"Aida" Programm di sala

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GIUSEPPE VERDI AIDA

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GIUSEPPE VERDI

AIDA

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IDA

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AIDA

FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

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AIDAopera in quattro atti di

ANTONIO GHISLANZONI

musica di

GIUSEPPE VERDI

PALAFENICE AL TRONCHETTOVenerd 4 dicembre 1998, ore 20.00, turno A

Sabato 5 dicembre 1998, ore 15.30, XVII Stagione Lirica di PadovaDomenica 6 dicembre 1998, ore 15.30, turno B

Mercoled 9 dicembre 1998, ore 20.00, turno DGioved 10 dicembre 1998, ore 20.00, turno E

Venerd 11 dicembre 1998, ore 20.00, fuori abb.Domenica 13 dicembre 1998, ore 15.30, turno C

FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

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Giuseppe Verdi ritratto da Karl Jaeger.

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SOMMARIO

7IL LIBRETTO

34STRUTTURA MUSICALE DELL OPERA

38AIDA IN BREVE

42ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG

55MARCELLO CONATI

UN OPERA DA GRANDE BOUTIQUE

79FABRIZIO DELLA SETA

O CIELI AZZURRIPLURISTILISMO E DISCORSO DRAMMATICO

95LA LOCANDINA

98BIOGRAFIE

I programmi di sala del Teatro La Fenice sono a cura di Cristiano Chiarot,collaborano Paolo Cecchi e Luca Zoppelli per la parte musicologica,

Maria Teresa Muraro per la ricerca iconografica; cura redazionale Carlida Steffan.

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Mario Ceroli, bozzetti per Aida (atto I). Venezia, Teatro La Fenice, 1978. Allestimento ripreso alPalaFenice, dicembre 1998. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

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IL LIBRETTO

AIDAopera in quattro atti

di

ANTONIO GHISLANZONI

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Mario Ceroli, bozzetti per Aida (atto II e atto III). Venezia, Teatro La Fenice, 1978. Allestimento ripreso alPalaFenice, dicembre 1998. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

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PPeerrssoonnaaggggii

IL RE

AMNERIS, sua figlia

AIDA, schiava etiope

RADAMÈS, capitano delle guardie

RAMFIS, capo dei sacerdoti

AMONASRO, Re d’Etiopia e padre di Aida

UN MESSAGGERO

Sacerdoti, Sacerdotesse, Ministri,

Capitani, Soldati, Funzionarî

Schiavi e Prigionieri Etiopi, Popolo Egizio, ecc., ecc.

L’azione ha luogo a Menfi e a Tebe, all’epoca della potenza dei Faraoni.

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Foto di scena di Aida. Scene di Mario Ceroli e regia di Mauro Bolognini. Venezia, Teatro La Fenice, 1978.Allestimento ripreso al PalaFenice, dicembre 1998. (Archivio storico del Teatro La Fenice).

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ATTO PRIMO

SCENA PRIMASala nel Palazzo del Re a Menfi. A destra e a si-nistra una colonnata con statue e arbusti in fio-re. Grande porta nel fondo, da cui appariscono itempli, i palazzi di Menfi e le Piramidi.RADAMÈS, RAMFIS.

RAMFIS

Sì: corre voce che l’Etiope ardiscaSfidarci ancora, e del Nilo la valleE Tebe minacciar – Fra breve un messoRecherà il ver.

RADAMÈS:La sacra

Iside consultasti?

RAMFIS

Ella ha nomatoDelle Egizie falangiIl condottier supremo.

RADAMÈS

Oh lui felice!

RAMFIS

(con intenzione, fissando Radamès)Giovane e prode è desso – Ora, del NumeReco i decreti al Re.

(Esce.)

RADAMÈS

(solo)Se quel guerriero

Io fossi! se il mio sognoSi avverasse!… Un esercito di prodiDa me guidato… e la vittoria… e il plausoDi Menfi tutta! – E a te, mia dolce Aida,Tornar di lauri cinto…Dirti: per te ho pugnato e per te ho vinto!

Celeste Aida, forma divina,Mistico serto di luce e fior;Del mio pensiero tu sei regina,Tu di mia vita sei lo splendor.Il tuo bel cielo vorrei ridarti,

Le dolce brezze del patrio suol;Un regal serto sul crin posarti,Ergerti un trono vicino al sol.

AMNERIS e detto.

AMNERIS

Quale insolita fiammaNel tuo sguardo! Di qualeNobil fierezza ti balena il volto!Degna di invidia oh! quantoSaria la donna il cui bramato aspettoTanta luce di gaudio in te destasse!

RADAMÈS

D’un sogno avventurosoSi beava il mio cuore – Oggi, la Diva Profferse il nome del guerrier che al campoLe schiere egizie condurrà… S’io fossiA tale onor prescelto…

AMNERIS

Né un altro sogno maiPiù gentil… più soave…Al cuore ti parlò?… Non hai tu in MenfiDesiderii… speranze?…

RADAMÈS

Io!… (quale inchiesta!)(Forse… l’arcano amoreScoprì che m’arde in core…Della sua schiava il nomeMi lesse nel pensier!)

AMNERIS

(Oh! guai se un altro amoreArdesse a lui nel core!…Guai se il mio sguardo penetraQuesto fatal mister!)

AIDA e detti.

RADAMÈS

(vedendo Aida)Dessa!

AMNERIS

(Ei si turba… e qualeSguardo rivolse a lei!Aida!… a me rivale…Forse saria costei?)

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(Dopo breve silenzio, volgendosi ad Aida.)

Vieni, o diletta, appressati…Schiava non sei né ancellaQui dove in dolce fascinoIo ti chiamai sorella…Piangi?… delle tue lacrimeSvela il segreto a me.

AIDA

Ohimè! di guerra fremereL’atroce grido io sento…Per la infelice patria,Per me… per voi pavento.

AMNERIS

Favelli il ver? né s’agitaPiù grave cura in te?

(Aida abbassa gli occhi e cerca dissimulare ilproprio turbamento.)

AMNERIS

(guardando Aida)(Trema; o rea schiava, ah! tremaCh’io nel tuo cor discenda!…Trema che il ver mi apprendaQuel pianto e quel rossor!)

AIDA

(No, sull’afflitta patriaNon geme il cor soltanto;Quello ch’io verso è piantoDi sventurato amor.)

RADAMÈS

(guardando Amneris)(Nel volto a lei balenaLo sdegno ed il sospetto…Guai se l’arcano affettoA noi leggesse in cor!)

IL RE, preceduto dalle sue guardie e seguito daRAMFIS, dai MINISTRI, SACERDOTI, CAPITANI, ecc., ecc.Un Uffiziale di Palazzo, indi un MESSAGGIERO.

IL RE

Alta cagion vi aduna,O fidi Egizii, al vostro Re d’intorno.Dal confin d’Etiópia un MessaggieroDianzi giungea – gravi novelle ei reca…

Vi piaccia udirlo…(Ad un Uffiziale.)

Il Messaggier si avanzi!

MESSAGGIERO

Il sacro suolo dell’Egitto è invasoDai barbari Etiópi – i nostri campiFur devastati… arse le messi… e baldiDella facil vittoria, i predatoriGià marciano su Tebe…

TUTTI

Ed osan tanto!

MESSAGGIERO

Un guerriero indomabile, feroce,Li conduce – Amonasro.

TUTTI

Il Re!

AIDA

(Mio padre!)

MESSAGGIERO

Già Tebe è in armi e dalle cento porteSul barbaro invasoreProromperà, guerra recando e morte.

IL RE

Sì: guerra e morte il nostro grido sia.

TUTTI

Guerra! Guerra!

IL RE

Tremenda, inesorata…(Accostandosi a Radamès.)Iside venerataDi nostre schiere invitteGià designava il condottier supremo.Radamès.

TUTTI

Radamès!

RADAMÈS

Sien grazie ai Numi!I miei voti fur paghi.

AMNERIS

(Ei duce!)

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AIDA

(Io tremo).

IL RE

Or, di Vulcano al tempioMuovi o guerrier – Le sacreArmi ti cingi e alla vittoria vola.Su! del Nilo al sacro lidoAccorrete, Egizii eroi;Da ogni cor prorompa il gridoGuerra e morte allo stranier!

RAMFIS e SARCEDOTI

Gloria ai Numi! ognun rammentiCh’essi reggono gli eventi –Che in poter dei Numi soloStan le sorti dei guerrier.

MINISTRI, CAPITANI

Su! del Nilo al sacro al lidoSien barriera i nostri petti;Non echeggi che un sol grido:Guerra e morte allo stranier!

RADAMÈS

Sacro fremito di gloriaTutta l’anima mi investe –Su! corriamo alla vittoria!Guerra e morte allo stranier!

AMNERIS

(recando una bandiera e consegnadola a Ra-damès)Di mia man ricevi, o duce,Il vessillo glorïoso;Ti sia guida, ti sia luceDella gloria sul sentier.

AIDA

(Per chi piango? per chi prego?…Qual poter m’avvince a lui!Deggio amarlo… ed è costuiUn nemico… uno stranier!)

TUTTI

Guerra! guerra! sterminio all’invasor!Va, Radamès, ritorna vincitor!

(Escono tutti meno Aida.)

AIDA

Ritorna vincitor!… E dal mio labbro

Uscì l’empia parola! – Vincitore

Del padre mio… di lui che impugna l’armiPer me… per ridonarmiUna patria, una reggia! e il nome illustreChe qui celar mi è forza – VincitoreDe’ miei fratelli… ond’io lo vegga, tintoDel sangue amato, trionfar nel plausoDell’Egizie coorti!… E dietro il carro,Un Re… mio padre… di catene avvinto!…L’insana parolaO Numi sperdete!Al seno d’un padreLa figlia rendete;Struggete le squadreDei nostri oppressor!Sventurata! che dissi!… e l’amor mio?…Dunque scordar poss’ioQuesto fervido amor che oppressa e schiavaCome raggio di sol qui mi beava?Imprecherò la morteA Radamès… a lui che amo pur tanto!Ah! non fu in terra maiDa più crudeli angoscie un core affranto.I sacri nomi di padre… di amanteNé profferir poss’io, né ricordar…Per l’un… per l’altro… confusa… tremante…Io piangere vorrei… vorrei pregar.Ma la mia prece in bestemmia si muta…Delitto è il pianto a me… colpa il sospir…In notte cupa la mente è perduta…E nell’ansia crudel vorrei morir.Numi, pietà – del mio soffrir!Speme non v’ha – pel mio dolor…Amor fatal – tremendo amorSpezzami il cor – fammi morir!

(Esce.)

SCENA SECONDAInterno del Tempio di Vulcano a Menfi. Una lu-ce misteriosa scende dall’alto. Una lunga fila dicolonne, l’una all’altra addossate, si perde fra letenebre. Statue di varie Divinità. Nel mezzo del-la scena, sovra un palco coperto da tappeti, sor-ge l’altare sormontato da emblemi sacri. Dai tri-podi d’oro si innalza il fumo degli incensi.SACERDOTI e SACERDOTESSE. RAMFIS ai piedi dell’al-tare. A suo tempo, RADAMÈS. Si sente dall’internoil canto delle SACERDOTESSE accompagnato dallearpe.

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SACERDOTESSE

(nell’interno)Immenso Fthà, del mondoSpirito animator,Noi ti invochiamo!Immenso Fthà, del mondoSpirto fecondator,Noi ti invochiamo!Fuoco increato, eterno,Onde ebbe luce il sol,Noi ti invochiamo!

SACERDOTI

Tu che dal nulla hai trattoL’onde, la terra e il ciel,Noi ti invochiamo!Nume che del tuo spiritoSei figlio e genitor,Noi ti invochiamo!Vita dell’Universo,Mito di eterno amor,Noi ti invochiamo!

(Radamès viene introdotto senz’armi. Mentre va al-l’altare, le Sacerdotesse eseguiscono la danza sacra.Sul capo di Radamès vien steso un velo d’argento.)

RAMFIS

Mortal, diletto ai Numi – A te fidateSon d’Egitto le sorti. – Il sacro brandoDal Dio temprato, per tua man diventiAi nemici terror, folgore, morte.(Volgendosi al Nume)Nume, custode e vindiceDi questa sacra terra,La mano tua distendiSovra l’egizio suol.RADAMÈS

Nume, che duce ed arbitroSei d’ogni umana guerra,Proteggi tu, difendiD’Egitto il sacro suol!

(Mentre Radamès viene investito delle armi sa-cre, le Sacerdotesse ed i Sacerdoti riprendonol’Inno religioso e la mistica danza.)

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Foto di scena di Aida. Scene di Mario Ceroli e regia di Mauro Bolognini. Venezia, Teatro La Fenice, 1978.Allestimento ripreso al PalaFenice, dicembre 1998. (Archivio storico del Teatro La Fenice).

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Foto di scena di Aida. Allestimento scenico di Mario Chiari. Venezia, Teatro La Fenice, 1961. (Archivio storico del Teatro La Fenice).

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Aldo Calvo, bozzetto per Aida (atto II, 1). Venezia, Teatro La Fenice, 1940. (Archivio storico del Teatro La Fenice).

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMAUna sala nell’Appartamento di Amneris.AMNERIS circondata dalle SCHIAVE che l’abbiglia-no per la festa trionfale. Dai tripodi si eleva ilprofumo degli aromi. Giovani schiavi mori dan-zando agitano i ventagli di piume.

SCHIAVE

Chi mai fra gli inni e i plausiErge alla gloria il vol,Al par di un Dio terribile,Fulgente al par del sol?Vieni: sul crin ti piovanoContesti ai lauri i fior;Suonin di gloria i canticiCoi cantici d’amor.

AMNERIS

(Vieni, amor mio, mi inebbria…Fammi beato il cor!)

SCHIAVE

Or, dove son le barbareOrde dello stranier?Siccome nebbia sparveroAl soffio del guerrier.Vieni: di gloria il premioRaccogli, o vincitor;T’arrise la vittoria,T’arriderà l’amor.

AMNERIS

(Vieni, amor mio, ravvivami d’un caro accento ancor!)Silenzio! Aida verso noi si avanza…Figlia dei vinti, il suo dolor mi è sacro.(Ad un cenno di Amneris tutti si allontanano.)Nel rivederla, il dubbioAtroce in me si desta…Il mistero fatal si squarci alfine!

AMNERIS, AIDA.

AMNERIS

(ad Aida con simulata amorevolezza)Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta,

Povera Aida! – Il luttoChe ti pesa sul cor teco divido.Io son l’amica tua…Tutto da me tu avrai – vivrai felice!

AIDA

Felice esser poss’ioLungi dal suol natio… qui dove ignotaM’è la sorte del padre e dei fratelli?…

AMNERIS

Ben ti compiango! pure hanno un confineI mali di quaggiù… Sanerà il tempoLe angosce del tuo core…E più che il tempo, un Dio possente… amore.

AIDA

(vivamente commossa)(Amore! amore! – gaudio… tormento…Soave ebbrezza – ansia crudel…Ne’ tuoi dolori – la vita io sento…Un tuo sorriso – mi schiude il ciel.)

AMNERIS

(guardando Aida fissamente)(Ah! quel pallore… – quel turbamentoSvelan l’arcana – febbre d’amor…D’interrogarla – quasi ho sgomento…Divido l’ansie – del suo terror.)(Ad Aida, fissandola attentamente)Ebben: qual nuovo fremitoTi assal, gentile Aida?I tuoi segreti svelami,All’amor mio ti affida…Tra i forti che pugnaronoDella tua patria a danno.Qualcuno… un dolce affanno…Forse… a te in cor destò?…

AIDA

Che parli?…

AMNERIS

A tutti barbaraNon si mostrò la sorte…Se in campo il duce impavidoCadde trafitto a morte…

AIDA

Che mai dicesti! ahi misera!…

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AMNERIS

Sì… Radamès da’ tuoiFu spento… E pianger puoi?…

AIDA

Per sempre io piangerò!

AMNERIS

Gli Dei t’han vendicata…

AIDA

Avversi sempreMi furo i Numi…

AMNERIS

(prorompendo con ira)Ah! trema! in cor ti lessi…

Tu l’ami…

AIDA

Io!…

AMNERIS

Non mentire!…Un detto ancora e il veroSaprò… Fissami in volto…Io t’ingannai… Radamès vive…

AIDA

(con esaltazione, inginocchiandosi)Ei vive!

Sien grazie ai Numi!

AMNERIS

E mentir speri ancora?…Sì… tu l’ami… Ma l’amo(nel massimo furore)Anch’io… comprendi tu?… son tua rivale…Figlia dei Faraoni…

AIDA

(con orgoglio, alzandosi)Mia rivale!…

Ebben sia pure… Anch’io…Son tal…(Reprimendosi.)

Che dissi mai?… pietà! perdono!Pietà ti prenda del mio dolore…È vero… io l’amo d’immenso amore…Tu sei felice… tu sei possente…Io vivo solo per questo amor.

AMNERIS

Trema, o vil schiava! spezza il tuo core…Segnar tua morte può questo amore…Del tuo destino arbitra io sono,D’odio e vendetta le furie ho in cor.

(Suoni interni.)

Alla pompa che si appresta,Meco, o schiava, assisterai;Tu prostrata nella polve,Io sul trono, accanto al re.Vien… mi segui… e apprenderaiSe lottar tu puoi con me.

AIDA

Ah! pietà!… che più mi resta?Un deserto è la mia vita:Vivi e regna, il tuo furoreIo fra breve placherò.Questo amore che ti irritaNella tomba spegnerò.

SCENA SECONDAUno degli ingressi della Città di Tebe. Sul davan-ti un gruppo di palme. A destra il tempio di Am-mone. A sinistra un trono sormontato da un bal-dacchino di porpora. Nel fondo una porta trion-fale. La scena è ingombra di popolo.Entra il RE, seguito dai MINISTRI, SACERDOTI, CAPI-TANI, FLABELLIFERI, PORTA INSEGNE, ecc., ecc. Quin-di AMNERIs con AIDA e SCHIAVE. Il RE va a sederesul trono. AMNERIS prende posto alla sinistra delRe.

POPOLO

Gloria all’Egitto e ad IsideChe il sacro suol protegge;Al Re che il Delta reggeInni festosi alziam!Vieni, o guerriero vindice,Vieni a gioir con noi;Sul passo degli eroiI lauri e i fior versiam!

DONNE

S’intrecci il loto al lauroSul crin dei vincitori;Nembo gentil di fiori

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Mario Chiari, bozzetto per Aida (atto II, 2). Venezia, Teatro La Fenice, 1961.(Archivio storico del Teatro La Fenice).

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Stenda sull’armi un vel.Danziam, fanciulle egizie,Le mistiche carole,Come d’intorno al soleDanzano gli astri in ciel!

SACERDOTI

Della vittoria agli arbitriSupremi il guardo ergete;Grazie agli Dei rendeteNel fortunato dì.Così per noi di gloriaSia l’avvenir segnato,Né mai ci colga il fatoChe i barbari colpì.

(Le truppe Egizie precedute dalle fanfare sfilanodinanzi al Re. Seguono i carri di guerra, le inse-gne, i vasi sacri, le statue degli Dei. Un drappel-lo di danzatrici che recano i tesori dei vinti. Daultimo, Radamès, sotto un baldacchino portatoda dodici uffiziali.)

IL RE

(che scende dal trono per abbracciare Radamès)Salvator della patria, io ti saluto.Vieni, e mia figlia di sua man ti porgaIl serto trionfale.

(Radamès si inchina davanti Amneris che gliporge la corona.)

IL RE

(a Radamès)Ora, a me chiedi

Quanto più brami. Nulla a te negatoSarà in tal dì – lo giuroPer la corona mia, pei sacri Numi.

RADAMÈS

Concedi in pria che innanzi a te sien trattiI prigionier…

(Entrano fra le guardie i prigionieri Etiopi, ulti-mo Amonasro, vestito da uffiziale.)

AIDA

Che veggo!… Egli?… mio padre!

TUTTI

Suo padre!

AMNERIS

In poter nostro!…

AIDA

(abbracciando il padre)Tu! Prigionier!

AMONASRO

(piano ad Aida)Non mi tradir…

IL RE

(ad Amonasro)Ti appressa…

Dunque… tu sei?…

AMONASRO

Suo padre – Anch’io pugnai…Vinti noi fummo e morte invan cercai.(Accennando alla divisa che lo veste.)Questa assisa ch’io vesto vi dicaChe il mio Re, la mia patria ho difeso;Fu la sorte a nostr’armi nemica…Tornò vano dei forti l’ardir.Al mio piè nella polve distesoGiacque il Re da più colpi trafitto;Se l’amor della patria è delittoSiam rei tutti, siam pronti a morir!(Volgendosi al Re con accento supplichevole.)Ma tu, o Re, tu signore possente,A costoro ti volgi clemente…Oggi noi siam percossi dal fato,Doman voi potria il fato colpir.

AIDA, PRIGIONIERI, SCHIAVE

Sì: dai Numi percossi noi siamo;Tua pietà, tua clemenza imploriamo;Ah! giammai di soffrir vi sia datoCiò che in oggi n’è dato soffrir!

RAMFIS, SACERDOTI

Struggi, o Re, queste ciurme feroci,Chiudi il core alle perfide voci.Fur dai Numi votati alla morte,Si compisca dei Numi il voler!

POPOLO

Sacerdoti, gli sdegni placate,L’umil prece dei vinti ascoltate;E tu, o Re, tu possente, tu forte,A clemenza dischiudi il pensier.

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RADAMÈS

(fissando Aida)(Il dolor che in quel volto favellaAl mio sguardo la rende più bella;Ogni stilla del pianto adoratoNel mio petto ravviva l’amor.)

AMNERIS

(Quali sguardi sovr’essa ha rivolti!Di qual fiamma balenano i volti!E a tal sorte serbata son io?…La vendetta mi regge nel cor.)

IL RE

Or che fausti ne arridon gli eventiA costoro mostriamci clementi;La pietà sale ai Numi graditaE rafferma dei Prenci il poter.

RADAMÈS

(al Re)O Re: pei sacri Numi,Per lo splendore della tua corona,Compier giurasti il voto mio…

IL RE

Giurai.

RADAMÈS

Ebbene: a te pei prigionieri EtiopiVita domando e libertà.

AMNERIS

(Per tutti!)

SACERDOTI

Morte ai nemici della patria!

POPOLO

GraziePer gli infelici!

RAMFIS

Ascolta, o Re – (a Radamès)

Tu pureGiovine eroe, saggio consiglio ascolta:Son nemici e prodi sono…La vendetta hanno nel cor,Fatti audaci dal perdonoCorreranno all’armi ancor!

RADAMÈS

Spento Amonasro il re guerrier, non restaSperanza ai vinti.

RAMFIS

Almeno,Arra di pace e securtà, fra noiResti col padre Aida…Gli altri sien sciolti…

IL RE

Al tuo consiglio io cedo.Di securtà, di pace un miglior pegnoOr io vuo’ darvi – Radamès, la patria Tutto a te deve – D’Amneris la manoPremio ti sia. Sovra l’Egitto un giornoCon essa regnerai…

AMNERIS

(Venga or la schiava,Venga a rapirmi l’amor mio… se l’osa!)

IL RE

Gloria all’Egitto e ad IsideChe il sacro suol difende,S’intrecci il loto al lauroSul crin del vincitor!

SACERDOTI

Inni leviamo ad IsideChe il sacro suol difende;Preghiam che i fati arridanoFausti alla patria ognor.

AIDA

(Qual speme omai più restami?A lui la gloria e il trono…A me l’oblio… le lacrimeDi disperato amor.)

PRIGIONIERI

Gloria al clemente EgizioChe i nostri ceppi ha sciolto,Che ci ridona ai liberiSolchi del patrio suol!

RADAMÈS

(D’avverso Nume il folgoreSul capo mio discende…Ah no! d’Egitto il soglioNon val d’Aida il cor.)

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AMNERIS

(Dall’inatteso giubiloInebbriata io sono;Tutti in un dì si compionoI sogni del mio cor.)

AMONASRO

(ad Aida)Fa cor: della tua patria

I lieti eventi aspetta;Per noi della vendettaGià prossimo è l’albor.

POPOLO

Gloria all’Egitto e ad IsideChe il sacro suol difende!S’intrecci il loto al lauroSul crin del vincitor!

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Aldo Calvo, bozzetto per Aida (atto II, 2). Venezia, Teatro La Fenice 1940. (Archivio storico del Teatro La Fenice).

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Aldo Calvo, bozzetto per Aida (atto III). Venezia, Teatro La Fenice 1940. (Archivio storico del Teatro La Fenice).

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ATTO TERZO

Le Rive del Nilo.Rocce di granito fra cui crescono dei palmizii.Sul vertice delle rocce il tempio d’Iside per metànascosto tra le fronde. È notte stellata. Splendoredi luna.

CORO

(nel tempio)O tu che sei d’OsirideMadre immortale e sposa,Diva che i casti palpitiDesti agli umani in cor;Soccorri a noi pietosa,Madre d’eterno amor.

(Da una barca che approda alla riva, discendonoAmneris, Ramfis, alcune donne coperte da fittovelo e Guardie.)

RAMFIS

(ad Amneris)Vieni d’Iside al tempio – alla vigiliaDelle tue nozze, imploraDella Diva il favore – Iside leggeDei mortali nel cuore – ogni misteroDegli umani a lei noto.

AMNERIS

Sì: pregherò che Radamès mi doniTutto il suo cor, come il mio core a luiSacro è per sempre…

RAMFIS

EntriamoPregherai fino all’alba – io sarò teco.

(Tutti entrano nel tempio. Il coro ripete il cantosacro.)

AIDA

(entra cautamente coperta da un velo)– Qui Radamès verrà… Che vorrà dirmi?Io tremo… Ah! se tu vieniA recarmi, o crudel, l’ultimo addio,Del Nilo i cupi vorticiMi daran tomba… e pace forse… e oblio.

O cieli azzurri… o dolci aure nativeDove sereno il mio mattin brillò…O verdi colli… o profumate rive…O patria mia, mai più ti rivedrò!O fresche valli… o queto asil beatoChe un dì promesso dall’amor mi fu…Ahimè! d’amore il sogno è dileguato…O patria mia, non ti vedrò mai più!

AMONASRO, AIDA.

AIDA

Cielo! mio padre!

AMONASRO

A te grave cagioneMi adduce, Aida. Nulla sfugge al mioSguardo – D’amor ti struggiPer Radamès… ei t’ama… e qui lo attendi.Dei Faraon la figlia è tua rivale.Razza infame, aborrita e a noi fatale!

AIDA

E in suo potere io sto!… Io d’AmonasroFiglia!…

AMONASRO

In poter di lei!… No!… se lo bramiLa possente rival tu vincerai,E patria, e trono, e amor, tutto tu avrai.Rivedrai le foreste imbalsamate,Le fresche valli, i nostri templi d’ôr!…

AIDA

(con trasporto)Rivedrò le foreste imbalsamate…Le nostre valli… i nostri templi d’ôr!

AMONASRO

Sposa felice a lui che amasti tanto,Tripudii immensi ivi potrai gioir…

AIDA

(con trasporto)Un giorno solo di sì dolce incanto…Un’ora di tal gaudio… e poi morir!

AMONASRO

Pur rammenti che a noi l’Egizio immite,Le case, i templi e l’are profanò…Trasse in ceppi le vergini rapite…

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Madri… vecchi e fanciulli ei trucidò.

AIDA

Ah! ben rammento quegli infausti giorni!Rammento i lutti che il mio cor soffrì…Deh! fate o Numi che per noi ritorniL’alba invocata dei sereni dì.

AMONASRO

Non fia che tardi – In armi ora si destaIl popol nostro – tutto pronto è già…Vittoria avrem… Solo a saper mi restaQual sentiero il nemico seguirà…

AIDA

Chi scoprirlo potria? chi mai?

AMONASRO

Tu stessa!

AIDA

Io!…

AMONASRO

Radamès so che qui attendi… Ei t’ama…Ei conduce gli Egizii… Intendi?…

AIDA

Orrore!Che mi consigli tu? No! no! giammai!

AMONASRO

(con impeto selvaggio)Su, dunque! sorgeteEgizie coorti!Col fuoco struggeteLe nostre città…Spargete il terrore,Le stragi, le morti…Al vostro furorePiù freno non v’ha.

AIDA

Ah! padre!…

AMONASRO

(respingendola)Mia figlia

Ti chiami!…

AIDA

(atterrita e supplichevole)Pietà!

AMONASRO

Flutti di sangue scorronoSulle città dei vinti…Vedi?… dai negri vorticiSi levano gli estinti…Ti additan essi e gridano:Per te la patria muor!

