ALESSANDRO MANZONI · Manzoni torna a Parigi nel 1819 dove frequenta lo storio franese J. Thierry...

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ALESSANDRO MANZONI I Promessi Sposi Lavoro di: Folli Erika, Gandini Nicole, Kaur Rman, Mafessoni Veronica, Vacirca Elisa

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ALESSANDRO MANZONI

I Promessi Sposi

Lavoro di: Folli Erika, Gandini Nicole, KaurRman, Mafessoni Veronica, Vacirca Elisa

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VITA DI MANZONI Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria. I primi anni di collegio lasciano in lui un ricordo del tutto negativo ma lo avviano alla conoscenza di autori moderni come Alfieri e Parini e alla lettura dei pensatori francesi illuministi; la discendenza da Beccaria e l’ambiente milanese pongono sicuramente delle solide basi per il pensiero di Manzoni che recepisce molti elementi dalla cultura illuminista rielaborandoli poi secondo la sua personale visione del mondo.

Alessandro Manzoni si trasferisce a Parigi nel 1805 dove la madre viveva con Carlo Imbonati (il suo nuovo marito) che morì pochi giorni prima del suo arrivo. Questo evento luttuoso creò un forte legame fra lo scrittore e sua madre , legame che non si attenuò mai.

Nel 1808 sposa, Enrichetta Blondel, che fu sua compagna anche nel graduale processo di conversione al giansenismo, ciò avvenne in seguito al “miracolo di San Rocco” quando Manzoni, durante la festa patronale, si perse nella calca parigina e, preso dal panico, invocò Dio perché riuscisse a ritrovare sua moglie e la strada di casa. La conversione religiosa coincide con un distacco definitivo dalla poesia classica e neoclassica: in questo periodo compose gli Inni Sacri e le prime tragedie, fra cui il Conte di Carmagnola.

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Manzoni torna a Parigi nel 1819 dove frequenta lo storico francese J. Thierry da cui trarrà l’idea, fondamentale per la sua produzione artistica, dell’esigenza di una storiografia che nella sua indagine sia attenta alle masse e non solo ai governi oai regnanti.

Dal 1820 è a Milano: comincia per lui un periodo appartato ma assolutamente creativo. In questi anni scrive la stesura della prima versione del suo romanzo storico d’eccellenza (I Promessi Sposi) che viene pubblicato in una prima edizione del 1821-1823 con il titolo di Fermo e Lucia.

Gli anni seguenti lo vedono impegnato in una profonda riflessione sulla storiografia e sulla lingua italiana, argomento con cui esprime il suo impegno nel processo risorgimentale; la questione della lingua era secondo Manzoni un tassello fondamentale per la costruzione di un’ identità nazionale.

In Italia solo la lingua letteraria aveva uno statuto riconosciuto sul piano nazionale: si usava il fiorentino come lingua ufficiale scritta, ma il resto del popolo, oltre a parlare esclusivamente dialetto, era analfabeta.

Manzoni, che dal 1861 è senatore del neonato Regno d’Italia, in linea con le idee romantiche, predilesse la lingua fiorentina: non quella aulica e pomposa degli scritti letterari, ma una lingua schietta, popolare, che accoglieva anche i termini più pratici e comprensibili delle parlate locali e i termini stranieri circolanti all’epoca.

Manzoni morì a Milano nel 1873: il funerale fu occasione per solenni cerimonie che ispirarono anche una Messa da Requiem di Giuseppe Verdi.

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CONVERSIONE

La conversione al giansenismo di Manzoni portò il poeta a riflettere sul concetto di male e su quello di Provvidenza. Il male è qualcosa di concreto che l’uomo ogni giorno sperimenta e che non si può ignorare nascondendosi dietro una ingenua visione consolatoria della vita. Questo pensiero introduce nella sua riflessione un nuovo elemento: Dio. Dio si è fatto Provvidenza, ed è entrato nella storia per salvare gli uomini e in particolar modo gli ultimi.

Questo nuovo modo di intendere la vita stravolge la scrittura stessa di Manzoni che abbandona il neoclassicismo. Dal punto di vista formale, infatti, egli si allontana dalla perfezione stilistica neoclassica, lontana dalla lingua reale. Egli mira a descrivere la vera condizione storica dell’uomo, senza trasfigurarla nel mito.

