’Arte contemporanea in Italia,che sta svolgendo un’azione eccezionale di promozione artistica e spessore culturale. L’Amministrazione Comunale ha inte-so ospitare nel suo magnifico spazio espositivo un catanzarese illustre che ha contribuito alle varie stagioni culturali dellaCittà con esperienza e lungimiranza. Ne è testimonianza il bellissimo affresco che da molti anni adorna uno dei saloni di rap-presentanza di Palazzo De Nobili.Con straordinarie capacità esecutive associate ad una preziosa luminescenza intellettuale, Russo ha materializzato fenome-nologie oniriche ed immanenti assieme, ha argutamente unito impegno civile, sociale e culturale riuscendo a prevedere, nelsenso di vedere prima, dinamiche esistenziali e sociologiche. Egli parla al popolo, proprio con i lessici di un popolo trasfigu-rato perché completato dalle fioriture poetiche. Le sue notevoli movenze e gestualità artistiche vengono insaporite da pre-gnanti caratterizzazioni di pensiero. Il suo vissuto, anche nella qualità di docente dell’Accademia di Belle Arti, diviene mate-ria di divulgazione, attualizzazione dei fenomeni, caratterizzazione esecutiva, trasferimento dei saperi. Sandro ama la suaterra, le cui positività ha esportato in Italia e all’estero dove ha conseguito importanti consensi e riconoscimenti.Personalmente, nelle mie varie esperienze istituzionali, ho ampiamente sostenuto i suoi progetti. Con questa sua intensamostra ha inteso un po’ riassumere la sue plurime stagioni che si ritrovano nei vagoni degli anni, con i bagagli assai ricchi esignificativi ricolmi di esperienze, avvenimenti, oggetti, dolori, gioie, sogni, vaghezze. Viaggi figurativi, paesaggi industriali estrutture suggestive, che si incarnano in connotazioni europeiste, una costante attività di ricerca, che viene a compiersi noncome ossessiva soluzione di mera performance – vizio assai diffuso nell’arte contemporanea – ma come missione di tipoestetico in cui si integrano bellezza e verità. L’amicizia che mi lega da oltre trenta anni a Sandro mi consente di vedere anchelo strato più sottile e interiore delle sue opere che mi pare il più prezioso.

Rosario Olivo, Sindaco di Catanzaro

L’evento espositivo “Alessandro Russo Umanità. Maschere. Luoghi”, promosso dalla Fondazione Rocco Guglielmo edall’Assessorato alla Cultura del Comune di Catanzaro, è dedicato ad un artista, figlio di questa terra, la cui vita quotidiana eprofessionale è intrisa di arte allo stato puro.Il maestro Russo, oltre ad insegnare un’antica professione come l’arte della decorazione, è da tempo un pittore consacratoe ben considerato da diversi galleristi nazionali ed europei.In questa occasione, grazie al suo talento e alla sua creatività, sicura e coerente per quello stile inconfondibile, diventa “pro-feta in patria” e debutta nel prestigioso Complesso Monumentale del San Giovanni.Nel panorama della pittura contemporanea, da tempo impantanatasi nella palude dell’imitazione, Sandro Russo, cha ha sem-pre dimostrato originalità e tecnica personale, ha elaborato, nel corso degli ultimi anni, narrazioni e ampie notazioni che pren-dono spunto da quelle particolari emozioni che l’artista riesce a trasferire con abilità sulle tele.Oggi più che mai, per contribuire allo sviluppo del nostro territorio, la Calabria e Catanzaro necessitano di un approfondimen-to critico sull’opera di alcuni artisti che non sono minori rispetto alla cultura contemporanea e meritano, pertanto, di aggan-ciarsi alle reti lunghe della comunicazione e della visibilità.La mostra di Russo al San Giovanni rappresenta, pertanto, un evento che soddisfa un desiderio di “produzione culturale”(intesa nei termini di arricchimento intellettuale e di riconoscibilità professionale), l’accrescimentodel “sapere” artistico, la continuità dell’offerta culturale nella nostra prestigiosa struttura espositiva.La mostra, sono certo, garantirà un sicuro effetto scenografico e un rilevante spessore culturale, capace di tracciare la nar-razione di un pittore che conferma la sua contemporaneità e che indica – come scrive Gianluca Marziani – “…un percorsoumano e creativo… …’dentro Catanzaro’… …’oltre Catanzaro’…”.

Antonio Argirò, Vice Sindaco e Assessore alla Cultura

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La Fondazione Rocco Guglielmo raddoppia. Dopo aver dedicato l’apertura ufficiale a gio-vani talenti italiani, attratti dalla “Costante Cosmologica“, la formula ripudiata di Einsteinche poi è diventata "l'equazione di Dio", adesso è la volta di un artista calabrese di gran-de livello come Alessandro Russo. Non c’è alcuna contraddizione o contrapposizione traquesti primi due eventi che, a ben guardare, si integrano. L’arte contemporanea continuaad essere di casa a Catanzaro, capoluogo di Calabria, attraverso le iniziative dellaFondazione Rocco Guglielmo, esempio illuminato di come i privati possano, insieme alleistituzioni pubbliche, promuovere eventi che producono cultura, economia e immagine.Sono profondamente consapevole che ogni investimento in cultura sia ad alto redditopoiché contribuisce a stimolare idee, emozioni, visioni. La Calabria dispone di tesori stra-ordinari che ogni giorno si arricchiscono di nuove perle come questa mostra diAlessandro Russo, ospitata nel complesso cinquecentesco del San Giovanni diCatanzaro, oggi tornato a rivivere nel suo antico splendore.

