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1 Al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Direzione Generale per le Valutazioni Ambientali Divisione II Sistemi di Valutazione Ambientale Via Cristoforo Colombo 44, 00147 Roma Oggetto: Osservazioni ai sensi del D.lgs. n. 152/2006 e s.m.i. alla Valutazione d’Impatto Ambientale: Istanza di permesso di prospezione in mare "d 3 F.P-.SC", proponente: Schlumberger Italiana S.p.A. Meet Up 192 - “Amici di Beppe Grillo Taranto” Taranto 03/01/2015

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Al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

Direzione Generale per le Valutazioni Ambientali

Divisione II Sistemi di Valutazione Ambientale

Via Cristoforo Colombo 44, 00147 Roma

Oggetto: Osservazioni ai sensi del D.lgs. n. 152/2006 e s.m.i. alla Valutazione

d’Impatto Ambientale: Istanza di permesso di prospezione in mare "d 3

F.P-.SC", proponente: Schlumberger Italiana S.p.A.

Meet Up 192 - “Amici di Beppe Grillo Taranto”

Taranto 03/01/2015

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Il Meet Up 192 “Amici di Beppe Grillo – Taranto”, con l’apporto scientifico della

Dott.ssa Rossella Baldacconi, PhD in Scienze Ambientali, intendendo partecipare

alle osservazioni circa l'istanza in oggetto, elaborata dalla società toscana “G.E.

Plan Consulting S.r.l.”, ritengono che non debba essere concesso il permesso di

prospezione alla richiesta della compagnia Schlumberger per le motivazioni espresse

in questo documento.

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Osservazioni del Meet Up 192 “Amici di Beppe Grillo Taranto”

Al capitolo 2.3 dello “Studio d'Impatto Ambientale”, denominato brevemente S.I.A., il

richiedente evidenziandone esplicitamente il vuoto normativo per regolare gli impatti di natura

acustica generati da indagine geofisica, sia a livello internazionale che nazionale, “...Non

esistono, infatti, limiti normativi per le emissioni acustiche prodotte dalla strumentazione

utilizzata per le indagini geofisiche, quali sonar, ecoscandagli, magnetometri ecc. e per le

relative caratteristiche temporali e di propagazione di rumore e vibrazioni.”, cita, tra le altre,

la Convenzione Marpol 73/78 in cui “il rumore è considerato solo in termini di emissioni

prodotte dalle imbarcazioni … si può comunque considerare che le emissioni acustiche siano

regolate da norme volte a prevenire l'inquinamento marino genericamente proveniente da

qualsiasi sorgente”, quindi di fatto assimilando le onde acustiche generate dagli Airgun (oltre i

250 db) quali generiche sorgenti di inquinamento. È opportuno allora precisare che nel

sottofondo marino, come confermato dal fisico Maria Rita D'Orsogna, docente universitario

della CSUN Math Department di Los Angeles, il limite considerato accettabile per garantire la

sicurezza del pescato e delle altre specie marine è di circa 180 db, così come bisogna tenere in

considerazione che i decibel sono in scala logaritmica, e che la differenza di 20 decibel equivale

ad un fattore 100 in intensità. Se 200 db sono considerati perciò pericolosi e potenzialmente

mortali alla vita marina, i 263 db (tabella 3.4 a pag. 93 S.I.A.) raggiungibili dagli airgun, o

meglio dagli array e sub-array di airgun (ben 24 airgun, suddivisi in 8 per ognuno dei 3 sub-

array), che allora interesseranno l’area di prospezione, e che superano di ben 100 milioni di

volte la soglia di sicurezza di 180 db, sono una catastrofe biologica annunciata!

Nel già citato capitolo si fa riferimento inoltre a convenzioni, trattati,direttive comunitarie,

normative nazionali e infine linee guida sulle emissioni acustiche, maggiormente riconosciute a

livello internazionale e nazionale quali quelle emanate da JNCC, ACCOBAMS e ISPRA, a cui il

richiedente si adegua in funzione della convenienza, come la scelta operativa, dichiarata dalla

società Western Geco che si occuperà del rilievo geofisico 3D, di seguire le linee guida JNCC

per quanto riguarda l'osservazione della fauna marina ed il soft start della sorgente, come si

evince dal capitolo 6.1., evitando così di dover adempiere a una lunghissima serie di prescrizioni

previste da ACCOBAMS e da ISPRA come descritto nel capitolo 2.

Risultano contraddittorie alcune indicazioni delle suddette linee guida sulla figura degli MMO

(osservatori specializzati in avvistamenti di cetacei) di cui è richiesto un adeguato background

in materia, o meglio, quasi sempre, “...in caso di impossibilità di reperire tutto il personale con

comprovata esperienza, assicurarsi che almeno la maggior parte di esso lo sia” (punto “s”

linee guida ACCOBAMS), e sulle loro mansioni in caso di avvistamento di cetacei, come per

esempio, quando, ad operazioni in corso, “non è richiesto lo spegnimento della sorgente del

rumore” (sezione III linee guida JNCC). In realtà la stessa area di osservazione degli MMO,

mt. 500 di raggio, indicata dalle linee guida JNCC, è insufficiente in quanto troppo ristretta per

poter individuare per tempo l’avvicinarsi di cetacei o altri mammiferi marini, nonché

l’eventuale presenza in zona di banchi di varie specie ittiche, ma anche perché è dimostrato da

recenti studi, citati peraltro nel dossier edito nel 2013 dal WWF ,“Trivelle in vista”, che i

danneggiamenti ai sistemi di orientamento e uditivi dei cetacei possono essere notevoli anche a

km. 30 dalla sorgente sonora (Lanfredi et al, 2009), così come sono stati evidenziati effetti

dannosi all'epitelio sensoriale di molti pesci e mammiferi marini (Mc Couly et al, 2002),

mentre s'ignorano addirittura dati sui possibili effetti sulle uova o larve, impossibilitate ad

allontanarsi (Booman et al, 1996) e vi siano conferme sulle ripercussioni sulla biologia

comportamentale e danni agli organismi nei differenti stadi di sviluppo anche dopo 58 giorni

dall'esposizione all'impatto (Popper et al, 2003).

Nel capitolo 3.3 “Descrizione delle tecnologie di ricerca”, risalta immediatamente l'uso di

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sinonimi edulcorati per descrivere i fenomeni fisici generati dagli airgun: “... Gli air-gun sono

la fonte di energia più comunemente utilizzata e sono composti da un trasduttore subacqueo

impulsivo che produce un suono a bassa frequenza emettendo aria ad alta pressione in

acqua. Questo produce una bolla d'aria che si espande rapidamente, contrae e ri-espande,

creando un'onda sismica ad ogni oscillazione.” E poi ancora: “Quando l’air-gun risulta

carico e si raggiunge la pressione desiderata, … si aprono le valvole d’uscita poste ai lati

dell’air-gun e l’aria compressa viene espulsa all’esterno.” Dunque “suono a bassa frequenza”,

“bolla d’aria”, “espulsione all’esterno di aria compressa”, sono tutti sinonimi ingannevoli

inseriti ad arte nel documento per celare la vera natura del fenomeno fisico conseguente

all’attivazione degli airgun, descritta nel già citato dossier di WWF Italia “Trivelle in vista” del

2013: “Il sistema air gun o “batteria di air gun” rilascia dell’aria compressa, azione

denominata “sparo”, ma per l’intensità prodotta potrebbe essere chiamata “detonazione”.