Anche la funzione della letteratura viene a mutare: lo scopo della scrittura non è più la ricerca del bello, ma dell’utile, inteso come ciò che può far migliorare l’uomo. La letteratura diventa pedagogica: ha la pretesa, cioè, di insegnare.

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LA CONVERSIONE

RELIGIOSA LETTERARIA

Il problema del peccato originale

Il male è entrato nella storia.

La Redazione si realizza nella storia

Dio è entrato nella storia incarnandosi, per salvare gli uomini.

Interesse per gli ultimi

La conversione porta Manzoni ad interessarsi dei soggetti mai trattati dalla letteratura: gli uomini.

La versione tragica del reale porta Manzoni a non interessarsi più del mondo falso delle favole e della mitologia, ma ad una letteratura che deve descrivere la vera condizione storicadell’uomo.

Ma la funzione della letteratura è anche pedagogica.

di qui nasce la nuova visione della letteratura che deve avere tre cardini:• L’utile per scopo• L’interesse per mezzo• Il vero soggetto

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VERO STORICO E VERO POETICOManzoni riflette sul rapporto tra “vero storico” (il rispetto della storia) e “vero poetico” (aggiungere invenzione al vero storico). Egli ritiene che sia giusto che uno scrittore prenda spunto da un soggetto realmente esistito in un determinato periodo storico e lo adatti ad un’opera letteraria.

All’ inizio lo scrittore prende in considerazione la possibilità di mescolare storia e invenzione, ma in seguito cambia idea seguendo l’idea che “solo il vero è bello”. Secondo Manzoni l’invenzione è concessa, ma solo nel caso in cui non si ha notizia certa dei fatti.

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IL FALLIMENTO DELLE TRAGEDIE

Manzoni dedicò parte della sua vita a scrivere tragedie nel tentativo di esaltare gli umili: esse infatti dovevano avere come protagonisti la gente comune. In seguito si accorse che al centro delle sue opere rimanevano comunque i grandi personaggi. Per questo motivo decise di dedicarsi al romanzo, un genere di lettura più semplice, privo di regole, rivolto alla classe borghese. In questo nuovo tentativo riuscì a incentrare le sue storie su persone comuni appartenenti alla classe popolare.

Le due tragedie da lui scritte fra il 1820 e il 1822 sono il Conte di Carmagnola, ambientato nel XV secolo, e l’Adelchi la quale ha come sfondo storico la guerra tra Carlo Magno e i Longobardi (VII secolo). Entrambe descrivono eventi realmente accaduti.

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LA SCELTA DEL GENERE

Manzoni sceglie il genere romanzo perché è facilmente comprensibile e perché permetteva di indagare sia la realtà storica del XVII secolo, sia i fatti alla luce del vero poetico, ossia i sentimenti e le passioni che sono alla base delle azioni umane.

Nell’800 , grazie allo scrittore inglese Walter Scott si afferma il genere narrativo del romanzo storico, molto criticato dal Manzoni perché, a suo dire, eccessivamente basato su elementi creati dalla fantasia dello. Infatti, secondo lo scrittore italiano, occorreva intrecciare in modo rigoroso i fatti storici con l’invenzione romanzesca.

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LE VERSIONI DEI PROMESSI SPOSI Il romanzo che noi oggi leggiamo non è la prima versione scritta da Manzoni: il testo, infatti, è stato sottoposto a diverse revisioni prima di arrivare all’edizione finale.

La prima stesura risale al 1821-23 con il titolo di “Fermo e Lucia”. Il testo presenta tratti romanzeschi e ha una struttura che procede per blocchi separati: prima vengono raccontate le peripezie di Lucia, poi quelle di Fermo. La lingua risente molto del francese e di modelli letterari preesistenti (sono presenti infatti francesismi e frasi in dialetto lombardo). Il romanzo è ricco di digressioni.Nel 1824 inizia il lavoro di revisione che si concluderà nel 1827.

La seconda versione viene pubblicata con il titolo “Gli Sposi Promessi” nel 1827 con differenze notevoli rispetto a quella iniziale. Cambia l’intreccio, che diviene più agile e scorrevole, diminuiscono le digressioni, varia la lingua: Manzoni, infatti, sceglie il toscano. Predomina sul romanzesco un tono realistico, ma c’è anche un approfondimento psicologico dei personaggi. Cambiano i nomi di questi ultimi: Fermo Spolino diventa Renzo Tramaglino, Lucia Zarella si chiamerà Lucia Mondella, fra Galdino assume il nome di padre Cristoforo; il Conte del Sagrato riceve la misteriosa denominazione dell’innominato; Marianna De Leyva diventa la monaca di Monza; solo don Rodrigo rimane immutato. Nel Fermo e Lucia, quest’ultimo è scosso da una vera passione per la ragazza e vive una tremenda crisi di gelosia nei confronti di Fermo. Nella nuova versione, invece, don Rodrigo impedirà il matrimonio solo per una futile scommessa.