AIDA

Pietà!…

AMONASRO

Una larva orribileFra l’ombre a noi s’affaccia…Trema! le scarne bracciaSul capo tuo levò…Tua madre ell’è… ravvisala…Ti maledice…

AIDA

(nel massimo terrore)Ah! no!…

Padre…

AMONASRO

(respingendola)Va, indegna! non sei mia prole…

Dei Faraoni tu sei la schiava.

AIDA

Padre, a costoro schiava io non sono…Non maledirmi… non imprecarmi…Tua figlia ancora potrai chiamarmi…Della mia patria degna sarò.

AMONASRO

Pensa che un popolo, vinto, straziatoPer te soltanto risorger può…

AIDA

O patria! o patria… quanto mi costi!

AMONASRO

Coraggio! ei giunge… là tutto udrò…

(Si nasconde fra i palmizii.)

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Page 26: "Aida" Programm di sala

RADAMÈS, AIDA.

RADAMÈS

Pur ti riveggo, mia dolce Aida…

AIDA

Ti arresta, vanne… che speri ancor?

RADAMÈS

A te dappresso l’amor mi guida.

AIDA

Te i riti attendono d’un altro amor.D’Amneris sposo…

RADAMÈS

Che parli mai?…Te sola, Aida, te deggio amar.Gli Dei mi ascoltano… tu mia sarai…

AIDA

D’uno spergiuro non ti macchiar!Prode t’amai, non t’amerei spergiuro.

RADAMÈS

Dell’amor mio dubiti, Aida?

AIDA

E comeSperi sottrarti d’Amneris ai vezzi,Del Re al voler, del tuo popolo ai voti,Dei sacerdoti all’ira?

RADAMÈS

Odimi, Aida.Nel fiero anelito di nuova guerraIl suolo Etiope si ridestò…I tuoi già invadono la nostra terra,Io degli Egizii duce sarò.Fra il suon, fra i plausi della vittoria,Al Re mi prostro, gli svelo il cor…Sarai tu il serto della mia gloria,Vivrem beati d’eterno amor.

AIDA

Né d’Amneris paventiIl vindice furor? la sua vendetta,Come folgor tremendaCadrà su me, sul padre mio, su tutti.

RADAMÈS

Io vi difendo.

AIDA

Invan! tu nol potresti…Pur… se tu m’ami… ancor s’apre una viaDi scampo a noi…

RADAMÈS

Quale?

AIDA

Fuggir…

RADAMÈS

Fuggire!

AIDA

(colla più viva espansione)Fuggiam gli ardori inospitiDi queste lande ignude;Una novella patriaAl nostro amor si schiude…Là… tra foreste vergini,Di fiori profumate,In estasi ignorateLa terra scorderem.

RADAMÈS

Sovra una terra estraniaTeco fuggir dovrei!Abbondonar la patria,L’are de’ nostri Dei!Il suol dov’io raccolsiDi gloria i primi allori,Come scordar potrem?

AIDA

Sotto il mio ciel, più liberoL’amor ne fia concesso;Ivi nel tempio istessoGli stessi Numi avrem.

RADAMÈS

(esitante)Aida!

AIDA

Tu non m’ami… Va! –

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Page 27: "Aida" Programm di sala

RADAMÈS

Non t’amo!Mortal giammai né DioArse d’amore al par del mio possente.

AIDA

Va… va… ti attende all’araAmneris…

RADAMÈS

No!… giammai!…

AIDA

Giammai, dicesti?Allor piombi la scureSu me, sul padre mio…

RADAMÈS

Ah no! fuggiamo!(Con appassionata risoluzione.)Sì: fuggiam da queste mura,Al deserto insiem fuggiamo;Qui sol regna la sventura, Là si schiude un ciel d’amor.I deserti interminatiA noi talamo saranno,Su noi gli astri brillerannoDi più limpido fulgor.

AIDA

Nella terra avventurataDe’ miei padri, il ciel ne attende;Ivi l’aura è imbalsamata,Ivi il suolo è aromi e fior.Fresche valli e verdi pratiA noi talami saranno, Su noi gli astri brillerannoDi più limpido fulgor.

AIDA, RADAMÈS

Vieni meco – insiem fuggiamoQuesta terra di dolor – Vieni meco – io t’amo, io t’amo!A noi duce fia l’amor.

(Si allontanano rapidamente.)

AIDA

(arrestandosi all’improvviso)Ma, dimmi: per qual viaEviterem le schiere

Degli armati?

RADAMÈS

Il sentier scelto dai nostriA piombar sul nemico fia desertoFino a domani…

AIDA

E quel sentier?…

RADAMÈS

Le goleDi Nápata…

AMONASRO, AIDA, RADAMÈS.

AMONASRO

Di Nápata le gole!Ivi saranno i miei…

RADAMÈS

Oh! chi ci ascolta?…

AMONASRO

D’Aida il padre e degli Etiopi il Re.

RADAMÈS

(agitatissimo)Tu! Amonasro!… tu il Re? Numi! che dissi?No!… non è ver!… sogno… delirio è questo…

AIDA

Ah no! ti calma… ascoltami,All’amor mio t’affida.

AMONASRO

A te l’amor d’AidaUn soglio innalzerà.

RADAMÈS

Per te tradii la patria!Io son disonorato…

AMONASRO

No: tu non sei colpevole –Era voler del fato…Vieni; oltre il Nil ne attendonoI prodi a noi devoti,Là del tuo core i votiCoronerà l’amor.

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Page 28: "Aida" Programm di sala

AMNERIS dal tempio, indi RAMFIS, SACERDOTI,GUARDIE e detti.

AMNERIS

Traditor!

AIDA

La mia rivale!…

AMONASRO

(avventandosi ad Amneris con un pugnale)Vieni a strugger l’opra mia!Muori!…

RADAMÈS

(frapponendosi)Arresta, insano!…

AMONASRO

Oh rabbia!

RAMFIS

Guardie, olà!

RADAMÈS

(ad Aida e Amonasro)Presto!… fuggite!…

AMONASRO

(trascinando Aida)Vieni o figlia!

RAMFIS

(alle Guardie)Li inseguite!

RADAMÈS

(a Ramfis)Sacerdote, io resto a te.

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Foto di scena di Aida (atto IV). Regia di Augusto Cardi. Venezia, Teatro La Fenice, 1956. (Archivio storico del Teatro La Fenice).

Page 29: "Aida" Programm di sala

ATTO QUARTO

SCENA PRIMASala nel Palazzo del Re.Alla sinistra, una gran porta che mette alla salasotterranea delle sentenze. Andito a destra checonduce alla prigione di Radamès.

AMNERIS

(mestamente atteggiata davanti la porta del sot-terraneo)L’abborrita rivale a me sfuggia…Dai sacerdoti Radamès attendeDei traditor la pena. – TraditoreEgli non è… Pur rivelò di guerraL’alto segreto… egli fuggir volea…Con lei fuggire… Traditori tutti!A morte! A morte!… Oh! che mai parlo? io l’amo…Io l’amo sempre… Disperato, insanoÈ questo amor che la mia vita struggeOh! s’ei potesse amarmi!…Vorrei salvarlo… E come?Si tenti!… Guardie: Radamès qui venga.

RADAMÈS (condotto dalle guardie), AMNERIS.

AMNERIS

Già i sacerdoti adunansiArbitri del tuo fato;Pur della accusa orribileScolparti ancor ti è dato;Ti scolpa, e la tua graziaIo pregherò dal trono,E nunzia di perdono,Di vita, a te sarò.

RADAMÈS

Di mie discolpe i giudiciMai non udran l’accento;Dinanzi ai Numi e agli uominiNé vil, né reo mi sento.Profferse il labbro incautoFatal segreto, è vero,Ma puro il mio pensieroE l’onor mio restò.

AMNERIS

Salvati dunque e scolpati.

RADAMÈS

No.

AMNERIS

Tu morrai…

RADAMÈS

La vitaAbborro; d’ogni gaudioLa fonte inaridita,Svanita ogni speranza,Sol bramo di morir.

AMNERIS

Morire!… ah!… tu dei vivere!…Sì, all’amor mio vivrai;Per te le angoscie orribiliDi morte io già provai;T’amai… soffersi tanto…Vegliai le notti in pianto…E patria, e trono, e vitaTutto darei per te.

RADAMÈS

Per essa anch’io la patriaE l’onor mio tradiva…

AMNERIS

Di lei non più!…

RADAMÈS

L’infamiaMi attende e vuoi che io viva?…Misero appien mi festi,Aida a me togliesti,Spenta l’hai forse… e in donoOffri la vita a me?

AMNERIS

Io… di sua morte origine!No!… vive Aida…

RADAMÈS

Vive!

AMNERIS

Nei disperati anelitiDell’orde fuggitiveSol cadde il padre…

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Page 30: "Aida" Programm di sala

RADAMÈS

Ed ella?…

AMNERIS

Sparve, né più novellaS’ebbe…

RADAMÈS

Gli dei l’adducanoSalva alle patrie mura,E ignori la sventuraDi chi per lei morrà!

AMNERIS

Or, s’io ti salvo, giuramiChe più non la vedrai…

RADAMÈS

Nol posso!…

AMNERIS

A lei rinunziaPer sempre… e tu vivrai!…

RADAMÈS

Nol posso!

AMNERIS

Anco una volta:A lei rinunzia…

RADAMÈS

È vano…

AMNERIS

Morir vuoi dunque, insano?

RADAMÈS

Pronto a morir son già.

AMNERIS

Chi ti salva, o sciagurato,Dalla sorte che ti aspetta?In furore hai tu cangiatoUn amor che ugual non ha.De’ miei pianti la vendettaOra il cielo compirà.

RADAMÈS

È la morte un ben supremoSe per lei morir m’è dato;

Nel subir l’estremo fatoGaudii immensi il core avrà;L’ira umana io più non temo,Temo sol la tua pietà.

(Radamès parte circondato dalle guardie.)

AMNERIS

(cade desolata su un sedile)Ohimè!… morir mi sento… Oh! chi lo salva?E in poter di costoroIo stessa lo gettai!… Ora, a te imprecoAtroce gelosia, che la sua morteE il lutto eterno del mio cor segnasti!(Si volge e vede i Sacerdoti che attraversano lascena per entrare nel sotterraneo.)Che veggo! Ecco i fatali,Gli inesorati ministri di morte…Oh! ch’io non vegga quelle bianche larve!

(Si copre il volto colle mani.)

SACERDOTI

(nel sotterraneo)Spirto del Nume sovra noi discendi!Ne avviva al raggio dell’eterna luce;Pel labbro nostro tua giustizia apprendi.

AMNERIS

Numi, pietà del mio straziato core…Egli è innocente, lo salvate, o Numi!Disperato, tremendo è il mio dolore!

(Radamès fra le guardie attraversa la scena escende nel sotterraneo, Amneris, al vederlo,mette un grido.)

RAMFIS

(nel sotterraneo)Radamès – Radamès: tu rivelastiDella patria i segreti allo straniero…

SACERDOTI

Discolpati!

RAMFIS

Egli tace…

TUTTI

Traditor!

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Page 31: "Aida" Programm di sala

RAMFIS

Radamès, Radamès: tu disertastiDal campo il dì che precedea la pugna.

SACERDOTI

Discolpati!

RAMFIS

Egli tace…

TUTTI

Traditor!

RAMFIS

Radamès, Radamès: tua fè violasti,Alla patria spergiuro, al Re, all’onor.

SACERDOTI

Discolpati!

RAMFIS

Egli tace…

TUTTI

Traditor!Radamès: è deciso il tuo fato;Degli infami la morte tu avrai;Sotto l’ara del Nume sdegnatoA te vivo fia schiuso l’avel.

AMNERIS

A lui vivo… la tomba… oh! gli infami!Né di sangue son paghi giammai…E si chiaman ministri del ciel!(Investendo i Sacerdoti che escono dal sotterra-neo.)Sacerdoti: compiste un delitto…Tigri infami di sangue assetate…Voi la terra ed i Numi oltraggiate…Voi punite chi colpa non ha.

SACERDOTI

È traditor! morrà.

AMNERIS

(a Ramfis)Sacerdote: quest’uomo che uccidi,Tu lo sai… da me un giorno fu amato…L’anatéma d’un core straziatoCol suo sangue su te ricadrà!

SACERDOTI

È traditor! morrà.

(Si allontanano lentamente.)

AMNERIS

Empia razza! anatéma! su voiLa vendetta del ciel scenderà!

(Esce disperata.)

SCENA SECONDALa scena è divisa in due piani.Il piano superiore rappresenta l’interno del tem-pio di Vulcano splendente d’oro e di luce: il pia-no inferiore un sotterraneo. Lunghe file d’arcatesi perdono nell’oscurità. Statue colossali d’Osiri-de colle mani incrociate sostengono i pilastridella volta.RADAMÈS è nel sotteraneo sui gradini della scalaper cui è disceso. Al di sopra, due Sacerdoti in-tenti a chiudere la pietra del sotterraneo.

RADAMÈS

La fatal pietra sovra me si chiuse…Ecco la tomba mia. – Del dì la lucePiù non vedrò… Non rivedrò più Aida…– Aida, ove sei tu? Possa tu almenoViver felice e la mia sorte orrendaSempre ignorar! – Qual gemito!… Una larva…Una vision… No! forma umana è questa…Cielo!… Aida!

AIDA

Son io…

RADAMÈS

Tu… in questa tomba!

AIDA

Presago il core della tua condanna,In questa tomba che per te si aprivaIo penetrai furtiva…E qui lontana da ogni umano sguardoNelle tue braccia desiai morire.

RADAMÈS

Morir! sì pura e bella!

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Page 32: "Aida" Programm di sala

Morir per me d’amore…Degli anni tuoi nel fioreFuggir la vita!T’avea il cielo per l’amor creata,Ed io t’uccido per averti amata!No, non morrai!Troppo io t’amai!…Troppo sei bella!

AIDA

(vaneggiando)Vedi?… di morte l’angeloRadiante a noi si appressa…Ne adduce a eterni gaudiiSovra i suoi vanni d’ôr.Su noi già il ciel dischiudesi…Ivi ogni affanno cessa…Ivi comincia l’estasiD’un immortale amor.

(Canti e danze delle sacerdotesse nel tempio.)

AIDA

Triste canto!…

RADAMÈS

Il tripudioDei Sacerdoti…

AIDA

Il nostro inno di morte…

RADAMÈS

(cercando di smuovere la pietra del sotterraneo)Né le mie forti bracciaSmuovere ti potranno o fatal pietra!

AIDA

Invan!… tutto è finitoSulla terra per noi…

RADAMÈS

(con desolata rassegnazione)È vero! è vero!…

(Si avvicina ad Aida e la sorregge.)

AIDA, RADAMÈS

O terra, addio; addio valle di pianti…Sogno di gaudio che in dolor svanì…A noi si schiude il cielo e l’alme erranti

Volano al raggio dell’eterno dì.

(Aida cade dolcemente fra le braccia di Ra-damès.)

AMNERIS

(in abito di lutto apparisce nel tempio e va a pro-strarsi sulla pietra che chiude il sotterraneo)Pace t’imploro – salma adorata:Isi placata – ti schiuda il ciel!

FINE

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Page 33: "Aida" Programm di sala

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Philippe Marie Chaperon, bozzetto per Aida (atto IV, 2). Parigi, Opéra, 1901.

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Esclusi il rifacimento di Simon Boccanegrae la versione italiana di Don Carlo, Aida,presentata al Teatro dell’Opera del Cairo il24 dicembre 1871, occupa il terzultimo po-sto nella cronologia delle opere teatrali diVerdi; per lungo tempo essa sembrò addirit-tura l’ultima fatica operistica del Maestro: apiù d’un quindicennio di distanza sarebbe-ro seguite le partiture di Otello (1887) e Fal-staff (1893). Il rallentamento dell’attivitàcreativa verdiana, osservabile già a partiredagli anni ’60 - ’70, ebbe motivazioni pluri-me: la tranquillità economica ottenuta gra-zie alla definitiva affermazione artisticaconsentiva ritmi di lavoro più moderati,permettendo una maggior ponderazionenelle scelte artistiche, compositive e dram-maturgiche, riflessa anche nella particolarecircospezione adottata nella ricerca di li-bretti adeguati.Per più ragioni, tuttavia, la scelta del libret-to di Aida, che sopraggiunse a conclusioned’una lunga fase contrassegnata da incer-tezze e tentennamenti (tra le varie ipotesiprese corpo anche quella di un’opera comi-ca tratta dal Tartuffe di Molière), non ebbeesclusivamente motivazioni artistiche: es-sa venne accettata da Verdi a seguito di nu-merose profferte (a lungo respinte) prove-nienti dal Kedivè d’Egitto – che intendevacommissionare un’opera di soggetto egizioper l’inaugurazione del canale di Suez – cuiVerdi infine acconsentì non solo per ragio-ni artistiche, ma anche concorrenziali(sembrava profilarsi un’alternativa nel no-me di Wagner) e contrattuali: oltre a poter-si avvalere di vari diritti minori, Verdi – cheper Aida venne tra l’altro insignito del tito-lo di “Commendatore dell’Ordine Ottoma-no” – avrebbe fatto fare il libretto a propria

discrezione e avrebbe scelto personalmen-te il direttore della “prima”, il tutto per cen-tocinquantamila franchi, quattro volte l’o-norario ottenuto per il precedente Don Car-los.L’intermediario principale nelle travagliatetrattative – che subirono perfino gravi con-dizionamenti dalla guerra franco-prussia-na – fu proprio uno dei due librettisti delDon Carlos: Camille Du Locle (che avevaavuto dei contatti con l’egittologo AugusteMariette, incaricato dal Kedivè alla gestio-ne del progetto-Aida). Du Locle, che in que-gli anni contava sulla stretta amicizia diVerdi, stese di fatto l’intero piano dell’operasulla falsariga di un soggetto delineato daMariette. Antonio Ghislanzoni, universal-mente accreditato come il librettista del-l’Aida, fornì di fatto solo il lavoro di versifi-cazione. Di certo i richiami all’esperienzaartistica di Du Locle e alla grandiosità del-l’occasione giovano alla comprensione diun lavoro strettamente imparentato al pa-radigma del Grand-opéra parigino: Aida nerispetta i luoghi tipici quali lo stretto intrec-cio fra vicenda personale e conflitto stori-co-politico e il vistosissimo impiego digrandi scene di massa, nonché del balletto.Tuttavia, a guardarla più da vicino, dallospettacolo parigino per eccellenza Aida sidiversifica per motivi non secondari: evi-dente è innanzitutto la genericità dell’epo-ca storica, una genericità cui fanno perfet-tamente gioco trombe di scena ispirate amodelli non egizi ma romani, così comemelodie “esotiche” completamente inven-tate («inventare il vero» è, come sappiamo,il motto di sapore “manzoniano” con cuiVerdi suggellò l’attitudine del proprio geniodrammaturgico); inoltre Verdi, in ciò pie-

AIDA IN BREVEa cura di ENRICO GIRARDI

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Page 36: "Aida" Programm di sala

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namente inserito nella tradizione del melo-dramma italiano, appare votato più all’in-dagine dell’individuo che a una dramma-turgia storica con soggetti di massa, talchénel suo teatro l’ambientazione d’epoca nonrisulta mai un aspetto centrale ed esclusi-vo. Un altro carattere di Aida, la sua orga-nicità, documenta di fatto un superamentodel Grand-opéra sul suo stesso terreno: no-nostante le cospicue dimensioni del lavoro,Verdi non vi rinnega l’istanza fondamenta-le del ritmo drammatico, tradotta nel prin-cipio della necessità drammaturgica diogni istante rappresentato: com’è stato os-servato Aida è l’unico Grand-opéra cui nonsi possa tagliare una sola battuta, nemme-no quelle del balletto. Aida è opera sui ge-neris anche nella struttura drammatica,singolarmente arcaica rispetto allo stessosviluppo storico dell’opera italiana: essa èinfatti imperniata su di uno schema trian-golare (Radamès-Aida-Amneris) assoluta-mente tipologizzato nel teatro lirico e diprosa, i cui contenuti presentano forti pun-ti di contatto con modelli precedenti (cfr. adesempio la somiglianza tipologica intercor-rente fra la protagonista dell’opera e laprincipessa Ilia dell’Idomeneo mozartia-no): ciò sorprende in un’epoca che – comescrive il musicologo Julian Budden – «ri-chiedeva di solito soggetti nuovi e originali,con personaggi specifici e irripetibili cheerano in quegli anni diventati la normaperfino in Italia».Aida è opera dal significato storico com-plesso: lavoro che, come di rado accadenella storia, riunisce aspetti retrospettivi inuna sorta di sintesi conclusiva e par com-pendiare un’intera epoca nel presentimen-to della sua fine. Alcuni commentatori han-

no identificato in essa l’opera più “perfetta”di Verdi: un’opera che, per questa ragione,può anche essere considerata un po’ “fred-da”, quantomeno al paragone con il vicinoDon Carlos. Verdi, al tavolo di lavoro, si de-streggia con assoluta sicurezza: non apparecasuale che nelle lettere riguardanti diret-tamente Aida egli esprima alcune delle piùchiare formulazioni della sua poetica, cuiha fatto riferimento tutta la musicologia neltentativo di spiegare l’intero “fenomeno-Verdi”, come se, in un particolare momen-to retrospettivo, egli riuscisse ad esplicitarecon maggior lucidità le proprie convinzionied esigenze. A Ghislanzoni egli obietta adesempio la mancanza della «parola sceni-ca»: concetto non meno che cardinale perla sua concezione del rapporto fra testo emusica. Sempre scrivendo a Ghislanzoniegli formula un’altra dichiarazione capita-le: «per poter dire chiaro e netto tutto quel-lo che l’azione esige, […] per il teatro è ne-cessario qualche volta che poeti e composi-tori abbiano il talento di non fare né poesiané musica». Lavorando all’Aida, Verdi si er-ge a difensore della tradizione («io sonosempre d’opinione che le cabalette bisognafarle quando la situazione lo domanda»), difatto schierandosi contro quel facile confor-mismo che si cela nell’anticonformismo dicerta pretesa modernità («in questo mo-mento è venuto di moda di gridare e nonvolere le cabalette. È un errore uguale aquello di una volta, che non si voleva altroche cabalette. Si grida tanto contro il con-venzionalismo e se ne abbandona uno perabbracciarne un altro! Oh! i gran pecoro-ni!!»).Aida chiude un periodo non solo per Verdi,ma per l’intera età dell’oro del melodram-

Page 37: "Aida" Programm di sala

ma ottocentesco italiano: stagione (apertada un’opera come Semiramide di Rossiniche con Aida reca più di qualche assonan-za) identificabile non solo nel nome di suoicelebri protagonisti come Bellini e Donizet-ti, ma anche definita da comuni caratteri econvenzioni: composti in un’epoca di crisiper la tradizione melodrammatica italiana,Otello e Falstaff appariranno lavori radical-mente nuovi e lontani non solo per la di-stanza temporale intercorsa, ma anche per-ché liquidano definitivamente le conven-zioni del melodramma ottocentesco, anco-ra vive e operanti nell’Aida. Sotto il segnodi questo capolavoro si chiude un capitolostorico anche nel rapporto fra opera (artefi-ce) e pubblico: un rapporto che in seguitosvilupperà, nella storia dell’opera come diquasi tutte le arti, la fase problematica tut-tora perdurante. Qualcuno ha notato che,in questo senso, l’opera italiana (intesa, nelsenso forte, come vitale denominatore, co-me collante capace di superare, almeno inparte, distinzioni politiche, regionali, diclasse e di censo) “muore” con Aida, emuore proprio in concomitanza con la “na-scita” dell’Italia unita… Diffusa è l’idea chel’arte in qualche modo “rifletta”, a suo mo-do, i coevi mutamenti sociali: può forse es-sere questo un motivo di riflessione perprovare ad ascoltare Aida con consapevo-lezza maggiore di quella richiesta al pub-blico da quella sorta d’intrattenimento cir-cense cui oggigiorno essa viene comune-mente degradata.

(GIANNI RUFFIN)

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Giustino De Napoli, figurino per Aida (Aida).Napoli, Teatro S. Carlo, 1873.(Napoli, Conservatorio S. Pietro a Majella).

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Giustino De Napoli, figurino per Aida (Radamès). Napoli, Teatro San Carlo, 1873. (Napoli, Conservatorio S. Pietro a Majella).

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AATTTTOO PPRRIIMMOO

Menfi, palazzo reale.Il sacerdote Ramfis e il capitano Radamèsdiscutono degli ultimi accadimenti: l’eser-cito etiope è nuovamente sul piede di guer-ra; Iside ha rivelato a Ramfis il nome delcomandante delle truppe egizie da contrap-porre agli etiopi. Rimasto solo, Radamèssogna d’essere lui stesso il condottiero desi-gnato e di restituire il patrio suolo allaschiava Aida (figlia del Re d’Etiopia Amo-nasro) di cui è innamorato [Romanza: «Ce-leste Aida»]. Amneris, innamorata a suavolta di Radamès, sopraggiunge ad inda-garne i sentimenti profondi, quindi appareAida; Amneris intuisce il sentimento cheintercorre fra i due [Terzetto: «Forse d’ar-cano amor»].Il Re d’Egitto, Ramfis e una schiera di se-guaci, vengono a sapere che gli etiopi, gui-dati dal Re Amonasro, hanno invaso l’Egit-to e stanno marciando su Tebe. Il Re rivelache Iside ha indicato in Radamès il condot-tiero degli egizi [Coro: «Su, del Nilo»]; Aidaè atterrita dalla prospettiva per cui inveceRadamès gioisce. Rimasta sola, la princi-pessa etiope medita sul grave imbarazzo incui si trova: divisa fra amor di patria e sen-timento personale, prega gli Dei perché ab-biano pietà della sua sofferenza [Aria: «Nu-mi, pietà del mio soffrir»].

Menfi, tempio di Vulcano.Ramfis, i sacerdoti e le sacerdotesse invo-cano il dio affinché sia favorevole alle ar-mate egizie [Coro: «Possente Fthà»].

AATTTTOO SSEECCOONNDDOO

Sala nell’appartamento di Amneris.Le schiave stanno abbigliando Amneris perla festa trionfale [Coro: «Chi mai fra gl’innie i plausi»]. La principessa egizia nutre an-cora il sospetto sui sentimenti di Aida, cheriesce finalmente a carpire comunicandolela finta notizia della morte di Radamès: ve-rificata la certezza dei propri dubbi, Amne-ris getta la maschera e svela l’inganno, giu-rando vendetta [Duetto: «Pietà ti prenda delmio dolor!»]. Nello sfondo una fanfara e uncoro trionfale alludono alla vittoriosa im-presa di Radamès [Coro: «Su, del Nilo al sa-cro lido»].

Tebe, all’ingresso della città.Il popolo inneggia alla vittoria [Coro: «Glo-ria all’Egitto, ad Iside»]. Le truppe egizie sfi-lano davanti al Re; da ultimo, su di un bal-dacchino, segue Radamès, che viene inco-ronato da Amneris e cui il Re s’impegna adesaudire qualsiasi desiderio. I prigionierivengono condotti innanzi al Re; fra questiAida riconosce Amonasro, suo padre, cheimplora pietà, non per sé ma per i suoiguerrieri [Andante sostenuto: «Quest’assisach’io vesto, vi dica»]. All’implorazione siuniscono Aida, i prigionieri e le schiave, incontrasto con Ramfis e i Sacerdoti. Intervie-ne Radamès che, ricordando il pegno delRe, chiede la grazia per i prigionieri; difronte alle successive obiezioni di Ramfis ilRe decide: Aida e Amonasro resterannoprigionieri, tutti gli altri saranno liberati. IlRe assegna in premio a Radamès la manodi Amneris. Le glorificazioni del popolochiudono la scena.

ARGOMENTOa cura di ENRICO GIRARDI

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AATTTTOO TTEERRZZOO

Le rive del Nilo.Nel tempio s’invoca Iside [Coro: «O tu chesei d’Osiride»]. Sbarcano Amneris e Ramfised entrano nel tempio per compiere i votipropiziatorî nella vigilia delle nozze. Per unsegreto convegno con Radamès appare sulluogo anche Aida, che rievoca nostalgica-mente il suo paese [Romanza: «Oh patriamia mai più ti rivedrò»]. Sopraggiunge peròAmonasro che le promette il ritorno in pa-tria, la gloria e l’amore, a patto di riuscire acarpire agli egizi la via ch’essi seguiranno:il popolo etiope potrà sorprenderli; Aidadovrà riuscire a farsi rivelare il segreto daRadamès. Sgomenta, Aida infine accetta[Duetto: «Rivedrai le foreste imbalsamate»].Giunge allora Radamès; Aida, per sottrarsiall’imposizione del padre, lo implora difuggire insieme a lei [Duetto: «Fuggiam gliardori inospiti»]: Radamès non comprende,ella allora lo accusa di non amarla; l’eroeinfine si convince: fuggiranno insieme, at-traverso le vie di Nàpata. Fuoriesce alloraAmonasro. Radamès comprende di esseredisonorato, Aida e Amonasro cercano diconfortarlo ma sopraggiungono Ramfis eAmneris. Amonasro cerca di uccidere laprincipessa egizia, ma viene fermato da Ra-damès e fugge quindi insieme alla figlia, in-seguito dalle guardie. Radamès si consegnaall’autorità dei sacerdoti.