Infatti, questa energia si trasforma in onde sonore, propriamente onde meccaniche, che si

propagano ad una determinata velocità nell’acqua di mare.” O come descritto dal Rapporto

Tecnico “Valutazione e mitigazione dell’impatto acustico dovuto alle prospezioni geofisiche nei

mari italiani” redatto dall'ISPRA nel maggio 2012, dove si legge: “Il funzionamento

dell’airgun avviene aprendo una valvola di un tubo … la salita del pistone apre le grosse

valvole di uscita e l’aria compressa è così sparata in mare.” e poi di seguito in modo

inequivocabile: “... gli airgun non sono altro che array di tubi d’acciaio che vengono riempiti

con aria compressa e poi svuotati di colpo producendo così delle grosse bolle d'aria

subacquee che, quando implodono, producono suoni di fortissima intensità e bassissima

frequenza. Gli airgun e l'esplorazione geosismica sono considerati la dinamite del nuovo

millennio. Ogni 9-12 secondi un’esplosione è trasmessa in mare, ininterrottamente, per

intervalli di tempo anche piuttosto lunghi (mesi). I livelli di immissione sonora superano 260

dB re 1 μPa @ 1 m e sono di solito a frequenze basse e bassissime.” Perciò trattasi di “sparo”,

se non di una vera e propria “detonazione”, e non “aria compressa espulsa all’esterno” come

innocentemente citato nel SIA.

Nello specifico nel capitolo 3.3. del SIA è precisato infatti che: “... Fonti singole (di airgun)

sono utilizzate solo per indagini in acque superficiali, mentre le acque profonde, come quelle

che saranno intraprese nell'area del progetto, richiedono array composti da diversi sub-

array di air-gun. Le emissioni di aria compressa avvengono generalmente ogni 5-15 secondi. E ancora: “Gli impulsi prodotti dagli air-gun sono a banda larga... A seconda della

configurazione dell’array di air-gun, i livelli sonori alla sorgente presentano valori da 237-

262 dB re 1uPa/m.”. Se a questi dati aggiungiamo le specifiche tecniche che ritroviamo al

paragrafo 3.4.4 (Parametri operativi di progetto) nella tabella 3.3 con particolare riferimento ai

“Parametri della sorgente”, e poi nella figura 3.15, e in ultimo nella tabella 3.4, si evince un

apparato composto da 24 airgun, disposti su 3 file distanti tra loro 25 mt., 8 airgun per ogni fila

distanti tra loro 15 mt., trainato da una nave che navigherà a mò di peschereccio strascicando

su un’area di 4032 km2 e bombardando le acque sottostanti e le forme di vita in esse esistenti

per un periodo minimo di 92 giorni (salvo imprevisti) emettendo da ogni airgun esplosioni (le

chiamano impulsi) in mare di aria supercompressa alla pressione di 2000 psi capaci di generare

onde meccaniche della potenza di oltre 476.000 joules e onde acustiche potenzialmente

mortali in un range tra i 237 e i 262 decibel ( un martello pneumatico tocca i 100 db)

ripetutamente e continuamente ogni 5-15 secondi!!!

Nel capitolo 4.1, Quadro di riferimento ambientale, riferendosi alle norme che fanno capo al

D.lgs. 152/2006 (il c.d. “codice dell’ambiente”) che introduce le linee guida per la disposizione

del “Piano di Monitoraggio Ambientale” (di seguito PMA) emanate dal Ministero

dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con la collaborazione dell’Istituto

Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e del Ministero dei Beni e delle Attività

Culturali e del Turismo, la Schlumberger definisce le interferenze di lieve entità dichiarando

che “... Non sono stati evidenziati quindi impatti ambientali rilevanti, pertanto, per la

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tipologia di attività proposta e l’ambiente in cui verrà eseguita, la temporaneità delle attività,

le modalità operative e le mitigazioni che verranno attuate, non si prevede uno specifico

PMA.”. Quindi il richiedente, non evidenziando impatti ambientali rilevanti, riporta nello

stesso capitolo 4 una serie di dati sulle caratteristiche morfologiche, batimetriche, geologiche, e

poi sull'ambiente marino, sulle temperature, sui venti, sulle correnti, sulla flora e sulla fauna,

relativi a tutta l'area circostante. Ma ecco che i dati utilizzati nel caso dei mammiferi,

consultati dal data-base OBIS SEAMAP (Ocean Biogeographic Information System Spatial

Ecological Analysis of Megavertebrate Populations) http://seamap.env.duke.edu/ preso

evidentemente come riferimento dal SIA per reperire informazioni sugli avvistamenti dei

cetacei nella zona ed evitando accuratamente di considerarne altri, sono confutati dagli studi e

dalle osservazioni della Jonian Dolphin Conservation (in seguito JDC), presenti anch'essi nel

sito OBIS SEAMAP, http://seamap.env.duke.edu/dataset/812 (dati che ancora non confluiscono

nel data-base poiché in corso di elaborazione per la pubblicazione). Nel SIA dunque, così come

è successo con le linee guida sulle emissioni acustiche, si cerca di utilizzare i dati a proprio

vantaggio, minimizzando per esempio gli avvistamenti ed i comportamenti dei cetacei come

nel caso del tursiope, non considerato a rischio poiché avvistato sempre sottocosta, non

chiedendosi affatto, innocentemente anche stavolta, come ci arrivi sottocosta. Dal blog della

JDC, http://www.joniandolphin.it/wordpress/?dd_causes=ifwp-ionian-fin-whale-project, sono

interessanti le seguenti conclusioni sul bacino Settentrionale del Golfo di Taranto che viene

considerato, come documentato da letteratura scientifica, un habitat fondamentale alla vita di

parecchie specie di cetacei: “Infatti, quest’area si presenta come feeding area per la presenza

di miliardi di esemplari di krill (n.d.r. che in nessun modo possono sfuggire all’azione degli

airgun), i piccoli crostacei che compongono lo zooplancton, cibo primario di Cetacei. Infine,

un evento di “importanza unica” che mette il sigillo ambientale su questa zona di estremo

rilievo naturalistico è l’avvistamento di numerosi cuccioli di diverse specie di Cetacei

insieme alle loro madri ed al proprio branco.”. E comunque non solo JDC, ma anche i dati

della MEDACES, che non confluiscono in OBIS SEAMAP, e che testimoniano i numerosi

avvistamenti di cetacei nella zona interessata, non sono stati consultati

http://medaces.uv.es/home_eng.htm dai redattori del SIA.

In tema di tutela ambientale della fauna marina, anche il rapporto ISPRA 194/2014 “Specie e

habitat di interesse comunitario in Italia: distribuzione, stato di conservazione e trend”,

http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/specie-e-habitat-di-interesse-

comunitario-in-italia-distribuzione-stato-di-conservazione-e-trend (di seguito Rapporto ISPRA

194/2014), conferma che esistono problemi sulla disponibilità e l’affidabilità dei dati sulle

specie marine che abitano genericamente i mari italiani, e in particolare il mar Jonio

settentrionale come evidenziato nei precedenti punti, trovando scritto al paragrafo 3.7: “Questa

analisi ... evidenzia chiaramente come sia necessario potenziare il sistema di raccolta dati a

scala nazionale. Oltre a ciò si rileva il fatto che circa il 25% delle specie versa in uno stato di

conservazione che, almeno per uno degli elementi considerati in questa valutazione, è da

definirsi cattivo.”. E poi ancora: “Va però rilevato che è necessario pianificare la raccolta di

dati adeguati e le informazioni raccolte in occasione del presente studio costituiscono solo

elementi importanti di riferimento per la stima dei trend in occasione delle prossime attività

di rilevamento.” Ed infine: “Le attività di prelievo delle risorse alieutiche risultano costituire

sia la pressione maggiore, sia la fonte di maggiori preoccupazioni future, seguita

dall’inquinamento e dal disturbo antropico.” .

