Al Governo che verrà

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Al Governo che verrà. Sicurezza, ambiente, open data... Gli ingegneri per il futuro dell’Italia Lunedì 18 febbraio 2013 Ore 17.15 Sheraton Padova Hotel & Conference Centre Corso Argentina, 5 – Padova

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Sicurezza, ambiente, open data... Gli ingegneri per il futuro dell’Italia 18 febbraio 2013

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Sicurezza, ambiente, open data...

Gli ingegneri p

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turo dell’Italia

Lunedì 18 febbraio 2013

Ore 17.15

Sheraton Padova

Hotel & Conference Centre

Corso Arge

ntina, 5 – Padova

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I tre paper sono stati elaborati dal Centro Studi del Consiglio Nazionaledegli Ingegneri

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Le prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento con la conseguente formazione del nuovo Governo, si collocano in un momento storico davvero critico per il Paese colpito da una crisi economica particolarmente grave ed ardua da superare.Questa difficile situazione ha stimolato nella nostra categoria la volontà di essere più presente anche durante la campagna elettorale, consapevole di poter fornire, quale forza sociale nell’interesse della collettività, un contributo qualificato per la messa a punto dei programmi delle diverse forze politiche che si candidano alla guida del Paese. Il nostro Consiglio Nazionale ha promosso un’assemblea aperta, svoltasi il 23 gennaio a Roma presso il Tempio di Adriano, con il significativo titolo “ Al Governo che verrà. Sicurezza, Ambiente ed Open Data: Gli ingegneri per il futuro dell’Italia”, che ha riscosso un notevole successo in termini di presenze e di attenzione.È parso quindi opportuno coinvolgere anche le realtà locali e regionali in questa iniziativa volta a sensibilizzare, in particolare, i candidati presenti nei diversi collegi elettorali sulle tematiche che come ingegneri riteniamo importanti e strategiche, per contribuire insieme ad altre all’inversione del trend recessivo che caratterizza attualmente la nostra economia.Le nostre proposte si sono sviluppate ovviamente negli ambiti in cui gli ingegneri prestano la loro attività professionale come protagonisti qualificati con ruoli spesso determinanti nei servizi, nell’industria, nelle imprese e nelle pubbliche amministrazioni.Sulla sicurezza, intesa principalmente come salvaguardia della vita umana, crediamo che si debba finalmente, senza ulteriori indugi, attuare concretamente una responsabile ed efficace politica di prevenzione dei rischi sismici ed idrogeologici che, attraverso l’introduzione di incentivi e la valorizzazione dei beni immobili, possa stimolare, insieme a quelli pubblici, investimenti privati per il miglioramento antisismico del patrimonio edilizio esistente tali da rimettere in moto, insieme alla riqualificazione del costruito urbano, il comparto dell’edilizia che, per il suo pervasivo indotto, è stato da sempre determinante per avviare la ripresa economico-produttiva.In tema di ambiente occorre proseguire ed incrementare le politiche volte ad incentivare la cosiddetta “Green economy” attraverso la eco-incentivazione, l’efficienza ed il risparmio energetico, le fonti energetiche rinnovabili, il riciclo dei rifiuti, le filiere agricole di qualità ecologica, la mobilità sostenibile e più in generale il risanamento e la riqualificazione ambientale.Innovativa e ricca di possibili ricadute occupazionali nei settori tecnologicamente avanzati è invece l’apertura ai cittadini delle banche dati della pubblica amministrazione volta a favorire da una parte la semplificazione delle procedure burocratiche e la migliore fruizione dei pubblici servizi da parte dei cittadini, e dall’altra lo sviluppo strategico delle tecnologie e dei servizi innovativi dell’informazione e della comunicazione con i relativi rilevanti benefici indiretti a cascata in tutti i settori economico-produttivi del Paese. Sono queste le concrete ed argomentate proposte che gli ingegneri intendono portare all’attenzione della futura classe dirigente del Paese quale responsabile e meditato contributo per l’individuazione delle scelte politiche strategiche che consentano al nostro paese di superare l’attuale crisi recessiva e di avviare una ormai urgente nuova fase di sviluppo.Con queste motivazioni e su queste tematiche, si articolerà l’assemblea aperta degli ingegneri veneti, con la relazione del Vice Presidente Vicario del CNI e gli interventi dei Presidenti degli Ordini Provinciali e dei colleghi nei tre focus di approfondimento. All’assemblea sono stati invitati i rappresentanti delle forze politiche ed i candidati alle prossime elezioni destinatari del nostro contributo, ai quali assicuriamo sin d’ora la nostra piena e fattiva collaborazione per portare avanti in concreto, se condivise, le proposte che abbiamo avanzato.

Roberto Scibilia Presidente Federazione degli Ordini degli Ingegneri del Veneto

IL SALUTO DEL PRESIDENTE FOIV

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Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri da tempo ormai ritiene che la categoria debba svolgere un ruolo più organico nella crescita del Paese. Gli esperti dicono che il 2013 sarà un anno ancora molto difficile. Non sono ovviamente gli ingegneri ad avere le competenze per valutare questo tipo di analisi ma quel che possono, invece, davvero fare è offrire un contributo reale in termini di proposte concrete per l’Italia.

Questo incontro assume pertanto in pieno questo significato, lontano dalla retorica della sin troppo facile, abusata e generica lamentela su ciò che non va in Italia, su ciò che poteva essere e non è stato.

Gli ingegneri ci sono, e ci sono per presentare a chi si troverà tra poco nelle condizioni di compiere le scelte ultime e definitive, ovvero il mondo della politica ed in particolare il Governo, la possibilità di contare su una scelta in più: - sicurezza - energia ed ambiente- open data sono i tre temi portanti, attraverso i quali, grazie alla rielaborazione del Centro Studi del Cni, la categoria vuole confrontarsi con il mondo politico e con le altre forze vitali del Paese.

La partita della sicurezza, ad esempio, che vuol dire innanzitutto salvare vite, si gioca sul terreno della prevenzione, la quale, a sua volta, è anche chiave per riuscire a mettere in moto preziosi meccanismi economici decisivi proprio per lo sviluppo dell’Italia. L’efficienza energetica e una ancora più efficace gestione dei rifiuti rappresentano, come per la sicurezza, settori da cui trarre significativi vantaggi di duplice ordine: sostenibilità ambientale ma anche l’avvio di nuovi processi economici virtuosi e fecondi. Open data significa invece apertura ai cittadini dei dati della Pubblica Amministrazione: una pratica che oltre a consentire maggiori livelli di semplificazione burocratica permette di varcare, grazie a nuove start up soprattutto legate al mondo dei servizi altamente tencologici, frontiere occupazionali sino ad ora poco esplorate.

Ecco, solo così, solo costruendo percorsi progettuali seri, affidabili, concretamente realizzabili, gli ingegneri italiani potranno rappresentare un soggetto sempre più autorevole nei confronti del mondo politico e potranno dirsi sempre più prossimi alla società stessa e ai suoi cittadini.

