Aggiornamento delle caratteristiche del distretto · Metadata estratto da Dublin Core Standard ISO...

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Progetto di Piano di Gestione Acque Aggiornamento delle caratteristiche del distretto Art. 5, All. VII, punti A.1 e B.1, della Direttiva 2000/60/CE e Art. 118, All.3 alla Parte Terza del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii Allegato 1.1 all’Elaborato 1 Cambiamenti climatici nel distretto del Po Vresione 0 Data Creazione: 1 novembre 2014 Modifica: 22 dicembre 2014 Tipo Relazione Tecnica Formato Microsoft Word – dimensione: pagine 50 Identificatore Prog_PdGPo2015_All11_Elab_1_22dic14 Lingua it-IT Gestione dei diritti CC-by-nc-sa Metadata estratto da Dublin Core Standard ISO 15836

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Progetto di Piano di Gestione Acque

Aggiornamento delle caratteristiche del distretto

Art. 5, All. VII, punti A.1 e B.1, della Direttiva 2000/60/CE e Art. 118, All.3 alla Parte Terza del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii

Allegato 1.1 all’Elaborato 1 Cambiamenti climatici nel distretto del Po

Vresione 0

Data Creazione: 1 novembre 2014 Modifica: 22 dicembre 2014

Tipo Relazione Tecnica

Formato Microsoft Word – dimensione: pagine 50

Identificatore Prog_PdGPo2015_All11_Elab_1_22dic14

Lingua it-IT

Gestione dei diritti

CC-by-nc-sa

Metadata estratto da Dublin Core Standard ISO 15836

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Indice

1. Premessa 3

2. Stato delle conoscenze sui cambiamenti climatici 4 2.1. Monitoraggio dei cambiamenti climatici 4 2.2. Sintesi dell’andamento climatico passato e futuro 5 2.2.1. Cambiamento climatico osservato 6 2.2.2. Proiezioni future 10 2.3. Scenari idrologici futuri di cambiamento climatico 12 2.4. Scenari socio-economici 19

3. Impatti dei cambiamenti climatici 22 3.1. Impatti sui settori naturali 22 3.1.1. Deflussi di piena e rischio alluvionale 22 3.1.2. Magre fluviali, carenza idrica e siccità 22 3.1.3. Criosfera 22 3.1.4. Qualità dei corpi idrici 23 3.2. Impatti sui settori produttivi 24 3.2.1. Agricoltura 24 3.2.2. Settore civile 24 3.2.3. Produzione di energia elettrica 24 3.2.4. Turismo e settore ricreativo 25

4. Adattamento ai cambiamenti climatici 26 4.1. Politica europea su Cambiamenti Climatici e Acqua 26 4.2. Riferimenti per la pianificazione distrettuale 28 4.2.1. Rapporto “Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2012” 28 4.2.2. Rapporto “Guidance document No. 24 - RIVER BASIN MANAGEMENT IN A CHANGING

CLIMATE" 33 4.2.3. Adattamento ai cambiamenti climatici vs Direttiva 2000/60/CE 33 4.2.4. Adattamento ai cambiamenti climatici vs Direttiva 2007/60/CE 37 4.2.5. Adattamento ai cambiamenti climatici vs siccità e carenza idrica 38

5. Check climatico del Programma di Misure del PdGPo2015 41

6. Bibliografia 45

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1. Premessa

Considerare il tema dei cambiamenti climatici nell’ambito del Piano di Gestione del distretto idrografico del Po (di seguito PdG Po) significa tenere conto degli scenari futuri di previsione di cambiamento climatico ovvero:

1. individuare le pressioni, dirette ed indirette, esercitate sui corpi idrici del distretto dai cambiamenti climatici;

2. individuare i segnali locali che identificano il cambiamento climatico;

3. monitorare gli impatti dei cambiamenti climatici in siti di riferimento;

4. definire obiettivi di adattamento;

5. prevedere l’andamento dell’economia della domanda e dell’offerta di risorsa idrica, al fine di verificarne la vulnerabilità ai cambiamenti climatici;

6. verificare l’efficacia delle misure del Programma di Misure (PdM) del PdG Po rispetto agli obiettivi di adattamento (climate check);

7. individuare ed assegnare una priorità elevata a quelle misure di adattamento di semplice attuazione e che risultano efficaci su più fronti, dette misure robuste;

8. massimizzare i benefici inter-settoriali derivanti dall’adattamento e contrastare potenziali effetti intersettoriali negativi derivanti da pratiche di cattivo adattamento;

9. gestire il rischio di alluvione;

10. gestire le siccità e la carenza idrica1.

Rispetto a tale significato, la presente relazione è impostata in modo da fornire, nella prima parte, lo stato delle conoscenze sul tema dei cambiamenti climatici nel distretto del Po, rispondendo quindi ai punti da 1 a 3 dell'elenco sopra riportato.

Nella seconda parte vengono quindi forniti i riferimenti necessari per l'inclusione dell'adattamento ai cambiamenti climatici nelle misure del PdGPo (Punti da 4 a 10 dell'elenco): la Commissione Europea ha reso disponibili, nell’arco di un processo particolarmente intenso nell’ultimo decennio, riferimenti conoscitivi e metodologici che forniscono adeguati elementi per individuare le azioni necessarie per ricostruire il nesso tra gli obiettivi di adattamento ai cambiamenti climatici e gli obiettivi della DQA e della pianificazione di bacino (Direttiva 2007/60 CE, Azioni per carenza idrica e siccità). Da questi documenti sono dedotti e riportati, per il settore acque:

• principi guida;

• azioni prioritarie;

• elenchi di possibili misure settoriali di adattamento.

Tali riferimenti sono alla base della principale azione di adattamento attuata nell'ambito del Piano di Gestione, che consiste nel check climatico del programma di misure del Piano (vedi Elaborato 7 del Progetto di PdG Po 2015), nell'ambito del quale sono evidenziate le misure del Piano di Gestione che perseguono, in modalità integrata, gli obiettivi della DQA e delle Strategie Europea e Nazionale di Adattamento ai cambiamenti climatici.

1 WFD reporting guidance 2016, (Document Draft v. 4.0 - July 2014).

2. Stato delle conoscenze sui cambiamenti climatici

Una prima ricognizione dello stato delle conoscenze è stata effettuata dall’Autorità di bacino del fiume Po nel 2012, ed è contenuta nel rapporto dell'Autorità di Bacino “Cambiamenti climatici - Ricostruzione dello stato dell’arte nel bacino del Po2.

Il quadro ivi contenuto è inoltre aggiornato da numerose iniziative in corso per lo studio dei cambiamenti climatici nel distretto del fiume Po, la principale delle quali afferisce alle attività per lo sviluppo della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, nel cui ambito il Distretto è considerato come Caso Speciale per la definizione di un progetto pilota di adattamento. Con specifico riferimento al Bacino del Po, sia il Centro Euro Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici3 che il Servizio Meteo-clima di Arpa Emilia Romagna4 hanno condotto elaborazioni per il Nord Italia, di cui si riportano nel seguito i contenuti salienti.

Altre iniziative rilevanti, sviluppate successivamente al 2012 nell’ambito di diversi programmi quadro europei hanno carattere progettuale, e tra esse si richiamano:

- il progetto Drought R&SPI (http://www.eu-drought.org/), nel quale per sei casi studio, tra cui il bacino del Po, sono ricostruiti gli andamenti climatici e socio-economici attuali e futuri ed effettuate simulazioni per verificare gli impatti della siccità (risultati disponibili alla chiusura del progetto, prevista per il 30/10/2014);

- il progetto Enhance (http://enhanceproject.eu/), finalizzato a migliorare la partnership di gestione del rischio per gli eventi naturali catastrofici in Europa, in cui il bacino del Po compare come caso studio per l’esplorazione del collegamento tra variabilità climatica e rischio tecnologico.

Nel paragrafi che seguono è riportata una sintesi delle conoscenze attualmente disponibili.

2.1. Monitoraggio dei cambiamenti climatici

Il monitoraggio dei cambiamenti climatici nel bacino viene effettuato prevalentemente attraverso l'utilizzo di una rete osservativa delle grandezze idro-meterologiche, sviluppata nell'ultimo secolo e via via integrata e migliorata in accordo con il progressivo sviluppo delle conoscenze scientifiche e delle capacità tecnologiche. La raccolta dei dati è stata progressivamente ottimizzata rispetto alla conoscenza dei processi e delle caratteristiche che governano i fenomeni nel bacino.

Il monitoraggio viene oggi attuato dagli enti regionali che hanno ereditato le funzioni del servizio Idrografico e Mareografico Nazionale (ARPA/APPA, Centri Funzionali di Protezione Civile, Assessorati, Direzioni Generali).

La rete osservativa, inizialmente basata sulle osservazioni provenienti da stazioni idrometriche, pluviometriche e termometriche, è stata arricchita attraverso l'effettuazione continua di misure di portata per la costituzione delle scale di deflusso, rilievi topografici e altre campagne di misure, studi idrologici, e infine modellistica numerica e stocastica. I dati sono inoltre resi disponibili da appositi web-services.

Il monitoraggio riguarda i parametri idrologici classici (portate giornaliere, portate medie mensili ed annuali), le piene e le magre del fiume Po, ed alcuni parametri atti alla definizione delle relative statistiche (analisi statistica degli eventi estremi idrologici estremi, precipitazioni intense, indici di disponibilità idrica, eccetera). I dati provengono in continuo da 588 idrometri, 1014 pluviometri, 756

2 ” (AdBPo, 2010, 2) 3 http://www.cmcc.it/it/ 4 http://www.arpa.emr.it/sim/

5

termometri e 187 misuratori di livello posti in corrispondenza di dighe, con tempi di acquisizione non superiori all'ora.

Figura 2.1 Rappresentazione della rete di osservazione idro-metereologica presente nel bacino del Po.

Inoltre servizi specifici, gestiti dalle Regioni, si occupano del monitoraggio della risorsa nivo-glaciale, e, all'altro estremo del bacino, delle problematiche legate all'interazione tra il fiume ed il suo bacino ed il mare (ingressione di acqua marina nei rami deltizi e nelle falde freatiche costiere).

Il monitoraggio ordinario prevede quindi previsioni di piogge, temperature e portate fluviali di breve, medio lungo termine (orizzonti temporali fino a 1 mese), e previsioni stagionali con orizzonte temporale di 3 mesi. La previsione delle portate avviene fornendo le variabili rese disponibili dalle previsioni meterologiche come input a diverse catene modellistiche che consentono le modellazioni idrauliche e idrologiche del sistema in condizioni ordinarie, di piena e di magra.

L'utilizzo del sistema rende possibile effettuare elaborazioni sulla tendenza dei dati osservati dal 1990 ad oggi, e, anche se con una precisione inferiore, per periodi più lunghi. I risultati di tali elaborazioni offrono informazioni sui cambiamenti climatici osservati, o in atto, e costituiscono la base informativa dei paragrafi seguenti. Inoltre il sistema è stato negli ultimi anni adeguato per permettere simulazioni di scenari futuri, e valutare gli impatti idrologici, cioè sulle portate fluviali, e di conseguenza sulla disponibilità idrica del bacino, delle modifiche previste a lungo termine nelle distribuzioni della temperatura e delle portate idrologiche. Anche i risultati di tali elaborazioni sono sintetizzati nei paragrafi che seguono.

2.2. Sintesi dell’andamento climatico passato e futuro

In base ai modelli di previsione climatica globali e regionali5, il distretto idrografico del fiume Po si pone nella zona di transizione climatica fra il Mediterraneo ed il Nord Europa. Tale posizione geografica e le caratteristiche orografiche tipiche dell’area determinano una notevole incertezza sugli sviluppi futuri del clima locale, riguardante sia la distribuzione delle precipitazioni che la frequenza degli eventi

5 Da Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, Capitolo 8 “Il distretto del fiume Po”, Bozza di giugno 2014 -

Misjak et al, 2014.

estremi. Infatti, dal punto di vista climatico, il bacino del Po è caratterizzato da una elevatissima variabilità locale, essendo presenti aree di pianura, aree alpine ed aree appenniniche. Di rilievo anche la presenza di grandi laghi naturali prealpini, che mitigano la temperatura e consentono la regolazione di parte dei volumi di afflusso idrico che si rendono disponibili sui rilievi alpini. Tali fenomeni influenzano il clima del bacino, determinando diverse tipologie di territorio omogenee in termini di temperatura e precipitazioni, che risentono in modo diverso dei cambiamenti climatici.

2.2.1. Cambiamento climatico osservato

Esistono diverse osservazioni del cambiamento climatico a livello nazionale ed alcune a livello regionale, che evidenziano un incremento uniformemente distribuito di temperatura di circa 1°C per secolo tra il 1800 e il 2003, con una crescita più rapida a partire dal 1980. Su un arco temporale più limitato, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca dell’Ambiente (ISPRA) ha stimato la variazione di temperatura in Italia dal 1961 al 2011 in 1,13 °C o 0,94 °C a seconda del modello utilizzato. Per il Nord Italia, nell'ambito del progetto Agroscenari6 sono stati sviluppati scenari di evoluzione dei campi di precipitazione e temperatura per due aree appenniniche, una situata nella pianura padana ed una in Romagna, che mostrano anche localmente trends di aumento decisamente significativi (Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. e Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. ).

