ALCUNI TERMINI EBRAICI RELATIVI ALLA LETTERATURA

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GBPress- Gregorian Biblical Press ALCUNI TERMINI EBRAICI RELATIVI ALLA LETTERATURA Author(s): Giovanni Rinaldi Source: Biblica, Vol. 40, No. 2 (1959), pp. 267-289 Published by: GBPress- Gregorian Biblical Press Stable URL: http://www.jstor.org/stable/42640708 . Accessed: 11/06/2014 14:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . GBPress- Gregorian Biblical Press is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Biblica. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.32 on Wed, 11 Jun 2014 14:04:43 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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ALCUNI TERMINI EBRAICI RELATIVI ALLA LETTERATURAAuthor(s): Giovanni RinaldiSource: Biblica, Vol. 40, No. 2 (1959), pp. 267-289Published by: GBPress- Gregorian Biblical PressStable URL: http://www.jstor.org/stable/42640708 .

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ALCUNI TERMINI EBRAICI

RELATIVI ALLA LETTERATURA

Giovanni Rinaldi C. R. S. Collegio Emiliani - Genova

Dei termini ebraici qui presi in considerazione si sono occupati - in parte almeno - i trattatisti dei generi e delle forme letterarie. Alcuni di senso discusso, specialmente se rari, sono segnalati solo in commenti e scritti particolari.

È sembrato che non fosse privo di qualche utilità un elenco con qualche osservazione, soprattutto al fine di recare un contributo al problema dell'ampiezza in cui si deve pensare l'esistenza di una tecnica letteraria, per le composizioni scritte e orali, nell'antico Israele e della coscienza che eventualmente ne ebbero gli antichi. La termino- logia dovrebbe su ciò fornire qualche indizio (x). Non essendo risultata la convenienza di un ordine sistematico, seguiamo quello alfabetico.

Le segnalazioni non si limitano ai soli nomi di determinate ' forme ', nel qual caso l'elenco sarebbe presto fatto, ma guardano nei campi vicini delle occasioni in cui si faceva impiego di ' letteratura ', o comunque di enunciazioni compiute (testi), della musica, ecc. Ma per alcuni termini non si tratterà che del richiamo di idee già note. Dei luoghi in cui ricorrono le parole è citato solo qualcuno, fatto og- getto di particolare osservazione.

* * *

SnN, Sns. Nel 2 Sam. 19,3 si dice che il giorno in cui giunse la notizia della morte di Assalonne ' la njwn diventò Sns ' Tešu â non può espri- mere il puro e semplice fatto della vittoria, o successo, in sè (la fine della rivolta) : questa c'è e non cambia; il contrario sarebbe ' sconfitta, insucces- so ' Si può tradurre ' vittoria ma intendendo una manifestazione con

(x) Cf. le riflessioni di M. Lampe, Zur Anwendung einer begriffsge- schichtlichen Methode auf die Formgeschichte des Alten Testaments in OLZ 39, 1936, 345-49.

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canti e acclamazioni, con cui la vittoria si festeggiava. Una simile evolu- zione mostrano varie altre formazioni nominali in te-, da radici media waw. Che in tali manifestazioni si usassero componimenti tradizionali, sul tipo di noti esempi del Salterio, è ovvio. Il senso contrario è in canto, insieme di canti, o esclamazioni di dolore. In ambedue i casi - a cui si possono accostare altri esempi dello stesso valore - il termine è sulla via di giungere a designare determinati ' testi ', ma non risulta che questo sia avvenuto in modo chiaro. Il luogo vitato del 2 Sam. è preceduto da questa notizia (v. 2): 'Fu riferito a Jacob: Ecco, il re piange e Sawn]'. Il senso proprio, anche in questo caso favorito dalla forma in sè (hithpa.: manifestazione esterna; comportarsi in un dato modo con esplicite dichiarazioni; cfr. la forma V dell'arabo), sembra es- sere che David 'faceva Cosi nel caso di Giacobbe (Gen 37,34) e altri. Il verbo bìH nella forma semplice è usato solo dai profeti e con lo stesso senso (Gioele 1,9, dei sacerdoti, in un rito): potr ebb' essere una forma di esclusivo uso letterario, quasi denominativo, ' fare 1 "ēbel '. (Proprio dei profeti è anche bìti con soggetto inanimato: di una steppa, il paese; è facile intendere il traslato, ma nella quasi totalità dei casi in realtà il senso è forse quello deiraccadico abalu ' essere secco ').

* * *

rn5K, comune all'accadico e aramaico, nei libri dopo l'esilio indica la « lettera » (v. IfcD ) .

* * *

. È un hapax che si trova in Qoh. 12,9: ' Qohelet oltre che essere

sapiente, ancora insegnò la scienza al popolo e e *lj?n (e) molte sentenze '. Il primo verbo per la connessione etimologica con la stessa radice araba mostra letteralmente il senso ' pesò '; con l'oggetto mešālīm ' sentenze in forma metrica ' si spiega come ' termine tecnico, riferentesi verosimilmente al ritmo o al parallelismo

' (Gesenius-

Buhl). Il senso primario ' pesare

' è sostenuto dal fatto che si tratta di terminologia del commercio, da cui Qohelet attinge con una certa preferenza (*). Il verbo arabo ha lo stesso significato fondamentale ' pesare

' e quello secondario relativo all'arte poetica: wzn aš-šťr ' composer (en vers) suivant les règles, le mesurer, le scander, le ca-

dencer ' (Belot), wazn ' mesure (d'un vers) ', ' Versmass, Metrum '

(Wehr), muwãzana 1 certain parallélisme de mots ', mîzân * mesure (d'un vers) '. In siriaco per analogo processo semantico con tqal

P) Cf. M. J. Dahood in « Bibi. » 33, 1952, 220-21.

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Alcuni termini ebraici relativi alla letteratura 269 ' pependit, pondus habuit ' si connette matqala

1 quantitas (verborum

seu syllabarum) ' usato da Sant'Efrem (Brockelmann 831 b). Trat-

tandosi nel caso di Qohelet di un hapax, il grado di probabilità che la spiegazione data sia giusta, resta limitata. Il trattamento che rite- niamo meno indicato per questo testo è quello della correzione, po- tendo almeno valere la spiegazione che se ne dà oggi in Israele (Lessico di Even-Shôshan I, 27):

' esaminare, investigare ', praticamente ' in-

ventare e scrivere '. Il sinonimo *lpn (radice propria dell'ebraico) è un altro hapax. Al qal significa

' investigare, esplorare, ricercare

' ; in Sirac 44,5 (ebr.) ha per oggetto mizmôr, che in questo caso sembra significare

' carme ' in genere ed è seguito da pin bV ' secondo la norma, secondo le regole dell'arte ', che per l'oggetto mizmôr si preciserà come ' arte poetica

' (si può accettare la lettura di I. Iyévy (x) IpìPì bV

senza cambiamento di senso); se quindi *lpn non ha esattamente il senso di ' scandieren ' (Smend, 1906, ad Sir. I. c.), ne dovrebbe avere uno molto vicino. In israeliano (Even-Shôshan cit. IV, 1821) questo verbo è spiegato come ' preparare, comporre

' (sentenze) ; cf. Vaccari

' inventare ': si resterebbe in terreno di tecnica letteraria. Notare la singolarità dell'uso dell'intensivo (non segnalato nel lessico talmudico di M. Jastrow, nè in quello di Dalman; non in uso nell'israeliano), quando nel senso di ' esplorare, provare

' era comunissimo il qal (Bibbia e lingua posteriore). Il terzo verbo fpfl, proprio di Qohelet (3 volte), si suol intendere ' rendere diritto ', non si vede in che senso precisamente; può essere che alluda all'idea di disporre ordinatamente concetti ' (2) ; oppure può essere una variante di pjfi nel senso di ' de- terminare la misura di qualche cosa

' (Is. 40,12; Giob. 28,25), la quale,

intesa come aggiunta esplicativa, indicherebbe che anticamente tut- ta la frase si spiegava sostanzialmente nel senso esposto sopra.