Forme e colori di un altro tempo. Le cui origini forse risalgono a quando i telai tessevanovelluti che venivano spediti, via terra o più spesso via mare, sulle rotte dei quattro ventidell’immenso impero spagnolo, su cui non tramontava mai il sole. Quel sole che si avver-te anche di notte sui recenti panorami industriali o sulle primitive rappresentazioni di unpotere che si riduce, giustamente, alla parola: umana o di Dio, insieme o viceversa.Perché tutto il resto, compresa la forza e i confini, venne dopo. E rifrangenze berlinesi, nelsenso di sintesi estrema della contemporanea creatività, fanno capolino, qua e là, tra glisquarci. L’uomo è sempre più solo nei supermercati? Le atmosfere sono inevitabilmentespettrali, con lo sfondo delle carrette del mare? E quando mai fu diverso? Possono solocambiare gli oggetti e lo sfondo, mai la sostanza. E dall’orrore che incombe, AlessandroRusso si sofferma sulla tanta bellezza che ancora rimane. E' un messaggio di speranza,un sentiero luminoso che viene attraversato da un guerrigliero della luce, consapevoleche l’arte fotografa e supera, contiene e disperde, emoziona e respinge. Un pulsare dipassioni trabocca a volte dallo spessore delle tinte, dalle pennellate furtive, dalle dimen-ticanze esibite. E che dire di quelle maschere, metafore inevitabili di una condizione fintroppo umana? Gli intellettuali della Calabria vera colgono sempre nel segno anche quan-do parlano d’altro. Come fa anche Rocco Guglielmo: due termini che indicano entrambinomi e cognomi, che si alternano e si fondono per indicare questo epigono illuminato deifasti dei Ruffo e dei Carafa, dei Pignatelli e dei Serra di Cassano. A testimonianza che l'ar-te attuale, quella che scuote e rinfranca, non può che prendere forma da attitudini anti-che che si respirano ancora nell’aria. Un'aria che solo i superficiali giudicano immobile,perché non guardano all'apparenza, ma che invece sta velocemente anticipando prima-vere di rivoluzione. A 150 anni da un'Unità più esibita che reale, eppure necessaria evibrante, è un bel viatico per affrontare gli altri decenni, alcuni dei quali saranno buonialtri meno buoni, ma tutti scanditi dalla lieve consolazione dell'arte. E allora: "BenedettaCatanzaro", che riesci a suscitare tante infinite magie.

GIUSEPPE SCOPELLITI, PRESIDENTE DELLA REGIONE CALABRIA

MARIO CALIGIURI, ASSESSORE ALLA CULTURA DELLA REGIONE CALABRIA

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E’ con vero piacere che saluto questa nuova iniziativa della Fondazione RoccoGuglielmo che, dopo la collettiva d’apertura, rivolge la sua attenzione alle alle-gorie di Alessandro Russo, da anni protagonista della scena pittorica nellanostra città. In un momento di così diffuso fermento culturale vissuto dalla real-tà catanzarese, con mostre importanti e iniziative di assoluto prestigio, è signifi-cativo e meritorio che la Fondazione voglia oggi guardare a uno dei pochi artistiche hanno scelto di restare in Calabria. Qui Russo continua da tanti anni la pro-pria ricerca, non senza frequenti escursioni nei più ampi circuiti milanesi dell’ar-te contemporanea. Qui la Fondazione di Rocco Guglielmo ha inteso intraprende-re con entusiasmo un percorso coraggioso, improntato alla promozione dell’ar-te e della cultura. L’auspicio è che le loro non siano esperienze isolate, ma ilsegno di una crescita costante e di una maturità culturale, alle quali sono certahanno contribuito gli sforzi e l’impegno di questi anni da parte dell’amministra-zione provinciale di Catanzaro, che ha visto e vede proprio nella cultura la chia-ve di volta per un riscatto sociale ed economico del suo territorio.

WANDA FERRO, PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI CATANZARO

E siamo al secondo appuntamento espositivo della Fondazione.Questa volta è di scena un pittore catanzarese nonché grande amico:Alessandro Russo.Per la Fondazione, seguendo lo spirito dei suoi programmi, significa aprirsi ad unartista sì locale per appartenenza geografica eppure universale per linguaggioespositivo. Un autore nel solco della figurazione classica ma di viva contempora-neità per la forza del gesto pittorico e delle tematiche affrontate.La mostra raccoglie circa ottanta opere, frutto di un viaggio trentennale di inten-sa sperimentazione, sintesi dell’artista solido e prima ancora dell’uomo leale,intellettualmente curioso ed intraprendente ma, soprattutto, coraggioso a nonabbandonare questa terra, difficile e al contempo piena di stimoli. Un uomo cheda sempre vive a Catanzaro rimanendo proiettato, per attitudine e visione, in unadimensione extraterritoriale.La mostra vuole riconoscere in forma istituzionale il ruolo di Alessandro Russo,coerente e rigoroso nel suo amore per la pittura. Una mostra e un catalogo chefanno il punto su una lunga carriera e che, di fatto, pongono la Fondazione comepunto di riferimento per gli artisti territoriali che dimostrano valori e crescita: dauna parte celebrando autori con lunghe storie, dall’altra supportando giovani inpiena formazione culturale.L’augurio per i giovani è di correre senza pensare a cosa ci sia alla fine dellacorsa, assaporando l’emozione che si prova nel correre: perché ciò che infondeforza ai sogni resta il desiderio di poterli realizzare.