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VERSIONE DEFINITIVASubito dopo la pubblicazione dei Promessi Sposi nel 1827, Alessandro Manzoni va direttamente a Firenze: è convinto che si debba proporre un modello linguistico unitario, che sia accessibile a tutti . Eccola la soluzione, ecco il modello linguistico unitario da utilizzare nella letteratura come nella vita sociale: il fiorentino delle persone colte, la lingua viva e parlata e non la lingua morta dei libri del Trecento e del Cinquecento, come volevano invece i puristi (questo processo lui lo chiama «sciacquare i panni nell’Arno»).Da qui nasce una nuova revisione dei Promessi Sposi, che è prettamente linguistica, lasciando inalterato l’impianto della struttura narrativa.

Manzoni decide anche di innovare l’opera arricchendola con illustrazioni di Francesco Gonin. Venne pubblicata a partire dal 1840 fino al 1842. Questa edizione è nota come Quarantana.

L’opera comprende:

• Un’ introduzione, nella quale compare il testo del presunto manoscritto Seicentesco

• 38 capitoli

• la Storia della Colonna Infame.

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AMBIENTAZIONE STORICAManzoni sceglie di ambientare il romanzo nel Seicento, così da poter mostrare una società ingiusta, fondata sul sopruso, sulla violenza e sull'illegalità. Viene ambientato durante i periodi della peste e delle carestie.

La vicenda si svolge in Lombardia, tra Lecco e Lodi, all’epoca dell’oppressione del governo spagnolo.

Nel romanzo si creano dei parallelismi tra le vicende del XVII secolo e quello del XIX; la dominazione spagnola in Lombardia, infatti, sembra alludere a quella a lui contemporanea degli austriaci.

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LE FONTI STORICHE

Gran parte del romanzo prende spunto da eventi realmente successi tra il 1628 e il 1630 come: la carestia, la guerra di Monferrato e la discesa dei lanzichenecchi nonché dall'epidemia di peste. Tra le fonti da lui visitate e utilizzate possiamo citare: "La Historia patria" di Giuseppe Ripamonti, gli studi di "Economia e statistica" di Melchiorre Gioia, le "gride" (leggi promulgate nel Seicento), "Ivanhoe" romanzo di Walter Scott, "La Monaca" romanzo di Denis Diderot.

Per quanto riguarda la tecnica narrativa, invece, Manzoni finge di aver ricavato la sua storia dal manoscritto di un anonimo del Seicento, in modo da rendere la vicenda "vera" ed "interessante" per i lettori.

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GENESI SPIRITUALE

Manzoni fa numerose ricerche sul passato con l'intenzione di trovare un'epoca in cui venivano rispettati una serie di valori come:

-la religione

-la laboriosità

-l'onestà

-la fede cristiana

Tuttavia l’esito è negativo, in quanto egli scopre che anche in epoche lontane, il male ha sempre vinto sul bene. Il mondo è dominato da malvagi e oppressori: gli umili, se non avranno una possibilità di

riscatto su questa terra, la otterranno nell’aldilà.

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I PERSONAGGI DEL ROMANZO

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RENZO Renzo Tramaglino è protagonista nonché promesso sposo di Luciale cui nozze vengono mandate a monte da don Rodrigo; è descrittocome un giovane di circa vent'anni, orfano di entrambi i genitoridall'adolescenza e il cui vero nome è Lorenzo.

Il suo cognome è probabilmente un richiamo al tramaglio, la reteper la pesca, simbolo delle vicende nelle quali il ragazzo si troveràsuo malgrado invischiato.

Esercita la professione di filatore di seta ed è un artigiano assaiabile. Il lavoro non gli manca nonostante le difficoltà del mercato,possiede un piccolo podere che sfrutta e lavora egli stesso quandoil filatoio è inattivo, per cui si trova in una condizione economicaagiata pur non essendo ricco. È sempre pronto alla ribellionecontro le ingiustizie, ma capirà che bisogna accettare la volontà diDio. Compare per la prima volta nel cap. II, quando si reca dalcurato la mattina del matrimonio per concertare le nozze: èpresentato subito come un giovane onesto e di buona indole, mapiuttosto facile alla collera e impulsivo.