* * *

1ÖN e sostantivi derivati. I,e forme sembrano alle vol- te avere lo scopo di far rilevare nel detto o discorso che segue un testo ben definito, una composizione o entità letteraria individuata; p. es. Gen. 16,11: benedizione di Agar. Il löWl con cui comincia Es. 17,16,

(x) The H ebr. Text of the B. of Eccli., Leiden 1951, p. 58. (2) Cfr. oïjurj ' trama di un racconto quindi ' poema ' con oîjuoç ' via elļii' nagoijuía; A. Pagliaro, Saggi di critica semantica, Messina

1953, p. 34-40.

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mancante nei ĻXX, può essere stato aggiunto per dare un distacco al detto, con cui Mosè accompagna l'imposizione del nome all'altare costruito dopo la vittoria sugli Amaleciti (1. D3, come al v. 15, per ' il contesto ', Vaccari, S. Bibbia t I, p. 518). I sinonimi löfc , e rnöK che si leggono esclusivamente in testi poetici (eccetto in Gios. 24,27) indicano da soli, o in composizione - '£T>*1ÜK ' detti della mia bocca', in parallelismo con b&ß(1)', fWS "N 'detti istruttivi', ecc. - entità che certamente non sono ' detti, parole

' comuni. È notevole che i poeti si siano dati termini speciali per indicare i loro componi- menti. Indicano detti singoli (p. es. l'rnöN di Ļamec, Gen. 4,23, ancora rilevata dal *3 seguente), raccolte anche lunghe (spesso nei

Proverbi), gli elementi di cui consta una data composizione (il cantico di Mosè, detto ITW'n HÖK Deut. 32,44). Quanto si tratta di detti o

raccolte, non è rilevabile una differenza tra di essi, nè hanno caratte- ristiche definite le ' composizioni

' che essi indicano.

* * *

nJK e sostantivi connessi. Il verbo nJK, come a cui è parallelo nei due luoghi in cui ricorre (Is. 3,26; 19,8), si riferisce a manifestazioni, in occasione di avvenimenti dolorosi, in cui presumibilmente si usavano ' testi ' a carattere di lamentazione, che però non è possibile descrivere più precisamente: nella nostra questione ha lo stesso valore di SlN. I derivati non servono al nostro scopo: îT3k indica un periodo, in cui si devono fare pratiche penitenziali (Dt. 26,14; Os. 9,4; in Sir. 41,2 è da spie- gare ricorrendo a Is. 40,29; cf. Iyévy); nOK e nOKfl si trovano associati nei due luoghi in cui ricorrono, Is. 29,2; I,am. 2,5, col senso di ' situazione di pubblica calamità '. Il simile fi» ha solo il senso di ' lagnarsi ' (Num. 1 1,1 ; I^am. 3,39; Sir. 10,24 Lévy).

* * *

TD,nD"D. Il sostantivo, oltre che per vari significati diretti (2), è usato a indicare una forinola (Gen. 27,41, cf. v. 27-28; 49,28; cf. v. 2,27; ecc.); il verbo può avere il senso di ' dire la rona (Gen. 24,60 con 11DW1 e 27,27 con löWl ; Gen. 29,28: ' Questo è ciò che disse loro il padre loro, quando pronunciò la per essi; ma la ' benedizione ' ad Agar non è

(*) Cfr. O. EissfeIvDT, Der M aschal im Alten Testament , in « Beih. z. ZAW XXIV », Giessen 1913, p. 13.

(2) Cf. J. Scharbert in « Bibl. » 39, 1958, 17-26.

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Alcuni termini ebraici relativi alla letteratura 271

accompagnata da questo nome, nè dal verbo) ; è passato a significare anche ' lodare, benedicere ' nel qual uso sembra perfettamente sinonimo dei numerosi altri verba laudandi.

* * *

121 , 121 . Dãbãr è il più importante dei termini che nel linguaggio comune si riferiscono al parlare. I/uso più frequente è

' detto ', enun- ciato breve a senso compiuto, eccezionalmente ' parola

' singola

(Gios. 23,14) (*). Il IDI indica anzitutto un comando, una relazione e un discorso (oracolare): così nella letteratura della tradizione orale indicò 1) le disposizioni di legge consuetudinaria, i DHU di fondo etico, semplice comandi o divieti, del ' decalogo

' (i 10 D*121, Xóyoi) e del ' Codice dell'alleanza ' (Es. 20,1 ecc.), i rapporti o

' lettere ' orali, che possiamo pensare in sostanza come quelli scritti, di cui si ha qualche esempio (Iyachish), 3) gli oracoli, o messaggi profetici, in cui Dio parla in prima persona (2). Caratteristica del primo caso è la formola 'Questi sono i 0**01 che Dio 1211* ecc. ' (Es. 20,1) e altre simili, in cui

*131 - al plurale - sembra aver acquistato un senso tecnico, di designazione di un testo. Ognuno degli enunciati è un IDI, ma in questo senso si resta nell'uso del termine per

' enunciato ' Da un procedi- mento simile - somma di ' detti ' - deriva il plur. costr. con un nome di autore, per indicare una collezione, o un libro: Am. 1,1; Ger. 1,1; Prov. 30,1; Qoh. 1,1; ecc. Anche questo sembra diventato termine consacrato. In molti altri nessi con un nome retto è piuttosto frase descrittiva di qualche cosa, che in senso proprio, per così dire, ha un altro nome: p. es. l'indicazione D*Ö2I1 *121 come espressione parallela di (Prov. 1,6). Questi sensi più o meno chiari si osservano per

Xóyoi nei libri sapienziali in greco. Il secondo caso si ritrova in espres- sioni come D*ü*n H . Per il terzo dei casi ricordati è facile trovare il • T - singolare mi ' Ascoltate questo 131 che ha proferito Jahvè ' (Am. 3,1-2);

4 Ascoltate questo 121 che io pronuncio su di voi ' (Am. 5,1-2): ambedue gli esempi sono seguiti dalla citazione del testo del dãbãr .

(*) Iyo sviluppo dei significati è stato riassunto da J. Hempen, The Forms of Oral Tradition in « Record and Revelation: Essays etc. » ed. by H. W. Robinson, Oxford 1938, p. 32-35.

(2) Tralasciamo i luoghi in cui il senso praticamente è ' cosa anche

esso precisabile in molti modi, p. es. Es. 24,14 LXX xqíoiç, Vg quaestio , Bible Jér. « différend ».

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La formola introduttiva contribuisce a rilevare il senso speciale di dãbãr. A questo uso avrà contribuito la speciale concretezza con cui neir antichità orientale si percepiva la

' parola

' proferita, di una di-

vinità anzitutto, e in diverse gradazioni anche dell'uomo (x). La parola è un'entità dinamica, che vien celebrata negli inni alla divini- tà (2) ed è anzitutto riferita dal vate in una formulazione accurata, un ' testo ' preciso, dai contorni ben definiti, fissi. Quando 121 non si riferisce a un testo particolare ('questo'), è in generale il ffiíT "121, nella quale frase il termine ha il senso rilevato. Non so se si possa accostare qualche uso greco, p. es. (pr¡1Jir¡

' responso

' (Sofocle, Oed .

tyr. v. 86), ëuzoç ' detto oracolare ', che riferito dal messaggero (v. 90; cf. v. 526) è Xóyoç . (Il messaggero greco è però altra cosa che il pro- feta: non ha rilevazione, ma audizione, rjxovaa, v. 95). Può darsi che l'uso di 131 da parte dei profeti sia dipendente da quello giuridico, esprimendo il DM giudicato, passato al vaglio del vate e divenuto autorevole, comprovato. Nelle deviazioni del Profetismo il DM risultò un'entità suscettibile di contraffazione: e i profeti autentici rivendi- carono l'autorità del 131 loro affidato da Dio (cf. Ger. 1,4 ss., ecc.), DM controllato, con giustificazioni (>3) dall'etica e dalla storia della rivelazione precedente. Per sè il DM è di Dio; eccezionalmente è del-

l'ispirato (Balaam, Num. 24,3 s.; 15s.; David 2 Sam. 23,1 preceduto da ' Queste sono le parole di David, le ultime '; l'empio del Sai. 36,2). Nelle formole d'introduzione l'espressione ffiiT 131 mostra il suo carat- tere di termine ' tecnico-letterario ', a preferenza dell'altra, illíT DM , in cui DM indica l'insegnamento di Dio all'ispirato, quindi anteriore, o almeno indipendente dalla eventuale formulazione che questi può far- ne. Il DM è ciò che Dio comunica, ma con particolare rilievo di questa origine divina, piuttosto che del contenuto: la formulazione di questo messaggio da parte dell'ispirato è il dãbãr . In termini teologici si può dire che il DM è la revelatio {activa, da parte di Dio), il 131 è

(x) V. F. Bum,, Ueber die Ausdrücke für Ding, Sache u. ä. im Semi- tischen in « Festschr. W. Thomsen », Lipsia 1912, p. 30 ss.; L. Dürr, Die Wertung des göttlichen Wortes im A. T. und im A . Or. in MV AG 42, Lipsia 1938; Th. Boman, Das hehr. Denken im Vergleich mit dem griech., Göttingen 1952, p. 45-53.

