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MAURIZIO BAROZZI AGGUATO IN VIA FANI AUTO DI MORO ATTACCATE IN MOVIMENTO? L’UCCISIONE DEL MARESCIALLO LEONARDI Testo a fini di studio – non in vendita – Roma - Marzo 2019

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MAURIZIO BAROZZI

AGGUATO IN VIA FANI

AUTO DI MORO ATTACCATE IN MOVIMENTO?

L’UCCISIONE DEL MARESCIALLO LEONARDI

Testo a fini di studio – non in vendita – Roma - Marzo 2019

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MAURIZIO BAROZZI

AGGUATO IN VIA FANI

AUTO DI MORO ATTACCATE IN MOVIMENTO? Pag. 5

L’UCCISIONE DEL MARESCIALLO LEONARDI Pag. 31

Il presente testo è visibile, nella sezione “Scarica File” del sito: http://fncrsi.altervista.org/

Testo a fini di studio – non in vendita – Roma - Marzo 2019

In copertina: due slide con disegni della Scientifica Polizia di Stato, nella Relazione del 2015 alla Commissione Moro

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INTRODUZIONE

A nostro avviso, allo stato delle attuali conoscenze, non è

possibile ricostruire con certezze e al di là di ogni ragionevole

dubbio, i circa tre minuti dell’agguato di via Fani nella mattina del

16 marzo1978: non c’è una foto, né tantomeno un video di quei

tragici momenti, le testimonianze sono confuse e spesso incongruenti,

i rilievi a suo tempo esperiti presentano alcune lacune, errori e anche

sciatteria, le versioni emerse da ben cinque processi sono

contraddittorie e non convincono affatto. Non certo esaustivo,

infine, quanto ricavato dalle Commissioni parlamentati. Certo il

quadro d’insieme di quell’agguato è abbastanza chiaro, ma ci sono

alcune dinamiche e modalità di esecuzione rimaste oscure.

La letteratura e le tante ricerche in proposito non aiutano

affatto, divise tra chi è convinto che in via Fani oltre le BR ci furono

Servizi, malavita e magari alieni, ma senza presentare uno straccio

di prova convincentee chi invece continua a dire che è oramai tutto

chiaro, il rapimento fu opera di un “gruppo di operaiacci” che tutto

il resto è dietrologia, ma se si prende in considerazione questa

“opera” appare evidente che non tutto torna, che le contraddizioni

sono palesi, che una somma di elementi, di indizi, di resoconti, di

testimonianze, formano quasi una prova fisica che le cose non sono

andate secondo questa “verità” profusa forse perchè “dicibile”.

In questo saggio abbiamo preso in considerazione due frangenti

di quell’agguato: l’eventualità che le auto di Moro vennero attaccate

quando erano ancora in movimento, come ipotizzato alla Scientifica

nell’ultima Commissione Moro (2014 - 2017) e non invece a sorpresa

una volta fermatesi obbligatoriamente verso l’incrocio e la uccisione,

rimasta in parte oscura del maresciallo Oreste Leonardi, che la

Scientifica ha ricostruito sia avvenuta unicamente e in una volta sola

attraverso spari provenienti dal lato sinistro della strada.

Due parole sui rilievi della Polizia Scientifica.

Quando nel 2015 la Scientifica Polizia di Stato, incaricata dalla

nuova Commissione Moro, di espletare indagini e perizie retroattive

sull’agguato di via Fani, emise le sue prime risultanze, riscontrammo,

a nostro avviso, una poco attendibile tesi.

Spieghiamo. La evidenza dei fatti e delle perizie mostrava che a 13

metri di distanza e più indietro verso il marciapiedi, dal punto dove

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sparavano i 4 brigatisti vestiti da avieri, alle auto di Moro fermate

nei pressi dell’incrocio con via Stresa, vi erano in terra gruppi di

molti bossoli a dimostrazione che qualcuno aveva sparato molti colpi,

uccidendo lo Iozzino e colpendo la Alfetta della polizia in diagonale.

A lato il punto, distante circa 13 metri dalle auto di Moro ferme, con i bossoli in terra, da dove, dalla Mini Cooper si ipotizza che sarebbe iniziato a sparare.

In quell’agguato, si riscontrò, che aveva sparato ben 49 colpi, un

mitra, presunto Fna43 non repertato.

Vi erano tutti gli elementi per evidenziare la presenza di un tiratore

extra che avrebbe sconvolto, e di molto, il Memoriale Morucci con il

racconto dei soli 4 tiratori vestiti da “avieri” sbucati a sorpresa

all’arrivo delle auto di Moro dalle pianti ornamentali antistanti il Bar

Olivetti che li nascondevano.

MA PER QUALCHE MOTIVO LA SCIENTIFICA NON L’HA FATTO.

Mentre a parole infatti, nel corso della audizione alla Commissione i

periti della Scientifica affermarono che loro non si erano posti il

problema del numero dei tiratori, che avrebbero potuto benissimo

essere più di quattro, nella relazione scritta e presentata, si

almanaccava una ipotesi per nulla credibile, secondo cui i due BR più

interni, quindi i presunti Bonisoli e Gallinari, preposti a sparare alla

Alfetta, avrebbero iniziato a sparare da un lontano punto, di fatto

dalla Mini Cooper ivi parcheggiata, alle auto di Moro che erano in

movimento di arrivo, e quindi si erano poi spostati fino ad arrivare

poi a sparare di fronte alla fiancata.

Con questa ipotesi del tutto cervellotica, come dimostrerò in questo

saggio, di fatto, si evitava così di affossare definitivamente il

Memoriale Morucci.

Come vedremo, noi esamineremo attentamente questi due

episodi, auto di Moro colpite in movimento e uccisione M.llo Leonardi,

e propenderemo per una versione in parte simile e in parte diversa

da quella della Scientifica, ma l’indeterminatezza di molti elementi

e le carenze nelle indagini ci hanno costretto a fornire una

ricostruzione che non esclude qualche variante.

Di più non è possibile fare senza sconfinare nella fantasia.

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AGGUATO VIA FANI LE AUTO DI MORO COLPITE IN MOVIMENTO?

di Maurizio Barozzi

Nel nostro recente studio, appresso a questo riportato, su le possibili modalità e dinamiche con cui nell’agguato di via Fani la mattina del 16 marzo 1978, venne ucciso il maresciallo Oreste Leonardi, capo scorta di Aldo Moro, osservammo che il rilievo della Polizia Scientifica, incaricata dalla seconda Commis-sione Moro (2014 - 2017), per cui le

auto di Moro, Fiat 130 e Alfetta 1800, vennero attaccate dai brigatisti quando erano ancora in movimento, non era del tutto credibile, almeno per quella ampiezza di spazio, ipotizzata dalla Scientifica.

A nostro avviso, scrivemmo, le auto di scorta di Moro vennero si, attinte quando ancora non si erano fermate, ma si trattava di un tratto di movimento minimale.

Questo accentuato riscontro della Scientifica, circa le auto colpite in movimento, atto a giustificare i bossoli in terra in posizioni distanti e non congrue ad una sparatoria davanti le fiancate delle auto di Moro, veniva poi spiegato con lo spostamento dei 4 tiratori sulla strada. Si evitava così di affrontare l’importante problema che ad attentare al Presidente Moro non erano stati solo i 4 brigatisti tiratori vestiti da “avieri”, ma emergeva evidente almeno un tiratore in più, posizionato oltre 10 metri, a salire la strada (in pratica all’altezza della Mini Cooper davanti il bar Olivetti), più a destra e più indietro dei 4 tiratori sbucati dalla piante ornamentali antistanti il Bar Olivetti. Per la verità i periti della scientifica, a voce, nelle audizioni del 2015 alla Commissione Moro tennero a specificare che non si erano posti il problema del numero degli attentatori e che non escludevano affatto che fossero di più dei 4 considerati. Resta il fatto però che la relazione scritta della Scientifica, enunciava una dinamica che spiegava la geografia dei bossoli in terra, con una tesi che, almeno di fatto, escludeva questa presenza “extra”, assegnando movimenti diversi ai 4 BR vestiti da “avieri”.

Ci preme quindi apportare un nostro studio in merito dove, come vedremo, cercheremo di dimostrare che le auto di scorta vennero colpite quando erano prossime a fermarsi, tranne una eventualità che non scartiamo, ma riteniamo meno probabile, che vennero colpite poco prima e in movimento, ma comunque in un contesto diverso da quello ipotizzato dalla scientifica e considerando sempre il tiratore “extra”.

Presumendo che il lettore conosca, se pure a grandi linee, la dinamica dell’agguato di via Fani riportata in tante pubblicazioni, riassumiamo alcuni

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aspetti che sono utili alla nostra indagine, ma avvertiamo che qualsiasi ricostruzione di quell’agguato, deve sempre essere presa con una certa riserva, perché si avverte da tanti particolari che ci sono elementi e movimenti che non si sono conosciuti, non sono stati svelati e che potrebbero ribaltare ogni possibile ricostruzione. Premettiamo infine che ci atterremo solo a fatti ed elementi sufficientemente comprovati o riscontrabili nelle documentazioni senza lasciarci andare a ipotesi e illazioni dietrologiche.

Per spiegarci, noi non escludiamo che in quell’agguato possano esserci state presenze sconosciute di killers professionisti (Servizi, malavita, ecc.), tali da giustificare la piena riuscita militare dell’impresa, ma non ci sono prove o elementi concreti per dimostrarlo e nominarli, quindi non è possibile elaborare una tesi su supposizioni o labili indizi.

L’AGGUATO

La mattina del 16 marzo 1978, un minuto circa dopo le ore nove, la Fiat 130 che trasportava Aldo Moro, guidata dall’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, con al fianco il maresciallo dei CC Oreste Leonardi, capo scorta, seguita dalla Alfetta 1800 di scorta guidata dalla guardia di PS Giulio Rivera con a financo il vice brigadiere Francesco Zizzi e seduto dietro l’agente di PS Raffele Iozzino, provenienti dalla Trionfale, svoltavano per via Mario Fani e presero a scenderla con buona andatura.

Non si è ben ricostruito (le testimonianze sono carenti e discordanti) come e quando sia avvenuto e con quale manovra, ma ad un certo punto avanti alle auto di Moro si inserì una Fiat giardinetta 128 bianca con targa diplomatica CD dicesi guidata dal BR Mario Moretti (anche qui non si è ben appurato con certezza se era solo, come sembra, oppure avesse a fianco un altro brigatista) che arrivata allo stop dell’incrocio tra via Fani e via Stresa vi si

fermava a cavallo, costringendo la Fiat 130 di Moro che sopraggiungeva e a quanto pare non sospettando di nulla, a fermarsi.

Siamo in via Fani, strada con un poco di pendenza, non molto ampia, quasi 10 metri e a doppio senso, dove sul marciapiede sinistro vi è d’angolo il Bar Olivetti e sul lato destro, quello di percorrenza delle auto di Moro, il civico 106.

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A questo punto sbucarono da dietro delle piante ornamentali in grossi vasi sul marciapiede antistante il Bar Olivetti che era chiuso, sembra un numero di 4 brigatisti armati di mitra e vestiti con divise simil Alitalia che iniziarono a sparare, due verso la Fiat 130 con Moro e due verso la Alfetta di scorta.

Molti testimoni riferirono che le raffiche di mitra furono precedute da alcuni, forse 2 / 4 colpi, singoli e i testimoni riferirono di avere udito, un istante prima, come uno stridio di frenate e alcuni dissero anche degli urti d’auto. Ad agguato finito, comunque, si riscontrò che la Fiat 130 non aveva tamponato la Fiat bianca che chiameremo CD, mentre l’Alfetta di scorta si è presunto che aveva tamponato la Fiat 130 dopo che l’autista era stato colpito a morte. Vi è incertezza e si è presunto anche che i 4 tiratori non sbucarono ad auto ferme, ma un breve momento prima che la Fiat 130 si fosse fermata dietro la Fiat bianca CD, o ancora che sbucarono e spararono alquanto prima che si fermassero e la sparatoria iniziò con le due auto ancora in movimento prima che arrivassero al punto dove erano obbligate a fermarsi. Le testimonianze comunque riferiscono di aver notato che la Fiat 130 tentò di far manovra, arretrando e ripartendo per cercare, senza riuscirci, di imboccare la strettoia rappresentata dalla Fiat bianca CD e una Austin Morris parcheggiata a destra alquanto discosta dal marciapiede e che restringeva la strada.

Sembra che sotto i colpi che arrivavano dal lato sinistro della strada, forse con

l’autista Ricci ferito, la Fiat 130 si mosse a sbalzi, cercando di svoltare a destra,

ma non aveva un margine utile per arretrare l’auto e imboccare la strettoia in

quanto l’Alfetta, sopraggiunta dietro, ne impediva la manovra.

Qui sotto in foto ben visibili: la Fiat bianca CD di blocco, la Fiat 130 di Moro fermatasi dietro e la Austin Morris azzurra parcheggiata a fianco del marciapiedi di destra che fece da ostruzione per uno svicolare oltre alla Fiat di Moro a cui dietro, si nota l’ Alfetta di scorta bianca della Polizia che la tamponò, ma sembra solo dopo essersi fermata un poco prima, forse per la sopraggiunta morte dell’autista.

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Furono momenti drammatici con la Fiat che fu vista muoversi a strappi, fino a

quando l’autista Ricci non venne colpito a morte.

Intanto al fianco di Ricci era stato immediatamente colpito a morte il

maresciallo Leonardi (le modalità e dinamiche della uccisione del M.llo

Leonardi sono riportate nel nostro studio, qui appresso allegato).

Non è neppure ben chiaro quando la Alfetta di scorta, dietro la Fiat 130, venne fatta oggetto di spari, che dovettero uccidere quasi subito l’autista Rivera, mentre l’agente Iozzino riuscì ad uscire dall’auto armato di pistola e il brigadiere Zizzi cercò di comunicare subito via radio come sembra dal cordolo del microfono staccato e rimasto penzoloni e al contempo cercò di uscire dall’auto.

Fatto sta che in poco tempo, tutti i 5 uomini di scorta, investiti da un fuoco infernale, di cui si contarono 91 bossoli in terra e forse qualcun altro andato perduto, vennero uccisi, Moro rimasto illeso venne prelevato dall’auto e i brigatisti fuggirono per via Stresa direzione Trionfale.

In circa 3 minuti era tutto finito. Plausibile che la piena riuscita dell’impresa, senza escludere altre presenze o situazioni sconosciute, possa essere stata resa possibile dal fattore sorpresa e dalla estrema vicinanza di tiro.

LA VERSIONE DEI BRIGATISTI

Premettiamo che in mancanza di riscontri effettivi, se non la versione dei brigatisti stessi, definiremo “presunte” le identità attestate dei 4 tiratori.

Secondo Valerio MORUCCI, presunto tiratore BR vestito da “aviere”, che sparò contro la Fiat 130 di Moro, raccontò che avvenne questa dinamica:

« Appena la Fiat 130 di Moro, proveniente da via Trionfale, imboccò via Fani, la Fiat 128 CD si inserì nella carreggiata per precederla fino all’incrocio con via Stresa. Giunto all’altezza del segnale di stop, Moretti bloccò l’auto facendosi tamponare dalla Fiat 130 che, a seguire, fu tamponata dall’Alfetta di scorta

A questo punto, poiché la Fiat 130 si spostava in avanti e indietro nel tentativo di guadagnare un varco, Moretti fu costretto a rimanere nell’auto fino quasi al termine della sparatoria

Subito dopo il tamponamento, la Fiat 128 bianca con a bordo Loiacono e Casimirri si pose dietro l’Alfetta, trasversalmente lungo la carreggiata, allo scopo di bloccare il traffico dalla parte alta di via Fani e rispondere a eventuali attacchi da parte delle forze di Polizia.