AATTTTOO QQUUAARRTTOO

Sala nel palazzo del Re.Presso la porta che immette nella sala sot-terranea delle sentenze, Amneris medita disalvare Radamès. Entra quest’ultimo, con-dotto dalle guardie; Amneris lo scongiuradi discolparsi, ma l’eroe dichiara di volerela morte. La principessa rivela che Aida èancora viva: Radamès, che la credeva ucci-sa, comprende che la propria morte serviràa proteggere l’amata [Duetto: «Ah, tu dêi vi-vere»]. Nel sotterraneo i sacerdoti e Ramfisinvocano la giustizia divina [Coro: «Spirtodel Nume, sovra noi discendi»], Radamèsrifiuta di scolparsi e viene condannato adessere sepolto vivo. Amneris invoca invanopietà, quindi scaglia il suo anatema sui sa-cerdoti.

Interno del tempio di Vulcano e sotterraneo(scena su due piani).I sacerdoti chiudono Radamès sotto la pie-tra tombale. L’eroe pensa ad Aida, ched’improvviso gli si rivela: presaga della suacondanna, si era infilata nella tomba primadella sentenza per morire con lui [Duetto:«Morir sì pura e bella»]. Dal di sopra si odeil canto dei sacerdoti. Radamès non riesce asmuovere la pietra tombale, ambedue, dol-cemente abbracciati, rivolgono il proprioaddio al mondo. Amneris, vestita a lutto, siprostra sulla pietra tombale.

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PPRREEMMIIEERR AACCTTEE

Memphis, dans le Palais Royal.Le sacerdote Ramphis et le capitaine Ka-damès discutent des derniers événements :l’armée éthiopienne s’est à nouveau misesur le pied de guerre. Isis a révélé à Ramphisle nom du commandant des troupes égyp-tiennes s’opposant aux Ethiopiens. Restéseul, Radamès imagine qu’il a été désignécondottiere et qu’il restitue à l’esclave Aida,la fille du roi d’Ethiopie Amonasro, dont ilest amoureux, le territoire qui lui revient[Romanza: «Celeste Aida»]. Amnéris, qui ai-me Radamès, arrive sur ces entrefaites poursonder les sentiments profonds qui animentce dernier. Aida les rejoint; Amnéris perçoitintuitivement le sentiment qui les unit [Ter-zetto: «Forse d’arcano amor»].Le roi d’Egypte Ramphis, et sa suite, ap-prennent que les Ethiopiens, sous la con-duite du Roi Amonasro, ont envahi l’Egyp-te et marchent vers Thèbes. Le Roi révèlequ’Isis a désigné Radamès comme condot-tiere des Egyptiens [Coro: «Su, del Nilo»].Aida est effrayée par la perspective qui faitau contraire exulter de joie Radamès. Re-stée seule, la princesse éthiopienne méditesur le dilemme dans lequel elle est en-fermée: partagée entre son amour et sa pa-trie, elle prie les dieux d’avoir pitié de sessouffrances [Aria: «Numi, pietà del mio sof-frir»].

Memphis, dans le temple de Vulcain.Ramphis, les sacerdotes et les prêtressesinvoquent leur dieu afin qu’il soit favorableà l’armée égyptienne [Coro: «PossenteFthà»].

DDEEUUXXIIEEMMEE AACCTTEE

Dans les appartements d’Amnéris.Les esclaves sont en train de vêtir Amnérispour la fête organisée pour célébrer leurtriomphe [Coro: «Chi mai fra gl’inni e i plau-si»]. La princesse égyptienne continue àsoupçonner les sentiments de Aida. Elle finitpar les connaître clairement en lui communi-quant la fausse nouvelle de la mort de Ra-damès. N’ayant alors plus le moindre doute,elle enlève son masque et dévoile son stra-tagème en jurant vengeance [Duetto: «Pietà tiprenda del mio dolor!»]. Une fanfare et unchœur triomphal célèbrent, dans le fond de lascène, l’entreprise victorieuse de Radamès[Coro: «Su, del Nilo al sacro lido»].

Aux portes de la ville de Thèbes.Le peuple entonne un hymne en l’honneur dela victoire [Coro: «Gloria all’Egitto, ad Iside»].Les troupes égyptiennes défilent devant le Roi.Radamès, qui clôt le cortège, installé au som-met d’un baldaquin, est couronné par Amné-ris. Le Roi s’engage à exaucer chacun de sessouhaits. Les prisonniers sont conduits devantle Roi. Parmi eux figurent Aida; elle reconnaîtAmonasro, son père, qui implore la pitié nonpour lui mais pour ses guerriers [Andante so-stenuto: «Quest’assise ch’io vesto, vi dica»]. Ai-da, les prisonniers et les esclaves se joignentaux prières d’Amonasro, en s’opposant ainsi àRamphis et aux sacerdotes. Intervient Ra-damès qui, se souvenant de l’engagement duRoi, demande que les prisonniers soient gra-ciés. Face aux objections de Ramphis, le Roidécide que Aida et Amonasro resteront sous sasurveillance, mais que tous les autres prison-niers seront libérés. Le Roi offre à Radamès lamain d’Amnéris en récompense de ses servi-ces. La scène s’achève sur les acclamations dela foule.

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ARGUMENTa cura di ENRICO GIRARDI

Page 42: "Aida" Programm di sala

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TTRROOIISSIIEEMMEE AACCTTEE

Sur les rives du Nil.Dans le temple, les fidèles invoquent ladéesse Isis [Coro: «O tu che sei Osiride»].Amnéris et Ramphis pénètrent à leur tourdans le temple pour formuler des vœuxpropitiatoires à la veille du mariage. Sui-te à un accord secret avec Radamès, Aidase rend aussi sur les lieux, où elle évoqueavec nostalgie son pays [Romanza: «Ohpatria mia mai più ti rivedrò»]. Arrive surces entrefaites Amonasro qui lui assurequ’elle pourra retourner dans sa patrie etlui promet la gloire et l’amour si elle par-vient à savoir quelle voie emprunteront lesEgyptiens. Le peuple éthiopien pourra ain-si les surprendre. Aida doit parvenir à sou-tirer ce secret à Radamès. Après un pre-mier moment d’effroi, elle se ressaisit etfinit par accepter [Duetto: «Rivedrai leforeste imbalsamate»]. Radamès arrive.Aida, pour se soustraire à l’injonction deson père, le supplie de s’enfuir avec elle[Duetto: «Fuggiam gli ardori inospiti»].Radamès ne comprend pas. Elle l’accusealors de ne pas l’aimer mais le héros finitpar lui donner son accord: ils fuirontensemble, en traversant Nàpata. Amona-sro arrive sur ces entrefaites. Radamèscomprend qu’il a été déshonoré. Aida etson père cherchent à le réconforter tandisque surviennent Ramphis et Amnéris.Amonasro tente de tuer la princesse égyp-tienne mais il est arrêté par Radamès. Ilparvient à s’enfuir avec sa fille, mais lesgardes se mettent à leur poursuite.Radamès se livre à l’autorité des Sacerdo-tes.

QQUUAATTRRIIEEMMEE AACCTTEE

Dans le Palais du Roi.Près de la porte qui donne sur la salle sou-terraine où ont lieu les sentences, Amné-ris songe à la manière dont elle pourraitsauver Radamès. Ce dernier entre, conduitpar les gardes. Amnéris le conjure de serétracter mais le héros déclare qu’il veutmourir. La princesse lui révèle alors queAida est encore en vie. Radamès, quicroyait qu’elle avait été tuée, comprendque sa propre mort servira à protéger sabien-aimée [Duetto: «Ah, tu dêi vivere !»].Dans le souterrain, les sacerdotes etRamphis invoquent la justice divine [Coro:«Spirto del Nume, sovra noi discendi»].Radamès refuse de se disculper. Il est con-damné à être enterré vivant. Amnérisinvoque la pitié des sacerdotes, mais envain; elle jette alors l’anathème sur eux.

A l’intérieur du temple de Vulcain et dansle souterrain (scène sur deux niveaux).Les sacerdotes enferment Radamès sous lapierre tombale. Le héros pense à Aida, quise présente soudain devant lui : commeelle avait pressenti sa condamnation, elles’est glissée dans le tombeau avant que lasentence ne fût prononcée, afin de mouriravec lui [Duetto: «Morir sì pura e bella»].On entend le chant des sacerdotes au-des-sus d’eux. Radamès ne parvient pas àpousser la pierre tombale. Tous deux, ten-drement enlacés, adressent leur derniersalut au monde. Amnéris, en habits dedeuil, se prosterne sur la tombe.

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AACCTT OONNEE

Menfi, the royal palaceThe priest Ramfis and Captain Radamesare discussing recent events: the Ethiopianarmy is once again on the warpath; Isis hasrevealed to Ramfis the name of the Com-mander who will lead the Egyptian troopsagainst the Ethiopians. Left alone, Rada-mes dreams of being the chosen leader andof giving back her native land to the slaveAida (the daughter of Amonasro, the Kingof Ethiopia) with whom he is in love [Ro-manza: «Celeste Aida»]. Amneris, who inturn is in love with Radames, comes to pro-be his innermost feelings. Then Aida ap-pears and Amneris senses the feelingbetween the two [Terzetto: «Forse d’arcanoamor»].The King of Eygpt, Ramfis and a host of fol-lowers are informed that the Ethiopians,led by King Amonasro, have invaded Egyptand are marching on Thebes. The King re-veals that Isis has named Radames as com-mander of the Egyptians [Coro: «Su, del Ni-lo»]; that same prospect which puts fear in-to Aida, nevertheless fills Radames withjoy. Left alone, the Ethiopian princess me-ditates on the serious difficulty in whichshe finds herself: torn between love for hercountry and her own personal feelings, sheprays to the gods to take pity on her suffe-ring [Aria: «Numi, pietà del mio soffrir»].

Menfi, the temple of VulcanRamfis, the priests and priestesses invokethe god so that he will favour the Egyptianarmies [Coro: «Possente Fthà»].

AACCTT TTWWOO

A room in Amneris’ appartmentThe slaves are dressing Amneris for thetriumphal celebrations [Coro: «Chi mai fragl’inni e i plausi»]. The Eygptian princessstill harbours suspicions as to Aida’s fee-lings which she finally manages to ascer-tain by breaking the false news of Rada-mes’ death. Having banished all herdoubts, Amneris drops her mask, revealsthe ruse and swears vengeance [Duetto:«Pietà ti prenda del mio dolor!»]. In thebackground a fanfare and a triumphal cho-rus allude to Radames’ victorious enterpri-se [Coro: «Su, del Nilo al sacro lido»].

Thebes, at the entrance to the cityThe people praise the victory [Coro: «Glo-ria all’Egitto, ad Iside»]. The Egyptian troo-ps file past in front of the King with Rada-mes, carried under a canopy, bringing upthe rear. He is crowned by Amneris and theKing promises to fulfil his every wish. Theprisoners are led before the King; amongstthese Aida recognizes her father Amonasrowho begs for mercy, not for himself but forhis soldiers [Andante sostenuto: «Quest’as-sisa ch’io vesto, vi dica»]. Aida, the priso-ners and the slaves join in the entreaty un-like Ramfis and the priests. Radames inter-venes and, remembering the King’s promi-se, he asks for pardon for the prisoners. Inthe face of subsequent objections on thepart of Ramfis, the King comes to a deci-sion: Aida and Amonasro will remain pri-soners, all the others will be set free. As areward the King gives Radames the hand ofAmneris. The scene ends with the people’sacts of glorification.

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SYNOPSISa cura di ENRICO GIRARDI

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AACCTT TTHHRREEEE

The banks of the NileIsis is being invoked in the temple [Coro:«O tu che sei d’Osiride»]. Amneris andRamfis disembark and enter the temple tomake the propitiatory votive offerings onthe eve of the marriage. Aida also appears,for a secret meeting with Radames, and no-stalgically evokes her native country [Ro-manza: «Oh patria mia mai più ti rivedrò»].However Amonasro arrives and promisesher a return to her country, glory and love,providing that she manages to learn fromthe Egyptians the road that they will follow:the Ethiopian people will be able to takethem by surprise. Aida must get Radamesto reveal this secret. Dismayed, Aida finallyagrees [Duetto: «Rivedrai le foreste imbal-samate»]. Then Radames arrives; in orderto avoid her father’s imposition, Aida begshim to run away with her [Duetto: «Fug-giam gli ardori inospiti»]. Radames doesnot understand, then she accuses him ofnot loving her. Finally the hero is convin-ced: they will run away together along theroads of Nàpata. Then Amonasro comesout. Radames realizes that he has been di-shonoured. Aida and Amonasro try tocomfort him but Ramfis and Amneris arri-ve. Amonasro tries to kill the Egyptianprincess but he is stopped by Radames andthen flees with his daughter, followed bythe guards. Radames gives himself up tothe priests.

AACCTT FFOOUURR

A room in the King’s palaceAt the door to the underground room whe-re sentences are decided, Amneris thinksabout saving Radames. The latter enters,led by the guards; Amneris begs him to de-clare his innocence but the hero expresseshis wish to die. The princess reveals thatAida is still alive: Radames, who thoughtshe had been killed, understands that hisown death will serve to protect his beloved[Duetto: «Ah, tu dêi vivere»]. In the under-ground room the priests and Ramfis invokedivine justice [Coro: «Spirto del Nume, so-vra noi discendi»]. Radames refuses to de-clare himself innocent and is condemnedto be entombed alive. Amneris begs formercy in vain, then hurls her curse at thepriests.

Inside the temple of Vulcan and under-ground (scene on two levels)The priests shut Radames under the tomb-stone. The hero thinks of Aida who sud-denly reveals herself to him: having fore-seen his conviction, she had crept into thetomb before the sentence to die with him[Duetto: «Morir sì pura e bella»]. From abo-ve they hear the chanting of the priests. Ra-dames cannot move the tombstone; in atender embrace, they both say goodbye tothe world. Amneris, dressed in mourning,lies prostrate on the tombstone.

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11..AAKKTT

Memphis, Königspalast.Der Oberpriester Ramphis und derFeldherr Radames sprechen über die letz-ten Geschehnisse: das äthiopische Heer isterneut auf Kriegsfuß; Isis hat Ramphis denNamen des Kriegers mitgeteilt, der Ägyptens Heer im Kampf gegen die Äthiopierführen soll. Radames, allein geblieben,träumt, der Erwählte zu sein, um der gelieb-ten Sklavin Aida (Tochter des äthiopischenKönigs Amonasro) den heimatlichen Boden,Frucht seines Sieges, zu Füßen legen zu kön-nen [Romanza: «Celeste Aida»]. Amneris, ih-rerseits in Radames verliebt, nähert sich ihm,um zu erkunden wem seine tiefsten Gefühlegehören, kann jedoch, als Aida hinzukommtihr Vorhaben nicht zu Ende führen, erkenntaber das tiefe Empfinden das die beiden ver-bindet [Terzetto: «Forse d’arcano amor»].Der König Ägyptens, Ramphis, und seinGefolge erfahren, daß die von Amonasrogeführten Äthiopier in Ägypten eingefallenund auf dem Marsch nach Theben sind.Der König ruft zum Kampfe und enthüllt,daß Isis Radames als Führer der Ägypterausgewählt hat [Coro: «Su, del Nilo»]. ImZwiespalt der Empfindungen bleibt Aidazurück; bedeutet doch der Sieg des Gelieb-ten, Verderben für ihr eigenes Volk. Sie bit-tet die Götter sich ihres Leidens anzuneh-men [Aria: «Numi, pietà del mio soffrir»].

Memphis, Tempel Vulkans.Ramphis, die Priester und Priesterinnenbitten die Götter den ägyptischen Heerengewogen zu sein [Coro: «Possente Fthà»].

22..AAKKTT

Saal in der Wohnung Amneris.Die Sklavinnen kleiden Amneris für dasgroße Fest [Coro: «Chi mai fra gl’inni e i plau-si»]. Als die ägyptische Prinzessin Aida nahensieht, überrascht sie diese zur Prüfung ihresHerzens mit der Kunde, Radames sei gefallen.Aus dem Schmerz, mit dem diese Botschaftaufgenommen wird, sowie aus der Freude,die der Widerruf erweckt, gewinnt AmnerisGewißheit über Aidas Liebe; sie schwört Ra-che [Duetto: «Pietà ti prenda del mio dolor!»].Klänge aus der Ferne deuten auf die Ankunftdes siegreichen Radames hin [Coro: «Su, delNilo al sacro lido»].

Theben, am Stadteingang.Das Volk preist den Sieger [Coro: «Gloria al-l’Egitto, ad Iside»]. Die ägyptischen Truppenpassieren den König; als letzter, unter einemBaldachin, Radames, dem von Amneris derSiegeskranz überreicht wird und dem derKönig die Gewährung jedes Wunsches zusi-chert. Die Gefangenen werden vor den Königgeführt, unter diesen erkennt Aida Amona-sro, ihren Vater, der um Gnade nicht für sich,sondern für seine Soldaten bittet [Andante so-stenuto: «Quest’ assisa ch’io vesto, vi dica»].Der flehentlichen Bitte schließen sich Aida,die Gefangenen und die Sklavinnen an.Ramphis und die Priester erheben Einwän-de, doch Radames erinnert den König an seinVersprechen, die Bitte die er an den König ri-chtet, heißt Freigabe der Gefangenen. Au-grund der erneuten Einwände Ramphis be-schließt der König, daß außer Aida und Amo-nasro alle Gefangenen freigelassen werden.Als Preis für die siegreiche Schlacht, verspri-cht der König, Radames die Hand seiner To-chter Amneris. Der Jubel des Volkes schließtdie Szene.

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HANDLUNGa cura di ENRICO GIRARDI

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33..AAKKTT

Am Nilufer.Im Tempel wird Isis angerufen [Coro: «O tuche sei d’Osiride»]. Ramphis und Amneristreten ein, um am Vorabend des Hochzeit-tages mit ihrem Gelübde die Götter günstigzu stimmen. Auch Aida, die von Sehnsuchtnach ihrer Heimat erfüllt ist, erscheint, umnoch einmal, in einem heimlichen Treffen,Radames zu begegnen [Romanza: «Oh pa-tria mia mai più ti rivedrò»]. Amonasro istihr gefolgt und verspricht ihr die Rückkehrin die Heimat, Ruhm und die Erfüllung ih-rer Liebe, wenn es ihr gelingt Radames zuentlocken, welchen Weg das ägyptischeHeer einschlagen wird: so könnte dasäthiopische Volk die Eindringlinge überra-schen. Nach langem Widerstreben willigtAida ein [Duetto: «Rivedrai le foreste im-balsamate»]. Radames erscheint; Aida umsich dem Gebot des Vaters zu entziehen bit-tet ihn mit ihr zu fliehen [Duetto: «Fuggiamgli ardori inospiti»].Als in Radames Zweifelaufkommen, beschuldigt sie ihn sie nichtzu lieben. Am Ende läßt er sich überzeu-gen: sie werden über die Wege von Nàpatazusammen fliehen. Als Amonasro er-scheint wird es Radames klar mit dieserHandlung seinen Ruf geschändet zu haben.Aida und Amonasro versuchen ihn zu trö-sten; von Ramphis und Amneris überra-scht, versucht Amonasro di ägyptischePrinzessin zu töten was ihm jedoch durchdas Dazwischentreten Radames nicht ge-lingt. Gefolgt von den Soldaten flüchtet erzusammen mit seiner Tochter. Radamesunterstellt sich der Macht der Priester.

44..AAKKTT

Saal im Königspalast.Vor dem unterirdischen Gerichtssaal,überlegt Amneris auf welche Weise sie Ra-dames retten kann. Begleitet von den Sol-daten erscheint Radames, und Amneris be-schwört ihn vor Gericht seine Unschulddarzutun, doch der Heroe erklärt nur nochden Tod zu suchen. Die Prinzessin enthülltihm, daß Aida noch lebt. Radames, der sietot glaubte, wird klar, daß sein Tod die Ge-liebte schützen wird [Duetto: «Ah, tu dêi vi-vere»]. Im unterirdischen Gerichtssaal ru-fen die Priester und Ramphis die göttlicheGerechtigkeit an [Coro: «Spirto del Nume,sovra noi discendi»]. Ohne den Versuch ei-ner Rechtfertigung empfängt Radames dieStrafe: lebendig begraben zu werden. Ver-gebens sind die Bitten um Gnade Amneris,die ihren Fluch auf die Priester schleudert.

Tempel Vulkans und unterirdisches Gewöl-be.(Szene auf zwei Ebenen)Die Priester haben die unterirdische GruftRadames mit dem Stein geschlossen, alsihm Aida erscheint, die, das Urteil ahnend,sich vorher in die Gruft begeben hatte ummit ihm gemeinsam zu sterben [Duetto:«Morir sì pura e bella»]. Von oben hört manden Gesang der Priester. Vergeblich sinddie Versuche Radames den Gruftstein zubewegen, beide, eng umschlungen, entsa-gen dem Leben. Amneris, mit Trauerklei-dung angetan, sinkt verzweifelt an derGruft in die Knie.

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Pietro Bertoja, Tempio. Bozzetto per Aida (atto I, 2). Fiume, Teatro Comunale, 1885. (Collezione privata).

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Pietro Bertoja, Tempio. Bozzetto per Aida (atto I, 2). Venezia, Teatro Malibran, 1876. (Collezione privata).

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Pietro Bertoja, Interno del Tempio di Vulcano a Melfi. Bozzetto per Aida (atto I, 2). Palermo, TeatroBellini, 1880. (Collezione privata).

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Pietro Bertoja, Tempio di Vulcano e sotterraneo. Bozzetto per l ultima scena di Aida.(Collezione privata).

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Philippe Chaperon, Colonnato che si apre sull esterno. Bozzetto per la prima rappresentazioneassoluta di Aida (atto I, 1). Il Cairo, Teatro dell Opera, 24 dicembre 1871. (Parigi, BibliothŁque del OpØra).

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È privilegio dei grandi capolavori dell’artepresentarsi a noi come sospesi nel tempo enello spazio, isolati in se stessi, quasi sradi-cati dal contesto storico, culturale, socialenel quale presero forma e vita. Aida non faeccezione. O quasi. L’evento storico da cuitrasse origine si è ben presto tradotto in leg-genda. Dovrebbe pur esser noto che l’occa-sione per la quale essa fu composta non ful’inaugurazione del Canale di Suez né tantomeno quella del teatro Kediviale del Cairo,avvenute rispettivamente il 17 e il 1° no-vembre 1869, cioè due anni prima della suaandata in scena (24 dicembre 1871). Ma nelmito popolare, e non solamente popolare,Aida rimane tenacemente legata a uno deiprincipali avvenimenti del secolo, il tagliodell’istmo di Suez. In tal senso il mito hauna ragion d’essere: risale infatti ai festeg-giamenti del novembre 1869 in cui avvennel’inaugurazione del Canale (cui era diretta-mente connessa, nei giorni dell’immediatavigilia, quella stessa del nuovo teatro delCairo, apertosi con il Rigoletto) il propositodel Kedivé ovvero Viceré d’Egitto – la cuispiccata passione per la musica verdianastava ricevendo forte incentivo dalla stagio-ne inaugurale del nuovo teatro, dove nel gi-ro di poche settimane a Rigoletto avevanofatto séguito Trovatore, Ernani, Traviata eUn ballo in maschera – d’invitare un impor-tante compositore europeo (Verdi in primis,Gounod o Wagner in alternativa) a scrivereun’opera ambientata nell’antico Egitto.Dell’affare viene incaricato Auguste Ma-riette, il famoso egittologo francese, lo sco-pritore del Serapeum di Memphis e deltempio della Sfinge, fondatore del museoarcheologico di Bulaq presso il Cairo, uo-mo di assoluta fiducia del Viceré, che già lo

aveva insignito del titolo di Bey. Per entra-re in contatto con Verdi, Mariette si rivolge,su ordine espresso del Kedivé, al connazio-nale e amico Camille Du Locle, coautorecon Méry del libretto di Don Carlos, a queltempo direttore dell’Opéra-Comique e asua volta uomo di fiducia di Verdi in terradi Francia. Come si fossero svolte in realtàle trattative nel corso di quei primi approc-ci rimane per il momento, in difetto delleprime lettere di Mariette a Du Locle, un mi-stero. E anche questo si addice alla leggen-da di Aida. L’epistolario verdiano (perquanto ci è finora noto) tace sull’argomen-to fino alla fine del maggio 1870. Per via in-diretta sappiamo che Du Locle parlòdell’«affare d’Egitto» direttamente con Ver-di forse già nel Natale del 1869 nel corso diuna sua visita a Genova, sicuramente a Pa-rigi nel marzo 1870 in occasione di un viag-gio del maestro in quella capitale, ottenen-do in entrambi i casi un netto rifiuto. Moti-vo principale del rifiuto la seccatura perVerdi di doversi recare in un «paese lonta-no» per porre in scena la nuova opera, af-frontando per sopraggiunta – proprio egli,che mal sopportava i viaggi in mare – unatraversata in nave. Lo si arguisce dalle pri-me testimonianze scritte riguardanti l’«af-fare d’Egitto»,1 contenute in due lettere diMariette a Du Locle del 27 e del 28 aprile1870. Nella prima si legge:

J’ai reçu vos deux lettres. Je m’attendais aurefus de Mr Verdi, ce qui va bien contrarierle Vice-Roi. Mais voyez notre part. Si MrGounod accepte, on serait très-heureux. [...]

Insiste Mariette nella lettera successiva, ve-nendo incontro alla volontà del maestro dinon affrontare viaggio oltremare, offrendo-

MARCELLO CONATI

UN’OPERA DA GRANDE BOUTIQUE

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gli cioè la possibilità di provare o a Parigi oa Milano:

[...] Je ne vous cacherais pas que S. A. a étécontrariée et chagrinée à l’idée de renoncerà la collaboration de Mr Verdi dont elletient le talent en immense considération.Dans ces circostances elle offre de faire fai-re les répétitions à Paris ou à Milan, auchoix du maestro, par les artistes eux-mê-mes du théâtre du Caire qui recevront l’or-dre de se rendre où Mr Verdi voudra. [...]P.S. Un dernier mot. Si Mr Verdi n’acceptaitpas, S. A. vous prie de frapper à une autreporte. [...] On songe à Gounod, et même àWagner. Si celui-ci le voulait il pourrait fai-re quelque chose de grandiose. [...]

Le due lettere di Mariette spronano Du Lo-cle a rinnovare immediatamente la propo-sta del Viceré a Verdi. Gli scrive infatti il 7maggio:

[...] C’est grave!!! Je reçois lettres sur lettresd’Egypte. Le Vice-Roi ne peut se résigner àla pensée de n’avoir pas un ouvrage deVous. Il ne vous demande pas d’aller enEgypte. Il fera faire les répétitions autant detemps que vous le voudrez où vous vou-drez. [...] Il vous donnera la troupe que vousvoudrez. Les conditions seront celles quevous voudrez. [...] Il y a sous roche un li-bretto auquel le Vice-Roi n’est pas étrangerà ce qi’il paraît. et qui n’est pas absurde – (ilcontient même de belles situations drama-tiques). Voulez-vous que je vous l’envoie?Avez-Vous la curiosité de le lire? – librettoest un mot impropre, c’est scénario que jedevrais dire [...]. C’est grave!!!

In questa lettera Du Locle non accenna mi-nimamente ai possibili concorrenti (Gou-nod e, nientemeno, Wagner, il cui Lohen-grin sarebbe stato di lì a poco rappresenta-to, per la prima volta in Italia, sulle scenedel Comunale di Bologna). Inoltre, pur co-noscendone, come poi si vedrà, il vero au-tore, egli afferma cosa inesatta – forse adarte, nel proposito di forzare la mano a Ver-di – nell’attribuire al Viceré d’Egitto unasorta di paternità nella redazione dello sce-

nario per l’opera richiesta. Sta comunquedi fatto che il compositore, tranquillizzatoper quanto riguarda luogo delle prove escelta degli interpreti, è incuriosito a talpunto da farsi spedire lo «scenario», comesi deduce da una successiva lettera di DuLocle del 14 maggio:

Je reçois à l’instant votre lettre [...]. Voilà leplan du libretto proposé par l’Egypte. Ceplan a été imprimé au Caire à 4 exemplai-res. [...] J’écris aujourd’huy même à Mariet-te que vous m’avez autorisé à vous expé-dier le plan du libretto et que peut-être onpeut espérer vous décider – je demande enmême temps qu’on précise les conditionspécuniaires de l’affaire. [...]

