Alberi Arbusti 2008

528

description

Manuale botanica sistematica Camarda in formato PDF

Transcript of Alberi Arbusti 2008

Page 1: Alberi Arbusti 2008
Page 2: Alberi Arbusti 2008

Copertina Progetto grafico Studio Paba

Isbn 978-88-7138-489-4

© Copyright 2008 by Carlo Delfino editore, Via Caniga 29/B, Sassari

Page 3: Alberi Arbusti 2008

DIPARTIMENTO DI BOTANICA ED ECOLOGIA VEGETALE

DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI

Page 4: Alberi Arbusti 2008
Page 5: Alberi Arbusti 2008

5

Gli alberi e gli arbusti sono gli elementiche contribuiscono, con le loro varie forme,colori e dimensioni, a dare all’ambientenaturale un’inconfondibile fisionomia e acaratterizzare maggiormente il paesaggiovegetale in relazione alle specifiche condi-zioni ecologiche dei luoghi.

Ma non è tutto. Sin dai tempi più remoti,l’uomo ha provato per gli alberi un partico-lare sentimento di rispetto e, spesso, anchedi venerazione, considerandoli come divini-tà o ad esse legati, e in ogni caso come testi-monianza di forza e di vita perenne. Il racco-gliersi sotto le fronde di un albero ritenutosacro era un modo, anche tra i popoli giàavanti nel cammino della civiltà, per riceve-re misteriosi benèfici influssi e mantenere oristabilire la salute. Il culto di divinità silva-ne con nomi e poteri distinti, l’innumerevo-le folla degli invisibili abitatori dei boschi,ora benevoli ora suscettibili e dispettosi, cosìcome i canti e le feste, mettono in evidenzail grande rilievo che assumeva quella com-ponente psicologica, fatta di soggezione eammirazione, che è parte eminente del rap-porto tra l’uomo e gli alberi. Dal sole dellaGrecia alle ombrose foreste dell’Europa delNord, dai deserti alle savane ed alle grandiforeste equatoriali non esiste popolo che nonabbia nutrito questi sentimenti.

La storia dell’origine dell’albero si iden-tifica con la storia della vita sulla Terra sinda quando, circa un miliardo di anni fa, gliorganismi vegetali originatisi nell’ambienteacqueo cominciarono a colonizzare la super-ficie terrestre.

Inizialmente furono forme semplici, dipiccole dimensioni, scarsamente ramificatee con foglioline rudimentali, poi, lentamen-te, in un’atmosfera calda e umida, si diffe-

renziarono e originarono le prime piantearboree che, nell’evoluzione scandita dallento scorrere dei milioni di anni, divennerograndiose e gigantesche. Esse aderivano congrandi apparati sotterranei al fondo melmo-so delle lagune, delle foci dei fiumi, deilaghi, ambienti prevalenti in quei lontaniperiodi geologici.

Nacquero così le prime foreste, conimponenti esemplari di felci, di giganteschecalamites, progenitrici degli attuali e umiliequiseti, di lepidodendri e sigillarie, rappre-sentati oggi dai piccoli licopodi.

Mentre queste Pteridofite arcaiche domi-navano gran parte delle terre emerse, comin-ciarono a differenziarsi le gimnosperme,prima di modeste dimensioni, quindi via viapiù grandi, tutte esclusivamente legnose e ingran parte arboree. In un tempo geologicorelativamente breve, grazie a particolariadattamenti e alla propagazione attraverso isemi, le gimnosperme riuscirono a coloniz-zare ambienti sempre più vari affrancandosidallo stretto legame con l’acqua, essenzialeper le briofite e le pteridofite.

Le mutate condizioni climatiche, ridusse-ro fortemente la presenza delle pteridofitearboree, alte anche fino a circa trenta metri,che in gran parte si estinsero, lasciando coni fossili le tracce della loro presenza neglistrati geologici più o meno profondi. Legimnosperme presero il sopravvento nellaterraferma e alcune di esse, appartenenti aigeneri Cicas, Ginkgo, Sequoia, Araucaria, ediverse specie di conifere sono giunte sino ainostri giorni mantenendo inalterati alcunicaratteri arcaici, che hanno grande interesseper comprendere l’evoluzione delle piante.

Comparvero quindi le prime Angiosper-me, probabilmente anch’esse tutte arboree,

INTRODUZIONE

Page 6: Alberi Arbusti 2008

specializzando strutture di conduzione eriproduzione, in parte già messe in atto dallegimnosperme, ma più idonee a risponderecon maggiore flessibilità alle più varie con-dizioni ecologiche della vita terrestre.

Con la loro sempre maggiore adattabilitàalle variazioni climatiche, nel corso di milio-ni di anni, le piante legnose ricoprironobuona parte della superficie terrestre origi-nando in tal modo foreste simili alle attuali,fitte e solenni con alberi grandiosi, chesuscitarono nell’uomo quel sentimentoverso la natura, oggi fortemente attenuato senon del tutto scomparso, soprattutto nelleciviltà occidentali. Una scomparsa che coin-cide con la rarefazione nel territorio deigrandi alberi e delle foreste primigenie.

Alberi monumentali, vetusti, a volte didimensioni enormi, come il cipresso diMontezuma (Taxodium mucronatum Ten.) diTule in Messico con una circonferenza mag-giore di 36 m (Dorado et al., 1996), hannoresistito agli agenti atmosferici ed agliimpatti diretti e indiretti dell’uomo; faggi,querce, castagni, olivastri, carrubi, olmi,cipressi, ginepri, ulivi, ed altri ancora, sonogli alberi patriarchi che parlano dei trascorsidella storia naturale, ma anche della storia edella civiltà dell’uomo. Alberi che conserva-no nella loro struttura importanti informa-zioni scientifiche indagate dalla dendrocro-nologia, particolarmente utili nel momentoin cui i cambiamenti climatici a livello glo-bale sono un fatto ormai accertato.

Presso alcuni popoli, leggi severe eranofissate per il governo dei boschi, basti pen-sare ai boschi sacri (lucus) dei Romani, eper la tutela degli alberi vetusti, anche se lasacralità era, ovviamente, il più efficacebaluardo contro arbitrarie utilizzazioni. Colmutare dei tempi molte leggi decaddero,soprattutto per la necessità di acquisirenuove terre da destinare al pascolo deglianimali domestici e all’agricoltura. Iniziòcosì la progressiva scomparsa dei boschi,che oggi ha assunto proporzioni allarmantisoprattutto nelle aree tropicali e subtropica-li. Per evitare che venga ulteriormente por-tata avanti tale opera di distruzione sarebbe-

ro sufficienti solo alcune semplici conside-razioni.

Gli alberi mitigano in primo luogo l’azio-ne degli agenti atmosferici e favoriscono ilricambio dell’ossigeno. Le piante legnoseimmagazzinano nelle loro strutture l’anidridecarbonica e contribuiscono a limitare l’effet-to serra e, a questo riguardo, la ricostituzionedelle foreste appare uno dei più efficaci rime-di per ridurne la presenza nell’atmosfera.Senza i boschi, che le proteggono, verrebbe-ro a scomparire numerosissime specie ani-mali e anche vegetali, come le orchidee epi-fite tropicali. Dove le piante arboree scom-paiono si avvertono modificazioni climatichee non di rado si verificano dissesti idrogeolo-gici di proporzioni catastrofiche che causanodanni incalcolabili. Non è da sottovalutare,inoltre, l’importanza dei boschi per il mante-nimento dei valori paesaggistici e come spa-zio ideale per il riposo e per il tempo libero.

L’azione dell’uomo contro le foreste, ini-ziata per favorire una comprensibile esten-sione delle aree coltivate, purtroppo conti-nua ancora oggi, con la sostituzione di for-mazioni naturali con altre artificiali, conspecie spesso poco adatte all’ambiente, conil taglio irrazionale, con l’eccessivo esten-dersi dei pascoli e, infine, con gli incendidolosi. Il fenomeno, che nel passato ha inte-ressato soprattutto il bacino mediterraneo ele aree maggiormente popolate, oggi percor-re gran parte del globo e ha intaccato legrandi foreste tropicali e subtropicali. Nonvi è più alcun dubbio che, di giorno in gior-no, in tutto il mondo, si sta perdendo unpatrimonio inestimabile, spesso in modoirreversibile o, comunque, estremamentedifficile da ricostituire, se non in tempimolto lunghi. I casi positivi rispetto a questatendenza non compensano quelli negativi.La Sardegna, al centro del Mediterraneo,non sfugge a questi problemi. Di conseguen-za siamo sempre di più convinti che solomediante una conoscenza diretta delle carat-teristiche di ogni specie, sia dal punto divista biologico, sia da quello economico eculturale, si possa meglio proteggere e valo-rizzare il patrimonio forestale.

6

Page 7: Alberi Arbusti 2008

LA TRATTAZIONE DELLE SPECIE

Il presente volume è rivolto a quantihanno una qualsivoglia forma di interesse,sia pratico che di arricchimento culturale,verso la conoscenza della flora arborea earbustiva della Sardegna, una regione che haconservato straordinarie testimonianze sianelle aree costiere, sia nei recessi più nasco-sti di quelle montane, con oleastri, tassi,ginepri, lecci e roverelle plurisecolari. Sonostate trattate analiticamente quelle specieche, in base alla revisione critica della lette-ratura ed ai controlli di erbari e di campagna,sono risultate presenti e native per la floradell’Isola.

Rispetto alla prima edizione di questovolume sono stati fatti numerosi progressinel campo della dendroflora sarda e qui sonorecepite le ricerche più accreditate e signifi-cative. Vengono trattate in modo dettagliatole specie native spontanee, o comunque con-siderate tali, da lungo tempo presenti nell’I-sola, come il castagno, il noce o il nocciolo.Le specie “esotiche”, intendendo con questotermine le piante introdotte intenzionalmen-te o accidentalmente dall’uomo in tempi piùo meno recenti (esotiche archeofite, primadella scoperta dell’America, e neofite dopoil 1492), sono richiamate in modo sintetico.Eucalitti, acacie, robinia, ailanto, cedri enumerose conifere sempre più caratterizzanovaste aree dell’Isola modificando gli ecosi-stemi naturali e il paesaggio originario. Infi-ne, sono stati menzionati, oltre alle specieprogenitrici spontanee, alberi fruttiferi, qualiil pero e il melo, che sono ugualmente partesignificativa del paesaggio agrario.

Per ogni specie, oltre alla descrizionemorfologica, sono indicati il numero cromo-

somico, quando disponibile, i dati relativi altipo biologico (modalità di vita durante ilperiodo di riposo vegetativo e posizionedelle gemme rispetto al suolo), alla fenolo-gia (attività vegetativa, fasi della fioritura,fruttificazione ed eventuale perdita dellefoglie), all’areale (area geografica dove lapianta vive e si propaga naturalmente), all’e-cologia (principali parametri fisici dell’am-biente), alla sintassonomia (appartenenza aduna o più associazioni vegetali), all’etnobo-tanica (principali utilizzazioni nella tradizio-ne popolare) e notizie in selvicoltura e sulleutilizzazioni del legno. Un’attenzione parti-colare è stata dedicata all’esistenza dei gran-di alberi, sia per l’aspetto di curiosità chepuò suscitare nelle persone comuni, sia per irisvolti scientifici che può offrire a studiosidelle discipline più diverse. Un capitolo spe-cifico per ogni specie o genere richiama gliaspetti più generali riguardo alla tassonomia,alla sistematica ed alla variabilità intraspeci-fica (biodiversità) con l’indicazione, quandoritenuto opportuno, delle varietà o cultivarper le piante di interesse agrario.

La tassonomia e l’inquadramento siste-matico tengono conto dei criteri riportatidalla Flora Europaea (1964-1980), dallaFlora d’Italia di Pignatti (1983), da Med-Chek List (1977-2004), dalla Flora dell’iso-la di Sardegna di Arrigoni (2006) e dalle piùrecenti ricerche sulla dendroflora. Per lanomenclatura si è tenuto conto dell’Interna-tional Plant Names Index (IPNI) e per l’in-dicazione della provenienza delle piantedescritte da Linneo del Linnean Plant NameTypification Project del Natural HistoryMuseum di Londra.

Per la componente endemica sono stateprese in considerazione le monografie della

7

PARTE GENERALE

Page 8: Alberi Arbusti 2008

collana delle piante endemiche della Sarde-gna, pubblicate in varie annate del Bollettinodella Società Sarda di Scienze Naturali adopera di Arrigoni e altri (1977-1992). Peralcune specie di inquadramento tassonomicoe sistematico controversi, nonché per lavariabilità intraspecifica, si riportano consi-derazioni critiche con riferimento particola-re alla Sardegna, ma anche con i necessaririchiami ad altre aree geografiche.

Le descrizioni fitografiche sono del tuttooriginali e sono basate sull’analisi di mate-riale della Sardegna; ciò può mostrare inmolti casi una difformità, soprattutto nellemisure dei vari organi, con quanto riportatoin altre flore di carattere più generale, maovviamente questo dà conto della grandevariabilità esistente a livello di specie inrelazione all’isolamento geografico con bio-tipi peculiari e delle differenti condizioniambientali che contribuiscono a differenzia-re numerosi ecotipi nelle popolazioni sarde.

Per un miglior inquadramento sistematicosono riportati anche i principali caratteri dellafamiglia, con i generi e le specie di maggioreinteresse anche se non presenti nella florasarda o italiana. I generi di appartenenza dellevarie entità trattate sono analizzati in modopiù approfondito, al fine di dare un quadro dicarattere generale e per offrire spunti pereventuali approfondimenti successivi.

Le chiavi analitiche generali, delle fami-glie e dei generi riguardano solo le speciequi trattate.

Le iconografie sono state realizzate dagliautori, sulla base di materiale originale rac-colto esclusivamente in località dell’Isola.

È stata data notevole importanza alladescrizione e alle caratteristiche della specienei diversi ambiti locali, soprattutto perquelle entità che hanno ampia valenza ecolo-gica, considerando che la Sardegna, per gliavvenimenti che hanno caratterizzato la suastoria naturale, ha mantenuto una ricca com-

ponente endemica di diverso rango tassono-mico. Non sono state trascurate le specieancestrali delle piante coltivate e le relativecultivar, frutto spesso della selezione opera-ta a livello locale in circa quattro millenni diattività agricola e di impatto sulle formazio-ni vegetali, che ha visto nell’Isola il succe-dersi di numerosi popoli e culture diverse.

Crediamo che la conoscenza di questiaspetti possa agevolare la comprensione daparte di chi si avvicina alla dendroflora sardaa livello amatoriale, ma anche di quantihanno un interesse pratico che va oltre lasemplice curiosità.

Il grande progresso sulla conoscenza delladistribuzione delle specie ha portato alla rea-lizzazione di numerosi lavori che trattano congrande dettaglio gli areali. Considerata l’age-vole reperibilità di siti Internet che li riporta-no in riferimento alle singole realtà regionali,rispetto alla prima edizione, si è preferito con-centrare l’attenzione sulla distribuzione dellespecie in Sardegna, al fine di fornire un’infor-mazione più dettagliata, utile anche per ilavori di sintesi e a più larga scala. La linea didelimitazione in una cartina indica l’areaall’interno della quale è possibile trovare unadeterminata specie, con l’avvertenza che que-sta, ovviamente, è da ricercare nelle condizio-ni ambientali idonee, mentre la rappresenta-zione per punti è riferita in modo preciso aspecifici rilievi di campo.

Tra le entità arbustive sono prese in con-siderazione soprattutto quelle che caratteriz-zano i principali aspetti fisionomici dellamacchia mediterranea e della gariga nell’Iso-la, mentre le specie arboree sono trattatetotalmente. I piccoli arbusti, i suffrutici e leliane compaiono in un’altra nostra opera.Questa nuova edizione è conforme alla pre-cedente nei contenuti fondamentali, mentre èstata data una nuova impostazione grafica erinnovata, in grandissima parte, nella docu-mentazione fotografica e in diversi capitoli.

8

Page 9: Alberi Arbusti 2008

LE PIANTE LEGNOSE: ALBERI E ARBUSTI

Un albero è una pianta legnosa ben svi-luppata in altezza, in condizioni di naturalitàcon un solo fusto (monocormico) ramifica-to ad una certa altezza da terra. Alcuni albe-ri non emettono polloni dal basso e muoionose tagliati alla base (come i pini), altri (quer-ce e latifoglie in genere) hanno spesso unelevato potere di emettere nuovi fusti dallabase, a seguito di tagli o traumi di varia natu-ra, oppure possono emettere polloni radicalianche a notevole distanza dal ceppo princi-pale e formare ampie colonie come avvienenel pioppo bianco.

È considerata arbusto o frutice una pian-ta legnosa, perenne, di altezza variabile dapochi decimetri a svariati metri, con nume-rosi fusti che partono dalla base in modonaturale, ossia non derivanti da traumi, cometagli, incendi o pascolamento. Nell’ambitodi questo gruppo si distinguono gli arbusti digrandi dimensioni, come la fillirea, dai pic-coli arbusti, ossia piante lignificate in tutte leloro parti ma la cui altezza varia da 25 sinoa 50 cm o poco più, come nel pruno prostra-to. Gli arbusti di grandi dimensioni, comel’alloro, anche se dal punto di vista biologi-co appartengono a questa categoria, sonospesso indicati come alberi.

Sono suffrutici quelle piante di diversaaltezza, sempre a portamento arbustivo,legnose alla base e con la parte superiorecostituita da rami verdi più o meno erbacei,che si rinnovano annualmente o perduranonel tempo (ginestra odorosa).

Costituiscono una categoria a sé stantepiante legnose di modeste dimensioni, comealcuni cisti, che sono, per lo più, monocor-mici sprovvisti di capacità pollonifera, e cheper semplicità sono trattati come arbusti.

In quasi tutte le formazioni vegetali natu-rali o di origine artificiale vivono specie chesi elevano sulla chioma degli alberi, siabbarbicano strettamente ai tronchi, rivesto-no siepi o si sviluppano sulle macchie, suivecchi muri e, in mancanza di sostegno, siallungano e si estendono sul terreno. Sono leliane che fanno parte della categoria delle

piante legnose-suffruticose, come le clema-tidi, della famiglia delle Ranunculacee.

Le diverse condizioni climatiche di unaregione, ma anche l’azione diretta o indiret-ta dell’uomo, possono influire sulle caratte-ristiche tipiche dell’albero e dell’arbusto percui si hanno forme intermedie che colleganogli uni agli altri. Un albero, ad esempio, puòpresentare un aspetto arbustivo se vieneceduato o bruciato nella sua parte aerea (fil-lirea a foglie larghe, corbezzolo) o se vive inun ambiente che gli impedisce un normalesviluppo in altezza come avviene nel lenti-sco lungo le coste battute dai venti salsi.Viceversa, un arbusto può assumere unaspetto arborescente quando le condizioniambientali e le potenzialità intrinseche dellaspecie lo consentono. In Sardegna, nei luo-ghi con condizioni di più alta naturalità, èfacile osservare alberi di fillirea, oleastro,lentisco, terebinto o corbezzolo, mentregeneralmente si presentano in forma arbusti-va come piante policormiche. Il portamentodi diverse piante legnose, quindi, può esserevariabile in rapporto al potere polloniferopiù o meno elevato delle singole specie.

LA PIANTA E I SUOI CARATTERI MORFOLOGICI

E STRUTTURALI

Un fusto ben sviluppato in altezza dalquale si diramano superiormente i rami cheformano la chioma, o più fusti che partonosin dalla base con rami eretti o prostrati divaria altezza, permettono di distinguere, aduna prima osservazione, un albero da unarbusto. Ma questa distinzione, basata sul-l’aspetto fisionomico complessivo dellepiante legnose, non è sufficiente per poterliidentificare sempre in modo corretto e poterattribuire loro un nome con la precisionedovuta. È pertanto indispensabile osservarealtri caratteri morfologici presenti nei variorgani delle piante. Come in tutti gli organi-smi vegetali adattati alla vita terrestre, leparti funzionali delle piante legnose sonorappresentate dalla radice, dal fusto, dallefoglie, dal fiore, dal frutto e dal seme. In

9

Page 10: Alberi Arbusti 2008

questa prima parte, per fornire elementi utilial riconoscimento delle piante legnose,viene descritta schematicamente la morfolo-gia e la struttura di questi organi fondamen-tali.

La radiceLa radice costituisce l’apparato assorben-

te ed ha la funzione di ancorare la pianta alsuolo e di assorbire l’acqua e i sali mineralinutrienti dal terreno. Le radici scendonoanche a grande profondità, esplorano e sidiramano in tutte le direzioni, rappresentan-do in tal modo un validissimo strumento pertrattenere un considerevole volume di terra econtribuiscono così, indirettamente, alla sta-bilità del suolo. Talvolta, l’apparato radicaleè molto più sviluppato dell’apparato aereo.Anche se le radici si presentano con aspettimorfologici diversi, non hanno grande rile-vanza, per la loro posizione nel sottosuolo,come carattere diagnostico, se si eccettua trale Angiosperme l’immediata distinzione tramonocotiledoni (fascicolate, semplici e tuttedello stesso calibro, come nelle palme) edicotiledoni (a fittone, suddivise in radici diprimo, secondo, terzo ordine e così via,come nella stragrande maggioranza deglialberi). Egualmente a fittone sono le radicidelle Gimnosperme.

Il fustoIl fusto è la parte assile a sviluppo verti-

cale, o anche prostrato in alcuni casi, cheporta le gemme, le foglie e i fiori. Esso ha lafunzione di sorreggere la pianta con la ligni-ficazione delle strutture, di collegare le radi-ci con le foglie, attraverso i fasci floematicie xilematici, di condurre l’acqua e i saliminerali (la cosiddetta linfa grezza) nellediverse parti della chioma e di distribuire lesostanze organiche prodotte nelle foglie(linfa elaborata) a tutto l’organismo.

Nel fusto adulto si distingue una zonaesterna, zona corticale, a funzione più chealtro protettiva, ed una interna, zona delcilindro centrale o stele, a funzione essen-zialmente di conduzione e di sostegno. Lastele è distinta in una parte periferica piutto-

sto sottile detta floema o libro perché, avolte, si presenta a strati sottili come le pagi-ne di un libro, e in una zona più interna, piùspessa, detta xilema o legno. Il libro è forma-to essenzialmente da cellule allungate di pic-colo calibro, con la funzione di trasportare lalinfa elaborata nei cloroplasti delle foglie atutte le parti della pianta per il suo accresci-mento.

Lo xilema, formato da una serie di vasi,trachee e tracheidi, ha cellule di calibro mag-giore di quelle del floema. Tali vasi, derivan-ti da cellule sovrapposte e ridotte alla solaparete, servono per l’ascesa della grandequantità di acqua che attraversa continua-mente la pianta e, con l’acqua, dei salinecessari per i processi fisiologici. Accantoalle trachee e tracheidi vi sono cellule robu-ste, fibre, che conferiscono al legno anchefunzioni di sostegno, e cellule vive parenchi-matiche, molto sottili, che hanno funzionequasi esclusivamente di riserva. Nella partecentrale del legno è presente un midollo piùo meno sviluppato dal quale si diramanoverso il libro i raggi midollari.

Fra libro e legno, nelle dicotiledoni, sitrova il cambio, un sottile strato di cellulemeristematiche con lo scopo di produrreverso l’esterno nuovo libro e verso l’internonuovo legno, ciò che determina, ad eccezio-ne delle monocotiledoni che ne sono prive,l’accrescimento diametrico del fusto.

Il fusto risulta così formato da più straticoncentrici, anelli, che si formano uno perogni anno di vita dell’albero. L’attività delcambio è legata alle variazioni stagionali,per cui si ha la produzione di un legno pri-maverile con cellule grandi, e di un legnoestivo con cellule più piccole e con paretipiù ispessite. Ma non sempre, particolar-mente nelle sclerofille sempreverdi, è faciledistinguere in modo netto gli accrescimentidei singoli anni. Più cerchie o anelli si pos-sono avere durante lo stesso anno e, talvolta,con accrescimenti diversi in parti diversedello stesso fusto. Per tale motivo, risultaestremamente difficile definire l’età deigrandi alberi, come per esempio, gli oleastri,le filliree, il tasso, l’agrifoglio.

10

Page 11: Alberi Arbusti 2008

Il legno finora descritto è proprio delleAngiosperme dicotiledoni; viene detto ete-roxilo, in quanto è formato da diversi tipi dicellule, ognuna con una propria funzionecaratteristica. Esiste anche un altro tipo dilegno, esclusivo delle Gimnosperme, dettoomoxilo, perché costituito da un unico tipodi cellule, dette fibrotracheidi, che assolvonosia alla funzione di conduzione, sia alla fun-zione di sostegno.

In tutti i casi si osserva un legno con cel-lule di calibro maggiore, corrispondente alperiodo di più intensa attività fisiologica(legno primaverile), e di calibro minore inrelazione al rallentamento o cessazione dellacrescita in diametro e in altezza (legno esti-vo). Negli ambienti tropicali le piante chehanno un accrescimento continuo non pre-sentano cerchie e il legno è più omogeneo intutte le sue parti.

Nella zona esterna del fusto, ad opera diun altro tipo di meristema, il fellogeno, sisviluppa un robusto tessuto di protezione,lignificato o suberificato. Man mano che siformano gli strati più interni, quelli periferi-ci rispetto ad essi tendono a staccarsi. Que-sta parte esterna è detta corteccia o scorza.Comunemente si indica come legno tutta laparte del fusto degli alberi che si trova sottola corteccia. Questa permette, in molti casi,attraverso il colore, la struttura e le modali-tà di distacco, di riconoscere l’albero in par-ticolari momenti della sua vita, soprattuttoquando mancano le foglie ed i fiori. Puòpresentarsi liscia come nel frassino minore,nel pioppo, nell’alloro, nella fillirea, rugosae fessurata nelle querce, nell’olmo, moltosuberosa e screpolata nella sughera e nelsambuco, suberosa a fasce circolari nelciliegio, screpolata in poligoni irregolari neipini e nei salici, a crepe nell’erica arborea, aplacche nell’ontano e nel melo selvatico, astrisce nel tasso, con fessure più o menoparallele come nel castagno, con protuberan-ze o con spine nello spino di Giuda, striatacome nelle ginestre e nella colutea, con cica-trici trasversali come nelle tamerici, a sca-glie nel mirto e nel corbezzolo. La cortecciaè variabile anche nel colore e può essere

molto diversa: grigia, verdastra, argentea oscura, rossastra, bruno-scura, cinerina.

La fogliaLa foglia è la sede dove si svolgono i fon-

damentali processi della fotosintesi e altriprocessi metabolici ed assolve alla funzionedi compiere scambi gassosi tra l’interno el’esterno della pianta e viceversa.

La foglia è un organo importante per ilriconoscimento delle piante legnose, graziealla grande variabilità della forma e dellastruttura, soprattutto nell’ambito dei diversigeneri, ma anche spesso tra le specie di unostesso genere.

Latifoglie ed aghifoglie sono i terminigeneralmente usati per distinguere le piantecon foglie larghe a simmetria dorso-ventra-le, predominanti nelle Angiosperme, daquelle con foglie aghiformi, per lo piùappuntite, prevalenti nelle Gimnosperme.Fra questi due principali tipi è presente unagrande varietà di forme intermedie. Varianoanche le dimensioni, il margine del lembo,l’articolazione delle nervature, la lunghezzadel picciuolo, la disposizione sui rami (fillo-tassi) che risponde a formule matematicheben precise e costanti per ogni specie.

La forma complessiva, semplice (corbez-zolo, filliree, querce etc.) o composta (frassi-ni, lentisco etc.), o con parti di essa del tuttotrasformate da agenti patogeni (terebinto) èun altro elemento che concorre al riconosci-mento delle specie.

Nelle Angiosperme la forma della laminaraggiunge la massima diversità e si presentairregolarmente romboidale come ad esempionel pioppo nero, ovale nel carpino nero, pal-mata nel pioppo bianco, rotonda o ellitticanell’ontano, obovata nel sorbo montano, pal-mata nel sorbo ciavardello, oblanceolata nelcastagno, orbicolare nel nocciolo, ellittica olanceolata nelle filliree, lanceolata nei salici,cordata o lanceolata nei perastri. Il marginepuò essere: intero, seghettato, dentato, cre-nato, ondulato, sinuato, inciso, lobato, spi-nuloso. L’apice può essere: troncato, ottuso,apicolato, acuto, mucronato e la base puòpresentarsi: cuneata, tronca, arrotondata,

11

Page 12: Alberi Arbusti 2008

La foglia: 1 aghiforme, 2 lineare, 3 squamiforme, 4 palmata, 5 ellittica, 6, 7, 8 lanceolata, 9 trilobata, 10 a venta-glio, 11 ovata, 12 obovata, 13 ovato-lonceolata, 14 pentalobata, 15 ovato-romboidale, 16 margine lobato, 17 ovato-orbicolare, 18, 19, 20, 21 composte.

1

2 34

56

11

7

12

8

13

9

10

14 15

16

17

18 19 20

21

Page 13: Alberi Arbusti 2008

cuoriforme, auricolata. Sono squamiforminelle tamerici, mentre nelle eriche sono aci-culari.

Nelle Gimnosperme le foglie sono linea-ri, acute come nel tasso e aghiformi nel gine-pro ossicedro e nei pini o squamiformi nelcipresso e possono disporsi sul ramo isolateo riunite in gruppi di due o più.

La foglia può assumere diversa forma suun medesimo individuo, come ad esempionella sughera, nel leccio, nell’agrifoglio,anche in relazione al periodo di crescita(come si osserva nelle querce caducifoglie)o alla sua posizione nella pianta. Nel gineprofeniceo le foglie sono aghiformi nel primostadio giovanile e di plantula, mentre sonosquamiformi nelle piante adulte; il fenome-no è detto eterofillia.

Gli alberi e gli arbusti imprimono unadiversa fisionomia al paesaggio vegetale, acausa del persistere o meno delle fogliedurante le diverse stagioni. In base a talecarattere si suddividono in sempreverdi,quando mantengono le foglie per più di unanno, o comunque cadono dopo la comparsadelle nuove, e caducifogli, quando le perdo-no annualmente e ne restano del tutto priviper un periodo più o meno lungo.

La caducità e la persistenza delle foglieesprimono il ritmo biologico della specie,indicando in tal modo il periodo di riposodella pianta, non sempre legato alla stagioneinvernale, normalmente considerata comeavversa. Infatti specie degli ambienti caldo-aridi, come l’euforbia arborea e l’anagiride,svolgono il proprio ciclo nella stagioneautunnale ed invernale, e perdono le fogliegià in primavera. La sottigliezza della lami-na o la sua maggiore consistenza indicano iltipo di ambiente nel quale la specie vive. Lefoglie del biancospino sono più sottili nellepiante che crescono nel sottobosco rispetto aquelle che vivono in campo aperto o lungo lesiepi. In ambienti caldi, aridi, soleggiati pre-valgono specie con foglie sclerofilliche,ossia spesse, rigide e coriacee; mentre inquelli freschi, ombrosi e umidi, si sviluppa-no piante con foglie mesofilliche, ossia conlamina ampia e sottile. Alcuni alberi e molti

arbusti riducono la superficie della lamina(eriche, ginepri) o la ricoprono di peli (quer-ce) o cere (lentisco) o trasformano parti dellefoglie in spine (robinia, quercia spinosa) o irami in pseudo-foglie (pungitopo) sia peradattamento all’ambiente, sia per difesa dalmorso degli animali.

Il fioreIl fiore è la struttura in cui si svolge la

funzione della riproduzione con l’unione delgamete femminile, o oosfera, originatosientro l’ovulo, con il gamete maschile, o gra-nulo pollinico, prodotto nelle sacche pollini-che delle antere.

Le Gimnosperme non hanno veri e proprifiori e gli ovuli e le sacche polliniche sonooriginati da squame fertili riunite a formareuna pseudo-infiorescenza per lo più a cono oglobosa. Le Angiosperme hanno, invece, unvero fiore costituito da una parte sterile (ilcalice con i sepali e la corolla con i petalinelle dicotiledoni, mentre le monocotiledonihanno un solo verticillo costituito dai tepali),che ha funzione vessillare e/o di protezione,e da una parte fertile, gli stami e il pistillo,che poggiano entrambi sul ricettacolo. Ilpistillo, che nella parte inferiore prende ilnome di ovario, ha lo scopo di proteggerel’ovulo o gli ovuli che stanno al propriointerno; dopo la fecondazione dell’ovulo,l’ovario si trasforma in frutto, e l’ovulo o gliovuli in uno o più semi.

Tra le Angiosperme arboree, alcune,come querce, pioppi, castagno, hanno fioricon involucro ridotto, semplice, verdognolo,poco appariscente poiché l’impollinazione èanemogama. Altre, come molte rosacee,leguminose, cistacee, hanno una corollagrande, variamente colorata, altre specieancora, come alaterno, presentano petali pic-coli, ridotti o del tutto assenti, ma sono prov-viste di ghiandole, peli ed altre strutture par-ticolari che secernono sostanze in grado diattirare gli insetti. Sono accorgimenti che lepiante mettono in atto per favorire l’impolli-nazione entomogama o zoogama. Il traspor-to del polline avviene così tramite gli insetti,uccelli o anche piccoli mammiferi.

13

Page 14: Alberi Arbusti 2008

Non manca il caso, come nei salici, in cuisi ha un’impollinazione mista e la riduzionedei singoli fiori è compensata dalle dimen-sioni delle infiorescenze e dalla presenza dighiandole nettarifere. Infine petali e sepali,talvolta, permangono dopo la fioritura a pro-teggere il frutto.

La maggior parte delle dicotiledoni hasullo stesso fiore stami e ovario costituendofiori ermafroditi o bisessuali. Altre specie,invece, hanno fiori unisessuali, ossia consolo gli stami, maschili o staminiferi, o consolo il pistillo, femminili o pistilliferi. I fioriunisessuali possono essere disposti entram-bi, ma separatamente, sulla stessa pianta o inpiante del tutto distinte. Si hanno piantemonoiche quando i due tipi di fiori unises-suali sono disposti sullo stesso individuo,come accade nelle querce, castagno, noccio-lo e ontano. Si considerano invece speciedioiche quelle con fiori unisessuali dispostisu individui diversi come salici, agrifoglio,alloro, alaterno, lentisco. Talvolta si possonoavere anche combinazioni di fiori bisessualie unisessuali, maschili o femminili, sullastessa pianta, costituendo così piante poliga-me, come nel bagolaro.

La disposizione dei fiori varia anche inrelazione agli agenti impollinatori e posso-no, quindi, essere isolati o riuniti in infiore-scenze atte a disperdere o catturare il granu-lo pollinico. Negli alberi, il trasporto del gra-nulo pollinico verso il pistillo avviene, per lopiù, tramite il vento e/o gli insetti.

Nelle Gimnosperme l’impollinazione èanemofila e le pseudo-infiorescenze maschi-li e femminili sono conformate in modo taleda facilitare, da un lato, la dispersione e, dal-l’altro, la cattura del polline.

Nelle Angiosperme legnose con impolli-nazione entomofila i fiori sono per lo piùbisessuali atti a favorire l’azione degli inset-ti pronubi. Le infiorescenze possono essere aspiga o amento (querce), a racemo (acero), agrappolo (vite), a corimbo (pero), a ombrel-la (bupleuro). Nelle piante con impollinazio-ne anemofila, in genere, i fiori sono unises-suali: i maschili, numerosi e poco appari-scenti, con stami a filamenti più o meno lun-

ghi disposti in infiorescenze pendule; i fem-minili con stimma piumoso e/o vischioso ininfiorescenze quasi sempre erette.

Il fruttoNella sua morfologia e struttura, il frutto

è di notevole ausilio per il riconoscimento dimolte piante arboree. Nelle Angiosperme siorigina dalla trasformazione dell’ovario e hala funzione di proteggere il seme e di favori-re la sua dispersione. Può essere appariscen-te e colorato in modo da attrarre facilmentegli animali o insignificante e poco appetibi-le. In questo ultimo caso, gli alberi adottanotattiche particolari per il trasporto del semeproducendo una o due espansioni alari sotti-li che permettono al vento di trascinarlo lon-tano, come avviene per la samara nell’olmoe la disamara nell’acero.

Le parti fondamentali del frutto (esocar-po, mesocarpo ed endocarpo) variano nellaloro struttura determinando in tal modo unadifferenza fra frutti secchi con le tre particoriacee, rigide o membranose e frutti car-nosi con il mesocarpo ricco di polpa o succo.

I tipi di frutto più diffusi nelle Angiosper-me sono rappresentati dal pomo nel pero enel melo, dalla drupa nel ciliegio e nell’oli-vo, dalla noce nel nocciolo, dalla bacca nel-l’agrifoglio e nell’alloro, dall’achenio nellequerce e nel castagno, dal legume nel citisoe nelle ginestre, dalla capsula nei salici e neipioppi, dalla samara negli aceri e negli olmi.

Nelle Gimnosperme l’analogo del fruttoè rappresentato nei pini dalla pigna cheaccoglie i semi nelle singole squame, neiginepri dal galbulo (pseudo-bacca) e neltasso dall’arillo, strutture che sono originatedalla proliferazione di parti del ricettacolo.

Il semeIl seme si origina dopo la fecondazione

dalla trasformazione dell’ovulo e racchiudel’embrione. Nelle Gimnosperme, il semepresenta una parete molto ispessita, talvoltalignificata che serve per proteggere l’em-brione. Nelle Angiosperme il pistillo o ova-rio permette una maggiore protezioneall’embrione per cui la parete è più spessa

14

Page 15: Alberi Arbusti 2008

15

Il fiore e il frutto: 1 Schema di un fiore con calice, corolla, stami e pistillo, 2 Fiore nudo, privo di calice e corolla, 3Fiore unisessuale maschile, 4 Fiore unisessuale femminile, 5 Fiore maschile con un solo involucro, 6 Fiore femmini-le con un solo involucro, 7 Calice dialisepalo, 8 Calice gamosepalo, 9 Corolla regolare dialipetala, 10 Petali di corol-la regolare dialipetala, 11 Corolla irregolare dialipetala, 12 Petali di corolla irregolare dialipetala, 13 Corolla gamo-petala regolare, 14 Corolla gamopetala regolare aperta, 15 Corolla rotata, 16 Corolla gamopetala irregolare, 17Corolla gamopetala irregolare, 18 Corolla gamopetala irregolare aperta, 19 Samara, 20 Drupa, 21 Galbulo, 22 Dis-amara, 23 Pomo, 24 Legume, 25 Capsula bivalve, 26 Capsula a tre cocche, 27 Capsula trivalve, 28 Drupa composta,29 Drupa composta in sezione, 30 Achemio, 31 Spiga, 32 Racemo, 33 Cima, 34 Ombrella, 35 Corimbo.

Page 16: Alberi Arbusti 2008

nei frutti carnosi e più sottile in quelli secchi.In ambedue i gruppi, i semi sono moltovariabili nella forma e nel colore. La disper-sione dei semi è facilitata da grandi espan-sioni alari come nel pino d’Aleppo, o neifrutti secchi e minuti, come nei pioppi enelle tamerici, da pappi lanuginosi.

La ramificazione e il portamento Negli alberi, la variabilità della ramifica-

zione determina diversi aspetti della chiomae conferisce alla pianta una sua fisionomiaparticolare o habitus. La disposizione sulfusto dei rami secondari che formano lachioma è peculiare per ciascun genere espesso per le singole specie, motivo per cuigli alberi si possono riconoscere anche seprivi delle foglie (es. l’acero trilobo e l’olivohanno rami opposti, le querce rami sparsi).

I rami possono essere eretti, ascendenti,orizzontali o penduli, appressati al fusto odistanti, determinando così l’aspetto o por-tamento dell’albero. Si hanno, pertanto,forme colonnari nel pioppo cipressino, glo-bose o a cupola nelle querce, ad ombrello nelpino da pinoli, striscianti nel ginepro nano onel pruno prostrato in montagna.

Più in generale si ha la forma monopodia-le, quando si evidenzia un tronco centrale dacui si dipartono ortogonalmente rami secon-dari decrescenti dal basso verso l’alto (comenei generi Abies, Cedrus, Larix e nella mag-gior parte del genere Pinus), e la forma sim-podiale, quando il tronco principale si rami-fica in rami di secondo, terzo ordine e cosìvia, come nelle querce, ma anche in alcunespecie del genere Pinus (pino da pinoli, pinod’Aleppo).

Le condizioni climatiche ambientalimodificano spesso il portamento dell’alberooriginando, nelle zone con venti prevalentiin una direzione, le forme a bandiera e, nellezone montane più esposte, le forme contortee prostrate.

L’aspetto di un albero può mutare anchein relazione all’età, all’intervento dell’uomoo degli animali. Nei grandi alberi, particolar-mente in montagna, i fulmini provocanocadute o incendi di rami e pertanto determi-

nano asimmetrie nella crescita e nella con-formazione della chioma.

Il numero dei rami, le ramificazionisecondarie, la posizione eretta, ricurva oquasi strisciante determinano i vari aspettidegli arbusti che possono avere portamentogloboso, cespuglioso, pulvinato, prostratocon una molteplicità di forme non esenti dal-l’impatto dell’uomo o degli animali. Il por-tamento varia anche in relazione all’età e inmolti casi il tronco principale tende a torcer-si a spirale, come nel castagno o a rarefare lachioma come nella quercia da sughero. Nelginepro ossicedro la chioma dell’alberoadulto varia dalle forme erette e compattecipressine a quelle globose, espanse conrami penduli o eretti.

Caratteristiche ed utilizzazioni del legnoIl legno accrescendosi secondo anelli

concentrici, a seconda del taglio longitudi-nale a cui viene sottoposto, mostra caratteri-stiche venature, che conferiscono valore epregio più o meno grande al legname.

Dal numero delle cerchie legnose diaccrescimento di un fusto si risale, in lineagenerale, all’età dell’albero. Sono stati cal-colati alcuni massimi di età per certe specie.Ad esempio per il tasso sono stati accertati3.000 anni, per il castagno 2.000, per la far-nia 2.000, per 1’abete rosso 1.200, per iltiglio 1.000, per il pino silvestre 570, per ilpioppo bianco 700, per il frassino 200-300.Alcuni esemplari di Pinus longaeva D.K.Bailey nelle White Mountains della Califor-nia contano oltre 5.000 anni (Ferguson,1969). Tuttavia, mentre è possibile accertarecon questo metodo l’età nelle piante caduci-foglie o in quelle sempreverdi che vivono inambienti montani freddi, dove è sicura l’in-terruzione della crescita nel periodo inverna-le, è estremamente difficile e spesso impos-sibile attribuire l’età ai grandi alberi di spe-cie sclerofilliche sempreverdi negli ambien-ti mediterranei. Ad ogni qual modo, gli albe-ri sono gli esseri viventi più longevi che siconoscono e allo stesso tempo sono anchequelli che raggiungono le dimensioni mag-giori sia in altezza (pini ed eucalitti), sia in

16

Page 17: Alberi Arbusti 2008

peso (tassodio di Montezuma, baobab,ficus).

Gli alberi più grandi esistenti in Italia sitrovano in Sicilia: un esemplare di Ficusmacrophylla Dest. ex Pers. (più conosciutocome Ficus magnolioides Borzì), originariodell’Australia, presente nell’Orto Botanicodi Palermo, è alto 34 m ed occupa oltre2.054 mq di superficie; un altro esemplaredella stessa entità (sempre a Palermo pressoPalazzo Chiaromonte) è alto 38 m e ha unaestensione di poco inferiore. In Sardegna, unesemplare della stessa specie, presente nel-l’Orto Botanico di Cagliari, è verosimilmen-te quello di maggiori dimensioni dell’Isola.

Per altri versi, lo studio del numero edella struttura delle cerchie legnose, dendro-logia, ha permesso di riconoscere le condi-zioni climatiche presenti durante la vita del-l’albero e di ricostruire le condizioniambientali di epoche passate. Ogni anello èdiverso dal precedente in quanto il suo spes-sore è la risultante di molteplici fattoriambientali.

Nel legno è possibile riconoscere unaparte più esterna ancora fisiologicamenteattiva, detta alburno, ed una più interna,detta duramen, che ha ormai perso la suafunzione di conduzione. In questa ultimaparte si accumulano sostanze molto diverse:oli, tannini, gomme, flobafeni che danno unacolorazione caratteristica ad ogni specie eche possono accrescere il pregio del legno. Ilcolore varia da bianco-crema nell’acero enel pioppo, a bruno-giallastro nel castagno,da bianco a bruno nel frassino, da bruno-ros-sastro nel ginepro a bruno-scuro nel noce, dachiaro, rosa o rossastro nei pini, a brunoopaco nell’olmo, con tessitura grossolana,come nella quercia o fine come nel pioppo,con venature più o meno marcate, con parti-colare marezzatura e anche con caratteristicoaroma, come nei ginepri. Impregnate di que-ste sostanze le pareti delle cellule diventanopiù resistenti ai parassiti per cui aumenta ilpregio tecnologico e il valore commercialedel legname.

L’uso dei vari legni dipende dalla mag-giore o minore compattezza, dalla grana più

o meno fine e uniforme. Si distinguono, per-ciò, legni duri e legni teneri con tutte le gra-dazioni intermedie.

A seconda delle loro utilizzazioni si rico-noscono i legni industriali, quelli che per lastruttura anatomica e per la dominanza dicerti elementi istologici possono esseredestinati a usi commerciali, e i legni tintori,odorosi, concianti, farmaceutici, che conten-gono particolari sostanze atte alla tintoria,alla concia delle pelli, all’estrazione disostanze medicinali o aromatiche.

I fusti o tronchi in base alla forma, dimen-sione, resistenza, compressione e flessionesono impiegati nell’edilizia, in falegnameria,carpenteria, ebanisteria, intaglio ed intarsio.Le parti del fusto e i rami della pianta, chemal si prestano ad essere lavorati, sono utiliz-zati come legname da ardere o per la prepara-zione del carbone da legna.

LA PIANTA E L’AMBIENTE

Caratteri biologici, ecologici e corologici

La conoscenza del periodo di fioritura,delle modalità di vita in relazione alle condi-zioni ambientali, dell’ecologia, della distri-buzione e diffusione, può essere di notevoleausilio per comprendere al meglio il ruoloimportante, fondamentale che le piantelegnose hanno nell’ambiente naturale. Perquesto scopo si ritiene utile accennare,anche se brevemente, a quei fattori fisici ebiologici e distributivi, che favoriscono ocondizionano la vita delle piante.

Forma biologicaNel ciclo vitale di un organismo vegetale,

nelle regioni con clima soggetto a variazionistagionali, avvengono periodicamente fasi dirallentamento o cessazione delle attività fun-zionali, che si manifestano con la cadutadelle foglie per le piante legnose arboree earbustive e con il disseccamento delle partierbacee per quelle annuali e perennanti.

Il periodo di riposo è variabile da speciea specie. Nei cisti o nell’anagiride, ad esem-

17

Page 18: Alberi Arbusti 2008

Forme biologiche: P - Fanerofite, C - Camefite, H - Emicriptofite, G - Geofite, T - Terofite. (Originale).

P

C

H

G

T

cm 5

0cm

50

Page 19: Alberi Arbusti 2008

pio, la stasi vegetativa avviene durante ilperiodo estivo. Normalmente nel periodo diletargo stagionale, invernale o estivo, lepiante predispongono particolari accorgi-menti per la difesa degli apici vegetativi conle gemme. Questi accorgimenti vitali e laposizione delle gemme rispetto al suolo,durante il periodo di quiescenza, determina-no diversi tipi di forme di crescita e formebiologiche, con una distinzione in piantelegnose, semilegnose, erbacee e tra queste leannuali, che passano la stagione avversasotto forma di seme, e le perenni bulbose orizomatose con le gemme svernanti postesotto il livello del terreno.

Gli alberi e gli arbusti appartengono,nella quasi totalità, alla forma biologicadelle fanerofite e si distinguono in: nanofa-nerofite da 50 cm sino a 2 m; microfanerofi-te da 2 m a 5 m; mesofanerofite da 5 m sinoa 50 m; megafanerofite oltre i 50 m. Dallefanerofite differiscono le camefite, piante aportamento totalmente arbustivo o lignifica-te solo nella parte basale, con rami fertilierbacei che si rinnovano annualmente, erettio striscianti, e con gemme situate ad un’al-tezza non superiore ai 25-50 cm dal suolo.Le piante con rinnovazione totale e annualedei rami fioriferi sono i suffrutici.

Altre forme biologiche, non presenti trale piante legnose, sono le emicriptofite, erbeperenni con gemme situate a livello delsuolo, le geofite, con gemme sotterraneeportate da bulbi e rizomi, le idrofite o pianteacquatiche e le terofite, ossia le pianteannuali degli ambienti più o meno aridi.

In relazione al variare delle condizioniambientali, una pianta può passare da unaforma biologica ad un’altra. Ad esempio,un’emicriptofita può lignificare la parte infe-riore del fusto e passare così ad una camefi-ta, come si può osservare in alcune gramina-cee perennanti e in alcune euforbie; il ricinosi comporta come un alberello nei luoghicaldi, e come una pianta annuale nelle areecollinari, producendo semi fertili, ma nonresistendo alle basse temperature.

L’insieme delle forme biologiche dellaflora di una determinata regione, ricondotte

al valore percentuale, costituisce lo spettrobiologico e per la Sardegna le fanerofite,sulla base della Flora d’Italia di Pignatti,rappresentano l’8,8% del totale (Camarda,1983). Questo valore, anche sulla base dellepiù recenti indagini floristiche, dovrebbemantenersi più o meno stabile o diminuiresolamente di poco.

FenologiaL’azione concomitante della luce e della

temperatura agisce sul ritmo vegetativo,sullo sviluppo delle gemme, sull’espansionedelle foglie, sul periodo di fioritura e di frut-tificazione. Su questi aspetti indaga la feno-logia fornendo dati indispensabili nell’utiliz-zazione delle specie nei rimboschimenti, inagricoltura e nel giardinaggio.

La scalarità nella fioritura, fruttificazionee disseminazione di una specie è di notevoleimportanza non solo per il singolo indivi-duo, ma anche per la comunità vegetale. Lasfasatura fenologica di una comunità vegeta-le è allo stesso tempo una sorta di coordina-zione tra le diverse specie che la compongo-no, in quanto lo sviluppo contemporaneodelle piante dominanti potrebbe impedire lafioritura di altre. In una comunità vegetaledominata da piante a foglie caduche, le spe-cie degli strati più bassi fioriscono, in gene-re, prima che le nuove foglie dello stratoarboreo attenuino l’intensità della lucenecessaria ad un regolare sviluppo.

La fioritura, sia nelle specie semprever-di, sia in quelle caducifoglie, può essereindotta, in modo del tutto anomalo, dall’an-damento stagionale. Così, il pero, il perastroo il prugnolo, dopo un’estate molto arida,alle prime piogge autunnali possono spora-dicamente rifiorire, ma senza possibilità diportare a maturazione i frutti, se non in casidel tutto eccezionali come nelle precocimeline di S. Giovanni. Non mancano, tutta-via, casi particolari, come ad esempio, ilgelso (Morus alba) che, in diverse localitàdella Sardegna nell’autunno 2006, ha porta-to a maturità una seconda fruttificazionesenza perdere le foglie. Fioriture autunnalisi possono avere soprattutto nel leccio o

19

Page 20: Alberi Arbusti 2008

nella sughera, a seguito della ripresa vegeta-tiva con l’emissione di nuovi getti.

Areale e area di distribuzione in SardegnaOgni specie vive in una determinata area

geografica più o meno estesa, detta areale,dove si propaga spontaneamente. L’arealepuò essere unitario o chiuso quando la spe-cie (es. il leccio) è distribuita in una determi-nata area geografica senza interruzioni signi-ficative, oppure può essere discontinuo odisgiunto quando la specie è distribuita inpiù aree distinte, separate da barriere (deser-ti, catene montuose, oceani) che non posso-no essere superate con i soli mezzi di disper-sione (vento, acqua, uccelli, mammiferi)propri e caratteristici per ogni specie. È que-sto il caso, ad esempio, dell’erica arboreadiffusa nelle Isole Canarie, nel bacino medi-terraneo e in alcune limitate aree dell’Africasub-sahariana. Tuttavia una montagna puòrappresentare una barriera per una specie manon per un’altra.

L’areale di una specie è definito fram-mentato quando la distribuzione è limitataad alcune aree geografiche relativamentevicine ma accomunate da caratteristiche eco-logiche simili, come si verifica, ad esempio,nel caso del crespino dell’Etna, che si rinvie-ne sulle aree alto-montane della Corsica,della Sardegna, della Calabria e della Sicilia.Si parla di areale pregresso per le specieviventi di cui si conoscono resti fossili inaree molto più estese dell’areale attuale.Presenta questo tipo di areale la palma nana,oggi distribuita lungo le coste del Mediterra-neo occidentale, ma diffusa nel passatoanche nella parte orientale.

In tutti i casi, si parla sempre di specienative, ossia che vivono in una determinataarea a prescindere dall’intervento diretto oindiretto dell’uomo.

Altre specie di particolare interesse fore-stale o agronomico (castagno, ciliegio) sonostate diffuse al di fuori della loro zona d’ori-gine e talora si sono spontaneizzate, per cuiin un determinato territorio ritroviamo siapiante native, sia piante esotiche, intendendocon questo termine le specie non native pro-

venienti da regioni più meno lontane o daaltri continenti. Questo processo, che inte-ressa tutte le categorie di piante, ha subitouna fortissima accelerazione nell’ultimosecolo e rappresenta una delle principaliemergenze ambientali del nostro tempo.

Oggi l’areale può essere rappresentato inmodi diversi, grazie ai sistemi computeriz-zati che consentono di visualizzarne, anchetramite sfumo, la frequenza e abbondanza.Classicamente, l’areale delle piante si rap-presenta tramite punti inseriti in un reticologeografico ad una determinata scala, quandosi ha un insieme adeguato di dati; attraversolinee continue se la specie si riscontra concontinuità in un determinato territorio, pur inmancanza di dati puntuali; attraverso lineetratteggiate quando la conoscenza è parzialee in alcune aree non è accertata o solamentepresunta.

Alcune specie vivono in una sola areageografica come un’isola o un gruppo diisole, una montagna, un litorale. Talora, lasuperficie è ridotta a poche centinaia dimetri quadri: si parla in questo caso di area-le puntiforme. Tali specie sono dette endemi-che e sono contrapposte a quelle con arealemolto ampio, le cosmopolite, distribuite ingran parte del mondo. Tra queste categorieestreme vi è una serie di categorie interme-die, indicate sulla base della loro reale distri-buzione sul territorio. Si citano qui alcunedelle più comuni in Sardegna: Steno-medi-terranee, se sono limitate alla fascia costieradel bacino mediterraneo, Euri-mediterraneese si riscontrano anche nelle aree interne col-linari, Oromediterranee delle alte montagne,Atlantiche con diffusione prevalente nellecoste europee dell’Oceano Atlantico, Eura-siatiche, che si estendono dall’Asia all’Eu-ropa, Subtropicali, diffuse nei paesi dellafascia sub-tropicale e temperato-calda.

Le varie categorie sono suddivise insotto-categorie, che tendono a rappresentaresia la distribuzione reale, sia le linee di flus-so di gruppi di piante aventi un’ipoteticaidentica origine geografica.

Queste categorie rappresentano i tipi coro-logici, riassumibili nello spettro corologico di

20

Page 21: Alberi Arbusti 2008

Carta della Sardegna (scala circa 1:1.000.000).

Page 22: Alberi Arbusti 2008

22

Foresta di Quercus ilex su substrato calcareo lungo la costa del Golfo di Orosei.

Page 23: Alberi Arbusti 2008

23

una regione, definito in termini percentuali,ed è particolarmente utile quando si tenta diindividuare e caratterizzare l’origine dellaflora di una particolare regione geografica. Inparticolare, la Sardegna si colloca in posizio-ne centrale nel bacino mediterraneo e, secon-do Arrigoni (1983), si inquadra nel SettoreSardo del Dominio fitogeografico Sardo-corso, in cui si possono distinguere tre sotto-settori principali: quello delle Montagne cal-caree centro-orientali, quello delle Montagnesilicee e quello Costiero-collinare. I singolisottosettori si suddividono ulteriormente indistretti caratterizzati dalla regione geografi-ca, dalla morfologia e/o dalla natura geolito-logica.

EcologiaL’ecologia vegetale indaga sui rapporti

tra le piante e l’ambiente e permette di cono-scere l’interdipendenza e le correlazioni tra ifattori fisici e biologici che presiedono alciclo vitale di una determinata specie.

Tutti gli organismi vegetali sono stretta-mente condizionati nel loro sviluppo dal-l’ambiente in cui vivono. Fattori fisici (posi-zione geografica, clima, orografia, penden-za, esposizione), edafici (substrato geo-pedologico, tipo di suolo, disponibilità idri-ca), biotici (capacità di propagazione e dis-seminazione, simbiosi, parassitismo, compe-tizione), antropici (tagli, incendi, pascolo,inquinamento) determinano la presenza dimolte specie, la loro abbondanza, il tipo dicrescita e di distribuzione sulla superficieterrestre. L’ambiente è la risultante dellecomponenti climatiche, pedologiche, morfo-logiche, biotiche (intese queste ultime anchecome il complesso rapporto piante-animali)che caratterizzano l’area di vita di una spe-cie, cioè il suo habitat.

Le piante debbono adattarsi morfologica-mente e fisiologicamente ai diversi fattoripresenti nei singoli ambienti; in particolarealla disponibilità di acqua, alle variazioni ditemperatura e luminosità e alle caratteristi-che del suolo.

In relazione alla luce le piante si suddivi-dono in sciafile, che tollerano bene l’ombra,

ed eliofile, che, al contrario, hanno bisognodi molta luce. Talvolta piante eliofile hannonecessità nei primi stadi del loro sviluppo dipoca luce, mentre le piante sciafile, in zonemolto luminose o se viene a mancare la pro-tezione ombrosa, possono crescere stentata-mente, deperire o morire. Ogni specie ha ilsuo optimum di temperatura, e la resistenzaai massimi ed ai minimi è dovuta alle carat-teristiche di adattabilità e alla particolarefisiologia di ogni organismo vegetale.

Sulla vita e sulla distribuzione delle pian-te ha grande importanza il suolo. Alcunespecie sono indifferenti al substrato pedolo-gico (es. Quercus ilex), altre sono legate aparticolari tipi di suolo. Si riconoscono lepiante calcicole o basifile, che vivono esclu-sivamente su suoli calcarei (es. Erica multi-flora), e quelle silicicole o acidofile, chevegetano nei suoli silicei o comunque acidi(Erica arborea).

L’acqua ha una primaria importanza nellavita delle piante, in quanto interviene in tuttii processi fisiologici. Le piante prendono lamaggior parte dell’acqua a loro necessariadal terreno e le precipitazioni rappresentanoquindi un fattore vitale, in mancanza delquale può cessare la vita. L’acqua assorbitadalle piante tramite le radici è anche, ingrandissima parte, restituita all’atmosfera,attraverso l’evapo-traspirazione, sotto formadi vapor acqueo. Gli organismi vegetali deb-bono pareggiare il loro bilancio idrico e perquesto, per adattarsi all’ambiente, attuanogli accorgimenti più vari sviluppando strut-ture morfologiche e aspetti fisiologici parti-colari.

I diversi adattamenti morfologici, in rela-zione alla maggiore o minore disponibilitàdell’acqua nei vari ambienti che le ospitano,fanno ascrivere le piante a tre principalicategorie ecologiche: mesofite, idrofite exerofite.

Le mesofite vivono in zone fresche o tem-perate con oscillazioni più o meno regolaridi temperatura e di precipitazioni. Non pre-sentano particolari adattamenti morfologicie fisiologici, ma risentono in modo notevoledelle brusche variazioni climatiche. Il cor-

Page 24: Alberi Arbusti 2008

24

Albero monumentale di Quercus pubescens in portamento invernale.

Page 25: Alberi Arbusti 2008

bezzolo, ad esempio, in annate particolar-mente siccitose, soprattutto su substrati cal-carei aridi, può deperire o morire, mentrespecie più resistenti all’aridità come il lenti-sco o il rosmarino riescono a sopravviveresenza danno.

Le idrofite sono le piante erbacee chenormalmente vivono nell’acqua, galleggian-ti, sospese o immerse totalmente. Sono loroaffini, come categoria, le elofite che presen-tano strutture rizomatose parzialmenteimmerse nella melma e temporaneamentenell’acqua. Generalmente, le idrofite/elofitehanno le foglie aeree o galleggianti conlamina ampia e sottile e con un parenchimaricco di ampi spazi intercellulari (aerenchi-ma). Le foglie sommerse presentano unlembo settato o sottilmente diviso per resi-stere alla forza delle correnti. Le piante igro-fite sono quelle che prediligono il contattocon l’acqua, almeno durante le fasi di mag-giore attività fisiologica, come l’ontanonero, l’oleandro, l’agnocasto, i salici, i piop-pi e le tamerici.

Le xerofite comprendono tutte quellepiante che vivono in ambienti con poca di-sponibilità di acqua nel terreno. Per pareg-giare il bilancio idrico devono, con diversiaccorgimenti, limitare la traspirazione e/oaumentare l’assorbimento dell’acqua. Nellezone litoranee e montane, dove si verificanogli estremi climatici, le piante hanno unapparato radicale, spesso, molto più svilup-pato di quello aereo. Altri accorgimenti sonodati dalla trasformazione delle foglie, o partidi esse, in spine, dalla caduta delle foglie,dalla posizione degli stomi in rientranze dellembo fogliare, dai rivestimenti cerosi opelosi e dai parenchimi acquiferi. Alcunexerofite presentano foglie rigide, coriacee,talora piccole con ispessimento della cutico-la e rivestimenti cerosi. Sono le sclerofillesempreverdi, tipiche del clima di tipo medi-terraneo, come quercia spinosa, leccio,sughera, lentisco, fillirea, corbezzolo.

Le piante che invece vivono in ambientiancora più difficili, come le dune sabbioselitoranee, le zone molto sassose, gli ambien-ti lagunari salmastri, le rupi e i muri, dimi-

nuiscono la superficie traspirante, condiversi accorgimenti: ispessendo l’epider-mide e la cuticola, trasformando le foglie edil fusto in organi succulenti, riducendo l’ap-parato aereo con fenomeni di nanismo, svi-luppando un esteso apparato rizomatososotterraneo, producendo bulbi o un sistemaradicale profondo. Questi particolari adatta-menti, spesso anche strani e curiosi, che siosservano nelle spiagge, negli stagni, nellelagune, fanno ascrivere le specie che li abi-tano alle categorie delle psammofite, tipichedi substrati incoerenti come le sabbie, edelle alofite, tipiche di ambienti ad accen-tuata concentrazione salina. Le litofite,casmofite o comofite sono proprie degliambienti sassosi o rupestri.

Fra i fattori climatici minori il vento eser-cita effetti positivi, favorendo l’impollina-zione e la disseminazione, o negativi aseconda della velocità e della direzione.Favorisce anche la formazione di garigherupestri con le tipiche forme a cuscino e ladiffusione degli arbusti nani prostrati, comu-ni nelle aree costiere e d’alta montagna.

I GRANDI ALBERI

Un altro capitolo che abbiamo voluto trat-tare in modo specifico è quello relativo aigrandi alberi, tanto più preziosi quanto piùsoggetti a rarefazione per eventi vari, cometagli e incendi. La loro importanza assumerilievo di giorno in giorno in quanto, a pre-scindere dalla suggestione che essi suscitanoin gran parte delle persone, conservano nelloro tronco e nella loro forma la storia deiclimi passati, e sono testimonianze prezioseper il futuro, che appare sempre più incertoproprio nel clima. È ormai noto che il feno-meno dei cambiamenti climatici appare comeun fatto certo e sempre più chiaramente lega-to anche a cause antropiche, come sostienegran parte degli studiosi del fenomeno.

La Sardegna ha conservato alcuni tra i piùgrandi alberi del bacino mediterraneo, tra iquali oleastri, olivi, filliree, lecci, roverelle,tassi, corbezzoli, sicuramente pluricentenari e

25

Page 26: Alberi Arbusti 2008

in diversi casi millenari, distribuiti in tutta l’I-sola, sia nei luoghi più remoti e difficilmenteaccessibili ma anche in siti di facile accesso;alberi che rappresentano un importante patri-monio scientifico ancora poco indagato. Inmolti casi, i luoghi legati direttamente a que-ste piante sono divenuti celebri e sono unameta turistica con flusso anche di migliaia dipersone all’anno. La giusta esigenza di cono-scere e osservare non può essere disgiunta daun’efficace tutela di questi monumenti natura-li, come ad esempio la prevenzione degliincendi o l’adozione di semplici misure cheevitino il calpestio del suolo attorno al tronco,le drastiche potature, la costruzione di murettie la sistemazione di panchine, per un malinte-so senso di valorizzazione a beneficio dellamera curiosità turistica che potrebbe portare inbreve tempo alla loro scomparsa.

LE PIANTE E L’UOMO

SelvicolturaLa gestione e la ricostituzione dei boschi

nelle zone dove sono scomparsi o dove sitrovano in stato di degrado richiedono un’i-donea conoscenza del ciclo vitale, delle esi-genze ecologiche delle singole specie esoprattutto dei processi che, in tempi più omeno lunghi, portano al ripristino dellecaratteristiche ambientali originarie. La sel-vicoltura, ossia la disciplina che si occupadella gestione dei boschi esistenti e dell’im-pianto dei nuovi, ed in particolare la selvi-coltura naturalistica, opera tenendo contodelle caratteristiche delle specie e dell’am-biente. Nel ricostruire una formazione fore-stale su suolo nudo il mezzo più seguito èquello dell’introduzione di specie arboreecosiddette pioniere e di arbusti che, per leloro capacità edificatrici sul terreno, favori-scono la successiva introduzione di speciepiù esigenti. Questa pratica è particolarmen-te complessa e non può prescindere dallaconoscenza delle serie dinamiche dellavegetazione, che possono variare da luogo aluogo. Ma soprattutto occorre tenere presen-te che una determinata specie nei contesti

ambientali diversi può giocare un ruolo dif-ferente.

I boschi possono essere governati afustaia o a ceduo. La fustaia può rinnovarsiper via naturale o essere favorita dall’uomocon il trapianto di piante nate da seme oanche tramite la moltiplicazione vegetativa,come nei pioppeti.

Il bosco governato a ceduo semplice ècostituito quasi totalmente di polloni derivan-ti dalle ceppaie tagliate periodicamente conturno relativamente breve, variabile da speciea specie. Forme intermedie nel governo deiboschi si hanno con il ceduo composto, doveè mantenuto un numero di matricine, sia conla funzione di produrre semi, sia per attenua-re l’impatto degli agenti atmosferici sul suolo.

Storicamente, in Sardegna, i rimboschi-menti hanno visto soprattutto l’utilizzazionedi conifere esotiche, come pino nero e cedrodell’Atlante, e anche ai fini della produzionedi pasta cartaria sono state impiegate diversespecie di pini che hanno dato risultati moltocontroversi.

La tendenza attuale nella selvicolturamediterranea è quella di preferire l’utilizza-zione di specie autoctone, rispetto a quelleesotiche, al fine di favorire il ripristino delleformazioni naturali e di favorire, altresì, laricostituzione boschiva a partire dai boschidegradati e dalle macchie evolute, piuttostoche intervenire ex novo sulle superfici privedel tutto di vegetazione legnosa.

Nelle zone costiere sono soprattutto ipini, gli eucalitti e le acacie ad avere avuto lamaggiore diffusione nelle case delle vacanzee nei villaggi turistici, ma non è trascurabilel’introduzione delle specie più disparate ascopo ornamentale. Un capitolo apposito èstato redatto per indicare le specie esoticheprincipali che entrano a far parte del paesag-gio vegetale isolano.

EtnobotanicaLe piante, sin dalle prime fasi di organiz-

zazione sociale in tutte le aree geografichedel mondo, oltre che di essenziale fonte dialimento, ebbero anche un ruolo importantenelle pratiche religiose, nelle arti magiche,

26

Page 27: Alberi Arbusti 2008

27

Nuraghe: una delle migliaia caratteristiche costruzioni preistoriche della Sardegna.

Recinto tradizionale per il ricovero degli animali domestici costituito da tronchi di Juniperus oxycedrus.

Page 28: Alberi Arbusti 2008

28

Caratteristica capanna tradizionale di pastori (pinnetta) nel Gennargentu.

Bosco di Quercus suber dopo l’estrazione del sughero.

Page 29: Alberi Arbusti 2008

nella medicina e soprattutto nell’agricoltura.Fin dai tempi più remoti iniziarono i

primi tentativi di classificazione che teneva-no conto del fine pratico delle piante: ali-mentari, velenose, medicamentose, etc., eallo stesso tempo iniziò la coltivazione dellepiante per questo scopo. La nascita dell’agri-coltura viene fatta risalire a circa 10.000anni or sono, ma anche la coltivazione dellepiante per scopi diversi dall’alimentazioneumana è ugualmente molto remota, comeviene tramandato dalle antiche raffigurazio-ni egizie e dagli scritti sui celebri giardinipensili di Babilonia. L’istituzione di un pri-mitivo orto botanico, nel IV secolo a.C., èattribuita a Teofrasto, allievo di Aristotele, esicuramente strutture analoghe si trovavanopresso gli speziali dell’antica Roma. Verso lafine del periodo romano e nel basso Medioe-vo i primi luoghi dove si coltivavano le pian-te per scopi medicinali, sulla base dei tratta-ti dei celebri medici del passato, furono imonasteri. Nel Medioevo cominciarono acomparire anche i primi «erbari figurati»,dove le piante erano rappresentate con ico-nografie, che mettevano in risalto, con un’a-deguata simbologia, le proprietà terapeuti-che o le virtù magiche. Nel XV secolo furo-no istituiti i primi Orti Botanici, chiamatiancora Orti dei Semplici, ma è soprattuttonel XVI secolo che assumono grande rile-vanza, presso le principali università, primain Italia, con quelli di Padova e di Pisa, pres-soché contemporanei, e quindi in tutte leprincipali città universitarie europee.

La conoscenza delle piante e dei principi“semplici” era indispensabile nella profes-sione del medico, che si avvaleva dell’erbo-rario per la preparazione di pozioni, unguen-ti, antidoti, avvalendosi della teoria dei segnie spesso associando il tutto a formule magi-che o religiose. Secondo questa teoria lasomiglianza di un organo della pianta con unorgano o una parte del corpo umano potevacostituire un indizio utile per ricavare un ele-mento semplice curativo, ciò che evidente-mente non ha relazione alcuna di causa-effetto. Sulla base delle conoscenze delmondo greco, latino e arabo, nel 1544 il

medico senese Mattioli produsse una summasulle conoscenze mediche di quel periodo,legate alle piante, che hanno avuto un’inci-denza enorme in gran parte dell’Italia manon solo.

Nel secolo XX con il grande sviluppodella chimica, che ha permesso, prima, diindividuare i principi attivi delle piante e poila loro preparazione per via di sintesi, moltespecie vegetali hanno perso d’importanza econsiderazione. Tuttavia, oggi, in tutto ilmondo esiste una maggiore attenzione versoi saperi tradizionali e verso l’etnobotanica inparticolare. Un altro motivo di grande inte-resse delle piante è quello relativo alla loroutilizzazione come fibre tessili, per lavori diintreccio e come coloranti naturali. Questeattività artigianali costituiscono, anche neipaesi economicamente più sviluppati,un’importante fonte di reddito sempre piùapprezzata. La conoscenza dell’utilizzazionedelle piante, che rischiava di essere cancella-ta dal patrimonio culturale dell’uomo nellesocietà a forte sviluppo economico, è oggirivalutata. Si cerca, infatti, da diversi puntidi vista di recuperare, approfondire, vagliarecriticamente le notizie esistenti, non solocome curiosità, ma anche per gli immanca-bili progressi che possono portare nel camposcientifico.

In Sardegna, il recente compendio delleconoscenze etnobotaniche ad opera di Atzei(2003) ha messo in luce uno straordinariopatrimonio di dati che merita di essereopportunamente valorizzato.

Con il termine etnobotanica si è volutoindicare tutti quegli aspetti di utilizzazionetradizionale delle piante che vedono un rap-porto diretto fra esse e l’uomo, senza entrarenel merito di valutazioni critiche, che esula-no dagli scopi del presente volume.

LA NOMENCLATURA

Nome scientificoNel lontano passato le piante erano chia-

mate con un solo nome, ma con il grandeaumento delle conoscenze, già nel Medioe-

29

Page 30: Alberi Arbusti 2008

vo, si arrivò a indicarle con una breve e sin-tetica descrizione delle principali caratteri-stiche morfologiche. L’aumento costantedelle conoscenze sulla flora rese del tuttoinadeguato questo sistema, superato dalnaturalista svedese Carlo Linneo che, nel1753, nella sua opera in due volumi SpeciesPlantarum, istituì il “binomio nomenclatura-le” per indicare una specie. Il nome scienti-fico delle specie vegetali è pertanto compo-sto da due parole in lingua latina: il primonome indica il genere e il secondo l’epitetospecifico.

Il binomio nomenclaturale è seguito dalnome abbreviato o per esteso del botanicoche per primo ha descritto una determinataspecie.

Ad esempio il nome scientifico correttodel lentisco è Pistacia lentiscus L. ed è unbinomio inscindibile che identifica in modounivoco questa specie. La prima parola checompone il binomio è anche il nome delgenere che raggruppa più specie affini:Pistacia lentiscus L., Pistacia terebinthusL., Pistacia vera L.; la seconda rappresental’epiteto specifico che, assieme al primo,identifica la specie. La lettera “L.”, chesegue il binomio, è l’abbreviazione di Lin-neo e significa che la specie fu descritta daquesto autore. È errato, quindi, per indicareuna specie, usare solo l’epiteto specifico,lentiscus, vera, etc., mentre è consentitoabbreviare il nome del genere: P. lentiscusquando non vi sia possibilità di equivoco.

Nei testi scientifici il nome dell’autore èseguito, generalmente, dall’indicazionebibliografica abbreviata dell’opera dove èstata pubblicata la prima descrizione validadella specie, completata dall’anno di pubbli-cazione: Pistacia lentiscus L., Sp. Pl.,2:1026 (1753).

Per una specie possono esistere diversinomi scientifici qualora sia stata descritta intempi diversi indipendentemente da piùautori. Il castagno, per esempio, fu attribuitoda Linneo al genere Fagus e chiamato Faguscastanea, ma Miller, più correttamente, nel1768 lo classificò come Castanea sativa,mentre Lamarck nel 1783 lo indicò come

Castanea vulgaris. In questo caso vale il cri-terio di priorità e la specie è indicata con ilnome di chi la descrisse in modo corretto perprimo, mentre il secondo diventa un sinoni-mo nomenclaturale: Castanea sativa Miller= Castanea vulgaris Lam.

Spesso una pianta è stata attribuita a duegeneri diversi da autori differenti. Ad esem-pio la ginestra corsicana fu descritta da Loi-seleur nel 1807 e fu da questi inclusa nelgenere Spartium come Spartium corsicum.Successivamente De Candolle, nel 1815, neindicò l’appartenenza al genere Genista. Inquesto caso il nome del primo autore vainserito tra parentesi e la nomenclatura cor-retta è quindi Genista corsica (Loisel.) DC.

Il nome scientifico ha carattere interna-zionale e segue precise regole disciplinatedal Codice Internazionale di Nomenclatura,che viene aggiornato ogni quattro anni ed èad esso che deve attenersi chiunque debbaoccuparsi di nomenclatura botanica in termi-ni scientifici, quando si descrivono nuoveentità o si sottopongono a revisione generi ogruppi di piante già conosciuti.

Riveste particolare importanza il luogo diprovenienza dei campioni sui quali unadeterminata specie è stata descritta per laprima volta. Si parla in questo senso di locusclassicus, per la regione o località, e di olo-tipo per il relativo campione. Non sempre,tuttavia, è agevole individuare in modo chia-ro la località e l’olotipo; questo può genera-re complicazioni che hanno risvolti impor-tanti dal punto di vista sia tassonomico siasistematico.

Nomi volgari e dialettali Alla terminologia scientifica si affianca-

no i nomi volgari. Il nome scientifico in lati-no permette agli studiosi di usare una termi-nologia comune, mentre il nome volgare,proprio di una regione, coincide con la lin-gua parlata e consente lo scambio di infor-mazioni solo nel territorio di appartenenza,spesso anche molto limitato. Anche in Sar-degna, come in tutte le regioni del Mediter-raneo, l’antica matrice punica, greca, latina,araba, incontrando il sostrato linguistico

30

Page 31: Alberi Arbusti 2008

locale, ha generato una vastissima gamma dinomi legati alle caratteristiche morfologi-che, estetiche, alle utilizzazioni del legno odei frutti, agli usi più correnti e più strani, ariferimenti mitologici, a credenze magiche otradizioni religiose. Nelle varianti localidella lingua sarda gli alberi e gli arbusti pre-sentano una ricchissima varietà di nomi lacui radice semantica non sempre trova unaspiegazione esauriente e condivisa. In tutti imodi il sistema nomenclaturale locale pre-senta ugualmente aspetti che possono esseredefiniti scientifici (Camarda, 2006).

Alcune specie a larga diffusione, caratte-rizzate da una precisa individualità morfolo-gica e legate a particolari usi o pratiche sel-vicolturali, hanno un nome uguale, o conpiccole varianti fonetiche locali, in tutta laregione: Pirastru/Pirastu per indicare ilperastro, Eliche/Eligi per indicare il leccio.Altre invece presentano nomi assai diversi aseconda delle località: Enis, Nibaru, Tassu,Longufresu per indicare il tasso; Iddostro,Scopalzu, Salina, Tuvara, Frammiu per l’e-rica da scope. Talvolta, i nomi variano anchenell’ambito di uno stesso paese a secondadel rione.

Accade anche che nomi uguali sianoattribuiti a specie differenti, ad esempioNibaru indica il tasso nel Goceano e il gine-pro coccolone nel Sassarese. Per questomotivo abbiamo preferito svolgere una ricer-ca originale su vari paesi dell’Isola, vaglian-do criticamente, e nel limite del possibile, leindicazioni riportate da Cara (1889), Wagner(1960-62), Cossu (1968) e tanti altri autoriche si sono occupati di nomi locali. Recente-mente sono comparse diverse indagini sia alivello locale, sia di sintesi monografica(Congia, 1998); De Martino, 1996). Dizio-nari della lingua sarda comparsi recentemen-te recepiscono in genere le indicazioni deitesti specialistici (Espa, 1999; Farina, 2002;Pittau, 2004; Paulis, 2004). Un’analisi parti-colarmente approfondita sull’origine deinomi di molte specie si ha in Paulis (1992).

Nel testo, accanto al nome dialettale, èstato riportato, fra parentesi, il corrispondentepaese dove tale nome è usato più frequente-

mente e in modo appropriato. Sono stati, inol-tre, trascritti, al fine di non perdere l’informa-zione, i nomi dialettali che sono usati o ripor-tati in modo generico in letteratura, senza indi-cazione del paese o senza riscontro in loco.

ClassificazioneGli organismi vegetali, sia viventi che fos-

sili, sono ordinati in gruppi di ordine crescen-te chiamati categorie tassonomiche o taxa.Questo ordinamento, che costituisce il fonda-mento della classificazione, è basato sull’affi-nità dei vari organismi fra loro e sulle linee didiscendenza da uno o più capostipiti.

Lo studio delle affinità, per poter costruirela classificazione, è compito della sistemati-ca, mentre l’applicazione dei principi e delleregole delle classificazioni è affidata alla tas-sonomia. La sistematica moderna nel definireuna specie considera tre aspetti fondamentali,ossia: 1) i caratteri morfologici (su questi erabasata la sistematica di Linneo) definisconola cosiddetta specie tipologica, perché basatasul campione tipo sul quale è stata descritta laspecie; 2) i caratteri biologici (numero cro-mosomico, fenologia, presenza di compostichimici) definiscono la specie biologica. Intutti i casi devono essere tenuti in considera-zione 3) i parametri ecologici delle stazionidove una certa specie vive. Pertanto una spe-cie rappresenta allo stesso tempo un’unitàmorfologica, un’unità biologica ed un’unitàecologica, con questo volendo intendere cheha una precisa discontinuità con altre entitàaffini dello stesso genere.

Le specie sono definite non solo in basealle differenze e affinità attuali, ma anchesecondo la filogenesi, ossia in base allemodificazioni che un determinato gruppo dipiante ha subito attraverso le ere geologiche.

I progressi degli ultimi anni nel campodella genetica e della mappatura del materia-le genico hanno dato un forte impulso allariconsiderazione di gruppi di difficile inqua-dramento sistematico con l’ausilio di questotipo di analisi. È certo che nel prossimo futu-ro la sistematica delle piante potrà essereampiamente rivisitata alla luce di questadisciplina, dando un notevole contributo

31

Page 32: Alberi Arbusti 2008

anche alla comprensione della filogeografiae dell’origine ed evoluzione della flora diuna determinata regione.

Le principali categorie tassonomiche(taxon-taxa) in ordine crescente sono: spe-cie, genere, famiglia, ordine, classe, divisio-ne, phylum. A ciascun taxon sono subordina-ti altri taxa quali sottospecie, sottogenere,tribù etc. Vi è da ricordare che con il termi-ne taxa, seppure impropriamente, è invalsol’uso di indicare il numero delle specie dellaflora di una regione.

La categoria tassonomica che sta allabase operativa della classificazione è la spe-cie e viene indicata, in ogni parte del mondo,con un binomio nomenclaturale in latino. Aldisotto della specie sono collocate dellecategorie subordinate quali sottospecie,varietà, forma, indicate rispettivamente con“ssp. o subsp.”, “var.”e “f.”.

Per le piante coltivate si seguono le rego-le del Codice di Nomenclatura delle PianteColtivate, soprattutto in rapporto alle Culti-var (Cv.). Mentre i nomi varietali delle pian-te spontanee sono scritti in corsivo precedu-ti dall’abbreviazione var., i nomi delle culti-var sono scritti in tondo con l’iniziale maiu-scola preceduta dall’abbreviazione Cv. In talmodo è possibile comprendere in terminiimmediati se trattasi di piante selvatiche ocoltivate.

Le specie che hanno molti caratteri incomune sono riunite in gruppi più grandi,detti genere. Questa categoria tassonomicapuò comprendere molto di rado una sola o,nella stragrande maggioranza dei casi, piùspecie. Si hanno quindi generi mono- opluri-specifici. Il nome adoperato per desi-gnare un genere è di origine varia e puòesprimere, per mezzo della composizione diparole greche o latine, uno dei caratteri piùimportanti e comuni alle specie che vi sonoriunite; ad esempio Rosmarinus deriverebbeda ros e da marinus, ad indicare il colore deifiori e l’ambiente preferito delle specie diquesto genere, Calycotome da calyx e datomé che significa calice tagliato, caratterecomune alle specie di questo genere. Puòindicare una caratteristica generale o appli-

cativa delle entità, come Sambucus da sam-buce o flauto, per l’utilizzazione in tal sensodei rami una volta privati del midollo centra-le; può essere dedicato a uomini illustricome Linnaea a Linneo, o addirittura può,anche, non avere alcun significato comeLogfia o Iglofa, semplici anagrammi di Fila-go, che indicano il genere comprensivo dacui hanno tratto origine.

Analoghi criteri sono adottati, anche, perla scelta dell’epiteto specifico, il quale indi-ca spesso anche un carattere morfologico(Phillyrea latifolia), ecologico (Convolvo-lus arvensis), geografico (Genista sardoa),il cui significato è di immediata compren-sione.

I generi che presentano caratteri in comu-ne sono a loro volta riuniti in gruppi piùgrandi detti famiglia. A questa categoria tas-sonomica si dà la desinenza -aceae e il nomeusato per indicarla può derivare da uno deigeneri presi come tipo: Rosaceae da Rosa,Ericaceae da Erica, o da un carattere comu-ne a molti generi, come il legume che carat-terizza le Leguminosae o la conformazionedella corolla nelle Labiatae che tuttavia inbase alle moderne regole nomenclaturalisono chiamate rispettivamente Fabaceae eLamiaceae.

Le famiglie che presentano tra loro affini-tà sono raggruppate in ordini, il cui nometermina con -ales, es. Rosales.

Sempre con lo stesso criterio di riunirecategorie affini, gli ordini sono riuniti inclassi, talvolta con desinenza -opsida, e que-ste in divisioni o phylum con il nome che ter-mina con -phyta.

In questo volume sono descritte solopiante con ovuli e semi cioè Spermatofite.Nelle moderne classificazioni, le piante conovuli o semi nudi appartengono alle Gimno-spermophyta (Gimnosperme) e le specie quitrattate alla divisione delle Coniferophyta oPinophyta (Conifere). Le piante con ovuli esemi racchiusi nell’ovario sono attribuitealle Magnoliophyta o Angiospermophyta(Angiosperme). Le specie illustrate in que-sto volume sono piante legnose e fanno partetutte della classe delle Magnoliopsida (Dico-

32

Page 33: Alberi Arbusti 2008

tiledoni), ad eccezione delle palme, la cuiunica specie spontanea in Sardegna è Cha-maerops humilis, che appartengono alleLiliopsida (Monocotiledoni).

Le Pinophyta sono caratterizzate: da ovulie da sacche polliniche portate da squame fer-tili, riunite in infiorescenze globose o a cono;dalla trasformazione dell’ovulo in seme; dafoglie di varia forma e struttura, ma general-mente squamiformi o aghiformi; dal legnoomoxilo formato da fibrotracheidi; dalla nettapredominanza di forme arboree o arbustive.

Dopo la fecondazione si ha, nei pini, neicipressi e negli abeti, la lignificazione dellesquame fertili, mentre nei ginepri avviene lamodificazione delle squame in strutture car-nose, globose, simili ad una bacca e nel tassola formazione di un parziale involucro car-noso attorno al seme.

Le Gimnosperme comprendono solo pian-te legnose perenni. Le forme ancestrali com-parvero nel Devoniano superiore quando sioriginarono i primi ovuli. Nel Carboniferoiniziò l’evoluzione di questo gruppo e l’irra-diazione su tutta la Terra. Nel Giurassico,noto anche come l’era delle Gimnosperme, siebbe la maggiore diffusione che continuòsino al Cretaceo inferiore quando subentròuna lenta estinzione di molte specie. Il mag-gior numero di Gimnosperme attuali appar-tiene alle conifere che si differenziarono nelPermiano, caratterizzato da un clima freddo earido.

Le Magnoliophyta (Angiosperme) sonocaratterizzate dagli ovuli racchiusi in fogliecarpellari che formano un ovario; da fioriregolari o irregolari, unisessuali o bisessuali,con uno o due involucri, isolati o riuniti ininfiorescenze di vario tipo; da foglie conforma, margine, nervatura estremamentevariabili; dalla trasformazione dell’ovario infrutto e dell’ovulo in seme, contenente unembrione talvolta con uno o due cotiledoni econ tessuto di riserva o albume.

Le Magnoliophyta costituiscono unadivisione ricca di specie, e attualmente sonole più diffuse in tutto il mondo e le uniche adaver colonizzato tutti gli ambienti terrestri e,con alcune specie, anche quelli marini.

Le prove della loro comparsa sulla Terrarisalgono, dai reperti fossili, all’Era Meso-zoica in periodi geologici differenti e indiverse aree della superficie terrestre. NelCretaceo hanno avuto la massima diffusioneconseguente ad una notevole differenziazio-ne di famiglie e generi.

Nel Cretaceo inferiore appaiono Magno-liaceae, Moraceae, Salicaceae, Myrtaceaecon il genere Eucalyptus; nel CretaceoMedio e Superiore Juglandaceae, Betula-ceae, Aceraceae, Lauraceae, Tiliaceae, Cor-naceae, Apocynaceae, Palmae, Fagaceae;ed alla fine del periodo Aquifoliaceae, Ana-cardiaceae, Rutaceae, Leguminosae, Rosa-ceae. Contemporaneamente al predominiodelle Angiosperme si ha una grande riduzio-ne delle Gimnosperme, con la scomparsa didiversi generi e specie di conifere.

Nell’Era Cenozoica o Terziaria eranorappresentate quasi tutte le specie oggiviventi. Secondo Pignatti le Angiosperme,che nel Cretaceo costituiscono fino al 25%della flora fossile, nel Terziario raggiunseroil 90%, ed oggi rappresentano il 95% di tuttala flora vascolare.

Le Magnoliophyta (Angiosperme) sonosuddivise in Magnoliopsida (Dicotiledoni) eLiliopsida (Monocotiledoni).

Le Magnoliopsida o Dicotiledoni presen-tano: embrione con due cotiledoni; fiore conperianzio formato da calice e corolla bendistinta e di grandi dimensioni o talvoltaridotta o poco appariscente; numero variabi-le di pezzi fiorali; foglie con lembo, general-mente largo, e nervature per lo più reticola-te; radice a fittone; accrescimento seconda-rio in spessore del fusto e della radice per lapresenza del cambio; piante arboree, arbusti-ve ed erbacee.

Le Liliopsida o Monocotiledoni sonocontraddistinte da: embrione con un solocotiledone; fiore con perigonio formato datre o sei pezzi eguali e disposti su verticillisempre trimeri; numero costante di tre o seipezzi; foglie per lo più allungate e nervatureprevalentemente parallele; radice affastella-ta; assenza di cambio tra legno e libro e diconseguenza mancanza di una struttura

33

Page 34: Alberi Arbusti 2008

secondaria; piante prevalentemente erbacee,talvolta con portamento arboreo (dracena) oarbustivo cespitoso (palma nana).

NOTE TASSONOMICHE, SISTEMATICHE

E VARIABILITÀ

Uno dei problemi sempre attuali perquanti si occupano del mondo vegetale èquello tassonomico. La concezione fissistadi Linneo, che considerava le piante immu-tabili nel tempo, non disgiunta dalla ideolo-gia dominante del suo tempo, si è da subitoscontrata con l’evidenza della variabilità emutabilità degli esseri viventi nella lorodiscendenza. Mentre nelle piante che si pro-pagano per via vegetativa la variabilità èlegata esclusivamente, o quasi, alle condi-zioni ambientali, nella riproduzione per viasessuale si ha un’ampia gamma di differen-ze, che vanno sotto il nome di biodiversitàinfraspecifica e che originano, nel tempo,nuove forme, varietà, sottospecie e specie inun processo lento ma continuo, che poi èanche l’essenza dell’evoluzione e della bio-diversità degli esseri viventi.

Non è sempre facile attribuire in modopreciso ad una entità biologica il nome cor-retto in accordo con quanto stabilito dagliautori che hanno descritto quella determina-ta entità. Anche perché lo sviluppo delleconoscenze, i nuovi metodi di ricerche, l’au-silio di altre discipline, come la fitochimicae la genetica, da cui non si può ormai pre-scindere, sono in continua evoluzione. Lenuove acquisizioni dal punto di vista siste-matico richiedono, conseguentemente, diadeguare anche l’aspetto tassonomico; ciòpuò creare difficoltà, non solo agli amatorima, talora, anche agli stessi studiosi.

Molte specie hanno cambiato di generee a volte di famiglia, che a loro volta ven-gono smembrate o suddivise in sottofami-glie, o viceversa, e così via anche per lecategorie superiori come gli ordini e leclassi. Lo stesso Codice Internazionale diNomenclatura Botanica viene aggiornatoogni 4 anni per rispondere in modo soddi-

sfacente alle esigenze di avere un quadro ilpiù possibile univoco nel campo della tas-sonomia.

Anche rispetto alla passata edizione di que-sto volume, dopo quasi un quarto di secolo, lanomenclatura ha subito numerosi cambiamen-ti, che abbiamo condiviso in gran parte, regi-strando comunque, in caso contrario, le princi-pali variazioni e le nuove proposte. Una corret-ta visione sistematica non si può avere senzauna rigorosa tassonomia nel rispetto dei princi-pi e delle regole stabilite. Per tale motivoabbiamo riportato diverse sottospecie e varietà,i campi di variabilità dei caratteri consideratidiagnostici e un’adeguata, seppure non esausti-va, sinonimia a partire dal basionimo sino allefluttuazioni sistematiche e nomenclaturali piùattuali. Il ginepro nano, ad esempio, ha cam-biato di rango (da sottospecie di Juniperuscommunis ssp. nana a specie indicata comeJuniperus sibirica) ma è ovvio che le sue carat-teristiche morfologiche, biologiche ed ecologi-che sono rimaste le stesse e che si tratta solo diun aspetto formale e non sostanziale dal puntodi vista della sua riconoscibilità.

In diversi casi, particolarmente nei generiJuniperus, Quercus, Cistus e Salix, che pre-sentano particolari difficoltà per la grandevariabilità di tutti i caratteri, permangonoanche tra i botanici opinioni diverse, chefanno parte della normale dialettica scientifi-ca e che potranno essere forse meglio defini-te nel futuro con l’ausilio di tecniche di inda-gine più avanzate o precise di quelle attuali.Non si esclude, infine, la diversa concezioneche diversi autori hanno del concetto di spe-cie. Non sfuggano, tuttavia, i riflessi che que-sto comporta in alcuni campi, come ad esem-pio nelle attività selvicolturali e agrarie,tenendo presente che alla sistematica ed allatassonomia è attribuito anche un fine emi-nentemente pratico e applicativo.

LA FLORA E LE COMUNITÀ VEGETALI LEGNOSE

FloraSolo eccezionalmente le piante, a qual-

siasi categoria biologica appartengano, vivo-

34

Page 35: Alberi Arbusti 2008

no isolate. Normalmente, in un territorio, inrelazione alle condizioni ambientali, tendo-no a riunirsi in comunità formate da unnumero variabile di specie. La conoscenzadella flora ha una notevole importanza per-ché solo attraverso l’analisi della composi-zione floristica è possibile ricostruire la sto-ria naturale di un territorio, anche in riferi-mento alle sue vicende geologiche, climati-che, storico-culturali, dell’uso del suolo, ecomprendere i motivi dell’assetto dellavegetazione attuale.

La flora di una regione, ossia tutte le spe-cie native che vivono in quella determinataarea, è, secondo Emberger (1955), «un fattostorico, 1’espressione della filogenesi dellespecie durante le ere geologiche». Le modifi-cazioni della crosta terrestre, la separazionedei continenti, le variazioni climatiche avve-nute durante le ere geologiche hanno provo-cato l’insorgere di sempre nuove forme divita, la scomparsa di altre formatesi prece-dentemente, la migrazione di ingenti gruppisistematici e il loro susseguente fraziona-mento, la ricombinazione genetica e una dis-tribuzione sempre più simile a quella attuale.

Anche la flora della Sardegna, al centrodell’area mediterranea, riflette queste vicis-situdini geologiche e climatiche. Per cercaredi capire e caratterizzare la flora del sistemasardo-corso sono state proposte diverse ipo-tesi tenendo presente l’elemento geografico,ecologico, storico e genetico. In particolare,per quanto riguarda la Sardegna, Arrigoni(1980) ritiene che la flora sia costituita daspecie antiche che l’Isola “si trascinò” quan-do, alla fine dell’Oligocene, si staccò, unita-mente alla Corsica, dal Continente europeo,e da altre pervenute in Sardegna e Corsicadurante il Messiniano, con il disseccamentodel mare Mediterraneo, nel Pliocene, nelPleistocene e durante l’ultima glaciazione.In effetti, durante questo evento, sino a circa10.000 anni fa (un periodo molto recente dalpunto di vista geologico), le due isole costi-tuivano un’unica entità geografica non sepa-rata dalle Bocche di Bonifacio e molto piùvicina alla penisola italiana tramite pontinaturali dell’Arcipelago Toscano, che con-

sentirono la migrazione di molte specie neidue sensi. I flussi floristici pervengonoanche dall’Oriente, attraverso la Sicilia, edal Nordafrica quando le distanze tra questedue regioni erano ben diverse da quelleattuali (Camarda, 1992).

Testimoni di un antico passato fito-stori-co sono, fra le piante legnose, leccio, sughe-ra, quercia spinosa, pino d’Aleppo, tasso,agrifoglio, ontano, carrubo, alaterno, mirto,lentisco, erica arborea, ginepro feniceo,oleastro, palma nana ed altre ancora.

Le accentuate condizioni di insularitànelle quali molte specie sono venute a trovar-si hanno determinato, inoltre, la selezione el’origine di numerose specie endemiche cherappresentano circa il 10% della flora totale.

Le specie endemiche possono essere:sarde, con areale limitato alla sola Sardegna,come Rhamnus persicifolia, Ribes sardoum,Ribes sandalioticum, molte entità del genereGenista (G. sardoa, G. sulcitana, G. morisii,G. pichi-sermolliana, G. arbusensis, G.toluensis); sardo-corse, quando sono comunialle due isole, come ad esempio Genista cor-sica; tirreniche, nel caso di presenza in Sar-degna e in altre isole del Mediterraneo,come Genista aetnensis.

Attualmente la flora della Sardegna è rap-presentata da circa 2.400 specie, delle qualicirca 250 sono legnose o parzialmente ligni-ficate. Esiste una componente atlantica emontana, ma nel suo complesso, si tratta diuna flora tipicamente mediterranea che si èinsediata e stabilizzata in un clima caldo-arido con massimo di precipitazioni inautunno-inverno. La dendroflora, in partico-lare, è costituita da una elevata componentedi sclerofille, specie sempreverdi con foglierigide e coriacee, e da xerofite, entità conrami corti pungenti e foglie talvolta precoce-mente caduche.

Le differenti condizioni climatiche, lastruttura geo-morfologica e i tipi litologicidell’Isola hanno avuto una notevole influen-za sulla distribuzione e differenziazionedelle specie e hanno permesso l’instaurarsidi microclimi in zone che ospitano spessouna flora esigente e selezionata.

35

Page 36: Alberi Arbusti 2008

COMUNITÀ VEGETALI

La fisionomia di un paesaggio vegetalenaturale è caratterizzata dal modo in cui spe-cie diverse, con stessa affinità ecologica perquanto riguarda le modalità di vita e gli adat-tamenti per la riproduzione, convivono tra diloro costituendo delle comunità vegetali ofitocenosi. L’insieme delle diverse comunitàvegetali più o meno stabili o effimere, asso-ciazioni, che occupano uno spazio definito eche sono fra loro collegate, costituisce lavegetazione di un territorio o di una regione.

Nella formazione di una o più comunitàvegetali si passa attraverso delle tappe checostituiscono serie progressive di successione.Sul terreno e sulla roccia nuda si insediano,dapprima, gli organismi unicellulari, come lealghe azzurre, poi i licheni, costituiti dallasimbiosi di un’alga con un fungo, che inizianola lenta disgregazione del substrato e prepara-no il primo debole strato organico. Su questosottile strato di terreno crescono i muschi e leepatiche e, per loro opera, si ha un’ulterioredisgregazione delle rocce e del terreno conformazione di uno strato umico più profondo.La cattura di polveri sottili e sostanza organi-ca trasportata dal vento consente la vita adorganismi più specializzati. Si insediano quin-di le piante erbacee, come i Sedum e piccolegraminacee, i piccoli suffrutici, seguiti dagliarbusti e, infine, dalle piante arboree.

La comunità vegetale, che si è quindi for-mata, raggiunge una fase di stabilità in equi-librio con il clima, il suolo e la fauna dellastazione. Questo stadio teorico rappresenta ilclimax. Il raggiungimento dello stadio-cli-max può essere ostacolato da fattori di di-sturbo, che bloccano il processo evolutivo oinvertono il processo stesso.

I metodi usati per lo studio della vegeta-zione sono diversi con la descrizione dellafisionomia, della struttura, del paesaggio. Intutti i casi non si può prescindere dalla cono-scenza degli elementi vegetali costitutivi,dall’analisi della stazione e dall’analisi stori-ca dell’influenza umana sul territorio. Ilbosco, la foresta, la macchia, la gariga e ilprato sono individuati, fisionomicamente,

dal prevalere dell’habitus arboreo, arbustivoo erbaceo della componente vegetale e costi-tuiscono le formazioni vegetali.

FORESTA, BOSCO, MACCHIA, GARIGA

I termini bosco e foresta sono considerati,per lo più, come sinonimi e sono definiti sin-teticamente: insieme di alberi; formazionearborea compatta, pluristratificata; aggrup-pamenti di alberi costituiti da specie differen-ti; vegetazione arborea di alto fusto naturale.

Per foresta, in riferimento agli ambientimediterranei, qui, intendiamo una comunitàvegetale più o meno estesa, composta preva-lentemente da una o più specie di alberiaccostati fra di loro, da arbusti, liane ederbe, con copertura superiore al 60% estruttura pluri-stratificata, che conserva unelevato grado di naturalità, in quanto lostato originario non è modificato in modosignificativo dall’uomo.

Una formazione forestale può presentar-si: chiusa, quando le chiome degli alberi sitoccano; aperta, quando gli alberi sono di-sposti a gruppi lasciando ampi spazi liberi;chiara, quando gli alberi sono ravvicinati,ma le chiome sono lasse o non si toccano.

Il bosco invece è considerato come:aggruppamento di piante formato da unasola specie; una foresta di piccole dimensio-ni; una vegetazione arborea di alto fustodove è intervenuta l’opera dell’uomo per lamanutenzione di una formazione vegetalepreesistente; un impianto artificiale di una opiù specie arboree autoctone o esotiche. Lacopertura in questo caso può variare neltempo in funzione del momento di impiantoo delle utilizzazioni.

La legislazione italiana attuale (legge 227del 2001, articolo 2) non tiene conto di que-ste differenze e sfumature e considera bosco:

I fondi gravati dall’obbligo di rimboschi-mento per le finalità di difesa idrogeologicadel territorio, qualità dell’aria, salvaguar-dia del patrimonio idrico, conservazionedella biodiversità, protezione del paesaggioe dell’ambiente in generale;

36

Page 37: Alberi Arbusti 2008

Le aree forestali temporaneamente privedi copertura arborea e arbustiva a causa diutilizzazioni forestali, avversità biotiche oabiotiche, eventi accidentali, incendi;

Le radure e tutte le altre superfici d’e-stensione inferiore a 2.000 metri quadratiche interrompono la continuità del bosco.

Inoltre, al comma 6 dello stesso articolo èspecificato che sono assimilati a boscoanche i terreni coperti da macchia mediter-ranea, i castagneti e le sugherete, nonché lesuperfici superiori a 2.000 metri quadraticomunque coperte da vegetazione legnosasuperiore al 20% del totale.

È evidente che una definizione cosìampia e generica dà un altissimo grado didiscrezionalità interpretativa e soprattutto faaumentare per forma, ma non per sostanza,le superfici boscate della Sardegna. Noi con-sideriamo come veri boschi le formazionilegnose costituite dalla prevalenza di piantea portamento arboreo come le querce, il lec-cio, i ginepri, la fillirea, il corbezzolo, men-tre riteniamo improprio considerare comeboschi le macchie senza tenere conto degliaspetti floristici e strutturali e, tanto meno, icisteti, legati per lo più a stadi di degrado delbosco.

La macchia è una formazione vegetalecon copertura superiore al 50%, costituitasoprattutto da arbusti sclerofillici o caduci-fogli, ma anche da alberi con portamentoarbustivo.

La macchia, spesso impenetrabile, pre-senta: struttura complessa, composizionefloristica molto variabile e diffusione nellezone calde e aride, con inverni miti e conestati povere di precipitazioni, ma anchenelle aree montane e alto-montane. La diver-sa altezza degli individui e il diverso gradodi copertura del suolo hanno determinato lasuddivisione della macchia sulla base dellespecie, della struttura e della fisionomia.

Béguinot (1923) la chiama macchia-foresta quando le specie superano i 3-5metri di altezza ed è formata da specie arbo-ree a portamento arbustivo, da arbusti nano-fanerofitici e camefitici, da liane, tantostrettamente ravvicinati da renderla impene-

trabile. Si tratta di una vera e propria forma-zione forestale.

La macchia può presentarsi molto densacon i rami delle piante che si intrecciano, opiù rada con spazi liberi ricoperti da speciestagionali. Diverse denominazioni si hannoquando le piante raggiungono i due-quattrometri di altezza: macchia alta o forteto inItalia, maquis, brousse dagli autori francesi,matorral denso o espinal dagli autori spa-gnoli, chapparal dagli autori inglesi e ame-ricani, riferendola alle formazioni della Cali-fornia e dell’America latina, fynbos in Suda-frica. Quando lo sviluppo degli arbusti nonsupera i due metri di altezza è chiamata,genericamente, macchia media o matorralmedio.

Fanno parte della macchia soprattuttospecie a foglie rigide, coriacee, sclerofilli-che, ma anche specie con caratteristiche bio-logiche diverse come euforbia arborea e ana-giride, che sono prive di foglie nel periodoestivo, o specie prive di foglie con ramiverdi fotosintetici (ginestra dell’Etna).

In Sardegna la macchia è caratterizzata,prevalentemente, da lentisco, mirto, olea-stro, carrubo, corbezzolo, eriche, filliree,ginepri, calicotome, ginestre, euforbia,palma nana, cisti, oltre a specie lianose qualiclematidi, smilace, robbia, etc., mentre èparticolarmente ricca di specie erbacee aseconda delle tipologie.

Su substrato roccioso o in zone degrada-te, la macchia cambia fisionomia e composi-zione floristica e si passa ad un’altra forma-zione vegetale, detta gariga, caratterizzatada specie suffruticose, spinose, spesso aro-matiche e xerofilliche.

La garìga è una formazione vegetale di-scontinua che si insedia nelle zone più omeno pianeggianti o in leggero declivio o amorfologia accentuata, con rocciosità pre-valente o con pietrosità e rocciosità abbon-dante e con suolo poco profondo.

Il termine deriva dal catalano garric o dalfrancese garigue, nome usato per indicare inlingua d’oc la quercia spinosa. In Provenza,infatti, le zone rocciose con cespugli di que-sta quercia sono note come garigues.

37

Page 38: Alberi Arbusti 2008

38

Altre definizioni e denominazioni sonostate date per questo particolare aspetto dellavegetazione e precisamente: phrygana,batha dagli autori delle regioni orientali delMediterraneo e tomillares dagli spagnoli chefanno derivare questo nome da tomillo(timo) per indicare zone rocciose ricche dipiante aromatiche.

Una semplice e appropriata definizione èquella che collega l’aspetto della vegetazio-ne alla morfologia della zona: luoghi pietro-si con piccoli arbusti ed erbe che cresconodove la roccia affiora largamente.

Per quanto riguarda la sua origine, alcuniautori ritengono che la gariga derivi da unaprofonda degradazione della macchiasoprattutto su substrato calcareo, e usano iltermine jaral (= cisto in lingua spagnola) perindicare una simile situazione, ma su silice.In sintesi, si considera come gariga una for-mazione vegetale con bassi cespugli che siinsedia su suoli di qualsiasi origine, ma eda-ficamente aridi, che potrebbe evolvere neltempo a macchia e quindi a bosco.

Situazioni di gariga fortemente stabili equindi potenzialmente climaciche sonoquelle delle creste rocciose sia costiere, siaalto-montane in cui i fattori come ventosità earidità di suolo non consentono la presenzadi specie più esigenti e l’evoluzione versoforme di vegetazione forestale.

Macchie e garighe sono fortemente influen-zate sia nella loro composizione floristica, sianella struttura, dall’incendio e dal pascolamen-to e in generale dall’impatto antropico.

VEGETAZIONE

La vegetazione attuale della Sardegna sipresenta come un mosaico di comunitàvegetali di origine più o meno recente, che siintersecano con altre di antica data. Presumi-bilmente, nel passato la vegetazione eracostituita da estese formazioni forestalicome si può desumere dalle descrizioni diDella Marmora (1839), Terracciano (1909),Herzog (1909), Béguinot (1923) e come sipuò rilevare dalle analisi della vegetazioneattuale. Queste foreste, ridotte già allora

rispetto alla situazione originaria, si osserva-no, oggi, solo in poche e limitate zone dell’I-sola. Non si può ignorare, tuttavia che l’Iso-la in periodo nuragico, già oltre 3.000 annior sono, era densamente abitata con nuraghie villaggi diffusi in tutto il territorio e chel’economia, prevalentemente pastorale,richiedeva ampi spazi e quindi l’uso delfuoco per favorire condizioni di vegetazionepiù favorevoli al pascolo brado. Le utilizza-zioni millenarie del territorio hanno sicura-mente influenzato anche la diffusione dialcune specie e la selezione di biotipi mag-giormente resistenti o adattati al fuoco e alpascolo.

La Sardegna, per la sua posizione geogra-fica, per la storia geologica, per l’insularità eper la variabilità climatica, ha una vegeta-zione quasi esclusivamente di tipo mediter-raneo, costituita da formazioni vegetali chevivono in equilibrio più o meno stabile in unclima che, soprattutto a causa dell’ariditàestiva, non sempre permette una rapida rico-stituzione dell’equilibrio biologico preesi-stente.

Il clima della Sardegna è nettamente bi-stagionale con una stagione caldo-arida chesi alterna ad una stagione freddo-umida. Lastagione caldo-arida aumenta di intensità edurata procedendo dal Nord al Sud e dallemontagne al mare.

Seguendo la classificazione di Emberger(1925), l’Isola fa parte del bioclima mediter-raneo-umido per quanto riguarda le zone piùelevate, di quello sub-umido per le zonemontane e collinari, di quello semiarido perquelle litoranee e pianeggianti interne. Arri-goni (1968; 2006) mette in evidenza la cor-relazione esistente fra clima e vegetazionedella Sardegna, riconoscendo diverse zonebioclimatiche e precisamente: quella degliarbusti nani montani prostrati e delle steppemontane mediterranee per le zone cacumina-li con clima freddo e piovoso per quasi tuttol’anno; quella delle foreste di leccio suddivi-sa in due orizzonti: uno freddo-umido nellezone montane, con clima semi-continentale,inverno umido con elevata piovosità ed esta-te con aridità moderata; l’altro nelle zone

Page 39: Alberi Arbusti 2008

collinari o medio montane con inverno menofreddo, egualmente piovoso ed estati mode-ratamente aride; quella termoxerofila delleforeste a sclerofille e delle boscaglie costie-re con clima semiarido, con limitate pioggeed estate caldo-arida. Con la classificazionedi Rivas-Martinez (2004), si individuanodiversi tipi di clima con indici legati soprat-tutto a fattori di natura fisica (umidità, aridi-tà, temperature, precipitazioni).

Dal punto di vista fisionomico, nellavegetazione della Sardegna si possonodistinguere i seguenti principali aspetti: – vegetazione litoranea delle rupi e delle

spiagge, caratterizzata, la prima, da pian-te suffruticose e da erbacee annuali operennanti e la seconda, da piante adatta-te alle condizioni particolari degliambienti sabbiosi o salmastri;

– vegetazione della macchia termofila,caratterizzata da arbusti xerofili e spessospinosi;

– vegetazione della macchia moderata-mente termofila o mesofila con arbusti divaria altezza e con diversi aspetti fisiono-mici;

– vegetazione forestale xerofila con alberisclerofillici, sempreverdi (leccio, sughe-ra);

– vegetazione forestale mesofila con albericaducifogli (querce a foglie caduche) osempreverdi (tasso e agrifoglio);

– vegetazione delle foreste riparie dei corsid’acqua perenni o temporanei;

– vegetazione delle garighe camefitichedelle zone cacuminali con arbusti bassi,prostrati, nanofanerofitici o camefitici.

A questi aspetti della vegetazione, legataa condizioni climatiche, se ne aggiungonoaltri instauratisi in particolari ambienti cheinterrompono le singole formazioni biocli-matiche. Si riconosce una vegetazione deglistagni, delle paludi, dei corsi d’acqua e deiprati aridi.

Le specie arboree e quelle arbustivedescritte in questo volume fanno parte, perlo più, delle formazioni forestali e di quelledella macchia.

Un altro approccio e metodo di studiodella vegetazione è quello fitosociologicoche, attraverso l’analisi floristica su rileva-menti campione, individua, oltre alla speciedominante, le specie caratteristiche e, più ingenerale, la composizione floristica, nonchéla distribuzione nei diversi strati della strut-tura della vegetazione. Con l’analisi spazia-le orizzontale si individuano le specie pre-senti nella zona in studio, la loro copertura,in una scala crescente di 7 valori (r, +, 1-5),il loro grado di sociabilità, espressa con unnumero (da 1 a 5). Con l’analisi della strut-tura verticale si evidenziano i rapporti fra idiversi strati che la compongono: stratomuscinale, strato erbaceo, strato arbustivo estrato arboreo. Composizione floristica eanalisi strutturale lasciano intravedere ladinamica evolutiva della vegetazione e con-sentono di porre in relazione la vegetazionein studio con situazioni analoghe anche diaree geografiche molto lontane.

Gli studi fitosociologici in Sardegna sisono accentuati soprattutto negli ultimidecenni e si riferiscono in particolar modoalle aree costiere, dove sono state individua-te e descritte numerose associazioni (vediriferimenti bibliografici).

Secondo l’inquadramento fitosociologicola principale formazione forestale della Sar-degna è rappresentata dalla lecceta, o Quer-cetum ilicis in senso lato, che nelle zone sub-montane e montane è sostituita spesso percause climatiche e/o antropiche dalla sughe-reta e dai querceti caducifogli.

LE SPECIE ARBOREE E ARBUSTIVE NELLA

VEGETAZIONE DELLA SARDEGNA

LeccetaUna delle principali formazioni vegetali

indicatrici del climax della regione mediter-ranea, e quindi anche della Sardegna, è lalecceta.

Il leccio (Quercus ilex), per la sua grandeplasticità ecologica, costituisce formazionivegetali che si estendono dal livello del maresino a oltre 1.400 m di quota. Le foreste resi-

39

Page 40: Alberi Arbusti 2008

due o degradate, nonché i maestosi esempla-ri di leccio sparsi su tutta l’Isola, permettonodi ricostruire la sua area di diffusione in rap-porto alle caratteristiche bioclimatiche.

Il leccio è una specie a foglie rigide, sem-preverdi, coriacee, verdi-scure, che formadelle foreste chiuse, dense, dove la lucepenetra con difficoltà. La flora della lecceta,povera di specie, è costituita da entità meso-file ed ombrofile. Lo strato muscinale è for-mato da muschi ed epatiche, quello erbaceo èrado ed è formato da ciclamini, felci, qualcheorchidea, ciperacee e poche graminacee. Lostrato arbustivo, pluri-stratificato, è formatodal sovrapporsi di arbusti di diversa altezza,quali pungitopo, alaterno, viburno, corbezzo-lo, erica arborea, fillirea e da specie lianosecome edera, caprifoglio, smilace, tamaro,robbia, rosa sempreverde e clematidi.

Lo strato arboreo, infine, può esserecostituito dalla netta prevalenza del leccio,ma non mancano, tuttavia, altre specie quali,ad esempio, acero trilobo, roverella, agrifo-glio, tasso, carpino nero, orniello, fillirea afoglie larghe.

La lecceta nella sua struttura originaria èuna formazione chiusa, densa con, in genere,poche specie nel sottobosco e si può ancoratrovare nei valloni di aree difficilmenteaccessibili della Sardegna centrale, dove illeccio si presenta con esemplari secolari econ un selezionato corteggio floristico.

La lecceta delle zone costiere è una for-mazione più aperta, stratificata, con unacomposizione floristica più ricca di specietermofile tipiche della macchia.

Nelle zone freddo-umide, con aridità esti-va limitata a pochi mesi dell’anno, alle spe-cie termofile subentrano elementi più meso-fili, quali il tasso, l’agrifoglio, il sorbo cia-vardello, nella costituzione sia dello stratoarboreo, sia di quello arbustivo.

Querceti caducifogliLa lecceta, nelle zone più fredde e piovo-

se, è sostituita da formazioni miste di speciecaducifoglie con prevalenza di roverella(Quercus pubescens). Queste formazionisono distribuite sugli altipiani, sulle pendici

montane, nei valloni situati intorno ai 500-1.500 m s.l.m. Anche se l’uomo tende afavorire le formazioni a roverella, questenon sono molto estese, soprattutto a causadell’aridità dei suoli nel periodo estivo chelimita la loro area di diffusione. Le aree dovesono maggiormente diffuse, con diversevarianti floristiche, sono i complessi mon-tuosi del Gennargentu e i rilievi della catenadel Marghine, dove leccio e roverella costi-tuiscono i boschi misti meglio conservatidell’Isola, che possono essere consideraticlimacici.

I querceti caducifogli, in generale, sonoformazioni luminose, fresche, con substratoumido che permette lo sviluppo di un abbon-dante strato muscinale ed erbaceo. Nellostrato arboreo possono essere presenti acerotrilobo, agrifoglio, ciavardello, talora anchetasso e naturalmente sughera e leccio. Lostrato arbustivo è formato da specie di diver-sa altezza come nocciolo, pero corvino,biancospino, orniello, viburno, asparago eda liane come tamaro, edera, clematidi.

Nelle zone più basse e caldo-aride laroverella è sostituita da Quercus congesta,un’entità termofila, distribuita in modoframmentario e sporadico lungo tutta lafascia costiera, indifferentemente dal sub-strato, e nelle aree collinari interne sino a400-600 m di quota.

Foreste di tasso e agrifoglioIl tasso (Taxus baccata) e l’agrifoglio

(Ilex aquifolium) talora formano delle oasiquasi pure, poco estese, distribuite nel pianoaltimetrico della roverella. La composizionefloristica è molto simile e quella della lecce-ta montana mista o dei querceti caducifogli.

CastagnetiNegli stessi ambienti con clima freddo e

umido si inseriscono i castagneti, chiaramen-te di origine antropica, ma a seguito dell’ab-bandono della loro coltura possono presenta-re un elevato grado di naturalità. Il castagno(Castanea sativa) vive nella zona bioclimati-ca della lecceta montana o della roverella. Iboschi di castagno sono localizzati soprattut-

40

Page 41: Alberi Arbusti 2008

41

Foresta climacica di Quercus ilex sui calcari della Sardegna centro-orientale in territorio di Urzulei.

Bosco di Quercus pubescens su substrato siliceo nelle pendici del Gennargentu in territorio di Tonara.

Page 42: Alberi Arbusti 2008

42

Foresta di Taxus baccata e Ilex aquifolium nel Goceano.

Page 43: Alberi Arbusti 2008

to nella Sardegna centrale. Essi non hannouna flora particolare e differenziata. La com-ponente floristica, infatti, è simile a quella dialtre formazioni forestali montane.

SughereteUn tipo di bosco molto diffuso in Sarde-

gna è quello formato dalla sughera (Quercussuber). Le sugherete sono distribuite dallafascia costiera sino a 950 m s.l.m. Il settoredi maggior espansione dei boschi di sugheraè quello della Gallura, ma belle sugheretesono diffuse in tutta l’Isola (altipiano diBuddusò-Bitti, Serra di Orune-Orani-Orotel-li, Mandrolisai, Giara, Sulcis-Iglesiente,Sette Fratelli). La sughereta è stata potenzia-ta nella sua diffusione dall’uomo, che consi-dera la sughera un albero di grande interesseeconomico e come tale la coltiva e la diffon-de a scapito della lecceta.

La sughera costituisce formazioniboschive, pure o miste con leccio o roverel-la, aperte, luminose, con una flora molto piùvaria di quella della lecceta. Lo strato erba-ceo è ricco di graminacee, leguminose, com-posite e spesso di felce aquilina. Lo stratoarbustivo è formato prevalentemente da citi-so villoso, calicotome, lavanda e cisti, oltreche da corbezzolo, erica e fillirea.

Boschi di corbezzolo e fillireaSono assimilabili a boschi veri e propri

gli arbuteti a copertura totale con il corbez-zolo (Arbutus unedo) in forma arborea altisino a 10-16 metri. Essi rappresentano unostadio maturo delle macchie evolute presen-ti nella foresta demaniale di Montarbu,Urzulei, Dorgali, e un po’ ovunque nell’Iso-la, così come i forteti di fillirea a foglie lar-ghe, con alberi di oltre 20 m di altezza, interritorio di Seulo, a testimonianza dellapotenzialità di queste due specie.

PineteLe pinete spontanee dell’Isola sono quelle

formate dal pino d’Aleppo (Pinus halepensis)presenti nell’Isola di S. Pietro e a Porto Pino,nella Sardegna meridionale. Il pino, in questezone, forma aggruppamenti forestali costieri e

con sottobosco costituito da specie della mac-chia: ginepro, quercia spinosa, rosmarino, fil-lirea, lentisco, mirto, corbezzolo, erica, cisti.

Sempre nella Sardegna meridionale aPortixeddu-Bugerru è presente l’unicoagglomerato spontaneo di pino domestico(Pinus pinea), su dune stabilizzate e con sot-tobosco costituito da specie tipiche dellamacchia e delle dune sabbiose costiere. Leformazioni originarie sono state modificateanche dall’inserimento di pino d’Aleppo peril consolidamento delle dune.

L’altra specie di pino spontanea, e sicura-mente nativa, in Sardegna è il pino marittimo(Pinus pinaster), localizzato nel settore setten-trionale dell’Isola, a M. Pinu di Telti, MontePinu di Aglientu, M. Nieddone, M. Biancu, M.Nieddu, Limbara ed altri piccoli rilievi dellaGallura. Le formazioni a pino marittimo hannouna composizione floristica del sottoboscovariabile a seconda dell’altitudine, con sotto-bosco prevalente di specie della macchia, e siestendono discontinue da 100 a 1.100 m s.l.m.

Macchia-forestaGli aspetti a macchia-foresta, densa, fitta

e impenetrabile, descritti da Béguinot (1923)per la Nurra, sono, oggi, situati in pochezone, mentre prevalgono quelli di macchiaalta negli avvallamenti e nelle zone aperte.Le specie che entrano a far parte di questaformazione sono nello strato alto: lentisco,leccio, oleastro, filliree, corbezzolo, gineprofeniceo, terebinto, erica arborea e talorabagolaro. Gli strati sottostanti sono formatida caprifoglio, rovo, pruno spinoso, aspara-go, pungitopo, robbia. Lo strato erbaceo èformato da bulbose, terofite ed emicriptofite.

Un’altra formazione a macchia alta èquella costituita dall’alloro (Laurus nobilis),diffusa prevalentemente nella Sardegna set-tentrionale nelle zone a clima caldo-umido. Ilaureti meglio conservati sono in comune diOsilo e nel versante basale del Marghine,intorno a Bortigali e Macomer.

Macchia a erica e corbezzoloLa macchia a corbezzolo (Arbutus

unedo) e ad erica (Erica arborea) è caratte-

43

Page 44: Alberi Arbusti 2008

rizzata dall’alta densità delle piante e dalloro sviluppo in altezza, ed è dominata oradall’una, ora dall’altra specie. È una forma-zione fitta, spesso impenetrabile, diffusanelle zone collinari o medio-montane, o tal-volta in zone litoranee fresche e relativa-mente umide su substrati silicei. Alla com-posizione della macchia ad erica e corbezzo-lo partecipano il leccio allo stato arbustivo,specie della lecceta e arbusti sclerofillici.Rappresenta uno stadio del processo di evo-luzione-degradazione della lecceta.

EricetiUn altro tipo di macchia frequente sia sui

suoli temporaneamente idromorfi dellafascia costiera, sia nelle zone montane, sonogli ericeti a Erica scoparia che costituisconoformazioni continue, molto resistenti agliincendi grazie al forte potere polloniferodelle ceppaie. Nelle zone basse si associa almirto (Myrtus communis) che prediligeugualmente i suoli idromorfi, almeno tem-poraneamente, mentre nelle zone montane ealto-montane si associa a Erica arborea.

GinepretiLe formazioni a ginepri sono caratteriz-

zate dal ginepro ossicedro (Juniperus oxyce-drus ssp. oxycedrus) e si estendono dal livel-lo del mare, nelle zone rocciose, alle aree piùelevate del Gennargentu, su qualsiasi sub-strato geo-pedologico, sui versanti aridi, consuoli poveri e degradati. Mentre nelle zonecostiere sabbiose sono il ginepro coccolone(Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa) e ilginepro feniceo (Juniperus phoenicea) aprevalere. La prima specie preferisce le zonesabbiose, dove forma estesi ginepreti unen-dosi a lentisco, asparago, smilace, cisti, filli-rea, clematidi e a specie erbacee delle sab-bie, nella fascia dunale o retro-dunale for-mando efficaci sbarramenti all’azione delvento e consolidando le dune. La secondaspecie vive sia sulle sabbie, sia su substratoroccioso e si accompagna a lentisco, palmanana, fillirea, Euphorbia characias, Euphor-bia dendroides, Prasium majus etc. Il gine-pro feniceo forma popolamenti densi, fitti,

spesso quasi puri, costituiti da specie a por-tamento arboreo, con tronchi grossi, rugosi,tortuosi. Sebbene indifferente al substrato,questa specie predilige il calcare, dove nellearee bene esposte e soleggiate forma gine-preti sino a circa 1.000 m di quota. Nellezone di contatto le due specie si mescolanooriginando dei ginepreti misti, sia con la sot-tospecie macrocarpa, sia con la sottospecietipica.

Oleastreti e lentiscetiL’aspetto della macchia più diffuso in

Sardegna, nelle zone litoranee e collinari, èquello degli oleastreti, con dominanza dioleastro, lentisco, mirto, fillirea e talvoltacarrubo. Si presenta più comunemente comeun basso cespugliato, ma in molte zone èpossibile ancora osservarne aspetti rigoglio-si e una ricca componente floristica. In rela-zione allo stadio dinamico, al passaggio delfuoco e alle utilizzazioni silvo-pastorali sidistinguono diversi tipi di macchia termo-xerofila, per la prevalenza ora del lentiscoora dell’oleastro.

Palmeti a palma nanaLa palma nana (Chamaerops humilis)

caratterizza con la sua abbondanza alcuniaspetti della macchia costiera nelle zonecalde, aride e rocciose. Diffusa soprattuttonella Nurra e nelle coste nord-occidentali, èpresente anche lungo le coste meridionali,particolarmente su calcare, mentre è più rarasulle coste orientali.

Euforbieti a euforbia arboreaEuphorbia dendroides costituisce un

aspetto suggestivo della macchia costiera,inserendosi spesso come specie dominante.La variabilità di colore durante le stagioniprimaverili ed autunnali, dal giallo al rossocupo dei rami e delle infiorescenze, rallegral’uniformità della macchia. Convivono conessa: lentisco, ginepro feniceo, oleastro, fil-lirea, rosmarino, asparago.

GinestretiCol termine generico di macchia a gine-

44

Page 45: Alberi Arbusti 2008

45

Bosco naturale di Pinus halepensis nell’Isola di San Pietro.

Ginepreto a Juniperus phoenicea lungo le coste della Sardegna sud-occidentale.

Page 46: Alberi Arbusti 2008

46

Macchia secondaria a Erica arborea e Arbutus unedo nel Limbara.

Macchia bassa costiera a Genista ephedroides e Pistacia lentiscus sulle vulcaniti dell’Isola di San Pietro.

Page 47: Alberi Arbusti 2008

47

Macchia bassa a Cistus sp. pl. lungo la fascia costiera del Sinis.

Macchia a Euphorbia dendroides nell’Isola dell’Asinara.

Page 48: Alberi Arbusti 2008

48

Vegetazione riparia a Nerium oleander lungo il Rio Picocca.

Page 49: Alberi Arbusti 2008

49

stre sono normalmente indicati quegli aspet-ti dove predominano specie spinose o giun-chiformi a fiori gialli, appartenenti a generidiversi e spesso con esigenze ecologiche bendistinte.

Spartium junceum, la ginestra odorosa arami lunghi, privi di foglie e con abbondantifiori gialli a racemo, ricopre le scarpate, ipendii soleggiati e caldi dando origine a for-mazioni quasi pure.

Calycotome villosa, un arbusto con ramigrossi, spinosi, tozzi e intricati, costituiscedelle formazioni dense, fitte, impenetrabilinelle zone pianeggianti o collinari soleggia-te. Accanto a Calycotome villosa si trovaspesso C. spinosa, ma limitata ai substrati dinatura effusiva.

Altri aspetti della macchia litoranea omontana xerofila sono caratterizzati dallapresenza di specie del genere Genista comeG. sardoa, G. ferox, G. ephedroides, G. cor-sica, G. pichi-sermolliana, G. morisii. Sonoper lo più formazioni a macchia aperta ogarighe con ampi spazi ricoperti da terofite oda geofite. Genista sulcitana, oltre a zonecostiere e montane, colonizza spesso le areeminerarie dismesse.

CistetiI cisti sono molto diffusi e ricoprono uni-

formemente zone litoranee, collinari e pen-dici di zone montane. Spesso costituisconoformazioni quasi pure o si associano a lenti-sco, mirto, filliree ed altre specie termofile.La specie che raggiunge la maggior diffusio-ne è Cistus monspeliensis, che si infiltraanche nelle sugherete e negli spazi apertidella lecceta. La grande abbondanza delcisto è dovuta alla sua rapida propagazioneda seme ed alla possibilità di crescita nellezone dove la vegetazione preesistente èscomparsa in seguito agli incendi o ad altrieventi naturali o antropici. C. monspeliensisè considerato una specie pioniera, un’entitàche prepara il terreno verso una nuova e piùcomplessa vegetazione. La composizionefloristica del cisteto è varia e rappresenta unresiduo della vegetazione esistente prima del-l’insediarsi del cisto. C. creticus e C. salviae-

folius non costituiscono formazioni a sé stan-ti, ma si trovano sparsi nella macchia bassacostiera o submontana e montana. I cisteti acisto giallo (Halimium halimifolium) sono piùo meno frequenti sia nelle aree costiere sianelle aree granitiche montane.

RosmarinetiAltre formazioni caratteristiche, spesso

distribuite a mosaico tra gli altri tipi di vege-tazione, sono le garighe a rosmarino(Rosmarinus officinalis), prevalentementelitoranee, ma nelle aree calcaree degradatepresenti sino ad oltre 1.200 m di altezza.