(2) H. Zimmern, Babyl. Hymnen und Gebete in « Der A. Or. » 7/3, Lipsia 1905, p. 12 e nel fase. II, ibid. 13/1, 1911, p. 21-22; G. CasTEWNO, I Salmi, Torino 1955, p. 456, ecc.; Salmi 33/32,4; 107/106,20; 119/118,89; 147,18; ecc.; Sirac 1,5.

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il testo ispirato. La stessa collocazione nel contesto del discorso, subito dopo le parole di inizio, qualche volta alla fine del tratto (ec- cezionalmente in principio: cf. Gesenius-Buhl, alla voce) a differenza da usato nei titoli, indica la diversa natura delle due voci, piut- tosto teologica l'una, letteraria l'altra. Simile opposizione esprime Geremia tra ' sogno

' e 121 (*). Tuttavia "I e H diventarono poi sinonime: cf. Zacc. 12,1 e v. Prov. 30,1.

* * *

TTH , di etimologia ignota, indica un canto festoso, che è in parti- colare rapporto con la pigiatura dell'uva (Is. 16,9.10; Ger. 25,30; 48,33; in altro senso Ger. 51,14). Simile senso ha in di Ez. 7,7. L'occasione fa pensare all'esistenza anche di un particolare contenuto di quei canti.

* * *

come tutti i sinonimi, indica manifestazioni in cui è compreso, con la composizione musicale, l'esecuzione, alle volte fatti rituali, un ele- mento letterario (2).

* * *

significa solo ' far della musica ', con strumenti (Sai. 33/32,2)

o con la voce (Sai. 47/46,8): alla stessa radice, nella forma fonda- mentale *10? (non usata in questo senso) si collegano PHÔÎ e , che restano nel campo musicale-strumentale (anche *|>ÛÏ in Is. 25,5, ' canto di vittoria, peana ', praticamente parallelo a flKtf

' strepito ')

e *Vlüfü, che per il suo uso caratteristico ed esclusivo nei titoli di 57 salmi (e in Sir. 44,5) sembra indicare piuttosto un testo, o ' pa- role per musica ' L'etimologia trova da una parte l'arabo zamara, z ammara e alcune formazioni nominali con riferimento a musica strumentale, dall'altra l'accadico zamãru, zummuru, che sembra- no indicare solo ' cantare '. In ugaritico pare attestato il verbo (Gordon 3,51), ma in modo che non consente conclusioni. Qual- che nome in arabo ed etiopico è influenzato dall'ebraico, ma

(x) Cf. B. L. Ludwig, Der Traum im A. T., ' Beih. z. ZAW 73 ', Berlin 1953, p. 157.

(2) Cf. H. Gunkei,, Einl. in die Psalmen , Göttingen 1933, p. 59.

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la radice verbale è indigena. Del tutto caratteristico è l'ebraico Tlöfö sia come formazione, sia per l'uso ' tecnico ' ricordato. Nel cit. Sir. 44,5, in cui i padri antichi sono elogiati per la loro valentia nel dar consigli, riferire racconti, tradizioni, sentenze ' nei libri ', non può indicare ' musique

' (Duesberg, Bible J ér.) e d'altra parte deve

avere un senso un poco più elastico che ' salmo ', ossia ' carme '

(Vaccari). I,a versione (descrittiva) greca 1iéXr¡ fjiovoixœv (come axQoafxa in 32,4; cf. / lovoixá 32,5 a; 49,1 e juéXog juovaixœv di 32,6, corrispon- dente a Hö?ü nella seconda forma del versetto in ebraico) indica che al tempo di Sirac il termine aveva questo senso meno ristretto (si tratta di canti profani), probabilmente possiamo dire ' popolare ', il quale, secondo che avviene, dovrebbe essere di uso più antico che quello ristretto,

' tecnico ', anche se documentato dopo. sa- rebbe una formazione antica occidentale, legata al concetto di ' can- tare ' (cfr. accad.) col senso speciale di ' composizione (parole) per canto '; il verbo *10? all'intensivo sarebbe venuto a esprimere

' ese- guire dei DHlöfö ' e per estensione cantare, suonare, in genere; il nome volgare sarebbe stato usato come designazione precisa delle composizioni che, qualunque fosse la loro origine, si raccoglievano per musici e cantori, parrebbe nel senso di ' composizione apparte- nente alla raccolta ufficiale dei canti sacri Risponde a questa idea la versione ordinaria ' salmo ' (si distinguono come ' cantici ' le com- posizioni simili tramandate fuori del Salterio), che pare inopportuno applicare a componimenti religiosi estr abiblici.

* * *

|1ìn in alcuni titoli di sezioni profetiche, specialmente se in queste non vi è traccia di fenomeni ' visionistici ' (Is. 1,1; Abd. 1), significa ' detti ispirati ', relazione di insegnamenti avuti da Dio.

* * *

UTO . Nel Sai. 78/77,2 va unito con l'idea che è qualche cosa di antico. Si suol tradurre ' enigma, indovinello ' e questo pare l'unico senso in cui è usato come indicazione di una precisa

' forma ' o com- posizione particolare (Giud. 14,12-19 più volte; 1 Re 10,1; ecc.). In tutti gli altri usi è parallelo descrittivo di altri termini, special- mente Ö , che risultano più o meno chiaramente designazioni proprie di determinate composizioni. I/elemento descrittivo che il termine

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Alcuni termini ebraici relativi alla letteratura 275

reca si può probabilmente ridurre all'idea di ' detto allusivo, il cui significato si conosce dopo opportuna ricerca o riflessione ', detto (schema narrativo) difficile da capire, che ha bisogno di spiegazione (cfr. ôtfyrjoiç, vers, di nllTT in Ab. 2,6 e cf. Sir. 39,2; 8,8). In Num.

12,8 si oppongono ' parlare bocca a bocca e in visione (diretta)

' e ' parlare in fillTI . ' Indovinello ' non è che un caso particolarmente

fortunato di tale impiego della parola. Si può forse accostare il greco aïvoç (che in Od. 14,508 ha il senso di racconto allusivo, una trovata di Ulisse per farsi regalare un mantello da Eumeo), dal senso fonda- mentale di ' detto significativo

' (Boissacq), sviluppato poi ad altri

valori semantici, specialmente nella terminologia della letteratura. In questa direzione si possono spiegare tutte le sfumature di significato, di cui le principali sono rilevate da Eissfeldt nel suo studio sul mãsãl e altri autori (x), insegnamento religioso-morale (cf. Sal 49/48,5), alle- goria (Ez. 17,2: l'allegoria praticamente è un enigma; senza spiega- zione non si intende), motteggio allo straniero, anch'esso con senso in parte morale-religioso (Ab. 2,6). Il particolare accostamento a ^$0 ha fatto attribuire anche a questo il senso di ' enigma ': cf. Num. 21,27

letto mošHīm , aiviyļiaxiaxai. Il māšāl-hīdā del Sal. 49/48,5 sembra essere il detto morale in cui culmina il salmo (ritornello v. 13,21). In quanto un detto intelligente, acuto, può essere anche un ' motto di spirito', una 'barzelletta', la HĪTI è un dei generi in cui si esprime l'umorismo antico-orientale, a un livello sempre elevato (2). L'eti- mologia più probabile (3) si porta fuori dell'ebraico essendo 1111 deno- minativo. I/ aramaico ilTIlK (Dan. 5,12) conferma per una parte l'esclu- sione del carattere primario di Till (e tanto più 1111

' essere acuto ', chiamato in causa dal Goldman cit., p. 2) e per l'altra suggerisce il collegamento con l'aram. 1J1K, ebr. JflK 'afferrare', ecc. - onde (' â)hîdâ sarebbe un ' apprehendendum

' - ; per il semantismo cfr. il diffuso accostamento ' (ap)prendere-capire-imparare »; accad. ahãzu , al caus. ' jdn. lehren ' (Bezold). Non credo che abbia a che fare l'idea

(x) O. EiSSFEiyDT, Der M aschal, cit. p. 37. 91-92; Tur Sinai, The Riddle in the Bible in HUCA 1, 1924, 125-49; id., ' Šitir šame Die Him- melsschrift in « Arch. Or. » 17, 1949, II, 419-33; I. L. Sewgman, Vorausset- zungen der Midraschexegese in « Congress Volume », Copenhagen 1953, Suppl. to Vet. Test., I, Leiden 1953, p. 162 ss.; H. Junker in « Bibi. » 34, 1953, 496.