Contemporaneamente la Balzerani scese dalla Fiat 128 blu mettendosi al centro dell’incrocio via Fani/via Stresa per bloccare il traffico anche nella parte inferiore della scena mentre Morucci, Fiore, Gallinari e Bonisoli si portarono in strada per sparare contro gli uomini della scorta evitando che l’onorevole Moro venisse colpito.

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I primi due attaccarono la Fiat 130, i secondi fecero fuoco contro l’Alfetta di scorta. Nel corso dell’azione si inceppò il mitra FNA43 di Morucci, che nel tentativo di disincepparlo si spostò verso l’incrocio per non intralciare il resto del commando. Quando ripristinò la funzionalità dell’arma l’attacco era quasi terminato ma riuscì comunque a far fuoco sulla Fiat 130. Quasi contemporaneamente si bloccò anche l’Mp12 di Fiore» [“Memoriale” Atti giudiziari].

Nell’interrogatorio al Processo di appello per l'uccisione di Aldo Moro (udienza del 24/01/1985), Morucci aggiunse:

«Due [BR] erano incaricati di sparare sull’Alfetta della scorta e gli altri due di sparare sull’autista e sull’altra persona che occupava il posto a fianco nel 130. Io ero tra questi due e quindi sparai contro il 130. Nel frattempo l’autista del 130 cercò disperatamente di guadagnare un varco verso Via Stresa più volte fece marcia indietro e marcia avanti mentre era in corso la sparatoria.

Il Maresciallo Leonardi, invece per prima cosa si occupò di proteggere Moro e si girò per farlo abbassare. Infatti è stato trovato morto in quella posizione».

Mario MORETTI nella sua “intervista” a Mosca - Rossanda per “Una storia italiana”, Ed, Anabasi, 1994), disse che non ci fu tamponamento tra la sua Fiat 128 targata CD e l’auto presidenziale:

<<Un tamponamento li avrebbe mesi in allarme e invece devono dare il tempo ai compagni di avvicinarsi. Moro e la scorta sono vulnerabili in quanto non notino nulla e non notano nulla perché fino a qualche secondo prima della sparatoria non c’è niente da notare. I quattro compagni aprono il fuoco… Per prima colpiscono l’Alfetta della scorta poi con una raffica il maresciallo Leonardi. L’autista di Moro che non è stato colpito cerca di togliere la 130 dall’incastro. In quegli attimi Morucci sostituisce il caricatore al suo mitra inceppato, spara una seconda raffica e lo colpisce >>.

Quindi per gli stessi brigatisti, le auto sono state attaccate da 4 tiratori, sbucati dalle piante che ornano il marciapiedi davanti il Bar Olivetti, non appena le auto sono arrivate dietro alla 128 targata CD di Moretti fermatasi allo stop dell’incrocio con via Stresa, sfruttando per la riuscita dell’agguato, la vicinanza di tiro e l’elemento sorpresa, con la sola divergenza che per Morucci le auto di Moro, Fiat 130 e Alfetta di scorta, procurarono tamponamenti, mente per Moretti non ci fu tamponamento, come poi in effetti risultò dalla non presenza di incidenti nel paraurti anteriore della Fiat 130.

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Qui sotto il lato di sinistra del Bar Olivetti con la Mini Cooper parcheggiata, di sicuro presente al momento della sparatoria e dai cui pressi sparò un tiratore. Altri tiratori spararono davanti la fiancata sinistra delle due auto di Moro-

Nel frattempo, scese dalla Alfetta l’agente Iozzino che sparò due colpi con la sua Beretta di ordinanza, andati a vuoto, e venne subito ucciso crivellato da ben 17 colpi sparati in prevalenza dalla sua sinistra.

Semplificando, la dinamica degli spari frontali alla fiancata delle due auto la si può raffigurare con questa figura sotto, della scientifica e da noi adattata:

Una modalità questa in figura che però, come vedremo, nella sua dinamica iniziale (l’assalto in strada dei brigatisti), in buona parte è stata modificata dalla Scientifica – Polizia di Stato 2014 – 2017 (nel proseguo la chiameremo Scientifica) che infatti, ha riscontrato che i primi colpi, da 2 a 3, se non 4, sono stati a colpo singolo, non a raffiche come riferito dai brigatisti, le quali invece sono seguite subito dopo (cosa questa attestata da ben 11 testimonianze), e per

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il fatto che le auto di Moro, vennero fatte oggetto di spari quando erano in moto e ancora non arrivate a fermarsi dietro la Fiat 128 bianca targata CD.

Noi concordiamo pienamente sui primi spari a colpo singolo non accennati dai brigatisti e che pongono inquietanti interrogativi su tutta la dinamica e su chi (non certo degli sprovveduti) e da dove, sparò questi colpi, ma non concordiamo del tutto sulle auto in movimento, se non come accennato, un movimento alquanto contenuto nella sua parte finale, cerchiamo di capire come possono essere andate le cose.

LA SPARATORIA

Secondo le perizie balistiche e altri rilievi vari, possiamo dire che vennero impiegati dai brigatisti 4 mitra e 2 pistole tutte in calibro 9 x 19 ovvero 9 lungo o parabellum, tranne una pistola Beretta cal. 7,65 parabellum.

Questo non esclude del tutto che potrebbero anche aver sparato una o due ulteriori armi, sfuggite ai rilievi per difficoltà di riscontri balistici, che magari hanno sparato pochissimi colpi andati perduti o non rilevati, o per impiego di un revolver che non lascia bossoli, ma comunque, atteniamoci alle 4 + 2 armi riscontrate (escludiamo ovviamente la pistola Beretta di ordinanza dell’agente Iozzino che sparò 2 colpi). Queste sei armi sono state così assegnate dalle testimonianze dei brigatisti:

Valerio Morucci spara circa 22 colpi, in due sequenze causa inceppamento, verso la Fiat 130 di Moro, con un mitra FNA43 che indicheremo come N. 1.

Raffaele Fiore spara 3 colpi e si inceppa, di cui uno solo andato a segno, con un mitra Mp12, verso la Fiat 130.

Morucci e Fiore sono i più esterni alla fila dei tiratori poco prima dell’incrocio là dove si era fermata la Fiat 130.

Prospero Gallinari spara 5 colpi causa inceppamento con un mitra TZ45 verso l’Alfetta di scorta. Dicesi che poi estrae la pistola Smith & Wesson 39 con la quale sparerà tutti gli 8 colpi del caricatore contro bersagli vari alcuni da appurare con certezza.

Franco Bonisoli dicesi che spara: prima disse “pochi colpi”, poi nel corso della sua famosa intervista a Sergio Zavoli (dicembre 1989 nel programma “La notte della Repubblica”), disse di aver sparato forse un caricatore non specificando però se da 20 o 30 colpi, con un altro presunto Fna43, che indicheremo come N. 2 (diciamo presunto perché non è stato repertato e quindi poteva anche essere un arma simile, per esempio un più moderno Mp12, che usa un caricatore intercambiabile alle due armi) e quindi, dopo che gli si era inceppato, sparò con una Beretta 52 (o 51 modificato) altri 4 colpi in calibro 7,65 parabellum. Tutto un conto questo che, come vedremo, non torna affatto perché per il presunto mitra Fna43 N. 2, è stato riscontrato da ben 4 perizie più una verifica attuale della Scientifica, che quel mitra sparò 49 colpi, senza incepparsi, cambiando in corsa il caricatore.

Per una completa ricostruzione ricordiamo anche le Auto colpite:

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Bersagli autovetture

Per le due auto alcuni colpi risultano esplosi a brevissima distanza, altri

ad una distanza superiore. Abbiamo la certezza per circa 13 colpi sulla Fiat 130

e circa 26 colpi sulla Alfetta di scorta, ma si devono anche considerare i colpi

andati a bersaglio sulle vittime passando dai finestrini rotti senza colpire le auto.

Sulla FIAT 130 presidenziale spararono di sicuro, sul lato sinistro, tre armi

diverse (non tutti i colpi necessariamente a segno): soprattutto il mitra Fna43

N. 1, presunto di Morucci, ma la Scientifica dice anche la S&W39 forse per un

paio di colpi, questi forse però da destra e in un secondo momento, ad agguato

finito (un rilievo questo della S&W39 però molto dubbio), e la Beretta 7,65

parabellum (forse per 1 colpo da destra e forse in un secondo momento).

Sul lato destro dell’auto, come all’interno dell’abitacolo non ci sono significativi

impatti di proiettili provenienti da destra, a dimostrazione che non ci fu fuoco

incrociato (come detto ci sono due colpi sulla seduta del sedile destra e il residuo

di un proiettile 7,65 parabellum verso l’autista, che possono essere arrivati da

destra per la possibilità di uno o due colpi, da destra verso Leonardi, quantunque

non provabili e che non hanno lasciato segni sull’auto, vedesi il nostro studio

appresso a questo riportato).

Fiat 130 di Moro

La foto a destra indica, nei cerchietti, i finestrini laterali

infranti e un colpo , frontale sul parabrezza alto.

Sull’ auto si riscontrano circa 13 impatti ai quali occorrerebbe aggiungere i tiri

che passarono dai finestrini senza colpire la macchina e quelli che attinsero

direttamente, passando dal finestrino e senza averla prima perforata, Ricci e

Leonardi senza restare ritenuti nel corpo. All’interno dell’autovettura ci

sono 12 impatti tutti colpi provenienti da sinistra (lato bar Olivetti).

Alfetta di scorta

Sulla ALFETTA di scorta arrivarono forse circa 28 colpi (21 / 22

impatti, tutti sulla fiancata destra (ma sembra ce ne siano altri 4 non

ben valutabili) e circa 6 che non hanno impattato la lamiera). Al suo

interno furono rinvenuti proiettili di queste armi: il mitra Fna43 N. 2 (numero

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colpi incerto); il mitra TZ45 per 5 colpi; e 2 colpi dalla pistola S&W39, e 1 colpo

(o 2) della Beretta 7,65 (questi sparati da destra in un secondo momento).

Notare nella figura sopra come molti colpi raggiunsero in diagonale la

parte posteriore sinistra dell’auto e anche il bagagliaio dietro fu colpito, di

sguincio, da un proiettile calibro 9 corto forse caricato erroneamente nel

presunto Fna43 N. 2. Tutto sta a dimostrare che gli venne sparato da destra,

forse mentre il tiratore si muoveva sulla strada. I colpi centrali sulla fiancata

invece attestano che un tiratore o due gli hanno sparato frontalmente, quasi

diritto per diritto.

Bersagli umani

C’è sufficiente certezza solo sui proiettili, o residui in accettabili

condizioni, rinvenuti sui cadaveri.

- Il maresciallo Oreste Leonardi è stato attinto da 9 colpi tutti sembra in calibro

9 parabellum e dello Fna43 N.1, ma non c’è affatto certezza assoluta che furono

tutti di questa arma: 2 ritenuti nel corpo, due fermati dai vestiti. 2 colpi lo

raggiunsero alla testa, con orientamento da destra verso sinistra, per la maggior

parte a causa del fatto che Leonardi si era rigirato nel sedile verso l’autista.

- L’agente Raffaele Iozzino, uscito dall’Alfetta, dove era seduto sul lato destro

dei sedili posteriori, fu abbattuto con 17 colpi, presumibilmente in calibro 9

parabellum (6 + forse un frammento sicuri perché ritenuti), definiti da distanze

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relativamente “brevi”, che lo centrano in prevalenza sul lato sinistro del corpo,

e venivano da varie posizioni. Devono per forza di cose essere in larga

maggioranza del presunto Fna43 N. 2.

- Sull’appuntato Domenico Ricci (autista della Fiat 130), si riscontrano 7 colpi

provenienti dal lato sinistro dell’auto Nessuno è stato ritenuto per cui per alcuni

non ci sono certezze assolute, ma si presume che sono in calibro 9 parabellum e

si è riscontrato un residuo di un 7,65 parabellum.

- Sull’agente Giulio Rivera (autista dell’Alfetta), 8 colpi di cui 2 ritenuti anche

come frammenti: 5 con orientamento da sinistra verso destra e 3 con

orientamento da destra verso sinistra e con rigatura di arma diversa da quella

usata per il Leonardi. 1 colpo è di una pistola 7,65 parabellum, ed anche un

nucleo di pallottola estratto dal cadavere sembra essere di cal. 7,65 para; gli altri

in calibro 9 parabellum, di cui 2 colpi sono del Tz45. Venne colpito durante la

sparatoria iniziale e anche successivamente (con la 7,65 parabellum).

- Infine sul vice brigadiere Francesco Zizzi, seduto sul sedile anteriore a

fianco del guidatore dell’Alfetta, 3 colpi, nessuno ritenuto, presumibilmente in

calibro 9 parabellum, lo colpirono a tergo obliquamente, gli trapassano il corpo

con decorso postero-anteriore, e obliquo dal basso verso l’alto forse per la sua

posizione assunta, accucciato, in quei momenti; difficile stabilire la dinamica

esatta e di che arma fossero i proietti, in quanto, trapassati, non sono stati

repertati. Forse lo Zizzi venne attinto da tergo mentre stava cercando di scendere

dall’auto. Lo schienale del sedile però non venne trapassato dai proiettili.

I MITRA

Mp12 (sequestrato)

FNA43 (due mitra uno il N. 1 sequestrato, l’altro N. 2 no, quindi presunto. Sono residuati bellici) .

TZ45 (non sequestrato, è un residuato

bellico)

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LA GEOGRAFIA DEI BOSSOLI REPERTATI IN TERRA

Per ricostruire i bossoli in terra, considerando però che ci furono delle movimentazioni a causa del passaggio di una consistente folla sulla scena della strage, che alterano le certezze, mostriamo questa planimetria del Collettivo Sedicidimarzo.org, che a nostro avviso ha corretto alcune imprecisioni nella planimetria presentata dalla scientifica.

Questa mappa ci sembra più precisa e corretta, salvo dimostrazione contraria (in particolare ci sono 2 bossoli sul marciapiedi di sinistra (colore giallo), lato bar Olivetti, che vengono assegnati alla S&W39, contrariamente a quanto fatto dalla Scientifica, ed è questo un rilievo che pone in forte dubbio da chi (Gallinari?) e come venne usata quella pistola.

UNA EVIDENTE PRESENZA EXTRA

Lo studio dell’agguato in base agli elementi che si conoscono porta alla logica individuazione di almeno un tiratore extra ai 4 brigatisti vestiti da avieri. Vediamo: i brigatisti hanno sostenuto che non ci fu un mitra che ha sparato 49 colpi, perché il presunto Bonisoli in possesso del presunto Fna43 N. 2 asserì che, causa inceppamento, sparò forse un caricatore non specificando però se da 20 o 30 colpi. Ma è una palese bugia perche il conto dei colpi sparati dallo Fna43 N. 1, Mp12, Tz 45 e S&WW39 e Beretta 52, vale a dire 22 + 3 + 5 + 8 + 4, anche aggiungendo i 20 o 30 farfugliati da Bonisoli con l’Fna43 N.2, arriva a 62 / 72 e non a 91 quanti sono quelli effettivamente sparati dai brigatisti.