"PIANURA PADANA"

-4.0

-2.0

0.0

2.0

4.0

6.0

1958 1963 1968 1973 1978 1983 1988 1993 1998 2003 2008

anni

Ano

mal

ia (°

C)

"ROMAGNA"

-4.0

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4.0

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1958 1963 1968 1973 1978 1983 1988 1993 1998 2003 2008anni

Ano

mal

ia (°

C)

6 www.agroscenari.it

7

Figura 2.2 Grafico dell'anomalia di temperatura massima in due aree appenniniche dal 1958 al 2008 (Tibaldi et al, 2014).

Per quanto riguarda le precipitazione nelle serie stagionali è possibile osservare una diminuzione della precipitazione media invernale, trend confermato anche da ISPRA7, e rafforzato da studi effettuati da ARPA Emilia Romagna8. A tale diminuzione della precipitazione complessiva, tuttavia, si affianca un trend di aumento dell’intensità degli eventi estremi, con massimi più rilevanti e minimi estivi più pronunciati.

Figura 2.3 Precipitazioni nel bacino del Po: (sinistra) precipitazione annua media (2000-2009) per Provincia; (destra) istogramma della variazione di precipitazione annuale negli anni 2000-2010 rispetto alla precipitazione annuale media nel periodo (1971-2000) per Provincia9.

Sempre da elaborazioni del Servizio ARPA SIMC dell'Emilia-Romagna10 emerge inoltre una distribuzione difforme delle variazioni nell'arco dell'anno, che, come mostrato in Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. appaiono più pronunciate durante il trimestre estivo, generando un aumento della domanda in particolare per l'irrigazione. Inoltre, alla diminuzione progressiva degli afflussi nell’ultimo trentennio fa riscontro un decremento significativo della portata media del Po a Pontelagoscuro11, valutata in circa il 21 percento su base annua e il 39 percento nella stagione estiva, nel periodo 1975-2013 (Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. ).

D’altro canto, le medie di deflusso alla stazione di Pontelagoscuro sul più lungo periodo (1923-2010) non evidenziano particolari trends significativi di riduzione, lasciando temporaneamente in sospeso la capacità di giudizio (Figura 2.6).

Nell'analisi dei trends di deflusso vanno infatti considerati aspetti che non permettono, ad oggi, di esprimere una valutazione definitiva: innanzitutto, le portate osservate risentono dei prelievi antropici a monte della sezioni di misura, pertanto la diminuzione della portata media estiva potrebbe essere imputabile ad un aumento del prelievo tanto quanto ad una diminuzione della disponibilità naturale. A tal fine va anche osservato che nelle annate più secche, caratterizzate da minor precipitazione e temperature elevate, la domanda irrigua aumenta in modo consistente, quindi i due effetti (maggior prelievo e minor portata) si cumulano. Questo limite affligge quasi tutti gli studi relativi al passato, in quanto non si hanno a disposizione serie storiche ricostruite di portata naturale, e tanto meno misure affidabili di prelievo. Per il futuro, invece, le proiezioni riportate nel seguito del documento (paragrafo 2.3 "Scenari idrologici futuri di cambiamento climatico"), tengono conto dei prelievi in base alla regola di domanda attuale, nel senso che non sono simulate eventuali variazioni future dell'assetto della

7 ISPRA, 2009 8 Cacciamani et al. 2008 9 Da SNACC. Immagine elaborata a partire da dati ISTAT (ISTAT, 2010) 10 Tibaldi et al, 2014 11 Cacciamani et al. 2008

domanda idrica, ma le portate prelevate simulate sono le stesse di oggi, pertanto le variazioni delle portate residue in alveo sono da imputare agli scenari di cambiamento climatico.

Come ultimo elemento per una corretta lettura dell'informazione riportata, ed a favore della tesi di riduzione della disponibilità idrica per cause climatiche, si osserva che la diminuzione di portata a Pontelagoscuro dell''ultimo decennio rappresenta comunque una conseguenza plausibile della la situazione climatica globale.

Figura 2.4 Confronto dei trend di riduzione della precipitazione sul bacino del Po - Pioggia annuale e pioggia nel trimestre estivo, dal 1975 al 201312.

(a) Portate medie del Po a Pontelagoscuro, valori annui

(b) Portate medie del Po a Pontelagoscuro - medie estive (giugno.agosto)

12 Tibaldi et al, 2014.

9

Figura 2.5 Il confronto tra le figure (a) e (b) mostra come la diminuzione delle portate medie del Po a Pontelagoscuro tra il 1975 ed il 2013 appaia molto più pronunciata nel trimestre estivo (39%) che nell'arco dell'intero anno in cui raggiunge comunque un valore del 21%13.

Figura 2.6 portata media mensile osservata nella stazione di Pontelagoscuro sul fiume Po nel periodo 1923-2010, media mobile biennale e trend lineare.14

Come conseguenza della riduzione delle precipitazioni e dell'aumento delle temperature, particolarmente accentuati sull'arco alpino, il volume dei ghiacciai alpini sta subendo un forte calo: ad oggi si stima una perdita pari a circa il 40 percento di superficie glaciale. In relazione allo scioglimento dei ghiacci, va segnalato l’impatto negativo sulla qualità dei corpi idrici alimentati con le acque di origine glaciale legato alla liberazione di inquinanti immagazzinati da decenni nei corpi glaciali (Figura 2.7). Tale effetto risulta particolarmente accentuato nei corpi idrici di monte; anche se procedendo verso valle si registra un'attenuazione a causa della diluizione naturale delle acque, il fenomeno richiede di essere monitorato.

13 Tibaldi et al, 2014. 14 Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici - Mysiak et al. 2014.

Figura 2.7 Variazione della superficie dei ghiacciai alpini negli ultimi 20 anni. Elaborazione: M. Santilli. A destra, l'esempio del ghiacciaio del Pizzo Bernina.

Un impatto di tipo diverso riguarda la copertura nevosa, che ha registrato una diversa distribuzione delle fasi di accumulo e scioglimento poiché si sono presentate frequentemente annate in cui la stagione di accumulo della neve al suolo è stata ritardata a causa delle elevate temperature autunno-vernine, mentre quella di fusione è risultata anticipata.

Alle modificazioni significative della distribuzione, durata ed intensità delle precipitazioni liquide e nevose fanno infine seguito rilevanti modificazioni del regime dei deflussi superficiali e sotterranei. Mentre, come spiegato sopra e nel seguito della presente relazione, per i deflussi superficiali sono disponibili dati ed alcune elaborazioni relativamente alle tendenze in atto, oltre ad alcune proiezioni di scenario, per i corpi idrici sotterranei le conoscenze non sono ancora sufficientemente sviluppate per pervenire ad una definizione degli impatti dei cambiamenti climatici.

Assieme ai ghiacciai, un altro elemento particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici nel bacino del fiume Po è costituito da sistema deltizio, che può pertanto essere considerato un sito di monitoraggio specifico (hot spot climatico). Infatti in relazione all’andamento dei livelli del mare e del regime fluviale del Po, si manifesta una risalita di acqua salata dall’Adriatico nei rami deltizi del Po che oggi può arrivare nei periodi di siccità fino a 20 km nell’entroterra, generando importanti problemi di approvvigionamento irriguo e potabile, oltre che diversi impatti sugli ecosistemi e sulla salinità dei suoli. L’intrusione delle acque salate interessa anche l’acquifero costiero, per cui sono necessarie portate irrigue di acqua dolce sempre più rilevanti per contrastare la salinizzazione dei suoli. L'Alto Adriatico registra un tasso di innalzamento di livello annuale inferiore alla media globale, a causa della maggior salinità e pressione, che si attesta a circa 30 cm ogni 100 anni. Tuttavia occorre considerare che all'impatto dell'innalzamento del livello dal mare vanno sommati gli effetti della subsidenza del terreno, che sta procedendo attualmente con un tasso stimato in 7-8 mm/anno15.

2.2.2. Proiezioni future

Il bacino del Po si trova nella fascia Europea di transizione tra la zona mediterranea e quella continentale, caratterizzate da tassi di piovosità molto diversi (limite della cella di Hadley). Ciò genera un alto grado di indeterminatezza previsionale, collegata a elevati valori di incertezza soprattutto relativamente ai trends futuri della quantità di precipitazione sull’arco alpino. Ciò è segnalato sia nel quarto che nel quinto Assessment Report dell’Intergovernamental Panel on Climate Change16. Recenti studi del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) tuttavia evidenziano come tale incertezza si riduca significativamente nelle aree di pianura, per le quali è piuttosto chiaro un segnale di riduzione delle precipitazioni estive. L’incertezza è anche più contenuta se si analizzano gli scenari futuri di temperatura: tutti i modelli climatici considerati prevedono un aumento della temperatura compreso tra 2°C e 4°C, a seconda dello scenario e della posizione geografica.

15 ARPA-DRST, 2011 16 IPCC - 2007, 1; IPCC - 2013

11

Figura 2.8 Modelli generali di circolazione stagionale (DJF: Dicembre-Gennaio-Febbraio, MAM: Marzo-Aprile-Maggio, JJA: Giugno-Luglio-Agosto, SON: Settembre-Ottobre-Novembre) anomalia del trend di piovosità sul Nord Italia. The linee blu sono i risultati delle single simulazioni relative alla media ventennale di precipitazione del ventesimo secolo. La linea azzurra è la media d’insieme delle simulazioni nello stesso periodo e la linea nera è la media delle osservazioni reali dalla Climate Research Unit della University of East Anglia. Le linee gialle, verdi e rosse sono le medie ventennali risultanti dagli scenari rispettivamente B117, A1B and A2; le linee più marcate dello stesso colore sono la media d’insieme dei risultati dei modelli. L’unità di misura dell’asse delle ascisse è la percentuale di variazione dai valori medi di precipitazione del periodo 1961-1990. Fonte: Coppola e Giorgi 2010.18

Tali risultati sono confermati da altri studi19 scalati a livello regionale (Regione Emilia-Romagna), che mostrano:

• un aumento significativo delle temperature massime e minime (Figura 2.9),

• una diminuzione del numero dei giorni di gelo,

• un aumento della durata delle onde di calore.

17 Gli scenari climatici qui citati sono quelli definiti dall?IPCC nell'ambito del IV rapporto sul clima. Per la loro descrizione si veda

il report di sitesi: https://www.ipcc.ch/pdf/special-reports/spm/sres-en.pdf, o il documento allegato alla presente relazione, Allegati\CCPO_CambiamentiClimatici_Ricostruzionedellostatodell'artenelbacinodelPo.pdf contenente una breve sintesi in lingua italiana. Nel seguito viene fatto riferimento anche agli scenari aggiornati utilizzati nell'ambito del V rapporto dell'IPCC, descritti nel documento, allegato alla presente relazione, Allegati\expert-meeting-ts-scenarios.pdf.

18 Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici - Mysiak 2014. 19 Tibaldi et al., 2014

(a) Temperatura minima invernale (b) Temperatura massima invernale

(c) Temperatura minima tutte le stagioni (d) Temperatura massima tutte le stagioni

Figura 2.9 Variazioni del minimo e del massimo della temperatura invernale (a e b) e in tutte le stagioni (c e d) sul Nord Italia nello scenario climatico A1B20, nel periodo futuro 2021-2050 confrontato con il periodo di riferimento 1961-1990.

Con riferimento alle precipitazioni, elaborazioni condotte da ARPA Emilia Romagna a partire dagli scenari climatici globali, prevedono una leggera diminuzione (5%) della precipitazione invernale (Scenario A1B21, periodo 2021-2050), che pero' diverrebbe molto consistente nel periodo 2071-2099, raggiungendo valori simulati del 40%.

2.3. Scenari idrologici futuri di cambiamento climatico

La complessità e l’incertezza legate alle previsioni climatiche in un’area di transizione come quella Padana, risultano amplificate nel momento in cui si indagano le conseguenza dei cambiamenti climatici sui regimi idrologici dei corpi idrici superficiali e sotterranei. Infatti le modifiche nella distribuzione delle precipitazioni e dei campi di temperatura si ripercuoteranno sulla circolazione idrica 20 www.ipcc.ch 21 Gli scenari climatici qui citati sono quelli definiti dall?IPCC nell'ambito del IV rapporto sul clima. Per la loro descrizione si veda

il report di sitesi: https://www.ipcc.ch/pdf/special-reports/spm/sres-en.pdf, o il documento allegato alla presente relazione, Allegati\CCPO_CambiamentiClimatici_Ricostruzionedellostatodell'artenelbacinodelPo.pdf contenente una breve sintesi in lingua italiana. Nel seguito viene fatto riferimento anche agli scenari aggiornati utilizzati nell'ambito del V rapporto dell'IPCC, o RCP, descritti nel documento allegato alla presente relazione Allegati\expert-meeting-ts-scenarios.pdf.

13

sia superficiale che sotterranea in modi difficilmente prevedibili, soprattutto perché interagenti con le variazioni dell’utilizzo idrico antropico, che a loro volta incideranno positivamente negativamente sul bilancio idrico superficiale e sotterraneo risentendo degli effetti dei cambiamenti climatici.