(2) M. D. Goldman, Humour in the Bible in « Austr. Bibl. Rev. », 2, 1952, 2.

(3) ElSSFElvDT cit. p. 10-11; GESENIUS-BUHly s. v.

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276 G. Rinaldi, e. R. S.

di ' rinchiudere ' (cf. ÎI1K Neem. 7,3, testo dubbio) ; si possono in- vece ricordate le frasi grammaticali di Ibn Ezra: HfTïK ' (impiego) di una espressione abbreviata ' e ' WÌ1K* (si usa) un'espressione ab- breviata ' (x). L'etimologia rimanda probabilmente alla civiltà ara- maica e per mezzo di essa e quella sumero-babilonese, anche per la ricerca delle più antiche manifestazioni della ' forma ' dell'enigma. 1 48 proverbi sumerici che, tradotti in modi assai diversi dagli otto studiosi a cui S. N. Kramer li comunicò, e che in parte almeno sem- brano indovinelli, sono tra le più recenti segnalazioni di antichissimi esempi dell'attività enigmistica (2).

* * *

TIM è il nome di una composizione sacra, a motivo del contesto, nel Sai. 149,5; il parallelo, che Tournay (Bible Jér.) traduce ' ils acclament étendus sur leur couche ', annotando: ' Leur louange ne cesse pas, même la nuit (hyperbole) ... ; mais le texte n'est pas sûr ', avrà un tempo avuto un termine sinonimo. Per il contesto che parla di celebrazione di Dio, 10 stesso senso può essere nel Sai. 57/56,9 (cf. v. prec.), ove per la vicina menzione di strumenti musicali altri preferisce ' arpa ' (Castel- lino, Salmi , 1955, p. 158). Aggiungerei il Sai. 29/28,2, ove è con ft (v.); ed escluderei il Sai. 30/29,13, ove ' il mio 7I3S inneggerà ' è parallelo a ' io loderò ' Certo una tale omonimia (' gloria-celebrazione glorifica- tiva ') è ben strana: ma c'è da domandarsi se essa non sia solo nella tradizione masoretica. L'ebraico postbiblico già dall'antichità conosce un HISS, che come formazione attiva (Joiion, Gramm. 88 Jč) è con TÌ23 nel

rapporto di üóp a età#, ecc.: ' glorificazione ', o più precisamente ' rico- noscimento del - 11S3 9 che appartiene a Dio quasi come suo attributo.

* * *

nriD . Varie formazioni nominali implicano l'idea di ' testo ' scritto: 11 senso è generico, eccetto forse nel caso del ' (re) scritto ' (del re: 2 Cron. 35,4; 36,22; Esd. 1,1) e di aro, che ha i valori di *iďď in scritti di

epoca aramaica: ' editto, prospetto, albero genealogico ' (in Ez. 13,9 forse preferito per il gioco di parole di quel luogo) ; cf. TDK ' libro della verità ' (Dan. 10,21). Questa radice ha fornito il nome di una delle tre parti della Bibbia, D^riS

' (altri) scritti ', dopo la Tôrâ e i Profeti, che sta alla base del nome greco ygcuptf, yga (pai per tutta la Bibbia.

(!) Iy. Prijs, Die grammatikalische Terminologie des A . Ibn Ezra, Basel, 1950, p. 27.

(2) In « Compte rendu de la troisième rencontre assyriologique in- ternationale », Leiden 1954, p. 75-84.

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Alcuni termini ebraici relativi alla letteratura 277

* * *

tthTÖ. Nel 2 Cron. 13,22 è citato, per notizie storiche, il del

profeta cIdàò (LXX ßißMov) e in 24,27, sempre per notizie storiche, il « "ttfVTÖ del libro dei Re » (LXX ygoupfj rœv ßaoiMcov, Volg. Liber Regum). Il traduttore greco non aveva idea chiara del valore del termine, che etimologicamente esprime l'idea di 'ricerca, investiga- zione ', non nel senso di laroqia , ma di ' spiegazione, sviluppo

' di notizie (orali, scritte) che si hanno già; cf. Volg. a 2 Cron. 24,27 'sum- ma pecuniae ... et instauratio . . . scripta sunt diligentius in Libro Regum ' Il secondo dei midrāšīm citati dal Cronista può corrispondere a fonti da lui citate sotto altri nomi (x). Solo più tardi dall'applica- zione di ttfYTÖ alla ' spiegazione

1 della Bibbia, in cui vi erano svi- luppi dei fatti a scopo di istruzione a letteratura amena, il termine acquistò il senso di ' leggenda, raccolta di leggende '

* * *

DfDÖ . Per il senso che è attribuito a questa parola dal più recente commentatore dei salmi (in cui si trova sei volte), G. Castellino, ' salmo allusivo a una data situazione, salmo la cui situazione è indicata per ac- cenni ' (p. 11), essa sarebbe formata su un processo semantico analogo a quello di HT n , nï^Ô > (v.).

* * *

fWÍ?ô - È parallelo di in Pr. 1,6; è unito con lo stesso termine T • : TT in Ab. 2,6 (oggetto di Kfett) e con e PITI! *n Sir. 47,17 e seguito da HĪTI, o nTffl (Sir.), che è in ogni caso una sua spiegazione. La do- cumentazione troppo ristretta non lascia vedere il valore particolare di questa parola. Il collegamento etimologico con I Gesenius Buhl ' schernire ' non è in accordo con l'uso del termine : in Pr. 1 ,6 non si tratta certo di ' motteggio, frizzo, satira ', neppure in Sir. 47,17; in Ab. si può trovare quel senso (2), ma non è escluso quello che si può scorgere nel collegamento con p4? II hi. pt. 'interprete' (cf. Sir. 47,17

i1) J. GoeTTSBERGER, Einleitung in das A. T., 1928, 161. (2) Cf. EissfeI/DT, Der M aschal cit., p. 10.

Biblica 40 (1959) 18

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278 G. Rinaldi, e. R. S.

greco): discorso allusivo (Sir. I. c.1, Vaccari), velato (x), di senso ri- posto e - in origine - che ha bisogno di un intermediario. Si insi- sterebbe sull'idea espressa in ¡ITI! (cf. Ab. 2,6), forse in DfDÛ , con una sfumatura diversa. I/uso posteriore ignora pure il senso ' motteggiare '; nell'epoca di mezzo ' poesia, espressione poetica '; at-

tualmente ' modo di dire e pronunciare speciale, solecismo, ecc. '.

* * *

"IBDÖ, come con cui va spesso unito, indica una manifestazione, quasi un rito, di compianto. In Am. 5,16 ' esserci il IBDö ' è parallelo di ' dire: Hû, hû '. In Mi. 1,8 si parla di ' fare il 1BD0 come gli sciacalli ' Nel Sai. 30/29,12 è opposto di SlPlÇ 'tripudio*. I^a versione 'lamenta- zione ', supponendo un ' testo non è quindi probabile. È il nome cor- rispondente a *1BD 'far lamento' con urli (Am. 1. c.), pianti (Is. 22,12; ecc.) e le manifestazioni comuni neir antichità: digiuno (Est. 4,3; Gioe. 2,12), strappo di capelli e uso del sacco (Is. 22,12), e - in origine almeno - tremiti (sir. sfd ' tremuit, trepidavit '; il senso ' schlagen, näml. die Brüste', Gesenius-Buhl, non è sicuro).

* * *

: altro termine dei titoli dei Salmi, che, come Höiö , DrDÖ , è indizio di una tendenza a denominare le composizioni, usando termini già esistenti, secondo sfumature di significato che ci sfuggono. Se si collega con bìfr ' essere intelligente è formato in riferimento all'idea che sog- giace a iTW", fWSp, ecc.