Fabio BonfàVice Presidente Vicario del Consiglio Nazionale Ingegneri

PERCHÉ QUESTA ASSEMBLEA

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Primo:Verso un piano nazionale per la messa in sicurezza delle abitazioni e dei territori dal rischio sismico e idrogeologico

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In Italia ogni anno si verificano in media circa un centinaio di terremoti che la popolazione è in grado di percepire. Si tratta quasi sempre di eventi che non comportano danni a persone e cose. Il terremoto di grave entità resta un evento piuttosto raro che si ripresenta negli stessi territori con intervalli quasi sempre misurabili in parecchie decine di anni, quando non di secoli. Considerando, però, l’intero territorio nazionale, i terremoti con carattere distruttivo si ripetono, invece, con cadenza molto più breve. Considerando gli ultimi 150 anni - quelli che sono intercorsi in pratica dall’unità d’Italia ad oggi - gli eventi sismici che hanno determinato gravi danni a persone e cose si sono presentati, in media, uno ogni 5 anni. Il nostro Paese non è esposto solo al rischio sismico: su una quota importante del territorio nazionale incombono anche gravi rischi idrogeologici. Secondo il Ministero dell’Ambiente, tra il 1900 ed il 2002, si sono verificati 4.016 eventi calamitosi di natura idrogeologica che hanno comportato gravi danni a persone e cose. Solo negli ultimi 60 anni gli eventi calamitosi di questa natura hanno provocato 3.600 vittime. Per quanto riguarda il rischio sismico, la classificazione territoriale per grado di pericolo evidenzia come oltre 21,5 milioni di persone abitino in aree del paese esposte a rischio simico molto o abbastanza elevato (classificate, rispettivamente, 1 e 2), con una quota pari quasi a 3 milioni nella sola zona 1 di massima esposizione.Altri 19 milioni risiedono, invece, nei comuni classificati in zona 3; zona che che non può dirsi sicura, visto che molti comuni emiliani recentemente colpiti dal sisma del maggio 2012 appartenevano proprio a questa fascia di rischio sismico. Il quadro a livello regionale si presenta particolarmente differenziato. Con regioni come la Calabria, notoriamente ad alto rischio, dove la maggioranza della popolazione risiede in zona 1 (circa 1,2 milioni di persone) e la restante parte in zona 2 (750 mila). O come la Basilicata, con 220 mila persone in zona 1 e 276 mila in zona 2. O ancora, la Sicilia che vede ben 4,5 milioni di cittadini in zona 2 e altri 350 mila in zona 1. La superficie del territorio italiano ad “alta criticità

idrogeologica” è pari a 29.517 chilometri quadrati, di cui 17.254 a rischio frane, e 12.263 a rischio alluvioni. Si tratta di circa il 10% del territorio nazionale, pari ad un’area grande quanto Sicilia e Liguria messe insieme. Le regioni con la più alta presenza di aree ad alta criticità idrogeologica in rapporto al totale della superficie sono la Provincia Autonoma di Trento (1.605 kmq, 25,9% del totale), l’Emilia Romagna (4.315, 19,5% del totale), la Campania (2.597 Kmq, 19%). Sempre secondo il ministero dell’Ambiente, a livello provinciale, la maggior presenza di aree ad alta criticità idrogeologica in rapporto alla superficie totale si rileva in provincia di: Ravenna (29,4%), Parma (27,3%), Piacenza (26,7%), Trento (25,9%), Venezia (23,0%), Caserta (22,9%), Lucca (22,2%), Avellino (22,2%), Livorno (19,4%), Reggio Emilia (19,3) e Napoli (18,6%). Se gli eventi sismici non sono prevedibili né evitabili, è possibile, invece, pianificare un’azione di contenimento dei danni da essi derivanti. Allo stesso modo, anche la messa in sicurezza del territorio da un punto di vista idrogeologico può contenere fortemente l’impatto di tali calamità. Il costo dell’inerzia ha un prezzo inaccettabile in termini di vite umane e comporta un onere economico assai gravoso. Se si considerano solo gli ultimi 40 anni, secondo la Protezione Civile, gli eventi sismici hanno comportato danni diretti per circa 147 miliardi di euro (3,6 miliardi per anno). Una recente ricerca dell’Ania ha stimato, per il futuro, danni da eventi sismici per circa 2,6 miliardi di euro l’anno. Per quanto riguarda i disastri idrogeologici determinati da alluvioni e frane dal 1950 ad oggi essi, secondo l’Ispra, hanno determinato danni per circa 52 miliardi di euro. Le stime offerte dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini nel 2012 indicavano, per la stessa tipologia di calamità, danni pari a circa 2,5 miliardi di euro all’anno, negli ultimi 20 anni.La riduzione di queste tipologie di rischi da calamità naturali, in teoria, è ormai ampiamente possibile, perché, le scienze applicate sono oggi in grado di fornire tecnologie e materiali adeguati. I costi per la messa in sicurezza del patrimonio

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abitativo dai terremoti dipendono dal livello di copertura del rischio che si ritiene accettabile. Sulla base di questa assunzione, prendendo a riferimento tutto il patrimonio abitativo del paese e utilizzando come parametro di intensità sismica l’impatto del terremoto de L’Aquila (che rappresenta, nella scala di intensità storicamente registrata in Italia, un evento distruttivo medio) il Centro Studi del Cni ha ipotizzato una possibile distribuzione degli interventi di recupero in funzione della distribuzione per età degli edifici e delle loro condizioni strutturali. La quota di immobili da recuperare, sulla base dell’esame dei danni registrati alle abitazioni de L’Aquila e delle condizioni del patrimonio abitativo raccolte dalle indagini censuarie, è pari a circa il 40% delle abitazioni del Paese, indipendentemente dal livello di rischio sismico. Con una quota di interventi di recupero decrescente al diminuire dell’età dei fabbricati, sino a considerare quelli costruiti dopo il 2001 e soprattutto quelli edificati dopo il 2008 senza necessità di alcun intervento. Si tratta in questa prospettiva di intervenire su circa 12 milioni di immobili che dovrebbero essere

destinatari di opere di risanamento e messa in sicurezza statica. Con un coinvolgimento di una popolazione pari a circa 23 milioni di cittadini. Applicando i parametri medi dei capitolati tecnici per interventi antisismici, emerge un costo complessivo, per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo degli italiani da eventi sismici medi, pari a circa 93 miliardi di euro (tab.1). Questa valutazione prescinde però dal rischio associato a ciascun territorio. Se si considera la sola zona 1, quella formata dalle aree a massimo rischio di eventi sismici, il costo per la messa in sicurezza delle abitazioni sarebbe pari a 5,5 miliardi di euro. Per le abitazioni ubicate nella zona 2 e nella zona 3, l’impatto di costo sarebbe pari rispettivamente pari a 30 e 27 miliardi di euro.

Tab. 1 Stima del costo necessario per mettere in sicurezza le abitazioni dal rischio sismico, per zona e per regione (dati in euro)Fonte: stime Centro Studi Cni su dati Istat, Cresme, Protezione Civile, 2013Tab. 1 Stma del costo necessario per mettere in sicurezza le abitazioni dal rischio

sismico, per zona e per regione (dat in euro)

Regione Zona sismica 1 Zona sismica 2 Zona sismica 3 Zona sismica 4 Totale costo

Abruzzo 519.608.951 956.819.990 1.026.708.276 2.503.137.217

Basilicata 389.756.074 578.689.566 110.593.193 1.079.038.832

Calabria 2.261.606.036 1.674.589.040 3.936.195.076

Campania 757.085.265 6.495.980.770 842.691.565 8.095.757.599

Emilia-Romagna 1.886.802.360 4.444.537.374 360.037.192 6.691.376.926

Friuli- Venezia Giulia 175.023.026 912.238.866 282.330.683 668.360.083 2.037.952.658

Lazio 298.653.340 2.251.614.507 4.944.840.424 188.586.014 7.683.694.285

Liguria 358.830.381 978.983.635 1.978.397.589 3.316.211.605

Lombardia 244.134.343 2.127.065.643 10.530.581.244 12.901.781.230

Marche 21.979.822 2.286.865.047 145.423.612 1.608.381 2.455.876.861

Molise 180.286.210 473.637.420 94.327.642 748.251.272

Piemonte 259.827.928 726.379.390 6.400.791.351 7.386.998.669

Puglia 82.257.196 1.206.391.434 2.125.295.858 2.952.326.318 6.366.270.807

Sardegna 2.376.413.502 2.376.413.502

Sicilia 562.630.213 7.477.470.927 113.386.798 637.807.857 8.791.295.795

Toscana 1.264.897.651 5.031.170.932 475.004.478 6.771.073.061

Trentino-Alto Adige 272.053.211 1.128.520.230 1.400.573.441

Umbria 238.681.660 1.054.306.951 230.937.694 27.123.598 1.551.049.903

Valle d'Aosta 37.820.498 264.450.404 302.270.902

Veneto 929.716.300 3.857.865.949 2.497.349.972 7.284.932.221

Totale complessivo 5.487.567.794 30.312.813.480 27.392.412.378 30.487.358.213 93.680.151.864

Fonte: stme Centro Studi Cni su dat Istat, Cresme, Protezione Civile, 2013

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Per quanto riguarda la quantificazione dei costi per la messa in sicurezza dai più gravosi rischi di tipo idrogeologico, il Ministro dell’Ambiente ha recentemente prodotto una stima che fa riferimento ad un ammontare di investimenti pari a 40 miliardi di euro su base nazionale. Tenuto conto della porzione di territorio interessata da alto rischio idrogeologico per regione, il Centro Studi ha elaborato una stima sulla ripartizione dell’investimento tra le diverse Regioni. Sono le regioni del Centro/Nord ad avere necessità dei maggiori investimenti per mettere in sicurezza il territorio da frane, alluvioni e valanghe (tab.2), con 5,8 miliardi di euro da destinare all’Emilia Romagna, 4,1 miliardi al Piemonte, circa 3,5 alla Toscana e alla Campania. Mentre 2,8 miliardi dovrebbero essere spesi in Lombardia, 2,2 in Trentino Alto Adige e 2 in Veneto. Molto alto è il numero di persone e di abitazioni che popolano le aree ad alto rischio idrogeologico: si tratta, di circa 5,7 milioni di persone e 2,8 milioni di abitazioni.