Rocco Guglielmo

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ALESSANDRO RUSSO. FISICO E METAFISICO ALESSANDRA REDAELLI

L’edificio incombe sulla scena e la occupa quasi completamente. E’ una presenza assertiva e totalizzante. Il sensodi minaccia è inequivocabile, come una voce sorda in sottofondo. Il ruggito sommesso di una bestia che nessunoriuscirà mai completamente ad addomesticare. Emanano vita quei muri bruni e fumosi, pulsano sottopelle queisilos lucidi, non solo in virtù della luce che vi batte sopra, ma quasi per un loro silenzioso trasudare. Il respiro delmostro è lì, sotto gli occhi di tutti. E’ un respiro greve e rantolante, fetido e pestilenziale. Sta oscurando il cielo, staammorbando l’aria e fra poco avrà talmente saturato la scena da rendere i dettagli indistinti e confusi.Alessandro Russo è un pittore modernissimo dalla sapienza antica. Pochi colpi di pennello assestati con una peri-zia sbalorditiva gli bastano per raccontare il male oscuro del mondo, la sua fame avida e insaziabile nella quale ècontenuta, inesorabile, la sua fine. I colori sono materici, ruvidi, di una consistenza pastosa e carnosa che invitaa toccarli, a passarvi i polpastrelli, a saggiarne la morbidezza per conservarne qualche traccia sulla pelle. Sonocolori pieni di fuoco anche quando Russo sceglie una tavolozza fumosa e sottotono. Il fuoco arde sotto la cenere,è vivo e percepibile. E’ il fuoco di chi vive la pittura in maniera istintiva e selvaggia. Come una passione molto fisi-ca. Qualcosa che va al di là del pensiero razionale, lo attraversa ma lo travalica. Anche quando – come nei lavoripiù nuovi – lo spazio pittorico prevede un ordine, una scenografia precisa, una netta scansione di spazi in volumie geometrie, il fremito resta lì, sottopelle. Anche in questa fase recentissima, per certi versi più pacata rispetto alpassato, in cui il pittore sembra essersi deciso per una direzione che si potrebbe definire metafisica, con esiti, incerti lavori, addirittura hopperiani: spazi vuoti e inquietanti che si aprono tra quinte piene di echi misteriosi.Da queste terribili visioni industriali l’uomo è assente. Inutile orpello di una civiltà delle macchine oramai comple-tamente autosufficiente. Dell’uomo c’è tutta la scriteriata arroganza, in quei mostruosi complessi di cemento eacciaio, così come porta la sua firma quel cielo gravido di polveri irrespirabili. Ma forse – viene il sospetto – l’uo-mo non è più oramai che lo sciagurato artefice del mostro. Russo è andato oltre, in un futuro mondo post-umano.Distrutto dalla sua stessa folle e disperata corsa tecnologica, soffocato dall’aria che lui stesso ha reso tossica,l’uomo è passato, estinto. Ora il mondo appartiene a quei pachidermi monumentali, immobili e sbuffanti.Questa è la tappa più recente del lavoro dell’artista. Della sottilissima analisi antropologica che ha contraddistin-to tutta la sua carriera. All’inizio, lo sguardo di Russo era saldamente ancorato sull’uomo, quell’uomo oggi caccia-to dallo spazio della tela. I suoi ritratti di una decina di anni fa erano capolavori di arguzia conditi di una grassa,carnevalesca risata. I visi, costruiti per piani solidi seguendo una rassicurante rassomiglianza, di colpo scartava-no, deragliavano per esplodere da un lato, rapprendersi in un mostruoso tumore oppure appuntirsi in un beccorapace dall’aria attonita o scomporsi in un’oscena linguaccia. La mente correva al Sonno della ragione racconta-to da Goya, alle disperate solitudini dipinte da Bacon, in questo caso, però, profondamente radicate dentro unaconcretezza squisitamente italiana. Il politico, il prelato, il magistrato con tanto di toga diventavano mascheregranguignolesche. E il colpo da maestro dell’artista stava nel gioco di sponda, nel suo modo sottile di suggerireche non di maschere si trattasse, ma, al contrario, del definitivo smascheramento, del disvelamento spietato deipiù oscuri e inconfessabili moti dell’anima.Come un regista che stacca dal primo piano e allarga la scena, lentamente Russo ha ampliato l’inquadratura, coltempo si è allontanato dai suoi soggetti che hanno finito per rivelarsi i personaggi di una grottesca pantomima.Uomini in maschera, fanciulle seminude, cavalli, ibridi umani e animali sono diventati i protagonisti di fantasmago-riche parate in bilico tra sogno e incubo, tra Commedia dell’Arte e suggestioni felliniane, in uno dei periodi più pro-ficui, ricchi e luminosi della carriera dell’artista. Non c’è allegria in questa febbrile folla danzante, la sensazione èpiuttosto quella di una frenesia compulsiva, di un ottuso, animalesco aggregarsi a un rituale orgiastico senza vitané piacere. Le scenografie sulle quali si muovono questi attori disperati vanno, piano piano, nel tempo, animando-si di edifici. Prima qualche piccola costruzione appena accennata e poi, tela dopo tela, le fabbriche.Oggi sono loro le protagoniste. Viste di fronte – come se avessimo il coraggio di affrontare il mostro faccia a fac-cia – oppure dall’alto, in splendide vedute aeree. Oggi siamo alla cacciata dell’uomo. Resta solo da domandarsi,con un po’ di timore, che cosa ci riservi il futuro.

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Un artista autentico DOMENICO PIRAINA

C’è, a noi contemporaneo, un uomo nato sotto il voluttuoso cielo della Ionia; un artista autentico, colto, cheben figura in questo mondo di Apelle frequentato da troppi filosofi, sociologi, esteti bramosi di essere – esoprattutto di essere considerati – artisti.Russo non ha mai tradito la vocazione congenita – quella di una immaginazione visionaria e magica – asse-gnatagli dal destino.L’ha assecondata, con il duro e costante studio del disegno e della forma. Non era Ingres a dire che “le des-sin est la probitè de l’art”? Ha fatto si crescere e maturare quella smisurata e debordante immaginazione pri-migenia ma l’ha ricondotta nell’alveo razionalista della tecknè, mirabile impasto di fantasia creatrice e di rego-le umane – troppo umane – poste, queste, a ultimo baluardo tra Dio e l’artista.Tecknè che, in tempi superficiali come spesso sono questi che ci sono stati dati da vivere, viene equiparataerroneamente all’ empeiria, cioè alla “semplice” abilità operativa, quando invece essa è si “saper fare” – esarebbe già molto – ma è anche episteme, cioè conoscenza dei principi generali.L’artista vero dunque è colui che compartecipa sia dell’empeiria sia dell’episteme e non si dà arte se entram-be non siano compresenti.Percio’ Russo ha lottato per piegare la materia almeno un poco ai suoi voleri nella consapevolezza dellanecessità di tale lotta: sottrarsi ad essa non si può, se si vuole essere artisti veri e non sedicenti tali. Comeogni artista, sa che la battaglia è impari e che alla fine sarà comunque persa: Prometeo insegna.Ma questo è un bene perché così l’arte non morirà mai.Russo conosce la fatica e la disperazione e l’avvilimento e lo sconcerto di non riuscire a tradurre completa-mente sulla tela l’intenzione propria ma quando vi riesce, la vita cambia, diventa vita vera perché si concre-tizza nel creare, ma creare davvero, con onestà, in maniera pulita e proba perché ha rispettato la tecnica pit-torica, la composizione, la teoria dei colori, il disegno…Ha trascorso tanto tempo lontano dalle ondate concettualiste e poveriste, chiuso nel suo studio catanzaresead interrogarsi: tradire o no la storia, la memoria, la tradizione, valori che sembravano non offrire soddisfazio-ne alcuna? Uomo solo, ha percorso notti e giorni nell’incertezza. Ma ha resistito, non ha mai tradito la suavocazione (grande peccato sarebbe stato!!!) né ha tradito la sua storia; la nottata doveva passare, ed è sortoil giorno in cui tutto appare chiaro.Archiviate le stagioni delle grandi battaglie ideologiche, oggi , in questo pianeta globalizzato, c’è spazio ancheper gli artisti figurativi, per la bella pittura, per l’empatia tra artista e osservatore.Si profila un orizzonte in cui si sente il bisogno di tornare alla genuinità, alla terra, alla storia, alla coerenza,forse alla verità; si è stanchi di sovrastrutture, di raffinatezze tanto estreme da non essere intellegibili, di este-nuate e sterili discussioni che sanno di falso.Dopo tanto tempo, è arrivato il mondo agognato da Alessandro Russo, in cui l’ironia di molte sue visioni meta-morfiche (vescovi, alti magistrati, comizianti…) racconta molto di più di tante sofisticate analisi psico sociali.Per interpretare la sua opera, alcuni critici sono ricorsi a Goya e a Bacon. Pur reputando sufficientemente per-tinente il richiamo, resta da sottolineare che esso è valido a condizione di non essere interpretato, riduttiva-mente, alla stregua di un pedissequo citazionismo. Siamo nani sulle spalle di giganti e un uomo colto comeRusso non può non confrontarsi con la lezione di coloro che hanno indagato, con uno scandaglio da anatomo-patologi, le profondità oscure dell’animo umano. Russo compie anch’egli questa operazione chirurgica dolo-rosa e inquietante ma necessitata dalla funzione stessa dell’arte che mira a comprendere la vita, anche – eforse soprattutto – quando si nasconde negli antri più inaccessibili dell’Umanità.Etica ed estetica nella biografia storica di Russo, sono sempre andati a braccetto e questo connubio è perce-pibile con chiarezza nella sua opera. Non vi è dissociazione tra il dire e il fare: l’integrità spirituale ed artisti-ca è la cifra del travaglio di Russo.