♦ * *

K&Ö in molti luoghi, specialmente come titolo, o parte di ima formola d'introduzione (Is. 13,1 ss.), indica un ' testo '. Ma il collegamento etimo- logico, del tutto probabile, con (^p) NtPJ ' alzare la voce ', invece che a un fatto di forma oaun contenuto, rinvia a un impiego del testo o a un modo particolare con cui si faceva quell'impiego. Il contenuto speciale si è trovato espresso nel nome in conseguenza del fine particolare per cui si ricorreva a quelle declamazioni: così praticamente il termine indica un ' oracolo di accusa e minaccia ', per lo più contro popoli pagani. Iva decla-

f1) ' Il s'agit en effet, dans les imprécations d'Hab. 2,6, d'un per- sonnage qui n'est jamais désigné nommément et auquel on ne fait allusion qu'en termes plus ou moins voilés '. P. Humbert, Problèmes du livre d'Habacuc , Neuchâtel, 1944, p. 158.

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Alcuni termini ebraici relativi alla letteratura 279

mazione a voce alta o intonata in un modo particolare doveva essere intesa come un mezzo rituale per ottenere l'efficacia della parte minac- ciosa: si tratta di oracoli contro assenti e nemici, verso i quali l'impreca- zione era pensata come un'arma (Num. 22,11; spessissimo nell'epica, non solo greca, i combattimenti sono preceduti da scambi di invettive; cf. Bs. 32,18?). In esempi tardivi ha di mira Israele (Zacc. 12,1; Mal. 1,1), il che non fa difficoltà se si tien conto della precipua, e dopo l'esilio esclusiva, istanza morale del profetismo. Sono specialmente del tipo della -Kfrö i discorsi profetici di accusa, in cui E. Würthwein ha indicato delle più o meno lunghe imprecazioni proferite in circostanze cultuali f1). Fu usata anche nel senso ampiamente generico di ' oracolo ' (L,am. 2,14), ' raccolta di oracoli' di un profeta (Ab. 1,1).

* * *

bltfö. Numerosi studi hanno fatto l'esposizione sistematica dei 1 T significati di questo termine, o ne hanno precisato qualcuno; si è anche tentata la storia dell'evoluzione semantica (2) che si potrebbe ancora precisare. D. Buzy (3) sembra attribuire a il senso preva- lente o centrale di ' parabola ' Con questo significato sarebbe in ac- cordo quello di ' cosa difficile da capire

' (cf. Ez. 21,5). Antica è la

frase ' andare in diventare proverbiale, in cui il termine del senso di ' schema, esempio

' mostra di essere passato a quello di ' norma ' (4) e

' frizzo mordace senso trasmesso a naQaßoWi in una

parte della tradizione giudaico-greca (6). Nel senso di ' detto sapien-

(l) ZAW 62, 1950, 10-52; e v. le critiche alla teoria - ci sembra non tutte a ragione - avanzate da F. HESSE, ZAW 65, 1953, 45-53, per i casi di tali invettive profetiche contro Israele.

(2) Dopo O. EiSSFEiyDT, Der M aschal, cit. si sono occupati del- l'argomento opere d'introduzione: O. EiSSFEU>T, Einl. in das A. T. 1934, 19512, p. 88 ss.; J. Hempen, Althebr. Lit. 1934, p. 36-39; id. in ' Record and Revelation ', Oxford 1938, p. 28 ss.; A. BenTZEn, Introd. to the O. T. 19522, p. 175; W. Baumgartner in OTMS ed. by H. H. Rowley, 1952, p. 210 ss.; G. Rinaldi in « Secoli sul Mondo » 1955, p. 286-87 e tra le mono- grafie specialmente R. PAUTREiy, Les canons du mashal rabbinique in RSR 26, 1939, 5-45; L. PiroT, Le mašal dans l'A. T. in RSR 37, 1950, 565-80; S. MowiNCKEiy, Marginalien zur Metrik in ZAW 68, 1956, 97-123.

(3) Le Cantique des cantiques: exégèse allégorique ou parabolique? in « Mél. Jules Lebreton », II, Paris 1952, pp. 94-114.

(4) Cf. ar. ' passare in hadît : I. Goi^dzihER, Etudes sur la tradition islamique , Paris 1952, p. 3-4.

(6) Cf. gli ampliamenti di Tobia 3,4 xaì ti. ôveiôiajuov Vat.; eiç n. xai XáXrjfia xai òv. Sinait.; invece nel N. T. solo ' detto sapienzale ', cf.

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280 G. Rinaldi, e. R. S.

ziale ' ha moltissimi paralleli (descrittivi), che rendono particolar- mente difficile la ricerca di un valore delimitato al termine stesso. Non ci sono sviluppi notevoli nell'uso postbiblico.

Il problema dell'origine della ' forma ' e del nome è ancora aperto. Al gruppo consonatico mtl/mšl in tutte le lingue in cui è in uso è legato il senso ' essere simile ' In accadico vi sono le formazioni mašlu, e mislu, ' la metà ' (la parte simile). Di senso che richiama l'ebraico vi è tamšílu ' Bildnis, Gleichnis, Symbol ' In una tavoletta di Ugarit c'è la parola tmtl in un contesto ippiatrico, inintelligibile nei particolari perchè rotto (x) . I/ arabo ha vari nomi, tra cui matalun ' Gleichnis ', mitlun ' Gleichheit ' Il primo, oltre un uso particolare di cui diremo più avanti, è passato a esprimere un genere narrativo, ' a saying, a fable, or un anecdote ' (2) : le raccolte di amtālun in sostanza contengono favole. Il siriaco, oltre il verbo (af. 1 proverbio usus est ') ha formazioni nominali, come matlã ' parabola, storia, proverbio ', sui cui usi è possibile un influsso ebraico.

Il collegamento genetico dei sensi acquistati dal termine, già fatto negli studi ricordati, indica uno sviluppo che si può assegnare in modi diversi, che comunque assicura una parentela. La spiegazione più semplice è quella di mettere alla partenza il senso di ' detto con- tenente una similitudine ', procedimento che si usava nei detti sen- tenziosi: così erano i di Salomone (1 Re 5,12) e i molti dei Pro- verbi e altri libri sapienziali (3). Essendo quei detti ritmici, acquistò il preciso senso del nostro ' poeta ' Si può occasionalmente osservare che la riduzione della definizione di poesia e quella di intuizione ed espressione di una somiglianza è in coerenza con una delle disposizioni fondamentali dello spirito ebraico (4). Ma c'è un uso che non si vede come si colleghi con questa linea, ed è quello di Num. 23,7, ove la maledizione di Balaam è un : il componimento è antico e non si

C. Edi/ung, Das Auge der Einfalt in « Acta Seminarii Neot. Ups. XIX », Lund 1952, p. 15 ss. Quest'ultimo significato è sottolineato dalla frase 4 tecnica ' b&ü Kfett ' intonare, comporre, dire un māšāl ', che si trova 12 volte: P. Humbert, Problèmes, cit. p. 158.

(i) « 23 Quando [im cavallo] fa gran nitriti /// 24 dprn /// 25 seme /// 26 tmtl /// 27 mescola /// 28e metti /// 29 e un frutto di (?) hsrt /// 30 irģn [caldo] ///. 81 [Lo pesterai] insieme [e lo verserai nel naso (del cavallo)] '

(Gordon 56, cf. 55). (2) Abdel- Aziz Abdel-Meguid, A Survey of the Termes used in Arabic

for ' Narrative ' and ' Story in «The Isl. Quart. », 1, 1954, 203; cf. C. BrockeIvMann, art. Mathal in E. I. 3, 1936, 406-10.

(3) V. A. Vaccari in La Sacra Bibbia a cura del P. I. B.t V/2, Firenze 1950, p. 13 ed esempi citati.

(4) V. l'acuta analisi di Th. Boman, Das hebr. Denken, cit., p. 154.