È opportuno segnalare che il 17 Giugno 2008 è stata emanata la Direttiva europea 2008/56/CE

sulla strategia per l'ambiente marino, recepita dall'Italia con il d. lgs. 190/2010, che troviamo

sul sito http://www.strategiamarina.isprambiente.it in cui sono descritti gli intenti che hanno

dettato la suddetta direttiva: “Nel corso di questi ultimi decenni è emersa la consapevolezza

che “le pressioni sulle risorse marine naturali e la domanda di servizi ecosistemici marini

sono spesso troppo elevate” e che quindi si manifesta “l’esigenza di ridurre il loro impatto

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sulle acque marine, indipendentemente da dove si manifestino i loro effetti”. Continuando

poi “La Direttiva si basa su un approccio integrato e si propone di diventare il pilastro

ambientale della futura politica marittima dell’Unione Europea.

La Direttiva pone come obiettivo agli Stati membri di raggiungere entro il 2020 il buono

stato ambientale (GES, “Good Environmental Status”) per le proprie acque marine. Ogni

Stato deve quindi, mettere in atto, per ogni regione o sottoregione marina, una strategia che

consta di una “fase di preparazione” e di un “programma di misure”. La Direttiva quadro

stabilisce che gli Stati membri elaborino una strategia marina che si basi su una valutazione

iniziale, sulla definizione del buono stato ambientale, sull’individuazione dei traguardi

ambientali e sull’istituzione di programmi di monitoraggio.” Concludendo infine “Per

consentire agli Stati membri di raggiungere gli obiettivi prefissati, la direttiva ha

sviluppato 11 descrittori che descrivono l’ecosistema una volta che il buono stato ambientale

è stato raggiunto.” Pertanto 11 descrittori, per eseguire quelle valutazioni previste dalla

Direttiva, a cui saranno attribuiti valori quantitativi e misurabili tramite criteri e metodi

standard, al fine di facilitare gli Stati membri a sviluppare la propria strategia.

http://www.strategiamarina.isprambiente.it/descrittori/i-descrittori-della-strategia-marina.

La definizione del “Descrittore 11”, in particolare, è la seguente: “L’introduzione di energia,

comprese le fonti sonore sottomarine, è a livelli che non hanno effetti negativi sull’ambiente

marino”. Purtroppo il documento redatto dal'ISPRA del 30 Aprile 2013 sul “Descrittore 11”

http://www.strategiamarina.isprambiente.it/descrittori/descrittore-11-2013-rumore-1 ,

consegnato alla Commissione Europea, e sottoposto, insieme agli altri descrittori, alla

valutazione della stessa Commissione, è stato giudicato negativamente, come si evince dalla

versione finale della valutazione tecnica datata 07 Febbraio 2014, in cui si è più volte

richiamati http://www.strategiamarina.isprambiente.it/documenti/prima-fase-msfd/article-12-

technical-assessment-of-the-msfd-2012-obligations-italy/view. L'Italia si mostra negligente nei

confronti della Direttiva mentre sembra favorire chi vuole metterne a repentaglio l'equilibrio

ambientale per una scelta energetica miope.

È anche doveroso invocare comunque, per i pericoli, anche potenziali, per la salute umana e per

l'ambiente, il principio di precauzione così come normato dall'art. 301 del D. Lgs. 152/2006.

Quadro di Riferimento Ambientale

Habitat prioritari di salvaguardia presenti nel Golfo di Taranto Nel paragrafo 4.4.5 Benthos e Biocenosi

Sottoparagrafo 4.4.5.1 Biocenosi,

i proponenti non prendono in nessuna considerazione numerosi ambienti marini presenti nel Golfo

di Taranto che ricadono nei seguenti elenchi:

Gli Habitat (Biocenosi o relative Facies e Associazioni) prioritari di salvaguardia per il

Protocollo SPA/BIO (Specially Protected Areas and Biological Diversity in the

Mediterranean) della Convenzione di Barcellona (recepita in Italia con legge n. 175,

27/05/99 G.U. n. 140, 17/06/99)

Gli Habitat inseriti nell’Allegato I (Tipi di Habitat naturali di interesse comunitario la cui

conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione) della Direttiva

Habitat 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della

flora e della fauna selvatiche (DPR n. 357, 08/09/97 G.U. n. 248, 23/10/97)

Nel Golfo di Taranto, dal piano mesolitorale fino al piano batiale, si susseguono numerosi ambienti

marini di rilevante importanza naturalistica, estetica, economica, sede di innumerevoli specie

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vegetali e animali protette dalla legislazione vigente o di interesse commerciale.

Tali ambienti sono caratterizzati da delicati equilibri ecologici e sono estremamente vulnerabili. Per

tali motivi, necessitano più degli altri di essere tutelati e valorizzati. Paradossalmente, invece, sono

ancora costantemente minacciati da molteplici forme di impatto antropico diretto o indiretto.

Tra gli impatti diretti, rientrano anche le attività di prospezione mediante air-gun richieste in questa

sede, i cui effetti sulla fauna marina sono altamente distruttivi e si avvertono anche a grande

distanza dalla sorgente. Appare quindi indispensabile descrivere nel Quadro di Riferimento

Ambientale tutti gli habitat marini a rischio, non solo quelli profondi che ricadono all’interno

dell’area oggetto di indagine, ma anche quelli più superficiali, che verrebbero ugualmente investiti

dai violentissimi impulsi degli air-gun. Ciò è indispensabile per valutare successivamente tutti gli

impatti potenziali sulle diverse componenti ambientali.

Di seguito sono elencati gli habitat segnalati nel Golfo di Taranto e relativo codice identificativo

(Biocenosi o relative Facies e Associazioni) prioritari di salvaguardia per il Protocollo SPA/BIO

(Specially Protected Areas and Biological Diversity in the Mediterranean) della Convenzione di

Barcellona (recepita in Italia con legge n. 175, 27/05/99 G.U. n. 140, 17/06/99). Tale elenco è

estratto da Giaccone & Relini, 2009.

PIANO MESOLITORALE

1. Biocenosi della roccia mesolitorale superiore

1a. Associazione a Nemalion helminthoides e Rissoella verruculosa

Codice Habitat II.4.1.3.

1b. Associazione a Lithophyllum papillosum e a Polysiphonia spp.

Codice Habitat II.4.1.4.

2. Biocenosi della roccia mesolitorale superiore

2a. Associazione a Lithophyllum byssoides

Codice Habitat II.4.2.1.

2b. Concrezioni a Neogoniolithon brassica-florida

Codice Habitat II.4.2.8.

3. Biocenosi delle grotte mesolitorali

3a. Associazione a Phymatolithon lenormandii e Hildebrandia rubra

Codice Habitat II.4.3.1.

PIANO INFRALITORALE

4. Biocenosi delle sabbie fangose superficiali di ambiente calmo

4a. Facies a Loripes lacteus, Ruditapes spp.

Codice Habitat III.2.3.3.

5. Biocenosi delle sabbie grossolane e ghiaie fini sotto l’influenza delle correnti di fondo

5a. Facies del maërl o a alghe calcaree (melobesie) libere

Codice Habitat III.3.2.1., IV.2.2.2., IV.2.2.4.