«Renzo si recò da Don Abbondio per sapere a che ora trovarsi inchiesa per il matrimonio, era elegantemente vestito, con penne divario colore al cappello, col suo pugnale dal manico bello, neltaschino dei calzoni e nel viso un'aria festosa. […]» Quando ilcurato gli riferisce che non potrà celebrare il matrimonio, ilgiovane verrà preso dalla collera.

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AGNESE

Non si conosce l’età di Agnese Mondella, madre di Lucia Mondella : si pensache sia intorno ai 50 anni, nella vita si dedica alla gestione della casa.Si vanta di avere una grande esperienza di vita: per questo offre preziosiconsigli anche se spesso non sono ascoltati. Sotto suo suggerimento iprotagonisti cercano di celebrare il matrimonio a sorpresa. Spesso parla anome della figlia come, per esempio, nell’episodio del primo colloquio con lamonaca di Monza. Non è una persona molto colta, la sua conoscenza delmondo si basa su chiacchiere e pettegolezzi di paese, nonostante ciò èmolto astuta e saggia. Qui di seguito si riporta un passo illuminante delromanzo per capire il carattere di Agnese: «La giovane inizia a balbettaresenza dir nulla, quando interviene in suo aiuto Agnese che spiegaa Gertrude che la figlia odiava quel cavaliere ed era promessa sposa a ungiovane perbene, di cui sarebbe già la moglie se il curato delloro paese avesse avuto un po' più di coraggio. Gertrude interrompe stizzitaAgnese e la rimprovera di parlare senza essere interrogata…» (capitolo IX- laMonaca di Monza)

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LODOVICO/ FRA CRISTOFOROÈ un frate cappuccino del convento di Pescarenico, padre confessore di Lucia e impegnato ad aiutare i due promessi contro i soprusi di don Rodrigo, non sempre con successo: è descritto come un uomo di circa sessant'anni, con una lunga barba bianca e un aspetto che reca i segni dell'astinenza e delle privazioni monastiche, anche se conserva qualcosa della passata dignità e fierezza.

Compare nel cap. IV, con un lungo flashback che racconta la vita precedente di Cristoforo e le circostanze che lo indussero a farsi frate: si chiamava Lodovico ed era figlio di un ricco mercante. Il giovane Lodovico, non accettato dagli aristocratici della sua città perché considerato un «vile meccanico», a poco a poco diviene il difensore di deboli e oppressi. Per far questo si circonda di sgherri coi quali compiva azioni inclini alla violenza. In seguito a un duello nato per futili motivi cavallereschi con un nobile, uccide il suo avversario e rimane ferito. Si rifugia in un convento di cappuccini . Qui Lodovico matura la decisione di farsi frate per poi chiedere perdono al fratello dell'ucciso.

Il rimorso che prova ancora per l'omicidio commesso lo induce a respingere ogni ipotesi di violenza e a rimproverare aspramente Renzo, ogni qualvolta il giovane manifesta propositi vendicativi nei confronti di don Rodrigo.È dunque con la carità e la fiducia nella Provvidenza che padre Cristoforo tenta di aiutare i due promessi. Alla fine del romanzo si recherà a Milano dopo lo scoppio della peste, per accudire gli ammalati nel lazzaretto.

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LA PROVVIDENZA NEI PROMESSI SPOSIManzoni menziona la Provvidenza ben 22 volte nell’intero romanzo.

Era un uomo di lettere, mosso dal desiderio di cercare dentro la storia il senso della storia stessa. Proprio la storia è la protagonista dei Promessi Sposi, intesa come rapporto tra umili e potenti, che ci racconta la società lombarda del Seicento.

I personaggi umili sono vittime dei potenti: Renzo e Lucia patiscono la violenza e la sopraffazione di “potenti” come don Rodrigo, la monaca di Monza e l’Innominato, ma la fede nella divina Provvidenza, intesa come la mano di Dio che interviene nelle vicende umane, li porta a comprendere che i soprusi devono essere accettati e che “la fiducia in Dio li raddolcisce e li rende utili per una vita migliore“. La Provvidenza è sempre associata alla figura degli umili. Secondo Renzo e Lucia Dio interviene a difendere e premiare i buoni per garantire la giustizia.