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LA POETICA DELLA PRESENZA VISIVA LUIGI TASSONI

Chi ha letto il romanzo di Rohal Dahl, La fabbrica di cioccolato, ricorderà la pagina in cui Charlie ogni mattinapassa davanti alla fabbrica e la trova «formidabile e meravigliosa». Credo che tutta la pittura di AlessandroRusso, che dagli anni Settanta fino ad oggi, ha combinato e intrecciato precisi filoni tematici, mostri a chi laguarda con attenzione proprio la meraviglia e il formidabile. Partiamo dalla fine del percorso, ovvero dai piùrecenti dipinti che hanno come soggetto delle fabbriche, delle spaventose, infernali, ingombranti e familiarifabbriche. Esse rappresentano una grande lezione di pittura perché dimostrano come la memoria, nel bene enel male, sarebbe fragile se non ci fosse una solida percezione del presente, come accade di fronte a questivolumi allineati, coni laminati, cilindri infocati, superfici di cisterne, torri fumanti, blocchi ammassati, cioè difronte a questi enigmi che ci diventano familiari perché sappiamo che racchiudono nel loro ventre un lavoro,una necessità, una profondità «di strani sibili e ronzii», là dove non è indispensabile traccia d’uomo, fra cielisporcati dal grigio, sabbie morbidamente distese, limpidi specchi d’acqua che riflettono la sagoma degli edi-fici, dei boiler, delle scale, delle ciminiere, delle minuscole finestre. I mostri sono sopravvissuti a tutto, nell’eratecnologica, e respirano fra rosse fiammate e inquietanti vapori neri. La pittura li inquadra dall’alto, dal basso,frontali, di tre quarti, nella loro interezza, nel loro essere l’anima nera ma anche la richiesta assoluta per i desi-deri del mondo. Essi sono presenti e indistruttibili, come una delle mie scuole che, undicenne, guardavo quasifosse uno straordinario regno inesplorato di cunicoli e tranelli, al di là della sua superficie di imponente exconceria di pellami; e come le severe fabbriche di tessuti, che per quindici anni incontravo lungo la mia stra-da sull’appennino toscano. I mostri presenti e indistruttibili hanno un’architettura composita e incomprensibi-le, contorta e misteriosa, come la coscienza umana. E’ questo il punto in cui l’invisibile dell’uomo si fa visibi-le, si rende percepibile ad occhio nudo, e sempre incomprensibile nella sua esteriorità, nella sua apparizioneai limiti delle città, insinuati nelle periferie, centro di aggregati e agglomerati.Le fabbriche di Russo non sono né grattacieli, né case, né paesaggi, né nature morte; non sono le ciminieredi Boccioni, né le cisterne di De Chirico, né le scatolette di Morandi, ma derivano da quella grande lezione dipittura e la portano molto al di là delle attese. Le fabbriche sono circondate da un silenzio, anche se noi imma-giniamo che dietro il rosso fuoco e il grigio fumo vi sia, in natura, il rumore agghiacciante delle macchine.Alessandro Russo vede per noi questo mondo di apparizioni dall’esterno, come l’estrema resistenza di unasopravvivenza. O come se la presenza umana fosse stata sostituita da questi mostri immortali che sono tene-ri e terrificanti allo stesso tempo. E in un tempo e in uno spazio che ci impongono costantemente la domanda:dove siamo?Se su un diverso piano pittorico il Novecento ha visto prove sofferte come quelle di Francis Bacon che mani-pola, contorce e assembla il corpo umano eleggendolo a ossessione emblematica, o d’altro canto la pitturad’oltreoceano ha ripreso la staticità di spazi, corpi e gesti in una ferma e nitida istantanea del momento(penso, è ovvio, a Edward Hopper), qui da noi rari sono gli esempi di continuità ossessiva d’uno spazio fisico,uno spazio irrappresentabile, che somiglia alla percezione visiva e psichica del reale, ma se ne discosta contrasgressione inventiva. Accade tutto questo nella pittura di Sandro Russo, che per sua natura coniuga uni-versi inventivi distanti fra loro, e lo fa nonostante l’insufficiente attenzione della critica d’arte.Quando i linguaggi dell’arte si servono con grande fantasia dei materiali i più vari, sul genere delle installazio-ni, allora su un altro versante la pittura materica, che pone se stessa e i propri spessori cromatici e i propriluoghi come linguaggio “forte”, certo dimostra una sorta di avanguardia della grammatica pittorica, e di aper-tura del linguaggio stesso.Quella di Russo è una pittura di inquietudini insaziate, una poetica della presenza.E adesso proviamo a percorrere, via via andando a ritroso, fra gli altri cicli dell’immagine di Russo.