Ontaneti e salicetiLa specie arborea dominante lungo i corsi

d’acqua è l’ontano nero (Alnus glutinosa). Lediverse specie del genere Salix, salice bianco(S. alba), salice fragile (S. fragilis), saliceatrocinereo (S. atrocinerea), salice pedicella-to (S. pedicellata), salice rosso (S. purpurea)costituiscono gli aspetti più comuni dellavegetazione riparia, le cosiddette foreste agalleria, molto diverse in composizione flori-stica a seconda della quota. In particolaresono molto ricchi di endemiche gli ontanetidelle aree alto-montane del Gennargentu.

Frassineti e pioppetiIl frassino meridionale (Fraxinus oxycar-

pa) costituisce formazioni riparie di un certointeresse che si estendono per lo più lungo icorsi d’acqua perenni o con umidità costantedurante tutto l’arco dell’anno. Il pioppo bian-co (Populus alba) spesso costituisce nuclei adiffusione agamica anche nelle zone di rista-gno idrico e nei fontanili, mentre sono piùrare le formazioni a pioppo tremolo (Populustremula) e pioppo nero (Populus nigra).

Oleandreti e tamaricetiLungo i corsi d’acqua si espandono su

ampie superfici le formazioni a oleandro(Nerium oleander). La macchia alta a olean-dro presenta un aspetto particolare e bendiverso da quello della tipica formazionemediterranea. Ricopre, spesso in modo uni-forme, il greto dei torrenti, si spinge sulle

Page 50: Alberi Arbusti 2008

adiacenti sponde e colonizza, talvolta, le areearide vicine se inondate almeno temporanea-mente. È una formazione fitta, densa, chepuò raggiungere 8-9 metri di altezza, comenella zona umida retro-dunale di Cala Ilune.L’oleandro si unisce a tamerici, agno-casto,ricino, ontano, vite selvatica, rovo, lentisco,smilace, mentre lo strato erbaceo è formatoda specie tipiche di ambienti umidi: carici,giunchi, ciperi. Le formazioni più estese siritrovano lungo il rio Ollastu e il Flumendo-sa nel Sarrabus, e lungo il Rio Isalle in Baro-nia.

All’oleandro si accompagnano costante-mente le tamerici (Tamarix sp. pl.), caratteri-stiche della stessa classe di vegetazione(Nerio-Tamaricetea), che si elevano anche aquote superiori ai 500 m, e spesso nei luoghipiù caldi l’agnocasto (Vitex agnus-castus)dall’abbondante fioritura estiva.

Il mosaico delle formazioni legnose inSardegna è ancora più articolato di quantosinora descritto, ma una trattazione esaustivaesula dalle finalità di quest’opera. Si riman-da, comunque, alla trattazione delle singolespecie per ulteriori dettagli.

50

Boschetto ad Alnus glutinosa nel versante settentrionale di Bruncuspina nel Gennargentu.

Page 51: Alberi Arbusti 2008

51

CHIAVE ANALITICA DELLE FAMIGLIE TRATTATE

A - Piante senza calice e corolla; ovuli nudi portati da squame; polline in sacche polliniche, semi racchiusi in pigne o galbuli Pinophyta

B - Piante con calice e corolla; ovuli racchiusi entro l’ovario; polline in antere, semi racchiusi in un frutto Magnoliophyta

Pinophyta (= Gymnospermae)

1 - Semi solitari circondati parzialmente da un involucro carnosorosso a maturità (arillo, fig. 1); foglie lineari su file opposte Taxaceae

- Semi 2 o più su squame ovulifere 22 - Semi protetti da squame lignificate (fig. 2) e disposte a forma-

re un cono (pigna, fig. 3); foglie aghiformi in gruppi di 2 o 3 (fig. 4) Pinaceae

- Semi protetti da squame carnose simulanti una bacca (galbulo,fig. 5); foglie aciculari in verticilli di tre (fig. 6) o squamiformi opposte (fig. 7) Cupressaceae

Magnoliophyta (= Angiospermae)

1 - Fiori con un solo involucro Liliopsida- Fiori con due involucri, di cui talora uno molto ridotto Magnoliopsida

Liliopsida (Monocotiledoni)

- Fiori con solo involucro a tre divisioni e con tre carpelli e trestami; infiorescenza circondata da una brattea ampia, persi-stente, membranosa; foglie grandi a ventaglio; frutto: drupa(fig. 8, 9, 10) Palmae

PARTE SPECIALE

Page 52: Alberi Arbusti 2008

52

Riferimenti iconografici alla chiave analitica delle famiglie trattate (1).

Page 53: Alberi Arbusti 2008

53

Magnoliopsida (Dicotiledoni)

1 - Fiori con un solo involucro 2- Fiori con due involucri 10

2 - Fiori maschili riuniti in infiorescenze pendule (amenti) (fig. 11) 3- Fiori maschili riuniti in racemi; corolla assente, stami cinque; Cesalpinaceae- Fiori variamente disposti 6

3 - Frutto capsula bivalve con numerosi semi minuti, cotonosi (fig. 12, 13) Salicaceae- Frutto achenio 5

4 - Frutti riuniti in coni ovoidei; semi minuti, cuspidati (fig. 14, 15) Betulaceae- Frutti mai come sopra 5

5 - Frutto circondato da un involucro membranoso e da una bratteasfrangiata (fig. 16, 17) Corylaceae

- Frutto con involucro cupuliforme o chiuso, spinuloso (fig. 18) Fagaceae- Frutto sferico con endocarpo legnoso Juglandaceae

6 - Piante lattiginose 7- Piante senza lattice 8

7 - Piante arboree; frutto carnoso (siconio) (fig. 19) Moraceae- Piante arbustive, frutto secco, capsula pendula a tre cocche (fig. 20) Euphorbiaceae

8 - Foglie opposte; frutto capsula eretta trivalve (fig. 21, 22) Buxaceae- Foglie alterne 9

9 - Piante sempreverdi; drupa rossa o nero-violacea con due-quattrosemi (fig. 23) Rhamnaceae

- Piante caducifoglie; drupa o samara (fig. 24, 25) Ulmaceae

10 - Fiori con petali separati, corolla dialipetala 11- Fiori con petali saldati, corolla gamopetala 23

11 - Corolla irregolare zigomorfa papilionacea con vessillo, ali e carena (fig. 26, 29) Fabaceae

- Corolla regolare attinomorfa (fig. 30) 12

12 - Piante sempreverdi 13- Piante caducifoglie 18

13 - Fiori isolati con numerosi stami; bacca nero-violacea, rara-mente biancastra; foglie ovali lanceolate o lanceolate (fig. 31) Myrtaceae

- Fiori riuniti in infiorescenze 1414 - Fiori unisessuali su piante diverse 15

- Fiori bisessuali 16

Page 54: Alberi Arbusti 2008

54

Riferimenti iconografici alla chiave analitica delle famiglie trattate (2).

Page 55: Alberi Arbusti 2008

55

15 - Foglie composte paripennate o imparipennate; drupa di 5-9 mm (fig. 32, 33, 34) Anacardiaceae

- Foglie semplici; infiorescenza a cima; drupa di 10-15 mm (fig. 35) Lauraceae

16 - Foglie squamiformi imbriciate; rami flessuosi; fiori rosati, verdognoli o bianchi in racemi con peduncoli fiorali corti(fig. 36, 37) Tamaricaceae

- Foglie mai come sopra 17

17 - Fiori di circa 3 mm, in ombrelle terminali; foglie coriacee; frutto: achenio (fig. 38, 39) Umbelliferae

- Fiori di 2-6 cm di diametro con 5 sepali ben sviluppati, varia-mente disposti; frutto: capsula (fig. 40, 41, 42) Cistaceae

18 - Frutto disamara; foglie trilobate coriacee; fiori in racemi(fig. 43, 44, 45) Aceraceae

- Frutto: drupa, pomo, bacca 19

19 - Foglie opposte, fiori bianchi con 4 petali in ombrella; frutto: drupa(fig. 46, 47) Cornaceae

- Foglie alterne 20

20 - Frutto: pomo o drupa; fiori con 5 petali in corimbi o racemi(fig. 49, 50, 51) Rosaceae

- Frutto: bacca o capsula 21

21 - Foglie lobate; fiori in racemi o isolati (fig. 48) Grossulariaceae- Foglie intere 22

22 - Foglie ovato-ellittiche, serrato-spinulose al margine con spine trifide alla base; fiori in racemi; frutto: bacca (fig. 52, 53) Berberidaceae

- Foglie ovato-lanceolate, seghettate al margine; fiori in cime; frutto: capsula con quattro valve (fig. 54, 55) Celastraceae

23 - Fiori decisamente irregolari, bilabiati (fig. 56) 24- Fiori regolari o quasi 25

24 - Foglie semplici, lineari con margine revoluto; piante sempre-verdi, molto aromatiche (fig. 57) Labiatae

- Foglie digitate con 3-7 foglioline lanceolate; piante caduci-foglie (fig. 58) Verbenaceae

25 - Tubo corollino di 1-2 mm; corolla rotata 26- Tubo corollino di 5-20 mm 28

26 - Piante con fiori unisessuali su individui diversi; foglie coriaceecon margine spinescente o intero (fig. 59, 60) Aquifoliaceae

- Piante con fiori bisessuali 27

Page 56: Alberi Arbusti 2008

Corso d’acqua temporaneo nell’area del Gennargentu.

56

27 - Fiori in ombrelle, foglie caduche composte o persistenti sem-plici Caprifoliaceae

- Fiori in racemi raccorciati; foglie persistenti lanceolate Oleaceae

28 - Corolla ad otricello; fiori in racemi (fig. 61, 62) Ericaceae- Corolla imbutiforme con tubo corollino allungato di 8-20 mm 29

29 - Piante sempreverdi; foglie coriacee in verticilli di 3, frutto costituito da due follicoliriuniti, lunghi 6-15 cm (fig. 63, 64) Apocynaceae

- Piante caducifoglie; foglie sparse, lineari-lanceolate; frutto: bacca (fig. 65) Solanaceae

Page 57: Alberi Arbusti 2008

57

Esempi di foglie, fiori e/o frutti delle famiglie trattate (1).

Page 58: Alberi Arbusti 2008

58

Esempi di foglie, fiori e/o frutti delle famiglie trattate (2).

Page 59: Alberi Arbusti 2008

59

Esempi di foglie, fiori e/o frutti delle famiglie trattate (3).

Page 60: Alberi Arbusti 2008

60

Esempi di foglie, fiori e/o frutti delle famiglie trattate (4).

Page 61: Alberi Arbusti 2008

PINOPHYTA (GYMNOSPERMAE)CONIFERALES

PINACEAE

Piante arboree, raramente arbustive, contronco slanciato e chioma di varia forma,conico-piramidale, ombrelliforme, globosao compressa. Foglie aciculari, aghiformi osquamiformi, isolate o riunite a gruppi didue o piùù. Infiorescenze a forma di cono,situate nella stessa pianta; le maschili eretteformate da squame fertili e portanti le sacchepolliniche; le femminili erette o pendule,composte da squame di diversa forma edimensioni, e contenenti due ovuli. Semiracchiusi in un involucro rigido (pinoli).

La famiglia delle Pinaceae comprende 10generi (tra cui Abies, Cedrus, Picea, Pinus,Pseudotsuga) con circa 170 specie diffuse intutto il mondo, soprattutto nelle regioni fred-de e temperate, ma anche in quelle calde tro-picali. Gli abeti, i cedri, i larici, i pini rivesto-no un notevole interesse forestale e partico-larmente nell’Europa continentale, in Siberiae nel Nordamerica, costituiscono boschi eforeste di grande estensione. Conferisconoun’impronta caratteristica al paesaggio esono un’importante fonte economica per iprodotti che forniscono: legname, pinoli,resine, oli eterei, tannini. I boschi di coniferesono anche ricchi di funghi commestibili.

Le Pinaceae sono piante d’antica origine,come testimoniano reperti fossili risalenti alCretaceo Inferiore, e tra le Gimnospermesono quelle con il maggior numero di generie specie.

PINUS L.

Alberi e arbusti resinosi, sempreverdi,con 2-5 foglie aghiformi, riunite a fascetti subrachiblasti provvisti di una guaina scariosa.Infiorescenze maschili e femminili distintema presenti sulla stessa pianta. Pigne oblun-ghe od ovoidali-allungate con squame ligni-ficate. Semi talvolta con espansione alarepiù o meno sviluppata.

Il genere Pinus comprende circa 100 spe-cie, con ampia distribuzione geografica. Lamaggiore concentrazione è nelle regioni aclima temperato o temperato-freddo, masono presenti anche nelle zone boreali e inquelle tropicali. Le specie di questo generevegetano dal livello del mare sino a quotemolto elevate (3.000-3.500 m), dove costi-tuiscono anche le formazioni forestali allimite altitudinale della vegetazione arborea.

I pini presentano un elevato interesseeconomico come piante forestali ed orna-mentali.

1 Semi lunghi più di 1 cm con ala membra-nosa breve, inferiore ad 1 cm, caduca econ guscio duro; pigne di 7-20cm................................................P. pinea

– Semi lunghi meno di 1 cm con ala mem-branosa ben sviluppata superiore ad 1cm, più o meno persistente......................2

2 Pigne di 10-22 cm; foglie lunghe 8-18cm............................................P. pinaster

– Pigne di 5-10 cm; foglie lunghe 4-9cm........................................P. halepensis

Pinus pinea L., Sp. Pl. 2: 1000 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitat inItalia.

Nomi italiani: Pino domestico, Pino dapinoli, Pinocchio.

Nomi sardi: Cumpingiu (Fluminimaggiore);Pinu (loc. varie), Oppinu (Urzulei), Pinubonu, Zappinu.

Nomi stranieri: Ingl., Stone pine; Fr., Pinpignon, Pin pinier, Pin parasol; Ted.,Pinie; Sp., Pino doncel, Pino piñonero,Piver.

Albero alto fino a 15-20 m e più, ramifi-cato in alto con chioma tendente a divenireombrelliforme. Corteccia del tronco profon-damente fessurata e screpolata, scagliosa,grigio-rossastra. Rami giovani grigio-verdi,scuri a maturità. Foglie di 8-15 cm finemen-te denticolate ai margini. Gemme non resi-

61

Page 62: Alberi Arbusti 2008

Pinus pinea L. - Ramo, ramo con pseudo-infiorescenze maschili, ramo con pigna x 0,57; squama con semi, squama,semi x 1,2.

Page 63: Alberi Arbusti 2008

63

nose. Strobili maschili ovoidei gialli, i fem-minili rosso-violacei. Pigne di 8-20 x 6-10cm, solitarie o appaiate, ovato-coniche su uncorto peduncolo o del tutto sessili. Squameverdi da giovani e bruno-rossicce a maturitàcon apofisi terminale irregolarmente tetra-gono-esagonale, umbonata con linee radialipiù o meno marcate. Semi di 15-20 x 7-10mm, obovati, oblunghi, con ala membranosadi 2-5 mm. 2n = 24.

Tipo biologico. Albero sempreverde aportamento eretto a ramificazione simpodia-le con chioma ovato-conica nella fase giova-nile, ombrelliforme a maturità. Mesofanero-fita. Impollinazione anemofila, dissemina-zione zoocora.

Fenologia. Fiorisce a febbraio-aprile aseconda dell’altitudine. I semi maturano nel-l’autunno del terzo anno. Le pigne perman-gono aperte per qualche anno sui rami. Lefoglie perdurano 2-3 anni.

Areale. Il pino da pinoli è consideratoindigeno nelle coste del Mediterraneo occi-dentale. L’areale originario non è facilmente

ricostruibile a causa della sua coltivazionefin dai tempi più remoti, e l’areale attuale siestende fino alle coste atlantiche del Porto-gallo e alle isole Canarie. È coltivato lungotutta la fascia mediterranea, particolarmentenei litorali, e per questo è spesso indicatoerroneamente come pino marittimo.

In Sardegna è spontaneo e con tutta pro-babilità nativo a Fluminimaggiore. La suadistribuzione è molto più ampia, rispettoalla supposta area originaria, in quanto èstato largamente utilizzato nei rimboschi-menti in tutta la fascia costiera, ma anchenelle zone più interne sino a 800-1.000 m diquota.

Ecologia. È una specie eliofila e termofi-la che preferisce i terreni freschi, sciolti eprofondi delle zone litoranee, dune e qual-siasi tipo di substrato geopedologico. Vegetanelle zone costiere e collinari e, nelle condi-zioni più favorevoli, fino ai 1.000 m circa. Èsensibile ai venti salmastri, che lo piegano ene fanno deperire i rami più esposti, e allebasse temperature.

Albero monumentale di Pinus pinea in territorio di Fluminimaggiore.

Page 64: Alberi Arbusti 2008

Grandi alberi. Il pino domestico di BauOngia, a Fluminimaggiore, ha dimensionidel tutto eccezionali per questa specie, conuna circonferenza di quasi 5 metri ed un’al-tezza di oltre 20 metri, che non trova riscon-tro in nessun’altra area della Sardegna. Sitratta di una pianta pluri-centenaria chedimostra la sua antica origine e il probabileindigenato. Altri alberi di grandi dimensionisi rinvengono a S’Addarcia in territorio diAritzo, a Villa d’Orri a Sarroch, mentre è incattivo stato il grande pino presso il vivaioforestale di Nuoro, che si incontra al suoingresso provenendo dalla Centrale Sarda.Rivestono un interesse storico i pini piantatida Garibaldi a Caprera, di cui restano pochiindividui di notevoli dimensioni, alcuni deltutto adagiati sul terreno, mentre quello pre-sente nel patio del compendio, oltre ad averedimensioni notevoli, ha una ramificazioneparticolare che origina una chioma molto

ampia. Sono di interesse storico e paesaggi-stico anche i residui filari lungo l’antico per-corso della strada statale 131, nel tratto daCagliari a Oristano. Alberi isolati si ritrova-no un po’ ovunque nei parchi pubblici e neigiardini di case o ville private.

Notizie selvicolturali. È una specie che sidiffonde generalmente per semina diretta nelperiodo autunnale o primaverile. I semi pre-sentano una germinabilità del 70% che con-servano per un periodo di 1-2 anni. L’accre-scimento è piuttosto rapido; la prima produ-zione di semi avviene intorno ai 15-20 annie prosegue fino ai 70-80 anni per decrescerevia via. Sebbene non sia una pianta moltolongeva, se non in casi eccezionali, può rag-giungere dimensioni considerevoli in altezzae in diametro.

Il portamento della chioma, aperta e nonmolto compatta, gli impedisce in condizioninaturali di costituire boschi puri. Le pineted’antico impianto, come nelle foreste dema-niali dei Sette Fratelli, di Sant’Anna, o diMonti, sono caratterizzate da un sottoboscocon il leccio e gli elementi della macchiamediterranea come alaterno, filliree, lenti-sco, mentre manca del tutto la rinnovazionenaturale. Quando il sesto di impianto èmolto fitto, nella fase giovanile, manca deltutto anche la rinnovazione delle specie dellamacchia e delle specie erbacee, a causa dellaspessa coltre di aghi che restano indecompo-sti al suolo per molti anni.

Il pino domestico è molto sensibile alfuoco e spesso le pinete sono distrutte total-mente al passaggio dell’incendio. La rinno-vazione spontanea da seme, di norma moltorara e sporadica, dopo l’incendio può pre-sentare una buona ripresa come si osserva indiversi luoghi (Caprera, Nurra). Pinete carat-teristiche con sottobosco di palma nana e dimirto si ritrovano rispettivamente nellaNurra e nel demanio di Sant’Anna di Lodé,ma si tratta pur sempre di impianti artificia-li. Il pino da pinoli è ampiamente utilizzatoper il consolidamento delle dune litoranee,per alberature stradali, come albero orna-mentale e per la produzione dei pinoli.

Molte pinete lungo la fascia costiera ospi-

64

Distribuzione in Sardegna di Pinus pinea (stazioni natu-rali).

Page 65: Alberi Arbusti 2008

tano campeggi o case sparse o villaggi turi-stici che ne hanno trasformato spesso inmodo radicale l’assetto originario e innesca-to processi di degrado irreversibile.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è simile a quello del pinomarittimo, ma meno resinoso e compatto, etrova impiego in falegnameria, per imbarca-zioni, puntoni da miniera, costruzioni eimballaggi. È un mediocre combustibile eper tale motivo scarsamente apprezzato.

Note etnobotaniche. È una specie che siè diffusa in tutto il bacino del Mediterraneoprobabilmente con i Greci e i Romani. Ilpino da pinoli è pianta sacra a Cibele; Virgi-lio ne loda la bellezza e Plinio tratta diffusa-mente della sua coltivazione. Le gemmehanno un uso analogo a quelle del pinomarittimo, mentre la resina trovava impiegocome isolante nelle imbarcazioni, ma anchecome surrogato dell’incenso nelle cerimoniereligiose. I pinoli sono fortemente apprezza-ti per la produzione o farcitura di dolci(bianchini e papassini) o di pasti tradiziona-li (sanguinaccio). La corteccia ha proprietàtintorie. Le fumigagioni con foglie di olivo,palma nana e resina di pino come surrogatodell’incenso e le opportune preghiere eranoritenute utili contro il raffreddore e lo spa-vento (medichina de s’assustu).

Tutela e protezione. Le pinete su duna,quand’anche di origine artificiale, sono con-siderate habitat prioritari ai sensi della Diret-tiva 43/92 Habitat della CEE e in quanto talisono tutelate a norma del DPR n. 357 del1998. Per tali motivi sono richiesti anchespecifici piani di gestione che ne assicurinola conservazione nel tempo.

Pinus pinaster Aiton ssp. hamiltonii (Ten.)H. Del Villar, Bol. Soc. Esp. Hist. Nat. , 33:427 (1933)

Sin.: Pinus pinaster Aiton, Hort. Kew., Ted.1, 3 : 367 (1789),

Pinus maritima Lam., Fl. Fr., 2 : 201 (1799);Pinus hamiltonii Ten., Cat. Hort. Neap., 90

(1845),

P. mesogensis Fieschi et Gaussen var. cor-tensis Fieschi et Gaussen, Bull. Hist. Nat.Toulouse, 64:440 (1933).

Regione della prima descrizione: Corsica.

Nomi italiani: Pino marittimo, Pinastro.Nomi sardi: Pinu, Oppinu. Nomi stranieri: Ingl., Maritime pine; Fr., Pin

maritime, Pin de Bordeaux; Ted., Strand-Kiefer; Sp., Pino gallego, Pi maritime.

Albero alto fino a 25-30 m con troncodiritto e chioma ovato-piramidale. Ramilaterali in verticilli più addensati nella partesuperiore. Corteccia rosso-scura, grigiastra,profondamente fessurata. Gemme lunghe25-35 mm, con brattee triangolari, rossastre,scariose al margine, sfrangiate, riflesse versoil basso. Foglie aghiformi, lineari, pungenti,di 10-18 cm su brachiblasti di 8-15 mm.Amenti maschili ovoidei di 9-12 mm x 7-8mm, con squame polliniche largamente ottu-se. Strobili femminili ovato-acuminati, vio-laceo-porporini. Pigne solitarie o appaiate di15-22 cm di lunghezza e 4-5 cm di diametro,ovato-coniche, leggermente arcuate; parteterminale delle squame irregolarmente rom-bica-pentagonale con rilievo trasversaletagliente, di 5-9 mm, appuntito e pungente.Semi di 7-9 x 5-6 mm, ovoidei, ellissoidali,nero-lucenti da un lato, grigiastri, con pun-teggiature più scure dall’altro; ala membra-nosa di 3-4 cm. 2n = 24

Tipo biologico. Albero sempreverde confusto eretto a ramificazione monopodiale.Mesofanerofita. Impollinazione e dissemi-nazione anemofila.

Fenologia. Fiorisce da aprile a maggio.La maturazione dei semi avviene nell’autun-no del secondo anno. Le pigne si aprono ingenere al terzo anno e perdurano più annisulla pianta.

Areale. Il pino marittimo in senso lato siestende dalle coste Atlantiche della Francia alPortogallo e in gran parte del bacino occiden-tale del Mediterraneo. Il suo largo impiego inselvicoltura ha determinato un areale secon-dario molto più ampio di quello originario.

65

Page 66: Alberi Arbusti 2008

Pinus pinaster Aiton ssp. hamiltonii (Ten.) H. Del Villar - Ramo con pigne, infiorescenze maschili x 0,4; squamacon semi, umbone della squama, seme x 1,2.

Page 67: Alberi Arbusti 2008

67

La ssp. hamiltonii è endemica della Cor-sica e della Sardegna dove è spontanea nellaGallura, dalla piccola stazione di MontePinu, presso Rio Li Cossi, al Limbara, aMonte Nieddu di Padru, a Monte Pinu diTelti-Olbia e di S. Teodoro, con distribuzio-ne molto frammentata e stazioni ridotterispetto al passato. Si tratta, ad eccezione diquella del Rio Li Cossi, di stazioni collinario montane che, nell’area mediterranea, con-fermano la predilezione della specie per lezone con condizioni ambientali mesofile.

Ecologia. È una specie eliofila, modera-tamente termofila, resistente al freddo, chevive soprattutto sui substrati di origine sili-

cea. Vegeta comunemente a basse altitudini,ma in Corsica e nel Nordafrica sale a 1.500-1.600 m. Nelle coste atlantiche vive in con-dizioni edafiche e climatiche del tutto diffe-renti. Ha il suo optimum di sviluppo in regio-ni con 800-1.000 mm di precipitazioni e conestate non troppo secca.

Grandi alberi. Gli alberi di grandi dimen-sioni di pino marittimo sono stati tagliati aCarracana nel versante meridionale del Lim-bara negli anni Cinquanta e, oggi, restanosolamente esemplari di mole modesta anchenelle altre aree dove cresce spontaneo.

Notizie selvicolturali. Il pino marittimo sipropaga per seme. Presenta una germinabili-

Pigne mature di Pinus pinaster ssp. hamiltonii.

Page 68: Alberi Arbusti 2008

68

tà del 70-80% che conserva per 3-4 anni. Èconsiderato una specie pioniera con accre-scimento piuttosto rapido. Si presta al con-solidamento delle dune litoranee e, per lasua resistenza alla salsedine e ai venti mari-ni, alla protezione delle pinete di pino dome-stico. In condizioni ottimali può costituireboschi puri, ma non molto densi; più comu-nemente è consociato ad altre conifere e lati-foglie. A Carracana, nel complesso montuo-so del Limbara, e a monte Pinu di Telti, dovesono presenti le maggiori estensioni e iboschi naturali, le pinete si accompagnano alleccio, al frassino minore e soprattutto allespecie di sclerofille della macchia mediterra-nea, come lentisco, fillirea, corbezzolo eginepro ossicedro.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno presenta l’alburno bianco e ilduramen rossastro più o meno chiaro; èduro, pesante, poco elastico, molto resinoso.Si presta per lavori di carpenteria, impalca-ture, traversine ferroviarie, pali telegrafici,costruzioni navali, puntoni da miniera. È unbuon combustibile, ma presenta l’inconve-niente di scoppiettare proiettando lontanopiccole braci. Per la produzione della resinaè ampiamente coltivato soprattutto in Fran-cia. La resina, il cui elemento più importan-te e pregiato è la trementina, si ricavamediante incisioni sull’alburno.

Note etnobotaniche. La resina e legemme erano utilizzate come anticatarrale ebalsamico.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Le piante della Sardegna sono stateattribuite generalmente alla specie tipica,sebbene le maggiori affinità le presentinocon le popolazioni della Corsica, descrittecome Pinus mesogensis var. cortensis e var.provincialis da Fieschi e Gaussen. L’attribu-zione al rango sottospecifico delle popolazio-ni sarde (P. pinaster ssp. hamiltonii) e un’ul-teriore possibile differenziazione a livellovarietale si giustificano per la forma dellepigne (arcuate e di maggiori dimensioni) edelle squame ovulifere mature con umboneacuto e pungente.

Misure di tutela e protezione. La legisla-zione attuale, per la mancanza di boschi daseme certificati a norma di legge in Sardegna,prevede nei rimboschimenti l’utilizzo di semiprovenienti da aree certificate, con conseguen-ze negative sul mantenimento delle razze loca-li per i fenomeni di ibridazione spontanea tra idiversi biotipi, come è avvenuto a Monte Pinudi Telti. Un’attenzione particolare è necessariaal fine di contenere il fenomeno o, preferibil-mente, per riportare le popolazioni in purezza.II biotipo locale, tuttavia, è stato largamenteutilizzato con successo nei rimboschimenti delLimbara e in varie parti dell’Isola.

Distribuzione in Sardegna di Pinus pinaster ssp. hamil-tonii (stazioni naturali).

Page 69: Alberi Arbusti 2008

69

Pinus halepensis Miller, Gard. Dict., ed. 8 :n° 8 (1768)

Regione della prima descrizione: Siria (?)

Nomi italiani: Pino d’Aleppo.Nomi sardi: Oppinu (Fluminimaggiore);

Pinu, Oppinu burdu.Nomi stranieri: Ingl., Aleppo pine, Jerusa-

lem pine; Fr., Pin d’Alep; Ted., Aleppo-Kiefer; Sp., Pino carrasco.

Albero alto 10-20 m a chioma lassa,espansa irregolarmente. Corteccia bruno-cenere, grigiastra, screpolata nel tronco e neirami più vecchi; rami più giovani ruvidi peri residui evidenti dell’inserzione dei brachi-blasti. Foglie aghiformi poco pungenti, di 3-8 cm, disposte in coppia su brachiblasti di 2-6 mm. Infiorescenze laterali alla base deinuovi rami. Strobili maschili coniformi di10-15 x 3-4 mm con un peduncolo brevissi-mo, circondati da due brattee scariose, larga-mente ottuse. Strobili femminili solitari o

geminati, con peduncolo tozzo e bratteetriangolari acute, sfrangiate, pelose e scario-se al margine, ovoidei di 9-12 x 5-8 mm, dicolore rosso-porporino. Pigne di 5-8 x 2,5-4,2 cm, ovato-coniche con peduncolo ritor-to, flessibile, lungo 1-2 cm. Parte terminaledelle squame romboidea o irregolarmentetetra-pentagonale. Semi bruni, di 5-6 x 3-4mm, leggeri, ellissoidali, compressi lateral-mente, con ala membranacea di 15-20 mm.2n = 24.

Tipo biologico. Albero sempreverde confoglie aghiformi, persistenti 2-3 anni. Meso-fanerofita. Impollinazione e disseminazioneanemofila.

Fenologia. La fioritura inizia a marzo-aprile con la ripresa vegetativa. I semi matu-rano nell’autunno del secondo anno. Lepigne persistono sui rami per molti annianche dopo aver perso i semi.

Areale. Il pino d’Aleppo è diffuso in tuttele zone litoranee del bacino Mediterraneo edel Mar Nero. Attualmente per le sue utilizza-zioni in selvicoltura presenta un areale secon-

Pigne mature di Pinus halepensis.

Page 70: Alberi Arbusti 2008

Pinus halepensis Miller - Ramo con pigne, squama, squama con semi, pigna x 0,7; semi x 1,4.

Page 71: Alberi Arbusti 2008

dario molto più vasto di quello originario. InSardegna si trova allo stato spontaneo nell’I-sola di San Pietro e a Porto Pino nel Sulcis.

Ecologia. Pianta eliofila e xerofila, predi-lige i luoghi caldi e asciutti. È indifferente alsubstrato e vegeta bene su qualsiasi esposi-zione, sia nelle zone sabbiose che sui suolidegradati e rocciosi. È sensibile soprattuttoalle basse temperature e sopporta abbastanzabene i venti. Vegeta fino ai 500-800 m dialtitudine in Sardegna e, nella catena del-l’Atlante in Africa, sale oltre i 2.000 m diquota. Nell’Isola di San Pietro, di natura vul-canica effusiva, costituisce la formazioneforestale dominante, con un ricco sottoboscocostituito dagli elementi della macchiamediterranea, mentre a Porto Pino entra inmodo per lo più subordinato a far parte delleboscaglie costiere con ginepri e quercia spi-nosa. A seguito dell’incendio si diffonderapidamente grazie all’immediata apertura

dei coni che disperdono i semi anche a moltadistanza sul suolo nudo. Forma in tal modoaspetti di vegetazione naturale con il suoinserimento nella vegetazione a macchia. Ilfenomeno, in Sardegna, appare in aumentosoprattutto a partire dell’ultimo decennio, aimargini dei rimboschimenti artificiali, neisuoli degradati e nelle scarpate stradali. Ilpino d’Aleppo costituisce associazioni natu-rali abbastanza ben individualizzate riferibi-li a Querco-Pinetum halepensis, Erico-Pine-tum halepensis, Pistacio-Pinetum halepen-sis, Thymo-Pinetum halepensis e relativesottoassociazioni a ginepro e quercia spino-sa, descritte per le aree costiere sud-occiden-tali della Sardegna. Alcune sono solamenteaspetti fisionomici della naturale variabilitànella formazione forestale.

Grandi alberi. Sono notevoli i pini diBuon Cammino, a Cagliari, e quelli sporadi-ci di molti centri abitati, case di campagna,vivai forestali, bordi delle strade, margini divecchie strade ferrate. È notevole il pinopresso la Chiesa di S. Pantaleo a Cagliari cheraggiunge oltre 16 metri di altezza con quasi3 metri di circonferenza. Nell’ex ospedalepsichiatrico di Rizzeddu, a Sassari, duegrandi alberi con oltre 20 m di altezza sonoprobabilmente quelli di maggiori dimensionidell’Isola.

Notizie selvicolturali. Il pino d’Aleppo siriproduce per seme e presenta un potere ger-minativo del 70-80% che conserva per 1-2anni. L’accrescimento è piuttosto rapido eforma pigne fertili già dopo 10-15 anni edopo i 20 anni rallenta 1’incremento inaltezza espandendo la chioma in modo irre-golare. È utilizzato per rivestire suoli moltopoveri e degradati, per costituire pinete lito-ranee e nei boschi misti a latifoglie. Può for-mare consorzi forestali puri, molto estesi nelMedio Oriente, ma più comunemente sitrova frammisto alle specie sclerofillichedella macchia mediterranea. In Sardegna èstato utilizzato per rimboschimenti sia nellezone costiere, consociato ad altre conifere elatifoglie autoctone o esotiche, sia nelle areeinterne degradate con risultati non sempresoddisfacenti. Il pino d’Aleppo è impiegato

71

Distribuzione in Sardegna di Pinus halepensis (stazioninaturali).

Page 72: Alberi Arbusti 2008

anche nei giardini, nei viali, nei parchi pub-blici e sulle scarpate stradali per la sua fru-galità, la rapida crescita, le modeste esigen-ze colturali e la resistenza alle malattie.

Caratteristiche e utilizzazioni del legno. Illegno è tenace, pesante e duraturo e presentabuone proprietà tecniche che lo fanno apprez-zare per costruzioni edilizie, opere idrauliche,mobili, pasta da carta. È un buon combustibi-le, ma il potere calorifico è modesto. La cor-teccia possiede notevoli quantità di tannini edalle incisioni sul tronco si ricava una resinache trova applicazione, come le altre specie dipini, in vari campi.

Note etnobotaniche. Il pino d’Aleppo fuutilizzato per opere navali sin dall’antichità.La sua corteccia nei luoghi di mare era ricer-cata dai pescatori per dare il colore rosso allereti. A Villasimius le gemme erano utilizzatein decotto come espettorante.

SPECIE INTRODOTTE. In tutta l’Isola le trespecie spontanee sono abbondantemente uti-lizzate nei rimboschimenti anche al di fuoridelle aree di origine, prevalentemente consemi di provenienza esterna; oltre a questesono state introdotte per scopi selvicolturalie ornamentali diverse specie esotiche diconifere.

Il pino nero (Pinus nigra Arnold = P. lari-cio Poiret in Lam. = Pinus nigra Arnoldsubsp. laricio Maire), soprattutto di prove-nienza corsicana e appenninica, è largamen-te utilizzato nei rimboschimenti delle areemontane. Nella montagna di Bultei, in loca-lità Su Tassu-Sa Fraigada, è presente ungruppo di grandi alberi, residuo di un piùampio rimboschimento, impiantati a titolosperimentale nella seconda decade delNovecento dal Sala, un ispettore forestaleche favorì l’introduzione e la sperimentazio-ne di diverse specie arboree. Si tratta dellaformazione forestale con esemplari di oltre30 metri di altezza, tra i più alti esistenti inSardegna. Vaste estensioni di pino nero sonopresenti sul Limbara, nelle aree montane sci-stose della Sardegna centrale e un po’ ovun-que nei cantieri forestali. Il pino nero fusegnalato erroneamente dal Moris per Flu-

minimaggiore, per una evidente confusionecon il pino da pinoli.

Il pino bruzio (Pinus brutia Ten.) è distin-to dal pino d’Aleppo soprattutto per le pignesessili disposte in gruppi ortogonalmenterispetto al ramo, ed è originario dell’Italiameridionale, Penisola Balcanica e MedioOriente. In Sardegna trova impiego nei rim-boschimenti delle aree costiere assieme aglialtri pini mediterranei, soprattutto con pinod’Aleppo, con il quale spesso viene confusoe con il quale si ibrida. È frequente nei rim-boschimenti delle coste nord-occidentali.

Il pino silvestre (Pinus sylvestris L.), dallatipica corteccia rossiccia, si ritrova con un belnucleo a Sololche, in territorio di Pattada, aBadde Salighes e in alcuni cantieri forestali.

Pinus sabiniana Dougl., dalle pigne gran-di con semi eduli al pari del pino da pinoli, efoglie lunghe glauche, è sporadico nei cantie-ri forestali. Notevoli sono alcuni esemplaripresenti a Fiorentini e a Monte Pisano.

Il pino insigne o di Monte Rey (Pinusradiata D. Don = Pinus insignis Dougl.),caratterizzato da brachiblasti con tre foglie eda una pigna eccentrica, originario dellaCalifornia, è stato introdotto negli anni Set-tanta per scopi produttivi in molte zone, macon risultati molto differenti e spesso delu-denti a causa della forte aridità estiva e del-l’attacco di parassiti fungini e di insetti xilo-fagi, ma anche degli incendi estivi. È stata laspecie maggiormente utilizzata anche nellearee a morfologia più accentuata e con suolimolto deboli nei rimboschimenti privati,determinando un forte impatto negativo.

Il pino delle Canarie (Pinus canariensisSmith) presenta ramificazione monopodialecon tronco diritto e palchi regolari con fogliemolto lunghe riunite in grandi ciuffi. È uti-lizzato in alcuni rimboschimenti, ma soprat-tutto nei giardini. Si tratta dell’unico pinoche possiede capacità pollonifera e quindi,grazie al riscoppio agamico, è particolar-mente adatto nei rimboschimenti in areesoggette a incendio. Impianti di un certorilievo si trovano nel Limbara, nella forestademaniale del Campidano e nei monti delSulcis. Alberi di grandi dimensioni, introdot-

72

Page 73: Alberi Arbusti 2008

73

ti a scopo ornamentale per il bel portamento,si trovano sporadici nei centri abitati, come aNuoro nella stazione ferroviaria.

Il cedro dell’Atlante [Cedrus atlantica(End.) Carrière], caratterizzato dai rami rigi-di e foglie in fascetti eretti, è nativo dellemontagne del Nordafrica, dove formaimportanti boschi puri o misti a quercemediterranee. Esso è stato largamente utiliz-zato in aree collinari e presenta buona cre-scita e in alcuni casi (Monte Novo S. Gio-vanni nel Supramonte di Orgosolo e MontePisano nel Goceano) mostra pur modestiprocessi di diffusione spontanea da seme.Alberi di grandi dimensioni, grazie anchealla rapidità di crescita nelle condizionifavorevoli, si trovano nei rimboschimentimontani, ma anche nei parchi urbani.

Altre specie sono più rare e utilizzatesolamente a scopo ornamentale. Il cedro del-l’Himalaya [Cedrus deodara (D. Don) G.Don fil.], con rami giovani penduli e fogliein fascetti di 20-30, è sporadico nei centriabitati. L’esemplare di maggiori dimensionidi questa specie è presente nel parco di VillaPiercy a Badde Salighes.

Il cedro del Libano (Cedrus libani A.Richard), con rametti giovani glabri, alberopossente dalla caratteristica impalcatura eccen-trica, è molto più raro. Nel Parco di Laconi, èpresente un albero di notevoli dimensioni (25

metri di altezza e più di 4 metri di circonferen-za) impiantato verosimilmente nel 1835, e rap-presenta il cedro di maggiori dimensioni dellaSardegna. Le tre specie, molto affini, si ibrida-no tra di loro dando origine a piante non sem-pre di facile identificazione.

Altre conifere utilizzate nei rimboschi-menti sono l’abete bianco (Abies alba L.), dicui si trova un’interessante parcella presso ilvivaio nella foresta demaniale di Anela nelGoceano; l’abete greco (Abies cephalonicaLink), originario della Grecia, con spiccatecaratteristiche mediterranee, diffuso nel Lim-bara. Dell’abete di Spagna (Abies pinsapoBoiss.), originario dell’Andalusia meridiona-le e del Marocco settentrionale, esistonosolamente pochi alberi, ma il grande abeteintrodotto nel parco di Badde Salighes nellaseconda metà dell’Ottocento ha trovato con-dizioni ambientali ottimali ed è uno dei mag-giori esemplari esistenti (1,2 m di diametro eoltre 25 m di altezza). Abies nordmanniana(Stefen) Spach è ugualmente molto raro esembra limitato al parco di Badde Salighes.

Pseudotsuga menziesii (Mirbel) Franco[= Pseudotsuga douglasii (Lindley) Carriè-re], caratteristica per l’odore grato dellefoglie, negli ultimi tempi viene sporadica-mente utilizzata nei rimboschimenti (Villa-grande, Lanusei) e come pianta ornamentale,grazie al suo rapido accrescimento.

Pseudo infiorescenza maschile di Pinus pinaster. Strobili femminili di Pinus halepensis.

Page 74: Alberi Arbusti 2008

74

CUPRESSACEAE

Arbusti o alberi con foglie aciculari osquamiformi. Pseudo-infiorescenze maschilia cono raccorciato, quelle femminili roton-deggianti, sulla stessa pianta (monoiche) osu piante diverse (dioiche). Strobili secchilegnosi o carnosi simili a bacche (galbuli).

La famiglia delle Cupressaceae com-prende 17 generi, di cui i più noti sono Juni-perus, Cupressus, Calocedrus, Chamaecy-paris, Thuja e Tetraclinis, con circa 130 spe-cie distribuite in tutto il mondo.

Sono ricercati per il legname, utilizzatoin ebanisteria e per costruire scafi, alberi diimbarcazioni navali e travi di solai, mentrele resine hanno interesse in artigianato emedicina.

JUNIPERUS L.

Arbusti o anche alberi, sempreverdi conrami cilindrici o angolosi. Foglie aghiformi,aciculari o squamiformi. Pseudo-infiore-scenze maschili a cono, formate da numero-se squame con sacche polliniche. Pseudo-infiorescenze femminili globose costituiteda tre a otto squame, portanti gli ovuli. Gal-bulo rotondeggiante, carnoso, con semi ategumento duro.

Il genere Juniperus comprende circa 60specie, diffuse nelle zone temperate e freddedell’Emisfero boreale.

Il legno dei ginepri, ricco di resina, èmolto ricercato, per la sua durata e per i mol-teplici usi in ebanisteria e artigianato ingenere.

1 Foglie squamiformi, appressate ai rami;galbulo a maturità di colore rosso matto-ne..........................................J. phoenicea

– Foglie aciculari, rigide, pungenti...........22 Foglie di 8-20 mm, con una linea stoma-

tifera verde-glauca sulla pagina superio-re; galbulo bluastro di 6-9 mm...............3

– Foglie di 15-25 mm, con due linee stoma-tifere glauche nella pagina superiore;galbulo di 6-25 mm..............J. oxycedrus

a) Piante di zone costiere o interne; galbulodi 6-10 mm........................ssp. oxycedrus

b) Piante delle zone sabbiose costiere; gal-bulo di 10-25..................ssp. macrocarpa

3 Arbusto o alberello a portamento eret-to...........................................J. communis

– Arbusto a portamento prostrato J. sibirica

Juniperus phoenicea L., Sp. Pl. : 1040(1753)

Sin.: J. lycia L., Sp. Pl., 1: 1039 (1753)J. oophora G. Kuntze, Flora (Regensburg)29: 637 (1846)J. turbinata Guss., Fl. Sic. Synopsis 2: 634(1844)J. phoenicea L. ssp. lycia Auct.J. phoenicea ssp. eumediterranea Lébréton& Thivend, Nat. Monspel., Sér. Bot., 47 : 8(1981) J. phoenicea L. ssp. turbinata (Guss.)Arcangeli, Fl. Ital., 638: (1882).J. phoenicea L. ssp. turbinata (Guss.)Nyman, Consp. Fl. Eur., 676 (1881 an1882).

Regione della prima descrizione: Galliameridionalis, Europa australi, Monspelii.

Nomi italiani: Ginepro feniceo, Cedro licio,Cedro fenicio, Ginepro rosso.

Nomi sardi: Ghinipera emina (Orgosolo);Ghiniperu emina (Oliena); Sivina(Alghero); Sinnibiri maseru (S. Antio-co); Thinniberu femina (Urzulei); Zinni-biri mesedu (Fluminimaggiore); Zinni-piri femina (Burcei); Ciaccia, Ghinipa-ru femina, Jaccia, Rulloni, Sabinu,Senaive.

Nomi stranieri: Fr., Genévrier de Phénicie,Morven, Lycien; Ted., PhoenizicherWacholder; Sp., Cedro de España, Sabi-na roma, Sabina suave, Sivina.

Arbusto o albero alto fino a 10-12 m, aportamento eretto con chioma ovato-pirami-dale. Corteccia dei rami adulti scuro-ceneri-na desquamantesi longitudinalmente in

Page 75: Alberi Arbusti 2008

lamine sottili. Ramuli di 1 mm di diametrocon foglie di 0,5-1 mm, ovato-rombiche,cuspidate, squamiformi, con una linea resi-nifera centrale, opposte, appressate ed imbri-ciate. Foglie delle plantule, aciculari, lunghe10-15-1-2 mm, pungenti. Pseudo-infiore-scenze su piante diverse e in amenti termina-li sui giovani rami laterali; quelle maschili di3-5 mm, erette con squame amentifere carti-laginee sub-orbicolari, le femminili consquame carnose, a maturità di 8-14 mm didiametro, all’apice dei ramuli. Galbulorotondeggiante o ovato, verde-giallastronella fase giovanile e di colore rosso-bruno,rosso mattone, lucido, a maturità, con tre-nove semi.

Tipo biologico. Arbusto o albero sempre-verde generalmente ramificato dalla base,con foglie squamiformi. Micro o mesofane-rofita.

Fenologia. Fiorisce a febbraio-marzo enelle zone più elevate ad aprile-maggio. Igalbuli giungono a maturazione nell’annosuccessivo e persistono più anni nella pianta.

Areale. Si estende dalle Canarie alle zonecostiere del bacino Mediterraneo. In Sarde-gna, i ginepreti di maggiore estensione sirinvengono lungo le coste meridionali, intutto il settore nord-orientale, nelle isole del-l’Arcipelago di La Maddalena, particolar-mente a Spargi, nelle aree interne ad Artudé,nel Montalbo, e nel Supramonte a CampuDonanicoro sino alle aree culminali diMonte Oddeu. Ma è soprattutto nelle costemeridionali dell’Isola che ha la sua maggio-re diffusione.

Ecologia. Specie fortemente eliofila exerofila, è indifferente al tipo di substrato. Incondizioni particolari, soprattutto in Africasettentrionale, si spinge fino a 1.300 m dialtitudine e verso Sud fino al margine deser-tico del Sahara. In Sardegna si trova lungotutta la fascia costiera come elemento domi-nante delle macchie termo-xerofile e, nelledune sabbiose, entra in concorrenza con ilginepro coccolone, con il quale formaboscaglie chiare e molto ricche in biodiver-sità. Si tratta di una delle specie forestalimaggiormente diffuse nelle zone calcaree

centro-orientali, dove si rinviene fino ai1.000-1.100 m di quota, mentre nelle zoneinterne a substrato siliceo resta intorno ai500-600 m anche nelle zone esposte a mez-zogiorno. Nelle pinete litoranee si affermabene nel sottobosco pur con piante esili e sfi-late a causa dell’ombreggiamento. Nellacosta calcarea del Golfo di Orosei, da CalaGonone a Santa Maria Navarrese, i ginepre-ti rappresentano la specie dominante nelpaesaggio vegetale.

In riferimento alle formazioni di gineprofeniceo, oltre ad Oleo-Juniperetum phoeni-ceae dei calcari della Sardegna centro-orien-tale, nell’Isola sono state descritte numeroseassociazioni e sub-associazioni, alcune dellequali hanno scarso significato e, ad una det-tagliata analisi della componente floristica diaccompagnamento, in evidente condizionedi sinonimia.

Grandi alberi. Grandi esemplari di gine-pro feniceo si trovano un po’ ovunque, masoprattutto nell’area del Monte Albo e nellezone più impervie dei calcari centro-orienta-li. Sono alberi che non presentano dimensio-ni eccezionali (fino a 80-90 cm di diametroe 10-12 m di altezza), a causa dell’accresci-mento lentissimo, ma che possono esseremolto annosi e con legno durissimo, motivoper cui, spesso nel passato, durante i lavoridi deforestazione, venivano risparmiati perla difficoltà di taglio.

Notizie selvicolturali. È una specie adaccrescimento molto lento e longeva, che siriproduce solamente per seme. Non ha capa-cità pollonifera ed è quindi molto sensibileall’incendio. In condizioni molto favorevoliriesce a costituire formazioni chiuse entrandoin concorrenza con gli elementi più termofilidella macchia mediterranea. Nonostante lalentezza dell’accrescimento può raggiungeredimensioni considerevoli, come nel MonteAlbo, nei monti di Oliena, nelle zone costie-re e montane di Dorgali e Baunei. Viene sem-pre più spesso utilizzato in giardinaggio e,opportunamente irrigato, ha un accrescimen-to notevole, anche oltre 1 cm all’anno in dia-metro. Grazie alle numerose forme (cipressi-ne, compatte, globose, aperte, anche di colo-

75

Page 76: Alberi Arbusti 2008

Juniperus phoenicea L. - Ramo con galbuli, ramo con fiori maschili x 1, ramo con foglie x 10.

Page 77: Alberi Arbusti 2008

77

re variegato) si presta a costituire ambientisuggestivi di giardino mediterraneo. Nellavallata di Gutturu Mannu e lungo le costesulcitane, si rinvengono le forme più varie einteressanti per il portamento.

Caratteristiche ed utilizzazioni del legno.Il legno è duro, compatto, tenace, incorruttibi-le ed era molto apprezzato in ebanisteria perfare botticelle, bastoni da passeggio, maniciper utensili da campagna come aratri (aradosde linna) e per l’aia come forconi (vurkònes),pale (palas e palittas), setacci (sedatthos),balconate, sostegni per i pergolati (cerboni),solai e correnti di tetti e, tuttora, quando sidemoliscono vecchie case si recuperano le

travi perfettamente integre. Il ginepro feniceoè stato ampiamente utilizzato, fin dall’antichi-tà, per costruzioni varie come le capanne deipastori (pinnettas), i ricoveri per gli animali(mandras, per le pecore, cortes per le capre,salkoni e cerinas, per i capretti, arulas per imaiali), tetti di protezione delle riserve d’ac-qua piovana (presettos); con alberelli scortec-ciati si preparavano attaccapanni e supporti(fèstinas, antas, vurcardzu) per la macellazio-ne, impalcature per pozzi, travature varie.

Il legno veniva anche ampiamente utiliz-zato per la costruzione di telai, piattaformelignee per barche, altari, sedie, cassapanche,lavori di intarsio, utensili per la casa.

Galbuli di Juniperus phoenicea di diverse località della Sardegna.

Page 78: Alberi Arbusti 2008

Il legno si presta bene anche come legna daardere, bruciando con fiamma vivace, ma, peril suo pregio in altri settori, era scarsamenteutilizzato a questo scopo. Oggi, la ricerca delginepro per le abitazioni e le staccionate nelleseconde case e nei villaggi costieri, nonché lapiaga degli incendi hanno determinato la suararefazione in molte parti dell’Isola.

Note etnobotaniche. Le diverse partidella pianta: rametti giovani, galbuli, trova-vano largo impiego in diverse pratiche tra-dizionali (liquoreria come aromatizzantedelle acquaviti, medicina come diaforetico,antielmintico, antiodontalgico, praticheabortive, la resina al posto dell’incensonelle funzioni religiose, per aromatizzarearrosti etc.) da soli o con altre essenze. L’an-tico uso di questa pianta è testimoniato in unbronzetto nuragico di grande forza espressi-va rinvenuto a Santadi, che rappresenta unguerriero-pastore con un bastone di ginepro

fenicio, fuso in modo realistico e mirabile.Note tassonomiche, sistematiche e varia-

bilità. Linneo descrisse Juniperus phoeniceacon la diagnosi Foliis ternis obliteratis imbri-catis, obtusis. Habitat in Europa australi,Monspelii. Juniperus lycia, descritto dallostesso Linneo (Habitat in Gallia, Sibiria), ècomunemente sinonimizzato con J. phoeni-cea. L’indicazione per la Siberia lascia ovvia-mente molti dubbi e può essere attribuita aduna errata interpretazione della provenienza,del resto non infrequente nell’opera linneana.In seguito, sono stati descritti J. oophora G.Kuntze per la Spagna e J. turbinata Guss. perla Sicilia (In arenosis, vel rupestribus mariti-mis, Montallegro, Secciara).

J. phoenicea L. e J. turbinata Guss. sonodistinte da diversi autori come specie o sot-tospecie, differenziate per il portamento deirami terminali, per la forma dei galbuli,rotondeggianti e più piccoli in J. phoenicea,più allungati, ovali o piriformi in J. turbina-ta, oltre che per una supposta esigenza eco-logica, indicando per la prima il substratoduro, e per la seconda quello sabbioso. Inparticolare, Amaral Franco (1993), in FloraEuropea, le differenzia a livello di specie peri rami terminali caudati eccedenti lungamen-te quelli laterali, per la forma delle fogliecon margine scarioso e per i galbuli, ovoi-dei-piriformi, di dimensioni maggiori 10-14mm in J. turbinata rispetto a J. phoenicea; lostesso autore (1986) in Flora Iberica, per glistessi caratteri, le differenziava, invece, alrango di sottospecie. In merito, Arrigoni(2006) indica l’entità sarda al rango di spe-cie come J. turbinata Guss.

In ogni caso, i caratteri distintivi non sonotali da discriminare le due entità a rango spe-cifico. Parlatore (1867) affermò che i caratte-ri del galbulo considerati come differenzialida Gussone, in realtà, si possono riscontrareanche su uno stesso esemplare. La popola-zione di Montallegro nella costa centro-set-tentrionale, (locus classicus di J. turbinata),ancora ben conservata al dicembre 2005, pre-senta piante sia arbustive sia arboree con gal-buli diversi per forma (da piriformi ad ovoi-dei se immaturi a decisamente sferici),

78

Distribuzione in Sardegna di Juniperus phoenicea.

Page 79: Alberi Arbusti 2008

79

Boscaglie a Juniperus phoenicea su granito nella Sardegna orientale.

Page 80: Alberi Arbusti 2008

80

dimensioni che vanno da 6-8 mm a 12-13 mmdi diametro, e colore da giallastro a rosso-scuro. Anche la crescita più o meno accentua-ta dei rami terminali appare legata alle condi-zioni ecologiche, in particolare all’esposizio-ne al vento, piuttosto che rappresentare uncarattere diagnostico stabile. Le popolazionidel locus classicus di J. turbinata Guss. nondifferiscono in modo significativo da quelleattribuite comunemente a J. phoenicea L. insenso stretto, e non paiono per nulla differiredalle popolazioni della Sardegna, dove siriscontra un’analoga gamma di differenze.

Per tale motivi non appare giustificata laseparazione di J. turbinata Guss. da J. phoe-nicea L. per le piante sarde in due distinteentità a livello sottospecifico e tanto meno dispecie, in quanto tale carattere non si riscon-tra nei galbuli maturi nemmeno nella popo-lazione del locus classicus in Sicilia.

Solamente un gruppo di piante nella Sar-degna settentrionale (Loche, 2000) si disco-sta abbastanza per il carattere del galbulo piùo meno allungato, che tuttavia non corri-sponde ai supposti caratteri delle piante dellocus classicus di J. turbinata.

Analogamente, J. phoenicea ssp. eume-diterranea Lébréton et Thivend, distintacome chemiotipo delle aree montane, puòessere accettata al rango di semplice che-miovarietà, piuttosto che di sottospecie. Ineffetti, le piante di Sardegna utilizzate dagliautori per le analisi fitochimiche provengo-no dall’area di Capo Caccia e del MonteAlbo, raccolte a bassa quota e a 900 m dialtezza. Questo dato può giustificare quindiuna differenza quantitativa se non qualitati-va di principi attivi riscontrati, ma verosi-milmente collegati da chemiotipi intermedi.Indagini svolte da Nazzaro et al. (1995)sulla distanza enzimatica a livello di semein diverse popolazioni dell’Italia meridiona-le e di Capo Caccia non hanno rilevato dif-ferenze significative.

In accordo con Greuter, Valdés, Christen-sen, e con le più recenti flore delle areemediterranee, si ritiene di mantenere J. tur-binata Guss. come sinonimo nomenclaturaleeterotipico di J. phoenicea L.

Juniperus communis L. ssp. communis,Sp. Pl.:1040 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitat inEuropae septentrionalis sylvis.

Nomi italiani: Ginepro comune.Nomi sardi: come J. oxycedrus L.Nomi stranieri: Ingl., Common Juniper; Fr.,

Genévrier commun; Ted., GemeinerWacholder; Sp., Enebro comun.

Arbusto o piccolo albero alto fino a 10 m,molto ramificato, a portamento eretto conchioma ovato-conica. Rami giovani glabri,angolosi. Foglie lunghe 10-20 mm, larghe 1-1,5 mm, diritte, lineari, pungenti, con unasola banda stomatifera glauca nella partesuperiore, disposte in verticilli di tre distan-ziati di 6-10 mm. Pianta dioica, con strobilidisposti all’ascella delle foglie. Galbulimaturi di 6-9 mm, neri o nero-bluastri, con2-3 semi. 2n = 22.

Tipo biologico. Pianta sempreverde confoglie persistenti 2-3 anni. Nan- o microfa-nerofita.

Fenologia. Emette gli strobili da febbraioa giugno secondo la latitudine e l’altitudine.

Areale. Il ginepro comune è diffuso nel-l’Emisfero settentrionale (America del nord,Europa e Asia fino alla catena dell’Himalaya)soprattutto nelle zone montane. In Sardegna,dove rappresenta un tipico esempio di specierelitta, è molto raro ed è conosciuto solamen-te su substrato calcareo in territorio di Laconi(Funtana sa Mela) e a Montarbu di Seui.

Ecologia. È una specie eliofila e frugaleche sopporta bene le basse temperature e siadatta a vivere nei luoghi aridi e in diversiambienti degradati. Può diventare infestantedei pascoli per la sua capacità di colonizzarei terreni spogli di altre specie forestali. Vege-ta soprattutto nelle zone montane, ma nellequote maggiori è vicariata dal ginepro nano.

Notizie selvicolturali. Si riproduce perseme. Specie pioniera, si presta al consolida-mento di terreni spogli e pietrosi. Il gineprocomune per la sua lentezza di accrescimentoè scarsamente usato nei rimboschimenti.

Page 81: Alberi Arbusti 2008

81

Juniperus communis.

Page 82: Alberi Arbusti 2008

Juniperus communis L. ssp. communis - Rami con galbuli, rami con fiori x1, infiorescenza maschile e femminilex10; foglia x4.

Page 83: Alberi Arbusti 2008

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è duro, compatto, a granafine, odoroso, ma le sue modeste dimensionine limitano le possibilità di utilizzazione. Èmolto ricercato per piccoli utensili, opered’intaglio ed ebanisteria fine.

Note etnobotaniche. Le bacche mature ininfuso hanno proprietà balsamiche e fin dal-l’antichità erano utilizzate nelle affezionidelle vie respiratorie e urinarie e come sti-molanti della secrezione gastrica. Messe amacerare in alcool o in acquavite fornisconoun ottimo amaro tonico. Con le bacche diginepro si aromatizzano le acquaviti dicereali, che sono commercializzate sotto ilnome di gin.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il vasto areale del ginepro comu-ne ha determinato anche una variabilità con-siderevole all’interno della specie in sensolato. La sua utilizzazione come pianta orna-

mentale, nell’Europa continentale, ha porta-to alla selezione di numerose forme coltura-li, differenziate soprattutto per portamento ecolore.

Tutela e protezione. Per la sua rarità inSardegna, necessita di una efficace tutela deipochi siti dove è tuttora presente.

Juniperus sibirica Burgsdorff, Anleit.: 124(1787)

Sin.: Juniperus communis L. ssp. alpina(Suter) Celak, Prodr. Fl. Boehmen: 17(1867)

Juniperus communis L. ssp. nana (Hoo-ker) Syme in Sowerby, Engl. Bot., Ted. 3, 8:275 (1868)Juniperus nana Willd. 1796, Berlin.Baumz.: 159 (nom. ill.).

Regione della prima descrizione: Siberia?

Nomi italiani: Ginepro nano.Nomi sardi: Cinniveru nanu (Fonni); in

genere come J. oxycedrus L.Nomi stranieri: Ingl., Juniper; Fr., Genévrier

nain; Ted., Zwerg-Wacholder; Sp., Ene-bro rastrero, E. achaparrado.

Arbusto prostrato con numerosi rami con-torti, intricati, a contorno irregolare. Ramigiovani glabri, angolosi. Foglie di 8-14 x 1-2mm, rigide, diritte, lineari, mucronate, pun-genti, con una sola banda stomatifera, glaucasuperiormente. Strobili maschili e femminiliposti su piante diverse all’ascella delle foglie.Galbuli a maturità globosi, di 6-9 mm, blua-stri, contenenti 2-3 semi angolosi.

Tipo biologico. Arbusto nano, prostrato,strisciante, sempreverde con foglie persi-stenti per più anni. Nanofanerofita.

Fenologia. Sviluppa gli strobili ad aprile-maggio e matura i galbuli a settembre-otto-bre dell’anno successivo.

Areale. Il ginepro nano è largamente dif-fuso nell’Emisfero settentrionale, nelle mon-tagne e a latitudine maggiore anche nellebasse quote. In Sardegna è limitato al com-

83

Distribuzione in Sardegna di Juniperus communis.

Page 84: Alberi Arbusti 2008

Juniperus sibirica Burgsdorff. - Rami con galbuli x1,3; foglia x5,2, particolare di ramo con galbulo x2,6

Page 85: Alberi Arbusti 2008

plesso del Gennargentu e a Montarbu di Seui.Ecologia. È una specie eliofila indiffe-

rente al substrato, che vegeta nelle regionimeridionali nelle zone di montagna al limitedella vegetazione arborea, e nelle regionisettentrionali anche in pianura e al livello delmare. In Sardegna si rinviene oltre i 1.000 mdi quota nell’area del Gennargentu, doverappresenta la specie arbustiva principale delclimax degli arbusti nani prostrati, distribui-ta a mosaico in ragione soprattutto del pas-saggio del fuoco. È raro, invece, sul calcaread eccezione delle zone più elevate di Mon-tarbu di Seui a Margiani Lobusa e delle faldedi Monte Novo S. Giovanni nel Supramontedi Orgosolo, sugli scisti con apporto di mate-riali calcarei dal tacco sovrastante. ConThymus catharinae rappresenta l’associazio-ne Thymo-Juniperetum nanae.

Notizie selvicolturali. Si riproduce perseme. È una specie pioniera degli ambientidegradati, dove si sviluppa in grossi cespicircolari appiattiti, alti non più di 50-70 cm.Non possiede capacità pollonifera e dopo il

passaggio dell’incendio è distrutto totalmen-te, ma grazie alla buona germinabilità rico-lonizza in breve le aree bruciate.

Caratteristiche ed utilizzazioni del legno.Il legno è simile a quello degli altri ginepri, maè meno pregiato per i suoi rami contorti, didiametro irregolare e di dimensioni modeste.

Note etnobotaniche. Come J. communisssp. communis.

Note tassonomiche, sistematiche e biodi-versità. Il ginepro nano è stato ritenuto gene-ralmente una sottospecie del ginepro comune(J. communis L. ssp. nana (Willd.) Nyman).La separazione da J. communis trova motivonella forma e dimensioni delle foglie, dei gal-buli e nel portamento. In Sardegna le dueentità sono presenti nella stessa area solamen-te a Montarbu di Seui, ma non sono conosciu-te forme ibride intermedie. Affine a J. sibiri-ca per il portamento è J. hemisphaerica Presl,descritto per l’Etna e considerato anche comesottospecie o varietà, ora di J. communis, oradi J.< oxycedrus. Questa entità fu segnalataper la Sardegna da Schmid (1933) come J.

85

Galbuli immaturi di Juniperus sibirica.

Page 86: Alberi Arbusti 2008

86

oxycedrus ssp. hemisphaerica (Presl)Schmid, non più ritrovato; secondo Arrigoni(1981; 2006) è da attribuire a J. sibirica.

Juniperus oxycedrus L. ssp. oxycedrus,Sp. Pl. : 1038 (1753)

Provenienza: Habitat in Hispania, G. Nar-bonensi.

Nomi italiani: Appeggi, Ginepro rosso.Nomi sardi: Chiniberu (Posada); Cinneberu

(Desulo); Ghiniperu (Bitti, Lula, Orosei);Ghiniperu mascru (Oliena, Orgosolo);Ghiniporo (Orani); Jaccia, Ciaccia (LaMaddalena); Cinniveru (Fonni); Nibaru(Macomer, Padria, Sassari); Nibbaru(Bonorva, Osilo, Tempio); Niberu (Ber-chidda, Monti, Olbia); Sinebiri (Barisar-do); Sinneburu (Perdas de Fogu); Thini-

peru (Dorgali); Thinniberu (Baunei,Urzulei); Thrubenneru (Villagrande Stri-saili); Sinnibiri (S. Antioco); Zinnibere(Busachi); Zinnebiri (Laconi); Zinnipiri(Burcei); Zinnipiri eru (Fluminimaggio-re); Libanu, Nibanu, Zinnibaru.

Nomi stranieri: Fr., Genévrier oxycèdre, G.cadé; Sp., Alerce español, Cinebre, Ted.,Stech-Wacholder, Zedern-Wacholder.

Arbusto o albero alto fino a 8-10 m, a por-tamento eretto, ovato-conico, piramidale,talora ramificato fin dalla base con ramipatenti a portamento monopodiale o simpo-diale. Corteccia del tronco brunastra, fessura-ta longitudinalmente, staccantesi sotto formadi lamelle sottili. Rami giovani lisci, glabri.Foglie in verticilli di 3, lunghe 10-25 mm, lar-ghe 1-2 mm, lineari, acuminate, rigide, pun-genti, con nervatura centrale evidente e duebande stomatifere glauche superiormente.Strobili maschili solitari, ascellari con squa-me di 1 mm. Strobili femminili con squamecarnose concresciute a maturità a costituiregalbuli di 6-10 mm, verdastri da giovani,rosso-scuri a maturità, con tre semi. 2n=22.

Tipo biologico. Arbusto o albero sempre-verde. Microfanerofita o mesofanerofita.

Fenologia. Fiorisce a gennaio-aprilesecondo l’altitudine e porta a maturità i frut-ti nell’anno successivo.

Areale. Presenta una distribuzione cir-cum-mediterranea e si estende fino al Cau-caso e alla Persia. In Sardegna vive lungotutta la fascia litoranea e, nelle zone graniti-che maggiormente aride e degradate, sieleva sino alle aree montane più interne. NelLimbara, Monti di Alà, Monte Lerno, nelMonte Linas e nel gruppo dei Sette Fratelli,sui calcari centro-orientali e nel Gennargen-tu, il ginepro ossicedro caratterizza vastearee del paesaggio dell’Isola.

Ecologia. Specie eliofila e xerofila, vege-ta lungo le zone costiere, ma si eleva fino ai1.800-2.000 m di altitudine nei luoghi aridi,rocciosi, sassosi e assolati. È indifferente alsubstrato, ma con una predilezione per lezone calcaree. In Sardegna costituisceboscaglie sia nelle aree costiere che monta-

Distribuzione in Sardegna di Juniperus sibirica.

Page 87: Alberi Arbusti 2008

Juniperus oxycedrus L. ssp. oxycedrus. Ramo con galbuli, ramo con infiorescenze maschili x 1,1; infiorescenzamaschile x 6,6; foglia x 4,4.

Page 88: Alberi Arbusti 2008

88

Juniperus oxycedrus ssp. oxycedrus modellato dal vento nella tipica forma a bandiera.

Albero monumentale di Juniperus oxycedrus ssp. oxycedrus in territorio di Arzana nel Gennargentu.

Page 89: Alberi Arbusti 2008

89

ne. Nelle aree calcaree montane, si trovano iginepreti più importanti con alberi di grandidimensioni. I ginepreti a ginepro ossicedrorappresentano un’importante fase nell’evolu-zione della vegetazione verso la lecceta. Ineffetti, come si può osservare nel MonteAlbo, nel Supramonte di Orgosolo e in Oglia-stra, una grande quantità di piante secche, chenon sopportano l’ombreggiamento e la con-correnza del leccio, caratterizza tutto il sotto-bosco della lecceta. Allo stesso tempo, ilginepro agisce come elemento di protezionedal morso degli animali al pascolo delle gio-vani piante di leccio che, così, si affrancanosino a portare allo stadio finale della succes-sione della foresta climacica a leccio.

Grandi alberi. Grandi alberi di ginepro sitrovano un po’ ovunque, ma quelli di mag-giori dimensioni sono senza dubbio presentinei Supramonti e nel Gennargentu. In parti-colare si citano gli alberi di Tedderieddu

(560 cm di circonferenza e 6 m di altezza) edi Bacu Ighinu (180 cm di diametro e 10 mdi altezza). I grandi alberi sono caratterizzatianche da piante suggestive per la forma chesopravvivono con tronchi contorti, piegatidal vento e, spesso, con una chioma minima.

Notizie selvicolturali. Il ginepro presentaun accrescimento estremamente lento e, anchequando si trova in stazioni favorevoli, gliaccrescimenti diametrici sono dell’ordine diqualche millimetro all’anno. Tuttavia, graziealla sua longevità può raggiungere dimensioniconsiderevoli. Si riproduce da seme e la ger-minazione avviene uno o due anni dopo lasemina. Il ginepro è una specie pioniera deisuoli poveri e degradati, ma per il suo lentoaccrescimento non viene praticamente utiliz-zato in selvicoltura. Trova migliore fortunaper scopi ornamentali nei giardini e nei parchi.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il suo legno è compatto, duro, resi-stente, incorruttibile, profumato. Presentaun colore bianco-giallastro e nella parte cen-trale rossastro con venature sottili. Si prestaad essere levigato e intarsiato e, per questomotivo, è molto ricercato. È stato utilizzatofin dai tempi più remoti per intagliare statue,per travature, solai e parti di navi.

Note etnobotaniche. Dalla distillazionedel legno si ottiene l’olio di cadé, che vieneusato contro le affezioni della pelle ed in vete-rinaria per combattere la scabbia e le ulceredegli ovini. Le foglie e i galbuli sono stimo-lanti e diuretici.

Juniperus oxycedrus L. ssp. macrocarpa(Sibth. et Sm.) Ball, J. Linn. Soc. London(Bot.), 16 : 670 (1878)

Sin.: Juniperus macrocarpa Sm. in Sibth.et Sm., Fl. Graeca Prod., 2: 263.

Regione della prima descrizione: Grecia,area mediterranea.

Nomi italiani: Ginepro coccolone.Nomi sardi: Vedi Juniperus oxycedrus L.

ssp. oxycedrus.

Distribuzione in Sardegna di Juniperus oxycedrus ssp.oxycedrus

Page 90: Alberi Arbusti 2008

Arbusto o alberello di 3-6 m a chiomairregolare globosa, espansa, lassa, con ramieretto-scandenti o, talora, decisamente pen-duli. Foglie in verticilli di tre distanziati di 3-6 mm, lunghe 15-25 mm, larghe 1,2-2,5 mm,patenti, aciculari, mucronate, nella paginasuperiore con due bande stomatifere glau-che, separate dalla nervatura mediana. Stro-bili maschili e femminili disposti all’ascelladelle foglie su piante distinte (dioiche) o,molto raramente, sulla stessa pianta. Galbu-lo di 14-25 mm, globoso o irregolarmenteglobuloso-trigono, pruinoso, rosso-mattonea maturità, opaco, contenente tre semiappiattiti, rugosetti, a contorno ellittico, lun-ghi 7-10 mm e larghi 5-7 mm. 2n=22.

Tipo biologico. Arbusto sempreverde aramificazione simpodiale, che costituiscemacchioni impenetrabili, o albero di mode-ste dimensioni in altezza. Microfanerofita.

Fenologia. Gli strobili compaiono a gen-naio-marzo e i galbuli maturano nell’autun-no dell’anno successivo.

Areale. È diffuso nel bacino del Mediter-raneo lungo le zone costiere. In Sardegna siestende nelle coste settentrionali sulle dune diRena Majore, Badesi, Platamona, FiumeSanto e Stintino. Lungo le coste occidentaliabbonda nelle grandi dune di Is Arenas-Nar-bolia, di Pistis e nell’imponente sistema duna-le di Arbus. Nella costa meridionale sono ledune di Chia e di Portoscuso quelle più este-se e ricche di ginepreti, mentre nelle costeorientali, i nuclei più importanti sono aCampu Longu presso Capo Carbonara, allefoci del Flumendosa, nel Golfo di Orosei,nelle dune di Capo Comino e di Santa Lucia.Nuclei sparsi di minore consistenza si trova-no ovunque vi siano dune sufficientementeintegre.

Ecologia. Vive quasi esclusivamentenelle zone litoranee sulle dune sabbiose,dove può costituire popolamenti puri. La suapresenza è legata strettamente alle sabbie,dove forma boscaglie o nuclei più o menoestesi. Il processo di degrado che interessatutti i sistemi dunali della Sardegna a causadell’eccessiva frequentazione turistica edella carenza di efficaci misure di tutela,

rende il ginepro coccolone una delle piantemaggiormente a rischio, così come per lespecie di corteggio che accompagnano que-ste boscaglie dall’equilibrio particolarmenteinstabile. Entra a far parte dell’associazionePistacio-Juniperetum macrocarpae, nonchédi sub-associazioni simili, sempre su sub-strati sabbiosi dunali.

Grandi alberi. Il ginepro coccolone ha unaccrescimento molto lento, dovuto anchealle difficili condizioni pedologiche; ciono-nostante, particolarmente nelle grandi dunedi Badesi, Monte Russu, Platamona, Is Are-nas, Buggerru, Porto Pino, si rinviene ungran numero di alberi di età considerevolecon i tronchi spesso adagiati sulla sabbia.

Notizie selvicolturali. È stato impiegatocon successo nel consolidamento delle dunecostiere. I semi sono di difficile germinazione,ma con opportuni accorgimenti, si ha unabuona riuscita. Se irrigato, si presta anchecome albero da giardino, con buoni accresci-menti sia in altezza, sia in diametro.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno, note etnobotaniche. Come Juniperusoxycedrus ssp. oxycedrus.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Il ginepro coccolone viene consideratoora a livello di specie, ora a livello di sottospe-cie o varietà (var. macrocarpa (Sibth. et Sm.)J. Silba) rispetto al tipico ginepro ossicedro.Le caratteristiche del frutto, di dimensioni benmaggiori, delle foglie, più corte e più larghe,nonché la netta differenziazione ecologica,almeno in Sardegna, giustificano la distinzio-ne a rango di sottospecie.

SPECIE INTRODOTTE. La famiglia delleCupressaceae presenta numerose specie diinteresse selvicolturale, paesaggistico, orna-mentale per i parchi e i giardini. Tra di esse, inSardegna, la specie più comune è il cipresso(Cupressus sempervirens L.) di cui si distin-guono due varietà: la prima (C. sempervirensvar. pyramidalis Targ.-Tozz.), a portamentocolonnare con i rami secondari appressati alfusto, e la seconda (C. sempervirens var. hori-zontalis Miller) con rami aperti a formare unachioma conico-piramidale. Il cipresso è una

90

Page 91: Alberi Arbusti 2008

specie originaria del Medio Oriente e dellaGrecia, ampiamente utilizzata in Italia già daltempo dei Romani; ormai fa parte integrantedel paesaggio. La sua presenza data da lungoperiodo. Fu introdotto soprattutto nei luoghi diculto e nei cimiteri, in memoria di una praticaantichissima. I sarcofagi usati per le sepolturericavati dai tronchi di questa pianta sonomolto resistenti nel tempo e immarcescibili,grazie all’abbondanza di resine odorose conproprietà antisettiche. Nei rimboschimenti èutilizzata di rado, con risultati non molto inco-raggianti, mentre trova largo impiego nei viali,e come frangivento a protezione delle colture.Processi di spontaneizzazione si osservanoqua e là, soprattutto nella valle di Rizzeddu delSassarese.

Altre specie abbastanza comuni sonoCupressus arizonica Greene, originario del-l’America nord-occidentale, e Cupressusmacrocarpa Hartweg, utilizzato nei viali,nelle ville, lungo le linee frangivento e, inalcuni casi, anche nei rimboschimenti, comenell’azienda demaniale di Terranova in terri-torio di Olbia.

Juniperus virginiana L., specie originariadel Nordamerica, è sporadica nei parchi (gli

91

Distribuzione in Sardegna di Juniperus oxycedrus ssp.macrocarpa.

Galbuli di Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa.

Page 92: Alberi Arbusti 2008

Juniperus oxycedrus L. ssp. macrocarpa (Sibth. et Sm.) Ball. - Ramo con galbuli, ramo con infiorescenza x1,1;infiorescenza maschile con foglia x6,6; galbulo x1,6.

Page 93: Alberi Arbusti 2008

93

esemplari di più antica introduzione si trova-no a Badde Salighes, in territorio di Bolota-na mentre Juniperus chinensis L. trova mag-giore utilizzo nei giardini pubblici e privatidegli ambienti urbani.

Chamaecyparis lawsoniana (Murray)Parl., introdotta per la prima volta in Sarde-gna a Badde Salighes (qui si trovano gliesemplari di maggiori dimensioni conosciu-ti nell’Isola), e Thuja occidentalis L., origi-naria del Nordamerica, sono generalmenterare, se non del tutto assenti in altre aree.Calocedrus decurrens (Torr.) Florin è pre-

sente nel parco della villa Piercy di BaddeSalighes, ma anche in rimboschimenti aMonte Pisano, mentre Thuja orientalis L. èdiventata, negli ultimi decenni, una piantaornamentale ampiamente utilizzata nei par-chi e nei giardini pubblici e privati, per lasua rapida crescita, sebbene nel tempo perdale caratteristiche di compattezza e regolaritàdella forma conico-piramidale della fasegiovanile. Di tutte le specie coltivate preva-lentemente a scopo ornamentale esistononumerose forme colturali.

Ginepreto a Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa nel sistema dunale di Portoscuso, Sardegna sud-occidentale.

Page 94: Alberi Arbusti 2008

94

TAXACEAE

Piante arboree o cespugliose con fogliepiccole, lineari, inserite a spirale e decorren-ti sul ramo. Infiorescenze situate su piantediverse; le maschili formate da microsporo-filli con numerose sacche polliniche, le fem-minili da macrosporofilli isolati o in piccoligruppi. Seme circondato da un cercine carno-so (arillo) che lascia libera la parte superiore.

La famiglia delle Taxaceae comprende 5generi con 15 specie diffuse in tutto ilmondo. È una famiglia molto antica comedimostrano i reperti ritrovati in giacimentifossili del Cretaceo e del Trias superiore.

TAXUS L.

Piante arboree con foglie scure, lineari econ rami alterni. Infiorescenze maschili for-mate da 6-14 microsporofilli ciascuno con 4-8 sacche polliniche. Infiorescenza femmini-le formata da più squame imbricate, cheavvolgono l’ovulo. Seme ovoidale circonda-to per buona parte o del tutto, a maturità, daun arillo rosso o aranciato.

Il genere Taxus comprende 7-8 speciediffuse nelle regioni temperate dell’emisferoboreale. Resti fossili, risalenti al Terziario eal Quaternario del Preglaciale e del Postgla-ciale, lo fanno ritenere originario dellaregione mediterranea. Le caratteristichemorfologiche e biologiche fanno presumereche questo genere inizialmente sia stato pre-sente in regioni a clima caldo, e poi, alsopraggiungere di una fase climatica fredda,si sia distribuito in aree più temperate.

Il nome del genere Taxus deriva dal greco«taxis» = fila, per la particolare disposizionedelle foglie.

Taxus baccata L., Sp. Pl. 2: 1040 (1753)

Regione di prima descrizione: Habitat inEuropa, Canada.

Nomi italiani: Tasso.

Nomi sardi: Eni (Orgosolo, Urzulei); Enis(Fonni, Oliena); Linnarrubia (Cagliari);Longufresu (Pula, Teulada, Tonara);Niberu (Bono, Bolotana); Tasiri (Laco-ni); Tasuru (Seui, Isili); Tassu (Berchid-da, Ozieri, Pattada); Tasua (Iglesias).

Nomi stranieri: Ingl., Yew; Fr., If commun;Ted., Eibe; Sp., Tejo, Teix.

Albero che può raggiungere oltre 25 metridi altezza o arbusto cespuglioso. Rami giova-ni verdi, glabri. Corteccia bruno-rossastra,squamantesi in placche longitudinali. Fogliepersistenti disposte su due file, un po’ falca-te, larghe 3-5 mm, decorrenti, mucronate,verdi-scure nella pagina superiore, più chiarein quella inferiore. Specie dioica con micro-sporofilli ascellari, globosi, rotondi, verdo-gnoli, formati da 5-7 brattee a forma di scudoe 2-8 sacche polliniche pendule. Macrospo-rofilli ascellari, solitari, situati su rametti del-l’anno precedente; ovulo diritto, circondatoda brattee ovali, squamiformi. Pseudo-frutto(arillo) costituito da un involucro carnoso,rosso, aperto in alto. Seme 6-7 mm, duro,ellissoidale, bruno-olivastro o scuro.

Tipo biologico. Albero con fusto diritto, acontorno spesso eccentrico o irregolare conlinee di accrescimento variabili nelle diverseparti, chioma espansa o compatta, piramida-le o ovoidale; talora, arbusto ramoso sindalla base, eliofilo o mesofilo. Microfanero-fita e Mesofanerofita.

Fenologia. Le strutture riproduttive com-paiono in aprile-maggio. Matura i semi inagosto-ottobre, che perdurano nell’alberosino a dicembre inoltrato.

Areale. L’areale del tasso comprende ilNordamerica, gran parte dell’Europa, mon-tagne dell’Africa del Nord e il Caucaso.Molto più diffuso ed abbondante nei tempipassati, ora è sporadico entro la sua area didistribuzione. L’utilizzazione del legno, untempo molto ricercato per lavori di ebaniste-ria e di tornio, la supposta elevata tossicitàper l’uomo e per il bestiame hanno contri-buito alla rarefazione di questa specie.

In Sardegna è presente nelle zone monta-ne del Limbara e sul Monte Nieddu di Gal-

Page 95: Alberi Arbusti 2008

95

Albero isolato di Taxus baccata nel Marghine di Bolotana.

Page 96: Alberi Arbusti 2008

Taxus baccata L. - Ramo, rametto con semi e arilli, seme e arillo, rametto con fiori femminili, rametto con fiorimaschili x0,65; infiorescenze maschili con foglie x2,5; semi x1,3.

Page 97: Alberi Arbusti 2008

97

lura, sul Monte Albo, nel Gennargentu, nellacatena del Marghine-Goceano, dove è piùabbondante, nel Montiferru, sui calcari dellaSardegna centro-orientale e in Ogliastra,oltre gli 800 m di quota. Nel sud dell’Isola iltasso è limitato al Monte Lattias e al MonteLinas.

Ecologia. Il tasso ricerca le zone ombro-se, fresche e umide ed i terreni profondi ericchi di humus. Il substrato preferito è datodal calcare, ma si sviluppa molto bene anchesu altri tipi di suolo, in particolare sugliandosuoli. In Sardegna si estende da 600 a1.800 m di altitudine e si inserisce nel pianodella lecceta montana, costituendo assieme aroverella, agrifoglio e acero trilobo delle for-mazioni miste. In alcune zone, come adesempio a Sos Niberos e a Mularza Noa,nella catena del Marghine-Goceano, si pre-senta in formazione come specie forestaleprevalente sia rispetto all’agrifoglio, siarispetto al leccio e alla roverella; tuttavia lamaggiore crescita di queste specie ne deter-mina talora il deperimento. Il tasso è resi-stente agli incendi, ma seppure con il troncodeteriorato riesce a riprendere vigore con Distribuzione in Sardegna di Taxus baccata.

Formazione forestale a Taxus baccata nella montagna del Marghine-Goceano.

Page 98: Alberi Arbusti 2008

accrescimento irregolare del tronco. La forteproduzione di semi, avvolti dall’involucrocarnoso molto energetico, favorisce la avi-fauna, che allo stesso tempo ne diffonde isemi facilitando la germinazione grazie allascarificazione degli acidi della digestione.Per la Corsica è stata descritta l’associazioneAsperulo-Taxetum taxetosum, abbastanzadistinta dal punto di vista floristico daiboschi sardi.

Grandi alberi. Il tasso anche nelle condi-zioni ambientali migliori, ha un accresci-mento estremamente lento, sia in altezza dipochi centimetri all’anno nelle piante matu-re, sia soprattutto in diametro, anche menodi 1 mm all’anno. Tuttavia, esistono esem-plari vetusti e maestosi, particolarmente nelGennargentu, sugli Sciuscius, a Tedderie eTedderieddu, nel Marghine, a Badde Sali-ghes e Mularza Noa, e nel Goceano a MontePisano. Il tasso di Tedderie presenta una cir-conferenza di 465 cm ed ancora di maggioridimensioni, 760 cm di circonferenza e 15 mdi altezza, è un esemplare presso VillaPiercy a Badde Salighes. Si tratta in tutti icasi di alberi pluri-centenari e forse più chemillenari. L’albero di altezza maggiore(circa 28 m), seppure di diametro modesto,si trova in una forra del Supramonte di Urzu-lei. Stabilire l’effettiva età di questi patriar-chi vegetali, per vari motivi, principalmenteper l’accrescimento irregolare del tronco perlinee spesso preferenziali, è estremamentedifficoltoso.

Notizie selvicolturali. Il tasso è una pian-ta longeva di crescita molto lenta. Può esse-re propagato per seme, per talea o per mar-gotta. La radicazione dei rametti, comunquenon di facile attecchimento, deve avvenire interra soffice e all’ombra. Ha una buonacapacità pollonifera e, ceduato ad una certaaltezza, forma cespugli con rami eretti e rav-vicinati. In natura si osservano esemplarimaestosi caratterizzati dall’unione di piùfusti a formare un unico grosso troncocolonnare. Si presta ad essere foggiato invari modi a scopo ornamentale, in quantosopporta potature anche energiche. Esistonoibridi (Taxus hunnewelliana e Taxus media)

usati in giardinaggio per la loro capacità disopportare energiche potature ed essere fog-giati e modellati in vario modo a costituiresiepi ordinate e gruppi isolati.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno del tasso è compatto, elasti-co, tenace, resistente, bruno-rossastro orosso-arancio, venato di bruno. Anticamenteera utilizzato per la fabbricazione di assi dicarri, cerchi di botti, denti di ingranaggi,mobili e rivestimenti, opere di intarsio, archiper le frecce. Per la sua incorruttibilità parefosse usato dagli egizi per la fabbricazionedi sarcofaghi e da altri popoli per le condut-ture d’acqua e per pali. Attualmente è utiliz-zato per paleria e per costruire pavimenti epannelli.

Note etnobotaniche. I Greci lo riteneva-no sacro alle Furie, forse perché dai suoirami si facevano gli archi per le frecce. Iltasso è conosciuto anche come albero dellamorte per la presenza nelle foglie e nei semidi alcaloidi e glucosidi fortemente tossici.Era utilizzato come emmenagogo e nellepratiche abortive, con conseguenze spessoletali. I semi sono violentemente purgativi epossono causare disturbi gravi, fino allamorte per paralisi respiratoria. La tassina,contenuta nelle foglie, era consigliata nelleforme epilettiche. L’arillo, parte carnosarossa che circonda il seme, è di sapore dol-cissimo ed è l’unica parte della pianta nonvelenosa. Negli animali, come scrisse Dio-scoride, può causare la morte soprattutto tragli equini, se ingeriscono quantità eccessivedi foglie. Risulta innocuo per daini, caprioli,cervi ed ungulati in genere che lo brucanotranquillamente. Si riteneva anche che man-giare o dormire sotto la pianta provocasse lamorte. La sua rarefazione, tuttavia, non èdovuta tanto alla malefica fama, quanto piut-tosto ai pregi del suo legno utilizzato fin daitempi più antichi. Nella medicina popolaredella Sardegna, il tasso trovava impiego,sotto forma di infuso, decotto o soluzionealcolica, come calmante del sistema nervo-so, antireumatico, nelle affezioni bronchiali,coagulante ed altri usi ancora, che tuttaviavanno assolutamente sconsigliati, considera-

98

Page 99: Alberi Arbusti 2008

99

ta la sua tossicità. Le indagini fitochimichedegli ultimi anni hanno portato all’indivi-duazione di principi attivi (taxolo e taxotere)in grado di inibire lo sviluppo di alcuni tipidi cellule tumorali.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Il tasso nell’Isola mostra una spiccatacostanza dei caratteri morfologici, ma in tuttaEuropa sono state selezionate oltre 70 cultivarutilizzate nei giardini e nei parchi, sia comepiante isolate, sia per costituire siepi, condiverso portamento e tonalità di colore dellefoglie. Chemiovarietà possono essere istituitein relazione alla presenza di specifici principiattivi come antitumorali.

SPECIE INTRODOTTE. Affine alle Taxaceaeè la famiglia delle Taxodiaceae di cui le spe-cie più note sono Sequiodendron giganteum(Lindl.) Bucholz, la sequoia gigante, unodegli alberi di maggiori dimensioni delmondo che può raggiungere oltre 130 m dialtezza, originaria della California e dell’O-regon, così come Sequoia sempervirens(Lamb.) Endl. Della prima, esiste un impian-to, risalente agli anni Cinquanta del secolo

scorso, a Vallicciola nel Limbara, che si pre-senta con grandi alberi di oltre 20 metri,mentre della seconda esistono solo pochiesemplari presso il vivaio di Monte Pisano,con buona crescita, ma molto meno appari-scenti rispetto alla specie del Limbara.

Alle Gimnosperme appartengono ancorale Araucariaceae, di cui la specie Araucariaexcelsa R. Br., originaria delle Isole Norfolke Oceania, è quella più diffusa nei centriurbani, particolarmente a Cagliari, dove esi-ste una pianta di grandi dimensioni per altez-za (28 metri) e circonferenza (310 centime-tri), e in Vico S. Giovanni; ma è il centro abi-tato di La Maddalena che accoglie il mag-gior numero di esemplari. È stata abbattutaperché pericolante la grande araucaria pre-sente nel patio della sede centrale dell’Uni-versità di Sassari, censita da Vannelli tra igrandi alberi di questa specie. Si tratta di unapianta a ramificazione monopodiale, moltospettacolare per la regolarità del fusto e del-l’impalcatura dei rami. Ancora più spettaco-lare è Araucaria arancana (Mol.) Kochdalle grandi foglie squamiformi, rigide epungenti, ma molto più rara.

Esemplari vetusti di Taxus baccata tra i lecci nella grande dolina di Su Sercone nel Supramonte di Orgosolo.

Page 100: Alberi Arbusti 2008

100

ANGIOSPERMAE SALICALES

SALICACEAE

Alberi o arbusti con foglie caduche. Fioriunisessuali, privi di involucro, situati su pian-te diverse (specie dioiche), in infiorescenzependule o erette. Impollinazione anemofila oentomofila. Fioritura antecedente l’emissionedelle foglie, contemporanea o raramente piùtardiva. Disseminazione anemofila grazie aisemi minuti provvisti di lanugine. Alla fami-glia delle Salicaceae appartengono i generiChosenia e Toisusu, con pochissime specielimitate all’Asia nord-orientale, Populus eSalix, con circa 350 specie, diffuse in tutto ilmondo ad eccezione dell’Australia, Oceania eMalesia. Le Salicaceae erano ampiamentediffuse già dal Terziario. Secondo alcuniautori la semplicità dei fiori, con stami e ovariposti su un disco più o meno espanso, privi diperianzio e provvisti di una brattea protettiva,è dovuta alla riduzione dell’involucro fiorale,piuttosto che alla conservazione di un caratte-re primitivo.

Molte specie presentano grande interesseeconomico per la produzione di pasta carta-ria, in artigianato e come piante forestali, maanche in giardinaggio, per la facilità di attec-chimento e di coltivazione, nonché per lapropagazione vegetativa di ibridi.

– Infiorescenze erette o pendule; fiori conbratteola intera; gemme con una solasquama involucrante; foglie lanceolate ospatolate...........................................Salix

– Infiorescenze pendenti; fiori con bratteo-la dentata o frastagliata; gemme conmolte squame involucranti; foglie largheo rotondate...................................Populus

SALIX L.

Alberi, arbusti e suffrutici, con rami fles-sibili, eretti, ricurvi o striscianti. Specie dioi-che o raramente monoiche. Fiori disposti in

infiorescenze erette; i maschili con 2-12stami che poggiano su un disco protetto dauna squama intera; i femminili con ovariosupero, squama intera e 1-2 ghiandole netta-rifere. Frutto: capsula; semi con rivestimen-to di peli bianchi, lanuginosi.

Il genere Salix comprende circa 300 spe-cie, diffuse nelle zone umide e fredde ditutto il mondo. La possibilità di ibridazionetra le diverse specie rende spesso difficolto-sa una immediata identificazione delle spe-cie, anche per la capacità di queste di ripro-dursi sia per via vegetativa, sia per via ses-suale e l’ulteriore reincrocio con le specieparentali. Il tutto è maggiormente reso diffi-coltoso dalla messa in commercio di ibridiottenuti per via artificiale e immessi nel-l’ambiente a scopo commerciale.

Il nome Salix sembra derivi dal latino«salire» = crescere rapidamente, per indica-re una proprietà nello sviluppo dei salici.

1 Infiorescenze precedenti l’emissionedelle foglie..............................................2

– Infiorescenze contemporanee all’emis-sione delle foglie.....................................4

2 Rami del secondo anno lisci sotto la cor-teccia; stami due con antere sostenute daun solo filamento; capsula sessile; foglieglabre.....................................S. purpurea

– Rami del secondo anno con striature lon-gitudinali al disotto della corteccia;stami due, distinti; foglie pelose almenoinferiormente..........................................3

3 Capsule pelose, con peduncolo di 2-4mm; pagina inferiore delle foglie provvi-sta di peli rossigni..............S. atrocinerea

– Capsule glabre con peduncolo di 3-6mm; foglie prive di peli rossigni..........................................................S. pedicellata

4 Foglie con pochi peli e a maturità deltutto glabre; capsule con pedicelli; ramigiovani staccantisi dalla base con unaleggerissima pressione..............S. fragilis

– Foglie a maturità con peli persistentisericei; capsule sessili; rami giovani piùresistenti........................................S. alba

Page 101: Alberi Arbusti 2008

101

Salix purpurea L., Sp. Pl. 2:1017 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitat inEuropae australioribus.

Nomi italiani: Salice rosso.Nomi sardi: Ollasteddu de arriu (Burcei,

Villasalto); Ollastu de arriu (Flumini-maggiore); Saliciu (Tempio); Salike,Salighe, Salizi, Sarpa.

Nomi stranieri: Ingl., Purple willow; Fr.,Osier rouge, Saule pourpre; Ted., Pur-pur-Weide; Sp., Saule colorado, Sarga.

Arbusto o alberello alto fino a 9 m, moltoramificato a rami penduli ma con portamen-to complessivo eretto. Corteccia del troncoliscia, cenerina. Rami giovani glabri, esilicon diametro di 1-2 mm, rossastri, verde-giallognoli o biancastri. Gemme glabre, ros-sastre. Foglie basali opposte; superiori alter-ne con picciuolo brevissimo e con due stipo-le brevi, lineari, precocemente caduche o

assenti; lamina lunga 3-6 cm e larga 4-7 mm,lineare-lanceolata, ob-lanceolata, oblunga,glabra nelle due facce, con margine legger-mente serrato-denticolato, più accentuata-mente oltre la metà. Amenti di 2-4 cmnascenti sui rami dell’anno precedente, conbrattee pelose, nerastre nella parte superiore;fiori maschili con 2 stami, saldati per i fila-menti e con due antere rosso-porporine, gial-le e poi nere; fiori femminili con ovarioovato-conico, sessile, pubescente e stimmasubsessile, smarginato e bilobo. Capsulaovoidea o globosa, pelosa biloculare di 4-6mm. 2n=38.

Tipo biologico. Arbusto o alberello rami-ficato dal basso, a foglie caduche. Nano- omicrofanerofita.

Fenologia. I fiori compaiono a febbraio-marzo, poco prima dell’emissione delle foglie.Le capsule si aprono ad aprile- maggio.

Areale. Il salice rosso è diffuso nell’Africanord-occidentale, Penisola Iberica, Europacentro-meridionale, sino all’Estremo Oriente.

Salix purpurea.

Page 102: Alberi Arbusti 2008

Salix purpurea L. - Ramo con gemme, ramo con infiorescenze maschili, ramo con infiorescenze femminili x0,6;infiorescenza femminile, foglia, infiorescenza maschile x1,2; stame x4 e x8; capsula x3.

Page 103: Alberi Arbusti 2008

Ecologia. È una specie riparia moderata-mente termofila che vegeta dal livello delmare a 1.500-1.600 m di altitudine; predili-ge le esposizioni più soleggiate e, come granparte delle specie di fiume, è indifferente alsubstrato. In Sardegna vive al di sotto dei500-600 m lungo le rive dei corsi d’acqua,anche intermittenti, con letto ampio o fonta-nili perennemente umidi. Caratterizza laclasse Salicetea ed entra a far parte di diver-se associazioni riparie (Salicetum purpu-reae, Salicetum albo-purpureae).

Grandi alberi. Gli alberi, persino quellidi maggiori dimensioni di questa specie,raramente superano i 10 metri di altezza,anche nelle zone dove la vegetazione è piùintegra e meglio conservata. Il fusto di radoraggiunge i 40-50 cm di diametro.

Notizie selvicolturali. Il salice rosso si

riproduce comunemente per via vegetativa.Si presta bene ad essere ceduato per via dellaspiccata capacità pollonifera e in brevetempo raggiunge le dimensioni originarie.Se viene trattato a capitozza a poca distanzadalla base produce lunghi rami, esili, flessi-bili e resistenti. Può essere vantaggiosamen-te utilizzato lungo i corsi d’acqua per il con-solidamento dei greti dei fiumi e per la for-mazione di graticciate vive atte a rinsaldarei terreni fangosi.

Note etnobotaniche. I rami, soprattuttonel passato, erano molto ricercati per lavoridi intreccio fine di ceste e cestini, rivesti-menti per fiaschi e damigiane, nasse e legac-ci, mentre i fiori, in Campidano, erano usatiper colorare in rosso parti del costume tradi-zionale.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il salice rosso presenta unavariabilità abbastanza marcata nella lun-ghezza delle foglie, essendo nelle piante diSardegna, di norma, più piccole e strette diquanto dato per questa specie nelle flore piùcomuni. Questo carattere lo avvicina allavar. gracilis Grenier et Godron, propriaanche della Corsica, più che alla sottospecielambertiana (Sm.) Neumann, con foglie piùlarghe obovato-lanceolate.

Il colore dei rami giovani, in molte popo-lazioni della Sardegna, è biancastro e su talecarattere è stata descritta da Borzì la var.eburnea, considerata come subsp. eburnea(Borzì) Ciferri & Giacomini ex Pignatti.Tuttavia esemplari a rami rossastri, bianca-stri e con le forme intermedie convivononella stessa popolazione e il carattere vameglio considerato nell’ambito della varia-bilità propria della specie. Non esistendo,pertanto, una netta differenziazione morfo-logica, ecologica e geografica è preferibilemantenere il rango originario dato da Borzì,accanto alle numerose varietà e formedescritte per questa specie molto variabile.

Il salice rosso forma ibridi spontanei conle specie simpatriche.

103

Distribuzione in Sardegna di Salix purpurea.

Page 104: Alberi Arbusti 2008

Salix atrocinerea Brot., Fl. Lusit., 1: 31(1804)

Sin.: Salix capraea L. auct. Fl. Ital. Salix cinerea L. subsp. atrocinerea

(Brot.) GuinierS. cinerea var. atrocinerea (Brot.) P. Fourn.

Regione della prima descrizione: Hab. fre-quens ad Mundam (Rio Mondego, pr.Coimbra, Portugal).

Nomi italiani: Salice di Gallura.Nomi sardi: Atoa (Bonorva, Monti, Padria);

Azoa (Bortigiadas); Pidixi (? Laconi);Sciova (Fonni); Sarpa (Urzulei); Srapa(Fluminimaggiore); Thoa (Orosei, Sini-scola); Thoba (Nuoro); Thoga (Orani);Thova (Oliena, Orgosolo); Thrappa (Vil-lacidro); Toa (Berchidda, Bolotana,Oschiri, Ozieri); Zarpa (Burcei, Villasal-to); Zoa (Camp.).

Nomi stranieri: Ingl., Common sallow; Fr.,Saule cendré; Sp., Bardaguera, Salqueiro,Sarga, Sauce. Ted. Schwarzrote-Weide

Arbusto o piccolo albero di 3-8 m, las-samente ramificato. Corteccia del troncogrigiastra più o meno screpolata, rugosa.Rami giovani, generalmente pelosi; ramidell’anno precedente con peluria più omeno persistente o glabri con rilievi longi-tudinali ben marcati sotto la corteccia.Gemme rossastre, generalmente pubescen-ti. Foglie di 3-10 cm, con lamina ovato-lanceolata, lanceolata, cuneata o più omeno arrotondata alla base, con la massi-ma larghezza nella metà o nel terzo supe-riore; pagina superiore glabra, l’inferiorepelosa con numerosi peli minuti ricurvi,ialini o rossastri soprattutto lungo le nerva-ture. Infiorescenze nascenti prima dellefoglie, unisessuali poste su piante differen-ti; le maschili in amenti di 2-5 cm, le fem-minili di 3-6 cm, allungantesi a maturità.Fiori maschili e femminili con una solaghiandola, minuta e con bratteola pelosa,rosso-scura o nerastra nella metà superio-re; stami due; ovario peloso con peduncolo

di 4 mm allungantesi a maturità sino a 6-8mm. Capsula pelosa o glabrescente a matu-rità, di 5-7 mm, aprentesi con due valve;semi di 1-2 mm neri con un ciuffo di pelilanuginosi nella parte basale. 2n=72.

Tipo biologico. Arbusto o alberello afoglie caduche. Nan- o microfanerofita.

Fenologia. I fiori compaiono a febbraio-maggio, in relazione all’altitudine sui ramidell’anno precedente prima dell’emissionedelle foglie. La disseminazione è anemofilae avviene dopo breve tempo. Le infiorescen-ze maschili, che conferiscono una caratteri-stica colorazione alla pianta, sono pronta-mente caduche, mentre le femminili persi-stono per circa due mesi, sino a completamaturazione dei semi.

Areale. Salix atrocinerea è diffuso nellaPenisola Iberica, Francia, Belgio, Irlanda, GranBretagna, Corsica, Sardegna e Africa del Nord.

Ecologia. È una specie eliofila che vege-ta lungo i corsi d’acqua dal livello del marealle zone montane. Si rinviene anche nelle

104

Distribuzione in Sardegna di Salix atrocinerea.

Page 105: Alberi Arbusti 2008

Salix atrocinerea Brot. - Ramo con foglie, ramo con infiorescenze femminili, ramo con infiorescenze maschili, ramocon gemme x0,6; fiori femminili, capsula, fiori maschili x6; ramo decorticato x1,2; foglia x0,6; particolare della pagi-na inferiore della foglia x6.

Page 106: Alberi Arbusti 2008

106

scarpate e ai bordi delle strade, dove resta,tuttavia, sempre allo stato arbustivo. Entra afar parte di diverse associazioni riparie(Myrto-Salicetum atrocinereae).

Grandi alberi. Il salice atrocinereo amaturità acquista una chioma espansa e las-samente globosa, ma non di grandi dimen-sioni, mentre il tronco può raggiungere inalcuni casi (lungo il Rio Mannu di Ozieri,Limbara, Ortakis) un diametro di 60-70 cm.

Notizie selvicolturali. Albero poco lon-gevo, si riproduce per seme, ma, con risulta-ti più sicuri, per via vegetativa tramite taleao interrando rami e astoni nei luoghi freschie umidi. Si presta per il consolidamento delgreto dei fiumi.

Caratteristiche ed utilizzazioni del legno.Il legno è duro e pesante, bianco-giallastro,tendente al rosato nel duramen. Sebbene siapregiato per piccoli lavori d’ebanisteria, lemodeste dimensioni ne limitano l’uso.

Note etnobotaniche. Vedi Salix alba.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Salix atrocinerea è molto varia-bile nella forma delle foglie e nella pelositàe quantità di peli rossigni che costituisconoun carattere diagnostico. Spesso sono moltorari e nascosti dalla peluria biancastro-cene-rina e in tal caso possono essere scambiaticon Salix cinerea L. o con S. caprea allequali è stata pure aggregata come sottospe-cie o varietà. Tali specie tuttavia sono daescludere dalla flora sarda (Camarda, 1981).Di S. atrocinerea per l’Isola sono statedistinte due varietà, la prima con foglie stret-te var. olbiensis Oberli (fide Pignatti, 1982)per le zone basse, e la seconda con fogliepiccole var. sardoa di Schmid (1933) delGennargentu, che aggregò a Salix cinerea.Entrambe possono essere considerate nel-l’ambito della variabilità individuale dellepopolazioni. Non sono da escludere ibridicon Salix pedicellata nelle aree di contattotra le due specie.

Infiorescenze maschili di Salix atrocinerea. Infiorescenze femminili di Salix atrocinerea.

Page 107: Alberi Arbusti 2008

Salix pedicellata Desf., Fl. Atl., 2 : 362(1799)

Sin.: Salix arrigonii Brullo. Soc. SardaSci. Nat., 29: 248 (1993).

Regione della prima descrizione: Habitat adrivulos Sbibae in Regno Tunetano (Tuni-sia).

Nomi italiani: Salice pedicellato.Nomi sardi: Come Salix atrocinerea Brot.

Nella Sardegna meridionale prevale deci-samente il nome sarpa.

Nomi stranieri: Ingl., White willow; Fr.,Saule blanc; Ted., Kurzstielige-Weide;Sp., Sauce blanco.

Arbusto o piccolo albero di 5-7 m, conrami lassi, arcuato-ascendenti. Cortecciagrigiastra più o meno screpolata. Rami gio-vani tomentosi con peli corti, persistenti econ rilievi in linee longitudinali poco mar-cate sotto la corteccia. Gemme rossastre,glabre o pelosette. Foglie di 3-8 x 2-3 cm,ovali-lanceolate, con margine ondulato-cre-nato; pagina superiore glabra; l’inferiorepiù o meno pelosa con nervature marcate acostituire una reticolatura ben evidente;picciuolo di 5-10 mm. Infiorescenze uni-sessuali con peduncoli fogliosi di 1-1,5 cmdisposte su piante diverse; le maschili inamenti di 2-4 cm, le femminili di 3-5 cm.Fiori maschili con due stami e con antereminute, bratteola scura nella parte superio-re, peloso-villosa soprattutto esternamente;ghiandola nettarifera di 0,5 mm, gialla orossigna; fiori femminili con peduncolo di3-4 mm, allungantesi nel frutto, e ovarioglabro, di 2,5-4 mm. Capsula glabra, bival-ve lunga 5-9 mm con peduncolo di 6-9 mm.Semi minuti con un ciuffo di peli lanugino-si nella parte basale.

Tipo biologico. Albero o arbusto a fogliecaduche. Nano- o microfanerofita.

Fenologia. La fioritura, nelle zone piùcalde inizia alla fine di gennaio e nelle zonepiù elevate si protrae fino a marzo-aprile,prima dell’emissione delle foglie. La disse-

minazione è anemofila e avviene dopo circadue mesi dalla comparsa dei fiori.

Areale. Salix pedicellata estende il suoareale prevalentemente nella parte occiden-tale del bacino del Mediterraneo e a Creta. InSardegna è diffuso quasi esclusivamentenelle zone centro-meridionali e sporadica-mente a nord della catena del Marghine.

Ecologia. Salix pedicellata è una specietipicamente igrofila degli ambienti con umi-dità durante tutto il corso dell’anno. La suadistribuzione nella fascia steno-mediterra-nea la colloca come entità più termofilarispetto a S. atrocinerea. Salix pedicellataentra a far parte dell’associazione Salicetumalbo-pedicellatae e dell’Alno-Salicetumarrigonii.

Notizie selvicolturali, caratteristiche edutilizzazioni del legno, note etnobotaniche.Come in Salix atrocinerea Brot.

Grandi alberi. Il salice pedicellato sem-bra essere specie poco longeva e non si eleva

107

Distribuzione in Sardegna di Salix pedicellata.

Page 108: Alberi Arbusti 2008

Salix pedicellata Desf. - Ramo con infiorescenze femminili, foglia, ramo con infiorescenze maschili, ramo con fogliex0,6; ramo con gemme x1,2; fiori femminili, fiori maschili, capsula x7; particolare della pagina inferiore della foglia x7.

Page 109: Alberi Arbusti 2008

109

oltre i 6-8 m di altezza, mentre il diametronon supera di norma i 50-60 cm di diametro.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Esemplari con caratteri intermedi tra S.pedicellata Desf. e S. atrocinerea Brot. (cap-sule scarsamente pelose e foglie con pochipeli rossigni) si rinvengono soprattutto nellezone centrali dell’Isola e possono riferirsi aibridi tra le due specie. Salix arrigonii Brulloè stato descritto per la Sardegna meridionale(locus classicus a Gutturu Mannu nel Sulcis)ma nella descrizione manca un chiaro riferi-mento ai caratteri differenziali rispetto allespecie affini e i caratteri diagnostici propostinon consentono di identificarlo in modo uni-voco, né di distinguerlo da Salix pedicellataDesf., del quale, qui, si considera sinonimo.

Nel passato è stato segnalato per la Sar-degna anche Salix cinerea L., arbusto con lefoglie pelose in entrambe le pagine e sprov-visto del tutto di peli rossigni. Sebbene lapresenza di S. cinerea non sia da escluderein via di principio dalla flora sarda, sinoranon sono stati rinvenuti esemplari tali daessere attribuibili con sicurezza a questa

entità. È da escludere, allo stato attuale,anche la presenza del salicone (Salixcapraea L.), caratterizzato dalla foglie larga-mente ovate e dai rami giovani senza striatu-re al di sotto della corteccia. Anche S. trian-dra L., arbusto provvisto di fiori maschilicon tre stami, riportato nelle flore di Fiori edi Pignatti, con tutta probabilità, è da esclu-dere dalla flora sarda (Camarda, 1983).

Salix pedicellata nella Sardegna meridionale.

Infiorescenza maschile di Salix pedicellata.

Page 110: Alberi Arbusti 2008

Salix fragilis L., Sp. Pl. 2: 1017 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitat inEuropae borealibus.

Nomi italiani: Salice fragile.Nomi sardi: come Salix alba L.Nomi stranieri: Ingl., Crack Willow; Fr.,

Saule fragile; Ted., Bruchweide; Sp.,Bardaguera blanca, Salgueiro fragil,Viminera.

Albero alto fino a 15 m con chioma glo-bosa, lassa. Corteccia del tronco fessuratao screpolata longitudinalmente, nerastra oscura. Rami giovani, giallastri o rossigni,fragilissimi nell’inserzione; nuovi gettipelosetti, glabri a maturità. Gemme lucidegiallo-verdastre. Foglie alterne con laminadi 4-12 x 1-4 cm, attenuata o arrotondataalla base, lanceolata, lungamente acumina-ta con la larghezza massima nel terzo infe-riore, glauca, pruinosa nella pagina inferio-re, verde lucida in quella superiore; glabrao con pochi peli sparsi nello stadio giova-nile; margine denticolato-serrato conghiandole apicali; picciuolo di 6-12 mm,generalmente provvisto di ghiandole nellaparte terminale; stipole semicordate denta-te con ghiandole terminali. Infiorescenzecon amenti di 4-7 cm su peduncoli fogliosie rachide pelosa; brattee verdi-giallastre,pelose; nettari 2. Fiori maschili con duestami pelosi nella parte inferiore del fila-mento; fiori femminili con due nettari; ilposteriore largo, troncato o smarginato allasommità, l’anteriore più strettamenteovale; ovario ovato-conico o globoso,stimma bifido più o meno divaricato. Cap-sula peduncolata, glabra di 4-6 mm consemi minuti lanuginosi. 2n=38.

Tipo biologico. Albero caducifoglio.Mesofanerofita.

Fenologia. La fioritura è contemporaneaall’emissione delle foglie e avviene a marzo-aprile; le capsule si aprono ad aprile-mag-gio.

Areale. Il salice fragile è diffuso in tuttaEuropa fino al 65° parallelo, in Asia Minore,

Persia e Siberia occidentale. Ampiamentecoltivato da tempi molto antichi per la faci-lità di attecchimento e per i vari usi, si trovanaturalizzato anche in America del Nord eAfrica settentrionale. La sua presenza inSardegna, sebbene messa in dubbio da alcu-ni autori, è ben documentata in numeroselocalità dove convive spesso con il salicebianco (Rio Mascari nel Sassarese, RioMannu di Ozieri, Cedrino, Flumendosa) eappare del tutto spontaneo e naturale. Non èda escludere una antica introduzione, chepuò avere dato origine alla larga diffusioneattuale, considerando la sua facilità di attec-chimento, sia per seme, sia per via vegetati-va.

Ecologia. Vegeta lungo i corsi d’acquadal livello del mare sino agli 800-900 m dialtitudine e spesso convive con il salicebianco, con il quale costituisce consorzi divegetazione riparia molto caratteristicilungo i corsi d’acqua permanenti.

110

Distribuzione in Sardegna di Salix fragilis.

Page 111: Alberi Arbusti 2008

Salix fragilis L. - Ramo con infiorescenze femminili, ramo con gemme, foglie, ramo con fiori maschili x 0,6; fiorifemminili x 7 e x 4; fiori maschili x 7 e x 4; particolare di foglia x 2.

Page 112: Alberi Arbusti 2008

112

Grandi alberi. Alberi di notevoli dimen-sioni (10-15 m di altezza) sono presentilungo il Rio Mascari e sul Cedrino.

Notizie selvicolturali, caratteristiche edutilizzazione del legno, note etnobotaniche.Simili a quelle del salice bianco.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Salix fragilis in Sardegna vivespesso negli stessi ambienti con Salix alba,dando origine a forme ibride intermedie; gliesemplari tipici si distinguono per le fogliedel tutto glabre, più lungamente acuminate edentate e per il complessivo colore verdebrillante.

Salix alba L., Sp. Pl.: 1021 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitat adpagos et urbes Europae.

Nomi italiani: Salice bianco, Salcio da per-tiche.

Nomi sardi: Saliche (Bitti, Nuoro, Orani,Orgosolo); Sali’e (Oliena); Salighe(Anela, Berchidda, Bolotana, Bono,Ozieri, Padria); Saliciu (Tempio); Salligi(Burcei); Saxibi (Mogoro); Saxili(Meana); Suaxi (S. Antioco); Vilma(Alghero); Salixi (Camp.).

Salix fragilis con infiorescenze femminili.

Page 113: Alberi Arbusti 2008

Nomi stranieri: Ingl., White willow; Fr.,Saule blanc; Ted., Silber-Weide; Sp., Bor-daguera blanca, Salgueiro blanco, Sauceblanco.

Albero alto fino a 20-25 m, a chiomaglobosa, espansa. Corteccia fessurata,bruna, nerastra. Rami giovani giallo-bruni,olivacei o rossastri. Ramuli d’annata conpelosità appressata, glabri a maturità;gemme allungate, acuminate, rossastre,glabre. Foglie alterne, con lamina di 4-12 x1-3 cm, con la maggiore larghezza nellaparte centrale, lanceolata, cuneata allabase, acuminata all’apice, con nervaturamediana prominente; margine serrato-den-ticolato; pagina inferiore con pelositàappressata, persistente, argenteo-sericea;pagina superiore più o meno pelosa o gla-bra a maturità; picciuolo di 5-8 mm, stipo-le strettamente lanceolate, lineari di 6-9mm, caduche. Infiorescenze su peduncolifogliosi con asse peloso e brattee giallo-rossastre, pelose nella parte interna. Amen-ti maschili di 4-7 cm; stami 2, pelosi nellametà inferiore, con due nettari posti unoanteriormente e l’altro posteriormenteall’inserzione degli stami. Amenti femmi-nili di 3-5 cm con ovario brevemente pedi-cellato, glabro, con un solo nettario poste-riore; stilo corto con stimma bifido più omeno ricurvo. Capsula sessile, glabra di 4-6 mm. 2n=76.

– Rami giovani, prima dell’emissione dellefoglie, rossastri...........................ssp. alba

– Rami giovani, prima dell’emissione dellefoglie, giallo-lucidi, giallastri o debol-mente rossastri.....................ssp. vitellina

Tipo biologico. Albero caducifoglio,molto ramificato. Mesofanerofita.

Fenologia. Le infiorescenze compaionocontemporaneamente alle foglie a febbraio-marzo nelle zone più basse, e fino ad aprilenelle quote maggiori.

Areale. Salix alba s.l. è una specie diffu-sa in Europa, ad eccezione della PenisolaScandinava, in Asia Occidentale, Medio

Oriente, Africa nord-occidentale. Il salicebianco è ampiamente coltivato ed oggi sitrova naturalizzato in America settentrionalee nell’Estremo Oriente.

Ecologia. È una specie eliofila che vege-ta in luoghi freschi e umidi, ma soprattuttolungo i corsi d’acqua dal livello del maresino ad oltre1.000 m di altitudine. Entra a farparte di diverse associazioni riparie.

Notizie selvicolturali. Il salice bianco èuna specie a rapido accrescimento che sipropaga comunemente per via vegetativa,data l’eccezionale facoltà di radicazione datalee, ma anche per seme. Si presta al conso-lidamento delle zone di ripa e a ricoprire ter-reni soggetti ad inondazioni, dove non sonopossibili altre colture agrarie. È ampiamentecoltivato anche in modo intensivo per la pro-duzione di vimini e pertiche. Può essere trat-tato a ceduo o a capitozza con turni di 2-3anni, ma in tal modo, dopo 20-30 anni lavitalità tende ad esaurirsi. Allo stato natura-le è ben duraturo e raggiunge dimensioniconsiderevoli.

Caratteristiche ed utilizzazioni del legno.Il legno presenta alburno biancastro e dura-men rosso-scuro; è omogeneo, morbido e puòessere intagliato in tutte le direzioni. Trovaimpiego per lavori d’intarsio, carpenteria,tavolame, ma soprattutto per la produzione dipasta cartaria. Il suo legno morbido è un di-screto combustibile, ma possiede basso pote-re calorico; si presta alla coltivazione di fun-ghi lignicoli quali il Pleurotus ostreatus.

Note etnobotaniche. Il salice bianco eraapprezzato fin dall’antichità ed erano bennote le sue proprietà mellifere, trattandosianche di una delle prime fioriture ricche dinettare. Il suo legno, leggero ma tenace, erautilizzato dai Romani per costruire scudi. Irami del salice bianco, particolarmente resi-stenti e flessibili nella sottospecie vitellina,sono stati impiegati da tempi remoti perintrecciare ceste e utensili di campagna,ricavare pertiche per varie esigenze nell’or-to, fuscelle per il formaggio e la ricotta,setacci, graticci, cerchi per botti, selle.Secondo Plinio l’infuso delle foglie è ana-frodisiaco e un uso continuato estingue com-

113

Page 114: Alberi Arbusti 2008

Salis alba L. - Ramo con foglie, ramo con infiorescenze femminili, ramo con infiorescenze maschili, ramo con gemmex0,6; fiori femminili x3 e x6, fiori maschili x3 e x6; particolare di foglia x2,5.

Page 115: Alberi Arbusti 2008

115

pletamente lo stimolo sessuale. La cortecciaha proprietà febbrifughe ed antireumatiche,grazie all’acido salicilico componente basedella comune aspirina; gli amenti e le fogliein infuso erano considerati calmanti e tonicidel sistema nervoso.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Sia la sottospecie tipica, sia lasottospecie vitellina (L.) Arcangeli (=ssp.vitellina (L.) Schuebel et Martens) sono col-tivate spesso negli stessi luoghi e comunquenon esiste una differenziazione nella distri-buzione geografica tra le due entità cheandrebbero meglio considerate come varietà(var. vitellina (L.) Stokes).

SPECIE INTRODOTTE. Il salice piangente(Salix babylonica L. s.l.), originario dellezone asiatiche subtropicali e della Cina,caratterizzato dai tipici rami penduli confoglie lanceolato-lineari seghettate ai margi-ni, è un albero molto utilizzato, spesso abu-sato anche in luoghi poco idonei al suo habi-tat, per la rapidità di crescita e la resa sceno-

grafica nei giardini e nei parchi. Allo statospontaneo, sfuggito alla coltura, è sporadicolungo i corsi d’acqua delle zone basse. Lapresenza di Salix viminalis L., alberello dallefoglie allungate, con fiori maschili a duestami e capsula sessile, spesso coltivato per itralci da vimini, è da escludere, per lo menoallo stato spontaneo, dalla Sardegna.

POPULUS L.

Alberi caducifogli con rami eretti. Fiorimaschili e femminili in infiorescenze pendu-le. Piante con fiori unisessuali (dioiche).Fiori maschili senza involucro e con moltistami. Fiori femminili senza perianzio e conovario supero, situato su un disco a coppa ecircondato da una bratteola laciniata. Frutto:capsula. Semi piccoli con ciuffi di peli bian-chi, cotonosi. Impollinazione e dissemina-zione anemofila.

Il genere Populus comprende circa 40specie diffuse in tutto l’emisfero settentrio-

Salix alba.

Page 116: Alberi Arbusti 2008

nale lungo i corsi d’acqua e nelle zoneumide. Resti fossili di Populus risalenti alCretaceo inferiore sono stati ritrovati inGroenlandia e in Siberia. Il nome deriva dalgreco «paipallein» che indica l’agitarsi dellefoglie o dal latino «populus» per l’uso dipiantarlo nei luoghi pubblici.1 Foglie glabre, rombiche o largamente

ovato-triangolari; bratteole fiorali gla-bre; gemme acute.........................P. nigra

– Foglie pubescenti o peloso-tomentosenella pagina inferiore.............................2

2 Foglie turionali orbicolari o ovali-corda-te, verdi su entrambe le pagine, picciuolopeloso.......................................P. tremula

– Foglie palmate con 3-5 lobi...................33 Foglie turionali con 3-5 lobi, densamente

peloso-tomentose, bianche nella paginainferiore; gemme arrotondate........P. alba

– Foglie turionali orbicolari, grigiastreinferiormente, tomentose, con picciuologlabro...................................P. canescens

Populus nigra L., Sp. Pl. 2:1034 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitat inEuropa temperatiore.

Nomi italiani: Pioppo nero.Nomi sardi: Costialvu (Pattada); Costiarvu

(Bono); Fustialvu (Berchidda); Ustiarvu(Orani); Linnarbu (Fluminimaggiore,Quartu); Piocu (Burcei); Piopu (Tempio,Villasalto); Pubulia (Busachi, Pozzomag-giore); Pupulione (Urzulei); Ustiarvore(Bitti); Fustialvu nieddu, Puglielma.

Nomi stranieri: Ingl., Black-poplar; Fr., Peu-plier noir, Liard; Ted., Schwarz-Pappel;Sp., Alamo negro, Chopo, Populina.

Albero alto fino a 30 m molto ramificatocon chioma globosa-espansa o colonnare erami secondari brevi e appressati al troncoprincipale. Corteccia fessurata, screpolata,ricoperta da una patina nerastra a maturità.Rami giovani glabri, giallo-bruni, olivacei,con lenticelle biancastre. Gemme oblunghe,acute, vischiose, con perule glabre, rossastreall’apice. Foglie alterne con lamina di 3-10x3-6 cm, largamente ovato-romboidale,acuminata all’apice, troncata o largamentecuneata alla base con margine crenulato-den-tato, pelose o glabre; picciuolo di 3-5 cm,pelosetto o glabro. Infiorescenze maschili di5-8 cm, con 10-30 stami subsessili, con ante-re rosso-porporine su un disco verde e bratteasfrangiata. Infiorescenze femminili di 5-10cm allungantisi a maturità; ovario ovoideo,stimma bilobo, riflesso, appressato all’ova-rio. Capsula verde, glabra, aprentesi in duevalve. Semi minuti, cotonosi. 2n=38.

– Chioma arrotondata, rami orizzontali..........................................ssp. neapolitana

– Chioma piramidale, subcolonnare conrami eretti appressati al fusto....................................................................ssp. italica

Tipo biologico. Albero caducifoglio aportamento eretto-piramidale con rami ravvi-cinati al fusto principale o con chioma ampiaespansa o arrotondata. Mesofanerofita.

116

Distribuzione in Sardegna di Salix alba.

Page 117: Alberi Arbusti 2008

Populus nigra L. - Ramo con frutti, ramo con foglie, ramo con gemme, ramo con infiorescenze maschili x0,6 anterax12; fiori maschili con bratteola x6.

Page 118: Alberi Arbusti 2008

118

Fenologia. I fiori compaiono prima dellefoglie a marzo-aprile. I frutti maturano amaggio e persistono per poco tempo sullapianta. Le foglie cadono a novembre.

Areale. Il pioppo nero è considerato ori-ginario dell’Europa centrale, Turchia, dovecaratterizza tanta parte del paesaggio, Cau-caso e Asia centrale. Tuttavia, come peraltre specie coltivate fin dai tempi piùremoti, l’esatta definizione del suo arealeoriginario è di difficile ricostruzione.Secondo alcuni autori sarebbe stato intro-dotto in Italia e Francia nel 1749. SecondoPlinio, invece, era diffuso ampiamente in

Italia fin da tempi molto antichi. In Africadel Nord la sua origine antropica, per alcu-ne sottospecie, sarebbe dimostrata dallapresenza di esemplari esclusivamentemaschili, riprodottisi solo per via vegetati-va. È sicuramente introdotto in Norvegia,Svezia, America del Nord. In Sardegna èsporadico, con una netta prevalenza dellaforma cipressina, rispetto alla sottospecietipica, che è comune lungo il fiume Cedri-no con alberi di grandi dimensioni.

Ecologia. Pianta eliofila e moderatamen-te termofila, predilige i terreni freschi e pro-fondi. È indifferente al substrato geopedolo-

Grande esemplare di Populus nigra lungo il fiume Cedrino.

Page 119: Alberi Arbusti 2008

gico e vegeta dal livello del mare fino a1.500-1.800 m di altitudine. Nelle zone piùmeridionali del suo areale, allo stato sponta-neo, è quasi esclusivo dei fiumi, rigagnoli oluoghi umidi, ma non paludosi, dove cresceper lo più isolato.

Grandi alberi. I grandi alberi dellaforma cipressina del pioppo nero erano uti-lizzati nelle feste paesane per l’albero dellacuccagna, e venivano individuati e scelticon cura di anno in anno. Sramati e liscia-ti con grasso di pecora, con premi in natu-ra appesi in cima, erano sistemati nellapiazza del paese a gloria dei più abili ecoraggiosi. Alberi di notevoli dimensionisi trovano lungo il Cedrino, a Locoe, doveun esemplare della ssp. neapolitana pre-senta una circonferenza di 350 cm e circa20 m di altezza.

Notizie selvicolturali. Il pioppo nero èuna specie a rapido accrescimento. I semiperdono in pochi giorni la facoltà germi-nativa e la riproduzione avviene, per lopiù, vegetativamente per la grande facilitàdi attecchimento delle talee. Inizia a frutti-ficare verso i 10-15 anni. È largamenteimpiegato, come anche il pioppo bianco,per colture legnose a rapida crescita. Nellecolture specializzate sono ampiamente uti-lizzati gli ibridi ottenuti in Francia nellametà del XVIII secolo dal suo incrociocon il Cottonwood (P. deltoides Marshall)americano, e che sono convenzionalmenteindicati come PopulusXeuroamericana(Dode) Guinier o PopulusXcanadensisMoench. Da tali incroci hanno preso origi-ne numerose cultivar (Robusta, Serotina,Marilandica, Regenerata, Virginiana,Carolinensis etc.), più o meno produttive eresistenti ad attacchi parassitari, che ven-gono utilizzate sia per la produzione dipasta cartaria, sia come piante ornamenta-li. In Italia gli ibridi euro-americani sono imaggiori produttori di legname fuori fore-sta. Il pioppo nero, nella sottospecie itali-ca, si presta ad essere utilizzato per albe-rature stradali e nei parchi in classici fila-ri. In alcune zone è trattato a capitozza,come sostegno delle viti.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno del pioppo nero, tenero e leg-gero, trova le migliori utilizzazioni nellafabbricazione della pasta cartaria, dei fiam-miferi e come tavolame da imballaggio e perla produzione di sfogliati per compensato. Illegno dei pioppi, in genere, è ottimo per lacoltivazione dei funghi lignicoli, così comeavveniva già nell’antica Grecia. Come legnoda ardere è un combustibile di scarso valore.