Come riportato nei paragrafi precedenti, le proiezioni dell’IPCC22 prevedono per l’area mediterranea un incremento delle temperature e una riduzione delle precipitazioni totali, pur con un incremento delle precipitazioni più intense. Tali risultati sono coerenti con quanto già si osserva a scala locale, in particolare recenti studi condotti dalle ARPA Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta and Veneto hanno mostrato un incremento di circa 0.5°C ogni 10 anni della temperatura media annuale23 con estati più calde rispetto al periodo di riferimento e una riduzione di circa il 20% nel volume delle precipitazioni, che riduzione che raggiunge il 40-50% nel periodo estivo. Tali variazioni nelle forzante climatiche si manifestano sul fiume Po in prolungati periodi di magra e una generale diminuzione delle portate, particolarmente evidente nella sezione di chiusura di Pontelagoscuro (-21%) anche a causa dei forti prelievi lungo l’asta fluviale24.

Per le finalità del Piano di gestione, riveste particolare interesse cercare di investigare gi impatti, attuali e futuri, dei cambiamenti climatici sui valori delle portate fluviali e sui regimi idrologici nei corpi idrici del bacino del Po, che influenzano direttamente sia la qualità dei corpi idrici che la disponibilità di risorsa per i diversi usi e per l’ambiente (Figura 2.10).

Figura 2.10 Esempi di configurazione di catene di simulazione climatica/idrologica, a sinistra una catena semplice in cui il modello climatico regionale resta invariato, a destra un esempio di catena in cui anche il modello climatico regionale viene cambiato (fonte: Teutschbein e Seibert, 2010)

A tal fine è necessario fare riferimento agli scenari climatici, che definiscono lo scenario evolutivo delle emissioni, a partire dai quali i modelli climatici a scala globale e regionale forniscono le proiezioni climatiche. I campi simulati da tali modelli forniscono poi gli input ai modelli idrologici per la stima della risorsa idrica. Esempi di modellistica climatica applicata a modelli idrologici per lo studio dell’impatto del cambiamento climatico sulle portate fluviali in Europa si trovano in Rojas et al. (2011) o Teutschbein e Seibert (2010), applicazioni specifiche al bacino del Po si trovano in Coppola et al. (2014) e Vezzoli et al. (2014).

22 Christensen et al.,2007, Giorgi e Lionello, 2008 23 Tomozieu et al., 2006; Tibaldi et al., 2010 24Tibaldi et al., 2010

In generale, lo studio degli impatti del cambiamento climatico sui regimi fluviali è condotto mettendo in cascata le seguenti componenti (Figura 2.11):

- scenario di emissioni a scala globale,

- modello climatico globale,

- modello climatico regionale (o in alternativa tecniche di downscaling statistico),

- modello di bias correction del dato climatico (opzionale),

- modello idrologico,

- modello idraulico.

Figura 2.11 Downscaling dal modello globale al modello idrologico del dato climatico (fonte: Teutschbein e Seibert, 2010)

Nell’ambito del nuovo Assessment Report l’IPCC ha definito 4 diversi scenari di emissione25 o Rapresentative Concentration Pathways26 (RCPs) che forniscono non solo il livello di stabilizzazione delle emissioni ma anche la traiettoria di evoluzione delle emissioni (Figura 2.12). Tali scenari sono rappresentativi di diversi possibili sviluppi della società che portano però al medesimo risultato in termini di emissioni e forzante radiativa.

I quattro scenari individuati sono RCP8.5, RCP6, RCP4.5 e RCP2.6: il primo (RCP8.5) è il più estremo in quanto la forzante radiativa raggiunge 8.5 W/m2 nel 2100 e continua a crescere; RCP4.5 e RCP6 sono due scenari di stabilizzazione, in cui la forzante radiativa si assesta rispettivamente intorno a 4.5 e 6 W/m2; infine vi è lo scenario RCP2.6 (o RCP3PD) in cui si ha un picco e un declino della forzante radiativa. Ad ogni scenario è inoltre associato il pattern evolutivo delle emissioni di gas serra, aerosol, uso e copertura del suolo.

25 Meinshausen et al., 2011 26 Vedere documento allegato alla presente relazione Allegati\expert-meeting-ts-scenarios.pdf

15

Figura 2.12 Evoluzione della forzante radiativa per i diversi scenari di emssione27

I modelli climatici globali sono modelli numerici in grado di simulare i processi fisici che avvengono in atmosfera, oceano, criosfera e sulla superficie terrestre e gli scambi tra queste componenti in funzione della concentrazione di gas serra.

Essi hanno in genere una risoluzione orizzontale dell’ordine delle centinaia di chilometri e non sono quindi, in grado di rappresentare fenomeni fortemente localizzati né sono direttamente utilizzabili in simulazioni di tipo idrologico/idraulico dove è necessaria una maggiore risoluzione del dato climatico in input. Per questo motivo per applicazioni di tipo idrologico/idraulico il dato climatico del modello globale viene proiettato (operazione di downscaling) ad una risoluzione superiore, spesso inferiore ai 10 chilometri. Per studiare l’impatto del cambiamento climatico sull’idrologia si utilizza solitamente un downscaling di tipo dinamico28.

Le variabili climatiche di interesse così simulate sono sottoposte ad un processo di validazione su un periodo passato al fine di verificare che il clima ricreato sia effettivamente simile al clima osservato. il periodo di validazione di solito non è inferiore ai 30 anni, ad esempio 1961-1990 o 1971-2000. In presenza di una forte differenza tra clima osservato e simulato diviene necessario applicare una “bias correction” del dato climatico29.

Nel momento in cui si hanno a disposizione i dati climatici con una risoluzione compatibile con la modellistica idrologica/idraulica è possibile effettuare simulazioni numeriche che forniscano la proiezione delle portate fluviali in condizioni di cambiamento climatico.

27 Meinshausen et al., 2011

28 Le tecniche di downscaling del dato climatico vengono classificate in due macro categorie: dinamico e statistico (Fowler et al., 2007). Il downscaling dinamico si basa essenzialmente sull’uso di modelli climatici regionali (RCM) che risolvono le equazioni del clima, utilizzando quali condizioni al contorno e iniziali il clima fornito dal GCM, ad una griglia più fine rispetto al GCM, tale approccio permette di simulare in maniera realistica effetti quali l’impatto dell’orografia sulla precipitazione, tuttavia sono onerosi sul piano computazionale. I metodi di downscaling statistico sono meno onerosi poiché si basano sull’esistenza di un legame funzionale tra le variabili a larga scala (predittori) e quella alla scala di interesse (predittandi). Un esempio di downscaling statistico è il metodo del change factors in cui dal GCM si estrapola il segnale climatico (ad es. variazione della temperatura media tra il presente e il futuro) e si applica la medesima variazione alla serie osservata. Uno dei principali svantaggi del downscaling statistico è che assume la stazionarietà tra predittore e predittando. 29 Tale correzione può essere effettuata in diversi modi ad es. applicando fattori di proporzionalità o correggendo l’intera distribuzione di probabilità della variabile di interesse (Zollo et al., 2012). La tecnica di correzione calibrata e validata sul periodo di controllo viene poi utilizzata per “correggere” la proiezione climatica nel futuro, ipotizzando che l’errore commesso dalla coppia GCM/RCM sia costante.

Benché di per sé la simulazione numerica permetta di ottenere serie sintetiche continue di portata, occorre ricordare che il dato climatico ottenuto è attendibile nella misura della risoluzione del modello climatico utilizzato come input30.

Nell’ambito di una collaborazione scientifica tra il Servizio Idro-Meteo-Clima (ARPA SIMC) di ARPA Emilia Romagna e la Divisione Impatti al Suolo e sulle Coste del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC-ISC) sono state condotte alcune simulazioni numeriche per valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla portata media giornaliera del fiume Po31. Di seguito si riporta una descrizione della catena modellistica utilizzata per tali simulazioni e alcuni risultati preliminari.

Per la componente idrologica/idraulica (bilancio idraulico) si è utilizzata la catena modellistica TOPKAPI/RIBASIM32 già disponibile in modalità operativa presso ARPA ER-SIMC, nell’ambito del sistema DEWS-Po –Druoght Early Warning System Po.

Tale catena modellistica è stata utilizzata con le simulazioni climatiche fornite dal CMCC-ISC che coprono l’arco temporale 1981-210033. Il clima presente, ovvero il periodo 1981-2010, è stato simulato mediante il modello climatico regionale (RCM) non idrostatico COSMO-CLM34, ovvero la versione climatica del modello meteo COSMO, usando come condizioni iniziali e al contorno prima la rianalisi ERA Interim35 e dopo il modello climatico globale (GCM) CMCC-CM36 37.

Sotto ipotesi di cambiamento climatico si sono utilizzati gli scenari climatici RCP4.5 e RCP8.5 quali forzanti del modello climatico globale e, indirettamente, del modello regionale, per generare i campi di precipitazione e temperatura nel futuro (fino al 2100)38.

Per quanto riguarda l’impatto del cambiamento climatico sulle portate, la Figura 2.15 riporta la variazione percentuale della portata media mensile nel periodo 2021-2050 rispetto al periodo 1981-2010 per entrambi gli scenari di emissione e considerando il dato originale e bias corretto. In generale, si nota un aumento delle portate invernali e una diminuzione delle portate estive. In generale le

30 De Michele e Salvadori., 2002 31 Vezzoli et al., 2014

32TOPKAPI (TOPographic Kinematic Approximation and Integration, Liu and Todini, 2002) è un modello fisicamente basato e spazialmente distribuito in grado di simulare le diverse componenti del ciclo idrologico e produrre, in ogni cella di calcolo, il deflusso che va ad alimentare il modello di bilancio idraulico RIBASIM. RIBASIM (River BAsin SIMulation, Delft Hydraulics, 2006) è un modello che calcola il bilancio idraulico a scala di bacino tenendo conto dei prelievi idrici e dei rilasci nonché della richiesta idrica complessiva ai vari nodi.

33 Zollo et al. 2012, Bucchignani et al., 2013, Montesarchio et al., 2014 34 Rockel et al., 2008 35 Dee et al., 2011 36 Scoccimarro et al., 2011

37 Scopo di tale duplice simulazione del clima passato è valutare l’incertezza introdotta dal RCM (simulazione guidata dalla reanalisi) e dalla copia GCM/RCM (Bucchignani et al., 2013; Montesarchio et al., 2014) e l’impatto sulle portate simulate. Poiché campi di campi di precipitazione e temperatura cosi simulati mostrano una sovrastima della precipitazione invernale e una sottostima della temperatura media, si è applicata una tecnica di correzione in probabilità detta Quantile Mapping (QM) a scala mensile migliorando la similarità tra clima simulato e osservato (Zollo et al., 2012)

38 Ai campi climatici prodotti da tali simulazioni è stata applicata la correzione in probabilità utilizzata nel periodo di controllo. I 7 dataset climatici (ERA Interim/COSMO-CLM, CMCC-CM/COSMO-CLM, CMCC-CM/COSMO-CLM/QM, RCP4.5/CMCC-CM/COSMO-CLM, RCP8.5/CMCC-CM/COSMO-CLM, RCP4.5/CMCC-CM/COSMO-CLM/QM, RCP8.5/CMCC-CM/COSMO-CLM/QM) e un dataset di dati osservati, tutti con la medesima risoluzione orizzontale di circa 8 km sono stati utilizzati come input climatico alla catena TOPKAPI/RIBASIM. Scopo della simulazione TOPKAPI/RIBASIM guidata dal clima osservato è valutare la capacità della componente idrologica/idraulica di simulare le portate osservate, tale simulazione copre il periodo 1991-2010 e dimostra che la catena è in grado di riprodurre le portate osservate con una leggera tendenza alla sottostima come mostrato in Figura 2.13 per la sezione di chiusura di Pontelagoscuro. A tal riguardo la catena modellistica TOPKAPI/RIBASIM è stata calibrata e validata sul periodo 2000-2010 ed è sostanzialmente dedicata al monitoraggio di eventi di magra. Al fine di valutare i risultati delle altre simulazioni nel periodo di controllo, considerando solo l’incertezza introdotta dal dato climatico si è scelto di usare la prima simulazione come benchmark per le successive 3 (ERA Interim/COSMO-CLM, CMCC-CM/COSMO-CLM, CMCC-CM/COSMO-CLM/QM). Figura 2.14 riporta il confronto tra le quattro simulazioni nel periodo di controllo 1991-2010: è evidente che le simulazioni guidate da ERA Interim/COSMO-CLM e da CMCC-CM/COSMO-CLM sovrastimino le portate nella prima metà dell’anno e le sottostimino nel rimanente periodo, mentre la simulazione guidata da CMCC-CM/COSMO-CLM/QM riproduce in modo più corretto le portate di riferimento, dimostrando che la correzione del dato climatico rimuove in maniera soddisfacente le incertezze legate alla coppia GCM/RCM.

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portate future mostrano una variabilità maggiore rispetto al periodo di controllo incrementando la probabilità di verificarsi di magre prolungate o di piene severe.

Figura 2.13 Confronto tra le portate medie mensili a Pontelagoscuro nel periodo 1991-2010: (a) Annali Idrologici (black) vs simulazione TOPKAPI/RIBASIM guidata da osservazioni climatiche (blu)

Figura 2.14 Simulazione TOPKAPI/RIBASIM guidata da osservazioni climatiche (blu), ERA Interim/COSMO-CLM (rosso), CMCC-CM/COSMO-CLM (verde) e CMCC-CM/COSMO-CLM/QM (giallo);

Figura 2.15 Variazione per centuale della portata media mensile nel periodo 2021-2050 rispetto al 1981-2010 sotto ipotesi di cambiamento climatico usando lo scenario di emissione RCP4.5 (quadrato) e RCP8.5 (triangolo) con i dati climatici originali (verde) e bias corretti (giallo).