5b. Associazione a rodoliti

Codice Habitat III.3.2.2., IV.2.2.1., IV.2.2.3.

6. Prateria a Posidonia oceanica

Codice Habitat III.5.1.

6a. Ecomorfosi delle praterie a bande (a cordoni) o a barriera

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Codice Habitat III.5.1.1., III.5.1.2.

7. Biocenosi delle alghe infralitorali

7a. Associazione a Cystoseira amentacea

Codice Habitat III.6.1.2.

7b. Facies a vermeti

Codice Habitat III.6.1.3., II.4.2.10

7c. Associazione a Cystoseira crinita

Codice Habitat III.6.1.16.

7d. Associazione a Cystoseira sauvageauana

Codice Habitat III.6.1.18.

7e. Associazione a Cystoseira spinosa

Codice Habitat III.6.1.19.

7f. Associazione a Sargassum vulgare

Codice Habitat III.6.1.20.

7g. Associazione a Cystoseira compressa

Codice Habitat III.6.1.25.

PIANO CIRCALITORALE

8. Biocenosi del Coralligeno

Codice Habitat Prioritario: IV.3.1.

8a. Associazione a Cystoseira zosteroides

Codice Habitat IV.3.1.1.

8b. Associazione a Cystoseira dubia

Codice Habitat IV.3.1.3.

8c. Associazione a Cystoseira corniculata

Codice Habitat IV.3.1.4.

8d. Associazione a Sargassum spp. (indigene)

Codice Habitat IV.3.1.5.

8e. Facies a Eunicella cavolinii

Codice Habitat IV.3.1.10.

8f. Facies a Paramuricea clavata

Codice Habitat IV.3.1.13.

8g. Piattaforme coralligene

Codice Habitat IV.3.1.15.

9. Biocenosi delle grotte semi-oscure

Codice Habitat IV.3.2

9a. Facies a Corallium rubrum

Codice Habitat IV.3.2.2

PIANO BATIALE

10. Biocenosi dei coralli profondi

Codice Habitat Prioritario: V.3.1.

11. Grotte ed anfratti ad oscurità totale

Codice Habitat Prioritario: V.3.2.

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Habitat di interesse comunitario presenti nel Golfo di Taranto

Di seguito sono elencati gli habitat segnalati nel Golfo di Taranto e relativo codice identificativo,

inseriti nell’Allegato I (Tipi di Habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione

richiede la designazione di aree speciali di conservazione) della Direttiva Habitat 92/43/CEE

relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche

(DPR n. 357, 08/09/97 G.U. n. 248, 23/10/97). L’asterisco indica Habitat prioritario.

http://www.minambiente.it/pagina/direttiva-habitat

1110 Banchi di sabbia a debole copertura permanente di acqua marina

1120 * Praterie di posidonie (Posidonion oceanicae)

1160 Grandi cale e baie poco profonde

1170 Scogliere

8330 Grotte marine sommerse o semisommerse

In particolare, l’habitat 1110 è così definito:

I banchi di sabbia sono elementi topografici elevati, allungati, arrotondati o irregolari,

permanentemente sommersi e principalmente circondati da acque più profonde. Sono formati

principalmente da sedimenti sabbiosi, ma in un banco di sabbia possono essere presenti anche

granuli di dimensioni più grandi, ivi compresi sassi o ciottoli, o granuli più piccoli, ivi compreso il

fango. I banchi in cui i sedimenti sabbiosi sono presenti in uno strato situato sopra un substrato più

duro sono classificati come banchi di sabbia se la flora e la fauna associate dipendono dalla sabbia

piuttosto che dal substrato più duro sottostante. "A debole copertura permanente di acqua marina"

significa sopra ad un banco di sabbia la profondità dell'acqua è raramente superiore a 20 m al di

sotto del riferimento degli scandagli. Tuttavia i banchi di sabbia possono estendersi 20 m al di sotto

del dato cartografico e pertanto può essere opportuno includere nelle designazioni tali zone,

laddove queste facciano parte dell'elemento e ne ospitino i raggruppamenti biologici.

In particolare, l’habitat 1170 è così definito:

Le scogliere possono essere concrezioni di origine biogenica o geogenica. Sono substrati duri e

compatti su fondi solidi e morbidi, che emergono dal fondo marino nella zona sublitoranea e

litoranea. Le scogliere possono ospitare una zonazione di comunità bentoniche di alghe e specie

animali nonché concrezioni e concrezioni corallogeniche.

Spiegazioni:

• "Substrati duri e compatti": rocce (comprese rocce fresche, ad es. gesso), sassi e ciottoli

(generalmente > 64 mm di diametro).

• "Concrezioni biogeniche": definite come: concrezioni, incrostazioni, concrezioni corallogeniche e

distese di bivalvi provenienti da animali vivi o morti, vale a dire fondi biogenici duri che offrono

habitat per specie epibiotiche.

• "Origine geogenica": scogliere formate da substrati non biogenici.

• "Che si innalzano dal fondo marino": la scogliera è topograficamente distinta dal fondo marino

circostante.

• "Zona sublitoranea e litoranea": le scogliere possono estendersi dalla zona sublitoranea

ininterrotta nella zona intercotidale (litoranea) o possono essere presenti solo nella zona

sublitoranea, incluse le zone di acqua profonda, come la zona batiale.

• I substrati duri ricoperti da uno strato sottile e mobile di sedimento sono classificati come

scogliere se la flora e la fauna associate sono dipendenti dal substrato duro piuttosto che dal

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sedimento soprastante.

• Laddove esiste una zonazione ininterrotta di comunità sublitoranee e litoranee, nella selezione dei

siti deve essere rispettata l'integrità dell'unità ecologica.

• In questo complesso di habitat sono inclusi una serie di elementi topografici subtidali, come

habitat di bocche idrotermiche, monti marini, pareti rocciose verticali, scogli sommersi orizzontali,

sporgenze, pinnacoli, canaloni, dorsali, pendenze o rocce fresche piatte, rocce fratturate e distese di

sassi e ciottoli.

Si vuol sottolineare in questa sede, che nell’Habitat di interesse comunitario denominato Scogliere

(codice identificativo 1170) ricadono le scogliere coralligene del piano Circalitorale e le scogliere

madreporiche profonde del piano Batiale. Appare chiara l’importanza di proteggere questi ambienti

di interesse comunitario da ulteriori impatti antropici.

Le biocostruzioni originate dalle madrepore bianche costruttrici Madrepora oculata e Lophelia

pertusa rappresentano un nucleo di biodiversità negli ambienti profondi del Mar Ionio, ed ospitano

un gran numero di animali, molti dei quali di notevole interesse scientifico ed economico.

Attualmente le scogliere coralline di profondità sono in forte regressione o addirittura estinte in gran

parte del Mediterraneo. Il banco esistente nel Mar Ionio è uno dei più sviluppati e meglio conservati

e la sua distribuzione complessiva è ancora sconosciuta. È contro ogni logica non tenere nella giusta

considerazione questa evidenza, e non tutelare questo patrimonio naturalistico da ogni forma di

impatto antropico.