Note etnobotaniche. Le gemme sono ric-che di sostanze resinose, coloranti, tannichee contengono un olio essenziale che sta allabase dell’“unguento populeo”, utilizzatocome astringente, contro le scottature e nelleaffezioni bronco-polmonari. La corteccia haproprietà concianti.

Note tassonomiche e sistematiche. Ledue sottospecie di Populus nigra si diffe-renziano principalmente per la forma dellachioma; è espansa nella sottospecie tipica e

119

Distribuzione in Sardegna di Populus nigra s.l. (stazioninaturali).

Page 120: Alberi Arbusti 2008

colonnare nella ssp. italica che, tuttavia, èconosciuta solo allo stato coltivato o sfug-gito alla coltura ed andrebbe meglio consi-derato al rango di varietà o di cultivar.Forme intermedie come portamento siriscontrano nei corsi d’acqua della Barba-gia e della Baronia. Altre forme varietali(dodeana, caudina, europaea) prendono inconsiderazione le foglie e i giovani turionie, proprio per la facilità di propagazioneper via vegetativa, si possono riscontrarequa e là in varie parti dell’Isola.

Populus alba L., Sp. Pl. 2:1034 (1753)

Provenienza: Habitat in Europa temperatio-re.

Nomi italiani: Gattice, Pioppo bianco.Nomi sardi: Costialvu (Padria); Costiarvu

(Anela, Bono); Fustialvu (Berchidda,Ittiri); Fustialbu (Cuglieri); Fustiarbu(Bolotana); Istiarvu (Orani); Lina bianca(S. Antioco); ‘Ostiarvu (Orgosolo);Piocu (Burcei); Piopu (Tempio, Villasal-to); Ustiarvore (Bitti); ‘Ustiarvu (Olie-na); Albaru, Arvaru, Fustiarvu, Linnar-ba, Linnarbu.

Nomi stranieri: Ingl., White poplar, Abele;Fr., Peuplier blanc; Ted., Silber-Pappel,Weiss-Pappel; Sp., Chopo blanco.

Albero di media grandezza, alto sino a 30m, con portamento maestoso, molto ramifi-cato, con rami laterali spesso poderosi echioma molto ampia; corteccia liscia, grigio-biancastra o verdastra che si desquama cir-colarmente a maturità. Rami giovani rossic-ci, ricoperti da una patina bianca costituitada numerosissimi peli lanuginosi. Gemmeprovviste di brattee rossastre ampiamenteovate, le più interne membranacee, glabre aimargini e scarsamente pelose al centro.Foglie dei brachiblasti a contorno ovale-orbicolare, con margine largamente dentico-lato. Foglie turionali a lamina di 5-10 x 4-9cm, ovata, palmato-lobata con 3-5 lobi più o

meno marcati e margine irregolarmente den-tato, bianco-tomentosa nella pagina inferio-re, superiormente verde-scura, glabra o conscarsi peli lanuginosi; picciuolo biancotomentoso di 2-8 cm. Infiorescenze di 2-4amenti su corti e tozzi rami (brachiblasti) esituate su piante diverse; i maschili cilindri-ci, pelosi, di 6-10 cm, con fiori provvisti di6-10 stami rosso-vivi, con squame ad apiceeroso-dentato; i femminili cilindrici di 3-7cm, con fiori muniti di ovario a stimma rosa-to. Cassula glabra. Semi minuti cotonosi.2n=38.

Tipo biologico. Albero di media grandez-za, caducifoglio. Mesofanerofita.

Fenologia. La fioritura inizia a febbraio-marzo, prima della comparsa delle foglie,che perdurano sino a novembre. Fruttifica amaggio-giugno.

Areale. Il pioppo bianco presenta unareale che si estende nell’Europa centro-meridionale, Asia occidentale e Nordafrica.In Sardegna è frequente anche se non abbon-dante in tutta l’Isola.

Ecologia. È una specie eliofila moderata-mente termofila che vegeta preferibilmentelungo i corsi d’acqua, nei terreni alluvionalifreschi e profondi, nei pantani dei fontanili,ma rifugge le acque stagnanti. Vive spessoconsociato a frassino ossifillo, ontano nero esalici, con i quali entra in concorrenza nellezone riparie. In Sardegna vive soprattuttonelle aree di pianura e collinari, ma si ritro-va anche oltre i 1.000 metri di quota, per lopiù di origine colturale. Il pioppo biancocaratterizza la classe, l’ordine e l’alleanzadelle associazioni riparie e igrofile (Popule-tum albae) diffuse sia lungo i corsi d’acqua,sia in aree umide per gran parte dell’anno.

Grandi alberi. Gli alberi di maggioridimensioni di pioppo bianco conosciuti sitrovano presso la Cantoniera Santa Mariadi Sadali, con un esemplare alto oltre 30metri e circonferenza maggiore di poco piùdi 4 metri, e nel cantiere forestale di Paulia Seui, di dimensioni del tronco ancoramaggiori, oltre 4,8 metri, entrambi in otti-mo stato vegetativo nonostante si tratti dipiante di età inferiore a un secolo di vita.

120

Page 121: Alberi Arbusti 2008

Populus alba L. - Rami con foglie, ramo con gemme, ramo con infiorescenze femminili, ramo con infiorescenzemaschili, brattea di infiorescenza maschile x0,6; fiore femminile x5; fiore maschile con bratteola x6.

Page 122: Alberi Arbusti 2008

122

Notizie selvicolturali. Albero abbastan-za longevo che vive fino a 200 anni. L’e-missione di germogli dalle radici e dalceppo determina il costituirsi di piccolecolonie intorno alla pianta madre. Si for-mano in tal modo, a causa dell’esclusivapropagazione vegetativa, gruppi di piante osolo maschili o solo femminili. Il pioppobianco si presta bene alla ceduazione.Anche se la fertilità del seme è discreta,tuttavia, viene maggiormente sfruttata lapropagazione per talea e piantoni, data lagrande facilità di attecchimento. Vieneimpiegato spesso in alberature stradali ealcune varietà, per il loro portamento mae-stoso, sono utilizzate come alberi orna-mentali nei giardini e nei parchi.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è bianco-giallastro o rossa-stro. Le caratteristiche fisiche vengonomodificate dalle condizioni climatiche,acquistando maggiore densità e durezzanelle zone a clima temperato-caldo. Vieneutilizzato per la produzione di pasta cartaria,per i fiammiferi, per lavori di tornio, per lafabbricazione di parti del carro, di zoccoli, di Distribuzione in Sardegna di Populus alba.

Clone di Populus alba in habitus invernale nel Logudoro.

Page 123: Alberi Arbusti 2008

strumenti musicali, di contenitori, piccolebotti e giocattoli. In ebanisteria, sono ricer-cate le radici con marezzature.

Note etnobotaniche. La corteccia, riccadi tannino, di populina e salicina, venivausata in infuso come succedaneo del chini-no contro le febbri reumatiche e malariche.L’unguento populeo, ricavato dalle gemmeanche di altre specie del genere Populus, eraconsiderato efficace come antinfiammatorioe antidolorifico; le stesse gemme, mischiatein vario modo con polvere di corteccia opoltiglia di foglie, erano utilizzate contro lacaduta dei capelli, come dentifricio e persanare le ferite superficiali della pelle.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Del pioppo bianco sono statedescritte numerose varietà e selezionatemolte cultivar, sia a scopi industriali per laproduzione del legno, sia per la forma e ilportamento per parchi e giardini. Le varie-tà più comuni in Sardegna sono la tipica ela nivea Aiton, mentre la var. hickeliana(Dode) Fiori è comune nell’Oristanese;purtuttavia è da rimarcare che recenti inda-gini per la caratterizzazione genetica dellepopolazioni hanno portato alla individua-zione di soli quattro cloni, ciò che fa pen-sare a variabilità individuale legata allecondizioni ambientali piuttosto che a veri epropri caratteri fissati geneticamente.

Populus canescens (Aiton) Sm., Fl. Brit.,3: 1080 (1804)

Nomi italiani: Pioppo gatterino.Nomi sardi: Come Populus alba L.Nomi stranieri: Ingl., Grey Poplar; Fr.,

Grisard; Sp., Chopo cano; Ted., Grau-Pappel.

Albero di 10-20 m a chioma globosa piùo meno aperta con rami eretto-patenti o las-samente penduli. Rami giovani lanuginoso-tomentosi, ben presto glabri. Foglie dei bra-chiblasti ovate, orbicolari o cuspidate conmargine a denti larghi. Foglie turionali di 5-10 cm, ovate, obcordate o suborbicolari,

angolose o irregolarmente serrate, con ampidenti; lamina della pagina superiore verde,glabra, quella inferiore tomentosa, bianco-cenerina, talora del tutto glabra a maturità;picciuolo di 2-5 cm. Infiorescenze unises-suali su corti rami disposte su piante diverse.Le maschili in amenti di 6-10 cm; le femmi-nili di 3-5 cm che si allungano a maturitàsino a 8-12 cm; fiori maschili e femminilicon bratteole eroso-fimbriate; stami 8-15,rosso-porporini; ovario con stimma rossic-cio. Capsula di 4-5 mm, rugosetta, glabra,pubescente, aprentesi per due valve e prov-vista di semi minuti cotonosi. 2n=38.

Tipo biologico. Albero caducifoglio, elio-filo, a portamento eretto. Mesofanerofita.

Fenologia. Fiorisce prima della compar-sa delle foglie a marzo-maggio e matura ifrutti entro giugno.

Areale. Il suo areale gravita in Francia enell’Europa centro-meridionale e nelle sta-

123

Distribuzione in Sardegna di Populus canescens (stazio-ni naturali).

Page 124: Alberi Arbusti 2008

Populus canescens (Aiton) Sm. - Rami con foglie e frutti, infiorescenze maschili x0,57 fiore maschile con bratteolax6.

Page 125: Alberi Arbusti 2008

zioni naturali è legato alla presenza dellespecie parentali. La sua utilizzazione comepianta di interesse selvicolturale e in giardi-naggio ne ha favorito la diffusione in tuttaEuropa. In Sardegna la presenza più consi-stente è in Baronia in territorio di Posada edi Siniscola, mentre piante o nuclei isolati siriscontrano in varie località del Sarcidano.

Ecologia, notizie selvicolturali, carat-teristiche ed utilizzazioni del legno, noteetnobotaniche. Come Populus alba.

Grandi alberi. Gli alberi di maggioridimensioni del pioppo gatterino sono inBaronia nella piana del Posada, con alberiche superano i 20 m di altezza.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il pioppo gatterino è un ibridostabilizzato, che ha come specie parentaliPopulus alba L. e Populus tremula L., gra-zie alle cui caratteristiche è divenuto unapianta resistente e adatta a numerosiambienti.

Populus tremula L., Sp. Pl.: 2:1034 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europae frigidioribus.

Nomi italiani: Pioppo tremolo.Nomi sardi: Fustialvu tremulu, Linnarbu

tremulu.Nomi stranieri: Ingl., Aspen; Fr., Tremble;

Ted., Aspe, Zitter-Pappel; Sp., Chopotemblon, Temblon.

Albero alto fino a 20 m a portamentoeretto con chioma lassa, globosa. Corteccialiscia biancastra da giovane, grigiastra escrepolata nei fusti di maggiori dimensio-ni. Rami giovani, glabri. Gemme vischiosecon squame rosso-scure, lucide, pelose almargine. Foglie turionali con lamina di 3-12 cm, glabre o pelose nella pagina inferio-re, ovato-acuminate, suborbicolari o corda-te; margine fogliare dentato, con pochidenti ampi o numerosi minuti. Foglie deirami fiorali (brachiblasti) più piccole, sub-

125

Ramo turionale di Populus canescens.

Page 126: Alberi Arbusti 2008

126

orbicolari, dentate con denti ampi, a basecordata, subcordata, troncata o largamentecuneata. Picciuolo lungo fino a 7 cm,appiattito presso l’inserzione della lamina.Fiori unisessuali su piante diverse (dioi-che). Infiorescenze pendule, le maschili di6-10 cm e le femminili di 8-12 cm, com-paiono prima delle foglie. Fiori maschilicon 5-12 stami, i femminili con stimmarosso. Capsula glabra con semi minuticotonosi. 2n=38 (2n=37).

Tipo biologico. Albero a portamentoeretto, ramificato in alto; caducifoglio.Mesofanerofita.

Fenologia. Fiorisce a marzo-maggio aseconda dell’altitudine. Le foglie perdura-no fino a ottobre-novembre. I semi matura-no a maggio e cadono alla fine di luglio.

Areale. Il pioppo tremolo presenta unareale molto vasto che si estende nell’Emi-sfero settentrionale dalla Penisola Iberica intutta Europa, Siberia ed Estremo Oriente. InAfrica del Nord è diffuso nei monti Babor eTabador. In Sardegna è accantonato lungo irigagnoli del complesso montuoso del Gen-nargentu, nel corso superiore del Rio Taloro,ma soprattutto in territorio di Aritzo presso ilcentro abitato, dove si trova la popolazionemaggiormente estesa. Nuclei isolati si hannonel Goceano, a Sa Fraigada-Su Tassu, e inGallura, a Monte Longu e Monte Longhed-du, nel complesso montuoso del Limbara.

Ecologia. È una specie eliofila, indiffe-rente al substrato, che vegeta di preferenzanei luoghi freschi e ricchi di humus. Nelleregioni settentrionali vive nelle zone di pia-nura e medio-montane, mentre nelle meri-dionali in quelle montane sino a 1.600-1.800m, nelle esposizioni più fresche.

Grandi alberi. L’albero di maggioridimensioni conosciuto nell’Isola si trovanel nucleo spontaneo presso Aritzo, conun’altezza che supera i 18 metri, mentre ildiametro è piuttosto modesto, non superan-do i 40 cm.

Notizie selvicolturali. Il pioppo tremoloè una specie che può raggiungere un’altez-za di 20-30 m. È considerato un alberopoco longevo che non supera in genere gli

80-100 anni. Il seme perde in breve tempole sue facoltà germinative, ma in condizio-ni favorevoli germina rapidamente. Dopoil taglio o l’incendio presenta una scarsaripresa vegetativa dal ceppo, ma dalle radi-ci laterali emette numerosi polloni, chepossono essere utilizzati per la propagazio-ne vegetativa e l’impianto di nuove colo-nie. Il pioppo tremolo non possiede la spic-cata rapidità di accrescimento, né la facili-tà di radicazione da talea degli altri pioppi.Nei rimboschimenti è scarsamente utiliz-zato, nonostante la sua capacità di coloniz-zare terreni scoperti poveri e anche xerici.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno presenta alburno bianco eduramen bianco-roseo. Fornisce una dellemigliori paste per la carta. Viene utilizzatoper tavolame vario, per cassette, nella fab-bricazione dei fiammiferi. Come legna daardere è un combustibile mediocre. Ilfogliame è appetito dal bestiame.

Distribuzione in Sardegna di Populus tremula.

Page 127: Alberi Arbusti 2008

Populus tremula L. - Rami con foglie, infiorescenza maschile e femminile x0,6; fiore femminile, fiore maschile x5.

Page 128: Alberi Arbusti 2008

128

Note etnobotaniche. La corteccia vieneutilizzata per la concia delle pelli e inmedicina, un tempo, come succedaneo delchinino.

Protezione e tutela. La presenza relitta

del pioppo tremolo in Sardegna richiedeun’adeguata opera di tutela per preservareil germoplasma autoctono anche evitandointroduzioni esterne nelle eventuali operedi rimboschimento.

esemplari di Populus tremula lungo il Rio Govosoleo in Barbagia.

Ramo con foglie turionali di Populus tremula.

Page 129: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE FAGALES

JUGLANDACEAE

Alberi o raramente arbusti, con foglie pic-ciuolate, prive di stipole, caduche, alterne,imparipennate. Fiori unisessuali, i femminilisessili o subsessili solitari o in gruppi di 2-4sui rami d’annata e i maschili con 5-50 stami,riuniti in amenti nascenti nei rami dell’annoprecedente. Perianzio dei fiori maschili di 3-6pezzi, ridotti a lobi di modeste dimensioni odel tutto assenti, in quelli femminili calice di 4pezzi avvolgenti un ovario mono-ovulare ecorolla assente; stimma bifido, carnoso, papil-loso. Frutto: drupa, raramente samara, con duecotiledoni cerebriformi. La famiglia delleJuglandaceae presenta 7 generi e circa 60 spe-cie distribuite nel Nordamerica e in Eurasia. Ilgenere più conosciuto in Europa, per i suoifrutti e per il legname, è il genere Juglans, manon minore importanza hanno i generi Caryadell’America settentrionale [C. ovata (Miller)Koch], che fornisce le noci di Hickory, e Pte-rocarya [P. fraxinifolia (Poiret) Spach], utiliz-zata per il legname e come pianta ornamenta-le del Caucaso. Famiglia di antica origine, harestituito legni fossili in molte aree, dove oggiè scomparsa allo stato spontaneo.

JUGLANS L.

Alberi o raramente arbusti di 3-50 m concorteccia scura, lucida nei rami giovani, dirit-ti, gemme scure con ghiandole e peli ghian-dolosi più o meno abbondanti; foglie impari-pennate con foglioline in numero di 5-25 ses-sili o subsessili con fogliolina terminale sem-pre di maggiori dimensioni di quelle laterali,lisce o scarsamente peloso-ghiandolose.Amenti maschili solitari su rami dell’annoprecedente con numerosi stami e fiori femmi-nili solitari o in gruppi di 2-4 sui rami d’anna-ta. Frutto: drupa, indeiscente, con seme prov-visto di circonvoluzioni, ruguloso o liscio, disapore dolce. Possiede 21 specie distribuitenel Nord, Centro e Sudamerica e nell’Eurasia.Il genere Juglans ha grande importanza sia

per i frutti, sia per il legnane che fornisce, par-ticolarmente J. regia, oggi coltivata in tutto ilmondo e J. nigra L., del Nordamerica, utiliz-zata soprattutto per il legname.

Juglans regia L., Sp. Pl.: 997 (1753)

Regione della prima descrizione: non defini-ta.

Nomi italiani: Noce.Nomi sardi: Nozi, Nuche, Nuxe, Nuxi,

Nuxedda.Nomi stranieri: Ingl., Walnut; Fr., Noyer;

Ted., Nussbaum; Sp., Nogal.

Albero con portamento maestoso a chiomaglobosa, espansa, alto sino a 25, con ramiprovvisti di corteccia grigio-biancastra, fessu-rata nelle branche e nel tronco principale.Rami giovani lisci violaceo-scuri, lucidi conlenticelle sparse. Foglie di 20-50 cm, compo-ste con picciuolo lungo e robusto, pelosoghiandoloso, imparipennate, con 3-9 foglioli-ne ovate, di cui la terminale sempre di dimen-sioni maggiori, lunghe 10-12 cm e larghe 4-8cm, lisce con nervature marcate nella paginainferiore; nella fase giovanile rossicce conminute ghiandole sessili nella pagina inferioree peli semplici. Fiori maschili in infiorescenzeamentifere, erette nella fase giovanile poiallungate e pendule, verdastri; fiori femminili,sessili, isolati o in gruppi di 2-3 posti all’apicedei rami; brattee delle infiorescenze munite dipiccole ghiandole sessili o stipitate di 0,1-0,2mm; ovario a botticella lungo 2,5-3 mm conbrattee calicine ovali di 2-2,5 mm verdicce,larghe 1 mm e corona apicale a margine ros-siccio; stimma laminare sfrangiato a margineeroso-increspato. Frutto drupa ovato-globosa,con epicarpo carnoso staccantesi a maturità edendocarpo legnoso contenente un solo seme(gheriglio) diviso in due parti simmetriche concirconvoluzioni caratteristiche. 2n=32.

Tipo biologico. Albero caducifoglio digrandi dimensioni a foglie caduche. Mesofa-nerofita.

129

Page 130: Alberi Arbusti 2008

Juglans regia L. Ramo con germogli x0,8; foglia x0,5; rametto con infiorescenze maschili x0,8; fiore maschile x10;fiore femminile e bratea x10; peli ghiandolosi dell’ovario molto ingranditi; frutto con mallo e senza mallo x0,8.

Page 131: Alberi Arbusti 2008

131

Fenologia. Fiorisce contemporaneamen-te all’emissione delle foglie, in modo scala-re secondo l’andamento stagionale, dalle

zone basse ad alta quota, da aprile alla finedi maggio. I frutti maturano a ottobre.

Areale. Il noce è considerato originario

Albero monumentale di Juglans regia in territorio di Belvì.

Page 132: Alberi Arbusti 2008

132

della Penisola Balcanica, Caucaso, Asia occi-dentale. Per il pregio dei suoi frutti è statocoltivato da antichissima data in tutta Europaed oggi in tutto il mondo. In Sardegna è sicu-ramente spontaneo negli sciuscius del Gen-nargentu, particolarmente a Ortu ‘e is Ara-gnos in territorio di Desulo, con alberi sparsisul caos di massi porfidici, da dove proven-gono anche i campioni utilizzati per ladescrizione e l’iconografia. Altrove è consi-derato coltivato. La sua presenza è comunenell’area del Gennargentu, Montiferru, Gal-lura, mentre altrove è del tutto sporadico.Nell’Isola, i reperti paleobotanici attribuiti alperiodo Pliocenico (Bertoldi, 1969) ne atte-stano l’esistenza in tempi remoti, anche senon sono da escludere una estinzione e unasuccessiva reintroduzione in tempi storici.

Ecologia. Il noce è una specie eliofila chepredilige le zone silicee collinari e montane,sino a 1.000-1.500 m di quota, con clima fre-sco ma non rigido ed elevata piovosità. Negliambienti mediterranei è limitato alle aree deifondovalle con suoli fertili e profondi, lungo icorsi d’acqua, nei fontanili e presso gli orti,dove viene coltivato con varie razze locali.

Grandi alberi. Il noce di maggiori dimen-sioni oggi conosciuto nell’Isola si trova in ter-ritorio di Belvì e presenta una chioma checopre oltre 700 mq, trattandosi con tutta pro-babilità della maggiore superficie coperta daun albero autoctono. Altri alberi di grandidimensioni si trovano sparsi un po’ ovunque.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno del noce è duro e resistentema di facile lavorabilità. Presenta alburno dicolore biancastro e duramen bruno-grigia-stro, a grana fine, diritta o leggermenteondulata, con venature più scure e nei tron-chi annosi con marezzature, specie nelleparti basali e anche nelle radici. Per questacaratteristica era molto ricercato per impial-lacciature. Si essicca bene senza fessurarsi otorcersi ed è stabile nel tempo senza perderele sue caratteristiche. Viene utilizzato permobili di pregio in massello, sedie, cassa-panche, lavori di intarsio e tornitura.

Notizie selvicolturali. Il noce, in condi-zioni favorevoli, è una pianta ad accresci-

mento abbastanza rapido, soprattutto nellafase giovanile. I semi hanno una elevatacapacità di germinazione, ma viene preferitala propagazione vegetativa al fine di preser-vare le caratteristiche del frutto.

Note etnobotaniche. I frutti del nocehanno avuto da sempre grande importanzaper la bontà dei semi, ricchi di sostanzeoleose molto energetiche, ma anche per ilmallo utilizzato come colorante dei tessuti.Per la teoria dei segni, il gheriglio, assimi-lato per la forma delle circonvoluzioni alcervello umano, era considerato un effica-ce rimedio nelle malattie mentali e perlenire il mal di testa. Il seme rappresentaun importante ingrediente di molti dolcitipici tradizionali come il torrone o i papas-sini, mentre dai frutti immaturi in soluzio-ne alcolica si ottiene il nocino, un liquoremolto apprezzato come stomachico e dige-stivo.

Distribuzione in Sardegna di Juglans regia (stazioninaturali).

Page 133: Alberi Arbusti 2008

133

ANGIOSPERMAE FAGALES

BETULACEAE

Alberi o arbusti a foglie caduche. Fioriunisessuali, maschili e femminili sullastessa pianta (monoiche) e con antesi ante-cedente l’emissione delle foglie. Fiorimaschili riuniti in infiorescenze pendule, ifemminili riuniti in piccoli coni eretti per-sistenti. Frutti secchi spesso con semi alati.

La famiglia delle Betulaceae comprendecirca 70 specie, suddivise nei due generiBetula e Alnus e diffuse in tutte le regionitemperate dell’Emisfero settentrionale.Alcune specie sono presenti nelle regionimontane meridionali delle Ande e in Argen-tina. Si ritiene che le Betulaceae siano com-parse dopo il periodo Cretaceo e che le spe-cie attuali abbiano raggiunto un notevolegrado di evoluzione. Hanno un alto interes-se silvo-colturale ed economico sia per leformazioni forestali, sia per i prodotti chese ne ricavano. In Sardegna è presente sola-mente il genere Alnus, mentre del genereBetula, pur diffuso nella vicina Corsica,non si conoscono nemmeno reperti fossili.

ALNUS MILLER

Alberi o arbusti con foglie caduche,alterne, semplici, dentate, crenulate. Fiorimaschili, con involucro ridotto e con quat-tro stami, riuniti in gruppi di tre su un asseallungato, pendulo (amento). Fiori femmi-nili, con involucro poco evidente e conovario a due logge, riuniti a gruppi di duesu un asse eretto a formare un’infiorescen-za conica simile ad una piccola pigna (stro-bilo). I due fiori femminili sono protetti dauna squama persistente che lignifica nel-l’infruttescenza matura. Frutti compressi,alati: samare.

Il genere comprende circa 30 specie dif-fuse in Europa, Africa settentrionale, Asiae regioni temperate dell’America. Vivononelle zone fresche ed umide e sulle spondedei corsi d’acqua.

Il nome Alnus deriverebbe dal celtico«al» = presso e «lan» = bordo di fiume perindicare l’ambiente preferito dalle speciedi questo genere, oppure, secondo alcunifilologi, da una radice indo-europea chesignificherebbe «alzarsi» per indicare ilrapido sviluppo in altezza delle piante.

Alnus glutinosa (L.) Gaertner, Fruct.Sem. Pl., 2 : 54 (1790)

Sin.: Betula alnus L. var. glutinosa L.,Sp. Pl., 2: 983 (1753)

Betula glutinosa (L.) L., Syst. Nat., Ted.10, 2: 1265 (1759).

Alnus morisiana Bertol., Fl. Ital.,10:163 (1855).

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa.

Nomi italiani: Ontano nero.Nomi sardi: Abiu (Fluminimaggiore);

Alinu (Bitti, Bolotana, Cuglieri, Orgo-solo, Oliena, Orani, Villasalto Urzulei);Allinu (Burcei); Acu (Tempio); Muraburda (S. Antioco); Abiu de SantuGiuanni, Alzu.

Nomi stranieri: Ingl., Alder; Fr., Aune glu-tineux; Ted., Rot-Erle, Schwarz-Erle;Sp., Aliso.

Albero di media grandezza, alto sino a15-25 m, con portamento ovato-piramida-le. Corteccia scura, a grandi placche, conlenticelle ben evidenti. Foglie rotondeg-gianti, ovate, ellittiche, talora cuneate allabase, con margine irregolarmente dentico-lato; lamina di 4-10 cm, glabra o talvoltacon peli corti nella pagina superiore; 4-8paia di nervature ben evidenti, più o menopelose, con ciuffi di peli all’angolo tra lenervature laterali e la mediana; picciolo di1-5 cm più o meno peloso. Infiorescenzemaschili in amenti penduli, giallastri di 3-7 cm, le femminili di 10-15 mm, rotondeg-gianti, ovoidee, ellissoidali, aprentesi amaturità e persistenti sulla pianta anche per

Page 134: Alberi Arbusti 2008

Alnus glutinosa (L.) Gaertner. - Ramo con infiorescenze maschili e femminili x0,5; fiori maschili x 5, infiorescen-ze femminili, infiorescenze femminili in sezione x 2; fiore femminile x 5; semi x 10; ramo con infiorescenze femmi-nili x 0,5; ramo con foglie x 0,5.

Page 135: Alberi Arbusti 2008

135

più anni. Semi minuti, lunghi 3-5 mm,numerosi, strettamente alati. 2n = 28.

Tipo biologico. Albero caducifoglio aportamento eretto. Mesofanerofita.

Fenologia. Gli amenti, chiusi e compatti,compaiono già a novembre-dicembre; la fio-ritura inizia a dicembre-gennaio nelle zonepiù basse e meglio esposte e, nelle quotemaggiori, si protrae fino al mese di maggio.Le samare cadono nell’autunno o nella pri-mavera successiva, mentre le piccole pigneaperte persistono per più anni sulla pianta. Lefoglie compaiono alcuni mesi dopo l’iniziodella fioritura e perdurano fino a novembre.

Areale. L’ontano è presente in tuttal’Europa sino al 65° grado di latitudine, inSvezia, nell’Asia centro-occidentale, inAsia Minore e in limitate zone dell’Africadel Nord. Tutta la Sardegna è interessatadalla presenza dell’ontano nero che, lungoi corsi d’acqua perenni, è una costantedella vegetazione forestale riparia. Gliontaneti meglio conservati si trovano neifiumi della Gallura, lungo le forre del Flu-mendosa e nell’area del Gennargentu.

Ecologia. L’ontano nero è indifferente alsubstraato geopedologico ed è strettamentelegato alle condizioni di umidità perduranti

Infiorescenze maschili e femminili di Alnus glutinosa con pseudo-strobili dell’anno precedente.

Page 136: Alberi Arbusti 2008

per tutto il periodo dell’anno, sia lungo icorsi d’acqua, sia su aree acquitrinose. InSardegna vegeta lungo i fiumi principali dallivello del mare sino alle zone montane. Neifontanili delle aree montane del Gennargen-tu che danno origine a rigagnoli perenni, siformano tipiche foreste a galleria indicatrici,allo stesso tempo, delle condizioni edafiche.Si tratta anche di formazioni forestali che inquesta regione si elevano a quote maggiori,considerando che la presenza degli altrialberi è rarefatta o del tutto sporadica. Laformazione assume di norma andamentolineare, ma non mancano, nel Gennargentu enel Sarrabus, casi in cui si diffonde in super-fici ampie e irregolari in relazione all’affio-ramento delle acque di falda. L’ontano neroè estremamente sensibile alle variazioni del-l’apporto idrico e a seguito di annate partico-larmente siccitose può deperire del tutto. Hauna notevole capacità di resilienza sia dapolloni, sia da seme, in caso di alluvioni che

ne asportano del tutto le piante.Gli ontaneti costituiscono la vegetazio-

ne forestale riparia che caratterizza mag-giormente i corsi d’acqua. L’associazionepiù comune è quella con vite selvatica,osmunda regale e oleandro (Osmundo-Alnetum glutinosae=Alno-Salicetum arri-goni) e con Oenanthe crocata (Oenantho-Alnetum glutinosae) nelle aree basse, men-tre nelle aree montane si hanno altri tipi divegetazione riparia più fresca (Glechomo-Alnetum glutinosae) e con una ricca com-ponente endemica.

Grandi alberi. Gli ontaneti meno sogget-ti alle utilizzazioni, in quanto poco accessi-bili o risparmiati dalle alluvioni, conservanoancora la presenza di grandi alberi che rag-giungono dimensioni notevoli, sia in altezza,sia in diametro. Il nucleo di alberi con cir-conferenza maggiore (fino a 780 cm) siriscontra in territorio di Desulo in località IsMiriagus nel Gennargentu, mentre alberi altisino a 30 m si ritrovano sui corsi d’acquaincassati del Gennargentu, sul Flumendosa,sul Cedrino e in Gallura.

Notizie selvicolturali. L’ontano nero èconsiderato un albero poco longevo, anchese può superare certamente i 100 anni. Ineffetti, grandi alberi presenti nel Gennar-gentu e in numerosi corsi d’acqua mostra-no dimensioni notevoli che fanno pensareanche ad individui sicuramente pluri-cen-tenari. I semi presentano germinabilitàintorno al 60-70%, che si conserva per piùanni. La propagazione avviene o per seme,sparso in luoghi freschi in autunno, o inter-rando orizzontalmente i rami e lasciandonefuoruscire le cime. Nei corsi d’acqua sog-getti a piene, gli ontaneti possono esseretravolti, iniziando come un nuovo ciclo divegetazione da ceduo. Nel Flumineddu, neltratto della vallata di Oddoene, durante lagrande alluvione dl 1951 gli ontaneti sonostati spazzati via dall’onda di piena, fattoche si è ripetuto nel dicembre del 2004.

Caratteristiche e utilizzazioni dellegno. Il legno è rossastro-chiaro o quasiarancio, molto duro e pesante; assorbe inmodo permanente qualsiasi colorante arti-

136

Distribuzione in Sardegna di Alnus glutinosa.

Page 137: Alberi Arbusti 2008

137

ficiale, ciò che lo fa apprezzare per lavoridi ebanisteria. È inoltre utilizzato per lacostruzione di utensili vari, cucchiai,mestoli e taglieri, contenitori per la carnearrosto, stipiti per porte, tini, pali per lamitilicoltura e, soprattutto, come legnameper pozzi, miniere e in tutte quelle situa-zioni che lo pongono a contatto diretto conl’acqua, per la capacità di non marcire eacquistare maggiore resistenza e durezza.Per questa caratteristica l’ontano eraimpiegato già nel periodo neolitico per lacostruzione delle palafitte. Le proporzioniquantitative tra i pali attribuiti alle pianteforestali rispecchiano il progresso tecnolo-gico dell’uomo del Neolitico europeo, chesolo dopo diversi tentativi ed esperienzepositive avrebbe utilizzato l’ontano nero inmodo costante. Le proprietà del legno diquesta specie, che Plinio definisce eternonei luoghi paludosi, erano ben conosciutedai Romani. Vitruvio riferisce che tutti gliedifici di Ravenna avevano come fonda-menta i pali di ontano. Particolare fortunaebbe a Venezia, dove venne utilizzato perlo stesso scopo. I rami giovani sono talorausati per intessere ceste e canestri. Il car-bone era adoperato per la fabbricazionedella polvere pirica.

Note etnobotaniche. La scorza e i ramigiovani, che contengono notevoli quantitàdi tannini, venivano utilizzati in tutta laSardegna per colorare in nero, ma anche incombinazione con altre piante in rosso e ingiallo, l’orbace e la lana in genere. Nellamedicina popolare, alla corteccia eranoattribuite proprietà febbrifughe ed era ado-perata come surrogato del chinino. Lefoglie fresche triturate venivano applicatesui capezzoli per arrestare la montata latteadelle lattanti. Alle foglie erano attribuiteanche proprietà antisettiche e cicatrizzanti,e inoltre quella di allontanare le pulci e gliinsetti molesti.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. L’ontano nero mostra un mar-cato sfasamento fenologico, che va dalmese di dicembre nelle aree più prossimeal mare, sino a giugno nelle aree più eleva-

te del Gennargentu. La fioritura progressi-va e la continuità pressoché totale degliontaneti, dalle zone più elevate, sino allafoce dei corsi d’acqua, assicura la conti-nuità del flusso genico, che avviene per viaanemocora. Si aggiunge a ciò anche ilnaturale trasporto per idrocoria degli pseu-do-strobili con i semi verso valle. Si for-mano così, costantemente, popolazionimiste di biotipi provenienti da fasce alti-metriche diverse. I caratteri più distinta-mente marcati sono le gemme, la forma, ledimensioni e la pelosità delle foglie, dinorma più piccole e rotonde in alta monta-gna, accanto alle foglie lungamente pic-ciuolate e a lamina irregolarmente ellittica,più frequenti nelle zone basse. Variano,altresì, in modo notevole le dimensionidelle infruttescenze.

Le piante del Gennargentu con foglierotondeggianti, picciuolo corto e coni pic-coli (5-6 mm di diametro) furono attribuiteprima a A. suaveolens Réq. da Moris, poidescritte come A. morisiana da Bertoloni equindi portate al rango di varietà da Fiori(Alnus glutinosa var. morisiana (Bertol.)Fiori). Tuttavia, esemplari con questecaratteristiche si riscontrano anche nellezone meno elevate dei corsi d’acqua delFlumendosa e del Cedrino, così pure formeintermedie con le piante a foglie e coni dimaggiori dimensioni e forme diverse, manon è possibile escludere l’eventualità discambi genetici. La var. sardoa (Kuntze)Winkler, indicata per le zone planiziali,resta di dubbia interpretazione; secondoPignatti (1982), per questa varietà, uncarattere diagnostico sarebbe la forma cla-vata delle gemme e il tipo di pelosità dellefoglie, ma il tutto appare riconducibile asemplici variazioni individuali. Un discor-so analogo può essere fatto per Alnus glu-tinosa var. dubia (Réq.) Fiori, che presentacaratteri ancora meno netti.

SPECIE INTRODOTTE. L’ontano nero è l’u-nica specie nativa del genere Alnus presentein Sardegna. L’ontano napoletano (Alnuscordata (Loisel.) Loisel. = Betula cordata

Page 138: Alberi Arbusti 2008

138

Loisel. = A. neapolitana Targ.-Tozz. = A.cordifolia Ten.), che si caratterizza per lefoglie cuoriformi e per l’infruttescenzalunga 2-2,5 cm, è una specie endemica dellaCorsica e dell’Italia meridionale ed è sponta-neizzata lungo corsi d’acqua delle Madoniein Sicilia. Le indicazioni di questa specie,date da Nannetti per la flora di Osilo, si rife-riscono in realtà all’ontano nero e altresegnalazioni sono erronee o riferite a piantecoltivate. Un campione di Venerosi-Pescioli-ni presente nell’erbario di Firenze, con l’in-dicazione della raccolta lungo il Flumendo-sa, può essere dovuto ad uno scambio di car-

tellino. In merito, suscita molti dubbi anchela data riferita al mese di gennaio per uncampione che porta le foglie pienamente svi-luppate. Le ricerche mirate lungo il Flumen-dosa non hanno portato, sinora, ad accertarela sua presenza allo stato spontaneo. Intempi più recenti, l’ontano napoletano èstato utilizzato, per la rapida crescita inizia-le, nel consolidamento delle scarpate strada-li, anche in aree poco idonee, e in diversirimboschimenti. Non è da escludere, aseguito di queste introduzioni, un processodi spontaneizzazione lungo i corsi d’acquacontigui.

Tipiche formazioni a galleria di Alnus glutinosa nel Gennargentu.

Page 139: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE FAGALES

CORYLACEAE

Alberi ed arbusti a foglie caduche. Fioriunisessuali riuniti sulla stessa pianta (dioi-ca); i maschili in infiorescenze pendenti, ifemminili in spighette erette. Frutto: secco,nucula o noce o con involucro membranoso.

La famiglia delle Corylaceae compren-de 4 generi con circa 50 specie, diffusenelle regioni dell’Emisfero settentrionale.

– Gemme ovoidali; foglie ovato-rotonda-te, acuminate; frutti rotondi, di 1,5-2 cmcon un involucro lignificato e riuniti ingruppi di1-4.............................Corylus

– Gemme allungate-fusiformi; foglieovato-lanceolate; frutti acheni di 4-5mm, circondati da un involucro vescico-loso, ovoideo-acuminato, compresso,riuniti in spighe pendule................Ostrya

CORYLUS L.

Alberi e arbusti con gemme ovoidali,foglie rotonde od ovato-rotondate, ad apiceacuto, seghettate. Pianta con fioritura precoce.Fiori maschili piccoli, protetti da due bratteo-le e riuniti in infiorescenze pendule moltoallungate. Fiori femminili in gruppi all’ascelladi una brattea. Stimmi rosso-violacei. Fruttorotondeggiante, noce, circondato da un invo-lucro fogliaceo irregolarmente frastagliato.

Il genere Corylus comprende 15 speciediffuse nelle regioni temperate dell’Emisfe-ro settentrionale e oltre al nocciolo comunevi appartengono C. colurna L. e C. maximaMiller, coltivate per la produzione di fruttiugualmente pregiati. Il nome Corylus derivadal greco corys = casco, per la particolareforma dell’involucro che circonda il frutto.

Corylus avellana L., Sp. Pl. 2: 998 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europae sepibus.

Nomi italiani: Nocciolo.Nomi sardi: Castamanzola (Orgosolo);

Lanzola (Bono); Linciola (Desulo,Gadoni); Linzola (Sennariolo); Nanzola(Anela, Buddusò, Pattada); Nenzola(Santu Lussurgiu); Ninciolla (Busachi,Sorgono); Ninzola (Ittiri, Ploaghe,Tonara); Niggiola (Oliena); Nizora(Sassari); Nucciola (Escalaplano, Laco-ni, Perdas de Fogu, Tempio); Nutzola(Abbasanta, Berchidda, Bitti, Bolotana,Cuglieri, Macomer, Norbello, Orani,Oschiri, Orosei, Perdas de Fogu);Nugiola (Urzulei); Nunciola (Meana);Nuxedda (Laconi, Fluminimaggiore);Rinzola (Tissi, Villanova Monteleone);Oddana (Fonni, Sadali, Seui).

Nomi stranieri: Ingl., Hazel, Cob-Nut; Fr.,Noisetier commun, Coudrier; Ted.,Hasel-Nüss, Noddebruk; Sp., Avellanocommun, Nochizo, Avellaner.

Alberello o arbusto di 4-5 m di altezza,circondato anche da adulto da numerosipolloni laterali, diritti, gracili, moltoallungati, poco ramificati, che si origina-no alla base del fusto e dalle radici. Cor-teccia liscia o debolmente rugosa, desqua-mantesi a maturità in strisce circolari.Rami giovani con peli ghiandolosi rossa-stri. Foglie di 6-15 x 5-10 cm, ovali, orbi-colari, cuoriformi alla base, subtrilobe odecisamente acuminate alla sommità;lamina peloso-ghiandolosa nello stadiogiovanile, con nervature fortemente mar-cate nella pagina inferiore; picciuolobreve con due stipole persistenti alla base.Fiori unisessuali, precoci: i maschili inamenti di 5-8 cm, penduli, giallastri, conantere giovani purpuree o rossastre, giallein piena antesi; i femminili in gruppi di 1-4, piccoli, ovati, protetti da brattee persi-stenti, accrescentisi nel frutto. Stimmi 2,filiformi, uniti alla base, rossastro-viola-cei. Frutto con pericarpo duro e coriaceo(nocciola). 2n=22.

Tipo biologico. Alberello di mediedimensioni, a foglie caduche. Microfane-rofita o mesofanerofita.

139

Page 140: Alberi Arbusti 2008

Corylus avellana L. - Ramo con fiori femminili x 1,2; ramo con infiorescenze maschili e fiori femminili, ramo confoglie e con frutti non maturi, frutti maturi x 0,6; fiore femminile x 2,4; fiore maschile x 4,8.

Page 141: Alberi Arbusti 2008

141

Fenologia. Gli amenti chiusi e compat-ti compaiono già a novembre, prima dellacaduta delle foglie, e maturano a dicembre-gennaio. Le infiorescenze maschili cadonoprima dell’emissione delle foglie che iniziaa marzo-aprile.

Areale. Il nocciolo è diffuso in Europa,Asia Minore e Caucaso. Nelle grandi isoledel Mediterraneo è limitato alle zone mon-tane. È una specie coltivata fin dall’anti-chità e per la definizione del suo areale ori-ginario vi sono le stesse difficoltà dellealtre specie diffuse dall’uomo da anticadata. In Sardegna l’area dove storicamenteè diffuso il nocciolo è quella del Gennar-gentu, alcune zone del Montiferru e delGoceano. Coltivazioni sporadiche si trova-no qua e là, ma le stazioni che si possonoconsiderare sicuramente spontanee sonomolto rare.

Ecologia. È una specie moderatamenteeliofila che predilige terreni freschi e pro-fondi indipendentemente dal substratogeopedologico. Nelle regioni più setten-trionali vegeta in pianura e in collina, neiluoghi considerati aridi, ma in quelle meri-

Distribuzione in Sardegna di Corylus avellana (stazioninaturali).

Infiorescenze di Corylus avellana.

Page 142: Alberi Arbusti 2008

dionali predilige le zone montane fresche econ buona piovosità. In Sardegna si rinvie-ne fino ai 1.000 m di altitudine nel Gennar-gentu. Forma associazioni con pioppi efrassini degli ambienti freschi e umidi.

Notizie selvicolturali. Il nocciolo è unapianta forestale e agraria di notevoleimportanza. Si propaga per semina direttao, più comunemente, per talea. La sorpren-dente capacità pollonante del noccioloconsente uno sfruttamento ottimale comeceduo con turni di 10-15 anni. Le coltiva-zioni si effettuano soprattutto per il frutto,di cui sono state selezionate numerose cul-tivar. È apprezzato anche come alberoornamentale nei giardini e nei parchi.Attualmente la coltura del nocciolo nell’I-sola, salvo rari casi, è in declino anchenelle aree tradizionali di coltura.

Caratteristiche e utilizzazioni del legno.Il legno è tenero e può essere facilmentelavorato, ma per le modeste dimensioni delfusto può essere utilizzato solo per pertiche,pali, tutori. Era usato anche per costruirecerchi per botti, barili ed i rami giovani perintessere cesti e canestri. È un ottimo com-bustibile e brucia lentamente. Il carbone haun alto potere calorifico ed era sfruttato perottenere la polvere pirica.

Note etnobotaniche. Nelle zone monta-ne della Sardegna centrale, il nocciolo rap-presentava una fonte di reddito moltoimportante per il frutto che produce un oliosostitutivo dell’olio di oliva. La cortecciacontiene notevoli quantità di sostanze con-cianti e in infuso trasmette alla lana uncolore giallo scuro. Il decotto di cortecciaveniva utilizzato contro le febbri intermit-tenti e le infiorescenze maschili come dia-foretico nelle affezioni bronchiali. Il fruttoè consumato crudo o tostato e si presta allapreparazione di dolci tipici come il torro-ne, caratteristico dei paesi montani, parti-colarmente a Tonara e Desulo.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Del nocciolo, come tutte lepiante coltivate da lunga data, sono stateselezionate numerose cultivar quasi esclu-sivamente per la qualità dei frutti, mentre

sono stati tenuti in poco conto gli altriaspetti della variabilità.

OSTRYA Scop.

Alberi o arbusti con gemme allungate,fusiformi, foglie ovali-lanceolate, seghetta-te. Fiori maschili piccoli senza brattea, riuni-ti in amenti allungati, penduli. Fiori femmi-nili riuniti in infiorescenze a cono. Fruttocircondato da involucro biancastro, mem-branaceo vescicoloso. Il genere Ostrya com-prende 15 specie distribuite nelle regionitemperate dell’Emisfero settentrionale.

Ostrya carpinifolia Scop., Fl. Carn., ed. 2,2: 244 (1772)

Sin.: Carpinus ostrya L., Sp. Pl., 2: 998(1753)

Ostrya virginiana ssp. carpinifolia(Scop.) Briq., Prodr. Fl. Corse, 1: 400(1910).

Regione della prima descrizione: (?).

Nomi italiani: Carpino nero.Nomi sardi: Carpinu de Massanì (Sorgono,

Tonara); Alinu ‘e monte (Osini, Ulassai,Ussassai).

Nomi stranieri: Ingl., Hop hornbeam; Fr.,Charmehoublon; Ted., Gemeine Hop-fenbuche; Sp., Carpe negro.

Albero alto fino a 15-20 m, con rami late-rali ben sviluppati e chioma conico-pirami-dale o espansa. Corteccia rossastra, bruno-rossastra, scura nei tronchi di grossi dimen-sioni, fessurata. Rami giovani pelosi. Fogliedi 6-10 x 3-4,5 cm, ovate, ovato-lanceolatecon picciuolo di 6-12 mm, con due bratteelineari lanceolate membranacee più lunghedel picciuolo, caduche; lamina con marginebiserrato, cuneata o subcordata alla base,talora sviluppata asimmetricamente rispettoalla nervatura mediana, con 10-15 paia dinervature laterali, parallele, pelose, ben evi-

142

Page 143: Alberi Arbusti 2008

Ostrya carpinifolia Scop. - Ramo con infruttescenze, ramo con infiorescenze maschili foglia x 0,6; frutto, seme x 1,2;fiore femminile x 2,4; particolare foglia x 2; fiori maschili x 6; germoglio femminile con squame x 3.

Page 144: Alberi Arbusti 2008

144

denti nella pagina inferiore; pagina superio-re con peli radi. Fiori unisessuali: i maschiliin amenti di 4-8 cm, penduli e riuniti ingruppi di 2-5 che si formano alla sommitàdei rami d’annata prima della caduta dellefoglie; i femminili in amenti di 3-4 cm, più omeno eretti, con brattee imbriciate, ovariopeloso con due stimmi filiformi uniti allabase. Le brattee dell’ovario si sviluppanosaldandosi tra di loro per i margini a forma-re una vescicola, piatta, membranacea conun breve mucrone pelosetto all’apice e seto-losa soprattutto alla base. Achenio di 4-5mm, ovoideo-acuto, leggermente compres-so, apicolato, liscio, grigiastro, lucido.2n=16.

Tipo biologico. Albero di medie dimen-sioni, a foglie caduche. Microfanerofita,mesofanerofita.

Fenologia. I fiori maschili compaiono asettembre-ottobre; i femminili ad aprile-

maggio assieme alle foglie nei rami giova-ni. Fruttifica nel primo autunno.

Areale. Il carpino nero è diffuso nellezone litoranee della Provenza, nelle zonemontane della Corsica e della penisola italia-na, Carso Triestino, Penisola Balcanica, AsiaMinore e Caucaso. In Sardegna la sua pre-senza è comune nelle zone montane del Cen-tro. In località Uatzo di Tonara, a Montarbudi Seui e nel Sarcidano (Laconi, Seulo, Per-dasdefogu, Villanovatulo) si trovano le for-mazioni più estese. Stazioni isolate sonopresenti alle pendici di Monte Gonare e allefalesie a mare della costa di Baunei.

Ecologia. È una specie eliofila, termofila,montana, che predilige il substrato calcareonelle stazioni ben esposte e vegeta di prefe-renza nei canaloni e nei terreni freschi e pro-fondi, subendo probabilmente la forte con-correnza del leccio e degli elementi dellamacchia. Il carpino nero, che nelle aree con-tinentali è considerato una specie di ambien-ti semi-aridi o aridi, in Sardegna si presentacome una mesofita strettamente legata aisubstrati umidi. Laddove sembrano prevale-re i terreni aridi, nella costa dei calcari orien-tali di Baunei si sviluppa lungo linee prefe-renziali, sugli accumuli ghiaiosi di versanteincoerenti o debolmente cementati, dellesovrastanti falesie, dove si hanno acque dipercolazione o di affioramento di falda. Unfenomeno analogo è visibile anche alla basedelle falesie di Montarbu di Seui, dove ilcarpino nero si accompagna a specie decisa-mente mesofile quali tasso e agrifoglio sulbasamento scistoso nell’area di discontinui-tà con coltre calcarea. Il carpino nero entra afar parte dell’associazione Ostryo-Querce-tum ilicis ma le formazioni della Sardegnasono abbastanza diverse da quelle dell’Italiacontinentale, presentandosi nella fascia piùmesofila della lecceta, e quasi sempre inposizione subordinata al leccio.

Grandi alberi. Il carpino nero ha unanotevole crescita in altezza, mentre didimensioni modeste è il tronco. La stazio-ne con gli alberi più alti, sino a 25 m sitrova in località Sa Nadadorgia, sotto lamontagna di Cumina Trinta nel parco natu-

Distribuzione in Sardegna di Ostrya carpinifolia.

Page 145: Alberi Arbusti 2008

145

rale di Perdasdefogu e a Montarbu di Seui,con alberi di oltre 100 cm di diametro.

Notizie selvicolturali. Il carpino nero èuna specie ad accrescimento moderato, chesi diffonde per seme o per semenzali di 1-3anni. Sopperisce al potere germinativo piut-tosto basso con una forte produzione che èabbondantissima ogni 2-3 anni. Per la straor-dinaria capacità pollonifera è generalmentegovernato a ceduo. Questo tipo di trattamen-to consente una produzione notevole dilegname. È considerata una specie che colo-nizza i terreni spogli e le radure. In Sardegnasi trova accantonata in stazioni particolar-mente favorevoli ed è incapace di costituireformazioni boschive pure di una certa esten-sione; entra a far parte dei boschi misti conleccio e nelle zone più elevate anche conagrifoglio. Viene utilizzata per alberaturestradali e talora nei parchi.

Caratteristiche e utilizzazioni dellegno. Il legno compatto, duro e tenace, di

colore rosso-chiaro è utilizzato per lavoridi tornitura. In ebanisteria trova svariatiimpieghi che vanno dalle casse armonicheper pianoforti ai birilli, dalle stecche dabiliardo ai metri articolati. È ottimo comecombustibile, per la produzione di carbonee per la preparazione della polvere pirica.

Note etnobotaniche. La corteccia in infu-so ha proprietà tintorie e da essa si ottengo-no diversi colori: giallo-arancio, rosso palli-do, rosa, cenerino. Gli astoni erano utilizzatiper paleria nei lavori agricoli.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. La Sardegna rappresenta ilmargine sud-occidentale dell’areale delcarpino nero isolato geneticamente dalunga data tuttavia non si osservano diffe-renze significative rispetto alla specie tipi-ca, contrariamente a quanto sembra avveni-re in Corsica, dove è stata descritta anche lavarietà endemica corsica Fliche (1888), cheperò non è recepita nelle flore più recenti.

Bosco con dominanza di Ostrya carpinifolia sui calcari del Montarbu di Seui.

Page 146: Alberi Arbusti 2008

146

ANGIOSPERMAE FAGALES

FAGACEAE

Alberi, raramente arbusti, con fogliepersistenti o caduche. Fiori con involucropiccolo, semplice, verde o giallastro, uni-sessuali, maschili e femminili, sulla stessapianta (monoica); i maschili in infiorescen-ze allungate pendule in Quercus, erette inCastanea; fiori femminili solitari o più omeno numerosi in spiga eretta. Stami innumero eguale o doppio di quello dei seg-menti dell’involucro, ma anche variabilenella stessa infiorescenza. Ovario con tre osei stili. Frutto: achenio, parzialmente ototalmente coperto da un involucro origi-nato dalla proliferazione del ricettacolo.

La famiglia delle Fagaceae è suddivisain 3 sottofamiglie: le Fagoideae, con igeneri Fagus e Nothofagus, le Quercoi-deae con i generi Quercus e Trigonobala-nus, le Castanoideae, con i generi Casta-nea, Chrysolepsis, Lithocarpus, PasaniaCastanopsis. Le oltre 600 specie, diffuseper la maggior parte nell’Emisfero setten-trionale e rare nell’emisfero australe,appartengono soprattutto al genere Quer-cus. Mancano nell’Africa sahariana e sub-sahariana, in gran parte dell’America Lati-na e in Australia. Le Fagaceae, i cui reper-ti fossili risalenti al periodo Cretaceo sonostati trovati anche in Groenlandia ed inAntartide, sono chiamate anche Cupulife-rae per la presenza di una formazione,detta cupola, costituita da squame e dispo-sta attorno al frutto. Nel castagno la cupo-la, provvista di numerosi aculei, avvolgecompletamente i frutti e si apre solo amaturità; nel faggio la cupola, ugualmenteaculeata, è aperta all’apice, mentre nellequerce avvolge parzialmente, da un quintoa poco più della metà, la ghianda ed ècostituita da squame coriacee.

– Fiori maschili in infiorescenze amenti-formi erette; frutti per lo più tre, rac-chiusi completamente dalla cupo-la.............................................Castanea

– Fiori maschili in infiorescenze pendule;frutti ricoperti alla base o sino allametà circa della cupola.............Quercus

CASTANEA Miller

Alberi a foglie caduche, semplici, den-tate o seghettate. Gemme ovoidali. Fioriunisessuali: i maschili in spighe erette;quelli femminili solitari o a gruppi di 2-4,situati alla base dell’infiorescenza maschi-le. Il genere Castanea comprende 12 spe-cie distribuite nelle regioni temperate del-l’Emisfero settentrionale. Il nome Casta-nea deriva probabilmente da Castanea,città della Tessaglia, in Grecia, nota giàdall’antichità per i suoi castagneti.

Castanea sativa Miller. Gard. Dict., ed. 8: n° 1 (1768)

Sin.: Fagus castanea L., Sp. Pl., 2: 997(1753)

Castanea vulgaris Lam. Encycl. Méth.,Bot., 1: 708 (1785)

Castanea vesca Gaertner, Fruct. Sem.Pl., 1: 181 (1788).

Regione della prima descrizione: Habitatin Italia et australioribus Europae mon-tibus.

Nomi italiani: Castagno.Nomi sardi: ‘Astangia (Oliena); ‘Astanza

(Orgosolo); Castagna (Sassari);Castangia (Urzulei); Castanza (Bitti,Nuoro, Orani, Padria, Log., Camp.);Castangia.

Nomi stranieri: Ingl., Sweet Chesnut, Spa-nish Chesnut; Fr., Châtaignier commun;Ted., Edelkastanie, Echte Kastanie Ess-Kastanie; Sp., Castano.

Albero vigoroso, alto fino a 30 m, tron-co eretto, molto ramificato con coronaassurgente o globosa-espansa. Corteccianei rami giovani liscia, con lenticelle tra-

Page 147: Alberi Arbusti 2008

sversali evidenti, bruno-rossastra, da adul-ta bruno-scura, rugosa screpolata conandamento a spirale. Foglie di 10-20 x 3-8cm, brevemente picciuolate; lamina oblun-go-lanceolata, serrata ai margini con ner-vature laterali evidenti soprattutto nellapagina inferiore. Fiori maschili in lunghiamenti eretti, gialli; filamenti allungati conantere minute; calice diviso in 5-6 particon i margini ciliati; fiori femminili riunitiin gruppi di 1-4, per lo più alla base degliamenti maschili, ricoperti da brattee esquame imbricate; stimmi eretto-divergen-ti, rossicci. Cupola di 5-8 cm di diametro,spinulosa, aprentesi a maturità e contenen-te generalmente 3 acheni (castagne), il cen-trale appiattito su due facce, i laterali gros-solanamente emisferici, lunghi 2-4 cm, coninvolucro liscio e coriaceo, bruno-scuro omarron-chiaro. 2n=22.

Tipo biologico. Albero caducifoglio dinotevoli dimensioni a portamento eretto.Mesofanerofita. Impollinazione anemofilaed entomofila.

Fenologia. Il castagno inizia la fioritu-ra, a seconda dell’altitudine, a maggio o agiugno e matura i frutti dalla fine di set-tembre, nelle cultivar primaticce, a otto-bre-novembre nella maggior parte dei casi.

Areale. Il castagno si ritiene originariodell’Europa meridionale, Asia Minore, eCaucaso. In Italia esistono reperti pollinicirisalenti al Pleistocene, ma solamente inperiodo storico si ha una costanza di ulte-riori ritrovamenti. La sua coltivazione findai tempi più antichi rende problematica ladefinizione del suo areale originario, inquanto, sia per i frutti, sia per il legname,fu ampiamente diffuso dai Romani. Attual-mente l’areale secondario è esteso a granparte dell’Europa, al Nordafrica, alle Ame-riche, Asia ed Australia.

Sull’indigenato in Sardegna non sihanno ancora prove di carattere paleo-botanico e, verosimilmente, si tratta di unapresenza che risale al periodo romano. Learee maggiormente interessate alla colturadel castagno sono quelle dei comuni mon-tani di Atitzo, Desulo, Tonara, Belvì,

Tiana, Sorgono, nel Gennargentu, mentrein altre aree la coltura è limitata al Marghi-ne e al Montiferru, rara in Gallura, sebbe-ne piccoli nuclei o esemplari sparsi sianopresenti un po’ ovunque.

Ecologia. Il castagno è una specie elio-fila, moderatamente termofila, che predili-ge un substrato siliceo e suoli freschi e pro-fondi. Rifugge generalmente dai luoghiumidi e mal drenati e dai suoli calcarei.Risente della siccità prolungata e dei gelitardivi. Nelle Alpi il suo limite altimetricosi colloca intorno ai 900-1.000 m (1.250 mnelle Alpi svizzere); negli Appennini saleai 1.200-1.300 m e in Sicilia, sull’Etna,fino a 1.500 m di quota. Il suo limite peruna fruttificazione normale è intorno a 50°di latitudine. In Sardegna trova le miglioricondizioni di sviluppo nelle zone montanedei contrafforti del Gennargentu tra i 600-900 m d’altitudine. Il castagno, secondo laclassificazione fitoclimatica del Pavari,rappresenta la specie guida di una grandefascia forestale montana dell’Italia conti-nentale. In Sardegna i boschi di castagnodel Gennargentu sono stati inquadrati nel-l’associazione Luzulo-Oenanthetum pimpi-nelloidis castanetosum.

Notizie selvicolturali. Il castagno è unalbero mellifero, largamente utilizzato inselvicoltura, sia per il legname, sia per isuoi frutti. La riproduzione spontaneaavviene per seme, mentre le forme più pre-giate da frutto si diffondono per via vege-tativa tramite innesto. I semi hanno unpotere germinativo abbastanza elevato, del60-70% che, in condizioni favorevoli, duracirca due anni. La fruttificazione avvienein forma regolare intorno ai 20-30 anni,con annate di pasciona ogni 2-4 anni. Ilcastagno è una pianta estremamente longe-va che conserva nel tempo una sorprenden-te capacità pollonifera. Per questa caratte-ristica è spesso governato a ceduo, conturni che possono oscillare dai 4 ai 25 annia seconda della destinazione d’uso dellegname. Presenta un accrescimento,soprattutto longitudinale, molto vigorososin dai primi anni.

147

Page 148: Alberi Arbusti 2008

Castanea sativa Miller. - Ramo con frutto, seme, infiorescenze maschili x0,5, fiore femminile x2; stimma x2,5; fiorimaschili x2; stame x5.

Page 149: Alberi Arbusti 2008

149

In Italia i boschi di castagno (cedui,fustaie e castagneti da frutto) nel passatopiù recente coprivano oltre 800.000 ettari etuttora, sebbene in forte riduzione, rappre-sentano una delle formazioni boschive piùestese, nonostante abbiano perso importan-za economica soprattutto per i frutti.

Il castagno è soggetto a diverse malattiee i nemici più temibili sono rappresentatida Phytophthora cambivora Petri, che pro-voca il cosiddetto mal dell’inchiostro, e daEndothia parasitica Murr., che determinail cancro della corteccia; queste due malat-tie costituiscono un serio pericolo, cheappare difficile da contrastare anche per laprogressiva perdita di interesse economicodei castagneti e la conseguente carenza dicure colturali.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno del castagno è compatto,elastico, semiduro, poco pesante e di dura-ta piuttosto lunga in condizioni favorevoli;presenta l’alburno poco sviluppato, sottile,di colore bianco, bianco giallastro o grigia-

stro e il duramen bruno. Possiede elevatopregio tecnologico ed è usato per infissi,mobili, pali telegrafici, botti, travi, ebani-steria e oggetti artigianali e per lavori d’in-taglio. La corteccia possiede un forte con-tenuto di sostanze tanniche.

Grandi alberi. Il castagno può raggiun-gere un’età considerevole e questo aspetto,associato alle caratteristiche di crescita, hafatto sì che si abbiano alberi di dimensionitra le più notevoli di tutta la dendrofloraitaliana. Si ricorda in particolare l’alberodei cento cavalli dell’Etna in Sicilia.Anche in Sardegna sono presenti numerosipatriarchi e sono notevoli quelli di SuCalavrighe, a Tonara (alto 16 metri condiametro di 850 cm), di Funtana Ceresia adAritzo (17 m di altezza per un diametro di540 cm), di S. Leonardo a Santu Lussurgiu(18 metri di altezza per 495 cm di circon-ferenza) e di Agnelolisi a Desulo (18 metridi altezza e 536 cm di diametro).

È andato quasi distrutto (restano, oggi,solo alcuni polloni da ceppaia) il grande

Frutti di Castanea sativa con i tipici ricci.

Page 150: Alberi Arbusti 2008

castagno di Bono, che si faceva risalire allavenuta dei Francescani in Sardegna, instal-latisi alla fine del 1200 a Monte Rasu, doveesiste ancora la chiesa con l’annesso con-vento. I moderni sistemi di indagine gene-tica potrebbero, oggi, dare conferma dellaeventuale provenienza di questo alberodall’Appennino centrale.

Note etnobotaniche. L’ampia diffusionedel castagno ad opera dell’uomo fin dal-l’antichità testimonia l’importanza che haavuto per l’alimentazione, con frutti ricchidi amido, e per la costruzione di mobili eutensili di vario genere. Il castagno hacostituito per i paesi montani del centroSardegna una fonte di reddito importantissi-ma. Il legno di castagno aveva un largo uti-lizzo nelle case (travi dei solai, ingressi,porte, scale, infissi, tavolati dei piani supe-riori, balconate e ballatoi, scandole per itetti). Il legno migliore, ben stagionato e

opportunamente trattato, era quello preferi-to per la costruzione delle tipiche cassapan-che sarde, di tavoli, armadi, letti, culle(brossolu), utensili della cucina comemadie (laccos), supporto per i setacci(sedatthatiola pro sos sethathos), mattarelliper stendere la sfoglia del pane (canned-dos), mestoli e taglieri (turuddas e tazzeris),sedie e sgabelli (cradeas e mesicheddos),graticci (cannithas) per affumicare e stagio-nare salsicce e formaggi. Il telaio, che nelpassato aveva un posto molto rilevante intutti i paesi, era spesso fatto di castagno,così come rocchi (rucca), conocchie, fusi espole che ne completavano l’insieme. Per lacampagna, il legno di castagno era ugual-mente apprezzato, grazie alla sua resistenzae durata, per varie parti del carro a buoi, perla costruzione di selle, attrezzi per l’aia,come pale (palas), forconi e tridenti (urco-nes e trivuthos), contenitori per il grano,stampi per il formaggio e la ricotta(pischeddas), pali di sostegno per le viti,botti e botticelle (cuppas e varileddas) peril vino. I pali di castagno erano utilizzati perla vigna e anche in mitilicoltura, a Olbia.

Inoltre, grande rilievo aveva il legno perintagliare le maschere del carnevale concaratteristiche figure animalesche (boes,merdùles) o diaboliche (bundos), comuniin molte parti dell’Isola.

Nella medicina tradizionale, le sostanzetanniche contenute nella corteccia, neirami e nelle foglie trovavano ragione delloro uso come astringente, contro la tosse enelle irritazioni bronchiali. La corteccia edil legname non buono per falegnameria,perché cipollato o rovinato all’interno deltronco, sono ancora utilizzati per la conciadelle pelli. A Ognissanti e nella giornatadei morti, le castagne, in molti paesi dellaSardegna, sono donate ai ragazzi che lanotte vanno di casa in casa, con una zuccasvuotata, intagliata a immagine umana erischiarata da una candela accesa al suointerno (s’animedda), chiedendo doni innome delle anime. Antica tradizione bana-lizzata, in parte, dall’intrusione dell’an-glossassone festa di Halloween.

150

Distribuzione in Sardegna di Castanea sativa (stazioninaturali e principali aree con castagno allo stato spontaneo).

Page 151: Alberi Arbusti 2008

151

Note tassonomiche, sistematiche e bio-diversità. Il castagno fu descritto da Lin-neo, nel 1753, come Fagus castanea, ma ilriconoscimento della sua appartenenza adun genere diverso da quello del faggio sideve a Miller, nel 1768. L’inquadramentoin un genere a sé stante, individuato inmodo chiaro e inequivocabile, fu condivisoanche da altri Autori, come Lamarck eGaertner, che lo descrissero indipendente-mente. Il castagno è ben differenziato dallespecie più affini Castanea crenata Sieb. etZucc., del Giappone, introdotta in Europacome porta-innesto per la sua resistenza almal dell’inchiostro, e Castanea dentataBorkh., del Nordamerica. Sono invecemolto numerose (oltre 300 nella sola Italia)le cultivar, selezionate per gli scopi piùvari (farine, dolci, marmellate, frutto fre-sco o secco) nell’alimentazione umana, maanche per l’alimentazione del bestiame eper le caratteristiche tecnologiche dellegno.

QUERCUS L.

Alberi, raramente arbusti, con fogliecaduche o persistenti, intere o lobate amargine dentato, sinuato. Fiori maschili,con involucro diviso in 4-7 lobi, con 4-12stami, riuniti in infiorescenze pendule.Fiori femminili, solitari o riuniti in cortespighe. Gemme ovoidali, arrotondate,angolose, acute, con squame imbricate.Cupola di forma variabile, coriacea, rico-perta da squame appressate, ricurve oarcuate, ricoprente la ghianda per un quar-to sino a metà. Ghiande con maturazionenello stesso anno della fioritura, o nell’an-no seguente. Impollinazione anemofila,talvolta entomofila.

Al genere Quercus appartengono da 200a 600 specie diverse, distribuite nelleregioni temperate, subtropicali e tropicalidell’Emisfero settentrionale. La presenzadel fenomeno dell’introgressione determi-na una notevole difficoltà nel riconosci-mento delle specie e questo è anche uno

dei motivi per cui tra gli Autori si hannoopinioni molto diverse sul numero delleentità. Oltre all’Europa, l’areale si estendenel Medio Oriente, lungo la fascia setten-trionale del continente africano, mentre inEstremo Oriente le specie sono rare. Ilmaggior numero di specie si ritrova negliStati Uniti e nell’America centrale. Nelpassato la diffusione doveva essere ben piùvasta e comprendere anche Australia,America del Sud e Africa centrale come sipuò dedurre dai reperti fossili, alcuni deiquali risalenti al Cretaceo. Le querce,come altre piante arboree dicotiledoni,sono di origine molto antica e nel periodopost-glaciale costituivano la vegetazionedominante delle regioni del Nordeuropa.Attualmente, sono i componenti principalidi molte formazioni forestali in diversezone temperate del mondo.

Il nome Quercus è l’antico nome latinodelle querce. Secondo alcuni autori derive-rebbe dal celtico quer = bello e cuez =albero, ma ciò non sembra molto verosimi-le in quanto la sua diffusione nella peniso-la italica era sicuramente abbondante el’albero era troppo ben conosciuto ancheagli albori della cultura latina per nonavere una denominazione autonoma a pre-scindere da quella eventuale di origine cel-tica.

Generalità sulle querce della Sardegna.La variabilità dei caratteri morfologici nellespecie del genere Quercus è ben nota agliAutori che si sono occupati di questo impor-tante genere nell’area mediterranea ed euro-pea evidenziandone, allo stesso tempo, ladifficoltà di una corretta definizione tasso-nomica.

La variabilità si esprime nella forma com-plessiva della foglia e in tutti i caratteri comele dimensioni della lamina e del picciolo, lapubescenza dei rami e delle foglie, nel nume-ro delle nervature e dei lobi e l’abbondanzadegli stomi. Le dimensioni e la forma dellaghianda presentano differenze significative,così come il rapporto cupola-ghianda. Analo-ga variabilità si riscontra sul tipo di ramifica-zione e sulla corteccia; sul numero dei fiori,

Page 152: Alberi Arbusti 2008

152

Autori Entità

Specie sempreverdiAutori vari Quercus ilex L.Autori vari Quercus suber L.Camarda, 2003; Arrigoni, 2006 Quercus coccifera L.Mossa et all, 1998, Paffetti et al. 2002 Quercus calliprinos Webb

Specie caducifoglieMoris, 1858-59 Quercus robur L. var. sessiliflora (Salisb.) Moris

Q. robur L. var. pubescens (Willd.) MorisFiori, 1923-27 Q. robur var. lanuginosa (Lam.) Fiori (=Q. pube-

scens Willd.)Schwartz, 1964 Q. pubescens Willd.

Q. virgiliana (Ten.) Ten.Q. congesta C. Presl

Pignatti, 1982 Q. congesta C. PreslQ. pubescens Willd.Q. virgiliana (Ten.) Ten.

Arrigoni, 1983; Camarda, 2003 Q. pubescens Willd.Q. congesta C. Presl.

Camarda e Valsecchi 1983 Q. pubescens Willd.Q. congesta C. Presl

Brullo, Bacchetta e Mossa, 1998, 1999 Quercus congesta C. PreslQuercus amplifolia Guss.Quercus dalechampii Ten.Quercus virgiliana (Ten.) Ten.Quercus ichnusae Brullo, Bacchetta et Mossa

Arrigoni, 2006 Quercus pubescens Willd.

dei pezzi fiorali, degli stami e degli stili; sulnumero dei frutti nei racemi. In uno stessoramo le foglie, di forma obovata e a lobiampi arrotondati dei primi internodi, differi-scono costantemente sia per la forma lanceo-lata, sia per lobi e controlobi acuti, nei gettitardo-primaverili o estivi.

Anche il patrimonio genetico mostra unagrande diversità, come evidenzia il lavoroFineschi et al. (2002) su diverse popolazionidell’Isola, cosa del resto ben prevedibile afronte della grande diversità morfologica edella grande adattabilità alle condizioni eco-logiche più disparate. Fineschi e Vendramin(2004), analizzando la diversità cloroplasti-ca delle querce italiane, hanno messo in evi-denza la maggiore ricchezza genetica dellepopolazioni meridionali ed insulari, prospet-

tando l’ipotesi sia di un accantonamento dipopolazioni ancestrali durante le fasi di pro-gressivo raffreddamento del clima, sia di unasuccessiva espansione, dopo l’ultima faseglaciale, verso le regioni settentrionali.

Ad ogni qual modo, i caratteri morfologi-ci di cupola, ghiande, foglie, pelosità deirami giovani stanno ancora alla base delriconoscimento in campo delle querce e inrelazione a questi caratteri sono state descrit-te numerose specie che alcuni autori nonconsiderano oggi più valide o trattano comesottospecie, varietà o forme.

Sulla base dei principali contributi allostudio di questo genere, a partire dalMoris, per la Sardegna si ha il seguentequadro tassonomico:

Page 153: Alberi Arbusti 2008

153

Per la Sardegna, considerate notevoli di-sparità d’opinione che permangono anchetra gli specialisti, si ritiene opportuno, sullabase delle raccolte effettuate in numeroselocalità, focalizzare l’attenzione su alcuniproblemi ricorrenti, analizzando le singolespecie durante la loro trattazione.

Questa trattazione vuole essere anche uncontributo alla più generale conoscenza delgenere Quercus in un’area geograficamentelimitata come la Sardegna, prendendo inesame alcuni caratteri morfologici conside-rati utili per l’identificazione delle speciepresenti.

Chiave analitica1 Foglie caduche, sinuato-lobate............2– Foglie persistenti coriacee mai sinuato-

lobate..................................................32 Foglie sempre pelose nella pagina infe-

riore; rami eretti, ascendenti..........................................................Q. pubescens

– Foglie pelose o glabrescenti nella pagi-na inferiore; rami ricurvi, talora pendu-li e toccanti il suolo............Q. congesta

3 Foglie ovali, rotondeggianti, coriacee erigide, glabre nelle due pagine, spinulo-se; rami giovani glabri o con peli più omeno abbondanti................Q. coccifera

– Foglie ovali o ellittico-lanceolate più omeno pelose nella pagina inferiore......4

4 Foglie coriacee, ovali, oblunghe o lan-ceolate, dentato-spinulose o intere, gla-bre o un po’ pelose nella pagina inferio-re; rami giovani ricoperti da densapeluria bianca; corteccia liscia o debol-mente screpolata.........................Q. ilex

– Foglie coriacee ovali o ovali-lanceola-te, mucronulate e dentato-spinulose,tomentose nella pagina inferiore; ramigiovani con peluria scarsa; cortecciaspessa, suberosa, fortemente screpola-ta, grigia..................................Q. suber

Quercus pubescens Willd., Sp. Pl., 4: 450(1805) non Willd. (1796), Berlin. Baum-zucht.: 279 (1796) nom. conserv.

Sin.: Quercus lanuginosa (Lam.)Thuill., Fl. paris., ed. 2:502 (1800)

Quercus faginea Moris, Stirp. Sar. El.,1:42 (1827)

Q. dalechampii Ten., Index Sem. HortiNeap. : 15 (1830), pro parte

Quercus ichnusae Brullo, Mossa et Bac-chetta, Israel I. Pl. Sc., n. 7: 199 (1999),pro parte.

Regione della prima descrizione: Gallia.

Nomi italiani: Roverella.Nomi sardi: Arroele (Arzara); Arroili

(Gadoni); Arroli (Burcei, Villasalto);Chelcu (Berchidda, Oschiri, Padria,Tempio); Chelcul (Alghero); Cherchi(Urzulei); Chercu (Bitti, Bolotana,Oliena, Orani); Cher’u (Fonni, Gavoi,Ollolai); Crecu (Busachi, Oristano,Samugheo, Santulussurgiu, Tonara);Cre’u (Olzai, Ovodda); ‘El’u (Orgoso-lo); Orroele (Aritzo, Baunei, Desulo);Orroali (Triei); Orrori (Laconi); Orroli(Camp.).

Nomi stranieri: Ingl., Pubescent Oak; Fr.,Chêne pubescent, Chêne Blanc; Ted.,Flaum-Eiche; Sp., Roble.

Albero alto fino a 25-30 m, molto rami-ficato con chioma eretto-globosa. Ramigiovani pubescenti con pelosità persisten-te. Foglie situato-lobate, membranacee,alterne, variabilissime di forma e dimen-sioni anche nello stesso esemplare, lunghe5-20 cm e larghe 3-10; obovate, ellittiche,cuneate, subcordate alla base; situato-pen-natifide o lobate con lobi più o meno acutio ottusi; pelose nella pagina inferiore; pic-ciuolo di 5-30 mm, talora giallastro o ros-sastro. Gemme di 4-8 mm, ovoidee o pira-midali acute all’apice. Fiori unisessuali: imaschili in amenti penduli di 4-6 cm, quel-li femminili sessili o brevemente pedunco-lati in gruppi di 1-4, involucrati da bratteo-

Page 154: Alberi Arbusti 2008

154

Variabilità delle ghiande di Quercus pubescens nell’ambito di un esemplare o di più esemplari di una stessa popola-zione.

Page 155: Alberi Arbusti 2008

155

Albero monumentale di Quercus pubescens in località Sas Cariasas in territorio di Illorai.

Page 156: Alberi Arbusti 2008

le e squame unite alla base, imbricate. Stilobreve con stigma di 3-5 lobi. Cupola minu-tamente peloso-feltrosa, con squame lan-ceolato-lineari, cuspidate, ottuse o triango-lari, gibbose alla base, più o meno appres-sate. Frutto (ghianda) ovoideo, globoso,oblungo, ellissoideo, più o meno copertodalla cupola nella parte inferiore, di lun-ghezza variabile da 1,4 a 3,5 cm.

Tipo biologico. Albero a foglie cadu-che. Mesofanerofita.

Fenologia. Inizia la fioritura a finemarzo a quote più basse e ad aprile-maggionelle aree più elevate, contemporaneamen-te all’emissione delle nuove foglie sui ramid’annata. Le ghiande maturano ad ottobre-novembre. Le foglie secche spesso persi-stono nei nuovi getti o nelle piante giovanifino a dicembre-gennaio e talora a marzo-aprile.

Areale. La roverella è diffusa nell’Eu-ropa settentrionale dalla Francia alla Ger-mania e nelle regioni meridionali dallaSpagna fino alla Turchia. In Sardegna èuno degli alberi più comuni e va ad occu-pare vaste aree nelle regioni collinari emontane.

Ecologia. È una specie eliofila, modera-tamente termofila, indifferente al substra-to, che si adatta anche su terreni degradatie scarsamente fertili. Mentre nell’Italiacontinentale mostra una netta predilezioneper il substrato calcareo e si comportacome specie termofila, in Sardegna ha unanetta predilezione per i suoli di origine sili-cea, con alcune significative eccezioni,come nel Supramonte calcareo di Urzulleie di poche località del Sarcidano. Si com-porta anche come una mesofita che vegetanei luoghi freschi con precipitazioniabbondanti, e predilige le aree montane,oltre i 500-600 m di quota e sino ai 1200-1.600 m. La roverella entra a far parte del-l’ordine (Quercetalia pubescentis), diassociazioni (Saniculo-Quercetum pube-scentis, Quercetum pubescentis, Querce-tum mediterraneo-montanum) e di sotto-associazioni (Viburno-Quercetum ilicissubass. pubescentetosum) sempre con un

ruolo di specie dominante o comunqueabbondante e caratteristica dal punto divista fisionomico.

Grandi alberi. La roverella, a dispettodel suo nome, può raggiungere dimensionidavvero considerevoli, come testimonianoi grandi alberi tuttora esistenti a Sas Caria-sas, in territorio di Illorai, con un esempla-re che raggiunge circa 30 metri con circon-ferenza di 750 cm, a Cludino in territoriodi Talana (25 m in altezza e 630 cm in cir-conferenza), in località Canale Aspidda aSorgono (15 m d’altezza per 500 cm di cir-conferenza) e a Sa Costa di Desulo, con iltronco di 540 cm e un’altezza di 14 m.Sono scomparsi il grande albero, presentesino agli anni Ottanta del secolo scorso, nelMarghine di Bolotana, e quello di Su Pala-thu a Orani, tagliato intorno al 1970, di cuiesiste documentazione fotografica, entram-bi con diametro di oltre 2 metri. Altre quer-ce di grandi dimensioni sono presenti nelGennargentu, soprattutto nella grande val-lata di Duio e Monte Novu, che testimonia-no la presenza delle antiche formazioniforestali in quest’area. Due nuclei di gran-di alberi con diametro di 1-1,5 m sono pre-senti a Fennau, su substrato calcareo, interritorio di Urzullei. Raramente i grandialberi presentano un portamento naturale,anche perché sono soggetti a sramatura peril pascolo degli animali domestici (assida-re = àchere sida), per i fulmini e per gliincendi. Il nucleo di alberi più interessanteper il portamento naturale è localizzato interritorio di Lodine, presso il Rio Govoso-leo, dove le piante hanno una ramificazio-ne che non mostra segni di danno né percause naturali, né antropiche. Vedi ancheQ. congesta.

Notizie selvicolturali. La roverella è unalbero longevo e assume spesso portamen-to maestoso e dimensioni notevoli. Leghiande hanno una capacità germinativadel 70-80%, che è però di breve durata.Possono germinare appena cadute nellostesso periodo autunnale o, se conservate,dopo 20-30 giorni dalla semina, nella pri-mavera seguente. La riproduzione della

156

Page 157: Alberi Arbusti 2008

Quercus pubescens Willd. - Ramo con ghiande, rami con gemme; pagina inferiore della foglia x 0,6; gemme x 3;squame delle gemme x 6.

Page 158: Alberi Arbusti 2008

158

Distribuzione in Sardegna di Quercus pubescens.

roverella avviene in genere per seminadiretta. Ha un’elevata capacità polloniferae si presta bene ad essere trattata a ceduo.In Sardegna costituisce dei boschi piutto-sto estesi nelle zone centrali e settentriona-li. La sua diffusione è favorita dall’uomosia per l’alimentazione del bestiame con ilfogliame, sia per la produzione di unagrande quantità di ghiande nel periodoautunnale-invernale. La maggiore esten-sione della roverella, anche nelle aree piùfavorevoli al leccio, è determinata dal fattoche, rispetto a questa specie, perde lefoglie nel periodo autunnale e invernale,consentendo così la produzione di unostrato erbaceo utile all’approvvigionamen-to del bestiame allo stato brado. Si tratta diun processo tipico delle aree ad economiapastorale, che vede una lenta, ma inesora-bile trasformazione nella composizionefloristica dei boschi, tipicamente di origineantropica. Specie sensibile al fuoco inmolte zone si presenta in forma arbustiva,costituendo macchie e boscaglie, che nonevolvono a causa del pascolamento, oltre

Esemplare isolato di Quercus pubescens in piena fioritura.

Page 159: Alberi Arbusti 2008

che a causa dei ripetuti incendi. È soggettaagli attacchi dei fitofagi defogliatori(Lymantria dispar e Malacosoma neu-strium) che ripetutamente provocano note-voli danni alla fruttificazione e al regolareaccrescimento del tronco.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è moderatamente pesante,duro, tenace e molto duraturo sia inambiente aereo, sia nell’acqua. Per questecaratteristiche, soprattutto nel passato,accanto alle specie ancora più pregiate difarnia e rovere, è stato l’albero da legnameper eccellenza ed è utilizzato in tutti icampi dell’attività umana per costruzioninavali, fortificazioni militari, macchineidrauliche, ponti, ferrovie, travi, botti, eba-nisteria. In Sardegna nelle case era utiliz-zato per travature, solai, scale, architravidelle porte, balaustre e terrazzi. È un eccel-lente combustibile e per questo motivoampiamente commercializzato come legnada ardere.

Note etnobotaniche. La roverella,assieme alle altre querce caducifoglie, harappresentato nell’attività umana un puntodi riferimento molto importante fin dal-l’antichità. La quercia era sacra a Giove edebbe grande considerazione tra i Romani.In tutta Europa ha avuto anche significatosimbolico di forza e le corone regali neriproducevano fronde e ghiande. Sononumerosi inoltre gli stemmi delle nobilicasate e dei comuni che riproducono laquercia. I Romani ne utilizzavano il legna-me pregiato e, per tale motivo, istituivano iboschi sacri (lucus) tutelati con leggi moltosevere. La corteccia, nel passato, è statamolto ricercata, e commercializzata perl’alta percentuale, fino al 15%, di tannini.

La scorza dei rami giovani era usata ininfuso come febbrifugo e astringente. Legalle prodotte dalla puntura d’insetti ime-notteri del genere Cynips contengono note-voli quantità di tannini e concentrate eranoutilizzate come inchiostro. La roverella hadato il nome a numerosi fitotoponimi (SuChercu, Chechedu da Quercus, S’Orroeleda Robur, entrambi con leggere varianti

fonetiche locali; i primi prevalgono nellaSardegna settentrionale e centrale, i secon-di in Ogliastra e nella Sardegna centro-meridionale). Potrebbe derivare da Robur,il nome del paese di Orroli. Con il nome diChercu terranzu si intende lo stadio giova-nile anche dopo il passaggio del fuoco,piuttosto che un’entità particolare. Unfungo del genere Hydnum (barba di cap-puccino), che fa marcire il tronco dall’in-terno, forma strati compatti di micelio chevenivano utilizzati come cerotto cicatriz-zante molto efficace per le piccole ferite.

Presso Fonni, la località di Sorabile, dovesono ancora presenti rovine di una fonte e unposto di guardia romani, può essere conside-rata la prima area protetta della Sardegna, inquanto bosco sacro (lucus) dedicato, dal pre-fetto della Sardegna Caio Ulpio Severo, aldio silvano del bosco di Sorabile (NuminiDeo Silvano/nemoris sorabensis/CaiusUlpius Severus/Procurator Augusti/Praefec-tus Provinciae Sardiniae), come recita l’i-scrizione ivi ritrovata.

Quercus congesta C. Presl in J. & C.Presl, Delic. Prag. : 32 (1822)

Sin.: Q. virgiliana (Ten.) Ten., Fl. Nap.Syll. App., 5: 262 (1836), pro parte

Q. amplifolia Guss., Fl. Sic. Syn., 2(2):607 (1844), pro parte

Quercus ichnusae Brullo, Mossa et Bac-chetta, Israel J. Pl. Sc., 47: 199 (1999), proparte.

Regione della prima descrizione: Regionedemissa Aetnae.

Nomi italiani: Quercia contorta.Nomi sardi: Chercu nuche (Orani); (di

norma come Quercus pubescens).

Albero di 10-15 m con chioma globosae rami contorti, serpeggianti, tendenti adinclinarsi verso il basso o penduli financoa toccare il terreno. Rami giovani più omeno pelosi, con foglie di 5-12 cm, ravvi-

159

Page 160: Alberi Arbusti 2008

Quercus congesta C. - Presl. Ramo con ghiande, rami con gemme, ramo con fiori maschili, pagina inferiore dellefoglie x0,6; particolare dei fiori maschili x3; stami x6; fiori femminili x3,5.

Page 161: Alberi Arbusti 2008

161

Variabilità di foglie e ghiande di Quercus congesta in esemplari diversi di una stessa popolazione.

Page 162: Alberi Arbusti 2008

162

Esemplare in habitus invernale di Quercus congesta con la tipica ramificazione contorta e serpeggiante.

Alberi di Quercus congesta con chioma globosa e rami penduli.

Page 163: Alberi Arbusti 2008

cinate, alterne. Lamina obovata, ellittica,cuneata o subcordata alla base con 5-8 paiadi nervature e lobi arrotondati o più o menoacuti; pagina inferiore con lanugine persi-stente o del tutto glabra fin dallo stadiogiovanile; picciuolo di 5-30 mm. Ghiandein gruppi di 3-5, più raramente solitarie, sucorti peduncoli.

Tipo biologico. Albero caducifoglio achioma globosa. Mesofanerofita. Impolli-nazione anemofila, raramente entomofila.

Fenologia. Fiorisce a marzo-maggio. Inannate con clima mite e piovoso, Q. conge-sta si comporta quasi come una semprever-de, mantenendo le foglie sino alla primave-ra successiva e perdendole contemporanea-mente all’emissione di quelle nuove. Leghiande maturano a ottobre-novembre.

Areale. Quercus congesta è diffusa inSardegna, Sicilia, Calabria e Basilicata. Inparticolare, in Sardegna è distribuita dall’I-sola de L’Asinara, dove esiste un piccolonucleo presso il villaggio di Cala d’Oliva,a Stintino, nel Sassarese e nel Logudoro. Èsporadica, lungo tutta la costa occidentaleda Alghero a Bosa e quindi sino alla peni-sola del Sinis, con grandi alberi per lo piùsituati lungo i confini dei chiusi, e nell’O-ristanese. È diffusa alle falde della catenadel Marghine, nel Barigadu, con alberi digrandi dimensioni, presso Boroneddu,Nughedu Santa Vittoria, Samugheo. Unnucleo consistente si ritrova nelle regionidel Coros, Nurcara e Meilogu. Esemplariisolati sono presenti a Santa Maria Navar-rese, in Ogliastra. Nelle Giare e in tutto ilsettore della Marmilla che porta verso ilSarcidano si hanno le maggiori concentra-zioni anche con boschi estesi. Più spesso sihanno pascoli arborati con alberi di mediedimensioni come in territorio di Bortigali,Silanus e vallata di Oliena.

Ecologia. Specie eliofila e termofila,indifferente al substrato geo-pedologicocon preferenza per i substrati trachitici ebasaltici, vegeta preferibilmente dal livellodel mare fino ai 400-600 m di quota. Ladistribuzione di Q. congesta mostra unanetta predilezione per le zone calde, e

dimostra allo stesso tempo che le quercecaducifoglie, come del resto si può osser-vare in altri paesi con clima mediterraneodi tipo caldo-arido (Quercus canariensisnella Spagna meridionale e in Marocco),possono costituire formazioni boschive alpari del leccio e delle sclerofille della mac-chia mediterranea. Entra a far parte dell’as-sociazione Quercetum congestae-suberis,formazione forestale termofila delle areecostiere e collinari.

Grandi alberi. La quercia contorta nonraggiunge grandi dimensioni in altezza,anche in ragione del suo portamento; tutta-via, si possono osservare alberi con tronchidi 80-90 cm di diametro nel Coros, nelSinis, a Santa Maria Navarrese e Silanus.Particolarmente integro e composto è unesemplare presente nella piazza di Carge-ghe, dichiarato, primo caso in Sardegna,monumento naturale da parte del Consigliocomunale di quella comunità.

Notizie selvicolturali. La quercia con-torta forma boschi di una certa estensione,ma meno compatti rispetto alla roverella,in quanto sono più soggetti ad utilizzazio-ni antropiche, pascolo e incendio.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è simile a quello della rove-rella, ma meno pregiato per i suoi ramicontorti ed è utilizzato quasi esclusivamen-te come legna da ardere.

Note etnobotaniche. Come Quercuspubescens. Il nome sardo di Chercu nuche(=quercia noce) attribuito a Q. congestasembra dovuto alle proprietà del tronco dispaccare facilmente al pari di quello delnoce.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità delle querce caducifoglie inSardegna. L’analisi sulla variabilità deicaratteri morfologici nelle querce caduci-foglie effettuata su popolazioni della Sar-degna settentrionale (Camarda, 1988) ecentro-orientale (Cabiddu, 2001) ha dimo-strato come sia possibile attribuire singoliindividui a specie del tutto differenti aseconda dei campioni presi in considera-zione. Alle stesse conclusioni pervengono

163

Page 164: Alberi Arbusti 2008

164

Di Noto, Grossoni e Bussotti (1995) eBruschi e Grossoni (2005) analizzandoessiccata d’erbario e campioni raccolti innatura in diverse aree della Sicilia e dell’I-talia continentale.

In particolare, occorre sottolineare ledifferenze notevolissime della forma edelle dimensioni che si osservano tra lefoglie dei rami di primo getto, rispetto airami che riprendono la crescita da gemmeapicali nello stesso periodo primaverile onel periodo tardo-estivo o autunnale, aseguito di piogge e/o di mitigazione dell’a-ridità.

La caduta delle foglie è regolare aiprimi freddi autunnali nelle popolazionidelle aree montane, mentre nelle aree bassealcuni individui presentano spesso persi-stenza delle foglie anche nel periodo inver-nale e sino alla comparsa delle nuovefoglie, comportandosi quasi alla streguadelle specie sempreverdi. Solo il porta-mento della chioma, che evidentementenon risulta utile come carattere diagnosticonei campioni d’erbario, mostra una certa Distribuzione in Sardegna di Quercus congesta.

Esemplare isolato di Quercus congesta in piena fioritura.

Page 165: Alberi Arbusti 2008

costanza con forme globose e rami contor-ti con internodi molto brevi nelle zonebasse, mentre nelle zone elevate la formatende ad essere assurgente con chiomaovata o obovata a rami diritti, eretti o eret-to-ascendenti

La fioritura si dispiega in modo scalare,talora a partire da dicembre, a livello delmare, sino alla fine di giugno nelle quotepiù alte. Si hanno in tal modo sei mesi ditempo di fioritura che consentono una con-tinuità di flusso genico fra le diverse popo-lazioni.

Mossa, Bacchetta e Brullo (1998; 1999)hanno dato importanza alla corteccia e altipo di fessurazione, allo spessore ed alcolore della stessa. Pur tuttavia, anche que-sto carattere è variabilissimo non solo nel-l’ambito di una stessa popolazione, maanche in uno stesso individuo a secondadella posizione dei rami e nello stesso trat-to di tronco in relazione a fenomeni di tor-sione.

Questi autori escludono Q. pubescensWilld. dalla flora dell’Isola e indicano trale specie presenti Q. congesta C. Presl, Q.virgiliana (Ten.) Ten., Q. amplifolia Guss.,Q. dalechampii Ten., nonché una nuovaspecie denominata Q. ichnusae. Oltre aqueste entità sono indicati diversi ibridiche convivono con le specie parentali.Arrigoni (2006) contesta questo inquadra-mento, in particolare per quanto riguardal’inesistenza dell’isolamento genetico.

Nello stesso lavoro di Mossa et al.(1998) riguardo alla distribuzione di Q.congesta si esclude la presenza nelle areepiù calde e costiere, giustificando ciò conuna supposta vicarianza di Quercus calli-prinos Webb, maggiormente termofila epiù resistente al clima caldo-arido. In real-tà, la quercia spinosa è limitata sostanzial-mente alla sola zona costiera della Sarde-gna sud-occidentale, dove sono ugualmen-te presenti querce caducifoglie, attribuibilia Quercus congesta, entità termofila degliambienti caldo-aridi,

Boschi importanti di querce caducifogliedi incerta attribuzione esistono sui calcari

mesozoici del Sarcidano ed anche in quellidella Sardegna centro-orientale, a circa1.000 m di quota, in territorio di Urzulei.

Per quanto riguarda le altre speciesegnalate per la Sardegna, si ritiene oppor-tuno fare alcune precisazioni differenzialirispetto a Q. pubescens.

Quercus virgiliana, conosciuta comequercia castagnara, descritta per la Campa-nia, presenterebbe le ghiande dolci, maanche questo carattere si può riscontrare inuno stesso albero, accanto a quelle piùamare e tanniche. È preferibile attribuirequesti individui a Quercus congesta, cosìcome Quercus amplifolia, differenziata perla presenza di foglie di grandi dimensioni.

Quercus dalechampii, dell’Italia centra-le e meridionale, che si caratterizza per leghiande di modeste dimensioni, indicata daMossa et al. (op. cit.), è attribuibile piutto-sto a esemplari di Quercus pubescens.Quercus ichnusae, istituita in virtù dellegrandi dimensioni delle ghiande per lazona di Senis nell’Oristanese, si ritienemeglio identificabile in parte con Quercuscongesta e in parte con Quercus pube-scens.

Infine, in considerazione del fatto che icaratteri diagnostici indicati si riscontranoanche in Q. pubescens e Q. congesta e delfatto che i fenomeni di introgressione nellequerce sono molto frequenti, la delimitazio-ne tra le diverse entità ibride e la loro iden-tificazione sarebbe ancor più problematica.

In conclusione, non appare giustificata lapresenza di un così alto numero di specie,peraltro simpatriche, o comunque senzasoluzione di continuità delle popolazioni, edistribuite in modo indipendente dalle con-dizioni ecologiche, non isolate genetica-mente e non discriminabili in base ai solicaratteri morfologici. Al contrario la grandevariabilità dei caratteri dimostrerebbe l’ap-partenenza ad un’unica grande entità.

Lo studio delle popolazioni anche subasi genetiche potrà meglio definire il realerango sistematico e quindi una tassonomiapiù accettabile delle specie caducifoglie.

È possibile sin d’ora, tuttavia, considerare

165

Page 166: Alberi Arbusti 2008

le popolazioni della Sardegna come una gran-de entità di antica origine, verosimilmente dinatura ibridogena, come tutte le querce carat-terizzata da fenomeni di introgressione, checostituiscono un complesso estremamentevariabile. Al momento, pertanto, in mancanzadi uno studio che correli in modo convincen-te i caratteri morfologici diagnostici con lecaratteristiche genetiche, si ritiene opportunoconsiderare come presenti nell’Isola al rangodi specie solamente Quercus pubescensWilld. e Quercus congesta C. Presl, ricono-scibili per portamento e dislocazione geogra-fica, alle quali potranno essere associate sot-tospecie, varietà, forme o ecotipi, sulla basedi indagini dettagliate di diversa natura.

Quercus coccifera L., Sp. Pl. 2: 995(1753)

Sin.: Quercus calliprinos Webb., IterHisp., 35 (1834)

Quercus pseudo-coccifera Desf., Fl.Atl., 2:349 (1799)

Quercus coccifera L. var. calliprinos(Webb) Fiori, Fl. An. Ital., 1: 270 (1898)

Quercus coccifera L. ssp. calliprinos(Webb) Holmboe, Bergens Mus. Skr., ser.2:1(2): 61 (1914).

Regione della prima descrizione: Habitatin G. Narbonensis, Hispania.

Nomi italiani: Quercia spinosa.Nomi sardi: Arroi (Capoterra); Landiri

marru (Fluminimaggiore); Landiri dearroi, Orri, Roi.

Nomi stranieri: Fr., Chêne kermes, Chêne àcochenile; Ted., Kermes-Eiche, Stech-Eiche; Sp., Coscoja, Matarubia, Carra-sca, Garric.

Arbusto, alto 1-2 m, raramente albero di4-8 m o più, con fusto tortuoso e rami intri-cati flessibili con chioma densa e compat-ta. Corteccia liscia, poco fessurata o sololeggermente solcata. Rami giovani glabri,glabrescenti o debolmente pelosi. Foglie

persistenti, coriacee, rigide, glabre, ovali,rotondeggianti o lanceolate, con margineondulato, dentato-spinuloso o anche deltutto intere e lisce. Nervature più marcatenella pagina inferiore. Fiori maschili pic-coli, urceolati, ciliati, riuniti in infiore-scenze pendule. Fiori femminili con invo-lucro ridotto, riuniti in spighe con 1 o 4fiori. Cupola ricoprente da un terzo allametà della ghianda, emisferica, con squa-me allungate, acute, decisamente piegateall’infuori, più o meno pungenti, o ancheappressate verso l’interno. Ghianda ovoi-dale, ellissoidea, lunga 2-3,5 cm con apicearrotondato o umbonato.

Tipo biologico. Arbusto o albero di pic-cole o medie dimensioni, sempreverde,longevo. Nano- o microfanerofita. Impolli-nazione anemofila.

Fenologia. Fiorisce in aprile-maggio efruttifica nell’autunno dell’anno successi-vo. Sullo stesso esemplare si possono tro-vare contemporaneamente ghiande maturee nuovi fiori femminili. La rinnovazionedelle foglie avviene quasi parallelamentealla fioritura.

Areale. La quercia spinosa in senso latoè una specie mediterranea, con areale este-so dalla Penisola Iberica alle coste dell’A-frica settentrionale sino alla Penisola Bal-canica e al Medio Oriente. In Italia è pre-sente in Sardegna, Sicilia e nelle Puglie.Secondo alcuni autori questo ampio arealepuò essere scisso in due zone caratterizza-te da due specie distinte. Sul Mediterraneooccidentale graviterebbe l’areale di Quer-cus coccifera L., in senso stretto, mentrenel Mediterraneo orientale quello di Quer-cus calliprinos Webb.

La presenza di Quercus coccifera inSardegna, attestata già da Plinio, è limitatasoprattutto al settore sud-occidentale del-l’Isola, e considerando che si tratta di unapianta utilizzata nel passato per la produ-zione di colorante, non è da escludere, sep-pure difficilmente dimostrabile, che siastata introdotta dai Punici o dai Romani. Ineffetti, la distribuzione allo stato spontaneoè legata soprattutto alle zone costiere, dove

166

Page 167: Alberi Arbusti 2008

Qucrcus coccifera L. - Ramo con frutti, infiorescenza, foglie, frutto x0,64; fiore maschile, fiore femminile x4.

Page 168: Alberi Arbusti 2008

vive in vicinanza di siti archeologici diquelle epoche.

La quercia spinosa è diffusa nel settoresud-occidentale dell’Isola e precisamente aUta, Porto Pino, Portixeddu-Buggerru epresso Pabillonis. Un’ampia popolazione,sicuramente spontanea, è presente nelSinis. Un esemplare isolato, ritrovato neltavolato basaltico di Monte Minerva, neestende la distribuzione in Sardegna al set-tore nord-occidentale. Introduzioni per ilconsolidamento delle scarpate di cava sonostate effettuate nel settore sud-orientale delMonte Albo e non sono da escludere pian-te coltivate per giardinaggio.

Ecologia. È una specie eliofila che pre-ferisce gli ambienti luminosi ed i terrenicalcarei e non rifugge dalle aree scistosee/o vulcaniche, come nell’isola di Lesbos,dove forma estese macchie e boschi impe-netrabili. Vegeta anche molto bene nelleregioni assolate, sabbiose o rocciose conclima caldo-arido. Nelle zone del Mediter-raneo orientale ed in particolare nella Peni-sola Balcanica, si adatta a climi più umidied entra a far parte di formazioni vegetalimesofile. In Sardegna cresce su dune,interdune, zone pietrose con terreno pocoprofondo. Fa parte di formazioni arbustivea macchia alta con pini, ginepro, corbezzo-lo, rosmarino, cisto e fillirea e, nel Sinis,con le rare Erica multiflora e Viola arbore-scens. È diffusa anche nelle formazioni amacchia bassa ed in quelle a gariga assie-me a calicotome, ginestra spinosa, elicrisoed altre specie xerofile. È invece rara lapresenza su altri substrati nelle aree piùinterne (exsiccata di Martinoli in FI!). È laspecie più rappresentativa di Junipero-Quercetum cocciferae (=Junipero-Querce-tum calliprini) delle formazioni miste diginepro coccolone e quercia spinosa suduna.

Grandi alberi. Gli alberi di quercia spi-nosa di maggiori dimensioni sono limitatialle dune di Buggerru, ma non superano 5-6 m di altezza, sebbene possano avere unanotevole età, in forza della lentezza di cre-scita.

Notizie selvicolturali. La quercia spino-sa ha un’elevata capacità pollonifera ed èresistente al taglio ed agli incendi. Per que-sta sua vitalità è utilizzata come fissatricedi dune mobili e nei rimboschimenti,soprattutto in terreni calcarei, dove puòpreparare il terreno per l’impianto di spe-cie forestali più esigenti. Se opportuna-mente irrigata ha un accrescimento durantetutto l’anno, ciò che dimostra il suo carat-tere di pianta pienamente mediterranea inquanto il fattore limitante alla crescita è ladisponibilità idrica. Si presta a costituirebordure compatte e molto resistenti all’ari-dità, quindi particolarmente idonee ai giar-dini mediterranei.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è pesante, omogeneo, duroe viene utilizzato per manici di aratri e dialtri utensili. Nell’antichità veniva usatoper costruire carriole e parti di strumentimusicali. L’utilizzazione maggiore è comecombustibile e in particolare le fascinesono adoperate per il forno a legna.

Note etnobotaniche. Il nome specificodi questa pianta si deve ad un insetto,Chermococcus ilicis L., che vive parassitasulle foglie producendo numerose galledove depone migliaia di uova (falsa cocci-niglia), che opportunamente trattate dannoil colore rosso o chermesino, rinomato findall’antichità. Plinio affema che gli antichiIspanici pagavano metà dei loro tributi aiRomani con la porpora ottenuta da questapiccola quercia, e curiosamente affermaanche che il prodotto più scadente eraquello di Sardegna.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Quercus coccifera istituita daLinneo su materiale della Provenza e dellaSpagna (Habitat in G. Narbonensis, Hispa-nia) è un’entità molto variabile. Tale varia-bilità si manifesta a livello di foglie, cupole,frutti, fioritura, in modo analogo alle altrequerce sempreverdi. Presenta un areale cir-cum-mediterraneo e, sulla base della suaeccezionale variabilità, è stata differenziatain numerose entità trattate ora al rango dispecie, ora al rango di sottospecie, ora di

168

Page 169: Alberi Arbusti 2008

varietà e/o di forma. Tra tutte, quella piùaccreditata è Quercus calliprinos Webb, chediversi autori considerano distribuita nelsettore orientale del Mediterraneo.

Webb (1838) in Iter Hispanicum, basan-dosi su materiale di Labillardière, descriveQuercus calliprinos soprattutto sulla basedella pubescenza dei rami giovani che per-marrebbe anche durante il secondo anno,contrapposta alla mancanza o scarsità dipeli stellati di Q. coccifera.

In realtà anche nel materiale originale diWebb presente in FI!, così come nei campio-ni della Provenza, da cui proviene il tipo diQ. coccifera, si ritrovano individui più omeno pubescenti e tale carattere è variabileal pari di altri nell’ambito di una stessapopolazione. Analoga morfologia si riscon-tra in campioni da noi raccolti, oltre chenelle diverse località della Sardegna (glaber-rima nel campione di Monte Minerva), inPuglia, Sicilia, Marocco, Tunisia, Grecia,Creta, Palestina, ed in altri materiali prove-nienti dalla Macedonia e dall’Albania.

La maggiore o minore pelosità dei raminon può essere considerata un elemento

169

Distribuzione in Sardegna di Quercus coccifera.

Quercus coccifera con ghianda matura nel Sinis.

Page 170: Alberi Arbusti 2008

170

sufficientemente valido per giustificarel’attribuzione di rango di specie o di sotto-specie all’entità descritta da Webb.

Per quanto riguarda altri caratteri, come laspinulosità che caratterizza le foglie, questanon è sempre verificata, né nei diversi indivi-dui di una popolazione, né all’interno di unostesso individuo. Parimenti sono variabili ledimensioni e la forma delle foglie.

Analogamente le squame della cupolavariano da forme decisamente appressate apatenti o riflesse e non possono essere consi-derate un valido carattere diagnostico. Sonougualmente variabili la forma e le dimensio-ni delle ghiande. Questo tipo di variabilità,oltre che nelle popolazioni della Sardegna, siriscontra in campioni provenienti indifferen-temente da regioni del Mediterraneo occi-dentale od orientale (SS! FI!), tanto è chediversi autori, anche in una stessa area, indi-cano talora la contemporanea presenza delledue entità (FI!, Herb. Webb) ciò che eviden-temente non è facilmente accettabile.

La differenziazione al rango di specie diQuercus calliprinos Webb da Quercus coc-cifera L. resta pertanto indimostrata, eanche recenti lavori di tipo genetico (Paf-fetti et al., 2001) che considerano le popo-lazioni della Sardegna simili a quelle delMedio Oriente, pur stabilendone la affini-tà, non ne dimostrano la separatezza daQuercus coccifera L. Allo stato attuale,appare più opportuno mantenere la sinoni-mia di Q. calliprinos Webb con Q. coccife-ra L. in accordo con gli autori delle piùrecenti flore (Flora Iberica, Med-CheckList, Flora Europaea, Flora della Turchia,Flora Hellenica, Flora dell’Isola di Sarde-gna) dell’area mediterranea.

Quercus ilex L., Sp. Pl. 2:995 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa australi.

Nomi italiani: Leccio, Elce.Nomi sardi: Eliche (Bitti, Nuoro, Orani,

Sard. Centr.); Elighe (Bolotana, Bonar-

cado, Ittiri, Oschiri, Ozieri, Padria, Sas-sari, Logud.); Eli’he (Oliena, Orgoso-lo); Eligi (Seneghe); Erigi (Milis); Igili(Meana); Igivi (Mandas); Ilihe (Urzu-lei); Ilixi (Burcei, Laconi, Villasalto);Irixi (Quartu); Ivixi (Villacidro).

Nomi stranieri: Ingl., Evergreen oak, Holmoak; Fr., Chêne vert; Ted., Stein-Eiche;Sp., Encina, Alsina, Carrasca, Chapar-ro.

Albero alto sino a 25-30 metri, contronco che può raggiungere oltre i 2 metridi diametro. Chioma densa, espansa, ovale,di colore verde-scuro. Corteccia liscia, gri-gia negli esemplari giovani; scura, pocoscrepolata e divisa in scaglie quadrangola-ri negli esemplari adulti e nei tronchi vec-chi. Rami del primo e del secondo annod’età con peluria densa, bianco-grigiastra.Gemme arrotondate all’apice. Foglie persi-stenti, di dimensioni (lunghe sino a 10-12 elarghe 2-5 cm) e forma molto variabili, daovale a ovale-lanceolata, coriacee, conbreve picciuolo; pagina superiore di coloreverde-scuro; quella inferiore verde piùchiara, glabra o ricoperta da peluria. Mar-gine intero o dentato-spinuloso, particolar-mente nelle piante brucate dagli animalidomestici. Fiori maschili e femminili sullastessa pianta (monoica): i maschili piccoli,urceolati, pubescenti, riuniti in infiore-scenze pendule, dette gattini o amenti; ifemminili piccoli con involucro corto,peloso e con stimmi ricurvi, riuniti ininfiorescenze erette a spiga. Cupola coni-ca, campanulata o slargata, ricoprente daun quarto a oltre la metà del frutto; squametomentose, piccole, a base triangolare,embriciate, appressate e decrescenti versol’alto. Ghianda lunga 1,2-3 cm, per lo piùellissoidale, arrotondata o tronca all’apice.

Tipo biologico. Pianta arborea, robusta,longeva, sempreverde. Può presentarsianche come piccolo albero o in formaarbustiva. Mesofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in aprile-maggio ematura i frutti a ottobre-novembre dellostesso anno della fioritura. La fruttificazio-

Page 171: Alberi Arbusti 2008

171

Lecceta su granito nel versante meridionale del Limbara.

ne inizia intorno ai 10-15 anni di vita ed èabbondante (annata di pasciona) ogni 2-3anni.

Areale. Il leccio è una specie tipicamen-te mediterranea, diffusa soprattutto nelbacino occidentale e più rara su quelloorientale. È presente anche sulle costeatlantiche del Marocco e della Franciaoccidentale. In Italia vive nelle isole, nelleregioni costiere della penisola penetrandoanche largamente nelle zone interne cen-tro-meridionali e in Sicilia. In Sardegna ladistribuzione del leccio copre gran partedel territorio e si arresta, di norma, a circa1.200 m di quota. Nell’area culminale delLimbara si trova sporadico e in formaarbustiva, mentre nel Gennargentu, aMonte Pipinari, nel versante sud-occiden-tale, più arido e meglio esposto, raggiungecirca 1.400 m, che è anche l’altitudinemaggiore dove è presente nell’Isola.

Ecologia. È una specie poco esigenteche si adatta a tutti i substrati geo-pedolo-gici. Vive indifferentemente su suoli roc-ciosi, umidi o sabbiosi e rifugge solo quel-

li compatti argillosi o idromorfi. Il leccionei terreni profondi cresce rigoglioso,mentre in quelli superficiali e degradativegeta rado e come arbusto. Sopporta beneanche il clima caldo-arido, sebbene subiscala concorrenza delle sclerofille più termo-file, e si adatta con facilità anche ai climinon eccessivamente freddi. Resiste ai fortiventi delle zone costiere e montane. Perquesta sua plasticità ha potuto estendersidal livello del mare sino a quote elevate. Illeccio, nelle zone con relativa aridità esti-va e moderato freddo invernale, originadelle formazioni forestali pure, dense, fittecon poche specie nel sottobosco. Nellezone più fresche e umide si associa a tasso,agrifoglio, roverella, costituendo forma-zioni miste distribuite in particolare nelpiano medio-montano. La lecceta rappre-senta la principale formazione vegetale cli-macica della fascia costiera del Mediterra-neo occidentale e caratterizza la classe(Quercetea), l’ordine (Quercetalia), l’al-leanza (Quercion ilicis) e il Quercetum ili-cis in senso lato, costituito in realtà da una

Page 172: Alberi Arbusti 2008

Quercus ilex L. - Ramo con ghiande, rametto con infiorescenze, foglie, ghiande x 0,6; fiore maschile, fiore femmini-le x 5.

Page 173: Alberi Arbusti 2008

173

serie di associazioni diverse. In Sardegna,le principali tipologie riscontrate sono rife-rite a Viburno-Quercetum ilicis, Orno-Quercetum ilicis, Aceri monspessulani-Quercerum ilicis, Pistacio lentisci-Querce-tum ilicis, Ostryo-Quercetum ilicis.

Grandi alberi. Il leccio presenta alberitra quelli di maggiori dimensioni della Sar-degna. La pianta più maestosa conosciutaera situata, nel Supramonte di Orgosolo, aSas Baddes ed aveva un’altezza di circa 25metri con una circonferenza di oltre 7,5 med è caduta nel 1988, indebolita da unfuoco appiccato alla base del tronco inter-namente cavo. Nei Supramonti altri grandialberi si trovano un po’ ovunque, partico-larmente nelle foreste di Orgosolo, Urzuleie Baunei. Attualmente, il leccio più grande(30 m di altezza e 7 m di circonferenza) sitrova a Bau Lardine, in territorio di Desu-lo; altri grandi alberi sono localizzati aCadennaghe in comune di Seneghe, a SuCanale di Seui, a Mesu Serra di Urzulei, aDabbareddu-Taccu Sui e a Olissa nella

strada per Norcui di Seulo, a Perdasdefo-gu, a Pradu-Sirilò in territorio di Orgosolo,una delle maggiori concentrazioni di gran-di alberi. In ambito urbano sono notevoli ilecci di S. Pietro di Silki a Sassari e di San-tadi, forse quello con maggiore diametrodella chioma esistente in Sardegna. Altrialberi di dimensioni notevoli si rinvengonosporadicamente ovunque, ma sempre diminori dimensioni di quelli citati.

Notizie selvicolturali. Il leccio si propa-ga per seme. La crescita è relativamenterapida nella fase giovanile, poi diventa piùlenta. La fruttificazione inizia dopo 10-15anni nelle piante originate da seme, dopo5-6 anni in quelle provenienti da polloni.La ghianda ha un grado di germinabilitàelevata, che però perde in breve tempo;può essere conservata fino alla primaverasuccessiva solo con opportuni trattamenti,o più a lungo con le moderne tecniche direfrigerazione. Il leccio può essere gover-nato come ceduo semplice, ceduo compo-sto o fustaia. Queste ultime forme di

Albero isolato di Quercus ilex in territorio di Urzulei.

Page 174: Alberi Arbusti 2008

174

Variabilità di foglie e ghiande di Quercus ilex in esemplari diversi di una stessa popolazione.

Page 175: Alberi Arbusti 2008

175

Albero monumentale di Quercus ilex nel Supramonte di Orgosolo.

Page 176: Alberi Arbusti 2008

governo sono preferibili poiché, oltre allegno, si può ricavare una buona quantitàdi ghiande utilizzate, in particolare, perl’allevamento dei maiali allo stato brado. Illeccio è una specie resistente anche agliattacchi fungini e degli insetti fitofagi. Ildanno maggiore è quello arrecato dallaprocessionaria (Lymantria dispar L.), unlepidottero che allo stato di larva provocala defogliazione, quando gli attacchi sonomolto virulenti e si esauriscono le risorserappresentate dalle foglie della quercia dasughero, che preferisce.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno del leccio è di colore bruno,talora rossiccio, pesante, duro, compatto,di lunga durata, facilmente imbarcabile edifficile da lavorare. Si presta ad essereutilizzato per attrezzi agricoli, mozzi diruote, manici di aratro, denti di macchine,pezzi di imbarcazioni e mobili rustici. Ilmaggior impiego si aveva nella produzionedi carbone soprattutto per il cannello, deri-vante dalla carbonizzazione dei polloni deiboschi cedui, mentre ora è molto ricercatocome legna da ardere per i forni a legnadelle pizzerie.

Note etnobotaniche. Molti dei boschisacri (luchi) dei Romani erano costituiti daforeste di leccio. Al tempo di Plinio, nelcolle Vaticano, esisteva un leccio, prece-dente alla fondazione di Roma, con unaiscrizione in etrusco su bronzo, oggetto diculto religioso. Presso i Romani le primecorone dei trionfatori erano costituite dafronde di leccio, tuttavia, secondo Virgilio,non era un albero di buon augurio essendoabitato dalle cornacchie. Alla parola latinailignus (= leccio) si deve probabilmente iltermine lignum, da cui l’attuale «legno».La corteccia contiene notevoli quantità ditannini ed è atta alla concia delle pelli. Leghiande erano utilizzate soprattutto per l’a-limentazione del bestiame, ma anche dal-l’uomo, sia crude che cotte o torrefattecome surrogato del caffè. Anche il legnodel leccio è attaccato da un fungo, la barbadi frate (Hydnum sp.), che produce, oltreun corpo fruttifero carnoso mangereccio,

un micelio a strati molto compatti, partico-larmente efficace come emostatico, moltoricercato e apprezzato dalle persone dicampagna, per la cura di tagli e ferite ingenere.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il leccio è una specie conampia variabilità, al pari delle altre speciecongeneri della stessa sezione, ed è suddi-visa in due sottospecie principali: quellaautonimica (Quercus ilex L. ssp. ilex) e lassp. ballota (Desf.) Sampaio (= ssp. rotun-difolia (Lam.) Schwarz), considerata spes-so anche al rango di specie, diffusa in granparte del settore occidentale del Mediterra-neo. Numerose varietà e forme sono statedescritte da Camus e da Maire, ma menodagli autori italiani. La grande variabilitàdi condizioni ecologiche in cui vive favori-sce la selezione di varietà, forme e biotipi.

La variabilità della foglia è notevole performa e dimensioni, con picciolo da quasi

176

Distribuzione in Sardegna di Quercus ilex.

Page 177: Alberi Arbusti 2008

sessile a 30 mm di lunghezza; la lamina,con peli stellati sempre presenti nella pagi-na inferiore varia, nella forma da rotonda aellittica, a ovata, a ovato-lanceolata, conmargine intero o spinuloso, soprattuttonelle piante ceduate o modellate dal bestia-me. Sono frequenti esemplari con tipo difoglia castaniforme, con lamina sino a 10-12 cm, con nervature secondarie marcate eprolungate in reste.

Le forme e le dimensioni della cupolasono ugualmente varie in tutte le parti. Lesquame sono sempre appressate e pocoprominenti, lineari, lanceolate, triangolari,per lo più di colore grigiastro o, talora, ros-sastre all’apice. La cupola, in genere, nonsupera il terzo della ghianda, ma non man-cano individui nell’ambito di una stessapopolazione che oltrepassano la metà delfrutto. Si segnala anche il caso di un indi-viduo a Sette Funtani presso Sassari, in cuila cupola racchiude per oltre 4/5 la ghian-da. Tuttavia, ciò non avviene in modocostante negli anni, in quanto anche laghianda può assumere forma e dimensionidiverse a seconda dell’andamento stagio-nale e probabilmente anche in relazionealla provenienza del polline.

La fioritura si sviluppa, in modo spora-dico, dal mese di dicembre alla primadecade di giugno a seconda dell’altitudinee avviene in modo scalare. Pur tuttavia,analogo sviluppo della fioritura si riscontranella popolazione di Sette Funtani già cita-ta, con esemplari che fioriscono regolar-mente da dicembre a scalare, sino a giu-gno. Questo accade nonostante siano deltutto identiche le condizioni di substrato,geomorfologiche e climatiche. È ancorarimarchevole un esemplare che presenta lafioritura dalla fine di settembre con produ-zione continua di fiori sino a giugno e per-tanto per ben sei mesi consecutivi, in rela-zione all’andamento stagionale.

Nella stessa popolazione sono statiosservati individui con fiori ermafroditi(con fioritura invernale e in tarda primave-ra). La presenza di fiori ermafroditi, estre-mamente rara in assoluto, non è stata rile-

vata sinora in altre popolazioni dell’Isola epuò essere attribuita alla necessità di assi-curare comunque l’impollinazione allapianta, in momenti in cui è molto rara lafioritura di altri individui.

La grande variabilità di Q. ilex in Sarde-gna, non dissimile da altre specie del gene-re Quercus, sinora, non ha determinato daparte degli autori una differenziazione alivello specifico, né a livello varietale,contrariamente a quanto è avvenuto con lealtre specie dello stesso genere.

Quercus suber L., Sp. Pl. 2: 995 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa australis.

Nomi italiani: Quercia da sughero, Sughe-ra, Sovero.

Nomi sardi: Ciureju (Villacidro); Suberju(Nuoro, Orgosolo); Suelzu (Berchidda,Cuglieri, Ittiri, Oschiri, Ozieri, Padria,Pattada); Suera-Suara (Tempio, Gallu-ra); Suergiu (Bitti, Urzulei); Suerzu(Anela, Bolotana, Bono); Suvegliu(Oliena); Suvergiu (Orani); Suverju(Sarule); Sueju (Burcei, Villasalto);Sruergiu (Laconi); Arburi de s’Ortigu,Arvere de Suerzu, Suaru.

Nomi stranieri: Ingl., Kork tree; Fr., Chêneliège; Ted., Kork-Eiche; Sp., Alcorno-que, Surer, Suro.

Albero sempreverde alto sino a 15-20m, con corteccia suberosa particolarmentesviluppata, grigiastra, irregolarmente eprofondamente fessurata nelle parti nonestratte, regolare e compatta nelle parti deltronco soggette ad estrazione ripetuta neltempo di colore grigiastro. Foglie di 3-5 x3-3,5 cm, generalmente conformate inmodo tale da costituire una sorta di catino,coriacee, persistenti, ovali, rotondeggianti,ovato-lanceolate, verdi-glauche di sotto,tomentose e grigiastre nella pagina inferio-re con margine liscio o provvisto di dentilassi. Fiori unisessuali disposti sullo stesso

177

Page 178: Alberi Arbusti 2008

Quercus suber L. - Ramo con infiorescenze x0,7, foglia, ghiande x0,7; fiore maschile, fiore femminile x10; pelo stel-lato molto ingrandito.

Page 179: Alberi Arbusti 2008

individuo, i maschili in amenti penduli di3-5 cm, giallastri, con 5-6 pezzi perianzia-li di 3-4 mm, i femminili sessili, disposti inspighe 2-3 flore articolate ad andamento azig-zag. Frutto: ghianda di colore verde-scuro o marrone chiaro, di forma ovale,ellissoidale o allungata ad apice con apico-latura prominente derivante dallo sviluppodello stilo, lunga 2-4 cm e con diametromaggiore di 10-16 mm, contenuta in unacupola, originata dal ricettacolo che avvol-ge il frutto per circa 1/4-1/2 della lunghez-za, costituita da squame imbricate ad apicediritto o ricurvo, molto variabili per forma,dimensioni e disposizione.

Tipo biologico e portamento. Piantaarborea, non molto longeva, ma che puòraggiungere 250-300 anni, sempreverde econ fusto tendenzialmente contorto. Meso-fanerofita. La quercia da sughero è unaspecie decisamente amante della luce(eliofila), ciò che ne determina anche l’ar-chitettura e il portamento complessivo. Glialberi hanno un fusto ramificato già amodesta altezza con le branche che si inse-riscono formando un angolo molto aperto.Lo sviluppo della chioma nelle tre dimen-sioni è subordinato alla densità del bosco emantiene, comunque, nelle piante adulteuna chioma lassa. Anche le piante isolatepresentano chioma che si apre con l’età,sino a divenire fortemente aperta, conpochi rami principali ad andamento contor-to e con scarso fogliame. La quercia dasughero è un albero monocormico ma, incaso di ceduazione o di passaggio delfuoco, la ceppaia ha un’elevata proprietàpollonifera, che con il tempo tende a sele-zionare pochi polloni, con l’affermazionedi un tronco principale per decadimentodei polloni secondari. Il fuoco, spesso ripe-tuto, con la distruzione dei rami di minorediametro e di quelli maggiormente foglio-si, è senza dubbio il fattore che determinale modifiche maggiori al portamento natu-rale, congiuntamente al taglio dei rami perl’approvvigionamento di frasche per ilbestiame allo stato brado.

Il portamento è fortemente condizionato

dall’estrazione del sughero, che determinala selezione di fusti secondari e soprattuttola modificazione del tronco principale. Leincisioni e i tagli sul fellogeno e sul tessu-to cambiale danno origine allo sviluppoirregolare del tronco e, spesso, a cancri dellegno di notevoli dimensioni. Si hannoquattro tipologie fondamentali: portamentonaturale, aperto a causa del fuoco, a vasoper un migliore sfruttamento del sughero(nell’Alentejo in Portogallo), colonnareper le modalità di potatura per alimentazio-ne del bestiame e per legna da ardere (nelPiccolo Atlante in Marocco).

Le radici sono fittonanti, ma in condi-zione di suoli poco profondi assumono unandamento superficiale ed hanno una cre-scita rapida nella fase giovanile; quelle piùgrosse presentano un rivestimento subero-so, anche se di qualità non paragonabile aquello del fusto, che è in continuità diquello prodotto nel tronco.

Fenologia. Fiorisce in aprile-maggio efruttifica a ottobre-novembre. Accanto aibiotipi annuali vivono altri biotipi a frutti-ficazione mista, ossia con fioritura prima-verile e con maturazione delle ghiandeparte nell’autunno dello stesso anno dellafioritura, parte nell’estate dell’anno suc-cessivo, dopo prolungata dormienza deifrutticini. Si possono anche osservare spo-radici casi di piante con fioritura nei mesiautunnali, senza che questo comporti unaregolare fruttificazione. Negli autunni contemperature e precipitazioni superiori allamedia si possono avere una buona ripresavegetativa e sporadiche fioriture quando siha un buon accrescimento di nuovi getti.La fruttificazione inizia dopo 10-15 annied è abbondante ogni 2-3 anni (pasciona).Le foglie, di norma, perdurano un anno e ilricambio avviene in contemporanea all’e-missione dei nuovi germogli, mentre, neigiovani virgulti, ricacci e polloni basalipossono durare 2-3 anni. Negli ambientipiù caldo-aridi si hanno casi di perditatotale delle foglie.

Areale. La sughera è una specie tipica-mente mediterranea diffusa nella Penisola

179

Page 180: Alberi Arbusti 2008

180

Iberica, Francia, soprattutto in Corsica, Ita-lia, Africa settentrionale, dalle coste atlan-tiche del Marocco alla Tunisia. In Italia siritrova principalmente in Sardegna e Sici-lia e localmente sulle coste tirreniche, dallaLiguria, dove è molto rara, alla Toscana, alLazio sino alla Calabria. Mentre nel ver-sante adriatico è presente una sua stazionein Puglia. Più in particolare è diffusa fra i32° (Marocco) ed i 44° (Francia) di latitu-dine Nord ed il 9° meridiano Ovest (Porto-gallo) e il 17° meridiano Est (Calabria). Inuclei presenti in Puglia, nel Salento, enelle coste della Penisola Balcanica, pro-

babilmente in entrambi i casi, sono di ori-gine colturale. Si tratta quindi di un arealedi tipo atlantico-mediterraneo-occidentale.In Sardegna è più o meno abbondante intutto il territorio nelle aree silicee dallapianura sino alle zone medio montane ed èdel tutto assente sui calcari centro-orienta-li, da Baunei a Dorgali e nei Supramonti diOrgosolo e Oliena.

Ecologia. La sughera è comune lungo lafascia costiera, sopportando bene la siccitàestiva, ma penetra abbondantemente ancheall’interno, come si verifica in Marocco enella Penisola Iberica. È quindi da riconsi-

Albero monumentale di Quercus suber in territorio di Orune.

Page 181: Alberi Arbusti 2008

derare un’opinione diffusa che sia una spe-cie prettamente xerofila. In effetti risentedella siccità molto più del leccio e, in Sar-degna, costituisce i migliori boschi, soprat-tutto nelle aree interne con una maggiorepiovosità rispetto alla media regionale. GiàDe Philippis (1935), per le condizioni otti-mali della quercia da sughero, riporta comepiovosità minima 500 mm, riferendosi adaree del Marocco con elevata umiditàatmosferica e con temperature non troppoelevate, mitigate dall’influenza dell’Ocea-no Atlantico; anche nelle zone di maggiorediffusione in Sardegna, mediamente la pio-vosità è intorno a 800-1.000 mm.