Per quanto riguarda le piene fluviali temibili, si riporta di seguito un esempio applicativo della metodologia stocastica per la stima della portata al colmo di piene sempre sviluppata nell’ ambito della collaborazione tra ARPA SIMC e CMCC-ISC, per i dettagli della metodologia si rimanda a De Michele e Salvadori (2002) e Vezzoli e Mercogliano (2013).

Nel caso specifico si è analizzata la risposta del bacino del fiume Secchia ad una variazione del 10% della portata massima annuale per le durate canoniche di 1, 3, 6, 12 e 24 ore e/o a variazioni di uso del suolo. Figura 2.16 mostra come sostanzialmente una variazione di uso del suolo posso risultare in un incremento delle portate di piena (prima riga) comparabile a quello prodotto dall’ipotizzato incremento delle precipitazioni (seconda riga primo pannello) e come la combinazione di cambiamento climatico e uso del suolo possa ulteriormente enfatizzare il fenomeno.

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Figura 2.16 Applicazione del metodo stocastico al bacino del fiume Secchia. La prima mappa rappresenta l’uso del suolo come risulta dal dataset CORINE, la seconda e la terza fanno riferimento a due scenari di evoluzione di uso del suolo al 2050. Per la linea segnalatrice di probabilità pluviometrica si è preso a riferemento le osservazioni disponibili al 2011 (in blu) e un’ipotetico cambiamento climatico di +10%. In funzione della coppia precipitazione / uso del suolo considerata si ha la stima della variazione della portata al colmo di piena, per la coppia precipitazione osservata/CORINE la distribuzione dei colmi di piena è confrontata con i dati osservati

2.4. Scenari socio-economici

Il territorio del bacino del Po accoglie le aree a maggior sfruttamento antropico in Italia: la pianura padana può essere considerata, secondo i criteri di EUROSTAT, un unico, anche se parzialmente discontinuo,vasto territorio metropolitano. Lo stato delle risorse idriche dipende in larga parte dall’uso per scopi produttivi, per i quali d'altronde la presenza della risorsa è vitale: il settore agricolo, quello industriale e energetico e quello civile generano una enorme richiesta di risorsa idrica. In tale scenario socio-economico, la valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici futuri non può prescindere dalla presa in conto di scenari futuri di evoluzione socio-economica, anche se la loro formulazione appare complessa e gravata, oltre che da quella climatica, anche dall’incertezza degli scenari economici europei e globali.

La popolazione ammonta a circa 17 milioni residenti con un trend positivo (+6%) dal 2001. Secondo le proiezioni di ISTAT, il numero di residenti è destinato ad aumentare sotto tutti gli scenari demografici (medio, basso, alto) raggiungendo nel 2050 valori compresi fra i 18 e i 21 milioni (da +7 a + 26 per cento rispetto al 2011). Allo sviluppo urbano corrisponde una previsione di sviluppo positivo anche per i territori urbani, e di conseguenza della domanda idrica per scopi residenziali, anche se le previsioni di modifica della composizione sociale (aumento del numero di anziani ecc.) potrebbero controbilanciare la tendenza generale.

La richiesta idrica del settore industriale si prevede quindi che la domanda idrica ad essa collegata rimanga stabile, anche a causa della considerazione che che la delocalizzazione della produzione sia ormai un processo compiuto e stabilizzato. Anche nel settore energetico si prevede che la domanda rimanga stabile: la recente Strategia Nazionale Energetica (D.M. 8 Marzo 2013) non prevede una modifica sostanziale del mix energetico, anche se l’aumento della richiesta di biomasse potrebbe incrementare la richiesta idrica del settore energetico attraverso il settore agricolo, tuttavia compensabile nel complesso da un efficientamento dell’uso per raffreddamento nelle centrali ad idrocarburi.

Lo scenario evolutivo della richiesta per il settore agricolo risulta invece più incerto. Le politiche Europee, come la Politica Agricola Comunitaria (PAC) 2014-2020 e le politiche nazionali come il Piano Irriguo, richiedono un aumento consistente dell’efficienza irrigua nel settore; inoltre, il Sesto Censimento Agricolo Nazionale39 mostra una prolungata fase di contrazione del settore. A ciò si contrappone l’aumento della temperatura e della variabilità annuale e stagionale, con l’incremento della frequenza ed intensità di onde di calore e siccità.

Un aumento della domanda irrigua, tuttavia, potrebbe essere compensato dall’incremento dell’efficienza delle reti di distribuzione e della loro gestione, settore in cui è presente un consistente margine di miglioramento; occorre tenere presente anche in questo caso, però, che sussistono vincoli dai vincoli strutturali del sistema irriguo rispondenti a specifiche caratteristiche territoriali che rendono economicamente non sostenibili, o tecnicamente non efficaci, interventi di modifica sostanziale dell’assetto distributivo.

Settore Previsione

Settore industriale ed energetico

Non si prevede alcun cambiamento sostanziale nella richiesta idrica dei settori industriale ed energetico nel medio-lungo periodo. Sebbene la componente rinnovabile aumenti, la sua richiesta idrica è considerata ininfluente.

Settore Civile-domestico La richiesta vedrà probabilmente un aumento generale nel medio periodo dovuto all’aumento della pressione demografica sul bacino. Nel lungo periodo la tendenza può essere stimata in diminuzione, grazie a dinamiche di cambiamento sociale, campagne di sensibilizzazione al risparmio e maggiore efficienza delle apparecchiature domestiche.

Settore agricolo Trend contrapposti. Da un lato è stringente la richiesta per sistemi irrigui più efficienti, dall’altro è evidente l’aumento della produzione di colture idro-esigenti come le biomasse energetiche. L’aumento delle temperature e dell’evapotraspirazione potrà comportare un aumento della domanda nelle stagioni più calde, incrementando lo stress idrico dovuto a potenziali siccità. Le richieste del mercato continueranno ad avere un’influenza preponderante sulle scelte di produzione agricola, molto più che la disponibilità idrica.

39 ISTAT, 2010

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3. Impatti dei cambiamenti climatici

3.1. Impatti sui settori naturali

3.1.1. Deflussi di piena e rischio alluvionale

I cambiamenti climatici potranno impattare sulle piene fluviali generando un aumento delle portate massime al colmo che ad oggi sono considerate di riferimento, e che sono classificate in base ad un valore di frequenza cui è associato un certo grado di rischio (alluvionale, idraulico, idrogeologico, ecc.). Le piene dipendono dai seguenti fattori sensibili ai cambiamenti climatici:

• volume, distribuzione spaziale, intensità e durata delle precipitazioni e dello scioglimento nivale sul bacino;

• condizioni del bacino e meteorologiche antecedenti l’evento pluviometrico;

• condizioni del suolo e topografia;

• capacità di convogliamento del tronco interessato (comprese le eventuali occlusioni temporanee, anche dovute al ghiaccio);

• impatto delle maree e delle mareggiate;

• aumento delle frane, smottamenti e colate di fango.

3.1.2. Magre fluviali, carenza idrica e siccità

La scarsità idrica e la siccità, e le magre fluviali che ne conseguono, sono largamente documentati come i fenomeni che verosimilmente risentiranno degli impatti più pesanti a causa dei cambiamenti climatici, in conseguenza di una previsione di diminuzione della risorsa idrica naturale disponibile. Negli ultimi anni le portate minime (estive) a Pontelagoscuro hanno fatto segnare tempi di ritorno (calcolati sulle serie storiche dei minimi annuali) superiori a 200 anni, mentre le stesse portate calcolate in sezioni più a monte mostravano valori dei tempi di ritorno tra 5 e 10 anni. Ciò implica da una parte la necessità di rivedere le procedure applicative dei metodi statistici classici a situazioni non stazionarie perché soggette ad un rapido cambiamento climatico, approfondendo la distinzione tra siccità e carenza idrica.

3.1.3. Criosfera

Gli ambiti montani, che occupano il 58% dell’intera superficie del bacino del Po, sono due: alpino e appenninico. La componente criosferica del bacino comprende quindi i ghiacciai dell’arco Alpino, le aree a copertura nevosa Appenniniche ed Alpine, i laghi e le riserve idriche ghiacciate ed il suolo ghiacciato temporaneo o perenne (permafrost nel settore alpino).

Come già evidenziato tali aree sono considerate sistemi ecologici estremamente sensibili al cambiamento climatico40. Le serie storiche della temperatura alpina osservata, evidenziano già un aumento delle temperature medie annuali di circa 2 °C dal 1760 al 200341. L’Agenzia Ambientale Europea identifica inoltre che una parte consistente di questo aumento (1,2 °C) si sia verificata negli ultimi 25 anni42. Le previsioni future di riscaldamento regionale prevedono che tale trend di aumento

40IPCC 2007; EEA 2008 41 Auer et al. 2007 42 EEA 2009

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arrivi nell’arco alpino fino a 3,8 °C entro la fine di questo secolo, rispetto al trentennio 1971-2000. Tale aumento risulta essere più accentuato nelle quote oltre i 1.500 m di altitudine43 e nella stagione estiva, dove a quote elevate si potranno raggiungere incrementi superiori a +6 °C.

Come già accennato l’aumento della temperatura media stagionale comporta:

• una riduzione degli apporti nevosi, e una diversa dinamica temporale dei processi di accumulo e scioglimento, con conseguenze sui regimi idrologici degli effluenti44.

• una riduzione consistente dell’estensione dei ghiacciai alpini, con conseguenze che riguardano lo scioglimento del permafrost, una riduzione delle portate estive di origine glaciale (contributo stimabile in circa 2% del fabbisogno idrico estivo del bacino), una riduzione del tasso di ricarica degli acquiferi sotterranei, la liberazione di inquinanti di vecchia data imprigionati nei ghiacci, la formazione di laghi glaciali. Studi sui ghiacciai alpini affermano che dal 1850 al 2000 si stima che la superficie totale si sia ridotta alla metà del volume originario45. Il ritiro medio nel ventennio dal 1980 al 2000 è stato di 95.4 m e di 150 m nei ghiacciai Lombardi. Ondate di calore eccezionali come quella del 2003 provocano poi uno scioglimento addizionale che non viene normalmente recuperate nelle successive stagioni. Solo nel 2003 i ghiacciai alpini hanno perso dal 5 al 10 percento46. Le stime disponibili prevedono che un aumento della temperatura dell’aria estiva media di 3°C ed una precipitazione costante, produrrà una riduzione di circa 80 percento della superficie totale dei ghiacciai alpini al 2060 rispetto alla media del periodo 1971-200047. L’ultimo rapporto dell’EEA prevede una diminuzione dei ghiacciai alpine del 76 +/- 15 percento in base a 10 scenari climatici. Va evidenziato che la giacitura dei ghiacciai italiani (con esposizione dell’arco a sud) potrebbe accelerare in maniera consistente il trend.

3.1.4. Qualità dei corpi idrici

La qualità dei corpi idrici risulta essere sensibile ai cambiamenti climatici. Nella pubblicazione River Basin Managment in a changing climate48 è fornito un elenco dei parametri alla base della definizione dello stato di qualità dei corpi idrici ai sensi della Direttiva quadro acque che potrebbero risultare sensibili al cambiamento climatico, quindi potenzialmente utili nelle fasi di diagnosi e monitoraggio.

La qualità dei corpi idrici dipende in modo consistente dal regime idrologico naturale del corso d’acqua, cui gli ecosistemi acquatici si sono adattati e che, se modificato per cause climatiche, può influire negativamente sulla qualità. Lo stato dei conservazione delle specie di acqua dolce anche di interesse comunitario è in genere a rischio di peggioramento. L’eccessivo prelievo di risorsa dai corpi idrici superficiali e sotterranei sta causando la diminuzione delle portate che defluiscono negli alvei, la perdita di aree umide e l’abbassamento del livello degli acquiferi sottosuperficiali: quest’ultimo aspetto va considerato con la debita attenzione, perché la tempistica dei processi di cambiamenti climatico coincide con quella, pluriannuale, di risposta del sistema idrico sotterraneo, rendendo quest’ultimo fortemente impattabile. I cambiamenti climatici possono generare impatti che riguardano sia il bilancio idrologico annuale che la variabilità sub annuale del deflusso, e generare quindi adattamenti naturali del sistema, che dovrebbero essere distinti da quelli derivanti dalla riduzione delle portate per eccessivo prelievo a scopi antropici. E’ importante quindi, attraverso lo studio degli impatti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi, distinguere fra la scarsità idrica (di origine più antropica) e la siccità (di origine più naturale).