La lettura dello scenario scuote l’indecisio-ne del maestro, che risponde il 26 maggio:

[...] Ho letto il programma Egiziano. È benfatto; è splendido di mise en scene e vi sonodue o tre situazioni, se non nuovissime,certamente molto belle. Ma chi l’ha fatto? –vi è dentro una mano esperta, abituata a fa-re, e che conosce molto bene il Teatro. Sen-tiremo ora le condizioni pecuniarie dell’E-gitto, e poi decideremo. [...]

Risponde Du Locle a stretto giro di posta il29 maggio insistendo nell’attribuzione del-lo scenario al Viceré e a Mariette anziché alsolo Mariette:

Le libretto Egyptien est l’oeuvre du Vice-Roi, et de Mariette Bey, le fameux antiquai-re, personne autre n’y a mis la main. [...]Mariette m’écrit que le Vice-Roi désire pas-sionément que l’affaire se fasse. [...]

Intorno alla paternità autentica dello sce-nario di Aida ha aleggiato e continua adaleggiare, nonostante i documenti e le di-chiarazioni fatte in proposito dal presuntoautore, Mariette Bey, una sorta di misteroche ben si addice a un argomento che sem-bra provenirci per vie remote e sotterranee– sulle tracce frammentarie di papiri disse-polti presso le rive del Nilo – dagli antichiscribi dell’epoca dei Faraoni. L’autorità di

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Auguste Mariette è stata contestata fin dalfratello Édouard, che in suo volume di me-morie2 accusa Auguste di essersi ispirato auna sua novella, La fiancée du Nil... Nel1952 uno studioso messicano, Adolfo Sala-zar, ha evidenziato alcune coincidenze del-l’argomento con quello della Nitteti di Me-tastasio, a sua volta derivato, secondo la di-chiarazione del poeta stesso, da Erodoto eda Diodoro Siculo.3 Due anni dopo MatteoGlinski riprendeva l’argomento non tantoper sostenere una derivazione dello scena-rio di Mariette dal libretto di Metastasioquanto per avanzare l’ipotesi «che il libret-to di Aida non “fu inventato di pianta” maispirato dalle antiche cronache egiziane ri-trovate da Mariette Bey in Egitto. I fatti ri-portati nei papiri debbono esser vissuti alungo nelle memorie in Egitto e giunseropersino all’epoca in cui Erodoto, in cerca dimateriale per la sua monumentale opera,venne in Africa [...]. Non è escluso che Ma-riette, nell’ampia descrizione dei papiri ri-trovati in Egitto e da lui studiati, abbia la-sciato un racconto documentato e detta-gliato della storia che è stata rievocata nel-l’azione di una delle più geniali opere ver-diane».4 Ipotesi suggestiva e non priva difondamento se teniamo in considerazionel’atteggiamento di Mariette, il quale vollemantenere il più perfetto anonimato sullaparte realmente avuta nella redazione del-lo scenario, pur dichiarando in lettere pri-vate di esserne il solo, unico autore. Recen-temente sulle misteriose origini del sogget-to di Aida è intervenuto Siegfried Morenzavanzando l’ipotesi di una derivazione di-retta dello scenario di Mariette da una no-vella di Eliodoro...5 Il mistero insommacontinua, come giustamente si conviene aun argomento ambientato in epoche remo-te, che sembra giungerci dal lontano infini-to come le prime note del preludio e nellontano infinito ritornare come le ultimenote dell’opera...Ma torniamo ai documenti epistolari. Nellalettera del 27 aprile Mariette aveva inoltrescritto a Du Locle insistendo sull’importan-za del colore locale (“puramente antico edegiziano”) espressamente richiesta dal Vi-ceré:

En attendant je vous envoie un scénario.[...] Je n’ai pas besoin de vous dire que la ré-daction en est de moi. Si je suis intervenu,c’est en premier lieu parce que le Vice-Roime l’a ordonné, en second lieu parce que jeme suis cru autorisé à croire que j’étais ca-pable de donner au travail la vraie couleurlocale, laquelle, dans un opéra de ce genre,est la condition indispensable. Je vousrépète en effet que ce que le Vice-Roi veut,c’est un’opéra purement antique et égyp-tien. [...] Il va sans dire que je ne mets au-cune espèce d’amour propre dans la que-stion, et que vous pouvez modifier, boule-verser e améliorer le scénario comme vousl’entendez. J’oubliais de vous dire que le Vi-ce-Roi a lu le scénario, qu’il l’a compléte-ment approuvé, et que c’est par son ordreque je vous l’envoie. Ne vous effarouchezpas du titre. Aïda est un nom égyptien. Ilfaudrait régulièrement Aïta. Mais le nomserait trop dur et les chanteurs l’adouci-raient irrésistiblement en Aïda. [...]

Un mese più tardi, l’8 giugno 1870, scriveràal fratello Édouard:

Figure-toi que j’ai fait un opéra, un grandopéra dont Verdi achève la musique [...].

E il 21 giugno allo stesso:

[...] le scénario est de moi, c’est-à-dire quej’en ai conçu le plan, que j’en ai réglé toutesle scenes et que l’opéra, dans son essence,est sorti de mon sac.

Ancora un anno più tardi, il 19 luglio 1871,scrivendo al sovrintendente dei teatri Kedi-viali, Draneht Bey:

[...] Aïda est en effet un produit de mon tra-vail; c’est moi qui a décidé le Vice-Roi à enordonner la représentation; Aïda, en unmot, est sortie de mon cerveau [...].

Tuttavia allo stesso Draneht Bey aveva rac-comandato il 21 luglio dell’anno prima chein tutto quanto riguardava l’«opera egizia-na» il suo nome non venisse nemmeno pro-

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nunciato:

[...] J’espère que vous serez content et quel’opéra représenté cet hiver au Caire pourla première fois vous fera grand honneur,car pour moi je déclare d’avance que, com-me autant du livret et de tout ce qui regardele côté artistique de l’oeuvre, je désire quemon nom ne soit même pas prononcé.

È forse da interpretarsi questa dichiarazio-ne come una sorta di reticenza da parte dichi riteneva lo scenario di Aida non tuttafarina del proprio sacco?... Piuttosto, ondemeglio comprendere l’atteggiamento dimassima riservatezza tenuto da Mariettenel corso di tutto l’«affare», occorre tenerpresente che esso costituiva per lui, amma-lato di diabete, l’occasione a lungo sospira-ta per fare ritorno in patria per qualchetempo dopo tanti anni di permanenza inEgitto: tornarvi in missione ufficiale, perespresso incarico del Viceré, sotto il plausi-bile pretesto dell’indispensabilità della pro-pria presenza attiva nella progettazione erealizzazione delle scene e dei costumi, si-gnificava soprattutto tornare a Parigi a spe-se dell’erario kediviale evitando di attinge-re alle proprie risorse personali. Che in-somma tutta l’operazione da lui condottaper realizzare l’opera «egiziana» desideratadal Viceré mirasse a questo scopo trasparechiaramente da alcuni passaggi di sue let-tere fatte conoscere da Ursula Günther.6

Aveva raccomandato a Du Locle il 27 apri-le:

[...] Il faut m’écrire que le sujet donné est siarchéologiquement égyptien et égyptologi-que que vous me pouvez faire le livret sansun policier à chaque instant à votre côté;que ma présence à Paris est en outre indi-spensable pour les décors et les costumes.Je ne vous demande pas plus. Si je pourraialler à Paris cet été, mon but serai atteint.

E il 19 maggio, sempre a Du Locle.

Merci de vos bonnes intentions, quant àmon voyage en France. Rien ne se dessineencore, parce que l’affaire de l’opéra n’est

pas encore assez engagée. [...]En résumé, marchez en avant. Gounod ferabien. Verdi ferait mieux. Mais de toute ma-nière que la première pierre soit posée etque le Vice-Roi sache qu’il y a au moinscommencement d’exécution [?]. Si, aprèscela, je vois que ma présence est nécessaireà Paris, j’aurais au moins un but pour app-puyer ma demande. [...]

Infine il 29 maggio, all’immediata vigiliadella risoluzione favorevole di Verdi, anco-ra a Du Locle:

[...] Le Vice-Roi sera d’ailleurs enchanté del’acceptation de Verdi. Il tenait essentielle-ment à ce que l’opéra fut écrit par lui, car ilest grand admirateur du maëstro. L’opérasera représenté pour la première fois auCaire en italien. [...] Rien ne sera négligé icipour la mise en scène que le Vice-Roi dési-re aussi splendide et aussi magnifique quepossible. Tout sera fait à Paris, décors et co-stumes.Quant à moi, j’espère bien partir un de cesjours. Aussitôt que je verrai le Vice-Roi, jeposerai carrément la question sur mon vraibut. C’est moi qui a fait le scénario, c’estmoi, de tous ses employés, qui connaismieux la Haupte-Egypte et la question descostumes et des décors. C’est moi par con-séquent qu’il doit envoyer en France. J’e-spère que cet argument le décidéra. [...]

Si può anche sorridere all’idea che Aidadebba il suo primo concepimento all’inizia-tiva di un funzionario straniero del Viceréd’Egitto alla ricerca di un valido pretestopur di tornare in patria per qualche tempoa spese dell’erario e poter così rivedere pa-renti e amici e respirare aria di casa... Ma lastoria dei grandi capolavori assai spessoprende avvio da cause del tutto accidentali.Piuttosto, per tornare al soggetto di Aida,quali ne siano le vere origini, quale ne siastato il ruolo di Mariette, se inventore «dipianta» o manipolatore di papiri, occorrefare una constatazione: non fu l’insistenzadi Du Locle e di Mariette e non furononemmeno le «condizioni pecuniarie» (chepure ebbero grande importanza) a influire

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Auguste Mariette, figurino per la prima rappresentazione assoluta di Aida (Radamès). Il Cairo, Teatrodell’Opera, 24 dicembre 1871. (Parigi, Bibliothèque de l’Opéra).

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Auguste Mariette, figurino per la prima rappresentazione assoluta di Aida (Coristi). Il Cairo, Teatrodell’Opera, 24 dicembre 1871. (Parigi, Bibliothèque de l’Opéra).

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in ultima istanza sulla decisione di Verdi.Fu la lettura del «programma» ovvero sce-nario dell’opera a determinare il composi-tore a scrivere un’opera per l’Egitto, comesi deduce da un passo della sua lettera del26 maggio 1870 a Du Locle, sopra riportato:« È ben fatto; è splendido di mise en scène evi sono due o tre situazioni, se non nuovis-sime, certamente molto belle».La vicenda quale si desume dal «program-ma» letto da Verdi (di cui copia superstitedei pochi esemplari fatti stampare da Ma-riette è stata recentemente rinvenuto pres-so la Bibliothèque de l’Opéra di Parigi7), sipresenta per essenzialità d’azione, econo-mia di trama, funzionalità di personaggi(attraverso i quali si ripropone l’ancestralestruttura gerarchica tripartita della societàumana: preti, soldati, operai) – e quindi aldi là della descrizione filologica di ambien-ti, oggetti e costumi operata da Mariette al-l’interno dello scenario – una storia esem-plare senza confini di tempo e di luogo.Non v’è bisogno di scomodare le tesi diPropp sulla morfologia della fiaba per in-travedere in questa storia una sorta di pa-radigma di testo melodrammatico. E cheproprio questa esemplarità avesse subitodestato l’interesse di un uomo di teatro co-me Verdi lo spiega il modus operandi da luiadottato, sin quasi dagli esordi della pro-pria carriera, nell’affrontare la scelta di unsoggetto. Alla base di esso sta uno scopoben preciso, un vero e proprio progetto me-lodrammaturgico: quello di tradurre l’azio-ne drammatica in discorso musicale auto-nomamente organizzato. Per Verdi è la mu-sica che deve possedere il dramma: non vi-ceversa. Pertanto la sua lettura preliminaredi un soggetto avviene sempre in chiaveeminentemente musicale, cioè sulla basedei parametri determinati dalle leggi cheorganizzano il linguaggio dei suoni e ne re-golano l’espressione in funzione dramma-tica. La verifica della musicabilità di un te-sto viene da Verdi attuata concentrando ilpercorso narrativo entro una griglia di si-tuazioni che consentano l’articolarsi deltempo musicale, vale a dire riducendolo auno stadio primigenio che funge da inte-laiatura generale di un organismo in for-

mazione, indispensabile fase d’avvio per larealizzazione del progetto melodramma-turgico in tutte le sue componenti, sonore evisive.Fino all’Aida Verdi era quasi sempre ricor-so a fonti letterarie ben individuate, più omeno illustri (Hugo, Byron, Schiller,Shakespeare, Voltaire, Gutiérrez, Dumasfils, Werner, Souvestre, Scribe), aggreden-do la sostanza drammatica fino a ridurlaallo stato di schizzo, cioè a un condensatodi situazioni musicabili di forte valenzateatrale. Così era stato per Ernani e per Idue Foscari, poi per Macbeth, Luisa Miller,Rigoletto, via via fino a Don Carlos. Ora,con lo scenario di Aida Verdi non solo sitrovava di fronte per la prima (e ultima)volta a un soggetto ‘vergine’, non derivatoda preesistenti fonti letterarie o teatrali, piùo meno note che fossero, ma altresì di fron-te a un testo che già si presentava come unconcentrato di azione drammatica, limpidoe coerente per situazioni e sviluppi, su cuipoter lavorare per sottoporre l’intera vicen-da alle norme del codice melodrammatico.Non fa pertanto meraviglia che dopo unastasi di mesi nelle trattative per l’«affared’Egitto», il compositore dopo la lettura del-lo scenario rompesse gl’indugi e affrontas-se l’«operazione Aida» con quella determi-nazione che gli era proverbiale nei mo-menti delle scelte decisive.Esattamente una settimana dopo aver co-municato a Du Locle l’impressione positivaprodottagli dalla lettura del «programmaEgiziano», Verdi gli riscrive fissando lecondizioni, fra le quali la cifra del compen-so (una cifra da capogiro: 150.000 franchidi allora!) che forse Verdi non avrebbeavanzato di propria iniziativa se non fossegià stata in un certo senso preventivata nelcorso delle trattative fra Mariette e Du Lo-cle e quindi fra Du Locle e Verdi:

Eccomi all’affare d’Egitto, e prima di tuttobisogna che mi riservi tempo a comporrel’opera, perché si tratta di lavoro a vastissi-me proporzioni (come si trattasse dellaGrande Boutique [cioè l’Opéra di Parigi]) eperché bisogna che il poeta italiano troviprima i pensieri da mettere in bocca ai per-

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sonaggi, e ne faccia la poesia. Ammettendodunque che io possa arrivare in tempo, ec-covi le condizioni.1.° Farò fare il libretto a mie spese.2.° Manderò pure a mie spese persona alCairo, per concertare e dirigere l’opera.3.° Manderò copia dello spartito e lascieròl’assoluta proprietà del libretto e della mu-sica pel solo regno d’Egitto, ritenendo perme la proprietà del libretto e della musicaper tutte le altre parti del mondo.In compenso mi si pagherà la somma dicentocinquantamila franchi, pagabili a Pa-rigi dalla Banca Rotschild al momento incui verrà consegnato lo spartito.Eccovi una lettera asciutta e secca, comeuna cambiale. Si tratta d’affari, e mi perdo-nerete, mio caro Du Locle, se per ora nonmi dilungo in altre cose.

Con questa lettera praticamente scattal’«operazione Aida». Verdi si pone imme-diatamente al lavoro. Coadiuvato dalla mo-glie Giuseppina, traduce in italiano, parolaper parola, lo scenario di Mariette. Fa veni-re a gran velocità Du Locle a S. Agata perconcertare con lui alcune modifiche alloscenario, di cui le principali riguardano lasuccessione delle scene del 1° quadro del 1°atto, la divisione del 2° atto in due quadriattraverso l’introduzione di «una sala nel-l’appartamento di Amneris» dove far avve-nire lo scontro fra la figlia del Faraone e laprincipessa etiope (nello scenario di Ma-riette tale scontro figurava nell’ambientedel trionfo come una sorta di a parte in at-tesa dell’ingresso del Re), lo spostamentodell’azione del 3° atto da «un giardino delpalazzo» reale alle «rive del Nilo», la divi-sione in due piani sovrapposti – in luogodel solo sotterraneo contemplato nello sce-nario – dell’ultimo quadro dell’opera con lavisione simultanea del tempio («splendented’oro e di luce») e del sotterraneo («cupo,con tinte fredde»). Stende infine il testo deidialoghi. In meno di tre settimane il libret-to di Aida, salvo i versi, è pronto. Il 25 giu-gno il compositore riassume la situazioneall’editore Giulio Ricordi, che fino a quelmomento era stato tenuto rigorosamenteall’oscuro sulle trattative intercorse per

l’«affare d’Egitto»:

Fino dall’anno passato fui invitato a scrive-re un’opera in paese molto lontano. Risposidi no. Quando fui a Parigi, Du Locle fu in-caricato di parlarmene di nuovo e di offrir-mi una forte somma. Risposi ancora di no.Un mese dopo, egli mi mandava un pro-gramma stampato, dicendomi essere fattoda un personaggio potente (cosa che noncredo), che gli pareva buono, e che lo leg-gessi. Io lo trovai buonissimo, e gli risposiche l’avrei musicato alle condizioni etc. etc.Tre giorni dopo il telegramma, mi rispose:“accettato”. Di più venne qui Du Locle, colquale estesi le condizioni, studiammo in-sieme il programma, ed insieme facemmole modificazioni credute necessarie. Du Lo-cle è partito colle condizioni e colle modifi-cazioni da sottoporsi al potente ed ignotoautore. Ho studiato ancora il programma, evi ho fatto e sto facendovi nuovi cambia-menti. Bisogna ora pensare al libretto, o,per meglio dire, a fare i versi, perché ora-mai non abbisognano che i versi. Ghislan-zoni, può egli e vuole farmi questo lavoro?Non è un lavoro originale, spiegatelo bene;si tratta soltanto di fare i versi; i quali, bens’intende (ciò lo dico a voi) saranno pagatimolto generosamente. [...]88

Non è un lavoro originale [...]; si tratta sol-tanto di fare i versi... La raccomandazionesta a eloquente conferma di un metodooperativo che il compositore aveva adottatoalmeno sin dai tempi del Macbeth per Fi-renze nella redazione dei libretti delle pro-prie opere. Il carteggio con il versificatoreda Verdi prescelto – quel Ghislanzoni chedue anni prima aveva dato buona prova nelcollaborare alla revisione del libretto dellaForza del destino (Teatro alla Scala, 1869) –testimonia ampiamente il ruolo determi-nante del musicista nella stesura del libret-to, ruolo che investe di volta in volta la scel-ta del metro e fin quella delle parole. Quasisempre Ghislanzoni finisce con l’adottarele soluzioni proposte da Verdi. Le racco-mandazioni al poeta spesso si traducono inosservazioni di tecnica teatrale che rivela-no appieno la lucidità delle concezioni

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drammaturgiche del compositore. In pro-posito bastino alcuni esempi ricavati dalcarteggio pubblicato in appendice ai Copia-lettere.9

Lettera del 14 agosto 1870:

Se debbo dire francamente la mia opinione,mi pare che questa scena della consacra-zione non sia riuscita dell’importanza chem’aspettavo. I personaggi non dicono sem-pre quello che devono dire, ed i preti nonsono abbastanza preti. Parmi altresì che laparola scenica non vi sia, o se v’è, è sepoltasotto la rima o sotto il verso, e quindi nonsalta fuori netta ed evidente come dovreb-be. [...]

Lettera del 17 agosto 1870:

[...] Le strofe vanno bene fino “a te in cordestò”. Ma quando in seguito l’azione siscalda, mi pare che manchi la parola sceni-ca; ma intendo dire la parola che scolpiscee rende netta ed evidente la situazione.Per esempio i versi:In volto gli occhi affisamiE menti ancor se l’osi:Radames vive . . . . . .ciò è meno teatrale delle parole (brutte, sevuole):. . . . . con una parolastrapperò il tuo segreto.Guardami t’ho ingannata:Radames vive . . . . . .Così pure i versi:Per Radames d’amoreArdo e mi sei rivale– Che? voi l’amate? – Io l’amoE figlia son d’un re.mi paiono meno teatrali delle parole: “Tul’ami? ma l’amo anch’io intendi? La figliadei Faraoni è tua rivale! – Aida: Mia rivale?E sia: anch’io son figlia, etc.”So bene ch’ella mi dirà: E il verso, la rimala strofa? Non so che dire; ma io quando l’a-zione lo domanda, abbandonerei subito rit-mo, rima, strofa; farei dei versi sciolti perpoter dire chiaro e netto tutto quello che l’a-zione esige. Pur troppo per il teatro è neces-sario qualche volta che poeti e compositoriabbiano il talento di non fare né poesia né

musica.Il duetto finisce con una delle solite caba-lette, ed anche troppo lunga per la situazio-ne. Vedrem cosa si potrà fare in musica. [...]

Ghislanzoni accoglie i suggerimenti delcompositore; nel libretto si legge infatti:

AMNERIS

Non mentire!...Un detto ancora e il veroSaprò... Fissami in volto...Io t’ingannai... [ma ingannava in partitura ]Radamès vive...[...]AMNERIS

Sì.... tu l’ami... ma l’amoAnch’io... comprendi tu?... son tua rivale...Figlia dei Faraoni...

AIDA

Mia rivale!...Ebben sia pure... Anch’ioSon tal...

Quanto alla cabaletta, chiariva il 22 agosto

[...] Non dubiti, io non aborro dalle cabalet-te, ma voglio che vi sia il soggetto ed il pre-testo. Nel duetto del Ballo in maschera [atto2°, duetto Amelia - Riccardo] c’era un prete-sto magnifico. Dopo tutta quella scena biso-gnava, sto per dire, che l’amore scoppiasse.

Lettera del 28 settembre:

Vedo ch’ella ha paura di due cose: di alcu-ni, dirò così, ardimenti scenici, e di non farcabalette! Io sono sempre d’opinione che lecabalette bisogna farle quando la situazio-ne lo domanda. Quelle dei due duetti [Aida- Amnéris e Aida - Amonasro] non sono do-mandate dalla situazione, e quella special-mente del duetto tra padre e figlia non par-mi a suo posto. Aida in quello stato di spa-vento e di abbattimento morale non può nédeve cantare una cabaletta. Nel program-ma vi sono due cose estremamente sceni-che, vere e buone per l’attore, che nellapoesia non sono ben rilevate. La prima: do-po che Amonasro ha detto: «Sei la schiava

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dei Faraoni», Aida non può parlare che afrasi spezzate. L’altra: quando Amonasrodice a Radames: «il Re d’Etiopia», qui Rada-mes deve tenere ed occupare quasi solo lascena con parole strane, pazze, esaltatissi-me; ma di questo parleremo a suo tempo.Intanto analizziamo da capo a fondo que-st’atto. [...] Bene il recitativo e romanza [Ai-da: «Qui Radamès verrà», «O cieli azzurri»].Bene il duetto che segue fin dopo il verso«Ti maledico. Ah no». Dopo, «Tu agli occhimiei, Dei Faraon ecc.» mi pare fiacco, e tro-vo falsa questa specie d’entusiasmo d’Aida:«Della patria il sacro amor». Ad Aida, dopoil quadro terribile e gl’insulti detti dal pa-dre, non resta, come le dissi, fiato a parlare:quindi parole tronche ed a voce bassa e cu-pa.Ho riletto il programma e mi pare che que-sta situazione vi è ben resa. Io per me ab-bandonerei forme di strofa, ritmo; non pen-serei a far cantare, e renderei la situazionetale qual’è, foss’anche in versi di recitativo.Tutt’al più farei cantare una frase ad Amo-nasro: «Pensa alla patria, e tal pensiero tidia forza e coraggio». Non dimentichi le pa-role: «Oh patria mia quanto mi costi!»

Lettera del 30 settembre, a proposito delduetto Aida - Radamès nel 3° atto:

Il duetto tra Aida e Radames è bellissimonella parte cantabile, e manca, secondo me,di sviluppo e d’evidenza nella parte sceni-ca. Io avrei preferito nel principio un reci-tativo. Aida sarebbe stata più calma e digni-tosa, ed avrebbe potuto far spiccare meglioalcune frasi buone per la scena; come, peresempio «Non giurare; t’ho conosciuto pro-de, non ti vorrei spergiuro...», e più avanti:«E come potrai sottrarti ai vezzi d’Amneris,al volere d’un re, al voto d’un popolo, ecc.ecc.». [...]Nella scena seguente ella ha temuto di ren-dere odiosa Aida. Ma faccio riflettere cheAida è giustificata dal duetto col padre e di-rei quasi dalla presenza del padre stesso,che il pubblico sa essere là nascosto, cheascolta. Vi è di più. Aida può naturalmentearrestarsi per fare una domanda a Rada-mes; ma Radames, dopo quel duetto, non lo

può. A me pare che la situazione non siapunto pericolosa, ma che lo possa essere:sia dunque da preferirsi sempre la doman-da d’Aida, che è più naturale e vera. Soltan-to non bisogna dire nessuna parola inutile.«Ma!... onde evitar le schiere qual via terre-mo» [...].

Lettera dell’8 ottobre, ancora sul duetto Ai-da - Radamès del 3° atto:

Sia detto una volta per sempre ch’io non in-tendo mai parlare dei suoi versi che sonosempre buoni, ma dire la mia opinione sul-l’effetto scenico. Il duetto tra Radames edAida è riuscito, secondo me, di gran lungainferiore all’altro tra padre e figlia. [...] iversi:d’Amneris l’odio fatal saria,Insiem col padre dovrei morir.non sono scenici, vale a dire non dànnocampo ad azione per l’attore; l’attenzionedel pubblico non è attirata e la situazione siperde. Sarebbe duopo di maggiore sviluppoe bisognerebbe dire presso a poco questeparole:A. E non temi il furore d’Amneris? Non saitu che la sua vendetta come fulmin cadreb-be su me, sul padre mio, su tutti?R. Io vi difendo.A. Invan... tu nol potresti! Ma se tu m’ami...ancora una via resta di scampo a noi.R. Quale?A. Fuggire.Ella dirà: ma queste sono sciocchezze, imiei versi dicono lo stesso. Verissimo:sciocchezze fin che vuole, ma è certo che lefrasi come: «Cadrà su me, sul padre su tut-ti... Invan... tu nol potresti, ecc. ecc.» quandosiano bene accentate, attirano sempre l’at-tenzione del pubblico e qualche volta pro-ducono grandi effetti. [...]

Ghislanzoni accoglie quasi alla lettera leparole suggerite dal compositore, come ap-pare dalla stesura finale del libretto:

AIDA

Né d’Amneris paventiIl vindice furor? la sua vendettaCome folgor tremenda

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Cadrà su me, sul padre mio, su tutti.

RADAMÈS

Io vi difendo.

AIDA

Invan! tu nol potresti...Pur... se tu m’ami... ancor s’apre una viaDi scampo a noi...

RADAMÈS

Quale?

AIDA

Fuggir!

RADAMÈS

Fuggire!

Lettera del 26 ottobre, a proposito del duet-to Amneris - Radamès nel 4° atto:

[...] mi posi a studiare lungamente il duettodel quarto atto, e sono sempre più convintoche bisogna darvi, fin da principio, formalirica. Colle parole stesse del recitativo misono impiastricciato dei versi settenari, edho visto che si può fare una melodia. Sem-brerà strana una melodia su parole chesembrano dette da un avvocato. Ma sottoqueste parole d’avvocato, vi è un cuore didonna disperata ed ardente d’amore. Lamusica può riuscire egregiamente a dipin-gere questo stato dell’animo e a dire in cer-to modo, due cose in una volta. È una qua-lità di quest’arte mal considerata dai criticie mal tenuta dai maestri. [...]