Ergo: o Bonisoli (chissà dov’era e cosa faceva) non ha sparato affatto causa forse inceppamenti, o ha sparato pochissimi colpi con un arma

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sfuggita ai rilievi, mentre, oltretutto da altra posizione più avanti di circa 13 metri e più indietro verso il marciapiedi e non da davanti l’Alfetta di scorta come asserito, un altro tiratore ha sparato, muovendosi sulla strada, ben 49 colpi e cambiando il caricatore in corsa, il che sta ad indicare, a prescindere dalla sua precisione, uno sparatore non proprio digiuno di armi, che altrimenti si sarebbe sparato sui piedi.

Si noti che i brigatisti raccontarono anche il falso, ovvero che Bonisoli con un tiro fortunato, della sua Beretta 7,65 parabellum uccise anche lo Iozzino, quando invece i 4 colpi della 7,65 furono sparati da tutt’altro lato e contro altri bersagli.

Una testimonianza, importante e precisa, quella dell’Ing. Alessandro Marini,

fermo, sul motorino, all’incrocio via Fani - via Stresa proprio di fronte alla

sparatoria, resa quello stesso 16 marzo 1978 alle ore 10,15 alla Digos, riferisce:

« … è iniziata una furiosa sparatoria da parte di quei quattro individui [vestiti da avieri], i quali si sono riforniti di armi, tra cui almeno un mitra di piccole dimensioni, attingendole dalla grossa borsa nera. Al contempo dalla terza macchina [la Alfetta di scorta, N.d.A.], è disceso dalla parte posteriore destra un individuo giovane, con in mano una pistola. Credo che si accingeva a sparare o comunque ad agire, ma improvvisamente è stato freddato dai colpi di mitra esplosi da altri due individui che sono sbucati fra due autovetture parcheggiate circa 10 - 15 metri oltre i quattro individui dal lato opposto a quello dove si trovavano le tre autovetture. E’ stato il susseguirsi di numerosissimi colpi di arma da fuoco ».

In quel punto di via Fani, infatti,

davanti le vetrine del Bar Olivetti,

circa 13 metri a salire la strada,

oltre il punto dove i 4 brigatisti

“avieri” stavano sparando alle

auto di Moro, attorno alle due

auto parcheggiate: una Fiat 127

rossa, che forsee al momento

della sparatoria non c’era e la

Mini Cooper verde chiaro tettino

nero, ci sono in terra, (figura a

lato), i seguenti gruppi di

bossoli, tutti sparati dal presunto

Fna43 N. 2, ovvero (in colore

rosso): gruppo B 27 bossoli,

gruppo Z 7 bossoli, gruppo K 11

bossoli di cui nove sotto e due più

indietro sul marciapiedi.

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Ecco qui sotto una approssimata e arrangiata nostra ricostruzione della scena (abbiamo modificato un disegno della Scientifica), dove si vedono i 4 BR vestiti da “avieri” sparare alle auto e un tiratore extra, quello dei 49 colpi (bossoli rossi in terra) sparare con l’Fna43 N. 2 (o simile) alla Alfetta da circa 13 metri a salire la strada, allo Iozzino, partendo da dietro la Mini Cooper (bossoli K) e che poi si spostato nella strada su cui è avanzato (bossoli B e Z):

Il progetto dell’agguato

Questa presenza “extra”, inoltre, quantunque non inconfutabilmente provabile, si evince però anche da una evidente considerazione: in sede di progetto di questo agguato, infatti, da tutti gli esperti definito di buona tecnica militare, comprensivo dei “cancelletti” di chiusura, alto e basso nella strada, per intrappolare le auto di Moro e vigilare l’azione, non può non essere stata presa in considerazione una problematicità:

4 tiratori sparando dal lato sinistro della strada, lato Bar Olivetti, dovrebbero annientare 5 uomini di scorta, lasciando incolume Moro. La vicinanza di tiro e la sorpresa rende possibile questo annientamento e, con un poco di fortuna il non colpire Moro, ma non tutti gli agenti di scorta sono ugualmente vulnerabili, perché quelli seduti sui sedili di destra sono in parte protetti dagli autisti. Vi è quindi la possibilità che uno o più di questi agenti, nel caso Zizzi e lo Iozzino, anche se quest’ultimo è solo seduto sul versante destro dell’Alfetta senza protezione dell’autista o il Leonardi nella Fiat 130, possano restare incolumi o solo parzialmente feriti e quindi uscire dall’auto armati. In questo caso i 4 brigatisti in strada intenti a sparare si sarebbero trovati allo scoperto. Proprio quello che è accaduto per l’Alfetta con l’agente Raffaele Iozzino e stava per accadere con il vice brigadiere Francesco Zizzi.

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In considerazione di questa eventualità è ragionevole ritenere che il progetto di questo agguato, non potendo piazzare dei tiratori anche sul lato destro della strada che sarebbero stati presi dal fuoco incrociato, deve giocoforza aver ripiegato con un paio di tiratori da mettere ai lati iniziali e finali, in cima e in coda, del corteo di auto così bloccate: un tiratore su via Fani più alta, sempre al lato sinistro della strada, qualche metro dopo i 4 brigatisti intenti a sparare alle auto (in pratica nascosto dalla Mini Cooper), e di questo tiratore extra, come abbiamo visto, ne abbiamo la certezza essendo infatti intervenuto per stroncare la sortita dell’agente Iozzino; ed un altro tiratore al lato opposto su via Fani più bassa, all’incrocio con via Stresa, da qualche parte in posizione defilata, anche se di questo non abbiamo riscontri, ma solo questa logica considerazione.

Come vedremo nell’altro studio, se ci sono stati (il dubbio è d’obbligo) un paio di spari preliminari contro Leonardi, da destra, può essere stato solo questo altro eventuale tiratore “extra” ivi piazzato perché colpi da destra di altri tiratori, sul lato destro delle auto di Moro, non ce ne sono e non potevano esserci.

LA RICOSTRUZIONE DELLA SCIENTIFICA

PER LA DINAMICA DELLA STRAGE

<<<Nell’agguato sono stati certamente esplosi 93 colpi di arma da fuoco, di cui 2 dalla pistola d’ordinanza della guardia p.s. Raffaele Iozzino. in particolare:

- 8 contro gli appartamenti posti al primo e secondo piano dello stabile antistante la zona dell’attentato (non è stato possibile ricostruire tali traiettorie a causa delle non complete informazioni sulle posizioni degli impatti);

- almeno 13 contro la fiat 130; - almeno 28 contro l’alfetta di scorta.

Dall’analisi degli impatti e dalle altre risultanze riguardanti i colpi che hanno attinto i 5 uomini della scorta nonché dai proiettili rinvenuti nelle autovetture, si deduce che delle armi utilizzate durante la sparatoria, certamente 5 hanno sparato dal lato sinistro e due hanno esploso dei colpi da destra (S&W e 7,65).

Quindi una, la S&W, ha esploso colpi sia da destra che da sinistra, contro l’alfetta (da sinistra) e contro la fiat 130 (da destra).

La presenza sul lato destro di alcuni bossoli associati ad una delle Fna (Fna43 N.2, N.d.A.), quella non sequestrata, potrebbe far pensare ad alcuni colpi esplosi successivamente anche dal lato destro, presumibilmente all’indirizzo della guardia di p.s. Raffaele Iozzino. Tuttavia in assenza di impatti relativi a traiettorie di colpi esplosi da quel lato, non è possibile stabilire con certezza se siano stati esplosi effettivamente, e nel caso, né quanti né quali siano stati tali colpi.

Lo stesso discorso può esser fatto per i bossoli associati all’altra Fna in sequestro (Fna43 N.1, N.d. A. ) e rinvenuti sul lato destro.

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La prima fase dell’agguato è iniziata con dei colpi esplosi, da sinistra verso destra, a colpo singolo sulla Fiat 130, ancora in movimento. Sono seguite le raffiche contro l’alfetta di scorta da due posizioni differenti (sempre dal lato sinistro rispetto al senso di marcia) con l’autovettura ancora in movimento.

Ecco qui sotto come la Scientifica ha ipotizzato la ricostruzione dinamica

della prima fase. Si osservi, con le ombre, lo spostamento del BR N. 4, la

distanza della Fiat 130 dal punto di fermo e i due BR 1 e 2 già in strada, di cui il primo colpisce, quasi frontalmente, il parabrezza in alto.

I colpi contro la fiat 130 sono stati esplosi successivamente anche da una posizione ravvicinata, sempre da sinistra verso destra direttamente attraverso il finestrino laterale anteriore sinistro e in rapida sequenza (non si può stabilire se a raffica o singoli colpi).

Ulteriori colpi (certamente 4, ma probabilmente un numero maggiore) sono stati esplosi da destra verso sinistra all’indirizzo degli uomini della scorta, esplosi da vicino e a colpo singolo; in particolare 2 contro Rivera (7,65) e 2 contro la fiat 130 (S&W) sulla seduta del passeggero.

Questi colpi sono stati esplosi certamente in una fase successiva rispetto ai primi in quanto le posizioni reciproche degli sparatori nella dinamica ricostruita, avrebbe messo in serio pericolo chi avesse esploso colpi da destra. Come detto forse altri colpi sono stati esplosi anche con le 2 Fna dal lato destro, ma non è possibile stabilire all’indirizzo di chi o cosa dall’analisi delle traiettorie, in assenza di qualsiasi impatto su quel lato (presumibilmente all’indirizzo della guardia di p.s. Raffaele Iozzino).

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Questi eventuali altri colpi sarebbero stati esplosi in ogni caso in una fase successiva, per le considerazioni appena fatte per i colpi esplosi dalla 7,65 e dalla S&W >>>.

Fin qui le Conclusioni della Scientifica Polizia di Stato, alle quali aggiungiamo altre loro informazioni fornite a voce in sede di Audizioni.

- Sulle traiettorie non vennero mai effettuati rilievi approfonditi, quindi vecchie perizie sono insufficienti, anche perché le indicazioni medico legali dovevano essere messe poi in relazione alla scena del crimine, ma anche le nuove perizie, per motivi vari, non possono mai essere precise. Del resto la costruzione delle traiettorie non era mai stata fatta prima. Anche le posizioni degli sparatori e delle vittime sono sempre approssimate.

Aspetti critici per le perizie, sono la movimentazione dei bossoli, per cui solo se ne vengono trovati mucchietti consistenti, almeno 7 / 8, ecc., si può dare valore al punto di ritrovamento. Altri punti critici sono le comparazioni balistiche proiettili, bossoli, armi.

Per gli esami sono stati recuperati tutti i bossoli, repertati in via Fani, e parte dei proiettili e frammenti. Mancano però 2 proiettili repertati in sede autoptica sul maresciallo Leonardi e due sulla Alfetta, e alcuni proiettili rinvenuti nella 130 di Moro. E poco altro. Tuttavia tali proiettili mancanti vennero a suo tempo fotografati per la perizia Benedetti – Salza (1993).

- La geografia dei colpi, sulla 130 presidenziale, dimostra che si sparò, inizialmente, con colpi singoli e poi a raffica, confermando le 11 testimonianze agli atti. Secondo la scientifica forse il primo colpo andò a vuoto prendendo il parabrezza in alto .

- Non ci sono evidenze all’interno della Fiat 130 di impatto di colpi provenienti da destra, eccezione forse per due colpi finiti sulla seduta del sedile di destra (di Leonardi).

- I periti della scientifica non hanno preso in considerazione il numero dei tiratori, e quindi nelle tavole dimostrative, hanno mostrato soli i coni di sparo, senza considerare se poi i tiratori fossero tre, quattro, o sei, sette. Ma resta il fatto che le armi che sparano sono solo sei (4 mitra e due pistole, a parte la Beretta dello Iozzino). Anche la Scientifica, però, ritiene poco credibile un piano, di struttura militare come quello dispiegato in questo agguato, con solo 4 tiratori. - Il super killer. Se tra i BR vi è un tiratore esperto, non è di certo quello che spara i 49 colpi con l’Fna43 N 2, ma semmai quello che spara a Ricci e Leonardi con l’Fna43 N. 1. L’Fna N. 2, infatti, che ha esploso 49 colpi è stata meno efficace delle altre avendo forse colpito solo lo Iozzino. Questa arma aveva la canna molto usurata per cui non è stato possibile avere certezza di attribuirgli i proiettili repertati.

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Si aggiunge per le auto colpite in movimento

Secondo la Scientifica, per l’Alfetta di scorta, la distribuzione dei bossoli sul terreno e la geografia dei colpi sull’auto fanno ritenere che questa venne colpita in movimento. Del resto dicono la posizione dei bossoli B, Z, K, se fossero stati esplosi con l’auto ferma, così come è stata ritrovata, sarebbero ai limiti della loro espulsione (non però se sono stati sparati contro lo Iozzino e poi, il Br tiratore, dal varco delle due auto davanti il bar Olivetti si fosse spostato sulla sinistra per sparare contro l’Alfetta, N. d. A.). Anche per la Fiat 130 presidenziale i periti della scientifica sospettano venne attinta in movimento e dopo i primi colpi, l’autista ha sterzato e quasi tamponò la 128 targata CD. Anche Morucci, dicono i periti della Scientifica, parlò di auto che non erano ferme.

Nostra osservazione critica sul “Super killer”: Il super killer: il tiratore dei 49 colpi, viene alquanto ridimensionato, ma a nostro avviso esageratamente. Non sarà, infatti, stato un super killer, ma ha dimostrato di saper sparare tutti quei colpi, cambiando il caricatore in corsa e mettendo a segno quasi tutti i 17 colpi che hanno attinto lo Iozzino: dei dilettanti si sarebbero sparati sui piedi1 Inoltre questo tiratore ha anche colpito in diagonale la Alfetta, in movimento suo e/o dell’auto, e sappiamo che degli occupanti della Alfetta: Rivera e Zizzi furono attinti da 11 colpi (8 + 3) di cui 4 sappiamo erano (2) della S & W e (2) della Beretta 7,65 para. Per arrivare a 11 ne restano 7, anche considerando che i 5 del Tz 45 di Gallinari andarono tutti a segno, cosa un po' improbabile, ne mancano sempre 2 e di che arma potevano essere se non del presunto Fna43 N. 2?

NOSTRE CONSIDERAZIONI SULLE AUTO IN MOVIMENTO

Dopo aver fornito tutti gli elementi sopra riportati, vediamo di dare una nostra valutazione a questa tesi della Scientifica circa le auto colpite in movimento.

Riassumendo: per la Scientifica la Fiat 130 di Moro era ancora in moto e non si era fermata a ridosso della 128 CD di Moretti allo stop quando gli venne sparato. Una eventualità questa che introduce altre varianti che non conosciamo e che sono difficili da ipotizzare, soprattutto anche in virtù del fatto che i primi spari furono a colpo singolo il che implica o tiratori con pistole/revolver o con mitra con il selettore per passare da singolo a raffica, cosa questa che non è tanto adeguata per dei dilettanti che, come disse Moretti, avrebbero fatto ridere un caporale di un qualsiasi esercito.