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E torniamo al ciclo dei Ritratti traditi, che ho già altre volte ricordato anche nella splendida mostra dell’Istitutofrancese di Firenze nel 2003. Anche in queste meravigliose sovrapposizioni di materia pittorica sopra la leggi-bilità della figura umana, l’artista vince il limite della somiglianza, e segue un suo personale démone che nondà pace alla forma. Ogni ritratto è una somiglianza e una trasformazione, una pericolosa trasformazione cheporta a manipolare la figura umana fino a un punto estremo che è ancora lontano dal punto estremo in cui ilpittore folle del Capolavoro sconosciuto di Balzac copre una forma riconoscibile mediante una materia infor-me, e se ne salva solo un meraviglioso piede cesellato. Se non arriva a questa follia l’immagine di SandroRusso, pure gioca sulle somiglianze e le riporta al loro status di maschere, di presenze, di personaggi. Conquesto tratto caratteristico del linguaggio del pittore catanzarese siamo arretrati fino ai primi anni Novanta eprima ancora, ovvero ai dipinti, olii, acquerelli e tempere, di creature umane sì ma zoomorfe, sulle quali agi-sce una sorta di lente rivelatrice. Non come la pozione della maga Circe che trasforma gli eroi in maiali, no.Piuttosto come apertura psicologica sull’animalità dell’uomo, e del suo caratterizzarsi come qualità specifica,in una sorta di bestiario umano, che naturalmente è ironico. Come se il confine sottile fra uomini e bestie nonfosse che una convenzione, e come se un velo sottile nascondesse il vero animale che è nell’uomo, fino a spin-gersi al demonismo.In Russo lo si comprende come in quel romanzo straordinario di Tommaso Landolfi che è La pietra lunare, nelquale l’ignaro protagonista viene condotto nel mondo nascosto, visionario e visibile delle figure mezze bestie,o creature demoniache, che appartengono ad un regno infero, non tanto malvagio quanto regolato da normediverse dalle nostre. La trasgressione ci fa risalire agli inizi della pittura di Sandro Russo, fra gli anni Settantae gli anni Ottanta, dominati da olio o acquerelli, anche di grandi dimensioni, popolati da cortei pagani con pre-lati, o strane processioni di viandanti in fila indiana. Questo ammasso e questo sgomitare di nudi, di questuan-ti, di unicorno, di cavalli, di volatili e cani, appare come una folla impegnata a non dare respiro allo spaziovuoto, a certi cieli rosei morbidi e spiagge gialle, come si sarebbe vista nell’esuberanza di figure delle granditele del Seicento. Danze, comparsate, comizi, clownerie, fiumi di volti e gesti come dannati che sfilano via,mentre alle loro spalle spuntano resti di muraglie e rovine, tanto da ricordare l’impostazione scenica diPoussin, dove si confronta il mito con la sua impossibilità, là dove Russo confronta la menzogna, il trucco, lamascherata, l’intrigo, la chiacchiera, con la vanità del tutto, con l’inutilità dei riti sbugiardati del nostro presen-te. Per arrivare a tanto occorre un segno netto, un disegno abile d’insieme e nei particolari, e un’ampia per-cezione del colore che mette in luce, figurativamente, la caoticità del mondo. Ma se retrocedo con la memo-ria fino ai primi anni della pittura di Russo, mi trovo davanti a un piccolo quadro, un acquerello che possiedodal 1981, che raffigura un adolescente a braccia aperte intorno a cui danza una creatura dalla pelle chiara, el’occhio decisamente posato sul ragazzo, fra oggettini lasciati cadere tutt’intorno.E’ un dipinto significativo a cui sono molto legato e che ha accompagnato tutte le epoche della mia vita conimmutato fascino. In questo piccolo quadro vi è il mistero, la profondità nascosta, l’apparenza del gesto, e uncolore deciso, sebbene sia acquerello, che scivola lungo il proprio immediato disegno. La storia è tutta qui:complessa ed elementare allo stesso tempo.In questo momento dell’esperienza di Sandro Russo, che coglie la consapevolezza d’un linguaggio personale,il sogno continua ad occhi aperti con i paesaggi marini di paesi di pietra che abbracciano le acque, come gliavvistamenti improvvisi dei racconti di Conrad, e con velieri che saettano fra acque turchine. Anche qui, ades-so che siamo ritornati là da dove eravamo partiti, l’importanza formale dei toni, delle sagome, dei volumi, tuttamateria centrata in primo piano, con una tavolozza ricchissima, deve fare i conti con quell’informe, tra cielo eterra, che preme sul visibile, che ci abbaglia felicemente, che dai bordi ruba la scena alla logica di un ogget-to riconoscibile, una vela, un paese disteso, una spiaggia pietrosa, una serie di volti, stoffe, sguardi, profili.

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GIANLUCA MARZIANI

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UMANITA.MASCHERE.LUOGHI.

Tracciare la mappa di un lungo percorso in cui l’artista ha viaggiato, tappa dopo tappa, versoisole e lidi d’approdo, verso storie personali e sociali, verso rotte italiane che appartengono adimmaginari di lotta e conquista, quotidiano e sogni, critica e ragion pratica. Eccomi davanti alviaggio pittorico di Alessandro Russo: artista dentro Catanzaro, dentro la narrazione universa-le di una Calabria che immaginiamo tra ipotesi e tesi, ragione e sentimento. Una terra ferita maindomita di cui troppe volte ci arrivano esili tracce o spessa retorica.

Tracciare un percorso umano e creativo…

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Dentro Catanzaro.

Perché il nostro viaggio parte da una riflessione “dentro” lo stomaco del territorio, da un legame viscerale che il nostroautore instaura coi suoi spazi elettivi e generativi. Non possiamo e non dobbiamo sottovalutare il genius loci che inci-de sul modus della visione creativa, si tratta di linfa endogena che cambia la prospettiva stessa del dipingere. Russoha lottato coi fantasmi della fuga, resistendo (e facendo) per mantenere un proprio studio a Catanzaro, seguire le vicen-de sociali della città, insegnare in Accademia a generazioni di studenti. Il suo humus è radicato nel centro storicocatanzarese ma anche nei lidi, nel vento che traccia linee invisibili tra Jonio e Tirreno, nei porti industriali e nel degra-do che non vorresti, nella bellezza nascosta o esibita, nella natura impervia e selvaggia, nel ponte in cemento armatoche è una specie di mano aperta tra le montagne… indelebilmente dentro un territorio, nel suo organismo vivo e mute-vole, dentro funzioni ordinarie e patologie straordinarie di posti reali (e quindi mentali).

OLTRE Catanzaro.

Dentro la città senza però esibire i codici dell’appartenenza locale. Dentro il contesto elettivo senza il limite del reali-smo fotografico, del nome proprio, del giorno sul calendario. Russo ha una visione empatica ma non speculare rispet-to agli spazi in cui vive e lavora. Assorbe e metabolizza con la coscienza del foglio bianco su cui l’inchiostro incideimmagini anomale. Quelle apparizioni si trasformano durante la digestione morale e diventano pittura etica: figurativa,leggibile ma non didascalica, capace di cogliere archetipi e raccontarli con modi universali che riguardano valori con-divisi, storie vicine e lontane, memorie e previsioni. Stare dentro un luogo significa controllarne gli effetti e renderlopalcoscenico universale, un teatro dove la vita recita il suo disagio e dove qualcuno ne raccoglie le energie, filtrando-le fino a tramutarle in ciò che solo la pittura può compiere. Immagini dentro Catanzaro ma oltre Catanzaro. Oltre laCalabria. Oltre l’Italia. Dentro il cuore dell’interrogativo.