Tab. 2 Stima dei costi necessari per mettere in sicurezza il territorio dal rischio Idrogeologico (dati in euro)Fonte: stime Centro Studi Cni su dati Istat, Cresme, Protezione Civile, 2013

Tab. 2 Stima dei costi necessari per mettere in sicurezza il territorio dal rischio Idrogeologico (dati in euro)

RegioneRipartizione costi

(euro)

Numero

Comuni

interessati

Popolazione

esposta 2010

Abitazioni

esposte 2011

Costo medio

per comune

(euro)

Abruzzo 1.218.416.506 294 101.939 57.159 4.144.274

Basilicata 731.646.170 131 31.769 16.317 5.585.085

Calabria 1.568.181.048 409 157.377 92.687 3.834.183

Campania 3.520.411.966 504 1.109.851 442.843 6.984.944

Emilia

Romagna 5.848.290.815 307 832.182 416.472 19.049.807

Friuli Venezia

Giulia 1.642.578.853 201 158.691 84.564 8.172.034

Lazio 1.774.028.526 372 365.380 169.177 4.768.894

Liguria 637.463.157 232 121.858 78.764 2.747.686

Lombardia 2.864.654.267 929 587.204 278.930 3.083.589

Marche 1.294.169.462 245 157.768 74.418 5.282.324

Molise 1.133.313.006 136 62.129 36.245 8.333.184

Piemonte 4.196.496.934 1049 567.064 298.068 4.000.474

Puglia 1.857.641.359 200 187.228 93.919 9.288.207

Sardegna 831.520.819 306 36.690 19.448 2.717.388

Sicilia 1.124.775.553 277 55.276 29.034 4.060.562

Toscana 3.445.065.555 280 479.162 229.701 12.303.806

Trentino Alto

Adige 2.240.471.593 268 140.287 83.559 8.359.969

Umbria 1.217.874.445 92 96.347 43.060 13.237.766

Valle d'Aosta 754.141.681 74 21.848 17.975 10.191.104

Veneto 2.099.942.406 327 528.738 245.672 6.421.842

Totale Italia 40.000.000.000 6633 5.798.788 2.808.012 6.030.454

Fonte: stime Centro Studi Cni su dati Istat, Cresme, Protezione Civile, 2013

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La composizione delle due tipologie di costi per la messa in sicurezza da rischio sismico e per la salvaguardia da rischi idrogeologici fa emergere un costo totale pari a 133 miliardi di Euro. Se si decidesse di limitare, inizialmente, l’intervento per la messa in sicurezza dal rischio sismico alle abitazioni ubicate nelle zone 1 e 2 (quelle a più alto rischio), l’investimento necessario si ridurrebbe a 75 miliardi di euro (tab.3), ammontare sostenibile nel medio periodo e sostanzialmente comparabile con i costi comunque gravanti sul sistema Paese da questa tipologia di eventi, nello stesso arco temporale.

Tab. 3 Stima dei costi necessari per mettere in sicurezza abitazioni e territorio dal rischio sismico - Zone 1 e 2 - e idrogeologico(valori in euro)Fonte: stime Centro Studi Cni su dati Istat, Cresme, Protezione Civile, 2013

Tab. 3 Stma dei cost necessari per mettere in sicurezza abitazioni e territorio dal

rischio sismico - Zone 1 e 2 - e idrogeologico (valori in euro)

Regione Zona sismica 1 Zona sismica 2Zone ad alto rischio

Idrogeologico

Zona 1 e 2

+zone ad alto rischio

idrogeologico

Abruzzo 519.608.951 956.819.990 1.218.416.506 2.694.845.447

Basilicata 389.756.074 578.689.566 731.646.170 1.700.091.810

Calabria 2.261.606.036 1.674.589.040 1.568.181.048 5.504.376.124

Campania 757.085.265 6.495.980.770 3.520.411.966 10.773.478.001

Emilia-Romagna -- 1.886.802.360 5.848.290.815 7.735.093.175

Friuli- Venezia

Giulia175.023.026 912.238.866 1.642.578.853 2.729.840.745

Lazio 298.653.340 2.251.614.507 1.774.028.526 4.324.296.373

Liguria -- 358.830.381 637.463.157 996.293.538

Lombardia -- 244.134.343 2.864.654.267 3.108.788.610

Marche 21.979.822 2.286.865.047 1.294.169.462 3.603.014.331

Molise 180.286.210 473.637.420 1.133.313.006 1.787.236.636

Piemonte -- 259.827.928 4.196.496.934 4.456.324.862

Puglia 82.257.196 1.206.391.434 1.857.641.359 3.146.289.989

Sardegna -- -- 831.520.819 831.520.819

Sicilia 562.630.213 7.477.470.927 1.124.775.553 9.164.876.693

Toscana -- 1.264.897.651 3.445.065.555 4.709.963.206

Trentino-Alto Adige -- -- 2.240.471.593 2.240.471.593

Umbria 238.681.660 1.054.306.951 1.217.874.445 2.510.863.056

Valle d'Aosta -- -- 754.141.681 754.141.681

Veneto -- 929.716.300 2.099.942.406 3.029.658.706

Totale Italia 5.487.567.794 30.312.813.480 40.000.000.000 75.800.381.274

Fonte: stme Centro Studi Cni su dat Istat, Cresme, Protezione Civile, 2013

E’ evidente che i dat riportat sui cost danno una indicazione di caratere generale su

base territoriale circa l’ordine di grandezza degli intervent necessari. Occorrerà, però,

nell’atuare un grande programma di messa in sicurezza del Paese, identfcare gli ambit

prioritari di intervento a livello territoriale e locale. Infat, anche all’interno delle stesse zone e

microzone convivono situazioni caraterizzate da diverse intensità di pericolo, tenuto conto

delle specifcità di ogni singolo immobile e di ogni ambito territoriale.

Diventa, in ogni caso, necessario metere in campo risorse pubbliche che possano

spingere i privat ad adeguare i fabbricat residenziali e non residenziali, così come è stato già

fato, con successo, per le ristruturazioni e l'adeguamento energetco.

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E’ evidente che i dati riportati sui costi danno una indicazione di carattere generale su base territoriale circa l’ordine di grandezza degli interventi necessari. Occorrerà, però, nell’attuare un grande programma di messa in sicurezza del Paese, identificare gli ambiti prioritari di intervento a livello territoriale e locale. Infatti, anche all’interno delle stesse zone e microzone convivono situazioni caratterizzate da diverse intensità di pericolo, tenuto conto delle specificità di ogni singolo immobile e di ogni ambito territoriale. Diventa, in ogni caso, necessario mettere in campo risorse pubbliche che possano spingere i privati ad adeguare i fabbricati residenziali e non residenziali, così come è stato già fatto, con successo, per le ristrutturazioni e l’adeguamento energetico. Tali misure possono riattivare gli investimenti diretti ed indotti in tutta la filiera del mercato delle costruzioni e ridare così impulso all’occupazione che in questo settore sta vivendo una delle peggiori crisi dal dopoguerra. Esse, inoltre, generano maggiori entrate per le casse dello Stato in termini di maggiori introiti da Irpef, Iva e Irap-Ires; introiti che tagliano il costo netto per le casse pubbliche di questa tipologia di incentivi. Fatto 100 l’onere per le casse dello Stato derivante dal riconoscimento di un credito di imposta pari al 55% dei costi per interventi di ristrutturazione degli edifici, gli effetti derivanti in termini di maggiori entrate da imposte dirette e indirette sono pari a circa 55, con una significativa riduzione dell’erosione fiscale che questo tipo di provvedimenti necessariamente genera (tav.1).