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Alcuni termini ebraici relativi alla letteratura 281

vede ragione di non ritenere altrettanto antica la denominazione con cui la tradizione l'ha riferita. Nel Corano (74,32-33), riferendosi a un suo detto precedente (v. 30:

' Sopra di esso [cioè, il fuoco dell'in-

ferno] [stanno] 19 [angeli]'), Maometto esorta i credenti a non dubi- tare, anche perchè il dubbio non si propaghi agli infedeli, dicendo: ' Che cosa (è) ciò che volle (significare) Allah, con quel matalun ? ' Nei detti di Balaam, come in quello di Maometto, non c'è nulla che so- migli a un ' paragone La' somiglianza

' non si può supporre che nella corrispondenza del detto all'esperienza estrasensibile, visione, rive- lazione del veggente. G. E. von Grunebaum parlando dello sviluppo del šaģf arabo nel raģaz dice: ' Questa poesia magicamente intesa cor- risponde precisamente a quella dei mošHīm ebraici (Num. 21,27 ss.: 'dicitori di detti') e ai versi di Balaam (Num. 22,5 ss.)

' (x). L'ap-

partenenza del termine al linguaggio della magia è solo un'ipotesi: comunque si tratterebbe sempre di una ' somiglianza

' fuori del sen- sibile. Saremmo condotti a due impieghi diversi originari (?) del ter- mine: detto che bisogna intendere tenendo conto di una somiglianza da visione (linguaggio

' profetico ') o da osservazione (sapienziale).

La documentazione del primo caso, sia in ebraico, sia in arabo, sarà rimasta scarsa a motivo della più rapida evoluzione dei movimenti a carattere profetico (2).

* * *

(m«T) DK3 . Formazione oscura (un passivo? GK 50, n. 1) dal più antico fondo della lingua, a cui si possono fare accostamenti dubbi dalle lingue sorelle (arabo, cf. Gesenius-Buhl; accad. nümu ' Spruch ' ? Bezold). V. a im.

* * *

si può ricordare nella terminologia letteraria come nome di una parte della Bibbia. Nel 2 Cron. 9,29 parallelamente a }1tn esprime una collezione di scritti di un profeta.

* * *

pD : ' suonare ' uno strumento a corda. Derivano due sostantivi

che possono indicare un ' motteggio ' secondo un testo spiritoso e

(l) Kritik und Dichtkunst, Wiesbaden 1955, p. 18. (2) Sul ' proverbio ' nel senso nostro di ' detto, sentenza dettata dal

senso comune ', universalmente ammessa e che quindi può giungere a far legge, v. B. Gemser in « Congress Volume », cit. p. 64-66.

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282 G. Rinaldi, e. R. S.

mordace (come ' fare la canzone a uno ': frasi che vengono ripetute

con una cantilena): Î1W3, accostata a (Sai. 69/68,13; cf. Gr), a

phto ' derisione ' (Lam. 3,14) e a forse nel senso di ' racconto '

(Giob. 30,9; cf. 'diventare una favola1); e fDÏÙÔ (Lam. 3,63), ac- costata a ' pensieri

' (v. 60.61), oltraggi (v. 61), parole, ragionamenti

(v. 62). Nel senso di ' motteggio su una cantilena ', come ne fanno i ragazzi (cf. Luc. 7,32) e gli avvinazzati (cf. Is. 28,10), il termine ha un suo preciso senso particolare.

* * *

TO ' lamento, composizione elegiaca ' accanto a Stfö (Mi. 2,4) indica la ' lamentazione fatta per dileggio ' (x).

* * *

1ÖD . La storia di questa parola e dei suoi corradicali in ebr. e nelle altre lingue, molto complicata, riflette il progressivo formarsi della cultura semitica nord-occidentale. Sèfer è l'accadico šipru

' invio ', quindi

' messaggio (orale, scritto), lettera, scrittura ', passato al senso

abbastanza preciso di ' lettera 1 (2), ' scritto ' (3), documento commer-

ciale (Ger. 30,10.44), libro. Il rapporto š-/s- rinvia ad alcuni simili casi, in cui si osserva la stessa evoluzione dal semitico nord-orientale all'occidentale, che è stato pure l'intermediario del termine per l'arabo sifrš Le altre formazioni ebraiche dipendenti da HDD sono servite a colmare lacune della terminologia della cultura: IDb 'autoredi D>1DD, • T : segretario, scriba' ('scrivere': 3TO); 1BDÛ 'prospetto' e quindi 'enu- merazione, numero', anche 'racconto' (Giud. 7,15); 1DD 'contare, raccontare '. Alla lingua letteraria appartiene l'uso di 1ÖD nel senso specifico di ' lettera ' (in seguito sostituito dal termine aramaico della burocrazia persiana rftìK), poi

' elenco (scritto) ' in genere

(ßißÄog Matt. 1,1) e nelle numerose espressioni ' Libro di. . . ', interes-

Í1) Cf. Eissfei,dT, Der M aschal, cit., p. 11. (2) G. BEER, Zur israel-jüd. Briefliteratur in « Alttest. Stud. R.

Kittel darg. », 20 ss. (3) Cf. 1DD ' epigrafe ' in iscrizioni fenicie: Ithoba'al, 1. 2 (fine),

'Syria* 5, 1924, 135 ss.; RB 34, 1925, 184 s.; Klmw 1. 15, Lidzbarski, Ephemeris 3, 1909-15, 220.

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Alcuni termini ebraici relativi alla letteratura 283

santi per noi, perchè di chiaro carattere di terminologia tecnica. Queste espressioni si spiegano da sè, eccetto il ' libro del jāšār

' (Gios.

10,13; 2 Sam. 1,18), che dal Sir. fu inteso nel primo luogo, man- cante nel Gr. (che ha però un ' libro dell'ode ' nella giunta di 3 Regni 8,53 a) e ' di (?) Ošír ' nel secondo, ove il Gr ha rov eviïovç. R. Dussaud (*) intende "HP* nel senso di ' héros de Yahvé ' in base a Krt 12-13, in cui sdq e jšr suggeriscono questo senso.

* * *

ty. L'oscura espressione del 2 Cron. 30,21 W ̂3 per la generica somiglianza del contesto (manifestazioni, musicali) è accostabile a quella di Amos 6,5 ^3 . Espressioni simili a quella delle Cron. ricorrono, diver- samente distribuite, in altri quattro luoghi, che conviene osservare se- condo i testi tramandati. 2 Sam. 6,5: David e tutta la casa d'Israele facevano festa (verbo pnfe' naíÇovreç) davanti a Jahvè ' con tutti (Si) i legni di abeti (ü^1"Q W) ', LXX êv ôgyávoiç rjQfioojuévoiç êv ìqxvi xái èv e pâaîç ; - 1 Cron. 13,8, la stessa notizia, ' con tutta la forza (tjrSipa) e con canti9 (D^tfSì); LXX êv náar¡ ôwáfiei êv tpaÀrœôoîç ; - 2 Sam. 6,14 David danzava (1?^3) davanti a Jahvè ' con tutta la forza ' LXX êv ôgyávoiç rjQfiooftévoiç; - 2 Cron. 30,21, del tempo di Ezechia: inneggia- vano ( bbn ) a Jahvé ... i sacerdoti e i leviti ' con strumenti di forza (ìjr**?33) a Jahvè '; LXX êv ÔQyávoiç rœ xvoiœ. Le differenze testuali e di versione derivano piuttosto da difficolà di interpretazione, che da di- verso testo o errore. Vorremmo proporre questa interpretazione. Nel 2 Sam. 6,5 bì sta in luogo di ^3 del Gr; leggere anche fy, reso in Gr con Y1Q1XOG [xévoiQ, come indica il caso di 2 Cron. 30,21 e con una seconda versione èv laxvi ; e sempre col Gr. leggere I/W dell'ebraico tramandato è sorto da un tentativo di spiegare W , in cui si avvertiva solo genericamente il riferimento a qualche cosa di musicale: ' legni '; l'alte- razione favorì quella della parola seguente . La stessa ricerca di un senso è nel traduttore greco, che rende il concetto per tentativo in tfQfi. êv L Nel 1 Cron. l'alterazione di ^3 in *73 è giunta an«he al Gr: ambedue però conservano il resto della frase. Nel 2 Sam. 6,14 è ancora da ripren- dere il Gr, ̂3 invece che bD ; nel 2 Cron. 30,21 ritenere l'ebraico, confer- mato dal Gr, il quale però semplicemente omettendo la versione di tv ancora denuncia la difficoltà di fronte a questa parola. Il parallelismo sopra indicato tra questa frase e quella di Amos 6,5 fa pensare in W una manifestazione poetico-musicale, come il Ytf . Si possono chiamare a confronto i passi dei Salmi e dei profeti (Gesenius-Buhl, ty , n. 3) in cui i traduttori greci hanno più volte inteso r iļir', òó£a e i moderni ' Verherr-

(x) Les découvertes de Ras Shamra et l'A. T., Paris 1937, p. 101 (3).