Stessa cosa per la Alfetta di scorta che secondo la ricostruzione della Scientifica venne attinta molti metri prima del suo punto di fermo dove tampò la Fiat 130, e quindi i bossoli gruppi B, Z, K del presunto Fna43 N. 2, che uccise anche lo

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Iozzino, hanno sparato contro l’Alfetta da vicinissimo la Mini Cooper e prima che andasse a fermarsi.

Ricordiamo che lo Fna43 (e anche l’ analogo Mp12) ha la espulsione mei bossoli sulla destra i quali, cadendo, salvo rimbalzi, si depongono entro un metro o poco più dal punto di sparo). Facile dedurre che il tiratore era spostato un poco verso sinistra, rispetto ai gruppi dei bossoli B e Z, ma dove si trovava quando ha sparato i bossoli gruppo K più indietro, in particolare i 9 sotto il marciapiedi (i 2 del gruppo K sopra il marciapiedi, forse sono di un'altra arma)?

Ecco qui sotto, di nuovo, la slide in 3D della Scientifica che vorrebbe dimostrare (slide a sinistra) che le auto furono colpite in movimento, in particolare dai presunti Gallinari e Bonisoli (i due più a destra) che sparerebbero dalle parti delle auto parcheggiate davanti il Bar Olivetti per poi spostarsi sulla loro sinistra e sparare frontalmente anche sulla fiancata della Alfetta di scorta. Nel frattempo si vedono gli altri due BR, quelli verso l’incrocio ovvero i presunti Morucci e Fiore, che già sono in strada quando la Fiat 130 ancora non si è fermata verso lo stop.

La seconda slide a destra mostra invece la fase finale con i due tiratori più esterni a destra, sempre i presunti Gallinari e Bonisoli, ora spostatisi verso la fiancata della Alfetta.

Manca qui nei disegni la sortita dell’agente Iozzino che dopo i primi spari è uscito dalla Alfetta.

Me è proprio la sortita dell’agente Iozzino uscito dalla Alfetta, la chiave per capire cosa è in realtà accaduto, perché a nostro avviso, in quel momento, sia Gallinari che Bonisoli, i due BR che gli erano frontali, avevano i mitra inceppati e quindi venne ucciso, come ben vide il teste Marini, da un elemento extra non in divisa da aviere che usci dalle auto parcheggiate davanti il bar Olivetti e da lì sparò contro l’agente come attestano tutti quei bossoli ivi in terra e i molti colpi, benchè la vittima si possa esser mossa, in diagonale sul suo emisoma sinistro.

Il teste ingegner Alessandro Marini, di cui abbiamo riportato uno stralcio della sua testimonianza, fece anche uno schizzo dell’agguato in cui si vedeva la dinamica di questo tiratore “extra” non in divisa da aviere, uscir fuori, assieme ad un altro, dai pressi della Mini Cooper e sparare allo Iozzino. E’ indubbiamente il tiratore che ha sparato 49 colpi.

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Ecco qui sotto il disegno di Marini e la ns. freccia rossa che indica il punto, in pratica da dietro la Mini Cooper, da dove uscirono fuori altri due tiratori (indicati con 4) E F), di cui uno uccise lo Iozzino.

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La ricostruzione della Scientifica, invece, di fatto, assegna al BR più esterno,

quindi il presunto Bonisoli, di essere partito in anticipo da quelle auto davanti il

bar Olivetti (Mini Cooper) e avvicinatosi verso l’Alfetta avrebbe sparato,

sorvolando però sul fatto che il Bonisoli dichiarò che gli si era inceppato il mitra.

Tutti questi compiti: spari a Iozzino e spari alla Alfetta, quindi, vengono assegnati ai soli due brigatisti, che si sarebbero mossi sul terreno, partendo con molto anticipo dalla Mini Cooper, e altri movimenti anticipati fecero gli altri due brigatisti davanti la Fiat 130, come indicano le freccette dinamiche in questa altra slide della Scientifica.

Prima però di verificare questa dinamica, diciamo subito che il fatto che venne sparato alle auto di Moro, in particolare alla Alfetta, prima che si fermasse a ridosso della Fiat 130, dunque ancora in moto, non è del tutto campato in aria, anche se un moto minimale o forse fu anche colpita quasi da ferma, poco più di un metro prima del tamponamento che si verificò per la uccisione dell’autista e l’auto che slitto in avanti.

Infatti oltre ai colpi in diagonale che hanno raggiunto l’Alfetta nella sua parte retro di sinistra, le testimonianze dicono che la Fiat 130 cercò, con un avanti-indietro, di fare manovra per svicolare dalla strettoia e quindi la Alfetta ancora non l’aveva tamponata come poi si vede dalle foto, altrimenti la 130 non si sarebbe potuta muovere, quindi l’Alfetta gli era dietro, ma vicino tanto da consentire un poco di manovra e solo un attimo dopo, andò a tamponarla. Come mostrano le foto, circa poco più di un metro prima della sua fermata finale, l’Alfetta ha dietro di sè dei frammenti di vetro in terra, segno che gli spari l’avevano raggiunta: o mentre era in moto ed erano caduti in terra mentre l’auto

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poi si era fermata poco più avanti, oppure come detto era quasi ferma e poi, dopo esser stata colpita e la rottura dei vetri slittò in avanti. Il particolare venne notato ancora una volta, dagli studiosi del Collettivo Sedicidimarzo.org e lo riteniamo valido.

Ecco qui sotto, in due foto, i frammenti di vetro ai piedi dell’agente Iozzino e più oltre la Alfetta, indice che caddero in terra prima che l’Alfetta andò a fermarsi definitivamente addosso alla Fiat 130.

Vediamo comunque queste dinamiche ipotizzate dalla Scientifica, precisando che noi, come appena detto sopra, non neghiamo che le auto avevano ancora un residuo di moto prima di fermarsi, quando vennero fatte oggetto di spari, del resto ai brigatisti nascosti non era facile, sotto emotività massima, eseguire con esattezza i tempi di intervento per prenderle di sorpresa, ma non così prematuramente come indica la Scientifica nelle sue slide e facciamo anche notare che stiamo parlando di pochi metri e di attimi, secondi o frazioni di secondo, che però in strada possono cambiare e di molto certe dinamiche.

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La versione della Scientifica, non ci convince perché:

PRIMO: non si capisce per quale motivo i brigatisti, a meno che non dovevano nascondere particolari delicati, non abbiano detto che uscirono dalle siepi che li nascondevano, quando le auto stavano per arrivare allo stop, e non, come dissero, una volta che si erano fermate o quasi dietro alla Fiat bianca CD.

Se le auto non si erano ancora proprio fermate, ma oramai erano quasi arrivate a fermarsi e i brigatisti sono usciti, magari sparando in corsa, la differenza non è rilevante e in contrasto con i loro racconti, ma con le distanze e i movimenti indicati dalla Scientifica è invece rilevante.

SECONDO: vediamo qui a lato, ancora una volta, una slide della Scientifica, da cui si nota che la Fiat 130 non è ancora arrivata a ridosso della Fiat bianca CD, ma già i brigatisti sono in strada, il che vuol dire che sono usciti ancora prima dai loro ripari, rendendosi visibili. Ebbene questo mostra che salterebbe completamente il fattore sorpresa il che è inspiegabile, ma oltretutto ci poteva anche essere la possibilità che l’autista della Fiat 130 Ricci, accorgendosi dell’agguato, disperatamente sterzava a sinistra o cercava di infilarsi nella strettoia di destra, per svoltare e fuggire in via Stresa e addio rapimento. Certo, la slide della Scientifica è approssimata e al solo titolo indicativo, oltretutto potrebbe spiegare il colpo, quasi frontale e andato a vuoto per i bersagli umani, che la Fiat 130 ha ricevuto in alto sul parabrezza e che potrebbe esser stato sparato dal brigatista più verso l’incrocio, ma comunque sia, è poco credibile.

Come disse Morucci: <<…mentre cercavo di disinceppare il mio mitra, l’autista della 130, l’appuntato Ricci, cercò disperatamente di guadagnare un varco al 130 verso via Stresa e più volte fece marcia indietro e in avanti per guadagnare questo passaggio. Tutto ciò mentre era in corso la sparatoria…>>. Se si fosse sparato con tanto anticipo e quidi quando la Alfetta ancora non era arrivata dietro la Fiat 130, forse l’autista Ricci, seppur ferito, ce l’avrebbe fatta a imboccare la strettoia e svicolare a destra oltre l’incrocio.

TERZO: E vediamo adesso gli spari anticipati sulla Alfetta che sono inspiegabili. Ricordiamo che la Scientifica, proprio basandosi sui bossoli in terra, dietro e attorno alla Mini Cooper, i reperti B, Z, K, sostenne che tali posizioni in terra, anche considerando che erano stati espulsi verso destra da un arma (Fna43 o simile) che doveva sparare a distanza di poco più che un metro dal punto di caduta, la posizione risultava troppo incoerente con la dinamica

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raccontata dell’agguato. Evidentemente, sostenne la Scientifica, il brigatista più esterno a salire la strada, aveva iniziato a sparare prima che l’Alfetta arrivasse al punto di fermata, uscendo da quel riparo della Mini Cooper e avvicinandosi alla Alfetta, nel frattempo andata a fermarsi più avanti, per finire di sparargli frontalmente.

Da qui i colpi in diagonale sulla autovettura, ecc. ecc.

Anche questa ipotesi però non si regge, se consideriamo che i bossoli del gruppo K, 9 dietro la Mini Cooper e sotto il marciapiedi e 2 sul marciapiedi (questi due tra l’altro forse di un arma diversa, ovvero della Smith & Wsson39, rilievo questo forse sfuggito alla Scientifica), ci dicono che si è iniziato a sparare dalla Mini e i bossoli sono caduti li sotto il marciapiedi, se il tiratore era spostato dietro la Mini, oppure era proprio in quel punto sotto al marciapiede a sparare e magari c’era un'altra auto a fianco dove sono rimbalzati (ricordiamo che a fianco risulta la Fiat 127 rossa, ma non sappiamo se era presente al momento degli spari, o invece fosse un auto civetta sopraggiunta dopo).

Ecco qui sotto, comunque in questa slide da noi adattata, i punti segnati da asterisco da dove, spostandosi, aveva iniziato a sparare il brigatista.

Se quindi il tiratore ha iniziato a sparare da dietro la Mini Cooper, dove erano i 9 bossoli del gruppo K, vuol dire cha ha sparato appena l’Alfetta gli è passata davanti a quel varco , o frazione di secondo dopo e si consideri che ci sono anche altri due colpi, due bossoli ancor più dietro, sul marciapiedi.

Noi non sappiamo a che distanza era dietro l’Alfetta, rispetto alla Fiat 130 di avanguardia, ma ci sembra del tutto irreale far saltare completamente il fattore sorpresa sparando da quel punto.

Oltretutto ci troviamo quasi 13 metri metri dal punto dove poi si è sparato di fronte la fiancata del l’Alfetta oramai ferma e da dove, dietro dal marciapiedi, dovevano essere sbucati i due brigatisti. Costoro non potevano essersi posizionati così distante da dove era previsto si fermasse l’auto: è quindi evidente che il brigatista che ha sparato da dietro la Mini spostandosi poi in avanti, era un altro tiratore extra ai 4.

Per la tempistica di sparo delle due l’una:

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o si è sparato quando l’Alfetta era appena passata davanti la Mini Cooper, perché nel frattempo la Fiat 130 che era in anticipo era già stata attinta dai colpi e quindi l’agguato si era oramai palesato, oppure, secondo noi, più probabile, perché nel frattempo dall’Alfetta, arrivata al punto di blocco, o pochissimo prima, era uscito, forse in corsa lo Iozzino e quindi bisognava intervenire subito. Ed infatti i primi spari devono essere stati diretti contro lo Iozzino

In entrambi i casi, il tiratore, che poi era quello che ha sparato 49 colpi con un presunto Fna43 N.2, non poteva essere lo stesso di uno dei due brigatisti, usciti dal riparo delle piante per attaccare l’Alfetta. Nella fattispecie non poteva essere Bonisoli, il quale a parte l’aver dichiarato l’inceppamento del suo mitra, a meno che non abbia mentito, ma non si comprende il perché, non poteva di certo stare in due posti contemporaneamente: davanti l’Alfetta a sparare con un mitra che si inceppa, e circa 13 metri più indietro a salire la strada, e più indietro verso il marciapiedi, a sparare con un mitra che spara 49 colpi ininterrottamente.

Ricordiamo le parole di Morucci:

«I componenti del nucleo incaricati di aprire il fuoco contro le due auto della scorta di Moro: Morucci, Fiore, Gallinari e Bonisoli erano appostati dietro le siepi antistanti il bar Olivetti, a pochi metri dall’incrocio». <<Dopo il tamponamento siamo fulmineamente usciti da dietro i cespugli del bar Olivetti, iniziando immediatamente a sparare>>. E quelle di Moretti: << Moro e la scorta sono vulnerabili in quanto non notino nulla e non notano nulla perché fino a qualche secondo prima della sparatoria non c’è niente da notare. I quattro compagni aprono il fuoco…».

COME FORSE È ANDATA A nostro avviso la Scientifica, dovendo comunque giustificare la presenza dei bossoli B, Z, k così lontani dalla fiancata delle due auto di Moro ferme più avanti, non volendo indirizzarsi apertamente nella soluzione di un tiratore extra, ha ripiegato con una accentuazione delle auto colpite in movimento che gli consentiva di ipotizzare un muoversi sulla strada dei brigatisti, in particolare i più interni a salire la strada, ovvero Gallinari e Bonisoli. ma come abbiamo visto questo anticipo di azione mostra troppe incongruenze: giusto il rilievo della scientifica sulla posizione dei bossoli in terra, ma sbagliata l’ipotesi proposta.

Probabilmente (nostra prima ipotesi) i 4 brigatisti vestiti da avieri, nascosti dietro le siepi, emotivamente, anticiparono di pochissimo l’uscita, quando cioè le auto ancora non si era fermate verso lo stop, uscirono di corsa dal loro riparo e presero subito a sparare in corsa, tanto che l’Alfetta ebbe una rottura e caduta di vetri circa un metro prima dove dopo andò a fermarsi. Avvenne tutto in una frazione di secondo, perché nel frattempo l’agente Iozzino si buttò fuori dall’auto, armato, rappresentando una immediata minaccia per i brigatisti rimasti scoperti in strada, tanto più se Gallinari e Bonisoli, quelli preposti a sparare alla Alfetta, rimasti allo scoperto in strada, avevano anche i

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mitra inceppati. Come sappiamo questo tiratore extra intervenne subito sparando verso lo Iozzino, uscendo poi dal riparo della Mini Cooper, avanzando in strada verso lo Iozzino, che alla fine restò ucciso con 17 colpi, sparando anche contro l’Alfetta che risulta appunto colpita in diagonale, e arrivando fin sul marciapiedi di destra dove sparò gli ultimi due o tre colpi non si sa bene dove.