43 EURAC 2008 44 Mysiak et al, 2014 45 Zemp et al. 2008 46 Climalpture 2010 47Zemp et al. 2006; EEA 2008 48 EEA 2009, 2

3.2. Impatti sui settori produttivi

3.2.1. Agricoltura

L’agricoltura del bacino del Po è un complesso sistema antropizzato dove si coltivano quasi 70 specie di interesse agrario, ognuna caratterizzata da una diversa sensibilità ai cambiamenti climatici in atto, ed in special modo alle sempre più frequenti situazioni di deficit idrico. La vulnerabilità dell’agricoltura in questo territorio è quindi estremamente variabile. Le situazioni di stress idrico che hanno caratterizzato il bacino nell’ultimo decennio (nel 2003, 2006-2007, 2012) causano notevoli impatti sul settore agricolo, che dipendono dal periodo dell’anno in cui si manifestano e dal relativo grado di suscettibilità delle colture interessate, dall’efficacia delle azioni intraprese dagli agricoltori per contrastare le conseguenze provocate dalla siccità, e della reattività dei mercati agricoli a tali shock climatici. Studi effettuati49 evidenziano tuttavia che a livello stagionale, gli impatti possono essere in alcuni casi contrastanti in dipendenza dalle diverse strategie adottate dagli agricoltori e dall’elasticità dei prezzi del mercato al verificarsi della siccità. Il deficit idrico infatti causa certamente una diminuzione dell’offerta di alcuni prodotti agricoli, ma parallelamente un aumento della domanda di altri prodotti e fattori della produzione, un aumento dei prezzi al consumo, e l’intervento delle quote assicurative.

3.2.2. Settore civile

Il settore civile (residenziale, industriale urbano e suburbano fornito da acquedotto e commerciale) di approvvigionamento idrico evidenzia al momento un certo grado di resilienza ai cambiamenti climatici, a causa dell’esiguità della domanda per tale settore rispetto agli altri. Tuttavia l’aumento dell’urbanizzazione, le dinamiche demografiche e la variabilità delle disponibilità, potrebbero aumentare la vulnerabilità del settore nel medio-lungo periodo. L’Italia è, fra i paesi economicamente sviluppati, tra i più idro-esigenti: la richiesta idrica media è di circa 380 litri/persona/giorno, mentre la richiesta di paesi come Olanda e Regno Unito è inferiore ai 280 litri/persona/giorno. Oltre alla “sete” nazionale, il nostro paese deve fare i conti con una rete di distribuzione spesso obsoleta e con elevate perdite strutturali. La vulnerabilità futura del settore dipenderà principalmente dalle politiche attuate e dalla capacità di auto-finanziamento del settore nella manutenzione e sviluppo del servizio.

3.2.3. Produzione di energia elettrica

Il bacino del Po costituisce la zona nel territorio nazionale più rilevante per quanto riguarda la produzione di energia elettrica. Le più importanti fonti di produzione di elettricità, nel mix energetico Italiano, sono rappresentate dall’idroelettrico e dall’impiego di combustibili fossili mediante impianti termoelettrici. Entrambe le tecnologie sono caratterizzate da una forte dipendenza dalle risorse idriche.

Nel distretto del Po sono installati più di mille impianti idroelettrici, per una potenza totale di oltre 10.000 MW e una produzione annua di circa 26.000 GWh, circa il 48 per cento dell’elettricità prodotta a livello nazionale50.

Sebbene la capacità installata sia ripartita su più di 400 centrali, oltre la metà di essa è concentrata in 9 siti. In queste centrali, la risorsa idrica viene utilizzata per il raffreddamento degli impianti.

L’impatto dei cambiamenti climatici sulla produzione elettrica del bacino potrebbe rivelarsi particolarmente significativo in termini economici e potrebbe interessare la sicurezza energetica di una delle aree più produttive del paese. Il calo delle precipitazioni nei periodi più caldi dell’anno e l’intensificarsi degli eventi di scarsità idrica potrebbero arrecare significative diminuzioni alla produzione idroelettrica. Inoltre, considerato che la maggior parte delle grandi centrali termoelettriche è collocata sull’asta del fiume Po e sfrutta le sue acque per il raffreddamento, il funzionamento del sistema di produzione dipende dai suoi deflussi. Lo studio degli impatti delle siccità 2003 e 2006-07 49 De Salvo e Mysiak 2014 50 Terna 2010

25

sulla produzione idroelettrica51, identifica un’importante dipendenza del settore dalla variabilità meteo-climatica. La valutazione economica dei danni subiti dal settore, per mancati ricavi e mancata produzione, indica che la siccità del 2003 ha prodotto perdite complessive per un ammontare stimabile in circa 280 milioni di euro, e per 670 milioni di euro nel 2007. Gli impatti della scarsità idrica sul settore, oltre alle perdite di produzione in senso stretto, sono incrementati dall’impossibilità, negli anni siccitosi, di utilizzare la risorsa idroelettrica per soddisfare i picchi giornalieri di domanda di energia elettrica: questo potrebbe causare problemi alla distribuzione e potenziali black-out. I cambiamenti climatici in atto, le variazioni tendenziali di scioglimento anticipato delle nevi e la modifica di frequenza ed intensità degli eventi estremi, impongono una seria considerazione delle potenzialità produttive future sulle Alpi. Tali potenzialità, realistiche rispetto alla capacità produttiva, devono essere la base per le prossime strategie energetiche Nazionali ed Europee.

3.2.4. Turismo e settore ricreativo

Il bacino del Po rientra tra le aree a più alto afflusso turistico in Italia. Tre delle cinque regioni che da sole raccolgono circa il 55 percento delle presenze si trovano all’interno del bacino: Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. Valle d’Aosta e Piemonte partecipano con una quota inferiore, ma pur sempre significativa (soprattutto per quanto riguarda il turismo invernale). E’ ragionevole pensare che il cambiamento climatico avrà degli impatti anche sul settore turistico, sia per quanto riguarda le aree montane che quelle costiere e di pianura. Il progetto PESETA52, suggerisce tra le conclusioni che paesi attualmente a clima più rigido potrebbero incontrare nei prossimi anni un aumento delle affluenze turistiche a seguito dei cambiamenti climatici, a differenza di paesi più caldi (come l’Italia) che subiranno una riduzione dei flussi turistici, in particolare quelli domestici. Se la riduzione delle precipitazioni nei prossimi anni sarà significativa, la riduzione delle risorse idriche e l’aumento della desertificazione in alcune aree potrebbero influire negativamente sul già alto livello di stress ambientale nelle aree turistiche fortemente antropizzate, come le aree del litorale veneto e emiliano. Infine, l’innalzamento della temperatura nelle aree costiere potrebbe favorire l’aumento di popolazioni algali infestanti, mucillaggini e meduse: tutti elementi poco graditi alle attività turistiche. In conclusione, i cambiamenti climatici non genereranno nuovi rischi nelle zone turistiche costiere, ma potrebbero accentuare ed amplificare le problematiche già presenti.

51 PREEMPT 2012 52 http://peseta.jrc.ec.europa.eu/

4. Adattamento ai cambiamenti climatici

4.1. Politica europea su Cambiamenti Climatici e Acqua

Sul tema dei cambiamenti climatici la politica europea individua due azioni principali:

• la mitigazione;

• l’adattamento.

Per quanto riguarda le politiche dell’acqua, l’adattamento è l’opzione da perseguire, anche alla luce dell’irrapidirsi delle variazioni climatiche registrate negli ultimi anni, superiori a quelle previste dai modelli. Il primo documento di riferimento sull’adattamento è il “Libro verde della Commissione sull'adattamento ai cambiamenti climatici in Europa: quali possibilità di intervento per l'UE”53, che risale al 29 giugno 2007. Il Libro verde contiene l’elenco degli impatti dei cambiamenti climatici che devono essere esaminati e mitigati, che con riferimento alla risorsa idrica sono siccità e inondazioni, riduzione dell'accesso all'acqua potabile, riduzione della biodiversità e degrado degli ecosistemi. Già nel Libro Verde gli impatti sulla risorsa idrica sono stati individuati come preponderanti, anche a causa delle loro potenziali conseguenze sugli equilibri socio-economici.

Con il Libro verde la Commissione ha aperto una importante fase di consultazione, che ha portato alla definizione dell’orientamento dell’azione comunitaria contenuta nel successivo “Libro bianco sull'adattamento ai cambiamenti climatici54” pubblicato nel 2009.

Il Libro bianco sull’adattamento ai cambiamenti climatici presenta un quadro di interventi anche a breve termine finalizzati a rendere l'UE meno vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici.

Basandosi sulle previsioni secondo cui i cambiamenti climatici modificheranno sensibilmente la qualità e la disponibilità dell’acqua, il Libro Bianco porta un elenco dei possibili impatti sulle risorse idriche da prendere in considerazione nella definizione delle strategia per l’adattamento:

• innalzamento del livello del mare, con conseguenza in termini di perdita di suolo, intrusione salina e incremento della frequenza delle inondazioni costiere.

• aumento delle precipitazioni intense e conseguente variazione nella frequenza delle inondazioni.

• Impatti sulle infrastrutture dovuti a inondazioni, siccità e onde di calore.

• Impatti sulla richiesta di energia elettrica, e sulla capacità di soddisfare la domanda modificata.

• Impatti sull’agricoltura.

• Impatti sulla disponibilità idrica.

• Impatti su pesca e foreste.

• Impatti sulla biodiversità e sui “servizi eco sistemici”.

Il Libro Bianco reca con sé alcuni importanti allegati:

1. uno “studio di impatto ”55 in cui sono formalmente introdotti i termini “vulnerabilità” e “resilienza”, mediati dai documenti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change.

53 CE 2007 54 CE 2009

27

Sono inoltre presentate le opzioni per l’adattamento, classificate secondo tre approcci sinergici.

Vengono infine presentate le misure prioritarie, che, a partire dalla considerazione della grande incertezza che caratterizza le previsioni e gli scenari di CC, devono essere attuate a prescindere dalla bontà delle previsioni in quanto portatrici di effetti positivi anche nel breve termine , rispetto al tema dell’adattamento e della mitigazione ai CC, dei i servizi ecosistemici, ecc. Misure con queste caratteristiche vengono definite di tipo no-regret.

2. un documento di lavoro dei servizi della commissione intitolato “Le problematiche dell’adattamento dell’agricoltura e delle zone rura li ai cambiamenti climatic i” a significare la particolare importanza del settore dell’agricoltura.

Nel documento viene chiarito che oltre a individuare i requisiti in materia di gestione idrica da inserire negli strumenti tipici della Politica Agricola Comunitaria, è opportuno inserire misure di adattamento relative all'agricoltura nei Piani di Gestione di Distretto e della DIR 2007/60CE, basandosi sui seguenti orientamenti strategici:

- rafforzare il ruolo di fornitore di servizi ecosistemici dell'agricoltura;

- rafforzare la resilienza delle infrastrutture agricole;

55 CE 2009, 2

Esempi di misure da intraprendere in quanto prive di effetti negativi (misure no regret):

• evitare lo sviluppo e la costruzione di infrastrutture in zone ad alto rischio (come pianure alluvionali o soggette a carenze idriche) in fase di installazione o rilocalizzazione;

• progettare le infrastrutture e gli edifici in modo da ridurre al minimo il consumo di acqua e di energia e migliorare la capacità di trattenere l'acqua e la capacità di raffreddamento nelle zone urbane;

• evitare l’impermeabilizzazione del suolo;

• procedere a una gestione costiera e delle alluvioni che preveda la creazione o la ricostituzione di pianure alluvionali o paludi salmastre che aumentano la capacità di gestione delle alluvioni e dell'innalzamento del livello dei mari e contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi in materia di biodiversità e conservazione degli habitat;

• migliorare la preparazione e i piani di emergenza per far fronte ai rischi.

Approccio alle infrastrutture "grigie": interventi fisici o misure di costruzione basate su servizi di ingegneria per realizzare edifici ed infrastrutture essenziali per il benessere socioeconomico della società che siano maggiormente in grado di resistere ad eventi estremi.

Approccio strutturale "verde": cioè interventi che aiutano ad aumentare la resilienza degli ecosistemi e che, pur puntando ad arrestare la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi e a ripristinare i cicli dell'acqua, utilizzino allo stesso tempo le funzioni e i servizi offerti dagli ecosistemi per realizzare soluzioni di adattamento più efficaci sotto il profilo economico, e a volte anche più praticabili, rispetto alle sole infrastrutture grigie.

Approccio non strutturale ("non vincolante"): ovvero la definizione e l'applicazione di politiche e procedure, controlli sull'uso del suolo, divulgazione delle informazioni ed incentivi economici volti a ridurre o a prevenire la vulnerabilità alle catastrofi. Tutto ciò richiede una gestione più attenta dei sistemi antropici che stanno alla base.

Per vulnerabilità (IPCC, 2007) s'intende il grado di suscettibilità di un sistema agli effetti negativi dei cambiamenti climatici e la sua incapacità a farvi fronte; sono inclusi la variabilità del clima e gli eventi meteorologici estremi. La vulnerabilità dipende dalla natura, dall'entità e dalla velocità dei cambiamenti climatici e delle variazioni cui è esposto un determinato sistema, dalla sua sensibilità e dalla sua capacità di adattamento. Al contrario, per resilienza s'intende la capacità dello stesso sistema di assorbire le perturbazioni mantenendo la stessa struttura e le stesse modalità di funzionamento di base.

- sviluppare sinergie tra adattamento e mitigazione;

- migliorare la capacità di adattamento degli agricoltori;

- promuovere la ricerca su clima e agricoltura;

- elaborare indicatori di vulnerabilità specifici per il settore agricolo.