Infine lettera del 13 novembre, a propositodell’ultima scena dell’opera:

In mani poco esperte potrebbe riescire ostrozzata o monotona. Non bisogna stroz-zarla perché dopo tanto apparato scenico,se non fosse bene sviluppata, sarebbe pro-prio il caso del parturiens mons. La mono-tonia bisogna evitarla cercando forme noncomuni. [...] Tutta questa scena non può nédeve essere che una scena di canto puro esemplice. Una forma di verso un po’ stranaper Radames, mi obbligherebbe a cercare

una melodia diversa da quelle che si fannocomunemente sui settenarî ed ottonarî, emi obbligherebbe anche a cambiare movi-mento e misura per fare il solo (un po’ amezz’aria) d’Aida. Così con un cantabile unpo’ strano di Radames, un altro a mezz’ariadi Aida, la nenia dei sacerdoti, la danza del-le sacerdotesse, l’addio alla vita degliamanti, l’in pace di Amneris formerebberoun insieme variato, bene sviluppato; e s’ioposso musicalmente arrivare a legar beneil tutto, avremo fatto una buona cosa, o al-meno cosa che non sarà comune.Coraggio, dunque, signor Ghislanzoni: sia-mo alle frutta; ella, almeno. Veda adunquese in questa accozzaglia di parole senza ri-ma, che le mando, può farmi dei buoni ver-si com’ella ne ha fatti tanti.[AIDA]E qui... lontana da ogni sguardo umano... sul tuo cor morire (un verso ben patetico)RADAMÈS. Morire! Tu, innocente?Morire! Tu, sì bella?Tu nell’april degli anniLasciar la vita?Quant’io t’amai, no, no’l può dir favella!Ma fu mortale l’amor mio per te.Morire! Tu, innocente?Morire! Tu, sì bella?AIDA. Vedi? di morte l’angelo, ecc. ecc.Ella non può immaginare sotto quella for-ma sì strana che bella melodia si può fare, equanto garbo le dà il quinario dopo i tre set-tenarî, e quanta varietà dànno i due ende-casillabi che vengono dopo: sarebbe peròbene che questi fossero o entrambi tronchio entrambi piani. Veda s’ella può cavarnedei versi, e mi conservi «tu sì bella», che fatanto bene alla cadenza.

S’è visto dai documenti testé citati comeuna vexata quaestio stesse di fronte al com-positore non meno che al “versificatore”:cabaletta sì, cabaletta no... Val la penaspendere qualche parola intorno a questoargomento, assai dibattuto all’epoca di Ai-da, epoca segnata dall’ingresso delle operedi Wagner in Italia e dalle accese contro-versie intorno al dramma musicale e alla

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Edouard Despléchin, bozzetto per la prima rappresentazione assoluta di Aida (atto II, 2). Il Cairo, Teatrodell’Opera, 24 dicembre 1871. (Parigi, Bibliothèque de l’Opéra).

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«musica dell’avvenire»: l’impiego della ca-baletta veniva ormai giudicato un arcai-smo, un inutile, vetusto retaggio del canonemelodrammaturgico dell’opera italiana diun’epoca ormai tramontata, l’epoca di Paci-ni, di Bellini, di Donizetti, dello stesso Ver-di, e come tale condannato in quanto “anti-drammatico”. Tempi nuovi, forme nuove.La presenza di cabalette nell’Aida non pas-serà, infatti, senza condanna da parte dellacritica togata, tanto che Verdi alla fin finesbotterà, scrivendo a un amico:

[...] in questo momento è venuto di moda digridare e di non volere ascoltare le cabalet-te. È un errore uguale a quello di una voltache non si voleva altro che cabalette. Si gri-da tanto contro il convenzionalismo e se neabbandona uno per abbracciarne un altro!Oh! i gran pecoroni!! 1100

E anni più tardi, all’immediata vigilia delrifacimento del Simon Boccanegra e dellacomposizione dell’Otello, replicava a Giu-lio Ricordi (20 novembre 1880) citando dueesempi belliniani, rispettivamente dallaStraniera e dalla Sonnambula:

Io però non ho tanto orrore delle cabalette,e se domani nascesse un giovine che me nesapesse fare qualcheduna del valore peres.: Del Meco tu vieni o misera oppure Ahperché non posso odiarti1111 andrei a sentirlecon tanto di cuore, e rinuncierei a tutti gliarzigogoli armonici, a tutte le leziosagginidelle nostre sapienti orchestrazioni ... Ah ilprogresso, la scienza, il verismo ... Ahi Ahi... Verista finché volete, ma ... Shakespeareera un verista ma non lo sapeva. Era un ve-rista d’ispirazione; noi siamo veristi perprogetto per calcolo. Allora tanto fà; siste-ma per sistema; meglio ancora le cabalette.Il Bello poi si è che a furia di progresso,l’Arte torna indietro.1122

All’interno della sequenza Adagio - Allegroovvero Cantabile - Cabaletta sulla quale sifonda la struttura della Scena e Aria, pernodella melodrammaturgia dell’opera ro-mantica italiana, la cabaletta agisce solita-mente come elemento di contrasto dinami-

co, sia che si tratti di un’aria solistica o diuna scena d’insieme (duetto, concertato).Di solito essa presenta un carattere risolu-tivo, che si presta alla conclusione di unquadro o di un atto; spesso s’identifica conun capovolgimento dell’azione scenica: ti-pico in tal senso l’impiego della cabalettanel duetto Ernani - Silva «In arcion, in ar-cion, cavalieri» e nel duetto Gilda - Rigolet-to «Sì, vendetta, tremenda vendetta». Benconsapevole della funzione che la cabalettapuò assolvere nella scansione dei conflittidrammatici, Verdi non rinnegherà il suoimpiego nemmeno negli anni di maggioreavanzamento della sua arte, come dimostrail finale del duetto Otello - Jago a conclu-sione dell’atto 2° di Otello «Sì, pel ciel mar-moreo giuro!». Va tuttavia tenuto presenteche vi è una differenza sostanziale nellafunzionalità drammatica derivante dall’op-posizione adagio - allegro nell’aria solisticarispetto al duetto e più in generale alle sce-ne d’insieme. Nell’aria solistica, in assenzadi antagonisti, il contrasto si sviluppa perfasi diacroniche (da qui l’importanza cheriveste nel determinare tale contrasto lascena di mezzo), temporalmente distantifra loro, a meno che il coro non venga uti-lizzato in funzione antagonistica, come adesempio nel finale dei Due Foscari. Nellescene d’insieme, più particolarmente nelduetto (struttura portante della dramma-turgia verdiana), il contrasto si verifica al-l’interno del brano, si sviluppa cioè non perfasi diacroniche bensì in modo sincronicoo, comunque, per fasi assai ravvicinate, at-traverso antitesi ritmiche e tematiche. Lapresenza di due o più personaggi è di per sestessa un fattore dinamico che consentel’incalzare dell’azione e un movimento piùserrato nelle transizioni drammatiche. Do-po Traviata Verdi praticamente abbandonal’impiego della sequenza Cantabile - Caba-letta nell’aria solistica; fra le poche eccezio-ni l’aria di Procida in Les Vêspres Sicilien-nes, quella di Amelia nella prima versionedi Simon Boccanegra (1857), e da ultimoquella di Carlo nella Forza del destino (quiil ricorso alla cabaletta è determinato dallanecessità di concludere l’atto). Tuttavia nemantiene l’impiego, ove necessario ai fini

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drammaturgici, nelle scene d’insieme, inspecie nei duetti e nei finali d’atto (in que-st’ultimo caso splendido esempio è nellastessa Aida, alla ripresa del coro «Gloria al-l’Egitto» che conclude l’atto 2°), ma affidan-do alla cabaletta una funzione rinnovata,vale a dire quella di una risoluzione appa-rente, provvisoria, del conflitto drammati-co, a sua volta preparatoria di un capovol-gimento della situazione. Essa viene per-tanto a collocarsi non più a conclusione diun quadro o di un atto, ma immediatamen-te a ridosso del preciso momento in cui neldramma sta per verificarsi la svolta decisi-va che conduce alla catastrofe. Si veda inproposito la cabaletta del duetto Amelia -Riccardo nell’atto 2° di Un ballo in masche-ra «Oh qual soave brivido», che precede dipoco lo scoprimento dell’adulterio. Si vedaancora la cabaletta del duetto Leonora - Al-varo nel primo quadro della Forza del de-stino «Seguirti fino agli ultimi», che imme-diatamente precede lo scoprimento dellafuga dei due amanti. E infine si veda la ca-baletta del duetto Aida - Radamès nell’atto3° di Aida «Sì, fuggiam da queste mura», chea sua volta precede il tradimento di Ra-damès e la subitanea apparizione di Amo-nasro.L’Aida contiene ben cinque duetti: Aida -Amneris nell’atto 2°, Aida - Amonasro e Ai-da - Radamès nell’atto 3°, Amneris - Ra-damès e Aida - Radamès nell’atto 4°. Soloper due di essi Verdi ammette la cabaletta:per il duetto Aida - Radamès nell’atto 3° eper il duetto Amneris - Radamès nell’atto 4°(l’allegro finale «Chi ti salva o sciagurato»,per quanto tale non sembri a prima vista,ha tutto il carattere di cabaletta, con tantodi stretta finale, pur rapidissima). Qualifossero le intenzioni di Verdi al tempo diAida circa l’impiego della cabaletta, lo spie-gano bene alcune sue lettere a Ghislanzonisopra riportate. Merita prendere in consi-derazione la soluzione da lui adottata perovviare all’assenza di una cabaletta nelduetto Aida - Amneris. Osserviamo infatti ilfinale di questo duetto. Esso inizia subitodopo il cantabile «Ah!... pietà ti prenda delmio dolor» che conclude la prima parte del-la Scena e Duetto. A questo punto dell’azio-

ne dovrebbe prevedersi, conforme alloschema tradizionale dell’aria a due unascena di mezzo che, capovolgendo o quan-to meno modificando la situazione scenicadeterminatasi alla fine del cantabile, offral’opportunità di concludere il quadro conun allegro finale ovvero cabaletta. Ma ognimodificazione a una situazione di così irri-ducibile antagonismo psicologico qualequella creatasi dopo che le due principessesi sono scoperte rivali in amore toglierebbesostanza drammaturgica (e quale sostanza!ove si pensi con quanta arte sottile, perfet-tamente tradotta in termini musicali, Am-neris ha saputo scandagliare il cuore di Ai-da e strapparle la rivelazione del nome del-l’amato) a tutta l’azione fin qui sviluppata-si, e rischierebbe di alterare o quanto menoattenuare gli effetti di un conflitto sul qualesi regge l’intera vicenda: dal punto di vistadrammaturgico le posizioni dei due perso-naggi in scena sono ormai nettamente defi-nite e quindi immodificabili. Non v’è scenadi mezzo che possa giustificare un allegrofinale se non procedendo con l’accentuareulteriormente il contrasto psicologico fraAida e Amneris. Una cabaletta vi starebbepertanto fuori luogo. Ma se l’aspetto dram-maturgico del duetto è praticamente defini-to alla conclusione del cantabile – da un la-to l’arroganza della figlia dei Faraoni, dal-l’altro lato l’abbattimento della schiava –,rimane tuttavia pur sempre aperto il pro-blema della forma musicale: un allegro fi-nale avrebbe in questo caso non solo ilcompito di equilibrare la struttura dell’inte-ro brano scaricando la tensione accumula-tasi nella scena d’attacco e nel cantabile, ecosì definire la conclusione dell’intero qua-dro, ma anche quello di preparare psicolo-gicamente la scena del trionfo di Radamèsche immediatamente segue.A questo punto Verdi ha una trovata di ge-nio risolvendo il problema melodramma-turgico con mezzi puramente musicali. Ap-parentemente egli rinuncia alla scena dimezzo onde affrontare direttamente unastretta finale che consenta di accentuare ilcontrasto psicologico fra i due personaggiin scena. Ma la scena di mezzo in effetti c’è,ed è costituita dall’improvviso intervento

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della banda e del coro interni che annun-ciano il ritorno vittorioso di Radamès allatesta del suo “esercito di prodi”. La trovataconsiste non tanto in questo tipo d’inter-vento (in sé e per sé esso non costituisceuna novità in assoluto: già Donizetti s’eraservito di un intervento analogo, cioè delsuono di una banda interna, nel duetto Lu-cia - Enrico nell’atto 2° della Lucia di Lam-mermoor «Che fia? – Suonar di giubilo»,quale scena di mezzo introduttiva della ca-baletta), quanto nella sua applicazione,consistente in una struttura verticale checonsente lo svolgimento sincronico di sce-na di mezzo e stretta. Aspetto peculiare del-l’arte di Verdi è infatti la tendenza a con-centrare le situazioni drammatiche in sen-so verticale, per sovrapposizione sincroni-ca, sfruttando ove possibile la divisione discena (vedi ad esempio la seconda partedell’atto 1° e l’atto 3° di Rigoletto, l’ultimascena di Aida, il 2° atto di Otello), ma affi-dando alla musica, e solo alla musica, ilcompito di differenziare situazioni e statid’animo (emblematico in tal senso il Quar-tetto del Rigoletto), conforme una visioneche sta all’antitesi della drammaturgia diWagner, rigorosamente improntata a unpercorso diacronico.«Verdi può rivedere tutto un Oriente nel-l’interno di un frutto nostrano come il coco-mero».13 Non v’è infatti una sola nota del-l’Aida che derivi da musica egiziana o ara-ba o comunque ‘orientale’. La tinta esotica– quel particolare colore che esala dallapartitura, volto a definisce un ambiente,anzi un mondo lontano non tanto nellospazio quanto nel tempo – è tutta farina delsacco di Verdi. A questa tinta il composito-re perviene con mezzi musicali che si rive-lano di una semplicità disarmante: timbristrumentali quali l’oboe (in particolare nel3° atto), l’arpa, il registro grave del flauto, iviolini a punta d’arco, melodie con il secon-do grado abbassato, oscillazioni fra minoree maggiore, il ricorso alla salmodia chiesa-stica, impiego di accordi vuoti. La famosametafora di Bruno Barilli, sopra citata, con-densa felicemente la testimonianza di unostrumentista parmigiano, Stefano Sivelli,presente come suonatore di oficleide nel-

l’orchestra del Cairo alla prima rappresen-tazione di Aida, il quale, nel riconoscere nelcanto interno delle sacerdotesse all’iniziodel 3° atto quello di un venditore di perecotte della sua città («Boiènt i pèr cott,boiènt»), si sovvenne del giorno in cui, cir-ca un anno prima, incontrò casualmenteVerdi in un negozio mentre per le vie diParma risuonava il canto del percottaio: al-l’udire quel canto, il maestro «ebbe un lam-po improvviso negli occhi [...] estrasse daltaschino del panciotto un piccolo notes» ene trascrisse rapidamente le note...14 L’a-neddoto, apparentemente insignificante insé, è rivelatore di quale finissimo orecchiofosse dotato Verdi, che, quasi ubbidendo aun richiamo ancestrale, seppe cogliere nelcanto del percottaio le radici del salmodia-re liturgico, riconducendolo nel tempio, siapure egizio, per riconferirgli i caratteri diuna cantilena sacerdotale.La tinta esotica si distende sull’intera azio-ne, impregnando di sé situazioni e perso-naggi, ma si addensa in particolare nellescene rituali (la consacrazione, il processo,i canti dei sacerdoti, le danze, le cerimo-nie), che sono al tempo stesso cornice e so-stanza della vicenda drammatica. Nulla èsuperfluo in Aida. La «danza di piccolischiavi mori», ad esempio, riveste una fun-zione solo apparentemente decorativa: col-locata alla soglia dello scontro fra Amnerise Aida, essa svolge in realtà una funzione‘alienante’, volta a sottolineare il grado disubalternità e di prostrazione della prota-gonista di fronte alla rivale. Così la grandearia del 3° atto, «O cieli azzurri», apparente-mente superflua in termini di economiadrammatica, è volta in realtà a mettere inevidenza un particolare atteggiamento delpersonaggio di Aida, che risulterà ben tostodeterminante nel far precipitare la situa-zione verso la catastrofe: vale a dire l’aneli-to di libertà espresso attraverso il ricordo –evocato dal timbro solitario dell’oboe – del-la patria, «queto asil beato» con i suoi «ver-di colli» e le sue «foreste imbalsamate»; enon casuale appare il ritorno di questo tim-bro solitario nel momento in cui Aida, neltentativo di indurre Radamès alla fuga,evoca a sua volta il profumo delle «foreste

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Auguste Mariette, figurino per la prima rappresentazione assoluta di Aida (Amonasro). Il Cairo, Teatrodell’Opera, 24 dicembre 1871. (Parigi, Bibliothèque de l’Opéra).

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vergini». Ma dove ancor più determinantesi rivela il ricorso alla tinta esotica in fun-zione ‘alienante’ è in tutte quelle situazionisegnate dalla presenza incombente dei sa-cerdoti e dei loro riti. Una presenza che sitraduce nell’espressione di un potere asso-luto che domina tutta la vicenda da cima afondo, sin dal primo alzarsi di sipario, al-lorché il capo dei sacerdoti comunica a Ra-damès l’appressarsi della guerra contro gliEtiopi, fino al suo rinchiudersi sulla visionedel tempio. Il «nume custode e vindice», ar-bitro assoluto dei destini umani, parla eagisce attraverso la figura onnipresente diRamfis. È lui che nomina «delle Egizie fa-langi il condottier supremo»; è lui che loconsacra nel tempio; è lui che lo processa elo condanna a morte. Ed è ancora lui, con isuoi sacerdoti, che alla fin fine emerge co-me vero vincitore durante la trionfale para-ta del 2° atto opponendosi alla richiesta dilibertà per i prigionieri, ottenendo in cam-bio di trattenere in ostaggio almeno Aida esuo padre. Il Re regna, ma non governa;sua massima cura sembra solo quella ditrovare un marito per la figlia; per il resto‘cede al consiglio’ del gran sacerdote, verodetentore di un potere, quello spirituale,che si estende dal pubblico al privato: è in-fatti ancora lui, Ramfis, ad accompagnarela promessa sposa, Amneris, al tempio do-ve pregare, restandole a fianco, «fino all’al-ba». Raffigurazione del re-mago delle so-cietà primitive, Ramfis, in quanto detentoredel potere e suscitatore di superstizione,rappresenta l’istituzione che detta le leggisulle quali si regge l’intera società: gover-no, proprietà, matrimonio; egli è insomma«il fulcro su cui poggia la bilancia del mon-do».15 Per Verdi il ‘fato’ rientra nella sferadel ‘sacro’. Uno dei temi dominanti del suoteatro è rappresentato dai conflitti scatena-ti dall’infrazione alla legge del fato (la forzadel destino) identificata nell’inesorabile pa-dre-padrone, custode della legge morale,dell’onore, delle tradizioni familiari e so-ciali, il garante della famiglia, della società,dello stato, detentore di un potere spiritua-le che si pone al di sopra dei destini umani.Nello scontro con il ‘grande Vecchio’ è sem-pre il giovane ‘eroe’ a soccombere, inesora-

bilmente. La figura ‘sacro-infera’ del Com-mendatore nel Don Giovanni di Mozartpuò essere assunta come un condensatodella funzione ‘attanziale’ svolta nel teatroverdiano dal personaggio che si configuracome rappresentante della legge morale egiudice delle azioni umane. Raffigurato divolta in volta, con una propria connotazio-ne musicale, in personaggi quali Ruiz deSilva, in papa Leone, in Moser, in Montero-ne, in Fiesco, nel Marchese di Calatrava,nel Grande Inquisitore, esso trova in Ram-fis e nella casta dei sacerdoti, attraverso illoro canto salmodiante, la sua ultima incar-nazione, prima della sua più completa defi-nizione nella Messa da Requiem.L’«operazione Aida» avrebbe dovuto con-cludersi in pochi mesi («Le Vice-Roi [...]parle de la 1ère représentation pour le moisde Février prochain» aveva scritto Mariettea Du Locle il 19 maggio 1870). Ma a causadella guerra franco-prussiana, dell’assediodi Parigi (dove scene e costumi dovevanoesser fatti eseguire dalle maestranze del-l’Opéra sotto la diretta sorveglianza di Ma-riette), dei disordini della Comune e dellaferoce repressione seguitane, essa vienerinviata alla fine del dicembre 1871. Tutta-via tale «operazione» si protrarrà in praticaoltre questa data e anche oltre la prima rap-presentazione europea avvenuta alla Scaladi Milano l’8 febbraio 1872. Essa durerà fi-no a quando Verdi riterrà di sovrintenderepersonalmente alla messinscena e all’ese-cuzione dell’opera: al Regio di Parma (20aprile 1872), al San Carlo di Napoli (30marzo 1873), alla Staatsoper di Vienna (19giugno 1875), al Théâtre Italien di Parigi(22 aprile 1876), fino alla ‘storica’ messin-scena dell’Opéra (22 marzo 1880), la qualecostituisce una sorta di summa di prece-denti allestimenti, destinata a fare testo permolti anni a venire (come ben dimostraGianfranco De Bosio in un suo prezioso vo-lumetto che condensa le estenuanti ricer-che compiute per ristabilire il percorso sto-rico della messinscena di Aida16), in occa-sione della quale la partitura assumerà,mercé qualche ritocco (in particolare conun’aggiunta nel ballo del Finale del 2° atto),le dimensioni che ormai conosciamo.

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Si è detto «operazione Aida»; e non a caso.L’avvenimento fu di quelli destinati a tra-scendere l’opera in sé con i suoi valori poe-tici. Per le implicazioni e le conseguenzesuscitate in ambito culturale (e non soloculturale) non sembra esagerato affermareche si trattò del più importante avvenimen-to artistico accaduto in Italia nella secondametà dell’Ottocento. Il tentativo di riformadei sistemi esecutivi, musicali e scenici, inuso nei teatri italiani, avviato da Verdi conDon Carlo e con la nuova versione dellaForza del destino sul finire degli anni 1860,trova con Aida – opera d’immediato suc-cesso e di crescente popolarità – la circo-stanza più propizia. In tal senso l’«opera-zione Aida» può essere interpretata comeuna sorta di Bayreuth italiana (per singola-re coincidenza il 22 maggio 1872, a pochimesi dalla prima di Aida, veniva posta aBayreuth la prima pietra del Bühnenfest-spielhaus). Il tentativo di riforma – avviatonegli anni in cui in Italia si stavano affer-mando i primi direttori d’orchestra in sen-so moderno (Angelo Mariani, che Verdi inun primo momento avrebbe voluto qualedirettore di Aida al Cairo; Franco Faccio,che diresse l’opera alla Scala; Pedrotti; Usi-glio; Rossi; Mancinelli; Martucci) – miravasoprattutto a elevare la qualità delle masseorchestrali e corali, a sottoporre la messin-scena al servizio del dramma musicale, amigliorare tecnicamente gli strumenti d’or-chestra, a disporre l’organico orchestraliper sezioni unite, a unificare il diapason (ea quest’ultimo proposito è significativo chenei contratti per l’Aida l’editore Ricordi,adeguandosi a una precisa istanza dell’au-tore, imponesse la clausola del diapasonnormale, che a quel tempo era, sull’esem-pio dei diapason francese, di 435 Hz).Che tale riforma fosse nei proposito esplici-ti di Verdi ogni qualvolta gli era dato di sor-vegliare, o direttamente dirigendone leprove o indirettamente attraverso l’editore,le esecuzioni delle proprie opere, ma Aidain modo particolare, lo confermano moltesue lettere di quegli anni. A Giulio Ricordi 5febbraio 1871:

Nelle musiche attuali la Direzione musica-

le e drammatica è una vera necessità. Unavolta una prima Donna un tenore con unacavatina, un Rondò, un Duetto etc. etc. po-tevano sostenere un’opera (se era un’ope-ra); oggi no. Le opere moderne, buone ocattive, hanno intendimenti ben diversi! [...]Predicate il bisogno assoluto di uomini ca-paci alla Direzione delle musiche teatrali,mostrate l’impossibilità dei successi senzaun’interpretazione intelligente.

Allo stesso, il 10 luglio 1871, in vista di Aidaalla Scala:

Abbiate ben per fermo, mio caro Giulio,che se io vengo a Milano non è per la vanitàdi dare una mia opera; è per ottenere unavera esecuzione artistica. Per riescire aquesto, bisogna che io abbia gli elementinecessarj; pregovi dunque di rispondermicategoricamente, se oltre la compagnia dicanto:1.° È nominato il Direttore d’orchestra.2.° Se sono scritturati i Coristi come io indi-cai.3.° Se l’orchestra verrà composta come iopure indicai.4.° Se i Timpani e Gran cassa verrannocambiati in istromenti di molto più grossidi quelli che non erano due anni fa.4.° [sic] Se sarà conservato il Corista nor-male.5.° Se la Banda ha adottato questo Coristaper evitare le stonazioni che ho sentito altravolta.6.° Se la collocazione degli stromenti d’or-chestra sarà fatta come io [...] ho indicato inuna specie di quadro.Questa collocazione d’orchestra è di un’im-portanza ben maggiore di quello che comu-nemente si crede, per gl’impasti degli stro-menti, per la sonorità e per l’effetto. – Que-sti piccoli perfezionamenti apriranno poi lastrada ad altre innovazioni, che verrannocertamente un giorno; e fra queste, quelladi togliere il sipario alla ribalta, l’altra: direndere l’orchestra invisibile. Quest’ideanon è mia, è di Wagner: è buonissima [...].

All’amico Vincenzo Luccardi, nell’estatedel 1872, dopo il trionfale successo ottenuto

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da Aida alla Scala e al Regio di Parma:

Mi spiace che tu t’interessi troppo di que-st’Aida da darsi a Roma. Ma credi tu che seRicordi vi vedesse un successo non sarebbefelice di dare l’opera e guadagnar denari?[...] Qui da noi vi è la più pessima opinionedella maniera in cui si montano gli spetta-coli a Roma ed ecco il vero motivo del rifiu-to di Aida. So bene che Jacovacci promettemari e monti; ma quando i teatri son ma-landati da tanto tempo, quando non vi sonopiù né buoni cori, né buona orchestra, leriforme non si fanno in un momento. Eglicrede quando ha messo sul cartellone due otre nomi conosciuti, d’aver fatto tutto. MaEgli non sa che i successi di Milano e Par-ma sono dovuti principalmente alle impo-nenti masse corali e orchestrali, alla perfet-ta esecuzione dell’insieme ed alla splendi-da mise en scene.

Nell’inverno del 1872 a Vincenzo Torelli,che insisteva perché si concedesse di rap-presentare Aida a Napoli:

[...] cosa importa diate non diate le operemie se non volete fare le riforme che questedomandano? O l’uno, o l’altro. Volete leopere moderne? Riformate! Non volete?Tornate alle opere-cavatine ché avetequanto abbisogna, trovando però i cantanti.Del resto, io non ho mai domandato né do-mando l’impossibile. Domando solo:L’orchestra come è ora alla ScalaCoristi IdemDiapason IdemMise en scene Idem [...].

Ancora allo stesso il 22 agosto 1872:

Intendiamoci una volta se è possibile. Perbuoni elementi di esecuzione non intendoparlare soltanto della Compagnia cantante,ma delle masse orchestrali e corali, del ve-stiario, dello scenario, degli attrezzi, delmovimento scenico e della finezza dei colo-riti.

E infine all’amico Opprandino Arrivabene,il 29 agosto 1872.

Ho cercato di rimontare alcuni dei nostriteatri e darvi spettacoli un po’ convenienti[...]. Tu sai che a Milano ed a Parma io v’e-ra di persona: a Padova no, ma io mandai làgli stessi coristi di Parma, lo stesso sceno-grafo, macchinista, attrezzi, vestiario comea Parma. Mandai Faccio che aveva direttal’opera a Milano. Stavo tutti i giorni in car-teggio di quanto succedeva e l’opera andòbene. Folla al teatro e guadagni. L’impresa-rio venne ieri fin qui a ringraziarmi ed ap-parentemente non mi doveva nulla. Cosìho fatto ora per la Forza del Destino a Bre-scia. Stando qui ho sorvegliato a tutto [...].Ora mi occuperò di Napoli... e qui è un po’più difficile. A Napoli come a Roma, perchéhanno avuto Palestrina, Scarlatti, Pergole-se, credono di saperne più degli altri...