Nelle diverse regioni raggiunge limitialtitudinali in funzione delle condizioniclimatiche e dell’esposizione, comunque èda rimarcare che nelle quote maggiori pre-ferisce i versanti caldi. Si diffonde dallivello del mare fino a 1.300 m in Algeria,in Marocco fino ai 2.000 m, e nel pianosubumido del Medio e Grande Atlante,eccezionalmente, arriva a quota 2.400 m.In Italia la quota massima è segnalata perla Sicilia (1.200 m), mentre in Sardegna illimite altitudinale raggiunto come forma-zione boschiva è intorno ai 950 m.

I limiti termici accreditati sono 13-14°Ccome temperatura media annua, 4-5°Ccome temperatura media del mese più fred-do e come minima media 7-8°C. Sonosenza dubbio le basse temperature a limi-tarne lo sviluppo alle quote più elevate. Lasughera quindi è una specie mediterraneo-atlantica, che rifugge sia le temperatureelevate, sia i microclimi a temperatura piùrigida.

La diffusione della sughera è spessocondizionata dalle esigenze pedologiche,in quanto è una pianta tipicamente ossifilache predilige i terreni acidi, sciolti, origi-nati da substrati granitici, scistosi e rifuggeda quelli calcarei, compatti, a reazionebasica. In Marocco la si ritrova su sabbia esu terreni derivati da rocce cristalline. InAlgeria e Tunisia su suoli derivati da mica-scisti, graniti, rocce eruttive e alluvionalidel Quaternario. Nella Penisola Iberica,

estese popolazioni sono localizzate su ter-reni silicei e su terre rosse, in Francia, surocce cristalline. Nelle maggiori isole ita-liane, le migliori sugherete sono diffuse susuoli originati da graniti e scisti; sullapenisola, i terreni di elezione sono le sab-bie alluvionali del Quaternario e i suolisilicei eocenici e miocenici. Sembrerebbe-ro costituire un’eccezione le terre rossederivate da calcari, site nell’Agro Pontinoe nel Salento; in realtà studi pedologicihanno rivelato che questi suoli hanno rea-zione neutra o leggermente acida, cosìcome si verifica in Sardegna, in alcunearee calcaree della Nurra e del Sarcidano,dove i suoli hanno subito processi di decal-cificazione che hanno portato ad una loromodifica nella reazione del terreno. È darilevare ancora, tuttavia, che nella regionedell’Algarve, in Portogallo, i boschi diquercia da sughero si estendono sui terrenidi natura calcarea, seppure alcuni dovuti,sicuramente, all’introduzione per scopiselvicolturali.

In Sardegna, la maggiore diffusionedella sughera si ha nei settori con piovosi-tà mediamente elevata e con temperaturemedie annue comprese tra un massimo di18°C ed un minimo di 13,3°C. Alberi iso-lati si ritrovano sino a circa 1.000 m diquota. La sughera caratterizza un genericoQuercetum suberis e associazioni con citi-so (Cytiso-Quercetum suberis) o sub-asso-ciazioni con il leccio (Quercetum ilicissubass. suberetosum).

Grandi alberi. Sebbene la sughera nonsia longeva come il leccio o la roverella, siannoverano in tutte le parti dell’Isolaesemplari di grandi dimensioni come a SuDezzi (alta 15 m con 510 cm di circonfe-renza). Supera i 15 m di altezza con circa 5m di circonferenza la sughera presente inlocalità Madadeddu a Domusdemaria. Altrigrandi alberi si trovano a Su Baldolzu diBunnari (12 m di altezza con circonferenzadi 480 cm), in territorio di Osilo, a SaPedra Ruja di Bottidda (18 m di altezza per450 cm di circonferenza). Altri grandialberi isolati sono presenti in Gallura, nel

181

Page 182: Alberi Arbusti 2008

182

Forme di sughera censite in Sardegna (I) - 1. Quercus suber L. ssp. eu-suber Camus f. poliisosquama Vals. - 2. Quer-cus suber L. ssp. eu-suber Camus f. kraspedata Vals. - 3. Quercus suber L. ssp. eu-suber Camus f. genuina Coutinho- 4. Quercus suber L. ssp. eu-suber Camus f. dolichocaroa Camus - 5. Quercus suber L. ssp. eu-suber Camus f. fusi-carpa Vals. - 6. Quercus suber L. ssp. eu-suber Camus f. subcrinita Coutinho - 7. Quercus suber L. ssp. eu-suberCamus f. crinita Guss (Da Valsecchi, 1957).

1

2

3

4

5 6

7

Page 183: Alberi Arbusti 2008

183

Forme di sughera censite in Sardegna (II) - 8. Quercus suber L. ssp. eu-suber Camus f. microcarpa Batt. et Trab - 9. Quer-cus suber L. ssp. eu-suber Camus f. macrocarpa Willk. et Lange - 10. Quercus suber L. ssp. eu-suber Camus f. brevisqua-ma Batt. et Trab - 11. Quercus suber L. ssp. eu-suber Camus f. radisquama mihi - 12. Quercus suber L. ssp. eu-suber Camusf. brevicupulata Batt. et Trab - 13. Quercus suber L. ssp. eu-suber Camus f. longicalyx Camus - 14. Quercus suber L. ssp.eu-suber Camus f. suboccultata Coutinho (Da Valsecchi, 1967).

8

9

10

11

12

1314

Page 184: Alberi Arbusti 2008

Sarrabus, a Ballao. Il nucleo più consisten-te di grandi alberi si trova in territoriocomunale di Orune: sono caratterizzati daaltezza variabile da12 a 15 m e da circon-ferenza di 400-450 cm.

Notizie selvicolturali. La crescita dellaquercia da sughero è prima rapida, poi si fapiù lenta. La propagazione si ha esclusiva-mente da seme e la semina deve esserefatta preferibilmente alla fine dell’inverno,sia perché le ghiande hanno la capacità digerminazione molto rapida, talvolta giàsulla pianta, sia perché le piogge autunnalie invernali la favoriscono. Il potere germi-nativo è molto alto, sino all’80%, ma calarapidamente se il frutto non è conservatocon opportune tecniche di congelamento.

La sughera per i suoi principali prodot-ti, sughero e ghiande, è considerata anchecome albero da frutto e governata in modoadeguato per una maggiore produttività.

Esiste la necessità di un’attenta valuta-

zione nella scelta del governo e del tratta-mento dei boschi di sughera, dato che visono notevoli differenze tra il governoceduo e quello a fustaia e tra la formacoetanea o disetanea.

La selvicoltura tutt’oggi propone le dueforme di governo, a fustaia e a ceduo, ma perla sughericoltura il cui prodotto principale èil sughero il ceduo non può essere utilizzato,dato che si presuppongono cicli più brevi chemal si adattano alla quercia da sughero, chenon ha come prodotto principale il legno.

Il governo a ceduo predispone piantepollonifere che producono sugherone olegna da ardere e viene effettuato in zonecon suoli degradati o con clima poco ido-neo all’alto fusto. Il miglior modo digoverno è, quindi, quello ad alto fusto, chepermette una produzione di sughero dibuona qualità, raccolta di ghiande per l’al-levamento del bestiame e, in particolare,una rinnovazione naturale. Sono proprio lefustaie coetanee che maggiormente si pos-sono riscontrare nelle sugherete esistenti.

La fase iniziale della sughereta puracoetanea deriva da impianto, per semina opiantagione, oppure dalla rinnovazione diuna sughereta precedentemente ottenuta perpolloni o per rinnovazione da seme tramitel’applicazione di tagli successivi uniformi.

L’impianto richiede terreno lavoratoandantemente o a strisce e la semina diret-ta sarebbe preferibile per il regolare svilup-po dell’apparato radicale e perché dà luogoa strutture dense in cui gli sfolli successivipossono selezionare piante con fusto dirit-to e poco ramificato.

Quasi tutti i boschi esistenti in Sardegnaderivano, da tagli effettuati a seguito delpassaggio di incendi che obbligano adinterventi di ceduazione o tramarratura. Inconseguenza di ciò le sugherete sono, spes-so, dei cedui invecchiati pur con inseritepiante da rigenerazione naturale.

La frequente combinazione col pascoloe l’interazione con gli incendi danno luogoa molte situazioni fisionomiche dellasughereta da bosco disetaneo vero proprioa pascolo alberato.

184

Distribuzione in Sardegna di Quercus suber.

Page 185: Alberi Arbusti 2008

La maggior parte dei boschi di sugheraoggi è considerata di origine antropica.Nell’impianto di una nuova sughereta, onella ricostituzione di una già esistente,hanno notevole importanza il tipo del ter-reno, il suo modo di lavorazione, la sceltadegli ecotipi e dei biotipi. Nel primoimpianto, la sughereta è molto densa, poi èregolarmente diradata, ed infine devonoessere eliminati quegli esemplari che per laloro età non consentono più una buonaestrazione del sughero. Grande importanzariveste la scelta delle ghiande che debbonopervenire da regolari fioriture e da pianteche producono ottimo sughero. Il fuoco,specialmente quando l’ultima decortica èlontana, non impedisce la ripresa vegetati-va della sughera. I lepidotteri defogliatoridelle querce sono oltre 50, ma in Sardegnaquelli che causano danni maggiori allasughera sono Lymantria dispar e Malaco-soma neustrium, che provocano spesso unatotale defogliazione con conseguentedanno fisiologico per tutta la pianta e per laproduzione del sughero.

Caratteristiche del sughero e del legno.Il prodotto principale di questa specie, notocome sughero, è originato da uno specialetessuto meristematico secondario, o fello-geno. La prima estrazione del sughero,secondo le norme stabilite dalla legislazio-ne regionale in Sardegna, avviene verso i15-18 anni di vita, quando il fusto ha rag-giunto almeno 60 cm di circonferenza aduna altezza da terra di 1,30 m, ma la norma-tiva cambia a seconda delle regioni. Questaoperazione prende il nome di demaschiatu-ra e il sughero prodotto per la prima volta èchiamato sugherone, sughero maschio osughero vergine. Il sugherone è grossolano,ruvido, molto screpolato, molto poroso e unpo’ legnoso e terroso. Le successive estra-zioni del sughero vengono effettuate ogni9-12 anni per 7-8 volte e il sughero estrattoprende il nome di sughero gentile, sugherofemmina o sughero di riproduzione, ed èleggero, compatto, uniforme, elastico,liscio. Anche altre specie hanno la cortecciacon uno strato suberoso molto sviluppato, e

talvolta ancor più della sughera, ma lacaratteristica che la rende unica è la pro-prietà di staccarsi senza che sia danneggia-to il fellogeno, che resta attaccato al tronco.In effetti, lo strato suberoso si ripristina inpoco tempo. Il sughero della Sardegna èapprezzato per la sua leggerezza e compat-tezza. La decortica o estrazione del sughe-ro deve essere fatta con estrema delicatezzaper evitare di danneggiare il fellogeno. Perquesto motivo il periodo migliore è quellocompreso fra maggio e luglio, quando lapianta è in piena attività fisiologica. In que-sto periodo lo strato sugheroso può esserestaccato agevolmente con due incisionianulari in alto e in basso del fusto e uno odue tagli verticali. Moderne tecniche diestrazione con macchine apposite consen-tono di evitare anche il danneggiamentodovuto all’azione della scure che comun-que può incidere sia il fellogeno, sia il cam-bio, determinando, a lungo andare, tronchia contorno irregolare e maggiormente sog-getti all’attacco di patogeni batterici e fun-gini. In effetti il tronco dei grandi alberiraramente si trova integro.

Il legno della quercia da sughero è moltopesante, facilmente screpolabile e soggettoa incurvarsi. È utilizzato come legna daardere e produce un ottimo carbone.

Note etnobotaniche. Il sughero venivautilizzato già nel periodo nuragico, come sidesume dalle plance rinvenute all’internodei nuraghi, probabilmente utilizzate comecoibenti. Anche i Greci e i Romani utiliz-zavano ampiamente il sughero, soprattuttoper fare galleggianti per la pesca, tappi perle botti ed anche calzature invernali per ledonne. Tappi di sughero perfettamenteintegri sono stati ritrovati nelle olle di unanave romana naufragata a Spargi nell’Arci-pelago di La Maddalena, e conservatapresso il Museo navale di questa città.Anche oggi trova largo impiego nell’arti-gianato e nell’industria. In Sardegna costi-tuiva la materia prima per moltissimi uten-sili. Di sughero erano i recipienti per lapreparazione del formaggio, per misurare icereali, per servire la carne, gli arcaici bic-

185

Page 186: Alberi Arbusti 2008

chieri che si trovavano nelle sorgenti, glisgabelli negli ovili e le rudimentali man-giatoie del bestiame.

Oggi il sughero trova largo impiego nel-l’artigianato e nell’industria per la produ-zione di strati isolanti e coibenti, per lasuola delle scarpe, per la produzione dioggetti ricordo e finanche per confezionarevestiti. Ma l’utilizzo principale resta senzadubbio quello della produzione di tappi pervini di qualità.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. L’elevato polimorfismo dellaquercia da sughero ha indotto molti autoriad effettuare numerose indagini che hannoportato alla descrizione di diverse sotto-specie e numerosissime varietà e forme,ma anche a forti disparità di vedute dalpunto di vista sistematico e tassonomico.Le differenze fra le diverse forme non sonosolo di ordine morfologico, ma si riflettonoanche sulla densità, porosità, elasticità delsughero, con tutte le implicazioni del caso.

Gussone (1842-43) diede di Q. suberun’esauriente descrizione rispetto alla sin-tetica trattazione linneana, evidenziandonei caratteri più significativi e descrivendo lavar. crinita.

Gay (1856) descrisse una nuova specie,la Q. occidentalis, osservando che nellesugherete nelle Lande francesi la matura-zione del frutto avveniva in due anni e chele foglie erano meno persistenti.

Q. occidentalis fu ancora segnalata inSpagna e Portogallo, dove Pereira-Coutin-ho (1886) osservò che le sughere fiorivanoe fruttificavano ininterrottamente, per cuiil frutto mostrava molta variabilità anchenegli esemplari attribuiti alla tipica Q.suber. In tal modo, Q. occidentalis, consi-derata da molti autori più rustica rispetto aQ. suber, al confine nord dell’areale eradifferenziata in una forma meno termofilacon maturazione biennale delle ghiande.

Il problema della maturazione delleghiande ha dato origine a diversi lavori alriguardo e Corti (1955) sostiene che lamaturazione biennale deriverebbe da unarresto dello sviluppo della ghianda che

riprende nella primavera successiva dopouna breve pausa estiva. Anche Parri (1959)in uno studio sulle sugherete del Chiantisostiene le ipotesi del Corti riscontrandodue forme, a maturazione annuale e bien-nale del frutto, legandone la motivazionead aspetti climatici. Come già osservatonon sono rare le sporadiche e irregolari fio-riture autunnali. Secondo un’ultima inter-pretazione di Pereira-Coutinho (1939) esi-sterebbero due sottospecie, la prima (ssp.suber ) a ciclo annuale che si ritrova neipaesi mediterranei, e la seconda (ssp. occi-dentalis) tipica delle zone atlantiche allequali attribuire tutte le varietà e le formesinora descritte.

Camus (1936-1939) nella monografiadelle genere Quercus distingue la sottose-zione suber con una sola specie Q. suber L.differenziata in due subspecie: eusuberCamus e occidentalis Gay. Infine, Schwarz,nel 1936, indica un’unica specie conside-rando per l’intera sezione Suber una matu-razione delle ghiande annuale o biennale.

Per la Sardegna, Valsecchi (1972), cor-relando il tipo di ciclo con alcune varietàben definite per i caratteri morfologici dellacupola, ha riscontrato che, dall’unica fiori-tura primaverile, si originano due tipi difrutti, uno che raggiunge la maturità inautunno ed un altro che, dopo un periodo diriposo, sino all’aprile dell’anno successivo,completa la maturazione a luglio-agosto.Una stessa varietà si comporta dunquecome annuale e come biennale e non conciclo distinto nel tempo, rendendo proble-matico e dubbio l’utilizzo di questo datobiologico per la distinzione di due entità.

Quercus morisii Borzì, Fl. For. Ital.: 171(1880)

Descrizione. Specie a foglie persistenti.Corteccia debolmente sugherosa, screpola-ta che lascia intravedere il sottile stratorossiccio del fellogeno. Foglie quasi intere,coriacee, leggermente imbarcate, didimensioni simili a quelle del leccio e della

186

Page 187: Alberi Arbusti 2008

187

sughera. Frutto ovoideo. Cupola circon-dante da un terzo alla metà il frutto, consquame inferiori corte e squame superioriallungate ottuse all’apice.

Note. Quercus morisii Borzì, ibrido frail leccio e la sughera, in Sardegna è notacome elighe-suerinu, ilihe-suerina o ilixi-suergiu. La corteccia di questa pianta siavvicina a quella della sughera per la scre-polatura, ma se ne discosta decisamenteper lo spessore molto limitato del sugheroe per le sue caratteristiche: legnoso, rigidoe poco poroso. Le foglie sono simili a quel-le del leccio, coriacee, allungate, di coloreverde-intenso o glauco come nella sughera.La cupola di forma emisferica presentasquame superiori allungate, ottuse, e squa-

me inferiori strettamente appressate, parte-cipando a dei caratteri tipici o del leccio odella sughera.

In Sardegna, di Quercus morisii si cono-scono solamente pochi esemplari (duegrandi alberi sono presenti a Monti e adUrzulei nel demanio regionale) e ciò èdovuto alla evidente difficoltà di ibridazio-ne, piuttosto che alla discrepanza del perio-do di fioritura tra le due entità parentali. Unesemplare presente in un giardino di Sassa-ri si mostra androsterile e presenta costan-temente solo fiori femminili, portandoregolarmente a maturazione le ghiande.Diversi toponimi, nonostante la sua rarità esporadicità, ne testimoniano la conoscenzain tutto il territorio regionale.

Formazione a Quercus suber nel periodo primaverile in territorio di Ploaghe.

Page 188: Alberi Arbusti 2008

Quercus morisii Borzì - Ramo con ghiande, cupola e rametto con infiorescenza femminile x0,7.

Page 189: Alberi Arbusti 2008

189

Quercus morisii con la caratteristica screpolatura della corteccia intermedia tra quella del leccio e della sughera.

Page 190: Alberi Arbusti 2008

190

Formazione forestale mista a Quercus ilex e Quercus pubescens in territorio di Illorai.

Page 191: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE URTICALES

ULMACEAE

Alberi o arbusti caducifogli con fogliespesso a bande asimmetriche rispetto allanervatura centrale. Piante con fiori erma-froditi o unisessuali, o presenti contempo-raneamente sullo stesso individuo (poliga-me), riuniti in infiorescenze poco vistose.Fioritura prima dell’emissione delle foglie,contemporanea o tardiva. Impollinazioneanemofila. Frutto: drupa o samara. Lafamiglia delle Ulmaceae, suddivisa in sot-tofamiglie, Ulmoideae e Celtoideae (que-st’ultima da alcuni considerata anche alrango di famiglia), comprende 16 genericon circa 150 specie, diffuse nelle regionitemperate, tropicali e nella fascia sahelia-na.

– Fioritura antecedente l’emissione dellefoglie; corteccia rugosa; frutto sama-ra................................................Ulmus

– Fioritura contemporanea all’emissionedelle foglie; corteccia liscia; fruttodrupa...........................................Celtis

ULMUS L.

Piante arboree. Fiori ermafroditi, sessilio con breve pedicello. Calice campanulatoe lobato. Stami uguali al numero dei lobi;ovario supero. Impollinazione e dissemina-zione anemofila. Il genere Ulmus, il piùvasto della famiglia, comprende circa 30specie diffuse nelle regioni temperate otemperato-fredde dell’Europa, dell’Asia edel Nordamerica. Resti fossili sono statiritrovati nel Miocene inferiore.

Ulmus minor Miller, Gard. Dict., ed. 8: 6(1768)

Sin.: Ulmus campestris Auct. non L., Ulmus carpinifolia Borkh., Rhein. Mag.

i. 498 (1793).

Regione della prima descrizione: Nondeterminata.

Nomi italiani: Olmo, Olmo campestre.Nomi sardi: Olimu (Oliena, Orosei); Olma

(Alghero); Olummu (Tonara); Oranu(Sassari); Orumu (Belvì); Ulimu (Bau-nei, Isili, Oliena, Orani, Orgosolo,Osilo, Perdasdefogu, Sennariolo, Tem-pio, Tissi, Urzulei); Ullimu (Escalapla-no); Ulmu (Santulussurgiu, S. Antioco);Ulumu (Berchidda, Bitti, Bolotana,Dorgali, Fonni, Laconi, Nuoro, Ozieri,Padria, Ploaghe); Umbu (S. Gavino);Umu (Fluminimaggiore, Mogoro, Villa-cidro); Urimu (Isili); Urmu (Norbello);Urumu (Milis); U’imu (Sarrabus);Olamu, Omulu, Ulmu.

Nomi stranieri: Ingl., Common elm,Smoothleaf elm; Fr., Orme champêtre,Ormeau yvet; Ted., Feld-Ulme,Gewöhnliche Ulme; Sp., Olmo, Alamo-negro, Om, Negrillo.

Albero a chioma ampia, molto ramifica-to, alto fino a 30-40 m. Fusto diritto con cor-teccia fortemente screpolata, rugosa, subero-sa; nei rami giovani, liscia o con estrofles-sioni longitudinali suberose molto marcate.Foglie di 3-8 x 3-4 cm, ovate, acuminate, perlo più sviluppate asimmetricamente rispettoalla nervatura mediana; picciuolo di 5-12mm, peloso, con due brattee alla base; lami-na biserrata con 6-12 paia di nervature late-rali parallele; nella pagina inferiore ghiando-le e peli presenti soprattutto nelle angolazio-ni delle nervature. Fiori numerosi, sessili oleggermente peduncolati, riuniti in fascetti enascenti, prima delle foglie, sui rami dell’an-no precedente; stami 4-5 con filamentolungo e antere rossicce, che nel periodo dellafioritura danno alla pianta una colorazionerossastra; stimma bipartito, peloso, rossic-cio. Frutti alati, samare, di 15-20 mm, conprofilo ovale o circolare, glabre, verdi-gial-lastre. 2n=28.

Tipo biologico. Albero caducifoglio aportamento eretto, con fioritura precedentela fogliazione. Mesofanerofita.

191

Page 192: Alberi Arbusti 2008

Ulmus minor Miller - Rami con fiori, rami con foglie, rami con frutti x 0,5; frutto x 1.

Page 193: Alberi Arbusti 2008

193

Fenologia. Fiorisce a marzo-aprile suirami dell’anno precedente e fruttificaimmediatamente prima che compaiano lefoglie. I frutti persistono per poco tempo ecadono durante lo sviluppo delle primefoglie.

Areale. L’olmo campestre è diffuso nel-l’Europa centro-settentrionale e meridio-nale, in Asia Minore, Caucaso e Algeriasettentrionale. L’utilizzazione come piantaforestale e ornamentale ha esteso notevol-mente il suo areale originario. In Sardegnaè sporadico sino a circa 1.000 m di quota.

Ecologia. È specie eliofila, moderata-mente termofila, ma sopporta assai bene lebasse temperature. Predilige le zone di pia-nura e trova il suo optimum di sviluppo neiterreni profondi, freschi, argillosi, acquitri-nosi e nei fontanili. In Sardegna si rinvie-ne, allo stato spontaneo nelle zone umide,lungo i ruscelli incassati tra le rocce o conletto ampio. Nei fontanili e presso gli ortisi formano colonie spesso derivate da pian-te introdotte per scopi vari.

Notizie selvicolturali. L’olmo campe- Distribuzione in Sardegna di Ulmus minor.

Frutti (samare) di Ulmus minor.

Page 194: Alberi Arbusti 2008

stre trova largo impiego in selvicoltura,nelle alberature stradali e come alberoornamentale nei parchi. La riproduzioneavviene generalmente per seme e sopperi-sce al limitato potere germinativo (circa30%) con 1a produzione di migliaia disemi. Presenta un accrescimento abbastan-za rapido nelle condizioni favorevoli, manei luoghi più aridi, o comunque sfavore-voli alla sua crescita, può restare allo statodi arbusto con sviluppo irregolare e senzafruttificare. È impiegato nei rimboschi-menti di terreni degradati o a forte conte-nuto di argilla. Si presta al trattamento aceduo e può essere capitozzato. Opportu-namente potato e tenuto allo stato arbusti-vo, si presta a costituire siepi e bordure.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è bianco-giallastro, rosato,bruno, duro, elastico, molto tenace e dura-turo. Prima di essere utilizzato deve essereben stagionato, in quanto in condizioninaturali si dissecca molto lentamente. Tro-vava impiego come legname da miniera,per pozzi ed opere idrauliche, come mate-riale per alcune parti (timone, ruote, basa-mento) del carro a buoi, per attrezzi agrico-li vari, basti, parti del telaio, fusi e conoc-chie, nei lavori di ebanisteria e per com-pensati. Il legno è un combustibile scaden-te, che brucia male producendo moltacenere.

Note etnobotaniche. Le foglie dell’ol-mo, attaccate da un afide (Eriosoma lanugi-nosum), producono delle galle bitorzolutericche di un liquido oleoso detto “acquad’olmo” o “balsamo dell’olmo”, che venivautilizzato per le scottature, come oftalmicoe contro i dolori reumatici, pratica diffusain molte parti del bacino mediterraneo.L’infuso della corteccia dei rami giovani,ricca di tannini, era utilizzato per la prepa-razione dei decotti astringenti contro icatarri intestinali. La polvere era usatacome cicatrizzante e contro le malattiecutanee, sempre in virtù delle proprietàantisettiche dell’elevato contenuto in tanni-ni. La corteccia possiede inoltre la proprie-tà di colorare in giallo i tessuti. Le foglie

contengono notevoli quantità di azoto esono appetite dal bestiame. Il legno dolce efacilmente lavorabile era utilizzato per farei timbri del pane (su tzichi), cotto nei fornicomuni a Bonorva. A scopo scaramantico, aOliena, si preparava con la foglia e ungrano di sale sa recetta, come protezionecontro il mal di testa e i dolori addominali.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. L’olmo campestre presentagrande variabilità, sia nelle foglie deglistessi individui, sia nello spessore dellacorteccia suberosa per la presenza di escre-scenze costolute e listelle nei rami giovani(var. suberosa (Moench) Fiori), che hannoquindi scarso significato sistematico.

SPECIE INTRODOTTE. Le altre specie delgenere Ulmus coltivate più comunementenei parchi, nei giardini, nelle alberate stra-dali della Sardegna sono tutte introdotte.L’olmo siberiano (Ulmus pumila L.), larga-mente diffuso nella regione siberiana, confoglie lunghe 4-6 cm, asimmetriche, liscesuperiormente, è abbastanza utilizzato neiparchi e nei giardini per la sua rapida cre-scita nella fase iniziale, ma presenta ildifetto di sramatura per la debolezza dellegno. L’olmo montano (Ulmus montanaWith. = U. glabra Hudson = U. scabraMiller), provvisto di grandi foglie ellittico-obovate lunghe sino a 12-14 cm, è comunenei viali di Sassari; degno di nota è ungrande albero di circa 30 m di altezza equasi 4 m di circonferenza, presente adAritzo. L’olmo bianco (Ulmus laevis Pall.),originario dell’Europa centrale, simile perportamento all’olmo comune, ma caratte-rizzato da samare a margine pelosetto di-sposte in racemi allungati con peduncoli di10-18 mm, si trova coltivato sporadica-mente lungo le alberate stradali (una colo-nia abbastanza consistente è presente aibordi della vecchia strada statale 131 pres-so Bonorva) e talvolta nei parchi urbani.Cultivar di origine ibrida sono presentisoprattutto nei parchi e nei viali dell’Euro-pa continentale, ma non è da escludere,stante l’intensità degli approvvigionamenti

194

Page 195: Alberi Arbusti 2008

delle aziende vivaistiche da quei paesi, laloro presenza in città o luoghi di villeggia-tura della Sardegna.

CELTIS L.

Piante arboree caducifoglie. Fiori erma-froditi e unisessuali. Involucro fioraleridotto, con 5-6 divisioni, caduco. Stami innumero uguale e opposti ai lobi. Ovariocon stimma appariscente distintamentebifido. Fiori maschili riuniti in piccoligrappoli e posti nella parte inferiore deirami. Fiori bisessuali situati nella partesuperiore dei rami all’ascella delle foglie.Disseminazione tramite gli uccelli.

Il genere Celtis comprende circa 70 speciedistribuite in tutto il mondo. Il centro di origi-ne è probabilmente situato in Asia, da dove siè diffuso prevalentemente nelle regioni tem-perate e tropicali dell’Emisfero settentrionale.

Celtis australis L., Sp. Pl.: 1043 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa australi et Africa citeriore.

Nomi italiani: Bagolaro, Spaccassassi.Nomi sardi: Ciugraxa (Villacidro); Sruca-

xa (Laconi); Sisulu (Villasalto); Solia-cra (Nuoro); Sulargia (Dorgali); Suhàr-gia (Urzulei); Sulzaga (Borore, Cuglie-ri, Padria, Villanova Monteleone);Uglia’e (Oliena); Urriache (Orani);Urria’e (Orgosolo); Sugargia, Sugraxa(Camp.); Suriaca, Surgiaga.

Nomi stranieri: Ingl., Nuttle tree, EuropeanHackberry; Fr., Bois de Perpignan,Micocoulier de Provence; Ted., Südli-cher Zürgelbaum; Sp., Almez, Almecino,Lodonero.

Albero di media grandezza, alto fino a30 m con chioma espansa e tronco adultoscanalato alla base. Foglie alterne di 5-12 x2-5 cm, ovali, ovato-lanceolate, acuminate,sviluppate asimmetricamente rispetto alla

nervatura mediana; margine serrato a den-telli cuspidato-acuminati; lamina superior-mente scabra, verde-scura; inferiormentecon 3-4 nervature più marcate, pubescente,verde-chiara; picciuolo di 8-15 mm. Fioriunisessuali ed ermafroditi sui nuovi ramet-ti: i maschili con calice di 4-5 divisioni per3-4 mm, con margine peloso-ghiandoloso,includenti le antere giallo-verdastre; gliermafroditi con ovario glabro, pelosetto inalto, verdastro; stimma bipartito, fortemen-te peloso; base del disco pelosa. Frutto:drupa di 10-12 mm nera a maturità a polpadolciastra e con nocciolo reticolato-rugo-so. 2n=40.

Tipo biologico. Albero caducifoglio contronco ramificato da breve altezza e chio-ma globosa o ovato-piramidale nelle pian-te di grandi dimensioni. Mesofanerofita.

Fenologia. Il bagolaro inizia il periodovegetativo a marzo e la fioritura è contem-poranea o immediatamente successiva

195

Distribuzione in Sardegna di Celtis australis.

Page 196: Alberi Arbusti 2008

Celtis australis L. - Ramo con frutti, ramo con fiori, fiori x1,8 e x3,6; fiore con stami x7,2; foglie, frutto x0,6.

Page 197: Alberi Arbusti 2008

197

Albero monumentale di Celtis australis in territorio di Baunei.

Page 198: Alberi Arbusti 2008

198

all’emissione delle foglie. I frutti maturanoa settembre-ottobre.

Areale. Il suo areale originario va dal-l’altipiano iranico, al Caucaso, al bacinodel Mediterraneo ed alle isole Azzorre. Aseguito del suo uso in selvicoltura è statodiffuso anche in altre regioni del mondo. InSardegna si rinviene soprattutto nei luoghicollinari.

Ecologia. Specie eliofila e termofila,predilige i luoghi aridi, sassosi con climamite. È frequente tra i ruderi e le rovine, epenetra, talora, tra le spaccature dei muri.In Sardegna predilige le zone costiere, maè facile trovarlo anche nei luoghi montanie negli ambienti freschi con suoli profondi,sporadico sino a 1.000 m di quota, ma noncostituisce formazioni pure e resta, per lopiù sporadico, ai limiti dei boschi o tra lemacchie e le boscaglie.

Grandi alberi. Il bagolaro di maggioridimensioni conosciuto in Sardegna, conun’altezza di circa 25 m e circonferenza dioltre 500 cm, si trova presso il santuariocampestre di San Pietro di Baunei, su sub-strato basaltico. È un albero imponente,perfettamente integro, con tronco diritto echioma assurgente, accanto ad alberi dioleastro egualmente poderosi. Un alberocon tronco di notevoli dimensioni (340 cmdi circonferenza) si trova ancora in territo-rio di Baunei a Santa Naria Navarrese.Altri alberi notevoli sono presenti anchenelle città e sono di evidente derivazioneda coltura.

Notizie selvicolturali. Il bagolaro è unalbero longevo e presenta un accrescimentoabbastanza rapido soprattutto durante i primianni. Si diffonde per seme, ed è propagatoper piantine allevate in vivaio, ma anche pertalee e propaggini. Può essere governato adalto fusto, ma più comunemente è trattato aceduo per la produzione di pertiche, forche

per la fienagione, stecche da biliardo, remi.Può essere utilmente impiegato nei rimbo-schimenti di terreni aridi e degradati. È lar-gamente utilizzato nelle alberature stradali enei giardini, tuttavia il poderoso sviluppodelle radici sconsiglia il suo impiego in spazinon sufficientemente ampi. Inoltre, la suapresenza nelle strade cittadine, per l’abbon-dante produzione di foglie, crea non pochidisagi al momento della caduta durante ilperiodo autunnale. Le drastiche potaturedeterminano la rapida crescita di numerosinuovi rami che ricompongono in breve ledimensioni originarie della chioma, ma allostesso tempo si ha un indebolimento com-plessivo della pianta.

Caratteristiche e utilizzazioni del legno.Il legno di colore bianco-grigiastro, gialla-stro, di buona qualità, viene utilizzato nel-l’industria per usi che richiedono tenacità eflessibilità e per lavori di tornio e scultura. Èun buon combustibile.

Note etnobotaniche. Le varie utilizza-zioni del legno del bagolaro hanno fatto sìche questa specie, in Sardegna, fosse sem-pre abbastanza rispettata. Veniva utilizzatoper fare attrezzi per i lavori dei campi edera ricercatissimo per i gioghi dei buoi,parti del carro e dell’aratro tradizionali. Larapidità di crescita nella fase giovanile esoprattutto l’elevata capacità pollonifera aseguito del taglio ne facevano una dellepiante preferite per ottenere pertiche divario uso (radicariu) come attestato negliantichi condaghi. La corteccia ha proprietàconcianti e le radici danno una colorazionegialla alla lana. I rami giovani molto flessi-bili erano utilizzati per tenere uniti i reci-pienti di legno o di sughero. I frutti sonoeduli e i semi oleosi. Le foglie in infusoerano utilizzate in decotto per combatterela dissenteria, i flussi mestruali eccessivi ele emorragie.

Page 199: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE URTICALES

MORACEAE

Piante arboree o arbustive, caducifo-glie, lattiginose. Fiori unisessuali, piccoli,sulla stessa pianta o su piante diverse. Fiorimaschili con involucro campanulato con 3-4 stami. Fiori femminili con involucro atre-quattro divisioni. Frutto: drupa.

La famiglia delle Moraceae comprende61 generi, tra cui Maclura, Morus, Brous-sonetia, e circa 1.500 specie diffuse soprat-tutto nelle zone tropicali e subtropicali.Numerose specie di questa famiglia sonoutilizzate come piante ornamentali o per iloro prodotti più tipici, legname e frutti.

FICUS L.

Piante con portamento arboreo ed arbu-stivo, ma anche rampicanti o erbacee, latti-ginose. Fiori unisessuali sulla stessa piantao su piante diverse. Fiori con perianziorudimentale, racchiusi in un ricettacolo chediventa carnoso ed edule (siconio). Frutto:achenio o drupa all’interno di infruttescen-ze carnose formate dall’espansione delricettacolo.

Il genere Ficus comprende circa 1.000specie diffuse nelle regioni tropicali o sub-tropicali. Molte specie sono utilizzate ascopo alimentare o ornamentale.

Ficus carica L., Sp. Pl., 2: 1059 (1753)

(Incl. Ficus carica var. carica e F.caprificus Risso, Fl. Nice, 434; Miq. Ann.Mus. Bot. Lugd. Bat. iii. 290).

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa Australi, Asia.

Nomi italiani: Caprifico, Fico.Nomi sardi: ‘Aprui’u (Orgosolo); Crabu

figu (Berchidda, Bolotana, Sassari);Crabu vigu (Anela, Bono, Ittiri, Ozieri,

Padria); Crapuicu (Orani, Sarule); Figa(Alghero); Ficu arestu (Tempio); Figucrapa (Villasalto); Figu Crapina (Bur-cei); I’u ‘e sartu (Oliena); Figu era(Santadi); Fihu craba (Urzulei); Figuapru, Figu de Crabas, Crabioni, Icuagreste.

Fico coltivato (nomi generici): Fica, Figu,Figga, Figu chia, Icu, Icu cana, Icubianca, Icu Nighedda, Icu ruja.

Cultivar sarde: Bianca, Burdasciotta, But-tada, Calabresa, Cana, Cana era, Car-canzi trota,Craxiou de Porcu, De DuasVias, Fico di Solanas, Genovese, Marti-nica, Mattalò, Mattiniedda, Monteleo-ne, Murena Nera, Murra, Virde, Mendu-lina, Montina, Pasadina, Perdingiana,Pessighina, Rampelina, Zocchitta,(selezione).

Nomi stranieri: Ingl., Caprifig; Fr., Figuiercommun, Caprifiguier; Ted., Feige,Echter Feigenbaum; Sp., Figueraborda, Higuera, Cabrahigo.

Arbusto o albero di piccole dimensionialto fino a 12 m a chioma globosa, espan-sa. Corteccia del fusto liscia, biancastra,cenerina. Rami fortemente contorti, nume-rosi. Foglie intere cuoriformi, picciuolatecon lamina intera o tri- pentalobata, lunga10-20 cm, larga spesso altrettanto, con ner-vature prominenti, lattiginose, tomentosenella pagina inferiore, pubescenti in quellasuperiore, scabre. Fiori piccoli, ialini, uni-sessuali, contenuti entro il ricettacolo chesi sviluppa a otricello; fiori femminili, ste-rili a stilo corto e fertili a stilo lungo, rive-stono l’interno della cavità; i maschilisituati presso l’ostiolo posto alla sommità;il ricettacolo a maturità costituisce il fico,o siconio, infruttescenza carnosa, cavainternamente, piriforme, globosa o schiac-ciata all’apice, glabra, di colore vario, daverde-chiaro, a violaceo, nero-scuro oscreziato, con buccia intera o più o menoscrepolata a maturità. Semi minuti.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso oalbero di modeste dimensioni, caducifo-glio. Microfanerofita o mesofanerofita.

199

Page 200: Alberi Arbusti 2008

Ficus carica L. - Ramo con frutti x0,5; fiore maschile e femminile x5; infruttescenza in sezione x1.

Page 201: Alberi Arbusti 2008

201

Fenologia. Il siconio si sviluppa primadell’emissione delle nuove foglie (fioroni,maturanti a maggio-giugno) sui rami del-l’anno precedente o contemporaneamentead esse sui rami d’annata (forniti, maturan-ti a luglio-agosto) o decisamente tardivi(cratiri, maturanti a settembre-novembre).Nel suo interno avviene l’impollinazionead opera della femmina alata di un imenot-tero, la Blastophaga psenes. L’insetto cari-co di polline penetra nella cavità, depone leuova nei fiori sterili (fiori di galla) e fecon-da i fiori fertili. Contemporaneamente allosviluppo dei nuovi insetti si ha la matura-zione del polline. L’insetto adulto, caricodi polline, lascia il ricettacolo attraversol’ostiolo e penetra in un altro siconio rini-ziando il ciclo. Inizia così la maturazioneche avviene in modo scalare a partire dallaparte basale verso l’apice. Si possonoavere cultivar con una sola (unifere), due(bifere) e tre (trifere) produzioni di fichi,che possono essere portati anche contem-poraneamente sulla stessa pianta. Le varie-

tà precoci sono in genere molto pregiate,mentre quelle più tardive lo sono meno.Nel caprifico il processo è analogo, ma ilsiconio è commestibile di rado, anche setalora presenta pezzatura simile a quellidelle piante coltivate.

Areale. Il fico coltivato è una specieoriginaria del Medio Oriente e sin daitempi antichi era ampiamente diffuso neipaesi mediterranei e caldi in genere. Il suoareale originario risulta quindi di difficilericostruzione, rispetto alla diffusione attua-le. Inoltre, oggi tende ad essere coltivatopressoché in tutto il mondo particolarmen-te nelle aree con clima di tipo mediterra-neo, come California, Africa del Sud eAustralia, ma anche nelle coste atlantiche enell’Europa continentale.

Ecologia. Il fico è una specie eliofila etermofila che, allo stato selvatico, vive suqualsiasi substrato, nelle zone rocciose eruderali e talora anche nelle fessure deimuri. In Sardegna, le forme selvatichesono comuni soprattutto nella fascia

Infruttescenze (fichi) di Ficus carica var. caprificus.

Page 202: Alberi Arbusti 2008

termo-mediterranea, lungo i corsi d’acqua,ai margini delle case abbandonate, suiruderi e sui muri, con il limite altimetricointorno ai 1.000 metri. Le forme coltivatesono invece legate alle colture arboree, allevigne, agli orti, dove stanno ai loro margi-ni o in prossimità delle case di campagna enei cortili di paese.

Notizie selvicolturali. È una pianta adaccrescimento rapido nei primi anni. Levarietà coltivate, che sono diverse centi-naia, si propagano solo per via vegetativa,preferibilmente per innesto o semplice-mente interrando un ramo o pollone radica-le. Esse non producono fiori maschili espesso, nelle vicinanze delle coltivazioni,si lasciano vegetare i ceppi selvatici perfavorire l’impollinazione da parte dellaBlastophaga psenes. La coltivazione hascopo esclusivamente agronomico per ilfrutto, di cui le regioni maggiormente pro-duttrici sono Turchia, Grecia, Italia, Spa-gna, Marocco, Siria, ma anche California ele altre aree del mondo a clima mediterra-neo.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è tenero, poco compatto,biancastro, marcisce rapidamente ed è unmediocre combustibile. Veniva utilizzatodai Greci e dai Romani per intagliare sta-tue di divinità agricole. Il legno dei ramigiovani era utilizzato per manici su cuivenivano inseriti utensili in metallo.

Note etnobotaniche. Il fico è conosciu-to fin dall’antichità ed è coltivato forse daoltre 6.000 anni (quindi è un albero da frut-ta tra quelli di più lunga coltura) ed èampiamente menzionato nella Bibbia.Grande considerazione questa pianta dove-va avere nel Medio Oriente, dato che laTerra Promessa veniva descritta come riccadi alberi di fico.

Vago simbolo fallico, considerato fruttosenza fiore, suggeriva colorite interpreta-zioni. Un albero di fico, venerato poi comefico Ruminale, servì da riparo a Romolo eRemo allattati dalla Lupa e fu sacro a Silva-no, Giunone e Dioniso. I Romani ne colti-vavano moltissime varietà e Vitellio il cen-

sore portò dalla Siria le qualità più pregiateper piantarle nei suoi campi. Il frutto fuampiamente commercializzato sia allo statosecco che fresco. Plinio narra che Catone,per indurre il Senato a intraprendere laguerra risolutiva contro Cartagine, mostròun fico fresco proveniente dall’Africa,facendo notare che solo tre giorni di mareseparavano i temuti nemici. Fu lo stessoCatone a suggerire una riduzione dellarazione alimentare ai lavoratori dei campinel periodo di maturazione dei fichi.

Il frutto ha rappresentato sempre un ali-mento molto ricercato e apprezzato perchéricco di sostanze azotate e zuccherine. Illattice che sgorga da tutte le parti dellapianta è irritante, caustico e velenoso eveniva usato, talora, per eliminare porri everruche. In alcuni paesi della Sardegna sicredeva di poter porre rimedio al pianto deineonati uscendo a notte fonda e, senzaessere visti, lanciando un ramo di fico

202

Distribuzione in Sardegna di Ficus carica.

Page 203: Alberi Arbusti 2008

acceso nel tetto più alto del paese. I riferi-menti di tipo scaramantico e medicinale-magico della pianta di fico sono numerosie per i motivi più disparati. La foglia, il lat-tice, il frutto immaturo o maturo, il legno egli stessi alberi potevano avere grandeimportanza con l’ausilio delle opportuneparole magiche e di richiamo al sacro. Incampo alimentare il fico rappresenta anco-ra un’importante fonte proteica e si consu-ma fresco, secco, in marmellate, o vieneutilizzato per confezionare dolci caratteri-stici anche con altra frutta secca (mandor-le, noci, uva passa) nei diversi paesi. Inriferimento alla presenza del fico o delcaprifico esistono numerosi toponimi intutta la Sardegna.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Ficus carica è generalmentesuddiviso in due varietà (var. carica = var.domestica L., = var. sativa Fiori per indica-re le forme coltivate e var. caprificus L.,per quelle selvatiche). È ovvia la deriva-zione delle forme coltivate dai ceppi selva-tici. Le razze domestiche selezionate tra-mite propagazione vegetativa sono moltonumerose. In Sardegna, Chessa e Nieddu(in Agabbio, 1994) hanno censito 26 culti-var, tra le quali alcune diffuse in gran partedel territorio, altre molto rare o addiritturasolamente con pochi esemplari conosciuti.Di recente, ad opera dei vivaisti, sonocommercializzate anche cultivar di altreregioni mediterranee.

Una prima distinzione tra i fichi coltiva-ti si può fare tra quelli cosiddetti bianchi equelli neri. In entrambi i casi si possonoriscontrare cultivar che presentano unasola (de una via) o due (de duas vias) pro-duzioni stagionali. Ai fichi cosiddetti bian-chi (in realtà di diverse tonalità di verde)sono associate foglie intere o trilobate, piùrare le pentalobate, con lobi poco sviluppa-ti, mentre quelli neri hanno foglie più difrequente profondamente incise tri- o pen-talobate. Il campione tipo di Linneo, con-servato presso l’erbario del Museo di Sto-ria Naturale di Londra, ha foglie penta-lobate, più comuni nei fichi neri. Tra le due

forme estreme di colore dei frutti esisteuna gamma di tonalità (rosate, rossastre,bluastre, nere, variegate) che le ricolleganoin modo continuo. Sono ugualmente varia-bili le dimensioni e le forme (piriforme,ellissoidale, globosa schiacciata, con dia-metro maggiore della lunghezza dal pedun-colo all’apice, e con collo allungato oridottissimo). Variabilità analoga si riscon-tra nella consistenza e nel colore dellapolpa. Anche nelle forme spontanee (selva-tiche) esiste una grande variabilità del tuttoanaloga per colore, forma e dimensioni, esebbene la commestibilità sia generalmen-te rara non mancano casi di infruttescenzeeduli che meritano di essere propagate incoltura.

I biotipi coltivati sono geneticamentedel tutto compatibili con quelli selvatici, adimostrazione che il gran numero di formeè strettamente legato alla selezione disrup-tiva, così come avviene con le specie arbo-ree di interesse fruttifero, operata dall’uo-mo che ne favorisce la conservazione tra-mite il taleaggio o l’innesto. Tra le cultivarpiù apprezzate in Sardegna sono da segna-lare il fico di Monteleone, che matura adagosto producendo grandi frutti, il fico diPosada (Icu Pasadina) e il fico nero diSolanas, che viene coltivato nelle golenedei corsi d’acqua intermittenti di questoterritorio, soprattutto per i fioroni chematurano alla fine di maggio, di dimensio-ni notevoli e di sapore molto gradevole.Per questo motivo sono talvolta ancora tra-mandati nelle divisioni ereditarie, indipen-dentemente dalla proprietà del fondo, etalora si assiste all’assegnazione dellebranche di uno stesso albero a più persone.

SPECIE INTRODOTTE. Tra le specie colti-vate sono diverse quelle del genere Ficus,introdotte per scopo ornamentale. Sononotevoli diversi esemplari di Ficus magno-lioides Borzì, di origine Est-asiatica, unalbero dalle foglie grandi e lucide a margi-ne intero e apice appuntito, di cui, aCagliari, esistono esemplari di dimensioninotevoli, con le caratteristiche radici aeree.

203

Page 204: Alberi Arbusti 2008

Infruttescenze (fichi) di Ficus carica var. carica.

204

Da segnalare la pianta nel grottone del-l’Orto Botanico e all’inizio della ViaRoma. Sempre a Cagliari, ma anche inaltre città costiere, è frequente la presenzadi Ficus retusa L., dal poderoso apparatoradicale e con radici aeree a fasci di mode-ste dimensioni e foglie ovali ad apiceappuntito con margine intero, lucide, lisce.Ficus elastica Roxb., dalle grandi foglieellissoidali e lucide in entrambe le pagine,è generalmente coltivato negli apparta-menti o nei cortili riparati, ma piante digrandi dimensioni si trovano anche a cieloaperto nelle coste del centro-sud dell’Isola.

Specie di antica introduzione sono igelsi (Morus alba L. e Morus nigra L.) col-tivati nel passato anche per l’allevamento

del baco da seta (pratica che sembrasopravvivere ancora solamente a Orgoso-lo). Vengono utilizzati nelle alberate stra-dali e nei parchi pubblici, mentre piantesicuramente molto annose sono presentiqua e là, in particolare presso l’antico con-vento dell’isola di Santa Maria, nell’arci-pelago di La Maddalena. Maclura pomife-ra (Rafin.) C.K. Schneider (= Macluraaurantiaca Nutt., = Toxiylon pomiferumRafin.), introdotta per bordure di confineper i suoi rami spinescenti, è caratterizzatadai frutti rugosi grandi come un’ arancia.Più rara è Broussonetia papyrifera (L.)Vent., albero con foglie lucide cuoriformi,coltivato per scopi ornamentali e per laproduzione di cellulosa.

Page 205: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE MAGNOLIALES

LAURACEAE

Piante arboree o arbustive, sempreverdi.Fiori bisessuali o unisessuali riuniti ininfiorescenze globose su una stessa pianta(monoiche) o su piante diverse (dioiche).Involucri fiorali poco appariscenti. Frutto:bacca o drupa. La famiglia delle Laura-ceae comprende 21 generi con circa 2.500specie diffuse nelle zone con clima oceani-co dell’Asia sud-orientale, Australia, Ame-rica e regioni atlantiche dell’Africa. Nellezone tropicali caratterizzano con la loropresenza le formazioni forestali di pianura.In montagna, si trovano talvolta sino a2.700 m, resistenti alle notevoli escursionitermiche.

Le Lauraceae rappresentano un’anticafamiglia delle Angiosperme dicotiledoni.Numerosi resti fossili risalenti al Terziariosono stati ritrovati nella regione mediterra-nea. Nella sottofamiglia delle Lauroideaericadono specie come Persea gratissimaGaertner (frutto), Cinnamomum camphoraT. Nees et Eberm. e C. zeylanicum L. (can-nella), coltivate sporadicamente comepiante ornamentali anche in Sardegna, ediverse specie del genere Sassafras (oliessenziali). Molte specie sono utilizzate inebanisteria per i loro legni profumati.

LAURUS L.

Piante arboree o arbustive, sempreverdicon foglie coriacee. Fiori unisessuali pic-coli, regolari, poco appariscenti, riuniti ininfiorescenze globose e situati su piantediverse. Frutto: drupa.

Il genere Laurus, sebbene comprendasolo due specie: Laurus nobilis L. diffusonel Mediterraneo e Laurus azorica (Seub.) J.Franco, presente nelle Azzorre e nelle Cana-rie, ha dato il nome alla famiglia. Resti fos-sili di queste due specie sono stati ritrovatinei tufi interglaciali dei dintorni di Marsi-glia, nelle argille e arenarie oligoceniche

della Germania settentrionale e di altre loca-lità europee. In Italia fossili di Laurus nobi-lis e Laurus azorica sono stati trovati indepositi pliocenici, nei travertini del Quater-nario e nei tufi vulcanici. Questi reperti, di-stribuiti in tutta la regione europea, testimo-niano la presenza, durante il Terziario, diformazioni forestali ad alloro. Si ritenevache l’alloro fosse originario dell’Asia Mino-re, ma la presenza di fossili di Laurus assie-me ad impronte di filliree, leccio, querciaspinosa, ontano, faggio, olmo campestreconferma l’indigenato della specie anchenella regione mediterranea.

I Greci chiamavano l’alloro Daphne,secondo un antico mito che vuole questaninfa trasformata in albero di alloro persfuggire alle insidie amorose del dio Apollo.

Laurus nobilis L., Sp. Pl.: 369 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Italia, Graecia.

Nomi italiani: Alloro, Lauro.Nomi sardi: Araru (Sassari); Labru (Olie-

na, Orgosolo); Laru (Berchidda, Ittiri,Oschiri, Padria); Lavru (Bolotana,Cuglieri, Orani); Lau (Burcei, Flumini-maggiore, Laconi, Villasalto); Latiu,Laveru, Loro, Loru.

Nomi stranieri: Ingl., Bay tree, Noble lau-rel; Fr., Laurier d’Apollon, Laurier;Ted., Lorbeer-Baum; Sp., Laurel.

Albero alto fino a 15-20 m o, general-mente, arbusto, sempreverde, con fogliepersistenti più anni. Chioma allungata,conico-piramidale, densa. Corteccia liscia,grigia o nerastra. Foglie di 6-9 x 4-6 cm,ellittiche, ovato-lanceolate, ad apice acuto,coriacee, intere o ondulate al margine, pic-ciuolate, alterne, con ghiandole aromati-che, di colore verde-scuro nella paginasuperiore e verde-chiaro in quella inferio-re. Fiori unisessuali su piante distinte.Infiorescenze globose con fiori maschili ainvolucro giallastro formato da quattro

205

Page 206: Alberi Arbusti 2008

Laurus nobilis L. - Rami con frutti e con fiori x0,5; fiore femminile, fiore maschile x1,5; stame x5.

Page 207: Alberi Arbusti 2008

207

Infiorescenze maschili di Laurus nobilis.

Formazione naturale di Laurus nobilis in territorio di Bortigali nel Marghine.

Page 208: Alberi Arbusti 2008

petali ovoidali caduchi, con 8-12 stami;fiori femminili con ovario circondato da 2-4 staminodi, in ombrelle 4-5 flore. Drupaellittica, ovoidale lunga 10-15 mm, nero-lucente a maturità. 2n=14, 28.

Tipo biologico. Albero, alberello o arbu-sto arborescente, sempreverde. Nanofane-rofita, microfanerofita o mesofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in marzo-maggio ematura i frutti a ottobre-dicembre. I fruttipermangono sulla pianta fino ad invernoinoltrato.

Areale. È una specie mediterranea pre-sente nelle zone costiere della PenisolaIberica, Africa settentrionale, Penisola Bal-canica e Asia Minore. In Italia è frequentelungo le coste, nelle isole e nelle zonemeglio esposte delle Alpi e dei laghi preal-pini. In Sardegna, l’alloro è diffuso soprat-tutto nel settore settentrionale, in particola-re nei dintorni di Osilo, nel territorio di

Macomer, a Monte Minerva e nell’lgle-siente. La sua distribuzione in Italia puòessere distinta in due settori: uno presso ilaghi prealpini dove si è conservato comerelitto, l’altro in varie zone della regionemediterranea dove è sopravvissuto in iso-late stazioni di rifugio fresche e umide. Adogni qual modo, l’areale attuale è forte-mente influenzato dalla sua coltivazioneper vari scopi e anche nell’Isola si ritrovaun po’ ovunque.

Ecologia. Specie mesofila tendente atermofila, l’alloro predilige un tipo diclima caldo-umido. Il suo ambiente prefe-rito è quello delle colline medio-montane,dei valloni freschi ma soleggiati. Come lamaggior parte delle Lauraceae predilige iterreni profondi e ben drenati. Sopportaabbastanza bene il freddo, purché noneccessivo. Costituisce anche formazioniboschive indicate come laureto o macchia-foresta ad alloro. Le attuali formazioni adalloro, specialmente sui substrati effusivipliocenici della Sardegna nord-occidenta-le, possono essere considerate come relittidi una più estesa foresta a Laurus, che, inseguito a cambiamenti climatici, si è con-servata in poche zone di rifugio. Le forma-zioni descritte da Desole intorno al 1960per il territorio di Osilo sono fortementeridimensionate e oggi si trovano soprattut-to come siepi confinarie, macchie moltodegradate o come cespi sporadici. Il nucleopiù consistente è quello che, nel versantemeridionale del Marghine, va da Bortigalia Macomer e oltre, a 400-600 m di quota.Forma macchie e boscaglie, degradate dairipetuti incendi (l’ultimo in ordine ditempo nel 2004, in località S’Adde) cheimpediscono la naturale evoluzione versoformazioni boschive vere e proprie. Secon-do la classificazione del Pavari, il Laure-tum costituisce la fascia fitoclimatica cheprecede il Castanetum a quota maggiore.

Grandi alberi. Non esistono alberi dialloro di grandi dimensioni, consideratoche si tratta fondamentalmente di una pian-ta a portamento arbustivo. Un esemplarepiantato nel 1943, alto 10 m con circonfe-

208

Distribuzione in Sardegna di Laurus nobilis (stazioninaturali).

Page 209: Alberi Arbusti 2008

209

renza di 210 cm, si trova a Montevecchioin comune di Guspini. Un altro grandealbero, alto circa 15 m, esiste nel giardinodella Facoltà di Agraria a Sassari.

Notizie selvicolturali. L’alloro si ripro-duce per seme, polloni, talea o margotta.Nei paesi caldi, la semina si effettua diret-tamente su terreno leggero, mentre in quel-li con temperature più basse in vivaio contrapianto poi dei semenzali. È largamenteutilizzato nei giardini e nei parchi a scopoornamentale, foggiato in varie forme geo-metriche, o tenuto basso a siepe per costi-tuire bordure. La sua rusticità e la persi-stenza delle foglie per più anni ne consi-gliano l’utilizzo nei giardini come speciesempreverde, anche in ragione della mino-re cura che necessita. Una volta insediato,grazie alla notevole capacità pollonifera ealla emissione di getti dalle radici, costitui-sce cespi molto estesi e per mantenere ilsuo stato come pianta monocormica occor-re spollonare di frequente.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è duro, elastico, pocopesante, grigio o leggermente brunastro. Èutilizzato nei lavori di ebanisteria, di inta-glio e per la costruzione di piccoli oggettimolto apprezzati, perché mantengono perlungo tempo un profumo aromatico.

Note etnobotaniche. Nel mondo classi-co, per le sue virtù magiche, medicamento-se e culinarie, fu secondo per considerazio-ne e devozione solo all’olivo. Si ritenevache preservasse dalla peste e dai fulmini eper questo era coltivato presso le case dicampagna, sebbene non si abbia, in genere,coscienza di questo fatto. Era pianta sacraanche ad Apollo e simbolo di sapere, dipace e di vittoria presso gli antichi Greci ei Romani. Di alloro erano le corone deigenerali vincitori romani e dei poeti. DaLaurus derivano le parole laurea e baccel-liere (Bacca lauri). Le foglie molto aroma-tiche erano utilizzate per condimento pres-

so tutti i popoli del Mediterraneo e da essesi ricavava un infuso considerato febbrifu-go, antimalarico, antireumatico, stomachi-co, diuretico e carminativo. Dalle bacche siestraeva un olio etereo che entrava nellacomposizione dell’unguento laurino, uti-lizzato contro i dolori reumatici. Le bac-che, in infusione alcolica per 20-30 giorni,danno un liquore stomachico e digestivo.La corteccia ha la proprietà di colorare ingiallo la lana. Era utilizzato come esca peraccendere il fuoco sfregandolo con unpezzo di legno d’edera. Secondo un anticomito la fiamma sprigionata dai due legniera segno di un’unione feconda fra le duespecie che vivevano una abbarbicata all’al-tra. L’edera, femmina e fredda, si incendia-va al contatto dell’alloro, maschio e porta-tore di calore.

In Sardegna le tradizioni di utilizzazionedell’alloro sono amplissime, in particolarequelle rituali e religiose, e toccano i variaspetti dell’etnobotanica, che richiamanoquelle di antica origine, diffuse in tutta l’a-rea mediterranea, arricchite dall’apportospecifico delle diverse comunità locali.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. L’alloro, riproducendosi moltofacilmente per via vegetativa tramite pollo-ni radicali, presenta scarsa variabilità mor-fologica. Tuttavia, si possono osservarefoglie più o meno lisce o ondulate e larghee frutti da rotondeggianti a ovali.

Tutela e protezione. Le boscaglie adalloro rappresentano un habitat prioritariosecondo la Direttiva Comunitaria 43/92,ma mancano sinora i necessari piani digestione richiesti dalla normativa.

SPECIE INTRODOTTE. Le specie dellafamiglia delle Lauraceae sono di ambientiextra-mediterranei e sono molto rare quellecoltivate. Una bella eccezione è data da Cin-namomum camphora T. Nees et Eberm, ori-ginario della Cina, presente ad Arborea.

Page 210: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE RANALES

BERBERIDACEAE

Piante arbustive o erbacee perenni talo-ra provviste di rizomi o tuberi. Rami iner-mi o con spine alla base di foglie, che sonoalterne, semplici o composte. Fiori solitario riuniti in infiorescenze a racemo o pan-nocchia. Frutto: bacca o capsula.

La famiglia delle Berberidaceae com-prende circa 15 generi suddivisi in 600-650 specie, diffuse in tutto il mondo.

Molte specie di questa famiglia hanno inte-resse farmaceutico per le resine che si estrag-gono dai rizomi, altre sono utilizzate comepiante ornamentali e trovano impiego soprat-tutto per costruire siepi vive o cespi isolati.

BERBERIS L.

Piante arbustive spinose con molti ramieretti o ricurvi. Foglie caduche o persisten-ti, intere, semplici, isolate o riunite a grup-pi di tre. Spine acute, trifide, derivate dallatrasformazione delle foglie. Fiori in race-mi; petali concavi più piccoli dei sepali;stami che si contraggono all’urto avvici-nandosi allo stimma. Frutto: bacca.

Il genere Berberis comprende circa 450-500 specie diffuse in Asia, Europa, America.Varia è l’interpretazione etimologica delnome Berberis; secondo alcuni Autori deri-verebbe dal greco «bérberi» = conchiglia,per la forma concava dei petali. Altri ancoralo ritengono derivato da «barbar» che nellinguaggio fenicio significa lucente, per labrillantezza delle foglie, o dall’arabo «ber-beris» per indicare i frutti.

Berberis aetnensis C.B. Presl, Fl. Sic. 1:28 (1826)

Sin.: Berberis cretica Loisel., Fl. Gall.1: 233 (1806)

B. vulgaris L. var. aetnensis (Presl)Guss.

B. vulgaris L. ssp. aetnensis (Presl)Rouy et Foucaud, Fl. Fr., 1: 148 (1893)

B. boissieri C. K. Schneider, Bull. Herb.Boissier, ser. 2, 5: 660 (1905).

Regione della prima descrizione: Etna,Sicilia.

Nomi italiani: Crespino dell’Etna.Nomi sardi: Ispina Santa (Fonni, Desulo).Nomi stranieri: Ingl., Barberry’s Etna;

Fr., Epine-vinette de l’Etna; Ted. Aetna-Berberitze.

Arbusto prostrato o a rami eretti di 30-60 cm, molto ramificato, spinosissimo.Corteccia grigiastra, cenerina o più o menoscura. Foglie semplici reticolate per nerva-ture evidenti, ellittiche, obovate, cuneatealla base con un brevissimo picciuolo;riunite in gruppi di 3-5 su brachiblastiprovvisti alla base di spine 3-5 partite, conaculei giallastri solcati inferiormente, lun-ghi 5-16 mm; lamina di 9-25 x 6-15 mm,serrato-spinulosa per tutta la lunghezza delmargine. Fiori gialli in racemi più lunghidelle foglie, con una bratteola alla base deipedicelli; calice con 6 sepali, ovati, giallo-verdastri; petali gialli con ghiandole allabase. Bacche oblunghe di 6-9 mm, rosse,nero-bluastre nel secco, di sapore acidulocon 1-2 semi. 2n=28.

Tipo biologico. Arbusto a portamentoprostrato, caducifoglio. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce a giugno e matura ifrutti a settembre-ottobre.

Areale. Berberis aetnensis è diffuso nellemontagne di Corsica, Calabria, Sicilia. InSardegna è frequente oltre i 1.400 m di quotanel Gennargentu e nei monti di Oliena.

Ecologia. Arbusto eliofilo indifferenteal substrato, vegeta nelle zone montaneoltre i 1.400 m di altitudine nelle radure enei luoghi sassosi assolati. In Sardegnatrova il suo habitat più favorevole sullepietraie silicee del Gennargentu, partico-larmente sui rocciai degli sciuscius, e inuna vallecola sui calcari a circa 1.400 m diquota sul Corrasi.

210

Page 211: Alberi Arbusti 2008

Berberis aetnensis C Presl. - Ramo con frutti x 0,8; rametto con frutti x 1,6.

Page 212: Alberi Arbusti 2008

212

Note etnobotaniche. Secondo Moris ilfrutto del Berberis potrebbe essere impie-gato in medicina come rinfrescante. Ilnome Spina Santa è attribuito a diversespecie spinose arbustive mediterraneecome, ad esempio più comunemente, aLycium europaeum L. o Paliurus spina-christi L.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il complesso di Berberis aet-nensis, descritto da Presl, è stato ripetuta-mente attribuito a specie diverse o di rangoinferiore alla specie, soprattutto per lavariabilità a livello fogliare. Purtuttavia, ledifferenze che si riscontrano nelle diversearee geografiche dell’areale, sebbene nongiustifichino appieno una separazione alivello specifico, in quanto esiste una fortevariabilità a livello fogliare anche in unostesso ambito geografico, consentono didifferenziare le varietà basate su questocarattere già ampiamente descritte per l’Et-na (var. macroacantha Guss., brachyacan-tha Strobl, var. cuneifolia Torn.), e per laCalabria (var. calabrica Schneider); anche Distribuzione in Sardegna di Berberis aetnensis.

Formazione a Berberis aetnensis e Juniperus sibirica sugli acumuli di massi incoerenti (sciuscius) nel Gennargentu.

Page 213: Alberi Arbusti 2008

213

B. boissieri, descritto per la Corsica e laSardegna da Schneider, può essere indica-to come varietà.

SPECIE INTRODOTTE. Tra le specie piùcomuni delle Berberidacae coltivate inSardegna per scopi ornamentali si ricorda-no: Berberis vulgaris L., arbusto caducifo-glio, cespitoso di 1,5-2,5 m di altezza, uti-

lizzato nei parchi e nei giardini per siepi egruppi isolati, così come Berberis darwiniiHook, dell’America meridionale, dall’ab-bondante fioritura primaverile, e Mahoniaaquifolium Nutt, originaria dell’Americanord-occidentale, arbusto sempreverdecon foglie grandi, verdi-scure, lucide, amargine spinuloso, fiori giallastri e fruttiazzurrognoli persistenti.

Infiorescenza di Berberis aetnensis.

Frutti maturi di Berberis aetnensis.

Page 214: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE ROSALES

GROSSULARIACEAE

Piante arbustive molto ramificate, con ramiinermi o spinosi. Foglie palmate, lobate, alter-ne. Piante monoiche o dioiche. Fiori bisessua-li o unisessuali, piccoli, verdognoli, riuniti inracemi, grappoli o in piccole ombrelle. Frutto:bacca. Alla famiglia delle Grossulariaceaeappartiene il solo genere Ribes con circa 150specie, diffuse nell’Emisfero settentrionale inzone a clima temperato, in America centrale esettentrionale e nelle Ande. Questa famiglia,da alcuni autori, è inclusa, come sottofamiglia,nelle Saxifragaceae.

RIBES L.

Arbusti con rami eretti inermi o spinosi.Gemme a scaglie erbacee o rigide. Foglie pal-mate e lobate. Piante con fiori bisessuali o uni-sessuali riuniti in infiorescenze a grappolo oombrella. Ricettacolo a coppa con sepali pic-coli, verdognoli, petali più piccoli dei sepalied alterni ad essi. Bacca con molti semi.

Il nome Ribes sembra derivi dal latino«rubus» = cespuglio, o da «Ribás», nomeusato per indicare una specie di rabarbarodell’Arabia, le cui foglie hanno il saporedei frutti di alcuni ribes. Si richiama anchealla forma latinizzata di «riebs», una vec-chia parola germanica usata per indicare lespecie di ribes eduli.

– Fiori solitari o 2-3 in ombrelle ascellari;foglie larghe meno di 2 cm.....R. sardoum

– Fiori in racemi multiflori. Foglie larghe5-6 cm............................R. sandalioticum

Ribes sardoum Martelli, Malpighia, 8:384 (1895)

Regione della prima descrizione: Montid’Oliena, Sardegna.

Nomi italiani: Ribes del Corrasi.

Arbusto inerme di 1-1,8 m con ramigiovani rossastri, pubescenti, ghiandolosi erami vecchi grigiastri, tortuosi con cortec-cia che si stacca a placche. Gemme allun-gate con perule esterne caduche, coriacee,rossastre, ovali, mucronate, margine conpeli e ghiandole vischiose. Foglie di 15-20x 18-20 mm, subrotonde, trilobe, lobato-dentate; pagina superiore con sparse ghian-dole sessili, gialle, vischiose; pagina infe-riore con abbondanti ghiandole sessili opeduncolate sulla lamina e sulle nervature;picciuolo uguale al lembo, peloso e ghian-doloso. Fiori bisessuali, 3-4 in ombrellecorte; sepali ripiegati all’esterno, verdo-gnoli; petali più corti dei sepali, giallo-chiaro. Antere piccole, ovali-arrotondate;ovario piriforme, glabro con stilo cilindri-co e stimma discoideo. Bacca sferica 7 x 8mm, rossa, glabra, acidula. Semi subtrigo-ni, alveolati.

Tipo biologico. Pianta arbustiva, cespu-gliosa, caducifoglia. Nanofanerofita.

Fenologia. La fioritura si ha in marzo-maggio e la fruttificazione, molto scarsa,in agosto-settembre.

Areale. Questa specie vive sui calcaridolomitici giurassici del Supramonte diOliena nella sola località di Su Pradu tra lecime di S’Atta ‘e Bidda e del Corrasi.Accurate ricerche per individuare altri sitinon hanno sinora portato ad alcun risulta-to, anche se non è da escludere in assolutola sua presenza in altri luoghi dei Supra-monti. Resta pertanto una specie paleo-endemica estremamente rara ad areale pun-tiforme.

Ecologia. Ribes sardoum è localizzatonella piccola valle di Su Pradu (Locus clas-sicus) a circa 1.000 m, circondata ad anfi-teatro, da una depressione che, dal valico diCara a Bidda, si apre allargandosi verso est-nord-est. In questo sito, apparentemente nonmolto diverso rispetto a tutta la zona circo-stante, la specie cresce rigogliosa assiemead altre numerose entità endemiche.

Notizie selvicolturali. Le piante, peruna imperfetta funzionalità delle antere,producono polline insufficiente a feconda-

214

Page 215: Alberi Arbusti 2008

Ribes sardoum Martelli - Ramo con fiori, rametto con frutti, foglia x0,8; fiore in sezione x5; particolare di foglia,seme x3.

Page 216: Alberi Arbusti 2008

216

re tutti i fiori femminili. La scarsa fruttifi-cazione, che ne è la conseguenza, diminui-sce la possibilità di propagazione per seme.Si moltiplica, invece, abbastanza facilmen-te per talea o margotta.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il Ribes del Corrasi è stato sco-perto e descritto come specie autonoma dal

botanico Ugolino Martelli alla fine del1800. Nella diagnosi, però, non riportò idati relativi al frutto (fructus non vidi). Lamancanza di questa informazione indusseFiori (1924) ad aggregare questa pianta alciclo di R. grossularia L. var. sardoumMartelli. Inoltre, le descrizioni incompletedell’apparato fiorale influirono sulla suaposizione tassonomica nell’ambito dellesuddivisioni del genere Ribes. In realtà,l’entità sarda è ben differenziata con parti-colarità morfologiche e biologiche che laseparano dalle altre specie e la isolano nel-l’ambito del genere per cui è stato istituitoun apposito sottogenere denominato Oligo-carpa da Valsecchi (1981). Questa specie èda considerarsi un relitto floritico isolatodal punto di vista geografico e genetico. Lascarsa fruttificazione per la ridotta funzio-nalità delle antere che producono poco pol-

Infiorescenza di Ribes sardoum.

Stazione di Ribes sardoum nell’unica area di crescita nei monti di Oliena

Page 217: Alberi Arbusti 2008

line è probabilmente la causa della sualimitata diffusione. In effetti, esiste un’uni-ca popolazione di circa cinquanta esempla-ri che si estende su una superficie di 300-400 mq. Si rileva, inoltre, la scarsa vitalitàdei semi, legata ad anomalie nella segrega-zione meiotica, che limitano il numero deisemi fertili. Questa specie è da considerarecome un relitto floristico, isolato sia dalpunto di vista geografico che genetico.Specie morfologicamente affini sono pre-senti nelle montagne del Colorado e delMontana in Nordamerica.

Misure di tutela. Ribes sardoum è unadelle specie più rare della Sardegna e delmondo; per tale motivo è stata inclusa trale specie da proteggere dalla Convenzionedi Berna e tra quelle della lista rossa dellaFlora Italiana. Figura, inoltre, tra le specieprioritarie della Direttiva 43/94 Habitatdella Comunità Europea, e tra le 50 speciedelle isole del Mediterraneo maggiormente

a rischio di estinzione individuate dal-l’IUCN (Camarda, 2006). Non esiste sino-ra alcuna misura atta a proteggere il bioto-po che accoglie la specie assieme ad altreugualmente endemiche e rare. I rischi mag-giori sono rappresentati dal pascolo dellecapre allo stato brado e dall’incendio, oltreche dal pericolo di estinzione naturale.

Ribes sandalioticum (Arrig.) Arrig., Boll.Soc. sarda Sci. Nat., 20: 244-248 (1981)

Sin.: Ribes petraeum Willd. var. spica-tum Moris,

Ribes multiflorum Kit. ssp. sandalioti-cum Arrigoni.

Regione della prima descrizione: MonteNovo S. Giovanni, Sardegna.

Nomi italiani: Ribes di Sardegna.

Arbusto di 1-2 m con rami giovani gri-giastri, pubescenti, ghiandolosi e rami vec-chi lisci con corteccia che si stacca a plac-che. Gemme con scaglie scariose, rossa-stre, ovali-bislunghe, mucronulate, peloso-ghiandolose al margine. Foglie 6-7 x 5-6cm, subrotonde, trilobate o pentalobate,denticolate; pagina superiore glabra; infe-riore con radi peli ghiandolosi lungo lenervature e alla base; picciuolo corto,ghiandoloso, peloso. Infiorescenza a race-mo allungato multifloro. Fiori bisessuali,piccoli, giallo-verdognoli; sepali spatolatie dentellati, verde-rossastri; petali più pic-coli dei sepali. Antere ovali; ovario constilo diviso sino alla base. Bacca sub-rotonda, di 5-7 mm di diametro, glabra,dolce-acidula, nero-violacea. Semi sub-tri-goni, reticolato-alveolati, bruno-scuri.

Tipo biologico. Pianta arbustiva, eretta,cespugliosa, caducifoglia. Nanofanerofita.

Fenologia. La fioritura avviene in apri-le-maggio e la fruttificazione in giugno-settembre.

Areale. Specie endemica sarda è pre-sente nelle zone montane del Limbara, a

217

Areale di Ribes sardoum.

Page 218: Alberi Arbusti 2008

Ribes sandalioticum (Arrig.) Arrig.- Arrig. Ramo con fiori, ramo con frutti, foglia x 0,5; fiore in sezione, fiore aper-to, fiore in boccio x 5; seme x 10.

Page 219: Alberi Arbusti 2008

219

Monte Novo S. Giovanni, che ne rappre-senta il locus classicus, e a Monte Fumai,in territorio di Orgosolo, nella fascia piùelevata del Gennargentu, sugli sciuscius, aP. Paolina, e nella catena del Marghine aMularza Noa. È una specie endemicaesclusiva della Sardegna.

Ecologia. Vive indifferentemente suqualsiasi terreno, ma preferisce le zone fre-sche e umide rupestri montane al di sopradei 900 m di quota.

Notizie selvicolturali. Le stazioni cono-sciute di Ribes sandalioticum sono costituitedi pochissimi esemplari, ad accezione diMonte Novo S. Giovanni, dove, tuttavia lacrescita delle altre specie forestali come lec-cio e sambuco ne ha ridotto in modo preoc-cupante la popolazione. La propagazioneavviene abbastanza rapidamente per talea.La specie può trovare impiego come piantaornamentale nei giardini delle aree montane.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Il ribes di Monte Novo San Giovannifu descritto inizialmente dal Moris come R.petraeum e successivamente come varietà Areale di Ribes sandalioticum.

infiorescenza di Ribes sandalioticum.

Page 220: Alberi Arbusti 2008

220

spicatum di questo. Arrigoni nel 1968 loaggrega come sottospecie endemica a Ribesmultiflorum, delle montagne appenniniche ebalcaniche, e infine lo riconosce come specieautonoma con il nome di R. sandalioticum.La variabilità di Ribes sandalioticum è scar-sa e i cespi sono molto ramificati, con abbon-dante fioritura, ma fruttificazione moltopovera, ridotta a pochi frutti per ogni racemo.

Misure di protezione. La complessivararità del Ribes di Sardegna, richiede misu-re di gestione idonee, soprattutto di MonteNovo San Giovanni, per favorire il mante-

nimento della popolazione del locus classi-cus, minacciata dall’espansione delle altrespecie forestali.

Specie introdotte. L’uva spina (Ribesuva-crispa L.) è un piccolo arbusto moltospinoso con frutti glabri o pelosetti bianco-giallastri a maturità di 8-14 mm, un tempocoltivato per i frutti. Tuttora è presente quae là spontaneizzato in vecchi chiusi, vignee orti abbandonati. L’uva spina era unaspecie ben conosciuta in Sardegna contra-riamente ai ribes spontanei, che non hannodato luogo a usi etno-botanici particolari.

Locus classicus di Ribes sandalioticum (Montenovo San Giovanni in territorio di Orgosolo).

Page 221: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE ROSALES

ROSACEAE

Alberi, arbusti, suffrutici, liane ed erbe.Foglie semplici, trifogliolate o composte.Fiori regolari, isolati o riuniti in infiorescen-za a racemo o corimbo, provvisti di 5 sepalie 5 petali con numerosi stami. Ovario supero,infero o semi-infero. Numero dei carpellivariabile da 1-2 a molti. Frutti: drupa, pomo,achenio, follicolo. La famiglia delle Rosa-ceae è strutturata in più sottofamiglie (Spi-raeoideae, Rosoideae, Prunoideae, Maloi-deae) e vi appartengono circa 120 generi e3.300 specie, diffuse in quasi tutto il mondocon preferenza per le regioni a clima tempe-rato dell’Emisfero boreale. Resti fossili diCrataegus, Pyrus e Prunus risalgono al Cre-taceo, all’Eocene reperti del genere Rosa,all’Oligocene di Cydonia e di Cotoneaster.Le Rosaceae rappresentano una famiglia digrande interesse economico per la presenzadi numerose specie di piante da frutto (melo,pero, melo-cotogno, mandorlo, albicocco,pesco, ciliegio, susino, nespolo, sorbo, mora,lampone, fragola) diffuse ormai in tutto ilmondo, ornamentali (rosa, spirea, sorbo,cotoneaster, lauroceraso, piracanta), e d’im-portanza forestale (ciliegio, perastro, sorbociavardello, sorbo montano, biancospino).

1 Piante spinescenti o decisamente spino-se............................................................2

– Piante mai spinose.................................52 Foglie non pelose nelle due pagine; frut-

to drupa..................................................3– Foglie pelose almeno nella pagina infe-

riore, raramente glabre; frutto pomo.....43 Foglie intere..................................Prunus– Foglie lobate............................Crataegus4 Fiori bianchi, antere rosse; polpa dei

frutti con corpuscoli pietrosi...........Pyrus– Fiori bianco-porporini, antere giallastre;

polpa dei frutti senza corpuscoli pietro-si.....................................................Malus

5 Infiorescenze a racemo raccorciato;foglie ovali-ellittiche, pelose da giovani,glabre da adulte...................Amelanchier

– Infiorescenze a corimbo; foglie ovali opalmato-lobate, pelose..................Sorbus

– Infiorescenze ad ombrella; foglie ovali-lanceolate, glabre..........................Prunus

PRUNUS L.

Alberi o arbusti, talvolta spinosi, cadu-cifogli. Foglie piccole, intere, crenate odentate. Stipole caduche. Fiori regolari,isolati o in infiorescenze racemose ocorimbose. Frutto: drupa. Vi appartengonocirca 200 specie, diffuse nelle regioni tem-perate dell’Emisfero settentrionale. Lespecie sono inquadrate in cinque sottoge-neri (Prunophora, Amygdalus, Cerasus,Padus e Laurocerasus) a cui fanno riferi-mento i susini, il mandorlo e il pesco, ilciliegio e l’amarena, il pado e il laurocera-so, specie di notevole interesse agronomi-co e forestale. Il nome deriva dal greco«proumnon».

1 Piante spinose o spinescenti...................2– Piante senza spine; foglie ovali-lanceola-

te, seghettate, di 3-7 cm; fiori in ombrel-le, frutti con peduncolo di 3-5 cm................................................................P. avium

2 Frutti rossastri, ovali, apicolati; piantaprostrata, alta da 10 a 50 cm...................................................................P. prostrata

– Frutti violacei, globosi o ellissoidali......33 Frutti globosi di 8-12 mm; rami intricati

con spine terminali………….P. spinosa– Frutti ellissoidali di 2-3 cm; rami lassi,

spinescenti o inermi..................P. insititia

Prunus avium (L.) L., Flora Suecica, ed.2: 165 (1755)

Sin.: Prunus cerasus L. var. avium L.,Sp. Pl., 1:474 (1753).

Regione della prima descrizione: Habitatin W-gothiae Kinnekulle. Scaniae Heck-berga.

Nomi italiani: Ciliegio selvatico, ciliegio.

221

Page 222: Alberi Arbusti 2008

Prunus avium (L.) L.- Ramo con foglie, ramo con fiori, ramo con frutti x 0,6.

Page 223: Alberi Arbusti 2008

223

Nomi sardi: ‘Ariasa agreste (Oliena);Cariasa agreste (Bolotana, Padria);‘Eresia agreste (Orgosolo); Geresiaareste (Urzulei); Cariasa imbriaga,Cerexia burda, Ciriaxa, Erexia, Ghin-da.

Nomi stranieri: Ingl., Cean, Wild Cherry;Fr., Merisier; Ted., Suess-Kirsche,Vogel-Kirsche; Sp., Cerezo de Aves,Cerezo de monte.

Albero di 15-20 m di altezza con chiomaovato-piramidale e con rami eretti. Cortecciadel tronco grigiastra, rosso-scura, desqua-

mantesi in strisce trasversali. Rami giovanipelosetti, rossastri, lisci a maturità. Fogliegiovani vischiose, prima rossastre, verdi daadulte; lamina di 5-12 x 3,5-6 cm, ovato-oblunga, acuminata all’apice, arrotondata allabase, nella pagina inferiore pelosetta soprat-tutto tra gli angoli delle nervature; marginedentato-serrato ghiandoloso; picciuolo di 8-30 mm, generalmente glabro o con scarsi peli.Stipole caduche, dentato-ghiandolose. Fioribianchi o rosei in ombrelle di 2-5, con pedi-celli di 2-4 cm sui rami degli anni precedenti;sepali di 4-5 x 2-3 mm, oblunghi, glabri, inte-ri e riflessi a fiore aperto; petali bianchi di 10-

Fioritura di Prunus avium in località Mularza noa nel Marghine.

Page 224: Alberi Arbusti 2008

15 mm, ovali, arrotondati, attenuati alla basee con breve unghia; stami numerosi, più brevio sub-uguali alla corolla, con filamenti bian-chi e antere di 1 mm, gialle; stilo glabro constimma bilobo. Frutto di 1-1,2 cm, sub-globo-so, ovato, cuoriforme, rosato, bianco-gialla-stro, rossastro o porporino-scuro. Noccioloovoideo, liscio, tri-carenato.

Tipo biologico. Albero caducifoglio aportamento eretto. Mesofanerofita.

Fenologia. I fiori compaiono poco primao contemporaneamente alle foglie a marzo-aprile. I frutti maturano a luglio-agosto.

Areale. Il ciliegio selvatico è largamentediffuso in Europa, Asia Minore, Caucaso eAfrica del Nord. Il suo areale attuale è benpiù vasto di quello originario ed è difficilestabilire in modo esatto il suo centro di ori-gine. Il suo indigenato, in Europa, è confer-mato da reperti risalenti al Paleolitico.

La sua distribuzione in Sardegna allo

stato selvatico è limitata al Marghine Gocea-no e al Gennargentu. Noccioli di ciliegio,reperiti negli scavi in territorio di Borore neinuraghi Urpes e Toscono, sono antecedenti alperiodo della dominazione romana (238a.C.). Si tratta molto verosimilmente di fruttiprovenienti da piante selvatiche ben rappre-sentate nella vicina montagna del Marghine eforse, in quell’epoca, più diffuse rispetto allostato attuale. Tutto ciò dà sostegno all’ipote-si dell’indigenato del ciliegio in Sardegna,piuttosto che di una sua introduzione duranteil periodo romano, come sostenuto da Cher-chi-Paba. Si tratta di un aspetto che potrebbeessere definito con maggiore certezza sullabase di ulteriori reperti paleobotanici(Camarda e Brundu, 2006).

La coltivazione del ciliegio nelle formeeduli di diverse cultivar è sporadica un po’ovunque, ma le maggiori estensioni si hannonella zona di Bonnannaro nel Logudoro, diBurcei nel Sarrabus, nei paesi del Gennar-gentu (Aritzo, Belvì, Tonara). A Desulo sitrova uno tra i più suggestivi paesaggiperiurbani del ciliegio presenti nell’Isola.Colture di un certo rilievo si hanno anche inGallura, a Tempio, e nel Montiferru. Nellezone di coltura si riscontrano esemplari confrutti riconducibili alle forme selvatiche, maverosimilmente provenienti da semi dellecultivar locali,

Ecologia. Il ciliegio è una specie eliofila,indifferente al substrato, frugale, che predili-ge, tuttavia, i terreni freschi e profondi.Vegeta fino ai 1.400-1.500 m. È sensibilealle gelate primaverili. I biotipi selvatici inSardegna sono esclusivamente montani.

Grandi alberi. Gli alberi di maggioridimensioni del ciliegio selvatico si trovanoin località Sas Cariasas, a circa 900 m diquota, in territorio di Illorai. Si tratta di ungruppo di piante alte 16-18 m, con troncofino a 60 cm di diametro. Alberi di ciliegiocoltivato anche di maggiori dimensioni sonopresenti un po’ ovunque, ma soprattutto nel-l’area del Gennargentu.

Notizie selvicolturali. Il ciliegio selvati-co, che ha dato origine alle numerose formecoltivate, è un albero di media grandezza

224

Distribuzione in Sardegna di Prunus avium (stazioninaturali).

Page 225: Alberi Arbusti 2008

con accrescimento abbastanza rapido neiprimi anni di vita. Si riproduce per seme opiù comunemente si propaga per via vegeta-tiva tramite polloni radicali. Allo stato spon-taneo si ritrova sporadico ai margini deiboschi, nelle radure o nelle zone rocciose eraramente costituisce dei popolamenti puri.Ha una notevole capacità pollonifera epotrebbe essere proficuamente utilizzato neirimboschimenti anche su terreni degradati esassosi. Si presta per alberature stradali,come pianta ornamentale nei giardini e neiparchi ed è largamente coltivato per i frutti.È una pianta mellifera. Le coltivazioni piùestese, spesso consociate alla vite, sono interritorio di Bonnannaro e Burcei.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è tenace, pesante e duratu-ro, di un colore rosso-bruno, venato, lucen-te. Si presta egregiamente per lavori diebanisteria e per questi motivi è molto pre-giato e ricercato. È anche un buon combu-stibile.

Note etnobotaniche. Il ciliegio selvati-co è stato coltivato fin dall’antichità per ilsuo legno, ma soprattutto per i suoi fruttieduli, che vengono consumati direttamenteo utilizzati per marmellate, confetture eguarnizioni di dolci. La corteccia ha pro-prietà tintorie.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il ciliegio selvatico (P. aviumvar. avium = P. avium var. sylvestris(Kirschleger) Dierbach) presenta frutti diminori dimensioni rispetto alle piante col-tivate, che in realtà sono state selezionateprincipalmente proprio in funzione dellecaratteristiche del frutto. Nei biotipi sardi ifrutti delle piante selvatiche sono di normainferiori a 10 mm di diametro, sempre dicolore rosato e aciduli anche a maturità.

In Sardegna, il nucleo di maggiore esten-sione ed interesse è quello di Sas Cariasas,in territorio di Illorai, con alberi a troncodiritto e corteccia liscia e fioritura precoce efrutti rosati aciduli. Appare molto più ricca,anche per gli evidenti apporti esterni, la pre-senza di cultivar. Già il Fara, nel 1500, indi-ca la presenza di diverse razze coltivate, di

cui tuttavia è problematico stabilire la corri-spondenza con quelle attuali. Il Moris, oltrealla varietà selvatica, descrive diverse razzelocali (Albida, Duracina, Juliana, Speciosa)e Nieddu e Mulas, nel 1994, ne censisconoben 26, caratterizzandole in relazione ai frut-ti, distribuite in varie parti della Sardegna.Oltre a queste, è da segnalare il ceraseto spe-rimentale istituito di recente nella forestademaniale di Uatzo, in comune di Tonara,che accoglie numerose cultivar di pregio, diinteresse sia per i frutti che per il legno. Laspecie più affine al ciliegio è l’amarena omarasca (Prunus cerasus L.) con i frutti dicolore rosso-scuro a maturità, a prevalenteforma arbustiva e con elevato potere polloni-fero dell’apparato radicale, che in breve siespande formando ampie colonie. Essaviene sporadicamente coltivata, ma rara-mente si spontaneizza al di fuori dell’area diimpianto.

Prunus prostrata Labill., Icon. Pl.. Syr., 1:15 (1791)

Sin.: Cerasus humilis Moris, Stirp.Sard. Elench. 1: 17 (1827)

Prunus humilis (Moris) Colla, Herb.Pedem. 2: 293 (1834)

Prunus prostrata var. glabrifolia Moris,Fl. Sardoa 2: 14 (1840-43

Prunus prostrata var. humilis (Moris)Nyman, Consp. Fl. Eur. 1: 213 (1878)

Cerasus prostrata var. glabrifolia(Moris) Browicz in P.H. Davis (ed.), Fl.Turkey 4: 13 (1972)

Prunus prostrata f. erecta Molero, FoliaBot. Misc. 2: 43 (1981).

Regione della prima descrizione: RegioneMedit. Oriens.

Nomi italiani: Pruno prostrato.Nomi sardi: Cariasedda agreste.Nomi stranieri: Ted., Felsenkirsche.

Arbusto prostrato, raramente eretto, ramo-sissino, spinescente con corteccia grigiastra.

225

Page 226: Alberi Arbusti 2008

Prunus prostrata Labill. - Rami con foglie, ramo con fiori, ramo con frutti, frutti x1; calice e stami, petalo, fogliex2,4.

Page 227: Alberi Arbusti 2008

227

Rami giovani pubescenti. Gemme minute eappiattite con perule bruno-rossastre, peloset-te ai margini. Foglie alterne; lamina di 6-20 x5-12 mm ovata, ellittica, arrotondata o acutaall’apice, totalmente glabra nelle due facce odensamente peloso-tomentosa di sotto e gla-bra superiormente; margine serrato-denticola-to a denti acuti con ghiandole all’apice. Pic-ciuolo di 1-5 mm, glabro o pelosetto, con sti-pole lineari, lunghe 1-2 mm, denticolate,ghiandolose al margine, rossastre. Fiori bian-chi o rosei, solitari o geminati all’ascella dellefoglie su rami brevissimi; calice con lacinieriflesse di 2-3 mm, ovate, ottuse, lanose almargine; petali di 4-6 mm, obovati, attenuativerso la base. Stami numerosi con filamentidiseguali. Frutto ovato, ovato-globoso di 5-9mm, rosso, pelosetto all’apice e noccioloschiacciato lateralmente.

Tipo biologico. Arbusto prostrato,caducifoglio. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce a marzo-aprileprima della comparsa delle foglie. I fruttimaturano a giugno-luglio.

Areale. Prunus prostrata è presente inAfrica settentrionale, Spagna meridionale,Sardegna, Corsica, Penisola Balcanica,Creta e Asia Minore fino al Caucaso e all’-Himalaya. Presenta un areale tipicamenteframmentato limitato alle aree alto-monta-ne. Anche in Sardegna le popolazioni sonoisolate geneticamente e i nuclei principalisi trovano nel Limbara, nel Monte Albo enei Supramonti, e quindi in tutta l’area delGennargentu.

Ecologia. È una specie tipicamenterupicola e casmofila delle zone montane.In Sardegna vive nelle aree cacuminali deicalcari, tra i massi porfidici e granitici, esulle rupi scistose. Sulle rocce maggior-mente esposte e sulle creste ventose assu-me un aspetto decisamente prostrato, stret-tamente aderente alla roccia, orientandosinella direzione del vento dominante, ma incondizioni particolarmente favorevoli eprotette riesce a raggiungere 1-1,5 m dialtezza. È una specie indicatrice del climaxdegli arbusti nani prostrati.

Prunus prostrata in piena fioritura nel Gennargentu.

Page 228: Alberi Arbusti 2008

Notizie selvicolturali. Si riproduce perseme, ma probabilmente, come le specieaffini, anche per via vegetativa. Si prestaper giardini rocciosi in ambiente montanoper la sua abbondante e splendida fiorituraprecoce primaverile.

Note etnobotaniche. I frutti sono acidu-li, eduli, ma non si conoscono particolariutilizzazioni, a causa della sua rarità, maanche per le modeste dimensioni.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Nonostante l’isolamento geo-grafico delle popolazioni della Sardegna,non esiste una variabilità tale da giustifica-re la loro separazione a livello sottospecifi-co o varietale in quanto piante con fogliepelose in entrambi i lati (var. concolor(Boiss.) C. K. Schneider) e solamente nellapagina inferiore (var. discolor (Raulin)Tocl et Rohlena) sono presenti negli stessiluoghi. Anche la varietà con le foglie deltutto prive di peli (var. glabrifolia Moris =

var. humilis Colla), presente nel Gennar-gentu, è da ricondurre nell’ambito dellavariabilità infraspecifica. Per la Spagna èstata descritta una forma eretta (f. erecta) acui potrebbero essere ascritti gli esemplaripresenti in nicchie riparate, riscontrate nelMonte Albo.

Prunus spinosa L., Sp. Pl. 1:475 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa collibus apricis.

Nomi italiani: Prugnolo, Prunello.Nomi sardi: Isprunazza (Orgosolo); Pro-

muzza (Bitti); Prugnola (Tempio); Pru-nasca (Oliena); Prunezza (Anela, Oschi-ri, Ozieri); Prunica (Burcei); Prunitxa(Alghero); Prunizza (Berchidda, Bolota-na, Bono, Orani, Padria); Prunizzedda(Ittiri); Prunixedda (Laconi, Perdas deFogu, Villasalto); Prunixedda aresti (Flu-minimaggiore, Quartu); per i frutti. Pru-nischedda (Baunei, Bitti, Busachi, Dor-gali, Milis, Orani); Prunischeddu (Urzu-lei); Annagiu, Pronizza, Prunazonca,Pruniccia, Prunizzu.

Nomi stranieri: Ingl., Blackthorn, Sloe; Fr.,Prunellier, Epine noire; Ted., Schlehe,Schwarzdorn; Sp., Aranyò, Escanya-gats, Endrino.

Arbusto di 0,5-4 m, ramosissimo, spino-so. Rami con corteccia cenerina, nerastra orosso-scura con striature longitudinali neirami giovani. Foglie alterne con laminalanceolata, ovato-lanceolata, cuneata o piùo meno arrotondata alla base, con margineminutamente denticolato; glabro o pocopeloso inferiormente, soprattutto lungo lenervature; le dimensioni sono molto varia-bili 15-50 x 7-25 mm; picciuolo di 3-8mm, solcato sulla faccia interna, peloso.Fiori bianchi solitari o in gruppi di 2-3posti generalmente sui rami spinosi.Peduncoli eretti di 5-8 mm; sepali di 1-2mm, ovati, acuti o ottusi all’apice, legger-mente scariosi e sfrangiati al margine;

228

Distribuzione in Sardegna di Prunus prostrata.

Page 229: Alberi Arbusti 2008

Prunus spinosa L. - Ramo con frutti, ramo con fiori x 0,7; fiore x 1,4; petalo, calice con stami x2,8; frutto x1,4; semex2,8; particolare del margine fogliare x7.

Page 230: Alberi Arbusti 2008

230

petali di 5-8 mm, ovato-oblunghi, ottusi;stami numerosi con filamenti di 6-8 mm eantere minute ovoidee. Drupe di 10-15mm, globose o sub-globose, nero-bluastre,lucide. Nocciolo arrotondato, compressolateralmente.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso,caducifoglio. Nano- o microfanerofita.

Fenologia. La fioritura inizia a feb-braio-marzo, protraendosi nelle zone mon-tane fino ad aprile-maggio, e precede l’e-missione delle foglie. I frutti maturano aottobre-novembre e permangono ancheoltre la caduta delle foglie.

Areale. Prunus spinosa è una speciecon larga diffusione in Europa, Asia Mino-re fino al Caucaso, Medio Oriente, Iran eAfrica del Nord. La distribuzione in Sarde-gna è comune in gran parte del territorio,sino a circa 1.400 m di quota.

Ecologia. Indifferente al substrato, vivenei luoghi aridi e sassosi, lungo i muri asecco, colonizza vecchie carrarecce emulattiere, forma ampi cespi nei fontanili elungo i corsi d’acqua, dove raggiunge lemaggiori dimensioni. È specie di classe(Prunetea), di ordine (Prunetalia) e dialleanza (Prunion) ed entra a far parte di

Piena fioritura di Prunus spinosa.

Page 231: Alberi Arbusti 2008

diverse associazioni di arbusteti mesofili.Notizie selvicolturali. Il prugnolo si

riproduce per seme e per via vegetativa.Può diventare invadente e costituire siepiimpenetrabili e per tale motivo è favoritolungo i muri perimetrali delle vigne e ortidi campagna. La sua presenza nei pascoli èindice di degradazione della cotica erbosaper sovraccarico di bestiame.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è duro, con venature rosso-brune, ma le modeste dimensioni ne limita-no l’uso.

Note etnobotaniche. La corteccia haproprietà concianti, tintorie e febbrifughe.I frutti eduli, ma aciduli, erano utilizzatiper colorare il vino. Le foglie costituisconoun ottimo succedaneo del thè. L’infuso deifiori è un leggero lassativo e diuretico.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il prugnolo presenta una note-vole variabilità sia nelle dimensioni, sia

nelle foglie e nei frutti e su questi caratterisono state istituite diverse varietà. In alcu-ni casi, le dimensioni del fusto raggiungo-no anche i 2 m e la pianta assume porta-mento lasso e minore spinescenza. Tutta-via, poiché questi caratteri appaiono forte-mente influenzati dalle condizioni ambien-tali, non è semplice accertare il reale statusdei singoli individui. Non sono da esclude-re ibridi derivanti da incrocio con Prunusdomestica ssp. domestica (pruno domesti-co) e P. domestica ssp. insititia (pruno sel-vatico).

Prunus insititia L., Cent. 1 Plantarum:12(1755)

Sin.: Prunus domestica L. ssp. insititia(L.) C.K. Schneider

Prunus domestica var. insititia (L.) Poir.in Lam., Encycl. 5: 678 (1804)

Prunus communis var. insititia (L.)Huds., Fl. Angl. ed. 2 212 (1778)

Prunus communis ssp. insititia (L.)Syme in Sm., Engl. Bot. ed. 3[B] 3: 117(1864).

Regione della prima descrizione: Habitatin Anglia, Germania.

Nomi italiani: Prugnolo da siepe.Nomi sardi: Pruna agreste (Orani).Nomi stranieri: Ingl., Bullace; Fr., Prunier

sauvage; Ted., Pflaume; Sp., Ciruelo,Pruner.

Arbusto di 2-5 m, inerme o poco spino-so. Corteccia grigiastra o rosso-scura constriature longitudinali. Rami giovani pube-scenti con foglie sparse. Gemme ovoidee,allungate, ottuse, rossastre con perule gla-bre o pelose. Foglie con lamina di 20-25 x15-30 mm, ovale, ellittica, acuta all’apice,pelosa in entrambi i lati, talora glabrasuperiormente; picciuolo di 7-10 mm,canalicolato, peloso su tutta la superficie;stipole lanceolate, denticolate, glandolose,margine crenato- denticolato. Fiori bian-

231

Distribuzione in Sardegna di Prunus spinosa.

Page 232: Alberi Arbusti 2008

Prunus insititia L. - Ramo, rametto con frutti, foglie x0,5; fiore x1; gemma x2.

Page 233: Alberi Arbusti 2008

233

chi, solitari o geminati, con sepali pelosi epetali ovali oblunghi, arrotondati, di 10-15mm. Frutto: drupa ovoidea di 1-2,5 cm,nero-violacea.

Tipo biologico. Arbusto a portamentoeretto cespitoso, caducifoglio. Microfane-rofita.

Fenologia. La fioritura è abbondante amarzo-aprile, prima dell’emissione dellefoglie. I frutti maturano a settembre-otto-bre.

Areale. Considerato originario del Cau-caso, attualmente è diffuso e naturalizzatoin tutta l’Europa, Asia Minore e Africa delNord. In Sardegna è sporadico nel Marghi-ne e in Barbagia, in territorio di Orani.

Ecologia. Il pruno selvatico vive lungole siepi, macchie e boschi. Indifferente alsubstrato, vegeta dalle pianure alle zonemontane pur prediligendo gli ambienti fre-schi.

Notizie selvicolturali. Si riproduce perseme e per via vegetativa. Possiede unaspiccata facoltà pollonifera, si presta per

costituire siepi e bordure e potrebbe averemigliore fortuna come specie da giardino.Può essere considerato uno dei progenitoriche hanno dato origine a numerose varietàda frutto.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Sebbene la pianta possa raggiunge-re discrete dimensioni in altezza, le dimen-sioni del tronco restano modeste, per lanaturale tendenza ad emettere semprenuovi polloni dalla base. Il legno è duro,compatto e tenace e può essere usato perpiccoli lavori artigianali.

Note etnobotaniche. Coltivato fin daitempi più remoti, ha le stesse utilizzazionidel prugnolo, ma i suoi frutti sono più pre-giati perché meno aciduli, più dolci e dimaggiori dimensioni.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Prunus insititia è consideratouno dei progenitori del pruno coltivato, acui è simile per molti caratteri, ma ne dif-ferisce in modo considerevole per ledimensioni, la forma, il colore e il sapore

Frutti di Prunus insititia.

Page 234: Alberi Arbusti 2008

delle drupe. In quanto specie ancestrale èpreferibile considerarlo al rango di specie,piuttosto che come sottospecie o varietà.

SPECIE COLTIVATE. Tra le specie delgenere Prunus, sono coltivate sporadica-mente a scopo ornamentale il lauroceraso(P. laurocerasus L.), dalle grandi foglieverde-lucido e il pruno canino (P. mahalebL.), presente in alcuni rimboschimenti,mentre è deperito nel 2002 il primo esem-plare di questa specie introdotto in Sarde-gna nel parco della villa di Badde Salighes.Ma le specie coltivate più comuni sonosoprattutto il pruno domestico (Pinusdomestica L.), di cui si annoverano 13-14cultivar, alcune delle quali sembrano esse-re esclusive dell’Isola, e il mandorlo (Pru-nus dulcis (Miller) D. A. Webb = Amygda-lus communis L.), pianta originaria dell’A-sia centrale, che è divenuta una delle spe-cie tipiche del paesaggio di tutte le coste

del Mediterraneo. Il mandorlo tende amantenersi anche dopo l’abbandono dellacoltura, sia da seme, sia tramite polloni chesi originano dalle lunghe radici. Le cultivarcensite nell’Isola sono oltre 40, ma la pro-pagazione tramite seme induce a ritenereche, in base alla forma ed alle dimensionidei frutti, il numero possa essere decisa-mente maggiore. Comunemente si distin-gue il gruppo delle varietà a semi dolci(var. sativa Asch. et Graeb., e var. fragilisArcangeli) dalla var. amara C.K. Schnei-der, con fiori frequentemente di colore rosae con semi ricchi di amigdalina, un gluco-side che conferisce il sapore amaro, utiliz-zata per la produzione dei tipici amaretti.

Il pesco (Prunus persica Stokes), intro-dotto da tempi antichissimi prima in MedioOriente e da qui nel bacino mediterraneo, èoggi uno dei frutti più coltivati nel mondo.Dell’albicocco (Prunus armeniaca L.),specie originaria dell’Oriente, in Sardegnasono state censite una decina di cultivar,ma la produzione locale in entrambi i casiè poco consistente.

CRATAEGUS L.

Arbusti, normalmente spinosi, confoglie stipolate, dentate, lobate, pennatifi-de, caduche. Fiori regolari, riuniti in infio-rescenze corimbose. Ovario infero. Drupasubsferica, ovoidale, bluastra, rossa o gial-lognola con 1, 2 o 3 semi.

Il genere Crataegus comprende circa200 specie diffuse nelle regioni temperateboreali. Il poliformismo che caratterizzaquesto genere e la facilità delle specie didare origine a ibridi rendono spesso diffici-le il riconoscimento delle varie entità.

Alcune specie di questo genere, note comebiancospino, sono largamente usate comesiepi e come piante ornamentali per l’abbon-dante fioritura primaverile, per la ricchezzadei frutti, altamente decorativi, che perman-gono sulla pianta anche durante l’inverno.

Il nome Crataegus deriva dal greco«cratòs» per indicare la durezza e la robu-

234

Distribuzione in Sardegna di Prunus insititia.

Page 235: Alberi Arbusti 2008

stezza del legno; il nome biancospino da“spina alba” modificato in “albispina”nel latino volgare e quindi in biancospinonella lingua italiana.

Crataegus monogyna Jacq., Fl. Austr. 3:292 (1775)

Regione della prima descrizione: Austria.

Nomi italiani: Biancospino.Nomi sardi: Calabriche (Dorgali, Nuoro,

Orosei); Calarigue (Alghero); Calavri-che (Bitti, Orani); Calabrigu (Baunei,Escalaplano, Perdas de Fogu, San Nico-lò Gerrei, Seui); Calabrighe (Aritzo,Sorgono); Calarighe (Anela, Berchid-da, Bolotana, Bono, Ittiri, Oschiri,Ozieri, Padria, Pattada); Calafrihu(Urzulei); Calariggiu (Tempio); Cala-vri’e (Oliena, Orgosolo); Calavrighe(Cuglieri); Callavrigu (Burcei, Villasal-to); Cararigi (Sassari); Coarviu (Flumi-nimaggiore); Croaxiu (Quartu); Piri-xedda burda (S. Antioco); Travvigu(Iglesias); Calaviru, Calavria, Coavigu.

Nomi stranieri: Ingl., Hawthorn; Fr., Aube-pine monogyne, Epine blanche; Ted.,Eingriffeliger Weissdorn; Sp., Espinoalbar, Estripio.

Arbusto o piccolo albero di 5-8 m, for-temente spinoso con fioritura abbondantis-sima. Corteccia liscia o minutamente stria-ta, bianco-cenerina o rossigna nei rami gio-vani. Foglie lunghe 3-6 cm, larghe 0,7-4,5cm, cuneate alla base, intere o inciso-den-tate con 3-5 lobi, dentellati nella parte ter-minale; nervature dei lobi principali rivol-te verso l’esterno; picciuolo di 1-3 cm; sti-pole fogliari falcate, dentellate con glando-le rossicce. Fiori di 8-16 mm di diametro incorimbi semplici o composti; calice con 5sepali, ovali, acuminati, riflessi, verdastri;corolla con 5 petali bianco-candidi; staminumerosi; ovario con un solo stimma per-sistente. Drupa di 6-9 mm, globosa, ovoi-dea, carnosa, rossa.

Tipo biologico. Arbusto o alberellocaducifoglio. Nan- o microfanerofita.

Fenologia. La fioritura avviene ad apri-le-maggio, ed è preceduta dalla comparsadelle foglie. I frutti sono maturi a ottobre-novembre e spesso permangono nella pian-ta oltre la caduta delle foglie fino alla pri-mavera successiva.

Areale. Il biancospino è diffuso in granparte dell’Europa, Asia Minore, Caucaso,grandi isole mediterranee e Africa delNord.

Ecologia. È una specie eliofila, indiffe-rente al substrato geopedologico, che vivein terreni freschi e leggeri, ma anche inquelli aridi e sassosi. Vegeta ai limiti deiboschi, nelle radure e nelle siepi e lungo ilcorso dei fiumi. Nel sottobosco è facile tro-varlo, ma presenta scarsa vitalità e in gene-re non fiorisce o ha una scarsa fioritura chematura pochi frutti. Caratterizza la classeCrataego-Prunetea.

Grandi alberi. Il biancospino si ritrovaper lo più come arbusto, ma negli ambien-ti più naturali si presenta anche in formaarborea con tronchi che possono superare100 cm di circonferenza. Nei calcari delSupramonte di Orgosolo, in Ogliastra eSarcidano, si trovano alberi di biancospinoche raggiungono 7-8 m di altezza. È consi-derato un ottimo porta-innesto per diverserosacee da frutto.

Notizie selvicolturali. Il biancospinocresce rapidamente nei primi anni, ma su-bisce un forte rallentamento dopo il sesto-ottavo anno, restando generalmente allostato arbustivo. Si può diffondere perseme, tuttavia, poiché presenta un periododi dormienza piuttosto lungo (sino a l8mesi), è preferibile propagarlo per talea oper polloni radicali. Pianta molto longevasi presta ottimamente per siepi ed è prege-vole come pianta da giardino per la suaabbondante fioritura e per i numerosi fruttirossi che possono permanere sulla piantaanche nell’inverno inoltrato con suggesti-vo effetto di colore, e soprattutto conun’importante funzione di riserva alimen-tare per l’avifauna.

235

Page 236: Alberi Arbusti 2008

Crataegus monogyna Jacq. - Ramo con frutto, ramo con foglie, foglie con stipole, ramo con fiore x0,5; fiore apertox2.

Page 237: Alberi Arbusti 2008

237

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è duro, compatto, pesante,di colore bianco, giallastro o rossastro, e sipresta bene per lavori di tornitura e leviga-tura, tuttavia le modeste dimensioni neriducono le possibilità di utilizzazione

Note etnobotaniche. Al biancospinosono attribuite diverse leggende. Dagliantichi Greci era considerato l’emblemadella speranza ed era usato per adornare glialtari. Secondo una leggenda medioevalecostituiva i rami spinosi della corona dispine messa in capo a Gesù nel suo calva-rio. In Germania è infatti chiamato anche“Christ-Dorn” ossia spina di Cristo. I fiorie i frutti del biancospino possiedono unabenefica azione cardiotonica. Agendo sulsistema simpatico determinano una mode-razione sia nel battito cardiaco, sia nellapressione sanguigna.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Ha caratteri piuttosto costanti,se non per i frutti, spesso molto duraturi

nella pianta anche durante il periodo inver-nale, dai quali si possono selezionare dellecultivar da giardino. A causa della sua trat-tazione come varietà (Crataegus oxyacan-tha L. var. monogyna (Jacq.) Fiori) daparte di Fiori, il biancospino nostrano èstato confuso talora con C. laevigata(Poir.) DC., che sinora si ritrova solo comepianta coltivata nei parchi e nei giardini. Sidistingue da C. monogyna, per i due stilidell’ovario, per la presenza di due nocciolinel frutto e per la nervatura delle foglierivolte verso l’interno dell’apice, nonchéper i lobi arrotondati.

SPECIE COLTIVATE. Tra le specie di Cra-taegus coltivate è sporadico il lazzarolo(C. azarolus L.), caratterizzato da ramiquasi inermi e frutti di 1-2 cm eduli. Anco-ra più rara è la sua var. ruscinonensis(Gren. et Blanc) Gaut., con le foglie glabree i frutti rossi di poco maggiori del bianco-spino, che è presente nei dintorni di Sassa-

Frutti maturi di Crataegus monogyna (leggermente ingranditi).

Page 238: Alberi Arbusti 2008

ri. Al lazzarolo, oggi, sono attribuiti ancheMespilus azarolus var. chlorocarpa Moris,Fl. Sardoa 2: 44 (1840-43) e Mespilus aza-rolus var. erythrocarpa Moris, Fl. Sardoa2: 44 (1840-43).

PYRUS L.

Alberi di piccole o medie dimensioni,caducifogli. Foglie semplici, intere o den-tate. Fiori riuniti in infiorescenze a corim-bo. Ovario infero con 2-5 carpelli. Fruttocarnoso: pomo.

Il genere comprende da 20 a 25 speciealcune delle quali di incerto significatosistematico e collocazione tassonomica,che vengono spesso trattate a livello di sot-tospecie o di varietà. È diffuso in tutto ilmondo nelle regioni temperate.

Reperti fossili di legni e frutti essiccatirinvenuti nelle palafitte della Svizzera e in

Italia testimoniano la sua utilizzazione sindalle epoche preistoriche.

Il nome Pyrus deriverebbe dal greco«pyr» = fiamma per indicare la forma delfrutto o dal celtico pir = pera.

1 Foglie lanceolate con pelosità persisten-te nella pagina inferiore...........P. spinosa

– Foglie rotondeggianti, ovali o ovali-lan-ceolate o cordiformi, glabre.....P. pyraster

Pyrus spinosa Forsskål, Fl. Aegypt.-Arab.:211 (1775)

Sin:. Pyrus amygdaliformis Vill., Cat.Jard. Strasb.: 323 (1807).

Regione della prima descrizione: Europ.austr.; As. Min.

Nomi italiani: Perastro, Perastro mandor-lino

Nomi sardi: Perastru (Sassari); Pirastru(Alghero, Bitti, Oliena, Orani, Tempio,Log., Sard. Centr.); Pirastu (Burcei,Fluminimaggiore, Laconi, Padria, Quar-tu, Villasalto, Ogliastra, Camp.).

Nomi stranieri: Fr. Poirier amandier; Sp.Espino, Perera borda; Ted. Dorn-Birne,Mandelblättrige Birne.

Arbusto o albero di 6-8 m, molto ramifica-to, spinescente. Corteccia del fusto irregolar-mente screpolata. Rami giovani peloso-tomentosi. Foglie con lamina di 0,8-6 x 0,4-3cm, oblungo-lanceolata, cuneata alla base,arrotondata o acuta all’apice; pagina inferiorecon pelosità persistente, superiormente glabrao con scarsi peli; picciuolo di 3-20 mm; stipo-le lineari, con ghiandole apicali, pelose, pron-tamente caduche. Infiorescenza in corimbo suirami fogliosi, con brattee lineari. Fiori bianchicon peduncolo di 20-30 mm; calice di 5-6 x 1-1,5 mm, a denti triangolari, acuti, riflessi, den-samente pelosi; corolla con petali di 6-8 mm,interi o smarginati all’apice, attenuati alla basein una breve unghia. Stami numerosi con fila-menti più brevi dei petali e antere rosa o deci-

238

Distribuzione in Sardegna di Crataegus monogyna.

Page 239: Alberi Arbusti 2008

samente rosse. Stili 4-5 pelosi inferiormente.Frutto di 2-4 cm di diametro, subgloboso conresidui del calice all’apice, giallo-scuro,verde-giallastro, marron-scuro. 2n = 34.

Tipo biologico. Arbusto o albero, cadu-cifoglio. Micro o mesofanerofita.

Fenologia. Fiorisce dal mese di marzoad aprile-maggio in relazione all’altitudi-ne. I fiori nascono sui rami corti degli anniprecedenti, prima della comparsa dei nuovigermogli. I frutti maturano a ottobre-novembre e persistono qualche tempodopo la caduta delle foglie. Sono sporadi-che le fioriture autunnali. Da segnalarel’eccezionale rifioritura di gran parte dellepiante dell’autunno 2006, lungo le costeorientali del nord-Sardegna.

Areale. Il perastro mandorlino è diffusodalla Spagna alla Turchia, soprattutto nelleregioni costiere. In Sardegna è sporadicosu tutta la regione.

Ecologia. Specie eliofila e moderatamen-te termofila, indifferente al substrato, vegeta

dalle zone costiere fino oltre i 1.300-1.400 mdi altitudine. A seguito di arature o incendicolonizza superfici abbastanza ampie, conpiante delle stesse dimensioni. I luoghi dovemaggiormente si ritrova sono le macchierade, ma anche i suoli arenizzati delle pianealluvionali o i terreni derivanti da effusionivulcaniche, dove forma pascoli arborati dinotevole interesse paesaggistico. In Sarde-gna è considerato caratteristico di un tipo dilecceta (Pyro-Quercetum ilicis); in realtà perla sua ampia diffusione e adattabilità ai piùdisparati ambienti si presta poco a caratteriz-zare le associazioni forestali della lecceta.

Grandi alberi. Gli alberi di maggioridimensioni si ritrovano nelle aree montane del-l’Altipiano di Bitti-Buddusò. Nel Gennargen-tu, lungo il corso superiore del Rio Flumined-du, in località Is Trogus, sono presenti numero-si alberi di dimensioni considerevoli, sia inaltezza, 7-8 m, sia in diametro, sino 80 cm.

Notizie selvicolturali. È una pianta mel-lifera ad accrescimento lento che si ripro-

239

Frutti di Pyrus spinosa.

Page 240: Alberi Arbusti 2008

Pyrus amygdaliformis Vill. - Ramo con gemme, ramo con fiori, ramo con frutti, foglie x0,6; fiore x1,2; stili x2,4.

Page 241: Alberi Arbusti 2008

241

duce per seme o per via vegetativa. È unbuon porta-innesto per peri coltivati diqualità pregiata. Anche se sinora ha avutoscarso interesse dal punto di vista foresta-le, potrebbe essere impiegato nei rimbo-schimenti soprattutto per costituire unaimportante riserva alimentare per la faunaselvatica e favorirne quindi la presenza.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Possiede un legno compatto, omo-geneo, di colore bruno-rossastro, moltoricercato per lavori di intarsio, data la pro-prietà di essere lavorato agevolmente intutte le direzioni. Viene utilizzato ancheper lavori di ebanisteria e strumenti musi-cali. È un ottimo combustibile.

Note etnobotaniche. Il perastro ha sem-pre goduto di notevole considerazione siaper il legno, sia per i frutti che costituisco-no un ottimo alimento per il bestiame. Ifrutti di alcune razze locali erano consuma-ti a piena maturità, perché meno tannici epiù dolci, anche dalle persone. In Sardegnaviene tuttora utilizzato per le siepi secche.La corteccia ha proprietà coloranti.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Per le regole di nomenclatura ilnome oggi corretto è P. spinosa rispetto alpiù conosciuto P. amygdaliformis. L’am-piezza dell’areale del perastro mandorlinoha certamente contribuito a differenziarenumerosi biotipi locali, ma anche l’uomo,tramite la selezione dei biotipi maggior-mente commestibili, sia per le persone, siaper gli animali. I frutti sono per lo più ric-chi di sclereidi (pietrosi) e poco succosi,ma non mancano biotipi con polpa succosae gradevole, commestibili già prima chediventi scura. L’indicazione con nomilocali (pariginu, con ironia, a Bono, onadalesu, per indicare il periodo di matura-zione, a Sarule, predosu, per l’abbondanzadi sclereidi, a Bitti ed ancora mare, orgole-su, mela) dimostra la conoscenza di diver-se varietà da parte delle comunità locali.La differenziazione etno-tassonomica èbasata sul frutto (varietà carpologiche), main realtà la variabilità a livello complessivosi esplica sia sul grado di spinosità, siasulla forma e sulle dimensioni delle foglie(soprattutto nelle aree calde costiere) edancora con la differenziazione del periododi fioritura. La pratica molto diffusa diinnestare i perastri con pere, spesso dirazze locali, con compatibilità genetica haportato anche alla formazione di esemplariibridi con caratteristiche intermedie.

Distribuzione in Sardegna di Pyrus spinosa.

Page 242: Alberi Arbusti 2008

Pyrus pyraster (L.) Duroi, Harbk. Baumz.,2: 215 (1772)

Sin. Pyrus communis L. var. pyraster L.Sp. Pl. 1: 479 (1753).

Regione della prima descrizione: nondeterminata.

Nomi italiani: Perastro, Pero selvatico.Nomi sardi: Pirastru ochesu (Anela,

Bono).Nomi stranieri: Ingl., Wild pear tree; Fr.,

Poirier sauvage; Ted., Wilde-Birne,Holzbirne; Sp., Peral silvestre.

Albero di 6-15 m, spinescente a porta-mento eretto con chioma globosa. Rami gla-bri o pubescenti con pelosità poco persisten-te. Foglie alterne, rotonde, ellittiche, ovali,ovali-lanceolate, con apice acuto e base dacuneata a cordata; lamina di 3-8 x 2-5 cm,lunga circa il doppio della larghezza; paginainferiore da pelosetta o glabra come nellapagina superiore; margine intero o crenato-dentato; picciuolo di 2-5 cm. Infiorescenza incorimbo di fiori bianchi con pedicelli di 1-3cm; calice con sepali di 5-7 x 1-3,5 mm,lanosi; corolla con petali di 10-16 mm,ovato-orbicolari con breve unghia. Staminumerosi con antere porporine. Frutto sub-globoso o piriforme di 2-4 cm di diametro,verde-giallastro o marron-scuro con sepalipersistenti all’apice. Semi numerosi, neri.2n=34.

Tipo biologico. Albero a foglie caduche.Mesofanerofita.

Fenologia. Come Pyrus spinosa.Areale. L’areale comprende la Penisola

Iberica, l’Europa centrale fino al Caucaso. InSardegna, il perastro è noto sinora per lemontagne del Marghine, del Goceano e delGennargentu.

Ecologia. Specie eliofila, mesofila, indif-ferente al substrato, vegeta dal livello delmare fin oltre i 1.000 m di altitudine, ma nel-l’Isola appare limitato alle aree di montagna.

Notizie selvicolturali, caratteristiche edutilizzazioni del legno e note etnobotani-

che. Presenta le stesse caratteristiche delPyrus spinosa. È considerata la principalespecie ancestrale che ha dato origine ai perioggi coltivati nelle zone temperate di tutto ilmondo. Si presta come porta-innesto e dàottimi risultati di attecchimento anche supiante adulte.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il perastro fu descritto da Linneocome una varietà del pero comune (Pyruscommunis). Si distingue rispetto a Pyrus spi-nosa per la forma delle foglie e del frutto.Esemplari con caratteri intermedi tra le dueentità sono spesso di incerta attribuzione esono probabilmente da riferire a forme ibri-de, senza peraltro escludere incroci con lecultivar di peri gentili.

SPECIE COLTIVATE. Lungo i bordi delle stra-de, nei campi e nelle vigne e nei frutteti abban-donati alle colture delle fasce periurbane, in

242

Distribuzione in Sardegna di Pyrus pyraster.

Page 243: Alberi Arbusti 2008

Pyrus pyraster (L.) Duroi - Ramo con frutti x0,6; fiore x1,3.

Page 244: Alberi Arbusti 2008

244

prossimità degli ovili, anche nelle aree piùinterne e di più difficile accesso, si trovanospesso alberi innestati con razze locali rustichedi pero (Pyrus communis). In mancanza direperti botanici provenienti da insediamentiantichi, non è possibile avere certezza di quan-to sia rimasto dal periodo punico o romano.Tuttavia, in tempi più recenti, dai resoconti deicondaghi, dalle note di Fara, di Manca dell’Ar-ca, e soprattutto dalla trattazione del Morissono nominate numerose cultivar, che oggiannoverano un centinaio di entità. Le razzelocali vanno da cultivar con frutti di grandidimensioni (pira impiccatoglia di Bitti che,raccolta a novembre, si conserva, acquisendosapore e gusto a primavera inoltrata dell’annosuccessivo) a pere di modeste dimensioni everosimilmente introgresse con il perastro.

MALUS L.

Alberi o arbusti, caducifogli. Foglie sem-plici intere o dentate, glabre o tomentose.

Fiori regolari, in infiorescenze corimbose odombrelliformi. Frutto: pomo. Il genereMalus comprende 25 specie diffuse in Euro-pa, Asia e America settentrionale.

Diverse varietà e ibridi sono coltivati comepiante ornamentali o da frutto. Reperti fossilidi piante di melo sono stati trovati nei tufi delQuaternario della Gran Bretagna e della Fran-cia. Semi di Malus sono stati scoperti neiruderi di insediamenti lacustri neolitici.

Malus deriva dal greco «malon» = mela.

Malus dasyphylla Borkh., Handb. Forstbot.2: 1269

Regione della prima descrizione: non deter-minata.

Nomi italiani: Melo selvatico.Nomi sardi: Melàbrina (Bolotana); Melàvri-

na (Anela, Bono); Melagra (Urzulei);Mela abrina, Mela, Mela selvatica.

Nomi stranieri: Ingl., Crab Apple; Fr., Pom-

Pyrus piraster.

Page 245: Alberi Arbusti 2008

245

mier acerbe, Pommier sauvage, Paradis;Ted., Filz-Apfel, Holzapfelbaum, WilderApfelbaum; Sp., Manzano, Maceira,Pomera.

Arbusto o albero di piccole dimensioni,ramoso, a chioma espansa. Corteccia grigia-stro-scura. Rami giovani tomentosi. Ramifiorali di 5-20 mm. Foglie ovato-lanceolatecon lamina di 20-45 x 10-25 mm; marginecrenato-dentato; pagina inferiore tomentosa,pubescente, superiormente pelosetta o gla-bra da adulto; stipole lineari rossastre pron-tamente caduche. Infiorescenze in corimbifogliosi di 4-6 fiori; calice con sepali tomen-tosi di 3-7 mm; corolla con petali obovati econ breve unghia di 1 mm, bianchi, rosei oporporini di 15-22 x 10-12 mm; stami nume-rosi con antere gialle. Pomo subgloboso,schiacciato alle due estremità, di 12-40 mm,acidulo anche a maturità.

Tipo biologico. Arbusto o albero di 2-5m, sub-spinescente o inerme, caducifoglio.Microfanerofita.

Fenologia. Fiorisce ad aprile-maggio ematura i frutti nel tardo autunno.

Areale. Il melo selvatico comprendereb-be un areale limitato al bacino danubiano eal Nord della Penisola Balcanica. In realtà èpresente nella penisola italiana. In Sardegna,è presente, ma molto raro, nel Gennargentumentre è comune soprattutto nella catena delMarghine-Goceano.

Ecologia. È indifferente al substrato evegeta nelle zone montane, in ambienti fre-schi con suoli profondi. Predilige i marginidei boschi, ma penetra anche in quelli radi,isolato o in piccoli gruppi.

Notizie selvicolturali. Il melo selvatico èin genere un albero di modeste dimensioniche si riproduce per seme o per talea. È unodei progenitori delle varietà coltivate, oggi,in tutto il mondo.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno si presta bene per lavori ditornio e intarsio. Come legname da ardere èun buon combustibile.

Note etnobotaniche. Il frutto non è com-mestibile nemmeno in piena maturità e con-

serva sempre un sapore aspro, mentre, inve-ce, si presta egregiamente come porta-inne-sto e, nel Goceano, è ancora utilizzato a talescopo per le cultivar pregiate.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il melo selvatico può essere con-siderato come una specie piuttosto rara e taleaspetto ne limita, a livello regionale, anchela variabilità. È stato indicato da Moris comeMalus sylvestris Miller, ma le foglie sono inrealtà sempre pelose nella pagina inferiore, eciò lo porta ad essere inquadrato nell’ambitodi M. dasyphylla. La sua collocazioneambientale lo fa ritenere nativo anche perchéesistono diversi toponimi (Sa Melàvrina interritorio di Bono) che ne richiamano la pre-senza da lunga data.

SPECIE COLTIVATE. Del genere Malus laspecie maggiormente coltivata è il melodomestico (Malus domestica Borkh. = Pyrus

Distribuzione in Sardegna di Malus dasyphylla.

Page 246: Alberi Arbusti 2008

Malus dasyphylla Borkh. - Ramo con frutti, fiore, stami, ramo con fiori, foglie, frutti x0,65; particolare di foglia x1,3.

Page 247: Alberi Arbusti 2008

247

malus L. = Malus communis DC), citato giàdal Fara nel 1500 e sicuramente di anticaintroduzione. Del melo si conoscono nume-rose cultivar (oltre 30 quelle censite) alcunedelle quali appaiono appartenere a biotipiesclusivamente locali selezionati comevarietà carpologiche, con frutti di dimensio-ni molto piccole e di dimensioni che posso-no essere definite eccezionali. La progressi-va rarefazione delle coltivazioni periurbanee l’introduzione di cultivar di maggiore gra-dimento nei mercati stanno portando allascomparsa di molte razze locali.

AMELANCHIER Medic.