3. un documento di lavoro dei servizi della commissione intitolato “Climate Change and Water, Coast and Marine Issues ” incentrato sul tema dell’acqua e della difesa delle aree marino costiere, e sul rapporto tra CC, Direttiva Quadro sulle Acque, Direttiva Alluvioni e politica Europea su Scarsità Idrica e Siccità;

4. un documento di lavoro dei servizi della commissione intitolato “Human, Animal and Plant Health Impacts of Climate Change ” incentrato sulla relazione tra cambiamenti climatici, e incremento di eventi estremi, e Strategia Europea per la salute.

Il processo si è concluso con la pubblicazione della Strategia Europea di Adattamento ai CC (EU strategy), avvenuta il 16 aprile 2013: essa introduce strumenti normativi e meccanismi finalizzati a rendere l’UE più capace di affrontare gli effetti attuali e futuri dei cambiamenti climatici. Essa è imperniata su tre obiettivi di base:

• promuovere l’azione di adattamento negli Stati membri;

• impostare l’azione UE in modo che sia “a prova di clima”, favorendo l’integrazione delle politiche di adattamento nelle altre politiche settoriali e nella politica di coesione;

• incrementare la “cognizione di causa” del sistema, rimediando all’attuale scarsità di conoscenze attraverso gli strumenti di informazione e comunicazione, tra cui la piattaforma europea sull’adattamento ai cambiamenti climatici (Climate-ADAPT).

4.2. Riferimenti per la pianificazione distrettuale

Nell'ampio panorama della letteratura attinente alla ricerca ed alla politica climatica sono particolarmente rilevanti due iniziative in quanto strettamente mirate all'inclusione del tema nella pianificazione distrettuale. Il primo è una guida CIS pubblicata nel 2009, recentemente richiamata nella bozza di manuale per il reporting relativo alla DQA; il secondo è un rapporto uscito in concomitanza al Blueprint contenete importanti riferimenti metodologici, compatibili anche con l'approccio DPSIR.

4.2.1. Rapporto “Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2012”

Il rapporto56 rappresenta un importantissimo riferimento metodologico per:

- il riconoscimento dei segnali di cambiamento climatico;

- la valutazione degli impatti nei diversi settori.

Esso individua infatti una serie di indicatori standardizzati utili ad esaminare i cambiamenti climatici e gli impatti su componenti ambientali, sociali ed economiche, utili in quanto in grado di fornire una quadro comparabile a livello europeo. Gli indicatori attengono sia a grandezze meteo-climatiche, al fine di definire la situazione attuale e individuare le tendenze, che a elementi di vulnerabilità/resilienza dei sistemi ambientali e socioeconomici agli impatti dei CC. L’approccio appare particolarmente utile per l’identificazione degli indicatori di impatto nell’ambito della cornice metodologica DPSIR. Gli

56 EEA 2012

29

indicatori individuati per l’area mediterranea57 sono riportati in Tabella 4.1, con riferimento alla componente cui sono riferiti ed all’area mediterranea. Per ciascun indicatore è indicato il trend osservato (o), la previsione (p) per la regione mediterranea.

Tabella 4.1 Sintesi dei valori degli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici58

Trend/previsione regione

mediterranea

Indicatore/Componente impattata Variabile

o/p

Cambiamenti nel sistema climatico

Variabili climatiche fondamentali

Temperatura globale ed europea T°C +/+

Estremi di temperatura (massimi) Frequenza +/+

Estremi di temperatura (minimi) Frequenza -/-

Precipitazione media Precipitazione -/-

Estremi di precipitazione (massimi) Durata/quantità (-)/+

Estremi di precipitazione (periodi asciutti) Durata (+)/nd

Tempeste (storms) Velocità vento o/(-)

Criosfera

Copertura nevosa Durata/quantità (-)/-

Ghiacciai Massa -/-

Permafrost Spessore attivo +/nd

Impatti del clima sui sistemi ambientali

Ambiente marino

Acidificazione delle acque Acidità +/+

Quantità di calore del mare Quantità di calore +/+

Temperatura della superficie T°C +/+

Fenologia delle specie marine Giorno dell’anno nd/nd

Distribuzione delle specie marine Latitudine nd/nd

Zone costiere

Innalzamento del livello del mare Livello medio (+)/(+)

Mareggiate Altezza sopra il livello medio del

mare

o/-

Acque interne

Portata fluviale Portata media -/-

57 Non sono riportati gli indicatori non attinenti all’area mediterranea (ghiacci della Groenlandia, eccetera) Note alla tabella: i valori tra parentesi indicano che la tendenza riguarda solo alcune parti della regione mediterranea. *: dati

medi per tutta la regione europea. **: trend relativo all’Europa centrale ed orientale. Nd: non definito. +- : trend variabile all’interno della regione.58

Trend/previsione regione

mediterranea

Piene fluviali Portata massima nd/+-

Magre fluviali Portata minima o/-

Temperatura dell’acqua T°C +/+

Congelamento superficiale di laghi e fiumi Durata -/-

Ecosistemi terrestri e biodiversità

Fenologia di piante e funghi Giorno dell’anno (primavera/estate) -*/-*

Fenologia animale Giorno dell’anno (primavera/estate) -*/-*

Distribuzione delle specie vegetali Latitudine e quota +*/+*

Distribuzione e abbondanza delle specie animali Latitudine e quota +*/+*

Suolo

Carbone organico nel suolo Contenuto +*/nd

Impatti del clima sui sistemi socio-economici e sulla salute

Stagione di crescita per le colture agricole durata (+)/nd

Agrofenologia Giorno dell’anno -/-

Produzione agricola limitata dalla disponibilità idrica Portata del raccolto -/(-)

Domanda di acqua irrigua Volume +-/(+)

Silvicoltura e foreste

Crescita boschiva Biomassa nd/(-)

Incendi boschivi Area (+)/nd

Acquacoltura e pesca

Acquacoltura e pesca Capacità di cattura nd/nd

Salute umana

Alluvioni e salute Nr. di persone alluvionate nd/nd

Temperature estreme e salute Mortalità nd/+

Inquinamento da ozono e salute Livelli di ozono (+)/+

Malattie trasmesse da vettori Nr. persone infettate nd/nd

Energia

Gradi giorno di riscaldamento Richiesta (-)/(-)

Domanda di elettricità Richiesta nd/(+)

Produzione di elettricità Produzione elettrica nd/-

Trasporti

Impatti degli eventi estremi Costi nd/nd

Turismo

31

Trend/previsione regione

mediterranea

Turismo generico Attrattività nd/(-)

Turismo invernale Attrattività nd/(-**)

Vulnerabilità ai cambiamenti climatici

Costi del danno derivante dai cambiamenti climatici

Danni causati da eventi clima-correlati Costi del danno +*/+*

Proiezioni dei costi del cambiamento climatico Costi nd/+*

La Figura 4.1 invece illustra gli impatti “passati” dei cambiamenti climatici con riferimento alle bioecoregioni definite ai sensi della WFD.

Figura 4.1 Sintesi degli impatti dei CC registrati e previsti negli scenari, suddivisi per “bioecoregione” d’Europa.

33

4.2.2. Rapporto “Guidance document No. 24 - RIVER BASIN MANAGEMENT IN A CHANGING CLIMATE"

L’importante rapporto59 costituisce la guida strategica sul tema della gestione dei bacini idrografici nell’ambito del cambiamento climatico, ed è finalizzato alla pianificazione ai sensi della DQA: fornisce una cornice conoscitiva di base sui temi principali quali proiezioni e scenari meteo e l’elenco delle azioni di pianificazione per l’adattamento.

Gli strumenti normativi che possono essere implementati sul tema dell’adattamento sono:

• Direttiva 2000/60/CE;

• Direttiva 20007/60 CE;

• Politica UE per scarsità idrica e siccità;

• Libro bianco della CE per l’adattamento ai CC.

Il report fornisce una interpretazione integrata in cui vengono evidenziati gli obiettivi che ricorrono in maniera trasversale in tutti gli strumenti elencati:

• costruire sistemi resilienti rispetto al rischio aggiunto derivante dai cambiamenti climatici agendo sulle attuali fonti di rischio di origine antropica,

• utilizzare l’approccio ciclico di gestione della DQA per recepire gli sviluppi conoscitivi che si generano man mano sul tema degli impatti dei cambiamenti climatici,

• utilizzare le possibilità di attuazione di iniziative già esistenti per:

- ripristinare le funzioni naturali degli ecosistemi all’interno dei bacini, in particolare la capacità dei bacini di trattenere e rilasciare lentamente l'acqua e degradare gli agenti inquinanti,

- ridurre la frammentazione e migliorare la connettività degli habitat delle specie per consentirne gli spostamenti,

- bilanciare gli obiettivi ecologici con quelli dello sviluppo economico.

Per ciascun settore (obiettivi ambientali, alluvioni, siccità e carenza idrica) sono proposti Principi Guida per l’inclusione nei Piani di Gestione, completati dalla proposta di azioni concrete per la loro implementazione. Rimandando alla guida per gli opportuni approfondimenti, sono nel seguito riassunti i principi guida ed alcuni contenuti rilevanti.

4.2.3. Adattamento ai cambiamenti climatici vs Direttiva 2000/60/CE

Anche se nella DQA non sono esplicitamente citati i rischi derivanti dai CC rispetto al raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale, l’opportunità di includere il tema dei CC nel processo di formazione e aggiornamento dei Piani di Gestione è molto forte per diverse ragioni: infatti la logica fondante della DQA prevede la “gestione adattativa” (adaptive managment), soprattutto in virtù dell’approccio integrato della gestione di suolo, acque ed ecosistemi e dell’impostazione ciclica delle revisioni al Piano. Poiché la DQA contiene numerosi elementi a supporto della resilienza degli ecosistemi acquatici e dell’uso razionale della risorsa idrica, il raggiungimento degli obiettivi da essa previsti va nella direzione dell’adattamento ai CC. In numerosi studi a supporto della DQA si rileva che gli impatti dei CC devono essere affrontati nella definizione dei seguenti componenti della DQA:

59 EEA 2009, 2

• pressioni antropogeniche, che influenzano le possibilità del raggiungimento del buono stato ecologico;

• programmi di monitoraggio;

• tipologie dei corsi d’acqua;

• condizioni dei siti di riferimento;

• appetibilità economica e costi/benefici degli investimenti;

• sinergie e conflitti legati originati da politiche di mitigazione/adattamento in altri settori;

• comportamento degli stakeholders.

Va inoltre sottolineato l’effetto transfrontaliero/transregionale dell’impatto dei CC, nel senso che determinanti di monte possono generareo impatti di valle.

Alcune azioni previste dal Piano di Gestione possono divenire molto rilevanti rispetto alla capacità di implementare le politiche di adattamento, specialmente nel breve periodo:

• sfruttare il monitoraggio per rilevare precocemente impatti di cambiamenti climatici;

• assicurarsi di aver individuato bene la scala degli impatti dei CC in atto e previsti, considerando anche le variazioni di pressioni antropogeniche che da essi possono derivare;

• sviluppare e promuovere, a livello di bacino, soluzioni per incrementare la resilienza dei sistemi al CC basate sul ripristino o sul mantenimento delle caratteristiche naturali presenti.

Inoltre i CC non devono, in generale ed almeno a breve termine, poter giustificare le deroghe al raggiungimento degli obiettivi della DQA.

I contenuti del Piano di Gestione che vanno affrontati considerando il tema dei cambiamenti climatici sono i seguenti:

• definizione del rischio, cioè la determinazione delle pressioni significative e degli impatti dell’attività umana sullo stato delle acque superficiali e sotterranee (art. 5);

• il monitoraggio e la definizione dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali, e dello stato chimico e quantitativo delle acque sotterranee (art. 8 ed allegato V);

• la definizione degli obiettivi, in base all’art. 4 , per le acque superficiali, sotterranee e per le aree protette, includendo in particolare le condizioni di applicabilità delle deroghe agli obiettivi ambientali previste dagli artt. 4(4), (5), (6) e (7);

Messaggio chiave

Nel 2° e nel 3° ciclo del PdG gli Stati Membri dovranno dimostrare chiaramente:

• in che modo le proiezioni dei futuri cambiamenti climatici sono state incorporate nell’analisi delle pressioni e degli impatti ai sensi della DQA;

• in che modo i programmi di monitoraggio sono adattati al fine di rilevare gli impatti dei CC;

• in che modo si dimostra che le misure adottate sono robuste rispetto all’incertezza che caratterizza le proiezioni climatiche future.

35

• le analisi economiche (art. 5 ed allegato III);

• il programma di misure (art. 11).

Nella guida vengono proposti “11 principi guida” che vanno seguiti per considerare i CC nel quadro della DQA, riportati e tradotti nella tabella seguente.

Tabella 4.2 Principi guida per l’implementazione delle politiche climatiche nella DQA

Passaggi del PdG previsti dalla DQA Principio guida

Determinazione di pressioni e impatti sui corpi idrici

1) Determinare, rispetto ad orizzonti temporali prefissati, le influenze dirette dei CC e quelle indirette laddove esse sono generate dall’adattamento ai CC delle attività antropiche.

2) Mantenere il monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee su siti specifici in modo da costruire serie temporali di lunghezza adeguata; impostare un programma di monitoraggio specifico per rilevare gli impatti dei CC, basato sull’individuazione degli hot-spots, e cercare di integrare i risultati con quelli del programma di monitoraggio operativo.