Gli studi effettuati sulle scogliere batiali evidenziano la presenza di una notevole biodiversità

animale, costituita da organismi non comuni, alcuni mai descritti prima nel Mar Mediterraneo, altri

completamente sconosciuti. Le biocostruzioni madreporiche rappresentano, inoltre, una vasta area

di nursery per molte specie di pesci e crostacei (ad esempio: nasello Merluccius merluccius, scampo

Nephrops norvegicus, gamberi rosa Parapenaeus longirostris, gamberi rossi Aristaeomorpha

foliacea, gamberi viola Aristeus antennatus, ecc.). Risulta evidente l’importanza di tale Habitat di

interesse comunitario anche da un punto di vista economico, come fonte di numerose specie di

interesse commerciale che sostengono le attività di pesca locali.

Specie animali protette in Italia

I proponenti non hanno citato né tantomeno considerato nel loro studio d’impatto ambientale, tutte

le specie marine protette in Italia dalla legislazione vigente e presenti nel Golfo di Taranto. Tali

specie sono inserite nelle seguenti Convenzioni - Direttive.

Convenzione di Berna relativa alla conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in

Europa, in particolare le specie sono indicate nell’Allegato 1 “Specie di Flora rigorosamente

protette” e nell’Allegato 2 e 3 rispettivamente “Specie di fauna protette e rigorosamente

protette.

Direttiva Habitat 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e

seminaturali, della fauna e della flora selvatiche, in particolare le specie protette sono

indicate negli Allegati 2, 4 e 5.

Convenzione di Barcellona relativa alle specie mediterranee in pericolo o minacciate, in

particolare le specie protette sono indicate negli Allegati 2 e 3 del Protocollo relativo alle

Zone particolarmente protette e alla Diversità Biologica nel Mediterraneo.

Anche in questo caso, lo studio di impatto ambientale presentato dai proponenti appare insufficiente

e del tutto inutile. Non elencare e descrivere gli animali protetti, la loro distribuzione batimetrica, il

loro grado di vulnerabilità, implica l’assoluta mancanza di una successiva e adeguata valutazione

degli impatti potenziali sulle specie sopracitate prodotti dalla metodologia fortemente impattante

che si vuol utilizzare.

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Lista Rossa dell’IUCN (International Union for Conservation of Nature)

Di notevole importanza ai fini della trattazione, è la Lista Rossa dell’IUCN (International Union for

Conservation of Nature), anche questa non presa in nessuna considerazione dai proponenti. Si tratta

di una lista in cui sono elencati tutti gli animali e il loro stato di conservazione. Lo schema seguente

riassume le differenti categorie in cui ricadono le singole specie.

Le categorie minacciate sono quelle evidenziate in giallo (vulnerabili), in arancione (in pericolo di

estinzione) e in rosso (in pericolo critico di estinzione).

Riguardo gli invertebrati marini che vivono nei mari italiani, è stata compilata la lista rossa dei

coralli realizzata dal Ministero dell’Ambiente, da Federparchi e da IUCN (comitato italiano).

http://www.iucn.it/pdf/Comitato_IUCN_Lista_Rossa_dei_coralli_italiani_2014.pdf

Anche in questo studio, viene ribadita la grande importanza naturalistica dei coralli bianchi che

crescono sui fondali profondi del Mar Ionio:

“I fondali ionici italiani degradano velocemente verso la piana abissale, dove, a 15-20 miglia dalla

costa pugliese, in un intervallo di profondità compreso tra i 350 e i 1100 metri, si estende un’area

di ben 900 chilometri quadrati, che ospita uno dei banchi di corallo bianco più importanti del

Mediterraneo.”

Inoltre, nello stesso lavoro, è riportata la lista (in Tabella 4) delle specie di coralli minacciate (in

pericolo critico di estinzione – CR, in pericolo di estinzione – EN, vulnerabili – VU) nei mari

italiani. Tra quelle maggiormente minacciate di estinzione ci sono proprio le madrepore batiali

ioniche (Madrepora oculata e Lophelia pertusa) segnalate nelle formazioni batiali (Mastrototaro et

al., 2010).

L

C

D

M

E F

I

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Appare evidente come l’ambiente marino profondo ionico sia di elevatissima importanza

naturalistica per l’interno Mediterraneo. Preservarlo da ulteriori impatti antropici è l’unico mezzo

per conservare nel tempo queste formazioni coralline in pericolo critico di estinzione.

Per quanto riguarda i vertebrati marini, di seguito è riportata la lista rossa dei pesci (cartilaginei e

ossei) in pericolo critico di estinzione (rosso), in pericolo di estinzione (arancione) e vulnerabili

(giallo).

È importante sottolineare ai fini della trattazione che molte delle seguenti specie di pesci minacciati

vivono stabilmente, si alimentano e si riproducono nel Golfo di Taranto.

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Da Abdul Malak, D. et al. (2011). Overview of the Conservation Status of the Marine Fishes of

the Mediterranean Sea. Gland, Switzerland and Malaga, Spain: IUCN. vii + 61pp.

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Discorso più approfondito riguarda i rettili e i mammiferi marini.

La tartaruga Caretta caretta è considerata in pericolo di estinzione (EN) nei mari italiani. La specie

è minacciata da molteplici forme di impatto antropico ed è in regressioni in tutto il Mar

Mediterraneo. Di fondamentale importanza per la conservazione della specie è l’individuazione dei

siti di nidificazione da tutelare da qualsiasi fonte di disturbo. Molti dei siti di nidificazione si

trovano nel Golfo di Taranto e in particolar modo sulle coste pugliesi e calabresi.

Siti di nidificazione della tartaruga Caretta caretta (da Trainito & Baldacconi, 2014).

Per quanto riguarda la tartaruga liuto Dermochelys coriacea e la tartaruga verde Chelonia mydas,

entrambe avvistate nel Golfo di Taranto, non esiste ancora una valutazione dello status nei mari

italiani, ma lo stato di conservazione globale è critico. La prima è considerata a rischio critico di

estinzione (CR) mentre la seconda a rischio di estinzione (EN).

La foca monaca Monachus monachus è un mammifero marino ormai rarissimo in tutti i mari del

pianeta, considerato in pericolo critico di estinzione (CR). Avvistamenti sporadici riguardano anche

il Golfo di Taranto.

Per quanto riguarda i cetacei, di seguito è riportato l’elenco delle specie e il rispettivo stato di

conservazione a livello globale e nel Mediterraneo (quando presente).

Delle otto specie di cetacei di cui si conosce lo status mediterraneo, ben 7 sono segnalate nel Golfo

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di Taranto, alcune vivono stabilmente e hanno scelto questo mare come sito in cui alimentarsi e

riprodursi. Questa evidenza è tanto più importante se si considera la grave minaccia che incombe su

questi splendidi animali: 2 specie sono considerate a rischio di estinzione (EN), 3 specie sono

vulnerabili (V) e per 2 non si può ancora esprimere un giudizio per carenza di dati (DD).

La tabella seguente è estratta da: IUCN (2012). Marine Mammals and Sea Turtles of the

Mediterranean and Black Seas. Gland, Switzerland and Malaga, Spain: IUCN, 32 pages.

Le aree di nursery di specie d’interesse commerciale

Nel paragrafo 4.4.6 Nursery

i proponenti descrivono le aree di nursery che si trovano nel Golfo di Taranto.

Sui fondali profondi antistanti la costa pugliese, lucana e calabrese, esistono importanti aree di

nursery di specie alieutiche di elevato valore commerciale, che sostengono le attività di pesca

locale, molte di queste localizzate in siti molto profondi, nel piano batiale.