Piccoli alberi o arbusti, caducifogli.Foglie semplici, oblunghe o sub-orbicolari,intere o dentate. Fiori regolari, bianchi, iso-lati o riuniti in infiorescenze racemose;stami numerosi; ovario infero con 2 o 5 car-pelli. Frutto: drupa o pomo. Il genere com-prende circa 20 specie, diffuse in Europa,

Asia e nel Nordamerica. Alcune di esse sonoutilizzate come piante ornamentali per l’ab-bondante fioritura primaverile e per le foglierosseggianti in autunno.

Il termine Amelanchier deriverebbe dalgreco «amelea» e «anchein» = strozzato, odal Savoiardo, che indica con tale nome lemeline selvatiche.

Amelanchier ovalis Medik., Gesch. Bot.:78 (1793)

Sin.: Mespilus amelanchier L., Sp. Pl.,1: 478 (1753).

Regione della prima descrizione: Habitatin Helvetia, Austria, Galloprovincia.

Nomi italiani: Amelanchier, Pero corvino.Nomi sardi: Non conosciuti.Nomi stranieri: Fr., Amelanchier commun;

Ted., Felsenbirne; Sp., Mallema, Cor-nillo, Mallanguera.

Frutti di Malus dasyphilla.

Page 248: Alberi Arbusti 2008

Amelanchier ovalis Medik. - Ramo con fiori, foglie, infruttescenza x0,68; frutto, fiore x2.

Page 249: Alberi Arbusti 2008

249

Pianta cespugliosa, alta 0,8-3 m, eretta.Rami con corteccia grigio-bruna. Gemmeacuminate con molte scaglie embriciate,glabre e brillanti. Foglie alterne, 2-4 cm,ovali-arrotondate, finemente dentate,mucronate, lanose nella pagina inferiore dagiovani, poi glabre; stipole caduche; pic-ciuolo più corto del lembo. Infiorescenza aracemo raccorciato. Fiori bianchi regolari,calice persistente con lacinie prima lanose,poi glabre; petali ristretti alla base a cono eseparati fra loro. Ovario infero con 5 stililiberi. Pomo globoso, di 6-10 mm circa,nero-bluastro, dolciastro, con 10 semi.

Tipo biologico. Pianta arbustiva, eretta,pluricaule, cespitosa, talvolta piccolo albe-rello, caducifoglia. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce da aprile a maggioe fruttifica in luglio-agosto.

Areale. È presente in Europa centrale emeridionale, Asia occidentale e Africa set-tentrionale con un areale tipicamenteframmentato. In Sardegna è diffusa sulGennargentu, a Mandra ‘e Caja, sul Lim-bara, sul Monte Albo e sporadicamente in Distribuzione in Sardegna di Amelanchier ovalis.

Infiorescenza di Amelanchier ovalis.

Page 250: Alberi Arbusti 2008

altre aree montane dei calcari centro-orientali.

Ecologia. Pianta eliofila e mesofila,indifferente al substrato, vive intorno agli800-1.400 m fra i massi, sulle rupi o nellespaccature delle rocce o ai margini deiboschi.

Caratteristiche selvicolturali. Questaspecie è utilizzata talora come pianta orna-mentale nei giardini e nei parchi. La propa-gazione avviene per semi oppure per mar-gotta o per polloni radicali.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Le utilizzazioni del legno del perocorvino sono scarse a causa dello spessorelimitato del fusto. Per la sua durezza edelasticità e per la possibilità di una buonalevigazione è usato per manici di utensilivari, soprattutto da cucina.

Note etnobotaniche. Anticamente erautilizzato come combustibile. Resti di legnicarbonizzati sono stati scoperti in grotterisalenti al Paleolitico medio. Le foglie ed irami erano usati per tingere la lana. La cor-teccia dà un colore verde dorato ed il legnoun verde muschio intenso. I frutti sonocommestibili, ma di scarso valore e si uti-lizzano per preparare bevande alcoliche. Ildecotto di tutte le parti della pianta si usaper abbassare la pressione sanguigna.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Le popolazioni di Sardegnapresentano sempre foglie ovali-ellittiche epelosità nella pagina inferiore che divieneglabrescente a maturità. Le dimensionifogliari appaiono legate alle condizionistazionali, mentre la forma è piuttosto sta-bile. Non si osservano variazioni di rilievotra le piante dei calcari e degli scisti.

SORBUS L.

Alberi o arbusti caducifogli. Foglieintere, lobate o pennate. Fiori regolaribianchi o rosati riuniti in infiorescenze acorimbo; ovario infero. Frutto: pomo. Ilgenere Sorbus comprende oltre 100 speciediffuse nelle regioni temperate dell’Emi-

sfero boreale. Alcune specie, sia spontaneeche coltivate, sono largamente utilizzatecome piante ornamentali e come alberi dafrutto. Il nome deriverebbe dal celtico«sormel» composto da «sor» = aspro e«mel» = mela, per il sapore particolarmen-te aspro del frutto acerbo.

1 Foglie intere...........................................2– Foglie composte imparipennate.............32 Foglie ovali, densamente tomentose nella

pagina inferiore..............................S. aria – Foglie palmato-lobate con tre-sette lobi,

triangolari, con peli soprattutto lungo lenervature..............................S. torminalis

3 Frutti di 5-6 mm ...................S. aucuparia– Frutti di 2-3 cm ...................S. domestica

Sorbus aria (L.) Crantz, Stirp. Austr., ed.1, 2 : 46 (1763)

Sin.: Crataegus aria L., Sp. Pl., 1: 475(1753)

Pyrus aria (L.) Ehrh., Beitr. Naturk., 4:20 (1789)

Sorbus aria subsp. graeca (Lodd. exSpach) Nyman, Consp. Fl. Eur. Suppl.2(1): 118 (1889)

Sorbus aria subsp. meridionalis (Guss.)Murb. in Acta Univ. Lund. Afd. 2, ser. 22(1): 45 (1905)

Sorbus aria var. cretica (Lindl.)Halácsy, Consp. Fl. Graec. 1(2): 541(1900)

Sorbus aria var. graeca (Lodd. ex Spach)Griseb., Spic. Fl. Rumel. 1: 93 (1843)

Sorbus cretica (Lindl.) Fritsch & Rech.in A. Kern., Sched. Fl. Exs. Austro-Hung.7: 18 (1896)

Sorbus graeca (Lodd. ex Spach) Lodd. exSchauer in Uebers. Arbeiten Veränd. Schles.Ges. Vaterl. Cult. 1847: 292 (1848).

Regione della prima descrizione: Habitatin Europae, Helvetiae, frigidis.

Nomi italiani: Sorbo montano, Lazzarolodi monte, Farinaccio.

250

Page 251: Alberi Arbusti 2008

251

Nomi sardi: Lazzarolu de monte; Sroba?(Fluminimaggiore).

Nomi stranieri: Ingl., White Beam; Fr.,Alouchier, Alisier blanc; Ted., Mehl-beer-Baum; Sp., Pomera borda, Moixe-ra, Peral de monte.

Arbusto o alberello alto fino a 10 m, conchioma ovato-piramidale. Corteccia grigia-stra. Rami giovani prima bianco-lanosi,poi glabri, rosso-scuri con lenticelle evi-denti. Foglie sparse con lamina di 5-11 x2,5-7,5 cm, ovali, oblunghe o largamenteellittiche, cuneate alla base con una densalanugine biancastra nella pagina inferiore,superiormente glabre o con scarsi peli,margine fogliare serrato-denticolato; ner-vature secondarie evidenti in 6-10 paia,diritte, parallele, ramificate in alto; stipolelineari di 9-10 mm, brunastre, membrano-se, più o meno villose, presto caduche.Infiorescenze in corimbi fogliosi di 5-8 cmdi diametro con numerosi fiori bianchi;peduncoli fioriferi lanoso-tomentosi, lun-

ghi 3-5 mm con brattee lineari brunastre,caduche, lanuginose; sepali riflessi lanceo-lato-triangolari, densamente pelosi; petalidi 5-7 mm, ovali o sub-orbicolari; staminumerosi eguaglianti i petali, con filamen-ti glabri e antere ovoidee, gialle; stili 2.Pomo ovoideo, sub-globoso di 7-15 mm,rosso-arancio o scarlatto a polpa gialla,con residui del calice all’apice. 2n=34.

Tipo biologico. Arbusto o alberellocaducifoglio. Micro- o mesofanerofita.

Fenologia. Fiorisce a maggio-giugno epresenta i frutti maturi nel mese di ottobre,che permangono a lungo sulla pianta.

Areale. Il sorbo montano è diffuso dallaSpagna alla Romania, in Inghilterra, e nel-l’Africa nord-occidentale. La sua distribu-zione in Sardegna è frammentata ed è limi-tata alle aree montane, oltre i 900 m diquota, del Monte Albo a Turuddò, deiMonti di Oliena, del Supramonte a MonteNovo S. Giovanni, del Montarbu di Seui aP. Margiani-Lobusa e del Gennargentu suirocciai da Bruncu Spina a P. Lamarmora.

Sorbus aria su substrato siliceo nel Gennargentu.

Page 252: Alberi Arbusti 2008

Sorbus aria (L.) Crantz - Rami con frutti, ramo con fiori x0,65.

Page 253: Alberi Arbusti 2008

Si tratta, in ogni caso, di piante isolate dimodeste dimensioni.

Ecologia. È una specie eliofila, modera-tamente termofila, indifferente al substratocon una leggera preferenza per il terreno diorigine calcarea. Vegeta nelle zone altomontane sino a 1.500-1.600 m, ma nellecondizioni più favorevoli si spinge ancheoltre i 2.000 m di altitudine. Generalmente,si trova sporadico nei boschi, nelle radure,nei detriti e nei rocciai, comportandosicome specie rupicola.

Notizie selvicolturali. Il sorbo montanoresta per lo più allo stato di cespuglio, ma incondizioni favorevoli raggiunge 10-14 m dialtezza. Si riproduce per seme, che germinaal secondo anno, o per via vegetativa pertalea o tramite i polloni che sorgono attornoal fusto principale. Presenta un accresci-mento molto lento ed una notevole capacitàpollonifera. Si usa come pianta ornamentalenei giardini o nei parchi. In selvicoltura

trova scarsa utilizzazione, ma talora è colti-vato per la distillazione dei frutti.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è duro, compatto, pesante,omogeneo, di colore rosso-bruno. Si prestaper lavori di ebanisteria e piccoli utensilisoggetti a logorio in certe parti del carrotradizionale o degli antichi mulini, e perstrumenti musicali come flauti e pifferi. Èun buon combustibile.

Note etnobotaniche. La corteccia e irami giovani hanno proprietà coloranti, mala sua rarità, verosimile anche nel passato,non ha dato luogo a utilizzazioni conosciu-te a livello locale.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Le popolazioni di Sorbus aria della Sar-degna presentano scarsa variabilità a prescin-dere dal substrato. Del resto, stante la povertàdelle popolazioni nelle singole aree, anche l’a-nalisi statistica dei caratteri non sostenuta daun numero sufficiente di campioni appare ina-deguata a caratterizzare in modo certo (Ped-des, 2003). Tuttavia, sulla base della forma(generalmente obovata a base cuneata) e dellalunghezza delle foglie (sempre inferiore a 10cm) e dei frutti (con rapporto lunghezza/dia-metro mediamente 1-1,2) appare meglio attri-buibile a Sorbus graeca Lodd ex Steudel,Nomenclator Bot. ed. 2, 2: 612 (1840), maulteriori indagini sono necessarie per accerta-re una esatta definizione tassonomica.

Sorbus torminalis (L.) Crantz, Stirp.Austr., ed. 1, 2: 45 (1763)

Sin.: Crataegus torminalis L., Sp. Pl.1:476 (1753)

Pyrus torminalis (L.) Ehrh., Beitr.Naturk. 6: 92 (1791).

Regione della prima descrizione: Habitatin Anglia, Germania, Helvetia, Burgundia.

Nomi italiani: Ciavardello.Nomi sardi: Morichessa (Bolotana).Nomi stranieri: Ingl., Rowan, Wild Servi-

ce-tree; Fr., Alisier torminal; Ted., Elsbee-

253

Distribuzione in Sardegna di Sorbus aria.

Page 254: Alberi Arbusti 2008

254

baum, Wilder Sperbeer-Baum; Sp., Mostel-lar, Moigera.

Arbusto o albero di 10-15 m di altezzacon chioma globosa; rami giovani peloso-lanosi, glabri da adulti con lenticelle eviden-ti. Gemme ovoidee, arrotondate con perulelargamente ottuse all’apice, glabre o peloseai margini. Foglie sparse; lamina di 4-10 x 3-8 cm, pelosetta o glabra, largamente cuneataalla base o con 3-5 lobi decrescenti verso l’a-pice in ogni lato; margine serrato-denticola-to; picciuolo di 1,5-4 cm, canalicolato, pelo-so o glabro; stipole membranose, vischiose,le più esterne larghe, serrato-glandolose aimargini, le interne lineari, villoso-glandolo-se, prontamente caduche. Infiorescenza incorimbo composto con numerosi fiori bian-chi di 10-15 mm; peduncoli fiorali di 6-10mm; ricettacolo villoso, tomentoso, ob-coni-co; sepali triangolari acuti di 1-3 mm, villosi,glandolosi al margine, riflessi nel frutto;petali di 5-6 mm, sub-orbicolari alla base conuna breve unghia o del tutto sessili; staminumerosi eguaglianti la corolla, con filamen-ti glabri e antere rossastre; stili 2 pubescentialla base. Frutto di 10-15 mm, ellissoidale,globuloso, giallo rossastro, bruno a maturitàcon nocciolo lignificato. 2n=34.

Tipo biologico. Arbusto o albero dimodeste dimensioni a foglie caduche.Micro- o mesofanerofita.

Fenologia. Fiorisce ad aprile-maggiosui germogli dell’annata. I frutti maturanoa settembre-ottobre.

Areale. È diffuso in Spagna, Europa cen-tro-meridionale, Inghilterra, Asia Minorefino al Caucaso e Africa del Nord. In Sarde-gna è presente nel Marghine-Goceano ed ègenericamente indicato nel Gennargentu.

Ecologia. È una specie moderatamentesciafila e termo-mesofila. Vive dal piano allezone montane, sui terreni freschi, con prefe-renza per i substrati di tipo calcareo. In Sar-degna è solo montana su substrati silicei edentra a far parte dei consorzi forestali conleccio, roverella, tasso e agrifoglio.

Grandi alberi. Gli alberi di maggioridimensioni dell’Isola si trovano nel Mar-

ghine, Goceano nei grandi boschi misti dileccio e roverella, dove presenta anchegrandi esemplari con altezza di 15 m circa.

Notizie selvicolturali. Il ciavardellopresenta un accrescimento molto lento e siriproduce generalmente per seme. La semi-na si effettua in primavera avendo cura diconservare i frutti sulla sabbia umidadurante l’inverno. Viene utilizzato comealbero ornamentale nei giardini e nei par-chi. Ha scarsa capacità pollonifera e sop-porta male la ceduazione.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è duro, compatto, tenace,rossastro e si presta per lavori di intarsio,tornitura, ebanisteria e per utensili vari. Èun buon combustibile. I frutti, aciduli e zuc-cherini, sono molto ricercati dagli uccelli.

Note etnobotaniche. I frutti, commesti-bili, sono refrigeranti e astringenti e perdistillazione se ne ricava una bevandaalcolica molto apprezzata.

Distribuzione in Sardegna di Sorbus torminalis.

Page 255: Alberi Arbusti 2008

Sorbus torminalis (L.) Crantz - Ramo con frutti, ramo con fiori, foglia x0,5; fiori x1,2; calice x2; sepalo x4; partico-lare del margine del sepalo x8; gemma x2,5.

Page 256: Alberi Arbusti 2008

256

Sorbus aucuparia L. subsp. praemorsa(Guss.) Nyman, Consp. Fl. Eur. : 241(1879)

Sin.: Sorbus praemorsa Nyman, Syll.Fl. Eur., 265 (1855)

Sorbus praemorsa K. Koch, Hort. Den-drol., 178, n. 17 (1853).

Nomi italiani: Sorbo degli uccellatori.Nomi sardi: Non conosciuti.Nomi stranieri: Sp., Serbal de cazadores,

Aliso.

Arbusto o alberello alto fino a 10-12 m,con chioma lassa irregolare. Corteccia liscia,grigiastra. Rami giovani glabri, rosso-scuri,lucidi con lenticelle evidenti. Foglie sparseimparipennate, lunghe 8-15 cm con picciuo-lo di 15-20 mm e con 5-7 paia di foglioline2-4 x 1,5-2,5 cm, ovali o ellittiche, cuneatealla base, lisce o con scarsi peli, a margine

fogliare serrato-denticolato; stipole lineari di9-10 mm, brunastre, membranose, più omeno villose, presto caduche. Infiorescenzecon asse pubescente in corimbi di 5-7 cm didiametro con fiori bianchi; peduncoli fiorife-ri glabri, lunghi 3-5 mm con brattee linearibrunastre, caduche, sepali minuti riflessi,lanceolato-triangolari; petali di 5-7 mm,ovali o sub-orbicolari; stami numerosi egua-glianti i petali, con filamenti glabri e antereovoidee, rossigne; stili 2. Pomo sub-globosodi 5-7 mm, rosso-vivo o scarlatto, con resi-dui del calice all’apice. 2n=34.

Tipo biologico. Arbusto o alberellocaducifoglio. Micro- o mesofanerofita.

Fenologia. Fiorisce a maggio-giugno epresenta i frutti maturi nel mese di settem-bre-ottobre.

Areale. Sorbus aucuparia ssp. praemorsaè entità endemica dell’Italia meridionale,della Sicilia, delle montagne della Corsica,dove è piuttosto comune, mentre in Sardegna

Esemplari di Sorbus torminalis in frutto nel periodo autunnale.

Page 257: Alberi Arbusti 2008

257

Residui di formazioni forestali nel Gennargentu e habitat di Sorbus aucuparia.

Page 258: Alberi Arbusti 2008

258

è conosciuto solamente nel Gennargentu, conun esemplare nel versante settentrionale delBruncu Spina verso la vallata del Rio Aratu ealtri due esemplari, sugli sciuscius del ver-sante di Desulo presso Punta La Marmora.

Ecologia. È una specie eliofila, modera-tamente mesofila, che vive su terreni dinatura silicea delle zone alto-montane.

Notizie selvicolturali. Il sorbo degliuccellatori è una specie che non raggiungedimensioni notevoli, con alberi di 10-15 m dialtezza. Si riproduce per seme, o per viavegetativa per talea. Presenta modesti accre-scimenti nelle piante adulte e per questo laspecie tipica e sue forme colturali sono spes-so utilizzate nei viali e nei parchi delle cittàdell’Europa centrale. I frutti costituiscono unimportante alimento per l’avifauna.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno e note etnobotaniche. Non cono-sciute in Sardegna.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Il sorbo degli uccellatori è statodescritto come specie autonoma da Gussonee successivamente inquadrato come sotto-specie di Sorbus aucuparia. Tutto il genereSorbus ha avuto numerose fluttuazioni tasso-nomiche con la distinzione in più generi(Aucuparia, Crataegus, Mespilus, Pyrenia,Pyrus) e conseguentemente si sono avutenumerose combinazioni tassonomiche chehanno portato a considerare le diverse entitàora come specie, ora come sottospecie, varie-tà o forma. La esiguità degli esemplari noti inSardegna, pur attribuibile alla sottospeciepraemorsa, non consente di fare una seriavalutazione sulla variabilità dell’entità sarda.

Misure di tutela. Si tratta della specie arbo-rea più rara in assoluto della Sardegna, ciò cherichiede una protezione severa e un adeguatopiano di gestione per favorire la conservazionedel germoplasma di un’entità molto importan-te per la testimonianza degli antichi collega-menti fitogeografici dell’Isola con le altreregioni contermini. Al fine di mantenere la suacaratterizzazione genetica è necessario nei rim-boschimenti del Gennargentu evitare di utiliz-zare biotipi di Sorbus aucuparia di provenien-za esterna alla Sardegna.

Distribuzione in Sardegna di Sorbus aucuparia.

Sorbus aucuparia in forma arbustiva nel Gennargentu.

Page 259: Alberi Arbusti 2008

259

Sorbus domestica L., Sp. Pl. 1: 477 (1753)

Nomi italiani: Sorbo domestico o Sorbolo.Nomi sardi: Supelva (Ozieri), Superva

(Nuorese); Zorfa (Tonara). Nomi stranieri: Sp., Serbal comun, Suer-

bal, Severa, Azarollo.

Albero alto fino 8-10 m a portamentoassurgente con chioma ovato-globosa.Tronco con corteccia desquamantesi instrisce o placche longitudinali irregolari erami giovani grigiastri glabri a maturità.Gemme lunghe 10-15 mm, appuntite, ver-dastre, glabre e vischiose. Foglie di 10-20cm, imparipennate, con picciolo di 2-3 cme con 6-10 paia di foglioline inizialmentetomentose e quindi glabrescenti nella pagi-na inferiore, di forma da ovale-lanceolata asub-orbicolare di 3-5 x 1-3 cm, a margineintero nella metà inferiore poi acutamentedentate, ad apice acuto. Fiori riuniti incorimbi composti, con peduncoli tomento-si e con 5-15 fiori con calice formato da 5sepali triangolari acuti lunghi 1-2 mm ecorolla con 5 petali biancastri di 5-6 mmpatenti, stami fino a 20, stili 5 uniti allabase; frutto pomo subgloboso, piriforme,lungo circa 1,5-2 cm, a maturità di coloreda giallastro a rossiccio con macchie dicolore da bruno-scuro a brunastro unifor-me, con 1-4 semi, dolce con polpa ricca insclereidi. 2n=34.

Tipo biologico. Fanerofita scaposa,caducifoglia a portamento eretto. Mesofa-nerofita.

Fenologia. La fioritura avviene da fineaprile all’inizio di giugno in relazione allaquota, mentre la maturazione dei fruttiavviene a fine estate.

Areale. Il sorbo domestico ha un vastoareale euri-mediterraneo, non sempre rico-noscibile come primario, che va dal Porto-gallo e dal Marocco sino all’Anatolia e alCaucaso attraverso la Penisola Balcanica.La distribuzione attuale del sorbo domesti-co in Sardegna è piuttosto limitata e la suadiffusione è stata agevolata in passato dal-l’attività dell’uomo, che nell’Isola, come

nel resto dell’ Europa Mediterranea, ha perlungo tempo coltivato questa specie per ilconsumo dei frutti nei mesi invernali.Attualmente è presente in diverse localitàdel Goceano, della Gallura, del Logudoroe, principalmente, nel Sassarese. È menofrequente in Barbagia, dove veniva coltiva-to associato al ciliegio, e nel Sud dell’Iso-la. Il suo indigenato in Sardegna resta tut-tora incerto.

Ecologia. Specie eliofila e meso-xerofi-la, indifferente al substrato, il sorbo dome-stico allo stato spontaneo si ritrova neiboschi aperti delle aree collinari e montanesino a 1.000 m di quota. In Italia è presen-te in tutta la Penisola ed in Sicilia dal livel-lo del mare fino a 800 m s.l.m., e la si trovaallo stato spontaneo nei boschi sub-medi-terranei, in particolare in quelli di latifogliedecidue termofile (soprattutto nei quercetidi roverella e nei boschi a prevalenza dicarpino nero).

Note selvicolturali. Il sorbo domestico,scarsamente utilizzato nei rimboschimenti,viene coltivato come pianta fruttifera neifrutteti, nelle vigne e negli orti, ma anchequesta pratica, negli ultimi decenni, ècaduta in disuso. In Sardegna, le primenotizie della coltivazione del sorbo dome-stico si devono al Fara nella sua De coro-graphia Sardiniae redatta nella secondametà del Cinquecento. In località Talare eTalaristini, in territorio di Tonara, tra i 600e i 750 metri di quota, nei boschi di casta-gno abbandonati, mostra una buona capa-cità di rinnovazione caratterizzando ilbosco misto di leccio e roverella. Può esse-re utilizzato per scopo ornamentale.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è utilizzato sia nella costru-zione di parti sottoposte a forti attriti, sia infalegnameria.

Grandi alberi. Un esemplare ultraseco-lare nei pressi del cimitero di Tonara, inlocalità Igna de Calu, erroneamente indica-to come S. aucuparia L. da Vannelli (o.c.),in realtà è da attribuire al sorbo domestico.

Note etnobotaniche. La coltura delsorbo domestico avveniva soprattutto per i

Page 260: Alberi Arbusti 2008

Sorbus domestica L. - Ramo con foglie x0,6; foglie x1; fiore x1; frutti x0,5.

Page 261: Alberi Arbusti 2008

261

frutti che, sebbene non particolarmentepregiati, potevano essere conservati alungo anche nel periodo invernale. I frutti

sono ricchi di vitamina C e il sorbitolo puòessere assunto dai diabetici in sostituzionedello zucchero.

Frutti di Sorbus domestica.

Infiorescenza di Sorbus domestica.

Page 262: Alberi Arbusti 2008

262

ANGIOSPERMAE ROSALES

CESALPINACEAE

Alberi o arbusti con fiori bisessuali ounisessuali in piante monoiche o dioiche.Corolla irregolare con le ali che coprono ilvessillo o regolare a perianzio ridotto.Stami 10 o 5. Frutto: legume o lomento.Sono inquadrate, talora, come una sottofa-miglia (Cesalpinoideae) delle Fabaceae.

CERATONIA L.

Questo genere comprende la sola specieCeratonia siliqua L., o carrubo, originariadella regione mediterranea orientale. Ilnome Ceratonia deriva dal greco «keros»= corno, per indicare la forma e la consi-stenza del frutto.

Ceratonia siliqua L., Sp. Pl., 2:1026(1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Apulia, Sicilia, Creta, Cypro, Syria,Palaestina.

Nomi italiani: Carrubo.Nomi sardi: Carruba (Burcei, Flumini-

maggiore, Padria, Sassari, S. Antioco,Villacidro, Villasalto, Log., Sard.Centr., Camp.); Garrofa (Alghero);Silibba (Gairo, Perdas de Fogu); Silim-ba (Tortoli); Thilimba (Baunei).

Nomi stranieri: Ingl., Carob, S. John’sbread, Locust tree; Fr., Caroubier com-mun; Ted., Johannisbrotbaum, KarobenBaum; Sp., Algarrobo, Garrofer.

Albero alto fino a 15-20 m, semprever-de, a chioma espansa. Tronco tozzo e robu-sto, costoluto, con corteccia liscia, grigia-stra, di colore marron-scuro. Foglie pari-pennate con 3-6 paia di foglioline di 3-6 x3-4 cm, brevemente picciuolate, ovato-ellittiche, glabre, coriacee con nervatura

mediana marcata e nervature secondariepennate, diritte, parallele. Fiori unisessualisulla stessa pianta o su piante diverse,oppure fiori bisessuali e maschili sullastessa pianta; racemi di 3-5 cm, prima ros-sastri poi giallo-verdastri, nascenti sui ramidegli anni precedenti; calice peloso pocoappariscente, caduco; corolla assente;stami 5, stilo arcuato. Legumi lomentaceidi 10-20 x 2-3 cm, appiattiti, coriacei, pen-duli, solitari o in gruppi numerosi; semiovoidei, compressi lateralmente, bruno-chiari o rossastri, duri.

Tipo biologico. Albero di medie dimen-sioni o arbusto cespitoso a foglie sclerofil-liche, sempreverde. Mesofanerofita.

Fenologia. Il carrubo è una specie cau-locarpica con fioritura che inizia ad agostoe si protrae fino a dicembre-gennaio; i frut-ti, pochi per infiorescenza, maturano nel-l’estate-autunno successivo.

Areale. Il carrubo è considerato origina-rio del Medio Oriente e dell’Europa sud-orientale. Attualmente è ampiamente diffu-so, anche coltivato e naturalizzato, sullecoste del bacino del Mediterraneo. In Sar-degna, sebbene di antica presenza, non ècerto il suo stato di pianta autoctona. È dif-fuso principalmente lungo le coste meri-dionali da Capo Frasca a Santa MariaNavarrese. Nella zona di Pula, in particola-re, veniva ampiamente coltivato e restanotuttora le testimonianze di grandi alberi,con il sesto di impianto originario. Nel set-tore centro-settentrionale, sempre lungo lafascia costiera, è abbastanza sporadico ecomplessivamente raro nelle aree più inter-ne. Raggiunge le quote maggiori a MonteTuttavista, con esemplari presenti intornoai 500 m e sui calcari costieri.

Ecologia. Specie eliofila e xerofila, indif-ferente al substrato geopedologico, vive neiluoghi aridi in prossimità delle zone costierefino a 400-500 m. Nell’Africa settentrionale,vegeta anche nelle zone più interne e adaltezze maggiori. In Sardegna, la sua presen-za è legata ai climi particolarmente aridi e aiterreni ben esposti e degradati; tuttavia i luo-ghi di elezione del carrubo sono le golene e

Page 263: Alberi Arbusti 2008

Ceratonia siliqua L. - Ramo con fiori maschili e foglie, ramo con fiori femminili, seme, frutto in sezione, frutto x0,5;fiori femminili, fiori maschili x3.

Page 264: Alberi Arbusti 2008

264

gli ampi letti ciottoloso-sabbiosi dei corsid’acqua temporanei, dove si ritrovano anchegli alberi di maggiori dimensioni allo statonaturale. Il carrubo caratterizza la fascia delclimax mediterraneo più termofilo rappre-sentato dall’Oleo-Ceratonion, che sta a indi-care un’alleanza che racchiude numeroseassociazioni a sclerofille della fascia litora-nea e costiera, e delle quali entra spesso a farparte con entità termofile come Chamaeropshumilis, Juniperus phoenicea, Anagyris foe-tida, Myrtus communis ed Euphorbia den-droides.

Grandi alberi. Il carrubo è un alberorobusto con lenta crescita a maturità, chenon gli consente di raggiungere dimensio-ni eccezionali come il leccio, il castagno ola roverella. Tuttavia alberi di grandidimensioni (10 m di altezza con 364 cm dicirconferenza) si trovano a Pixinamanna interritorio di Pula e presso l’ex penitenzia-rio di Castiadas (12 m di altezza con 300cm di circonferenza). Alberi di notevolidimensioni sono presenti inoltre a SantaMaria Navarrese, lungo il rio Ollastu e ilrio S’Acqua Callenti, nel Sarrabus-Gerrei.

Notizie selvicolturali. Il carrubo presen-ta crescita lenta ed è molto longevo. In con-dizioni di temperatura favorevoli, il limitedella crescita è rappresentato dalla disponi-bilità idrica, ma opportunamente irrigatocontinua a vegetare, anche durante tutto ilperiodo invernale, comportandosi come unaspecie tropicale. Dopo la ceduazione, pos-siede una buona capacità pollonifera. Siriproduce per seme. Le coltivazioni veniva-no fatte soprattutto per i frutti; si propagaper innesto avendo cura di inserire nellepiante femminili uno o più rami maschiliper favorire l’impollinazione. Si presta benead essere coltivato nei parchi e nei giardiniper il suo bel fogliame lucido, la chiomaombrosa, la sua capacità di adattarsi ai ter-reni meno fertili e di sopportare la carenzad’acqua anche per lunghi periodi.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno del carrubo è molto duro epesante, ma marcisce facilmente a contattocon l’acqua. È apprezzato, per la colora-

zione rosata e vinata, nei lavori di tornitu-ra ed ebanisteria e, per la durezza e resi-stenza, come legname nella costruzione deicarri tradizionali.

Note etnobotaniche. I frutti sono ricchidi glucosio e saccarosio e, per tale motivo,il carrubo veniva ampiamente coltivatonelle regioni meridionali ed anche in Sar-degna per l’alimentazione umana, delbestiame domestico (asini e cavalli) e perl’estrazione di alcool. I baccelli del carru-bo pare siano le «locuste» di cui si nutrìSan Giovanni Battista nel deserto. A taleipotesi si riferiscono i nomi inglesi SaintJohn’s Bread, Locust tree e il tedescoJohanniss Brotbaum. I semi, detti «carati»,per il loro peso estremamente costante,venivano utilizzati dai Greci come unità dimisura (carato) per pesare l’oro. Essi forni-scono delle gomme che trovano impiegonell’industria cartaria e per la concia dellepelli. I frutti decotti sono lassativi e la polpa

Distribuzione in Sardegna di Ceratonia siliqua.

Page 265: Alberi Arbusti 2008

265

del seme ha azione espettorante. L’unguentodel frutto mischiato con l’olio di lentisco erausato per combattere la pediculosi. L’infusodella foglia, ricca di tannini, si prendevacome astringente. Il legno per la sua durevo-lezza era impiegato per statue lignee e perlavori di intarsio in genere.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il Fiori distingue una var.sylvestris, mentre le piante coltivate sonoattribuite da Albo alla var. edulis. Si tratta,verosimilmente, di forme carpologichecoltivate e selezionate a livello locale perle caratteristiche di maggiore o minore pre-gio del frutto.

SPECIE INTRODOTTE. Una pianta moltocoltivata nei parchi, viali e giardini è l’al-

bero di Giuda (Cercis siliquastrum L.) dal-l’abbondante fioritura anche sui vecchirami prima che compaiano le nuove foglie.I fiori sono rosa-porporini, talvolta bianca-stri, i frutti sono legumi ramato-rubiginosi,con semi appiattiti, mentre le foglie sonoorbicolari o reniformi larghe sino a 10 cm.Sebbene sia abbastanza frequente nei giar-dini, solo raramente lo si ritrova allo statospontaneo.

Più rara è Gleditschia triacanthos L.,originaria dell’America nord-orientale,provvista di una robusta spinescenza e digrandi legumi lomentacei, lunghi 20-30 cmdi colore rossastro, poi decisamente brunoa maturità, di cui Vannelli segnala un gran-de esemplare di 20 m per 347 cm di circon-ferenza in località Masenti presso Pula.

Ceratonia siliqua con frutti.

Page 266: Alberi Arbusti 2008

266

ANGIOSPERMAE ROSALES

FABACEAE O LEGUMINOSAE

Piante arboree, arbustive, suffruticose,lianose ed erbacee. Foglie semplici, trifo-gliate, digitate, pennato-composte, par- oimparipennate, con viticci o senza. Stipoleerbacee, talvolta trasformate in spine o infoglie, come anche, talora, il picciolo. Fioriisolati o riuniti in racemi eretti o penduli.Corolla irregolare (zigomorfa) con 5 petali,di cui il superiore allargato a vessillo, i duelaterali allungati ad ala, e i due inferiori par-zialmente fusi a formare la carena. Stami 10,del tutto liberi, saldati per i filamenti (mona-delfi) o 9 saldati e uno libero (diadelfi). Ova-rio supero con un solo carpello. Frutto: legu-me di varia forma o achenio, se l’ovario èridotto e contiene un solo ovulo. Sono pre-senti anche frutti lomentacei o con strozzatu-re tra i semi, che, a maturità, si separano tra-sversalmente.

Si suddivide in 3 sottofamiglie, Faboi-deae o Papilionoideae, Cesalpinoideae(qui sopra trattata al rango di famiglia) eMimosoideae, della quale ultima, in Sarde-gna, sono presenti numerose specie esoti-che, soprattutto del genere Acacia. Questogenere, noto anche con il nome comune dimimosa, è caratterizzato da fiori di piccoledimensioni con calice e corolla ridotti estami liberi che formano infiorescenze sfe-riche riunite in lunghi racemi gialli oampie pannocchie.

La famiglia delle Fabaceae prende ilnome dall’epiteto specifico della fava(Vicia faba L.) eccezionalmente rispettoalle moderne regole del codice internazio-nale di nomenclatura, in quanto il nomedella famiglia è legato al genere. È cono-sciuta anche come Leguminosae, per laforma più comune del frutto, Papiliona-ceae, per la forma del fiore, Phaseolaceae,dal genere Phaseolus a cui appartengonoimportantissime specie di fagioli coltivatiper uso alimentare. Comprende 700 genericon circa 17.000 specie distribuite in tuttoil mondo negli ambienti più vari.

L’interesse economico di questa fami-glia è notevole per la presenza di pianteforaggere (vicie, trifogli, mediche, trigo-nella), alimentari (soia, fava, pisello,fagiolo, ceci, lenticchie, arachidi), medici-nali (senna), produttrici di gomme e resine(acacie), di oli (arachidi, soia), legname(tamarindo, acacie), oltre che per l’impor-tante ruolo in tutti gli ecosistemi comepiante fissatrici di azoto.

1 Piante con rami in genere spinosi..........2– Piante con rami senza spine...................32 Calice che si spezza circolarmente a

metà.......................................Calycotome– Calice bilabiato; labbro superiore con

due denti e labbro inferiore trifido................................................................Genista

3 Rami giunchiformi, quasi privi difoglie..........................................Spartium

– Rami densamente fogliosi.......................44 Foglie trifogliolate.................................5– Foglie imparipennate.............................75 Fiori riuniti in gruppi di 3-4.........Cytisus– Fiori riuniti in racemi............................66 Fiori in racemi brevi, sui rami degli anni

precedenti..................................Anagyris– Fiori in racemi allungati terminali sui

rami di annata.....................Lembotropis– Fiori in racemi fogliosi, corti.........Teline7 Frutto oblungo, foglioline lineari di 10-

14 mm........................................Anthyllis– Frutto vescicoloso, foglioline obovate 9-

12 mm...........................................Colutea

CALYCOTOME Link

Piante arbustive con rami molto spinosiintricati. Foglie trifogliate, caduche. Fiorigialli papilionacei, isolati o riuniti in grup-petti più o meno numerosi. Calice bratteo-lato, campanulato, che si rompe circolar-mente verso la metà, allo sbocciare dellacorolla. Stami 10, di cui 9 con filamentisaldati fra di loro. Legume lineare oblun-go, glabro o densamente peloso.

Il genere Calycotome è rappresentato da 3specie diffuse nella regione mediterranea (2

Page 267: Alberi Arbusti 2008

in Sardegna). Per la loro rusticità e per i raminumerosi, intricati e spinosi, sono impiegateper la formazione di siepi protettive.

Calycotome deriva dal greco «Kalyx»calice e «tomé» = tagliato. Il termine lati-no per calice del fiore è Calyx, per cuiCalycotome va preferito a Calicotome, chepure è spesso riportato nelle flore.

– Fiori isolati o a gruppi di due o tre; legu-me glabro o quasi; ..................C. spinosa

– Fiori numerosi a gruppetti; legume pelo-so; .............................................C. villosa

Calycotome spinosa (L.) Link, Enum.Hort. Berol. Alt, 2:225 (1822)

Sin.: Spartium spinosum L., Sp. Pl., 2:709 (1753).

Regione della prima descrizione: Habitatin Europae australis asperis maritimis.

Nomi: vedi C. villosa (Poiret) Link.

Piante arbustive, alte sino a 1,50 m conrami lassi e talvolta ricurvi, poco rigidi,striati e densamente pubescenti, e conmucrone terminale acuto, robusto. Foglietrifogliate, con foglioline ovali-oblunghe,sparsamente ricoperte da peluria; picciuolosubeguale alle foglie; stipole ovoidali.Fiori di colore giallo-citrino, isolati o agruppi di due, distribuiti su tutto il ramo asimulare un racemo foglioso; brattea cali-cina tripartita; picciuolo fiorale lungo ildoppio del calice, pubescente; calice spar-samente pubescente, campanulato, margi-ne irregolare; corolla glabra, con vessilloovale e carena e ali subeguali al vessillo.Legume lineare, oblungo di 2,5-3 cm, gla-bro o con sparsi peli bianchi e costolaturasuperiore stretta poco rigida. Semi roton-deggianti, bruno-scuri.

Tipo biologico. Arbusto con rami lassi,più o meno flessuosi a fusti giovani foto-sintetizzanti, caducifoglio. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in maggio-giugno e

fruttifica in giugno-luglio, mantenendo alungo i legumi, mentre le foglie cadono nelperiodo estivo.

Areale. Specie diffusa prevalentemente nelMediterraneo occidentale. In Sardegna apparelimitata alla parte centro-settentrionale.

Ecologia. La calicotome spinosa mostrauna spiccata preferenza per le zone ripara-te dai venti salmastri e con clima fresco. InSardegna ricopre frammentariamente i ver-santi delle colline esposte a nord e vegetabene nel sottobosco e nelle zone ombrose.In tutti i casi predilige le aree delle rocceeffusive.

Notizie selvicolturali. La propagazioneavviene da seme. Per la sua abbondantefioritura potrebbe essere impiegata neigiardini rocciosi, ma la perdita delle fogliene limita la possibilità d’uso.

Note etnobotaniche e tassonomiche.Vedi C. villosa.

267

Distribuzione in Sardegna di Calycotome spinosa.

Page 268: Alberi Arbusti 2008

Calycotome spinosa (L.) Link - Ramo x 0,7; rametto con fiori x 1,4; fiore in boccio x 17; frutto x 1; seme x 2,8 vessil-lo, carena x 1,4.

Page 269: Alberi Arbusti 2008

269

Calycotome villosa (Poiret) Link inSchrader, Neue J. Bot., 2(2): 51 (1808)

Sin.: Spartium villosum Poiret, VoyageBarbarie, ii 207 (1789)

Regione della prima descrizione: Nord-africa.

Nomi italiani: Ginestra spinosa, Cali-cotome, Sparzio spinoso.

Nomi sardi: Iscorravoe (Bitti, Orani);Martigùsa oina (Bolotana); Terìa (Baunei,Oliena, Perdas de Fogu); Therìa (Talana,Urzulei); Tirìa (Anela, Berchidda, Bitti,Bono, Burcei, Fluminimaggiore, Oschiri,Padria, Pattada, Villacidro, Camp., Log.).

Nomi stranieri: Fr., Calicotome épi-neux, Calicotome vélu; Sp., Retama espi-nosa, Aliaga, Erizo, Erguen; Ted., Stache-liger Dornginster.

Pianta arbustiva, alta fino a 2-3 m,molto ramificata con rami rigidi, intricati,

striati e terminanti con un mucrone acumi-nato, sottile. Rami giovani debolmentepubescenti, grigiastri, gli adulti glabri econ corteccia bruna. Foglie trifogliate confoglioline ovali o ovali-oblunghe, densa-mente ricoperte da peluria sericea; stipoleovoidali-acuminate; picciuolo subegualealle foglie. Fiori giallo intenso, riuniti agruppetti sui rami corti. Calice residuocampanulato, bordo irregolarmente rotto,densamente peloso e colorato in bruno;brattea calicina intera; peduncolo fioralelungo il doppio del calice o più, pubescen-te; corolla di 15 mm o più, glabra, con ves-sillo spatolato e con ali e carena un po’ piùbreve del vessillo. Legume lineare-oblun-go di 2-3,5 cm, irsuto per abbondanti pelirigidi, ravvicinati, biancastri, con costola-tura superiore molto sporgente, larga, bia-lata e ispessita. Semi rotondeggianti,bruno-olivastri.

Tipo biologico. Arbusto eliofilo, xerofilo,a fusti giovani fotosintetizzanti e rigidi,caducifoglio in estate. Nanofanerofita.

Fiori aperti e frutti immaturi di Calycotome spinosa.

Page 270: Alberi Arbusti 2008

Calycotome villosa (Poiret) Link - Ramo con fiori x0,6; rametto con fiori x1,2; fiore x1,5; vessillo e carena x1,2;seme x2,4

Page 271: Alberi Arbusti 2008

271

Fenologia. Fiorisce dai primi di marzoa maggio e fruttifica in maggio-giugno,perdendo le foglie alla fine di giugno.

Areale. È una specie diffusa in tutta laregione mediterranea nelle zone caldo-aride. In Sardegna è presente in tutto il ter-ritorio al di sotto degli 800-900 m di altitu-dine.

Ecologia. Vive di preferenza nelle zonelitoranee o in quelle interne caratterizzateda clima caldo-arido e su suoli poveri,indifferente al substrato. Molto resistenteai venti salmastri ed alla forte insolazione,costituisce da sola, o associandosi ad altrespecie xerofile della macchia mediterra-nea, formazioni vegetali molto estese, fittee impenetrabili. Si sviluppa abbondante daseme, raramente da polloni, dopo il pas-saggio dell’incendio, di cui è anche unindicatore. Caratterizza il Calycotomo-Myrtetum, una delle associazioni piùcomuni in ambiente mediterraneo costiero.

Notizie selvicolturali. I semi possiedo-no una forte capacità germinativa e, inbreve tempo, possono ricostituire la forma-zione originaria distrutta dal fuoco. Distribuzione in Sardegna di Calycotome villosa.

Legumi maturi di Calycotome villosa.

Page 272: Alberi Arbusti 2008

272

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Le modeste dimensioni del troncolimitano l’uso del legno, ricco di venatureverdastre, a piccoli lavori di ebanisteria etornitura.

Note etnobotaniche. Per la robusta spi-nescenza, con il doloroso effetto persisten-te sulla carne viva, era sfruttata per costi-tuire siepi vive e di ulteriore protezionecontro l’intrusione di persone e animali,sui muri a secco, a protezione dei chiusi edelle colture ortive. Il decotto dei fioriveniva utilizzato come cardiotonico, men-tre rami teneri erano somministrati aglianimali con disturbi digestivi. Le capresono ghiotte delle parti tenere e dei legumi,per cui riescono a contenerne lo sviluppo.La sua abbondante diffusione attuale nellearee percorse dal fuoco è da mettere inrelazione anche alla forte riduzione dell’al-levamento brado delle capre. Queste notesono attribuibili anche a C. spinosa.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. La calicotome è abbastanzavariabile per quanto riguarda la spinescenzae la robustezza dei rami. Mentre C. villosa èspecie ubiquitaria, C. spinosa, in Sardegna, èlimitata quasi del tutto alle vulcaniti plioce-niche del settore settentrionale e in questisubstrati (fascia costiera da Bosa ad Alghe-ro) si trovano entrambe. Sebbene vi sia unosfasamento di fioritura massale di circa 30giorni, fioriture tardive di C. villosa e preco-ci di C. spinosa possono dare origine ad ibri-di con caratteri intermedi, spesso di difficileattribuzione. La glabrescenza dei frutti e ilcolore giallo solfino dei fiori sono i caratteriche fanno individuare meglio tali ibridi. C.infesta Guss. e C. ligustica Burnat differi-scono per il tipo di pelosità e per la formadelle brattee, ma sembrano da attribuire avarianti locali, piuttosto che a specie bendefinite.

GENISTA L.

Arbusti con rami spinosi o senza spine,rigidi o flessuosi, scanalati o striati, alterniod opposti. Foglie caduche, semplici o tri-fogliolate. Stipole spesso trasformate inspine. Fiori riuniti in infiorescenze a race-mo o a capolino, raramente solitari. Calicebilabiato, persistente, con labbro superiorea due lobi e labbro inferiore con tre denti.Corolla gialla, talvolta bianca. Stami 10,con filamenti riuniti; stilo incurvato versol’apice. Legume oblungo o rotondeggiante.

Il genere Genista comprende circa 90specie diffuse in Europa, Asia occidentale,Africa settentrionale e Canarie.

Sono particolarmente abbondanti nellaPenisola Iberica e nel bacino mediterraneo.Vivono dalle aree costiere sino a quellemontane su qualsiasi substrato ed originanoformazioni a gariga caratterizzata da cespu-gli eretti, arborescenti o bassi rotondeggian-ti. Genista è un genere arcaico il cui centrodi origine può essere identificato nella Peni-sola Iberica, con un centro secondario anchein Sardegna (Valsecchi, 1993). Diverse spe-cie si riproducono per via apomittica e, vero-similmente, esistono fenomeni di ibridazio-ne, contribuendo a costituire serie di indivi-dui di difficile inquadramento tassonomico.

Molte specie sono coltivate come pian-te ornamentali o utilizzate per la produzio-ne di sostanze coloranti gialle per lana elino.

1 Piante con rami senza spine...................2– Piante con rami con spine......................52 Legume ovoideo......................................3– Legume lineare.......................................73 Pianta con rami rigidi. Fiori in corti

racemi radi. Calice 4-6 mm, molto pelo-so con bratteole situate alla base e ametà del calice. Legume 6-7 mm, ovoideoacuminato, densamente peloso................................................................G. sardoa

– Piante con rami sottili eretti o ricurvi.....44 Fiori in lunghi racemi ricurvi. Calice 3

mm, lobi corti e denti poco evidenti. Brat-teole situate quasi alla base del calice sul

Page 273: Alberi Arbusti 2008

pedicello. Legume 8-9 mm, ovoideo-oblungo, quasi glabro...........G. aetnensis

– Fiori disposti in racemi lassi, eretti. Cali-ce 3-6 mm, con lobi ovali e denti lineari.Bratteole alla base del calice. Legume 5-6 mm, ovale, pubescente...G. ephedroides

5 Rami spinosi, intricati. Foglie semplici..6– Rami debolmente spinosi, lassi. Foglie

trifogliolate. Fiori in racemi terminali.Calice 5-8 mm, tubuloso campanulato,peloso. Legume 20-25 mm, peloso..............................................................G. morisii

6 Fiori situati sotto le spine. Calice 3-6mm, campanulato, sparsamente peloso.Legume 10-20 mm, glabro, sinuato,tubercolato...............................G. corsica

– Fiori solitari o geminati disposti sui gio-vani rami. Calice 4 mm, campanulato,glabro. Legume 20-25 mm, glabro, com-presso..............................G. cadasonensis

7 Foglie trifogliolate.................................8– Foglie unifogliolate................................98 - Rami corti, grossi, striati, pungenti. Cali-

ce 4 mm, conico-campanulato, sericeo.Legume 10 mm, sericeo.........G. toluensis

– Rami allungati, debolmente striati, acuti.Calice 5 mm, campanulato, pubescente.Legume 10-12 mm, pubescente................................................................G. sulcitana

9 Legume 30-50 mm, arcuato, compresso,sericeo. Rami rigidi, grossi, acuminati,gli adulti spinosi..........................G. ferox

– Legume mai lungo come sopra.............1010 Fiori in racemi terminali. Calice 4-5 mm,

campanulato, sericeo. Legume 15-20mm, villoso..........................G. arbusensis

– Fiori in cime ascellari..........................1111 Calice verde-rossastro, 5 mm tubuloso,

sericeo, bratteole ellittiche. Legume 10-12 mm, sericeo....................G. salzmannii

– Calice verde.........................................1212 Rami poco rigidi, debolmente striati.

Calice conico-campanulato, 6-7 mm, conlunghi peli fitti. Legume 12-14 mm, pelo-so..........................................G. desoleana

– Rami rigidi, striati, tubercolati. Calice 4mm, campanulato, peloso per peli corti.Legume 10-12 mm, con peli lunghi............................................G. pichi-sermolliana

Genista sardoa Valsecchi, Boll. Soc.Sarda Sci. Nat., 23: 306 (1984)

Sin.: Genista acanthoclada DC.: ssp. sar-doa (Bég. et Landi) Valsecchi, Giorn.Bot. Ital., 109 (4-5): 239 (1975).

Regione della prima descrizione: Sarde-gna, Alghero: Capo Caccia, rupi inzona la Ghiscera.

Nomi italiani: Ginestra sarda.Nomi sardi: vedi Genista corsica.Nomi stranieri: Fr. Genêt de Sardaigne;

Ted.: Sardischer Ginster.

Arbusto di 30-160 cm, molto ramificato.Rami rigidi, striati, puberulenti da giovani,alterni od opposti, acuminati e spinosi.Foglie trifogliolate, l0-12 x 4,5 mm, ovato-lanceolate, sericeo-tomentose; stipole ovali-lanceolate, pubescenti. Fiori gialli disposti incorti racemi terminali, radi; pedicelli di 3-5mm, pubescenti con bratteole di 2 mm, seri-ceo-tomentose e situate alla base del pedi-cello e a metà circa del calice, caduche. Cali-ce di 4-6 mm, molto peloso, con labbro su-periore a lobi ovali-lanceolati e labbro infe-riore con tre dentini diseguali; corolla convessillo ovale, di 9-10 mm, sericeo-tomento-so sul dorso, ali più corte del vessillo, glabre,carena eguale al vessillo ed alle ali, pelosa.Legume di 6-7 mm, ovoideo-acuminato, fit-tamente peloso.

Tipo biologico. Arbusto ramoso, spessocaducifoglio. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in marzo-aprile efruttifica da maggio a luglio.

Areale. È una specie endemica sardapresente in particolare lungo le coste nord-occidentali e, sporadicamente, nell’Igle-siente.

Ecologia. Specie xerofila, vive su qual-siasi substrato pedologico e in zone forte-mente battute dai venti salmastri. Ricopre,spesso fittamente, pianori, declivi e zonerupicole scoscese, unendosi a calicotome,lentisco, palma nana, fillirea e altre speciedella macchia costiera, dando origine

273

Page 274: Alberi Arbusti 2008

Genista sardoa Vals. - Ramo con fiori x0,4; infiorescenza x1,3; fiore x2,5; calice x5; ali, carena e vessillo x2;seme e frutto x2.

Page 275: Alberi Arbusti 2008

all’associazione Chamaeropo humilis-Genistetum sardoae e, nelle zone interneprossime alle formazioni a macchia, si dif-ferenzia nella sub-associazione Calycome-tosum villosae. Il suo aspetto morfologicocambia in relazione alla zona dove si è dif-fusa. Nelle aree battute dai venti assume unportamento a pulvino, mentre in quelle piùriparate si sviluppa sino a raggiungere unmetro e più di altezza.

Note tassonomiche, sistematiche e bio-diversità. Genista sardoa era stata indicataper una località della Nurra nord-occiden-tale come G. acantoclada DC. var. sardoada Landi (1934) su materiale raccolto daBéguinot. L’autore evidenzia alcune diffe-renze fra G. acanthoclada presente in Gre-cia e l’entità della Sardegna. Le differenzemorfologiche e cariologiche, in realtà,molto più accentuate di quelle indicate daLandi, hanno permesso di individuare nel-l’entità sarda una specie endemica bendistinta dalla specie greca e dalle sue sotto-specie, mostrando invece maggiore affinitàcon G. balearica var. fasciculata delleIsole Baleari.

275

Areale di Genista sardoa.

Genista sardoa nel locus classicus.

Page 276: Alberi Arbusti 2008

276

Genista aetnensis (Biv. in Rafin.) DC.Prodr., 2:150 (1825)

Sin.: Spartium aetnense Biv. in Raf.,Stirpium Rar. Sicil, ii. 13 (1810)

Drymospartum aetnense (Biv.) C. Presl,Abh. Boehm., Ges. 5(3): 567 (1844)

Drymospartum sardoum C. Presl, Abh.Boehm., Ges. 5 (3): 567 (1844).

Regione della prima descrizione: Monte Etna.

Nomi italiani: Ginestra dell’Etna.Nomi sardi: Adanu (Dorgali, Urzulei);

Scova (Sarrabus); Tamariche (Torpé);Ginestra, Inestra, Inistra.

Nomi stranieri: Fr. Génêt de l’Etna; Ted.,Aetna Ginster.

Albero alto sino a 8-9 m o arbusto arbo-rescente con rami striati, flessuosi, penden-ti. Foglie unifogliolate, caduche, lineari-oblunghe, sericee. Fiori gialli in lassi race-mi multiflori pendenti. Pedicelli fioraliarticolati, di 1,5-2 mm, sericei. Bratteolepiccole, situate quasi alla base del calice,1-1,5 mm, lanceolate, pelose. Calice tubu-loso, rigonfio nella metà inferiore, 3 mm,pubescente, divisione delle labbra 1/4 deltubo, labbro superiore con lacinie ovali,corte, ciliate; labbro inferiore subeguale alsuperiore con denti corti, triangolari, cilia-ti. Vessillo orbicolare, 10 mm; ali glabre,ottuse; carena sericea, ottusa. Legume 8-9mm, ovato-oblungo, con corti peli appres-sati, rostro sub-falcato, ascendente. Semisub-reniformi, neri.

Tipo biologico. Albero con fusto slan-ciato, aperto, sempreverde e con chiomadensamente ramosa, talvolta arbusto a por-tamento arborescente. Fanerofita.

Fenologia. Fiorisce da giugno ad ago-sto e matura i semi in settembre-ottobre.

Areale. Specie endemica della Sicilia edella Sardegna. In Sicilia, allo stato natura-le, è distribuita sul versante orientale del-l’Etna, mentre in Sardegna vive nelle zonemontane e sugli altipiani dei settori centro-orientali e meridionali dell’Isola. La distri-

buzione in Sardegna allo stato naturale èmolto più ampia e riguarda tutto il territo-rio, ciò che fa propendere per la sua origi-ne nell’Isola e, forse, per un’introduzionein tempi storici in Sicilia, dove si ritrovaprevalentemente in forma arbustiva, piut-tosto che come albero. Per la sua capacitàdi adattamento è ampiamente diffusa fuoridal suo areale originario, come ad esempiosulle lave del Vesuvio.

Ecologia. In Sicilia vive sui terreni lavi-ci dell’Etna, dove è abbondantissima ecolonizza immediatamente anche le nudecolate laviche recenti, e in Sardegna susubstrati scistosi o derivanti dal granito. Èuna specie medio-montana con distribuzio-ne prevalente intorno ai 500-800 m. Puòvivere ad altitudini più elevate, sin oltre i1.200 m nella vallata di Searthu nel Gen-nargentu, e anche a bassa quota come nelleforeste demaniali di Sos Littos-Sas Tum-bas e Tepilora in territorio di Alà dei Sardi,Bitti e di Torpé. Preferisce gli ambientiluminosi e si localizza al margine delle for-mazioni. In modo sporadico, si inseriscenei boschi di leccio o, in prevalenza, nellemacchie silicicole, costituendo habitat digrande interesse paesaggistico durante ilperiodo estivo della fioritura.

Notizie selvicolturali. La Ginestra del-l’Etna è considerata una specie pioniera,colonizzatrice delle lave e dei suoli siliceie preparatrice dei terreni per l’insediamen-to di altre entità. Per la sua capacità di svi-lupparsi su terreni lavici, su costoni sco-scesi e rocciosi è impiegata per opere diconsolidamento delle pendici frananti. Lacrescita è dapprima lenta, poi più rapida,sino a raggiungere, se indisturbata, porta-mento arboreo. La propagazione avvienecon maggiore facilità da seme, ma puòessere effettuata anche per talea. Per la fio-ritura abbondante nei mesi estivi e per l’a-dattamento ai terreni più frugali è larga-mente utilizzata come pianta ornamentalenei giardini, anche nell’Italia continentalee in Nordeuropa.

Caratteristiche e utilizzazioni dellegno. Sebbene il tronco non raggiunga

Page 277: Alberi Arbusti 2008

Genista aetnensis (Rafin.) DC. - Ramo x0,8; foglie x1,5; fiore x2,3; calice x6; vassillo, ali e carena x1,7; antera x7,5;frutto x1,8; seme x5.

Page 278: Alberi Arbusti 2008

278

dimensioni considerevoli, il suo legno sipresenta compatto, duro, con numerosevenature e di facile lavorabilità. Le suefronde possono essere utilizzate per farescope grossolane.

Note etnobotaniche. Non si conosconousi tradizionali se non per fare scope dairami o fionde dalla corteccia.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. La ginestra dell’Etna è statadescritta per la prima volta come Spartiumaetnense per questa montagna. Sebbene siastata attribuita da Presl (1844) anche ad ungenere a sé stante (Drymospartium), diffe-renziando a livello specifico le popolazionisarde da quelle sicule, non vi sono provesufficienti per una loro effettiva separazio-ne, mentre, per il portamento prevalente-mente arboreo, per la morfologia fiorale edel frutto è stata inclusa in un nuova sezio-ne denominata Aureospartium Vals., checomprende la sola entità sardo-sicula.

Distribuzione in Sardegna di Genista aetnensis.

Genista aetnensis in piena fioritura in territorio di Talana.

Page 279: Alberi Arbusti 2008

279

Genista ephedroides DC., Prodr. 2:147(1826)

Sin.: Genista valsecchiae Brullo, DeMarco, Pl. Syst. Evol. 200: 273-279(1996).

Regione della prima descrizione: InsulaSardiniae.

Nomi italiani: Ginestra efedroideNomi sardi: Come Genista corsica.Nomi stranieri: Fr: Génêt éphedroïde;

Ted., Meerträubel Ginster.

Arbusto ramoso, alto 30-150 cm, conrami eretti, alterni o subopposti, sottili,striati, pubescenti da giovani, mucronati.Foglie inferiori trifogliolate, superiorisemplici, ovato-lanceolate o lineari, pube-scenti. Stipole un poco acuminate. Fiorigialli in racemi lassi, multiflori eretti.Pedicelli sottili, 2-2,5 mm, pubescenti.Brattea ovale-lanceolata. Bratteole lineari0,5 mm, situate alla base del calice, pube-scenti, ciliate. Calice campanulato, 3-6mm, pubescente con lacinie del labbro

superiore ovali e con una lunga appendicelesiniforme; inferiore più lungo del supe-riore con denti lanceolato-lesiniformi,ciliati. Vessillo largamente ovato, 7 mm,pubescente, ciliato alla base, unghia corta;ali glabre, subeguali al vessillo; carenasericea. Legume ovale, rostrato, pubescen-te, 5-6 mm. Semi ellittici.

Tipo biologico. Arbusto molto ramosocon rami intricati. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in aprile-maggio efruttifica in giugno-luglio.

Areale. Specie endemica sarda, diffusasulle coste della Gallura, presso SantaTeresa, in quelle sud-occidentali e meridio-nali, nelle isole di San Pietro e Sant’Antio-co e sugli affioramenti rocciosi del Sulcis-Iglesiente. La presenza in Corsica è tuttorada definire con certezza.

Ecologia. Specie delle zone aride, roc-ciose, prevalentemente litoranee, originaparticolari aspetti di gariga termofila

Areale di Genista ephedroides.

Genista ephedroides a Capo Testa.

Page 280: Alberi Arbusti 2008

Genista ephedroides DC. - Ramo x1,5; ramo con foglie x1,5; fiore x3,52; calice x5,5; vessillo, ali e carena, x2,4; stim-ma x15; antera x15; frutto x3,5; seme x7,5.

Page 281: Alberi Arbusti 2008

281

costiera. Entra a far parte delle associazio-ni Helychryso microphylli-Genistetumephedroidis per le Isole di San Pietro e diSant’Antioco.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Genista ephedroides fa parte,assieme ad altre entità dell’area mediterra-nea e del Nordafrica, di un gruppo di speciestrettamente affini per morfologia, ma condistribuzione geografica ben differenziata.

Genista corsica (Loisel.) DC., Fl. Fr.,5:548 (1815)

Sin.: Spartium corsicum Loisel., Fl.Gall., ed. 1, :440 (1807).

Regione della prima descrizione: Corsica.

Nomi italiani: Ginestra corsicana.Nomi sardi: Ispina sori’ina (Oliena,

Orgosolo), Sorighina (Padria); Spina ‘etopis (Burcei, Villasalto); Spina razza (Bor-tigiadas); Tiria (Bolotana); Tiria burda

(Escalaplano); Ciriosina, Sorichina, Sorixi-na. Gli stessi nomi sono attribuibili anchealle altre specie spinose dello stesso genere.

Nomi stranieri: Fr., Génêt de Corse;Ted., Korsischer Ginster.

Arbusto spinoso di 30-60 (80) cm, conrami intricati, glabro o leggermente pube-scente sui rami giovani. Fusti angolosi,striati, debolmente ghiandolosi, spinescen-ti. Spine grosse, bi-tridentate con apicebianco. Foglie semplici obovate od oblun-ghe di 4-6 (7) x 1-3 (4) mm, con corti pelibianchi sul margine e sulle nervature; sti-pole spinescenti. Fiori solitari o in racemidi 2 o 3 alla base dei corti rami spinosi;brattee fogliacee; bratteole ovali, 0,5-1mm, ciliate e situate a circa metà del pedi-cello fiorale. Pedicelli 3-6 mm, glabri opuberulenti, ghiandolosi. Calice campanu-lato di 3-6 mm, con peli sparsi e con denticiliati; denti del labbro superiore ovali;denti del labbro inferiore ovali-lanceolati.Corolla gialla di 10 mm, glabra; vessilloeguale alle ali e alla carena. Legume

Genista corsica.

Page 282: Alberi Arbusti 2008

Genista corsica (Loisel.) DC. - Ramo con fiori x0,5; rametti x1; fiore x2; vessillo e legumi x 1,5; calice x3.

Page 283: Alberi Arbusti 2008

283

oblungo di 10-20 mm, glabro, sinuato,tubercolato sulle suture. Semi di 3 mm,ovoidei, bruno-olivastro.

Tipo biologico. Forma cespugli eretto-diffusi o pulvini prostrati e molto ramifica-ti. Nanofanerofita

Fenologia. Fiorisce in febbraio-aprile efruttifica in maggio-giugno sulle coste esulle colline, mentre sulle montagne la fio-ritura inizia in giugno.

Areale. Endemismo sardo-corso, moltodiffuso nelle due isole dal livello del maresino alla sommità delle montagne. Tra leginestre spinose è la più diffusa in Sardegna.

Ecologia. Specie plastica, indifferente alsubstrato, vive sui dirupi, nei pianori aridi eassolati delle zone costiere e montane ed aimargini di formazioni arbustive delle zonecollinari e montane, sin oltre i 1500 m diquota. Il suo aspetto morfologico muta alvariare delle condizioni climatiche: nelle zonearide e assolate della fascia costiera e in quel-le ventose delle aree montane forma densi pul-

vini prostrati con ramificazione contratta;nelle zone collinari, invece, assume un porta-mento eretto, diffuso con ramificazione piùlassa. Anche la presenza delle foglie è piùfugace nelle zone aride e per la fotosintesi clo-rofilliana vi sopperisce con i giovani ramiverdi. Ugualmente, la spinescenza è più robu-sta nelle zone aride e calcaree montane. Carat-terizza diverse associazioni (Triseto-Geniste-tum corsicae) ed entra a far parte di numeroseassociazioni di gariga dal livello del mare sinoalle quote più elevate dell’Isola.

Note tassonomiche, sistematiche e variabi-lità. Genista corsica, anche in relazione allearee di diffusione, presenta una notevole varia-bilità, seppure non strettamente legata ai para-metri ambientali. Forme con rami glaucescentie spinosità più robusta si trovano nelle areecostiere, mentre in montagna si hanno popola-zioni con spinescenza più debole. Appare moltovariabile anche nella tonalità dei colori dei fioripur nell’ambito della stessa popolazione.

Genista cadasonensis Valsecchi, Boll.Soc. sarda Sci.: Nat., 23: 301 (1984)

Regione della prima descrizione: Sardegnapresso Santa Maria Navarrese.

Nomi italiani: Ginestra di S. Maria Navar-rese.

Nomi sardi: come Genista corsica.Nomi stranieri: Fr., Génêt de S. Marie

Navarrese; Ted., S. Maria NavarreseGinster.

Arbusto spinoso, 30-50 cm, densamenteramificato. Rami giovani, sottili, striati, glabri oappena pubescenti, privi di spine laterali; ramivecchi tubercolati o con spine semplici, corte,acute. Foglie semplici, obovate o spatolate, gla-bre. Fiori solitari o geminati disposti sui ramigiovani a simulare un racemo; brattea ellittica,bratteole ovali lanceolate, ciliate, situate sulpedicello in prossimità del calice. Pedicello sot-tile, glabro. Calice campanulato, 4 mm, glabro;denti del labbro superiore ovato-acuminati,denti del labbro inferiore ovato-lanceolati.Distribuzione in Sardegna di Genista corsica.

Page 284: Alberi Arbusti 2008

Genista cadasonensis Vals. - Ramo x0,7; rametto con fiori x2; fiore x3; calice x5; vessillo, carena, ali x1,5; ova-rio x1,5; stami x10 e x15; foglia x2.

Page 285: Alberi Arbusti 2008

Corolla gialla, 12 mm, glabra. Legume 20-25mm, lineare, compresso, glabro, liscio sullesuture. Semi ellissoidali o globosi, lisci, scuri.

Tipo biologico. Arbusto molto ramificatocon rami inferiori spinosi e superiori inermi.

Fenologia. Fiorisce in febbraio-marzo efruttifica in aprile-maggio. La fioritura avvienesui rami giovani.

Areale. Specie endemica sarda diffusa sullecoste centro-orientali dell’Isola. Il locus classi-cus è situato nei rocciai porfidici presso SantaMaria Navarrese.

Ecologia. Indifferente al substrato, preferi-sce gli ambienti aridi, sassosi, assolati. Vivesulle rupi, sui pendii, nei pianori e nei canalo-ni, estendendosi dal livello del mare sino a 400m circa, presso Monte Irveri a Cala Gonone.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Genista cadasonensis, per ilsuo portamento, è stata spesso confusa conG. corsica, in particolare con le forme conrami allungati e lassi dei cespugli di que-st’ultima. Ne differisce per le spine sempli-ci e non bifide o trifide, per i fiori dispostisui rami laterali inermi e non al disotto deicorti rami spinosi, per il legume diritto enon sinuoso e tubercolato nelle suture.

285

Areale di Genista cadasonensis.

Genista cadasonensis a Zanna ’e Littu in territorio di Dorgali.

Page 286: Alberi Arbusti 2008

286

Genista morisii Colla, Herb. Pedem. 2: 65(1834)

Regione della prima descrizione: Sardegnameridionale.

Nomi italiani: Ginestra di Moris.Nomi sardi: come Genista corsica.Nomi stranieri: Fr., Génêt de Moris; Ted.,

Moris Ginster.

Arbusto ramoso di 30-50 cm, spinescente,glabro inferiormente e con dei peli patentinei rami superiori. Foglie trifogliolate,foglioline lineari-lanceolate di 4-9 x 1-2 (2,5)mm o lineari-spatolate, 3,7 x 2-3 mm, pelosesoprattutto nella pagina inferiore. Stipole spi-nescenti. Fiori in racemi terminali o ascella-ri. Brattee ovali-lanceolate, pubescenti. Brat-teole lineari-lanceolate di 1-1,5 mm, pube-scenti, situate a circa metà del pedicello.Pedicelli di 2-3 mm, pubescenti. Calice tubu-loso-campanulato di 5-8 mm, peloso; dentidel labbro inferiore lineari lanceolati, acuti.Corolla gialla, glabra, carena ed ali sub-egua-li al vessillo. Legume oblungo di 20-25 x 4 Areale di Genista morisii.

Genista morisii in piena fioritura.

Page 287: Alberi Arbusti 2008

Genista morisii Colla - Ramo con fiori x0,7; fiore, vessillo, rametto con foglie x2; frutto x2; calice x4.

Page 288: Alberi Arbusti 2008

288

mm, villoso. Semi sub-globosi scuri.Tipo biologico. Piccolo arbusto, eretto o

pulvinato, spinescente. Nanofanerofita.Fenologia. Fiorisce in marzo-maggio e

fruttifica in giugno-luglio.Areale. Endemismo esclusivo della Sar-

degna, Genista morisii è diffusa nell’Igle-siente, nel Campidano meridionale e nel-l’Isola di Sant’Antioco. Ha il suo limitesettentrionale presso Sardara.

Ecologia. Vive indifferentemente sudiversi substrati pedologici e si adatta allearee con condizioni di grande aridità del sub-strato presenti nella Sardegna meridionale.

Note etnobotaniche. La pianta venivausata come pungitopo per proteggere ilformaggio lasciato ad essiccare e stagiona-re. L’epiteto specifico è dedicato al Moris.

Genista toluensis Valsecchi, Boll. Soc.Sarda Sci. Nat. 23: 296 (1984)

Regione della prima descrizione: Sarde-gna, a Monte Tului (Dorgali). Areale di Genista toluensis.

Genista toluensis.

Page 289: Alberi Arbusti 2008

Genista toluensis Valsecchi - Ramo x0,5; foglie x2; infiorescenza x1,2; fiore x2,8; calice x4; vessillo , ali e care-na x1,7; antere x9; frutto x1,2; seme x11.

Page 290: Alberi Arbusti 2008

290

Nomi italiani: Ginestra di Monte Tului.Nomi sardi: come Genista corsica.Nomi stranieri: Fr., Génêt de M. Tului;

Ted., Tului Ginster.

Arbusto basso, pulvinato, ramosissimo,20-50 cm, con rami corti, grossi, rigidi,striati, molto acuti. Foglie trifogliolate confoglioline ovali-lanceolate, la centraleellittica. Stipole brevemente acuminate.Fiori solitari o geminati disposti in brevicime subracemose. Pedicelli sottili, 2 mm,pubescenti. Brattea lanceolata, 2-2,5 mm,pubescente. Bratteole piccole, pubescenti,lanceolate, situate a circa metà del pedicel-lo. Calice conico-campanulato, 4 mm, seri-ceo; labbro superiore con lacinie ovato-lanceolate; labbro inferiore con dentiovato-triangolari. Vessillo trapezoidale, 8-10 mm, sericeo; ali glabre; carena sericeasubeguale al vessillo. Legume oblungo, 10mm, sericeo. Semi sub-globosi, irregolar-mente maculati di bruno.

Tipo biologico. Piccolo arbusto conrami corti, rigidi, spinosi, fotosintetizzanti,forma cespugli bassi e rotondeggianti.Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in maggio e fruttifi-ca in luglio.

Areale. Specie endemica dei calcaridella Sardegna centro-orientale, vive sulM. Tolui, da cui prende l’epiteto specifico,presso Dorgali, e a M. Albo in località P.Gurtugliu, in territorio di Lodè.

Ecologia. Pianta legata al calcare, formapiccole colonie sui pianori aridi, sassosi esoleggiati, sui pendii e sulle rupi. Caratteriz-za con la sua presenza formazioni a garigadei calcari centro-orientali della Sardegna.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Genista toluensis presenta affi-nità con G. pumila (Debeaux & É. Rev. exHervier) Vierh., G. sanabrensis ValdésBerm., Castrov. & Casaseca, G. baeticaSpach, per l’aspetto del cespuglio basso,pulvinato, per i rami corti e tozzi, per leramificazioni e per l’infiorescenza. Le affi-nità fra queste specie presenti nella Peniso-la Iberica e l’endemica sarda fanno ritene-

re che le specie si siano originate da uncomune progenitore diffuso nel Mediterra-neo centro-occidentale.

Genista sulcitana Valsecchi, Boll. Soc.Sarda Sci. Nat. 25:193 (1986)

Regione della prima descrizione: Sulcis(Sardegna meridionale).

Nomi italiani: Ginestra del Sulcis.Nomi sardi: come Genista corsica.Nomi stranieri: Fr., Génêt du Sulcis; Ted.,

Sulcis Ginster.

Arbusto eretto, 40-60 cm, con rami intri-cati, pubescenti, debolmente striati. Foglietrifogliolate; foglioline ovali-lanceolate, lacentrale più grande, pubescenti, ciliate, mar-gine revoluto e lunghi peli alla base. Fiorisolitari o ternati disposti in infiorescenze

Areale di Genista sulcitana.

Page 291: Alberi Arbusti 2008

Genista sulcitana Vals. - Ramo x0,9; foglie x5,8; fiore x2,5; infiorescenza x 1,5; calice x3,5; vessillo, ali e care-na x1,7; frutto x2,5; seme x5.

Page 292: Alberi Arbusti 2008

292

Genista sulcitana in fioritura.

Gariga a Genista sulcitana.

Page 293: Alberi Arbusti 2008

293

umbellate, pauciflore. Pedicello sottile, 2mm, pubescente. Brattee fogliacee. Bratteo-le ovali-lanceolate, 1 mm, pubescenti, situa-te a metà del pedicello. Calice campanulato,5 mm, pubescente, labbro inferiore con laci-nie ovate, più corte del tubo; labbro inferio-re con denti ovati, corti, ciliati. Vessillo orbi-colare, 10 mm, pubescente; ali glabre sub-eguali al vessillo, ciliate, carena pubescente.Legume oblungo, 10-12 mm, pubescente.Semi ovali, 2 mm, verde-oliva, maculati.

Tipo biologico. Arbusto eretto con ramiallungati, sottili, pubescenti. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in maggio giugno efruttifica in luglio-agosto.

Areale. Endemismo sardo presentenelle zone collinari e montane del Sulcis,nella Sardegna meridionale.

Ecologia. Vive sui pianori aridi e roccio-si, sui declivi formati da terreni ciottolosi efranosi e si estende anche sulle discarichedella miniera, dove colonizza ampi spazimostrando una notevole capacità di stabiliz-zazione delle discariche franose.

Genista ferox (Poiret) Poiret, Encycl.Meth. Bot. Suppl. 2:708 (1812)

Sin.: Spartium ferox Poiret, Voy. Barba-rie, 2:206 (1789).

Regione della prima descrizione: Africaboreale.

Nomi italiani: Ginestra spinosa.Nomi sardi: come Calycotome villosa.Nomi stranieri: Fr., Génêt épineuse.

Arbusto di 0,50-1,5 con rami rigidi,striati, gli adulti spinescenti. Foglie inferio-ri ovato-oblunghe, mucronate, brevementepicciuolate, glabre o debolmente pubescen-ti nella pagina superiore, sericee nella pagi-na inferiore; stipole spinescenti. Fiori, bre-vemente peduncolati, in lassi racemi,fogliosi inferiormente; pedicelli 2,5-3 mm,pubescenti. Calice 5-6 mm, con peli sericei;labbro superiore bifido e inferiore trifido.

Corolla glabra, gialla con vessillo ovato-rotondeggiante; ali e carena eguali al ves-sillo. Legume di 30 mm, oblungo, un po’arcuato, compresso, acuminato, con pelisericei appressati. Semi 8-10 per legume,giallo-dorati, ovoidei di 2 x 3 mm.

Tipo biologico. Arbusto caducifogliomolto ramificato con rami giovani senzaspine e rami adulti acuminato-spinosi.Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce da marzo a maggioe fruttifica in maggio-giugno.

Areale. L’areale di questa specie com-prende l’Africa del Nord e la Sardegna. Quiè nota per la sola area di Castelsardo, doveforma anche estese macchie impenetrabili.È stata di recente segnalata, ma per errore,nel Sulcis. Si tratta di una tipica specie adareale disgiunto.

Ecologia. È una specie xerofila che vivenelle falesie, sulle rupi e colline della zonacostiera, delle vulcaniti plioceniche.

Distribuzione in Sardegna di Genista ferox.

Page 294: Alberi Arbusti 2008

294

Macchia a Genista ferox in territorio di Castelsardo.

Legumi di Genista ferox.

Page 295: Alberi Arbusti 2008

Genista ferox (Poiret) Poiret - Ramo con fiori x0,3; rametto con fiori x 1,5; stami, ovario x 3; ala, vessillo, care-na x2; calice x4; seme x10; frutto x1.

Page 296: Alberi Arbusti 2008

296

Genista arbusensis Valsecchi, Boll. Soc.Sarda Sci. nat. 23:291 (1984)

Regione della prima descrizione: Territoriodi Arbus (Sardegna sud-occidentale).

Nomi italiani: Ginestra di Arbus.Nomi sardi: come Calycotome villosa.Nomi stranieri: Fr., Génêt d’Arbus; Ted.,

Arbus Ginster.

Arbusto eretto, 50-100 cm, con ramistriati, pelosetti, acuti. Foglie unifogliola-te; foglioline lanceolate, sparsamente pelo-se, ciliate. Fiori geminati o ternati dispostisui lunghi rami terminali a simulare unracemo lasso. Brattea lanceolata, pube-scente. Bratteole ovato-lanceolate, 1 mm,pubescenti, situate nella metà inferiore delpedicello. Calice campanulato, 4-5 mm,sericeo; labbro superiore con lacinie ovato-triangolari, subeguali al tubo; labbro infe-riore con denti ovato-triangolari, brevi.Vessillo sericeo, 10 mm; ali glabre; carenapubescente, subeguale al vessillo. Legumeoblungo, 15-20 mm, villoso per peliappressati. Semi subglobosi, di colorebruno-rossastro. Areale di Genista arbusensis.

Caratteristico pulvino di Genista arbusensis.

Page 297: Alberi Arbusti 2008

Genista arbusensis Vals. Ramo x0,5; ramo con foglie x1; infiorescenza x1; fiore x1,8; calice x2,7; vessillo ali ecarena x1,3; frutto x1; seme x9.

Page 298: Alberi Arbusti 2008

298

Tipo biologico. Arbusto molto ramifica-to con rami rigidi, eretti. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in aprile-maggio efruttifica in giugno.

Areale. Endemismo sardo, diffuso sullafascia costiera della Sardegna sud-occiden-tale, particolarmente in territorio di Arbus,da cui prende il nome.

Ecologia. Specie psammofila litoranea,vive preferibilmente sulle sabbie parzial-mente consolidate, dove forma estesipopolamenti associandosi ad altre entitàche prediligono il substrato sabbioso. Sispinge talvolta sulle sabbie sciolte, sulledune mobili che colonizza comportandosicome specie pioniera. È possibile reperirlaanche nelle zone interne collinari, laddoveesistono affioramenti di dune fossili.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. È affine a Genista sulcitana.

Genista salzmannii DC., Prodr. 2:147(1825)

Regione della prima descrizione: Corsica,presso Corte.

Nomi italiani: Ginestra di Salzmann. Nomi sardi: come Genista corsica.Nomi stranieri: Fr., Génêt de Salzmann;

Ted., Salzmanns Ginster.

Arbusto eretto, 30-50 cm, con rami rigidi,acuti, striati, tubercolati. Foglie unifogliola-te; foglioline ovali-lanceolate, sericee. Infio-rescenza contratta, pauciflora, fiori gemina-ti, riuniti nella parte terminale dei rami.Pedicelli corti, 1,5-2 mm. Brattea ovale-lan-ceolata, 3 mm, pubescente. Bratteole ellitti-che,1,5-2 mm, situate a metà del pedicello.Calice 5 mm, tubuloso, sericeo, verde-rossa-stro; labbro superiore più corto del tubo conlacinie ovato-triangolari; labbro inferiorecon denti lanceolati, acuti di cui il centralepiù lungo. Vessillo 10 mm, ovato, sericeo;ali glabre, più corte del vessillo con lunghipeli sul lobo e sul margine interno; carenasericea con apice ottuso. Legume lineare,

10-12 mm, con peli corti, sericei, appressati.Semi ovali.

Tipo biologico. Arbusto molto ramosocon rami corti, strettamente intricati.Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in aprile-maggio efruttifica in giugno-luglio.

Areale. Specie endemica delle zonemontane della Sardegna e della Corsica.

Ecologia. Vive preferibilmente nelle zonemontane in ambienti aperti, soleggiati, pia-neggianti o in leggero declivio. Nelle zonecacuminali del Limbara, forma l’associazio-ne Violo limbarae-Genistetum salzmannii,che caratterizza ampie aree della montagna.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Genista salzmannii, per la disposizionedei fiori nell’infiorescenza, la forma dellebratteole e la morfologia del calice, differiscenettamente da G. lobelii DC. e G. aspalathoi-des Lam., con le quali era stata sinonimizzata.

Distribuzione in Sardegna di Genista salzmannii.

Page 299: Alberi Arbusti 2008

299

Gariga a Genista salzmannii nell’area culminale del Limbara.

Genista salzmannii in piena fioritura.

Page 300: Alberi Arbusti 2008

Genista salzmannii DC - Ramo x0,7; ramo con foglie x1; infiorescenza x2; fiore x3; calice x3,6; vessillo, ali ecarena x1,8; ovario x2, stimma x10; frutto x2,5; seme x5.

Page 301: Alberi Arbusti 2008

301

Genista desoleana Valsecchi, Boll. Soc.Sarda Sci. Nat. 25:143 (1986)

Regione della prima descrizione: Sarde-gna, Montiferru.

Nomi italiani: Ginestra desoleana.Nomi sardi: come Genista corsica.Nomi stranieri: Fr., Génêt de Desole; Ted.,

Desoles Ginster.

Arbusto eretto, 30-60 cm, con rami debol-mente striati, poco rigidi, pelosi da giovani,lassamente tubercolati. Foglie unifogliolate,foglioline ovali-lanceolate, pelose. Infiore-scenza lassa con fiori subterminali. Pedicello2,5-3 mm, sottile, peloso. Brattea lanceolata,3 mm, sericea. Bratteole lanceolate, sericee,2 mm, situate nella metà inferiore del pedi-cello. Calice conico-campanulato, 6-7 mm,con peli lunghi, fitti, flessuosi; labbro supe-riore più lungo del tubo con lacinie lanceola-te, acute, labbro inferiore con denti linearipiù lunghi della metà della corolla. Vessilloovato, 10 mm, peloso; ali glabre più corte;carena pelosa. Legume oblungo, 12-14 mm,peloso. Semi ovali-oblunghi, marron scuro.

Tipo biologico. Arbusto eretto con rami Distribuzione in Sardegna di Genista desoleana.

Pulvino di Genista desoleana in fioritura.

Page 302: Alberi Arbusti 2008

Genista desoleana Vals. - Ramo x0,8; infiorescenza x1,3; fiore x2,5; calice x3; vessillo, ali e carena x1,6; fruttox1,4; seme x5.

Page 303: Alberi Arbusti 2008

303

poco intricati, sottili. Nanofanerofita.Fenologia. Fiorisce in maggio-giugno,

fruttifica in luglio-agosto.Areale. Genista desoleana è presente in

Liguria, Toscana compreso l’arcipelago,Corsica e Sardegna, dove è particolarmen-te diffusa nel complesso montuoso delMontiferru, che è anche il locus classicus,e nella catena del Marghine. Forma l’asso-ciazione Armerio sardoae-Genistetumdesoleanae, tipica gariga alto-montana.

Ecologia. Vive preferibilmente su pia-nori rocciosi e ventosi ad altitudini chevariano dagli 800 ai 1.000 m. Si diffonde,anche abbastanza densamente, nelle zonecollinari contigue.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Genista desoleana è estrema-mente variabile per quanto riguarda il porta-mento. In relazione all’ambiente può pre-sentare rami allungati e lassi, oppure corti eintricati. Queste differenze, per alcuni Auto-ri, erano distintive di due entità che viveva-no a diversi livelli altitudinali e precisamen-te rami corti per G. lobelii var. salzmanni,delle zone basse e i rami allungati per G.lobelii delle aree montane. La specie è bendistinta da queste entità e si avvicina, inve-ce, a G. aspalathoides Lam. della Sicilia edell’Algeria. La specie è stata dedicata aLuigi Desole, botanico sassarese, emeritostudioso della flora della Sardegna.

Gariga di Genista desoleana nel Montiferru.

Page 304: Alberi Arbusti 2008

304

Genista pichi-sermolliana Valsecchi,Webbia, 48: 736 (1993)

Regione della prima descrizione: Sarde-gna, dintorni di Aritzo.

Nomi italiani: Ginestra di Pichi-Sermolli.Nomi sardi: come Genista corsica.Nomi stranieri: Fr., Génêt de Pichi-Sermolli;

Ted., Pichi-Sermollis Ginster.

Arbusto eretto, 30-50 cm, con rami rigidi,acuti, striati, tubercolati. Foglie unifogliola-te ovali-lanceolate, sericee. Infiorescenzapauciflora, fiori geminati o ternati, distribui-ti lungo la parte terminale dei rami. Pedicel-li 2,5-3 mm. Brattea lanceolata. Bratteoleovali, 1,5-2 mm, pelose. Calice 4-5 mm,campanulato, peloso, peli corti; labbro supe-riore sub-eguale al tubo con lacinie ovate;labbro inferiore con denti triangolari, corti,acuti. Vessillo 7-8 mm, ovato, peloso; aliglabre, più corte del vessillo con ciuffo dilunghi peli sul lobo; carena pelosa con apiceottuso. Legume lineare, 10-12 mm, con pelilunghi, fitti. Semi ovali.

Tipo biologico. Arbusto ramoso con ramirigidi, striati, tubercolati. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in maggio-giugno efruttifica in giugno-luglio.

Areale. Presente sui rilievi della Sarde-gna centrale e orientale è particolarmentediffusa sul Gennargentu, Fonni a MonteSpada, Bruncu Spina, Oliena, Orgosolo,Monte Scova e Aritzo, dove è stato indica-to il locus classicus.

Ecologia. Vive sui pianori e nei decliviaperti e soleggiati.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. G. pichi-sermolliana è mag-giormente affine a G. desoleana e la lorocorretta identificazione richiede un’atten-zione particolare ai caratteri distintivi, pur-troppo non presenti durante tutto l’arcodell’anno. La specie è stata dedicata aRodolfo Pichi-Sermolli, illustre botanicofiorentino, emerito studioso delle pterido-fite della flora italiana ed etiopica.

Note sul genere Genista. Il genere

Genista è complesso e critico per i caratte-ri morfologici delle specie che lo compon-gono, non sempre di facile discriminazioneper l’individuazione delle diverse entità.Un’apparente uniformità fra alcuni gruppidi specie ha indotto molti autori ad unaerrata definizione specifica e tassonomicae conseguentemente anche ad una impreci-sa localizzazione geografica. Questo spie-ga il fatto che molte specie sono segnalateper alcune località al di fuori della loroarea di appartenenza.

In realtà, il genere è costituito da bendefiniti complessi di specie, ciascuno deiquali racchiude entità tra loro strettamenteaffini per i caratteri morfologici e la distri-buzione geografica, normalmente bendistinta. Per la Sardegna, sono distinguibi-li tre gruppi: con rami rigidi, acuti, pun-genti, corti o allungati e con legume linea-re (G. toluensis, G. sulcitana, G. arbusen-sis, G. salzmanni, G. desoleana, G. pichi-

Areale di Genista pichi-sermolliana.

Page 305: Alberi Arbusti 2008

305

Genista pichi-sermolliana.

Gariga a Genista pichi-sermolliana su substrato granitico a Sirilò in territorio di Orgosolo.

Page 306: Alberi Arbusti 2008

Genista pichi-sermolliana Vals. - Ramo x0,8; infiorescenza x1,5; fiore x2,5; calice x4,5; vessillo, ali e carenax2,8; frutto x2,3; seme x6.

Page 307: Alberi Arbusti 2008

307

sermolliana); un altro con rami sottili,inermi, e con legume ovoideo (G. ephe-droides, G. aetnensis ed altre specie delMediterraneo centrale); un terzo con ramiintricati, spinosi e con legume diritto,lineare, allungato (G. corsica, G. cadaso-nensis, G. morisii). Si differenzia da tutteG. ferox.

Numerose specie sono endemichesarde, sardo-corse o tirreniche con arealeben definito. L’isolamento geografico ed iparticolari meccanismi di riproduzione pervia apomittica, osservati in diverse specie,possono essere stati le cause determinantiper la differenziazione degli endemismi adareale ridotto presenti in Sardegna.

SPARTIUM L.

A questo genere appartiene la sola specieSpartium junceum, ginestra odorosa o diSpagna, originaria del Mediterraneo. Spar-tium deriva dal greco sparton = corda.

Spartium junceum L., Sp. Pl., 2:708 (1753)

Sin.: Genista odorata Moench, Meth.:144 (1794)

Genista juncea (L.) Scop., Fl. Carniol.ed. 2,2: 50 (1772).

Regione della prima descrizione: Habitat inG. Narbonensi, Italia, Sicilia, Turcia.

Nomi italiani: Ginestra, Ginestra odorosa,Ginestra di Spagna.

Nomi sardi: Binistra (Padria); Ganestra(Alghero); Ginestra (Orani, Sassari);Inistra (Ittiri, Ozieri); Martigusa(Anela); Matigusa (Bono); Einistra,Giuncaresti.

Nomi stranieri: Ingl., Spanish Broom; Fr.,Génêt jonciforme, Génêt d’Espagne;Ted., Spanischer Ginster, Pfriemengin-ster; Sp., Ginesta, Cayomba, Retama.

Arbusto di 2-3 m o alberello con rami

verdi allungati, opposti, generalmente prividi foglie, cilindrico-compressi, pelosetti.Foglie ovali-lanceolate, sessili, pelosenella pagina inferiore, caduche. Fiori giallidi 15-20 mm, odorosi, riuniti in densi race-mi terminali; peduncoli fiorali con bratteabasale e con due bratteole a circa metà del-l’asse; calice conico-campanulato di 8-10mm, peloso, diviso in due parti che costi-tuiscono il labbro superiore, labbro inferio-re con tre dentini, con margine scarioso;corolla con vessillo glabro più grande deglialtri petali, piegato all’indietro e subroton-do, con unghia breve; ali ottuse al margine,più corte della carena, leggermente pube-scenti, con peli lunghi sul margine inferio-re; carena formata da due pezzi liberi unpo’ arcuati, pelosetti sul margine esterno.Stami riuniti per i filamenti; antere con pelialla base. Ovario brevemente stipitato.Legume lineare, appiattito di 5-10 cm, ini-zialmente molto peloso, poi sericeo ed infi-ne glabro da adulto. Semi ovali, schiaccia-ti, lisci, di colore marron, con appendicecallosa.

Tipo biologico. Arbusto ramoso, lasso,di 2-3 m o alberello di 4-5 m di altezza. Irami sono giunchiformi, flessibili e ricchidi midollo. Nano- e microfanerofita.

Fenologia. Fiorisce in aprile-giugno ematura i frutti in luglio-agosto. Le foglie,poco numerose, sono presenti, solo, nelperiodo primaverile all’inizio della ripresavegetativa, poi lentamente cadono sino ascomparire quasi del tutto durante la fiori-tura. La funzione clorofilliana è svoltaquindi quasi esclusivamente dai rami. Spo-radiche fioriture fuori stagione si hanno nelperiodo autunnale o durante l’estate neigiardini ben innaffiati.

Areale. È diffusa nel Mediterraneo, conpropaggini in Asia sud-occidentale e nelleisole Canarie. Per il suo utilizzo comepianta da giardino, è stata introdotta invarie parti del mondo e, negli Stati Unitid’America, è divenuta spontanea assumen-do anche forma arborea e dimensioni mag-giori, rispetto alle aree di origine. In Sarde-gna è diffusa allo stato spontaneo in modo

Page 308: Alberi Arbusti 2008

Spartium junceum L. - Ramo con fiori e frutti x 0,6, fiore, calice e ali, carena, vessillo ovario, frutto x 1,2.

Page 309: Alberi Arbusti 2008

309

particolare sui calcari miocenici del Sassa-rese. La sua coltura per scopi ornamentalie per coprire scarpate stradali ne ha estesofortemente la presenza anche nelle zonepiù interne, dove tuttavia stenta a divenirespontanea oltre i luoghi di impianto.

Ecologia. Vive preferibilmente sullezone litoranee e collinari su terreni incoe-renti, sabbiosi, rocciosi. Ricopre pendii,scarpate soleggiate e forma siepi ai bordidelle strade. In Sardegna costituisceaggruppamenti di una certa estensione neidintorni di Sassari.

Notizie selvicolturali. È una splendidapianta ornamentale molto ricercata perl’abbondanza dei fiori, giallo-dorati emolto profumati. Si propaga per talea digiovani rami posti su terreno sabbioso opiù rapidamente da seme fatto germinaresu terriccio leggero ed in ambiente caldo.La crescita è rapida, dopo due anni le pian-tine possono essere messe a dimora, e fio-riscono precocemente. Non è una specielongeva, dopo una decina di anni tende a

sguarnirsi alla base assumendo un aspettodisadorno soprattutto nel periodo inverna-le. Giovano alla ripresa delle piante potatu-re dalla base che ripristinano l’originarioaspetto cespuglioso. Reagisce molto beneagli incendi e può essere impiegata perrimboschire pendii degradati. I rami giova-ni prima della fioritura spesso vengonoattaccati da una malattia, che li appiattiscecongiungendoli a formare caratteristiciscopazzi.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è satinato, bianco-bruno,ma di poco spessore per poter essere utiliz-zato oltre piccoli lavori artigianali.

Note etnobotaniche. È una pianta diffu-sa dall’uomo per scopi ornamentali, ma untempo, anche, per la produzione di fibredai rami giovani con i quali si tesseva unatela, in sostituzione del lino (panno gine-strino) o per fare delle corde. Questo usoera conosciuto già dagli antichi Greci, Car-taginesi e Romani, ma in tempi più vicini anoi è soprattutto in Provenza che veniva

Fiori e frutti di Spartium junceum.

Page 310: Alberi Arbusti 2008

utilizzata a questo scopo. L’uso come fibratessile può spiegare anche la sua presenzain aree interne, come nelle colline scistosedi Orani, dove la pratica del panno gine-strino era conosciuta sino agli inizi delNovecento. Come pianta mellifera era bennota già agli antichi Romani. I rami si pre-stano per legacci grossolani nei lavori dellacampagna e per intrecciare canestri. I semie il decotto dei fiori hanno proprietà purga-tive, ma la tossicità ne sconsiglia l’uso. Aifiori sono attribuite proprietà tintorie. Ascopo propiziatorio la ginestra era usataper festeggiare chi impiantava un nuovovigneto, usanza che Atzei (o.c.) riconduceal culto di Bacco.

Note tassonomiche, sistematiche e biodi-versità. La ginestra odorosa, sebbene sia unapianta abbastanza utilizzata per scopi ornamen-tali, non ha differenziato particolari cultivar e sipresenta con caratteri piuttosto uniformi.

CYTISUS L.

Arbusti o piccoli alberelli con rami eret-ti o ricurvi. Foglie trifogliolate, semplici oridotte a squame, caduche o persistenti.Fiori gialli o bianchi, isolati, riuniti ingruppetti o disposti a racemo terminalesemplice o foglioso. Stami 10 con filamen-ti diadelfi. Legume oblungo, glabro o pelo-so. Semi con caruncola.

Il genere Cytisus comprende circa 30specie distribuite nelle regioni temperatedell’Europa, dell’Asia e dell’Africa. Quasitutte le specie di citisi sono facilmente col-tivabili e trovano impiego nei parchi e neigiardini rocciosi.

Cytisus villosus Pourret, Mem. Acad.Toul. 3: 317 (1788)

Sin.: Cytisus triflorus L’Hér., Stirp.Nov. 184 (1791), non Lam.

Nomi italiani: Lerca, Ginestra.Nomi sardi: Corramusa (Gonnosfanadiga);

Marthigusa (Talana); Martigusa(Anela, Bolotana, Macomer); Mathicru-da (Oliena); Mathilgusa (Orgosolo);Matigusa (Bono); Marzigusa (Santulus-surgiu); Massiguscia (Ierzu); Mathiciu-sa (Orani); Mathicruia (Bitti); Mathir-crusia (Nuoro); Mazzigusa (Busachi);Occi caprina (Calangianus, Tempio);Tiria (Burcei).

Nomi stranieri: Fr., Cytise hérissé; Sp.,Escobon; Ted., Behaarter Geissklee.

Pianta arbustiva, di 1-2 m d’altezza.Rami eretto-scadenti, pelosi da giovani,striati. Foglie trifogliate con breve picciuo-lo, ovali oblunghe, di 2,5-3 cm, la foglioli-na centrale più grande, glabre o quasi nellapagina superiore, molto pelose in quellainferiore. Fiori riuniti a gruppetti di 2-4all’ascella delle foglie; peduncolo fioralesottile, lungo, ricurvo, con due bratteoleovali, caduche; calice peloso; corolla giallacon macchie e strie rossastre; vessillo di 15-

310

Distribuzione in Sardegna di Spartium junceum (sta-zioni naturali).

Page 311: Alberi Arbusti 2008

Cytisus villosus Pourret. - Ramo con fiori x0,75; foglia, frutto x1; fiore x1,5; stami x4.

Page 312: Alberi Arbusti 2008

18 mm, più lungo della carena, glabro; care-na ottusa. Filamenti degli stami saldati fraloro. Legume di 3-4 cm lungo per 4-6 mmlargo, leggermente arcuato, provvisto didensi peli sericei.

Tipo biologico. Arbusto sempreverdemolto ramificato con rami flessuosi. Nano-fanerofita.

Fenologia. Fiorisce in marzo-maggio ematura i frutti in luglio-agosto.

Areale. È presente in tutta l’Europa meri-dionale e in Nordafrica. In Sardegna vivegeneralmente oltre la fascia dei 500-600 msino a 900-1.000 m di quota, e talora anchenelle aree costiere.

Ecologia. Il citiso vive preferibilmente suterreni silicei, profondi e sciolti. Si sviluppaabbondantemente nel sottobosco di querciada sughero e roverella, in zone ombrose efresche di collina e di media montagna. Èuno degli elementi tipici della flora dellesugherete. È una specie caratteristica del-l’associazione Citiso-Quercetum suberis.Nella fase iniziale di ripresa della vegetazio-ne dopo gli incendi rappresenta talora la spe-cie dominante, ma, con il tempo, erica arbo- Distribuzione in Sardegna di Cytisus villosus.

312

Cytisus villosus.

Page 313: Alberi Arbusti 2008

313

rea, corbezzolo e fillirea riprendono ilsopravvento.

Notizie selvicolturali. Si riproduce perseme, che ha un’alta percentuale di germina-zione, soprattutto a seguito degli incendidella macchia. Potrebbe essere utilizzatacome pianta da giardino, ma la sua fioritura,seppure abbondante, è fugace nel periodoprimaverile, mentre nel restante periodo del-l’anno non offre un aspetto accattivante inquanto il suo fogliame diviene scuro e perdegran parte delle foglie.

Caratteristiche ed utilizzazioni del legno. Illegno per le sue modeste dimensioni non trovaalcuna utilizzazione pratica se non per fascinee come legna da ardere per il forno del panetradizionale. Le fronde flessibili e resistentiall’usura sono utilizzate per scope grossolane.

Note etnobotaniche. I semi sono tossici,contengono un alcaloide, la citisina, similealla stricnina e alla nicotina. Probabilmenteper tali motivi è una pianta raramente bruca-ta dagli animali domestici allo stato brado.

ANAGYRIS L.

Il genere Anagyris comprende due solespecie: Anagyris foetida L., presente nelbacino del Mediterraneo, e A. latifoliaBrouss. ex Willd. dell’isola di Tenerife.Anagyris deriva dal greco «anagyros»arcuato all’indietro, e sta ad indicare lamorfologia particolare del bordo del frutto.

Anagyris foetida L., Sp. Pl., 1: 374 (1753)

Sin.: Anagyris neapolitana Ten., Syll.Pl. Fl. Neapol. 198 (1831).

Provenienza: Habitat in Italiae, Siciliae,Hispaniae, montibus.

Nomi italiani: Anagiride, Fagiolo dellaMadonna, Laburno fetido, Puzzolana.

Nomi sardi: Fazorba (Bolotana); Giolva(Berchidda, Ossi, Padria); Jorva (Alghe-ro); Siliqua (Sant’Antioco, Villasalto);

Siliqua crabina (Fluminimaggiore); Thi-limba (Orani); Thilippa (Oliena); Tilib-ba (Laconi); Faba giolva, Giorva, Tili-ba.

Nomi stranieri: Fr., Bois puant, Arnigri,Pudis; Sp., Carrofer puant, Garroferdel Diable; Ted., Stinkstrauch.

Arbusto di 1-4 m a foglie alterne, caduche,rami verde-scuri, grigiastri. Foglie con pic-ciuolo di 1-2,5 cm e stipole connate, oppostedi 5-6 mm, prontamente caduche con tracciadi cicatrice circolare nella parte opposta all’in-serzione del picciuolo; foglioline ovato-lan-ceolate, lunghe fino a 8 cm e larghe fino a 2,5cm, con nervatura mediana evidente; paginainferiore provvista di peli corti sericei appres-sati, più o meno abbondanti. Fiori gialli,peduncolati, in racemi fogliosi di 2- 8, sui ramidegli anni precedenti; calice di 5-8 mm, conpeli sericei abbondanti, a denti largamentetriangolari; vessillo di 7-9 mm, con una mac-chia porporino-scura, ali di 15-18 mm e care-na leggermente più lunga; stami 10, 1iberi.Legumi penduli più o meno arcuati, lunghifino a 15 cm e larghi fino a 2,5 cm. Semi reni-formi di 8-15 mm, violacei o giallastri, separa-ti fra di loro da un setto membranoso.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso afoglie caduche. Microfanerofita.

Fenologia. È una specie a sviluppoinvernale-primaverile. Fiorisce a novem-bre-dicembre, fruttifica quasi contempora-neamente ricoprendosi via via di foglie cheperdurano fino a luglio-agosto.

Areale. Anagyis foetida è localizzatasoprattutto lungo le coste dell’Europameridionale, Medio-Oriente ed Africa delNord. In Sardegna si sviluppa lungo tuttala fascia costiera e nelle zone meglio espo-ste e più calde, sino a circa 600 m di quota.

Ecologia. Pianta tipicamente eliofila etermofila, vive preferibilmente nelle zonelitoranee, indifferente al substrato geo-pedo-logico. Nelle zone più interne si riscontrafino a 500-600 m, soprattutto negli ambientipiù aridi e degradati, ai bordi delle strade elungo i muri a secco e le siepi. Costituisce laspecie dominante nella macchia solo rara-

Page 314: Alberi Arbusti 2008

Anagyris foetida L. - Ramo con fiori, foglie, legumi x0,5; inserzione delle foglie x2; fiore, vessillo, ali, carena x1.

Page 315: Alberi Arbusti 2008

mente. In condizioni ottimali supera anche i4 m di altezza con fusti di 20-25 cm, come aCarracana in territorio di Perfugas. Compo-nente fondamentale del climax delle macchiedi sclerofille termo-xerofile, l’anagiride entraa far parte delle fasi di degradazione di granparte delle associazioni xerofitiche litoranee.

Notizie selvicolturali. Si riproduce perseme. Dopo l’incendio o il taglio ricaccia deipolloni che raggiungono in breve 1-1,5 mricostituendo i cespi originari. Per la rapidi-tà di ripresa vegetativa i cespi venivanotagliati alla base per ottenere vimini flessibi-li e resistenti adatti per lavori di intreccio.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è molto duro e pesante,resistente al tarlo, di colore bruno, venato.Si presta bene a piccole opere di tornitura,tuttavia le modeste dimensioni fanno sì chevenga utilizzato raramente.

Note etnobotaniche. La corteccia pos-siede qualità coloranti. I semi, che veniva-no talora usati nella medicina popolarecome emetici e purganti, contengono unalcaloide velenoso (anagirina) che puòcausare gravi disturbi. Erano anche adope-

315

Distribuzione in Sardegna di Anagyrs foetida.

Infiorescenze di Anagyris foetida.

Page 316: Alberi Arbusti 2008

316

rati sia per favorire le contrazioni uterinedurante il parto, sia come abortivo. Si pos-sono spiegare così i nomi contrastanti.Secondo il Michiel, botanico del XVIsecolo, dai suoi fagioli «le pace femine nefanno de grande incantamenti et erbarie etne sonno stati venduti fino a uno scudo desuoi grani». I fiori sono visitati dalle api,per cui può essere considerata una piantamellifera. I giovani polloni erano adopera-ti per fare dei cesti e canestri, particolar-mente adatti per seccare i fichi al forno.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Le piante con il fiore totalmente giallo ei semi giallastri sono state descritte da Tenorecome A. neapolitana, mentre Fiori le conside-ra come varietà e Pignatti più semplicementecome uno stato individuale. In Sardegna i fiorinella fase giovanile sono totalmente gialli epossono acquistare la macchia scura solo gra-dualmente, mentre le piante con i semi gialla-stri sono sporadiche, ma non rare, ciò che fapropendere per un loro stato di rango varietale.

LEMBOTROPIS Griseb.

Arbusti senza spine con foglie trifoglio-late e fiori in racemi terminali. A questogenere appartiene la sola specie Lembotro-pis nigricans (L.) Griseb.

Lembotropis nigricans (L.) Griseb., Spi-cil. Fl. Rumel. !1: 10

Sin.: Cytisus nigricans L. [1771], nonL. Sp. Pl. 2: 739 (1753).

Regione della prima descrizione: Europaaustrali.

Nomi italiani: Citiso nero.Nomi stranieri: Ted., SchwarzwerdenderGeissklee.

Pianta arbustiva da 0,3 a 1 m di altezza,ramosa che annerisce col disseccamento. Ramiminutamente pelosi. Foglie trifogliolate, verde-

cupo nella pagina superiore, verde più chiaro inquella inferiore e con foglioline ovato-lanceo-late, pubescenti. Fiori gialli riuniti in lunghiracemi terminali; pedicelli pubescenti con brat-teola lineare eguagliante il calice e situata nellametà superiore dell’asse; calice campanulato,peloso; vessillo di 7-10 mm, ali più corte dellacarena. Legume oblungo di 15-20 mm, pube-scente. Semi rotondeggianti, neri.

Tipo biologico. Arbusto sempreverde.Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in giugno-luglio efruttifica in agosto.

Areale. Diffuso in tutta l’Europa sinoalla Russia meridionale ed occidentale. InSardegna è noto solo per il corso superioredel Flumendosa, ma non è stato più ritro-vato in tempi recenti

Ecologia. Vive nelle zone aride, assola-te e sassose e lungo le siepi.

Notizie selvicolturali. Di rapida propaga-zione per seme, talora è utilizzata come pian-ta ornamentale per la ricchezza dei suoi fiori.

Distribuzione in Sardegna di Lembotropis nigricans.

Page 317: Alberi Arbusti 2008

Lembotropis nigricans (L.) Griseb. - Ramo con fiori x0,8; ramo con foglie, fiore, calice x1,6.

Page 318: Alberi Arbusti 2008

318

Corso d’acqua nell’area del Gennargentu.

Page 319: Alberi Arbusti 2008

TELINE Medicus

Arbusti non spinosi con foglie trifoglio-late, alterne. Fiori riuniti in racemi ascella-ri o terminali. Calice campanulato; corollagialla. Legume lineare, peloso o sericeo. Ilgenere Teline comprende 10 specie presen-ti nel Mediterraneo centro-occidentale edin particolare nelle Azzorre e Canarie.

– Arbusto di 0,50 a 1,5 m; stipole triango-lari …………………..T. monspessulana

– Pianta arbustiva di 0,8 a 3,5 m; stipolelineari......................................T. linifolia

Teline monspessulana (L.) C. Koch, Den-drol., 1 : 30 (1869)

Sin.: Cytisus monspessulanum L., Sp.Pl., 2: 740 (1753)

Genista monspessulana (L.) L. John-ston, Contrib. New South Wales Nat.Herb., 3 : 98 (1962).

Regione della prima descrizione: Habitatin Monspelii.

Nomi italiani: Citiso di Montpellier.Nomi sardi: come Cytisus villosus Pourret.Nomi stranieri: Fr.: Cytise de Montpellier;

Sp.: Escobones, Cinesta.

Pianta arbustiva da 0,50 a 1,5 m dialtezza, molto ramificata, eretta. Rami gio-vani angolosi e pubescenti. Foglie trifo-gliolate brevemente picciuolate con foglio-line ovali, mucronulate, pelose su tutte edue le pagine o quasi glabre sulla paginasuperiore; stipole triangolari, piccole. Fiorigialli, in racemi fogliosi pedicelli fioralipubescenti, corti, con due bratteole lineari;calice di 5-6 mm, peloso; labbro superiorecon denti ovali-lanceolati, labbro inferiorepiù lungo del superiore e con tre dentiniacuti di cui il centrale più lungo; brattealanceolata alla base del calice. Corolla convessillo glabro di 10-15 mm, carena ottusacon peli sericei, subeguale al vessillo.

Legume, diritto, oblungo di 20-25 mm,densamente peloso. Semi rotondeggianti,caruncolati, bruni.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso, sempre-verde, densamente foglioso. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in aprile-giugno efruttifica in giugno-luglio.

Areale. È diffusa in tutta l’area mediter-ranea e nelle isole Canarie. In Sardegna siestende in modo sporadico dalle areecostiere sino a circa 1.000 m di quota.

Ecologia. Teline monspessulana è unaspecie calcifuga e, comunque, a netta prefe-renza dei substrati silicei. Vive nei boschiradi di sughera e di querce caducifoglie;nelle zone aperte e soleggiate, ricopre pen-dii, scarpate e tagli stradali, estendendosidalle zone litoranee a quelle montane.

Notizie selvicolturali. Si riproduce perseme. Si presta ad essere utilizzata comepianta da giardino, per la sua bella eabbondante fioritura primaverile.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Le modestissime dimensioni dei

319

Infiorescenze e frutti immaturi di Teline monspessulana.

Page 320: Alberi Arbusti 2008

Teline monspessulana (L.) C. Koch - Ramo con fiori, frutto x0,7; foglie, infiorescenza, fiore x1,4; calice, semex4.

Page 321: Alberi Arbusti 2008

321

cespi e l’esilità dei fusti non consentonousi del legno; le fronde sono utilizzate perfare scope grossolane.

Note etnobotaniche. Come Cytisus vil-losus.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Questa entità è stata attribuitaripetutamente ai generi Genista, Cytisus eTeline. Qui viene mantenuta l’attribuzione algenere Teline, sebbene il nome più attualesia Genista monspessulana.

Teline linifolia (L.) Webb & Berth., Hist.Nat. Isles Canaries, 3 (2.2): 41 (1842).

Sin.: Cytisus linifolius (L.) Lam., Fl. Fr.2: 624 (1779).

Genista linifolia L. Sp. Pl., ed. 2 : 997(1763).

Regione della prima descrizione: IsoleCanarie.

Nomi italiani: Citiso a foglie di lino.Distribuzione in Sardegna di Teline monspessulana.

Teline monspessulana in piena fioritura.

Page 322: Alberi Arbusti 2008

Teline linifolia (L.) Webb et Berth. - Ramo con fiori, frutti x0,7 foglie x2; fiore x1,2; legume isolato x1,5; semix 1,5; pezzi fiorali x1,5.

Page 323: Alberi Arbusti 2008

323

Nomi sardi: come Teline monspessulana.Nomi stranieri: Fr.: Cytise; Sp.: Escobones,

Ginesta; Ted., Leinblättriger Ginster.

Pianta arbustiva da 0,8 a 1,8 m di altez-za, a portamento eretto, molto ramificata inalto. Rami giovani angolosi e pubescenti.Foglie trifogliolate sessili con foglioline di12-20 x 24 mm, pelose nella pagina infe-riore e quasi glabre in quella superiore; sti-pole lineari. Fiori gialli, in racemi apicalicon pedicelli fiorali pubescenti di 2-4 mm;calice di 5-7 mm, peloso; labbro superiorecon denti ovali-lanceolati, labbro inferiorepiù lungo del superiore e con tre dentiniacuti di cui il centrale più lungo; brattealanceolata alla base del calice. Corollagialla, con vessillo glabro di 15-18 mm,carena ottusa con peli sericei, subeguale alvessillo. Legume diritto, oblungo di 20-25mm, densamente peloso. Semi rotondeg-gianti, caruncolati, bruni. 2n=48.

Tipo biologico. Arbusto lassamentecespitoso, sempreverde. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in aprile-maggio ematura i frutti in giugno-luglio.Distribuzione in Sardegna di Teline linifolia.

Teline linifolia in territorio di Magomadas.

Page 324: Alberi Arbusti 2008

324

Areale. È diffusa nel Mediterraneooccidentale, Corsica e nelle isole Canarie.In Sardegna è conosciuta presso Palmadu-la nel Sassarese e in territorio di Magoma-das, ritrovata per la prima volta solo intempi recenti.

Ecologia. È una specie termofila conpreferenza dei substrati silicei. Vive neiboschi e nelle macchie rade dalle zone lito-ranee a quelle collinari.

Notizie selvicolturali. Si riproduce perseme. Si presta ad essere utilizzata, al paridi T. monspessulana, come pianta da giar-dino.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Data la sua rarità non si conosconousi tradizionali, ma si presta ugualmentebene per fare scope grossolane.

ANTHYLLIS L.

Arbusti ed erbe annuali o perenni.Foglie imparipennate o trifogliolate. Fiorigialli, bianchi, rossi o porporini solitari oriuniti in gruppi ascellari o terminali.Stami 10 con filamenti liberi o saldati.Legume ovoidale, allungato o ricurvo,indeiscente o tardivamente deiscente.

Il genere Anthyllis comprende circa 70 spe-cie distribuite nelle zone temperate dell’Euro-pa, dell’Asia e dell’Africa settentrionale.

Alcune specie di questo genere sonoutilizzate come piante ornamentali, percolonizzare pendii scoscesi o come pianteda foraggio.

Anthyllis barba-jovis L., Sp. Pl., 2:720(1753)

Provenienza: Habitat in Helvetia.

Nomi italiani: Barba di Giove.Nomi sardi: non conosciuti.Nomi stranieri: Fr., Barbe de Jupiter.

Pianta arbustiva o alberello di 1-2,5 m aportamento eretto. Rami giovani, grigiastri,

pubescenti; corteccia rugosa, desquamante-si in strisce longitudinali. Foglie imparipen-nate con 4-9 paia di foglioline di 10-14 mm,oblungo-lanceolate, sericeo-argentate perpeli sottili bianchi, ravvicinati. Fiori gialli,riuniti in capolini e situati all’ascella dellefoglie; calice rigonfio, sericeo con dentiacuti; corolla con vessillo ovale, ristrettoalla base, carena diritta, ottusa e ali piùbrevi del vessillo. Legume glabro, oblungo,acuminato con un solo seme. 2n=14.

Tipo biologico. Arbusto o alberellosempreverde, molto ramificato. Nanofane-rofita.

Fenologia. Fiorisce in marzo-aprile efruttifica in giugno.

Areale. L’areale di questa specie siestende dalla Francia meridionale sino allaPenisola Balcanica, Egeo, Nordafrica,Libia. In Sardegna è conosciuta lungo lacosta settentrionale nella Penisola di CapoCaccia, presso Alghero, e nell’Arcipelagodi La Maddalena, all’isola di Santa Maria.

Distribuzione in Sardegna di Anthyllis barba-jovis.

Page 325: Alberi Arbusti 2008

Anthyllis barba-jovis L. - Ramo con fiori x0,7; fiore, vessillo, calice x2,8.

Page 326: Alberi Arbusti 2008

326

Ecologia. Specie litoranea, vive suidirupi assolati e sassosi, preferibilmente susubstrati di natura calcarea, ma anche suigraniti, dove tuttavia è molto più rara.

Notizie selvicolturali. Si propaga perseme. Si presta come pianta da giardino inambienti caldi per la sua ricca fiorituratardo-invernale.

Note etnobotaniche. Non sono cono-sciute utilizzazioni tradizionali di questaspecie in Sardegna.

COLUTEA L.

Arbusti con foglie imparipennate, cadu-che. Fiori in racemi ascellari pauciflori,gialli o giallo-rossi. Calice campanulatocon cinque denti. Corolla con vessillo sub-orbicolare. Stami 10 di cui 9 coi filamentisaldati e 1 libero. Legume vescicoloso,rigonfio, pendulo. Il genere Colutea com-prende 20 specie diffuse dalle regioni tem-perate o subtropicali dell’Europa sinoall’Hymalaia.

Colutea arborescens L., Sp. Pl. 2:723(1753)

Provenienza: Habitat in Austria, G. Narbo-nensi, Italia precipue ad Vesuvium.

Nomi italiani: Vescicaria, Maggerena,Schioppetti, Sena falsa.

Nomi sardi: Sena (Oliena); Erba de buc-ciaccas, E. de bullacas, Sena tiria, Tiriaagreste, Sena burda.

Nomi stranieri: Ingl., Bladder Senna; Fr.,Bauguenaudier commun, Faux sene;Ted., Blasenstrauch; Sp., Espantalobos.

Arbusto lassamente ramificato, alto finoa 4 m circa. Rami giovani pubescenti. Cor-teccia biancastra-cenerina. Foglie compo-ste imparipennate con 7-13 foglioline conbreve picciuolo, ellittiche, di 10-16 x 6-13mm, pubescenti nella pagina inferiore, gla-bre superiormente; picciuolo, rachide epicciuoletto pubescenti, con due stipoletriangolari alla base. Infiorescenza all’a-scella delle foglie con 3-6 fiori peduncola-

Macchia con Anthyllis barba-jovis a Capo Caccia.

Page 327: Alberi Arbusti 2008

Colutea arborescens L. Ramo con frutti, frutto aperto con semi, vessillo, ali, carena, fiori interi x 0,75; partico-lare dell’inserzione delle foglie x 1,5; seme x 3.

Page 328: Alberi Arbusti 2008

328

Colutea arborescens con i caratteristici legumi vescicolosi.

ti; calice pubescente a denti brevi disegua-li; corolla gialla di 15-20 mm; vessilloampio, eretto-riflesso, smarginato con unamacchia rossiccia; ali più piccole dellacarena. Legume di 3-6 cm, glabro, pedicel-lato, ampiamente vescicoloso, membrana-ceo, prima rosso-ramato, poi nel seccobiancastro. Semi reniformi di 3-4 mm,compressi lateralmente, rossicci. 2n=16.

Tipo biologico. Arbusto di mediedimensioni o piccolo alberello a fogliecaduche. Nano- o microfanerofita.

Fenologia. Fiorisce nei rami d’annata amaggio-giugno e fruttifica a luglio-agosto,quando inizia a perdere le foglie. Non sonorare le fioriture autunnali che portano rego-larmente a termine la fruttificazione.

Areale. Colutea arborescens è diffusalungo le coste del bacino occidentale delMediterraneo e nell’Europa meridionale ecentrale. Coltivata nei giardini in tuttaEuropa è spesso sfuggita alla coltivazionee cresce ai bordi delle strade, lungo le mas-sicciate ferroviarie, nei luoghi accidentati.In Sardegna è limitata alle aree calcaree Distribuzione in Sardegna di Colutea arborescens.

Page 329: Alberi Arbusti 2008

329

mesozoiche delle coste centro-orientali.Ecologia. Pianta eliofila, ma non xero-

fila, si comporta come calciofila e predili-ge le macchie aperte, i bordi delle strade, lescarpate e i luoghi con terreno smosso esciolto.

Notizie selvicolturali. I semi possiedo-no un’elevata capacità germinativa. La cre-scita è rapida nei primi anni, ma si arrestapresto e si formano arbusti a ramificazionelassa. È utilizzata talora come pianta orna-mentale.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Presenta un tronco di modestedimensioni, il cui legno, giallastro e duro, èutilizzato talvolta per piccoli lavori di intar-sio. È una pianta appetita dal bestiame.

Note etnobotaniche. La corteccia ha laproprietà di tingere la lana. Le foglie sec-cate e preparate in infuso costituiscono unefficace purgativo che veniva utilizzatocome succedaneo della vera sena orientale.Da ciò derivano anche i nomi in sardo e initaliano.

SPECIE INTRODOTTE. Nella famigliadelle Fabaceae, alle già citate Gleditschiatriacanthos e Cercis siliquastrum, siaggiungono numerose specie non autocto-ne introdotte per scopi diversi. Alcune diesse sono spontaneizzate, altre pur fre-quenti non si espandono se non con la col-tura. Si ricordano qui le principali. Laginestra dei carbonai (Sarothamnus scopa-rius Wimmer = Cytisus scoparius (L.)Link), arbusto suffruticoso sempreverdedall’abbondante fioritura, è stata introdot-taa seguito dei rimboschimenti a FuntanaBona, in territorio di Orgosolo, da dovetuttavia non si è espansa, mentre nel Lim-bara, su suoli silicei, si è diffusa divenendoun elemento caratteristico delle macchiebasse a erica delle aree culminali. Il mag-giociondolo (Laburnum anagyroidesMedicus) si ritrova in vivai forestali, comea Monte Pisano, e talvolta coltivato neigiardini, ma non si osservano processi dispontaneizzazione. Tra le acacie, le più fre-quenti, introdotte soprattutto lungo le costeper rimboschimento o come frangivento a

tutela delle colture, sono Acacia cya-nophylla Lindley, A. pycnantha Bentham eA. retinoides Schlecht, caratterizzate tutteda foglie (fillodi che derivano dalla trasfor-mazione dei picciuoli) intere, lanceolatelunghe sino a 15-20 cm, con infiorescenzecostituite da capolini riuniti in lunghi race-mi più o meno fogliosi e con legumi dei-scenti provvisti di numerosi semi. Ladistinzione tra queste specie non è sempreagevole.

Nonostante la loro grande diffusione el’abbondante produzione di semi, i processidi spontaneizzazione sono piuttosto limitati erestano in prossimità degli impianti, ancheper effetto della propagazione per polloniradicali. Altre specie del genere Acacia abba-stanza comuni sono A. dealbata Link, daifiori gialli, e A. mearsnii De Wild., con i fioribianco-giallastri, entrambe con le fogliecomposte provviste di numerosissime foglio-line a pettine. La prima è coltivata spesso neigiardini, ma stenta a spontaneizzarsi, mentrela seconda colonizza ormai numerosi corsid’acqua, esercitando una fortissima concor-renza alle specie riparie come ontano nero eoleandro e tendendo a sostituire la vegetazio-ne autoctona. Sporadicamente si riscontraanche A. karoo Hayne, arbusto dalle robustespine bianche, rigide e pungenti, con fioriugualmente in infiorescenze sferiche. Vieneutilizzato nella Sardegna meridionale percostruire siepi vive impenetrabili, ma nonsono rari i casi sfuggiti alla coltura.

La robinia (Robinia pseudo-acacia L.),albero caducifoglio con abbondante fioriturain racemi bianchi e foglie composte impari-pennate con stipole rossigne trasformate inspine, è conosciuta anche come acacia e gag-gia, e fu introdotta per la prima volta dall’A-merica settentrionale in Francia nel 1601,nei giardini del Re Sole. In breve tempo sidiffuse in gran parte dell’Europa, divenendodel tutto spontanea lungo i corsi d’acqua, suibordi delle strade e nei boschi freschi medio-montani, comportandosi come una vera epropria infestante. La rapidità di crescita e illegno abbastanza pregiato, nonché l’abbon-dante fioritura e la sua proprietà mellifera, la

Page 330: Alberi Arbusti 2008

330

fanno tuttavia apprezzare abbastanza. InSardegna è diffusa ai bordi delle stradeanche per consolidare le scarpate e i riportidi terra, nei centri abitati e nei giardini, men-tre sono rari i processi di spontaneizzazione.Da ricordare al riguardo la diffusione aseguito di un incendio, a Badde Salighes nelMarghine, con la formazione di un robinietoa partire da semi provenienti dalle pianteintrodotte alla fine dell’Ottocento nel parcodella villa. Sono sporadiche la var. umbracu-lifera DC., con rami appressati e privi dispine, dalla chioma molto compatta, edancora R. hispida L. dai fiori rossi.

Tra le piante da giardino si ricordaancora il glicine (Wisteria sinensis (Sims)Sweet) rampicante a foglie caduche, vigo-roso con abbondante fioritura in grappoli

violacei, raramente biancastri, contempo-ranea alla emissione delle foglie. Si prestaa coprire cancellate e costruire ombrari.

Amorpha fruticosa L., originaria dell’A-merica settentrionale, è un arbusto di 1-2 m,caducifoglio con racemi spiciformi e legumifalcati di circa 1 cm; viene utilizzata nellescarpate stradali a consolidare i versanti.

Retama monosperma (L.) Boiss., arbu-sto con rami giunchiformi e lunghe infiore-scenze bianche, è stata indicata alla finedel 1700 dal Plazza per il Cagliaritano, manon più confermata (Fiori, Vol.1:812).Come pianta coltivata, non è daescludere la sua presenza nel passato, e delresto attualmente è frequente negli spaziverdi di villaggi turistici e giardini. Non èconosciuta tuttavia allo stato spontaneo.

Fiori e frutti immaturi di Colutea arborescens.

Page 331: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE EUPHORBIALES

EUPHORBIACEAE

Piante arborescenti, arbustive, suffruti-cose, grasse, erbacee bienni o annuali spes-so provviste di vasi laticiferi. Foglie alter-ne od opposte, intere o composte. Fioriunisessuali, sulla stessa pianta (monoiche)o su piante distinte (dioiche), senza involu-cro o con brattee basali involucranti simu-lanti un perianzio. Ghiandole alla basedegli stami e dell’ovario. Stami da 1 amolti. Ovario supero con tre logge. Fruttosecco deiscente, capsula. Semi spessocaruncolati.

La famiglia delle Euphorbiaceae com-prende 380 generi e circa 5.000 specie, dif-fuse nelle regioni temperato-calde dei dueemisferi e con maggiore concentrazione aitropici e nella fascia desertica o subdeser-tica. Resti fossili risalenti al Cretaceo testi-moniano l’antica origine di questa fami-glia.

Molte specie hanno proprietà tintoria edaltre sono utilizzate come piante ornamen-tali.

Ricinus communis L. e Aleurites moluc-cana Willd. producono oli drastici e purga-tivi, usati anche nella produzione di sapo-ni, colori, vernici. I semi di Croton, Jatro-pha e Mercurialis hanno azione purgativa.

Interesse economico presenta il genereManihot con specie che producono latice,dal quale si ottiene una gomma di ottimaqualità, e un amido detto manioca o tapio-ca, usato a scopo alimentare. L’apporto piùnotevole per l’industria è da parte di Heveabrasiliensis originaria dell’America tropi-cale, oggi coltivata in molte regioni asiati-che per la produzione della gomma.

EUPHORBIA L.

Piante arbustive, suffruticose, grasse,erbacee bienni ed annue con rami eretti ostriscianti, latiginose. Foglie opposte oalterne. Fiori unisessuali riuniti in infiore-

scenza a coppa, detta ciazio, formata dal-l’unione di brattee e sormontata da ghian-dole di forma e colore-vario. Entro l’infio-rescenza sono situati molti fiori maschili,che circondano un solo fiore femminile. Imaschili sono ridotti ad un solo stamepeduncolato e bratteato e i femminili alsolo ovario, tricarpellare. Infiorescenze aloro volta disposte ad ombrella. Fruttosecco costituito da una capsula a tre coc-che. Semi con caruncola.

Il genere Euphorbia comprende circa2.000 specie diffuse in tutte le regioni tem-perate e calde e costituisce uno dei generidel mondo vegetale più vari in assoluto. Viappartengono specie che formano singolariaspetti di macchia e forestali e piante digrande interesse ornamentale comeEuphorbia pulcherrima L. (poinsettia ostella di Natale) ed E. canariensis L.(euforbia candelabro) che ben si adattanonelle aree costiere calde del Mediterraneo.I semi e il latice della catapuzia (E. lathy-ris L.) contengono un’elevata quantità dioli, che si prestano ad essere utilizzaticome combustibile.