Tavola 1 - Costo netto per lo Stato per contributi per misure di recupero edilizioFonte: stime Centro studi CNI, 2013

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Secondo:Razionalizzare e riorientare gli incentivi alle imprese per rilanciare una nuova green economy dell’efficienza energetica e della gestione sostenibile dei rifiuti

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In un periodo di necessaria razionalizzazione della spesa per incentivi e trasferimenti alle imprese, come pure di revisione dei meccanismi di riduzione degli oneri fiscali, è quanto mai opportuno, tenuto conto anche del perdurare della grave crisi economica che sta fortemente colpendo il sistema produttivo nazionale, riprogrammare e concentrare le scelte di allocazione delle risorse pubbliche a sostegno delle imprese, seguendo le specializzazioni produttive nazionali e gli obiettivi di efficienza energetica e sostenibilità ambientale. La Commissione Giavazzi chiamata dal Governo Monti ad una sorta di due diligence sui contributi pubblici alle imprese ha identificato la scorsa estate un volume di contributi annui alle imprese stimando un valore pari a 10 miliardi di euro. Tali contributi sono erogati attraverso una pletora di provvedimenti, stratificatisi nel tempo, tutti assoggettati a procedure a bando (senza cioè automatismi) e per questo sottoposti a pratiche che, per ammissione esplicita della stessa Commissione Giavazzi, favoriscono l’influenza di lobby e il manifestarsi di comportamenti opachi, se non propriamente corruttivi. Si tratta di risorse ingenti che ogni anno vengono distribuite alle imprese sulla base di indirizzi ormai sempre meno chiari e sempre meno coerenti con le esigenze di una crescita moderna e innovativa, con risultati poco significativi anche in termini occupazionali.La Commissione Giavazzi, a fronte di queste risultanze, ha invitato il Governo ad una cancellazione immediata delle norme agevolative, evidenziando l’assoluta opacità del sistema e la difficoltà estrema incontrata dal gruppo di lavoro anche solo a rintracciare e quantificare le varie disposizioni affastellatesi nel corso degli anni.La complessità e pletoricità degli interventi è ben rappresentata dalla tabella 4, ove sono riportati solo alcune degli strumenti normativi e programmatori che erogano incentivi alle imprese per esigenze mirate. Il “tesoretto” di 10 miliardi annui può e deve essere utilizzato per riorientare la spesa verso incentivi e investimenti in grado di premiare il lavoro qualificato e la professionalità diffusa di cui il Paese dispone,

soprattutto nei settori emergenti. Le analisi del Centro studi del CNI sulle prospettive occupazionali al 2020 identificano nell’economia dell’efficienza energetica una delle maggiori aree di domanda potenziale di occupazione della green economy italiana e, soprattutto, l’ambito da cui promana una elevata richiesta di profili qualificati e profili tecnico ingegneristici. Le analisi dei principali centri di ricerca pubblici e privati ripresi anche dal Centro Studi del CNI indicano, infatti, come nel macro comparto dell’efficienza energetica e della mobilità sostenibile (se opportunamente stimolati e sostenuti) sia attesa una domanda aggiuntiva di occupati pari a circa 800 mila addetti, distribuiti in diversi sub-settori e comparti: dall’industria manifatturiera e meccanica, all’industria delle costruzioni, sino all’industria dell’auto e dei trasporti: in pratica il cuore pulsante del manifatturiero nazionale. Il Governo, per sostenere l’industria e la produzione di tecnologie dell’efficienza energetica e per favorire il risparmio energetico, ha introdotto da alcuni anni incentivi sotto forma di crediti di imposta. Si tratta di misure di incentivo che sotto i colpi dei vincoli di bilancio sono oggi sottoposte a continua revisione e riduzione. Per provare a far crescere il mercato delle tecnologie a basso consumo di energia occorre, invece, continuare a sostenere le scelte fatte in passato garantendo anche per i prossimi anni il rifinanziamento del credito di imposta, perlomeno agli stessi livelli sino ad oggi stabiliti. E’ necessario, soprattutto, promuovere la ricerca di base per sviluppare in questi stessi settori industrie e tecnologie innovative sempre più performanti. Allo stesso modo, anche lo sviluppo delle nuove frontiere della green economy relative al ciclo dei rifiuti appaiono assai promettenti per il già consolidato sistema delle industrie nazionali del riciclo e recupero. Le dinamiche europee che mirano a trasformare i rifiuti in risorsa, anche grazie alla crescita della raccolta differenziata di qualità, possono garantire nuovi spazi di attività e produzione allo specializzato comparto nazionale. Sui rifiuti occorre, in primo luogo, avviare una immediata riprogettazione delle discariche non a norma e fronteggiare le emergenze che stanno

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manifestandosi in molteplici ambiti territoriali. Si tratta di produrre uno sforzo pubblico ingente anche in termini di risorse, che potrà far leva però su una larga schiera di professionalità tecnico ambientali già ampiamente formate nel nostro paese. L’Europa sta, imponendo, infatti, un percorso a tappe forzate in direzione del risanamento complessivo: dopo la moral suasion esercitata per scuotere dall’inerzia le nostre amministrazioni, la Ue è passata alle vie di fatto, cominciando ad irrogare, attraverso la Corte di Giustizia, sanzioni sempre più onerose e a revocare finanziamenti già stanziati. Sino ad oggi l’Italia ha subito un “danno” di 200 milioni di euro, sotto forma di vere e proprie multe o di mancati finanziamenti: si tratta, peraltro, di una somma destinata a crescere rapidamente in ragione dei ritardi che il Paese continua ad accumulare su questo fronte. Diventa quindi necessario l’avvio di una politica di investimenti nella gestione dei rifiuti e per il sostegno ad progettazione efficace di interventi di bonifica e ripristino dei siti di raccolta.

Tab. 4 La proliferazione delle disposizioni di legge che veicolano incentvi alle imprese e

relatvi import finanziat. Anni 2008-2010 (v.a. in milioni di euro)

Legge o misura 2008 2009 2010 Triennio

L. 808-1985 Sostegno al settore

aeronautico717,56 119,56 659,63 1.496,75

L. 296-2006 art. 1 c. 280-283- Cred.

imposta R&S185,84 361,68 367,18 914,70

D.M. 593-2000 Fondo Agevolazioni Ricerca

FAR309,35 279,97 119,48 708,80

L.488-1992 (art.1 c.2) 229,45 258,10 105,65 593,19D. Lgs. 143-1998 art. 14 Credito ag.

esportazione152,95 155,26 189,07 497,28

L. 388-2000 Credito d'imposta per

investimenti260,55 127,29 102,76 490,60

D. Lgs 185-2000 Titolo II – Autoimpiego 214,45 155,09 111,30 480,85Contratti di Programma 88,22 191,38 111,31 390,91PIA Innovazione 204,19 98,49 60,17 362,84L. 949-1952 Finanziamenti agli artigiani 101,27 43,73 42,04 187,04L. 598-1994 art. 11 42,77 60,49 47,52 150,78L.46-1982 Fondo Innovazione Tecnologica

FIT54,43 57,53 35,25 147,21

Patti Territoriali 60,37 54,33 27,42 142,12POR 2000-2006 mis. 4.18 Contratti

Programma0,00 97,92 26,93 124,85

L. 1329-1965 (Sabatini) 43,42 56,48 24,42 124,32Contratti di Localizzazione 27,91 28,00 34,88 90,79L. 598-1994 ricerca 37,83 37,54 14,82 90,19D.Lgs 185-2000 Titolo 1-imprenditorialità

giovanile25,84 27,99 16,47 70,29

L. 100-1990 (art.4) 17,26 17,03 16,64 50,93

TOTALE RISORSE 2.773,66 2.227,86 2.112,94 7.114,44

Fonte: elaborazioni Centro Studi CNI su dat MET 2011

4

Tab. 4 La proliferazione delle disposizioni di legge che veicolano incentivi alle imprese e relativi importi finanziati. Anni 2008-2010 (v.a. in milioni di euro)Fonte: elaborazioni Centro Studi CNI su dati MET 2011