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284 G. Rinaldi, e. R. S.

lichung, Lobpreis ' Comune a quasi tutti questi contesti è che si tratta di manifestazioni determinate da una speciale presenza divina (cf. Es. 15, cantico davanti all'arca; Sai. 29/28,2. allusione a un rito; 68/67,2, men- zione del cospetto di Jahvè; 97/96,6; 118/117,19, corteo al tempio; Is. 12,2 come Sai. 118,19, frase propria di questi passi ed Bs. 15,2; 2 Cron. 30,21, contesto rituale; si può aggiungere 1 Cron. 16,11 = Sai. 105/104,4, fun- zione di trasporto dell'arca, con la lettura ' fate ' o ' cantate, suonate il TV '). Si tratterà di una composizione o modo di esecuzione, i cui dati trasmessi sono andati oscurati e il cui nome solo in apparenza ha un'eti- mologia comune con ' forza '.

* * *

TO , 'rispondere' e 'cantare', indica in Bs. 15,21 l'esecuzione di un ritornello da parte di una solista, o un coro femminile, alternatamente all'esecuzione dei versetti di un lungo canto celebrativo da parte degli uomini. Nel Salterio vi sono vari esempi di composizioni con ritornello. Nell'ebraico postbiblico indica un canto elegiaco, che viene eseguito coralmente dal principio alla fine, a differenza della nj*¡5, che, all'epoca a cui si riferisce la testimonianza talmudica, è eseguita da coro e solista (*) . In questo significato, opposto a quello di Bs. 15,21, vi è la traccia della distinzione, da molti ammessa, di due diverse radici îW per i due signi- ficati ricordati. In Bs. 32,18 l'accostamento intenzionale di nW e riti? si basa sulla distinzione: botte e risposte tra vittoriosi e soccombenti e un canto cultuale (2).

* * *

™'P- Tra varie parole formate sullo schema radicale qjn, qwn, qn con vocale media lunga alcune contengono l'idea di ' cantare ' : ar.

qajšna ' cantatrice et. qwene

' canto ' qwãnaja ' far della musica ',

ecc. Con queste e non con le altre di senso del tutto diverso, si scorge un rapporto d'origine di p|3*p . Saranno da riconoscere in questi termini i resti di una famiglia etimologica indipendente, scarsamente sviluppa- ta. Per noi quindi la fl3*p in origine è un ' canto divenuto nella tra- dizione ebraica specificamente un ' canto funebre ' Il verbo nv è

denominativo: ' fare una ru>p senza o con oggetto espresso. Nelle introduzioni ad alcuni esempi il nome (p. es. Am. 8,10: sulla vergine d'Israele) e il verbo (2 Sam. 1,17; 3,33: in morte di Saul-Gionata e

Abner) hanno un esplicito uso di terminologia dell'arte poetica. Il trasferimento - in circostanze ignote - dall'originario uso generico

(x) M. JasTrow, Dictionary of the Targ. and Midr. Lit., New York, 1950, p. 1072.

(2) C. Peters in « Kahle-Festschr. », Leiden 1935, 29-38.

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Alcuni termini ebraici relativi alla letteratura 285

di ' canto ' a quello di compianto per un morto (Am. 8,10) (x) e quindi a quello di compianto per una città o nazione (Am. 5,1; Ez. 32,16: sull'Egitto, ecc.) diede grande importanza a questi componimenti. Il plur. rmp è il titolo della collezione dei cinque compianti (lamenta- zioni) sulla fine di Gerusalemme. Non si può dire in base a documen- tazione esplicita se l'indicazione di Mo* ed qatôn ( Talmud ) III, 9, ' canto alterno tra solista e coro ' sia in continuazione di analogo uso al tempo del Vecchio Testamento. È stato introdotto dai moderni il nome ' metro qînâ

' per il ritmo prevalente nelle Lamentazioni ,

secondo il quale sono scritti anche componimenti non elegiaci (p. es., con variazioni, Sai. 23/22, cf. Th. J. Meek in JBL, 67, 1948, 233-39) e che al contrario non è seguito in componimenti elegiaci introdotti con il v. qônên (p. es. le due elegie di David di 2 Re 1,17 ss. e 3,33-34).

* * *

si chiamano il Salmo 7 e il cantico ' del c. 3 di Abacuc. Nel

primo caso il Gr traduce ipaÀjuóç, ossia non intese il termine in senso specifico, come sarebbe ' lamento ' (che al salmo 7 si presterebbe abbastan- za); nel secondo - ebr. '(composizione? da cantare?) su (lo schema dei) šiggājon - traduce con la parola á>ór¡, che usa pure alla fine, ove il testo ha TtW}} . Il cantico di Ab. non è una lamentazione, ma una e bôt j trionfale e non ha nulla di comune col salmo 7. Nè le leggi linguistiche a noi note, nè in fondo il valore dei termini raccomandano il collegamento con l'accadico šigū

' Toben, furia ' e nome di un rito con preghiera di alto lamento (verbo šigū, PU#, * diventare furioso', detto di un cane, un cavallo), che sarà invece parente di ebr. ' forsennato, furioso, pazzo'. Nella ipotesi di Sellin (2) 'canto del estatico' (detto di profeti a oltraggio, 2 Re 9,11; Os. 9,7) resta inesplicata la differenza tra le due formazioni con 'ajin e jod.

* * *

"'W . Parola di origine sumerica (sir, šir, accad. šēru), divenuta

tipica dell'ebraico, di cui sono proprie il verbo denominativo Tttf , ' eseguire

' o ' comporre un Šír ' e numerose frasi del tipo ť canto

di... 'e 'canto-salmo', ecc. Nei titoli dei Salmi (nel Sir, anche a

(x) P. Heinisch, Die Totenklage im A. T. in « B. Zeitfr. » 13, p. 9-10, Münster 1931.

(2) Das Zwölfprophetenbuch , II, Lipsia 1930, 406.

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286 G. Rinaldi, e. R. S.

Is. 42,10 è premessa la nota ' Canto d'Isaia ') e nelle formole d'intro- duzione, seguito del testo, indica un'entità letteraria (p. es. Sal. 46/45,1). Lo stesso senso ha talvolta l'uso di una forma verbale in simile contesto (Giud. 5,1). La varietà dei componimenti a cui quel nome è riferito e le endiadi (canto-salmo, ecc.) indicano il carattere generico del termine (*). In senso restrittivo sono nessi come fflTT 1W

(Sai. 45/44,1) e 'canto d'amore' (Ez. 33,32; cf. v. 31 e l'uso di in Ez. 23,5. 7.9. ecc., generalmente corretto in , o un ricostruito nomen opificis

' cantore ', ma in senso profetico (2), 'canto delle salite', ecc. e il EHIl ' canticum novum', che si legge in testi generalmente ritenuti posteriori all'esilio, di contenuto cele- brativo festoso (v. Is. 42,10; Sal, 96.98.149), ritmicamente su schemi solenni, non si vede se distinto come ' nuovo ' per questi motivi, 0 in dipendenza dall'uso liturgico, ossia solo per tenere distinto quel gruppo di canti da altri più antichi. Forma variata è la ïïlW in cui non si avverte un divario di impiego: i

' cantici di Mosè ' (Es. 15,1; Dt. 31,30 e 32,44, Gr eygaipe), la canzone popolare

' del pozzo ' (Num.

21,17), quella della ' vigna ' (Is 5,1), quella di una zônâ (Is. 23,15 s?).

Si riferiscono a testi particolari i nomi moderni di ' canto dell'arco '

(cf. 2 Sam. 1,18, inintelligibile), della spada (Ez. 21,13-22), ecc.

* * *

n^nri indica una composizione nelle frasi d'inizio, in cui il cantore o 1 cantori indicano ciò che stanno per fare: sembra questo Tuso carat- teristico della parola. Il contenuto è in accordo con l'etimologia: un testo che accompagna manifestazioni di giubilo ( ,11). È forse il termine che più si avvicina al classico ' inno ' e alla nostra ' laude ' Ulteriore evoluzione ebbe il termine al pl. come titolo del Salterio.