Tra le tante degne di nota sono la nursery del gambero rosa (Parapenaeus longirostris), dello

scampo (Nephrops norvegicus), del nasello (Merluccius merluccius), del gambero viola (Aristeus

antennatus), che si spinge fino a oltre 1000 m di profondità, del gambero rosso (Aristaeomorpha

foliacea), della triglia di fango (Mullus barbatus) e della triglia di scoglio (Mullus surmuletus).

Fondamentali aree di nursery per l’intero Golfo di Taranto sono le secche di Ugento in provincia di

Lecce e le secche di Amendolara in provincia di Cosenza, dove vivono e si riproducono molte

specie sfruttate commercialmente come alici, sgombri, merluzzi, cernie, saraghi, dentici, polpi.

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Analisi e stima degli impatti potenziali

Impatto sulla componente Flora, Fauna, Ecosistemi

Nel paragrafo 5.4.4. Impatto sulla componente Flora, Fauna, Ecosistemi

Sottoparagrafo 5.4.4.2 Benthos e Biocenosi

i proponenti non prendono in nessuna considerazione gli impatti derivanti dall’uso degli air-gun

sugli ambienti e sugli organismi bentonici.

Non sono presi in alcuna considerazione:

1. Gli effetti negativi diretti sulle biocenosi di profondità

2. Gli effetti negativi indiretti sulle biocenosi costiere

3. Gli effetti negativi sugli habitat prioritari di salvaguardia

4. Gli effetti negativi sugli habitat di interesse comunitario

5. Gli effetti negativi sulle specie protette bentoniche

6. Gli effetti negativi sugli invertebrati marini

Riguardo gli effetti dell’air-gun sugli invertebrati marini, i proponenti citano soltanto due studi. Il

primo studio (Christian et al., 2003) afferma che il granchio Chionoecetes opilio non ha subito

alcun impatto negativo derivante da esposizione ad air-gun. Il secondo studio (Andriguetto-Filho et

al., 2005) afferma che tre specie di gamberi (Litopenaeus schmitti, Farfantepenaeus subtilis e

Xyphopenaeus kroyeri) non hanno apparentemente mostrato nessun cambiamento dopo una

prospezione.

Infine liquidano la discussione con la seguente affermazione: “si ritiene che l’impatto sulla

componente bentonica sia trascurabile se non nullo.”

Appare chiara come la dissertazione sugli impatti potenziali prodotti dalle metodiche utilizzate sulla

componente Benthos e Biocenosi sia del tutto insufficiente. Tra l’altro alcuni studi condotti dal

Canadian Department of Fisheries hanno dimostrato esattamente il contrario per quanto riguarda

l’impatto provocato da air-gun sul granchio Chionoecetes opilio, che dopo essere stato investito

dalle onde di pressione ha presentato danni ai tessuti (emorragie) e agli organi riproduttivi, che

hanno a loro volta causato una diminuzione del successo riproduttivo e della produzione di uova.

A parte i crostacei, gli animali bentonici presenti nell’area oggetto d’istanza sono innumerevoli e

appartenenti a tutti i principali phyla marini (Porifera, Cnidaria, Anellida, Mollusca, Arthropoda,

Bryozoa, Echinodermata, Chordata) e non viene fatto nessun cenno riguardante il potenziale

impatto su tutti questi organismi, molti dei quali protetti dalla legge e/o di interesse commerciale.

Poco professionale e non credibile è l’affermazione finale dei proponenti di ritenere l’impatto sulla

componente bentonica trascurabile o addirittura nullo. Questo subdolo espediente non può in alcun

modo giustificare la completa mancanza di una valutazione d’impatto ambientale sulle categorie

sopracitate.

Nel paragrafo 5.4.4. Impatto sulla componente Flora, Fauna, Ecosistemi

Sottoparagrafo 5.4.4.3 Plancton

Anche per questa categoria di organismi, i proponenti affermano arbitrariamente senza tra l’altro

citare nessun lavoro scientifico a riguardo, che:

“si può ritenere un impatto minimo su questa componente”

Risulta inammissibile oltre che non credibile liquidare l’argomento in tal modo. L’assenza di

pubblicazioni scientifiche sui possibili impatti degli impulsi dell’air-gun sugli organismi

planctonici, non può giustificare l’arbitraria assegnazione di un impatto minimo alla categoria

suddetta. Sarebbe più plausibile assegnare un impatto sconosciuto, tanto più se si considera che il

plancton costituisce il livello di base di tutte le reti trofiche marine, la fonte che alimenta un numero

elevatissimo di animali dagli invertebrati ai pesce e ai grandi mammiferi marini.

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Nel paragrafo 5.4.4. Impatto sulla componente Flora, Fauna, Ecosistemi

Sottoparagrafo 5.4.4.4 Ittiofauna

Riguardo l’ittiofauna, i proponenti affermano che esistono differenti studi scientifici dai risultati

contrastanti. Alcuni studi indicano una diminuzione nelle catture di specie di pesci di interesse

commerciale anche per alcuni giorni dopo la prospezione e anche a diversi chilometri di distanza

dalla sorgente, altri indicano che non c’è variazione prima e dopo la prospezione. In ogni caso

concludono arbitrariamente che:

“Dagli studi sopra riportati si può escludere la mortalità di pesci dovuta alla prospezione

geofisica.”

Inoltre, per quanto riguarda l’impatto degli air-gun sulle uova dei pesci, sulle larve e sugli avannotti

concludono che:

“Dai risultati sopra citati si può ritenere che una mortalità delle uova esiste solo se esse si trovano

a pochi metri di distanza dalla sorgente dell’air-gun.”

Questo implica che l’impatto sulle uova, sulle larve e sugli esemplari giovanili dei pesci esiste e non

può essere trascurato.

È risaputo che le attività di prospezione generano impatti negativi, documentati in molti lavori

scientifici (si veda bibliografia allegata) su tutti gli animali marini dagli invertebrati ai grandi

mammiferi. Gli impatti si traducono in elevato livello di stress, modificazioni nel comportamento,

allontanamento dall’habitat, indebolimento del sistema immunitario, alterazioni fisiologiche, perdita

dell’udito, danneggiamento delle larve di pesci ed invertebrati, danni fisici irreversibili fino alla

morte.

Innumerevoli esempi dimostrano quanto sia impattante l’air-gun sugli animali marini. Ad esempio,

è stata verificata la correlazione tra l’esplosione di suoni di elevata potenza generati durante

indagini geosismiche condotte nel 2001 e nel 2003 (Repsol – Spanish oil company) in cui erano

impiegati air-gun e lo spiaggiamento di calamari giganti sulle coste spagnole. Nei grandi cefalopodi

esaminati sono stati osservati gravi danni agli organi interni che ne hanno provocato la morte.

Anche nelle tartarughe marine sono stati osservati cambiamenti comportamentali, tendenza ad

allontanarsi dal sito oggetto delle indagini geosismiche e danni temporanei o permanenti

all’apparato uditivo.

Estremamente vulnerabili sono i mammiferi marini che possiedono un udito molto sviluppato. Il

disturbo può tradursi nell’allontanamento dal sito dell’indagine, effetto molto negativo se si tratta di

un sito di particolare interesse per la specie (per esempio di alimentazione e/o riproduzione) o può

indurre l’alterazione dei comportamenti abituali indotta dai suoi tentativi di evitare la sorgente di

suono allontanandosi da essa o dalla zona a più alta intensità acustica. È stato osservato che in

presenza di air-gun attivi i cetacei, se presenti ad una distanza tra 2 e 30 km dalla sorgente, sono

indotti all’allontanamento. Se gli animali non riescono a evitare la fonte di rumore e si trovano ad

essere esposti a emissioni acustiche, possono prodursi effetti negativi che vanno da disagio e stress

fino al danno acustico vero e proprio, con perdita di sensibilità uditiva che può manifestarsi come

temporanea o permanente. L’esposizione a rumori molto forti, come le esposizioni a breve distanza

da batterie di air-gun, possono produrre danni fisiologici (emorragie) ad altri apparati, oltre a quelli

uditivi, fino a provocare effetti letali.