Euphorbia in greco significherebbe«pianta con succo latiginoso utile in medi-cina». Secondo Plinio deriverebbe daEuforbio, nome di un celebre medico dellaMauritania, scopritore dei principi tossicidelle piante di questo genere.

Euphorbia dendroides L., Sp. Pl. 1: 462(1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Italia, Creta, Insulis Staechadum.

Nomi italiani: Euforbia arborea.Nomi sardi: Estrumbu (Alghero); Isculacac-

ca (Oniferi); Latturigu (Berchidda); Lua(Burcei); Lua de Monti (Fluminimaggio-re); Rama (Alghero); Sculacacca (Orgo-solo); Titimbaru (Loiri); Thithimbalu(Dorgali, Siniscola, Lodé); Tutturchi(Lollove), Lua de Monte, Luba de Monte,Runza de Monte, Zombaru.

331

Page 332: Alberi Arbusti 2008

Nomi stranieri: Fr., Euphorbe en arbre;Sp., Lletrera; Ted., Baumwolfsmilch.

Arbusto molto ramificato, caducifoglio,sorpassante spesso 3 m di altezza. Ramirigidi, glabri, rossastri, tipicamente dicoto-mi e privo di foglie nella parte inferiore.Foglie intere, alterne, oblungo-lanceolate,ottuse, mucronulate. Foglie dell’involucrofiorale simili a quelle caulinari. Infiore-scenza ad ombrella con 5-8 raggi bifidi.Brattee libere, romboidali. Ciazio glabrocon ghiandole gialle, ovali, irregolarmentelobate. Cassula 5-6 mm, con cocche arro-tondate-compresse, glabre, lisce. Semiovoidali, lisci, compressi lateralmente,caruncolati, bruno-scuri. 2n=18.

Tipo biologico. Arbusto molto ramifica-to a sviluppo invernale-primaverile, conapice vegetativo prive di protezione, carat-teristica, questa, di pochissimi casi dell’a-rea mediterranea. Nanofanerofita.

Fenologia. La ripresa vegetativa avvie-ne alla fine di agosto in corrispondenza del-l’aumento della umidità atmosferica. Fiori-sce in dicembre-marzo e fruttifica in aprile-maggio, perdendo le foglie contemporanea-mente o subito dopo la disseminazione.

Areale. L’area di distribuzione com-prende tutta la regione steno-mediterranea.In Sardegna occupa gran parte della fasciacostiera.

Ecologia. L’euforbia arborea è una spe-cie fortemente eliofila e termofila e viveprevalentemente nelle zone litoranee, dovericopre soprattutto pendii rocciosi o decli-vi accidentati. Cresce su qualsiasi substra-to pedologico e preferisce gli ambienti roc-ciosi, più aridi e assolati. Nelle zone per-corse da incendio le piante vengono total-mente distrutte, ma subito dopo si svilup-pano numerose piante da seme. In Sarde-gna si associa a specie tipiche della mac-chia mediterranea costituendone aspettiparticolari, anche nelle aree interne,soprattutto calcaree, dove può salire sinoad oltre 700 m di quota, come avviene nelMontalbo, sui calcari centro-orientali e sulMarganai nell’Iglesiente. Fa parte di

numerose associazioni della macchiatermo-xerofila e caratterizza la tipica Oleo-Euphorbietum dendroidis, l’Euphorbiodendroidis-Anagyretum foetidae e sub-associazioni quali Helichryso saxatili-Cephalarietum mediterraneae euphorbie-tosum dendroidis.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il fusto, che raramente supera i 10cm di diametro, è latiginoso e seccandomarcisce in poco tempo; anche per questonon trova nessuna utilizzazione pratica.

Note etnobotaniche. Il latice è forte-mente irritante della pelle e veniva usatocome purgativo e soprattutto nella pesca difrodo, per avvelenare i corsi d’acqua. No-nostante la tossicità del latice, le capre alpascolo brado, talvolta, brucano i rami gio-vani, apparentemente senza subire alcundanno. Il nome sardo Thithimbalu con lerelative varianti fonetiche deriva dal grecoThithimalon.

332

Distribuzione in Sardegna di Euphorbia dendroides.

Page 333: Alberi Arbusti 2008

Euphorbia dendroides L. - Ramo con fiori x0,3; ciato x3,6; cassula x3; seme x6; peli infrastaminali e stame moltoingranditi.

Page 334: Alberi Arbusti 2008

334

Note sistematiche, tassonomiche evariabilità. L’euforbia arborea presenta,per lo più, forme cespugliose emisferiche,

ma sempre con struttura monocormica,formando grossi pulvini o caratteristicialberelli.

Tipica infiorescenza a ciazio di Euphorbia dendroides.

Macchia a Euphorbia dendroides e Pistacia lentiscus nella tarda primavera nell’isola dell’Asinara.

Page 335: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE SAPINDALES

ANACARDIACEAE

Alberi, arbusti o liane provviste di canaliresiniferi. Foglie alterne resinifere pennato-composte o semplici. Fiori piccoli, bisessualio unisessuali con perianzio di cinque sepalisaldati e cinque petali liberi; disco carnoso fragli stami e il pistillo. Stami 5 o 10, ovariosupero. Frutto: drupa. La famiglia delle Ana-cardiaceae comprende 79 generi e circa 600specie distribuite nelle regioni tropicali, sub-tropicali o temperate dei due emisferi. Presen-ta interesse economico soprattutto per le resi-ne. Da alcune specie si estraggono tannini perl’industria del cuoio, materie base per le lac-che, mastice, trementina e vernici nere. Moltespecie producono importanti frutti qualipistacchio, mango e anacardio (noce di aca-jou), pianta originaria del Brasile, oggi colti-vato in gran parte dei paesi tropicali.

PISTACIA L.

Alberi o arbusti con rami rossastri e confoglie composte, pennate, trifogliolate osemplici. Fiori bisessuali o unisessuali supiante diverse. Infiorescenze a grappolo.Involucro fiorale ridotto, poco appariscen-te. Frutto: drupa. Il genere Pistacia com-prende 9 specie diffuse nelle regioni medi-terranee, asiatiche e nell’America centrale.Molte specie producono resine utilizzateper le vernici e per i mastici. Pistacia tere-binthus L. fornisce una resina base per latrementina e Pistacia vera L., innestata dinorma sul terebinto, produce il pistacchio,noto seme commestibile utilizzato siacome frutto secco, sia per la preparazionedi dolci e gelati.

– Foglie paripennate; infiorescenze a race-mo, situate all’ascella delle foglie del-l’anno precedente...................P. lentiscus

– Foglie imparipennate; infiorescenze inpannocchia, situate nella parte terminaledei rami...........................P. terebinthus

Pistacia lentiscus L., Sp. Pl. : 1026 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Lusitania, Hispania, Italia.

Nomi italiani: Lentisco, Dentisco, Sondro.Nomi sardi: Estrìngol (Alghero); Chesa o

Quessa (Alghero); Chessa (Bolotana,Bitti, Cuglieri, Orani, Ozieri, Padria, Sas-sari, Gallura, Logudoro); Cose neigre(Carloforte); ‘Essa (Oliena, Olzai, Orgo-solo); Moddizzi (Laconi, Fluminimaggio-re, Campidano in genere); Modici (San-t’Antioco); Ollestincu (Urzulei). I termi-ni Lentiscu, Lestinchine, Ollestincu indi-cano più propriamente il frutto.

Nomi stranieri: Ingl., Lentisk; Fr., Lentis-que, Arbre au mastic; Ted., Mastix-strauch; Sp., Lentisco, Mata.

Arbusto o alberello alto sino a 8-9 m,ramosissimo, con rami contorti e cortecciacenerina o rossastro-bruna. Rami giovanipelosetti. Foglie alterne, paripennate, lun-ghe 3-8 cm, con rachide strettamente alatae con 3-8 paia di foglioline di 8-10 x 7-30mm, ovate od ovato-lanceolate, sessili,coriacee, consistenti, mucronate all’apicedella rachide, con margine intero ispessito.Infiorescenze in racemi nascenti alla basedelle foglie sui rami dell’anno precedente.Fiori unisessuali su piante diverse (dioi-che). Calice breve a 5 sepali denticolati ecorolla nulla. Fiori maschili con 5 antererosso-porporine sub-sessili; femminili inamenti più lassi con 3 stili persistenti nelfrutto. Drupa ovoidea o sub-globosa di 5-7mm, rosso-porporina o rosso-scura, biancao, per lo più, nera a maturità, con un soloseme. 2n=24.

Tipo biologico. Albero, o più comune-mente arbusto cespuglioso, sempreverdecon foglie sclerofilliche, tendente a costi-tuire grossi pulvini. Microfanerofita.

Fenologia. Fiorisce a marzo-aprile e ifrutti completano la maturazione nel perio-do invernale.

Areale. Il lentisco è presente lungo tuttele aree costiere del Mediterraneo, nel Por-

335

Page 336: Alberi Arbusti 2008

togallo e nelle Canarie. In Sardegna occu-pa gran parte della superficie anche nellezone basse interne.

Ecologia. Specie eliofila, termofila exerofila, vegeta soprattutto lungo le zonecostiere su qualsiasi tipo di substrato geo-pedologico. In Sardegna è comune fino a400-500 m di altitudine, ma spesso viveanche a 700 m e, in alcune aree calcareedel Sarcidano e dei calcari costieri, sinan-che a 800 m di quota. Il lentisco resistebene ai venti più forti e, in prossimità delmare, assume spesso un caratteristico por-tamento “pettinato”, sviluppando il fustocon lentissima crescita e aderente al terre-no. Il lentisco caratterizza l’Oleo-Lentisce-tum, che è il tipo di macchia di sclerofillesempreverdi più frequente nella fasciacostiera, e altre associazioni forestali ter-mofile costiere (Clematido cirrhosae-Pistacietum lentisci, Myrto-Lentiscetum,Pistacio-Quercetum ilicis).

Grandi alberi. In condizioni di pienanaturalità, il lentisco è un albero che puòraggiungere dimensioni ed età considerevo-li. L’esemplare di maggiori dimensioni oggiesistente si trova a Li Espi, presso la chieset-ta campestre di San Baltolu di Luras (dove èpresente anche un grande oleastro); esso rag-giunge 9 m di altezza e ben 470 cm di cir-conferenza. Nei calcari dei Supramonti cen-tro-orientali, in prossimità della costa e inluoghi poco accessibili, si trovano sporadicigrandi alberi, spesso residui delle anticheformazioni forestali a macchia-foresta, comea Orguduri (7 m di altezza e 230 cm di cir-conferenza) in territorio di Baunei. Un lenti-sco di grandi dimensioni, circa 1,2 m di dia-metro con tronco adagiato al terreno, è statorecentemente tagliato nella dolina di Tiscalidurante i lavori per la realizzazione di unsentiero attorno ai resti archeologici dell’an-tico villaggio. Altri alberi notevoli si ritrova-no ancora a Samugheo, poco lontano dall’a-bitato verso il castello della Medusa, adAntas, presso il tempio punico-romano diFluminimaggiore, a San Leone di Capoterra,a Erula in Anglona, a Siniscola in Baronia,nella Giara e ovunque vi siano luoghi di dif-

ficile accesso con residui ancestrali delleformazioni di sclerofille sempreverdi.

Notizie selvicolturali. Si diffonde perseme, ma anche per polloni radicali. Oltrealla forma prevalentemente arbustiva assu-me spesso un portamento arboreo didimensioni apprezzabili con chioma roton-deggiante e fusto generalmente contorto.Nel sottobosco i polloni sono eretti, esili,ma ben sviluppati in altezza. Il lentiscopotrebbe avere un ruolo molto importantenella ricostituzione del manto vegetale siaper le sue alte capacità pedogenetichedovute al forte contenuto in basi delle suefoglie, che facilitano l’umificazione delterreno, sia per la sua adattabilità a tutti itipi di substrato. La terra sotto i cespi dilentisco è particolarmente vantaggiosa nelgiardinaggio. Il lentisco nel periodo estivoè limitato nello sviluppo dalla carenza idri-ca, ma se opportunamente irrigato crescevigoroso per gran parte dell’anno. Si prestabene a costituire siepi, sebbene per questoscopo sia raramente utilizzato. È resistenteal fuoco per la sua notevole capacità pollo-nante, ed è rifiutato dal bestiame, tranneche per i frutti, ricercati anche dagli uccel-li, per il loro contenuto in grassi. Si prestaad essere modellato per siepi e bordure digiardino e a ricoprire scarpate e tagli stra-dali nelle zone di bassa quota o di collina.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno, di un bel colore bianco, obianco-giallognolo nell’alburno e rossastroal centro, è di facile lavorazione. In ebaniste-ria è poco apprezzato per le sue modestedimensioni e la facilità con cui marcisce. Irami giovani sono resistenti e flessibili. È unottimo combustibile che brucia con unafiamma vivace, di elevato potere calorico,ma non duratura, a causa della presenza disostanze oleose e resinose che ne acceleranoil consumo.

Note etnobotaniche. Il lentisco è unaspecie tipica del bacino mediterraneo, cono-sciuta ed apprezzata da tutti i popoli. Fin dal-l’antichità con il suo legno si approntavanostuzzicadenti. In Oriente, soprattutto nell’i-sola di Chio, dal lentisco e dal terebinto, gli

336

Page 337: Alberi Arbusti 2008

Pistacia lentiscus L. - Ramo con frutti x0,62; fiore maschile x3; antera x3; infiorescenza maschile x0,6; rametto confoglia e frutti immaturi x1,3; fiore femminile x3; frutti maturi x1,2.

Page 338: Alberi Arbusti 2008

338

abitanti ottenevano una particolare resina (o“mastice”), utilizzata dalle donne come den-tifricio per rinforzare le gengive e conserva-re i denti bianchi. È probabile che il suo epi-teto specifico «lentiscus» derivi da «denti-scus», sotto il cui nome in alcune zone èconosciuto, per il suo uso in dentiscalpia.Secondo Moris anche in Ogliastra i contadi-ni ricavavano il mastice dalle incisioni suirami per dare ristoro alle parti doloranti delcorpo. In tutto il Mediterraneo e in tutta laSardegna, sin dal periodo nuragico, comesembrano attestare i reperti archeologici aBarumini, e sino a pochi decenni or sono,dalla ebollizione e spremitura delle drupe siotteneva un olio per le lampade, ma utilizza-to anche nell’alimentazione umana. La lavo-razione dell’olio dava origine anche a formedi economia di una certa importanza. Atzei(o.c.) riporta che in alcune zone la raccoltadei frutti avveniva in periodi precisi ed eraregolamentata da ordinanze prefettizie, pro-prio per l’importanza che rivestiva soprattut-to tra i meno abbienti. La ditta inglese

Macintosh ottenne nei primi decenni del-l’Ottocento una concessione per lo sfrutta-mento dell’olio di lentisco (la stessa dittaraccoglieva il lichene roccella usato per lacolorazione in rosso dei tessuti) e ad Olbia siinstallò un mulino per la lavorazione deifrutti.

Per uso alimentare, i frutti venivanobolliti con malva e altre erbe e con panecarasau, e al momento in cui divenivagiallo-dorato, segnalava che era pronto peressere usato come condimento. L’olio dilentisco era utilizzato al posto dell’oliod’oliva o del grasso animale.

I giovani rami, tenaci e flessibili, trovava-no impiego per lavori d’intreccio, mentre lefoglie, ricche di tannini, si prestavano per laconcia delle pelli. Nella medicina popolaresono numerosi i riscontri, in diversi paesi,dell’infuso come antiodontalgico, ciò cherichiama l’antichissima usanza pan-mediter-ranea, ma anche come astringente, e la pol-vere delle foglie come antisettico, emostati-co, nelle ustioni e contro la sudorazione dei

Frutti di Pistacia lentiscus.

Page 339: Alberi Arbusti 2008

339

Albero monumentale di Pistacia lentiscus in località Li Espi in territorio di Luras.

Page 340: Alberi Arbusti 2008

340

Infiorescenze maschili di Pistacia lentiscus.

Macchia a Pistacia lentiscus, Phillyrea angustifolia e Juniperus phoenicea.

Page 341: Alberi Arbusti 2008

piedi. Olio e decotto di foglie e rametti tene-ri trovavano uso anche nella pratica veteri-naria per le affezioni della pelle e le feritedegli animali domestici. Non mancavanoinfine gli usi a scopo propiziatorio e controil malocchio, e nelle pratiche religiose l’olioper le unzioni. Dai frutti maturi si ricava, aLa Maddalena, un delicato liquore.

Per la sua chioma compatta e la possibi-lità di costituire macchie estese è utilizzatoper il riposo (miriacciu/meriacru) degliovini nella canicola estiva.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il lentisco, a dispetto della suaimmediata riconoscibilità dal portamentocomplessivo, presenta una grande variabilitàa livello fogliare e, secondariamente, deifrutti. Di esso sono state descritte numerosevarietà o forme. Le entità ben riconoscibilianche in Sardegna, oltre alla forma tipica,possono essere ascritte alle var. angustifoliaDC. (= massiliensis (Miller) Fiori) e latifoliaCosson. Grande variabilità esiste anche in

riferimento al numero delle foglioline, chevariano da 1 a 7-8 coppie, alla consistenzadel mesofillo, al colore fogliare, da verdeintenso a verde-rossastro, al frutto maturodal colore rosso, nero o bianco, e al periododi fioritura. Nell’ambito di una stessa popo-lazione sono presenti individui ascrivibilialle diverse varietà e, pertanto, sono ricon-ducibili all’interno della naturale variabilitàdella specie. Si tratta, in generale, di formeindividuali e solamente tramite una selezio-ne colturale e propagazione per via vegetati-va come cultivar sarebbe possibile mantene-re nel tempo la costanza dei caratteri consi-derati utili.

Pistacia terebinthus L., Sp. Pl.: 1025(1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa australi, Africa boreali,India.

Nomi italiani: Terebinto, Scornabecco.Nomi sardi: Accodro (Baunei); Codora,

Codoro (Urzullei); Chessa ‘e monte(Dorgali); Chessa ruja (Lula);‘Essa ‘emonte (Oliena); ‘Essa vera (Orgosolo);Moddizzi era (Fluminimaggiore); Sopé-ri (Ogliastra); Chessa bera (Nuorese);Moddizzi de monte.

Nomi stranieri: Ingl., Terebinth; Fr., Téré-binthe; Ted., Terebinthenstrauch, Ter-pentin-Pistazie; Sp., Cornicabre, Tere-binto, Carrofer bord.

Arbusto o albero alto sino a 16-18 m, conrami giovani rossastri. Foglie composte,imparipennate con 3-9 foglioline di 3-7 x1,5-5 cm, ovato-acuminate, arrotondate,coriacee, sessili, glabre con margine interis-simo, spesso provviste di galle rotonde, mar-ginato-increspate o a forma di corna, gialle orossastre a maturità; nervatura mediana evi-dente e nervature laterali parallele e più sot-tili. Infiorescenze sulla parte terminale deirami dell’anno precedente. Fiori unisessualisu piante diverse (dioiche) in infiorescenza a

341

Distribuzione in Sardegna di Pistacia lentiscus.

Page 342: Alberi Arbusti 2008

Pistacia terebinthus L. - Ramo con frutti, foglie con galle x0,6; fiore maschile e femminile x3.

Page 343: Alberi Arbusti 2008

343

pannocchia; i maschili verdicci con anteregialle o rossastre; i femminili in pannocchiamolto appariscente, lassa con ramificazioniad angolo retto. Drupe di 5-8 mm, pedunco-late, globose, ellissoidali, lisce, rugose nelsecco, apicolate, con un solo seme.

Tipo biologico. Arbusto o albero cadu-cifoglio lassamente ramificato. Microfane-rofita.

Fenologia. Fiorisce ad aprile-maggio,in relazione all’altitudine, e matura i fruttiad agosto-settembre, periodo in cui inizia aperdere anche le foglie.

Areale. Il terebinto è diffuso lungo lecoste mediterranee. Nell’Italia settentrio-nale vegeta in continuità dal Carso triesti-no sino al lago di Garda e quindi versoTrento e Bolzano. In Sardegna è limitatoalle zone calcaree da Dorgali a Santa MariaNavarrese, sui Monti di Oliena, anche nelfondovalle, sui calcari dell’Ogliastra, doveè molto frequente, nel Sarcidano e area delMarganai, nell’Iglesiente.

Ecologia. Specie eliofila e termofilapredilige i luoghi assolati calcarei, lungo le Distribuzione in Sardegna di Pistacia terebinthus.

Galle fogliari di Pistacia terebinthus.

Page 344: Alberi Arbusti 2008

344

zone costiere e vive fino a 800-900 m dialtitudine. Entra a far parte della leccetatermofila e delle macchie di sclerofillesempreverdi.

Grandi alberi. Il terebinto, seppure dinorma abbia un portamento arbustivo, puòraggiungere dimensioni considerevoli sia inaltezza (15-16 m), sia in diametro (70-80 cm).Gli esemplari più grandi si trovano nella doli-na di Tiscali e, nel Supramonte, a Bacu Golo-ritzé, presso Baunei e sui calcari in genere.Degno di particolare nota è un esemplare pre-sente lungo il sentiero da Genna Silana a Gor-ropu alla base della falesia calcarea.

Notizie selvicolturali. Il terebinto vegetaper lo più isolato e non costituisce consorzipuri di una certa consistenza. Si trova lungole siepi ed ai bordi delle strade. Si riproduceper seme. L’accrescimento è piuttosto lentoe possiede una buona capacità pollonifera. Èusato come porta-innesto del pistacchio. Peril colore rosso-porpora delle infiorescenzemaschili nel periodo primaverile e i numero-si grappoli rossastri delle piante femminili inestate e autunno, merita una maggior diffu-sione come pianta ornamentale nei parchi enei giardini.

Caratteristiche ed utilizzazione dellegno. Il legno è simile a quello del lenti-sco, compatto, semiduro e assume col

tempo un colore rossastro, marron-scuro.Si presta per piccoli lavori di tornitura,scultura ed ebanisteria. È un buon combu-stibile.

Note etnobotaniche. Il terebinto era uti-lizzato per lavori d’intarsio già dai Romani.Dalla sua corteccia in Algeria, ma anche inSardegna, si estraeva una resina simile intutto al mastice di Chio. Le galle rotondeg-gianti o allungate prodotte sulle foglie o suirami giovani dalla puntura di un afide (Aphispistaciae L.) che vi deposita le uova eranopregiate per la colorazione in rosso dei tes-suti. Tuttavia quanto riportato in Atzei (fideBarbieri, 1981) per Nule appare inverosimi-le, in quanto la pianta è del tutto assentenella zona e poiché il colore rosso era otte-nuto dai fusti sotterranei e dalle bacche dellarobbia selvatica (Rubia peregrina L.). Rac-colte prima della maturazione, le bacchevenivano utilizzate per combattere l’asma omasticate come rinfrescante della cavitàorale.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il terebinto mostra grandevariabilità soprattutto nelle foglie che talo-ra sono semplici, costituite solamente dallafogliolina terminale per aborto di quellelaterali, sembra anche in rapporto all’etàdella pianta.

Frutti di Pistacia terebinthus.

Page 345: Alberi Arbusti 2008

Pistacia Xsaportae Burnat, Fl. Alp.Marit., 2 : 54 (1896)

Pistacia Xsaportae è l’ibrido, molto raro,tra Pistacia lentiscus e P. terebinthus. È unarbusto sempreverde come il lentisco, mapresenta foglie imparipennate come il tere-binto e rachide fogliare alata. Le fogliolinesono irregolari di forma e dimensione moltovariabile, più simili a quelle del terebinto. Ifrutti, quando presenti, sono piccoli, di 3-4mm, ovoidei o globulosi. In Sardegna è cono-sciuto sporadico nelle zone calcaree di Olienae Dorgali dove prende il nome di Chessavera, a significare la sua rarità, piuttosto chela sua identificazione come vero lentisco.

SPECIE INTRODOTTE. Il falso pepe (Schinusmollis L.) è una pianta originaria dell’AmericaLatina largamente utilizzata nei viali e nei par-chi urbani, soprattutto a Cagliari. È un alberocon i rami penduli, foglie composte molto esilie infiorescenze ricche di fiori minuti, bianchi,che danno origine a numerose bacche rosse amaturità. Del pistacchio (Pistacia vera L.), chesi propaga per via vegetativa innestato su pian-te di terebinto, si hanno vaghe notizie di colti-vazione nella Sardegna meridionale, ma ogginon si conoscono colture di questo gustososeme. Da qualche tempo è stato introdotto neigiardini Schinus terebinthifolia Raddi, piantaoriginaria del Brasile simile al terebinto, masempreverde a fogliame molto compatto.

345

Pistacia terebinthus.

Page 346: Alberi Arbusti 2008

346

ANGIOSPERMAE SAPINDALES

ACERACEAE

Alberi o arbusti, caducifogli o sempre-verdi. Foglie opposte, semplici o compo-ste, intere, dentate, lobate o palmato-loba-te. Fiori bisessuali o unisessuali. Calicediviso in 5 lobi. Corolla ridotta o poco dif-ferenziata dal calice. Ovario con due car-pelli. Frutto: disamara, con ampie espan-sioni alari.

La famiglia delle Aceraceae comprendedue generi: Dipteronia con due sole specie,e Acer con circa 150 specie diffuse in tuttele regioni dell’Emisfero settentrionale, conclima temperato o fresco, ma soprattutto inCina, dove esiste il maggior numero dispecie.

Resti fossili di Aceraceae sono stati tro-vati in depositi del Cretaeco e del Miocene.L’arcaicità delle Aceraceae è evidente,anche nelle specie attuali, nella strutturaanatomica del fusto.

ACER L.

Piante arboree, raramente arbustive.Rami opposti e gemme appaiate. Fogliepalmato-lobate, intere o composte. Fioribisessuali o unisessuali sulla stessa piantao su piante distinte. Infiorescenze a racemipenduli, a grappoli eretti o in pannocchie.Frutto con due semi provvisti di una espan-sione alare (disamara).

Il genere Acer comprende circa 150specie diffuse in tutto il mondo. Gli aceripresentano un notevole interesse economi-co per il legno, in genere di facile lucidatu-ra, utilizzato in ebanisteria e nelle costru-zioni navali. Da alcune specie si ricava unsucco zuccherino, molto apprezzato inalcuni paesi.

Gli aceri, per la varietà della formadelle foglie e per la loro variabilità croma-tica durante le stagioni, per le infiorescen-ze, spesso colorate intensamente, e per l’a-dattabilità ai diversi ambienti sono piante

particolarmente adatte per parchi e albera-ture stradali.

Acer deriverebbe dal latino «acer» =duro, tenace, per indicare la durezza dellegno, carattere proprio anche dell’acerominore.

Acer monspessulanum L., Sp. Pl. : 1056(1753)

Regione della prima descrizione:

Nomi italiani: Acero minore, Acero trilobo,Acero di Monpellier.

Nomi sardi: Aéra (Anela, Bolotana, Bono,Pattada); Costighe (Sorgono); Murtalavrina (Orani); ‘Osti (Oliena, Orgoso-lo); Osti’che (Fonni); Costiu (Urzulei);Costi, Costike, Oladighe.

Nomi stranieri: Ingl., Montpellier Maple;Fr., Erable de Montpellier; Ted., Fran-zösischer Ahorn, Dreilappiger Ahorn;Sp., Arce, Acere, Sacere.

Albero di medie dimensioni alto sino a6-18 m, con rami eretti o eretto-patenti.Corteccia grigio-cenerina. Rami glabri conramuli laterali opposti. Foglie opposte a trelobi sub-eguali, il centrale generalmentepiù ampio, a margine intero o leggermentelobato; picciuolo cilindrico brevementeespanso alla base. Infiorescenza in fascettipenduli di 5-15 fiori giallastri, con pedun-coli provvisti di scarsi peli brevi; calicecon (2) 4-5 sepali ovali a margine ottusointero, di 5-7 mm; petali generalmente 4-5,spatolati, ristretti alla base, sub-eguali aisepali, talora ridotti di numero e dimensio-ni o del tutto assenti; stami 6-10 superantiabbondantemente il calice; stili pubescenti.Frutto: disamara di 20-30 mm con alidivergenti. 2n=26.

Tipo biologico. Albero eliofilo a chio-ma globosa, caducifoglio. Mesofanerofita.

Fenologia. La fioritura precede di pocoo inizia contemporaneamente alla foglia-zione, ed è abbondantissima ad aprile-maggio. Le piante in questo periodo assu-

Page 347: Alberi Arbusti 2008

347

Acer monspessulanum nel periodo autunnale.

Page 348: Alberi Arbusti 2008

mono un predominante colore giallo-chia-ro molto gradevole alla vista. I frutti com-paiono 15-20 giorni dopo la fioritura e per-durano sino a novembre inoltrato; in anna-te particolari i semi risultano in gran partesterili.

Areale. L’acero minore è diffuso nel-l’Europa meridionale, Africa del Nord edAsia Minore. In Sardegna si presenta comeuna specie tipicamente montana, con rareeccezioni presso Cheremule, nel Meilogu,e qualche esemplare si trova in prossimitàdel mare a Tavolara nel versante settentrio-nale, ma da considerare, in questo caso,come un apporto occasionale dalla sovra-stante montagna calcarea.

Ecologia. È una specie indifferente alsubstrato pedologico che vegeta nei luoghisoleggiati anche sterili. In Sardegna pre-senta un’ampia possibilità di adattamentoperché vive sia in zone molto aride di bassaquota come nell’Isola di Tavolara, nelbosco di leccio di Cheremule nel Meilogu,sui monti calcarei del Marganai, del com-plesso del Monte Arcosu-Lattias, delMonte Linas nel Sulcis-lglesiente, sia inaltre aree molto fresche e piovose comequelle della catena del Marghine, dovetrova il suo optimum, e nei monti del Gen-nargentu. È presente sporadico sulle mon-tagne calcaree, mentre sugli andosuoli delMarghine costituisce boschi come speciedominante, in concorrenza con il leccio econ la roverella. Fa parte come speciecaratteristica dell’Aceri-Quercetum ilicis,descritta come associazione endemica deicalcari montani dei Supramonti della Sar-degna centro-orientale.

Grandi alberi. L’acero minore ha unaccrescimento molto lento, sia nella fasegiovanile e ancor più a maturità, tuttavianon mancano grandi alberi, tra i quali quel-lo presso il parco di Badde Salighes (circa20 m d’altezza e 3 m di circonferenza) equelli censiti da Vannelli a Monte Perdedudi Seulo (12 m di altezza e 395 cm di cir-conferenza) e a Cuile sa Pruna, nei pressidi Arzana (13 m di altezza e 415 cm di cir-conferenza).

Notizie selvicolturali. L’acero minore,in selvicoltura, viene usato per coprirescarpate, luoghi aridi e sassosi. Tuttaviatrova scarsa utilizzazione per le modestedimensioni e la lentezza di accrescimento.In alcune zone è coltivato come albero disostegno per le viti. La facilità riprodutti-va, la sua adattabilità ai vari ambienti, lediverse tonalità di colore nelle varie stagio-ni, soprattutto il colore rosso intenso delperiodo autunnale ne fanno una splendidapianta da giardino, con il pregio anchedella rusticità e del richiedere quindi pochecure.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno, duro, compatto, pesantecon colorazione rossastra è utilizzato inlavori di ebanisteria. Tuttavia la lentezzadella crescita e le modeste dimensioni nelimitano le possibilità d’uso. Il termineLinnu malu, come è chiamato a Lula, sta adindicare la durezza del legno del tronco ela difficoltà di lavorazione anche perché,nelle piante di grandi dimensioni, si assistealla torsione del tronco e quindi all’irrego-larità dell’andamento delle fibre. Tuttavia,per la sua durezza e durata, il legno era uti-lizzato in parti del carro tradizionale e perutensili dell’aia.

Note etnobotaniche. Le frasche eranodate agli animali nella stagione secca. L’in-fuso delle foglie era usato contro il mal didenti.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Le popolazioni della Sardegnadell’acero minore sono da ascrivere allassp. autonimica monspessulanum e presen-tano un’unitarietà morfologica piuttostomarcata. Non si hanno variazioni sostan-ziali nemmeno in rapporto all’ambientecollinare o montano. Una minore dimen-sione delle foglie si osserva presso la costanell’Isola di Tavolara in esemplari chevegetano alla base delle falesie calcaree.

Specie esotiche. Acer campestre L.,presente in tutte le regioni d’Italia, confoglie lunghe sino a 10 cm e samare apertea 180°, è considerato come nativo per laSardegna nella var. hebecarpum DC., sia

348

Page 349: Alberi Arbusti 2008

Acer monspessulanum L. - Ramo con gemme, ramo con frutti, ramo con fiori, foglie x0,66; gemme x2,66; fiori x1,3;fiore aperto, fiore chiuso x2,66; base del picciuolo della foglia x1,3.

Page 350: Alberi Arbusti 2008

350

da Fiori, che da Pignatti. Tuttavia, allostato attuale, non si conoscono stazioninaturali che ne possano attestare questostato, mentre è abbastanza frequente comepianta introdotta nei rimboschimenti o neiparchi o nei viali. Un’altra specie introdot-ta nei rimboschimenti e frequente nei par-chi e giardini è il Sicomoro o Acero diMonte (Acer pseudo-platanus L.), dallegrandi foglie pentalobate acute e con lesamare aperte ad angolo ottuso. L’aceroamericano (Acer negundo L.) con le fogliecomposte imparipennate e i rami giovaniglauco-verdognoli, è una specie rusticaadattabile in varie situazioni ambientali edè comune nei parchi e nei giardini.

Distribuzione in Sardegna di Acer monspessulanum.

Infiorescenze di Acer monspessulanum.

Page 351: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE CELASTRALES

AQUIFOLIACEAE

Alberi o arbusti con foglie alterne,senza spine o spinulose. Fiori bisessuali ounisessuali su piante diverse, regolari, pic-coli, bianchi, verdognoli o rosati, solitari oriuniti in gruppetti. Ovario supero. Frutto:bacca o drupa.

La famiglia delle Aquifoliaceae com-prende tre generi, il monospecifico Nemo-panthus, il genere Phelline con 10 specie eIlex con circa 440 specie, diffuse nelleregioni temperate e subtropicali di tutto ilmondo. Sono numerose le piante di grandeinteresse forestale, per il tipo di legname, eornamentale per il fogliame e i frutti. È unafamiglia di origine molto antica e resti fos-sili di llex aquifolium L. sono stati ritrova-ti in giacimenti del Terziario.

ILEX L.

Piante arboree o arbustive con fogliepersistenti e talvolta caduche, intere o spi-nescenti, di colore verde brillante. Fioriunisessuali, maschili e femminili su piantediverse o anche bisessuali, riuniti in cime.Calice e corolla biancastri. Frutto: drupa.

Le specie del genere Ilex sono distribuitenelle regioni temperate e tropicali dell’Ame-rica e dell’Asia. Nelle regioni europee è pre-sente la sola specie llex aquifolium L., diffu-sa nelle zone montane e submontane.

La maggior parte delle specie sono uti-lizzate nei parchi e nei giardini come pian-te ornamentali per la fioritura primaverilericca di corolle bianche o rosate, per l’ab-bondanza dei frutti invernali di colorerosso-corallo, che contrastano con lalucentezza delle foglie e per la possibilitàdi essere allevate ad albero, a denso cespu-glio o modellate a siepe.

Dalle foglie di Ilex paraguariensis A.St. Hil., specie del Sudamerica, si ricava ilmatè, un infuso che ha un’azione eccitantesul sistema nervoso.

Ilex aquifolium L., Sp. Pl. : 125 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa australiori, Japonia, Virgi-nia.

Nomi italiani: Agrifoglio.Nomi sardi: Alasiu (Aritzo, Belvì, Desulo);

Arangiu aresti (Fluminimaggiore);Balatùli (Urzulei); Caracutu (Tempio);Costiu (Orani); Colostiu (Bitti, Orosei);Colostri (Nuoro); Lau spinosu (Laconi);Olasi (Meana); ‘Olosti (Orgosolo, Olie-na); Olosti’e (Olzai); Olostighe (Tona-ra); Olostiu (Bono, Pattada); Olostri(Fonni); Olostriu (Anela); Olostrighe(Santu Lussurgiu); Olostru (Bolotana,Bonorva, Borore, Giave, Mores, Oschi-ri).

Nomi stranieri: Ingl., Holly; Fr., Houxcommun; Ted., Hülse Stechpalme; Sp.,Acebo, Cardon boixgrevol, Agrifoli.

Albero di 10-25 m con chioma densaconico-piramidale. Fusto con diametrosino a 80 cm. Corteccia liscia o minuta-mente screpolata, grigiastra. Rami giovanilisci o sparsamente pubescenti. Foglie per-sistenti, coriacee, rigide, di colore verde-brillante, ovali, ondulate e con marginespinuloso per spine a base quadrangolare oquasi piane con margine liscio e con bordocartilagineo e traslucido. Fiori unisessuali,di 12-16 mm di diametro, riuniti in infiore-scenze cimose ascellari, con calice a 4 lobiminuti e corolla con 4 petali bianchi orosati e 4 stami; i maschili con abbozzi diovario e i femminili con stami sterili.Drupa bacciforme di 7-12 mm, rosso vivoo rosso-corallo, raramente giallastra, glo-bosa, carnosa con 2-4 semi bruni, striati dibianco. 2n=40.

Tipo biologico. Albero sempreverdemolto ramificato o denso cespuglio, conelevato potere pollonifero. L’agrifoglio ècaratterizzato dalla variabilità della formae del margine della foglia nello stessoesemplare. Normalmente i giovani pollonied i rami bassi hanno le foglie col margine

351

Page 352: Alberi Arbusti 2008

Ilex aquifolium L. - Ramo con frutti, foglie, infiorescenze x0,5; fiore maschile, fiore femminile x2; frutto insezione x1,3; seme x5.

Page 353: Alberi Arbusti 2008

353

spinescente, che si perde negli esemplari digrandi dimensioni. Microfanerofita cespi-tosa o mesofanerofita scaposa.

Fenologia. Fiorisce a maggio-giugno efruttifica in agosto-settembre. I frutti matu-ri persistono sino all’inverno e, sporadica-mente, sino a giugno inoltrato.

Areale. L’agrifoglio è diffuso in tuttal’Europa centrale e occidentale, spingen-dosi anche sulle regioni litoranee dell’AsiaMinore. In Sardegna è esclusivamente di-stribuito nelle zone montane interne, daiMonti di Aggius, al Limbara, all’area delMarghine-Goceano-Montiferru, dove è piùabbondante; si ritrova sporadico nell’alti-piano di Bitti-Buddusò ed è rarissimo sulMonte Albo. Un altro grande nucleo è rap-presentato, a partire da Monte Gonare eSan Basilio di Ollolai, nel complesso delGennargentu; infine, sporadicamente, sitrova nelle aree culminali di Monte Linas,Monte Lattias e Marganai nel Sulcis-Igle-siente.

Ecologia. Ilex aquifolium preferisce iterreni profondi, freschi e ricchi di humus,i corsi d’acqua montani ed un clima di tipo Distribuzione in Sardegna di Ilex aquifolium.

Frutti di Ilex aquifolium.

Page 354: Alberi Arbusti 2008

oceanico con abbondante umidità e piovo-sità. Nelle zone più temperate forma, assie-me ad altre specie montane, boschi misti eabbastanza densi. In Sardegna vive nellezone montane con clima semicontinentale econ inverno umido e freddo ed aridità esti-va ridotta a pochi mesi, corrispondentiall’orizzonte della lecceta montana. Siassocia preferibilmente alla roverella, altasso, all’acero trilobo, in formazioni fore-stali miste. In Sardegna non si eleva al disopra di 1.500 m, rifuggendo le temperatu-re invernali troppo rigide e persistenti,mentre verso valle non scende sotto i 400 mdi quota, in tal caso su fontanili delle zoneesposte a nord (Aggius). Nelle aree monta-ne fredde costituisce spesso il predominan-te strato arbustivo della formazione foresta-le di cui entra a far parte, anche nella lecce-ta, dove può formare veri e propri boschicoperti dalla sovrastante lecceta, come nelGoceano. In alcune zone, ormai rare, formadelle oasi quasi pure costituite da vetustiesemplari con il tasso (Taxus baccata) cherappresentano foreste tra quelle più ance-strali e di maggiore interesse scientificodell’Isola. Lungo il Rio Biralotta e a Mular-za Noa, in territorio di Bolotana, a SosNiberos, in territorio di Bono e in territoriodi Fonni e Desulo si hanno veri e propriboschi seppure con tipologie diverse. Nellearee più elevate del Gennargentu si trovanonumerosi alberi sparsi o in gruppi, per lopiù capitozzati per alimentare il bestiamecon le ramaglie. Nei substrati calcarei, perle sue esigenze idriche, è limitato allesuperfici con terreni profondi o alle areecon affioramenti di acqua permanenti.

Grandi alberi. L’agrifoglio si trova dinorma sotto forma di arbusto cespitoso dimodeste dimensioni, ma anche di alberoche può superare i 25 m di altezza, comeaccade nella forra di Mularza Noa, nelMarghine e in diverse aree del Goceano ein territorio di Desulo. Le dimensioni delfusto, in piante molto longeve, superano i150 cm di diametro e i 5 m di circonferen-za, nonostante la lentezza della crescitanella fase adulta.

Notizie selvicolturali. L’agrifoglio èuna specie longeva di crescita molto lenta.In natura la propagazione è più frequenteper polloni radicali, più rara per seme. Isemi germinano al secondo anno dellamessa a dimora e necessitano di terrenosoffice ed innaffiature moderate. Può esse-re trattato a fustaia o soprattutto a ceduoper la notevole capacità di emettere pollo-ni. Più che come pianta da rimboschimen-to, ha importanza per scopo ornamentalegrazie all’effetto decorativo del fogliame edei frutti. Per le foglie spinulose, soprattut-to nei polloni e nei rami bassi, è largamen-te utilizzato per formare siepi fitte, moltodurature e difficilmente valicabili.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è bianco, duro, compatto,omogeneo, facilmente levigabile ed elasti-co. Sin dall’antichità era usato come mate-riale per utensili rurali, per lavori di ebani-steria, incisione, intarsi. Assorbe moltofacilmente sostanze coloranti, in particola-re il nero, ragion per cui è usato per sofisti-care l’ebano.

Note etnobotaniche. Le foglie dell’a-grifoglio venivano utilizzate come diureti-co, febbrifugo e sedativo dei dolori colici.Le bacche sono violenti purgativi. Lefoglie seccate ed i semi torrefatti eranousati come sostitutivi del thè. Con la cor-teccia si prepara un tipo di vischio per l’uc-cellagione. Albero ornamentale, è moltoapprezzato soprattutto nei paesi nordici edè legato alle festività natalizie e pasquali,retaggio di antiche tradizioni che lo vede-vano come albero benefico che teneva lon-tani gli spiriti malefici.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. L’agrifoglio ha una forte varia-bilità fogliare, sia tra esemplari diversi, sianell’ambito di una stessa pianta; in genera-le, le foglie delle piante giovani sono spi-nulose e quelle delle piante adulte sonoscarsamente spinulose o del tutto lisce.Questo aspetto di eterofillia viene attribui-to da alcuni autori alla difesa dagli erbivo-ri, ed in effetti la spinulosità è fortementeaccentuata nelle piante basse modellate dal

354

Page 355: Alberi Arbusti 2008

355

morso dei bovini, o nelle parti basse deglialberi di grandi dimensioni. Non mancano,tuttavia, casi in cui gli alberi presentanouna forte spinescenza anche nelle parti altee non esiste nemmeno una correlazionedella spinescenza con il fatto che si tratti dipiante maschili o femminili. Per le motiva-zioni su esposte risulta di scarso valoresistematico la varietà heterophylla Aiton.Tuttavia, dell’agrifoglio, per il suo pregioornamentale, di cui si apprezza soprattuttol’abbondanza dei frutti rossi, sono stateselezionate oltre 100 cultivar, soprattutto in

riferimento alla compatezza del fogliame ealla forma e colore delle foglie (variegate digiallo, arricciate, inermi, increspate, margi-nate, arrotondate etc.), che vengono mante-nute e propagate per via vegetativa.

Allo stato spontaneo sono riconosciutediverse entità, come la var. australis Lac.,del Gargano, la var. balearica (Aiton) Loe-sener, delle isole Baleari, e soprattutto lavar. chrysocarpa Loesener, dai frutti gial-lastri, sporadica in Sardegna, nella vallatadel Rio Aratu nel Gennargentu, nel Mar-ghine e nel Montiferru.

Albero monumentale di Ilex aquifolium in territorio di Desulo nel Gennargentu..

Page 356: Alberi Arbusti 2008

356

CELASTRACEAE

Arbusti, alberi, rampicanti o liane.Foglie semplici, alterne o raramente oppo-ste. Fiori riuniti in infiorescenze a cima oda ombrella. Calice e corolla di cinque pezzisaldati alla base. Frutto: drupa, bacca, cap-sula. Semi avvolti da una espansione delricettacolo (arillo). La famiglia delle Cela-straceae comprende 50 generi e 850 speciedistribuite nelle regioni tropicali e subtro-picali di tutto il mondo. Fossili dei generiEuonymus e Celastrus sono stati reperiti ingiacimenti del Cretaceo.

Le Celastraceae sono impiegate soprat-tutto come piante ornamentali o usate perl’estrazione di essenze medicinali. Cathaedulis Forssk., arbusto dell’Arabia e del-l’Africa orientale, è coltivato per le foglieusate come thè e per la produzione di uninfuso eccitante.

EUONYMUS L.

Piante arbustive o alberelli, erette, stri-scianti o rampicanti. Gemme quadrangolaricon molte squame. Foglie persistenti o cadu-che. Fiori bisessuali in infiorescenze cimose.Sepali e petali 4 o 5, piccoli, biancastri overdognoli. Frutto: capsula con tre o cinquelobi. Semi avvolti da un involucro carnoso(arillo) rosso o giallo- aranciato.

Il genere Euonymus comprende 220 spe-cie diffuse in Europa, America e Asia sud-orientale. Molte specie di questo generesono coltivate a scopo ornamentale per ilcolore dei frutti e per le foglie, che sonospesso variegate.

Euonymus europaea L., Sp. Pl.: 197 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitat inEuropae sepibus.

Nomi italiani: Berretta da prete, Fusaggine,Evonimo.

Nomi sardi: Arangixeddu arrubiu (Gesturi);Oladiga (Bono, Padria, Bolotana); Sam-bindzu (Logudorese); Tasaru (Trexenta);Buladigu, Meliana.

Nomi stranieri: Ingl., Spinole tree; Fr.,Fusain commun, Bonnet de prêtre; Ted.,Europäisches Pfaffenhütchen; Sp., Bone-tero, Bonetos.

Arbusto di 1-4 m, con numerosi ramiopposti, cilindrici o quadrangolari, i giovanicon 4 ali suberose, verdi o ricoperte da unapatina biancastro-cenerina. Gemme di 2-6mm, ovoidee. Foglie con lamina lunga fino a10 cm, larga fino a 4 cm, cuneata alla base,ellittica, ovato-lanceolata, acuta o acuminatae con margine seghettato provvisto di picco-li mucroni rossicci; picciuolo di 4-7 mm.Infiorescenza cimosa di 3-8 fiori piccoli, con4 petali, allungati, acuti o rotondati all’apice,lunghi il doppio del calice. Capsula di 10-18mm, con quattro lobi tetragoni e con 4 semiovoidei rugosetti ricoperti da un arillo,rosso-aranciato. 2n=64.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso o albe-rello di modeste dimensioni, caducifoglio osemi-caducifoglio, eliofilo a portamentolasso. Microfanerofita.

Fenologia. Fiorisce a maggio-giugno efruttifica a settembre-ottobre. I frutti perdu-rano, così come le foglie, sino ad invernoinoltrato.

Areale. L’evonimo è diffuso in buonaparte dell’Europa, ad eccezione delle zonepiù settentrionali e meridionali e Siberia. InSardegna si estende dalle basse colline delSassarese sino alle aree montane interne(Marghine, Monte Gonare, Sarcidano), masempre sporadico.

Ecologia. È una specie mesofila, indiffe-rente al substrato, che predilige i luoghi fre-schi, le radure e i margini dei boschi; carat-teristiche che si riscontrano anche nell’Isola.

Notizie selvicolturali. L’evonimo presen-ta una crescita piuttosto lenta. La diffusionepuò avvenire facilmente per seme o per viavegetativa. Si presta bene ad essere ceduatoo capitozzato e in tali casi la crescita deinuovi polloni è molto vivace. Trova la mag-

Page 357: Alberi Arbusti 2008

357

giore diffusione lungo le siepi ed è rifiutatodal bestiame. Gli abbondanti frutti, di colorerosso vivo, ne fanno una bella pianta da giar-dino nel periodo autunnale. È attaccato daun afide (Aphys euonymii) che depone sullefoglie una sostanza biancastra di sapore dol-ciastro.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è compatto, omogeneo, leg-gero, di colore giallastro e si presta ottima-mente per opere di tornio e intarsio, stru-menti musicali (archetti di violino), can-nelli per pipe e soprattutto conocchie efusi, da cui deriva il nome fusano. Il carbo-ne, fino e leggero, un tempo, veniva utiliz-zato nella fabbricazione della polvere dasparo e anche come carboncino da disegno.Si coltiva sporadicamente come pianta dagiardino.

Note etnobotaniche. Tutte le parti dellapianta sono velenose. La corteccia e i semicontengono il glucoside evonimina che èun violento purgante, sconsigliabile dausare poiché in dosi eccessive è estrema-mente tossico. L’infuso della cortecciaveniva utilizzato per combattere la scabbia Distribuzione in Sardegna di Euonymus europaea.

Frutti di Euonymus europaea.

Page 358: Alberi Arbusti 2008

Euonymus europaea L. - Ramo con frutti, particolare del fusto, infiorescenza, rametto con frutti x0,6; stame x6; semix1,2; fiore x2,4; fiore senza petali x4,8.

Page 359: Alberi Arbusti 2008

359

e, con l’olio che si ottiene dai semi, percombattere i parassiti esterni degli animali.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. L’evonimo è una pianta moltovariabile soprattutto nella consistenza delmesofillo, della forma e dimensioni dellefoglie (var. intermedia Gaudin e var.macrophylla Reichenb.), ma con scarsosignificato sistematico.

SPECIE INTRODOTTE. Euonymus japoni-ca L., specie originaria della Cina e delGiappone, è un arbusto sempreverde, uti-lizzato per scopi ornamentali da lungotempo, per il fogliame compatto con fogliedi un verde brillante e frutti rossi nel perio-do autunnale. È molto comune in tutti icentri abitati, ma raramente, in Sardegna,si trova spontaneizzato.

Infiorescenze di Euonymus europaea.

Page 360: Alberi Arbusti 2008

360

BUXACEAE

Alberi, arbusti o erbe. Foglie coriacee,persistenti, semplici. Fiori unisessuali sullastessa pianta o su piante diverse, riuniti ininfiorescenze a spiga o a racemo. Fiorimaschili con calice con 4 sepali molto pic-coli; corolla assente, con 4 o più stami.Fiori femminili con ovario supero, trilocu-lare, con tre stili. Frutto: capsula, drupa obacca. Semi con caruncola.

La famiglia delle Buxaceae comprende4 generi e circa 100 specie, diffuse nellezone temperate o subtropicali.

Resti fossili di Buxus sempervirens L.sono stati trovati nei giacimenti del Quater-nario in Lombardia e nei banchi di traverti-no del Pleistocene nelle Marche. Pollini fos-sili sono stati individuati in giacimenti tor-bosi del pre-Mindeliano presso Bergamo.

BUXUS L.

Piante arbustive o piccoli alberi confoglie intere, persistenti, coriacee. Fioriunisessuali, maschili e femminili in infio-rescenze con un solo fiore femminile ter-minale e molti fiori maschili basali e late-rali. Calice di 4 sepali. Corolla mancante.Ovario con tre logge. Frutto: capsula.

Il genere Buxus comprende circa 40specie diffuse nelle regioni temperate ditutto il mondo.

Sin dall’antichità il legno della maggiorparte della specie di questo genere era uti-lizzato per statue, intarsi di mobili, stru-menti musicali, incisioni e xilografie.

Buxus potrebbe derivare dal greco«puxos» = scatola, o da «buxus» = strumentomusicale costruito con il legno di bosso, o daun’antica voce persiana, «bàxas», = legno.

Buxus balearica Lam., Encycl. 1: 511(1785)

Regione della prima descrizione: Ins.Baleares.

Nomi italiani: Bosso delle Baleari.Nomi sardi: Busciu, Busciulu.Nomi stranieri: Fr., Buis de Mahon; Ted.,

Balearen Büchsbaum; Sp., Boj, Boix.

Arbusto sempreverde cespuglioso di 2-4 m a portamento eretto. Fusti con cortec-cia grigiastra, cenerina, screpolata longitu-dinalmente. Rami verdi subtetragoni.Foglie di 20-35 x 10-16 mm, lanceolate,ovate, ellittiche, coriacee a margine ispes-sito revoluto. Fiori in fascetti all’ascelladelle foglie, i maschili pedicellati conquattro stami, i femminili sessili con trestili persistenti. Frutto costituito da unacapsula triloculare che a maturità si apre intre parti ognuna delle quali termina in 2punte di 3-5 mm, erette, o leggermentearcuate. Semi nero-lucenti lunghi 4-5 mm.

Tipo biologico. Arbusto a portamentoeretto molto ramificato, sempreverde confoglie sclerofilliche. Nan- o microfanerofi-ta.

Fenologia. Fiorisce ad aprile-maggio efruttifica a luglio-agosto. Le capsule matu-re permangono aperte fino a ottobre-novembre.

Areale. È una specie diffusa nella parteoccidentale del Nordafrica, Spagna meri-dionale, Isola di Maiorca. In Sardegna, l’u-nica località di Buxus balearica conosciutaè a Barbusi presso Carbonia, nel Sulcis.Trattandosi anche dell’unica stazione pre-sente in Italia sarebbe opportuna un’ade-guata azione di tutela e valorizzazione.

Ecologia. Il bosso vive sui terreni roc-ciosi assieme alle altre specie tipiche dellamacchia e si mostra decisamente eliofilo exerofilo. Nelle Baleari vegeta fino a 1.200m di altitudine e costituiva vere e proprieforeste, con alberi di diametro notevole,che, nel 1852, furono per lo più distrutteper ottenere carbone. Sarebbe stata que-st’utilizzazione a renderlo raro nelle isole.In Sardegna il bosso non costituisce forma-zioni chiuse e gli arbusti si trovano isolatio in gruppi mai molto estesi, sui rocciai deicalcari eocenici

Notizie selvicolturali. Si riproduce per

Page 361: Alberi Arbusti 2008

361

seme o per talea. Si presta per costituirebordure e gruppi isolati nei giardini. Perl’alto contenuto di azoto nelle fogliepotrebbe essere utilizzato nei rimboschi-menti come arbusto del sottobosco.

Caratteristiche ed utilizzazione dellegno. Il legno particolarmente duro ecompatto, di colore giallastro, era utilizza-to per fare strumenti musicali (zufoli eflauto di Pan) e oggetti per la cucina, qualicucchiai e forchette.

Note etnobotaniche. Nelle Baleari conl’infusione dei rami e delle foglie si debel-lavano le febbri intermittenti, tuttavia l’al-to contenuto di sostanze tossiche, in parti-colare l’alcaloide bossina, ne sconsiglial’uso. Non sono noti usi particolari in Sar-degna.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. La popolazione di Buxusbalearica della Sardegna mostra unasostanziale costanza di caratteri rispetto aquelle delle Baleari, di cui sono statedescritte diverse varietà o forme. Le piantedella Sardegna, oltre a presentarsi esclusi-vamente in forma arbustiva, hanno dimen- Distribuzione in Sardegna di Buxus balearica.

Infiorescenze di Buxus balearica.

Page 362: Alberi Arbusti 2008

Buxus balearica Lam. - Ramo, particolare di ramo con foglie e frutti x 0,8; fiori femminili, fiori maschili x 3,2; cap-sula aperta x 1,6.

Page 363: Alberi Arbusti 2008

363

sioni delle foglie minori, sia rispetto allepiante delle Baleari, sia rispetto a quelledell’Asia Minore, indicate anche comeBuxus longifolia Boiss. (Boissier, 1853;Greuter et al., 1984).

SPECIE INTRODOTTE. Per la Sardegna èstata segnalata la presenza di Buxus sem-pervirens L., arbusto sempreverde frequen-

temente utilizzato per bordure e siepi neigiardini. In realtà questa specie è solamen-te coltivata ed anche laddove, come nelparco di Villa Piercy a Badde Salighes, èpresente da lungo tempo non ha dato origi-ne a processi di diffusione spontanea. Ilbosso sempreverde si trova, peraltro, nellavicina Corsica, sebbene non molto fre-quente.

Buxus balearica in località Barbusi presso Carbonia.

Page 364: Alberi Arbusti 2008

364

ANGIOSPERMAE RHAMNALES

RHAMNACEAE

Alberi, arbusti, suffrutici, erbe. Pianteinermi o spinose, a portamento eretto, pro-strato, rampicante, lianoso. Foglie intere.Fiori piccoli, verdognoli, bisessuali o uni-sessuali, calice e corolla di 4-5 pezzi.Infiorescenze in cime ascellari o in corim-bi laterali. Frutto: capsula o drupa.

La famiglia delle Rhamnaceae com-prende 58 generi e circa 900 specie, diffu-se nelle zone temperate di tutto il mondo,ma principalmente in quelle tropicali esubtropicali.

In giacimenti fossili del Cretaceo e del-l’Eocene sono state individuate specie rife-ribili a generi affini a Rhamnus, Zizyphus,Paliurus e Ceanothus, che testimonianol’antica origine di questa famiglia.

Molte specie contengono principiamari, alcaloidi, saponine, mucillagini,sostanze coloranti e altri complessi chimi-ci e trovano, quindi, diverse applicazioni diimportanza economica. Il legno delle spe-cie arboree è ricercato per la durezza, com-pattezza e pesantezza. Diverse Rhamna-ceae sono anche note come piante orna-mentali di gran pregio per parchi, giardinie serre.

RHAMNUS L.

Alberi di modeste dimensioni o arbusti,talvolta spinosi. Foglie caduche o persi-stenti. Fiori unisessuali sulla stessa piantao su piante diverse, piccoli, verdognoli,con 4-5 petali e 4-5 stami; ovario supero.Infiorescenze a racemo o ad ombrella.Frutto: drupa o bacca con 2-4 semi.

Il genere Rhamnus comprende oltre 100specie, distribuite nelle regioni temperatedell’Emisfero settentrionale, dell’Asia edell’Africa meridionale. Molte hanno unanotevole importanza nell’industria farma-ceutica per la presenza di principi amari,astringenti e purgativi. Le specie medicina-

li di maggior interesse sono Rhamnuscathartica L., R. frangula L., R. purshianaDC. Dalla corteccia di quest’ultima si rica-va una sostanza ad azione lassativa notacome «cascara sagrada». Altre specie pro-ducono delle sostanze coloranti verdi, notecome “verde-vescica” e “verde indacocinese”, molto ricercate dai pittori e nel-l’industria della seta. Rhamnus deriva dalgreco «rabdos» = bastoncino, per indicarela flessibilità dei rami.

1 Foglie decidue........................................2– Foglie persistenti....................................32 Arbusto o alberello, foglie lanceolate di

3-8 cm................................R. persicifolia– Arbusto con foglie ellittiche, oblunghe di

3-13 cm; nervature evidenti.......R. alpina3 Piante spinose, foglie lunghe 1-3 cm, con

margine liscio...................................................................R. lycioides ssp. oleoides

– Piante senza spine, foglie di 1-6 cm, luci-de nella pagina superiore, con margineintero o denticolato................R. alaternus

Rhamnus persicifolia Moris, Stirp. Sard.Elench., 2 : 2 (1827)

Sin.: Rhamnus amygdalina Moris(1827) non Desf. (1798).

Regione della prima descrizione: In sylve-stribus Fonni et Barbagiarum, juliofructifera.

Nomi italiani: Ramno di Sardegna.Nomi sardi: Pruna agreste (Orgosolo).Nomi stranieri: Ted., Pfirsichblättriger

Kreuzdorn.

Arbusto o alberello di 3-5 m, moltoramificato. Corteccia irregolarmente scre-polata, cenerino-scura, strettamente ade-rente al fusto. Rami giovani pelosetti, dirit-ti, allungati, rossastri, con foglie sparse odopposte; rami fioriferi rugosi, raccorciati,con un ciuffo di foglie apicali. Foglie lan-ceolate di 3-8 x 1-2,5 cm, con nervature

Page 365: Alberi Arbusti 2008

Rhamnus persicifolia Moris - Ramo con frutti, ramo con fiori, foglie x 0,6; fiore aperto, fiore chiuso x3 antere x8;drupa, drupa in sezione, semi x2,4.

Page 366: Alberi Arbusti 2008

366

marcate, margine crenato-serrulato e conuna glandola terminale; picciuolo di 1-2cm, canalicolato, peloso. Stipole lineari,caduche, pelosette. Fiori numerosi soste-nuti da peduncoli di 6-12 mm, sparsi, suirametti al di sotto delle nuove foglie o,raramente, sui rami d’annata; calice con 4lacinie verdicce, triangolari. Drupe globo-se di 5-7 mm, schiacciate superiormente einferiormente, nere o bluastre a maturitàcon 4 semi.

Tipo biologico. Arbusto o albero di pic-cole dimensioni, caducifoglio. Nanofane-rofita o microfanerofita.

Fenologia. La fioritura avviene ad apri-le-maggio contemporaneamente alla com-parsa delle foglie. I frutti maturano in ago-sto-settembre e le foglie persistono fino almese di novembre.

Areale. Rhamnus persicifolia è la solaspecie arborea endemica esclusiva dellaSardegna, localizzata, ma con piante distri-buite in modo sporadico, nel massicico delGennargentu. La maggiore concentrazionesi ha lungo il Rio Olai, in territorio diOrgosolo. Areale di Rhamnus persicifolia.

Frutti di Rhamnus persicifolia.

Page 367: Alberi Arbusti 2008

Ecologia. È una specie eliofila che pre-dilige i luoghi umidi di natura silicea. Viveprevalentemente lungo i rigagnoli, ma sitrova anche sul letto dei corsi d’acqua tem-poranei, sui fontanili delle zone montanedai 700 ai 1.400 m.

Notizie selvicolturali. I frutti sonoabbondanti e i semi di Rhamnus persicifo-lia presentano una germinabilità abbastan-za elevata e le piantine allevate in vivaiopossono essere trapiantate con successo.Potrebbe trovare impiego in alcuni lavoridi sistemazione idraulica forestale. Si pre-sta come albero ornamentale ad essere uti-lizzato su spazi limitati per le sue modestedimensioni e per la lentezza di crescita.

Note etnobotaniche. Non si conosconoutilizzazioni di questa pianta. Il nome loca-le di pruna agreste si riferisce al portamen-to complessivo della pianta, ad una certaspinescenza e soprattutto alla forma dellefoglie.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Rhamnus persicifolia è unaspecie piuttosto isolata dalle altre dellostesso genere, che si è originata e conser-vata solo in un areale molto ristretto delcentro Sardegna. Ha una notevole costanzadi caratteri; tuttavia forme stenofilliche sihanno nelle piante presenti sui calcari arididi Urzulei ed il fenomeno può esseremesso in relazione alla selezione di un eco-tipo legato a questo particolare ambiente.

Rhamnus alpina L., Sp. Pl. 1: 193 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin alpibus Helveticis.

Nomi italiani: Ramno alpino.Nomi sardi: Pibireddu (Seulo). Nomi stranieri: Fr., Nerprun des Alpes;

Ted., Alpen-Kreuzdorn.

Arbusto di 1-4 m cespuglioso. Ramigiovani pelosetti o glabri, rosso-scuri, gliadulti cenerini con striature longitudinali.Gemme rossigne, allungate, pubescenti.

Foglie sparse di 3-13 x 2-5 cm, picciuolodi 8-12 mm, canalicolato, peloso superior-mente; lamina ovale, ellittica oblunga con10-15 paia di nervature laterali; marginecrenato-seghettato con glandole terminali.Fiori solitari o in gruppi di 2-3, con pedun-coli eguaglianti il picciuolo, situati suirami dell’annata all’ascella delle foglie;calice con lacinie ovato-triangolari; petalilineari, verdicci alla base, rosso-scuri all’a-pice. Drupe di 5-7 mm, globose, prima ver-dicce-giallastre, poi a maturità nero-lucen-ti, con 2-4 semi.

Tipo biologico. Arbusto caducifoglio rami-ficato dal basso, cespitoso. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce a maggio-giugno. Ifrutti maturano ad agosto-settembre; lefoglie permangono fino al mese di ottobre.

Areale. L’areale si estende dai Pireneisino alla Penisola Balcanica, Caucaso eAfrica settentrionale. In Sardegna è spora-dico a Monte Albo, mentre è più comune

367

Distribuzione in Sardegna di Rhamnus alpina.

Page 368: Alberi Arbusti 2008

Rhamnus alpina L. - Ramo, foglia x0,7; fiori maschili x2,8; antere x7; fiore maschile aperto x3,5; fiore femminilex2,8; drupa intera, drupa in sezione, seme x1,4.

Page 369: Alberi Arbusti 2008

369

sui Supramonti e, soprattutto, nelle areemontane del Gennargentu.

Ecologia. Rhamnus alpina è una specierupicola che vive soprattutto nelle zonemontane calcaree. Specie eliofila, si inse-dia negli anfratti rocciosi freschi, preferi-bilmente su parete e nei terreni aridi o sas-sosi. Trova un habitat particolarmente ido-neo negli sciuscius, accumuli di grandimassi granitici o porfidici diffusi nei ver-santi più elevati del Gennargentu.

Notizie selvicolturali. Si propaga per semeo per talea. Le foglie sono appetite dal bestia-me. Può essere utilizzato in giardinaggio perbordure o per costituire gruppi isolati.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno ha l’alburno bianco e il

duramen rossastro. Per le sue modestedimensioni viene raramente utilizzato.

Note etnobotaniche. I frutti hanno pro-prietà diuretiche e lassative e sono usati ininfusi o sciroppi. Il suo utilizzo come siepeda recinzione, riportato da Angius (o.c), èdel tutto inverosimile in quanto, oltre adessere molto rara, la pianta non si prestaallo scopo di trattenere il bestiame.

Note tassonomiche, sistematiche e variabi-lità. Rhamnus alpina nei luoghi rocciosi piùaridi delle pareti calcaree presenta crescita limi-tata e foglie di dimensioni molto ridotte. Esem-plari con queste caratteristiche raccolti ai montidi Oliena sono stati erroneamente interpretaticome R. pumila Turra, la cui presenza è daescludere, allo stato attuale, dalla flora sarda.

Rhamnus alpina con frutti immaturi.

Page 370: Alberi Arbusti 2008

370

Rhamnus lycioides L. ssp. oleoides (L.)Jahand. et Maire, Catal. Pl. Maroc, 2: 476(1932)

Sinonimi : Rhamnus lycioides L., Sp.Pl., ed. 2, 1: 279 (1762).

Regione della prima descrizione: Habitatin Hispania.

Nomi sardi: Non conosciuti.Nomi stranieri: Ingl., Buckthorn; Fr.,

Neprun à feuilles d’Olivier; Ted., Oel-baumartiger Bocks-Kreuzdorm; Sp.,Espino prieto, Espino negro.

Arbusto di 0,5-1 m, molto ramificato,spinoso. Corteccia cenerino-scura. Fogliealterne di 5-20 x 3-15 mm, ovali, ellittiche olineari, oblunghe, cuneate alla base, glabre,con margine intero e vene laterali evidentinella pagina superiore; picciuolo breve cana-licolato, pelosetto; stipole lineari pronta-mente caduche. Fiori con peduncoli filifor-mi, nascenti al di sotto delle nuove foglie;calice verdiccio con 4-5 lacinie ovato-acute;petali 5 gialli, un po’ più corti dei sepali.

Distribuzione in Sardegna di Rhamnus lycioides ssp.oleoides.

Rhamnus lycioides ssp. oleoides foglie e frutti.

Page 371: Alberi Arbusti 2008

Rhamnus lycioides L. ssp. oleoides (L.) Jahandiez et Maire - Ramo con frutti, rami x 0,6; foglie, fiore aperto x1,2;stame x3; fiori maschili x6 e x9.

Page 372: Alberi Arbusti 2008

372

Stami 5 con filamenti brevissimi e anteregialle. Stilo bifido. Drupa di 4-6 mm, obova-ta, giallastra o nera a maturità con 1-3 semi.

Tipo biologico. Arbusto prostrato (semi)-sempreverde cespitoso. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce da gennaio a marzoe matura i frutti a luglio-agosto.

Areale. Rhamnus lycioides, sensu lato,è diffuso in Portogallo, bacino del Mediter-raneo, Asia Minore e Africa settentrionale.In Sardegna è conosciuto, sinora, solo neidintorni di Pula e Capo Teulada.

Ecologia. È indifferente al substrato evive nei luoghi aridi soprattutto sui rocciaie nelle basse garighe litoranee.

Notizie selvicolturali. Si tratta di unapianta molto rara, di cui non sono notiaspetti colturali. Si propaga verosimilmen-te per seme.

Note etnobotaniche. Non conosciute.Note tassonomiche, sistematiche e

variabilità. Il complesso Rhamnus oleoi-des/lycioides è costituito da due entitàmolto simili e non sempre, anche nellemoderne guide, facilmente distinguibili.Qui si accredita la combinazione tassono-mica di Jahandiez e Maire, considerandol’entità sarda al rango di sottospecie.

Rhamnus alaternus L., Sp. Pl. 1: 193(1753)

Regione della prima descrizione: Habitat inEuropa australis.

Nomi italiani: Alaterno, Linterno, Ilatro.Nomi sardi: Aladerru (Bolotana, Bono,

Sassari); Aliderru (Alghero); Ararumasciu (Alghero); Asuma (Torpé);Labru areste (Nuoro); Laru areste(Bono); Laru masciu (Ittiri, Padria);Linna nighedda (Orani); Orimacxu(Alghero); Sasima (Tempio); Tasaru(Fluminimaggiore, Laconi, Isili); Tasua(S. Antioco).

Nomi stranieri: Ingl., Barren privet; Fr.,Nerprun Alaterne; Ted., ImmergrünerKreuzdorn; Sp., Aladern, Madierno.

Arbusto o talvolta alberello di 5-7 m dialtezza. Chioma densa, più o meno compatta.Corteccia grigia, liscia da giovane; bruno-scura, striata e solcata longitudinalmente daadulta, strettamente aderente al tronco.Foglie di dimensioni molto variabili (2-8 x 1-5 cm) alterne, coriacee, lucide, glabre, ovali,ovali-lanceolate, ellittiche, a margine cartila-gineo, intero, o lassamente dentato con dentiterminanti con una ghiandola rossastra. Fiorigiallastri, piccoli, unisessuali, su piantedistinte, riuniti in infiorescenze racemose,dense, bratteolate. Fiori maschili con calicegamosepalo a 5 lobi piegati verso l’esterno,con 5 stami sporgenti; i femminili gamosepa-li con calice a 5 lobi eretti, corolla assente;ovario con due o tre stili. Frutto: drupa roton-da, rosso-scura o nerastra a maturità conte-nente tre semi con solco dorsale.

Tipo biologico. Alberello o cespugliosempreverde, a foglie sclerofilliche, di tipomalacofillico nelle zone ombrose e nel sotto-bosco. Nan- o microfanerofita.

Distribuzione in Sardegna di Rhamnus alaternus.

Page 373: Alberi Arbusti 2008

Rhamnus alaternus L. - Rami x0,4; infiorescenze maschili e femminili x3; fiori maschili e femminili x5 e x8; fruttox1,2; seme x5.

Page 374: Alberi Arbusti 2008

374

Fenologia. Fiorisce in febbraio-aprile ematura i frutti in luglio-agosto. I frutti persi-stono sui rami sino all’autunno inoltrato.

Areale. L’alaterno è ampiamente diffusoin tutta l’Europa meridionale, Asia occiden-tale e Africa settentrionale.

Ecologia. Rhamnus alaternus è una spe-cie eliofila, molto resistente ai venti marinied alle escursioni termiche. Cresce su terre-ni aridi, rocciosi, nelle spaccature dellerocce, nei costoni soleggiati, sulle sabbielitoranee, sul greto di torrenti costieri, nelsottobosco rado e lungo le siepi. Prediligegli ambienti litoranei dove rappresenta uncomponente fondamentale della macchiamediterranea termofila. È specie caratteristi-ca dell’ordine Pistacio-Rhamnetalia alater-ni ed entra a far parte di numerose associa-zioni termofile della fascia litoranea.

Grandi alberi. Alberi di notevoli dimen-sioni di questa specie si trovano sporadicinelle macchie meglio conservate e ai margi-ni dei boschi. A Rio Su Luda, in territorio diPerdasdefogu, presso le cascate, un albero

con oltre 30 cm di diametro e 8 m di altezzapotrebbe essere quello di maggiori dimen-sioni della Sardegna.

Notizie selvicolturali. La propagazione siottiene per seme, per talea o margotta. Lacrescita iniziale è vivace ma via via si famolto lenta e quindi lentissima negli esem-plari di grandi dimensioni. Per il suo foglia-me decorativo e per la possibilità di formaredensi arbusti o eleganti alberelli è adatto perparchi e giardini e si presta ad essere model-lato per bordure e siepi. I frutti nel periodoestivo e autunnale costituiscono un’impor-tante fonte alimentare per l’avifauna.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è pesante, duro, a grana fine,bruno-chiaro o bruno-scuro nell’alburno,mentre il duramen è di un colore giallastromolto caratteristico. È utilizzato in lavori diebanisteria, di tornitura e di falegnameria.

Note etnobotaniche. I frutti, come quellidegli altri Rhamnus, sono lassativi. L’alaternoera conosciuto fin dall’antichità come piantatintoria per ottenere varie tonalità di giallo e

Frutti di Rhamnus alaternus.

Page 375: Alberi Arbusti 2008

375

come base, mischiata con altre specie tintorie,per ricavare altri colori dal nero al marron, alverde. L’infuso giallastro ottenuto dalla bolli-tura dei rami si usava anche per dare una par-venza di stagionatura al formaggio, ma non èda escludere un effetto batteriostatico e quindiutile alla sua conservazione. Per le modestedimensioni del tronco il suo utilizzo è limitatoa piccoli lavori in ebanisteria, per intaglio eutensili dell’aia e degli ovili.

L’alaterno ha un notevole interesse dalpunto di vista medico-religioso e magico,per curare l’ittero, dovuto sia alle affezionial fegato sia al favismo. Il richiamo alla teo-ria dei segni è evidente, in quanto il coloregiallo del legno si collega alla tipica colora-zione data alla pelle da queste malattie: ilrimedio consisteva nell’indossare una colla-na fatta con rami o radici o un indumentointriso nel decotto di rami e foglie. Taleindumento avrebbe dovuto essere quindibuttato via o fatto marcire senza che il mala-to avesse più la possibilità di venirne in con-tatto. Come pianta magica si riteneva utiletenere un oggetto di legno benedetto per pro-teggere la gravidanza contro l’aborto, siadelle persone, sia degli animali.

I fiori dell’alaterno sono molto visitati dalle

api, che nel periodo invernale hanno poca di-sponibilità di fiori da bottinare. In effetti sia ifiori maschili, sia quelli femminili possiedonoglandole ricche di nettare e nelle giornate tiepi-de le piante in fiore sono frequentate damigliaia di questi insetti, ma non si hanno noti-zie del tipo di miele che se ne ricava.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Di R. alaternus sono state descrittediverse sottospecie (ssp. myrtifolia (Willk.)Jahnand. et Maire, ssp. parvifolia Arcangeli)che tuttavia sono da ricondurre nell’ambitodella variabilità specifica. Piante con foglieparticolarmente grandi sono diffuse nei luoghipiù elevati e freschi e nella fase giovanile dicrescita, mentre popolazioni con foglie mag-giormente coriacee, a bordo del tutto liscio, diun verde chiaro, simili a quelle delle fillireesono comuni nella Sardegna meridionale. Ilcarattere “foglie piccole” si accentua nellepiante di maggiori dimensioni, nelle quali siha anche una marcatissima riduzione nellacrescita dei rami. In questi casi mostrano unaconvergenza morfologica con la fillirea, ma sidistinguono in modo immediato per le fogliesparse, rispetto a quelle della fillirea che sonoopposte. Una corretta identificazione di bioti-pi locali ed ecotipi, nonché delle forme varie-tali, richiede una verifica accurata in coltura alfine di accertare quale sia l’influsso esercitatodalle condizioni ambientali rispetto a quellodeterminato dal patrimonio genico.

SPECIE INTRODOTTE. Tra le specie sponta-neizzate, è degno di nota il giuggiolo (Lotusjujuba Miller), in sardo zinzaru o zinzulu. Èun arbusto o alberello spinescente, caducifo-glio, con foglie ovali-ellittiche, che si puòtrovare negli orti periurbani, anche nellezone interne, ma soprattutto nelle zone bassee calde come residuo di antica coltura, maanche spontaneizzato lungo le siepi o aibordi delle strade. Viene coltivato per i frut-ti, che maturano alla fine di ottobre e sonoconsumati freschi. Nel passato erano utiliz-zati in varie ricette medicinali.

Infiorescenze maschili di Rhamnus alaternus.

Page 376: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE VIOLALES

CISTACEAE

Alberi, arbusti o erbe con foglie opposteo, raramente, sparse. Fiori isolati o riunitiin infiorescenze cimose o racemose. Calicee corolla di 5 pezzi. Petali bianchi, gialli,rosei o porporini. Stami numerosi. Ovariosupero formato da più carpelli. Frutto: cap-sula coriacea o legnosa. Semi molto nume-rosi angolosi a più facce, minuti.

La famiglia delle Cistaceae comprende8 generi con circa 175 specie diffuse nelleregioni temperate di tutto il mondo.

– Fiori bianchi, rosei o porporini; calicecon 5 sepali; stilo allungato...........Cistus

– Fiori gialli; calice con tre sepali, stilocorto.........................................Halimium

CISTUS L.

Arbusti generalmente ricoperti da unadensa peluria con peli semplici e/o ghian-dolosi sia nei giovani fusti che nelle foglie.Foglie opposte, più o meno persistenti,intere, prive di stipole con picciuolo più omeno allargato. Fiori bianchi, giallognoli,rosei o porporini, solitari, in cime o inracemi. Calice dialipetalo di 5 sepali pelo-si; corolla di cinque petali; stami numero-si. Ovario con stilo sormontato da unostimma vistoso. Frutto: capsula triloculare.

Il genere Cistus comprende 17 specie,distribuite nelle regioni mediterraneecaldo-aride o temperate.

Da alcune specie si ricava una resina,vischiosa, nerastra o rosso-cupa, il lauda-no, usato come astringente, balsamico esedativo. Il nome Cistus sembra derivaredal greco «kistis»=vescichetta, per indica-re la particolare forma rigonfia dei frutti.

1 Fiori rosei o porporini............................2– Fiori bianchi...........................................52 Arbusto ricoperto da un fitto tomento

bianco, non ghiandoloso; foglie con trenervature ben evidenti..............C. albidus

– - Arbusto ricoperto da peli semplici o stel-lati frammisti a peli ghiandolosi.............3

3 Guaine delle foglie libere; marginefogliare poco ondulato............C. corsicus

– Guaine delle foglie saldate.....................44 Foglie rugose, pelose, piane o legger-

mente ondulate........................C. incanus4 Foglie peloso-ghiandolose con margine

ondulato-crespo.......................C. creticus5 Foglie ovali picciuolate, rugoso-reticola-

te nella pagina inferiore, pelose; fiorigrandi di 4-5 cm in diametro.............................................................C. salviaefolius

– Foglie lineari, sessili; pianta vischiosa;fiori piccoli di 2-3 cm di diametro...................................................C. monspeliensis

Cistus monspeliensis L., Sp. Pl. : 524(1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Narbonensi et Regno Valentino.

Nomi italiani: Cisto, Cisto marino, Cisto diMontpellier, Rembrottine.

Nomi sardi: Montrecu (Bitti); Mucciu(Tempio); Mudecciu (Orani); Mudecru(Olzai); Mudegu (Fluminimaggiore);Mudeju nieddu (Padria, Pattada);Mudregiu (Alà dei Sardi); Mudregu(Burcei); Mudregu caddinu (Bolotana);Mudrehu (Urzulei); Mudre’u biancu(Oliena); Mulde’u nieddu (Orgosolo);Mudeiu (Alghero); Mergiu, Murdegu.

Nomi stranieri: Ingl., Montpellier Rock-rose; Fr., Ciste de Montpellier; Ted.,Montpellier-Zistrose; Sp., Jaguarzo,Estepa negra, Estepa morisca.

Pianta legnosa di 1-2 m di altezza,molto vischiosa nei rami superiori, di forteodore non gradevole. Rami giovani peloso-ghiandolosi. Corteccia bruna. Foglie linea-ri o lanceolate, sessili o quasi sessili, dicolore verde-scuro, con margine revoluto,rugose nella pagina superiore, poco pelose.

376

Page 377: Alberi Arbusti 2008

Cistus monspeliensis L. - Ramo con fiori x0,66; foglia, calice, cassula x1,3; seme x13, ovario con stame x5.

Page 378: Alberi Arbusti 2008

378

Fiori piccoli, di 2-3 cm di diametro, bian-chi o bianco-giallognoli; peduncoli egualial calice, poco pelosi, con molte papillevischiose; calice con sepali ovato-lanceo-lati, diseguali, quelli più interni di dimen-sioni maggiori, mucronati, pelosi e ghian-dolosi; corolla con petali troncato-smargi-nati. Ovario peloso-ghiandoloso nella partesuperiore. Stilo breve. Stimma rotondeg-giante, lobato. Capsula arrotondata, pelosanella parte superiore. 2n=18.

Tipo biologico. Pianta legnosa, ramifi-cata a poca distanza dalla base e quindimonocormica non pollonante, semi-sclero-fillica. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce da marzo a maggio efruttifica in giugno. Dopo la fioritura si haprima un annerimento, poi una devitalizza-zione delle foglie con la loro caduta parzialeo totale nel periodo estivo. La ripresa vege-tativa avviene dopo le prime piogge, inautunno, si arresta nei periodi più freddi eriprende ai primi caldi. Nelle zone più aridesi comporta come una specie caducifoglia.

Areale. L’areale di questa specie com-prende l’Europa meridionale, l’Africa set-tentrionale e l’Asia Minore.

Ecologia. C. monspeliensis vive suisuoli aridi, sterili, sassosi, sabbiosi, esten-dendosi dalle zone litoranee a quelle mon-tane, sino a circa 1.200 m di quota. È unaspecie che predilige decisamente i substra-ti silicei e solo molto raramente si estendesul terreno di natura calcarea.

La presenza dei cisteti è legata alladegradazione della vegetazione a seguitodell’incendio. In effetti, esiste una strettacorrelazione tra incendio e presenza deicisteti, ma essi sono ugualmente presentinei terreni denudati dalle arature e impove-riti di sostanza organica.

Nelle macchie incendiate i cisti, tuttimolto eliofili, con la ripresa vegetativa e laricrescita dei polloni delle sclerofille sem-preverdi perdono di vitalità e si rarefanno. Siconserva, tuttavia, una notevole banca seminel terreno, che consente di riprendere ilciclo in caso del verificarsi di nuovi incendi.

Cistus monspeliensis in piena fioritura.

Page 379: Alberi Arbusti 2008

In condizione di naturalità occupanoambienti aperti, rocciai, zone costiere,nonché terreni esposti alla erosione eolica.La capsula coriacea, come anche nelle altrespecie dello stesso genere, al passaggio delfuoco si mantiene integra proteggendo cosìi semi, ai quali è associata anche una buonatermo-resistenza, che consente loro di ger-minare abbondanti già alle prime piogge,ricoprendo in breve tempo il terreno e con-tribuendo così a dare un’efficace protezio-ne al suolo dall’erosione idrica.

I cisti nell’opinione comune sono consi-derati esclusivamente come infestanti e“piante inutili”. In realtà, il ruolo di questeumili piante nell’ecosistema è moltoimportante, poiché in breve tempo concentinaia di piantine per metro quadro, neisuoli degradati, ricostituiscono una coper-tura vegetale, esercitando una protezioneche favorisce anche la ripresa di specie piùesigenti.

Il cisto di Montpellier concorre a defini-re il nome delle classi Cisto-Lavanduletea,Cisto-Micromerietea, caratteristiche dellearee silicee degradate di numerose aree delbacino mediterraneo, dell’ordine dei Cisto-Ericetalia ed alleanza dei Cisto-Ericion,nonché di diverse associazioni differenzia-te a livello locale, particolarmente ricchedi specie.

Notizie selvicolturali. Si riproduce perseme e la crescita della pianta è rapida. Lapropagazione può avvenire anche per talea.I cisteti a Cistus monspeliensis rappresen-tano nella serie dinamica della vegetazionesia uno stadio evolutivo verso la ricostitu-zione di formazioni forestali, sia uno sta-dio regressivo derivante dalla degradazio-ne della macchia alta.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno di Cistus monspeliensis è ilpiù duro tra quelli nostrani e brucia confiamma molto vivace e buon potere calori-co; per questo motivo nel passato eramolto ricercato e venduto in fascine, comelegna da ardere, soprattutto per i forni delpane.

Note etnobotaniche. In generale, l’in-

sieme dei cisti, a livello popolare, è distin-to fondamentalmente in 3 gruppi. La loronomenclatura sarda è stata ampiamentediscussa da Paulis (o.c.), che ne ha indivi-duato l’origine etrusca, tuttavia alcune pre-cisazioni sono opportune, considerandoche si tratta di specie, a volte, di individua-zione controversa anche tra gli stessi spe-cialisti botanici.

Sebbene le specie abbiano oltre allamorfologia anche caratteristiche fitochimi-che differenti, non si può fare sempre unriferimento esatto alla utilizzazione delleparti delle singole specie, soprattutto pergli aspetti medicinali. Alcune notizie sonoquindi necessariamente generali e si posso-no riferire a più specie. Le foglie seccate emacerate in infuso o decotto erano usatecome astringente ed emmenagogo; spalma-te sulle parti contuse per lenire i dolori econtro la scabbia, le foruncolosi e comecicatrizzante in genere. Si riteneva efficace

379

Distribuzione in Sardegna di Cistus monspeliensis.

Page 380: Alberi Arbusti 2008

anche per allontanare i parassiti dalla carnemacellata. La legna di cisto brucia confiamma viva, è poco durevole e si usasoprattutto come innesco per il fuoco. Illegno di C. monspeliensis è apprezzato perla proprietà di bruciare con calore costante,caratteristica utile per la cottura delle broc-che e delle ceramiche artigianali. La pro-prietà di dare una fiamma vivace ha favori-to l’uso del cisto nel fuoco di Sant’Anto-nio. Le frasche erano altresì utilizzate percoprire ed infoltire le capanne tradizionalidei pastori in tutta l’Isola. Merita invecenotevole attenzione come pianta melliferaessendo molto visitata dalle api.

Il cisto di Montpellier è una piantarifiutata dal bestiame, solo raramente bru-cata dalle capre, ed è infestante dei pasco-li degradati. Tra essa ed il pastore sardoesiste una guerra antica che, sinora, havisto trionfare questa specie sull’uomo,con facile analoga previsione anche per ilfuturo.

.Cistus salviaefolius L., Sp. Pl.: 524 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Italia, Sicilia, Narbona.

Nomi italiani: Brentine, Scornabecco.Nomi sardi: Montrechedda (Bitti); Mudegu

porceddinu (Fluminimaggiore); Mudec-ciu vuvulu (Orani); Mudeiu nanu(Alghero); Mudeju areste (Padria);Mudrecu agreste (Fonni); Mudrecuprantarittinu (Dorgali); Mudregu vresu(Burcei); Mudrehu oinu (Urzulei); Mul-del’u terrandzu (Orgosolo); Muchiared-du, Murdegu biancu, Murdegu burdu.

Nomi stranieri: Fr., Ciste à feuilles desauge; Ted., Salbeiblättrige-Zistrose;Sp., Chocasapor, Estepa borrera.

Arbusto di altezza variabile da 0,2 a 1,6cm, molto ramificato con rami densi e con-torti, peloso, ma non vischioso. Cortecciabruno-scuro. Foglie ovali od oblunghe,cuoriformi alla base, picciuolate, uniner-

vie, molto reticolate nella pagina inferiore,con peli stellati sulle due pagine. Fioribianchi, grandi, di 4-5 cm di diametro, iso-lati o riuniti a due o tre; peduncoli fioraliallungati; calice con sepali ovato-cuorifor-mi, brevemente mucronati, più o menotomentosi; corolla con petali rotondeggian-ti, tronchi superiormente ed unghia brevegiallastra. Ovario peloso con lungo stilo estimma a capocchia. Capsula globosa, conapice appianato, trivalve, pelosa. 2n=18.

Tipo biologico. Arbusto eretto o talvol-ta prostrato a formare pulvini. Nanofanero-fita.

Fenologia. Fiorisce da febbraio a giu-gno e fruttifica a maggio-luglio in relazio-ne all’altitudine.

Areale. È diffuso in tutta la regionemediterranea e in Asia Minore sino al Cau-caso ed all’Iran. In Sardegna, è presente ingran parte dell’Isola ad eccezione dellecreste più elevate del Gennargentu.

Ecologia. Il cisto a foglie di salvia èindifferente al substrato, seppure con unapredilezione per quelli silicei, e si estendedal livello del mare sino alle zone monta-ne, in ambienti soleggiati, aridi e sassosi,ma anche in luoghi freschi e ombrosi.Nelle zone riparate si sviluppa formandocespugli alti anche un metro e mezzo, inquelle battute dai venti riduce la sua altez-za sino a diventare un arbusto nano quasistrisciante. Ricopre, assieme ad altre spe-cie xerofile, pendii, tagli stradali e pianuredella fascia costiera e caratterizza con lasua abbondanza la vegetazione delle zonedi altitudine. A seguito del passaggio delfuoco, si sviluppa abbondante da seme ma,essendo brucato dagli animali al pascolo,risulta in breve tempo meno comune di C.monspeliensis, che invece viene rifiutato.

Notizie selvicolturali. La propagazionedi Cistus salviaefolius avviene per seme. Èbrucato dai bovini, dalle capre e dallepecore, ma grandi quantità si ritiene possa-no causare avvelenamenti. Si presta adessere utilizzato come pianta per giardinirocciosi grazie alla sua generosa e candidafioritura.

380

Page 381: Alberi Arbusti 2008

Cistus salviaefolius L. - Ramo con fiori, foglie x0,7; calice, capsula x1,4, ovario con stame x5; particolare foglia x1,4.

Page 382: Alberi Arbusti 2008

382

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno e note etnobotaniche. Come Cistusalbidus L.

Cistus albidus L., Sp. Pl. : 524 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin G. Narbonensi, Hispania.

Nomi italiani: Cisto bianco.Nomi sardi: Montrecu biancu (Bitti);

Mudeciu voinu (Orani); Mudel’u biancu(Orgosolo); Mudre’u voinu (Oliena);Mudeiu bord (Alghero); Mudeju areste(Padria); Mudecru, Mudregu, Murdegu.

Nomi stranieri: Fr., Ciste blanchâtre; Ted.,Weissliche Zistrose; Sp., Estepa, Estepablanca, Estepa margalidera.

Arbusto alto da 0,5 a 1,2 m, molto rami-ficato. Rami ricoperti da un denso tomentobianco. Corteccia bruno-cannella che sistacca a lamine sottili. Foglie vellutate,ovali-lanceolate, ristrette alla base, sessili,Distribuzione in Sardegna di Cistus salviaefolius.

Cistus salviaefolius.

Page 383: Alberi Arbusti 2008

Cistus albidus L. - Ramo con fiori, foglia x0,6; calice x1,2; cassula x1,2, seme x12, ovario con stame x3.

Page 384: Alberi Arbusti 2008

384

con la nervatura centrale e due laterali benevidenti e ricoperte da un fitto intreccio dipeli bianchi stellati; margine intero, revo-luto. Fiori rosei, grandi 4-6 cm, disposti supeduncoli allungati in racemi sub-corim-bosi terminali; peduncolo fiorale con brat-tea ovale-lanceolata, simile alle foglie;calice con cinque sepali mucronati, piùcorti della metà dei petali, ovato-cuorifor-mi, margine revoluto, con abbondanti pelistellati frammisti a peli ghiandolosi; corol-la con cinque petali grandi ad unghiabreve. Stami numerosi con antere roton-deggianti. Ovario pubescente con stilolineare e stimma subconico. Cassula pelo-sa. Semi di colore marron-scuro, solcati epapillosi. 2n=18.

Tipo biologico. Arbusto sempreverde aportamento eretto, cespitoso. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in maggio-giugno ematura le capsule in luglio-agosto.

Areale. L’areale comprende l’Europa occi-dentale e meridionale e l’Africa settentrionale.In Sardegna è presente nel settore centrale del-l’Isola, in particolare nelle zone medio-monta-ne del Monte Ortobene, dei monti di Orune e Distribuzione in Sardegna di Cistus albidus.

Cistus albidus.

Page 385: Alberi Arbusti 2008

385

dell’Altipiano di Bitti-Buddusò, del MonteLerno, dove forma estesi cisteti.

Ecologia. Tra i cisti della Sardegna, ilcisto bianco appare la specie più mesofila;vive nelle zone sassose dal livello del maresin oltre i 1.000 m di quota, sui substratipreferibilmente di natura silicea, inambienti soleggiati.

Notizie selvicolturali. Di rapida cresci-ta, può essere impiegato per ricoprire terre-

ni nudi, pendici montane e collinari. Sipresta bene come pianta da giardino, graziealla sua rusticità, resistenza alla siccità ealla bella fioritura. È in grado di emetterenuovi polloni dalla base.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Le modeste dimensioni, la fragilitàe la poca compattezza dei rami ne restrin-gono l’uso, peraltro molto apprezzato, peravviare l’accensione del fuoco.

Cistus albidus in piena fioritura.

Page 386: Alberi Arbusti 2008

386

Cistus corsicus Loisel., Mém. Soc. Linn.Paris, 6: 416 (1827)

Sin.: Cistus creticus L. ssp. corsicus(Loisel.) Greuter & Burdet in Greuter &Raus, Willdenowia, 11 (2) : 275 (1981).

Regione della prima descrizione: Corsica.

Nomi italiani: Rosola.Nomi sardi: vedi Cistus incanus L.Nomi stranieri: Ted., Korsische Zistrose.

Arbusto eretto, ramoso, con rami giovanicoperti da peli semplici frammisti a peli stella-ti. Foglie opposte, ovali o ovali-lanceolate,ricoperte da radi peli bianchi, reticolate e contre nervature principali ben evidenti; margineleggermente ondulato; guaine fogliari non sal-date fra loro e con lunghi peli alla base. Fioridisposti in brevi cime con peduncoli peloso-ghiandolosi; brattee simili alle foglie; calicecon 5 sepali, ovali, mucronati, peloso-ghian-dolosi, con margine ondulato; corolla rosa, 4-5 cm di diametro. Ovario con ghiandole netta-rifere alla base. Capsula con peli lunghi. Distribuzione in Sardegna di Cistus corsicus.

Fiori di Cistus corsicus.

Page 387: Alberi Arbusti 2008

Cistus corsicus Loisel. - Ramo con fiori, foglie x0,65; calice, cassula, foglia x1,3 ovario con stame x3,5.

Page 388: Alberi Arbusti 2008

388

Tipo biologico. Arbusto cespitoso sem-preverde con rami lassi. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in aprile-maggio efruttifica in giugno.

Areale. Endemismo sardo-corso, in Sarde-gna si ritrova a Dorgali lungo la costa orien-tale, nelle aree scistose dei monti di Orgoso-lo, sul Monte Ortobene e sul M. Gonare.

Ecologia. Vive su differenti substrati ein diversi ambienti: nel sottobosco dellalecceta mista, presso le sponde dei corsid’acqua, nelle zone marginali dei sentieri ein quelle sassose, comportandosi comespecie mesofila.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Come Cistus albidus L.

Macchia bassa a Cistus sppl. nel Sinis.

Page 389: Alberi Arbusti 2008

Cistus incanus L.. Sp. Pl. : 524 (1753)

Sin.: Cistus eriocephalus Viv., Fl. Cors.Prodr. 8 (1824)

Cistus creticus subsp. eriocephalus (Viv.)Greuter & Burdet, Willdenowia 11: 275(1981).

Regione della prima descrizione: Provenien-za: Habitat in Hispania, G. Narbonensi.

Nomi italiani: Rosola.Nomi sardi: Mergiu (Carloforte); Mucciu

biancu (Tempio); Mudegu biancu (Flu-minimaggiore); Mudrecu burdu (Nuoro);Mudregu (Bolotana); Mudregu eru (Bur-cei); Murdegu crabiu (Guspini); Murde-gu femina (Aritzo, Guasila); Murdeguoinu (Arzana); Murdegu arrubiu.

Nomi stranieri: Ingl., Hoary Rockrose; Fr.,Ciste cotonneux; Ted., WollköpfigeZistrose; Sp., Estepa.

Arbusto con rami giovani ricoperti dalunghi peli bianchi frammisti a peli stellati.

389

Distribuzione in Sardegna di Cistus incanus.

Cistus incanus.

Page 390: Alberi Arbusti 2008

Cistus incanus L. - Ramo con fiori, foglie x0,7; calice, cassula x1,5; ovario con stame x3,5.

Page 391: Alberi Arbusti 2008

391

Foglie ovali od ovali-lanceolate, picciolate,con apice arrotondato o acuto, pelose e rugo-se, lembo piano o leggermente ondulatosoprattutto nel margine; guaine fogliari sal-date nella parte inferiore e con ciuffi di pelialla base del picciolo. Fiori rosa, peduncola-ti, riuniti a 2-3; calice con 5 sepali pelosi, gliinterni ovali od ovali-lanceolati, gli esterniacuminati; corolla di 4-5 cm, con petali 2-3volte più lunghi dei sepali. Capsula ricoper-ta da peli. Semi lisci, minuti.

Tipo biologico. Arbusto da m 0,30 a 2di altezza, a portamento eretto o pulvinato.Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce da marzo a giugnoe fruttifica in giugno-luglio.

Areale. Il suo areale comprende il bacinodel Mediterraneo, ad eccezione della Peniso-la Iberica, dove è probabilmente scomparso,Asia occidentale e Africa settentrionale.

Ecologia. Indifferente al substrato pedo-logico, vive su qualsiasi tipo di terreno, dallivello del mare ad oltre i 1.000 m. Si diffon-de nelle zone con clima caldo-arido ed entraa far parte delle formazioni delle macchiecostiere o collinari e delle garighe litoranee,dove forma cespi bassi feltrosi. In relazioneai differenti ambienti presenta una grandevariabilità nella forma delle foglie, nell’ab-bondanza del rivestimento peloso.

Notizie selvicolturali. Si riproduce perseme. Raramente ricaccia dalla base dopoil passaggio del fuoco.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Come Cistus albidus L.

Cistus creticus L., Syst., ed. 10, 2 : 1077(1759)

Sin.: Cistus incanus subsp. creticus (L.)Heywood in Feddes Repert. 79: 60 (1968)

Provenienza: Habitat in Creta, Syria.

Nomi italiani: Rosola.Nomi sardi: Vedi Cistus incanus L.

Arbusto di 40-60 cm, molto ramoso,

peloso-ghiandoloso. Foglie ovali, sessili,di 15- 25 mm, con margine fortementeondulato-crespo, reticolate, vischiose; pelistellati e peli ghiandolosi su tutto il lemboe maggiormente sul margine e sulle nerva-ture; guaine corte e saldate fra loro. Fiorirosei o porporini, di 4-5 cm di diametro,disposti in infiorescenze sub-corimbose;pedicelli lunghi, peloso-ghiandolosi, brat-tea lanceolata, corta; calice con sepaliovali-lanceolati, mucronati, margine basa-le ripiegato all’esterno, peli semplici eghiandolosi; corolla con petali grandi,margine ondulato-crenato, unghia breve.Capsula triloculare con densi peli.

Tipo biologico. Arbusto sempreverde aportamento eretto. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce in maggio-giugno,fruttifica in luglio.

Areale. L’areale di Cistus creticus,come qui inteso, è accentrato soprattuttosul Mediterraneo orientale e il sistema

Distribuzione in Sardegna di Cistus creticus.

Page 392: Alberi Arbusti 2008

sardo-corso rappresenterebbe il limiteoccidentale della sua area di diffusione. InItalia è presente nelle regioni meridionali ein Sicilia, mentre in Sardegna è statosegnalato per le aree calcaree costiere cen-tro-orientali.

Ecologia. Vive nelle zone aride soleggia-te, collinari, su terreni calcarei o argillosi.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Come Cistus albidus L.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità sui cisti. L’inquadramento tasso-nomico sul genere Cistus qui riportato sibasa sulla monografia dei cisti d’Italia diRizzotto (1979) ed è in accordo con la tratta-zione di Pignatti (1982). I cisti a fiori rosadella Sardegna ad eccezione di Cistus albi-

dus, sono stati considerati di volta in voltacome un complesso costituito da una grandespecie suddivisa in sottospecie o varietà. Lapelosità, ghiandolosità, la forma e l’incre-spatura delle foglie hanno grande variabilità,legata anche al luogo di crescita e, in realtà,il complesso C. incanus/creticus/corsicus ècostituito da entità con esemplari spesso dif-ficilmente distinguibili fra di loro. In effettiesistono forme intermedie di cui è difficileaccertare se debbano essere considerate nel-l’ambito di variabilità propria della specie,oppure se si tratti di veri e propri ibridi,come avviene in modo evidente nel caso diC. florentinus Lam. che trae origine dall’in-crocio tra C. monspeliensis e C. salviaefoliuse che si riscontra sporadicamente.

392

Fiori di Cistus creticus.

Page 393: Alberi Arbusti 2008

Cistus creticus L. - Ramo con fiori, foglie x6,4; calice, particolare di foglia x1,3.

Page 394: Alberi Arbusti 2008

394

Halimium halimifolium (L.) Willk. inWillk. et Lange, Prodr. Fl. Hisp., 3 : 717(1878)

Sin.: Cistus halimifolius L., Sp. Pl., 2:524 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Lusitaniae maritimis.

Nomi italiani: Cisto giallo.Nomi sardi: Mucciu biancu (Gallura);

Murdegu biancu (Arzana, Perdasdefo-gu); Murdecu alimu (Muravera).

Nomi stranieri: Fr., Hélianthème à fleursd’halime; Ted., Gelbe Zistrose.

Arbusto con rami eretti, ricoperti dapeluria fitta bianco-cenerina, tomentosa.Foglie ovali, opposte, sessili, ricopertesulle due pagine da una peluria corta, vel-lutata, bianco argentata. Fiori poco nume-rosi in corimbi; calice con tre sepali ovaliricoperti da peli o piccole scaglie gialle;corolla gialla 2-3 cm; petali con una mac-chia violacea alla base. Stami numerosi.

Macchia a Halimium halimifolium.

Distribuzione in Sardegna di Halimium halimifolium.

Page 395: Alberi Arbusti 2008

Halimium halimifolium (L.) Willk. - Ramo con fiori x0,7, fiore x1; calice, ovario x3,5; foglie x1; capsula x1.

Page 396: Alberi Arbusti 2008

396

Ovario con stimma sessile. Capsula ovale,pelosa soprattutto nella parte superiore.Semi tubercolati. 2n=18.

Tipo biologico. Arbusto con rami lassi esottili, da 30 cm a 1,5 m di altezza. Nanofa-nerofita.

Fenologia. Fiorisce in aprile-luglio ematura le capsule in maggio-agosto.

Areale. È diffuso nel Mediterraneo cen-tro-occidentale; manca in Sicilia. In Sarde-gna si ritrova frequente lungo la fasciacostiera e nelle aree interne della Gallura,nel Monte Lerno, nell’Altipiano di Bitti-Buddusò, mentre è sporadico altrove.

Ecologia. Preferisce i terreni sabbiosisciolti, acidi, dei graniti e dei porfidi, e gli

ambienti soleggiati. Vive nelle zone colli-nari e sub-montane e raramente in quellemontane sino a circa 1.000 m.

Notizie selvicolturali. La propagazioneavviene per seme o per emissione di ramiprodotti da fusti sotterranei. È resistenteagli incendi con ricacci che, in breve, rag-giungono l’altezza delle piante originarie.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Come Cistus monspeliensis L.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il cisto giallo presenta una uni-formità di caratteri piuttosto pronunciataeccezion fatta per le dimensioni, general-mente maggiori nelle aree costiere rispetto aquelle montane.

Halimium halimifolium.

Page 397: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE VIOLALES

TAMARICACEAE

Arbusti, alberi o suffrutici, con rami fles-suosi. Foglie squamiformi, alterne. Fiori pic-coli, rosa o bianchi, isolati o riuniti in infio-rescenze a racemo. Frutto: capsula. Semialati e con pelosità diffusa. La famiglia delleTamaricaceae comprende 4 generi con circa100 specie, diffuse sui litorali, lungo i corsid’acqua e nelle zone steppiche dell’Emisfe-ro settentrionale e nell’Africa sahariana.

TAMARIX L.

Arbusti talvolta arborescenti. Rami fles-suosi con corteccia rossastra. Foglie piccole,squamose, sessili, amplessicauli. Fiori inracemi densi. Calice e corolla di 4-5, rara-mente 6 pezzi. Ovario circondato da undisco lobato. Frutto: capsula uniloculare otrivalve. Semi numerosi con un ciuffo dipeli. Il genere comprende 100 specie distri-buite nel Sud-Est dell’Asia, Europa occiden-tale e Africa meridionale. Le tamerici sonoutilizzate come frangivento, per consolidarele dune litoranee e per giardini esposti aventi salmastri, data la loro crescita moltorapida, l’aspetto decorativo e l’abbondantefioritura.

Secondo una antica tradizione da Tama-rix mannifera Ehr., che cresce in Arabia e inEgitto, proveniva la “manna” di cui si nutri-rono gli Ebrei nel deserto. Questa specieproduce infatti una mucillagine zuccherina,detta manna tamerisco o man dai Beduini.

Tamarix deriverebbe, secondo alcuniautori, dal nome di una popolazione riviera-sca dei Pirenei, i Tamarisci; secondo altri da«Tamaris» oggi Tambro, corso d’acqua deiPirenei. Delle numerose specie indicate perla Sardegna sono trattate in modo analiticole tre più comuni.

1 Fiori nascenti sui rami dell’anno prece-dente; petali persistenti, bianchi, giallo-gnoli o debolmente rosati........T. africana

– Fiori nascenti sui rami d’annata; petalicaduchi, rosa intenso..............................2

2 Rami giovani vischiosi per la presenza dighiandole sessili.................T. canariensis

– Rami giovani non vischiosi........T. gallica

Tamarix africana Poiret, Voy. Barb., 2: 139(1789)

Regione della prima descrizione: Algeria.

Nomi italiani: Tamerice africana, Tamericemaggiore.

Nomi sardi: Framarittu (Bono); Prammari-scu (Padria); Salvatu (Alghero); Tamari-che (Berchidda); Tamari’e (Oliena, Orgo-solo); Tamarittu (Ozieri); Tramalittu(Bolotana); Tramariciu (S. Antioco); Tra-mazzu (Burcei, Villasalto); Tramarittu(Anela); Tamarighe (Logud.).

Nomi stranieri: Ingl., Tamarisk; Fr., Tamarisafricain; Ted., Afrikanische Tamariske;Sp., Tamarell, Tamaric, Tamarisco.

Arbusto di 2-9 m, con rami eretto-scan-denti. Corteccia rosso-scura con striaturelongitudinali. Rami robusti. Foglie di 1-3mm, acute a margine scarioso, eroso-denti-colato. Infiorescenze portate sui rami del-l’anno precedente. Amenti di 30-50 x 5-8mm, con un breve peduncolo, e con bratteo-le lanceolato-triangolari, scariose con margi-ne denticolato, superanti il calice. Fiori ver-dastri, rosei o bianchi; sepali di 1,5 mm, bre-vemente peduncolati, con margine scarioso;petali di 2-3 mm, ovato-lanceolati; stami 5,alternati ai petali; filamenti dilatati alla base,stili 3, eretti con stimma espanso. Capsulatrigona di 4-5 mm.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso, sem-preverde, a sviluppo primaverile. Microfa-nerofita.

Fenologia. Fiorisce a febbraio-maggio.In alcune regioni si hanno fioriture estive.Le infiorescenze permangono a lungo suirami.

Areale. Tamarix africana estende il suoareale in Portogallo, lungo le zone costiere

397

Page 398: Alberi Arbusti 2008

Tamarix africana Poiret. - Ramo con infiorescenze, ramo con sole foglie x0,6; fiore isolato x3; sepalo x6; ovario constili x8; calice, fiori, particolare di ramo con foglie x6.

Page 399: Alberi Arbusti 2008

399

del Mediterraneo occidentale, dall’ltalia allaSpagna e in Africa settentrionale fino allaLibia. In Sardegna si estende in gran partedella fascia costiera nei letti dei fiumi inter-ni sino a 400-500 m e sporadicamente sino a900 m circa di altitudine.

Ecologia. Vive di preferenza lungo lecoste, ai margini degli stagni e dei luoghisalmastri, lungo le rive dei corsi d’acqua, neifontanili e nelle cunette umide dei tagli stra-dali. Le tamerici costituiscono l’elementocaratterizzante della classe Nerio-Tamarice-tea che comprende numerose associazionilegate agli alvei fluviali e agli ambienti peri-stagnali. Costituisce boschi e macchie ripa-rie con salice rosso, oleandro e ontano nero.

Grandi alberi. Alberi di grandi dimensio-ni sono presenti un po’ ovunque. Sono note-voli quelli di Barca Brujata in comune diArzachena, nel Rio Coccorrocci di Gairo-Tertenia e soprattutto a Cala d’Arena nell’I-sola dell’Asinara.

Notizie selvicolturali. Si riproduce facil-mente per talea e presenta una crescita ini-ziale rapida. Ha una buona capacità polloni- Distribuzione in Sardegna di Tamarix africana.

Infiorescenze di Tamarix africana.

Page 400: Alberi Arbusti 2008

400

fera e, se tagliata, ricaccia immediatamenteraggiungendo in breve le dimensioni dell’ar-busto originario. Può essere utilizzata comepianta per il consolidamento delle sponde edegli alvei ampi dei corsi d’acqua.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è tenero, soggetto a fendersi,poco resistente e poco durevole e limitatonell’uso dalle sue modeste dimensioni.Come combustibile è scadente e producegrande abbondanza di ceneri che contengo-no notevoli quantità di soda.

Note etnobotaniche. Con il tronco si otte-nevano vassoi e bicchieri, con i rami si intrec-ciavano cesti per la cattura dei pesci. La cor-teccia possiede proprietà astringenti e le sueceneri venivano utilizzate per preparare laliscivia e per la concia delle pelli. Nella medi-cina popolare l’infuso dei rametti e della cor-teccia si usava come diuretico e lassativo econtro i dolori della milza. Entrava anchenella pratica delle fumigazioni con i novelegni che venivano bruciati ed aspirati percombattere le emicranie e i raffreddori; irametti polverizzati erano considerati utilinelle foruncolosi. Anche per questa piantanon mancavano le utilizzazioni a scopo scara-mantico a vari fini, come la protezione deglianimali, con le necessarie formule magico-religiose propiziatorie. Le frasche erano usatecome giaciglio poi da bruciare (da cui forse ilnome della pianta tramatzu) per gli animali,perché si riteneva che attirassero gli insetti. Irami terminali erano usati per tingere in nerole stoffe. È una specie mellifera molto visita-ta dalle api, che forniscono un miele pregiato.

Tamarix canariensis Willd., Abh. Akad.Berl. Physik J. 1812-13: 79 (1816)

Regione della prima descrizione: IsoleCanarie.

Nomi italiani: Tamerice delle Canarie.Nomi sardi: Come T. africana Poiret.Nomi stranieri: Ingl., Tamarisk; Fr.,

Tamaris; Ted., Kanarische Tamariske; Sp.,Taray, Tamariz, Tamarit.

Arbusto o alberello di 5-6 m con fustirossastro-porporini o verdastri, eretti o eret-to-scandenti. Corteccia liscia con cicatricitrasversali dovute alla caduta delle foglie.Rami giovani con foglie di 1-3 mm, scario-se ai margini, denticolato-erose, imbriciate.Infiorescenza sui rami d’annata con nume-rosi racemi di 20-70 x 4-5 mm, provvistatalora di rami fogliosi terminali. Rami gio-vani, foglie e asse dell’infiorescenza connumerosissime ghiandole sessili. Fiori bian-chi o rosei, con brattea lineare, triangolare,acuta, eguagliante o superante il calice.Sepali di 0,5-0,75 mm con margine scariosodenticolato-eroso. Petali prontamente cadu-chi di 1,2-1,5 mm, ellittico-obovati. Capsu-la trigona, liscia. Semi con un ciuffo di peliall’apice.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso afoglie squamiformi, semicaducifoglio.

Fenologia. Fiorisce di norma nel periodo

Distribuzione in Sardegna di Tamarix canariensis.

Page 401: Alberi Arbusti 2008

Tamarix canariensis Willd. - Infiorescenza x1,3; fiori in boccio, fiore aperto x3,3; calice x5; ramo con infiorescen-ze, rami senza infiorescenze x0,6; foglie x18; ramuli con foglie x6.

Page 402: Alberi Arbusti 2008

402

estivo, da maggio ad agosto, con grandiinfiorescenze composte all’apice dei rami.

Areale. Tamarix canariensis estende ilsuo areale nelle isole Canarie, Portogalloe coste del Mediterraneo occidentale finoalla Libia. In Sardegna è nota, sinora, solonel settore nord-occidentale sui luoghiumidi lungo la strada statale Alghero-Bosa.

Ecologia. La tamerice delle Canarie èlegata strettamente alle zone umide e inSardegna, dove è molto rara, è ugualmentelegata ai fontanili delle aree costiere.

Notizie selvicolturali. Arbusto cespito-so dotato di buona capacità pollonifera,può trovare uso per il consolidamento dellerive dei corsi d’acqua e in giardinaggio.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Verosimilmente simili a Tamarix gal-lica.

Note etnobotaniche. Vedi Tamarix afri-cana.

Tamarix gallica L. Sp., Pl., 1:270 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Gallia, Hispania, Italia.

Nomi italiani: Tamerice gallica, Cipressi-na, Tamerice manna.

Nomi sardi: Come T. africana.Nomi stranieri: Ingl., Tamarisk; Fr., Tamaris

de France; Ted., Französische Tamari-ske; Sp., Taroye, Tamarit, Tamarisch.

Arbusto o alberello di 5-6 m con fustirossastri, eretti o eretto-scadenti. Corteccialiscia con evidenti cicatrici trasversali.Rami giovani esili con foglie di 1-2,5 mm,imbriciate, acuminate a margine intero ostrettamente scarioso. Infiorescenza all’a-pice dei rami d’annata, appariscente, conamenti cilindrici di 10-40 x 3-5 mm, connumerosi fiori; bratteola eguagliante o sub-eguale al calice provvisto di 5 sepali ovati,

Infiorescenze di Tamarix canariensis.

Page 403: Alberi Arbusti 2008

Tamarix gallica L. - Infiorescenza x 1, i; fiori in boccio, fiore aperto x 4; calice x 8; seme x 8; capsula x 4; ramo coninfiorescenze particolare di ramo x 0,8; particolare di ramuli con foglie x 8; foglie x 16.

Page 404: Alberi Arbusti 2008

404

denticolato-erosi al margine, prontamentecaduchi, non più lunghi di 1,5 mm; corollacon 5 petali di 1,5-2 m; antere apicolate.Capsula trigona, liscia. Semi minutissimicon un ciuffo di peli lunghetti all’apice.

Tipo biologico. Arbusto o alberello,sempreverde. Microfanerofita.

Fenologia. I fiori compaiono sui ramidell’annata da aprile a giugno. Talora pre-senta una seconda fioritura nel periodoautunnale.

Areale. Tamarix gallica estende il suoareale lungo le coste del Mediterraneooccidentale. Attualmente, per la sua diffu-sione come pianta ornamentale, si trovacoltivata anche al di fuori del suo arealeoriginario. In Sardegna è diffusa spontanealungo i corsi d’acqua, mentre coltivata sitrova comunemente in ampie siepi confina-rie, soprattutto nella Sardegna meridionale.

Ecologia. È una specie termofila chevive in prossimità dei luoghi salmastri, sta-gni e fiumi, soprattutto lungo le zone lito-ranee.

Notizie selvicolturali. Arbusto o albe- Distribuzione in Sardegna di Tamarix gallica.

Tamarix gallica.

Page 405: Alberi Arbusti 2008

405

rello termofilo si propaga facilmente pertalea o polloni radicali. Si presta moltobene a colonizzare suoli umidi e a costitui-re barriere verdi e siepi. Trova utilizzoanche nei giardini, seppure ancora scarsa-mente utilizzata nonostante la sua abbon-dante fioritura estiva ed autunnale. Vienespesso utilizzata nel Campidano per costi-tuire siepi confinarie, contribuendo inmodo significativo a caratterizzare un pae-saggio spesso monotono.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. È una pianta il cui tronco può rag-giungere 40-50 cm di diametro, ma è scar-samente utilizzata sia come legna da arde-re, sia per usi artigianali.

Note etnobotaniche. Come Tamarixafricana.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. L’identificazione delle diversespecie nel genere Tamarix è piuttosto com-plessa, anche perché i caratteri diagnosticisi basano principalmente sui fiori, che sonodi piccole dimensioni e molto variabili intutte le loro parti, anche sul numero deglistami. Le indagini di De Martis, Loi e Polo(1984) sul genere in Sardegna hanno porta-to alla individuazione di ben 10 speciediverse. Tuttavia, gli stessi Autori dichiara-no la difficoltà di attribuzione per moltiesemplari anche per la supposta presenzadi forme intermedie attribuibili a fenomenidi ibridazione. Alcune specie sono limitatead una sola località e talune non sono statepiù ritrovate.

Tutto il genere richiede una rivisitazio-ne critica al fine di stabilire una più soddi-sfacente trattazione sistematica, anche allaluce e con l’ausilio delle più avanzatericerche genetiche, in modo da poter stabi-lire le reali affinità e sicure sinonimie dellevarie specie. Si riportano di seguito le spe-cie citate nella monografia di Demartis etal. (1984).

Tamarix passerinoides Del. ex Desv., Ann.Sci. Nat. Bot. 1(4):347 (1824)Arbusto a fioritura estiva in racemi peduncola-ti con fiori lassi provvisti di bratteole subegua-

li al calice, provvisto di 5 sepali largamenteovati a margine scarioso e 5 petali bianco-rosa-ti di forma ellittico-ovata; stami 10 con anterecuoriformi, rossastre, apicolate.Specie a distribuzione dal Sahara algerino alSinai. In Sardegna è indicata per la sola locali-tà di Stani Saliu a Sestu, ma non più ritrovata.

Tamarix parviflora DC., Prodr., 3:92 (1828)Arbusto di 1-1,5 m con rami rossastri eretto-patenti, con ricca fioritura primaverile e infio-rescenze in racemi sub-sessili con brattee fio-rali lineari-oblunghe, acuminate inferiori alcalice. Foglie appressate ai rametti. Calice diquattro sepali a margine scarioso-eroso; corol-la di quattro petali di colore rosa intenso, ovati;stami 4 con antere cuoriformi, apicolate. Cap-sule minute e semi lanosi.Utilizzata lungo strade statali nella Sardegnadel nord e nei giardini come pianta ornamenta-le; spontaneizzata a Canniggione. Specie alarga diffusione nell’area Mediterranea, in Sar-degna non si conoscono stazioni sicuramentenaturali.

Tamarix tetrandra Pall: ex M.B., Fl. Taur.-Cauc., 1: 247 (1808)Arbusto a fioritura primaverile con racemi fio-rali sessili o sub-sessili, e con brattee fioralioblunghe, inferiori al calice. Calice di quattrosepali ovati o largamente triangolari a marginescarioso-eroso; corolla di quattro petali rosati,ovati; stami 4 con antere mutiche. Capsuleminute e semi lanosi.Specie ad areale est-mediterraneo, Russia, Tur-chia. In Sardegna è indicata per una sola loca-lità a Portovesme.

Tamarix tetragyna Ehrenb., Linnaea 2: 258(1827)Arbusto a fioritura primaverile con racemiallungati subsessili. Fiori sessili o sub-sessili,con brattee da ovato-oblunghe nella parte infe-riori a lanceolato-lineari nella parte superioresub-eguali al calice provvisto di 4-5 sepali lar-gamente triangolari; corolla con 4-5 petalibianchi obovati; stami in numero variabile da 5a 9 con lunghi filamenti e antere brevementeapicolate.

Page 406: Alberi Arbusti 2008

406

Diffusa nella sponda meridionale del Mediter-raneo dall’Algeria al Medio Oriente. In Sarde-gna è data per la fascia costiera.

Tamarix dalmatica Baum, The genus Tama-rix, 182 (1978)Arbusto a fioritura primaverile con racemidensi di fiori sessili con brattee scariose piùlunghe del calice provvisto di 4-5 sepali;corolla con 4-5 petali bianchi, ellittico-obovatipersistenti; stami in numero variabile da 5 a 9con lunghi filamenti e antere mutiche. Diffusa nella sponda settentrionale del Medi-terraneo dalla Penisola Balcanica alla Francia.In Sardegna è data per la fascia costiera.Recentemente è stata segnalata in Corsica.

Tamarix nilotica (Erhenb.) Bge., Tentamen,54 (1852)Arbusto a fioritura estiva con racemi fioralisessili con brattee acuminate, non superanti il

calice provvisto di 5 sepali largamente triango-lari; corolla di 5 petali, rosei, di forma obova-ta; stami con antere provvisto di breve apicoloterminale.Specie a diffusione est-africana e MedioOriente, per la Sardegna è segnalata in territo-rio di Pula e Quartu.

Tamarix arborea (Sieb. ex Erhenb.) Bge.,Tentamen, 67 (1852)Arbusto o alberello a fioritura estiva con race-mi peduncolati e con asse glabro provvisto dibrattee fiorali lineari-triangolari non eccedentiil calice, provvisto di 5 sepali largamente trian-golari a margine dentellato eroso; corolla di 5petali, rosei, di forma ovata, caduchi; stami 5con antere apicolate.Specie a larga distribuzione dalle Isole Canariealla Penisola Iberica, Nordafrica, MedioOriente e Africa orientale. È indicata per diver-se località della Sardegna meridionale.

Formazione a Tamarix africana a Cala d’Arena nell’Isola dell’Asinara.

Page 407: Alberi Arbusti 2008

407

Formazione perilacuale a Tamarix africana nel Lago di Baratz.

Page 408: Alberi Arbusti 2008

408

ANGIOSPERMAE MYRTALES

MYRTACEAE

Alberi o arbusti con foglie persistentiopposte, coriacee, ricche di ghiandole con-tenenti olii eterei. Fiori in infiorescenzeracemose o anche solitari. Sepali 4 o 5,generalmente caduchi prima della fioritura.Petali 4 o 5. Stami numerosi con lunghifilamenti, liberi o riuniti a gruppetti. Frut-to: bacca, capsula o drupa.

La famiglia delle Myrtaceae comprendecirca 100 generi e 3.000 specie, diffusenelle regioni temperate, tropicali e subtro-picali. È una famiglia d’antica originecome dimostrano i fossili risalenti al Ter-ziario, rinvenuti in Australia e in Europa.

Appartengono a questa famiglia:Syzygium aromaticum (L.) Merr et Perry,da cui si ottengono l’olio di eugenolo e ifiori noti come «chiodi di garofano»; Fei-joa sellowiana Berg coltivata per i frutticommestibili; Pimenta dioica L. che forni-sce con i suoi frutti il pepe della Giamaica;Melaleuca leucadendron L., che dà l’oliodi cajaput, e il grande genere Eucalyptus;originario dell’Australia, oggi coltivato intutto il mondo.

MYRTUS L.

Piante arbustive, erette, cespugliose oalberelli con foglie persistenti, opposte,intere e brevemente picciuolate. Fioribianchi o rosati, solitari o in fascetti, connumerosi stami liberi. Ovario infero conmolti ovuli. Frutto: bacca con numerosisemi.

Il genere Myrtus comprende poche spe-cie proprie delle regioni tropicali e subtro-picali, in particolare del continente ameri-cano e australiano.

Myrtus allude, secondo una leggenda, aMyrsine, fanciulla dell’Attica, trasformatain questo arbusto da Pallade, per invidia,essendo stata vinta nella corsa.

Myrtus communis L., Sp. Pl. : 471 (1753)

Regione della prima descrizione:Europ. austr.; Oriens.

Nomi italiani: Mirto.Nomi sardi: Mulsta (Ittireddu); Multa

(Berchidda, Ittiri, Oschiri, Padria, Pattada,Sassari, Tempio); Murta (Alghero, Bitti,Bolotana, Fluminimaggiore, Oliena, Orani,Orgosolo, Quartu, Sant’Antioco, Urzulei);Murtin (Carloforte); Murtizzu (Bono);Muta (Burcei, Villacidro).

Nomi stranieri: Ingl., Myrtle; Fr., Myrtecommun; Ted., Echte Myrte, Braut-Myrte;Sp., Arrayan, Murta, Mirto, Murtra.

Arbusto eretto, molto ramificato, di 1-4m di altezza o alberello. Corteccia marron-scura o rossastra, staccantesi a scaglie sot-tili. Foglie di 2-5,5 x 1-3,6 cm, coriacee,opposte, ovali od ovato-lanceolate, acumi-nate all’apice, intere, subsessili, glabre connumerose ghiandole traslucide, aromatichee con nervatura centrale ben evidente. Fioriprofumati, bianchi o talvolta rosati in boc-cio, isolati all’ascella delle foglie; pedun-colo fiorale lungo più o meno come lefoglie; calice con 5 sepali acuti; corollacon cinque petali patenti, concavi a margi-ne arrotondato e unghia breve. Staminumerosi con filamenti lunghi 2-3 cm, sot-tili ed eretti a semicerchio. Ovario infero atre logge. Stilo filiforme. Bacca lunga 8-16mm, di forma sferica, ellittica, ovoidale,piriforme o campanulata ristretta alla base,con residui del calice all’apice, nero-viola-cea o raramente bianca; peduncolo di 1,5-3,2 cm. Semi numerosi, lucenti, bianco-avorio o giallognoli, reniformi, duri, di2,1-4,5 mm.

Tipo biologico. Arbusto sempreverde,cespitoso. Nanofanerofita.

Fenologia. Il mirto fiorisce in maggio-luglio e i frutti, che maturano a ottobre-dicembre, persistono ad inverno inoltratosino anche a febbraio-marzo. Fiorituresecondarie si hanno sporadicamente adicembre, ma il fenomeno più che legato a

Page 409: Alberi Arbusti 2008

particolari biotipi è piuttosto determinatodall’andamento stagionale e dalle condi-zioni microambientali in cui vivono i sin-goli individui.

Areale. Unica specie del genere Myrtusin Europa, è largamente diffusa in tutto ilbacino del Mediterraneo. In Sardegna occu-pa gran parte della fascia litoranea ma anchele zone basse dell’interno al di sotto dei 700m, con ampie lacune di distribuzione.

Ecologia. Il mirto cresce nelle zone conclima temperato e su qualsiasi tipo di terre-no. In Sardegna, tuttavia, è limitato quasiesclusivamente alle aree silicee, rifuggendoil substrato calcareo, se non in poche zonecome nelle aree alluvionali della Nurra diAlghero, dove l’influenza del calcare sem-bra mitigata da apporti alloctoni di altrimateriali terrosi. Il mirto, sebbene sia unaspecie decisamente termofila, ama i luoghiumidi e predilige i bordi dei corsi d’acqua,i fontanili, o comunque le aree con ristagnoidrico almeno temporaneo, come avvieneanche nei suoli di origine granitica o porfi-dica ricchi di argille e su suoli embrionali emolto poveri. Trova le condizioni ottimalidi sviluppo sui substrati effusivi di naturatrachitica o ignimbritica pianeggianti. Sen-sibile ai forti venti si localizza nelle valle-cole, nei pendii con affioramenti di falda ovenule idriche e nelle concavità riparate daiventi freddi e soleggiate. Lungo i litoraliviene “pettinato” dal vento e si confonde,proteggendosi in tal modo, tra le altre pian-te più resistenti della macchia, mentre lefoglie superiori vengono spesso seccate daiventi freddi salsi. Il suo carattere di spicca-ta eliofilia ne determina la rarefazione nellemacchie evolute e nei boschi ombrosi. Unasignificativa eccezione si ha nelle pineteartificiali di Pinus pinea dell’Aziendademaniale di S. Anna in comune di Torpé,su substrato scistoso, dove il mirto costitui-sce la specie dominante del sottobosco, concoperture anche totali.

In ambienti particolarmente favorevoli,forma cespi consistenti con numerosi ramiesili, ma anche alberelli che possono rag-giungere i 5-6 m di altezza con diametro di

20-25 cm. Entra a far parte dei consorzidella macchia mediterranea sia come spe-cie dominante, sia come caratterizzante delcomplesso di associazioni che vanno sottoil nome di Calycotomo-Myrtetum, di Myrtocommunis-Oleetum sylvestris.

Grandi alberi. Presentano dimensionidel tutto eccezionali due piante, ancoramolto vigorose, presenti nell’orto del con-vento di S. Pietro a Sassari, che hanno dia-metro superiore a 250 cm e che sono senzadubbio quelle di maggiori dimensioniconosciute in Italia e forse nel mondo.