* * *

PnttTl si connette con un verbo che si traduce ' lodare ' con tuia spe- ciale sfumatura dell'idea di ' ringraziamento '; nella stragrande maggio- ranza dei casi ha per oggetto Dio ed esprime un atto di culto. Il nome rrjlři implica questi concetti, con una particolare insistenza sul carattere di devoto entusiasmo della manifestazione a cui si riferisce: cinque volte

(*) H. Gunkei^, Einl. cit. p. 58. (a) Cf. G. QuEiyiy, Wahre und falsche Propheten in « Beitr. zur Förd.

christl. Theologie », 46/1, Gütersloh 1952, 184.

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Alcuni termini ebraici relativi alla letteratura 287

in inviti ed esortazioni a lodare Dio è associato con ' voce 1 (Is. 51,3; Ger. 30,19; Gion. 2,20; Sal. 26/25,7; 42/41,5) inoltre è associato a (Sai. 69/68,31; Ne. 12,27), mm (Is. 51,3 ecc.), al verbo löi (Sal. 147/146,7) e anche a nomi di strumenti (Sai 147/146,7; Ne. 12,27): nella documenta- zione quindi sembra indicare un sentimento dell'anima che si traduce in un certo modo di partecipare al culto e di eseguire canti, il cui testo può pure in qualche misura essere indicato dal nome.

* * *

."iteri ' preghiera ' come termine letterario è nel titolo di qualche salmo (p. es. 17), con evoluzione simile a quella di r6nn.

* * *

f¡5Ti pare uno dei termini con cui l'autore di Qohelet (12,9) e il figlio di Sirac (47,9 ebr.) hanno cercato di esprimere il lavoro di un poeta (cf. [HO : se nell'ordinamento dei pensieri o nel ritmo è dubbio.

* * *

Aggiungiamo alcune riflessioni, piuttosto che conclusioni, che si potrebbero formulare solo tenendo conto di altre ricerche, fatte, o da fare, p. es. sul frasario proprio dei vari generi (x) sul formulario delle introduzioni (titoli), conclusioni, «colofoni», sulla terminologia del diritto (2), della storia (3), ecc., sulla 'forme' che ci furono traman- date senza nome, a noi sembrano bene individuate (4), ma di cui

(x) Certe formole d'inizio caratterizzano composizioni particolari meglio che nomi: come le celebrazioni (inni) e le suppliche (lamentazioni) del Salterio, i testi ' penitenziali ' (Os. 14), ecc.

(2) Vedi J. van DER PiyOEG, Studies in Hebrew Law CBQ 12, 1950, 248-59;

(3) Come per l'arabo ha fatto c Abdel- 'Aziz 'Abdel-Meguid, A Survey of the Terms Used in Arabic for ' Narrative ' and ' Story ' in « The Isl. Quart. » 1, 1954, 195-205. 416-27.

(4) P. es. l'epinicio (cfr. Giud. 11,34; Sal. 68/67, 12; ecc.), molte compo- sizioni profetiche (la ' relazione in terza persona ', fatta di un racconto e un detto, come Os. c. 3), molti generi di ' canti profani ', su cui v. H. Jahnow, Profane Dichtung im A. T. in « Die Rei. in Gesch. und Gegenw. », 3 ed., 1930, IV, 1511-21; gli ' slogan' (G. Rinaldi, Alle origini della let- teratura profetica in « Aevum » 19, 1954, 220-222) e in generale i ' generi letterari ' in senso classico: lirico, storico (DBS IV, 1949,9 ss.), ecc.

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288 G. Rinaldi, e. R. S.

non possiamo dire se gli antichi sentissero fornite delle caratteristi- che, che esprimiamo nella nostra terminologia (*).

Pochissimi dei nomi e dei verbi elencati hanno i caratteri di ' ter- minologia tecnica'; forse nessuno (2) nel senso di parola che espri- me una nozione precisa e una sola: conseguenza della ben nota dispo- sizione dello spirito ebraico di non concepire l'essere in categorie con- cluse (la disposizione da cui nasce il parallelismo poetico) e di cercare la precisione aumentando le denominazioni, come si nota nel caso che ci occupa, in cui la stessa cosa è designata con più nomi, tra i quali è impossibile cogliere una vera differenza, che non sia quella della diversa frequenza nell'impiego (3). Molto istruttivo sarebbe un con- fronto con i procedimenti da cui è nata la terminologia greca.

Scarsi gli indizi di ' riflessione ' su fatti di vera e propria natura letteraria (v. PO- Si potrebbero computare tra questi le denomina- zioni che nascono dall'osservazione della disposizione che i ' componi- menti ' provocano; p. es. detto (in senso ampio) che esige attenzione in quanto è diffìcile da ' afferrare' (iTlTI), ha bisogno di chi lo spieghi (rwto), contiene allusione a una ' somiglianza ', che si deve scoprire per capire il detto stesso (^0).

Nel nome ö è avvertita l'attenzione per un elemento ogget- tivo (la somiglianza che il poeta ha espresso nel componimento) ; e così avviene per pochi altri casi (TDD, dal concetto di ' gloria

' ap-

partenente a Dio a quello di ' riconoscimento di questa appartenenza '; TO): ma i concetti da cui è nata la terminologia sono prevalentemente soggettivi, come tfYTÜ 'spiegazione (scritta), sviluppo', che acquista il senso di ' storia '. Dati soggettivi e descrittivi sono in fondo

(*) P. es. il ' preambolo ' priamèle, ecc., individuabile chiaramente in molti scritti dell'antico Oriente e della Bibbia (tipico Am. 3,3-8, ' filo- sofico ') : v. la bibliografia premessa a W. A. A. van OTTERRÒ, Beitr. zur Kenntn. der griech. Priamel in « Mnemosyne » 3/8, 1939-40, 145-76; inoltre A. Fridrichsen, La Priamèle dans l'enseignement de Jésus in ' Coniect. neotest. ' IV, Uppsala 1940, 9-16.

(2) Si può tener conto di mizmõr, antica espressione limitata a un tipo particolare di composizioni.

(3) Simile osservazione ampiamente documentata fa Iy. Prijs, Die grammatikalische Terminologie des Abraham Ibn Ezra, Basel 1950, p. 16 ss., con il motivo dell'abitudine mentale di Ibn Ezra, per niente sistematica, a differenza di Elias lievita, in generale incline a sistematizzazioni rigo- rose, fino alla pedanteria, e unitario anche nella terminologia gram- maticale.

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Alcuni termini ebraici relativi alla letteratura 289

tutti quelli formulati in base all'uso delle composizioni o circostanze della vita a cui esse sono legate nella storia o almeno nell'origine: dolore C?3K ; ,13« ; 1QD0; cf. Hi'p); lode di Dio (Í^H , "I'Dfil , ÌTTiil); detto sapienziale D , formazioni con 1QK , 131 ) ; improperio rituale (Kfra); motteggio (bvn , nvn , , TI3 , nV?p). La quantità dei termini che anche indipendentemente dall etimologia, risultano volti a questo significato di frizzo mordace (a cui si potrebbero aggiun- gere i molti altri che esprimono lo stesso concetto come fatto della vita) sembra indicare in questa diffusa inclinazione popolare una importante sorgente di termini assunti nella lingua letteraria.

Hanno pure fornito qualche parola all'arte letteraria modalità e mezzi esterni dell'espressione e trasmissione: il ' suonare ' e ' cantare '

pöf ; HW ; p ; cf. n^p); ' parlare, dire, gridare

' (in , DfcO?, 12D,

m, cf. npnfl); 'scrivere (DfD ; viceversa per TĎD ; pili da ppn «incidere, stabilire»), specialmente nei titoli e nessi di genitivo che for- mano espressioni di aspetto tecnico (D>*m ; . . . >*121 » > ecc.).

I principali termini sono caratteristici ebraici, indigeni; almeno nello sviluppo, quando sono possibili collegamenti esterni: sumero- accadici ; HOftS), aramaici (HTn), ecc.

Sembra che si colgano tracce di attive innovazioni nella termino-

logia nella presenza di resti di nomi antichi (H^p ; jVítf ; "Wtf ), qual- cuno oscurato nella tradizione (JÌJ?), evoluzioni varie (llöfö ; indizio di una vivace creatività che la limitatezza della documen- tazione impedisce di apprezzare nella sua importanza.

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