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Terzo:Open Data: l’innovazione della pubblica amministrazione a servizio della nuova imprenditorialità nell’ICT

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I contenuti informativi e i dati in possesso delle amministrazioni pubbliche, grazie all’evoluzione continua delle tecnologie telematiche e informatiche, rappresentano oggi una straordinaria occasione per rendere più trasparenti le azioni dei governi e delle amministrazioni, per erogare servizi più efficienti ma anche, favorendone il riuso da parte di altri soggetti pubblici o privati, per essere utilizzati in ambiti differenti da quelli per i quali sono stati prodotti o raccolti: non solo quindi per attività amministrative, di ricerca, di informazione o di pianificazione e controllo, ma anche e sempre più imprenditoriali. I dati pubblici, che sino a ieri erano destinati a rimanere relegati nell’ambito dei procedimenti amministrativi o di governo per i quali erano stati formati, oggi tendono, così, ad essere considerati sempre più come risorse accessibili, aperte e quindi conoscibili e fruibili da tutti.Il processo di trasformazione dei dati pubblici in dati aperti e della loro pubblicazione e divulgazione, definito “Open Data”, descrive la prassi in base alla quale alcune tipologie di dati pubblici possono essere liberamente utilizzati, riutilizzati e redistribuiti, con la sola limitazione – al massimo – della richiesta di attribuzione dell’autore e della redistribuzione “allo stesso modo” (senza che vengano effettuate modifiche). L’apertura dei dati pubblici non sta solo determinando effetti importanti sulle amministrazioni pubbliche di molti Paesi nel mondo, attraverso la semplificazione di processi e il risparmio dei tempi, ma sta anche producendo rilevanti impatti sull’economia complessiva: le stime internazionali segnalano vantaggi rilevanti, con effetti ampiamente misurabili anche sul sistema economico–imprenditoriale, per l’utilizzo di dati cartografici, dati sui trasporti, dati sui beni culturali, demografici, immobiliari, occupazionali e sociali per produrre applicazioni e servizi. La Commissione UE, per esempio, in uno studio commissionato nel 2011, ha definito l’impatto economico dei dati pubblici (PSI –Public Sector Information), quantificandone il valore, tra effetti diretti e indiretti, in circa 140 miliardi di euro annui. Per l’Italia, l’effetto può essere stimato in 17 miliardi

di euro annui. Quasi tutte le informazioni pubbliche hanno, del resto, un valore intrinseco, che va oltre l’assolvimento dei compiti istituzionali dell’ente che le detiene. Anche quando la singola informazione ha un’utilità limitata, spesso la lettura in serie storica, la raccolta organizzata e la combinazione di più informazioni con fonti differenti consente di ri-attribuire un valore rilevante a quella informazione, nonché generare un valore aggiunto notevole. Così, ad esempio, le informazioni geografiche sono alla base di cartine e mappe, le quali possono servire a fornire servizi on line di ogni tipo, mentre i dati catastali possono servire a operatori immobiliari e istituti di credito o a provider informativi che vogliono fare incontrare la domanda e l’offerta di alloggi e per proporre soluzioni di finanziamento. I dati meteorologici possono essere utilizzati sia per servizi a valore aggiunto in tempo reale (ad esempio funzioni “push” per smartphone con previsioni selettive del tempo), sia per alimentare i siti meteo più tradizionali. I dati sui trasporti possono servire per alimentare servizi di info-mobilità, oltre che per decidere strategie di marketing mirate. I dati sui bilanci delle imprese, aggregati sulla base di criteri statistici, territoriali o merceologici, potrebbero offrire importanti informazioni di mercato per fare analisi della concorrenza e studi di scenario micro e macro economico di assoluta utilità per i policy maker o per qualunque soggetto debba realizzare strategia di investimento. Discorso analogo per i dati demografici, retributivi e reddituali. I dati e le informazioni pubbliche, se resi disponibili e fruibili, possono quindi trasformarsi in contenuti “attivatori” di nuove e talvolta imprevedibili filiere di attività e servizi digitali a valore aggiunto per i potenziali utenti costituiti da cittadini, imprese e altre amministrazioni. Nel caso dei dati meteorologici pubblici, a parte le nuove modalità di fruire delle classiche previsioni con dispositivi mobili, si possono per esempio sviluppare servizi specializzati per l’agricoltura o il turismo. I costi per l’apertura dei dati e la loro condivisione (peraltro decisamente molto più contenuti rispetto alle grandi infrastrutture e servizi on line del passato), facendo da volano a servizi a valore

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Figura 1 Tipologia di contenut e dat informatvi del sistema pubblico

Diffusione dei

dati pubblici

aperti

(open data)

per scopi

commerciali

Diffusione dei

dati pubblici

aperti (open

data) per scopi

sociali ed

educativi

Informazioni geograficheInformazioni cartografiche

Dati catastali

Dati spaziali/ coordinate geografiche

Confini politico-amministrativi

Topografiche

Dati altimetrici

Dati meteo e ambientaliDati Oceanografici

Dati idrografici

Dati qualità ambientale

Dati atmosferici

Dati meteorologici

Informazioni economiche e finanziarieInformazioni finanziarie

Informazioni aziendali

Dati economici e statistici

Dati su industria e commercio

Informazioni socialiDati demografici

Indagini demoscopiche

Dati sanitari

Statistiche sul lavoro e sulla formazione

Informazioni su traffico e trasportiInformazioni sul trasporto

Informazioni sul traffico

Statistiche sul traffico

Dati sulle immatricolazioni

Informazioni turistiche e intrattenimentoInformazioni sugli hotel

Statistiche sul turismo

Intrattenimento (locale e nazionale)

Informazioni su agricoltura, coltivazioni,

foreste e pesca

Dati sull’uso dei suoli

Uso aree agricole/ redditi agricoli

Uso dei mari/ dati pesca e allevamento

Dati di mercato

Informazioni su risorse naturaliInformazioni su biologia e ecologia

Informazioni su risorse e consumi

Informazioni geologiche e geofisiche

Informazioni sistema legaleDati su crimini

Leggi

Informazioni su diritti e doveri

Informazioni su legislazione

Giurisprudenza

Informazioni su brevetti

Informazioni scientifiche e dati di ricercaRicerche universitarie

Istituti pubblici di ricerca

Ricerche governative

Contenuti educativiStudi e documenti accademici

Materiali di letture

Dispense e materiale didattico

Contenuti politiciRassegna stampa governativa

Provvedimenti governativi nazionali e locali

Libri verdi

Contenuti culturaliMateriale museale

Gallerie di arte

Siti archeologici

Biblioteche

Archivi radiotelevisivi

Altri archivi pubblici

Fonte: OCSE, 2006

4

Fig. 1 Tipologia di contenuti e dati informativi del sistema pubblicoFonte: OCSE, 2006

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aggiunto, sono in grado di generare un introito fiscale sicuramente maggiore rispetto anche a tariffe finalizzate a fare cassa. Gli studi dell’Unione Europea su questo fronte hanno evidenziato che la base tariffaria ottimale si aggira attorno al costo marginale, e quindi al costo per il servizio di distribuzione su supporto o per il semplice invio dei dati. L’elenco dei giacimenti informativi a disposizione della PA è molto ampio, ma è l’insieme degli utilizzi, delle applicazioni, dei software e delle modalità di fruizione, di produzione di contenuti derivati che appare davvero sconfinato. La tabella che segue offre in sintesi una chiara indicazione della ricchezza di set informativi di cui le PA e lo Stato dispongono, evidenziando la correlazione esistente tra quelli che si caratterizzano per un pieno riuso sul mercato (PSI – Public Sector Information) e quelli che possono essere messi a valore anche per raggiungere obiettivi di inclusione sociale, obiettivi educativi, di istruzione e formazione e per promuovere modalità di cittadinanza attiva (PSC – Public Service Content), fermo restando che anche queste distinzioni appaiono ogni giorno sempre più labili, dal momento che, nel caso di servizi di tipo commerciale, i provider di contenuti e servizi informativi tendono comunque ad ampliare il corredo di insiemi di dati da mettere a disposizione dell’utenza, comprendendo anche informazioni di carattere culturale, educativo, scientifico, legale o politico.