Le dimensioni di questo ostinato tentativodi riforma delle esecuzioni mirante al defi-nitivo superamento delle «opere-cavatine»e rivolta ad assoggettare lo spettacolo alleragioni supreme del dramma espresse dal-la musica, si rivelano chiaramente alla let-tura della «disposizione scenica» dell’Ai-da,17 un testo che rispetto alle tradizionalidisposizioni sceniche costituisce un model-lo ‘storico’ non più superato per la fortetensione ideale che anima ogni indicazionee ogni raccomandazione; indicazioni e rac-comandazioni che mirano a ottenere ilmassimo effetto con la massima naturalez-za, esaltando il ruolo determinante dellamusica tramite un riferimento costante aldettato della partitura. La lettura di questadisposizione scenica offre inoltre un’elo-quente conferma di quella perfetta identitàraggiunta fra espressione musicale, dram-matica e scenica, che fa dell’Aida il culminedel melodramma romantico alla vigiliadelle lacerazioni e delle rivoluzioni intro-dottesi nell’ultimo quarto di secolo, e unasorta di pendant ideale («quasi un ana-gramma», come con finissimo intuito haosservato Nino Pirrotta)18 della Semirami-de di Rossini, a sua volta culmine dell’ope-ra della transizione post-metastasiana.Il senso di questa identità lo si può coglierein particolare nell’ultima scena dell’opera,

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divisa orizzontalmente (una variante, inchiave drammatica, della divisione scenicaattuata verticalmente in Rigoletto) per darluogo alla visione simultanea del sotterra-neo e del tempio di Vulcano: «il sotterraneocupo, con tinte fredde, illuminato da unaluce grigio-verdastra: il tempio risplenden-te di luce, a tinte calde», quasi a esprimereattraverso questo contrasto di tinte – in pro-posito la disposizione scenica raccomanda(sembra quasi di cogliere la voce stessa diVerdi): «il scenografo ponga molto studionel contrasto dei due piani» – la sintesi su-prema del dramma. Un sintesi che la musi-ca s’incarica di sfumare ed evaporare («ge-nere vaporoso» era giusto l’espressioneusata da Verdi nel descrivere questa scenain una lettera a Bottesini)19 come un’inter-minabile dissolvenza in cui la cantilena deltempio e il lamento funebre di Amnerissembrano alla fine fondersi con il cantoestremo dei due amanti.Per molti aspetti l’Aida – l’opera con la qua-le il maestro volle concludere (più esatta-mente: ritenne di concludere...) la propriaattività di operista – rappresenta una sortadi summa della melodrammaturgia verdia-na e al tempo stesso una sintesi delle espe-rienze del melodramma italiano e delgrand-opéra francese. È spesso di rigore ilconfronto con l’opera verdiana che la pre-cede, il Don Carlo. Questo dramma dell’in-comunicabilità, tenebroso e introverso, ap-pare oggi a noi – nonostante alcuni squili-bri d’azione, qualche personaggio che esor-bita in termini di economia drammatica eanche qualche nota inutile – più moderno,rispetto a un’opera estroversa come Aida,così come più moderna ci appare la sua in-compiutezza di fronte alla solidità d’im-pianto dell’opera egiziana. E certamentemolte sue pagine (ma bisogna mettere nelconto le revisioni nel 1883-1884, alla vigiliadi Otello) guardano ben più avanti. Tutta-via, se è vero che i valori autentici di un’o-pera d’arte non dipendono dal suo guarda-re più o meno avanti, dal suo essere più omeno progressista, bensì dalle intrinsechequalità estetiche in rapporto ai contenutipoetici, allora Aida si fa preferire sul pianodei valori assoluti per una pienezza di con-

cezione senza residui, per perfezione diforme, per equilibrio di stile, per ricchezzae varietà di espressione e soprattutto per lasua capacità, tutta riposta nella sua orga-nizzazione musicale, di produrre effetto.Nel gennaio 1884, alla vigilia dell’andata inscena alla Scala della nuova versione delDon Carlo in quattro atti, così Verdi rispon-deva a Ferdinand Hiller che gli aveva chie-sto quale delle sue due opere l’autore dessela preferenza, se appunto a Don Carlo o al-l’Aida:

Sono un po’ imbarazzato! I padri amano epreferiscono i figli storpi e potrebbe bendarsi che la mia predilezione cadesse perquello che si regge male in gambe. Nono-stante vi dirò: nel Don Carlos vi è forsequalche frase, qualche pezzo di qualchemaggior valore che nell’Aida: ma nell’Aidavi è più mordente e più (perdonate la paro-la) più teatralità. Non intendete Teatralitànel senso volgare...

In Don Carlo l’avvenire bussa alla porta.Con Aida si conclude un’epoca. Andare ol-tre Aida non sarebbe stato possibile se nonalla condizione di trasformarsi e di rinno-varsi. Il vecchio Verdi saprà fare anchequesto.

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Auguste Mariette, figurino per la prima rappresentazione assoluta di Aida (Il Re). Il Cairo, Teatrodell’Opera, 24 dicembre 1871.

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Auguste Mariette, figurino per la prima rappresentazione assoluta di Aida (Comparse). Il Cairo, Teatrodell’Opera, 24 dicembre 1871. (Parigi, Bibliothèque de l’Opéra).

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NOTE

1 Cfr. URSULA GÜNTHER, Zur Entstehung von Verdis Ai-da, in «Studi Musicali», II, 1973, pp. 15-71.2 MARIETTE PACHA, Lettres et souvenirs personnels, Pa-ris, 1904.3 ADOLFO SALAZAR, Metastasio, la Niteti española y laprosapia de Aida, in «Nuestra Música«, 1952, n. 27-28,pp. 198-207.4 GLINSKI Matteo, Forse gli antenati di Aida, «La Scala»n. 54, maggio 1954, pp. 17-215 SIEGFRIED MORENZ, Die Begegnung Europas mit Ägyp-ten, Zürich, 1969.6 Vedi nota 1.7 Cfr. JEAN HUMBERT, A propos de l’égyptomanie dansl’œuvre de Verdi. Attribution à Auguste Mariette d’unscénario anonyme de l’opéra Aida, in «Revue de Musi-cologie», LXII, 1976, 2, pp. 229-256. 8 Cfr. Genesi dell’Aida, con documentazione inedita, acura di Saleh Abdoun, «Quaderni dell’Istituto di studiverdiani», 4, Parma, 1971, pp. 2-3.9 GIUSEPPE VERDI, I “copialettere”, pubblicati e illustratida Gaetano Cesari e Alessandro Luzio, e con prefazio-ne di Michele Scherillo, a cura della Commissione ese-cutiva per le onoranze a Giuseppe Verdi nel primo cen-tenario della nascita [...], Milano, 1913; vedi a pp. 638-676 (per la datazione dei documenti si è seguita quellaproposta da PHILIP GOSSETT, Verdi, Ghislanzoni, and Ai-da, in «Critical Inquiry», 1974, 1, pp. 291-334).10 Verdi intimo. Carteggio di Giuseppe Verdi con il con-te Opprandino Arrivabene (1861-1886), a cura di Anni-bale Alberti, con prefazione di Alessandro Luzio, [Mi-lano], Mondadori, 1931, p. 14411 Si tratta di due cabalette di Bellini, la prima nellaStraniera (atto 2°, aria di Valdeburgo), la seconda, bennota, nella Sonnambula (atto 2°, aria di Elvino).12 Carteggio Verdi-Ricordi. 1880-1881, a cura di Pierlui-gi Petrobelli, Marisa Di Gegorio Casati, Carlo MatteoMossa, Parma, Istituto di studi verdiani, 1988, p. 70.13 BRUNO BARILLI, Il paese del melodramma, a cura diLuisa Viola e Luisa Avellini, Torino, Einaudi, 1985, p.20.14 L’episodio, narrato dallo stesso Sivelli e pubblicatosul giornale «L’Italia» (14 gennaio 1941), è ora riporta-to in MARCELLO CONATI, Interviste e incontri con Verdi,Milano, Il Formichiere, 1980, pp. 83-85.15 JAMES GEORGE FRAZER, Il ramo d’oro. Studio sulla ma-gia e la religione, Torino, Boringhieri, 1965, p. 265.16 GIANFRANCO DE BOSIO, Aida 1913, 1982. Diario peruna regia all’Arena, Milano, Il Saggiatore, 1982.17 Disposizione scenica per l’opera Aida [...] compilatae regolata secondo la messa in scena del Teatro allaScala da Giulio Ricordi, Milano, Ricordi [1873].18 NINO PIRROTTA, Semiramis e Amneris, un anagram-ma o quasi, in Il melodramma italiano dell’Ottocento.Studi e ricerche per Massimo Mila, Torino 1977, Ei-naudi, pp. 5-12; rist. in Scelte poetiche di musicisti.Teatro, poesia e musica da Willaert a Malipiero, Vene-zia 1987, Marsilio, pp. 339-34819 TEODORO COSTANTINI, Sei lettere inedite di GiuseppeVerdi a Giovanni Bottesini, Trieste, Schmidl, 1908.

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Girolamo Magnani, Le rive del Nilo. Bozzetto per Aida (atto III). Parma, Teatro Regio, 1872.(Milano, Archivio storico Ricordi).

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L’impiego di metodi e concetti semioticinell’indagine analitica sul melodrammanon ha per ora prodotto risultati quali laricchezza di livelli comunicativi del teatroin musica faceva sperare. Se, per ri-prendere una formulazione spesso citata,«tre sono le componenti del teatro musica-le, ciascuna delle quali organizzata secon-do proprie leggi e principii [...]: l’azionedrammatica lungo la quale si svolgono glieventi; la struttura verbale nella quale s’in-carna il dialogo tra i personaggi [...]; e final-mente la musica»,1 è probabile che la diffi-coltà a procedere oltre i primi tentativi diapplicare questo principio all’analisi sia in-trinseca alla stessa molteplicità dei “siste-mi” messi in opera in un melodramma. So-lo con un ulteriore sforzo teorico, che vadaoltre la semplice individuazione dei pianiespressivi, possiamo sperare di perveniread un concetto razionale di questo “sistemadi sistemi” e quindi a farne un efficace stru-mento euristico.È ovvio che i sistemi segnici messi in operasono molteplici. Oltre a quelli indicati daPetrobelli (azione drammatica, strutturaverbale e musica) è essenziale la comuni-cazione visiva che si realizza nei piani bendistinti della gestualità e dei vari aspettiscenografici (sia quella prevista dagli auto-ri tramite le didascalie del libretto ed even-tualmente documenti scenografici, note diregia, disposizioni sceniche ecc., sia quellarelativa a singole messe in scena successi-ve).Più difficile è tener conto del fatto che cia-scun sistema linguistico è in realtà costitui-to da una serie di sottosistemi, ciascuno do-tato di struttura propria. Così nella sceno-grafia possiamo distinguere l’organizzazio-

ne dello spazio scenico dal sistema dei ri-ferimenti stilistici (architettonici, dell’arre-damento, ecc.). Nel testo letterario (intendoquello attribuito ai personaggi, che co-stituisce solo un aspetto del libretto) occor-re distinguere la struttura metrica, la diffe-renziazione di piani stilistici (l’opposizionealto/basso secondo l’antica teoria dei gene-ri, quando pertinente), l’uso di figure reto-riche, la combinazione delle immagini poe-tiche, la struttura concettuale del discorso.Nell’insieme del testo musicale, oltre ai fat-tori ritmico e fraseologico, melodico ed ar-monico, sono in gioco l’opposizione di regi-stri vocali e di timbri strumentali, l’impiegodi “forme” e di generi, di motivi ricorrenti,di stili vocali e così via. Poiché ciascuno di tali sottosistemi è o puòessere latore di significazioni autonome(ed è illusorio pensare che essi converganosempre e comunque per virtù propria inuna significazione unitaria), per evitareuna tendenza centrifuga che vanifichereb-be qualsiasi tentativo di analisi non è suffi-ciente individuare i diversi sistemi semioti-ci, è anche necessario stabilirne una gerar-chia. Facendo ancora riferimento alla for-mulazione di Petrobelli, sviluppata nel sen-so sopra mostrato, occorre chiarire chel’“azione drammatica” non può essere con-siderata un sistema che interagisce con glialtri. In quanto oggetto primario della co-municazione teatrale, essa è il contenutostesso dell’espressione verbale, musicale evisiva, ed è quindi un sistema sovraordina-to agli altri. (Cosa si intenda qui con “azio-ne drammatica”, spero risulterà più chiaroin seguito. In ogni caso non il semplicesvolgimento cronologico degli avvenimen-ti, il plot, né il loro riordinamento logico a

FABRIZIO DELLA SETA

O CIELI AZZURRIPLURISTILISMO E DISCORSO DRAMMATICO*

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livello di fabula, dato che in teatro la cate-goria fondamentale non è, come nel rac-conto, quella della successione causalebensì quella dell’interazione).2

L’analisi del melodramma dovrebbe quindiidealmente privilegiare l’individuazionedella struttura dell’azione stessa. Poiché es-sa è però chiaramente uno schema astratto(come la fabula nel racconto), nella concre-tezza del lavoro analitico è pur sempre ne-cessario partire dalla risultante di quell’in-sieme coordinato di sistemi e sottosistemiche costituisce il testo drammatico. Permettere ordine in questo intrico può essereopportuno privilegiare un particolare ele-mento linguistico, individuarne le perti-nenze espressive, e tentare quindi, al-largando progressivamente l’indagine almaggior numero possibile di piani lingui-stici, di giungere infine a quell’interpreta-zione complessiva, di forma e contenuto,della struttura drammatica che dovrebberappresentare il vero fine dell’analisi.Nelle pagine che seguono, dedicate a unalettura di Aida, verrà privilegiato il fattore“esotismo”, inteso non come fatto di gusto odi colore ma come elemento stilistico chediviene significativo in quanto opposto atutto ciò che esotico non è: ad esempio lacaratterizzazione esotica di un timbro o diun intervallo, di un’immagine poetica o diuna scenografia in opposizione esplicita oimplicita a quello che possiamo considera-re il linguaggio melodrammatico “norma-le” nell’epoca cui l’opera considerataappartiene. Si tratta insomma di un casoparticolare del sottosistema “stile”, comunea diversi sistemi linguistici (musicale, lette-rario, scenografico).Due esempi verdiani saranno utili a chiari-re l’assunto. Già nel Nabucco Verdi intro-dusse un «tema d’un certo bislacco coloritoesotico»3 per caratterizzare gli Assiri; matale sigla sonora non ha in quell’opera si-gnificativa funzione linguistica in quanto lacomunità assira, al contrario di quellaisraelita, non assurge al rango di forza ope-rativa del dramma: agli Ebrei, che fannotutt’uno col loro portavoce Zaccaria, si op-pongono gli individui Nabucco e Abigaille.4

Quando invece, nel Rigoletto, Verdi intro-

duce una duplicità di livelli stilistici con-trapponendo al linguaggio sublime di Mon-terone quello basso del Duca e dei cortigia-ni, tale opposizione diviene il veicolo lin-guistico dell’azione drammatico-musicaleprincipale, l’oscillare del protagonista tral’uno e l’altro livello, tra l’uno e l’altro pia-no morale.5

Se in questi casi il principio interpretativo,una volta individuato, non comporta parti-colari difficoltà di applicazione, nel caso diAida6 la valutazione dell’uso che Verdi vi fadi stilemi esotizzanti s’incontra necessaria-mente con quello che è da sempre il dilem-ma critico di quest’opera: da un lato l’ascri-zione dell’elemento esotico a carico di unaspettacolarità che si vorrebbe conseguenzadella sua genesi occasionale, e perciò total-mente scissa dal suo “autentico” nucleodrammatico;7 dall’altro, il tentativo di com-prendere come la componente esotica cheVerdi accolse, entusiasticamente, nell’ac-cettare di porre in musica lo scenario diMariette, venisse da lui piegata a mezzo diespressione drammatica, rendendo vanoogni tentativo di scissione dei due piani.8 Inquest’ultima direzione vorrei cercare dichiarire alcuni dei meccanismi drammati-co-musicali messi in opera da Verdi per ot-tenere tale risultato.Si suol attribuire ad Aida una struttura li-neare basata sul classico triangolo amoro-so, arricchito da uno sfondo politico e pa-triottico. In realtà la struttura è più com-plessa, in quanto le vicende politiche non silimitano a fare da sfondo, ma si costituisco-no esse stesse in un triangolo due verticidel quale, Ramfis ed Amonasro, cercano dipiegare ai loro fini generali i fini particola-ri da cui sono mossi i tre poli del triangolo“privato” che occupa il terzo vertice, e perfar ciò devono a loro volta istituire rapportitriangolari con due dei vertici di quest’ulti-mo.9 Questo astratto schema sincronico sisvolge diacronicamente in una serie dicontese di cui Radamès è sempre l’oggetto:se lo contendono Aida ed Amneris, Aida edAmonasro, Amneris e Ramfis; persino neidue unici momenti in cui Radamès divieneparte contendente (nei due duetti con Aidae con Amneris), lo è di una contesa di cui è

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egli stesso l’oggetto10. Complessivamente sidelinea una scala di rapporti di potere allacui sommità sta Ramfis, che domina tutti,al gradino più basso Radamès, al quale èconcesso al massimo di dominare se stessoaccettando il proprio destino.11

I sentimenti da cui Aida, Radamès ed Am-neris sono mossi, i loro fini particolari, so-no lo strumento grazie al quale l’azioneprocede. Tra di essi ha un ruolo decisivonella peripezia del dramma quello che èstato spesso definito l’amor di patria, o lanostalgia della patria di Aida, grazie al qua-le Amonasro prepara nell’animo della fi-glia il terreno per il suo ricatto, e che essa,a sua volta, sfrutta per prepararsi il terrenonell’animo di Radamès.Proprio questo sentimento è dunque il lega-me attivo tra la sfera privata e quella politi-ca dell’azione; esso è però qualcosa di com-plesso, in cui si possono ravvisare dueaspetti distinti. Vi è il vero e proprio amordi patria, che in Aida non può generare senon un nodo di lacerazioni e contraddizio-ni insolubili, e da questo punto di vista l’E-tiopia è l’omologo, seppure opposto, dell’E-gitto: basterà ricordare il suo «O patria! opatria... quanto mi costi!». Nessuno ha mainotato, mi sembra, che nella sua scena al-l’inizio del quarto atto Amneris è preda del-la stessa contraddizione che lacera Aida al-la fine del primo quadro del primo atto; siosservi la simmetria delle antitesi:

AIDA:Struggete le squadre Dei nostri oppressor! Sventurata! che dissi?... e l’amor mio?

AMNERIS:Traditori tutti! A morte! A morte! ... Oh che mai parlo? Io

[l’amo...Io l’amo sempre,

segnalate dall’apparizione in orchestra deirispettivi temi amorosi.12 Ma, rispetto allanostalgia della patria lontana, in Aida ac-quista progressiva autonomia un nucleo te-matico che pure è in germe in essa conte-nuto: l’immagine di un altrove fantastico,

di un luogo dove alle aspirazioni umane in-dividuali è permesso realizzarsi senza ilcondizionamento dei rapporti e dei vincolicollettivi, di un cielo sotto cui «più libero /l’amor ne fia concesso». A tale futuro altro-ve è affidato il compito di contrapporsi alqui ed ora dell’Egitto, opposizione decisivaper il significato del dramma; vediamodunque come gli autori l’hanno articolataai diversi livelli dell’espressione.Sul piano della comunicazione visiva, chesi realizza per mezzo dell’apparato sceno-tecnico, sembra che solo al “qui ed ora” siaconcesso di manifestarsi. Sembra anzi chegli autori abbiano voluto accrescere questapresenza col prevalere vieppiù insistito, nelpassaggio dallo scenario al libretto,13 dallescene progettate da Mariette per il Cairo aquelle volute da Verdi per Milano,14 diun’ambientazione chiusa, oppressiva, not-turna, con l’eliminazione di ogni suggestio-ne paesaggistica. Su questo piano il secon-do termine si definisce dunque solo comenegazione, come assenza15 (ciò che ben siaddice alla sua natura di u-topia), lascian-do alle più evocative facoltà del linguaggiopoetico e di quello musicale il compito diconferirgli una presenza ideale.Nel testo poetico la tensione tra i due àmbi-ti si realizza coll’opporre ad un plesso d’im-magini fatto di calore, arsura, contrastocoloristico di oscurità oppressiva e luce ac-cecante, soffocamento (anche nei «cupivortici» del Nilo), un altro fatto invece difrescura, luce mattutina, colori tenui, tra-sparenza aerea, di natura vergine contrap-posta al paesaggio artificiale dell’Egitto.Questo contrasto fu tematizzato da Verdi apoco a poco nel corso del lavoro. Ad esem-pio nello Scenario, all’inizio del terzo atto(che si svolge in un «jardin du palais», nondi notte ma con visione delle montagne li-biche «vivement éclairées par le soleil cou-chant»), Aida chiama «à témoin de sa con-stance et de sa fidélité [...] les arbres, le fleu-ve sacré qui baigne ses pieds, ces collineslontaines où dorment depuis les siècles lesancêtres de celui qu’elle aime»; e Amona-sro «lui rappelle le sol natal, sa mèreeplorée, les images sacrées des dieux de sesancêtres».16 Immagini che ritornano nella

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sceneggiatura di Du Locle (ora sulle rivedel Nilo al chiaro di luna), dove significati-vamente compare, ma cancellato, il riferi-mento agli antenati di Radamès.17 Ma oraabbiamo un rapido accenno di Amonasroalle «nostre belle foreste profumate»,18 e Ai-da invita Radamès a fuggire con lei “dansma belle patrie. Loin de ces sables désolés,de ces rives que brûle un implacable soleil.Dans nos fraîches forêts, aux pieds ver-doyants que la neige couronne”.19

Sul piano dell’invenzione musicale, infine,il fattore linguistico decisivo è la creazione,non di una, ma di due distinte tinte esotichecollegate ai due campi semantici che ab-biamo individuato. La prima, a più forti co-lori e impastata di un più caratteristicoorientalismo che possiamo genericamentedefinire levantino, è la tinta delle scene sa-crali (cori e danze) del primo, terzo e quar-to atto, della «danza di piccoli schiavi mo-ri»20 e delle danze di vittoria nel secondo at-to. La seconda, caratterizzata da tinte piùtenui e meno localizzate ma non meno in-dividuabili, informa soprattutto le scene diAida nel terzo atto, ma è anche la tinta pre-valente di «Celeste Aida» e delle apertureultraterrene del finale.21

L’elencazione dei luoghi di pertinenza do-vrebbe essere sufficiente ad evocare nellamente del lettore le caratteristiche sonoredei due àmbiti stilistici cui alludo, e questopuò risparmiarmi la descrizione analiticadi esse.22 Si tratta in ogni caso delle risul-tanti di una serie di fattori melodici, armo-nici e timbrici che si combinano fra di lorocon grande libertà, e che è bene non impo-verire in schemi associativi troppo rigidi. Si prenda ad esempio il ruolo assai ampiosvolto dai flauti. Ad essi è senza dubbio af-fidata, per le loro caratteristiche aeree e ditrasparenza,23 gran parte della definizionedell’“altrove”; con tale significato essi si di-spongono volentieri nel registro dal medioall’acuto, spesso in tremoli ed arpeggi,spesso uniti o alternati agli archi acuti divi-si, anch’essi in tremolo, trillo o note ribat-tute. I flauti hanno però grande importanzaanche nelle scene sacrali24, in particolarenella Danza sacra della scena della consa-crazione (destinata a riapparire nel Finale),

per la quale Verdi cercò di farsi costruireun flauto in La bemolle (o in Si bemolle)onde ottenere una sonorità più piena e so-lenne nel registro grave;25 e appunto, quan-do hanno tale funzione, i flauti tendono adisporsi tra il registro medio e il grave,spesso all’unisono, in melodie fortementecaratterizzate da intervalli alterati.26 Que-sta seconda sfera di connotazione del flautosi riverbera a volte anche su Aida; quando,al suo ingresso nel terzo atto, ascoltiamoper l’ultima volta il suo tema d’amore nelsuono viscerale dei tre flauti all’unisono, cirendiamo conto di come quel tema, col suocromatismo insinuante, non sia legato al-l’utopia di un incondizionato amore possi-bile ma alla concretezza, ed anche alle con-traddizioni, del suo amore per Radamèsnell’attualità dell’Egitto.27

Se la distinzione tra due livelli del coloritoesotico è facile da individuare nella succes-sione di grandi unità del discorso scenico,più interessante è studiarne la funzionalitàall’interno di unità minori, come possiamoverificare analizzando un po’ più in detta-glio alcuni passi di quel terzo atto che costi-tuisce il cuore musicale, oltre che dramma-tico, dell’opera.La romanza di Aida «O cieli azzurri» è frut-to, com’è noto di un’idea di Verdi interve-nuta ad opera ormai compiuta. Sono con-vinto che tale idea non nascesse solo daldesiderio di ampliare la parte sopranile diTeresa Stolz, e nemmeno solo da quello diaggiungere un «pezzettino quieto e tran-quillo, che sarebbe un balsamo in quel mo-mento»;28 quali che fossero le esplicite in-tenzioni di Verdi, è certo che quest’aggiuntaillumina di un significato diverso altre sce-ne dell’opera, e in particolare quelle che adessa succedono immediatamente.29 La fi-gura dell’oboe che ricorre all’inizio, al cen-tro e alla fine della romanza, certamenteuna delle più caratterizzate in senso “esoti-co”, viene comunemente associata alla no-stalgia di Aida;30 ma a ben guardare si im-parenta, per un processo che non è di deri-vazione tematica ma di analogia fisionomi-ca in cui contano di volta in volta il profilomelodico avvolgente, lo stacco ritmico,particolari come il trillo sulla prima nota di

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Girolamo Magnani, Uno degli ingressi nella città di Tebe. Bozzetto per Aida (atto II, 2). Milano, Teatro allaScala, 1872. (Milano, Archivio storico Ricordi).

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una terzina, con tutta una serie di figure as-sociate alla sfera sacerdotale, e indiretta-mente ad Amneris (es. 1). Essa è dunquepiuttosto un richiamo continuamente ritor-nante alla realtà presente, e come tale sicontrappone, nella peculiarità del timbronasale dell’oboe, alla trasparenza timbricadei flauti in tremolo.Nel successivo duetto Aida-Amonasro, alleprospettive di «foreste imbalsamate» diAmonasro, rese suadenti dal timbro di cla-rinetti e fagotti cui si unisce all’inizio unpedale acuto dell’oboe,31 le risposte di Aidacontrappongono per due volte il timbro deiflauti acuti (la prima volta con pedale del-l’ottavino, la seconda con una serie di noteribattute chiusa da un trillo). Un dualismotimbrico che la dice lunga sul diverso gra-do di autenticità con cui vengono pronun-ciate parole e melodie quasi uguali.32

Infine il duetto Aida-Radames. Questa voltala melopea dell’oboe, ancor più esotica-mente caratterizzata della sua gemella nel-la romanza di Aida, alla quale la legano, ol-tre che il colore, lo stacco ritmico e il profi-lo sinuoso (anche se con intervalli differen-ti), è inequivocabilmente intesa a suggerire«gli ardori inospiti / Di queste lande ignu-de». Come quella è immediatamente segui-ta dagli accordi dei flauti (allusivi alle «fo-reste vergini», ma con una componente dicromatismo più insidioso, conforme all’at-teggiamento meno sincero di Aida), e co-me quella ritorna due volte, richiamo sem-pre più attenuato all’incombere dellarealtà.È questo il momento per qualche osserva-zione su Radamès, senza dubbio il perso-naggio più criticato dell’opera a cominciaredalla sua romanza «Celeste Aida». Io credoche i giudizi negativi nascano dal fatto cheegli delude il cliché dell’eroismo tenorile(quasi che l’attivismo guerriero fosse sino-nimo di attività drammatica); in realtà Ver-di lo ha pensato come un perfetto esponen-te della prosapia del tenore incerto, incapa-ce di decidere.33 In ciò egli è ben diverso daAida, ed anche da Amneris, che sono sì in-vischiate nelle contraddizioni, ma ne han-no una piena e tragica coscienza che a luisembra mancare fin quasi alla fine.