Recentissimo, l’ennesimo spiaggiamento di sette grandi cetacei, capodogli (Physeter

macrocephalus), avvenuto sulle coste abruzzesi. Gli esperti hanno affermato che gli animali

terrorizzati dagli air-gun attivi sono riemersi dalle profondità marine troppo rapidamente e sono

andati incontro a embolia gassosa che ne ha provocato la morte.

Si ricorda in questa sede, che nelle acque del Golfo di Taranto, vivono stabilmente molti rettili e

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mammiferi marini, che sono tra gli animali più minacciati del pianeta. Alcune specie di cetacei sono

ormai stanziali e hanno scelto il Golfo come zona in cui alimentarsi e riprodursi. Un’area marina

scelta da alcune specie minacciate come sito di riproduzione deve essere ancor più tutelata e

preservata da qualsiasi forma di impatto antropico, a maggior ragione se l’impatto agisce

direttamente, in modo grave e distruttivo, proprio sulle specie che si vogliono preservare.

Da quanto finora scritto, la tabella Impatti su Biodiversità ed Ecosistemi redatta dai proponenti

del progetto e inserita nel paragrafo 5.4.4.5 Descrizione ed esposizione della matrice impiegata è

inammissibile oltre che palesemente non credibile.

Oltre all’evidenza che tra le categorie considerate mancano completamente:

1. gli habitat bentonici profondi

2. gli habitat bentonici costieri

3. gli habitat prioritari di salvaguardia

4. gli habitat di interesse comunitario

5. le specie di invertebrati bentoniche

6. le specie di vertebrati bentoniche

7. le specie protette,

8. le specie di interesse commerciale

i proponenti assegnano in modo del tutto arbitrario un livello di impatto BASSO per tutte le

categorie analizzate e durante tutte le azioni del progetto. L’unica eccezione riguarda le

tartarughe a cui è assegnato un impatto MEDIO durante lo stendimento/rimozione streamers e air-

gun.

Impatto sulle attività di pesca

Nel paragrafo 5.4.6.2 Impatto sulle attività di pesca

i proponenti citano alcuni studi scientifici sugli impatti prodotti su alcune specie di interesse

commerciale e concludono, come sempre, che l’impatto sulle attività di pesca è trascurabile.

Nel paragrafo 5.4.6.3 Descrizione ed esposizione della matrice impiegata

I proponenti ribadiscono il concetto scrivendo che:

“La matrice evidenzia che l’impatto generato sulla componente contesto Socio-Economico risulta

essere di livello trascurabile. L’interferenza che si potrebbe generare con il traffico marittimo e

l’attività di pesca è perciò di carattere temporaneo, limitato, reversibile.“

A tal riguardo, i proponenti non prendono in nessuna considerazione che numerosi studi scientifici

(si veda bibliografia allegata) hanno dimostrato che l’effetto estremamente negativo degli air-gun

sui pesci, si esplica ben oltre l’area interessata dall’indagine geofisica e interessa in modo

particolare le larve e gli individui giovanili.

La metodica degli air-gun provoca la diminuzione del pescato anche del 70% in un raggio di circa

40 miglia nautiche dalla sorgente. Questa evidenza implica che le vicine nursery di importanti

specie commerciali ricadono all’interno dell’area in cui si esplica l’effetto negativo dell’air-gun. Ciò

è tanto più grave se si considera che nelle nursery gli animali andrebbero protetti per favorirne la

riproduzione e il ripopolamento. In questi peculiari siti marini si concentrano gli individui giovanili

che più degli altri sono vulnerabili. Affermare che l’impatto di tale metodica è trascurabile sulle

risorse alieutiche del nostro mare è molto grave, oltre che assolutamente non credibile.

Da uno studio di OCEANA - Protecting the World’s Oceans, le catture del merluzzo bianco e

all’eglefino nell’Oceano Atlantico sono diminuite dal 40% all’80% in tutta l’area marina circostante

il punto in cui viene usato un singolo air-gun. È stata anche dimostrata una diminuzione della

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disponibilità di uova di pesce probabilmente causata della prolungata esposizione di specie ittiche a

suoni a bassa frequenza.

Le risorse alieutiche, già sfruttate in modo incontrollato e sottoposte ad un continuo prelievo

non regolamentato, verrebbero investite da un’ulteriore forma di impatto con danno grave e

irreversibile. Le conseguenti perdite economiche del comparto della pesca locale sarebbero

incalcolabili.

Mitigazioni

Nel capitolo 6. Mitigazioni

Paragrafo 6.1 Mitigazioni che verranno attuate a tutela della fauna marina

i proponenti elencano una serie di azioni per limitare le interferenze con la fauna marina, che si

basano su un controllo visivo effettuato da personale specializzato (MMO) dall’imbarcazione per un

raggio ridotto che non supera i 500 m (zona di esclusione).

Tale controllo visivo è inutile:

in condizioni di mare mosso,

in condizioni meteorologiche sfavorevoli (pioggia, nebbia),

per gli animali che si trovano sotto la superficie,

per gli animali che si trovano ad una distanza maggiore di 500 m.

Al controllo visivo si aggiunge il sistema di monitoraggio acustico passivo PAM (Passive Acoustic

Monitoring), ossia la ricerca acustica di mammiferi all'interno di una zona di esclusione di 500

metri. Anche in questo caso la zona di esclusione è irrisoria.

Nel caso vengano avvistati animali marini all’interno della zona di esclusione di 500 m, si ritarda

l’acquisizione di 20 minuti. Questo minimo intervallo temporale è chiaramente insufficiente a

scongiurare che l’animale avvistato venga investito dai micidiali impulsi dell’air-gun. Tanto più se

si considera che le onde di pressione producono effetti negativi sui cetacei anche a 30 km dalla

sorgente.

Nel capitolo 6. Mitigazioni

Paragrafo 6.3 Mitigazioni delle interferenze con le attività di pesca

i proponenti si limitano a scrivere:

“Le attività di rilievo geofisico verranno effettuate al di fuori del periodo in cui si concentrano le

attività di riproduzione della maggioranza delle specie ittiche di interesse commerciale, così da

evitare eventuali interferenze sui cicli biologici, tali da provocare una perdita economica in termini

di pescato.”

Oltre a non prendere in considerazione nessuna altra forma di mitigazione, la precedente

affermazione non è credibile in quanto alcune specie ittiche di interesse commerciale si riproducono

durante molti mesi all’anno, il nasello (una delle più importanti risorse demersali per l’intero Mar

Ionio) addirittura durante tutto l’anno (da gennaio a dicembre). Quindi, in qualsiasi periodo

dell’anno, le attività di prospezione andrebbero ad interferire con la riproduzione di questa

importante specie ittica, provocando danni alle uova, alle larve e agli esemplari giovani.

Periodo riproduttivo delle principali specie target della pesca nella GSA 19

(da Lo Stato della Pesca e dell’Acquacoltura nei Mari Italiani – Capitolo 2).