Anche in Italia si stanno compiendo diversi passi per la liberazione e il riuso dei dati pubblici. In ambito normativo, per esempio, il nostro Paese sta provvedendo ad adeguarsi alle indicazioni internazionali e agli indirizzi europei (si vedano, tra gli altri, gli emendamenti al Codice dell’Amministrazione Digitale, la cui prima versione risale al 2005, e il Decreto “Crescita 2.0” del 2012, recentemente convertito in legge). Nonostante le buone intenzioni del legislatore, i dati delle PA italiane stentano però ad essere compiutamente e diffusamente aperti. Per rendere aperti e fruibili i dati, infatti, serve un maggiore sforzo tecnico e organizzativo da parte delle istituzioni di governo, sia a livello centrale che locale, impegno che deve essere adeguatamente sostenuto da risorse e, soprattutto, da personale con competenze tecnico-specialistiche adeguate. Per promuovere le nuove dinamiche connesse alla messa in chiaro di tutti i dati a disposizione delle pubbliche amministrazioni occorre, perciò, reindirizzare le poche risorse disponibili verso investimenti finalizzati a una reale crescita di efficienza e trasparenza, soprattutto attraverso il settore ICT, che in prima istanza contiene tutte quelle prerogative di specializzazione in grado di

realizzare, ai più ampi livelli, i processi di apertura dei dati. Di pari passo, è necessario procedere verso la definizione e condivisione di nuovi standard tecnici e operativi, in modo da trasferire al meglio l’enorme ricchezza informativa degli Open Data in applicazioni e interventi nei settori più vari, dalla gestione del territorio alla sanità, dal sistema dei trasporti alla sostenibilità ambientale, dalle telecomunicazioni mobili alla ricerca scientifica, dalla cultura alla partecipazione civica. La vera sfida, in questo senso, riguarda l’interoperabilità dei dati aperti, ovvero la padronanza di nuovi strumenti e metodologie secondo la logica dei Linked Data.Prima ancora è importante, però, ripensare profondamente le scelte rispetto alle prossime immissioni in organico di personale nella PA, magari puntando su meccanismi di assunzione selettivi e mirati su profili di qualità e su specializzazioni tecniche (soprattutto oggi che i vincoli di spesa impongono – e lo faranno sempre più – il downsizing degli organici al settore pubblico) e su percorsi di formazione specialistica e aggiornamento professionale su strumenti, metodi e applicazioni correlati ai sistemi dell’information technology. Il Governo che verrà dovrà misurarsi, quindi, con l’esigenza prioritaria di riuscire a recuperare la capacità di attrarre al suo interno le giovani eccellenze, dotandosi per i prossimi anni di una classe dirigente capace, con competenze tecnico-scientifiche e organizzative adeguate e con conoscenze ben precise circa le prerogative di trasparenza e apertura delle informazioni pubbliche secondo la logica dei dati aperti interoperabili.Quest’ultima proposta è tanto più utile se si pensa che oggi nella Pubblica Amministrazione, non solo rispetto agli ambiti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ma in tutte le aree di specializzazione si stenta a riconoscere il giusto “ruolo” professionale a chi opera alle dipendenze del sistema pubblico esercitando mansioni di tipo professionale o ad elevato contenuto tecnico specialistico e con elevate responsabilità.Lo sviluppo di un sistema pubblico aperto in cui le informazioni prodotte e i dati siano fruibili secondo i paradigmi dell’Open Data, dunque, si rivela una straordinaria occasione per rilanciare un processo di modernizzazione del sistema delle amministrazioni pubbliche, e con esso di tutto il Paese, dando senso pieno a una ipotesi di uscita dalla crisi economica, nonché di crescita del sistema Italia.

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Questo incontro vuole essere un proficuo momento di confronto con il mondo politico, un’occasione per ribadire l’interesse e la disponibilità da parte della categoria professionale degli ingegneri ad esercitare un ruolo di interlocutore attivo negli interessi dei cittadini e dell’Italia.Noi ingegneri ci proponiamo come strumento complementare all’azione del Governo e lo facciamo mettendo sul piatto tre proposte concrete da rivolgere ai candidati che tra poche settimane siederanno nel rinnovato Parlamento. Vogliamo fornire il nostro contributo, proponendo al futuro Esecutivo una nostra Agenda programmatica, nella convinzione che la messa in sicurezza del nostro territorio, la green economy e l’innovazione tecnologica possano essere veri e propri “propulsori” per rilanciare l’economia italiana”. Questo chiediamo al Governo che verrà.

Luigi PanzanPresidente Ordine Ingegneri Belluno

Giorgio SimioniPresidente Ordine Ingegneri Padova

Carlo RizzieriPresidente Ordine Ingegneri Rovigo

Vittorino Dal CinPresidente Ordine Ingegneri Treviso

Ivan Antonio CeolaPresidente Ordine Ingegneri Venezia

Ilaria SegalaPresidente Ordine Ingegneri Verona

Antonio SchillaciPresidente Ordine Ingegneri Vicenza

Giorgio SimioniPresidente Ordine Ingegneri Padova

La necessità di limitare, ridurre o eliminare il consumo di suolo nel nome di un responsabile governo del territorio in grado di garantire equilibrati rapporti con l’ambiente e il paesaggio ci obbligano a confrontarci con i temi della Conservazione-Manutenzione, Riqualificazione, Rigenerazione, Prevenzione.Queste nuove linee di indirizzo per il nostro agire dovranno essere declinate nei confronti di città, insediamenti produttivi, ambiente, territorio e paesaggio. Tali obiettivi, tuttavia, non sono sempre facilmente e contemporaneamente condivisi da tutti gli attori dei processi di trasformazione e non sempre sono evidenti i comuni intenti che spesso si scontrano sulla base di presunte contrapposizioni di interessi.Per dare un futuro al nostro paese sarà tuttavia ineludibile confrontarsi, insieme, con queste linee guida per il rilancio dell’Italia, investendo, secondo criteri di sostenibilità, in Qualità, Tecnologia e Sicurezza.Per questo, come ingegneri, ai candidati al prossimo Parlamento, chiediamo di:• Promuovere politiche di sviluppo

sostenibile in cui trovino equilibrio interessi sociali, ambientali, tecnici ed economici

• Affrontare, in termini di Prevenzione, il tema della Sicurezza sismica, idraulica, ambientale del nostro territorio

• Sostenere la riqualificazione del patrimonio immobiliare sia pubblico che privato, sia civile che produttivo, per garantire Sicurezza, Qualità e Risparmio.

Questa potrà essere la Grande Occasione per il rilancio intelligente e lungimirante dell’occupazione, a partire dalle attività della filiera del settore delle costruzioni e del suo indotto, da sempre fondamentale volano per l’intera economia del paese, essenziale motore per la ricerca di soluzioni tecniche e finanziarie innovative, equilibrate, efficaci e ragionevoli.Per affrontare con successo, ad esempio, il tema della Riqualificazione e Rigenerazione delle nostre città, sarà necessario, tra l’altro, superare insieme, con saggezza, il grande tabù della demolizione-ricostruzione, prendendo coscienza che i costi per adeguare alle nuove esigenze funzionali e prestazionali molti edifici esistenti in termini di sicurezza sismica, risparmio energetico, comfort abitativo, ecc., possono a volte essere insostenibili.Esistono in Italia 90 milioni di alloggi di scarsissima qualità architettonica e costruttiva, spesso non antisismici e non adeguati al contenimento dei consumi energetici.Perché non favorire la sostituzione, nei modi