Certamente questo non esclude (seconda nostra ipotesi in subordine) che invece questo tiratore extra prese a sparare non appena l’Alfetta gli passò davanti, perché magari era molto arretrata rispetto alla Fiat 130 a cui si erano già verificati gli spari contro e la sorpresa in parte era superata. Ci sembra quest’ultima, comunque, una ipotesi un po' forzata, e oltretutto se avesse sparato prematuramente tutti quei colpi, prendendo la parte posteriore della Alfetta, difficilmente lo Iozzino, un secondo dopo, da incolume o quasi, sarebbe potuto uscire dall’auto. Ma in ogni caso sempre di un tiratore “extra” deve trattarsi, perche i due noti tiratori, presunti Gallinari e Bonisoli dovevano essere dietro le piante ornamentali del bar Olivetti, pronti a scendere in strada e sparare, quindi 13 metri più avanti: lì era previsto l’arrivo della seconda macchina di scorta e lì dovevano essere appostati, mentre 13 metri più indietro, alla altezza della Mini Cooper poteva esserci solo un tiratore extra di emergenza. Comunque la si pone è sempre la presenza di un tiratore “extra” quella che si intuisce.

Ecco qui sotto due slide della Scientifica: nella prima, a sinistra, si immagina, a nostro avviso sbagliando, i due tiratori N. 4 e 3 che si muovono nella strada. Si vede infatti il N. 4, che dovrebbe essere il presunto Bonisoli, che spara in diagonale da distante, e poi, figura più sfumata, dopo essersi mosso, come l’altro brigatista, sta ora sparando davanti la Alfetta. Ovviamente mentre spara davanti alla Alfetta, non era più a sparare avanti nella strada.

Nella seconda foto a destra, invece, più realisticamente si vedono i due brigatisti sparare di fronte alla Alfetta, mentre alla loro destra arrivano sull’auto altri colpi in diagonale da parte di un altro tiratore che ha anche ucciso lo Iozzino. E’ questa la sequenza giusta, dove però possiamo anche correggere e presumere che questi due BR avevano i mitra inceppati, e quindi solo il N. 3, il presunto Gallinari, ora sparava con una pistola, mentre il N. 4 il presunto Bonisoli, quello più esterno, avendo il mitra inceppato si era defilato e poco dopo, spostatosi, andò a sparare dal lato destro della strada i suoi 4 colpi con la Beretta 7,65 parabellum.

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CONCLUDENDO

Riassumendo, ecco come immaginiamo noi quanto più verosimilmente è accaduto in quei frangenti, premettendo che non escludiamo del tutto che per qualche motivo (per esempio sparatoria già iniziata contro la Fiat 130 più avanti) si possa esser sparato alla Alfetta sopraggiunta appena passata davanti la Mini Cooper, ma sempre un tiratore “extra” ha assunto questa incombenza.

Non escludiamo questi tiri “prematuri“, ma restano sempre poco credibili, perché dovremmo ritenere che l’Alfetta portava un certo ritardo ed era alquanto distante dalla Fiat 130 ammiraglia, tanto che la Fiat 130 era arrivata al punto di fermata dietro la Fiat 128 bianca CD ed erano iniziati gli spari i quali avrebbero giustificato, per il fattore sorpresa, che si sparasse subito alla Alfetta, ma poi che si iniziasse a sparasse addirittura dal marciapiedi dietro la Mini Cooper aggiunge altra poca credibilità.

Più verosimilmente invece è quanto ipotizziamo con questa foto sotto, (prima nostra ipotesi),dove mostriamo un brigatista extra che, a sparatoria già iniziata, e le auto ferme o quasi, e sortita dello Iozzino, è uscito fuori da dietro la Mini Cooper, ha sparato allo Iozzino, anche contro la Alfetta in diagonale, è venuto avanti sulla strada muovendosi (frecce rosse sulla sinistra della foto), fino ad arrivare al marciapiedi di fronte sul lato destro, mentre le due coppie di brigatisti (indicate da due altre frecce rosse più a destra), sparavano con i mitra ben presto inceppati contro la Fiat 130 e contro l’Alfetta di scorta.

La logica dei fatti e gli elementi a disposizione, presumendo anche particolari rimasti sconosciuti, non consentono di elaborare una dinamica precisa, dobbiamo quindi optare per due ipotesi sia pure con diverso grado di probabilità.

Marzo 2019

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AGGUATO VIA FANI: L’OMICIDIO DEL M.llo LEONARDI

di Maurizio Barozzi

La dinamica dell’omicidio del maresciallo Oreste Leonardi, caposcorta di Moro (qui in foto al suo fianco), durante l’agguato di via Fani, è alquanto problematica da capire, tanto che ha determinato diverse ipotesi e congetture che vanno dalle ricostruzioni sensate, ma comunque non provate pienamente, a quelle fantasiose, fino alla peggiore dietrologia, sempre ovviamente mai provata.

Cercheremo con questo studio di fare chiarezza in merito a questo episodio delittuoso rimasto così arduo da ricostruire, ma diciamo subito che la nostra analisi – inchiesta, per oggettive carenze di elementi probanti, non potrà arrivare, al di là di ogni ragionevole dubbio, ad una risposta univoca e certa, ma dobbiamo giocoforza ripiegare su almeno due ipotesi, quantunque tra loro in parte diverse, che riteniamo entrambe possibili ad essersi verificate.

Non avendo sufficienti prove a sostegno, né in un senso, né in un altro, dovremmo giocoforza ragionare, per logica, con gli elementi che abbiamo, utilizzando l’esperienza sulle possibili dinamiche che si verificano in queste contingenze, tanto più che come appresso vedremo lo scenario che è stato raccontato dai brigatisti e quello che si è riusciti a ricostruire anche attraverso rilievi e testimonianze, non è esaustivo e si percepisce chiaramente che ci sono dinamiche ed elementi che non conosciamo.

L’UCCISIONE DI LEONARDI PER I BRIGATISTI Secondo Valerio MORUCCI, presunto tiratore vestito da “aviere”, che sparò contro la Fiat 130 di Moro, avvenne questa dinamica:

« Appena la Fiat 130 di Moro, proveniente da via Trionfale, imboccò via Fani, la Fiat 128 CD si inserì nella carreggiata per precederla fino all’incrocio con via Stresa. Giunto all’altezza del segnale di stop, Moretti bloccò l’auto facendosi tamponare dalla Fiat 130 che, a seguire, fu tamponata dall’Alfetta di scorta

A questo punto, poiché la Fiat 130 si spostava in avanti e indietro nel tentativo di guadagnare un varco, Moretti fu costretto a rimanere nell’auto fino quasi al termine della sparatoria

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Subito dopo il tamponamento, la Fiat 128 bianca con a bordo Loiacono e Casimirri si pose dietro l’Alfetta, trasversalmente lungo la carreggiata, allo scopo di bloccare il traffico dalla parte alta di via Fani e rispondere a eventuali attacchi da parte delle forze di Polizia.

Contemporaneamente la Balzerani scese dalla Fiat 128 blu mettendosi al centro dell’incrocio via Fani/via Stresa per bloccare il traffico anche nella parte inferiore della scena mentre Morucci, Fiore, Gallinari e Bonisoli si portarono in strada per sparare contro gli uomini della scorta evitando che l’onorevole Moro venisse colpito. I primi due attaccarono la Fiat 130, i secondi fecero fuoco contro l’Alfetta di scorta. Nel corso dell’azione si inceppò il mitra FNA43 di Morucci, che nel tentativo di disincepparlo si spostò verso l’incrocio per non intralciare il resto del commando. Quando ripristinò la funzionalità dell’arma l’attacco era quasi terminato ma riuscì comunque a far fuoco sulla Fiat 130. Quasi contemporaneamente si bloccò anche l’Mp12 di Fiore» [“Memoriale” Atti giudiziari].

Nell’interrogatorio al Processo di appello per l'uccisione di Aldo Moro (udienza del 24/01/1985), Morucci aggiunse:

«Due [BR] erano incaricati di sparare sull’Alfetta della scorta e gli altri due di sparare sull’autista e sull’altra persona che occupava il posto a fianco nel 130. Io ero tra questi due e quindi sparai contro il 130. Nel frattempo l’autista del 130 cercò disperatamente di guadagnare un varco verso Via Stresa più volte fece marcia indietro e marcia avanti mentre era in corso la sparatoria. Il Maresciallo Leonardi, invece per prima cosa si occupò di proteggere Moro e si girò per farlo abbassare. Infatti è stato trovato morto in quella posizione».

Mario MORETTI nella sua “intervista” a Mosca - Rossanda per “Una storia italiana”, Ed, Anabasi, 1994), disse che non ci fu tamponamento tra la sua Fiat 128 targata CD e l’auto presidenziale:

<<Un tamponamento li avrebbe mesi in allarme e invece devono dare il tempo ai compagni di avvicinarsi. Moro e la scorta sono vulnerabili in quanto non notino nulla e non notano nulla perchè fino a qualche secondo prima della sparatoria non c’è niente da notare. I quattro compagni aprono il fuoco… Per prima colpiscono l’Alfetta della scorta poi con una raffica il maresciallo Leonardi. L’autista di Moro che non è stato colpito cerca di togliere la 130 dall’incastro. In quegli attimi Morucci sostituisce il caricatore al suo mitra inceppato, spara una seconda raffica e lo colpisce >>.

Quindi per le BR, Leonardi venne subito ucciso da una raffica sparata da sinistra da Morucci e forse Fiore (questi però ha sparato solo 3 colpi di cui due sembra andati a vuoto), sbucati dalle siepi che ornano il marciapiedi davanti il

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Bar Olivetti, non appena le auto sono arrivate dietro alla 128 targata CD di Moretti fermatasi allo stop dell’incrocio con via Stresa, sfruttando per la riuscita dell’agguato, la vicinanza di tiro e l’elemento sorpresa, con la sola divergenza che per Morucci le auto di Moro, Fiat 130 e Alfetta di scorta, procurarono tamponamenti, mente per Moretti non ci fu tamponamento, come poi in effetti risultò dalla non presenza di incidenti nel paraurti anteriore della Fiat 130.

Una dinamica questa che in buona parte è stata sconfessata dalla Scientifica – Polizia di Stato (nel proseguo la chiameremo Scientifica) incaricata dalla seconda Commissione Moro (2014 – 2017) di ricostruire quell’agguato, mentre, come vedremo, ne ha condiviso le modalità della immediata uccisione del maresciallo Leonardi giratosi verso Moro.

LA FALSITA’ DELLA VERSIONE BRIGATISTA

Come accennato, chi come noi si cimenta nella difficile opera di ricostruire modalità e dinamiche di quell’agguato si trova a fare i conti con un possibile scenario che non corrisponde alla versione riferita dai brigatisti, ma che per mancanza di elementi probanti è impossibile ricostruire esattamente.

Vi sono infatti due particolari dinamici, uno che già si conosceva e un altro rilevato dalla Scientifica a cui si aggiunge un riscontro balistico, che cambiano la versione dei brigatisti. Vediamo.

Per prima cosa da come inequivocabilmente riferito da ben 11 testimoni e confermato dalla geografia di alcuni colpi sulle auto di Moro, gli spari iniziali sono stati spari a colpo singolo e non raffiche di mitra quindi revolver/pistole o mitra con il selettore a colpo singolo. Un particolare questo che cambia e di molto le modalità dell’agguato e introduce interrogativi su chi fece questi spari, avendo una certa abilità di tiro non attestata per i brigatisti e da che punto della strada vennero esplosi.

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L’altro particolare dinamico rilevato dalla scientifica in base alla geografia dei colpi sulle auto di Moro e la planimetria dei bossoli ritrovati in terra è che queste due auto non vennero colpite appena si sono fermate dietro lo Stop, ma quando stavano per giungervi, quindi ancora in movimento. Ergo, se i brigatisti, vestiti da “avieri”, come dicono, hanno sparato solo loro e sono sbucati da dietro le siepi del Bar, non lo hanno fatto appena le auto si sono fermate, ma prima, quando queste stavano per arrivare all’incrocio quindi, di fatto, rinunciando all’elemento sorpresa e non si capisce il perché.

Non solo, i bossoli repertati in terra (particolare balistico), mostrano che il grosso degli spari avvenne, rispetto alla Alfetta di scora, circa 13 metri a salire via Fani, e più indietro verso il marciapiedi, come attestano in terra attorno a due auto ivi parcheggiate davanti il Bar Olivetti (una Fiat 127 rossa che però al momento dell’agguato forse non cera, e una Mini Cooper verde chiaro tettuccio nero), ben tre gruppi di bossoli (gruppo B 27 bossoli, gruppo Z 7 bossoli, gruppo K 11 bossoli, di cui nove sotto e due più indietro sul marciapiedi).

Sempre per la balistica dei colpi inoltre, sappiamo da 4 perizie d’epoca, e una quinta verifica retrospettiva della Scientifica, che un mitra ha sparato ben 49 colpi, il chè cambia tutta la versione dei brigatisti. Secondo la loro versione, infatti, tutti i 4 loro mitra si erano inceppati.

I riscontri balistici hanno accertato (escludendo la pistola di ordinanza dell’agente Iozzino) che hanno sparato 4 mitra e 2 pistole per un totale di 91 bossoli repertati. Non si può escludere che sia sfuggita ai rilievi una settima arma e che non sia stato contato qualche altro bossolo andato smarrito in strada, ma sostanzialmente le risultanze balistiche sono quelle.

Orbene queste perizie balistiche, sia pure con una certa approssimazione data dalle difficoltà di riscontro e di analisi, attestano che il mitra Fna43, lo chiameremo N. 1 (repertato) del presunto Valerio Morucci sparò, causa inceppamento, circa 22 colpi in due tempi (usiamo il termine “presunto” perché su queste identità dei BR, abbiamo solo la versione brigatista);

il mitra Mp12 (repertato) del presunto Raffaele Fiore, sparò solo 3 colpi per inceppamento;

il mitra Tz45 (non repertato) del presunto Prospero Gallinari, sparò solo 5 colpi per inceppamento;

il mitra (non repertato, quindi anche il modello è presunto) Fna45, lo chiameremo N. 2, del presunto Franco Bonisoli, sparò 49 colpi;

la pistola Smith & Wesson 39 (repertata) del presunto Prospero Gallinari 8 colpi;

la pistola Beretta 52 cal. 7,65 parabellum, del presunto Franco Bonisoli 4 colpi.

Tutte le armi, ad eccezione della Beretta 7,65 para, sono in calibro 9 parabellum.

Ed ecco, nella pagina appresso, la planimetria dei bossoli repertati in terra secondo uno studio, del “collettivo sedicidimarzo” che risulta forse più preciso di quello presentato dalla Scientifica alla seconda Commissione Moro.

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Si da invece il caso che i brigatisti hanno sostenuto che non ci fu un mitra che ha sparato 49 colpi, perché il presunto Bonisoli in possesso dell’altro presunto Fna43 N. 2 asserì che, causa inceppamento, non sparò molti colpi, forse un caricatore come disse poi in una famosa intervista a Sergio Zavoli (dicembre 1989 nel programma “La notte della Repubblica”), non specificando però se da 20 o 30 colpi.

Ma è una palese bugia perche il conto dei colpi sparati (22 + 3 + 5 + 8 + 4) anche aggiungendo i 20 o 30 farfugliati da Bonisoli, arriva a 62/72 e non a 91 quanti sono quelli sparati dai brigatisti compreso il tiratore con l0 Fna43 N. 2, (presunto FNA, perche potrebbe anche essere un arma simile, per es. un Mp12) cifra che invece si raggiunge assegnando a Bonisoli o chi per lui, proprio i 49 colpi effettivamente riscontrati per questo mitra.