«Celeste Aida» ci rivela che egli ha consa-pevolezza delle aspirazioni e delle lacera-zioni dell’amata: nella frase «Il tuo bel cielovorrei ridarti» il trillo misurato del flauto,che dal registro medio sale a poco a pocoper unirsi più avanti ai violini divisi, si so-vrappone ad una figura in terzine (in realtàqui in tempo composto), avvolgentesi su sestessa e di colorito più marcatamenteorientale, affidata all’oboe;34 qui è già prefi-gurato quel dualismo tra due registri sti-listici che nel terzo atto verrà tematizzatocome conflitto tra aspirazione e realtà. Nel-l’impostare tale dualismo sta, a mio avviso,la ragione strutturale di quest’aria.Ma Radamès è anche perfettamente inte-grato, senza tentennamenti, nel sistema po-litico-religioso egiziano; mostrarcelo tale ècompito precipuo della scena della consa-crazione, gran ricettacolo di attrezzeriaesotica in cui ogni presenza di Aida sembrasvanita. Il punto è che Radamès non riescea prendere coscienza dell’incompatibilitàdi questi due universi, del non poter egli es-sere contemporaneamente amante-reden-tore di Aida e condottiero del Re; da questa,che chiamerei rimozione, nasce l’incon-gruenza spesso notata, e che egli riproponeper ben due volte, dell’immaginare di con-quistare Aida distruggendo quanto ella hadi più caro. Ma naturalmente l’incongruen-za attribuita al personaggio non è incon-gruenza di chi l’ideato.Sono queste oscillazioni a provocare la ca-tastrofe del terzo atto, quando la resistenzadi Radamès ad entrare in sintonia col mon-do di Aida determina l’indugio fatale.35 Lastessa cabaletta «Sì, fuggiam da queste mu-ra», un altro brano che non ha mai convin-to i critici, suona dopo la mossa iniziale diun entusiasmo alquanto frenato edincerto.36 A confermarci che il contatto nonsi è realmente attivato è una spia offertacidal libretto: quel “talamo” che Aida gli pro-spetta tra «fresche valli e verdi prati», Ra-damès non riesce ad immaginarselo checome «deserti interminati», un prolunga-mento di quell’Egitto da cui egli non puòsvincolarsi.37 È solo dopo aver preso co-scienza dell’insanabilità delle contraddi-zioni, quando l’unica scelta a lui consentita

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è quella di accettare la morte, che a Ra-damès è dato di conciliare l’inconciliabile:in quell’accettazione egli può infatti realiz-zare tanto la sua fedeltà al sistema di valoriegiziano quanto la sua fedeltà ad Aida, chein qualche modo viene compensata dal ri-trovarla nella tomba.38

In questa scena finale ritroviamo le due sfe-re stilistico-concettuali, la cui contrapposi-zione si è fatta sempre più significante colprocedere dell’azione, sincronicamentecoordinate in un gioco incrociato di mes-saggi visuali, testuali e musicali la cui com-plessità semantica è probabilmente fuor-viante voler disambiguare. Sopra, il tempiodi Vulcano è «splendente d’oro e di luce» “atinte calde”,39 ma la musica che in esso siesegue (i cori, le arpe interne, la ripresadella danza sacra dei flauti all’unisono, in-fine il “requiescat” di Amneris) sprofondainnegabilmente verso zone di oscurità. Alcontrario, nel «sotteraneo cupo con tintefredde, illuminato da una luce grigio-ver-dastra»,40 le immagini poetiche e soprattut-to musicali realizzano un’irresistibile asce-sa verso la luce, nella quale interviene for-se un’allusione-richiamo alla prima aria diRadamès (es. 2).41

Ripeto che mi sembra errato forzare l’inter-

pretazione facendo prevalere uno dei duenuclei così sottilmente in equilibrio. Conciò intendo dire che non credo, con Mila,che «la sublimazione degli affetti umani edil superamento delle traversie e degli affan-ni di questa terra in seno alla morte libera-trice, che unisce gli amanti in un mondomigliore», «il motivo che, tanto nella Tra-viata quanto nel Trovatore, ricorre comepietosa illusione di menti sconvolte» sia«qui, invece, accettato ed affermato con po-sitiva concretezza».42 Né d’altra parte misembra opportuno valorizzare esclusiva-mente il pur importantissimo simbolismospaziale,43 leggendo la scena solo comemetafora dell’inevitabile trionfo di un pote-re cieco e oppressivo su ogni aspirazioneindividuale.44

Credo che si tenda, indotti dal facile paral-lelismo coi frati del Don Carlos, a soprav-valutare la carica anticlericale della rap-presentazione dei sacerdoti, la cui caratte-rizzazione musicale fu da Verdi concepitacon tinte non univocamente negative: seper i loro inni di vittoria raccomandava aGhislanzoni di ispirarsi ai telegrammi delre di Prussia,45 per la scena della consacra-zione prevedeva «una danza sacra con mu-sica lenta e triste», «un breve recitativo,

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Portale e Tempio di Amon - Ra a Karnak. A questa incisione, riportata da Description de l’Égypte (Parigi,1809), s’ispira la scena di Girolamo Magnani per il Teatro Regio di Parma (1872).

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Aida (atto II, 2). Incisione ispirata alla rappresentazione parigina, Théâtre Italien, 1876. (Parigi, Bibliothèque de l’Opéra).

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energico e solenne come un salmo dellaBibbia» e una preghiera «che avesse il ca-rattere patetico e quieto».46 In fondo i dubbiopposti da Ramfis ai facili appelli alla gene-rosità di Radamès e del popolo nella scenadel trionfo sono, alla luce di quanto succe-derà di lì a poco, più che giustificati; e nellascena del giudizio noi siamo umanamentecon Amneris, ma una valutazione spassio-nata della situazione non può non mostrarel’inevitabilità della condanna di Radamès.Né d’altronde la caratterizzazione degliEtiopi è particolarmente accentuata in po-sitivo o in negativo: Amonasro è pensatocome un «re fiero e furbo»,47 non menospregiudicato del suo nemico. Il ricordo distragi pregresse più volte utilizzato da en-trambe le parti rimanda ad una catena diostilità della cui origine si è persa memo-ria, onde sarebbe ormai vano voler decide-re a mente fredda chi siano gli «oppressori»o i «barbari invasori».48

Implacabili e disumani quanto si voglia, isacerdoti sono i custodi di una ragion distato la cui necessità il realismo politico deltardo Verdi non poteva mancare di com-prendere. Egli osserva Egiziani ed Etiopicome forze storiche che si scontrano; è alperpetuo rinnovarsi di questo scontro,chiunque ne sia il momentaneo vincitore, enon ad un particolare potere, che le aspira-zioni degli individui devono soccombere. Aloro Verdi accorda, con umana simpatia,l’illusione di un mondo diverso dove lacontraddizione è abolita; a noi, con lamonotonia della danza sacra che sembranon voler mai smettere di srotolare le sueterzine, e con l’invocazione a Fthà che sispegne nell’ultimissimo accordo sotto il“pace” di Amneris e il Sol bemolle sovracu-to dei violini, ricorda l’inarrestabilità delprocesso storico. Ed è proprio questa mairimossa coscienza della storia a renderel’esperienza esotica di Aida, nonostante al-cune apparenze, irriducibile a quelle immi-nenti della cultura decadentistica.49

NOTE

* Questo saggio fu letto nel settembre 1989 al convegno«Dentro l’opera: livelli di lingua e di stile nel melo-dramma», organizzato dalla Fondazione Cini di Vene-zia. Fu poi pubblicato in inglese, col titolo ‘O cieli az-zurri’: Exoticism and Dramatic discourse in “Aida”, in«Cambridge Opera Journal», III, 1991, pp. 49-62.1 PIERLUIGI PETROBELLI, La musica nel teatro: a proposi-to dell’atto III di Aida, in La drammaturgia musicale, acura di Lorenzo Bianconi, Bologna, Il Mulino 1986, pp.143-156: 143 (versione italiana di Music in the Theatre(à propos of Aida, Act III), in Themes in Drama 3: Dra-ma, Dance and Music, Cambridge, Cambridge Univer-sity Press 1980, pp. 129-142: 129). Petrobelli fa riferi-mento agli studi di FRITZ NOSKE raccolti in The Signifierand the Signified - Studies in the Operas of Mozart andVerdi, The Hague, Nijhoff 1977, in particolare all’Ap-pendice I, Semiotic Devices in Musical Drama (trad. it.:Dentro l’opera. Struttura e figura nei drammi musicalidi Mozart e Verdi, Venezia, Marsilio 1993, pp. 337-347). 2 Per un tentativo appena più rigoroso di formalizzarele idee qui esposte rimando al mio Affetto e azione. Sul-la teoria del melodramma italiano dell’Ottocento, inAtti del XIV congresso della Società internazionale dimusicologia (Bologna, 27 agosto-1o settembre 1987) -Trasmissione e recezione delle forme di cultura musi-cale, vol. III, Free Papers, Torino, EDT/Musica 1990,pp.3 Così MASSIMO MILA, L’arte di Verdi, Torino, Einaudi1980, p. 17.4 Vero è che Mila (op. cit., p. 16), ritiene che «il contra-sto fondamentale dell’azione [...] non è tanto di passio-ni e d’individui, quanto di popoli e di fedi. Due popolisono in lotta, l’oppressore e il vinto, gli Assiri e gliEbrei, ed attraverso le masse corali parlano un lin-guaggio pieno di dignità [...]». Vero è però pure che gliesempi che egli adduce subito dopo sono tutti relativiagli Ebrei, e che poco oltre (p. 17) osserva che «in ge-nere la scrittura corale delle masse assire è meno so-bria ed appropriata che quella dei cori ebraici».5 Questo tema è particolarmente studiato da MARTIN

CHUSID, Rigoletto and Monterone: a Study in MusicalDramaturgy, «Verdi. Bollettino dell’Istituto di studi ver-diani - Parma», III, n. 9, 1982, pp. 1544-1558. Sulla me-scidanza stilistica nell’opera di Verdi e in particolare inRigoletto è d’obbligo citare PIERO WEISS, Verdi and theFusion of Genres, «Journal of the American Musicolo-

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gical Society», XXXV, 1982, pp. 138-156 (trad. it.: Verdie la fusione dei generi, in La drammaturgia musicale,cit., pp. 75-92).6 Data la notorietà dell’opera in esame non ritengo ne-cessario specificare di volta in volta i passi ai quali miriferisco. Mi basti precisare che mi sono servito dellapartitura d’orchestra Ricordi, P.R. 153, nuova edizioneriveduta e corretta, rist. 1980; per il testo letterario fac-cio riferimento a quello pubblicato in Tutti i libretti diVerdi, a cura di Luigi Baldacci, Milano, Garzanti 1975,pp. 449-471.7 L’esempio più rappresentativo di questa tendenza è ilprofilo dell’opera (risalente al 1958) raccolto in M. MI-LA, op. cit., pp. 187-200, dove vengono a sminuirsi, misembra, molte tuttora valide osservazioni sulla funzio-ne dell’esotismo contenute nel saggio del 1933 (vediivi, pp. 53-54 e 77-78). Una posizione critica simile, sul-la quale tornerò fra poco, è stata recentemente ripropo-sta da CLAUDIO CASINI, Verdi, Milano, Rusconi 1981, pp.301-307.8 Un convincente tentativo in questo senso, pur limita-to alla proposizione del problema, è quello di PALMIRO

PINAGLI, Romanticismo di Verdi, Firenze, Vallecchi1967, pp. 145-152, che muove appunto da una garbatacritica alle posizioni di Mila: «[...] prima di trascurarequegli episodi come puramente decorativi ed estraneiall’ispirazione centrale di Aida, sarà forse il caso di ri-cercare quale essenzialità nuova il maestro possa averperseguito, o, più semplicemente, quale funzione pos-sano aver assunto quegli episodi nella compaginestrutturale del dramma» (p. 146).9 Il personaggio di Ramfis è simmetrico a quello diAmonasro anche per il fatto di svolgere una funzionevicaria di quella paterna nei confronti di Amneris (edanche di Radamès). In tal senso è assai significativauna variante, poi scartata, contenuta in una “traccia” diVerdi a Ghislanzoni (cfr. Carteggi verdiani, a cura diAlessandro Luzio, vol. IV, Roma, Accademia nazionaledei Lincei 1947, p. 19), in cui Amneris chiedeva diret-tamente al Re suo padre la grazia per Radamès.10 Non inganni il fatto che nel Finale II Radamès sem-bri entrare per un momento in conflitto con Ramfis; inquell’occasione egli non opera affatto come soggettoautonomo, ma già come mezzo attraverso cui agisceAida, e quindi indirettamente Amonasro.11 Questa gerarchia è leggermente diversa da quellaindividuata da P. PETROBELLI, Un conflitto tra individuoe potere, in Aida di Giuseppe Verdi, Ente autonomoTeatro comunale di Bologna, Stagione lirica 1981/82,pp. 9-15, che pone al livello infimo Aida. La differenzadi valutazione è dovuta probabilmente al fatto che Pe-trobelli accentua maggiormente la posizione sociale diAida, io più la sua funzione nel processo drammaticonel quale essa risulta innegabilmente dominante ri-spetto a Radamès. Allo scritto di Petrobelli va ricono-sciuto in ogni caso il merito di sottolineare il contenu-to “politico” dell’opera; incontestabile resta il significa-to drammatico dell’opposizione tematica nel Preludio(sulla quale vedi anche un accenno in DYNELEY HUSSEY,Verdi, London, Dent 1940, rist. riveduta 1963, p. 192),in cui il tema dell’amore di Aida non sta a rappresenta-re tanto il singolo personaggio quanto il valore dell’in-dividualità opposto a quello del potere.12 Questo parallelismo è sintomatico di una possibile

comunanza nella sconfitta delle due rivali, della qualeAmneris rivela un barlume di coscienza nel suo com-mento “a parte” ai turbamenti di Aida, che pure si ac-cinge a schiacciare: «(Ah, quel pallore... - quel turba-mento / Svelan l’arcana - febbre d’amor... / D’interro-garla - quasi ho sgomento... / Divido l’ansie - del suoterror...)».13 Le tappe fondamentali del processo di formazionedel libretto sono lo scenario in francese di Auguste Ma-riette, pubblicato con a fronte la versione italiana diGiuseppe e Giuseppina Verdi in JEAN HUMBERT, A pro-pos de l’égyptomanie dans l’oeuvre de Verdi: Attribu-tion à Auguste Mariette d’un scénario anonyme de l’o-pera Aïda, «Revue de musicologie», LXII, 1976, pp. 228-256:242-255; e la sceneggiatura in prosa francese di DuLocle e Verdi, attualmente disponibile solo in traduzio-ne inglese in HANS BUSCH, Verdi’s Aida. The History ofan Opera in Letters and Documents, Minneapolis, Uni-versity of Minnesota Press 1978, pp. 448-471. Gli altridocumenti sulla genesi dell’opera sono contenuti nelleseguenti pubblicazioni: I copialettere di Giuseppe Ver-di, a cura di Gaetano Cesari e Alessandro Luzio, Mila-no 1913,pp. 635-682; Carteggi verdiani, IV, cit., pp. 5-27;FRANCO ABBIATI, Giuseppe Verdi, III, Milano, Ricordi1959, p. 336 sgg.; Genesi dell’Aida, con documentazio-ne inedita a cura di Saleh Abdoun («Quaderni dell’Isti-tuto di studi verdiani», 4), Parma 1971; URSULA

GÜNTHER, Zur Entstehung von Verdis “Aida”, «Studimusicali», II, 1973, pp. 15-71. Tutti i documenti, conl’aggiunta di numerosi inediti ma sempre in inglese,sono riuniti nel citato volume di H. Busch; la più ac-cessibile sintesi di tutta la vicenda è fornita da JULIAN

BUDDEN, The Operas of Verdi, III, From Don Carlos toFalstaff, London, Cassel 1981, trad. it. Le opere di Ver-di, III, Da Don Carlos a Falstaff, Torino, EDT/Musica1988, pp. 173-209, che nelle pagine seguenti fornisceanche ampi stralci della Disposizione scenica per l’o-pera Aida [...], Milano, Ricordi 1872.14 Per un’acuta lettura comparativa delle due versionivedi MERCEDES VIALE FERRERO, Scene e costumi di Aidaal Cairo (1871) e a Milano (1872), In Aida al Cairo, acura della Banca nazionale del lavoro, s.l., s.a. [ma Mi-lano 1982], pp. 139-144. Secondo l’autrice, «le modifi-che apportate allo scenario di Aida a Milano furonodettate da motivazioni teatrali e psicologiche, al fine diaccrescere la forza espressiva e la coerenza drammati-ca delle scene; sicché a Milano l’apparato storico-ar-cheologico divenne un mezzo di comunicazione, e non- come al Cairo - il fine comunicato» (ivi, p. 140).15 L’unica eccezione sembra costituita, nella Disposi-zione scenica, dal «contrasto tra le “tenebre” del tem-pio appena rotte da una “luce misteriosa” e il “cielosplendente e chiarissimo” del fondalino» azzurro che«può indicare l’opposizione tra l’oscura artificiosità delculto e la serena purezza della Natura» (M. VIALE FER-RERO, op. cit., p. 143).16 J. HUMBERT, op. cit., p. 252.17 H. BUSCH, op. cit., p. 463. 18 Ivi, p. 467.19 Carteggi verdiani, IV, cit., p. 13 e H. BUSCH, op. cit., p.46820 «Della quale generalmente sfugge l’intenzione allu-siva alla schiavitù dell’etiope Aida» (NINO PIRROTTA, Se-miramis e Amneris, un anagramma o quasi, in Il melo-

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dramma italiano dell’Ottocento. Studi e ricerche perMassimo Mila, Torino, Einaudi 1977, pp. 5-12:7).21 Il contrasto tra «due diversi ambienti esotici», «l’am-biente fastoso della corte egizia, con suoi intrighi e conil suo cerimoniale marziale e religioso» che «si presen-ta sotto forma di kitsch brillante e fragoroso in con-fronto all’evocazione nostalgica di una regione lontanae misteriosa, l’Etiopia delle “foreste imbalsamate” e dei“cieli azzurri”, che è il vero luogo esotico, immaginarioe inventato dell’opera», è stato ben visto da C. CASINI,op. cit., che ha anche sottolineato il rapporto tra questoluogo e «un’altro luogo altrettanto immaginario, l’oltre-tomba verso il quale vanno uniti Radames e Aida».Questa intuizione è però vanificata dalla chiave di let-tura dell’autore, secondo cui l’esotismo di Aida, nellesue componenti spettacolare e intimista che si alterna-no continuamente nel corso dell’opera, risulta qualco-sa di completamente separato da quella che egli chia-ma la “drammaturgia” (che viene ad essere nient’altroche la caratterizzazione psicologica dei personaggi).Da questi preconcetti conseguono i giudizi di «conce-zione drammatica elementare», di «insanabile fratturafra l’assunto drammaturgico, di una linearità che ri-corda l’opera seria settecentesca e i suoi rigidi conflitti,e il linguaggio musicale che si esprime con il virtuosi-smo, e anche con la morbosità, di un prodotto del de-cadentismo», donde il paradosso di una «scissione incui l’autore non è drammaturgo né, nella sua dimen-sione abituale, musicista» (p. 306), come se per un ope-rista le due cose non si identificassero.22 Per una ricognizione storicamente inquadrata delproblema si veda JÜRGEN MAEHDER, Die musikalischeRealisierung altägyptischen Lokalkolorits in Verdis Ai-da, in Aida, Programmheft der Bayerischen Staatsoper,München 1979, pp. 54-66; e, più in generale, HELLMUTH

CH. WOLF, Der Orient in der französischen Oper des 19.Jahrhunderts, in Die “couleur locale” in der Oper des19. Jahrhunderts, hrsg. von Heinz Becker, Regensburg,Bosse 1976 («Studien zur Musikgeschichte des 19.Jahrhunderts», 42), pp. 371-385.23 L’uso che Verdi fa di queste caratteristiche è statopiù volte oggetto di attenzione da parte di WOLFGANG

OSTHOFF; si vedano i suoi saggi Musikalische Züge derGilda in Verdis Rigoletto, «Verdi. Bollettino dell’Istitu-to di studi verdiani - Parma», III, n. 8, 1973, pp. 950-979:956-972, e Il Sonetto nel Falstaff di Verdi, in Il melo-dramma italiano dell’Ottocento cit., pp. 157-183:179.Mi piace ricordare una testimonianza del vecchio Stra-vinskij il quale, richiesto nel 1967 di comporre «un pez-zo brevissimo [...] da usarsi in associazione con l’im-magine di un occhio dipinta da Picasso come sigla diun nuovo canale a colori della televisione inglese», af-fermava: «[...] un occhio vuol dire trasparenza e di con-seguenza il suono dovrebbe essere prodotto da stru-menti molto acuti, possibilmente flauti in paragone coiquali gli oboi sono grassi e i clarinetti oleosi» (l’episo-dio, ripreso da un articolo di Robert Craft del 1969, èqui citato da ROMAN VLAD, Stravinsky, Torino, Einaudi19732, p. 349).24 Lo notava già CAMILLE BELLAIGUE, Verdi, Paris, Lau-rens s.a. [ma 1912], p. 71: «Les flûtes en particulier [...]donnent à certains tableaux d’Aida, celui des bords duNil, ceux du temple, une couleur orientale et sacrée».25 Vedi il carteggio tra Verdi e Ricordi dell’ottobre 1871

(in H. BUSCH, op. cit., pp. 238-246), dove risulta che ciòche Verdi desiderava da tale strumento non era la for-za ma la pienezza di suono, per ottenere la quale sa-rebbe stato necessario raddoppiare a 10 o a 12 i nor-mali flauti.26 È con tali caratteristiche rituali, e con connotazioniorgiastiche, che Thomas Mann introduce il suono gra-ve del flauto nel sogno di Aschenbach, nel quinto capi-tolo de La morte a Venezia.27 Giustamente osserva GINO RONCAGLIA, Il tema cardi-ne, in ID., Galleria verdiana, Milano, Curci 1959, p. 48,che nell’ultima scena dell’opera «l’amore di Aida non èpiù quel di prima, e il suo primo tema non ha più ra-gione di essere. Esso rappresenta l’amore terreno incui l’etiope era sconfitta; ma ora Aida è finalmente con-giunta nella morte con Radamès; Amneris non esistepiù; la morte per amore fa di Aida una vincitrice».28 Lettera a Ghislanzoni del 5 agosto 1871, in I copia-lettere, cit., p. 674.29 Si noterà che da questo brano furono espunti i riferi-menti al padre ed ai fratelli di Aida, cioè alle più im-mediate motivazioni sentimentali e patriottiche dellasua nostalgia, che comparivano nell’abbozzo steso daVerdi nella lettera cit. alla nota precedente (ivi, p. 675).Un analogo caso di aggiunta tardiva, che modifica ilsenso complessivo di un’opera già progettata, è studia-to da W. OSTHOFF, Il Sonetto nel Falstaff di Verdi, cit.30 Vedi ad esempio J. BUDDEN, op. cit., trad. it., p. 251,che osserva in questo tema un «disegno “etiopico”» lacui storia ha tracciato a partire da «Il tuo bel cielo vor-rei ridarti» (p. 212) passando per «I sacri nome di pa-dre, d’amante» (p. 221). Senza pregiudicare l’eventuali-tà di una cumulazione di significati, sempre possibilequando si tratti d’interpretare figure musicali, mi sem-bra che soprattutto nell’ultimo caso il ruotare della me-lodia intorno a poche note sia inteso a suggerire piutto-sto un vano aggirarsi alla ricerca di una via d’uscita.31 Senza dubbio con significato di “spazio aperto”; maanche richiamo di un analogo pedale che attraversavala Danza sacra del primo atto.32 A proposito di questo passo nota GUIDO PADUANO che«la ripetizione e l’opposizione funzionale delle altezzepossono veicolare altre opposizioni, rispondenti aiconflitti essenziali dell’azione: il rapporto padre/figlia,tra un plagio autoritario e una passione repressa, traun’occupazione del futuro e una antifrastica certezzadello scacco» (G. PADUANO, Noi facemmo ambedue unsogno strano. Il disagio amoroso sulla scena dell’operaeuropea, Palermo, Sellerio 1982, p. 17). L’analisi dellafunzione timbrica riprende quella da me abbozzatanella voce Verdi, in Dizionario universale della musicae dei musicisti, diretto da Alberto Basso, Le biografie,vol. VIII, Torino, UTET 1988, p. 204.33 Cfr. ANSELM GERHARD, L’eroe titubante e il finaleaperto. Un dilemma insolubile nel «Guillaume Tell» diRossini, «Rivista italiana di musicologia», XIX, 1984.pp. 113-130:113-114.34 Vedi sopra alla nota 25. Di questo passo FRANCIS

TOYE, Giuseppe Verdi. His Life and Works, London,Heinemann 1931 (rist. ivi, Gollancz 1962), p. 403, elo-gia «the subtle manner in which the low register of theflutes is used to suggest the tropical fragrance of Ethio-pia».35 È di grande interesse, nelle lettere a Ghislanzoni tra

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l’8 e il 22 ottobre 1870 (in I copialettere, cit., pp. 652-655), l’insistere di Verdi sull’antitesi fra le posizioni diRadamès e di Aida, ad esempio fra frasi quali «Lasciarla patria, i miei Dei, i luoghi ove nacqui, ove acquistaila gloria» e «La patria è dove si ama» (p. 653); poco do-po Verdi trova che «“Il ciel de’ nostri amori / comescordar potrem” è felice assai, assai, assai», mentre glispiace che il librettista «non abbia conservato: “L’arede’ nostri Dei”, colla risposta d’Aida; “..... nel tempiostesso / Gli stessi numi avrem”» (pp. 654-655). Per lacorretta datazione di queste lettere cfr. PHILIP GOSSETT,Verdi Ghislanzoni, and Aida: The Uses of Convention,«Critical Inquiry», I, 1974, pp. 291-334:298.36 Ancora una volta, dopo lo slancio ascendente dell’i-nizio, la melodia si ripiega circolarmente su se stessa.Le perplessità su questa cabaletta risalgono perlomenoalla recensione di Filippo Filippi su «La perseveranza»(riprodotta per la maggior parte in Verdi intimo. Car-teggio di Giuseppe Verdi con il conte Opprandino Arri-vabene [1861-1886], a cura di Annibale Alberti, s.l.,Mondadori 1931, pp. 138-143): «è di quel genere nonpiù adatto ai gusti del pubblico» (p. 140); «è una veracabaletta del vecchio stampo fatta sopra un motivoacuto spasmodico che il Verdi ha cercato di coprire condei giri armonici ma senza riuscire a farlo piacere» (p.143). Per una valutazione parzialmente positiva di que-sto passo vedi M. MILA, op. cit., p. 198.37 Verdi volle togliere ogni carattere di volontarietà altradimento di Radamès affinché riuscisse meno “odio-so” (lettera a Du Locle del 15 luglio 1870, in Carteggiverdiani, IV, cit., p. 15), accrescendo però in questo mo-do la passività drammatica del personaggio. Da questorisulta che non posso concordare con Budden quandoafferma che qui «si conferma l’inclinazione di Verdiper un mondo di valori maschili, e Aida si rivela perquella semplice pedina che è» mentre «sono i due uo-mini a dominare, musicalmente e drammaticamente,la scena» (J. BUDDEN, op. cit., trad. it., p. 260).38 Ghislanzoni si preoccupò di eliminare un «Godiamoun istante di felicità» di Radamès nella tomba cheavrebbe potuto «dar luogo ad una interpretazione ero-tica, che certo non risponderebbe alle intenzioni del-l’autore» (lettera del 31 ottobre 1870 in F. ABBIATI, op.cit., p. 402). Ciò non ha impedito a Thomas Mann dipercepire che «il condannato protestava contro il sacri-ficio di una vita così cara, ma il suo grido tenero e di-sperato: “No, no, troppo sei bella” era da attribuire al-l’estasi di un’unione definitiva con colei che mai piùavrebbe sperato di rivedere. E Giovanni Castorp nonera certo costretto a fare uno sforzo di immaginazioneper capire l’estasi e la riconoscenza di Radames» (Lamontagna incantata, trad. di Bice Giachetti-Sorteni,Milano, dall’Oglio 1966, p. 725).39 La seconda precisazione, proveniente dalla Disposi-zione scenica, è qui citata da M. VIALE FERRERO, op. cit.,p. 143.40 Ibidem.41 Alcuni dei mezzi impiegati in questo brano, in parti-colare il fitto tremolo dei violini e gli arpeggi del flauto,verranno reimpiegati da Verdi nel Lux aeterna del Re-quiem.42 M. MILA, op. cit., p. 199 (ma vedi in proposito le op-portune osservazioni di P. PINAGLI, op. cit., pp. 151-152).La più esplicita interpretazione in senso trascendente

di questo finale, accomunato a quello della Forza deldestino, risale a J. LOSCHELDER, Das Todesproblem inVerdis Opernschaffen, Köln, Petrarca-Haus 1938, pp.58-59.43 La divisione in due piani della scena, come attestòDu Locle, fu voluta espressamente da Verdi (cfr. Car-teggi verdiani, IV, cit., p. 5).44 Su questa chiave di lettura insistono particolarmen-te i già citati saggi di P. Petrobelli e di M. Viale Ferrero;ma vedi anche ad esempio, GUSTAVO MARCHESI, Giusep-pe Verdi, Torino, UTET 1970, p. 425, che nelle paginesuccessive introduce però sfumature un po’ diverse.45 Lettera dell’8 settembre 1870, in I copialettere, cit., p.644.46 Lettera del 22 agosto 1870, ivi, p. 642.47 Lettera a Ghislanzoni del 7 ottobre 1870, in I copia-lettere, cit., p. 650.48 Il che, sia detto per inciso, rende sospette le letturetroppo attualizzate di Aida, tanto quelle ormai desuetein chiave di espansionismo imperialistico (cui allude J.BUDDEN, op. cit., p. 275), tanto quelle in chiave di pole-mica anticolonialista (questo suggerisce, a dire il veroin maniera estremamente cauta, il più volte citato sag-gio di M. Viale Ferrero (cfr. p. 144); ma C. CASINI, op.cit., p. 304, si spinge a vedere nel tradimento di Ra-damès «un giusto contrappasso dell’oppressione egiziasul popolo etiope sconfitto»).49 Una chiara affermazione in questo senso, sia purenon più precisamente motivata, in P. PINAGLI, op. cit., p.145.