Secondo Manzoni, virtù e felicità possono coincidere solo nella prospettiva dell’eterno: solo alla fine dei tempi si avrà la certezza che i buoni verranno premiati ed i malvagi puniti; inoltre la provvidenzialità dell’ordine divino del mondo non consiste nell’assicurare la felicità ai buoni, ma risiede nel fatto che proprio la sventura fa maturare in essi più alte virtù e consapevolezza.

Alla fine del racconto si vede infatti il percorso interiore dei personaggi, che giungono a maturare una visione più profonda della Provvidenza, rendendosi conto che la sventura può colpire anche le persone più innocenti, ma che la “fiducia in Dio” la rende utile “per una vita migliore“.

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CIBO NEI PROMESSI SPOSI

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IL VINO Fin dalla prima pagina dei Promessi sposi, in cui è dipinto panoramicamente il luogo in cui prende avvio la storia, la vigna appare due volte.

La prima per dare un tocco di colore a un paesaggio idillico: «Il lembo estremo, tagliato dalle foci de’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si prolungano su per la montagna».

La seconda, per accennare alle birbonate che commettevano i soldati spagnoli «che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell’estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l’uve, e alleggerire a’ contadini le fatiche della vendemmia».

Il vino nel racconto compare in diversi momenti:

A don Abbondio, dopo l’incontro con i due bravi, basta un’occhiata a Perpetua per farle capire che gliene è capitata una davvero una grossa. «Ohimè! tacete, e non apparecchiate altro: datemi un bicchiere del mio vino». Perpetua lo riempie e lo tiene in mano, come se volesse darglielo solo in cambio della confessione del segreto: «Date qui, date qui, – disse don Abbondio» prendendole il bicchiere e bevendo poi in fretta, come se si fosse trattato di una medicina.

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Il vino ricompare poi con Padre Cristoforo quando si reca nel castello di don Rodrigo e deve accettare il calice offertogli. Don Rodrigo, alzando la voce grida: «No, per bacco, non mi farà questo torto; non sarà mai vero che un cappuccino vada via da questa casa, senza aver gustato del mio vino…». Lo zoom è ancora sul vino nella scena che segue: «Un servitore, portando sur una sottocoppa un’ampolla di vino, e un lungo bicchiere in forma di calice, lo presentò al padre; il quale, non volendo resistere a un invito tanto pressante dell’uomo che gli premeva tanto di farsi propizio, non esitò a mescere, e si mise a sorbir lentamente il vino».

Durante il banchetto di Don Rodrigo Azzeccagarbugli brinda al vino offerto dal padrone di casa decantandolo come il migliore.

Capitolo XVI quando Renzo in un osteria del paese ordina un po’ più di mezzo litro di vino insieme a dello stracchino.

Nel capitolo XI Manzoni parla più diffusamente del vino. Lo fa per descrivere la difficoltà di Perpetua a custodire il segreto di don Abbondio e usa una similitudine: «Certo è che un così gran segreto stava nel cuore della povera donna, come, in una botte vecchia e mal cerchiata, un vino molto giovine, che grilla e gorgoglia e ribolle…»

Renzo, nel capitolo XV chiede all’oste vino «sincero» e quando il mattino dopo la sbronza si trova davanti gli sbirri, dichiara «questi osti alle volte hanno certi vini traditori».

Nel capitolo XXI si trova un altro accenno al vino. L’Innominato lo manda, con la cena, a Lucia, rapita dai bravi e custodita dalla vecchia. La giovane, atterrita, non mangia né beve e al culmine dell’angoscia pronuncia il suo voto. Ci si chiede se magari Lucia fosse astemia. La vecchia si sforza inutilmente di persuaderla a berne un sorso «vino che beve il padrone co’ suoi amici... quando capita qualcheduno di quelli...! e vogliono stare allegri!».

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Nel capitolo XXIII don Rodrigo ammalato di peste, dà la colpa del suo malessere alla vernaccia.

Renzo accetta il vino che gli offre fra Cristoforo, al lazzaretto: «Ma... –soggiunse subito, fermandosi, – tu mi pari ben rifinito: devi aver bisogno di mangiare.» «È vero, – disse Renzo: – ora che lei mi ci fa pensare, mi ricordo che sono ancora a digiuno». «Aspetta, – disse il frate»; e, presa un’altra scodella, l’andò a empire alla caldaia: tornato, la diede, con un cucchiaio, a Renzo; lo fece sedere sur un saccone che gli serviva di letto; poi andò a una botte ch’era in un canto, e ne spillò un bicchier di vino, che mise sur un tavolino, davanti al suo convitato; riprese quindi la sua scodella, e si mise a sedere accanto a lui». Mangiano e bevono insieme, in comunione, il maestro e il discepolo, che rompe anche un digiuno spirituale.