Monitoraggio e definizione dello stato

3) Impostare il monitoraggio su siti di riferimento per capire l’entità della variabilità naturale e degli impatti del CC.

Scelta degli obiettivi 4) Evitare di utilizzare il CC come giustificazione per il mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità, ma assicurarsi che esistano le condizioni previste dalla WFD.

Analisi economica dell’utilizzo idrico 5) Considerare i CC nel calcolare i possibili incrementi futuri di domanda e offerta. Optare per le misure che risultano più robuste rispetto al’incertezza sul possibile scenario climatico.

Principi relativi alle misure di adattamento correlate alla DQA

6) Tener conto dei possibili CC nel pianificare le misure, soprattutto quelle di lungo periodo o con costo elevato, assicurandosi che esse siano ancora efficaci nel quadro del CC.

7) Favorire misure robuste e flessibili in modo da poter far fronte all’incertezza. Considerare la modifica alle pressioni che può può derivare dai CC.

Come effettuare il “climate check” del Programma di Misure?

8) Optare per l’adattamento sostenibile scegliendo misure che offrano benefici trans-settoriali ed a basso impatto, soprattutto rispetto all’emissione di gas serra (misure win-win).

9) Evitare misure controproducenti per l’ambiente acquatico e che diminuiscono la resilienza degli ecosistemi.

10) Applicare l’art. 4(7) alle misure di adattamento che modificano le caratteristiche fisiche del corpo idrico e portano al deterioramento dello stato ecologico/chimico.

Cosa fare se “altre risposte” ai CC hanno impatti negativi rispetto agli obiettivi di buono stato ecologico della WFD?

11) Porre in essere tutti i possibili accorgimenti per mitigare i possibili effetti delle misure controproducenti.

La Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. contiene l’elenco dei possibili impatti dei CC sui parametri alla base della definizione dello stato dei corpi idrici.

Tabella 4.3 Parametri rilevanti nella definizione dello stato dei corpi idrici ai sensi della WFD impattati dai CC

Parametro Possibili impatti diretti

Parametri idrologici e idromorfologici Modifica dei regimi idrologici, dei livelli dei laghi e dei relativi tempi di ritenzione, dei livelli marini con conseguente erosione della costa.

Connessione idrologica di aree ripariali, canali e aree costiere.

Modifiche di lungo termine dell’alveo fluviale.

Processi morfologici – habitat correlati.

Modifiche delle dinamiche di trasporto solido a seguito dei CC.

Modifiche della ricarica e dell’utilizzo delle acque sotterranee indotte o incrementate dai CC.

Parametri chimico-fisici Modifiche della temperatura dell’acqua e del tasso di ossigeno disciolto.

Modifiche nella capacità di diluizione degli inquinanti.

Maggior erosione ed inquinamento diffuso.

Maggior dilavamento degli inquinanti o fuoriuscite da condotte fognarie.

Potenziale rimobilitazione di sedimenti e suoli contaminati.

Fotoattivazione di sostanze tossiche.

Superamento degli standard di qualità per l’acqua.

Intrusione salina nelle falde e nelle aree deltizie.

Parametri biologici e ecologici Modifiche nel metabolismo degli organismi.

Modifiche nella produttività e nella biodiversità degli ecosistemi.

Distribuzione geografica di piante ed animali.

Variazioni nei flussi migratori dei pesci e nei corridoi di dispersione.

Aumento dell’eutrofizzazione e delle fioriture algali.

Modifiche nella fauna e nella flora acquatica, includendo quelle nei siti di riferimento.

Cambi dell’insieme delle specie in aree particolari.

Decadimento più rapido degli organismi fecali e delle popolazioni patogene.

Aumento dell’attività microbica.

Effetti negativi dell’abbassamento delle falde sugli ecosistemi dipendenti.

37

4.2.4. Adattamento ai cambiamenti climatici vs Direttiva 2007/60/CE

La considerazione dei CC nell’ambito del tema della protezione dalle alluvioni, in relazione ai contenuti della Direttiva Floods 2007/60 CE, deve finalizzata a fornire risposta al seguente quesito:

“perché è importante tener conto dei CC nella gestione del rischio da inondazione?”.

Poiché la Dir. 2007/60 CE è nata sullo sfondo della DQA, l’approccio seguito per i Piani di Gestione del Rischio corrisponde nelle linee generali a quello della DQA:

• individuare pressioni dirette e indirette derivanti dai cambiamenti climatici.

• Riconoscere i segnali del cambiamento climatico.

• Monitorare i segnali in siti di riferimento indisturbati.

• Verificare l’efficacia delle misure del piano.

• Favorire misure di adattamento robuste, e soluzioni win win per gestire l’incertezza.

• Massimizzare le sinergie tra obiettivi intersettoriali.

• […adattare appena possibile la..] gestione del rischio idraulico […ai possibili CC…], senza attendere la disponibilità di previsioni certe.

A partire dall’osservazione dei recenti trends climatici, che porta alla conclusione che siano possibili incrementi dei colmi di piena in diverse regioni d’Europa, sono proposti principi guida per l’inclusione degli effetti dei CC nei piani di Gestione del Rischio.

Tabella 4.4 - Principi guida per l'adattamento ai Cambiamenti Climatici nella Pianificazione ai sensi della Dir. 2007/60CE

Principi guida in ambito di valutazione preliminare del rischio

1 - Capire e prevedere il prima possibile l’impatto del cambiamento climatico sulla distribuzione delle aree allagate.

2 - Usare le migliori informazioni e dati che sono disponibili.

3 - Omogeneizzare le serie temporali, e rimuovere l’eventuale bias presente appena possibile.

4 - Capire e prevedere il prima possibile gli aumenti di pericolosità, vulnerabilità e rischio derivanti dal cambiamento climatico, al fine di individuare le aree a rischio alluvionale significativo.

Principi guida in ambito di mappatura del rischio

5 - Incorporare le informazioni sul cambiamento climatico nella definizione dei diversi scenari di evento alluvionale.

6 - Mappare in modo trasparente l’incertezza che caratterizza le informazioni sul cambiamento climatico.

7 - Utilizzare il processo ciclico di revisione del Piano di Gestione del Rischio ogni 6 anni per incorporare l’informazione sul cambiamento climatico.

Principi guida per i Piani di Gestione del Rischio

Principio generale/Messaggio chiave:

iniziare ad adattare la gestione del rischio idraulico al cambiamento climatico potenziale il prima possibile, ovvero

appena si è in possesso di informazioni “abbastanza robuste”, in quanto la certezza non si raggiungerà mai.

8 - Tenere conto del cambiamento climatico nel definire gli obiettivi della gestione del rischio.

9 - Assicurare il coordinamento delle pianificazioni a scala di bacino, anche rispettando i requisiti di coordinamento contenuti nella Direttiva a livello di unità di gestione del distretto idrografico.

Principi guida per l’informazione, l’allertamento precoce e la preparazione

10 - Includere gli scenari di cambiamento climatico nelle iniziative in corso e nei processi pianificatori.

Principi guida per il programma di misure

11 - Effettuare un “check climatico” delle misure per la mitigazione del rischio alluvionale.

12 - Favorire le opzioni che si dimostrano solide anche nell’incertezza delle proiezioni climatiche:

� focus sul rischio di diffusione di inquinanti nelle aree a rischio di allagamento;

� focus su misure non strutturali, quando possibile;

� focus su misure no-regret e win-win;

� focus su un complesso di misure sinergiche piuttosto che su singole misure a se stanti.

13 - Favorire l’approccio basato sulla prevenzione.

14 - Tenere conto di una prospettiva di lungo termine nel definire le misure (con riguardo all’uso del suolo, all’efficienza delle misure strutturali, alla protezione degli edifici, delle infrastrutture critiche, eccetera.).

15 - Sviluppare solide metodologie di analisi costi-benefici che consentano di mettere in conto i costi e benefici futuri derivanti dal cambiamento climatico.

16 - Utilizzare incentivi economici per influenzare l’uso del suolo.

17 - Verificare gli impatti di altre misure di adattamento ai cambiamenti climatici sul rischio alluvionale: ad esempio produzione idroelettrica, regolazione dei deflussi, collegamenti con la scarsità idrica.

Principi guida finalizzati a garantire la coerenza con gli obiettivi della Direttiva 2000/60 CE

18 - Prestare speciale attenzione alle condizioni dell’art. 4(7) nel progettare le misure di protezione dal rischio alluvionale.

19 - Determinare l’applicabilità dell’art.4(6) della 2000/60 CE in caso di alluvione di volta in volta e sulla base di solida evidenza scientifica.

20 - Prestare speciale attenzione alla vulnerabilità delle aree protette in relazione alla possibile modifica della distribuzione delle aree allagate.

4.2.5. Adattamento ai cambiamenti climatici vs siccità e carenza idrica

Carenza idrica e siccità sono largamente documentati come i fenomeni che verosimilmente risentiranno degli impatti più pesanti a causa dei CC. Occorre osservare che i CC sono solamente una delle molteplici pressioni che devono essere considerate nella gestione della risorsa nelle aree soggette a carenza idrica: si prevede che i CC genereranno una diminuzione della risorsa idrica naturale disponibile, e, a causa dell’aumento della temperatura, anche un maggior fabbisogno di risorsa da parte di alcuni settori (irriguo, idroelettrico, ecc.).

39

(Testo da sito web EC 6061)

La prima istanza è quella di distinguere l’impatto derivante da un fenomeno naturale di siccità da quello legato alla carenza idrica, cioè al sovra sfruttamento antropico delle risorse disponibili naturalmente.

La distinzione è fondamentale anche in relazione alla possibilità di attivare i meccanismi per derogare agli obiettivi di qualità ambientale della DQA in base all’art. 4(6), e per chiarirne i termini in Tabella 4.5 è riportato un glossario62 in cui i fenomeni legati all’insufficienza della risorsa disponibile sono classificati in base alla loro origine (naturale ed antropica) ed alla loro durata (breve, media, lunga).

Durata Breve (giorni,

settimane) Di medio termine (mesi, stagioni,

anni)

Di lungo termine (decadi)

Naturale Evento asciutto (dry spell)

Siccità (drought)

Aridità (aridity)

Causa

Antropica Deficit idrico (water shortage)

Carenza idrica (water scarcity)

Desertificazione (desetification)

Tabella 4.5: scale temporali e cause di carenza idrica, siccità e concetti collegati – Traduzione dal testo inglese63.

Rispetto alle possibili modalità di trattazione del tema dei CC in relazione alla gestione della siccità e della scarsità idrica, sono proposti i seguenti principi guida:

60 “It refers to long-term water imbalances, combining low water availability with a level of water demand exceeding the supply capacity of

the natural system”[…] “Beyond water quantity, a situation of water scarcity can also emerge from acute water quality issues (e.g. diffuse

or point source pollutions) which lead to reduced fresh/clean water availability.” -

http://ec.europa.eu/environment/water/quantity/about.htm 61 “Droughts can be considered as a temporary decrease of the average water availability due to e.g. rainfall deficiency.” -

http://ec.europa.eu/environment/water/quantity/about.htm 62 “Gap Analysis of the Water Scarcity and Droughts Policy in the EU” – Final report – Strosser et Al., 2012. Documento a

supporto del Blueprint, 63 “Gap Analysis of the Water Scarcity and Droughts Policy in the EU” – Final report – Strosser et Al., 2012. Documento a

supporto del Blueprint,

Carenza idrica (Water Scarcity)

Il termine carenza idrica fa riferimento ad uno squilibrio di lungo termine che nasce dalla combinazione di

bassa disponibilità idrica e di un livello di domanda che eccede la capacità del sistema naturale. Al di là

della quantità, una situazione di carenza idrica può originarsi laddove l’inquinamento intenso da sorgenti

diffuse o puntuali possa ridurre la disponibilità di acqua di buona qualità.

Siccità

Il termine siccità fa riferimento ad una diminuzione temporanea della disponibilità idrica naturale media,

dovuto, ad esempio, ad una riduzione della piovosità.

Principi guida generali

1 - Sfruttare appieno gli obiettivi ambientali della DQA, (ad esempio quello del raggiungimento del buono stato quantitativo per le acque sotterranee) per aumentare la resilienza del “sistema acqua” ai cambiamenti climatici.

2 - Determinare, con solida base scientifica ed in base ai possibili casi che possono presentarsi, le condizioni per l’applicabilità delle deroghe agli obiettivi della DQA ai sensi dell’art 4(6), e tener conto dei CC nell’ambito di tale determinazione.

3 - Prestare particolare attenzione all’art. 4(7) della DQA nel progettare misure dirette al problema della scarsità idrica sotto cambiamento climatico, che potrebbero causare un deterioramento dello stato dei corpi idrici.

Principi guida per monitorare e rilevare gli effetti dei CC

4 - Individuare le cause che hanno provocato fenomeni di scarsità idrica nel passato e/o che possono generarli in futuro.

5 - Monitorare la domanda di risorsa idrica e prevederla, basandosi sulle più recenti conoscenze sulla domanda e sui relativi trends.

6 - Raccogliere più informazioni possibili sull’affidabilità dei sistemi di fornitura e distribuzione dell’acqua che potrebbero entrare in crisi a causa dei CC, in modo da diagnosticare precocemente gli eventi di scarsità idrica.