Ergo: o Bonisoli (chissà dov’era e cosa faceva) non ha sparato affatto causa forse inceppamenti, o ha sparato pochissimi colpi con un arma sfuggita ai rilievi, mentre, oltretutto da altra posizione più avanti di circa 13 metri e più indietro verso il marciapiedi e non da davanti l’Alfetta di scorta come asserito, un altro tiratore ha sparato, muovendosi sulla strada, ben 49 colpi e cambiando il caricatore in corsa, il che sta ad indicare, a prescindere dalla sua precisione, uno sparatore non proprio digiuno di armi, che altrimenti si sarebbe sparato sui piedi.

Una testimonianza, precisa, infatti, quella dell’Ing. Alessandro Marini, fermo,

sul motorino, all’incrocio via Fani - via Stresa proprio di fronte alla sparatoria,

resa quello stesso 16 marzo 1978 alle ore 10,15 alla Digos, riferisce:

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« … è iniziata una furiosa sparatoria da parte di quei quattro individui [vestiti da avieri], i quali si sono riforniti di armi, tra cui almeno un mitra di piccole dimensioni, attingendole dalla grossa borsa nera. Al contempo dalla terza macchina [la Alfetta di scorta, N.d.A.], è disceso dalla parte posteriore destra un individuo giovane, con in mano una pistola. Credo che si accingeva a sparare o comunque ad agire, ma improvvisamente è stato freddato dai colpi di mitra esplosi da altri due individui che sono sbucati fra due autovetture parcheggiate circa 10 - 15 metri oltre i quattro individui dal lato opposto a quello dove si trovavano le tre autovetture. E’ stato il susseguirsi di numerosissimi colpi di arma da fuoco ».

Ecco qui sotto una approssimata e arrangiata ricostruzione della scena (abbiamo modificato un disegno della Scientifica), dove si vedono i 4 tiratori vestiti da “avieri” sparare alle auto e un tiratore extra, quello dei 49 colpi (bossoli rossi in terra) sparare alla Alfetta e allo Iozzino da circa 13 metri a salire e che poi si spostato nella strada su cui è avanzato:

Infine, quantunque non provabile, devesi fare una considerazione: in sede di progetto di questo agguato, da tutti gli esperti definito di buona tecnica militare, comprensivo dei “cancelletti” di chiusura, alto e basso nella strada, per intrappolare le auto di Moro e vigilare l’azione, non può non essere stata presa in considerazione una problematicità:

4 tiratori sparando dal lato sinistro della strada, lato Bar Olivetti, dovrebbero annientare 5 uomini di scorta, lasciando incolume Moro. La vicinanza di tiro e la sorpresa rende possibile questo annientamento e, con un poco di fortuna il

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non colpire Moro, ma non tutti gli agenti di scorta sono ugualmente vulnerabili, perché quelli seduti sui sedili di destra sono in parte protetti dagli autisti. Vi è quindi la possibilità che uno o più di questi agenti, nel caso Zizzi e lo Iozzino, anche se quest’ultimo è solo seduto sul versante destro dell’Alfetta senza protezione dell’autista, e il Leonardi nella Fiat 130, possano restare incolumi o solo parzialmente feriti e quindi uscire dall’auto armati. In questo caso i 4 brigatisti in strada intenti a sparare si sarebbero trovati allo scoperto. Proprio quello che è accaduto con l’agente Raffaele Iozzino e stava per accadere con il vice brigadiere Francesco Zizzi.

In considerazione di questa eventualità è ragionevole ritenere che il progetto di questo agguato, non potendo piazzare dei tiratori anche sul lato destro della strada che sarebbero stati presi dal fuoco incrociato, deve giocoforza aver ripiegato con un paio di tiratori da mettere ai lati iniziali e finali del corteo di auto così bloccate: un tiratore su via Fani più alta, sempre al lato sinistro della strada, qualche metro dopo i 4 brigatisti intenti a sparare alle auto (in pratica nascosto dalla Mini Cooper), e di questo tiratore extra, come abbiamo visto, ne abbiamo la certezza essendo infatti intervenuto per stroncare la sortita dell’agente Iozzino; ed un altro tiratore al lato opposto su via Fani più bassa, all’incrocio, da qualche parte in posizione defilata, anche se di questo non abbiamo riscontri, ma solo questa logica considerazione.

Come vedremo se ci sono stati (il dubbio è d’obbligo) al massimo un paio di spari preliminari contro Leonardi, da destra, può essere stato solo questo eventuale tiratore ivi piazzato perchè colpi da destra di altri tiratori, sul lato destro delle auto di Moro, non ce ne sono e non potevano esserci.

LA POSIZIONE DELLE VITTIME

I cadaveri del maresciallo Oreste Leonardi e dell’ autista, appuntato Domenico Ricci nella Fiat 130, vennero rinvenuti in questa posizione drammatica: vedi Foto sottostanti (ci scusiamo con i familiari delle vittime, ma le foto sono importanti per questa analisi):

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Così la Scientifica (1978) descrisse il ritrovamento del corpo di Leonardi:

«Il cadavere del M/llo dei CC Leonardi Oreste si rinviene rannicchiato sul lato destro della parte anteriore dell’abitacolo. Esso, tiepido, integro, rilassato, inodore, vestito, giace sul fianco sinistro con la testa rivolta verso lo schienale del sedile anteriore destre e i piedi in direzione del pianale. La testa rotata e flessa a sinistra, poggia con la regione temporo-parietale sinistra sullo schienale del sedile anteriore destro. Gli occhi e la bocca sono chiusi. Il tronco, flesso in avanti, e rotato a sinistra, poggia con la regione toracica laterale sinistra, sul piano del sedile anteriore destro».

I PRIMI RILIEVI BALISTICI E MEDICO LEGALI

L’ esame autoptico, medico legale del 1978 attestava, tra le altre risultanze:

«La morte e stata causata da una ferita trasfossa al cranio e da una ferita trasfossa al cuore unitamente ad altre lesioni penetranti in cavità toracica le quali indubbiamente consentono un giudizio di istantaneità del decesso.

Il soggetto e stato raggiunto da numerosi colpi d’arma da fuoco;

In particolare sono state identificate le traiettorie di 9 Proiettili i quali hanno percorso differenti direzioni intrasomatiche, 6 con netto orientamento da destra verso sinistra, 1 al capo con obliquità più accentuata da destra verso sinistra, 2 orientate lungo l’asse perpendicolare del corpo; non esistono elementi obiettivi dal punto di vista medico legale che inducano a ritenere che i colpi medesimi siano stati esplosi nell’ambito delie brevi distanze, anche appare verosimile che i colpi che hanno seguito una traiettoria intrasomatica pressochè perpendicolare al corpo siano stati esplosi da distanza più ravvicinata; comunque un giudizio definitivo in merito come quello relativo al tipo dell’arma e al tipo di munizionamento dovrà essere desunto, dai risultati delle indagini balistiche».

La Relazione balistica e medico legale del 1993 precisava:

«Chi sparò al Leonardi lo fece leggermente dietro avanti, destra sinistra, alto basso, per non colpire il compagno che si trovava a sinistra dell'auto» Quindi si lasciava aperta l’ipotesi di un tiro incrociato.

I periti comunque avvertirono che queste indicazioni posizionali dovevano 0vviamente poi essere rapportate alla effettiva scena del crimine. Il che sta a significare che se la perizia attesta che la vittima è stata colpita sull’emisoma destro, con un tiro ad andamento da destra a sinistra, non vuol necessariamente dire che i colpi sono stati obbligatoriamente sparati da destra, perché può benissimo essersi

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verificato il caso che la vittima si era mossa, rigirata o altro, al momento degli spari.

Purtroppo molti autori, nei loro testi, diciamo “complottisti”, prendevano alla lettera queste risultanze peritali per dimostrare che gli spari che avevano raggiunto il maresciallo Leonardi erano arrivati dalla destra delle auto e quindi della strada, traiettorie di tiro queste che, invece, come abbiamo appena detto, non è certo che siano andate proprio in questo modo.

La relazione redatta dai professori: Franco Marracino, Silvio Merli, Enrico Ronchetti, Faustino Durante, Giorgio Gualdi sul cadavere di Oreste Leonardi, specificava che la vittima era stata attinta da 9 proiettili che si accertò poi avevano procurato 10 fori.

<<- Un proiettile entrante “in corrispondenza della bozza parietale destra…che risulterà emergere in sede nucale sinistra… situata immediatamente al di sotto dell’attaccatura dei capelli;“

- un secondo proiettile è penetrato “in regione temporale destra, cm 5 superiormente e cm 2 anteriormente al trago…si diparte un tramite che risulterà raggiungere con lieve decorso dall’alto verso il basso la branca orizzontale destra della mandibola; …predetto tramite avendo assunto un decorso dall’alto verso il basso e leggermente da destra verso sinistra l’apice del polmone destro attraverso il cuore sempre da destra verso sinistra fino ad affondare nei tessuti molli paravertebrali a livello del VI spazio ove si rinviene un proiettile“

- un terzo proiettile “in corrispondenza della regione deltoidea destra soluzione di continuo di 2 cm assai irregolare a maggior asse diretto lungo l’asse dell’arto con margini ampiamente escoriati; il tramite intramuscolare piuttosto superficiale emerge in corrispondenza di una soluzione di continuo situata a 4 cm destra della linea delle apofisi spinosa;“

- un quarto proiettile “produce una banda escoriata canalare sulla proiezione dell’acromion (scapola) da cui si diparte un tramite intramuscolare diretto da destra verso sinistra con leggera obliquità dall’alto verso il basso che emerge a livello del margine superiore della scapola“.

- un quinto proiettile, “direzione parallela alla precedente“;

- un sesto proiettile sempre sulla sommità della spalla a 6 cm dalla precedente lesione foro d’entrata“ da cui si diparte un tramite che penetra con netta obliquità dall’alto verso il basso della cavità toracica.“

- un settimo proiettile “a carico del braccio destro, a livello del terzo medio, in corrispondenza della superficie laterale, …che emerge attraverso un tramite obliquo in corrispondenza della superficie mediale del braccio medesimo.“

- un ottavo “in corrispondenza della superficie dorsale dell’avambraccio destro, 3 cm superiormente alla linea del polso foro

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rotondeggiante che fuoriesce attraverso un tramite a decorso trasversale all’asse dell’arto.“

- un nono entra all’“epitorace destro, a livello del V spazio sulla linea ascellare e si approfonda nella cavità toracica. Ha assunto un decorso obliquo dall’alto verso il basso interessando la cupola disframmatica per raggiungere i tessuti molli pericostali a livello della VIII costola sinistra“.

-un decimo “nella regione dorsale destra sulla linea angolo scapolare, 15 cm inferiormente all’angolo della scapola, soluzione di continuo con margini netti non escoriati.“>>.

Notare: i proiettili attinti sono 9, di cui 2 ritenuti nel corpo e 2 che sono fuoriusciti ma non hanno superato i vestiti, i fori procurati 10 (N. d. A.).

La Relazione tecnico - balistica e medico legale di Merli-Ronchetti-Ugolini (1993) precisava:

«In quanto all'affermazione che "non più di due hanno sparato la 130" è risultato invece che contro gli occupanti vennero esplosi colpi calibro 9 x 19 parabellum con almeno due armi diverse (una con canna a 6dx da 1.60 e una con canna a 6dx da 1.10) e venne pure impiegata una pistola cal. 7,65 parabellum per almeno 2 colpi».

Questa qui sotto la ricostruzione delle lesioni e delle traiettorie.

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Nella slide della Scientifica si vede che le linee di tiro, hanno, su la vittima, le freccette in direzione avanti – dietro e non dietro – avanti per le traiettorie: quindi tutti i colpi venivano da sinistra, ma se non rapportati alla reale scena del crimine, potevano dare l’apparenza di venire da destra. Tuttavia, come vedremo, noi manteniamo dei dubbi in proposito su almeno un colpo, il primo e mortale che avrebbero potuto venire da destra. All’epoca i rilievi balistico e medico legali specificavano che sulla Fiat 130 non c’era stato solo il tiro dello Fna43 N. 1, del presunto Morucci (del resto almeno un colpo venne forse messo a segno dall’ Mp12 del presunto Fiore) ma vi erano forse uno o due colpi della Smith & Wesson 39 del presunto Gallinari e almeno uno della Beretta 7,65), né si poteva escludere, come diremo più avanti, un arma non rilevata in calibro 9 parabellum di cui pur non abbiamo bossoli (un, revolver?). Notare che sulla Fiat 130 si riscontrano circa 13 impatti (7 + 4 verso Leonardi e 2 recuperati nel piano del sedile di Leonardi) ai quali occorrerebbe aggiungere i tiri che passarono dai finestrini senza colpire la macchina e quelli che attinsero direttamente, passando dal finestrino, Ricci e Leonardi senza restare ritenuti nel corpo. All’interno dell’autovettura ci sono 12 impatti tutti colpi provenienti da sinistra (lato bar Olivetti).

Teoricamente però, in tempi diversi, l’Fna43 N. 1, del presunto Morucci sparò, più o meno, 22 colpi verso la Fiat 130, più forse 3 dello Mp12, più forse 2 colpi (dubbi) della S&W39, più 1 o 2 colpi della Beretta 7,65 (non tutti necessariamente andati a segno).

Premesso questo vediamo le ipotesi elaborate dalla Scientifica (2014 – 2017).

LE RISULTANZE DELLA SCIENTIFICA

In sostanza e sintetizzando la Scientifica ha formulato la sua ipotesi sull’andamento della uccisione del maresciallo Leonardi, basandosi su alcuni presupposti:

a. Non ci sono impatti significativi sul lato destro della Fiat 130 e neppure, sempre da destra all’interno dell’abitacolo, il che fa necessariamente escludere spari e raffiche provenienti da destra.

b. Non ci sono, attorno alla Fiat 130 bossoli diversi dalle sei armi riscontrate nell’agguato.

c. I proiettili rilevati nel corpo di Leonardi (2) e altri due rimasti impigliati nei vestiti, dicesi sono in calibro 9 parabellum e dello Fna43 N. 1, che ha sparato dal lato sinistro della strada. Qui però dobbiamo far notare che un paio di questi proiettili sono andati poi perduti (tra tutti se ne sono smarriti 4, anche se la Scientifica dice che ne sono rimaste le loro foto). Anche i residui dei proiettili, fuoriusciti dal corpo e recuperati nell’abitacolo, dicesi sono presumibilmente dello Fna43 N. 1.

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d. Leonardi è stato attinto sull’emisoma destro, con un tiro proveniente dalla sinistra della strada, in quanto si era girato, probabilmente per proteggere Moro e così centrato è morto sul colpo nella posizione in cui è stato poi trovato.

e. Non è possibile che Leonardi sia stato colpito in altra posizione diversa da quella in cui è stato trovato, perché in tal caso sarebbe crollato in quella posizione e ivi rimasto.

Riassumendo il tutto la Scientifica ha sostenuto quanto segue:

1. I primi spari, almeno 3, forse 4, sono stati a colpo singolo.

2. L’auto di Moro era ancora in moto e non si era fermata a ridosso della 128 CD di Moretti allo stop quando gli venne sparato. Una eventualità questa che introduce altre varianti che non conosciamo e che sono difficili da ipotizzare.