Luigi Panzan Presidente Ordine Ingegneri Belluno

Una recente indagine del Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha evidenziato come in Italia vi sia un imponente patrimonio edilizio con caratteristiche costruttive non in grado di resistere agli eventi sismici importanti che, secondo le stesso studio, si sono verificati negli ultimi decenni mediamente ogni 5 anni. I costi umani ed economici dovuti a questi eventi sono stati enormi e, ancora una

e tempi opportuni, di tutta questa edilizia di scarsissima qualità, insicura e inadeguata alle necessità dei giorni nostri?Sul piano territoriale sarà anche necessario intervenire per ridurre o eliminare l’enorme spreco di risorse pubbliche e private per la riparazione a seguito delle frequenti calamità naturali che colpiscono il nostro Paese.L’idea di Cura e Manutenzione del territorio con l’obiettivo della Prevenzione diventino una priorità collettiva, un investimento!Il risparmio derivante dalla messa in sicurezza o ricostruzione di edifici a seguito di eventi calamitosi è stimabile in 3 miliardi di euro all’anno, dal 1944 al 2009 sono stati spesi oltre 200 miliardi di euro; non è più sostenibile intervenire in termini di riparazione.Per il successo di queste azioni programmatiche sarà essenziale riconoscere e affermare il ruolo centrale del Progetto, quale strumento indispensabile di sviluppo in ogni ambito, con la consapevolezza della necessità di un approccio integrato ai problemi, per governare la complessa interazione tra diversi saperi, competenze, funzioni, esigenze, all’interno di un quadro strategico sempre più condiviso e partecipato.Senza una comune Strategia complessiva di lungo termine l’unica certezza è quella di operare, ai vari livelli, attraverso tanti microinterventi scoordinati e antieconomici, in maniera dannosa o quanto meno inefficace.QUESTO CHIEDIAMO AL GOVERNO CHE VERRÁ.

ne parlano:

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volta, hanno dimostrato che l’unica strada percorribile per evitarli è perseguire un programma di prevenzione che porti a costruzioni in grado di resistere ai sismi.Va ribadito che la prevenzione non è un costo improduttivo ma costituisce un vero e proprio investimento economico con impegni finanziari notevolmente minori di quelli che andrebbero sopportati in caso di sisma.La ristrutturazione ed il consolidamento degli edifici esistenti può, inoltre, ridare fiato al settore delle costruzioni, fondamentale per la ripresa e la crescita economica del nostro paese.É peraltro evidente che un programma sistematico e pluriennale di interventi nel patrimonio edilizio esistente non può essere sopportato solo dalle finanze pubbliche ma deve coinvolgere tutte le risorse private disponibili.Ciò comporta una legislazione che:1. dia ai privati, che intendono eseguire

interventi di prevenzione sismica su edifici di loro proprietà, forti incentivi fiscali e facilitazioni per l’accesso ai finanziamenti;

2. semplifichi le procedure burocratiche;3. incentivi il “miglioramento sismico” degli

edifici quando i mezzi finanziari disponibili del privato non consentano di arrivare all’”adeguamento sismico” perché anche modesti interventi strutturali “ben fatti” e a costi moderati possono portare a gradi di sicurezza importanti.

Ilaria Segala Presidente Ordine Ingegneri Verona

Guardando all’Europa, che si sta muovendo già da tempo in questa direzione, questo è il momento di riqualificare l’esistente. E’ finita l’epoca del costruire e consumare nuovo terreno vergine. Riqualificare vuol dire rendere più sostenibili i nostri edifici come prestazioni energetiche e quindi risparmio effettivo a fronte di un investimento iniziale che si paga da solo nel tempo. Riqualificare vuol dire anche rendere le nostre case più sicure in caso di rischio sismico; il nostro patrimonio edilizio è in larga parte non sicuro considerando che di fatto le nuove normative sono entrate in vigore nel 2009. É necessario quindi che il nuovo governo punti il dito anche sull’adeguamento sismico per incentivarlo. Va da sé che i due interventi di riqualificazione energetica e sismica andrebbero infatti realizzati insieme sugli edifici vetusti.Un incentivo fiscale all’adeguamento, unito alla proposta già fatta dal nostro CNI di obbligare, nel passaggio di proprietà degli immobili, a dichiarare la condizione di sicurezza antisismica dell’edificio, sensibilizzerebbe al tema i cittadini.

Vittorino Dal Cin Presidente Ordine Ingegneri Treviso

Al primo posto nella tragica classifica delle catastrofi che devastano il nostro Paese troviamo le alluvioni e le frane, segno dell’estrema fragilità del territorio nazionale dal punto di vista idrogeologico e della scarsa efficienza del sistema di implementazione di politiche territoriali di previsione e prevenzione.A poco più di due anni dall’alluvione che ha colpito la nostra Regione (autunno 2010) riteniamo quindi non possa essere trascurato il tema nè del rischio idraulico nè di quello

idrogeologico.Anche se sono state presentate parte delle opere realizzate o in programma per la mitigazione di entrambi i rischi, riteniamo che ancora resti molto da fare.In molteplici convegni, compreso l’evento pubblico organizzato dall’Ordine e dal Collegio degli Ingegneri della Provincia di Treviso il 05 novembre 2011, è stato evidenziato come il tema di entrambi i rischi, rimasto senza soluzioni infrastrutturali ormai da più di 45 anni, non può essere affrontato solo da un punto di vista strettamente ingegneristico: è necessario, infatti, avvalersi di competenze e saperi multidisciplinari e del contributo degli organi decisionali grazie ai quali definire una progettazione delle infrastrutture per la messa in sicurezza dei principali corsi d’acqua presenti nel territorio regionale.Tra gli aspetti da esaminare oltre all’analisi costi/benefici delle opere e all’impatto socio economico conseguente alla loro costruzione, ovvero alla valutazione dei danni diretti ed indiretti causati dalla loro assenza, sarà opportuno considerare come utilizzare le aree vincolate alla realizzazione di eventuali invasi o di casse di espansione, in modo sostenibile per il territorio, valutando anche la possibile costituzione di parchi tematici con vocazione naturalistica e turistica.É appunto perchè auspichiamo che, presa coscienza di rischi idrogeologici esistenti, possa iniziare un serio dibattito tra tutti i soggetti coinvolti, attraverso il quale possano essere prese decisioni coraggiose riguardanti la realizzazione delle soluzioni più idonee atte ad evitare possibili future disastrose alluvioni in corrispondenza di centri abitati, strutture produttive e terreni coltivati che poniamo all’attenzione dei canditati, che tra poche settimane siederanno nel rinnovato Parlamento, queste problematiche per conoscere il loro pensiero e l’impegno che potranno garantire alla loro risoluzione considerato che, come già anticipato, non sono solo le soluzioni ingegneristiche che possono e potranno risolverle.Per quanto ci riguarda siamo pronti a fornire il nostro contributo, come peraltro abbiamo già fatto, ed a porci come strumento complementare all’azione delle Istituzioni.

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Carlo RizzieriPresidente Ordine Ingegneri Rovigo

Le varie definizioni che vengono fornite, sostanzialmente concordano sul fatto che la green economy mira a migliorare la qualità della vita di tutto il genere umano, riducendo le disuguaglianze nel lungo termine, ponendosi l’obiettivo di non sottoporre le generazioni future a preoccupanti rischi ambientali.La green economy è il mezzo e il fine di se stessa, poiché come strumento (e quindi il mezzo) attuativo dello sviluppo sostenibile diventa una “fase di transizione”, la via per gestire il cambiamento verso un modello di sviluppo sostenibile e, allo stesso tempo, conduce ad un nuovo modello economico (e quindi il fine) stabilmente sostenibile.Per compiere tale transizione, occorre che vi siano delle specifiche condizioni quali regolamenti nazionali specifici, politiche ad hoc, sovvenzioni e incentivi di sostegno, investimenti che ridefiniscano in modo profondo il tessuto istituzionale anche internazionale con una nuova governance globale.L’attuale sistema energetico basato sui combustibili fossili è responsabile di due terzi delle emissioni di gas serra, generando costi altissimi da sostenere in termini di adattamento. A questo proposito si rivela necessario l’appofondimento e lo sviluppo di energie rinnovabili che rappresentano quindi una grande opportunità economica atta a migliorare significativamente la sicurezza energetica, economica e finanziaria.L’economia verde progettata dall’UNEP (programma per l’ambiente delle Nazioni Unite) disegna aree urbane sostenibili (le città verdi). Le aree urbane oggi assorbono il 60-80% del consumo energetico, con il 75% di emissioni di carbonio.In questo contesto, per aumentare l’efficienza energetica e la produttività in città, è necessario ridurre significativamente le emissioni negli edifici nonché i rifiuti, e