7 - Distinguere il segnale dei CC dalla naturale variabilità climatica e da altri impatti antropici, utilizzando serie di dati monitorati sufficientemnte estese nel tempo.

Principi guida relativi alle azioni di adattamento correlate a scarsità idrica e siccità

8 - Impegnarsi ulteriormente per prevenire la scarsità idrica e per essere meglio preparati a gestire gli impatti degli eventi siccitosi.

9 - Incorporare il tema dell’adattamento ai CC nella gestione della risorsa idrica mantenendo fermo l’obiettivo della sostenibilità del bilancio tra domanda di risorsa e disponibilità naturale.

10 - Seguire un approccio integrato basato su una combinazione di misure, non limitandosi solo alle misure “orientate all’offerta” o ai soli strumenti economici.

11 - Costruire la capacità adattative attraverso la realizzazione di sistemi di gestione dell’acqua efficienti e flessibili.

12 - Coinvolgere gli stakeholders nell’impegno per l’implementazione delle misure decisive per affrontare la scarsità idrica.

13 - Verificare l’impatto sul rischio di scarsità idrica e di siccità delle altre misure per l’adattamento e la mitigazione dei CC.

Tabella 4.6 - Principi guida per l'adattamento ai CC nell'ambito della gestione dei problemi di carenza idrica e siccità.

Principio generale/messaggio chiave:

1) Utilizzare la DQA come cornice metodologica di b ase per realizzare l’adattamento ai CC nelle aree soggette a scarsità, e per ridurre gli impatti della siccità.

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5. Check climatico del Programma di Misure del PdGPo2015

Il 12 settembre del 2013 il MATTM ha pubblicato il documento intitolato “Elementi per una Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici – Documento per la consultazione Pubblica”, che affronta il tema dell’adattamento in Italia ponendosi come un coerente approccio strategico per l’attuazione di un piano di azione che garantisca l’adozione tempestiva di misure di adattamento efficaci e coerenti tra i vari settori e livelli di governo interessati. Alla SNACC seguirà un Piano Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), che includerà i seguenti elementi:

• pianificazione economica ed individuazione degli attori principali

• allocazione delle risorse economiche

• attuazione della SNACC o parte di essa a seconda delle priorità individuate dalle istituzioni

• monitoraggio e valutazione del processo di attuazione mediante indicatori di performance.

La predisposizione della SNACC è basata su un approccio multidisciplinare e una forte condivisione e collaborazione tra i decisori politici a livello nazionale, regionale e locale con il supporto del mondo accademico e scientifico, raccogliendo le istanze dei portatori di interesse. La SNACC è articolata in 12 settori d’azione principali, alcuni dei quali articolati in “microsettori” (vedere Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. ) e due casi speciali, di cui uno è costituito dal Distretto Idrografico Padano.

Per ciascun settore e microsettore, la SNACC contiene gli elenchi delle proposte di adattamento, suddivise per tipologia - strutturale, non strutturale - e per competenza temporale - breve, medio, lungo termine.

Tabella 5.1 Settori di articolazione della SNACC (Fonte: MATTM 2013)

A scopo esemplificativo, sono riportate le tabelle relative al settore risorse idriche. Come si nota sono individuate molteplici misure, di cui alcune già inserite in atti della pianificazione distrettuale, ed altre per cui l’inserimento è comunque previsto. Esse sono presentate da Tabella 5.2 a Tabella 5.7, suddivise per tipologia.

Tabella 5.2 Misure proposte nell’ambito della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNACC) per aumentare la resilienza del settore “risorse idriche, relative a infrastrutture e miglioramento delle tecnologie.

1 MISURE DI TIPO INFRASTRUTTURALE E TECNOLOGICO

1.1 Riciclo e riuso dell’acqua

1.2 Interventi strutturali per l’efficientamento e ammodernamento delle reti per la riduzione delle perdite

1.3 Adeguamento tecnologico (strumenti di misurazione, telecontrollo, ecc.)

1.4 Dissalazione

1.5 Incremento delle capacità dei bacini e serbatoi artificiali che permettono di pianificare la gestione pluriannuale della risorsa

1.6 Introduzione di sistemi più efficienti di raffreddamento industriale

1.7 Incremento della connettività delle infrastrutture idriche

1.8 Riconversione delle reti ad esclusivo uso irriguo

1.9 Manutenzione della rete idrica a funzione multipla

1.10 Incrementare l’accumulo nelle zone rurali

1.11 Interventi per il riutilizzo irriguo dei reflui

1.12 Conversione, ove consentito dalle tipologie colturali, dei sistemi di irrigazione ad alto consumo per migliorare l’efficienza irrigua

1.13 Azioni in altri settori che permettano di ottimizzare/diminuire l’uso della risorsa (es. in agricoltura: uso di nuove culture meno idro-esigenti, turismo: stabilire regole per un uso più consapevole dell’acqua) perseguendo gli obiettivi della direttiva 2000/60/ce (direttiva quadro sulle acque)

Tabella 5.3 Misure proposte nell’ambito della SNACC per aumentare la resilienza del settore “risorse idriche, relative alla resilienza degli ecosistemi

2 MISURE BASATE SU UN APPROCCIO ECOSISTEMICO

2.1 Riqualificazione dei corsi d’acqua in considerazione del mantenimento dei deflussi vitali e della qualità ecologica anche in situazioni di variazioni dei regimi termo-pluviometrici futuri

2.2 Creazione di zone tampone fra aree coltivate e corsi d’acqua

2.3 Protezione e conservazione delle fasce boscate e della vegetazione costiera

2.4 Ricarica artificiale degli acquiferi

2.5 Miglioramento della capacità di ritenzione idrica dei suoli

Tabella 5.4 Misure proposte nell’ambito della SNACC per aumentare la resilienza del settore “risorse idriche, attinenti alla pianificazione strategica.

3 NORMATIVA E PIANIFICAZIONE

3.1 Pianificazione degli schemi complessi (sforzo di coordinamento) per stabilizzare l’aspettativa sulle disponibilità idriche

3.2 Sviluppare la capacità di una gestione pluriannuale delle risorse idriche

3.3 Riconsiderare fabbisogni e concessioni idriche storiche

3.4 Sviluppare programmi integrati per migliorare l’efficienza degli usi irrigui, potabili e industriali per ottimizzare i consumi

3.5 Piani di gestione della siccità

3.6 Includere le variabili indice connesse con i cambiamenti climatici nella valutazione ambientale strategica

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3.7 Nuovi codici per il risparmio idrico nel settore delle costruzioni

3.8 Stabilire regole minime e certe per i finanziamenti delle strutture e delle infrastrutture

3.9 Revisione/adeguamento delle tariffe per contenere l’uso della risorsa acqua

Tabella 5.5 Misure proposte nell’ambito della SNACC per aumentare la resilienza del settore “risorse idriche, attinenti gestione della risorsa.

4 GESTIONE

4.1 Gestione ottimizzata della domanda

4.2 Introduzione sistematica del minimo deflusso vitale (mdv) nei piani e nelle pratiche di gestione considerando anche le variazioni attese per condizioni climatiche e deflussi

4.3 Gestione ottimizzata dei livelli di laghi e bacini

4.4 Incentivare la gestione collettiva per il settore irriguo

4.5 Misure per la razionalizzazione dei consumi idrici

4.6 Gestione dei deflussi di pioggia in aree urbane e loro utilizzo

4.7 Adattare la gestione degli impianti di trattamento delle acque reflue e dei relativi sedimenti per una maggiore frequenza degli eventi estremi (alluvioni, siccità, ecc.)

4.8 Riordini irrigui, modifiche degli esercizi irrigui e dei piani contributivi

4.9 Sostenere la pianificazione aziendale, l’innovazione e la modernizzazione della gestione in campo agricolo

4.10 Sostenere la diversificazione delle attività e delle produzioni in campo agricolo in relazione alla mutata fenologia

4.11 Adattamento delle regole di gestione forestale per il miglioramento del bilancio idrico

4.12 Diffusione e utilizzazione dei più avanzati sistemi informativi e di supporto

Tabella 5.6 Misure proposte nell’ambito SNACC per aumentare la resilienza del settore “risorse idriche, attinenti gli strumenti economici.

5 ECONOMIA E FINANZA

5.1 Incentivi per prodotti a bassa intensità di uso dell’acqua e per l’uso di acqua a scadente qualità (acqua grigia)

5.2 Programmazione di strumenti economici di gestione del rischio climatico (assicurazioni, fondi mutualistici, ecc.)

5.3 Aiuto finanziario specifico e finalizzato al conseguimento degli obiettivi di adattamento ai cambiamenti climatici in particolare per interventi che assicurano le disponibilità idriche negli anni e ne accrescono l’efficienza d’impiego (prestiti, mutui, agevolazioni fiscali, contributi in conto capitale, ecc.)

5.4 Fondi per il settore primario in aree soggette a siccità e a incertezza delle disponibilità idriche

5.5 Incentivi ai proprietari di terreni per migliorare la capacità di ritenzione

5.6 Revisione dei sistemi contributivi per le infrastrutture rispetto alle specifiche caratteristiche idrogeologiche

Tabella 5.7 Misure proposte nell’ambito SNACC per aumentare la resilienza del settore “risorse idriche, attinenti l’incremento della conoscenza.

6 RICERCA E CONOSCENZA

6.1 Sviluppo di sistemi di supporto alle decisioni (servizi di consulenza irrigua, sistemi early warning per rischio siccità, alluvioni, frane, esondazioni, fitopatie e attacchi patogeni)

6.2 Monitorare gli indicatori ambientali di trasformazione confrontandoli con valori ottenuti per siti di riferimento

6.3 Migliorare i modelli per acque superficiali e sotterranee per ottenere stime più affidabili sulla consistenza delle risorse

6.4 Migliorare la comprensione dei fattori di controllo del clima e dei feedback del suolo

6.5 Indagini ad alta risoluzione per individuare le zone più vulnerabili alle inondazioni e alla siccità

Tabella 5.8 - Misure proposte nell’ambito SNACC per aumentare la resilienza del settore “risorse idriche, relative alla comunicazione del rischio

7 COMUNICAZIONE

7.1 Raccogliere e disseminare le informazioni disponibili sul cambiamento climatico

7.2 Disseminare informazioni sull’esistenza di buone pratiche in campo agricolo e industriale

7.3 Campagne di sensibilizzazione nelle aree affette da variazioni del ciclo idrologico (eventi estremi di precipitazione, siccità, variabilità degli afflussi, ecc.)

7.4 Campagne di sensibilizzazione per i proprietari di immobili sui rischi idrologici e sulle misure di mitigazione del rischio

Il capitolo relativo al caso speciale sul distretto del Fiume Po, che compare nell’allegato tecnico conoscitivo, contiene un’analisi specifica delle problematiche relative ai settori elencati per il Distretto idrografico padano, e la specificazione per il distretto di misure individuate nell’ottica di considerarlo un’area pilota per l’adattamento ai CC, in virtù della sua rilevanza geografica, economica, sociale e politica nell’ambito nazionale.

Gli elenchi di misure riportati nella SNACC, esemplificati al paragrafo precedente, includono tutte le misure che perseguono gli obiettivi della politica climatica europea e nazionale. Nella nuova Guida per il reporting ai sensi della DQA64, le misure per l'adattamento ai cambiamenti climatici sono definite come tipologie di misure chiave (KTM65 24), pertanto saranno oggetto di un reporting specifico alla Commissione Europea, finalizzato a verificare la corretta inclusione del tema dell'adattamento climatico negli strumenti della politica delle acque. Tale azione deriva in via diretta dalla Strategia Europea di adattamento ai cambiamenti climatici66, che prevede la verifica, entro il 2017, dell'efficacia delle misure di adattamento in ciascuno stato membro.

Per adeguare da subito i Piani di Gestione del distretto, l'Autorità di bacino del fiume Po ha effettuato un preliminare "check climatico" del Programma di misure di cui all’Elaborato 7 del Progetto di PdG Po 2015, al fine di individuare quali misure, tra quelle contenute nel PdM, perseguono efficacemente l'adattamento.

Il check climatico è stato effettuato confrontando le misure contenute nel PdM del PdG Po 2010 con l'insieme di riferimento contenuto nella SNACC, individuando quali misure fossero già presenti e contrassegnandole quindi anche in riferimento al "settore SNACC" in cui si inseriscono, e verificandone infine l'attuazione. Ciò consentirà di:

• mappare il numero e la tipologia delle misure di adattamento presenti nel PdM del PdGPo rispetto ai settori della SNACC, evidenziando in particolare l'eventuale presenza di lacune ed i settori più coperti;

• verificare in generale l'attuazione delle misure, ed indirettamente la predisposizione all'adattamento del distretto relativamente al tema acqua;

• costruire un quadro che permetta di integrare il PdM del PdGPo2015 con eventuali misure aggiuntive ritenute necessarie, e promuovere l'attuazione delle misure non ancora attuate.

Le misure del Programma di Misure che corrispondono in larga misura a quelle proposte nella SNACC verranno identificate quali "misure integrate acqua-clima" e saranno caratterizzate da priorità elevata.

64 WFD Reporting Guidance,2016, Version 4.0 del 7 luglio 2014. 65 Key Type Measures 66 CE, 2013

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