3. Il presunto Morucci, a quanto pare, dopo pochi colpi, sembra forse circa 7, dal lato sinistro della strada ha inceppato il mitra ed ha dovuto sospendere il fuoco, disincepparlo e tornare a sparare forse circa altri 15 colpi. Considerando che Leonardi era subito morto sul colpo e quindi accasciatosi in quella posizione, dovremmo ritenere che anche tutti gli altri spari successivi, sempre da sinistra, lo hanno attinto sul fianco destro.

4. Il maresciallo Leonardi è stato attinto da 9 colpi tutti presumibilmente in calibro 9 parabellum, di cui 4 ritenuti sembra che siano dello Fna43 N. 1. Di questi quattro proiettili ritenuti, 2 furono rinvenuti alla base dell’emitorace sinistro nei tessuti molli paravertebrali; altri 2 erano parzialmente usciti, ma trattenuti dai vestiti in corrispondenza del fianco e della spalla destra. Ma anche tutti gli altri, repertati nella intercapedine interna dello sportello di destra si ritiene siano della stessa arma, ma non c’è certezza assoluta.

Con questi disegni qui appresso, la Scientifica intese ricostruire le traiettorie dei colpi che hanno attinto il maresciallo Oreste Leonardi, avvertendo pero che la sua postura qui disegnata era solo a titolo puramente indicativo:

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Notare che la traiettoria A1 foto a lato) indica un colpo, che la Scientifica presume sia singolo ed esploso per primo, con l’autovettura ancora in movimento, che ha colpito frontalmente il parabrezza in alto, passando all’interno

dell’abitacolo, senza colpire nessuno e terminando sulla maniglia posteriore destra.

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E’ possibile osservare immediatamente come le traiettorie “D” (3 impatti) e “e” (2 impatti) debbano necessariamente aver attraversato il capo-scorta m.llo Leonardi, il quale certamente seduto sul sedile anteriore destro, si trovava esattamente all’interno delle stesse. Inoltre tali traiettorie provengono da una direzione ben definita passanti per il deflettore sinistro. Tali traiettorie non sono in linea con quella che ha attraversato il parabrezza terminando sulla maniglia posteriore destra “a-i”, tuttavia nell’ipotesi dell’autovettura in movimento, si può ragionevolmente ritenere che tali traiettorie siano appartenute a colpi esplosi dalla stessa arma, nella stessa posizione (o poco diversa) e nella stessa fase.

Ecco ora, in due slide, qui sotto, come la Scientifica ha immaginato la dinamica delle auto di Moro colpite mentre ancora erano in movimento:

Non si può escludere che tali colpi siano stati esplosi a raffica, tuttavia la distribuzione degli stessi consente di ipotizzare che il gruppo di queste traiettorie non appartenga ad una raffica, ma a dei colpi singoli. Infatti se si considera la traiettoria passante per il parabrezza come facente parte di questo gruppo, è verosimile ritenere che una raffica avrebbe prodotto altri impatti tra il parabrezza e il deflettore.

A nostro avviso però questa ricostruzione delle Scientifica non convince del tutto e probabilmente quell’ “aver colpito le auto ancora in movimento” va, almeno in parte, ridimenzionato ad uno spazio di movimento minore di quello raffigurato nella slide della Scientifica. Diversamente non si capirebbe perché i brigatisti avrebbero rinunciato a buona parte dell’effetto sorpresa, attaccando le auto così prematuramente con il rischio che l’autista della Fiat 130, Ricci, poteva avere lo spazio e quella frazione di secondo per svicolare contromano a sinistra oltre l’incrocio o a destra passando dall’imbuto tra la Fiat 128 CD di blocco e la Austin Morris azzurra. Potrebbe anche esserci una eventualità di un tiro prematura sulle auto in movimento, ma in un contesto che prevede un tiratore “extra” e quindi diverso da quello ipotizzato dalla Scientifica, come abbiamo visto nell’altro nostro studio qui allegato.

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Lo stesso Morucci disse che la Fiat 130 di Moro venne colita mentre si muoveva, ma si riferiva a movimenti e sobbalzi , avanti indietro, con cui l’autita Ricci, forse ferito, cercava di uscire da quel blocco con la Fiat 128 CD avanti e l’Alfetta dietro per svicolare attraverso l’imbuto o strettoia della strada con la Austin Morris azzurra ivi parcheggiata a destra.

Inoltre questi spari insensatamente così prematuri, come si disegnano i tiratori nella slide della Scientifica, sembra che uno dei quattro, il più esterno, nel caso il presunto Bonisoli, inizia a sparare dall’altezza della Mini Cooper verde e quindi non si considera invece che da lì sparò un altro tiratore extra non appena sbucò fuori l’agente Iozzino. Nella audizione esplicativa, i periti della Scientifica, dissero che non si posero il problema del numero dei tiratori, che a loro avviso, potevano essere anche più di quattro, ma il dubbio con questo disegno rimane.

In ogni caso, come si intuisce, si prospettano scenari che non conosciamo con precisione, il chè rende problematica ogni ricostruzione dei fatti. Riprendiamo la Relazione della Scientifica:

Verosimilmente altri colpi sono stati esplosi in questa fase, ma a causa della frantumazione immediata del deflettore e quella successiva del finestrino, ed in assenza di impatti fissi ulteriori all’interno dell’autovettura, non è possibile stabilire con esattezza il numero dei colpi esplosi in questa fase. Queste considerazioni fanno ritenere più verosimile l’ipotesi di un'unica arma, che ha esploso i colpi “a-i”. “c”, “D” ed “e” da un unico punto con l’autovettura ancora in movimento.

Gli ulteriori impatti visibili all’interno dell’autovettura e presenti tutti sul lato destro, “b”, “g” ed “h” sono attribuibili a colpi esplosi da una posizione diversa dalla precedente, pressochè perpendicolare al piano del finestrino anteriore sinistro.

En passant c’è da notare che la Scientifica ha inteso interpretare un foro sulla seduta del sedile di destra (F), come prodotto da due proiettili, di cui di uno

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sarebbe rimasto solo un minimo residuo, che si potrebbero, almeno uno, assegnare alla Swith & Wesson 39, dice infatti:

L’unico impatto non catalogabile “f” (per cui poteva provenire da destra come da sinistra) è quello relativo alla seduta del sedile anteriore destro che non ha attinto il passeggero. In relazione ai proiettili associati alla pistola S&W rinvenuti sulla seduta del sedile anteriore destro occupato dal m.llo Leonardi, e che non lo hanno attinto, non è stato possibile associare ad essi una possibile provenienza. Tuttavia almeno uno dei due risulta molto deformato, con perdita di camiciatura, il che fa presumere l’attraversamento di una superficie rigida (vetro). E’ verosimile che tali proiettili siano stati esplosi nella seconda fase, ovvero nella serie di colpi esplosi anche da destra al termine dell’agguato.

A nostro avviso però questi due colpi, presentano molti dubbi, sia per l’assegnarli alla Smith & Wesson 39, sia per la problematicità che sparando in un secondo momento, cioè a fine agguato, con il corpo del m.llo Leonardi che occupa quasi tutta la seduta, risulta problematico che abbiano attinto quel punto del sedile senza perforare il corpo del m.llo, come si potrebbe dedurne da queste foto sotto:

Comunque sia, questa Relazione della Scientifica venne anche precisata dal loro perito dott. Federico Boffi in una audizione del giugno 2015 alla Commissione Moro, dove rispose a varie domande, che qui riportiamo sintetizzandole:

«Il maresciallo Leonardi ha colpi tutti sulla destra. L'unico modo è che lui si fosse girato. Era l'unica possibilità. Quando si è girato? Dopo aver subito già dei colpi da destra ? I colpi da destra o sono passanti, ma non abbiamo alcun impatto proveniente da destra all'interno della autovettura, o sono ritenuti. Come ho detto prima, gli unici due colpi ritenuti sono mortali. Uno attraversa la testa e colpisce il cuore. È impossibile pensare che, dopo aver ricevuto quel colpo, si possa essere girato in quel modo.

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Vediamo nel dettaglio le traiettorie dei colpi che hanno sicuramente attinto il maresciallo Leonardi. Ci ricordiamo che le ferite sono tutte sul suo lato destro. Abbiamo visto che certamente due colpi l'hanno attinto provenendo da sinistra e l'hanno attraversato. Non solo, ma i proiettili ritenuti all'interno del corpo del maresciallo sono della stessa arma che ha esploso i colpi che sono rimasti nell'intercapedine dello sportello anteriore destro, tutti esplosi comunque dalla parte sinistra.

Non c’è alcuna possibilità, per l'assenza totale di impatti di proiettili provenienti dalla destra, che il maresciallo sia stato colpito da colpi esplosi da destra. Certamente si è mosso nell'immediatezza, probabilmente subito dopo il primo colpo esploso, che non ha colpito nessuno, anche se qui la posizione è del tutto aleatoria, come dicevo. I colpi l'hanno attinto tutti sul lato destro, ma con il maresciallo ruotato rispetto alla sua posizione originaria. Di nuovo, noi non abbiamo alcuna evidenza di colpi esplosi dalla destra, perché non abbiamo alcun impatto all'interno e all'esterno dell'autovettura. Abbiamo impatti provenienti da sinistra che hanno certamente attinto il maresciallo. Soltanto due colpi di fatto sono ritenuti nel suo corpo, perché gli altri due l'hanno attraversato senza superare gli indumenti. Questi due colpi sono certamente mortali. Uno ha colpito la testa ed è finito sul cuore e l'altro ha colpito altre parti vitali. Se questi due colpi ritenuti, gli unici che potremmo immaginare non provenienti dalla sinistra, l'avessero attinto all'inizio, non avrebbe neanche avuto la possibilità di muoversi successivamente.

C’è da dire che tutti i colpi che hanno attinto l'autista non sono stati ritenuti, ma l'hanno attraversato. Molti di questi hanno colpito successivamente anche il maresciallo, che quindi era già girato…

[Per i proiettili smarriti] In sintesi, mancano i proiettili rinvenuti in sede autoptica sul corpo del maresciallo Leonardi, due proiettili dell'Alfetta di scorta, dei proiettili rinvenuti all'interno della 130, quello rinvenuto nella Mini e alcuni proiettili e frammenti rinvenuti sempre sul luogo dell'attentato.

Tali reperti, tuttavia, come precisato dallo stesso Benedetti, sono stati dallo stesso e dal professor Salza esaminati e fotografati in quanto oggetto della perizia effettuata nel procedimento penale n. 1562 del 1993 a carico di Germano Maccari e altri.

La decima slide riporta le traiettorie dei proiettili che hanno attinto il maresciallo capo Oreste Leonardi. È stato attinto da nove colpi, di cui quattro ritenuti. In realtà, due sono ritenuti nel corpo e due tra il corpo e la camicia. L'hanno attraversato, ma non hanno avuto l'energia sufficiente per superare anche gli indumenti. Sono tutti proiettili provenienti da colpi esplosi, per quanto riguarda la perizia medico-legale, dalla destra. In sede autoptica il corpo messo sul tavolo

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settorio ha mostrato queste ferite tutte sul lato destro del maresciallo Leonardi…

Delle 4 ferite associate ai proiettili ritenuti, almeno 2 sono inabilitanti, per cui a seguito di esse sarebbe stato impossibile poter effettuare movimenti sostanziali. Evidentemente il m.llo Leonardi offriva il fianco destro verso la direzione di queste traiettorie, pertanto doveva aver assunto una posizione di seduta diversa da quella normale, ovvero con il busto ruotato sul lato sinistro.

Pertanto è possibile concludere che il m.llo Leonardi sia stato attinto da colpi esplosi esclusivamente da sinistra verso destra, di cui almeno 3 esplosi non a raffica e passanti dal deflettore anteriore sinistro».

Tuttavia almeno uno o due dei colpi mortali potrebbero non provenire da sinistra (i colpi mortali sono soprattutto i due al capo, di cui uno trafosso ha lesionato il cervello ed è uscito da altra parte, da destra a sinistra, e l’altro trafosso in basso ha colpito il cuore; ma anche un paio al tronco). Sembrerebbe, che tutti questi nove colpi sono sempre dell’ FNA43 N. 1 quello che spara da sinistra….

In primo luogo, i proiettili che hanno attinto la fiat 130 e che hanno attraversato certamente il deflettore anteriore sinistro, devono necessariamente avere colpito il m.llo Leonardi. Almeno 3 di questi colpi appartengono certamente al gruppo di traiettorie che possono essere ricondotte a dei colpi sparati non a raffica, tutti provenienti da una medesima posizione e passanti per il deflettore anteriore sinistro.

Illustrate le risultanze della Scientifica, prima di esprimere un nostra parere consideriamo anche una testimonianza che ha generato molta confusione, ma non risulta del tutto attendibile e successivamente una considerazione sul perché il M.llo Leonardi si girò a sinistra.

LEONARDI TENTO’ DI USCIRE DALL’AUTO?

Vediamo una testimonianza dell’agguato di via Fani, fin dalle sue fasi iniziali,

rilasciata a scaglioni, nel corso di vari giorni e con qualche modifica, ai Carabinieri la signora Andreis Lina Cinzia,. E’ una testimonianza di cui qui riportiamo i passaggi dove la signora venne riferì, che la Fiat 128 targata CD:

«"si faceva tamponare da un'altra auto proveniente da Via Fani. Le altre due auto si fermavano vicino e in quel preciso momento" la teste ebbe "modo di udire distintamente che le persone scese dalle auto gridavano in una lingua sconosciuta che non era né francese, né inglese che in parte conosceva. Con rapida successione dopo le grida" sentì "dei colpi da sparo". "A sparare complessivamente sono state non meno di cinque persone" tra cui "gli occupanti della Fiat 128 con targa CD".

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"L'uomo seduto accanto al posto di guida dell'auto che aveva tamponato il 128 CD" [non può che essere Leonardi, N.d.A.] scese dalla vettura e fu "colpito dai colpi che nel frattempo erano stati spaperrati. Costui fu sollevato, una volta caduto a terra, da uno degli assalitori e respinto al posto da cui era sceso"».

Questa testimonianza, non sostenuta però da altre testimonianze analoghe, ha ovviamente dato spazio alla ipotesi che il M.llo Leonardi venne colpito mortalmente mentre si accingeva ad uscire dall’autovettura.

E’ una dinamica questa che però non trova riscontri nell’andamento dei fatti sufficientemente acquisti, senza contare poi che la teste dichiarò di aver perso per un momento i sensi a causa dello stress e della paura di quei momenti e questo, suo malgrado, pregiudica il racconto che quindi deve necessariamente essere preso con molte riserve.

Perchè questa dinamica non può esserci stata

Non è possibile che ci sia stata questa azione di aver sollevato il Leonardi colpito a morte ai piedi dalla macchina e averlo ributtato dentro, praticamente nella posizione in cui poi venne trovato, proprio mentre dal lato sinistro della strada stavano sparando contro l’auto: chiunque infatti si fosse avvicinato allo sportello destro dell’auto, sarebbe stato crivellato di colpi!