Passata la carestia e la peste. Renzo, nel capitolo XXXVII, cammina rasserenato sotto la pioggia purificatrice che si porta via il morbo. Egli sosta presso un amico. «Del resto [Renzo] mantenne ciò che aveva detto all’amico, di voler raccontargliene per tutta la giornata; tanto più, che, avendo sempre continuato a piovigginare, questo la passò tutta in casa, parte seduto accanto all’amico, parte in faccende intorno a un suo piccolo tino, e a una botticina, e ad altri lavori, in preparazione della vendemmia…». Lui, che con il vino s’era cacciato nei guai, lui che si stanca di più a oziare che a lavorare, ora aiuta a costruire una «botticina» per la nuova, rigenerativa vendemmia.

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MENU’ MATRIMONIO RENZO E LUCIA

Bruschetta con lumache

Zuppetta di verdure e riso

Tagliatelle con stracotto di lepre

Cassoeula

Polenta e misultin

Formaggi con marmellata di cipolle e mostarda

Torta miascia

Vino

Pane

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SITOGRAFIA TESTI

• skuola.net

• https://sites.google.com/a/gb69prof.com/lezioni/home/lezioni-per-la-iv-f/lezioni_it_4/manzoni/conversione

• https://it.wikipedia.org/wiki/I_promessi_sposi

• Libro letteratura

• https://doc.studenti.it/appunti/italiano/promessi-sposi-fermo-lucia-promessi-sposi.html

• https://www.eccolecco.it/i-promessi-sposi/i-promessi-sposi-romanzo/provvidenza-nei-promessi-sposi/

• https://m-library.weschool.com/lezione/promessi-sposi-fermo-e-lucia-manzoni-walter-scott-claude-fauriel-2049.html

• https://promessisposi.weebly.com/renzo.html

• https://doc.studenti.it/appunti/letteratura/renzo-lucia.html

• www.libreriauniversitaria.it

• Promessisposi.weebly.com

• https://www.skuola.net/manzoni/promessi-sposi/promessi-sposi.html

• https://promessisposi.weebly.com/padre-cristoforo.html

• http://www.rmoa.unina.it/2852/1/Gibellini.pdf

• http://storialocale.comune.trezzosulladda.mi.it/files/uploads/vinidelfeudodefinitivo.pdf

• I Promessi Sposi Invito alla Lettura Edizioni Mursia

• D.Carosso I Promessi sapori Il leone verde Edizioni

• P. rossetti In cucina con i Promessi Sposi Pietro Macchione Editore

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SITOGRAFIA IMMAGINI

• https://www.abebooks.it/Ivanhoe-Scott-Walter-U.T.E.T/21998998640/bd

• https://www.maremagnum.com/libri-antichi

• https://it.wikipedia.org/wiki/I_promessi_sposi

• https://www.eccolecco.it/i-promessi-sposi/i-promessi-sposi-avvenimenti/la-notte-degli-imbrogli/

• Studenti.it

• https://www.phys.uniroma1.it/mostralibroantico/sez14/p14_book2.html

• https://www.ibs.it/monaca-libri-vintage-denis-diderot/e/2560731853316

• http://www.gliscritti.it/blog/entry/1975

• https://promessisposi.weebly.com/capitolo-xxi.html

• https://www.eccolecco.it/

• https://promessisposi.weebly.com/padre-cristoforo.html

• https://www.sutori.com/story/i-luoghi-dei-promessi-sposi--8tpcLKjPinkFsa7K4q7NarDF

• https://www.studenti.it/riassunto-breve-promessi-sposi.html

• https://promessisposi.weebly.com/capitolo-ii.html

• https://www.skuola.net/manzoni/riassunti-promessi-sposi/riassunto-capitolo-5-promessi-sposi.html

• https://it.wikisource.org/wiki/Pagina:I_promessi_sposi_(1840).djvu/33

• https://www.ebay.it/itm/Stampa-antica-PROMESSI-SPOSI-Renzo-e-l-Osteria-della-Luna-Piena-1840-Old-Print-/230810167688