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Luigi Bazzani, bozzetto per Aida (atto II, 2). Roma, Teatro Apollo, 1874-75.

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Frontespizio del libretto per la prima rappresentazione assoluta di Aida. Il Cairo, Teatro dell’Opera,24 dicembre 1871.

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LA LOCANDINA

AAIIDDAAopera in quattro atti di

ANTONIO GHISLANZONI

musica di

GIUSEPPE VERDI

Edizione CASA RICORDI - MILANO

personaggi ed interpreti

Il Re ANDREA PAPIAmneris CAROLYN SEBRON (4,6,9,11,13/12)

LEANDRA OVERMANN (5,10/12)

Aida LUCIA MAZZARIA (4,6,9,11,13/12)

NINA EDWARDS (5,10/12)

Radamès GEGAM GRIGORIAN (4,6,9,11,13/12)

ANTONELLO PALOMBI (5,10/12)

Ramfis DIMITRI KAVRAKOS (4,6,9,11,13/12)

ALFREDO ZANAZZO (5,10/12)

Amonasro CARLO GUELFI (4,6,9,11,13/12)

ALBERTO MASTROMARINO (5,10/12)

Gran Sarcedotessa ERLA KOLLAKUMessaggero ALESSANDRO COSENTINO

maestro concertatore e direttore

ISAAC KARABTCHEVSKYregia

MAURO BOLOGNINIripresa da

BEPI MORASSIscene costumi

MARIO CEROLI ALDO BUTI

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO LA FENICEdirettore del Coro GIOVANNI ANDREOLIaltro maestro del Coro ALBERTO MALAZZI

BALLETTO DANZA CONTEMPORANEA DI CUBAcoreografia GIOVANNI DI CICCO

allestimento TEATRO LA FENICE

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direttore degli allestimenti scenici LAURO CRISMANassistente musicale GIANCARLO ANDRETTA

direttore musicale di palcoscenico GIUSEPPE MAROTTAdirettore di palcoscenico PAOLO CUCCHI

aiuto regista LUCA FERRARIS maestro di sala STEFANO GIBELLATO

altro maestro di sala ROBERTA FERRAROmaestro suggeritore PIERPAOLO GASTALDELLO

maestri di palcoscenico ILARIA MACCACARO, SILVANO ZABEO maestro alle luci GABRIELLA ZEN

capo macchinista VALTER MARCANZINcapo elettricista VILMO FURIAN capo attrezzista ROBERTO FIORI capo sarta MARIA TRAMAROLLO

responsabile della falegnameria ADAMO PADOVAN capogruppo figuranti CLAUDIO COLOMBINI

costumi realizzati dalla sartoria CERRATELLI Firenze calzature CCT Roma

parrucche B.S. STUDIO Trieste

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Attrezzeria per Aida. (Milano, Archivio storico Ricordi).

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ISAAC KARABTCHEVSKY

Dal gennaio 1995 Isaac Karabtchevsky è Diret-tore Principale del Teatro La Fenice di Veneziae dal 1981 Direttore Artistico del Teatro Muni-cipale di San Paolo del Brasile, paese nel qualeè nato da genitori russi. Ha compiuto gli studidi direzione e di composizione in Germaniacon Wolfgang Fortner, Pierre Boulez e Carl Ue-ter. Per diversi anni è stato Direttore Artisticodell’Orquestra Sinfonica Brasileira. Dal 1988 al1994 è stato direttore del Niederösterreichi-scher Tonkünstlerorchester di Vienna, orche-stra con la quale ha compiuto numerosetournées internazionali. L’attività concertisticalo ha visto dirigere in tutte le più prestigiose se-di internazionali. Dal 1990 ha diretto diverseproduzioni operistiche a Vienna, alla Staatso-per ed alla Volksoper. Notevoli i successi otte-nuti in particolare con Una tragedia fiorentinae Il compleanno dell’infanta di Zemlinsky, conL’affare Makropoulos di JanácŠek ed inoltrecon Carmen ed Il barbiere di Siviglia. Ha colla-borato con molti dei più grandi solisti del no-stro tempo, fra i quali Stern, RostropovicŠ, Arge-rich, Perlman, Arrau e Kremer. Tra i frutti delsuo impegno alla Fenice ricordiamo gli allesti-menti di Erwartung, Il castello del principeBarbablù, L’olandese volante, Don Giovanni,Falstaff, Carmen, Re Teodoro in Venezia e Fi-delio, nonché i diversi concerti sinfonici: traquesti l’Ottava Sinfonia di Mahler, realizzata loscorso anno assieme all’Orchestra di Padova edel Veneto.Un notevole successo hanno raccolto le inci-sioni discografiche di titoli operistici e concertidiretti dal M.° Karabtchesky alla Fenice edite incollaborazione con «Mondo Musica» di Mona-co di Baviera. Tra i suoi prossimi impegni, saràa gennaio al Teatro dell’Opera di Washington

per Boris Godunov (con Samuel Ramey nelruolo del protagonista); in seguito sarà ospitedell’Orchestra della Rai di Torino prima dirientrare a Venezia per il Festival di Orvieto or-ganizzato dalla Fenice.

MAURO BOLOGNINI

Tra i più celebri registi contemporanei, hastudiato architettura e quindi si è iscritto alCentro Sperimentale di Cinematografia diRoma. Aiuto-regista prima in Italia al fian-co di Luigi Zampa e poi in Francia con De-lanoy e Allegret, ha iniziato a lavorare inqualità di regista dirigendo numerosi filmche sono stati premiati nei più prestigiosifestival cinematografici. Tra questi Gli in-namorati, Metello e L’eredità Ferramontipremiati al Festival di Cannes, Senilità pre-miato al Festival di San Sebastiano, Bel-l’Antonio e Per le antiche scale premiato alFestival di Locarno e Mosca addio premia-to al Festival di Montreal. Alcuni suoi filmsono stati girati a Venezia: Agostino (trattoda Moravia), Il processo Murri e La ve-nexiana. Regista teatrale di grande presti-gio, Mauro Bolognini ha fatto il suo debuttonell’ambito dell’opera alla fine degli annisessanta quando ha curato l’allestimento diElisabetta d’Inghilterra di Rossini al TeatroMassimo di Palermo. Tra le sue numerosis-sime regie operistiche ritroviamo Norma eCarmen alla Scala, Turandot e Traviata al-l’Arena, La Vestale, Tosca e Ernani al Tea-tro dell’Opera di Roma, Madama Butterflyal Teatro San Carlo di Napoli, Aida, La stra-niera, Adriana Lecouvreur, La vedova alle-gra e Don Carlo al Teatro La Fenice.BEPI MORASSI

BIOGRAFIE

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Veneziano, è stato allievo di Giovanni Poli, delquale continua l’opera come regista stabiledel Teatro della Commedia dell’Arte a l’Avo-garia di Venezia. Inizia nel 1978 l’attività diaiuto-regista al fianco di alcuni dei più presti-giosi registi italiani e stranieri e successiva-mente, come regista, si è segnalato in partico-lare per l’attenzione al teatro, musicale e non,del ‘600 e del ‘700: il suo debutto è segnato, tral’altro, dalle regie de Il caffè di campagna diGaluppi, L’impresario teatrale di Mozart e Pri-ma la musica, poi le parole di Salieri. Comeregista di prosa, oltre all’interesse per i testiminori dei grandi classici settecenteschi, sco-pre ed allestisce alcuni inediti assoluti del Sei-cento (G.B. Porta e G.B. Andreini), e dimostranotevole interesse per i musicals. Impegnatoin molti teatri italiani, lavora frequentementeanche all’estero (Parigi, Lione, Montreal, Syd-ney, Lisbona) partecipando anche a numero-si e prestigiosi festivals. Autore e direttore disignificativi progetti di «animazione totale», hasvolto e svolge intensa attività giornalistica edi direzione artistica, curando, in qualità distudioso della Commedia dell’Arte, varie pub-blicazioni di testi rinascimentali. Tra i suoi re-centi impegni registici le Morbinose, Tosca, IlBarbiere di Siviglia, Il piccolo spazzacamino,L’Arca di Noè di Britten e Il Campanello diDonizzetti. Sarà nel prossimo futuro a Bolo-gna (Vedova Allegra) e a Pretoria (Aida).

MARIO CEROLI

È uno dei massimi scultori contemporanei.Dopo un periodo di apprendistato, nel 1960ha vinto un premio per giovani scultori ed hainiziato una serie di lavori esposti in ambito

internazionale nei quali rifiuta l’arte di rap-presentazione e ricerca una nuova iconogra-fia. Numerose le sue collaborazioni con laBiennale Internazionale d’Arte in esposizio-ni personali e collettive. Mario Ceroli ha sta-bilito nel corso della carriera un lungo rap-porto di collaborazione con Gianfranco Fini,con il quale ha progettato diverse scenogra-fie cinematografiche e teatrali.

BALLETTO DANZA CONTEMPORANEA DI CUBA

La compagnia appare nella scena cubananel settembre del 1959 sotto il nome di Di-partimento di Danza Moderna del TeatroNazionale di Cuba e per la direzione del bal-lerino e coreografo Ramiro Guerra. Il grupposi propone di realizzare una sintesi tra i lin-guaggi ballettistici delle razze afroispanica ecaraibica, perseguendo uno stile ricco di pos-sibilità espressive in armoniosa integrazionetra retaggi ancestrali e sperimentazioni con-temporanee. Formato da più di 60 balleriniper lo più usciti dalla Scuola Nazionale di Ar-te di Cuba, il Balletto propone regolarmenteun vasto repertorio nei più importanti festi-val internazionali.

GIOVANNI DI CICCO

Ha studiato danza moderna e contempora-nea in Italia, Francia e Germania, quindi halavorato con la Compagnia Arbalete dal1983, curandone le coreografie dal 1987.Ospite della Folkwang Hochschule di Es-sen diretta da Pina Bausch, ha danzato conprestigiose compagnie europee in impor-tanti teatri. Nel corso della carriera ha sta-

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bilito fruttuose collaborazioni con compo-sitori quali Fernando Mencherini, MicheleFerrari e Claudio Lugo e si è dedicato in-tensamente al teatro musicale.

ANDREA PAPI

S’avvia alla carriera lirica debuttando nei ruo-li di Colline e di Leporello. In seguito cura l’in-terpretazione del Mandarino in Turandot, diSparafucile in Rigoletto, del Commendatore inDon Giovanni, di Raimondo in Lucia di Lam-mermoor, del Gran Sacerdote in Nabucco. Do-tato di una voce potente dal timbro caldo eprofondo, Andrea Papi ha cantato ne LesTroyens sotto la direzione di Colin Davis e nelDon Giovanni per la bacchetta di Claudio Ab-bado. Attualmente è impegnato nel Barbiere diSiviglia, in Rigoletto ed in Lucia di Lammer-moor in teatri italiani ed internazionali.

CAROLYN SEBRON

Si diploma a Cincinnati e subito dopo vincenumerose borse di studio e si afferma in pre-stigiosi concorsi. Ha debuttato negli Stati Uniticon Nozze di Figaro, Principe Igor, Fiamma,Otello e Rigoletto, dedicandosi anche alla defi-nizione di opere del repertorio contempora-neo partecipando a produzioni in prima mon-diale. Si fa conoscere in Europa cantando inCarmen, Maria Stuarda, Sansone e Dalila, Ai-da. Svolge parallelamente un’intensa attivitàconcertistica collaborando con le orchestrestatunitensi, spaziando dalla letteratura baroc-ca a quella tardo-romantica.

LUCIA MAZZARIA

Vincitrice del Concorso «Puccini» e del Con-corso Internazionale di Rio de Janeiro, il so-prano Lucia Mazzaria ha debuttato nel 1987al Teatro La Fenice nel ruolo di Mimì ri-scuotendo un entusiastico successo di pub-blico e di critica che l’ha avviata ad una pre-stigiosa carriera internazionale. Ha cantatoinfatti in moltissime opere nei più prestigio-si teatri (Teatro alla Scala, Teatro Comuna-

le di Bologna, Teatro Comunale di Firenze,Arena di Verona, Teatro San Carlo di Napo-li, Covent Garden, Staatsoper di Vienna, Ly-ric Oper di Chicago, Colonia, Zurigo, Bonn,Amburgo) collaborando con importanti di-rettori quali Riccardo Muti, Gianluigi Gel-metti, Alain Guingal, Lorin Maazel, BrunoBartoletti, Georges Prêtre, Daniel Oren, Ric-cardo Chailly, Christian Thielemann, sirColin Davis. Attualmente impegnata a Bil-bao per il Don Giovanni, Lucia Mazzariasarà prossimamente a Reggio Emilia perSaffo di Pacini, a Bilbao ed a Macerata perCarmen.

GEGAM GRIGORIAN

Vincitore in numerosi concorsi internazio-nali, si perfeziona in Italia nella tecnica vo-cale e nel corpus operistico italiano. Invita-to da Valery Gergiev al Teatro Marijnskij diSan Pietroburgo, ottiene convincenti suc-cessi nel repertorio russo. In seguito la suacarriera si espande a livello internazionale:alle regolari collaborazioni con l’Opera Ki-rov (anche nell’ambito di apprezzatetournées internazionali) si aggiungono in-fatti i debutti in Olanda, negli Stati Uniti edin Giappone dove si è esibito nei principaliteatri.

DIMITRI KAVRAKOS

Ha debuttato al Metropolitan nel ruolo delGrande Inquisitore in Don Carlo: il succes-so di critica e di pubblico riportato nell’oc-casione gli ha spalancato le porte di nume-rosi teatri dove ha proposto un repertoriovariegato, spaziando dal Macbeth a Lakmé,dalla Sonnambula al Boris Godunov. Si esi-bisce regolarmente nei teatri più prestigiosidel mondo (Metropolitan, Covent Garden,La Scala) cantando in svariate opere ed innumerosi programmi concertistici, collabo-rando con le più grandi orchestre sotto ladirezione di direttori quali Daniel Barem-boim e Georg Solti.CARLO GUELFI

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Ha studiato canto con lo zio paterno. Vinci-tore del Concorso «Aureliano Pertile» e pre-miato al «Giacomo Lauri Volpi» come «rive-lazione lirica internazionale», ha avviato dasubito varie collaborazioni con i più impor-tanti teatri e le più significative istituzionimusicali sia in Italia che all’estero. Nel cor-so della carriera ha affrontato i principalicapolavori melodrammatici ottocenteschi esi è inoltre impegnato nei principali testidel repertorio di matrice verista e in alcunilavori del nostro secolo. Spesso diretto daBernstein, Santi, Maag, Giulini, Pappano,Mehta e Sinopoli, Carlo Guelfi ha cantato inRigoletto al PalaFenice (1997).

LEANDRA OVERMANN

Il mezzosoprano serbo si è formato didatti-camente al Conservatorio di Belgrado se-guendo i corsi di canto e pianoforte. Vinci-trice di vari concorsi e borse di studio, hadebuttato con i Virtuosi di Roma. LeandraOvermann vanta un ampio repertorio checomprende titoli di Cimarosa (Il matrimo-nio segreto), Rossini (Il barbiere di Siviglia,Cenerentola) e Verdi (Un ballo in masche-ra). Attualmente fa parte della compagniadel Teatro dell’Opera di Bonn dove regolar-mente ricopre ruoli di Mozart, Verdi, Wa-gner.

NINA EDWARD

Subito dopo essersi diplomata alla Phila-delphia Academy of Vocal Arts, si è messain luce vincendo importanti concorsi statu-nitensi. Dopo una breve esperienza profes-sionale al Teatro dell’Opera di Santa Fè, Ni-na Edwards ha debuttato in Aida vestendo ipanni della protagonista. In seguito il gio-vane soprano ha partecipato a produzionidel Don Giovanni, di Un ballo in mascherae di Arianna a Nasso.

ANTONELLO PALOMBI

Ultimati gli studi ha debuttato nel ruolo di

Pinkerton in Madama Butterfly, cantandonelle principali città europee. Successiva-mente il suo repertorio s’è arricchito consvariate opere: Antonello Palombi ha infat-ti partecipato a numerose produzioni dellaCambiale di matrimonio, di Cenerentola,Ermione e Carmen. Particolarmente a suoagio nel corpus verdiano (regolarmente in-terpreta Rigoletto, Macbeth, Traviata), si èdedicato anche al repertorio sacro e all’o-peretta.

ALFREDO ZANAZZO

Inizia la carriera artistica in ambito jazzi-stico come pianista e cantante. L’incontrocon il basso Tancredi Pasero gli svela nuo-vi orizzonti: Alfredo Zanazzo vince presti-giosi concorsi internazionali e si avvia cosìalla carriera lirica teatrale debuttando inAida. Ospite abituale dell’Arena di Verona,è costantemente invitato nei maggiori teatriinternazionali per interpretare opere qualiGuglielmo Tell, Puritani, Bohéme, ed i ca-polavori verdiani (Don Carlo, Rigoletto,Macbeth, Nabucco, Il trovatore, Ernani).

ALBERTO MASTROMARINO

Baritono specializzato nel repertorio ver-diano, Alberto Mastromarino spazia daTraviata a Simon Boccanegra, da Trovatorea Macbeth, da Rigoletto a Nabucco, da DonCarlo a Un ballo in maschera, da Nabuccoad Aida. Ha cantato nei principali teatri ita-liani ed europei raccogliendo calorosi ap-prezzamenti anche in Cavalleria rusticanaed in Guglielmo Ratcliff di Mascagni. Harecentemente interpretato il ruolo di Amo-nasro nella produzione di Aida alle Pirami-di, diffusa in via satellitare.

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FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

, sovrintendente Mario Messinis, sovrintendente

Paolo Pinamonti, direttore artistico Isaac Karabtchevsky, direttore principale

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

presidente Massimo Cacciari

consiglieri: Giorgio Brunetti, vicepresidente

Ferdinando Camon

Giancarlo Galan

Pietro Marzotto

,,sovrintendente Mario Messinis, sovrintendente

segretario Tito Menegazzo segretario

COLLEGIO REVISORI DEI CONTI

presidente Caterina Criscuolo

Angelo Di Mico

Paolo Marchiori

Paolo Nardulli

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segretario generaleTito Menegazzo

direttore del personalePaolo Libettoni

direttore di produzioneDino Squizzato

direttore dei servizi scenici e tecniciLauro Crisman

capo ufficio stampa e relazioni esterneCristiano Chiarot

Pubblicazione a cura dell’Ufficio Stampa del Teatro La Fenice

fotocomposizione e scansioni immagini

Texto - Venezia

stampa

Grafiche Zoppelli - Dosson di Casier (TV)

finito di stampare nel mese di dicembre 1998

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AREA ARTISTICA

MAESTRI COLLABORATORIdirettore musicale di palcoscenico maestri di sala maestri di palcoscenico

Giuseppe Marotta * Stefano Gibellato * Ilaria Maccacaro ◆Roberta Ferrari ◆ Silvano Zabeo *

maestro suggeritore maestro alle luci responsabile archivio musicalePierpaolo Gastaldello ◆ Gabriella Zen * Gianluca Borgonovi

ORCHESTRA DEL TEATRO LA FENICE

ISAAC KARABTCHEVSKYdirettore principale

Violini primiRoberto Baraldi •Mariana Stefan •Nicholas MyallMania Ninova ◆Pierluigi PuleseMauro ChiricoPierluigi CrisafulliLoris CristofoliRoberto Dall’IgnaMarcello FioriElisabetta MerloSara MichielettoAnnamaria PellegrinoDaniela SantiAnna TosittiAnna TrentinMaria Grazia ZoharElizabeta Rotari ◆

Violini secondiAlessandro Molin •Gianaldo Tatone •Gisella CurtoloEnrico EnrichiLuciano CrispilliAlessio Dei RossiMaurizio FagottoEmanuele FraschiniMaddalena MainLuca MinardiMarco PaladinRossella SavelliAldo TelescaJohanna VerheijenMuriel VolckaertRoberto ZampieronPietro Talamini ◆

VioleIlario Gastaldello •Stefano Passaggio • ◆Antonio BernardiOttone CadamuroAnna Mencarelli

Paolo PasoliStefano PioKatalin SzaboMaurizio TrevisinRoberto VolpatoElena Battistella ◆Rony Creter ◆Valentina Giovannolli ◆

Francesca Levorato ◆

VioloncelliAlessandro Zanardi •Nicola BoscaroBruno FrizzarinPaolo MencarelliMauro RoveriRenato ScapinMarco TrentinElisabetta VolpiF. Dimitrova Ivanova ◆

Luca Pincini ◆

ContrabbassiMatteo Liuzzi • Stefano Pratissoli •Massimo FrisonEnnio Dalla RiccaGiulio ParenzanAlessandro PinDenis Pozzan ◆Marco Petruzzi ◆

Flauti e ottaviniAngelo Moretti •Andrea Romani • ◆Luca ClementiFranco MassagliaPaolo Camurri ◆

Oboe e corno ingleseRossana Calvi •Marco Gironi •Walter De FranceschiRenato Nason

ClarinettiAlessandro Fantini •Vincenzo Paci •Renzo BelloFederico RanzatoAgide Brunelli ◆

Ferrante Casellato ◆

Stefano Cardo ◆

Federica Ceccherini ◆

Angelo De Angelis ◆

Annamaria Giaquinta ◆Claudio Tassinari ◆

Fagotti e controfagottiDario Marchi •Roberto Giaccaglia •Roberto FardinMassimo Nalesso

CorniAndrea Corsini •Konstantin Becker • ◆Enrico CerpelloniGuido FugaAdelia Colombo Loris Antiqua ◆Stefano Fabris ◆Alceo Zampa ◆

FlicorniDiego Cal ◆Claudio Lotti ◆Enrico Roccato ◆

TrombeFabiano Cudiz •Mirko BelluccoAlberto Bardelloni ◆Paolo Fazio ◆Massimiliano Lombini◆Simone Lonardi ◆Renato Pante ◆

Trombe egizieFabiano Maniero •

Gianfranco Busetto Marco Bellini ◆Matteo Beschi ◆Piergiorgio Ricci ◆Eleonora Zanella ◆

Tromboni Andrea Maccagnan •Claudio MagnaniniGraziano Capuzzi ◆Federico Garato ◆Diego Giatti ◆Massimo La Rosa ◆Gianluca Scipioni ◆

BombardinoGiovanni Caratti •

TubeRudy Colusso ◆Andrea Zennaro ◆

Basso tubaAlessandro Ballarin ◆

ArpaBrunilde Bonelli • ◆Antonella Ferrigato

Timpani e percussio-niRoberto Pasqualato •Lino Rossi • ◆Attilio De FantiGottardo PaganinLavinio Carminati ◆

Pianoforte e tastiereCarlo Rebeschini

• prime parti◆ a termine

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CORO DEL TEATRO LA FENICE

GIOVANNI ANDREOLIdirettore del Coro

Alberto Malazzialtro maestro del Coro

SopraniNicoletta AndelieroCristina BastonLorena BelliPiera BoanoEgidia BonioloLucia BragaMercedes C. CerratoEmanuela Conti Anna Dal FabbroMilena ErmacoraSusanna GrossiMichiko HayashiM. Antonietta LagoEnrica LocascioLoriana MarinAntonella MeriddaValidia NataliBruna PaveggioAndrea Lia Rigotti Rossana SonzognoTosca Bozzato ◆Ester Salaro ◆

AltiValeria Arrivo Lucia BertonMafalda CastaldoMarta Codognola Chiara Dal Bo Elisabetta GianeseVittoria GottardiLone Loëll Kirsten Manuela Marchetto Misuzu OzawaGabriella PellosM. Laura ZecchettiCarla Carnaghi ◆Cristina Melis ◆Orietta Posocco ◆

TenoriSergio BoschiniSalvatore BufalettiPasquale CiravoloCosimo D’Adamo Gino Dal MoroLuca FavaronStefano FilippiMarco Rumori Salvatore ScribanoBernardino Zanetti Domenico Altobelli ◆Jacek Andrewsky ◆Ferruccio Basei ◆Roberto M. Bastianelli ◆

Eduardo Bochiccio ◆Antonio Ivano Costa ◆Angelo Ferrari ◆Giuseppe Frittoli ◆Enrico Masiero ◆Stefano Meggiolaro ◆Roberto Menegazzo ◆Ciro Passilongo ◆Luigi Podda ◆Marco Spanu ◆Paolo Ventura ◆

BassiGiampaolo BaldinJulio Cesar BertolloRoberto BrunaAntonio CasagrandeAntonio S. DovigoAlessandro GiaconMassimiliano Liva Nicola NalessoEmanuele Pedrini Mauro Rui Claudio ZancopèGiuseppe Accolla ◆Domenico AllevaCarlo Agostini ◆Mario BartoliPaolo BergoSalvatore Giacalone ◆Giovanni La Commare◆

Simonsilvio Malusardi ◆

Gionata Marton ◆Mario PiottoRoberto Spanò ◆Franco Zanette ◆

◆ a termine

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AREA TECNICO-AMMINISTRATIVA

direttore di palcoscenico responsabile ufficio regia responsabile tecnicoPaolo Cucchi Bepi Morassi Vincenzo Stupazzoni

capo reparto elettricisti capo reparto macchinisti capo reparto attrezzistiVilmo Furian Valter Marcanzin Roberto Fiori

capo reparto sartoria responsabile della falegnameria responsabile ufficio economato

Maria Tramarollo Adamo Padovan Adriano Franceschini

responsabile ufficio decentramento e promozione responsabile segreteria artisticaDomenico Cardone Vera Paulini

MacchinistiMichele ArzentonMassimiliano BallariniBruno BelliniVitaliano BonicelliRoberto CordellaAntonio CovattaGiuseppe DalenoDario De Bernardin Paolo De Marchi Luciano Del ZottoBruno D’EsteRoberto GalloSergio GaspariMichele GaspariniGiorgio HeinzRoberto MazzonAndrea MuzzatiPasquale PaulonMario PavanMassimo PratelliRoberto RizzoStefano RosanPaolo RossoFrancesco ScarpaMassimo SenisFederico TenderiniEnzo VianelloMario VisentinFabio VolpeLuca G. Mancini ◆Stefano Morosin ◆

SarteBernadette BaudhuinEmma BevilacquaAnnamaria CanutoRosalba FilieriElsa FratiLuigina MonaldiniTebe Amici ◆Gabriela Del Gatto ◆

ElettricistiFabio BarettinAlessandro BallarinUmberto BarbaroAlberto BellemoMichele BenetelloMarco CovelliStefano FaggianStefano LanziEuro MichelazziRoberto NardoMaurizio NavaPaolo PadoanCostantino PederodaMarino PeriniRoberto PerrottaStefano PovolatoTeodoro ValleGiancarlo VianelloMassimo VianelloRoberto VianelloMarco ZenCristiano Faè ◆Andrea Benetello ◆Ivano Traverso ◆Pietro Bellemo ◆

AttrezzistiSara BrescianiMarino CavaldoroDiego Del PuppoSalvatore De VeroOscar GabbanotoNicola ZennaroVittorio Garbin ◆Romeo Gava ◆

ScenografiaGiorgio NordioSandra TagliapietraMarcello Valonta

ManutenzioneGiancarlo Marton

Addetti orchestra e coroSalvatore GuarinoAndrea RampinFrancesca Tondelli

Servizi ausiliariStefano CallegaroWalter ComelatoGianni MejatoGilberto PaggiaroWladimiro PivaRoberto Urdich

BiglietteriaRossana BertiNadia BuosoLorenza Pianon

ImpiegatiLuciano AricciGianni BacciSimonetta BonatoMarisa BontempoLuisa BortoluzziElisabetta BottoniAndrea CarolloGiovanna CasarinLucia CecchelinGiuseppina CenedeseAntonella D’EsteLiliana FagarazziLucio GaianiAlfredo IazzoniRenata MaglioccoSantino MalandraMaria MasiniLuisa MeneghettiFernanda MilanElisabetta NavarbiGiovanni PilonFrancesca PiviottiCristina RubiniSusanna SacchettoAngelo SbrilliDaniela SeraoGianfranco SozzaMarika TiletiIrene Zahtila

◆ a termine