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Da quanto finora esposto, appare evidente l’inutilità delle mitigazioni presentate dai

proponenti del progetto, una serie di azioni palliative che non riducono minimamente il grave

impatto ambientale generato dalla metodica dell’air-gun sulla fauna marina (dagli

invertebrati ai mammiferi marini).

Conclusioni

In conclusione, la scrivente auspica che vengano presi nella giusta considerazione gli innumerevoli

danni all’ambiente marino prodotti dalla metodica dell’air-gun. Sottolinea le gravi mancanze

riscontrate nel Quadro di Riferimento Ambientale del SIA.

Le mancanze riguardano essenzialmente:

1. le Biocenosi, le Facies, le Associazioni considerate habitat prioritari per la Convenzione di

Barcellona,

2. gli Habitat di interesse comunitario per la Direttiva Habitat 92/43/CEE,

3. le specie di invertebrati protette dalla legislazione vigente (CITES, Convenzione di Berna,

Convenzione di Barcellona, Direttiva Habitat 92/43/CEE),

4. le specie di vertebrati protette dalla legislazione vigente (CITES, Convenzione di Berna,

Convenzione di Barcellona, Direttiva Habitat 92/43/CEE).

Tali mancanze sono inammissibili in uno Studio d’Impatto Ambientale, il cui fine è quello di

descrivere in modo minuzioso ogni singolo elemento dell’ambiente su cui l’opera può agire

direttamente o indirettamente.

Il Golfo di Taranto racchiude un patrimonio inestimabile. Dalla costa fino alle oscure profondità del

piano batiale, si susseguono molti ambienti marini di elevata importanza naturalistica e

conservazionistica, e dai delicati equilibri ecologici. Per la precisione esistono 35 habitat prioritari

di salvaguardia inseriti nel protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona e 5 habitat di

interesse comunitario inseriti nell’Allegato I della Direttiva Habitat 92/43/CEE. Dalle praterie

sommerse di piante marine alle vulnerabili biocostruzioni coralligene, dalle meravigliose grotte

sommerse e semisommerse alle ricchissime scogliere madreporiche di profondità, sconosciute ai più

e considerate ad alto rischio di estinzione.

In questa sede è d’obbligo sottolineare che questi ambienti vulnerabili sono costantemente

minacciati da molteplici impatti antropici, che esplicano i loro effetti negativi sia in modo diretto

che indiretto (inquinamento, intorbidamento, cambiamenti climatici, metodi di pesca distruttivi,

prelievo sconsiderato di animali). Appare chiara l’urgenza di preservare questi preziosi

ambienti marini da ulteriori fonti di disturbo antropico, come le prospezioni necessarie per

individuare idrocarburi dai fondali del Mar Ionio e le successive trivellazioni, attività

altamente invasive che provocherebbero danni irreversibili all’ambiente, agli animali e,

indirettamente, anche all’uomo.

Questi ambienti, infatti, ospitano un numero elevatissimo di animali e vegetali protetti dalla

legislazione vigente (Convenzione di Berna, Convenzione di Barcellona, Direttiva Habitat

92/43/CEE), di specie ormai rare o minacciate da molteplici forme di impatto antropico: grandi

spugne arborescenti, coralli e gorgonie, cipree e nacchere di mare, aragoste e magnose, cavallucci

marini, cernie brune e tanti altri ancora. Molti di questi ambienti rappresentano anche zone di

nursery, ovvero aree scelte dagli animali per riprodursi. In queste nursery sottomarine si

riproducono anche molte specie di interesse commerciale (crostacei pregiati, cefalopodi, pesci

cartilaginei e ossei), sfruttate da sempre dalle attività di pesca locale.

La lista di animali protetti che popolano il Golfo di Taranto, è interminabile e racchiude anche

grandi animali marini, attualmente gravemente minacciati, come la tartaruga Caretta caretta

che vive in modo stabile nel Golfo tanto da deporre le uova in vari siti della costa pugliese e

calabrese. In mare aperto, vivono numerose specie di cetacei rigorosamente protetti dalla legge.

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Alcuni hanno scelto il Golfo di Taranto per stabilirsi, per alimentarsi e per riprodursi, perpetuando

nel nostro mare la specie a cui appartengono. Molte specie dei cetacei segnalati nel Golfo sono stati

inseriti anche nella Lista Rossa dell’IUCN (International Union for Conservation of Nature). Tra

questi, il magnifico capodoglio e il delfino comune sono addirittura considerati

ENDANGERED ovvero a rischio di estinzione. E sono proprio questi animali che vengono

investiti per primi dai violentissimi impulsi degli air-gun. Gli animali storditi e traumatizzati,

perdono l’orientamento, accusano fortissimi dolori, hanno emorragie interne e vanno poi a morire

sulle coste come recentemente accaduto anche in Adriatico.

Un mare che racchiude un tesoro naturalistico tale non può e non deve essere oggetto di scelte

scellerate, non può subire un ulteriore impatto prodotto da prospezioni e successive

trivellazione. Ciò rappresenterebbe un crimine ambientale, un danno irreversibile oltre che

incalcolabile per le generazioni future.

Inoltre, nelle Analisi e stima degli impatti potenziali, i proponenti non prendono in nessuna

considerazione oppure, senza dimostrare in alcun modo le loro affermazioni, ritengono

bassi/trascurabili o nulli gli impatti sulle seguenti categorie:

1. Benthos e Biocenosi

2. Plancton

3. Habitat prioritari di salvaguardia

4. Habitat di interesse comunitario

5. Madrepore batiali considerate in pericolo critico di estinzione

6. Specie di invertebrati e vertebrati protette dalla legislazione vigente

7. Specie di invertebrati e vertebrati di interesse commerciale

8. Aree di nursery di specie di interesse commerciale

9. Attività di pesca

Ciò è inammissibile e palesemente non credibile, dato che sono innumerevoli le evidenze

scientifiche dei molteplici impatti (anche mortali) che la metodologia dell’air-gun provoca

sulla fauna marina, dagli organismi più semplici (invertebrati) a quelli più complessi

(mammiferi marini).

Attribuire un impatto nullo o trascurabile a tute le categorie sopracitate è ancora più

condannabile se si considera che l’area marina da investigare ha dimensioni irragionevoli e

copre una superficie di 4030 chilometri quadrati!

Oltre alle errate o inesistenti valutazioni degli impatti potenziali sull’ambiente e sugli organismi

marini, i proponenti propongono di mitigare gli impatti con misure insufficienti, azioni palliative

che risultano del tutto inutili o insufficienti.

Infine, uno dei principali obiettivi della Convenzione di Barcellona (recepita in Italia con legge n.

175 del 27/05/99) è proteggere la Diversità Biologica.

La biodiversità presente in una determinata area, rappresenta la qualità ambientale più importante,

da valorizzare e tutelare da qualsiasi forma di impatto antropico. Questa fondamentale entità della

Natura non ha solo un’importanza astratta ma anche pratica ed economica. La biodiversità marina,

in particolare, alimenta numerosi settori dell’economia dal turismo alla pesca e alla ricerca

scientifica. È un obbligo salvaguardarla per le generazioni future.

Per quanto argomentato nelle pagine precedenti, il Meet Up 192 “Amici di Beppe Grillo –

Taranto” esprime parere negativo alla concessione di prospezione in oggetto, invitando altresì

le amministrazioni interessate ad esprimersi negativamente in merito alla richiesta di ricerca

e prospezione nel golfo di Taranto.

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