LO STUDIO.

Nel cuore del centro storico catanzarese, tra vicoli compressi e dislivelli stratificati, parte l’avventura del nostro viag-gio retrospettivo. Non appena varchi la soglia tutto prende la forma del giusto ragionamento. La luce non è ciò che tiaspetteresti da un luogo per dipingere: buio e accensione convivono senza contrasti apparenti, come spesso accadesul territorio di Catanzaro, quando la montagna inghiottisce il sole o quando il mare restituisce riflessi fiamminghi.L’ampiezza della metratura contrasta col caos e l’accumulo di ricordi, feticci, amabili scarti: in alcuni punti quasi noncammini eppure tutto ha un suo innato ordine, anche qui ricordando quei brandelli di paesaggio dove l’incastro minu-zioso nasconde armonie sanate. Lo studio di Russo condensa il contrasto in uno spazio silenzioso e liminale, una sogliadove i quadri restituiscono le luci accese dei paesaggi diurni, le ombrosità aspre, la chiusura e gli orizzonti, l’ovvio el’insospettabile. Ordine e caos: qui mescolati con la naturalezza dei cambi stagionali, del sole dopo il diluvio, della feri-ta che si rimargina.

IL TERZO OCCHIO.

Mi piace pensare ad Alessandro Russo come ad un feroce occhio sulla Calabria contemporanea, un osservatoreimparziale (perché l’arte deve sempre mantenere la sua imparzialità, anche e soprattutto quando prende posizionemorale) che registra e metabolizza le scale di grigi tra bianco e nero, il profilo giusto e quello sbagliato, l’armonia e lostridore. La pittura si conferma strumento acuminato dalle lame provvidenziali, un segugio a forma di coltello che affon-da nel cuore della patologia. Russo ha sempre sentito il profilo tagliente del pennello, quel ferire la tela attraversoaccensioni visionarie che comprimono o dilatano la propria esperienza nel reale. Ogni giorno l’artista osserva da vici-no e lontano, si pone domande su domande, diviso tra amore e rabbia, dentro il metabolismo urbano e la digestioneregionale, un terzo occhio che corre a schiaffo sul territorio, secondo panoramiche filmiche che volano come un’aqui-la dalla vista fulminea.

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LUOGHI.Sono loro a definire il palcoscenico figurativo, l’ambientazione in cui gli eventi prendono volume e vengono registratidall’occhio rapace di Russo. Nel periodo dei “comizi” l’inquadratura si apriva a campo lungo o si chiudeva su sceneravvicinate: lì dentro si aggiravano i gruppi inquieti, le facce in rivolta, le istituzioni dalla maschera grottesca. Erano luo-ghi dal tono teatrale, spazi dove la connotazione geografica risultava presente ma minima. Ambienti accennati chedavano alla scena un valore universale, lungo condivisioni emotive che aggregavano le distanze nel bene comune dellatutela. Ad un certo punto l’occhio di Russo ha aperto le ottiche ed è salito verso l’alto, allontanandosi dagli eventi mili-tanti, abdicando al pathos caotico del comizio. Dal 2008 l’artista ha privilegiato il paesaggio puro, quello panoramico eindustriale, privo di umanità in campo ma altrettanto lavico. Si tratta di geografie del degrado che raccontano la bellez-za ormai ferita del territorio, l’incidenza delle speculazioni, il perduto amore con la natura. Le zone costiere dellaCalabria diventano un’indiretta planimetria aerea sul dissesto politico, sulla cattiveria gratuita di chi distrugge i regalidel paesaggio elettivo. L’industria appare come un gigantesco corpo di metallo urlante, pieno di orifizi che sbuffano emandano miasmi, una macchina infernale che oscura il cielo coi suoi fumi grigi, che invade le spiagge sabbiose comeun virus sulla pelle chiara di un corpo (la natura) oggi confuso. Il problema di Russo, ovviamente, non riguarda il man-cato amore per il progresso tecnologico. Al contrario, la sua pittura parla di potenza dei macchinari e organicismo dellesue protesi meccaniche. La stessa panoramica aerea possiede quel pathos romantico alla Friedrich, tipico di chi senteil battito onnipotente del paesaggio ma non perde il fuoco sui fattori di crescita sociale. La sottolineatura in negativotocca gli abbinamenti tra un patrimonio da preservare e un’invasione che avrebbe senso altrove, distante dai sorrisigeografici del Mediterraneo. Una pittura etica per scandire direzioni giuste e sbagliate nel cammino accidentato dellaCalabria contemporanea.

MASCHERE.

Le facce di Russo stanno davanti a noi, imperterrite e tribolanti, ferine e scivolose, demoniache come riesce solo a certiscampoli di realismo crudele dai sapori neri e dalla liturgia drammaturgica. La memoria corre rapida verso Otto Dix,George Grosz, James Ensor, Oskar Kokoschka: per capirci, verso la selvaggia natura degli espressionisti tedeschi maanche verso un grottesco sociale, tra Mino Maccari, il disegno satirico italiano e l’irriverenza di Ennio Flaiano, a ritro-so fino alla militanza realista di Pellizza da Volpedo o Giovanni Segantini. Russo, seguendo traiettorie iconografiche nonconvenzionali, mescola le carte della nostra storia figurativa e gioca sul piatto delle combinazioni stilistiche, riafferman-do la saggezza di una pittura personalissima, riconoscibile per vibrazioni e scale. Decine di maschere bestiali animanol’epoca dei “comizi”, un esercito depravato nei suoi riti collettivi, pronto al gioco dello scempio e del moralismo. Facceche starebbero bene tra le folle orgiastiche di Federico Fellini, figlie di un carnevale fuoritempo che appartiene al festi-no osceno del potere logoro. In scena vanno maschere ignobili dai passi circensi, orrorifiche ed epocali, figlie di unInferno dantesco che privilegia la smorfia ferina, l’occhio malvagio, la cattiveria degli orchi fiabeschi e dei molti uomi-ni neri che animano gli incubi onirici. A ribadire l’oscenità delle maschere ci pensa il gesto rapido del pennello, la sti-lettata che è un rasoio intinto nei colori pulsanti. Velocità e controllo sono la sintesi intuitiva che distingue le masche-re e in generale la pittura di Russo: compatta nel sistema centripeto che governa le scene, dotata di una gravità terre-stre in cui corpi e forme si avvinghiano alla terra, quasi fossero alberi teatrali di un gigantesco spettacolo chiamatoNatura.