Notizie selvicolturali. La propagazionedel mirto avviene preferibilmente per taleao margotta, anche per assicurare i caratterioriginari della cultivar. La formazione dinuove piantine da seme è piuttosto lentanella prima fase e richiede 4-5 anni percostituire cespi di una certa consistenza. Ilpotere pollonifero del mirto, oltre al natu-rale portamento, è elevatissimo e, a segui-to di taglio raso o del passaggio del fuoco,produce nuovi virgulti che in breve temporicostituiscono il cespo originario. Per talimotivi può essere ceduato ripetutamente,anche per favorire una maggiore produzio-ne di frutti, e si presta ad essere potato efoggiato in vari modi a scopo ornamentale.Recenti ricerche sui criteri ottimali di col-tivazione, stimolate dall’interesse delmirto in liquoreria, hanno focalizzato l’at-tenzione sia sugli aspetti della coltivazio-ne, sia sulla selezione di possibili cultivarcarpologiche a scopo produttivo o orna-mentale. In effetti, per l’abbondante e can-dida fioritura, sempre sui rami d’annata,che avviene nella tarda primavera e nelperiodo estivo, è una specie preziosa per ilgiardino dove si presta a costituire siepi,gruppi o anche ad essere coltivata in vaso.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno, di color grigio-rossastro, èduro, pesante, omogeneo, di grana fine,anche per la lentezza della crescita, ed èidoneo per lavori al tornio e per intarsio.

Note etnobotaniche. Le più antiche cita-zioni del mirto come pianta aromatica sonoattestate in iscrizioni su tavolette d’argilla

409

Page 410: Alberi Arbusti 2008

sumeriche risalenti al terzo millennio a.C. equindi presso gli Assiri e gli altri antichipopoli medio-orientali. In Egitto, ad Alessan-dria, sarebbe stato coltivato il mirto con ifrutti bianchi. Il mirto trova abbondante men-zione nell’Antico Testamento come piantapregiata e utilizzata anche nei riti religiosi eper la celebrazione delle nozze. SecondoBenedicenti (o.c.), l’israelita Ester prima diandare in sposa ad Assuero, re di Babilonia,fece bagni di essenza di mirto. Il legame conl’amore muliebre è confermato anche dalfatto che la pianta fu sacra a Venere che,dopo la nascita, nascose la sua nudità dietrouna pianta di mirto. La stessa dea, dopo ilgiudizio di Paride, si cinse con una coronafatta dalle sue fronde. Fu pianta sacra a Pal-lade. È simbolo anche di bellezza maschile,perché da esso nacque Adone. Assume quin-di significato di seduzione e d’amore coniu-gale, ma si trova chiaramente rappresentatoanche in affreschi di tombe etrusche a Cerve-teri. Il mirto, sacro a Dioniso, è simbolo dirigenerazione e rinascita. I Romani e i Sabinisi riconciliarono, dopo il famoso ratto, purifi-candosi con fronde di mirto. Nell’anticaRoma fu il primo arbusto ornamentale adessere piantato nei luoghi pubblici. Davantial tempio di Romolo Quirino vi furono perlungo tempo due mirti sacri, uno chiamato“patrizio”, l’altro “plebeo”. Plinio lo consi-dera come pianta esotica introdotta in Italiadalla Grecia, ma probabilmente si riferisce aqualche varietà coltivata. In effetti, il mirto,comune allo stato spontaneo, già nell’anti-chità, per il suo uso alimentare come aroma-tizzante delle carne e del vino e come spezia,ma anche in quanto pianta ornamentale, inriferimento contemporaneo ai simboli diseduzione, licenziosità e di fedeltà coniugale,veniva ampiamente coltivato a Roma. Tutto-ra, nella varietà tarantina, il mirto è una dellepiante più comuni negli spazi verdi della cittàeterna.

Il mirto entra nei riti della tradizione cri-stiana, come nel fuoco di Sant’AntonioAbate e di S. Giovanni Battista. In riferimen-to all’aspetto nuziale, in Gallura, due foglie,significanti l’uomo e la donna promessi

sposi, o desiderosi di fidanzarsi, si deposita-no vicine presso il fuoco. Se, accartocciando-si e bruciando, si avvicinano e si toccano èsegno di buon auspicio, mentre in caso con-trario si avranno poche speranze di un buonesito dell’unione. Più in generale le fronde ei fiori di mirto negli sposalizi costituivano unelemento ben augurale della riuscita delmatrimonio. Il mirto è utilizzato, tenuto inbocca dal proprietario del bestiame, in fun-zione apotropaica, per proteggere gli animalidomestici dalla mosca carnaia che potrebbedepositare le larve nelle mucose nasali, buc-cali o negli occhi degli animali domestici.

Le bacche sono conosciute come alimen-to e dalle zone costiere, le donne portavanoil prodotto, nei paesi dell’interno, vendendo-lo o barattandolo con altri prodotti. Si consu-mava crudo o, per lo più, si metteva a mace-rare con l’acquavite per ottenere il liquore dimirto. Un altro metodo per preparare illiquore, con proprietà toniche e digestive,era quello di bollire le bacche e aggiungereall’infuso acquavite o alcole, con l’aggiuntadi sciroppo di zucchero o miele. Questa pra-tica è comune, tuttora, in gran parte dei paesidell’Isola. Corrisponde in parte all’anticomyrtidanum di Catone (una sorta di vino almirto) che si preparava anche in Gallura ascopo medicinale. Dalle foglie tenere deigiovani germogli si ottiene un liquore dicolore verdognolo, per la presenza di cloro-filla, ma non meno pregiato e gustoso.Anche la pratica di insaporire la carne e lacacciagione (cinghiale, lepre, storni e perni-ci) cucinata in vario modo si ritrova nell’an-tico ricettario di Apicio.

I Greci ed i Romani conoscevano bene leproprietà medicinali delle foglie per combat-tere ulcere, dermatosi, emorroidi, affezionidegli organi genitali, delle vie urinarie edelle vie respiratorie, e come stomachico;anche tali aspetti erano conosciuti nell’Isola,così come la preparazione, per distillazionedei fiori, della cosiddetta “acqua degli ange-li”, usata contro la forfora e la caduta deicapelli. I semi e le foglie triturate mischiatinel vino erano considerati un rimedio control’avvelenamento da funghi e contro la peste,

410

Page 411: Alberi Arbusti 2008

Myrtus communis L.- Ramo con fiori, ramo con frutti x0,6; rametto con fiori x1; frutto in sezione x1,2.

Page 412: Alberi Arbusti 2008

l’eccessiva sudorazione dei piedi e gli arros-samenti della pelle dei neonati. Le fogliesono aromatiche ma amare e contengonotannini, che hanno proprietà astringenti e uncomplesso di oli essenziali e sostanze aro-matiche oggetto di molti studi, per le nume-rose azioni benefiche sull’organismo chevengono loro attribuite. L’infuso delle foglietrovava impiego anche in campo veterinarioper la cura dei disturbi digestivi dei bovini.

In campo artigianale le foglie erano uti-lizzate per la concia delle pelli. I rami delmirto, sottili ma resistentissimi e flessibili,trovavano largo impiego nei lavori diintreccio per cesti, per nasse per la pesca eper spalliere alte del carro tradizionale peril trasporto della paglia. Non mancano infi-ne distillazioni per ottenere l’essenza usatain profumeria o come crema per la pelle.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Del mirto sono ben conosciutediverse varietà. La forma a bacche bianca-

stre o di colore giallognolo (var. leucocar-pa Lam.), coltivata già dagli antichi Egizi,si trova sporadica allo stato spontaneo; ilmirto esotico di Plinio coltivato a Roma èprobabile sia la var. tarentina L., mentrequella che egli considerava nostra potrebbeessere la var. romana di Linneo; appare didifficile identificazione il myrtus conjuga-lis, ugualmente citato da Plinio. Oggi, siriconosce il rango unitario differenziandolotutt’al più come sottospecie (ssp. communise ssp. tarentina (L.) Arcangeli) o megliocome varietà basate principalmente sulledimensioni e sulla forma delle foglie. Per laSardegna, Fiori indica le seguenti varietà:italica L., romana L., lusitanica L. e taren-tina L., quest’ultima presso Pula a SanRocco, ma verosimilmente proveniente dacoltura. Tra di esse la varietà tarentinamostra la maggiore individualità grazie allefoglie sempre molto piccole, internodi rac-corciati da simulare quasi una condizioneverticillata, e i frutti rotondi. Le altre varie-tà fanno riferimento soprattutto alle dimen-sioni delle foglie, molto variabili nell’am-bito delle popolazioni naturali, come anchesostenuto da Pignatti (1982). Pampanini(1941) considera la var. leucocarpa Lam.come una forma o subforma che comparesporadica nelle diverse varietà. Egli analiz-zando le popolazioni di Macchiareddupresso Cagliari riconosce la var. italica L.,distinguendo in base alla forma delle bac-che la subvar. globosa Pamp., a cui aggregadue forme (f. dubia Pamp. e macrocarpaPamp.) e la subvar. oblonga Pamp. con leforme vera Pamp., la subf. intermediaPamp. (per il colore porporino delle bac-che) e la subf. leucocarpa (DC.) Pamp., laforma grandis Pamp. (con le bacche oblun-go-turbinate lunghe sino a 15 mm) con lasubf. dulcis Pamp.

Si tratta in definitiva di un complesso dibiotipi che proprio per la loro coesistenzanegli stessi habitat hanno scarso valoresistematico e sono riconducibili alle varia-zioni individuali. Anche in altre popolazio-ni dell’Isola si ha variabilità analoga dellaforma e delle dimensioni delle bacche (più

412

Distribuzione in Sardegna di Myrtus communis.

Page 413: Alberi Arbusti 2008

413

rotondeggianti, piccole, più allungate, sinoa 18 mm) conosciute a livello popolarecome murta campanedda, in quelle didimensioni maggiori, e nel numero deisemi nell’ambito di uno stesso individuo. Isemi, da 1 nelle bacche piccole sino a 12 inquelle più grandi variano come forma, darotondeggianti a cuoriformi, reniformi conilo centrale ben sviluppato; sono lunghi2,1-4,5 mm e di norma meno larghi e leloro dimensioni sono indipendenti dalnumero dei semi in una stessa bacca.Anche i caratteri organolettici della polpasi apprezzano, a parità di maturazione,

come più tannici o più dolci, mentre, aparte la var. leucocarpa, appare costante lacolorazione della buccia e della polpa.

SPECIE INTRODOTTE. Tra le Myrtaceae ilgenere Eucalyptus è quello di maggioreimportanza. Gli eucalitti, originari del Con-tinente australiano e della Tasmania, furonointrodotti in Europa, dopo la scoperta del-l’Australia, sia per la rapidità di crescita, siaper la loro adattabilità anche alle condizioniambientali più critiche. Si tratta di pianteche hanno un apparato radicale notevole ingrado di esercitare una fortissima concor-

Myrtus communis in formaarborea nell’orto di San Pietro diSilki a Sassari.

Page 414: Alberi Arbusti 2008

414

renza alle specie spontanee, tanto che neirimboschimenti ad eucalitti si ha una pro-gressiva scomparsa del sottobosco, ancheper l’accumulo di sostanza organica inde-composta, che impedisce la regolare germi-nazione di semi. E. camaldulensis Dehn. èla specie più diffusa e fa parte ormai delpaesaggio vegetale in molte parti dell’Isolaed in particolare delle zone di pianura ecostiere. Gli eucalitti sono utilizzati ancheper costituire barriere frangivento a prote-zione delle colture agrarie e per la produzio-ne di legname per legna da ardere, cassetta-me e paleria. L’abbondante fioritura vienesfruttata per la produzione di un ottimomiele monoflorale. La specie si caratterizzaper le infiorescenze in cime provviste dinumerosi fiori e capsule fruttifere appuntitedi piccole dimensioni. Nonostante la suarelativamente recente introduzione, alcunepiante hanno raggiunto dimensioni ragguar-devoli, che le fanno annoverare tra gli albe-

ri di maggiori dimensioni, come quelli cen-siti da Vannelli in località Su Loi a Capoter-ra (28 m di altezza con 676 cm di circonfe-renza), il grande albero del cortile del com-plesso di edifici della caserma forestale diPantaleo a Santadi (30 m di altezza per 569cm di circonferenza) e quello di Villa d’Or-ri a Sarroch (30 m di altezza per 585 cm dicirconferenza). Un’altra specie abbastanzafrequente è E. globulus Labill., caratterizza-ta da frutti a ricettacolo legnoso con diame-tro di circa 20 mm e foglie delle piante gio-vani opposte e unite alla base; assumedimensioni notevoli con un esemplare pre-sente a Villa d’Orri, di 33 m di altezza e 500cm di diametro. Altre specie che è possibilerinvenire nei rimboschimenti, nei centri abi-tati e nelle case di campagna sono E. popu-lifolia, (secondo Vannelli (o.c.) introdottaper la prima volta in Europa a Villa d’Orrinel 1842), E. panicolata, nonché altre anco-ra ma di minore frequenza.

Fiori di Myrtus communis. Frutti bianchi di Myrtus communis.

Page 415: Alberi Arbusti 2008

415

ANGIOSPERMAE UMBELLIFERALES

CORNACEAE

Alberi, arbusti, suffrutici. Foglie persi-stenti o caduche, semplici. Fiori bisessualio unisessuali riuniti in infiorescenze aombrella. Frutto: drupa o bacca. La fami-glia delle Cornaceae comprende 12 generie circa 95 specie distribuite prevalente-mente nelle regioni tropicali, subtropicali etemperate. Molte specie sono utilizzatecome piante ornamentali nei giardini.

CORNUS L.

Piante arboree, arbustive, raramenteerbacee con foglie persistenti o caduche.Fiori piccoli, riuniti in ombrelle e circon-dati spesso da brattee fogliacee petaloidee.Calice e corolla di quattro pezzi. Stami 4.Il genere Cornus è rappresentato da circa45 specie distribuite nelle regioni tempera-te dell’Emisfero settentrionale. Il legno dimolte specie è ricercato per la fabbricazio-ne di mobili ed utensili vari. Il nome Cor-nus potrebbe derivare dalla somiglianzariscontrata fra il legno di questa pianta e leappendici cornee di molti animali.

Cornus sanguinea L., Sp. Pl., 1:117(1753)

Regione della prima descrizione: Habi-tat in Europae, Asiae, Americae borealisdumetis.

Nomi italiani: Sanguinella.Nomi sardi: Erba de sanguini.Nomi stranieri: Ingl., Dogwood; Fr.,

Cornouillier sanguin; Ted., Blutroter Hart-riegel, Roter Hornstrauch; Sp., Sangrin-yol, Sangrell.

Arbusto di 1-4 m con numerosi fustieretti o leggermente incurvati, verdi dagiovani, rossastro-porporini da adulti.

Foglie di 5-8 x 4-7 cm, opposte, rotondeg-gianti, ellittiche, acuminate all’apice, ros-sastre in autunno; lamina a margine interocon nervature marcate, convergenti versol’apice, con peli semplici e peli sparsi fis-sati a metà; pagina superiore con peli piùradi, più piccoli, tutti appressati. Fioribianchi, più o meno peduncolati, in corim-bo terminale; petali di 6-7 x 1,5-2 mm, lan-ceolati, patenti. Antere lineari-oblunghe;stilo a forma di clava. Drupa di 6-8 mm,globosa, nero-azzurrognola, di saporeamaro, non commestibile.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso,caducifoglio. Microfanerofita.

Fenologia. Inizia la fioritura ad aprile-maggio, dopo la comparsa delle foglie. Ifrutti maturano ad ottobre, mentre le fogliepermangono sino a dicembre inoltrato.

Areale. Cornus sanguinea ha un arealemolto vasto ed è ampiamente diffusosoprattutto nell’Europa Centrale, in AsiaMinore e Caucaso. In Sardegna si trova

Distribuzione in Sardegna di Cornus sanguinea.

Page 416: Alberi Arbusti 2008

Cornus sanguinea L. - Ramo con foglie, ramo con frutti, rametto con fiori x0,6; fusto x2,4; particolare di foglie, fiorix1,2.

Page 417: Alberi Arbusti 2008

417

sporadico nei dintorni di Sassari e nel Sar-cidano.

Ecologia. È un arbusto moderatamenteeliofilo che cresce nei luoghi aridi, sassosi,soleggiati, nei boschi radi e nelle macchie,indipendentemente dal substrato. In Sarde-gna è piuttosto raro e sembra avere esigen-ze differenti rispetto a quanto è dato in let-teratura per le altre regioni; infatti si trovanelle vallate umide sui calcari miocenicidel Sassarese, e nel Sarcidano lungo i corsid’acqua, mentre rifugge le formazioniboschive.

Notizie selvicolturali. La crescita èpiuttosto lenta, non raggiunge mai dimen-sioni notevoli e resta allo stato arbustivopur possedendo una notevole longevità. Sipropaga molto facilmente per seme, pertalea o margotta e spesso diventa invaden-te. Potrebbe trovare utilizzazione nellesiepi e nei giardini per la facilità di coltura

e per la colorazione che le foglie assumononel periodo autunnale.

Caratteristiche ed utilizzazioni del legno.Il legno è duro, compatto, tenace e si prestaper accessori di piccoli utensili campestri.

Note etnobotaniche. La corteccia dà avari tessuti come la lana, il lino, il cotone ela seta, varie tonalità di bruno (color casto-ro-chiaro, nocciola). Il frutto contiene oliiin notevoli quantità (34%) che sono adattiper la concia, per saponi, ma soprattuttoper le lampade al posto dell’olio di oliva,poiché possiede maggiori pregi nella com-bustione.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Le popolazioni sarde di Cornussanguinea, nonostante il loro isolamentogeografico e genetico, rispetto alle popola-zioni delle altre aree geografiche, non sem-brano avere differenze tali da giustificarel’istituzione di sottospecie o varietà.

Infiorescenza di Cornus sanguinea. Frutti immaturi di Cornus sanguinea.

Page 418: Alberi Arbusti 2008

418

ANGIOSPERMAE UMBELLIFERALES

APIACEAE O UMBELLIFERAE

Piante prevalentemente erbacee, più rara-mente legnose, arbustive o arboree. Fogliecomposte, pennato-partite, palmato-compo-ste o semplici. Infiorescenze ad ombrellasemplice o composta, accompagnata da brat-tee. Calice ridotto o mancante; corolla con 5petali, talvolta diseguali, bilobi. Stami 5 conantere rivolte verso il centro del fiore. Ova-rio infero con due carpelli (mericarpi). Frut-to: diachenio di varie forme o con diverseornamentazioni: solchi, spine, aculei, tuber-coli, ali.

La famiglia delle Apiaceae comprende300 generi con circa 3.000 specie distribuitein tutto il mondo ed alcune di esse largamen-te coltivate per uso alimentare, per l’estra-zione di resine, gomme, sostanze medicinalie per scopo ornamentale.

BUPLEURUM L.

Piante erbacee, annuali e arbustive, confoglie larghe, intere, persistenti, sessili, oabbraccianti il fusto. Fiori riuniti in infio-rescenze ad ombrella, circondate da bratteespesso vistose. Fiori piccoli, verdognolicon calice incospicuo. Ovario infero. Frut-to: diachenio.

Il genere comprende circa 150 speciedistribuite per lo più in Europa, Asia, Afri-ca in zone a clima freddo o temperato.

Bupleurum deriva dal greco: «boupleu-ron» = costa di bue, con riferimento allenervature delle foglie.

Bupleurum fruticosum L., Sp. Pl., 1: 238(1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Galliae australis saxosis maritimis.

Nomi Italiani: Bupleuro cespuglioso.Nomi sardi: Laru crabinu (Isili); Laru eru

crabiu (Fluminimaggiore); Laru crapi-nu (Escalaplano); Linna niedda (Dorga-li); Linna pudida (Laconi).

Nomi stranieri: Ingl., Thorow-wax; Fr.,Bupleure ligneux; Sp., Matabou (Catal.).

Pianta sempreverde, fortemente aromati-ca, arbustiva, di 1-2 m, con rami eretti o ten-denti a costituire un cespuglio ombrellifor-me. Rami lisci, più o meno striati nel secco,rossastri. Foglie lunghe 3-7 cm, larghe 2-3cm, sparse, più o meno appressate ai rami,obovate o ellittiche-oblunghe, cuneate allabase ed appuntite all’apice, con nervaturaprincipale ben marcata. Infiorescenze inombrelle poste alla sommità dei rami, con 5-6 brattee caduche, obovate, e 5-20 raggi di 3-4 cm; ombrellette bratteolate con 8-12 fiori econ peduncoli di 4-7 mm, ghiandolosi; fiorigialli poco appariscenti. Frutto: diachenio di6-8 mm, con coste strettamente alate.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso sem-

Distribuzione in Sardegna di Bupleurum fruticosum.

Page 419: Alberi Arbusti 2008

Bupleurum fruticosum L.- Ramo con fiori e frutti, foglie x0,65; fiori x4.

Page 420: Alberi Arbusti 2008

420

preverde a foglie coriacee. Nanofanerofita.Fenologia. Fiorisce da giugno ad ago-

sto e i frutti maturano nel mese successivo.Areale. Vive in Europa meridionale e

Africa del Nord. Coltivato a scopo orna-mentale, attualmente si trova anche inGran Bretagna, Russia, Turchia. In Sarde-gna presenta pochi esemplari alla foce delRio Li Cossi in Gallura, ma è diffuso,soprattutto, nel settore centro-orientale deiSupramonti, in Ogliastra, a Tonara e nellaSardegna meridionale sul Marganai.

Ecologia. È una specie eliofila che pre-dilige i luoghi calcarei delle zone costiere.Tuttavia vive sporadico anche su altri sub-strati, come al contatto delle sabbie con lerocce porfidiche, e nelle zone più interne,in ambienti montani particolarmente benesposti e caldi, fino ai 1.000 m sulle pareticalcaree dei tonneri del Gennargentu. Sullearee di depositi calcarei di versante, presso

Osini, si hanno vere e proprie garighe checaratterizzano chiazze di paesaggio.

Notizie selvicolturali. Bupleurum fruti-cosum è la sola specie legnosa nella fami-glia delle ombrellifere presente nella florasarda. Si produce per seme e si propagaanche per polloni radicali. Si presta adessere coltivata come pianta da giardino inquanto forma cespugli emisferici sempre-verdi, molto compatti ed odorosi, che atti-rano api, vespe e tanti altri insetti. È unapianta mellifera.

Note etnobotaniche. Secondo Plinio, ifrutti erano utili anche contro il morso deiserpenti. La distillazione in vapore acqueodelle parti aeree dà un’essenza usata comeantireumatico e antinfiammatorio costitui-ta principalmente da fenilpropanoidi, timo-lo, pinene e carvacrolo. I frutti, simili aquelli del finocchio e molto aromatici,erano usati come aromatizzanti.

Bupleurum fruticosum.

Page 421: Alberi Arbusti 2008

421

ANGIOSPERMAE ERICALES

ERICACEAE

Arbusti eretti, prostrati, rampicanti o erbe.Foglie alterne, opposte o verticillate, coriacee,persistenti. Fiori isolati o riuniti in infiorescen-ze. Calice con cinque pezzi saldati alla base.Corolla con quattro o cinque petali, general-mente fusi. Stami 4-5 o in numero doppiorispetto ai petali. Polline in tetradi. Ovariosupero o infero. Frutto: bacca o capsula.

La famiglia delle Ericaceae viene suddi-visa in 5 grandi sottofamiglie comprendenti100 generi con 3.000 specie distribuite intutto il mondo. I generi più diffusi sono:Rhododendron, di cui sono state descritteoltre 700 specie, Erica, Arbutus, Vaccinium,Calluna. Vi appartengono numerose piantedi interesse ornamentale, come i rododendrie le eriche, ed economico, come i mirtilli. Èuna famiglia le cui origini risalgono al Cre-taceo, come testimoniano i reperti fossili.

– Foglie ovali, sparse; fiori con 10 stami;frutto: bacca di 1,5-3,5 cm..........Arbutus

– Foglie lineari verticillate a tre o quattro;fiori con 8 stami; frutto: capsula minu-ta......................................................Erica

ARBUTUS L.

Piante arbustive o a portamento arboreo,con foglie coriacee, semplici, persistenti.Fiori con corolla gamopetala, rigonfia, bian-ca o rosea. Infiorescenze a grappolo, pendu-le o erette. Stami 10 racchiusi nella corolla;ovario con 10 carpelli. Frutto: bacca.

Il genere Arbutus è costituito da circa20 specie che vivono in zone a clima tem-perato o subtropicale. Arbutus deriva dallatino tardo «arbustus=arbusto».

Arbutus unedo L., Sp. Pl. 1:395 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa australi.

Nomi italiani: Corbezzolo, Albatro, Ros-sello, Cerasa marina.

Nomi sardi: Alboç (Alghero); Armù (Car-loforte); Cariasa lidone (Bolotana);Lidòne (Anela, Berchidda, Bitti, Bono,Bonorva, Ittiri, Nule, Nuoro, Orani,Ozieri, Pattada, Siniscola); Lioni (Per-das de Fogu, Seui, Tempio); Oiòi(Mogoro); Oiò(n)i (Fluminimaggiore);Oiòni (Villacidro); Olidòne (Baunei,Berchidda, Oschiri, Padria, Urzulei,Usini); Oliòne (Laconi); Oliòni (Bur-cei); Orioni (S. Antioco); Alidòne, Ghi-lidone, Chilisone; Mela ‘e lidòne indicain genere il frutto.

Nomi stranieri: Ingl., Strawberry tree; Fr.,Arbousier commun; Ted., Erdbeerbaum;Sp., Madroño, Arboser, Arboc.

Pianta arbustiva o anche albero, moltoramificato. Corteccia bruno-rossastra stac-cantesi a scaglie sottili. Rami giovani pelo-setti, rossastri. Foglie sparse, di coloreverde-scuro brillante nella pagina superio-re e verde più chiaro in quella inferiore,con lamina ovale, obovata o, più comune-mente, ovale-lanceolata, coriacea, a margi-ne dentellato o crenato-dentato. Fiori suirami dell’annata in infiorescenze a grappo-lo terminale pendulo; pedicelli con bratteo-le; calice con 5 sepali triangolari; corollabianca o rosea, urceolata, con 5 dentinisituati sul margine e ripiegati verso1’esterno; stami 10 racchiusi nel tubocorollino con filamento rigonfio, peloso,ed antere ovali munite di due sottili appen-dici all’apice; stimma discoideo. Frutto:bacca di 2-3,5 cm, globosa o con apice las-samente conico, rossa, carnosa, con nume-rosi tubercoli rigidi distribuiti sulla super-ficie esterna. Semi minuti ovali-lanceolati,di forma irregolare. 2n=26.

Tipo biologico. Arbusto sempreverde afoglie sclerofilliche ma non molto rigide.Spesso, in condizioni ambientali favorevo-li, assume portamento arboreo e raggiungeanche i 10-18 m di altezza. Micro e meso-fanerofita.

Fenologia. Il corbezzolo fiorisce da set-

Page 422: Alberi Arbusti 2008

tembre a dicembre e i frutti maturano dopoun anno. I nuovi germogli compaiono nellaprimavera successiva e risultano al centrodel punto di emissione di numerosi nuovirami. Fioriture a maggio-giugno sono deltutto sporadiche, e appaiono legate al bio-tipo piuttosto che all’andamento climatico.

Areale. È diffuso soprattutto nellaregione mediterranea, ma si estende anchelungo l’Oceano Atlantico sino all’Irlanda.La presenza del corbezzolo in questa zonaha suscitato molte discussioni non risoltesul suo indigenato. Alcuni autori propen-dono per un’introduzione della specie pervia antropica, altri invece considerano lasua presenza come un relitto di una vegeta-zione mesofita che, nel periodo dell’oscil-lazione xerotermica post-glaciale, avrebbeconquistato le coste atlantiche. Questa ipo-tesi è avvalorata dalla presenza di altrespecie mediterranee che accompagnano ilcorbezzolo nelle zone situate fuori dellaloro area di distribuzione principale. InSardegna è una delle piante più comuni emaggiormente diffuse, sia nelle macchielitoranee, sia nei boschi montani al di sottodei 1.200 m di altitudine.

Ecologia. Il corbezzolo, generalmenteindifferente al substrato, preferisce i suolisilicei. Vive nelle regioni con clima tempe-rato o caldo-arido, ma si spinge anche inzone più fredde e umide mitigate, però, dalclima di tipo oceanico. Cresce nel sottobo-sco, dove forma spesso un fitto strato arbu-stivo, e nelle zone soleggiate e aperte. Lamacchia a corbezzolo rappresenta uno sta-dio di degradazione della lecceta mesofilae può essere considerata una tappa dell’e-voluzione della vegetazione verso la rico-stituzione naturale della formazione fore-stale a leccio. Nelle leccete in uno stadio dimassima evoluzione, il corbezzolo si devi-talizza via via sino a deperire definitiva-mente. Entra a far parte dell’Erico-Arbute-tum di cui costituisce l’elemento principa-le. Nella fase iniziale della formazionedelle macchie si può trovare in posizionesubordinata o paritaria rispetto a Ericaarborea, ma con l’evolversi delle stesse, si

afferma sempre di più soppiantando cistied eriche, specie maggiormente eliofile,che deperiscono in modo significativo. Inqueste formazioni forestali che così vengo-no a formarsi, alla fine, il corbezzolo restala specie dominante, se non esclusiva, epuò costituire anche veri e propri boschi,ma con scarsa rinnovazione naturale.

Grandi alberi. Grandi alberi sono pre-senti sporadicamente in tutta la regione,ma gli esemplari di taglia maggiore cono-sciuti sono localizzati nei Supramonti cal-carei di Orgosolo a Sas Baddes e pressoNuraghe Mereu, con alberi alti sino a 10-15 m e diametro di 70-80 cm; in Ogliastra,in località Lacarda in comune di Seui, conuna pianta di 7 m di altezza e 247 di cir-conferenza; nel Sarcidano a Laconi, maanche sui graniti di Nuraxi a Villacidro,con un albero di 8 m di altezza e 195 di cir-conferenza ed ancora a Traimento-Talavàin comune di Torpé con alberi che raggiun-gono 8 m in altezza e 80 cm di diametro, esulle vulcaniti della Giara. In comune diUrzulei, a Genna Silana, sul versanteorientale del complesso calcareo tra inumerosi esemplari in forma arborea esisteun albero con oltre 400 cm di circonferen-za che, verosimilmente, è quello di mag-giori dimensioni di tutta l’Isola.

Notizie selvicolturali. La propagazionesi ottiene con buoni risultati dai semi; que-sti, raccolti non più tardi di gennaio, deb-bono essere interrati su terreno leggero,preferibilmente siliceo, ricco di humus. Lagerminazione avviene dopo 1-2 anni e lacrescita delle piantine è piuttosto lenta neiprimi anni, ma regolare. Possono esseremesse a dimora quando hanno raggiuntoun’altezza di circa 50 cm. Dopo il taglio ol’incendio, la ceppaia emette numerosi pol-loni che crescono rapidamente. Il migliormodo di governarlo è a ceduo con tagliogni 10-20 anni. È utilizzato come piantaornamentale, altamente decorativa per ilfogliame, per l’abbondante fioritura e frut-tificazione autunnale. In Sardegna il cor-bezzolo forma estese macchie sia comespecie prevalente, sia con l’erica arborea e

422

Page 423: Alberi Arbusti 2008

423

altre sclerofille sempreverdi. Boschi dicorbezzolo in forma arborea di 15-16 m dialtezza sono presenti anche nella forestademaniale di Montarbu, su substrato sili-ceo, mentre i boschi di corbezzolo più este-si della Sardegna sono in territorio diUrzulei e Dorgali presso Genna Silana.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è pesante, omogeneo, com-patto con alburno bianco-rosato o giallo-rosso e duramen rosso-bruno. Può esserefacilmente levigato e utilizzato per lavoridi piccola ebanisteria e di tornio. La fragi-lità e la tendenza a torcersi, particolare benevidente nelle piante di grandi dimensioni,ne limitano gli usi in falegnameria. Sonorinomate le botticelle per l’invecchiamentodel vino e dell’acquavite a cui conferisceun colore ambrato. I robusti polloni trova-no ottimo impiego in paleria per le vigne,per coprire le pinnettas dei pastori, per lacostruzione di paletti e manici di utensili,spiedi per arrosti, attrezzi di cucina, gio-cattoli e pezzi di strumenti musicali. È uneccellente legna da ardere e il carbone chene deriva dà un alto rendimento. Distribuzione in Sardegna di Arbutus unedo.

Infiorescenza e frutti di Arbutus unedo.

Page 424: Alberi Arbusti 2008

424

Albero monumentale di Arbutus unedo a Genna Silana in territorio di Urzulei.

Page 425: Alberi Arbusti 2008

425

Macchia evoluta a Arbutus unedo.

Macchia evoluta e formazioni boschive a Arbutus unedo presso la gola di Gorropu (ai confini tra Urzulei-Orgosolo-Dorgali).

Page 426: Alberi Arbusti 2008

Arbutus unedo L. - Ramo con fiori e frutti x0,5; infiorescenza, fiore aperto x2; stame x5; calice x8; frutto in sezionex1; seme x4.

Page 427: Alberi Arbusti 2008

Note etnobotaniche. Il corbezzolo è unaspecie conosciuta ed apprezzata sin dal-l’antichità. I frutti sono eduli, dolci e appe-titosi, ma, secondo Plinio, sono poco pre-giati ed è preferibile mangiarne solo uno,in quanto hanno proprietà lassative. Daquesta indicazione potrebbe derivare l’epi-teto specifico unedo: unum edendi comeriferisce Plinio. Dai frutti, un tempo ven-duti anche in diverse parti della Sardegna,si ottiene una marmellata. Le bacche matu-re erano utilizzate per preparare una sapa,sostitutiva di quella del vino o del ficod’India, usata per aromatizzare i dolci o,tramite la macerazione, una sorta di vinomelassato. I frutti, con la fermentazione,forniscono una buona acquavite e, facen-doli macerare per 20-30 giorni in soluzio-ne alcolica, si ottiene un delicato liquore.Le foglie e le sommità fiorite contengonodiversi glucosidi, alcaloidi e sostanze tan-niche. Il decotto delle foglie è consideratoantireumatico ed astringente. L’infuso o ildecotto della radice, da solo o con altrepiante, era usato come dimagrante e ipo-tensivo, nelle gastriti, e nei disturbi intesti-nali ed epatici, come antalgico e nelleescoriazioni e ferite. Anche in questi casierano importanti il giorno della raccolta ela pratica rituale adatta per assicurarnel’efficacia. La corteccia ha proprietà con-cianti e le foglie e i giovani polloni sonoappetiti dal bestiame. In medicina veterina-ria aveva una certa rinomanza contro ilmalocchio agli animali domestici. Ai fioridi corbezzolo è dovuto un ottimo miele,cosiddetto amaro, che si ricava nel periodoautunnale, molto pregiato e famoso fin dal-l’antichità per le sue proprietà curativedelle affezioni bronchiali. Il pascolo delleapi su queste piante sembra creare proble-mi al loro stato sanitario.

Il corbezzolo per le sue foglie verdi, ifiori bianchi e i frutti maturi rossi, presen-ti contemporaneamente nel periodo autun-nale, ha gli stessi colori della bandiera ita-liana; fu proposto, senza esito, dal botani-co Valerio Giacomini come pianta simbolod’Italia, mentre lo è diventata per l’Irlanda.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il corbezzolo presenta unasostanziale uniformità di caratteri e levarietà e forme colturali descritte sonoriconducibili nell’ambito della variabilitàpopolazionale della specie. Sono ricono-scibili per le foglie (var. angustifolia(Debx.) Fiori), o per la forma e le dimen-sioni delle bacche, suscettibili di essereconservate tramite la propagazione vegeta-tiva. Le specie più affini del corbezzolosono Arbutus canariensis Veill. delleCanarie e A. andrachne L. del Mediterra-neo orientale, con il quale si ibrida dandoorigine ad A. andracnoides Link, alberomolto apprezzato per il colore rossastrodella corteccia liscia del tronco principalee dei rami.

ERICA L.

Alberi o arbusti eretti o prostrati confoglie lineari, persistenti, verticillate a tre oquattro e con margine revoluto. Fiori riuni-ti in infiorescenze a grappolo o a pannoc-chia; calice ridotto; corolla bianca, verdo-gnola, giallastra o rosa, campanulata, tubu-losa o rigonfia; stami 8 con o senza appen-dici; ovario supero. Frutto: capsula.

Il genere Erica comprende circa 500specie diffuse in Europa ed in Africa, inparticolare nell’Africa del Sud, che vieneconsiderata il principale centro di origine.Molte specie che vivono in Africa hannofioritura abbondante, appariscente, masono poco resistenti ai rigori invernali epossono essere utilizzate come piante daappartamento o da serra. Quelle che vivo-no in Europa hanno fiori più piccoli, masono più resistenti al clima caldo-seccodelle regioni mediterranee o a quello fred-do-umido delle zone montane. Le erichepreferiscono i terreni acidi e poveri checolonizzano da sole o assieme ad altre spe-cie frugali, formando degli aspetti partico-lari della vegetazione, noti come brughiereed ericeti. Il nome Erica deriverebbe dalgreco «creikon»=rompere, frantumare, per

427

Page 428: Alberi Arbusti 2008

le proprietà diuretiche del suo decotto,usato per sciogliere i calcoli, ma più proba-bilmente per il particolare modo dellospezzarsi dei rami.

1 Fiori bianchi o verdognoli......................2– Fiori rosa................................................32 Rami giovani pubescenti; foglie con un

solco nella pagina inferiore; fiori in pan-nocchie dense; antere con appendiciciliate; fioritura invernale-primaverile.................................................E. arborea

– Rami giovani glabri; foglie con due sol-chi nella pagina inferiore; fiori in grap-poli stretti allungati; antere senza appen-dici; fioritura invernale-primaverile................................................E. scoparia

3 Fiori in ombrelle terminali; foglie con 2-3 solchi nella pagina inferiore e riunite averticilli di tre; antere con appendiciintere; fioritura primaverile-estiva.............................................E. terminalis

– Fiori in grappoli terminali, densi; fogliecon un solco nella pagina inferiore eriunite in verticilli di 4-6; antere senzaappendici; fioritura estivo-autunnale.............................................E. multiflora

Erica arborea L., Sp. Pl. 1: 353 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europae australi.

Nomi italiani: Erica arborea, Scopa daciocco.

Nomi sardi: ‘Astannagliu (Oliena); Casta-nagliu (Siniscola); Castanariu (Nuoro);Castangialzu (Padria); Castaniariu(Alghero); Castannalzu (Pattada);Castannarzu (Anela, Bono); Castanzar-zu (Bolotana); Castennagliu (Bitti);Castennargiu (Orani); Ghiddostre (Olie-na, Orgosolo, Sarule); Iddostra (Fonni);Iddostro (Busachi); Iscoba (Berchidda);Iscopa masciu (Tempio); Salima femina(Villaputzu); Sechintrese (Orani); Tuva-ra (Burcei); Tuvara era (Aritzo); Uvara(Fluminimaggiore, Villacidro).

Nomi stranieri: Ingl., Tree heath; Fr., Bru-yère en arbre; Ted., Baum-Heide; Sp.,Urce, Dinada, Bruch.

Arbusto di 1-6 m di altezza con ramieretti, densi. Rami giovani con densa pelu-ria biancastra formata da peli stellati fram-misti a peli semplici. Corteccia grigio-scura o bruno-chiara, screpolata in listellelongitudinali. Foglie 3-5 mm, glabre,verdi-scure, in verticilli di 3-4, lineari, conmargine denticolato. Fiori bianchi o rosati,profumati, con corolla campanulata o sub-cilindrica. Infiorescenza a pannocchiadensa, formata dall’unione di numerosi ecorti racemi; pedicelli glabri con due o trepiccole bratteole; calice piccolo, glabro,con lobi ottusi, rigonfio alla base; corolla2-4 mm, divisa sino alla metà, lobi ottusi,eretti. Stami racchiusi nella corolla, confilamento corto e con antere munite di dueappendici ciliate. Ovario con stilo e constimma rotondeggiante. Capsula, glabra,ovoidale e semi minutissimi. 2n=24.

Tipo biologico. Pianta arbustiva sem-preverde a foglie aghiformi, che può rag-giungere anche 8-10 m di altezza assumen-do un aspetto arboreo. Microfanerofita.

Fenologia. Fiorisce da gennaio a marzoe matura i semi nel periodo estivo.

Areale. L’area di diffusione comprendetutta la regione mediterranea, le isoleCanarie e ristrette aree, oltre la fascia saha-riana in Angola ed Etiopia, presentando untipico esempio di areale disgiunto, ossiaaree di distribuzione separate da barriere(oceano e deserto) che non possono esseresuperate in modo autonomo dai semi dellapianta. Gli areali disgiunti sono testimo-nianza di una distribuzione molto più vastanel passato anche molto remoto e general-mente rappresentano una restrizione diareale.

Ecologia. Pianta fortemente eliofila,preferisce i terreni aridi e vive nei climicaldo-aridi spingendosi, talvolta, nellezone più fresche ed umide. Normalmentesi unisce al corbezzolo e ad altre speciearbustive formando degli aspetti particola-

428

Page 429: Alberi Arbusti 2008

429

ri della macchia alta. Dà origine anche aformazioni vegetali monospecifiche suisuoli degradati. L’erica arborea è un com-ponente fondamentale della macchia aerica e corbezzolo, che va sotto il nome diErico-Arbutetum, una delle formazioni amacchia più diffuse nei substrati silicei,che rappresenta uno stadio dei processi dievoluzione-degradazione tra i più comunidella lecceta. Entra a far parte del comples-so di associazioni forestali del Quercetumilicis e, nelle isole Canarie, caratterizza siale fasi iniziali di evoluzione della vegeta-zione, sia i boschi climacici del Fayo-Eri-cetum arboreae.

Grandi alberi. Alberi con tronchi di 20-30 cm di diametro e 7-8 m di altezza sonoabbastanza frequenti. Non è da escludereche grandi alberi siano stati presenti nelpassato. Tuttavia, quanto scritto da Balzacsui boschi di eriche della Sardegna alte 30piedi (10 m) è poco credibile.

Notizie selvicolturali. La propagazionedell’erica avviene per semina in terrenileggeri, ben drenati, per margotta, polloni etalea. Il trapianto delle piante spontaneepuò dare buoni risultati quando sono anco-ra giovani, piccole, raccolte con la zolla diterra senza rovinare le radici, e messe adimora nella stessa terra di erica. L’erica incondizioni di piena naturalità è un albero equesto aspetto è particolarmente evidentenelle isole Canarie, dove esistono veriboschi di questa specie. Tuttavia, nell’areamediterranea, a causa degli incendi ripetu-ti e della sua elevatissima capacità polloni-fera, si presenta in genere come arbustocespitoso. Per le sue esigenze di luce,rifugge dai boschi maturi di leccio, dovepermane a lungo in necromassa, e si rarefanelle macchie evolute con fillirea e corbez-zolo, che la sopravanzano rendendola pocovitale. Le ceppaie riacquistano vitalitàdopo il passaggio dell’incendio con l’emis-sione di numerosi polloni.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno dell’erica arborea è pesan-te, omogeneo, rosso cremisi, con tessituramolto fine, facilmente spezzabile, si tagliatipicamente in tre parti, da cui anche unodei nomi sardi (sechintrese), ed è soggettoa torsioni. Il legno dei rami è utilizzato inpiccoli lavori di tornio, quello ricavato dalceppo radicale, marezzato e con venaturedi diversa tonalità di colore rossastro, èimpiegato nella fabbricazione di pipe o,ridotto in fogli, per impiallacciare i mobili.Il legno dell’erica è un ottimo combustibi-le; il suo carbone ha un elevato poterecalorifero e una grande durata di combu-stione, proprietà che lo faceva preferirenella fucina del fabbro e dei picapietre. Lalegna secca di erica, al pari del corbezzolo,era un candelazzo (candelathu) moltoapprezzato per il camino.

Note etnobotaniche. Il ciocco per rica-vare i masselli per le pipe, il prodotto piùpregiato, era immerso in acqua per lungotempo e quindi fatto stagionare al frescoper evitare che seccando si producesserofessurazioni. Un altro uso comune era

Distribuzione in Sardegna di Erica arborea.

Page 430: Alberi Arbusti 2008

Erica arborea L. - Ramo con fiori x2,3; fiori x7; foglia, rametto con foglie x3,3.

Page 431: Alberi Arbusti 2008

431

quello di ricavare cucchiai, forchette,manici di coltelli e vari arnesi da cucina.Le pertiche, ottenute col taglio alla basedel ceppo, erano largamente utilizzate perpaleria e recinzione dei chiusi e degli orti,mentre i rami giovani trovavano impiegoper confezionare scope da cortile.

L’infuso a caldo delle sommità fioritedelle eriche era considerato diuretico, di-sinfettante, sedativo ed antireumatico. Nonmancavano gli usi magici e scaramantici,ad esempio quello per scacciare gli insettiparassiti delle piante coltivate o degli ani-mali, grazie al fatto che anche le foglie del-l’erica cadono molto facilmente una voltarecisi i rami. La pianta ha un’abbondantis-sima fioritura ed è molto mellifera, dandoun miele monoflorale (miele di erica) assaiapprezzato. Il termine Tuvara, con le rela-tive varianti fonetiche, che è dato anche aErica scoparia, viene considerato daWagner di significato diverso da tubero,con il quale si indica la Terfezia leonis, un

fungo ipogeico conosciuto sui terreni sab-biosi in territorio di Sorso, di Berchidda enel Campidano, dove esiste anche il fito-toponimo Tuvaraggiu (luogo di tuveras).Paulis preferisce far derivare la parola daTuvu (macchia in logudorese) ma apparepiù semplice l’attribuzione a tubero, consi-derando che l’erica possiede un cioccoverosimilmente assimilabile ad esso.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Nonostante il lungo isolamento dellearee di distribuzione non sono state eviden-ziate differenze significative. Ciò dimostre-rebbe la grande stabilità genetica della specieconsolidata dalla sua antica origine. Il porta-mento arboreo, presente in Africa e soprattut-to nelle Canarie, dove esistono nell’Isola diTenerife veri e propri boschi, è assente dinorma nel bacino mediterraneo, ma questo èda attribuire alla degradazione delle forma-zioni forestali, piuttosto che ad una incapaci-tà di presentarsi con questo habitus. Le varie-tà rupestris, descritta da Chabert per la Corsi-

Infiorescenze di Erica arborea.

Page 432: Alberi Arbusti 2008

432

ca, e glabriuscula da Nicotra, per la Garfa-gnana e il Messinese, differenziate per i ramiglabri, sono considerate da Pignatti comeforme individuali, piuttosto che entità conso-lidate di origine ibrida. Non mancano tuttaviapopolazioni con portamento a rami esili, enon rigidi come di norma, o con fiori a calicerosato, rispetto a quelle più comuni a fioricompletamente bianchi.

Erica scoparia L., Sp. Pl., 1: 353 (1753)

Regione della prima descrizione: HabitatMonspelii, in Hispania, Europa australi.

Nomi italiani: Scopa.Nomi sardi: Frammiu (Tonara); Iddo-

stro (Oliena); Iscoba (Berchidda); Iscopa(Orgosolo); Iscoparzu (Anela); Salina(Villaputzu); Scopalzu (Pattada); Scovedu(Fluminimaggiore); Tufera iscopa (Urzu-lei); Tuora (Dorgali); Tuvara (Bolotana);Uvvara (Busachi, Guspini, Narcao, Samas-si, Villacidro); Castagnarza, Castannariu,Scova, Uvara.

Nomi stranieri: Fr., Bruyère à balais;Ted., Mittelmeer-Besenheide; Sp., Brezo deescobas.

Arbusto eretto con rami sottili, glabri.Foglie lineari di 4-5 mm, in verticilli di 3-4,ottuse, erette, glabre, con margine ripiegatoe con due nervature nella pagina inferiore.Fiori verdognoli o giallo-verdastri, in grap-poli lunghi e stretti; pedicelli glabri con brat-teole; calice glabro con lobi ovali, ottusi rag-giungenti la metà della corolla; corolla cam-panulato-globosa con divisioni che raggiun-gono la metà della sua lunghezza. Stami rac-chiusi nella corolla, con antere senza appen-dici e con logge un po’ separate verso l’api-ce. Ovario glabro con stimma rotondeggian-te, rosso intenso. 2n=24.

Tipo biologico. Arbusto sempreverdealto da 0,5 a 4 m, con numerosi fusti erettie foglie aghiformi. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce da aprile a giugno efruttifica nel periodo estivo.

Areale. Presente soprattutto nel bacinooccidentale del Mediterraneo, nelle Cana-rie e nell’isola di Madera. In SardegnaErica scoparia è maggiormente diffusanelle zone collinari e montane.

Ecologia. Specie eliofila, mesofita, pre-dilige i terreni acidi, silicei e gli ambientisoleggiati, mentre rifugge il calcare. La suadistribuzione spazia dalle zone litoraneeumide, fontanili, rive dei corsi d’acqua, aisubstrati argillosi di origine porfidica egranitica con ristagno idrico temporaneo,dove può essere abbondante ma presentareanche ampi vuoti. Gli ericeti a E. scopariapiù estesi e compatti si trovano sulle zonemontane e alto-montane del Limbara edella Gallura in genere, del Goceano, delMontiferru, del Monte Linas, nel Gennar-gentu, dove trovano condizioni di sviluppoottimali, costituendo una fascia di vegeta-zione arbustiva, per lo più mista a Ericaarborea, che si eleva sino ai 1.400-1.500 mdi quota. Non mancano, tuttavia, importan-ti stazioni in aree anche molto aride nelperiodo estivo, ma con suoli a ristagnoidrico invernale, come nell’Isola di Razzo-li, di Caprera e nelle coste galluresi.

Notizie selvicolturali. L’erica scoparia èun arbusto policormico dotato di un eleva-tissimo potere pollonifero. La propagazio-ne avviene per seme. Dopo il taglio raso ol’incendio si sviluppano dal ceppo numero-si nuovi polloni che in breve tempo rag-giungono le dimensioni originarie delcespuglio. Lo sviluppo resta sempre conte-nuto e raramente supera i due metri d’al-tezza. Erica scoparia e una pianta rustica,che richiede poche cure; in giardinaggiopuò essere utilizzata in modo proficuo percostituire siepi, gruppi e bordeggiareambienti umidi e fontanili.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è a grana fine, omogeneo, afibre corte, duro, compatto. I rametti ven-gono usati per lavori al tornio, il ceppo perlavori di impiallacciatura. Il legno di Ericascoparia fornisce un ottimo carbone.Anche quest’erica produce dei ciocchiradicali duri e compatti utilizzati per la

Page 433: Alberi Arbusti 2008

Erica scoparia L. - Ramo con fiori x2,3; fiore, rametto con foglie x8; ovario x16; stame x30.

Page 434: Alberi Arbusti 2008

434

produzione di pipe, dette di erica bianca.Con i rami si fabbricano scope grossolaneadatte alla pulizia delle strade.

Note etnobotaniche. Come Erica arbo-rea.

Erica terminalis Salisb., Prodr. Stirp.Chap. Allerton: 296 (1796)

Sin.: Erica stricta Willd., Sp. Pl., 2: 366(1799)

Erica corsica DC., Fl. Fr., iii: 677(1805).

Regione della prima descrizione: nondeterminata.

Nomi sardi: Salina masciu (Villaputzu);Scova burda (Isili); Scovedu (Flumini-maggiore); Scovitzi (Perdas de Fogu);Tuvara.

Nomi stranieri: Fr., Bruyère à ombelles;Ted., Spitzenblütige Heide; Sp., Bruch,Bruguera, Xipell.Distribuzione in Sardegna di Erica scoparia.

Infiorescenze di Erica scoparia.

Page 435: Alberi Arbusti 2008

Erica terminalis Salisb. - Ramo con fiori x2; fiori x4; rametto con foglie x3,5; ovario x10; stame x30.

Page 436: Alberi Arbusti 2008

436

Arbusto poco ramoso con rami eretti,glabri o un po’ pubescenti. Foglie di 3-8mm, lineari, ottuse, patenti, con margineripiegato e con 2-3 solchi, un po’ pelose, inverticilli di 4. Fiori rosa, in infiorescenzeombrelliformi, terminali di pochi fiori;pedicelli con brattea, più corti della corol-la; calice pubescente a lobi ovali; corolla di5-7 mm, urceolata e con lobi corti, ovali ericurvi. Stami inclusi nella corolla, conantere munite di appendici basali a formatriangolare. Ovario con stimma sub-troncosporgente. Capsula ovoidale, pubescente.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso, sem-preverde, con rami eretto-ascendenti di0,5-1,8 m. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce da maggio ad ago-sto, con fiori che permangono secchi perlungo periodo.

Areale. È presente in Andalusia e nellasponda marocchina dello stretto di Gibilter-ra, nell’Italia meridionale e in Corsica. InSardegna vive nelle zone montane del Gen-nargentu, Limbara, Monti di Alà, Sarcidano,Sulcis e nel complesso dei Sette Fratelli. Distribuzione in Sardegna di Erica terminalis.

Infiorescenze di Erica terminalis.

Page 437: Alberi Arbusti 2008

437

Ecologia. È una specie eliofila, indiffe-rente al substrato, che tuttavia prediligequello dei fontanili o zone umide. In Sar-degna è caratteristica alla base scistosa ogranitica delle falesie calcaree dove esisteun affioramento di falda lineare o esteso,mentre il limite altitudinale si aggira intor-no ai 1.100 m di quota. Nei fontanili costi-tuisce formazioni igrofile e gli aspetti piùinteressanti sono quelli con Erica scopariae Osmunda regalis,

Notizie selvicolturali. Si propaga facil-mente per polloni radicali avendo cura ditrapiantarli con terriccio del posto da cui sipreleva. Considerata la bella fioritura, per-sistente a lungo nel periodo estivo, si pre-sta a costituire gruppi isolati nelle parti fre-sche e umide dei giardini.

Note etnobotaniche. Non conosciute.Scarsamente utilizzata anche come legnada ardere per la modesta dimensione deirami.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Piccole popolazioni con fioribianchi, riferibili a fenomeni di albinismo,sono presenti sporadicamente nel Montar-bu di Seui.

Erica multiflora L., Sp. Pl. : 355 (1753)

Regione della prima descrizione: HabitatMonspelii.

Nomi italiani: Erica multifloraNomi sardi: non rilevati.Nomi stranieri: Ted., Vielblütige Heide;

Sp., Ciprell, Bruguera, Brezo.

Arbusto con rami contorti, rigidi, eretti.Rametti giovani puberulenti. Foglie strette,lineari, ottuse, 6-10 mm, glabre, lucide,con margine ripiegato e con un solco nellapagina inferiore, in verticilli di 4-6. Fiori,rosa, numerosi, disposti in grappoli termi-nali compatti; pedicelli sottili lunghi 2 o 3volte la corolla; calice glabro, lungo circala metà della corolla, con divisioni profon-de e con lobi ovali-allungati ed acuti;

corolla rosea di 4-6 mm, campanulata conlobi ovali eretti e poco profondi. Stamisporgenti dalla corolla con antere a loggeseparate. Ovario con stilo molto sporgente.Capsula glabra. 2n=24.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso sem-preverde con foglie aghiformi, con fustieretti di 0,3-1,5 m. Nanofanerofita.

Fenologia. Fiorisce da agosto a dicem-bre.

Areale. L’area di diffusione comprendeil bacino occidentale del Mediterraneo, lecoste della Penisola Balcanica e la Libia.In Sardegna è sporadica ed è sinora cono-sciuta per Capo Figari, isole della costanord-orientale, Capo Mannu e penisola delSinis, in località San Francesco a Sassari ea Logulentu, dove però non è stata piùritrovata, forse scomparsa a seguito deiprocessi di urbanizzazione, e presso Osilo.

Ecologia. È una specie che preferiscedecisamente il calcare e gli ambienti caldo-aridi delle zone costiere, dove si inseriscenella vegetazione della macchia bassa e dellagariga. Le garighe a Erica multiflora occupa-no una posizione di rilievo nelle aree costie-re in quanto, in Sardegna, nelle tre stazioniconosciute si associa a specie di notevoleinteresse fitogeografico, tra le quali Violaarborescens, Quercus coccifera, Helianthe-mum caput-felis, molto rare nell’Isola.

Notizie selvicolturali. Si propaga perseme e per polloni radicali. Dopo l’incen-dio, ricaccia subito numerosi polloni.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Le modeste dimensioni del fusto nelimitano l’uso e può essere utilizzatosoprattutto come legna da ardere. Dai cioc-chi e dalle radici, favorendo la naturaletendenza di presentarsi in curiose forme, sipossono ottenere piccole opere di intagliomolto apprezzate.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Erica multiflora, sebbene sitratti di una specie ben marcata nei suoicaratteri diagnostici, è stata descritta anchesotto altri nomi, quali E. vagans Desf., E.umbellifera Loisel., che qui si riportano apuro titolo informativo.

Page 438: Alberi Arbusti 2008

Erica multiflora L. - Ramo con fiori x1,7; fiori, foglie x6; rametto con foglie x3.

Page 439: Alberi Arbusti 2008

439

SPECIE INTRODOTTE. Tra le specie colti-vate si osservano nei giardini diverse culti-var di specie del genere Calluna, non sem-pre di facile identificazione tassonomica,spesso utilizzate per piccole bordure o percoltivazione in vaso. È da escludere la pre-senza di Erica ciliaris L., indicata erronea-mente per la flora dell’Isola di San Pietro.

Distribuzione in Sardegna di Erica multiflora.

Erica multiflora.

Page 440: Alberi Arbusti 2008

440

ANGIOSPERMAE OLEALES

OLEACEAE

Alberi o arbusti a foglie caduche o per-sistenti, semplici o composte. Fiori unises-suali su piante diverse, bisessuali, o ancheunisessuali e bisessuali sulla stessa pianta(poligame). Infiorescenze a cima, a grap-polo o in racemi spiciformi. Calice e corol-la poco appariscenti. Stami due. Frutto:bacca, drupa, capsula o samara.

La famiglia delle Oleaceae, suddivisain 2 sottofamiglie (Oleoideae e Jasminoi-deae), comprende circa 30 generi con 600specie diffuse nelle regioni mediterranee,tropicali e temperate di tutto il mondo. L’o-rigine di questa famiglia risale al Terziario.Vi fanno parte piante di grande importanzaalimentare come l’olivo, il frassino damanna, di interesse ornamentale come illigustro, il gelsomino, il lillà e la forsitia.

1 Foglie intere, persistenti, coriacee; frut-to: drupa................................................2

– Foglie imparipennate; frutto: samara....................................................Fraxinus

2 Foglie verde-scuro nella pagina superio-re; grigio argenteo in quella inferiore,drupe grandi.....................................Olea

– Foglie concolori nelle due pagine, drupepiccole........................................Phillyrea

FRAXINUS L.

Alberi o arbusti a foglie caduche. Foglieimparipennate. Fiori bisessuali o unises-suali sulla stessa pianta o su piante distin-te, riuniti in infiorescenze a pannocchia oracemo, pendulo o eretto. Corolla presente,molto ridotta o del tutto assente. Frutto:samara.

Il genere Fraxinus, appartiene alla tribùdelle Fraxineae e comprende 60 specie dif-fuse in Europa, Asia, America settentriona-le e Nordafrica.

I frassini sono noti per il legname pre-giato, usato in falegnameria e in carpente-

ria. Alcune specie producono la manna, unsucco bianco candido o giallo-pallido uti-lizzato come dolcificante e in medicina.

Fraxinus deriverebbe dal greco «fras-sein» = assiepare.

– Infiorescenze terminali contemporaneealle foglie sui nuovi rami; corolla presen-te; samara di 1,5-2,5 cm..............F. ornus

– Infiorescenze ascellari precedenti lacomparsa delle foglie; corolla assente;samara di 3-5 cm..........................................................F. augustifolia ssp. oxycarpa

Fraxinus ornus L., Sp. Pl. : 1057 (1753)

Regione della prima provenienza: Habitat inEuropa australi.

Nomi italiani: Orniello, Frassino damanna.

Nomi sardi: Frassu (Anela, Berchidda,Bolotana, Bono, Fluminimaggiore, Pat-tada, Quartu); Linnarva (Oliena); Lin-narvu (Urzullei); Vrassinu (Orgosolo);Vrassu (Orani); Frassu de manna.

Nomi stranieri: Ingl., Flowering Ash; Fr.,Orne commun, Frène à manne, Frène àfleurs; Ted., Manna-Esche Orne, Blu-men-Esche; Sp., Fresno de flor.

Albero alto fino a 10 m, a portamentoeretto e chioma ovato-piramidale. Cortec-cia liscia, grigiastra; nei rami giovani ver-dastro-cenerina, con lenticelle biancastre,numerose; gemme rossastro-cenerine, gri-giastre, pelose, grandi, più o meno acute.Foglie composte con 5-7 foglioline di 5-10x1,5-4 cm, ellittiche, ovato-lanceolate,cuspidate, a margine liscio o più o menodenticolato; glabre nella pagina superiore;pelose lungo la nervatura principale nellapagina inferiore. Infiorescenze terminali oascellari, sui rami dell’annata, contempo-ranee quindi alla comparsa delle foglie;calice con 4 sepali lineari, acuti, brevissi-mi, persistenti nel frutto; petali 4, bianchi,lanceolati-lineari. Samara di 15-25 x 3-5

Page 441: Alberi Arbusti 2008

441

mm, cuneata o arrotondata all’apice connervature evidenti. Seme di 8-12 mm, affu-solato, rosso-scuro. 2n=46.

Tipo biologico. Albero caducifoglio dimodeste dimensioni. Micr- o mesofanerofita.

Fenologia. La fioritura è contempora-nea alla comparsa delle foglie e avvieneall’apice dei nuovi germogli a maggio-giu-gno. I frutti maturano a settembre-ottobre.

Areale. L’orniello è diffuso nella Peni-sola Balcanica, Turchia, Italia, Franciameridionale e Spagna orientale; è coltivatoin altre regioni come in Africa del Nord. InSardegna si presenta sporadico soprattuttonelle aree interne.

Ecologia. Specie eliofila e moderata-mente termofila, vegeta di preferenza susubstrato calcareo, nei luoghi degradati, esulle zone montane più meridionali fino a1.500 m. In Sardegna si riscontra in Gallu-ra lungo i corsi d’acqua e sulle leccete emacchie, ma anche sugli aridi rocciai gra-nitici del Limbara e sui terreni pingui delMarghine. Sui calcari di Monte Albo edella costa centro-orientale, talora, costi- Distribuzione in Sardegna di Fraxinus ornus.

Infiorescenze di Fraxinus ornus.

Page 442: Alberi Arbusti 2008

Fraxinus ornus L. - Ramo con frutti, ramo con foglie, seme, frutto, infiorescenza, ramo con gemme x0,6; fiore x2,4.

Page 443: Alberi Arbusti 2008

tuisce colonie sugli accumuli sassoso-pie-trosi dei versanti alla base delle falesie. Èsporadico nei contrafforti del Gennargentu,mentre si fa più comune in Ogliastra e Sar-cidano, e risulta complessivamente raronelle aree meridionali. Si presenta quindiin un ampio campo di condizioni ambien-tali per il suolo, il clima e la vegetazione.Fraxinus ornus è una specie caratteristicadi un tipo di lecceta molto diffusa nel baci-no Mediterraneo (Orno-Quercetum ilicis) ein molte parti dell’Isola.

Grandi alberi. Gli alberi di maggioridimensioni si trovano a Monte Albo nelversante orientale a Su Pigiu, in territoriodi Siniscola e lungo i corsi d’acqua del ver-sante settentrionale del Limbara.

Notizie selvicolturali. L’orniello in sel-vicoltura è utilizzato soprattutto comepianta agraria per la produzione dellamanna, specialmente nell’Italia meridiona-le e in Sicilia. Si diffonde per seme o pervia vegetativa. Nell’impianto dei mannetisi preferiscono le piantine di 3-5 anni, talo-ra innestate con varietà (rotundifolia Ten.,garganica Ten.) particolarmente produtti-ve. L’accrescimento è lento e la pianta nonraggiunge mai dimensioni notevoli. Si pre-sta bene ad essere ceduata e sui nuovi pol-loni di 7-10 anni avviene 1’estrazione dellamanna. L’orniello è diffuso nei boschi col-linari e sub-montani dove vive assieme alleccio o alla roverella, al cerro, all’acerocampestre e talvolta costituisce cenosimolto estese con carpino nero. È un ele-mento frequente dei boschi cedui anche sedifficilmente prende il sopravvento sullealtre specie arboree. È considerata una spe-cie pioniera che può colonizzare terrenipoveri, degradati o fertili, anche con eleva-te percentuali di argilla; per queste caratte-ristiche è piuttosto usato nei rimboschi-menti.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno presenta proprietà simili aquelle del frassino maggiore, ma la sua uti-lizzazione è limitata dalle dimensioni piùmodeste. I giovani polloni, diritti e lisci, siprestano ad essere utilizzati per paleria

minuta e negli orti per sostegno alle coltu-re erbacee. È un buon combustibile.

Note etnobotaniche. L’orniello è unalbero da manna. Questa sostanza sgorgadalle incisioni che vengono praticate sullacorteccia del fusto dove si rapprende incannelli più o meno voluminosi. Il suocostituente principale è la mannite, e vieneutilizzata in decotti o sciroppi come lassa-tivo. Non si ha notizia in Sardegna di unatradizione di coltivazione di questa specieper tale scopo.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Fraxinus ornus presenta lamaggiore diversità nella foglia e nellasamara; in base alle loro caratteristiche,anche per la Sardegna, sono state differen-ziate specie diverse (F. angustifolia Ten., F.juglandifolia Ten., F. argentea Lois.) con-siderate al rango di varietà da Fiori (o.c.) ericondotte nell’ambito della variabilitàpopolazionale da Pignatti (o.c.). Meritanocomunque una notevole attenzione leforme maggiormente produttive di mannitein forma di grani, rilevate in territorio diIllorai a Monte Artu, dalle quali potrebbe-ro essere selezionate apposite cultivar.

Fraxinus angustifolia Vahl ssp. oxycarpa(Bieb. ex Willd.) Franco et Rocha Afon-so, Bot. J. Linn. Soc., 64 : 377 (1971)

Sin.: Fraxinus oxycarpa Bieb. exWilld., Sp. Pl., 4 : 1100 (1805)

Fraxinus oxyphylla M. Bieb., Fl. Taur.-Caucas., 2 : 450 (1808)

Fraxinus excelsior L. var. oxycarpa(Willd.) Zernov, Novosti Sist. Vyssh. Rast.36: 226 (2004)

Fraxinus rotundifolia Mill. subsp. oxy-carpa (M.Bieb. ex Willd.) P.S.Green inKew Bull., 40(1): 133 (1985).

Regione della prima descrizione: Tauria (?).

Nomi italiani: Frassino, Frassino meridio-nale.

Nomi sardi: Abiu a folla longa (Pabillo-

443

Page 444: Alberi Arbusti 2008

Fraxinus angustifolia Valh ssp. oxycarpa (Bieb. ex Willd) Franco et Rocha Afonso. - Ramo con fiori, ramo congemme, ramo con foglie e frutti, fiori, foglie, semi, frutti x0,6; brattee e bratteola, fiore x2,4; stimma x9; fiore x5.

Page 445: Alberi Arbusti 2008

445

nis); Frassu (Alghero, Berchidda,Oschiri, Ozieri, Padria, Tempio); Lin-narva (Orgosolo); Ozzastru de ribu(Nuoro); Ollastu de arriu (Sard.Merid.); Ollastu de frumini (Sarcidano).

Nomi stranieri: Ingl., Ash; Fr., Frène àfeuilles étroites; Ted., Esche, Steine-sche, Spitzfrüchtige, Schmalblatt-Esche; Sp., Fresno, Freixe.

Albero di 10-20 m, a chioma ovato-piramidale, con rami diritti da giovane, poia chioma più espansa, globosa. Rami gio-vani con corteccia liscia grigio-verdastra;gemme bruno-scure, arrotondate. Ramidelle piante giovani ad internodi allungaticon gemme opposte; rami delle pianteadulte ad internodi fortemente raccorciati egemme in pseudo-verticilli di 3 o irregolar-mente disposte. Foglie composte con 3-7foglioline di 4-8 x 1-3 cm, oblunghe, linea-ri-lanceolate, acuminate, con la base dacuneata a ovata; margine fogliare serratocon denti rivolti verso l’esterno; glabre opelose alla base della nervatura principale.

Distribuzione in Sardegna di Fraxinus angustifolia ssp.oxycarpa.

Samare di Fraxinus angustifolia ssp. oxycarpa.

Page 446: Alberi Arbusti 2008

Infiorescenza in racemi, nascenti sui ramidell’anno precedente, prima della compar-sa delle foglie, con numerosi fiori senzacalice e corolla. Fiori con due stami rossa-stri disposti ai lati dell’ovario, ovoideo constimma bifido. Samara con 1 o 2 semi,allungata, di 2,5-6 cm, più o meno cuneataalla base, larga 6-10 mm, acuminata o arro-tondata con un breve mucrone all’apice estriature longitudinali ben marcate. Semedi 15-20 x 3-8 mm, compresso lateralmen-te con striatura mediana sul dorso, marron-chiaro, rossastro. 2n=46.

Tipo biologico. Albero caducifoglio aportamento eretto con chioma ovato-pira-midale o globosa. Mesofanerofita.

Fenologia. Le gemme fiorali nelle zonepiù calde compaiono già a gennaio-feb-braio in glomeruli che si allungano in race-mi andando in piena fioritura a marzo-apri-le, sui rami dell’anno precedente, primadella comparsa delle foglie. I frutti matura-no pienamente a settembre-ottobre e spes-so persistono sui rami fino alla primaverasuccessiva.

Areale. Il frassino, comune in tuttal’Europa centro-meridionale e PenisolaIberica, è presente anche in Asia Minore,Caucaso, Iran e Africa del Nord. In Sarde-gna, la sua distribuzione comprende lezone costiere e collinari, con popolazionidi una certa estensione, sia nella parte set-tentrionale che meridionale.

Ecologia. Vegeta di preferenza lungo ifiumi, nei valloni freschi con suolo fertile,nelle depressioni con ristagno idrico tem-poraneo, indifferentemente dal substrato. Èconsiderata una specie igrofila, sebbene siadatti anche sui terreni asciutti. Non costi-tuisce, se non in casi eccezionali, forma-zioni boschive di un certo rilievo.

Grandi alberi. L’albero di maggioridimensioni (18 m di altezza per 520 cm dicirconferenza) conosciuto per la Sardegnasi trova in località Tuerra, presso Teulada,mentre le formazioni forestali più estesesono lungo il corso del Rio Mannu in terri-torio di Mores. Presso Siliqua, forma uninteressante aspetto di vegetazione foresta-

le planiziale igrofila assieme ad un’estesacolonia di mirto bianco.

Notizie selvicolturali. È una specieforestale di notevole interesse. Si diffondeper seme o per selvaggioni. I semi raccoltie seminati in autunno germinano, per lopiù, un anno e mezzo dopo, in primavera.Presenta un accrescimento abbastanzarapido e si presta bene ad essere ceduato.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è considerato simile a quel-lo del frassino maggiore, ma meno pregia-to, in quanto il tronco è meno diritto eregolare; presenta buona elasticità e tenaci-tà ed è ricercato per utensili e in ebaniste-ria. Dai giovani polloni, diritti e regolari, siricavano pertiche, manici di utensili dicampagna, per staccionate e recinzioni.

Note etnobotaniche. Il frassino era benconosciuto ed apprezzato per i più svariatiusi già dagli antichi Greci. I suoi ramidiritti sono particolarmente atti alla costru-zione di lance e del suo legno erano, secon-do Omero, quelle di Achille. Forse per que-sti motivi fu dedicato a Nemesi, la deadella vendetta. L’infuso delle samare nelvino era considerato un efficace rimediocontro l’obesità. Le supposte virtù antiofi-diche delle foglie indussero Plinio ad affer-mare che, per sua esperienza diretta, il ser-pente preferisce morire sul fuoco piuttostoche salvarsi passando attraverso le foglie.Era considerato simbolo di fecondità e divita e come una divinità lo invocavano gliimpotenti che per qualche maleficio aveva-no perso la virilità. La corteccia era utiliz-zata, prima della conoscenza del chinino,come febbrifugo, e l’infuso di foglie esamare era usato per combattere le artriti ecome diuretico. Facendo bruciare il legnoalle estremità fuoriesce un succo che siriteneva guarisse la sordità. Nella tradizio-ne popolare, tuttavia, era il legno ad essereampiamente sfruttato per ricavare utensilidi cucina, attrezzi di campagna, parti delcarro e lavori d’intarsio.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Alcuni autori considerano F.angustifolia ssp. oxycarpa una sottospecie o

446

Page 447: Alberi Arbusti 2008

447

una varietà del frassino maggiore) da cui sidifferenzia soprattutto per il colore brunodelle gemme, per il portamento, ma ancheper le esigenze ecologiche. La sottospecieoxycarpa, a livello morfologico, si distinguedalla specie tipica soprattutto per la formadelle foglie, e sembra avere una netta sepa-razione a livello geografico. Le piante dellaSardegna, nella fase giovanile, presentanoun portamento eretto, internodi allungati,con chioma ovato-piramidale, mentre amaturità la chioma tende ad espandersi edivenire globosa con rami penduli e arcuativerso l’esterno e con internodi cortissimi.Anche in questa entità la foglia è variabilis-sima sia per il numero delle foglioline, siaper la loro forma sia per le loro dimensioni;la complessa sinonimia esistente (F. oxycar-pa Willd., F. biloba Gren. et Godr., F.oxyphylla Batt. et Trabut) delle entitàdescritte e trattate anche a livello di sotto-specie e varietà, è senza dubbio da ricondur-re a una entità unitaria molto polimorfa.

OLEA L.

Alberi e arbusti con foglie semplici,coriacee, persistenti. Fiori con calice corto,campanulato, a quattro denti, e con corollaspesso mancante o molto ridotta. Infiore-scenze a grappolo ascellare, spesso divisodicotomicamente. Frutto: drupa. Il genereOlea comprende circa 20 specie, diffuseper lo più nelle regioni Mediterranee e inAfrica. Il nome deriva dal greco «elaia» odal latino «oleum».

Olea europaea L., Sp. Pl. 1: 8 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa australi.

Nomi italiani: Oleastro, Olivastro, Olivo.Nomi sardi: Agliastru (Sassari); Aribastru

(Sassari); Ogiastru (Oliena, Urzulei);Ollastu (Burcei, Fluminimaggiore,Quartu, S. Antioco, Villasalto); Ozza-

stru (Bitti, Bolotana, Cuglieri, Orani,Orgosolo, Oschiri, Padria); Uddastru(Tempio); Ugliastra (Alghero); Allastu,Olieddu, Oliva, Olia.

Nomi stranieri: Ingl., Olive Wild Tree; Fr.,Olivier commun; Ted., Oelbaum, Olive;Sp., Acebuche, Ollaste, Bordizo.

Arbusto o albero di media altezza achioma espansa, con numerosi rami sub-spinescenti o inermi. Corteccia più o menoliscia, cenerina. Foglie di 10-60 x 5-15mm, brevemente picciuolate, ovato-lan-ceolate, lanceolate, con un piccolo mucro-ne all’apice, coriacee, a margine liscio,revoluto, lamina fogliare con pagina supe-riore glabra e inferiore con peli composti aforma di scudo, con tonalità argentea. Fioribrevemente peduncolati o quasi sessili,numerosi, in lassi racemi ascellari; calicepiccolo con 4 denti ovali; corolla biancacon 4 petali di 2-4 mm, leggermente piùlunghi che larghi, arrotondati all’apice;stami 2. Drupa di 10-15 x 6-5 mm, ovoi-dea, ellissoidale, sub-globosa, con meso-carpo molle più o meno consistente, verde,che a maturità diventa verde-scuro, rossa-stro, violaceo-porporino o bluastro; endo-carpo duro e legnoso con 1 o molto rara-mente 2 semi. 2n = 46.

Tipo biologico. Arbusto o albero sem-preverde con foglie persistenti 2-3 anni,coriacee, sclerofilliche. Micro- o mesofa-nerofita.

Fenologia. Fiorisce a marzo-aprile ematura i frutti nel tardo autunno e inverno.

Areale. L’olivo è considerato originariodel Medio Oriente da dove si sarebbe diffu-so in tutto il bacino del Mediterraneo, lungola fascia costiera. Tuttavia noccioli di olea-stro sono stati rinvenuti in siti neolitici dellaCorsica (Lanfranchi e Bui Thi Mai, 1995),ciò che avvalora la presenza di questa entitàben prima dei commerci dei Fenici versooccidente. Le ragioni che fanno propendereper il suo stato di specie nativa sono, inoltre,la presenza di grandi alberi, l’ampia diffu-sione e anche lo stato di piena naturalitàdegli oleastreti.

Page 448: Alberi Arbusti 2008

Olea europaea L. var. sylvestris (Miller) Lehr. - Ramo con fiori, ramo con frutti x0,6 fiore x6.

Page 449: Alberi Arbusti 2008

449

L’olivo è coltivato nelle regioni conclima di tipo mediterraneo (California,Cile, Argentina, Sudafrica e Australia), maanche in aree subtropicali (Uraguay, Brasi-le, Corno d’Africa, Pakistan, Cina) e tropi-cali (Indocina, Malaysia, Madagascar,Costa d’Avorio). In particolare, in Austra-lia si è spontaneizzato in forme selvatiche,dando origine a oleastreti simili a quellieuropei. Si tratta di uno dei casi di maggio-re successo di diffusione di una specieoltre il proprio areale originario, a dimo-strazione di come alcune specie in condi-zioni favorevoli possano occupare in brevetempo enormi superfici. Il tutto richiama ilgrande tema delle invasioni biologiche aseguito della caduta delle barriere geogra-fiche ad opera dell’uomo.

Ecologia. L’oleastro è una specie ter-mofila, eliofila che vive su qualsiasi sub-strato. In Sardegna è comune soprattuttonelle zone litoranee, ma è possibile reperir-lo anche a 400-600 m e, in condizionimolto favorevoli di suolo e di esposizione,fino a 800 m. Resiste bene al vento, chemodella le piante nel caratteristico porta-mento “a bandiera”, con sviluppo cioè solo

Distribuzione in Sardegna di Olea europaea var. sylve-stris.

Drupe di Olea europaea var. sylvestris.

Page 450: Alberi Arbusti 2008

450

nella parte opposta alla direzione predomi-nante. Il principale fattore limitante la dif-fusione è la bassa temperatura. L’oleastrocostituisce l’elemento forestale di maggio-re evidenza nella grande associazione cheva sotto il nome di Oleo-Lentiscetum,molto varia come composizione floristica,che caratterizza con macchie e boscagliegran parte della fascia litoranea e costiera,ma anche vaste zone dell’interno dell’Iso-la. Caratterizza anche altre associazioni(Oleo-Juniperetum phoenicea, Oleo-Euphorbietum dendroidis, Myrto commu-nis-Oleetum sylvestris), tuttavia non sem-pre chiaramente definite dal punto di vistafloristico.

Grandi alberi. Grandi alberi d’olivo sitrovano in tutto il Mediterraneo e i più cele-bri sono quelli dell’Orto del Getsemani aGerusalemme, che la tradizione fa risalireal primo secolo della nostra era, sebbenefonti storiche sostengano che siano statidistrutti sotto la dominazione turca. Si trat-ta di piante con tronchi di diametro notevo-le, molto contorti e cariati, e in alcuni casisicuramente ripollonanti. In Grecia, in Ita-lia, in Spagna, nel Nordafrica gli oliveti e igrandi alberi sono un tratto caratterizzantedel paesaggio e della cultura mediterranea.In Puglia, in Sicilia, in Toscana, accantoagli storici oliveti, si possono ammirarepatriarchi di grande suggestione.

In Sardegna sono presenti grandi alberisia di olivo, sia di oleastro. Gli oleastri diSarule, di Luras, di Ozieri, di S. MariaNavarrese, di Seui, di Tanca Manna aCuglieri raggiungono un notevole svilupposia in altezza, sia nel tronco. Anche nel casodi chioma “da olivo” la base è da ascriverequasi sempre all’oleastro. Nella tabella 1sono dati alcuni esempi.

Definire con esattezza l’età degli alberidi olivo/oleastro è estremamente comples-so ed in molti casi impossibile. L’oleastro

ha un notevole potere pollonifero e nellepiante di grandi dimensioni il fusto potreb-be essere formato dalla fusione di due o piùtronchi; allo stesso tempo nelle pianteannose si assiste allo svuotamento del tron-co, alla sua separazione in grandi costola-ture che sembrano quasi avere vita autono-ma, all’emissione di nuovi polloni che pos-sono crescere nella parte centrale del fustooriginario. La crescita disomogenea nellediverse parti del fusto e, soprattutto, lavariabilità di accrescimento diametrico daun anno all’altro, anche nelle diverse partidel tronco, a seconda dell’andamento sta-gionale, contribuiscono ulteriormente arendere difficoltosa la valutazione dell’età.Nelle sclerofille sempreverdi, inoltre, sipossono avere, nello stesso anno per varievolte, l’arresto e la ripresa dell’attività dicrescita, in funzione sia della temperatura,sia della disponibilità idrica, interessandoanche solo una parte della pianta. Poichésu queste piante hanno influito ripetuta-mente anche fattori antropici, la stima nonpuò essere se non approssimata. Si tratta,ad ogni qual modo, di piante ultracentena-rie e, in alcuni casi, sicuramente millena-rie, che ci riportano ai primordi della coltu-ra di questa pianta straordinaria.

L’olivo si presta bene come pianta dagiardino, anche se negli ambienti urbanisarebbe da preferire l’oleastro, per la mag-giore rusticità, minore produzione di massaoleosa e per la sua minore esigenza di curecolturali. Oggi si assiste al deprecabilefenomeno della commercializzazione digrandi alberi di olivo e di oleastro che dailuoghi di origine prendono la via dei giar-dini delle ville costiere, anche delle areeinterne, italiane ed europee, a clima conti-nentale per divenire semplici piante fuoridal loro contesto climatico e culturale, per-dendo così il significato profondo di unadelle specie emblema del Mediterraneo.

Page 451: Alberi Arbusti 2008

451

Tabella 1. Oleastro-olivo-olivastro - Grandi alberi.

Olea europaea var. europaea 10/940* Ortu Mannu, Villamassargia

Olea europaea var. europaea 10/500 Alghero

Olea europaea var. europaea 6/540 Area periurbana, Siamanna

Olea europaea var. europaea 9/554 Su Cungiau de is Olias, Sini

Olea europaea var. sylvestris 6/1010 Sarule

Olea europaea var. sylvestris 13/1210 S. Baltolu, Luras

Olea europaea var. sylvestris 15/872 Tanca Manna, Cuglieri

Olea europaea var. sylvestris 11/800 San Sisinnio, Villacidro

Olea europaea var. sylvestris 10/600 Nuraghe Pizzinnu, Posada

Olea europaea var. sylvestris 13/595 S. Pietro, Baunei

Olea europaea var. sylvestris 13/560 Chiesa S. Gimiliano, Villanova Truschedu

*altezza in metri/circonferenza in centimetri

Notizie selvicolturali. L’oleastro è unapianta molto longeva ad accrescimentolento, che tuttavia può raggiungere dimen-sioni considerevoli riguardo allo sviluppodel tronco. Si propaga per seme e presentaun’eccezionale facoltà pollonifera, che èsfruttata per ottenere piantine porta-innestiper le varietà coltivate. Tra gli arbusti dellamacchia è quello più ricercato dai bovini edai caprini, che nelle zone ad intensopascolamento lo riducono a grossi pulvini,bassi, a foglie piccole e rami spinescenti. Èresistente all’incendio e, se muore il fustoprincipale, dal ceppo fuoriescono numero-si polloni.

L’olivo, nella sue varietà per la produ-zione d’olio e di olive da mensa, si coltivacon sesti di impianto e potature diverse aseconda delle condizioni geomorfologicheed edafiche dei suoli, ma anche della tradi-zione dei luoghi. In Sardegna le condizioniottimali per la coltura dell’olivo tradizio-nalmente sono considerate quelle dei ver-santi collinari esposti a mezzogiorno, conterreni sciolti e ben drenati, soprattutto dinatura granitica o effusiva.

L’olivo è stato sicuramente coltivato nelperiodo romano e in quello giudicale, ma

ancora tra il 1.000 e il 1.200; nella Sarde-gna nord-occidentale nel condaghe di S.Pietro di Silki viene nominato solamentel’oleastro.

L’olivicoltura ha avuto un notevoleimpulso con gli Spagnoli, che introdusseroanche cultivar pregiate, come si evidenziadai nomi servigliana e maiorchina riporta-ti alla fine del 1700 da Manca dell’Arca.Successivamente, anche i piemontesi neincentivarono in varie forme la coltura.Oggi, aree olivicole importanti si riscon-trano in gran parte delle zone costiere del-l’Isola.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno, biancastro, giallo-bruno convenature bruno-nerastre, è molto compatto,duro, tenace, omogeneo e durevole. Èapprezzato per lavori d’intarsio, tornitura edebanisteria ed era utilizzato per la travaturadei muri o come travi dei soffitti. Ancora incampo artigianale trovava largo uso per partidel carro tradizionale, utensili domestici,cucchiai, mestoli e taglieri, selle, attrezziagricoli per l’aia, stampi per la ricotta e ilformaggio, manici di zappe e roncole, bat-tenti delle mazze, parti del telaio e degli stru-menti per la filatura. I listelli del tronco,

Page 452: Alberi Arbusti 2008

452

Albero monumentale di Olea sativa var. sylvestris in località Li Espi in territorio di Luras.

Page 453: Alberi Arbusti 2008

453

Poderoso tronco di Olea europaea var. sylvestris di San Baltolu in territorio di Luras.

Albero monumentale di Olea europaea var. sylvestris/europaea innestato con marze gentili in territorio di Sarule.

Page 454: Alberi Arbusti 2008

soprattutto per le marezzature degli alberiannosi, trovano impiego per pavimenti inlegno molto resistenti e incorruttibili. Comelegno da ardere è uno dei migliori combusti-bili per la presenza di sostanze oleose checontribuiscono a dare una fiamma vivace edi alto valore calorico.

Note etnobotaniche. Supposta l’originedell’oleastro precedente all’introduzionedell’olivo da parte dei Fenici, l’olio ricava-to dalle drupe di oleastro era sicuramenteutilizzato dagli antichi nuragici sia perscopi alimentari, sia per olio da lucerne,uso protrattosi sostanzialmente inalteratosino ai nostri giorni.

L’olivo propriamente detto è un alberostrettamente legato alla storia e alle civiltàdel Mediterraneo. Dalla sua origine e sele-zione in Medio Oriente si propagò moltovelocemente presso gli Egizi. La Terra pro-messa degli Ebrei era ricca di olivi. I Cre-tesi basavano la loro potenza economicasul commercio del prezioso liquido ricava-to dall’olivo. I Fenici prima e i Greci poi lodiffusero nelle loro colonie del Mediterra-neo. L’olivo era pianta sacra a Pallade, chevinse la sfida con Poseidone, offrendo agliAteniesi la pianta dell’olivo; grande consi-derazione ebbe tra i Romani, in quanto l’o-lio, oltre che come alimento, era fonda-mentale per la conservazione di molte der-rate alimentari. Particolare significato haavuto ed ha ancora come simbolo di pace.I giovani polloni sono particolarmenteadatti per intessere cesti e canestri.

La corteccia era usata in tintoria percolorare in giallo la seta e la lana.

L’olio ha avuto sempre la maggioreimportanza dal punto di vista alimentare, maanche in campo medico olio, infusi e decottidi foglie, germogli, rametti, fiori, drupe, dasoli o mischiati con altre piante, erano rite-nuti rimedi efficaci contro quasi tutte lemalattie in genere, dalle febbri malariche almal di fegato, dalla cura delle foruncolosialla pediculosi. L’antichissima usanza dicospargere il cuoio capelluto e i capelli diolio per rafforzarne la fibra e renderli piùbelli si è conservata sino ai nostri giorni.

Allo stesso tempo i rimedi erano prati-cati anche verso gli animali domestici.Come pianta magica, le foglie avevanosignificato di auspicio per la ricerca delfuturo sposo, mentre contro l’ernia biso-gnava innestare un olivastro; se non si gua-riva, come del resto era facile, si avevaalmeno il vantaggio di avere un albero diolivo. L’importanza dell’olio come ele-mento sacrale nelle funzioni religiose gliha conferito enorme importanza anchenelle pratiche scaramantiche contro ilmalocchio.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. La tassonomia e la sistematicadi Olea europaea sono fortemente condi-zionate dall’antica introduzione delle sueforme coltivate nell’area mediterranea edal conseguente processo di spontaneizza-zione da seme delle piante coltivate e suc-cessivo incrocio con le forme selvatiche.

Con il termine olivo si intendono quitutte le forme coltivate, indipendentementedalle dimensioni delle drupe (varietà car-pologiche), che hanno nomi appositi (es.ascolana, bosana, cariasina etc.), mentrecon il termine olivastro si intendono, inaccordo con l’Enciclopedia italiana di agri-coltura, le piante selvatiche originate dasemi provenienti da piante coltivate, e conoleastro gli individui decisamente selvaticiprovenienti da semi sia delle ancestraliforme agresti, sia degli olivastri.

Mentre le forme coltivate si mantengonosempre inermi (e questo può essere un carat-tere ottenuto tramite la selezione disruptivaoperata dall’uomo per l’evidente vantaggionella raccolta), le forme spontanee di qual-siasi origine possono essere inermi, debol-mente o fortemente spinescenti, anche inrelazione alla fase giovanile dello sviluppo.La selezione verso le piante coltivate si èesercitata principalmente in riferimento alledimensioni del frutto, ma esistono cultivarcon drupe molto piccole, che però hannoun’elevata produzione e buone caratteristi-che organolettiche e di resa in olio.

È noto, anche, che alcune cultivar condrupe di grandi dimensioni hanno scarsa

454

Page 455: Alberi Arbusti 2008

455

resa in olio e che altre hanno una doppiaattitudine, da mensa e da olio. Si trattaquindi di un complesso di forme del tuttocompatibili dal punto di vista genetico econ una variabilità di caratteri, tipico ingran parte delle specie, palesabile non solosul frutto ma anche su foglie, rami e feno-logia. Il quadro tassonomico che si è venu-to a configurare è molto vario e complessocon la trattazione di questa entità come spe-cie, sottospecie o cultivar, con un intreccionotevole, anche in rapporto alla nascitadelle flore nazionali alla fine del XVIII enella prima metà del XIX secolo. A livellodi cultivar, di cui in Sardegna sono statecensite 28 entità, esistono tuttora aspetti

tassonomici non chiaramente definitiriguardo alla loro reale consistenza varieta-le e sinonimia, in quanto il comportamentodegli alberi risente considerevolmente dellecondizioni ambientali. Anche il numero di315 cultivar riportate per l’Italia (Bandino eal., 2001), è forse eccessivo e solo l’istitu-zione di più campi sperimentali da realizza-re in aree adeguate, potrà risolvere il pro-blema di definire in modo chiaro le sinoni-mie e quante siano le cultivar che hanno unreale valore sistematico.

Il quadro tassonomico più accreditato,dell’olivo e dell’oleastro a seconda delrango sistematico di specie, sottospecie evarietà è il seguente.

Tabella n. 2. Quadro sistematico e tassonomico del complesso olivo/oleastro/olivastro.

Olea europaea L., Sp. Pl.1:8 (1753)Olea sativa Hoffmanns. & Link, Fl. Portug., 1 : 388 (1813-1820)Olea oleaster Hoffmanns. & Link, Fl. Portug., 1 : 387 (1813-1820)Olea sylvestris Miller, Gard. Dict., ed. 8 : n° 3 (1768)

Olea europaea subsp. oleaster (Hoffmanns. & Link) Negodi, Arch. Bot. Sist. 3:79 Olea europaea subsp. sativa (Loudon) Arcangeli, Comp. Fl. It.; 465 (1882)

Olea europaea var. europaeaOlea europaea var. sativa Lehr, Diss. Bot. Med. 21:1779Olea europaea var. sylvestris (Miller) Lehr, Diss. Bot. Med. 20(1779)Olea europaea var. oleaster (Hoffmanns et Link) D.C., Prodr. 8:284 (1844)

Alla var. autonimica europaea vannoaggregate le cultivar, mentre alla var.sylvestris devono essere ricondotte leforme selvatiche. Per il quadro della sino-

nimia delle cultivar della Sardegna sirimanda a Mulas M. et al. (1994) e a Ban-dino et al., 2001).

Page 456: Alberi Arbusti 2008

PHILLYREA L.

Piante arbustive, dioiche, con fogliepersistenti, intere, coriacee. Fiori unises-suali, piccoli con calice a 4 denti e corollaa 4 lobi. Infiorescenze a grappolo. Frutto:drupa. Il genere Phillyrea comprende 4specie diffuse nel Mediterraneo occidenta-le.

Il nome deriva dal greco «phyllon» =foglia.

– Foglie lineari-lanceolate appressate alramo; calice con lobi arrotondati; drupaapicolata per la permanenza dello stiloanche nel frutto maturo......P. angustifolia

– Foglie ovato-lanceolate, poco appressateo patenti; calice con lobi triangolari;drupa mutica............................P. latifolia

Phillyrea angustifolia L., Sp. Pl., 1: 7(1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europae australioris collibus.

Nomi italiani: Lillatro, Olivello, Fillirea afoglie strette.

Nomi sardi: Aliterredda (Bitti); Arridellufemina (Urzulei); in genere come P.latifolia L.

Nomi stranieri: Ingl., Tree Phillyrea; Fr.,Filaria à feuilles étroites; Ted.,Schmallblättrige Steinlinde; Sp., Alade-ru, Labierna, Olivillo.

Arbusto di 2-3 m di altezza, molto rami-ficato dalla base, con portamento eretto.Ramuli glabri o pelosetti negli internodiapicali. Corteccia liscia, di colore bruno-olivastra, grigiastra. Gemme pelosette.Foglie opposte con lamina di 25-60 x 4-15mm, glabre, coriacee con nervature pocoevidenti e con margine intero, strettamentelanceolato-lineari; picciuolo breve, glabroo talora con peli brevissimi. Fiori in cortiracemi all’ascella delle foglie; calice con 4lobi arrotondati; corolla bianca con lobi di

2-3 mm; stami 2; stimma bilobo. Drupa di5-7 mm, globosa, apicolata per la persi-stenza dello stilo, bluastra, con mesocarpomolliccio, endocarpo coriaceo, ma fragile,contenente un solo seme, duro, ovoideo,globoso, con leggeri solchi irregolari.2n=48.

Tipo biologico. Phillyrea augustifolia èun arbusto sempreverde, molto ramificatodal basso e con elevato potere pollonifero,cespitoso a portamento eretto con fogliesclerofilliche persistenti 2-3 anni. Nan- omicrofanerofita.

Fenologia. Fiorisce ad aprile-maggio ematura i frutti a novembre-dicembre.

Areale. Phillyrea angustifolia è diffusanel bacino occidentale del Mediterraneo,lungo le coste Atlantiche del Golfo di Gua-scogna, nell’Africa del Nord, nella Tripoli-tania, Grecia occidentale, Jugoslavia eAlbania. La sua presenza in Sardegna siestende nelle aree costiere con ingressionianche nelle zone interne (Monte Lerno,Altipiano di Buddusò).

Ecologia. È una specie termofila, eliofi-la, che vive su qualsiasi substrato geopedo-logico. In Sardegna si trova principalmen-te nelle zone litoranee e collinari e di rado,in condizioni di forte aridità, va oltre gli800 m di quota. È una specie frugale epoco esigente, che si adatta a vivere neisuoli aridi e sassosi più degradati. Entra afar parte delle macchia mediterranea ter-mofila caratterizzandone spesso l’aspettocome pianta dominante in diverse associa-zioni (Phillyreo angustifoliae-Juniperetumturbinatae) o subassociazioni della leccetao delle macchie costiere.

Notizie selvicolturali. È un costituentetipico della macchia mediterranea. Siriproduce per via vegetativa e per seme.Presenta una elevata capacità pollonifera;opportunamente ceduato o dopo incendio,in breve tempo, raggiunge le dimensionidel cespo originario con accrescimenti lon-gitudinali che vanno, nei primi anni, dai 30ai 60 cm, e decrescono negli anni successi-vi. L’olivello è, generalmente, rifiutato dalbestiame.

456

Page 457: Alberi Arbusti 2008

Phillyrea angustifolia L. - Ramo con fiori, ramo con frutti, ramo con foglie x0,6; fiore in boccio x1,2; fiori aperti x1,2e x2,4; calice x3; frutti x1,2.

Page 458: Alberi Arbusti 2008

458

Caratteristiche ed utilizzazioni del legno.Il legno è duro, compatto, di colore bianco-giallastro; i polloni resistenti e flessibili sonoricercati per lavori di intreccio. Come legnada ardere è un buon combustibile e si utiliz-zava in fascine per il forno a legna.

Note etnobotaniche. La corteccia haproprietà tintorie e conferisce alla lana ealla seta varie tonalità di giallo.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. La fillirea a foglie strette è unvero arbusto e, a differenza di P. latifolia,si presenta sempre policormica con nume-rosi fusti basali e mai in forma arborea. Trale numerose varietà che sono state descrit-te quella con maggiore caratterizzazione evalidità sembra essere la var. rosmarinifo-lia, dalle foglie strettamente lanceolato-lineari.

Distribuzione in Sardegna di Phillyrea angustifolia.

Infiorescenze di Phillyrea angustifolia.

Page 459: Alberi Arbusti 2008

459

Phillyrea latifolia L., Sp. Pl., 1: 8 (1753)

Sin.: Phillyrea media L., Syst. Nat., ed.10, 2: 847 (1759)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa australi.

Nomi italiani: Fillirea, Ilatro, LillatroNomi sardi: Aiferru (Sant’Antioco); Ala-

derru (Alghero, Anela, Bolotana, Bono,Osilo, Padria); Alaverru (Norbello, San-tulussurgiu); Aliderru (Berchidda,Cuglieri, Desulo, Dorgali, Ittiri, Nuoro,Orani, Orgosolo, Ozieri); Aliterru(Bitti); Arradellu (Busachi); Arrideli(Quartu); Arrideli femina (Fluminimag-giore); Arridellu (Urzulei); Arridelu(Baunei, Escalaplano, Perdas de Fogu);Litarru (Tempio); Alaterru.

Nomi stranieri: Ingl., Tree Phillyrea; Fr.,Filaria à feuilles larges; Ted., Breitblät-trige Steinlinde; Sp., Aladera, Labier-nago, Aladeru de fulla ampla.

Arbusto o albero alto fino a 20 m, moltoramificato a chioma ovato-piramidale conrami eretti. Corteccia liscia nei rami giovani,screpolantesi in piccoli dadi irregolari neirami più grossi. Ramuli e gemme pelosette.Foglie opposte con lamina di 20-40 x 5-25mm, largamente ovato-lanceolate con margi-ne intero o marcatamente denticolato. Fiorinumerosi in piccoli racemi ascellari; calicecon 4 denti acuto-triangolari; corolla bianca,verdastra con screziature rossicce o porpori-ne e con quattro lobi arrotondati; antere 2;stimma bilobo. Drupa globosa di 6-10 mm,bluastra a maturità. 2n=46.

Tipo biologico. Arbusto o albero dimedie dimensioni, sempreverde con fogliesclerofilliche. Micro o mesofanerofita.

Fenologia. Fiorisce ad aprile-maggio ematura i frutti a novembre-dicembre.

Areale. È presente in tutto il bacino delMediterraneo, coste atlantiche dalla Franciafino al Marocco e nelle coste del Mar Nero. InSardegna è una delle sclerofille più diffuse sianelle zone costiere, sia in quelle interne.

Ecologia. È una specie eliofila, termofi-la, indifferente al substrato geo-pedologi-co, che vive preferibilmente nelle zonelitoranee. In Sardegna si trova sino ai1.200 m di quota. Entra a far parte dellamacchia di sclerofille sempreverdi comeuno dei componenti principali e spesso dàanche la fisionomia al paesaggio vegetale,costituendo estese formazioni di 2-4 m dialtezza. Il ruolo di specie costruttrice nelleformazioni forestali climaciche della filli-rea a foglie larghe deve essere riconsidera-to per la sua capacità di costituire boschiveri e propri dotati di una grande stabilità ecapacità di resilienza.

Grandi alberi. In Sardegna gli esemplariarborei di maggiori dimensioni si trovanonei calcari centro-orientali, in particolare traNuraghe Mereu e Nuraghe Gorropu, nelSupramonte di Orgosolo, in territorio diUrzullei, sul versante orientale del Monte

Distribuzione in Sardegna di Phillyrea latifolia.

Page 460: Alberi Arbusti 2008

Phillyrea latifolia L. - Ramo con fiori, ramo con frutti x0,65; foglie x1,3; particolare di foglie x2,6; fiori x3 e x6.

Page 461: Alberi Arbusti 2008

461

Albo, presso il Santuario dell’Annunziata diBitti, nel bacino del Rio s’Acqua Callenti,lungo il Flumendosa in territorio di Seulodove esiste il nucleo maggiore di grandialberi alti sino a 25 m, mentre gli esemplaricon circonferenza maggiore (414 cm per 10m di altezza) sono a Tuviois ed ancora lungoil Flumendosa, in territorio di Aritzo (oltre 1m di diametro, per circa 15 m di altezza).Esemplari in forma arborea e in formazioniboschive di una certa estensione si ritrovanoqua e là in tutto il territorio dell’Isola.

Notizie selvicolturali. È uno degli ele-menti più tipici della macchia mediterra-nea. Si riproduce per seme o per via vege-tativa. Presenta un accrescimento piuttostolento, tuttavia in stazioni particolarmentefavorevoli entra in concorrenza con il lec-cio e le altre specie forestali. Ha una capa-cità pollonifera eccezionale e ricaccia subi-to dopo il taglio o l’incendio raggiungendoin breve tempo le dimensioni dei macchio-ni originari. Tra gli arbusti della macchia

nelle preferenze delle capre e dei boviniviene subito dopo l’oleastro; anche perquesto motivo la macchia, ove predomina,è ripetutamente bruciata dai pastori perottenere polloni numerosi e più facilmenteaccessibili al bestiame.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è duro e compatto, suscetti-bile di levigatura e tornitura ed è ottimocome legna da ardere.

Note etnobotaniche. Phillyrea latifoliapresenta le stesse caratteristiche tintorie diP. angustifolia. Il suo nome sardo ha datoorigine a numerosi toponimi.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. La forte variabilità della forma e delledimensioni fogliari ha portato alla descrizionedi numerose entità, considerate ora di rangospecifico ora di rango varietale, ma in realtà didifficile valutazione. Il materiale originale diLinneo, conservato presso l’erbario del Museodi Scienze Naturali di Londra, è dato da dueexsiccata, sicuramente appartenenti a indivi-

Phillyrea latifolia. Frutti di Phillyrea latifolia var. olevenis con i tipici frut-ti rossastri.

Page 462: Alberi Arbusti 2008

462

dui diversi. Il primo con foglie ovali ad apiceacuto e il secondo con foglie molto più picco-le di forma lanceolata, che rappresentano incerto qual modo gli estremi nell’ambito dellavariabilità fogliare della specie. Nel MonteAlbo sono presenti esemplari con foglie roton-de a base cuoriforme con mesofillo moltospesso e a margine liscio, che costituiscono laforma ancora più estrema rispetto alle fogliestenofilliche attribuibili a questa entità. Philly-rea media L. è considerata nelle moderne florecome uno stadio giovanile di P. latifolia L. maè preferibile indicarla come una forma inter-media nell’ambito della variabilità della spe-cie. Nelle piante arboree di grandi dimensionile foglie sono in genere ovali-lanceolate e didimensioni minori che non nelle piante cespi-tose e nei giovani polloni, che vengono emes-si a seguito del taglio o dell’incendio delle cep-paie. Vive nel territorio di Urzullei una popo-lazione dai frutti di colore rosso vivo, scoperta

recentemente (var. olevenis) con esemplariarborei di grandi dimensioni.

SPECIE INTRODOTTE. Tra le specie intro-dotte più comuni nei viali e parchi urbani siricorda il lillà (Syringa vulgaris L.), origina-rio della penisola balcanica; è un arbustomolto ramificato che costituisce colonie tra-mite polloni radicali ed è molto apprezzatoper l’abbondante odorosa fioritura. Sono pre-senti sporadicamente piante con fiori candidi,probabilmente selezionate da forme albine.Ligustrum vulgare L. è l’arbusto più utilizza-to per bordure e viali, che sopporta moltobene le ripetute potature e si presta ad esseremodellato in vario modo. Ligustrun japoni-cum Thunb., originaria del Giappone, e Ligu-strum lucidum Ait., proveniente dalla Cina,Corea e Giappone, sono piccoli alberi a fogliepersistenti con fioritura primaverile e riccaproduzione di grappoli di piccole drupe.

Albero monumentale di Phillyrea latifolia. lungo il corso del Flumendosa in territorio di Aritzo.

Page 463: Alberi Arbusti 2008

463

ANGIOSPERMAE GENTIANALES

APOCYNACEAE

Alberi, arbusti, caducifogli o sempreverdi,erbe, liane, spesso succulenti o lattiginosi.Foglie opposte, alterne o verticillate, sempli-ci. Fiori solitari o riuniti in infiorescenze acima o a racemo. Calice con cinque sepaliacuti. Corolla imbutiforme o a coppa, conappendici sfrangiate nel tubo corollino o allafauce. Stami con antere ravvicinate. Ovariocon due carpelli. Frutto: follicolo, bacca,drupa, capsula. Semi spesso con ciuffi di peli.

La famiglia delle Apocynaceae compren-de 200 generi con oltre 2.000 specie distri-buite nelle regioni tropicali ed in quelletemperate di tutto il mondo. Si tratta dipiante tossiche per il latice presente in tuttele parti degli organi vegetativi e nei semi.Forniscono legname utile per mobili pregia-ti e per lavori di scultura, sostanze colorantie concianti, resine, caucciù, e altri prodottiimpiegati nell’industria farmaceutica.

NERIUM L.

Arbusti con foglie oblunghe, verticillate atre. Fiori riuniti in infiorescenze a cime termi-nali ramose. Calice a 5 lobi. Corolla ipo-cra-teriforme. Frutto formato da due follicoli sal-dati assieme. Semi con lunghi peli cotonosi.

Il genere Nerium comprende tre solespecie, diffuse nella regione mediterranea,in Arabia, Persia, Asia subtropicale, Giap-pone. È noto per le piante ornamentali, perla tossicità del lattice contenuto nelle foglieed in altre parti della pianta, per i principichimici usati nell’industria farmaceutica.

Nerium deriva dal greco «nerò» =umido, con allusione all’ambiente preferi-to da queste piante allo stato spontaneo.

Nerium oleander L., Sp. Pl., 1:209 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Creta, Palaestina, Syria, India.

Nomi italiani: Oleandro.Nomi sardi: Launaxi (Guspini, Teulada);

Leonarxu (Sant’Antioco); Leonaxi(Perdas de Fogu); Leunaxa (Burcei, Vil-lasalto); Leumaxiu (Sant’Antioco);Lisandru (Posada); Lonaxi (Flumini-maggiore); Lonarxu (Oristano); Neula-che (Bitti, Dorgali, Nuoro, Oliena,Orani); Neula’e (Oliena, Orgosolo);Neulagi (Talana, Triei, Urzulei); Olean-dru (Tempio); Oliandru (Padria); Oli-sandru (Nule); Olisgiandru (Oschiri);Siviriglia (Alghero); Olivandru(Cuglieri); Solionaxu (Escalaplano);Leandru, Neulaghe (Logudorese),Sabadiglia.

Nomi stranieri: Ingl., Oleander; Fr., Lau-rier-rose; Ted., Oleander; Sp., Adelfa,Baladre, Laurel rosa.

Arbusto cespuglioso o alberello di 2-8 m.Rami eretti, sottili, molto flessibili. Cortec-cia da giovane verde, liscia, da adulta grigia-stra e fessurata longitudinalmente. Foglieglabre, di 8-15 cm, verticillate, coriacee,oblunghe-lanceolate, con venatura centralebiancastra e prominente e con numerosevenature laterali disposte parallele fra loro eperpendicolari alla centrale. Fiori bianchi orosei, riuniti in infiorescenze corimbose, ter-minali; calice con 5 lobi lanceolati; corollaipocrateriforme, con tubo stretto e conlembo diviso in cinque lobi subtronchi;fauce corollina con squame sfrangiate; stami5 con filamenti sottili; antere con peli setaceiriunite a cono sopra lo stimma subtronco emunito di 5 ghiandole. Frutti in follicoliallungati di 15-20 cm, striati, minutamentepubescenti. Semi minutissimi, rotondeg-gianti, rossastri, peloso-cotonosi a dissemi-nazione anemofila.

Tipo biologico. Arbusto sempreverdecespitoso. Microfanerofita.

Fenologia. Fiorisce in maggio-agosto,nelle forme coltivate anche per tutto set-tembre, e matura i follicoli a settembre-novembre.

Areale. L’areale di questa specie com-prende tutto il bacino del Mediterraneo. In

Page 464: Alberi Arbusti 2008

Nerium oleander L. - Pianta x0,32; fiore x0,64; calice x3; stame x5; frutti x3,2.

Page 465: Alberi Arbusti 2008

465

Italia s’incontra in particolare nelle zonecalde meridionali. Grazie alla sua estesacoltivazione è talora spontaneizzata negliambienti caldi in prossimità di laghi e corsid’acqua interni. In Sardegna si estendelungo i corsi d’acqua della fascia litoraneae gli oleandreti più belli sono quelli del RioOllastu, nel Sarrabus, e del Rio Isalle, nelNuorese. Recenti eventi siccitosi hannodegradato fortemente gli oleandreti dellaforra del tratto a mare di Cala Ilune, unavolta tra quelli più suggestivi dell’Isola.

Ecologia. Specie termofila ed eliofila,vive in ambienti con substrato umido. Allostato spontaneo cresce lungo le sponde esul greto dei torrenti ad alveo esteso, chetalvolta ricopre uniformemente, costituen-do aspetti particolari della vegetazioneriparia. Vive anche in zone pietrose limi-trofe agli ambienti umidi ed inondate tem-poraneamente. La specie, per la carenzaidrica negli alvei a scorrimento tempora-neo, è sottoposta a ripetute condizioni distress a cui risponde con l’infossamentodel sistema stomatico nel mesofillo, per Distribuzione in Sardegna di Nerium oleander.

Formazione a Nerium oleander lungo il Rio Ollastu nel Sarrabus.

Page 466: Alberi Arbusti 2008

466

limitare l’eccessiva evapo-traspirazione.L’oleandro è un componente caratteristicodella classe Nerio-Tamaricetea e di nume-rose associazioni termofile dei corsi d’ac-qua intermittenti delle zone costiere.

Notizie selvicolturali. La propagazioneavviene rapidamente per talea, margotta opolloni. La fioritura si ha dopo il secondo oterzo anno dal trapianto. La capacità polloni-fera dell’oleandro è molto spiccata ed èsfruttata per il ringiovanimento di vecchieceppaie e, nel giardinaggio, con la potaturaalla fine del periodo di fioritura. Per il suouso come pianta da giardino sono state sele-zionate numerose cultivar a fiore doppio ocon una grande varietà di colori: bianco,

giallo-citrino, giallo-limone, giallo-salmone,rosa e diverse gradazioni del rosso, o porpo-rino e talora con screziature e variegature.L’oleandro è utilizzato nei parchi, nei giardi-ni, nelle terrazze e sulle bordure stradali, perla sua facile adattabilità a qualsiasi terreno,per l’intensa e prolungata fioritura e per lapossibilità di essere coltivato come cespu-glio o, con le necessarie forzature, comealberello, ma ricaccia continuamente nuovipolloni che tendono a ricostituire il cespu-glio originario. Si adatta bene anche lungo lestrade dove, nel periodo estivo, caratterizzamolti tratti con abbondante e duratura fiori-tura.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno bianco, leggero, omogeneonon ha usi particolari in quanto, sebbenefornisca rami dritti, è poco duraturo. Lepertiche sono ancora utilizzate negli orticome sostegno per piante rampicanti. Il car-bone che si ricava è molto leggero ed eraricercato per la produzione di polvere dasparo.

Note etnobotaniche. L’oleandro è cono-sciuto come pianta velenosa e ornamentalesin dall’antichità. Si riteneva che provocas-se la morte degli animali che se ne cibava-no, e che dormire sotto le sue fronde fosseletale; in compenso si riteneva efficacecontro il veleno dei serpenti. Contieneeffettivamente alcaloidi e glucosidi forte-mente tossici che possono provocare lamorte per paralisi cardiaca, per cui i suoiderivati sono da usarsi con estrema cautelae mai senza controllo medico. Con l’un-guento ottenuto mescolando foglie trituratee miele o grasso si combatteva la scabbia.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Le popolazioni spontanee dioleandro hanno abbondanti fiori di colorerosato con rari esempi di piante a fioribianchi, attribuibili a forme di albinismo,mentre tra le numerosissime cultivar siannoverano forme a fiori doppi, con corol-la dai colori vari, e paracorolla con laciniemolto variabili; il tutto presenta scarsovalore sistematico, ma sono molto apprez-zate come cultivar da giardino. Fiore di Nerium oleander.

Page 467: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE TUBIFLORAE

LAMIACEAE O LABIATAE

Piante aromatiche arbustive, lianose,erbacee, raramente arboree. Fusto quadran-golare, almeno nelle parte superiore, fogliesemplici, prive di stipole, opposte e ruotatedi 90° nel nodo successivo. Fiori riuniti ininfiorescenza a spiga, racemo, verticillastri,raramente solitari. Brattee spesso fogliacee.Calice gamopetalo, irregolare, persistente.Corolla bilabiata o più o meno regolare.Stami due o quattro, saldati al tubo corolli-no. Ovario supero, bi- o tetracarpellare constilo inserito tra i lobi dell’ovario. Frutto for-mato da due o quattro acheni. Impollinazio-ne entomofila.

La famiglia delle Lamiaceae comprende200 generi e circa 3.200 specie diffuse intutto il mondo. Si tratta, per la gran parte, dipiante erbacee o suffrutici, mentre sonomolto rari gli alberi (genere Hyptis in Suda-merica). Il maggior numero di specie è con-centrato nel bacino del Mediterraneo, per cuisi ritiene che questa zona sia il centro di ori-gine anche di molti generi. Ad essa appar-tengono generi quali Phlomis, Salvia, Oci-mum, Mentha, Origanum, Teucrium,Thymus, Lavandula, di grande importanza inmedicina, in cucina come aromatizzanti e ingiardinaggio come piante ornamentali.

ROSMARINUS L.

Il genere comprende poche specie tipichedella regione mediterranea diffuse nelle mac-chie e nelle garighe. Il nome pare derivi dallatino «ros» = rugiada e «marinus» = marino,per indicare o il colore dei fiori simile a quel-lo del mare o i luoghi in cui vive spontanea-mente.

Rosmarinus officinalis L., Sp. Pl. : 23 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Hispania, G. Narbonensi, Galilaea.

Nomi italiani: Rosmarino.Nomi sardi: Arrosomarinu (Domusno-

vas); Ramasinu (Busachi, Ittiri, Orosei, Ozie-ri, Siniscola); Romanì (Alghero); Romasinu(Bitti, Bolotana, Oliena); Rosmarinu (Padria,Sant’Antioco); Rumasinu (Sassari); Rusma-rinu (Tempio); Sippiri (Gairo, Perdasdefo-gu); Spicu (Burcei); Thippiri (Baunei, Triei,Urzulei); Tipiri (Bosa); Zippiri (Fluminimag-giore, Quartu); Arromaniu, Cipari, Romani-nu, Rumazzinu, Rumosinu, Zipari.

Nomi stranieri: Ingl., Rosemary; Fr.,Romarin officinal; Ted., Rosmarin; Sp.,Romero, Romani.

Arbusto alto sino a due metri. Fusti rigi-di, contorti, con corteccia grigiastra. Fogliesessili, coriacee, persistenti, lineari a margi-ne piegato verso la pagina inferiore, verdi-scure di sopra e biancastre di sotto, aromati-che. Fiori in gruppetti ascellari; calice irre-golare, tomentoso, persistente, campanulato,con labbro superiore intero e slargato e lab-bro inferiore con due divisioni; corolla bila-biata a simmetria bilaterale, azzurra, viola-cea o rosata, raramente bianca, con labbrosuperiore a casco, bilobo e labbro inferioretrilobo, con lobi laterali lineari e lobo centra-le slargato concavo e con margine crenato.Stami 4, di cui 2 sterili, saldati alla corollacon antere ad una sola loggia che si apre tra-mite una piccola fessura. Ovario tetra-car-pellare con stilo bifido. Acheni lisci, subsfe-rici, oblunghi. 2n=24.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso,molto ramificato, a portamento eretto ostrisciante. Nanofanerofita.

Fenologia. Il rosmarino fiorisce daottobre a febbraio-marzo nelle zone costie-re e da marzo a luglio in quelle montane.Per la sua fioritura invernale, nelle giorna-te favorevoli, è molto visitato dalle api.

Areale. È diffuso soprattutto nelleregioni caldo-aride e temperate dell’areamediterranea. Nell’Isola vive abbondantelungo le coste e sui calcari anche nellezone interne.

Ecologia. Specie eliofila e xerofila, cre-sce lungo le coste, sulle sabbie, sulle rupi,

467

Page 468: Alberi Arbusti 2008

Rosmarinus officinalis L. - Ramo con fiori x0,75; corolla x2,5, calice x3, rametto con fiori x1,5.

Page 469: Alberi Arbusti 2008

469

nei luoghi sassosi prossimi al mare, e nellezone calcaree montane, aride e spoglie.Sebbene possa diffondersi ampiamente neisuoli di natura silicea, predilige i substraticalcarei. In Sardegna è una specie moltodiffusa e si trova anche ad altezze conside-revoli nelle montagne centro-orientali, del-l’Ogliastra e del Sarcidano. Nella macchiaevoluta o nel sottobosco perde vitalità e sirarefa sino a scomparire del tutto. SulMonte Albo, sui monti di Oliena e a Mon-tarbu di Seui raggiunge le quote maggiori(oltre i 1.000 m di quota) caratterizzando legarighe delle distese assolate e dei rocciaiprivi di vegetazione forestale. Forma este-

se garighe, con diverse associazioni rag-gruppate sotto il nome della classe ed ordi-ne (Rosmarinetea/Rosmarinetalia) moltoricche di specie.

Notizie selvicolturali. Rosmarinus offi-cinalis si riproduce per talea, per margottao per prelevamento di polloni. Per la suarusticità può essere egregiamente utilizza-to per siepi, bordure, decorazioni di parchi,giardini rocciosi purché siano rispettate lesue esigenze di luce, collocandolo quindiin zone soleggiate. Le forme erette si pre-stano meglio per le bordure, mentre quellestriscianti per coprire le roccaglie dei giar-dini rocciosi.

Rosmarinus officinalis in piena fioritura.

Page 470: Alberi Arbusti 2008

470

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il fusto, solo in casi eccezionali,raggiunge dimensioni di 10-15 cm di dia-metro ed è tenero, fibroso e ricco di oliessenziali che favoriscono la rapida com-bustione con una fiamma vivace e fumonero, ma con un basso potere calorico.Marcisce facilmente ed era utilizzatosoprattutto come legna da ardere per l’ac-censione del fuoco.

Note etnobotaniche. Il rosmarino èconosciuto ed apprezzato fin dall’antichitànell’arte culinaria. Si tratta di una piantache ha avuto un’utilizzazione molto vasta,che va dalla medicina, all’arte culinaria,alla cosmesi ed alle pratiche magiche reli-giose e scaramantiche. L’infuso o il decot-to delle foglie o dei rametti fioriti, era con-

siderato stimolante, tonico, diuretico, effi-cace contro le febbri intermittenti e le affe-zioni delle vie respiratorie, molto usato perguarire dalle affezioni della pelle, forunco-losi varie, caduta dei capelli, cicatrizzantee parassiticida in genere. Era consideratoparticolarmente efficace nelle fumigazioni(affumentu) anche con altre erbe, nella pra-tica contro il malocchio e nella protezionedelle partorienti contro le streghe che nesucchiavano il sangue. Contiene sostanzeche possono determinare, se ingerite inquantità eccessive, seri disturbi all’appara-to digerente, respiratorio e al sistema ner-voso. Gli oli essenziali che si estraggonodalle foglie e dai semi trovano largo impie-go in profumeria nella composizione dilavande e tonici, contro la calvizie e comeantiparassitario. Il rosmarino è un’ottimapianta mellifera che fornisce un miele par-ticolarmente apprezzato.

Note tassonomiche, sistematiche e varia-bilità. Il rosmarino è stato differenziato daJordan e Fourreau in diverse specie (R. tenui-folius, R. rigidus, R. flexuosus) in base al por-tamento ed alla consistenza delle foglie. Altriautori hanno ricondotto il tutto al rangovarietale o di forma nell’ambito della varia-bilità della specie, in quanto, spesso, sonopresenti anche nella stessa popolazione. Ilcontenuto e la composizione dell’olio essen-ziale variano enormemente in funzione delperiodo, del substrato e del momento fenolo-gico, come numerosi studi di fitochimicahanno evidenziato. In Sardegna, sono fonda-mentalmente due i tipi di rosmarino ben dif-ferenziati a livello morfologico; il primo conrami eretti e rigidi, foglie lunghe 2,5-3,5 cm,e il secondo con rami striscianti, tendenti aseguire l’andamento del terreno e divenireanche penduli, con foglie meno lunghe (2-2,5) e più sottili (1-1,5 mm). In entrambi icasi si possono riscontrare esemplari confiori bianchi assimilabili a forme albine di uncerto interesse ornamentale.

Distribuzione in Sardegna di Rosmarinus officinalis.

Page 471: Alberi Arbusti 2008

471

ANGIOSPERMAE TUBIFLORAE

SOLANACEAE

Piante prevalentemente erbacee, annua-li o perenni, o eccezionalmente arbusti opiccoli alberelli. Foglie intere o divise.Fiori solitari o riuniti in infiorescenze acima. Corolla gamopetala, campanulata otubulosa. Stami 5 saldati al tubo corollino.Ovario supero. Frutto: bacca o capsula.

La famiglia delle Solanaceae compren-de circa 90 generi, tra i quali Solanum,Hyoscyamus, Nicotiana, Capsicum,Lycium e Datura con circa 2.500-3.000specie, distribuite nelle regioni tropicali,subtropicali e temperate.

Fanno parte di questa famiglia impor-tanti piante d’interesse alimentare (patata,pomodoro, peperone, melanzana) tra quel-le più consumate nel mondo, medicinale(belladonna, dulcamara), tossiche (tabac-co, mandragora, stramonio), ornamentali(petunia, capsicastro, fisalide) e infestantidei campi coltivati (erba morella).

LYCIUM L.

Arbusti con foglie caduche o persisten-ti, spinosi o inermi. Fiori solitari o in infio-rescenze cimose o a grappolo. Calice cam-panulato, corolla imbutiforme o tubulosa.Stami 5 inseriti sul tubo corollino. Ovariosupero. Frutto: bacca.

Il genere Lycium comprende un centi-naio di specie presenti nelle regioni tempe-rate e subtropicali, alcune delle quali uti-lizzate a scopo ornamentale.

Lycium europaeum L., Sp. Pl. 1: 192(1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Narbonia, Hispania, Lusitania, Italia.

Nomi italiani: Spina di Cristo, SpinaSanta.

Nomi sardi: Fune Cristi (Quartu); Ipinasanta (Ozieri); Ispina santa (Anela, Ber-chidda, Bitti, Bolotana, Bono, Oliena,Orani, Orgosolo, Urzulei); Spina crispiri(Fluminimaggiore); Spina Cristi, Pruna ’eGristi.

Nomi stranieri: Ingl., European Box-thorn; Fr., Lyciet d’Europe, Olinet,Couronne du Christ; Ted., Bocksdorn; Sp.,Cambronera, Espinal, Ars de Tancas.

Arbusto di 1-3 m, molto ramificato,intricato, spinoso. Rami adulti rigidi, bian-castro-cenerini con minute punteggiaturenere, quelli giovani verdi con brevi peliglandolosi, scandenti. Foglie di 30-50 x 4-10 mm, lanceolate, carnosette, con brevepicciuolo alla base, sparse sui rami giovanie in fascetti in quelli dell’anno precedente.Fiori solitari o in gruppi di due tre, pedun-colati; calice di 2-3 mm, bilabiato con 5denti diseguali; corolla bianca o violaceo-porporina con tubo di 10-18 mm, peloso-glandoloso internamente, con 5 lobi di 3-4mm, brevemente ciliati; stami 5 con fila-menti glabri inseriti oltre la metà del tubocorollino. Bacca di 6-9 mm, piriforme, glo-bosa, rosso-giallastra a maturità. 2n=24.

Tipo biologico. Arbusto cespitoso,caducifoglio, spinescente. Microfanerofita.

Fenologia. Fiorisce a maggio-giugno,ma più frequentemente ad agosto-settem-bre, subito dopo la caduta delle foglie.

Areale. È presente in tutto il bacino delMediterraneo. La sua distribuzione attualein molte zone interne è da attribuire inmassima parte all’opera dell’uomo.

Ecologia. Vive, indifferente al substra-to, soprattutto nelle zone costiere. Specieeliofila e xerofila predilige i luoghi aridi.In Sardegna si rinviene, in particolare,lungo le siepi, generalmente in prossimitàdei centri abitati.

Notizie selvicolturali. Si presta a costi-tuire siepi impenetrabili; a tale scopo sitrova diffuso anche nelle zone interne. Siriproduce facilmente per via vegetativa. Lesue foglie sono ricercatissime dagli anima-li da cortile.

Page 472: Alberi Arbusti 2008

Lycium europaeum L.- Rami con fiori x0,6; fiori e fiore aperto x2,4.

Page 473: Alberi Arbusti 2008

473

Distribuzione in Sardegna di Lycium europaeum.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il tronco, di dimensioni modeste, ètenero e marcisce facilmente; per la pre-senza delle numerose spine, la pianta nontrova impiego nemmeno come legna daardere.

Note etnobotaniche. La corona di Cri-sto sarebbe stata di Lycium europaeum L.;ciò spiega la sua attuale diffusione all’in-terno dei centri abitati e presso le chiese dicampagna. La correlazione con la passionedi Cristo conferisce al Lycium europaeumun particolare significato benefico nellacura di molte malattie, per le quali si utiliz-zavano infusi e decotti. Antalgie, dolorireumatici, carie, mal di reni e affezionidella pelle, foruncoli e punture di insetti oscorpioni affidavano a questa pianta moti-vo di speranza di lenimento del dolore o diguarigione. La pianta era anche considera-ta benefica per i riti di fertilità.

SPECIE INTRODOTTE. Tra le solanaceearbustive divenute spontanee si segnala lapresenza di Nicoliana glauca R. Grah., ori-

Lycium europaeum.

Page 474: Alberi Arbusti 2008

474

ginaria dell’America meridionale, arbustosemi-caducifoglio con numerosi fiori tubu-losi giallastri e foglie ovato-lanceolatemalacofilliche, che è largamente presenteintutto il Mediterraneo. Diffusa negli ambien-ti ruderali delle aree urbane e periurbane e

lungo i corsi d’acqua delle zone bassecostiere. Un’altra specie molto affine aLycium europaeum è L. intricatum, che sene differenzia per le dimensioni della baccarossa di 10-12 mm, diffusa nella Sardegnasud-occidentale da Capo Frasca a Pula.

Siepe di Lycium europaeum.

Page 475: Alberi Arbusti 2008

475

ANGIOSPERMAE TUBIFLORAE

VERBENACEAE

Alberi, arbusti, erbe o liane. Fusto qua-drangolare o cilindrico. Foglie opposte overticillate, intere, palmate o pennato-com-poste. Fiori gamopetali regolari o a simme-tria bilaterale, in verticillastri o infiore-scenze racemose o cimose. Ovario supero.Frutto: drupa, nucula o capsula.

La famiglia delle Verbenaceae com-prende 75 generi e circa 3.000 specie condistribuzione prevalentemente tropicale osubtropicale.

Molte specie presentano un interesseeconomico e ornamentale. Tectona grandisL. fornisce il legno di tek, molto ricercatoper costruzioni navali e in ebanisteria. Lip-pia citriodora H.B. et K., (cedronella oerba Luisa) e Lantana camara L. (lantana)sono piante ornamentali che fornisconoanche oli essenziali, foglie e rami fioriferiper infusi e tisane.

VITEX L.

Alberi o arbusti, decidui. Foglie oppostesemplici o digitate con 3-7 foglioline. Fioririuniti in infiorescenze racemose o cimoseterminali. Fiori irregolari, blu, bianchi ogialli. Frutto: drupa.

Il genere comprende circa 270 specie, lamaggior parte delle quali diffuse nelle zonetropicali o subtropicali.

Alcune specie venivano utilizzate perintrecciare vimini e da questo uso derive-rebbe il nome vitex, dal latino «viere» =legare, intrecciare.

Vitex agnus-castus L., Sp. Pl., 2: 638(1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Sicilia et Neapolis, paludosis.

Nomi italiani: Agnocasto, Lagano, Aino.

Nomi sardi: Samu’u de frumene (Oliena);Pebaru sardu, Pibiri sardu, Sambucupibiri, Samuccu de arriu.