Ma non è neppure possibile che la vittima fosse stata ributtata nell’auto al termine della sparatoria perchè, in tal caso non avrebbe potuto essere colpita sull’emisoma destro da tutti gli altri colpi successivi a quello mortale che è certo prese, da sinistra della strada, nella posizione in cui fu trovato.

Il rilievo della Scientifica che il M.llo Leonardi venne ritrovato nella posizione nota perchè in quella posizione venne colpito a morte e non prima in quanto, in tal caso, non avrebbe potuto più muoversi da dove si trovava, è incontrovertibile.

Stabilito questo ci preme portare anche un'altra nostra osservazione.

PERCHÈ IL M.llo LEONARDI SI GIRÒ A SINISTRA?

La Scientifica, di fatto riprendendo la considerazione che a suo tempo fece Valerio Morucci, afferma che il M.llo Leonardi quando venne colpito si era girato verso l’autista e verso Moro, in un generoso tentativo di proteggere Moro. Non cambia molto, ma a nostro avviso questa supposizione è in parte inesatta. Pur essendo certi, anche a riscontro di testimonianze di familiari e di chi ha conosciuto il M.llo Leonardi, che questi avrebbe di certo avuto come primo impulso, assieme a quello di reagire all’attacco, quello di proteggere e mettere in salvo Moro, bisogna rapportare questo “proteggere” alla reale circostanza dell’evento. Moro infatti era nei sedili posteriori, ben divisi da quelli anteriori dove si trovava Leonardi e quindi il maresciallo, persona addestrata ed esperta, non avrebbe potuto fare nulla per ripararlo, ma solo avvertirlo magari di

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accucciarsi di lato (e infatti, per quel che può valere, Morucci aveva detto che Leonardi si girò per far abbassare Moro).

Riteniamo quindi che il M.llo Leonardi, al momento di essere colpito mortalmente, si ritrovò in quella posizione, quasi a ridosso e girato verso l’autista, perche era stato attratto da “qualcosa”, forse anche uno sparo, e quindi si era girato verso sinistra per vedere e capire cosa stava accadendo. Al contempo probabilmente deve aver gridato a Moro il consiglio di ripararsi in qualche modo.

In ogni caso su questo frangente non possiamo avere molte certezze, per cui non possiamo capire perché il M.llo Leonardi, intanto non si insospettì di quella Fiat 128 CD bianca che si era fermata allo stop davanti alla sua Fiat 130 che stava sopraggiungendo, visto che a quanto pare quella “128 bianca” l’aveva già notata e segnalata nei giorni precedenti. C’è chi sospetta anche che al capo scorta era stata tirata una trappola, magari informandolo che quella “128” era un auto civetta che si aggiungeva a quelle di scorta. E’ un sospetto molto inquietante che contemplerebbe complicità negli apparati dello Stato, ma non è stato possibile provarlo. Se comunque il Leonardi in quella via Fani, al momento dell’agguato, ore 09,02, aveva percepito qualcosa di strano, se non addirittura uno sparo (la Scientifica suggerisce quel primo sparo che aveva centrato frontalmente il parabrezza della “130” senza colpire nessuno), non si comprende perché non cercò di prendere il revolver (arma subito pronta a sparare), che aveva in un borsello sotto il sedile, cercando di scendere, e si girò invece vero l’autista. E’ tutto così molto indefinito e bisogna andarci cauti con le ipotesi.

LE NOSTRE CONCLUSIONI E IPOTESI

Considerando e valutando gli elementi sopra riportati non possiamo non condividere, in massima parte, le risultanze della Scientifica, apportandovi però alcune eccezioni e varianti, tali da consentire di esprimere anche un altra diversa ipotesi, alternativa, ma non totalmente antitetica, rispetto alla ricostruzione della Scientifica, la quale elaborò la sua tesi considerando tutte le precedenti ipotesi balistiche, medico legali e gli elementi raccolti all’epoca dalla Scientifica e dalle varie testimonianze.

Dobbiamo però rimarcare ancora una volta che la nostra ipotesi, come del resto anche la ricostruzione della Scientifica, non possono essere esaustive in quanto, molti indizi fanno sospettare che in quell’agguato ci sono altri elementi che non conosciamo e che potrebbero alterare profondamente lo scenario dinamico di quell’agguato.

Con questa riserva, non da poco, possiamo comunque, attestare alcuni punti fermi:

1. Non ci sono stati e non potevano esserci, per via del fuoco incrociato, spari significativi, quindi non isolati, da destra, contro il lato destro delle auto al

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momento iniziale dell’agguato e nella sua fase saliente. La mancranza di impatti sulle fiancate destre delle auto o provenienti da desta all’interno dell’abitacolo è una dimostrazione incontrovertibile e i vetri rotti si presume siano stati rotti dal fuoco che veniva dalla parte opposta, da sinistra. Fanno eccezione uno o due colpi di 7,65 parabellum, e uno o due colpi, oltretutto dubbi di S&W39 chiaramente sparati in un secondo momento;

2. non ci sono bossoli sul terreno diversi dai 4 mitra e due pistole note e riscontrare. Questo non toglie però che possa esserci stata un arma che ha sparato pochissimi colpi i cui bossoli non sono finiti in terra o sono andati poi perduti o, meglio ancora, un revolver che non ha lasciato bossoli;

3. i rilievi balistici che indicherebbero che tutti i proiettili che hanno colpito il M.llo Leonardi sarebbero dello Fna43 N. 1, che ha sparato da sinistra, non ci sembrano del tutto convincenti, e non si può escludere che forse un proiettile, proprio quello mortale, al limite anche due, siano di una arma diversa. Il fatto che due proiettili, seppur valutati e fotografati a suo tempo, non siano oggi più reperibili, lascia dubbi in proposito. Una differenza della rigatura delle canne, per le armi che hanno sparato contro la Fiat 130 in calibro 9 x 19, dunque 9 parabellum, è pur stata riscontrata per almeno due armi diverse: una con canna a 6dx da 1.60 e una con canna a 6dx da 1.10, e la valutazione che ci siano nell’auto uno o due proiettili della Swith & Wesson 39, a nostro avviso è fortemente opinabile visto che la stessa Scientifica nella sua ricostruzione della planimetria dei bossoli repertati in terra, molto probabilmente aveva errato, non considerando che vi erano due bossoli della S&W39 sul marciapiedi di sinistra, lato Bar Olivetti (erano due dei bossoli del gruppo K) come dimostrò uno studio particolareggiato del Collettivo sedicidimarzo, reperibile nel sito “www.sedicidimarzo.org). Facciamo notare, en passant, che questi due colpi, così arretrati sul marciapiedi di sinistra, cambiano anche buona parte dello scenario conosciuto e mettono in dubbio che quella S&W39 fosse in mano al brigatista Prospero Gallinari o che Gallinari agi da ben altra parte di quella indicata;

4. la slide con la quale la scientifica ha inteso ricostruire tutte le traiettorie che avrebbero attinto da sinistra il M.llo Leonardi (la riproponiamo qui a lato) non è detto che abbia una validità assoluta, anzi per almeno un colpo alla testa, quindi mortale, ci sono forti dubbi che non sia corretta. Per queste ricostruzioni con raffigurazioni “statiche”, inoltre, occorre sempre considerare che un minimo movimento della vittima, mentre viene centrata da un proiettile, cambia e può cambiare anche di molto il punto di impatto;

5. non ci sono comunque dubbi che quando Leonardi venne colpito a morte si trovava, più o meno, nella stessa posizione in cui venne

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trovato (girato a sinistra). E’ quindi da escludere che si trovasse eretto sul sedile di destra o che abbia cercato di uscire dall’auto;

6. è giusto ritenere che tra i 2 / 4 spari a colpo singolo, con le auto ancora non completamente ferme e prima delle raffiche, alcuni riguardavano proprio la Fiat 130 ammiraglia di Moro e verso i passeggeri anteriori, ovvero Leonardi e l’autista Ricci. 7. resta dubbio come e in che gradualità di “movimento” le auto di Moro vennero colpite dai tiratori sopraggiunti, ovvero se la Fiat 130 di Moro, ancora non era significativamente arrivata a ridosso della Fiat 128 CD che la doveva bloccare, oppure se era nella fase finale di arrivo e frenata. A nostro avviso la Scientifica ha esagerato nel considerare così troppo ampio il moto in cui ancora erano le auto. Tirando quindi le somme di questi sette punti, per noi sufficientemente acquisiti, possiamo sostenere, con buona ragionevolezza, che l’uccisione del M.llo Leonardi può avere avuto una di queste due dinamiche:

A) Una uccisione come descritta dalla Scientifica, cioè con tutti i 9 colpi che hanno attinto il maresciallo sulla destra del corpo e al capo, provenienti dal lato sinistro della strada e quindi quasi tutti o tutti del mitra Fna43 N. 1, del presunto Morucci (e forse un colpo dell’Mp12 di Fiore) che lo hanno raggiunto proprio mentre era girato sul sedile verso sinistra.

B) In parziale alternativa non si può escludere ci furono solo uno o due colpi preliminari, da destra, mache ovviamente non hanno lasciato impatti nel lato destro dell’auto ed hanno subito ucciso il M.llo Leonardi che si era girato verso sinistra. Quindi il Leonardi, così ucciso sul colpo è stramazzato sul sedile nella pozione in cui è stato trovato e dove poi ha preso tutti gli altri colpi, in arrivo dal finestrino sinistro proprio come descritto dalla Scientifica.

Conforta questa ipotesi la considerazione che abbiamo precedentemente avanzato per cui in sede di progetto dell’agguato probabilmente deve essere stato piazzato, defilato sul lato destro e in cima alle auto così bloccate, un tiratore pronto ad agire per ogni evenienza, come è stato per quello posizionato dalla parte opposta della file di auto ferme, che infatti intervenne per stroncare la sortita dell’agente Iozzino.

Il fatto che la presenza di questo tiratore rientri nella logica dell’agguato e sia quindi probabile, ma non è detto che poi sia intervenuto, come il compare dalla parte opposta che dovette stroncare la sortita dello Iozzino, rende questa seconda ipotesi B) di valore alternativo, ma subordinato alla prima ipotesi A).

Quindi per questa ipotesi B) dalle parti dell’incrocio con via Stresa era presente un tiratore extra, con quale arma dotato non possiamo saperlo, di certo però diversa dalle sei armi dei brigatisti note (possibile un pur non comune revolver 9 parabellum o una 7,65 parabellum) che probabilmente ha sparato colpendo in

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pieno il M.llo Leonardi alla testa attraverso il finestrino. Il proiettile evidentemente non è poi stato correttamente individuato e valutato.

Non è possibile, ma neppure troppo importante stabilire dove poteva trovarsi in agguato questo tiratore extra: defilato all’incrocio, oppure uscito dalla Fiat 128 CD, oppure nascosto dietro la Austin Morris azzurra.

Escludiamo però che il bossolo trovato al bordo del marciapiedi, dietro all’ Austin Morris azzurra, un colpo 7,65 parabellum, contrassegnato dalla lettera T, come si vede nella foto a lato, possa essere stato sparato, da lontano quale un predisposto colpo preliminare e decisivo contro il M.llo Leonardi (oltretutto il tiratore doveva essere un poco spostato verso sinistra rispetto al punto dove è caduto il bossolo).

Quel colpo infatti fa parte di altri 3 bossoli trovati nei pressi, di cui un paio nel tombino, che sono colpi sparati anche contro la Alfetta di scorta che colpirono l’autista Rivera. Questi colpi attestano che il tiratore, non solo agi in un secondo momento, al termine della sparatoria principale, muovendosi sul terreno e quindi non può essere colui che, preliminarmente all’agguato, ha sparato solo verso il M.llo Leonardi. Il bossolo quindi dovrebbe far parte di quel residuo di proiettile che venne sparato in un secondo momento contro la Fiat 130.

Ricapitolando e sintetizzando, possiamo dire che la versione della Scientifica Polizia di Stato (2015) ha elementi alquanto convincenti, ma non assoluti, cosa questa che consente di leggere alcuni di questi elementi in modo diverso, lasciando il campo ad alcune alternative.

Nella fattispecie:

Le auto di Moro appare poco credibile che siano state colpite con così tanto anticipo come ha indicato la Scientifica. Che fossero in movimento, ancora non fermatesi dieto la Fiat 128 CD allo Stop, è realistico (lo conferma alcuni vetri in terra dietro l’ Alfetta) e appare strano che i brigatisti non lo abbiano notificato, ma che siano state fatte bersaglio come mostrano i disegni della Scientifica, di fatto, nel momento in cui passano circa 13 metri più indietro dalla fila delle auto poi ferme, cioè all’altezza della Mini Cooper (anzi dietro, come attestano 11 bossoli sotto e sopra il marciapiedi), ci sembra irreale. Avrebbe potuto pregiudicare la sorpresa dell’agguato e forse consentire alla Fiat 130 di Moro di svicolare. Se consideriamo il disegno della Scientifica (qui a lato), dove vediamo che i tiratori BR sono già in strada davanti alle auto, dobbiamo

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ritenere che costoro sono sbucati ancora prima che le auto arrivassero in quei punti, e questo non ha senso.

L’analisi dei colpi, nove, che hanno attinto il M.llo Leonardi e che la Scientifica sostiene fossero tutti dello Fna43 N. 1 , riteniamo invece che possa avere molti appigli perché, tra i nove colpi, in particolare che dei due immediatamente mortali, almeno uno sia di un arma diversa è possibile. E neppure convince appieno la presenza di colpi nell’auto della Smith & Wesson 39, quindi bisognerebbe rifare tutte le perizie balistiche , ma come sappiamo alcuni proiettili non si ritrovano più e ne abbiamo solo le foto.

Le traiettorie, disegnate dalla Scientifica secondo cui Leonardi sarebbe stato colpito all’emisoma destro, con un tiro proveniente dal lato sinistro della strada e passante dal finestrino, con il maresciallo girato verso sinistra sul sedile, non convincono tutte, si può infatti anche considerare e comunque non escludere che almeno un colpo, in particolare quello alla testa, sia arrivato, sempre in quella posizione, dal finestrino destro. Questa dinamica alternativa soddisfa sia le altre considerazioni della Scientifica che Leonardi venne ucciso sul colpo nella posizione in cui è stato trovato, e sia il fatto che non ci sono impatti nell’auto a indicare un tiro de destra, trattandosi infatti solo di un colpo, massimo due, sparati dal finestrino destro.

L’uccisione del M.llo Leonardi, a nostro avviso, deve giocoforza essere avvenuta secondo queste due ipotesi A) e B), tranne eccezionali scenari che non ci è dato conoscere.

Se queste risultanze non lasciano molti spazi alla dietrologia, anche se nel caso di un tiratore extra verso Leonardi bisognerebbe capire di chi si trattava, una cosa risulta certa: i brigatisti hanno riferito una versione dell’agguato falsa, in molti particolari, e non si capisce perchè e cosa doveva nascondere questa mistificazione.

Queste due ipotesi, ovviamente, non possono esaurire totalmente la possibilità che ci siano state altre dinamiche che però con gli elementi conosciuti non è possibile ipotizzare concretamente. Sono sempre gradite osservazioni, integrazioni e critiche alla nostra analisi, premettendo però che qualsiasi altra ipotesi deve sempre essere sorretta da indizi e fatti accertati o accertabili.

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Febbraio 2019