UMANITA…

emotivamente accesa, primordiale e futuribile, vicina e lontana, astratta e concreta. L’umanità dell’artista pulsa nellapresenza ma anche nella decisa assenza dai teatri di guerra a cielo aperto. Non ci sono sconti per nessuno, quel pen-nello dipinge con affilata saggezza per restituire la maschera satura, l’elastica vitalità del cinismo e del debito morale.Mare e terra si fanno corpo e sangue, ossa e muscoli, mentre porti e costruzioni maturano come patologie tumorali chefuoriescono tra degenerazioni silenziose e lampi di fuoco. Lo sguardo sceglie l’umanità nel suo doppio significato: comecorpo sociale da una parte e come sentimento dall’altra, ridando la temperatura del dramma sotto una luce accecan-te che confonde, obnubila ed esaspera.

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UMANITA. MASCHERE. LUOGHI…

assieme diventano pittura di puro colore ed evidente personalità figurativa. Ilmodus operandi del nostro artista mostra carattere e coerenza, vi basti scor-rere il libro per trovare i ritorni e le sottili evoluzioni progressive, il richiamo suipunti forti e il minuzioso lavoro di fino su certe debolezze giovanili. Vivere inCalabria significa dialogare con la luce in maniera mai ovvia, vedere i contra-sti e le aperture improvvise, scivolando verso la Magna Grecia e il mare oriz-zontale, verso i vertici montagnosi e l’architettura controversa, verso il troppopieno e il troppo vuoto. Sarà per questo che l’inquadratura è immediatamenteun soggetto grammaticale, una dimensione emotiva che cambia umore e quin-di angolazione. Occhio verso l’alto da una superficie in cui l’artista sembra stri-sciare silenzioso ma arrabbiato. Occhio verso il basso da un cielo in cui l’arti-sta sembra volare silenzioso, leggero ma altrettanto arrabbiato. Le visuali siallargano o stringono senza una prospettiva univoca, si perde il centro tole-maico della scena e i cuori prospettici si moltiplicano, vanno da ogni partecome fossero incroci di sguardi inquieti, dubbiosi su dove fuggire o interveni-re. La dimensione iconografica ha lo scatto mentale della regia cinematogra-fica, chiara nel grottesco felliniano ma anche nelle panoramiche daMichelangelo Antonioni in “Zabriskie Point”, film non a caso “politico” e radi-cale per comprendere i linguaggi mentali del paesaggio contemporaneo. I cro-matismi di Russo dichiarano riconoscenza ad un altro film di Antonioni, ovve-ro, “Deserto Rosso”, esegesi su celluloide per destare il colore nella sua liber-tà emotiva e cerebrale. Due patrimoni ereditari che accompagnano la memo-ria del quadro verso le preziose potenzialità di un altro futuro. Un domani tuttoda riscrivere: attraverso l’azione che diventa nuova morale.

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Oltre le tracce, dentro la pittura……nel cuore vivo del colore che diventa immagine.

E ricordate: a vincere sarà sempre la Natura.

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UMA

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NITa‘

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I COMIZI2002 olio su tela 100x200cm

ROGO MEDIEVALE2000 olio su tela 120x160cm

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I COMIZI2002 olio su tela 100x200cm

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COMIZI NELLA LOCRIDE2005 olio su tela 130x180cm

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I COMIZI2008 olio su tela 100x300cm

(collezione camera di commercio. catanzaro)

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I COMIZI2008 olio su tela 100x200cm

(collezione camera di commercio. catanzaro)

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I COMIZI2008 olio su tela 30x60cm

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NOTTE BIANCA2007 olio su tela 80x100cm

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I COMIZI2008 olio su tela 100x150cm

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MASC

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CHERE

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RITRATTO APOTROPAICO1978 olio su tela 50X40cm

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SATIRO1982 olio su tela 70x50cm

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RITRATTO1982 olio su tela 80X60cm

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ALLEGORIA DELLA GIUSTIZIA1982 olio su tela 60X50cm

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POLITICANTE1986 olio su CARTONE 51X36cm

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I COMIZI1990 olio su tela 80x90cm

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RITRATTO1995 ACRILICO su tela 80X60cm

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RITRATTi1995 acrilico su tela 71X81cm

(collezione FONDAZIONE ROCCO GUGLIELMO)

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RITRATTO1995 olio su tela 50X40cm

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CYRAno1996 ACRILICO su tela 70X50cm

(collezione FONDAZIONE ROCCO GUGLIELMO)

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GRANDE RITRATTO2000 olio su CARTONE 101X71cm

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RIFLESSO INTERIORE2001 olio su tela 200x150cm

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I POTERI DELLA REPUBBLICA2004 olio su tela 140X100cm

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I COMIZI2007 olio su tela 160x100cm

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I COMIZI2007 olio su tela 60x50cm

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MAGISTRATO CIECO2008 olio su tela 50X35cm

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IL MAGISTRATO2008 olio su tela 70x50cm

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LUO

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OGHI

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2008 olio su tela 50x60cm

(collezione RUBBETTINO SOVERIA MAnnELLI. CATANZARO)

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2008 olio su tela 70x100cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2008 olio su tela 60x80cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2008 olio su tela 50x100cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2008 olio su tela 50x60cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2008 olio su tela 40x80cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2008 olio su tela 30x60cm

(collezione ELENA SCALFARO)

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2008 olio su tela 70x100cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 40x50cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 70x100cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 50x60cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 50x70cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 180x210cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 100x150cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 100x70cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 70x100cm

(collezione MACRI MIGLIACCIO. CATANZARO)‘

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 40x50cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 40x50cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 100x150cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 70x100cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2009 olio su tela 150x200cm

(collezione SPEZIALI. CATANZARO)

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 30x40cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 100x70cm

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BARCA2010 olio su tela 70x100cm

(collezione macRI migliaccio. CATANZARO)‘

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 150x50cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 40x40cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 30x90cm

(collezione LAM ROSSELLA FELICETTI)

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Paesaggio industriale2010 olio su tela 30x40cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 50x60cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 100x50cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 150x50cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 60x60cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 100x150cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 120x140cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 140x160cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2010 olio su tela 140x180cm

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Paesaggio industriale2010 olio su tela 30x90cm

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BARCA2010 olio su tela 30x40cm

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Paesaggio industriale2010 olio su tela 180x200cm

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BARCHE2010 olio su tela 150x200cm