Nomi stranieri: Ingl., Common Chaste-tree; Fr., Cattilier commun, Arbre aupoivre, Agneau-caste; Ted. Mönchspfef-fer, Abrahams-Strauch; Sp., Sauzgatil-lo, Aloch.

Arbusto o alberello a foglie caduche, di1-5 m. Rami giovani quadrangolari rico-perti da peluria che conferisce loro unaspetto lanuginoso e un colore biancastro.Rami adulti con corteccia grigio-giallastra,screpolata longitudinalmente. Foglie oppo-ste, digitate con 5-7 foglioline, lanceolate,intere, lunghe 5-10 cm, ricoperte da pelifitti, bianchi, nella pagina inferiore; glabree verdi nella pagina superiore. Fiori blu,rosa, in cime verticillate disposte su di unasse a formare una lunga infiorescenza;calice campanulato con 5 denti, peloso;corolla tubulosa, irregolare con lobi arro-tondati. Stami 4 inseriti sul tubo corollinoe sporgenti fuori di esso. Ovario con stiloallungato, bifido. Drupa nero-rossastra di3-5 mm, globosa.

Tipo biologico. Arbusto o alberello conrami eretti caducifoglio. Nano- o microfa-nerofita.

Fenologia. Fiorisce in giugno-luglio ematura i frutti ad agosto.

Areale. L’agnocasto è diffuso nell’areamediterranea e in Asia occidentale. Pignat-ti lo considera un elemento floristicopaleo-tropicale. L’abbondante fiorituraestiva ne ha favorito la diffusione anchecome pianta ornamentale ben oltre l’areageografica originaria. In Sardegna è fre-quente sui corsi d’acqua delle zone costie-re. L’agnocasto è stato introdotto comepianta ornamentale nell’America setten-trionale, dove si è spontaneizzato.

Ecologia. Vive nelle zone umide, lungoi corsi d’acqua, presso i fontanili. In Sarde-gna è presente lungo la fascia costiera e,nell’interno, in zone calde, raramente nellezone interne e al di fuori degli alvei fluvia-li. L’agnocasto entra a far parte delle for-

Page 476: Alberi Arbusti 2008

Vitex agnus-castus L. - Ramo con fiori, foglia, rametto x0,57; particolare delle gemme, fiore, calice e stilo, fiore aper-to, frutto x2,5; fiori x1,2.

Page 477: Alberi Arbusti 2008

477

Distribuzione in Sardegna di Vitex agnus-castus

mazioni igrofile con oleandro, nella classepiù termofila (Nerio-Tamaricetea) dellavegetazione riparia.

Grandi alberi. L’agnocasto, sebbene dinorma non presenti grandi dimensioni,mostra esemplari di 5-6 m in altezza nelRio Coccorrocci, presso il Monte Ferru diTertenia. È notevole per l’età, oltre che perla testimonianza storica, l’esemplare pre-sente nell’Orto Botanico di Padova risalen-te al tempo della sua istituzione nel 1544.

Notizie selvicolturali. La propagazioneavviene per talea o, più rapidamente, permargotta. In condizioni favorevoli puòraggiungere dimensioni notevoli e vivereper lungo tempo. Si presta ad essere colti-vato come pianta da giardino.

Note etnobotaniche. Questa pianta futenuta in considerazione come anafrodisia-co fin dall’antichità. In Atene le donne, cheosservavano la continenza sessuale duran-te i festeggiamenti delle «tesmoforie» inonore di Demetra, cospargevano i loro letticon foglie di agnocasto. Anche le sacerdo-tesse dei templi di Cerere, votate alla casti-tà, intrecciavano i loro giacigli con rami diagnocasto. Questa usanza, nel Medioevo,fu mantenuta dai religiosi e la pianta veni-va coltivata nei conventi, sia per le fronde,che erano riposte nei cuscini, sia per isemi, noti come pepe dei monaci, per pre-parare la «aqua castitatis», seppure conrisultati controversi. Le moderne ricerchefitochimiche e mediche hanno messo inevidenza benefici effetti di preparati a basedi frutti per il riequilibrio dello stato ormo-nale durante la menopausa. Le foglie del-l’agnocasto presentano oli essenziali utilicontro l’amenorrea, glucosidi ad azionesedativa, stupefacente ed ipnotica. In Sar-degna i frutti erano utilizzati come succe-daneo del pepe e il decotto del fiore comedisinfettante oftalmico. È una pianta melli-fera molto visitata dalle api.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. L’agnocasto mostra una note-vole variabilità in riferimento ai fiori chesfumano dal più comune colore blu caricoal viola, al rosato e al bianco.

Vitex agnus-castus.

Page 478: Alberi Arbusti 2008

478

Formazione riparia a Vitex agnus-castus e particolari delle infiorescenze.

Page 479: Alberi Arbusti 2008

ANGIOSPERMAE DIPSACALES

CAPRIFOLIACEAE

Piccoli alberi, arbusti, suffrutici, rampi-canti, liane o erbe. Foglie semplici, compo-ste, libere o saldate. Fiori riuniti in infiore-scenze a cima. Calice con 5 denti liberi.Corolla gamopetala regolare o a simmetriabilaterale. Stami 5 saldati al tubo corollino.Ovario infero. Frutto: bacca o capsula.

La famiglia delle Caprifoliaceae oLoniceraceae comprende 15 generi, tra iquali i più noti sono Lonicera, Viburnum,Sambucus, e circa 400 specie, diffuse nelleregioni temperate e tropicali di gran partedel mondo.

Fossili di Caprifoliaceae, in particolaredei generi Viburnum e Sambucus, sonostati reperiti in giacimenti del Cretaceo.

– Foglie composte; fusto con ricco midollo.................................................Sambucus

– Foglie semplici; fusto completamentelignificato.................................Viburnum

SAMBUCUS L.

Piante arboree, arbustive od erbacee.Foglie caduche, opposte, imparipennate. Fusticon midollo molto sviluppato. Fiori riuniti ininfiorescenze a corimbo. Corolla regolare,gamopetala. Stami cinque. Frutto: drupa.

Il genere Sambucus comprende circa 20specie diffuse nelle regioni temperate o tropi-cali. Alcune specie sono utilizzate in fitotera-pia o come piante ornamentali.

Sambucus deriva dal greco «sambuce»(=flauto), strumento ricavato dai rami svuota-ti del midollo. Ricorda anche uno strumento acorda, fatto con il legno duro e stagionato delsambuco, usato dai Greci e dai Romani.

Sambucus nigra L., Sp. Pl. 1: 269 (1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Germania.

Nomi italiani: Sambuco.Nomi sardi: Sabucu (Nuoro); Sambucu

(Baunei, Tempio); Samu’u (Fonni);Sauc (Alghero); Saucu (Anela, Berchid-da, Bitti, Bolotana, Ittiri, Ozieri,Padria); Saucheddu (Bono); Savucu(Orani, Sarule); Semmucu (Flumini-maggiore); Semuhu (Urzulei).

Nomi stranieri: Ingl., Elder; Fr., Sureaunoir; Ted., Schwarzer Holunder; Sp.,Sauco.

Arbusto o piccolo albero di 5-8 m a por-tamento eretto e chioma globulosa. Cortec-cia suberosa, screpolato-scagliosa. Ramigiovani con lenticelle evidenti, cenerini ocenerino-rossastri e con abbondante midol-lo tenero e bianco. Foglie composte con 3-7 foglioline di 4-10 x 2-6 cm, ovate, ovato-oblunghe, oblunghe-lanceolate, acute oacuminate, glabre o pelosette nelle nerva-ture; margine fogliare serrato-dentato; pic-ciuoletto breve, canalicolato. Infiorescenzacorimbosa, terminale di 10-25 cm di dia-metro. Fiori di 3-6 mm, bianchi o giallastri,odorosi, corolla rotata con lembo diviso in5 lobi arrotondati; stami 5 inseriti tra i lobidella corolla. Frutto: bacca sub-globosa di5-8 mm, prima di colore verde-rossastro,poi, a maturità, nera con succo sanguigno-scuro. 2n=36.

Tipo biologico. Arbusto o alberellocaducifoglio di 3-8 m. Microfanerofita.

Fenologia. Le foglie compaiono a feb-braio-marzo e la fioritura avviene ad apri-le-giugno alla sommità dei rami. I fruttimaturano a settembre-ottobre.

Areale. Il sambuco è una specie comu-ne nell’Europa centrale e meridionale,nella Turchia settentrionale, nel Caucaso,nel Medio Oriente. Attualmente è diffuso enaturalizzato in Norvegia, Svezia, Finlan-dia e Baleari ed è, forse, spontaneo inAlgeria. La sua distribuzione in Sardegna ècomune in quasi tutta la regione.

Ecologia. Vive nei luoghi freschi, rude-rali, nelle anse e lungo i corsi d’acqua, lesiepi e ai margini dei boschi fino a 1.000-1.400 m, indifferente al substrato geopedo-

479

Page 480: Alberi Arbusti 2008

Sambucus nigra L. - Ramo con frutti, particolare dell’infiorescenza x0,6; fiore in boccio e fiori aperti x6.

Page 481: Alberi Arbusti 2008

481

Distribuzione in Sardegna di Sambucus nigra.

logico. È specie caratteristica di alleanzaSambuco-Salicion e di associazione diambienti fluviali, umidi e ruderali.

Grandi alberi. Alberi di sambuco dinotevoli dimensioni sono presenti un po’ovunque, ma quelli di taglia maggioreconosciuti sono sicuramente presenti pres-so le sorgenti del Flumineddu a Cuile IsTrogus in territorio di Orgosolo, con albe-ri di 5-6 m di altezza e diametro di 70-80cm, e nella vallata del Rio Aratu.

Notizie selvicolturali. Il sambuco siriproduce per seme o più semplicementeinterrando le talee nel periodo invernale.L’accrescimento è piuttosto rapido e sipresta bene per costituire siepi o, isolato,come pianta ornamentale nei giardini perl’abbondante bianca fioritura che ricopregran parte della pianta. Il sambuco è unapianta comune negli ambienti sinantropicidove costituisce tipi di vegetazione legataalla ricchezza di nitrati. Nei boschi invasida robinia delle aree montane continentaliil sambuco entra anche nel sottoboscocostituendo consorzi vegetali del tuttonuovi per queste aree.

Sambucus nigra in forma arborea.

Page 482: Alberi Arbusti 2008

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno dei tronchi grossi è compat-to e duro e può essere utilizzato per picco-le opere di tornitura, intarsio e strumentimusicali.

Note etnobotaniche. Il sambuco nellatradizione popolare era una sorta di pana-cea per tutti i mali degli animali e dellepersone. Con le opportune pratiche magi-che, si otteneva la guarigione o la protezio-ne, oltre che per le proprietà dei suoi com-posti chimici, soprattutto dalla correttaesecuzione del rito. Corteccia, foglie,rametti, fiori, frutti da soli o in composi-zione con altre erbe guarivano emicranie,febbri, affezioni polmonari, ferite, regola-vano la circolazione del sangue, l’apparatodigerente e urinario; erano anche un anal-gesico per le coliche renali, sanavano ilfegato, le foruncolosi e le affezioni cuta-nee. Tante pratiche popolari vanno consi-derate con la dovuta prudenza, tuttavia glistudi di fitochimica hanno dimostrato l’im-portanza per le proprietà diaforetiche, diu-retiche, antinevralgiche dei fiori, della cor-teccia e dei frutti. I frutti maturi vengonoutilizzati anche come colorante dei tessuti,per dare colore ai vini o ricavare acquaviti.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Il sambuco presenta una sostan-ziale unitarietà morfologica, in ciò legataanche all’unitarietà degli habitat in cui vive,tuttavia sono state descritte diverse varietà(decussata Gillot e laciniata L.) utilizzate ingiardinaggio. In Sardegna si osservano pian-te di una stessa popolazione, soprattuttonelle fasi giovanili, con le foglie di coloreverde-scuro e a lacinie steno-filliche.

VIBURNUM L.

Piante arbustive o arboree. Foglie sem-plici, intere o dentate, opposte. Fiori bian-chi o rosei, riuniti in infiorescenze corim-bose. Calice con 5 denti. Corolla regolare oleggermente irregolare, stretta alla base atubo e aperta in 5 lobi. Ovario infero. Frut-to: bacca o drupa.

Il genere Viburnum comprende oltre uncentinaio di specie diffuse nelle regionitemperate e subtropicali dell’Emisfero set-tentrionale.

Fiori di viburno sono stati ritrovatientro ambre fossili.

La maggior parte delle specie di questogenere si prestano per la loro rusticità, perla densa infiorescenza, per i frutti rossi ebluastri come piante ornamentali nei giar-dini. I frutti di Viburnum opalus L., o palladi neve, sono eduli e molto ricercati sulmercato estero; la corteccia di Viburnumprunifolium L. è utilizzata nell’industriafarmaceutica per la preparazione di prodot-ti sedativi o antispasmodici.

Viburnum deriva dal latino «viere» =legare, intrecciare, per indicare la flessibi-lità dei rami e le loro varie utilizzazioniartigianali.

Viburbum tinus L., Sp. Pl. 1:267 (1753).

Regione della prima descrizione: Habitatin Lusitania, Hispania, Italia.

Nomi italiani: Laurotino, Viburno, Lentag-gine.

Nomi sardi: Meleana (Laconi); Meliana(Burcei); Miliana (Nuoro); Rubia dePadente (Dorgali); Sambinzu (Baunei);Siserbiu (Baunei); Malajana, Mela dejanas, Sambucu areste.

Nomi stranieri: Ingl., Laurustinus; Fr.,Laurier tin; Ted., Immergrüner Schnee-ball; Sp. Durillo.

Pianta sempreverde arbustiva di 3-5 m.Rami giovani con corteccia rossastra, vel-lutata; rami adulti grigiastri. Foglie persi-stenti, coriacee, opposte, ovali o ovali-oblunghe a margine intero; pagina superio-re glabra, verde-scura, lucente; paginainferiore verde-chiara con ciuffi di pelilungo le nervature; picciuolo pubescente eghiandoloso. Fiori in densi corimbi, termi-nali, bianchi o rosati; pedicelli articolaticon una o due bratteole; calice a 5 denti

482

Page 483: Alberi Arbusti 2008

483

ovali-acuminati; corolla gamopetala contubo corto e con lembo diviso in cinquelobi irregolari. Stami 5 inseriti sul tubocorollino, filamenti alterni ai lobi, antererivolte verso il centro del fiore. Ovarioinfero con tre stimmi sessili. Frutto: bacca,da bluastra a nero-metallica a maturità.

Tipo biologico. Arbusto sempreverde afoglie semi-sclerofilliche, cespitoso, moltoramificato dalla base. Microfanerofita.

Fenologia. La fioritura inizia a dicem-bre e si protrae sino ad aprile. In giugno-ottobre si ha maturazione dei frutti chepossono persistere sino al momento dellanuova fioritura.

Areale. L’areale si estende nell’Europamediterranea, Africa settentrionale e Siria.In Sardegna è diffuso dalle zone costiere aquelle sub-montane. Le pendici settentrio-nali del Limbara nel versante settentriona-le, il Montalbo, ma soprattutto i calcaridell’Ogliastra e del Sarcidano sono le areedove si riscontra con maggiore frequenza.

Ecologia. Predilige i climi temperati ericerca i valloni riparati e freschi. Specietipicamente mediterranea, entra a far parteDistribuzione in Sardegna di Viburnum tinus.

Infiorescenza di Viburnum tinus.

Page 484: Alberi Arbusti 2008

Viburnum tinus L. - Pianta, frutti x 0,5; infiorescenza x 1,5; corolla x 3,5.

Page 485: Alberi Arbusti 2008

485

delle leccete e della macchia mediterraneamesofila. Predilige il substrato calcareo ole aree di calcescisti alla base delle falesiecalcaree. Caratterizza l’associazioneViburno-Quercetum ilicis, uno dei tipi dilecceta maggiormente diffuso in Sardegna.Il viburno entra a far parte anche delle lec-cete con orniello e lentisco.

La propagazione avviene per seme,margotta, talea o per trapianto dei polloni.Per l’eleganza del portamento, per le foglieche ricordano quelle dell’alloro (da cui ilnome di lauro-tino), per la fioritura inver-nale e per le bacche di un colore insolito, è

una specie molto decorativa ed è usata perla formazione di siepi e di macchie cespu-gliose nei giardini. Si presta anche ad esse-re allevata in vaso come pianta ornamenta-le da appartamento.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il legno è di colore rosso-chiaro,omogeneo, duro, pregiato per la fabbrica-zione di oggetti in legno.

Note etnobotaniche. In campo artigia-nale i fusti sottili sono utilizzati per lavorid’intreccio, mentre i frutti erano usaticome colorante e come efficaci purgativi.

Frutti di Viburnum tinus.

Page 486: Alberi Arbusti 2008

486

ANGIOSPERMAE PRINCIPES

PALMAE

Piante a portamento arbustivo o arboreocon fusto più o meno sviluppato, ispessitodalla lignificazione delle guaine fogliari.Foglie, a fronde, disposte nella parte termi-nale attorno all’apice vegetativo, a ventaglioo pennate con foglioline disposte su unarachide ingrossata. Il picciuolo persisteanche dopo la caduta della fronda. Fioripoco appariscenti, unisessuali o bisessuali,riuniti in infiorescenze a pannocchia o aspiga, racchiuse da grandi brattee o spate.Perigonio di sei pezzi, liberi o saldati. Seistami e ovario supero. Frutto: bacca o drupa.

La famiglia delle Palmae appartienealle Monocotiledoni e presenta un numerodi generi che oscilla, secondo vari autori,da 140 a 230, con circa 3.400 specie. Viappartengono, tra gli altri, i generi Phoe-nix, Washingtonia, Trachycarpus, Cocos,Leodicea, Nipa e Hiphaene, utilizzate pervari scopi.

Sono distribuite principalmente nellezone tropicali o subtropicali in quasi tuttigli ambienti, dai deserti, alle foreste plu-viali, alle paludi, alle grandi montagneequatoriali. La distribuzione di questafamiglia nel passato doveva essere moltopiù vasta dell’attuale come testimoniano iresti fossili che risalgono al Cretaceo.

Le Palmae presentano notevole utilitàeconomica, poiché forniscono frutti, fibretessili, olii, cere, avori vegetali. Molte spe-cie hanno interesse ornamentale comepiante per parchi e giardini, dove sonoampiamente utilizzate soprattutto nellecittà di mare. Il genere Chamaerops èmonospecifico.

Chamaerops humilis L., Sp. Pl. 2: 1187(1753)

Regione della prima descrizione: Habitatin Europa australi, praesertim inHispania.

Nomi italiani: Palma di S. Pietro, Palmanana.

Nomi sardi: Margallò (Alghero); Prammaagreste (Oliena); Pramma era (Dorga-li); Pramma nana (Ittiri, Padria); Pram-mitu (Ittiri); Pramma ‘e iscovas (Flumi-nimaggiore, Quartu); Buatta (Logud.);Parmas, Pramizzu, Parma de SantuPerdu martiri (Nurra).

Nomi stranieri: Ingl., Dwarf Fan-Palm;Fr., Palmier nain; Ted., Zwergpalme;Sp., Palmito, Margallon, Bargallò.

Piante arbustive con fusto breve, acauleo raggiungente i 2-3 m di altezza, ricoper-to dai residui fibrosi delle guaine fogliari.Foglie a ventaglio, formate da 10 o 15 laci-nie di 30-50 cm, lanceolate, mucronate,percorse da una nervatura, pubescenti dagiovani, glabre da adulte, verdi-scure nellaparte rivolta verso l’asse centrale, verdi piùchiare nella parte esterna; picciuolo di 20-70 cm, legnoso, fibroso, pubescente, conaculei ricurvi sul margine e con guainalarga, abbracciante lo stipite. Fiori maschi-li e femminili su piante diverse, riuniti ininfiorescenze dense a pannocchia; spataovale, giallo-dorato, con margini e costola-tura ricoperti da densi peli; fiori maschiligialli con involucro formato da segmentisaldati e con sei stami; fiori femminili,gialli, con perigonio a sei elementi ed ova-rio supero. Drupa di 2-3 cm, globosa, ovoi-dale, oblunga, giallo-dorata o marron-dorata. 2n=36.

Tipo biologico. Si sviluppa con più sti-piti eretti a formare un denso cespuglio.Nanofanerofita.

Fenologia. I fiori, nel periodo inverna-le, sono racchiusi entro la spata e sono pro-tetti e nascosti dalle guaine fogliari. L’a-pertura della spata, l’allungamento dell’as-se basale e quindi l’emissione dell’infiore-scenza all’esterno avviengono in aprile-maggio. In ottobre si ha la maturazione deifrutti, che permangono per gran parte del-l’inverno, talora per più anni, sulla pianta.

Areale. La palma nana è distribuitanella regione mediterranea occidentale, in

Page 487: Alberi Arbusti 2008

particolare nella Penisola Iberica e in Afri-ca settentrionale, nell’Atlante sin oltre i1.200 m. L’areale della palma nana, nelpassato, era sicuramente molto più estesodell’attuale. Nella penisola italiana è spo-radica sulle coste tirreniche, più comune inSicilia.

La presenza di reperti fossili in Proven-za, in altre zone della Francia e nell’arcipe-lago Egeo dimostra la sua più antica distri-buzione. La regressione dell’antico arealepare sia dovuta ai cambiamenti climaticiavvenuti durante le glaciazioni del Quater-nario. La regressione attuale dell’areale èinvece determinata dall’estendersi degliinsediamenti umani, dalle colture agrarieestensive, dall’utilizzazione delle foglie edei germogli per scopo artigianale edanche alimentare.

In Sardegna è presente nel Golfo diOrosei, a Capo S. Elia e sulla costa occi-dentale e settentrionale, dall’Isola di San-t’Antioco sino a Castelsardo. Il settore dimaggiore diffusione è, però, quello dellaNurra nord-occidentale.

Ecologia. La palma nana vegeta suqualsiasi substrato geo-pedologico. In Sar-degna è maggiormente diffusa sui calcaricompatti mesozoici ed eocenici e sullapanchina quaternaria. È sporadica sulleignibriti e sui graniti. È una specie xerofi-la, di clima caldo-arido con ridotte precipi-tazioni estive ed elevata insolazione. Vivesulle rupi, nei pendii o declivi rocciosi,nelle sabbie e nei luoghi sassosi. La palmanana, sebbene non strettamente litoranea,caratterizza ampi aspetti di vegetazione ein Sardegna sono state descritte diversesub-associazioni caratterizzate da questapianta.

Notizie selvicolturali. La palma nana èuna specie rustica con una crescita lenta.La grande resistenza alle variazioni clima-tiche e la sua facile acclimatazione indiversi habitat favoriscono una più ampiadiffusione negli ambienti coltivati rispettoa quella dello stato spontaneo. Essa è uti-lizzata nei giardini come elemento moltodecorativo. La propagazione avviene

soprattutto per seme e con maggior diffi-coltà da getti basali come avviene in natu-ra dopo un incendio. Attorno al fusto prin-cipale si sviluppano diversi fusti secondariche raggiungono altezze considerevoli, inparticolare negli esemplari coltivati. È daricordare l’imponente esemplare esistentenell’Orto Botanico di Padova, introdottoprobabilmente alla fine del 1500, notocome Palma di Goethe, dove il grandescrittore concepì il suo trattato sulla fisio-logia delle piante.

Caratteristiche ed utilizzazioni dellegno. Il fusto della palma nana è tenero,fibroso, poco consistente ed è tutt’al piùutilizzato come legna da ardere, sebbeneabbia scarso potere calorico.

Note etnobotaniche. La palma nana erautilizzata sin dall’antichità per vari usi. Iromani si cibavano dei germogli ed usava-no le foglie per farne scope e intrecciarestuoie. In Sardegna, soprattutto nella Nurrae in Romangia, le lacinie delle foglie trova-vano impiego per lavori di intreccio, cesti,corbule, canestri, stuoie, sacchi, funi e cor-dame vario e, sfibrate, erano usate per otte-nere il crine vegetale. Le fronde dellapalma nana avevano significato simboliconella festa della Domenica delle Palme. Legiovani foglie si intrecciavano con l’olivoe dopo la benedizione si conservavano aprotezione delle case. I germogli, asportatidalla parte centrale del fusto, ad Algherosono tuttora ricercati e consumati crudicome insalata. Questa pratica ha contribui-to alla diminuzione della palma nana neiterritori interessati dalla sua diffusione,anche se la sua rarefazione e scomparsa inmolte aree si devono soprattutto alle boni-fiche per l’agricoltura. I frutti eduli, chia-mati “gingiul” in algherese, erano untempo molto ricercati sul mercato per illoro sapore simile a quello del dattero.

Note tassonomiche, sistematiche evariabilità. Chamaerops humilis, unica spe-cie spontanea del genere monospecificoChamaerops, è un elemento della paleofloramediterranea, un’entità arcaica, isolata,senza affinità particolari. Presenta, in parti-

487

Page 488: Alberi Arbusti 2008

Chamaerops humilis L. - Pianta e base della foglia molto ridotte; fiore femminile, fiore maschile x5; infiorescenza,frutti x0,5; seme x2.

Page 489: Alberi Arbusti 2008

489

colare nelle specie coltivate, una accentuatavariabilità e questa sua caratteristica haindotto diversi autori a ricerche sulla biolo-gia, fisiologia e morfologia interna ed ester-na degli apparati vegetativi e riproduttori.

Sono state descritte diverse varietà inbase al portamento cespitoso o arborescente,alle foglie, al frutto ed alla spata fiorale,soprattutto per le piante coltivate. Tali carat-teri sono stati utilizzati da Beccari (1920)che, su esemplari provenienti dalla Nurra diAlghero, istituì la var. sardoa, mentre Fiori(1923) basò le sue diagnosi sulla morfologiae sulla grandezza del frutto.

SPECIE INTRODOTTE. Phoenix dactylife-ra L. (palma da datteri), presente nelle oasidi tutta la fascia dell’Africa sahariana esupra-sahariana e nel Medio Oriente, èsicuramente quella di più antica introdu-zione nell’Isola. È utilizzata solo per scopiornamentali, in quanto, sebbene fruttifichiregolarmente, produce datteri scarsamentecommestibili. P. canariensis Hort. ex Cha-baud (palma delle Canarie), originariadelle isole Canarie, caratterizza soprattutto Distribuzione in Sardegna di Chamaerops humilis.

Macchia a Chamaerops humilis.

Page 490: Alberi Arbusti 2008

490

le passeggiate a mare delle città costiere ei giardini. Washintonia filifera (Linden)Wendl e W. robusta H. Wendl, dalle fogliea ventaglio, sono di origine nord-america-na. Oggi, con il notevole sviluppo dell’edi-lizia turistica lungo le coste, vengono

introdotte anche numerose altre specie, tut-tavia in subordine, come quantità, a quelledi più antica tradizione. Tra di esse Trachy-carpus fortunei (Hooker) H. A. Wendland,piccola palma con numerosi frutti bluastriaffine alla Chamaerops.

Infiorescenze femminili di Chamaerops humilis.

Page 491: Alberi Arbusti 2008

ACHENIO - Frutto secco che non si apre a maturi-tà (indeiscente), contenente un solo seme. Es.:ghianda, castagna, samara.

ACICULARE - Tipo di foglia allungata e pungen-te, come nei ginepri e nelle eriche.

ACULEO - Appendice appuntita, dura, pungente,di derivazione epidermica, facilmente staccabi-le con una pressione laterale (rose, rovi).

AFFASTELLATE – È detto del sistema radicaleformato da numerose radici non ramificate chesi accrescono in modo eguale. È tipico dellemonocotiledoni.

AGHIFORME - Foglia molto sottile e acuta aforma di ago (pini, cedri).

ALA - Espansione membranosa di alcuni frutti conla funzione di favorire la disseminazione trami-te il vento, come nelle samara degli aceri e leespansioni membranacee dei semi del pinod’Aleppo. È detto anche del petalo laterale delfiore delle leguminose o di altre famiglie confiori irregolari.

ALTERNE - Foglie disposte alternativamente sulramo ad altezze diverse; il termine è contrappo-sto a opposte e verticillate, che sono inseritesullo stesso nodo.

AMENTO - Infiorescenza allungata, pendula(querce, nocciolo, carpino nero) o più o menoeretta (salici) o decisamente eretta e rigida(castagno).

AMPLESSICAULE - Detto di foglia sessileabbracciante il fusto con la guaina o la sua partebasale.

ANDROCEO - Insieme degli stami di un fiore.

ANTERA - Parte fertile dello stame dove si forma-no i granuli pollinici.

APICOLATO - Ristretto in breve punta.

ARILLO - Proliferazione derivante dal funicolo,dal ricettacolo o da brattee che dà origine a tes-suti carnosi avvolgenti parzialmente il seme(tasso).

ARILLOIDE - Proliferazione derivante dal micro-pilo che origina un involucro carnoso cheavvolge il seme (evonimo).

ASCENDENTE - Fusto prima piegato o adagiatoal suolo, poi eretto.

AURICOLA - Espansione laterale alla base del pic-ciolo e delle lamine fogliari (salici).

BACCA - Frutto indeiscente carnoso con uno o piùsemi (sambuco, ribes, agrifoglio, corbezzolo,mirto).

BILABIATO - Fiore gamopetalo a simmetria bila-terale in cui si distinguono un labbro superioreed uno inferiore (rosmarino, agnocasto).

BISESSUALE - Fiore con stami (parte maschile) eovario (parte femminile). È sinonimo di erma-frodita.

BIVALVE - Generalmente detto di frutto che siapre in due parti, chiamate valve (salice, piop-po, oleandro).

BRACHIBLASTO - Ramo raccorciato fiorifero,con internodi ravvicinati e con più foglie (piop-pi, ciliegio, perastro).

BRATTEA - Foglia modificata e molto ridottaposta alla base del peduncolo fiorale.

BRATTEOLA - Foglia modificata e molto ridottache si trova sui peduncoli fiorali.

CADUCIFOGLIO - Albero o arbusto che perde lefoglie prima della comparsa di quelle del nuovoanno.

CALICE - Verticillo esterno del perianzio, costi-tuito da sepali liberi (dialisepalo) o più o menouniti (gamosepalo), generalmente verde.

491

GLOSSARIO

Page 492: Alberi Arbusti 2008

492

CANALE RESINIFERO - Condotto circolare deli-mitato da cellule secernenti all’interno sostan-ze resinose (pini, ginepri).

CAPITOZZA - Potatura energica del fusto princi-pale ad una certa altezza.

CARENA - Insieme dei due petali inferiori, più omeno saldati verso l’apice, del fiore delle legu-minose.

CAPSULA O CASSULA - Frutto secco con piùsemi che si apre a maturità (deiscente) come neisalici, tamerici, pioppi, cisti e bosso.

CARPELLI - Le foglie trasformate che formanol’ovario.

CARUNCOLA - Protuberanza del seme ricco disostanze grasse (euforbia, ricino).

CILIATO - Margine di foglia, di sepalo o di petaloprovvisto di peli.

CORDATO - Foglia, sepalo o petalo con la lar-ghezza maggiore nella parte inferiore e a formadi cuore.

CORIACEO - Detto di foglia o di frutto particolar-mente rigidi.

CORIMBO - Infiorescenza dove i peduncoli deisingoli fiori partono da punti diversi dell’asse,ma raggiungono più o meno la stessa altezza(perastro, sorbo, sambuco).

COROLLA - Verticillo del perianzio formato daipetali separati (dialipetala) o più o meno uniti(gamopetala), spesso vivacemente colorato..

COTONOSO - Rivestimento di peluria densa, fitta,simile al cotone.

CRENATO - Detto di margine di foglia con dentel-latura arrotondata.

CUPOLA - Involucro del frutto originato dal ricet-tacolo fiorale presente in alcuni generi (querce,castagno, faggio).

CUTICOLA - Rivestimento protettivo dell’epider-mide costituito da uno strato ceroso, presentenelle foglie, delle parti giovani del fusto e dialcuni frutti.

DECOMBENTE - Pianta con il fusto prostrato econ i rami giovani eretti.

DECORRENTE - Detto di organi, come le foglie,che si prolungano al disotto della loro inserzione.

DENTATO - Detto del margine delle foglie quandoi denti sono acuti e diritti.

DIADELFI - Filamenti degli stami riuniti in duegruppi.

DIALIPETALO - Corolla con petali completamen-te separati.

DIALISEPALO - Calice con sepali completamenteseparati.

DIOICO - Specie con piante con fiori unisessualisolo maschili o solo femminili, come nei sali-ci, pioppi, agrifoglio, alloro.

DISAMARA - Detto di due acheni alati riuniticome nell’acero.

DRUPA - Frutto carnoso indeiscente contenentegeneralmente un solo seme protetto da un rive-stimento duro (olivo, pruno, lentisco, palmanana, biancospino).

ERETTO - Fusto che si sviluppa verticalmente.

EROSO - Detto di margine di foglia o parti fioralia contorno irregolare e spesso papiraceo.

FIORE - Organo della pianta costituito dall’insie-me dei verticilli fiorali: calice, corolla, stami eovario. Nel linguaggio comune possono essereindicati come fiore anche parti diverse comebrattee, foglie trasformate e vivacemente colo-rate.

FITTONE - Sistema radicale formato dalla radiceprincipale che si allunga verso il basso e conradici secondarie di diverso ordine.

FOGLIA - Organo generalmente costituito da unalamina espansa verde, un picciolo e due stipoleposte all’inserzione sul fusto, ma anche sottile eappuntito (pini, ginepri), che assolve alla fun-zione clorofilliana. Le foglie possono esseresemplici o composte, e le diverse parti anchemolto ridotte o del tutto assenti, trasformate inspine: perdono così la funzione fotosintetica.

FOGLIOLINA - Parte di una foglia composta,cosiddetta indipendentemente dalle dimensioni.

FOGLIACEO - Che assomiglia ad una foglia.

FORESTALE - Detto di una formazione vegetalecostituita prevalentemente da alberi.

FRUTTO - Organo formato a seguito della fecon-dazione e della trasformazione dell’ovario, checontiene i semi. I frutti sono molto variabili e sidistinguono in deiscenti (legume) e indeiscenti(achenio), secchi (legume) e carnosi (ciliegia).La parte edule dei frutti spesso si deve alla pro-liferazione di altre parti del fiore, come il ricet-tacolo o lo stesso peduncolo.

GALBULO - Il falso frutto costituito da squameovulifere più o meno carnose del ginepro.

GALLA - Crescita abnorme di parti della pianta(rami, foglie, frutti) per reazione all’attacco diparassiti, come in querce, lentisco, terebinto,olmo.

GAMOPETALO - Corolla con i sepali saldati fra loro.

Page 493: Alberi Arbusti 2008

493

GEMMA - Stadio iniziale di un germoglio. Sidistinguono gemme a fiore e gemme che dannoorigine a nuovi rami.

GHIANDOLA - Organo di secrezione che producesostanze di diversa natura (latice, aromi).

GLABRO - Liscio, privo di peli.

IMPARIPENNATA - Foglia composta con unaserie di foglioline opposte disposte sulla rachi-de e con una fogliolina terminale.

INFERO - Detto di ovario concrescente con ilricettacolo e situato al di sotto dell’involucrofiorale.

INFIORESCENZA - L’insieme dei fiori disposti sudi un asse singolo (querce) o ramificato (sorbo)o raggruppati in un ricettacolo espanso (compo-site).

INNESTO - Tecnica di propagazione per via vege-tativa consistente nell’inserimento di una marza(forma gentile) su un ceppo selvatico di unastessa specie (porta-innesto), ma anche nell’u-nione di individui appartenenti a generi, speciee varietà diverse che abbiano affinità genetica esiano resistenti alle condizioni ambientali.

LABBRA - Le parti opposte di un calice o di unacorolla gamopetala a simmetria bilaterale e conla parte superiore e inferiore ben distinte.

LANCEOLATO - Detto di foglie o di stipole aforma di lancia.

LANUGINE - Insieme di peli fini e morbidi chepossono avvolgere foglie, rami e frutti.

LATICE o LATTICE - Liquido bianco o coloratocontenuto in condotti detti tubi laticiferi.

LENTICELLE - Aperture in rilievo costituite dacellule arrotondate a pareti più o meno spessepresenti nel fusto.

LOBATO - Provvisto di lobi, generalmente detto dimargine fogliare (quercia, fico).

LOMENTO - Frutto formato da articoli sovrappo-sti contenenti uno o più semi.

MARGOTTA - Metodo di propagazione vegetativache consiste nel circondare un ramo inciso conun manicotto di terra, torba o altri materialiorganici, per favorire la radicazione.

MEMBRANOSO - Che ha la consistenza di unamembrana.

MONOADELFI - Detto di stami con i filamentisaldati assieme.

MONOICA - Pianta con fiori unisessuali (es. quer-ce, ontano, nocciolo) distinti ma presenti con-temporaneamente sullo stesso individuo.

MUCRONE - Punta rigida più o meno pungente diun organo.

NOCE - Frutto duro che non si apre a maturità, for-mato da più carpelli (nocciola).

OBCORDATE - Detto di petali, sepali o foglie aforma di cuore rovesciato con la maggior lar-ghezza nella parte opposta al punto di inserzio-ne.

OBOVATO - Detto di petali, sepali o foglie diforma ovale con una espansione maggiore nellaregione opposta al punto di inserzione.

OMBRELLA - Infiorescenza con i peduncoli deifiori che partono tutti da uno stesso punto e rag-giungono più o meno la stessa altezza (Bupleu-rum).

OVARIO - L’insieme dei carpelli che formano unastruttura contenente gli ovuli e che daranno ori-gine al frutto dopo la fecondazione della cellu-la uovo. È caratteristico delle Angiosperme,mentre manca nelle Gimnosperme.

OVATO - Detto di sepali, petali e foglie di formaovale.

OVULO - Organo che dopo la fecondazione dàorigine al seme.

PALMATA - Detto di foglia con lamina a lobi di-sposti a ventaglio (palma nana).

PAPPO - Ciuffo di peli o setole derivato dal caliceposto all’apice dell’achenio.

PARIPENNATA - Foglia composta con fogliolinedisposte sulla rachide in numero pari.

PARTITA - Foglia profondamente divisa in piùparti.

PATENTE - Detto di un organo che si ripiega versol’esterno più o meno perpendicolare al fusto.

PEDICELLO - Asse di sostegno del fiore.

PELOSO - Detto di organo ricoperto di peli lunghie ravvicinati.

PENNATIFIDE - Foglie con foglioline divise sinoalla metà della loro larghezza.

PERENNANTE - Pianta annua o bienne che, incondizioni favorevoli, può vivere per più anni.

PERIANZIO - Insieme del calice e della corollache costituisce la parte sterile del fiore.

PERIGONIO - Involucro fiorale formato da unsolo verticillo costituito da tepali. È caratteristi-co delle monocotiledoni.

PERULE - Foglie modificate in squame poste aprotezione della gemma e di norma prive difunzione clorofilliana.

Page 494: Alberi Arbusti 2008

494

PETALI - Parti del fiore che formano la corolla, perlo più colorate.

POLIGAMA - Pianta con fiori ermafroditi e uni-sessuali.

POLLONI - Getti provenienti dalle radici o dallabase del fusto.

POMO - Falso frutto carnoso derivante dalla con-crescenza del ricettacolo con l’ovario (mela,pera) .

PROPAGGINE - Metodo di propagazione vegetati-va che si ottiene interrando parzialmente unramo senza reciderlo dalla pianta, fino all’emis-sione di radici avventizie.

PUBESCENTE - Ricoperto da peli più o menoradi, morbidi, minuti.

SEME - Organo che contiene l’embrione e che siforma dopo la fecondazione dalla trasformazio-ne dell’ovulo. Nelle Gimnosperme è avvolto daespansioni carnose del ricettacolo o collocatosu squame protettive che costituiscono lo stro-bilo, mentre nelle Angiosperme è contenutoall’interno del frutto.

SEPALI - Parti del fiore che formano il calice perlo più verdi.

SERICEO - Ricoperto da peli morbidi e lucenti.

SERRATO - Margine fogliare con denti rivoltiverso l’apice.

SPATOLATO - Detto di petalo o di foglia a formadi spatola.

STAME - Organo maschile del fiore formato dal fila-mento (parte sterile) e dall’antera (parte fertile).

STILO - Parte assile posta all’apice del carpello; se

più di uno sullo stesso ovario, possono essereliberi o saldati assieme.

STIMMA - Parte terminale dello stilo, molto varia-bile nella forma, dove si deposita il polline.

STIPOLE - Appendici fogliacee alla base del pic-ciolo.

STROBILO - Infiorescenza a forma di cono delpino o anche dell’ontano (pseudo-strobilo).

SUFFRUTICE - Pianta perenne ramificata inbasso, legnosa alla base ed erbacea nella partesuperiore.

SUPERO - Detto di ovario situato sopra il ricetta-colo.

TALEA - Ramo giovane reciso con due o piùgemme utilizzato per la propagazione vegetati-va delle piante da collocare direttamente a terrao su porta-innesto.

TEPALI - Pezzi del perigonio dei fiori delle mono-cotiledoni.

TOMENTO - Rivestimento formato da peli fitti,corti, appressati.

TRIFOGLIOLATO - Detto di foglie con tre foglio-line.

TRILOCULARE - Ovario con tre carpelli e tre logge.

UMBONE - Parte rilevata di un organo (tipiconelle squame delle pigne dei pini).

UNISESSUALE - Detto di fiore o solo maschile osolo femminile.

VERTICILLO - Detto di foglie o fiori inseriti suuno stesso punto dell’asse.

VESSILLO - Petalo superiore del fiore delle legu-minose.

Page 495: Alberi Arbusti 2008

495

A.A. V.V., 1979-81 - Le piante e l’uomo. ModernaEnciclopedia del Mondo Vegetale. BramanteEd., Busto Arsizio.

A.A. V.V., 1983 - Il popolamento animale e vegeta-le della Sardegna. Lav. Soc. Ital., Biogeografia,8: 1-872.

AGABBIO M. ed. 1994 - Le vecchie varietà dellaSardegna. Patrimonio genetico di specie arbo-ree da frutto. Delfino editore, Sassari.

ALESSANDRINI L., FAZZUOLI F., MITCHELL A., NIEVO

S., RIGONO STERN M., BORTOLOTTI L., 1990 - GliAlberi monumentali d’Italia. Abete Ed., Roma.

AMARAL FRANCO J. DO, 1990 - Quercus L. In:Castroviejo S. et al. (eds.), Flora Iberica, 5: 14-36. Real Jardin Botanico, Madrid.

ANGIOLINI C., BACCHETTA G., BRULLO S., CASTI

M., GIUSSO DEL GALDO G., 2005 - The vegeta-tion of mining dumps in SW-Sardinia. FeddesRepertorium, 116 (3-4): 243-276.

ANGIUS V., 1851 - In: CASALIS G., Dizionario geo-grafico storico statistico commerciale degliStati Sardi di S.M. il Re di Sardegna. 19 bis.Maspero e Marzorati Tip. Torino. Ristampaanastatica 1977. Forni Ed., Bologna.

ARRIGONI P.V., 1968 - Fitoclimatologia della Sar-degna. Webbia 23 (1): 1-100.

ARRIGONI P.V., 1983 - Aspetti corologici dellaFlora sarda. Lav. Soc. Ital. Biogeogr., n.s., 8(1980): 83-109.

ARRIGONI P.V., 1996 - Documenti per la carta dellavegetazione delle montagne calcaree della Sar-degna centro-orientale. Parlatorea, 1: 5-33.

ARRIGONI P.V., 2006 - Flora dell’Isola di Sardegna.Vol. I, Delfino ed., Sassari.

ARRIGONI P.V., CAMARDA I., 2005 - Carta delleconoscenze floristiche della Sardegna. Pp. 209-213. In: Blasi C. & Scoppola A. (a cura di ) –Stato delle conoscenze sulla flora vascolared’Italia. Ministero dell’Ambiente e della Tuteladel Territorio. Palombi ed., Roma.

ARRIGONI P.V., DI TOMMASO P.L., 1991 - La vege-tazione delle montagne calcaree della Sarde-gna centro-orientale. Boll. Soc. Sarda Sci. Nat.,28: 201-310.

ARRIGONI P.V., DI TOMMASO P.L., MELE A., 1990 -Caratteri fisionomici e fitosociologici delle lecce-te delle montagne calcaree della Sardegna centro-orientale. Boll. Soc. Sarda Sci. Nat., 27: 205-219.

ARRIGONI P.V., MARRAS G. , 1990 - Fitosociologiae struttura dei castagneti della Sardegna cen-trale. Webbia, 44(2): 217-231.

ARU A., BALDACCINI P., CAMARDA I., TRASTU S.,USAI D., 1996 - Prime considerazioni sulladegradazione delle aree sughericole in Sarde-gna. Agricoltura Ricerca. 164-166: 93-112.

ARU A., BALDACCINI P., VACCA A., 1991 - Nota illu-strativa alla carta dei suoli della Sardegna.Reg. Aut. Sardegna, Università di Cagliari.

ATZEI D.A., 2003 - Le piante nella tradizione popo-lare della Sardegna, ed. Delfino, Sassari.

BACCHETTA G., 2001 - Liste rosse e blu della florasarda. In: PIGNATTI S., MENEGONI P., GIACANEL-LI V. (eds.), Liste rosse e blu della flora italia-na. ANPA, Roma.

BACCHETTA G., 2006 - La flora del Sulcis (Sarde-gna sud-occidentale). Guineana, 12: 1-453.

BACCHETTA G., BAGELLA S., BIONDI E., FARRIS E.,FILIGHEDDU R., MOSSA L., 2004 - A contribu-tion to the knoweledge of the order Quercetaliailicis Br. Bl. ex Molinier 1934 of Sardinia. Fito-sociologia, 41 (1): 29-51.

BACCHETTA G., BAGELLA S., BIONDI E., FARRIS E.,FILIGHEDDU R., MOSSA L., 2004 - Su alcune for-mazioni a Olea europaea L. var. sylvestris Brot.della Sardegna. Fitosociologia, 40 (1): 49-53.

BACCHETTA G., BIONDI E., FARRIS E., FILIGHEDDU

R., MOSSA L., 2004 - A phytosociological studyof the decidous oaks woods in Sardinia (Italy).Fitosociologia, 41(1): 53-65.

BACCHETTA G., BRULLO S., CUSMA VELARI T.,FEOLI CHIAPELLA L., KOSOVEL V., 2006 - Taxo-nomical notes on the Genista ephedroides DC.group (Fabaceae). Bocconea, 18.

BACCHETTA, G., IIRITI G., MOSSA L., PONTECORVO

C., SERRA G., 2004 - A phytosociological studyof the Ostrya carpinifolia Scop. woods in Sardi-nia (Italy). Fitosociologia, 41 (1): 53-65.

BACCHETTA G., ORRÙ M., SERRA G., VACCA A.,

PRINCIPALI OPERE CITATE E CONSULTATE

Page 496: Alberi Arbusti 2008

496

2005 - Studio pedologico-forestale dei boschi edelle boscaglie riparali del Sulcis (Sardegnasud-occidentale). Boll. Soc. Ital. Scienze delSuolo., 54 (1-2): 16-24.

BALZAC DE H., 1838 - Una lettera. In: BOSCOLO A.(ed.) - Viaggiatori dell’Ottocento in Sardegna.Pag. 125-126. (1973). Editrice Sarda Fossata-ro. Cagliari.

BANDINO G., MULAS M., SEDDA P.G., MORO C., 2001- Le varietà di olivo della Sardegna. Ed. Cons.Interprov. Frutticoltura Reg. Sardegna. Cagliari.

BARBERIS G., MARIOTTI M., 1979 - Notizie geobo-taniche su Quercus suber L. in Liguria. Archi-vio Botanico e Biogeografico Italiano, 55-3:61-82.

BARBERO M., BONIN G., LOISEL R. ET QUÉZEL P.,1990 - Changes and disturbances of forestecosystems caused by human activities in thewestern part of the Mediterranean Basin. Vege-tatio, 87: 151-173.

BARBERO M., BONIN G., LOISEL R. ET QUÉZEL P.,1999 - Signification biogéographique et biodi-versité des forêts du bassin méditerranéen.Bocconea.

BARBERO M., LOISEL R., QUÉZEL P., 1995 - Lesessences arborées des îles méditerranéennes:leur rôle écologique et paysager. Ecol. medit.,20(1/2): 53-69.

BARBERO M., LOISEL R., QUÉZEL P., RICHARDSON

D.M., ROMANE F. 1998 - Pines of the Mediter-ranean Basin. In D.M Richardson (ed.), Eco-logy and biogeography of Pinus. pp. 153-170.Cambridge University Press, Cambridge.

BARBEY W., 1884 - Florae Sardoae Compendium.Bridel, Lousanne.

BECCARI O., 1920 - Recensione delle palme delVecchio Mondo appartenenti alle tribù delleCorypheae, Webbia, 5 (1).

BECCU E., 1998 - Il censimento delle superfici foresta-li dell’Isola e il ruolo del Corpo Forestale nellapolitica forestale regionale. In: Atti della giornatapreparatoria al Secondo Congresso Nazionale diSelvicoltura. Not. For. 10-11, suppl.: 17-27.

BECCU E., 2000 - Tra cronaca e storia le vicendedel patrimonio boschivo della Sardegna. Delfi-no editore, Sassari.

BÉGUINOT A., 1922 - Ricerche sulla distribuzionegeografica e sul polimorfismo della Chamae-rops humilis L. Bull. Bot. Università di Sassari2 (6) 12-118.

BÉGUINOT A., 1923 - La macchia foresta nella Sar-degna settentrionale e i suoi principali tipi.Bull. Ist.Bot. R. Univ. Sassari 1 (Fasc. 5, Mem.7): 1-35.

BENEDICENTI A., 1924 - Malati, Medici, Farmaci-sti. Storia dei rimedi traverso i secoli e delleteorie che ne spiegano l’azione sull’organismo.Hoepli, Milano.

BÉRENGER A., 1859-65 - Studi di Archeologia fore-stale dell’antica storia e giurisprudenza fore-stale in Italia. Tipo-Litografia G. Longo, Trevi-so; Venezia.

BERNETTI G., 1995 - Selvicoltura speciale. UTET,Torino

BERTOLI, L. PISTELLI, I. MORELLI, D. FRATERNALE,L. GIAMPIERI, D. RICCI, 2004 - Volatile consti-tuents of micropropagated plants of Bupleurumfruticosum L. Plant Science, 167:804-807

BOISSIER E., 1853 - Buxus longifolia. Diagn. Pl.Orient., 12: 107.

BOISSIER E., 1867-1884 - Flora Orientalis, 1-5. H.Georg Bibliopolam, Basilea.

BONAFÉ’ BARCELÒ’ F., 1977-1980. Flora de Mal-lorca, 1-4. Ed. Moll, Palma de Mallorca.

BORG J., 1927 - Descriptive Flora of the MalteseIslands. Repr. 1976, Otto Koeltz, Koenigstein.

BORZÌ A., 1879-1880 - La flora forestale italianaossia descrizione delle piante legnose indigeneall’Italia o rese spontanee da lunga coltura.Firenze.

BRIQUET J., 1910-1913 - Prodrome de la FloreCorse, 1-2 (1). Georg et C., Genève, Bale,Lyon.

BROWICZ K., 1963 - The Genus Colutea L. AMonograph, 14:28-42.

BRULLO S., 1993 - Salix arrigonii, Bull. Soc. SardaSci. Nat., 29: 248.

BRULLO S., MOSSA L., BACCHETTA G., 2001 - Con-siderazioni tassonomiche sulle querce caduci-foglie della Sardegna. Monti e Boschi, 3-4: 32-46.

BRUNDU G., 2005 - Biodiversità del genere Popu-lus L. (Salicaceae) in Sardegna. Tesi di Dotto-rato in Monitoraggio e controllo degli ecosiste-mi forestali in ambiente mediterraneo. XVIIIciclo. Università di Sassari.

BRUNDU G., 2006 - A review on geomatic tools forassessing, inventorying and mapping alienplant invasions in the Mediterranean basin. In:Brunel S. (ed.), Invasive Plants in Mediterra-nean type Regions of the World, proceedings,pp. 65-87, Environmental Encounters Series,no. 59, Council of Europe Publishing.

BRUNDU G., BROCK J., CAMARDA I., CHILD L. &WADE M. (eds.), 2001 - Plant Invasions. SpeciesEcology and Ecosystem Management. BackhuysPublishers, Leiden, The Netherlands, 338 pp.

Page 497: Alberi Arbusti 2008

497

BRUNDU G., CAMARDA I., 2007 - Considerationsabout phytodiversity and distribution of wildancestors of fruit crops in Sardinia. In: Bullitta,S. (ed.), Plant Genetic Resources of Geographi-cal and “other” islands (conservation, evalua-tion and use for plant breeding), pp. 129-138.Proceeding of the XVII Eucarpia GeneticResources Section Meeting. 30 March-2 April2005. Castelsardo. CNR-ISPAAM sez. SassariPublisher, Sassari, Italy.

BRUNDU G., CAMARDA I., CELESTI-GRAPOW L.,VIEGI L. & BLASI C., 2005 - The inventory ofthe Italian alien flora. State of the project. In:Palowska, M., Tokarska-Guzik, B., Woyniak,G. (eds.), Book of Abstracts: 8th InternationalConference on Ecology and Management ofAlien Plant Invasions (EMAPi), 5-12 Septem-ber 2005, Katowice, Poland. University of Sile-sia, pag. 48.

BRUNDU G., CAMARDA I., SATTA V., SOMMER S.,ARU A., 1998 - Characterisation and changemonitoring of semi-natural vegetation commu-nities in Sardinia. Proceedings of the 27th Inter-national Symposium on Remote Sensing of theEnvironment, 8-12 June 1998, Tromsø, Nor-way, 664-667.

BRUSCHI P., GROSSONI P., Bussotti F., 2003 -Within- and among-tree variation in leaf mor-phology of Quercus petraea (Matt.) Liebl. natu-ral populations. Trees - Structure and Function,17(2): 164-172

BUSSOTTI F., GROSSONI P., 1997 - Querce europee emediterranee: problemi tassonomici. ItaliaForestale e Montana 4: 240-260

CABIDDU A., 2001 - Studio tassonomico sulla rove-rella (Quercus pubescens Willd. s.l.) in Sarde-gna. Tesi di Laurea, Fac. Agraria. Corso di Lau-rea in Scienze Forestali, Università di Firenze.

CAMARDA I., 1981 - Note su alberi e arbusti dellaSardegna. Boll. Soc. Sarda Sci. Nat., 21: 323-333.

CAMARDA I., 1983 - Le piante endemiche della Sar-degna: 129. Berberis aetnensis. Boll. Soc.Sarda Sci. Nat., 22:317-324.

CAMARDA I., 1984 - L’influence humaine dans lachaîne calcaire du Monte Albo (Sardaigne cen-tre-orientale). Coll. Phytosociologiques11:511-522.

CAMARDA I., 1987 - Tipificazione di Quercus con-gesta C. Presl in C. et J. Presl. Inf. Bot., 19(3):411-414.

CAMARDA I. (ed.), 1993 - Montagne di Sardegna.Delfino ed., Sassari.

CAMARDA I., 1998 - Considerazioni su alcune spe-

cie di antica e recente introduzione in Sardegnae la loro dinamica di diffusione. BiocosmeMésogéen, 15: 89–108.

CAMARDA I., 1998 - Considerazioni sui caratterimorfologici di una popolazione di Quercus con-gesta C. Presl in C. et J. Presl, della Sardegna.Monti e Boschi, 3-4: 26-32.

CAMARDA I., 2004 - La macchia mediterraneacome ecosistema forestale complesso. Conve-gno nazionale. Piante della macchia Mediterra-nea: dagli usi tradizionali alle nuove opportuni-tà ogro-industriali. Italus Hortus, 11(4): 8-16.

CAMARDA I., 2005 - Aspetti del paesaggio vegetaledell’area mediterranea. In: Caneva G. (ed.): LaBiologia vegetale per i beni culturali. Vol. II.Conoscenza e valorizzazione. Pp. 320-336. Car-dini Editore, Firenze.

CAMARDA I., 2005 - Etnobotanica di specie costrut-tive dei paesaggi mediterranei. In: Caneva G.(ed.): La Biologia vegetale per i beni culturali.Vol. II. Conoscenza e valorizzazione. Pp. 376-380. Cardini Editore, Firenze.

CAMARDA I., 2005 - Etnobotanica e nomi dellepiante. In: Caneva G. (ed.): La Biologia vegeta-le per i beni culturali. Vol. II. Conoscenza evalorizzazione. Pp. 370-372. Cardini Editore,Firenze.

CAMARDA I., 2005 - I grandi biomi. In: Caneva G.(ed.): La Biologia vegetale per i beni culturali.Vol. II. Conoscenza e valorizzazione. Pp. 310-318. Cardini Editore, Firenze.

CAMARDA I., 2005 - Il fuoco e il pascolo come ele-menti del paesaggio. In: Caneva G. (ed.): LaBiologia vegetale per i beni culturali. Vol. II.Conoscenza e valorizzazione. Pp. 318-320. Car-dini Editore, Firenze.

CAMARDA I., 2005 - Il paesaggio della Quercia dasughero (Quercus suber L.) nel Mediterraneo.In: Blasi C. e Paolella A. (eds.) – Identificazio-ne e cambiamenti nel paesaggio contempora-neo. Atti Terzo Congresso IAED (2/3 dicembre2003). Pp.: 275-283. Papageno, Palermo.

CAMARDA I., 2005 - Il paesaggio vegetale In: Cane-va G. (ed.): La Biologia vegetale per i beni cul-turali. Vol. II. Conoscenza e valorizzazione. Pp.298-299. Cardini Editore, Firenze.

CAMARDA I., 2005 - La botanica attraverso la sto-ria: le piante nelle antiche civiltà medio-orien-tali ed europee. In: Caneva G. (ed.): La Biolo-gia vegetale per i beni culturali. Vol. II. Cono-scenza e valorizzazione. Pp. 182-197. CardiniEditore, Firenze.

CAMARDA I., 2005 - La sacralità degli alberi e iboschi sacri. In: Caneva G. (ed.): La Biologia

Page 498: Alberi Arbusti 2008

498

vegetale per i beni culturali. Vol. II. Conoscen-za e valorizzazione. Pp. 197-199. Cardini Edito-re, Firenze.

CAMARDA I., 2005 - Piante, toponomastica e paesag-gio. In: Caneva G. (ed.): La Biologia vegetale peri beni culturali. Vol. II. Conoscenza e valorizza-zione. Pp. 336-342. Cardini Editore, Firenze.

CAMARDA I., 2005 - Usi e tradizioni popolari dellepiante attraverso il tempo. In: Caneva G. (ed.):La Biologia vegetale per i beni culturali. Vol.II. Conoscenza e valorizzazione. Pp. 346-352.Cardini Editore, Firenze.

CAMARDA I., 2006 - Ethno-systematic of Sardinianflora as a scientific system. Proceedings IV Inter-national Congress of Ethnobotany (ICEB 2005).527-530. Z. F. ERTUG (ed.), Yayinlari, Istanbul.

CAMARDA I., BRUNDU G., CARTA L. & MANCA M.,2005 - The inventory of the exotic flora of Sar-dinia (Italy). In: Palowska, M., Tokarska-Guzik, B., Wozniak, G. (eds.), Book ofAbstracts: 8th International Conference on Eco-logy and Management of Alien Plant Invasions(EMAPi), 5-12 September 2005, Katowice,Poland. University of Silesia, pag. 49.

CAMARDA I., BRUNDU G., SATTA V., 2004 - Fuegoen la maquia mediterranea: un caso practicoen el suro-este de Cerdena. II Simp. Intern.Sobre Politicas, Planificacion y Economia delos programas de Proteccion contra Incendiosforestales. 19-22 abril 2004. Corboba. España.

CAMARDA I., SATTA V., 1996 - Compendio delleassociazioni vegetali della Sardegna. Acc. Naz.Lincei, 115: 307-360.

CAMARDA I., VALSECCHI F., 1983 - Alberi e arbustispontanei della Sardegna. Gallizzi, Sassari.

CAMARDA I., CARTA L., 2006 - La quercia da sughe-ro (Quercus suber L.). Considerazioni generalie tipologie di vegetazione nella provincia diNuoro, pp. 7-16. In: Luciano P. & FranceschiniA. (eds.), Ricerca e sughericoltura. ProgettoSuberex. Pic Interreg III A Francia-Italia-“Isole”, Sardegna-Corsica-Toscana.

CAMUS A., 1936-38 - Les chênes. Monographie dugenre Quercus L. 1 : 469-514. Léchévalier,Paris.

CARA A., 1889 - Vocabolarietto botanico sardo-ita-liano. Tip. del Corriere, Cagliari.

CARRION J.S., SANCHEZ-GOMEZ. P., 1992 - Palyno-logical Data in Support of the Survival of Wal-nut (Juglans regia L.) in the Western Mediterra-nean Area During Last Glacial Times. Journalof Biogeography, Vol. 19 (6): 623-630.

CASTROVIEJO S. et AL., (eds.) 1986-2006 - Floraiberica. Plantas vasculares de la Península Ibé-

rica y Islas Baleares. Voll. I-XV. Real Jard. Bot.C.S.I.C. Madrid

CHERCHI PABA F., 1974-77 - Evoluzione storica del-l’attività industriale, agricola, caccia e pescain Sardegna. Ass. Ind. Comm. Regione Sarda,Cagliari.

CHIAPPINI M., 1968 - Forme di Quercus suber L.della Sardegna Centro-settentrionale. Territo-rio di Bitti (provincia di Nuoro). Memoria 23.Stazione Sperimentale del Sughero. TempioPausania (SS).

CHIAPPINI M., 1985 - Flora e paesaggi vegetali dellaSardegna. Pp.159. Ed. Della Torre, Cagliari

CHIESURA LORENZONI F., DE FRANCESCO, 1984 -Taxonomic importance of the pollen grain mor-phology in Quercus coccifera s. 1. Webbia, 38:659-664.

CHIESURA LORENZONI F., LORENZONI G.G., 1984 -La Quercia spinosa in Sardegna: considerazio-ni tassonomiche, ecologiche e vegetazionali.Rendiconti seminario Fac. Sc. Univ. CagliariSuppl. Boll. 54: 157-187.

CHIESURA LORENZONI F., LORENZONI G.G., MARIA-NI COLOMBO P., 1981 - Ricerche preliminarisulla tassonomia della Quercia spinosa inPuglia e Sardegna. St. Trentini di Sc. Nat. 58:Acta Biologica: 141-152.

CLAPHAM A.R., TUTIN T.G., WARBURG E.F., 1962 -Flora of the British Isles. 2° ed., UniversityPress, Cambridge.

CONGIA P., 1998 - Dizionario Botanico Sardo.Zonza Editori, Cagliari.

CORRIAS B., DIANA CORRIAS S., VALSECCHI F., 1983- Carta della vegetazione della Nurra di Alghe-ro (Sardegna nord-occidentale). Collana Progr.Finaliz. “Promozione Qualità Ambiente”, A9/1/229: 1-18, CNR, Roma.

COSSU A., 1968 - Flora Pratica Sarda. Ed. Galliz-zi, Sassari.

CRONQUIST, 1981 - An integrated system of classi-fication of flowering plants. Columbia Univer-sity Press, New York.

DAGET P., 1977 - Le bioclimat méditerranéen:caractères généraux, modes de caractérisation.Vegetatio 34:1-20.

DANSEREAU P., 1939 - Cistus L. Boissiera, 4:1-90.DAVIS P.H., 1965-78 - Flora of Turkey, 1-5. Univer-

sity Press, Edinbourg. DE MARCO G., DINELLI A., CANEVA G., 1985 - Ana-

lisi sintassonomica e fitogeografia comparatadelle boscaglie a Juniperus phoenicea L. inSardegna. Not. Fitosoc., 22: 39-48.

DE MARTINO R., 1996 - Il dizionario maddalenino.

Page 499: Alberi Arbusti 2008

499

Glossario etimologico comparato. Ed. DellaTorre, Cagliari.

DE PHILIPPIS A., 1935 - La sughera (Quercus suberL.) ed il leccio (Quercus ilex L.) nella vegeta-zione arborea mediterranea. Saggio di fitogeo-grafia ed ecologia camparate. Estratto da Bull.de la Sylva Mediterranea, Xe année. Regia Sta-zione di Selvicoltura. Firenze.

DE TONI E., 1940 - I cinque libri di piante di P. A.Michiel. Codice Marciano. Trascrizione e com-mento di Ettore de Toni. Tip. Ferrari, Venezia.

DELL A., HOPKINS A.J.M. & LAMONT B.B., 1986 -Resilience in mediterranean-type ecosystems.Junk Publ. Dordrecht, Boston, Lancaster.

DELLA MARMORA A.F., 1826 - Voyage en Sardai-gne. Bertrand, Paris.

DELLA MARMORA A.F., 1860 - Itinéraire de l’Île deSardaigne. Bocca ed., Torino.

DESOLE L., 1947 - Diffusione e localizzazione dellamacchia-foresta a Laurus nobilis L. nella Sar-degna settentrionale, Studi Sassaresi, Sez. 2,25(3): 355-371

DESOLE L., 1949 - Diffusione e localizzazione dellamacchia-foresta a Laurus nobilis L. nella Sar-degna settentrionale, II Studi Sassaresi, Sez. 2,27(3-4): 267-288.

DESOLE L., 1960 - Il Pinus pinaster. Sol. in Sarde-gna. Nuovo Giorn. Ital. n.s., 67:24-62.

DESOLE L. 1966 - Distribuzione geografica dell’I-lex aquifolium e del Taxus baccata in Sardegna.Seconda e ultima nota. Bull. Ist. Bot. Univ. Sas-sari 7: 5-64.

DETTORI S., FILIGHEDU M.R., GUTIERREZ M., 2001- La coltivazione della quercia da sughero. Pp.140. Università degli Studi di Sassari. Tipogra-fia Tas, Sassari.

DI CASTRI F., 1981 - Mediterranean type shru-blands in the World. In: F. DI CASTRI, D. W.GOODALL & R. L. SPECHT (eds.), Ecosystem ofthe World 11:1-43.

DI NOTO G., GROSSONI P, BUSSOTTI F., 1995 – Vari-abilità morfologica nel genere Quercus L.(Fagaceae), nel territorio delle Madonie: con-fronto fra exsiccata dell’ Herbarium Panormi-tanum e campioni raccolti in natura. Monte eBoschi, 27(2-3): 303-304.

DORADO O. et al., 1996 - The arbol del Tule (Taxo-dium mucronatum Ten.) is a single genetic indi-vidual. Madroño 43(4): 445-452.

ELLENBERG. H., MUELLER-D’OMBOIS D., 1967 - A keyto Raunkiaer plant life forms with revised subdi-visions. Berichte des Geobotanichen Inst. Eidg.Techn. Hochschule, Stipfung Ruebel. 37 Heft.

EMBERGER L., 1955 - La classification biogéografi-que des climats. Trav. Lab. Bot. Géol. Fac. Sc.Montpellier, Ser. Bot. 7: 3-43.

EMBERGER L., 1968 - Les plantes fossiles dansleurs rapports avec les végétaux vivants. Mas-son et C. Ed., Paris.

ESPA E., 1999 - Dizionario Sardo-Italiano dei par-lanti la lingua logudorese. C. Delfino ed., Sas-sari.

FARA J.F., 1838 - De Corographia Sardiniae. Cala-ris, Typ. Monteverde, Calaris (prima stampa delmanoscritto del 1580).

FARINA L., 2002 - Bocabolariu sardu nugoresu-ita-lianu, italiano-sardo nuorese. A cura di A. Fari-na. Proprietà letteraria riservata (Nuoro?).

FEINBRUN-DOTHAN N., 1978 - Flora Palaestina, 3.Goldberg’s Press, Jerusalem.

FENAROLI A., GAMBI G., 1976 - Alberi. Dendroflo-ra Italica. Museo Tridentino di Scienze Natura-li. Trento.

FERGUSON C.W., 1969 - A 7104-year annual tree-ring chronology for bristlecone pine, Pinus ari-stata, from the White Mountains, California.Tree-Ring Bulletin 29(3-4):3-29.

FILIPELLO S., VITTADINI M., 1975 - Ricerche sullequerce caducifoglie italiane. 4. Analisi biome-trica e morfologica di esemplari del complessodi Q. pubescens-Q. petraea dell’appenninopavese. Webbia, 292: 365-396.

FILIPELLO S., VITTADINI ZORZOLI M., 1982 - Ricer-che sulle querce caducifoglie italiane - 5 - Sulvalore tassonomico del rapporto lobi nervaturein Quercus pubescens e Quercus petraea. Web-bia, 36: 97-100.

FINESCHI S., TAURCHINI D., GROSSONI P., PETIT R.J., VENDRAMIN G.G., 2002 - Cloroplast DNAvariation of white oaks in Italy. For. Ecol.Manag., 156: 103-114.

FIORI A., 1923-29 - Nuova Flora Analitica d’ltalia.Tip. Ricci, Firenze.

FOURNIER P., 1961 - Les Quatres Flores de France.Le Chevalier, Paris.

FRANCO M.A., VERSINI G., MATTIVI F., DALLA SERRA

A., VACCA V. & MANCA G., 2002 - Analyticalcharacterisation of myrtle berries, partially pro-cessed products and commercially availableliqueurs. J. Commodoty Sci, 41 (3): 143-267.

GANGEMI G.B., 1960 - Selvicoltura generale e spe-ciale. R.E.D.A., Roma.

GENTILE S., GASTALDO P., 1976 - Quercus callipri-nos Webb e Quercus coccifera L., ricerche sul-l’anatomia fogliare e valutazioni tassonomichee corologiche. Giorn. Bot. Ital., 110: 89-115.

Page 500: Alberi Arbusti 2008

500

GIBBS P.E., 1968 - Taxonomi and distribution of thegenus Calicotome. Not. Royal Bot. GardenEdinbourh, 28: 275-288.

GIORDANO G., 1976 - Tecnologia del legno. Vol. 3.Le prove ed i legnami di più frequente impiego.UTET, Torino.

GREUTER W., 1967 - Cistus. In: Greuter & Rechin-ger fil., Boissiera, 13 : 53.

GREUTER W., BURDET H.M., 1981 - Cistus. In:Greuter et Raus. Willdenowia, 11 (2) : 275.

GREUTER W., BURDET H.M., LONG G., 1981-89 -Med-Checklist. Voll. 1-3-4.

GROSSONI P., BETTINI, D., BRUSCHI P., BUSSOTTI F.,LUMINI M.B., 1998 – Studio macro e micromor-fologico di Quercus petraea (matt.) Liebl. E diQuercus pubescens Willd. Della macchia diBerignone Tatti (Volterra, Toscana). Monti eBoschi, 2:25-30.

GUINOCHET H., VILMORIN R., 1973-78 - Flore deFrance. 1-3. C.N.R.S., Paris.

GUSSONE G., 1842-45 - Flora sicula synopsis.Panormus.

HEDGE J.C., YALTIRIK F., 1982 - Quercus L. inDavies P. H. et al. (Ed.): Flora of Turkey. 7Edinburgh. University Press, 87: 1-18.

HEGI G., 1909-1954 - Illustrierte Flora von Mittel-Europa, 1-6. C. Hanser, München.

HERZOG T., 1909 - Ueber die Vegetationsverhätnis-se Sardiniens, mit eine Karte. Engler Bot.Jahrb. Syst. , 42(5): 341-476.

HEYWOOD H,,1968 - Cistus. Feddes Repert., 79 : 60.JALAS J., SUOMINEN J., 1971-76 - Atlas Florae

Europaeae, 1-3. Helsinki.KUBITZKI K. (ed.), 2006 - The Families and Gene-

ra of Vascular Plants. Voll. I-VII. Springer-Verlag, Berlin

LANFRANCHI F. DE, BUI THI MAI, 1995 - Oléastre etLentisque de Corse et de Sardaigne: deux plan-tes oléagineuses sauvages dans l’économie néo-litique. In: ATZORI M. e VODRET A. (a cura di):Olio sacro e profano. Tradizioni olearie in Sar-degna e Corsica, pp.141-143. EDES, Sassari.

LE HOUEROU H.N., 1981 - Impact of man and hisanimals on Mediterranean vegetation. In: DI

CASTRI F., GOODALL D.W. & SPECHT R.L., (eds.)Mediterranean-type Shrubland Ecosystems ofthe World., 11: 749-521. Elsevier, New York.

LLORET F., MÉDAIL F., BRUNDU G., CAMARDA I.,MORAGUES E., RITA J., LAMBDON P., HULME

P.E., 2005 - Species attributes and invasion suc-cess by alien plants on Mediterranean islands.Journal of Ecology, 93: 512-520.

LOCHE A., 2001 - Juniperus phoenicea L. in Sarde-

gna. Tesi di Laurea. Fac. Agraria, Corso di Lau-rea Scienze Forestali, Univ. Sassari.

LORENTE I., OCETE M.A., ZARZUELO A., CABO

M.M., JIMENEZ J., 1989 - Bioactivity of theessential oil of Bupleurum fruticosum. J. NatProd., 52(2):267-72.

MAIRE R., 1952-80 - Flore de l’Afrique du Nord, 1-15. Le Chevalier, Paris.

MANCA M., 2005 - Characterisation and distribu-tion of exotic flora in the riparian system ofCedrino river (Sardinia, Italy). In: Palowska M.,Tokarska-Guzik B., Woyniak G. (eds.), Book ofAbstracts: 8th International Conference on Eco-logy and Management of Alien Plant Invasions(EMAPi), 5-12 September 2005, Katowice,Poland. University of Silesia, pag. 72.

MANCA M., CAMARDA I., 2005 - Flora e vegetazio-ne del sistema fluviale del Cedrino (Sardegnacentro-orientale). Inf. Bot. Ital., 37(1A): 346-347.

MANCA DELL’ARCA , 1780 - Agricoltura in Sarde-gna. Orsini, Napoli.

MARIANI COLOMBO P., CHIESURA LORENZONI F.,GRIGOLETTO F., 1983 - Pollen grain morpho-logy supports the taxonomical discrimination ofMediterranean oaks (Quercus, Fagaceae). P1.Syst. Evol. 141: 273-284.

MARTINOLI G., 1950 - La flora e la vegetazione diCapo S. Elia (Cagliari). N. Giorn. Bot. Ital.,n.s., 57(1-2): 57-148.

MC CLINTOCK D., 1971 - Recent developments inthe knowledge of European Ericas. Bot. Jb., 90:509-523.

MEUSEL H., JAGER E., RAUSCHERT S., WEINERT E.,1965 - Vergleichende Chorologie der Zentral-europaischen Flora. 1. Fischer, Jena.

MEUSEL H., JAGER E., RAUSCHERT S., WEINERT E.,1978 - Vergleichende Chorologie der Zentral-europaischen Flora. 2. Fischer, Jena.

MICHELS J., WEBSTER G., 1987 - Studies in nuragicarchaeology village escavations at NuragheUrpes and Nuraghe Toscono. BAR, Internatio-nal Series, 373. Oxford.

MILLETTI N., PAOLI P., MOGGI G., 1982 - Ricerchesulle querce caducifoglie italiane. 6. Analisinumerica della morfologia fogliare. Webbia,36: 101-133.

MOLINIER R. et MOLINIER R., 1955 - Observationssur la végétation de la Sardaigne septentriona-le. Arch. Bot. It., 3. ser., 15(1):13-33.

MORIS J.J., 1837-59 - Flora Sardoa, Vol. 1-3. ExRegio Typographeo, Taurini.

MOSSA L., BACCHETTA G., 1998 - The flora of the

Page 501: Alberi Arbusti 2008

501

catchment basin of Rio S.ta Lucia (Sulcis,south-west Sardinia). Flora Mediterranea, 8:135-196.

MOSSA L., BACCHETTA G., ANGIOLINO C., BALLERO

M., 1996 - A contribution to the floristic kno-wledge of the Monti del Sulcis: Monte Arcosu(S.W. Sardinia). Flora Mediterranea, 6: 157-190.

MOSSA L., BACCHETTA G., BRULLO S., 1998 - Con-siderazioni tassonomiche sulle querce caduci-foglie della Sardegna. Monti e boschi, 2: 41-46.

MOSSA L., BACCHETTA G., BRULLO S., 1999 - Quer-cus ichnusae (Fagaceae), a new species fromSardinia. Israel Journal of Plant Sciences, 47:199-207.

MULAS M., AGABBIO M., CHESSA I., 1994 - L’Olivo.In: AGABBIO M. (ed.): Patrimonio genetico dispecie arboree da frutto. Le vecchie varietàdella Sardegna. Delfino editore, Sassari.

NAHAL I,, 1981 - The mediterranean climate from abiological view point. In: F. di CASTRI, D. W.GOODALL & R. L. SPECHT (eds.), Ecosystem ofthe World, 11: 63-86.

NATALI, A., JEANMONOD, D., 1996 - Flore analyti-que des plantes introduites en Corse. In: D.JEANMONOD & H.M. BURDET (eds.), Complé-ments au Prodrome de la Flore Corse, pp. 1-211. Conservatoire et Jardin botaniques deGénève, Génève.

NAVEH Z., 1974 - Effects of fire in the Mediterra-nean region. In: T. KOZLOWSKI & C. E. AHL-GREN (eds.), Fire and Ecosystems. AcademicPress New York, pp. 401-434.

NAZZARO R., GAUDIO L., ASTOLFI L., LA VALVA V.,MAZZOLA P., 1995 - Analisi della variabilità inpopolazioni disgiunte di Juniperus phoenicea.Boll. Soc. sarda Sci. Nat., 30:351:362.

NEGRI G., 1964 - Erbario figurato. Quarta Ed.HOEPLI, Milano.

NE’HEMAN G., TRABAUD L. (ed.), 2000 - Ecology,Biogeography and management of Pinus hale-pensis and P. brutia forest ecosystems in theMediterranean basin. Backhuys publ., Leiden,pp. 407.

PAFFETTI D., VETTORI C., GIANNINI R., 2001 - Relictpopulations of Quercus calliprinos Webb onSardinian island identified by chloroplast DNAsequences. Forest Genetics, 8: 1-11. Arbora ed.

PAKENHAM T., 2002 - Remarkable trees of the world.Pp. 191. Weidenfeld & Nicolson, London.

PAMPANINI R., 1941 - Il Myrtus communis di Mac-chiareddu, presso Cagliari. Rendiconti delSeminario della Fac. Di Scienze, Regia Univ. diCagliari. Vol. 10, fasc. 4.

PARLATORE F., 1867 - Juniperus phoenicea L. Fl.Ital., 4:90-93. Le Monnier, Firenze.

PEDDES M., 2003 - Il genere Sorbus in Sardegna.Tesi di Laurea. Fac. Agraria, Corso di LaureaScienze Forestali, Univ. Sassari.

PEREIRA COUTINHO A.X., 1939 - Flora de Portugal.2° ed. Reprint 1974, J. Kramer, Lehre.

PICCIOLI L., 1922 - Monografia del castagno, II ed.,pag. 51-84. Firenze.

PIGNATTI S., 1982 - Flora d’Italia, Vol. 1-3 Ed. Agr.Bologna.

PIGNATTI S., 1998 - I Boschi d’Italia. UTET, Torino.PINNA M., 1954 - Il clima della Sardegna. Libr.

Goliardica, Pisa.PIRAS G., 2006 - “Elementi della dendroflora sarda

impiegati nella tradizione popolare di Putifiga-ri e Villanova Monteleone (Sardegna Nord-Occidentale)”. In “Cultural heritage and sustai-nable forest management: the role of traditionalknowledge”. 2: 506-516. Proceedings of theConference, 8-11 June, 2006, Florence, Italy.

PITTAU M., 2002 - Dizionario della lingua sarda,Vol. I e II. Gasperini ed., Cagliari.

PLINIO G. S. 1984 - Storia Naturale. Botanica, libri12-19. Edizione a cura di Conte G.B. EinaudiEditore, Torino.

PUXEDDU M., 1997 - La roverella in Sardegna. Unalatifoglia da valorizzare. Notiziario Forestale,7: 14-17.

QUÈZEL P., 1976 - Les forêts du pourtour de la Médi-terranée. In: Forêts et maquis méditerranéens:écologie, conservation et aménagement. Notestechniques du MAB, 2, Unesco, Paris, pp. 1-34.

QUÈZEL P., MÉDAIL F. 2003 - Ecologie et biogéogra-phie des forêts du bassin méditerranéen. Else-vier (Collection Environnement), Paris, pp. 573.

QUÈZEL P., MÉDAIL F. 2003 - Que faut-il entendrepar « forêts méditerranéennes » ? Forêt médi-terranéenne, 24 : 11-31.

QUÈZEL P., SANTA S., 1962-63 - Nouvelle Flore del’Algerie. 1-2. C.N.R.S. Paris.

QUÈZEL, P. 1985 - Definition of the Mediterraneanregion and the origin of its flora. In: C. Gomez-Campo (éd.). Plant conservation in the Medi-terranean area. Geobotany 7, p. 9-24. W. Junk,Dordrecht, Pays-Bas

QUÈZEL, P., TAYLOR, H.C., 1984 - Les fruticéessempervirentes des régions méditerranéennesde l’Ancien Monde. Essai comparé d’interpré-tations des structures biologiques et des don-nées historiques. Bot. Helv., 94: 133-144.

REALI A., 1871 - Gli alberi e gli arbusti dell’Ap-pennino Camerte. Tip. Borgarelli, Camerino.

Page 502: Alberi Arbusti 2008

502

RECHINGER K.H., 1943 - Flora Aegaea. Springer,Wien. Reprint 1973. Otto Koeltz, Koenigstein.

RIKLI M., 1943-48 - Das Pflanzenkleid der Mittel-meerlaender. Huber, Bern.

RIVAS-MARTINEZ S., 2004 - Global Bioclimatics.(Clasificación Bioclimática de la Tierra).www.ucm.es/info/cif/book/publications.htm(Versión 27-08-04).

RONSISVALLE G.A., GIORGI G., SILVETTI E., 1984 -Indagine tassonomica su querce caducifogliesiciliane (Quercus virgiliana (Ten.) Ten., Q.dalechmpii Ten., Q. congesta Presl.). Pubbl. It.Bot. Univ. Catania.

RIZZOTTO M., 1979 - Ricerche tassonomiche ecorologiche 1: il genere Cistus L. in Italia.Webbia, 33 (2): 343-378.

SCHMID E., 1933 - Beitrage zur Flora der Insel Sar-dinien. Mit. Bot. Univ. Zurich, 146: 232-255.

SCHMUCKER T., 1942 - Silvae Orbis. La distributiondes espèces arborescentes de la zone septen-trionale temperée. C.l.S. Berlin.

SCHWARZ O., 1993 - Quercus L. In: TUTIN T.G. etal. (eds.), Flora Europaea, 1. Cambridge, Uni-versity Press.

SERRA G., LODDO S., BACCHETTA G., 2002 - Rela-tionships between soils, climate and vegetationin Quercus suber L. formations of the Sulcis-Iglesiente (Southern Sardinia - Italy). Optionsméditerranées, Serie A, 50: 127-133.

SUSMEL L, VIOLA F., BASSATO G., 1976 - Ecologiadella lecceta del Supramonte di Orgosolo.CEDAM, Padova.

THOMAS P.A., & POLWAR A., 2003 - Taxus baccataL., Journal of Ecology, 91:489-524.

TISON J.M., 2006 - Tamarix dalmatica. In: JEANMO-NOD D. et CHLÜSSEL A. (eds.), Notes et contri-butiones à la flore de la Corse, XXI. Candollea,61 :131-132.

TOMASELLI R., 1976 - La dégradation du maquisméditerranéen: écologie, conservation et amé-nagement. Notes techniques du MAB, 2 Une-sco, Paris, pp. 35-76.

TOMASELLI R., 1981 - Main physiognomic typesand geographic distribution of shrub systemsrelated to Mediterranean climates. In: F. DiCASTRI, D. W. GOODALL & R. L. SPECHT (eds.),Ecosystems of the World, 11:95-121.

TUTIN T.G. et al., 1964-1980 - Flora Europaea. 1-5. University Press, Cambridge.

VALERY A.C.P., 1838 - Viaggio in Sardegna. Trad.di M.G. Longhi, 2003. Illisso Edizioni, Nuoro.

VALSECCHI F., 1967 - Le querce della Sardegna.Bull. Soc. Sarda Sci. Not., 1, 4, 19.

VALSECCHI F. 1972 - Ricerche sul ciclo riproduttivodi Quercus suber L. in Sardegna. Osservazionipreliminari in una sughereta situata pressoAlghero (Sassari). Mem. 31: 1-11, StazioneSperimentale Sughero, Tempio Pausania.

VALSECCHI F., 1972 - Osservazioni sulla variabilitàdelle Quercus suber L., Mem. 32: 1-14, Stazio-ne Sperimentale Sughero, Tempio Pausania.

VALSECCHI F., 1977 - Biologia, posizione sistemati-ca ed ecologica di Ribes sardoum, Martelli eRibes multiflorum Kit. Ssp. sandalioticumArrig. Webbia 31: 279-294.

VALSECCHI F., 1980 - Le piante endemiche dellaSardegna, Boll. Soc. Sarda Sci. Not., 20: 301-309.

VALSECCHI F., 1981 - Genista ferox (Poir.) in Sarde-gna, nuova specie per la flora d’Europa. Web-bia 35(1): 79-82.

VALSECCHI F., 1993 - Il genere Genista L. in ItaliaI. Le specie della sezione Erinacoides Spach,Ephedro spartium Spach, aereospartium sec.nov. Vals. Webbia 48: 779-824.

VALSECCHI F., 1994 - Garighe costiere e montane aGenista della Sardegna, Fitosociologia, 27:127-138.

VALSECCHI F., 1963-72 - Contributi alla conoscen-za delle forme della Quercus suber L. presentiin Sardegna. Memorie 6,9,14,15,19,21,32. Sta-zione Sperimentale del Sughero. Tempio Pausa-nia (SS).

VALSECCHI F., 1963-72 - Sulla cupola di Quercussuber L.. Memoria 40. Stazione Sperimentaledel Sughero. Tempio Pausania (SS).

VANNELLI S., 1987 - I grandi alberi della Sardegna.Ass. Difesa dell’Ambiente. Reg. Aut. Sardegna.Cagliari.

VANNELLI S., 1987 - Il verde in Sardegna. Ass.Difesa dell’Ambiente. Reg. Aut. Sardegna.Cagliari.

WAGNER M.L., 1960 - Dizionario EtimologicoSardo. C. Winter. Universitaet Verlag. Heidel-berg.

ZOHARY, 1966-72 - Flora Palaestina, 1-2. Goldberg’sPress, Jerusalem.

Page 503: Alberi Arbusti 2008

INDICE DEI NOMI

DELLE SPECIE TRATTATE

Page 504: Alberi Arbusti 2008
Page 505: Alberi Arbusti 2008

505

Nomi scientifici

Acer monspessulanum L. 346Alnus glutinosa (L.) Gaert. 133Alnus morisiana Bertol. 133Amelanchier ovalis Medik. 247Anagyris foetida L. 313Anthyllis barba-jovis L. 324Arbutus unedo L. 421Berberis boissieri C. K. Schnei-

der 210Berberis vulgaris L. ssp. aetnen-

sis 210Berberis vulgaris L. var. aetnen-

sis 210Berberis aetnensis C.B. Presl

210 Berberis cretica Loisel. 210Betula alnus L. var. glutinosa L.

133Betula glutinosa (L.) L. 133Bupleurum fruticosum L. 418Buxus balearica Lam. 360Calycotome spinosa (L.) Link

267Calycotome villosa (Poiret) Link

269Carpinus ostrya L. 142Castanea sativa Miller 146Castanea vesca Gaertner 146Castanea vulgaris Lam. 146Celtis australis L. 195Cerasus humilis Moris, 225Cerasus prostrata var. glabrifo-

lia 225Ceratonia siliqua L. 262Chamaerops humilis L. 486Cistus albidus L. 382Cistus corsicus Loisel. 386Cistus creticus L. 391Cistus incanus L. 389Cistus monspeliensis L. 376Cistus salviaefolius L. 380Colutea arborescens L. 325Cornus sanguinea L. 415Corylus avellana L. 139Crataegus monogyna Jacq. 235Cytisus villosus Pourret 310Erica arborea L. 428

Erica multiflora L. 437Erica scoparia L. 432Erica terminalis Salisb. 434Euonymus europaea L. 356Euphorbia dendroides L. 331Fagus castanea L. 146Ficus carica var. caprificus

Risso 199Ficus carica var. carica 199Fraxinus angustifolia Vahl ssp.

oxycarpa (Bieb. ex Willd.)Franco et Rocha Afonso443

Fraxinus ornus L. 440Genista aetnensis (Biv. in

Rafin.) DC. 276Genista arbusensis Valsecchi

296Genista cadasonensis Valsecchi

283Genista corsica (Loisel.) DC.

281Genista desoleana Valsecchi

301Genista ephedroides DC. 279Genista ferox (Poiret) 293Genista morisii Colla 286Genista pichi-sermolliana Val-

secchi 304Genista salzmannii DC. 298Genista sardoa Valsecchi 273Genista sulcitana Valsecchi 290Genista toluensis Valsecchi 290Halimium halimifolium (L.)

Wilk. 394Ilex aquifolium L. 351Juniperus lycia L. Sp. Pl., 74Juniperus oophora G. Kuntze 74Juniperus turbinata Guss., Fl. 74Juglans regia L. 129Juniperus communis L. ssp.

communis 80Juniperus communis L. ssp. alpi-

na (Suter) Celak 83Juniperus communis L. ssp. nana

(Hoocher) Syme in Sowerby83

Juniperus macrocarpa Sibth. etSm. 89

Juniperus nana Willd. 83Juniperus oxycedrus L. 86Juniperus oxycedrus L. ssp.

macrocarpa (Sibth. et Sm.)Ball 89

Juniperus phoenicea L. 74Juniperus phoenicea L. ssp.

lycia Auct. 74Juniperus phoenicea L. ssp. tur-

binata (Guss.) Arcangeli 74Juniperus phoenicea ssp. eume-

diterranea Lébréton & Thi-vend 74

Juniperus sibirica Burgsdorff. 83Laurus nobilis L. 205Lembotropis nigricans (L.) Gri-

seb. 316Lycium europaeum L. 471Malus dasyphylla Borkh. 244Myrtus communis L. 408Nerium oleander L. 463Olea europaea L. 447Olea europaea subsp. oleaster(Hoffmanns. & Link) Negodi,Arch. Bot. Sist. 3:79 Olea europaea subsp. sativa(Loudon) Arcangeli, Comp. Fl.It.; 465 (1882)Olea europaea var. oleaster(Hoffmanns et Link) D.C., Prodr.8:284 (1844)Olea europaea var. sativa Lehr,Diss. Bot. Med. 21:1779Olea europaea var. sylvestris(Miller) Lehr, Diss. Bot. Med.20(1779)Olea oleaster Hoffmanns. & Link,Fl. Portug., 1 : 387 (1813-1820)Olea sativa Hoffmanns. & Link,Fl. Portug., 1 : 388 (1813-1820)Olea sylvestris Miller, Gard.Dict., ed. 8 : n° 3 (1768)Ostrya carpinifolia Scop. 142Ostrya virginiana ssp. carpinifo-

lia 142

Page 506: Alberi Arbusti 2008

506

Phillyrea angustifolia L. 456Phillyrea latifolia L. 459Pinus halepensis 69Pinus hamiltonii Ten. 65Pinus maritima Lam. 65Pinus mesogensis Fieschi et

Gaussen var. cortensis 65Pinus pinaster Aiton ssp.

hamiltonii (Ten.) H. Del Vil-lar 65

Pinus pinea L. 61Pistacia lentiscus L. 335Pistacia terebinthus L. 341Pistacia Xsaportae Burnat 345Populus alba L. 120Populus canescens (Aiton) Sm.

123Populus nigra L. 116Populus tremula L. 125Prunus avium (L.) L. 221Prunus cerasus L. var. avium L.,

221Prunus communis var. insititia

(L.) C.K. Schneider 231Prunus domestica L. ssp. insiti-

tia (L.) Poir. 231Prunus humilis (Moris) Colla

225Prunus insititia L. 231Prunus prostrata f. erecta Mole-

ro 225Prunus prostrata Labill. 225Prunus prostrata Labill. var. gla-

brifolia (Moris) Browicz225

Prunus prostrata Labill. var.humilis (Moris) Nyman 225

Prunus spinosa L. 228Pyrus amygdaliformis Vill., 238

Pyrus communis L. var. pyrasterL. 242

Pyrus pyraster (L.) Duroi 242Pyrus spinosa Forsskål 238Q. amplifolia Guss. 159Q. dalechampii Ten. 153Q. virgiliana (Ten.) Ten. 159Quercus calliprinos Webb. 166Quercus coccifera L. 166Quercus coccifera L. ssp. calli-

prinos (Webb) Holmboe 166Quercus coccifera L. var. calli-

prinos (Webb) Fiori 166Quercus congesta C. Presl 159Quercus faginea Moris, 153Quercus ichnusae Brullo, 153Quercus ichnusae Brullo, 159Quercus ilex L. 170Quercus lanuginosa (Lam.) 153Quercus morisii Borzì, 186Quercus pseudo-coccifera 166Quercus pubescens Willd. 153Quercus suber L. 177Rhamnus alaternus L. 372Rhamnus alpina L. 367Rhamnus lycioides L. ssp. oleoi-

des (L.) Jahand. et Maire370

Rhamnus persicifolia Moris 364Ribes multiflorum Kit. ssp. san-

dalioticum Arrigoni 217Ribes petraeum Wild. var spica-

tum Moris 217Ribes sandalioticum (Arrig.)

Arrig. 217Ribes sardoum Martelli 214Rosmarinus officinalis L. 467S. cinerea var. atrocinerea 104Salix alba L. 112

Salix arrigonii 107Salix atrocinerea Brot.104Salix capraea L. 104Salix cinerea L. 104Salix fragilis L. 110Salix pedicellata Desf. 107Salix purpurea L. 101Sambucus nigra L. 479Sorbus aria (L.) Crantz 250Sorbus aucuparia L. 256Sorbus domestica L. 259Sorbus torminalis (L.) Crantz

253Spartium junceum L., 307Tamarix africana Poiret 397Tamarix arborea (Sieb. ex

Erhenb.) Bge. 406Tamarix canariensis Willd. 400Tamarix dalmatica Baum 406Tamarix gallica L. 402Tamarix nilotica (Erhenb.) Bge.

406Tamarix parviflora DC, 405Tamarix passerinoides Del. ex

Desv 405Tamarix tetragyna Ehrenb. 405Tamarix tetrandra Pall: 405Taxus baccata L. 94Teline linifolia (L.) Webb ex

Berth. 321Teline monspessulana (L.) C.

Koch 319Ulmus campestris Auct. non L.

191Ulmus carpinifolia Borkh. 191Ulmus minor Miller 191Viburbum tinus L. 482Vitex agnus-castus L. 475

Page 507: Alberi Arbusti 2008

507

Acero di Montpellier 346Acero minore 346Acero trilobo 346Agnocasto 475Agrifoglio 351Aino 475Alaterno 372Albatro 421Alloro 205Amelanchier 247Anagiride 313Appeggi 86Bagolaro 195Barba di Giove 324Berretta da prete 356Biancospino 235Bosso delle Baleari 360Brentine 380Bupleuro cespuglioso 418Calicotome 269Caprifico 199Carpino nero 142Carrubo 262Castagno 146Cedro fenicio 74Cedro licio 74Cerasa marina 421Ciavardello 253Ciliegio 221Ciliegio selvatico 221Cipressina 402Cisto 376Cisto bianco 382Cisto di Monpellier 376Cisto giallo 394Cisto marino 376Citiso a foglie di lino 321Citiso di Montpellier 319Citiso nero 316Corbezzolo 421Crespino dell’Etna 210Dentisco 335Elce 170Erica arborea 428Erica multiflora 437Euforbia arborea 331Evonimo 356

Fagiolo della Madonna 313Farinaccio 250Fico 199Fillirea 459Fillirea a foglie strette 456Frassino 443Frassino da manna 440Frassino meridionale 443Fusaggine 356Gattice 120Ginepro coccolone 89Ginepro comune 80Ginepro feniceo 74Ginepro nano 83Ginepro rosso 74Ginepro rosso 86Ginestra 307Ginestra 310Ginestra corsicana 281Ginestra del Sulcis 290Ginestra dell’Etna 276Ginestra desoleana 301Ginestra di Arbus 296Ginestra di Monte Tului 290Ginestra di Moris 286Ginestra di Pichi-Sermolli 304Ginestra di S. Maria Navarrese 283Ginestra di Salzmann 298Ginestra di Spagna 307Ginestra efedroide 279Ginestra odorosa 307Ginestra sarda 269Ginestra spinosa 269Ginestra spinosa 293Ilatro 372Ilatro 459Laburno fetido 313Lagano 475Lauro 205Laurotino 482Lazzarolo di monte 250Leccio 170Lentaggine 482Lentisco 335Lerca 310Lillatro 456Lillatro 459

Linterno 372Maggerena 325Melo selvatico 244Mirto 408Nocciolo 139Noce 129Oleandro 463Oleastro 447Olivastro 447Olivello 456Olivo 447Olmo 191Olmo campestre 191Ontano nero 133Orniello 440Palma di S. Pietro 486Palma nana 486Perastro 238Perastro 242Perastro mandorlino 238Pero corvino 247Pero selvatico 242Pinastro 65Pino d’Aleppo 69Pino da pinoli 61Pino domestico 61Pino marittimo 65Pinocchio 61Pioppo bianco 120Pioppo gatterino 123Pioppo nero 116Pioppo tremolo 125Prugnolo 228Prugnolo da siepe 231Prunello 228Pruno prostrato 225Puzzolana 313Quercia da sughero 177Quercia spinosa 166Ramno alpino 367Ramno di Sardegna 364Rembrottine 376Ribes del Corrasi 214Ribes di Sardegna 217Rosmarino 467Rosola 386Rosola 389

Nomi italiani

Page 508: Alberi Arbusti 2008

508

Rosola 391Rossello 421Roverella 153Salcio da pertiche 112Salice bianco 112Salice di Gallura 104Salice fragile 110Salice pedicellato 107Salice rosso 101Sambuco 479Sanguinella 415Schioppetti 325Scopa 432

Scopa da ciocco 428Scornabecco 341Scornabecco 380Sena falsa 325Sondro 335Sorbo domestico 259Sorbo degli uccellatori 256Sorbo montano 250Sorbolo 259Sovero 177Spaccassassi 195Sparzio spinoso 269Spina di Cristo 471

Spina Santa 471Sughera 177Tamerice africana 397Tamerice delle Canarie 400Tamerice gallica 402Tamerice maggiore 397Tamerice manna 402Tasso 94Terebinto 341Vescicaria 325Viburno 482

Page 509: Alberi Arbusti 2008

509

Nomi sardi

Abiu 133Abiu a folla longa 443Abiu de Santu Giuanni 133Accodro 341Acu 133Adanu 276Aéra 346Agliastru 447Aiferru 459Aladerru 372Aladerru 459Alasiu 351Alaterru 459Alaverru 459Albaru 120Alboç 421Aliderru 372, 459Alidòne 421Alinu 133Alinu ‘e monte 142Aliterredda 456Aliterru 459Allastu 447Allinu 133Alzu 133Annagiu 228‘Aprui’u 199Arangiu aresti 351Arangixeddu arrubiu 356Araru 205Araru masciu 372‘Ariasa agreste 221Arburi de s’Ortigu 177Aribastru 447Armù 421Arradellu 459Arrideli 459Arrideli femina 459Arridellu 459Arridellu femina 456Arridelu 459Arroele 153Arroi 166Arroili 153Arroli 153Arromaniu 467Arrosomarinu 467

Arvaru 120Arvere de Suerzu 177‘Astangia 146‘Astannagliu 428‘Astanza 146Asuma 372Atoa 104Azoa 104Balatùli 351Bianca 199Binistra 307Buatta 486Buladigu 356Burdasciotta 199Busciu 360Busciulu 360Buttada 199Calabresa 199Calabriche 235Calabrighe 235Calabrigu 235Calafrihu 235Calariggiu 235Calarighe235Calarigue 235Calaviru 235Calavria 235Calavriche 235Calavri’e 235Calavrighe 235Callavrigu 235Cana 199Cana era 199Caracutu 351Cararigi 235Carcanzi trota 199Cariasa agreste 221Cariasa imbriaga 221Cariasa lidone 421Cariasedda agreste 225Carpinu de Massanì 142Carruba 262Castagna 146Castagnarza 432Castamanzola 139Castanagliu 428Castanariu 428

Castangia 146Castangialzu 428Castannalzu 428Castannariu 432Castanza 146Castanzarzu 428Castennagliu 428Castennargiu 428Castaniariu 428Cerexia burda 221Chelcu 153Chelcul 153Cherchi 153Chercu 153Chercu nuche 159Cher’u 153Chesa 335 Chessa 335Chessa bera 341Chessa ‘e monte 341Chessa ruja 341Chilisone 421Chiniberu 86Ciaccia 74Cinneberu 86Cinniveru 86Cinniveru nanu 83Cipari 467Ciriaxa 221Ciriosina 281Ciugraxa 195Ciureju 177Coarviu 235Coavigu 235Codora 341Codoro 341Colostiu 351Colostri 351Corramusa 310Cose neigre 335Costi 346Costialvu 116Costialvu 120Coavigu 235Costiarvu 116Costiarvu 120Costighe 346

Page 510: Alberi Arbusti 2008

510

Costiche 346Costiu 346Costiu 351Crabioni 199Crabu figu 199Crapuicu 199Craxiou de Porcu 199Crecu 153Cre’u 153Croaxiu 235Cumpingiu 61Einistra 307Eliche 170Elighe 170Eligi 170Eli’he 170‘El’u 153Eni 94Enis 94Erba de bucciaccas 325Erba de bullacas 325Erba de sanguini 415Eresia agreste 221Erexia 221Erigi 170‘Essa 335‘Essa ‘e monte 341‘Essa vera 341Estrìngol 335Estrumbu 331Faba giolva 313Fazorba 313Fica 199Fico di Solanas 199Ficu arestu 199Figa 199Figga 199Figu 199Figu apru 199Figu chia 199Figu crapa 199Figu crapina 199Figu de Crabas 199Figu era 199Fihu craba 199Framarittu 397Frammiu 432Frassu 440Frassu 443Frassu de manna 440Fune Cristi 471Fustialbu 120Fustialvu 116Fustialvu 120Fustialvu nieddu 116Fustialvu tremulu 125Fustiarbu 120

Fustiarvu 120Ganestra 307Garrofa 262Genovese 199Geresia areste 221Ghiddostre 428Ghilidone 421Ghinda 221Ghiniparu femina 74Ghinipera emina 74Ghiniperu 86Ghiniperu emina 74Ghiniperu mascru 86Ghiniporo 86Ginestra 276Ginestra 307Giolva 313Giorva 313Giuncaresti 307Icu 199Icu agreste 199Icu bianca 199Icu cana 199Icu de Duas Vias 199Icu Nighedda 199Icu ruja 199Iddostra 428Iddostro 428, 432Igili 170Igivi 170Ilihe170I1ixi 170Inestra 276Inistra 276, 307Ipina santa 471Irixi 170Iscoba 428Iscoba 432Iscopa 432Iscopa masciu 428Iscoparzu 432Iscorravoe 269Isculacacca 331Ispina Santa 210Ispina santa 471Ispina sori’ina 281Isprunazza 228Istiarvu 120I’u ‘e sartu 199Ivixi 170Jaccia 74Jaccia, Ciaccia 86Jorva 313Labru 205Labru areste 372Landiri de arroi 166Landiri marru 166

Lanzola 139Laru 205Laru areste 372Laru crabinu 418Laru crapinu 418Laru eru crabiu 418Laru masciu 372Latiu 205Latturigu 331Lau 205Lau spinosu 351Launaxi 463Laveru 205Lavru 205Lazzarolu de monte 251Leandru 463Lentiscu 335Leonarxu 463Leonaxi 463Lestinchine 335Leumaxiu 463Leunaxa 463Libanu 86Lidòne 421Lina bianca 120Linciola 139Linna niedda 418Linna nighedda 372Linna pudida 418Linnarba 120Linnarbu 116Linnarbu 120Linnarbu tremulu 125Linnarrubia 94Linnarva 440Linnarva 443Linnarvu 440Linzola 139Lioni 421Lisandru 463Litarru 459Lonarxu 463Lonaxi 463Longufresu 94Loro 205Loru 205Lua 331Lua de Monte 331Lua de Monti 331Luba de Monte 331Malajana 482Margallò 486Marthigusa 310Martigusa 307Martigusa 310Martigùsa oina 269Martinica 199

Page 511: Alberi Arbusti 2008

511

Marzigusa 310Massiguscia 310Mathiciusa 310Mathicruia 310Mathicruda 310Mathilgusa 310Mathircrusia 310Matigusa 307Matigusa 310Mattalò 199Mattiniedda 199Mazzigusa 310Mela ‘e lidòne 421Mela abrina 244Mela de janas 482Mela selvatica 244Melàbrina 244Mela 244Melagra 244Melàvrina 244Meleana 482Meliana 356Meliana 482Mendulina 199Mergiu 376Mergiu 389Miliana 482Moddizzi 335Moddizzi de monte 341Moddizzi era 341Modici 335Monteleone 199Montina 199Montrechedda 380Montrecu 376Montrecu biancu 382Morichessa 253Mucciu 376Mucciu biancu 389Muchiareddu 380Mudecciu 376Mudecciu vuvulu 380Mudeciu voinu 382Mudecru 376Mudecru 382Mudegu 376Mudegu biancu 389Mudegu porceddinu 380Mudeiu 376Mudeiu bord 382Mudeiu nanu 380Mudeju areste 380Mudeju areste 382Mudeju nieddu 376Mudel’u biancu 382Mudrecu agreste 380Mudrecu burdu 389

Mudrecu prantarittinu 380Mudregiu 376Mudregu 376Mudregu caddinu 376Mudregu eru 389Mudregu vresu 380Mudrehu 376Mudrehu oinu 380Mudre’u biancu 376Mudre’u voinu 382Mulde’u nieddu 376Muldel’u terrandzu 380Mulsta 408Multa 408Mura burda 133Murdegu 376Murdegu 382Murdegu arrubiu 389Murdegu biancu 380Murdegu burdu 380Murdegu crabiu 389Murdegu femina 389Murdegu oinu 389Murena Nera 199Murra 199Murta 408Murta lavrina 346Murtin 408Murtizzu 408Muta 408Nanzola 139Nenzola 139Neula’e 463Neulache 463Neulaghe 463Neulagi 463Nibanu 86Nibaru 86Nibbaru 86Niberu 86Niberu 94Niggiola 139Ninciolla 139Ninzola 139Nizora 139Nozi 129Nucciola 139Nuche 129Nugiola 139Nunciola 139Nutzola 139Nuxe 129Nuxedda 129Nuxedda 139Nuxi 129Occi caprina 310Oddana 139

Ogiastru 447Oiò(n)i 421Oiòi 421Oiòni 421Oladiga 356Oladighe 346Olamu 191Olasi 351Oleandru 463Olia 447Oliandru 463Olidòne 421Olieddu 447Olimu 191Oliòne 421Oliòni 421Olisandru 463Olisgiandru 463Oliva 447Olivandru 463Ollasteddu de arriu 101Ollastu 447Ollastu de arriu 101Ollastu de arriu 443Ollastu de frumini 443Ollestincu 335Ollestincu 335Olma 191‘Olosti 351Olosti’e 351Olostighe 351Olostiu 351Olostri 351Olostrighe 351Olostriu 351Olostru 351Olummu 191Omulu 191Oppinu 61Oppinu 65Oppinu 69Oppinu burdu 69Oranu 191Orimacxu 372Orioni 421Orri 166Orroali 153Orroele 153Orroli 153Orrori 153Orumu 191‘Osti 346‘Ostiarvu 120Ozzastru 447Ozzastru de ribu 443Parma de S. Perdu martiri 486Parmas 486

Page 512: Alberi Arbusti 2008

512

Pasadina 199Pebaru sardu 475Perastru 238Perdingiana 199Pessighina 199Pibireddu 367 Pibiri sardu 475Pidixi 104Pinu 61Pinu 65Pinu 69Pinu bonu 61Piocu 116Piocu 120Piopu 116Piopu 120Pirastru 238Pirastru ochesu 242Pirastu 238Pirixedda burda 235Puglielma 116Pramizzu 486Pramma agreste 486Pramma ‘e iscovas 486Pramma era 486Pramma nana 486Prammariscu 397Prammitu 486Promuzza 228Pronizza 228Prugnola 228Pruna agreste 231, 364Pruna ’e Gristi 471Prunasca 228Prunazonca 228Prunezza 228Prunica 228Pruniccia 228Prunischedda 228Prunischeddu 228Prunitxa 228Prunixedda 228Prunixedda aresti 228Prunizza 228Prunizzedda 228Prunizzu 228Pubulia 116Pupulione 116Quessa 335Rama 331Ramasinu 467Rampelina 199Rinzola 139Roi 166Romanì 467Romaninu 467Romasinu 467

Rosmarinu 467Rubia de Padente 482Rulloni 74Rumasinu 467Rumazzinu 467Rumosinu 467Runza de Monte 331Rusmarinu 467Sabadiglia 463Sabinu 74Sabucu 479Saliche 112Saliciu 101, 112Sali’e 112Salighe 101Salighe 112Salike 101Salima femina 428Salina 432Salina masciu 434Salixi 112Salizi 101Salligi 112Salvatu 397Sambindzu 356Sambinzu 482Sambucu 479Sambucu areste 482Sambucu pibiri 475Samuccu de arriu 475Samu’u 479Samu’u de frumene 475Sarpa 101, 104Sasima 372Saucheddu 479Saucu 479Savucu 479Saxibi 112Saxili 112Sciova 104Scopalzu 432Scova 276, 432Scova burda 434Scovedu 432, 434Scovitzi 434Sculacacca 331Sechintrese 428Semmucu 479Semuhu 479Sena 325Sena burda 325Senaive 74Sena tiria 325Silibba 262Silimba 262Siliqua 313Siliqua crabina 313

Sinebiri 86Sinneburu 86Sinnibiri 86Sinnibiri maseru 74Sippiri 467Siserbiu 482Sisulu 195Sivina 74Siviriglia 463Soliacra 195Solionaxu 463Sopéri 341Sorichina 281Sorighina 281Sorixina 281Spicu 467Spina crispiri 471Spina Cristi 471Spina ‘e topis 281Spina razza 281Srapa 104Sroba 251Srucaxa 195Sruergiu 177Suaru 177Suaxi 112Suberju 177Sueju 177Suelzu 177Suera-Suara 177Suergiu 177Suerzu 177Sugargia 195Sugraxa 195Suhàrgia 195Sulargia 195Sulzaga 195Supelva 259Superva 259Surgiaga 195Suriaca 195Suvegliu 177Suvergiu 177Suverju 177Tamariche 276Tamariche 397Tamari’e 397Tamarighe 397Tamarittu397Tasaru 356Tasaru 372Tasiri 94Tassu 94Tasua 94Tasua 372Tasuru 94Terìa 269

Page 513: Alberi Arbusti 2008

513

Therìa 269Thilimba 262Thilimba 313Thilippa 313Thiniperu 86Thinniberu 86Thinniberu femina 74Thippiri 467Thithimbalu 331Thoa 104Thoba 104Thoga 104Thova 104Thrappa 104Thrubenneru 86Tiliba 313Tilibba 313Tipiri 467Tirìa 269Tiria 281Tiria 310Tiria agreste 325Tiria burda 281Titimbaru 331Toa 104Tramalittu 397

Tramariciu 397Tramarittu 397Tramazzu 397Travvigu 235Tufera iscopa 432Tuora 432Tutturchi 331Tuvara 428Tuvara 432Tuvara 434Tuvara era 428Uddastru 447Uglia’e 195Ugliastra 447U’imu 191Ulimu 191Ullimu 191Ulmu 191Ulumu 191Umbu 191Umu 191Urimu 191Urmu 191Urriache 195Urria’e 195Urumu 191

Ustiarvore 116, 120Ustiarvu 116‘Ustiarvu 120Uvara 428Uvara 432Uvvara 432Vilma 112Virde 199Vrassinu 440Vrassu 440Zappinu 61Zarpa 104Zinnebiri 86Zinnibaru 86Zinnibere 86Zinnibiri mesedu 74Zinnipiri 86Zinnipiri eru 86Zinnipiri femina 74Zipari 467Zippiri 467Zoa 104Zocchitta 199Zombaru 331Zorfa 259

Page 514: Alberi Arbusti 2008

514

Abele 120Alder 133Aleppo pine 69 Ash 443Aspen 125Barberry’s Etna 210Barren privet 372Bay tree 205Black-poplar 116Blackthorn 228Bullace 231Caprifig 199Carob 262Cean 221Common Chaste-tree 475Common elm 191Common sallow 104Crab Apple 244Crack Willow 110Dogwood 415Dwarf Fan-Palm 486Elder 479European Box-thorn 471European Hackberry 195Evergreen oak 170Flowering Ash 440

Grey Poplar 123Hawthorn 235Hazel, Cob-Nut 139Hoary Rockrose 389Holly 351Holm oak 170Hop hornbeam 142Jerusalem pine 69Juniper 83Kork tree 177Laurustinus 482Lentisk 335Locust tree 262Maritime pine 65Montpellier Maple 346Montpellier Rock-rose 376Myrtle 408Noble laurel 205Nuttle tree 195Oleander 463Olive Wild Tree 447Pubescent Oak 153Purple willow 101Rosemary 467Rowan 253 S. John’s bread 262

Sloe 228Smoothleaf elm 191Spanish Broom 307Spanish Chesnut 146Spinole tree 356Stone pine 61Strawberry tree 421Sweet Chesnut 146Tamarisk 397Tamarisk 400Tamarisk 402Terebinth 341Thorow-wax 418Tree heath 428Tree Phillyrea 456Tree Phillyrea 459Walnut 129White Beam 250White poplar 120White willow 107White willow 112Wild Cherry 221Wild pear tree 242Wild Service-tree 253Yew 94

Nomi stranieri

Nomi Inglesi

Nomi Francesi

Agneau-caste 475Alisier blanc 250Alisier torminal 253Alouchier 250Amelanchier commun 247Arbousier commun 421Arbre au mastic 335Arbre au poivre 475 Arnigri, Pudis 313Aubepine monogyne 235Aune glutineux 133Barbe de Jupiter 324Bauguenaudier commun 325Bois de Perpignan 195Bois puant 313Bonnet de prêtre 356Bruyère à balais 432

Bruyère à ombelles 434Bruyère en arbre 428Buis de Mahon 360Bupleure ligneux 418Calicotome épineux 269Calicotome vélu 269Caprifiguier 199Caroubier commun 262Cattilier commun 475 Charmehoublon 142Châtaignier commun 146Chêne à cochenile 166Chêne Blanc 153Chêne kermes 166Chêne liège 177Chêne pubescent 153Chêne vert 170

Ciste à feuilles de sauge 380Ciste blanchâtre 382Ciste cotonneux 389Ciste de Montpellier 376Cornouillier sanguin 415Coudrier 139Couronne du Christ 471Crisard 123Cytise de Montpellier 319Cytise hérissé 310Epine blanche 235Epine noire 228Epine-vinette de l’Etna 210Erable de Montpellier 346Euphorbe en arbre 331Faux sene 325Figuier commun 199

Page 515: Alberi Arbusti 2008

515

Filaria à feuilles étroites 456Filaria à feuilles larges 459Frène à feuilles étroites 443Frène à fleurs 440Frène à manne 440Fusain commun 356Génêt d’Arbus 296Génêt d’Espagne 307Génêt de Corse 281Génêt de Desole 301Génêt de l’Etna 276Génêt de Moris 286Génêt de M. Tului 290Génêt de Pichi-Sermolli 304Génêt de Salzmann 298Génêt de S. Marie Navarrese

283Génêt de Sardaigne 269Génêt du Sulcis 290Génêt éphedroïde 279Génêt épineuse 293Génêt jonciforme 307Genévrier cadé 86Genévrier de Phénicie 74Genévrier nain 83Genévrier oxycèdre 86Hélianthème à fleurs d’halime 394

Houx commun 351If commun 94Laurier 205Laurier d’Apollon 205Laurier-rose 463Laurier tin 482Lentisque 335Liard 116Lycien 74Lyciet d’Europe 471 Merisier 221Micocoulier de Provence 195Morven 74Myrte commun 408Nerprun alaterne 372Nerprun des Alpes 367Noisetier commun 139Noyer 129Olinet 471 Olivier commun 447Ormeau yvet 191Orme champêtre 191Orne commun 440Osier rouge 101Palmier nain 486Paradis 244Peuplier blanc 120

Peuplier noir 116Pin d’Alep 69Pin de Bordeaux 65Pin maritime 65 Pin parasol 61Pin pignon 61Pin pinier 61Poirier amandier 238Poirier sauvage 242Pommier acerbe 244 Pommier sauvage 244Prunellier 228Prunier sauvage 231Prudis 313Romarin officinal 467Saule blanc 107, 112Saule cendré 104Saule fragile 110Saule pourpre 101Sureau noir 479Tamaris 400Tamaris africain 397Tamaris de France 402Térébinthe 341Tremble 125

Nomi Tedeschi

Abrahams-Strauch 475Aetna Ginster 276Aetna-Berberitze 210Afrikanische Tamariske 397Aleppo-Kiefer 69Alpen-Kreuzdorn 367Arbus Ginster 296Aspe 125Balearen Büchsbaum 360Baum-Heide 428Baumwolfsmilch 331Behaarter Geissklee 310Blasenstrauch 325Blumen-Esche 440Blutroter Hartriegel 415Bocksdorn 471Braut-Myrte 408Breitblättrige Steinlinde 459Bruchweide 110Desoles Ginster 301Dorn-Birne 238 Dreilappiger Ahorn 346Echte Kastanie 146Echte Myrte 408Echter Feigenbaum 199Edelkastanie 146Eibe 94

Eingriffeliger Weissdorn 235Elsbeebaum 253 Erdbeerbaum 421Esche 443 Europäiches Pfaffenhütchen 356Ess-Kastanie 146Feige 199 Feld-Ulme 191Felsenbirne 247Felsenkirsche 225Filz-Apfel 244Flaum-Eiche 153Französische Tamariske 402Französischer Ahorn 346Gelbe Zistrose 394Gemeine Hopfenbuche 142Gewöhnliche Ulme 191Grau-Pappel 123Hasel-Nüss 139Holzapfelbaum 244Holzbirne 242Hülse Stechpalme 351Immergrüner Kreuzdorn 372Immergrüner Schneeball 482Johannisbrotbaum 262Kanarische Tamariske 400Karoben Baum 262

Kermes-Eiche 166Kork-Eiche 177Korsische Zistrose 386Korsischer Ginster 281Kurzstielige-Weide 107Leinblättriger Ginster 323Lorbeer-Baum 205Mandelblättrige Birne 238Manna-Esche Orne 440 Mastixstrauch 335Meerträubel Ginster 279Mehlbeer-Baum 250Mittelmeer-Besenheide 432Mönchspfeffer 475 Montpellier-Zistrose 376Moris Ginster 286Noddebruk 139Nussbaum129Oelbaum 447 Oleander 463Olive 447Pfirsichblättriger Kreuzdorn 364Pichi-Sermollis Ginster 304Pinie 61Purpur-Weide 101Rosmarin 467Roter Hornstrauch 415

Page 516: Alberi Arbusti 2008

516

Rot-Erle 133Salbeiblättrige-Zistrose 380Salzmanns Ginster 298Sardischer Ginster 269Schwarzdorn 228Schlehe 228Schmalblatt-Esche 443Schmallblättrige Steinlinde 456Schwarzer Holunder 479Schwarz-Erle 133Schwarz-Pappel 116Schwarzrote-Weide 104Schwarzwerdender Geissklee 316Silber-Pappel 120Silber-Weide 112

S. Maria Navarrese Ginster 283Spanischer Ginster 307Spitzenblütige Heide 434Spitzfrüchtige 443 Stacheliger Dornginster 269Stech-Eiche 166Stech-Wacholder 86 Stein-Eiche 170Steinesche 443 Stinkstrauch 313Strand-Kiefer 65Südlicher Zürgelbaum 195Suess-Kirsche 221Sulcis Ginster 290Terebinthenstrauch 341

Terpentin-Pistazie 341Tului Ginster 290Vielblütige Heide 437Vogel-Kirsche 221Weissliche Zistrose 382Weiss-Pappel 120Wilde-Birne 242Wilder Apfelbaum 244Wilder Sperbeer-Baum 253Wollköpfige Zistrose 389Zedern-Wacholder 86Zitter-pappel 125Zwergpalme 486Zwerg-Wacholder 83

Nomi Spagnoli

Acebo 351Acebuche 447 Acere 346Adelfa 463 Agrifoli 351Aladera 459 Aladern 372Aladeru 456 Aladeru de fulla ampla 459Alamo negro 116Alamonegro 191Alcornoque 177Alerce español 86 Algarrobo 262Aliaga 269Aliso 133Aliso 256Almecino 195Almez 195Aloch 475Alsina 170Aranyò 228Arboc 421Arboser 421Arce 346Arrayan 408Ars de Tancas 471Avellaner 139Avellano commun 139Azarollo 259Baladre 463 Bardaguera 104Bardaguera blanca 110Bargallò 486Boix 360Boj 360Bonetero 356Bonetos 356Bordaguera blanca 112

Bordizo 447Brezo 437Brezo de escobas 432Bruch 428Bruch 434 Bruguera 434 Bruguera 437 Cabrahigo 199Cambronera 471 Cardon boixgrevol 351Carpe negro 142Carrasca 166, 170Carrofer bord 341Carrofer puant 313Castano 146Cayomba 307Cedro de España 74 Cerezo de Aves 221Cerezo de monte 221Chaparro 170Chocasapor 380Chopo 116Chopo blanco 120Chopo cano 123Chopo temblon 125Cinebre 86Ciprell 437 Ciruelo 231Cornicabre 341Cornillo 247Coscoja 166Dinada 428Durillo 482Encina 170Endrino 228Enebro achaparrado 83Enebro rastrero 83 Erguen 269Erizo 269

Escanyagats 228Estepa borrera 380Laurel rosa 463Lentisco 335Lletrera 331Lodonero 195Maceira 244Madierno 372Madroño 421Mallanguera Mallema 247Manzano 244Margallon 486 Mata 335Matabou (Catal.) 418Matarubia 166 Mirto 408Moigera 253Moixera 250Mostellar 253 Murta 408Murtra 408Negrillo 191Nochizo 139Nogal 129Olivillo 456Ollaste 447 Olmo 191Om 191Palmito 486 Peral de monte 250Peral silvestre 242Perera borda 238Pi maritime 65Pino carrasco 69Pino doncel 61 Pino gallego 65 Pino piñonero 61 Piver 61

Page 517: Alberi Arbusti 2008

517

Pomera 244Pomera borda 250Populina 116Pruner 231Retama 307Retama espinosa 269Roble 153Romani 467Romero 467 Sabina roma 74Sabina suave 74 Sacere 346Salgueiro blanco 112Salgueiro fragil 110Salqueiro 104Sangrell 415

Sangrinyol 415Sarga 101Sauce 104Sauce blanco 107Sauce blanco 112Sauco 479Saule colorado 101Sauzgatillo 475 Serbal comun 259 Serbal de cazadores 256Severa 259Sivinai 74Suerbal 259Surer 177Suro 177Tamarell 397

Tamaric 397Tamarisch 402Tamarisco 397Tamarit 400Tamarit 402Tamariz 400Taray 400Taroye 402Teix 94Tejo 94Temblon 125Terebinto 341Urce 428Viminera 110Xipell 434

Page 518: Alberi Arbusti 2008

518

Acer monspessulanum

Alnus glutinosa

Amelanchier ovalis

Anagyris foetida

Anthyllis barba-jovis

Arbutus unedo

Berberis aetnensis

Bupleurum fruticosum

Buxus balearica

Calycotome spinosa

Calycotome villosa

Castanea sativa

Celtis australis

Ceratonia siliqua

Chamaerops humilis

Cistus albidus

Cistus corsicus

Cistus creticus

Cistus incanus

Cistus monspeliensis

Cistus salviaefolius

Colutea arborescens

Cornus sanguinea

Corylus avellana

Crataegus monogyna

Cytisus villosus

Erica arborea

Erica multiflora

Erica scoparia

Erica terminalis

Euonymus europaea

Euphorbia dendroides

Ficus carica var. caprificus

Ficus carica var. carica

Fraxinus angustifolia ssp. oxycarpa

Fraxinus ornus

NOMI LATINI NOMI LOCALI DI:

Tabella per aggiornamento di nomi locali dei singoli paesi

Page 519: Alberi Arbusti 2008

519

Genista aetnensis

Genista arbusensis

Genista cadasonensis

Genista corsica

Genista desoleana

Genista ephedroides

Genista ferox

Genista morisii

Genista pichi-sermolliana

Genista salzmannii

Genista sardoa

Genista sulcitana

Genista toluensis

Halimium halimifolium

Ilex aquifolium

Juglans regia

Juniperus communis

Juniperus oxycedrus ssp. oxycedrus

Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa

Juniperus phoenicea

Juniperus sibirica

Laurus nobilis

Lembotropis nigricans

Lycium europaeum

Malus dasyphylla

Myrtus communis

Nerium oleander

Olea europaea var. sativa

Olea europaea var. sylvestris

Ostrya carpinifolia

Phillyrea angustifolia

Phillyrea latifolia

Pinus halepensis

Pinus pinaster

Pinus pinea

Pistacia lentiscus

Pistacia terebinthus

Pistacia Xsaportae

NOMI LATINI NOMI LOCALI DI:

Page 520: Alberi Arbusti 2008

520

Populus alba

Populus canescens

Populus nigra

Populus tremula

Prunus avium

Prunus insititia

Prunus prostrata

Prunus spinosa

Pyrus pyraster

Pyrus spinosa

Quercus coccifera

Quercus congesta

Quercus ilex

Quercus morisii

Quercus pubescens

Quercus suber

Rhamnus alaternus

Rhamnus alpina

Rhamnus lycioides

Rhamnus persicifolia

Ribes sandalioticum

Ribes sardoum

Rosmarinus officinalis

Salix alba

Salix atrocinerea

Salix fragilis

Salix pedicellata

Salix purpurea

Sambucus nigra

Sorbus aria

Sorbus aucuparia

Sorbus domestica

Sorbus torminalis

Spartium junceum

Tamarix africana

Tamarix canariensis

Tamarix dalmatica

Tamarix gallica

NOMI LATINI NOMI LOCALI DI:

Page 521: Alberi Arbusti 2008

Tamarix nilotica

Tamarix parviflora

Tamarix passerinoides

Tamarix tetragyna

Tamarix tetrandra

Taxus baccata

Teline linifolia

Teline monspessulana

Ulmus minor

Viburbum tinus

Vitex agnus-castus

521

NOMI LOCALI DI:NOMI LATINI

Page 522: Alberi Arbusti 2008

Referenze fotografiche, iconografiche e ringraziamentiLe immagini fotografiche delle pagine 67, 73, 135, 141, 237, 473 sono di Stefano Alias.L’immagine di pagina 370 è di Giovanna Orrù.Tutte le altre immagini del testo sono di Ignazio Camarda.Le iconografie e tutti i disegni sono degli autori.

Si ringrazia il Prof. B.M. Moeseler, che ha rivisto i nomi delle piante in tedesco e quanti hannocontribuito a dare notizie sui nomi locali della Sardegna.

522

Page 523: Alberi Arbusti 2008

INDICE GENERALE

INTRODUZIONE 5

PARTE GENERALE 7

La trattazione delle specie 7

Le piante legnose: alberi e arbusti 9

La pianta e i suoi caratteri morfologici e strutturali 9

La pianta e l’ambiente 17

I grandi alberi 25

Le piante e l’uomo 26

La nomenclatura 29

Note tassonomiche, sistematiche e variabilità 34

La flora e le comunità vegetali legnose 34

Comunità vegetali 36

Foresta, bosco, macchia, gariga 36

Vegetazione 38

Le specie arboree e arbustive nella vegetazione della Sardegna 39

PARTE SPECIALE 51

Chiave analitica delle famiglie trattate 51

Pinaceae 61

Cupressaceae 74

Taxaceae 94

Salicaceae 100

Juglandaceae 129

Betulaceae 133

Corylaceae 139

Fagaceae 146

Ulmaceae 191

Moraceae 199

523

Page 524: Alberi Arbusti 2008

Lauraceae 205

Berberidaceae 210

Grossulariaceae 214

Rosaceae 221

Cesalpinaceae 262

Fabaceae o Leguminosae 266

Euphorbiaceae 331

Anacardiaceae 335

Aceraceae 346

Aquifoliaceae 351

Celastraceae 356

Buxaceae 360

Rhamnaceae 364

Cistaceae 376

Tamaricaceae 397

Myrtaceae 408

Cornaceae 415

Apiaceae o Umbelliferae 418

Ericaceae 421

Oleaceae 440

Apocynaceae 463

Lamiaceae o Labiatae 467

Solanaceae 471

Verbenaceae 475

Caprifoliaceae 479

Palmae 486

Glossario 491

Principali opere citate e consultate 495

Indice dei nomi delle specie trattate 503

Nomi scientifici 505

Nomi italiani 507

Nomi sardi 509

Nomi stranieri 514

Tabella per aggiornamento di nomi locali dei singoli paesi 518

Referenze fotografiche, iconografiche e ringraziamenti 522

524

Page 525: Alberi Arbusti 2008
Page 526: Alberi Arbusti 2008

Finito di stampare nel mese di novembre 2008presso Lito Terrazzi s.r.l., Loc. Cascine del Riccio, Firenze

Page 527: Alberi Arbusti 2008
Page 528: Alberi Arbusti 2008