Ivan Antonio CeolaPresidente Ordine Ingegneri Venezia

La salvaguardia del nostro ecosistema ambientale passa attraverso una maggiore efficienza energetica e una migliore gestione sostenibile dei rifiuti. Va compreso che è necessario imparare a gestire in maniera intelligente i rifiuti perché questi ultimi possono diventare una risorsa, un vantaggio per l’intera collettività. Dobbiamo intervenire anche in tema di recupero energetico-ambientale con l’obiettivo di evitare non solamente crisi ecologiche ma anche gravi conflitti sociali. Risparmiare energia attraverso una migliore efficienza nel consumo per rispettare i vincoli europei e ridisegnare il sistema della gestione dei rifiuti devono essere dunque due dei principali obiettivi per la nuova Green economy, per il governo che verrà.

promuovere l’accesso ai servizi fondamentali attraverso modalità di trasporto innovative a basse emissioni di carbonio.Il settore dell’edilizia, che si basa su grossi consumi di acqua dolce e di risorse primarie, ad altissimi rilasci di gas serra e rifiuti solidi, nella versione “verde” porterebbe a risparmi significativi.L’esperienza UNEP nel settore dimostra che le politiche più efficienti, ai fini di uno sviluppo dell’edilizia sostenibile, sono quelle che prevedono incentivi economici e fiscali.Sebbene a tali politiche corrisponda un costo aggiuntivo per l’investimento iniziale sugli edifici, queste normalmente generano risparmi durante tutto il ciclo di vita, attraverso la riduzione dei consumi energetici e di risorse primarie, quali ad esempio l’acqua e la riduzione dei rifiuti, portando inoltre a miglioramenti in termini di salute ambientale.L’edilizia sostenibile deve anzitutto inserirsi in un meccanismo virtuoso che non trascuri il comfort e la sicurezza di ogni ambiente di vita.La partita della sicurezza, che significa salvare vite umane, si gioca sul terreno della prevenzione, la quale, a sua volta, è anche chiave per promuovere preziosi meccanismi economici decisivi proprio per lo sviluppo.A tale proposito è assolutamente necessario combinare sicurezza sismica e riqualificazione energetica di un edificio, proprio per questo prima di intervenire è necessario eseguire un accurato studio di fattibilità per programmare ogni intervento.Distribuire incentivi a piccoli step non comporta vantaggi importanti, soprattutto non comporta economie controllabili ed oggettivamente quantificabili, bisogna invece incentivare interventi di riqualificazione globale energetica e sismica che prevedano l’analisi completa edificio-impianti, generando quindi risposte reali, all’involucro dell’edificio stesso. Questo sistema offrirà una buona sostenibilità economica all’investimento e un sicuro gettito fiscale magari distribuito in più annualità, permettendo quindi di ottenere oltre ad un incremento di interventi all’interno del settore edilizio, anche di andare incontro ad una politica sociale di green economy oggi tanto chiamata in causa quanto necessaria.Quattro, forse cinque anni, sarebbero sufficienti da un lato ad invogliare investitori con quote annuali relativamente ridotte e dall’altro ad assicurare allo Stato un gettito fiscale probabilmente più basso, ma sicuramente più uniforme e continuo nel tempo.

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Ezio Miozzo Presidente Commissione FOIV Ingegneria dell’Informazione

Oggi l’Italia è riconosciuta al 23-imo nelle classifiche internazionali dell’Information Technology su 66 paesi più industrializzati, le azioni legislative volte a usare le tecnologie informatiche per migliorare il rapporto della Pubblica Amministrazione con la cittadinanza e le imprese si sono infrante contro la mancanza di risorse e la ridotta comprensione delle potenzialità di efficienza, di risparmio e di innovazione nei processi amministrativi che esse portano.I contenuti informativi e i dati in possesso delle amministrazioni pubbliche, grazie all’evoluzione continua delle tecnologie telematiche e informatiche, rappresentano oggi una straordinaria occasione per rendere più trasparenti le azioni dei governi e delle amministrazioni, per erogare servizi più efficienti ma anche, favorendone il riuso da parte di altri soggetti pubblici o privati, per essere utilizzati in ambiti differenti da quelli per i quali sono stati prodotti o raccolti: non solo quindi per attività amministrative, di ricerca, di informazione o di pianificazione e controllo, ma anche e sempre più imprenditoriali.Questo è possibile grazie agli “open data - dati aperti”, tipologie di dati liberamente accessibili a tutti, privi di brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la riproduzione. É significativo, a mio avviso, che si parli di open data proprio qui a Padova, dove quasi 40 anni fa, grazie anche alla preveggenza di un amministratore pubblico, il prof. Mario Volpato allora presidente della locale Camera di Commercio, venne costituita la società nazionale delle Camere di Commercio, che proprio nella diffusione online dei dati raccolti “istituzionalmente” diede un incremento notevole sia all’economia che alla conoscenza e diffusione dei principali fenomeni economici e imprenditoriali.Gli Open data sono una immensa risorsa

Antonio Schillaci Presidente Ordine Ingegneri Vicenza

Tutto il comparto dell’edilizia, Impresa o Professionista, ed in generale tutto il mondo delle Professioni hanno una prerogativa specifica rispetto agli altri settori del cosiddetto libero mercato: non si può scegliere il prodotto finito, toccato con mano e paragonato nel prezzo e nelle prestazioni agli altri prodotti della concorrenza.Si può scegliere solo l’offerta economica, consci che quello che verrà non avrà mai modo di confrontarsi con quello che un altro professionista o un’altra impresa avrebbe potuto fare.E allora, una volta scelta l’offerta più bassa, saremo sicuri di avere lo stesso prodotto?L’area di manovra che permette il miglior rientro degli sconti fatti è certamente la Direzione dei Lavori ed il Coordinamento della Sicurezza: qui la documentazione da produrre è poca cosa rispetto alle mansioni che si dovrebbero svolgere: proprio quel controllo della qualità dei materiali e della realizzazione delle opere sulle quali le Imprese cercano il risparmio.Analogamente, se il Professionista si è già “mangiato” quasi tutto il compenso con la sola progettazione, sarà difficile vederlo girare spesso in cantiere per controllare che tutti i lavori procedano nella massima sicurezza: probabilmente lo troveremo solo nella baracca di cantiere, a stilare il Verbale di “visita”, o sarebbe meglio di saluto!É questo quello che vogliamo?

ancora in gran parte inutilizzata. Ci sono molte circostanze in cui possiamo attenderci che i dati aperti abbiano un valore rilevante e molti esempi in cui questo già accade. Ci sono anche numerose categorie di soggetti e organizzazioni che possono trarre beneficio dalla disponibilità di dati aperti, inclusa la stessa pubblica amministrazione che li possiede. Allo stesso tempo non è possibile predire come e dove sarà creato valore perché questo nasce dalla capacità e dall’inventiva di porre in relazione i dati in modi prima non pianificati creando nuove conoscenze e rendendole disponibili.Gli open data costituiscono un tassello importante dell’open government e possono creare valore in molte aree:• Partecipazione• Miglioramento o creazione di prodotti e

servizi privati• Innovazione• Miglioramento dell’efficienza dei servizi

pubblici• Miglioramento dell’efficacia dei servizi

pubblici• Purtroppo essi sono anche visti con

“sospetto” dalle forze politiche e dall’amministrazione perché producono valore anche nelle aree:

• Trasparenza e controllo democratico• Misurazione dell’impatto delle politiche

pubbliche• Strumento di governo informato e quindi

si adducono spesso scuse pretestuose (vedi tutela della privacy) per ridurne l’uso e le potenzialità.

Quindi ignoranza, sospetto, mancanza di risorse stanno oggi impedendo a questo modo di affrontare i processi amministrativi e di spiegare le ali della sua potenzialità.Quali impegni per il governo che verrà?

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La Federazione degli Ordini degli Ingegneri del Veneto presenta tre progetti concreti in materia di sicurezza, ambiente e open data utili per aprire un proficuo confronto sul futuro del nostro Paese.