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Paesaggio industriale2010 olio su tela 60x80cm

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Paesaggio industriale2010 olio su tela 180x200cm

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Paesaggio industriale2010 olio su tela 70x100cm

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Paesaggio industriale2010 olio su tela 40x50cm

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Paesaggio industriale2010 olio su tela 120X80cm

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Paesaggio industriale2010 olio su tela 100x70cm

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Struttura industrialE2011 olio su tela 275x125cm

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MERCANTILE NEL PORTO2011 olio su tela 130x190cm

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Struttura industriale2011 olio su tela 275x125cm

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RIMORCHIATORI NEL PORTO DI CROTONE2011 olio su tela 120x140cm

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CARRETTE DI MARE2011 olio su tela 110x120cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2011 olio su tela 70x100cm

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Carretta di mare2011 olio su tela 100x150cm

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RIMORCHIATORI2011 olio su tela 50x100cm

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PAESAGGIO INDUSTRIALE2011 olio su tela 100x100cm

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ITALICA2011 olio su tela 120x180cm

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A Sandra

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foto Antonio Renda

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ALESSANDRO RUSSO,nato a Catanzaro nel 1953, in quasi quarant’anni di pittura ha alimentatoun’esperienza di solida personalità nel panorama figurativo europeo.Dalle prime mostre nella città natale presso la Galleria L’Astragalo (1973) e aMilano alla Galleria Lusca e alla Schettini (1979) è chiara la personale inven-zione di un mondo visionario riscoperto nel visibile del quotidiano. Ciò portail poeta e critico Piero Bigongiari a parlare di «sottili e aeree ossessioniinventive», e a proporlo per un’esposizione alla Galleria Pananti di Firenze(1981), primo di una serie di giovani pittori europei. Le altre mostre, a Roma ea Latina (1984), e ancora la personale di 80 opere alla Galleria Pananti (1988),dimostrano come la ricerca di Russo abbia ampliato le sue promettenti pre-messe. Negli anni cresce l’attenzione e la stima nei suoi confronti, così comecresce il rispetto per la scelta di lavorare nella città natale e di impegnarsinell’insegnamento all’Accademia di Belle Arti catanzarese, dove è professo-re di Decorazione. Nella vita dell’artista contano le esperienze motivate dalsuo radicamento, critico e appassionato nella propria terra: si ricordino lamostra alla Pinacoteca di Taverna (1990), l’esecuzione del grande ciclo inti-tolato Imago Urbis presso Palazzo De Nobili, sede del Comune di Catanzaro(1993), come la grande tela del Palazzo Pubblico di Corato, le sue Historiaenei pannelli per il palazzo provinciale della Guardia di Finanza a ViboValentia, e il grande dipinto per il Centro Calabrese dei Vigili del Fuoco.Ma contano anche i frequenti impegni all’estero: la mostra personale allaCasa delle Arti di Pécs, su invito del Dipartimento Universitario di Italianistica(1995) e, su invito dell’Istituto Italiano di Cultura, l’ampia antologica ospitatanel Museo Petofi di Budapest. Nel 1999, in occasione del terzo centenariodella morte di Mattia Preti, espone in una collettiva al Museo di Belle Arti deLa Valletta a Malta. Nel 2003 anche l’Istituto Francese di Firenze dedica unomaggio all’artista, ospitando la mostra intitolata Le chef d’oeuvre inconnue,a cura di Luigi Tassoni, Alberto Caramella e Gerome Bloch.A New York nel 2004 realizza un bozzetto dedicato all’11 settembre, e l’annosuccessivo partecipa con le sue opere alla prima rassegna del MAC, Museodi Arte Contemporanea dell’Accademia di Catanzaro, nel cinquecentescoComplesso del San Giovanni. Mentre nel 2008, a cura di Rosario Pinto, espo-ne a Napoli alla Galleria Movimento Aperto i suoi Comizi, dal 2006 esponeregolarmente alla Galleria Antonio Battaglia di Milano, che cura l’opera del-l’artista calabrese. Ancora nel capoluogo lombardo, nel 2009 propone la suaricerca pittorica Opera Mundi alla Galleria Donec Capiam Studio, a cura diPaolo Pocchini. Nel 2010 porta Paesaggi e Figure alla Galleria AntonioBattaglia di Milano e Paesaggi Industriali alla Galerie Bertrand Kass diInnsbruck. Nel 2011 realizza una grande mostra dal titolo Umanità.Maschere. Luoghi, a cura di Gianluca Marziani, presso il ComplessoMonumentale del San Giovanni di Catanzaro. Sempre del 2011, a coronamen-to di una carriera coraggiosa e coerente, è il suo invito per il Padiglione Italia(regione Calabria) della Biennale di Venezia.

a cura di Milly Curcio

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foto Antonio Cilurzo

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IMAGO URBIS1993 PITTURA MURALE (PALAZZO DE NOBILI - COMUNE DI CATANZARO)

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA FONDAZIONE

Rocco Guglielmo

Giovanni Guglielmo

Vincenza Guglielmo

Giuseppe Speziali

Giovanni Laganà

DIRETTORE GENERALE DELLA FONDAZIONE

Dario Lamanna

COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI DELLA FONDAZIONE

Giuseppe Ierace

Vincenzo Maiellare

Raffaele Mostaccioli

COLLEGIO DEI CONSIGLIERI SCIENTIFICI DELLA FONDAZIONE

Rocco Guglielmo

Dario Lamanna

Gianluca Marziani

Cristiana Collu

Giuseppe Pasquale Marra

Florindo Rubbettino

Paolo Falzea

DIRETTORE ARTISTICO

Gianluca Marziani

RINGRAZIAMENTI

Giorgio Guglielmo

Assunta Ciambrone

Christian Liotti

Sabina Genovese

COMUNE DI CATANZARO

Dirigente di Settore:

Pasquale Costantino

Responsabile Ufficio Cultura:

Franco Megna

Segreteria Amministrativa Ufficio Cultura:

Caterina Fazio

Antonio Polito

Rita Tomasello

Pino Doria

Un ringraziamento speciale a

Elena, Teresa e Giuliana

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CATALOGO E COMUNICAZIONE VISIVA

Emanuele Marziani

FOTO

Nino Itria

ELABORAZIONI DIGITALI

Antonio Cilurzo

UFFICIO STAMPA

Adicorbetta

Agenzia di Servizi

CHRONOS

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www.alessandrorusso.com

A L E S S A N D R O R U S S O

FONDAZIONE ROCCO GUGLIELMOcopertina 31-03-2011 18:46 Pagina 1