Aggiornamento del valore del patrimonio di Banca d'Italia

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Il Ministero dell'Economia e delle Finanze pubblica il rapporto sull'aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia inviato il 23 ottobre 2013. Il rischio è che con la rivalutazione del patrimonio si cerchi di trovare coperture fantasiose per alcuni provvedimenti del Governo. Leggi l'intervento di Tito Boeri http://www.lavoce.info/banca-ditalia-e-il-mistero-delle-quote/ Continua a leggere il documento su http://www.bancaditalia.it/media/notizie/aggiornam_quote_capitale_BdI/Valore_quote_capitale_BI.pdf

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UN AGGIORNAMENTO DEL VALORE DELLE QUOTE DI CAPITALE DELLA BANCA D’ITALIA1

1. Premessa

La partecipazione al capitale della Banca d’Italia è disciplinata dalla legge e dallo statuto della Banca stessa, che stabiliscono i diritti, economici e di governance, degli azionisti. Nell’assetto attuale, i diritti dei partecipanti - banche, imprese di assicurazione e istituti di previdenza e assistenza (cfr. Allegato 1) - sono soggetti a limitazioni e, soprattutto, non consentono di influire sulle attività istituzionali, quali la vigilanza bancaria e finanziaria e la politica monetaria.

Il modello caratterizzato da una proprietà privata del capitale va preservato: l’assetto proprietario e la struttura di governance hanno garantito per decenni la piena indipendenza della Banca d'Italia. Inoltre, anche in altri importanti paesi, quali gli Stati Uniti2, la proprietà della banca centrale fa capo a istituti finanziari privati (in particolare, banche commerciali).

L’assetto azionario della Banca va però rivisto, per almeno tre ragioni. In primo luogo, i

processi di concentrazione avvenuti negli ultimi anni hanno accresciuto la percentuale del capitale della Banca detenuta dai gruppi bancari di maggiori dimensioni. Ciò non ha creato problemi di sostanza, grazie alle norme che limitano i diritti dei partecipanti, ma è necessario evitare la possibile (erronea) percezione che la Banca possa essere influenzata dai suoi maggiori azionisti.

In secondo luogo, occorre evitare che si dispieghino gli effetti negativi della legge n. 262 del

2005, mai attuata, che contempla un possibile trasferimento allo Stato della proprietà del capitale della Banca. L’equilibrio che per anni ha assicurato l’indipendenza dell’Istituto, preservandone la capacità di resistere alle pressioni politiche, non va alterato.

In terzo luogo, è necessario modificare le norme che disciplinano la struttura proprietaria per

chiarire che i partecipanti non hanno diritti economici sulla parte delle riserve della Banca riveniente dal signoraggio, poiché quest’ultimo deriva esclusivamente dall’esercizio di una funzione pubblica (l’emissione di banconote) attribuita per legge alla banca centrale.

Ogni ambiguità su tale questione va rimossa, definendo con chiarezza i diritti economici dei

partecipanti e allineando le norme che regolano la distribuzione degli utili a quelle adottate da altre banche centrali con azionisti privati (cfr. Allegato 2).

Il modo più ovvio per ridurre la concentrazione dei partecipanti al capitale della Banca

consiste nell’introduzione di un limite massimo alla percentuale di quote detenibili da ciascun soggetto, ampliando al tempo stesso la base azionaria. A tal fine, le quote dovrebbero essere facilmente trasferibili e in grado di attrarre potenziali acquirenti (investitori istituzionali con un orizzonte di lungo periodo).

1 Questo documento è stato redatto con l’ausilio del Comitato di esperti di alto livello formato dai professori Franco Gallo, Lucas Papademos e Andrea Sironi. 2 Circa il 38% delle 8039 banche commerciali negli Stati Uniti ha lo status di azionista del Federal Reserve System; le banche commerciali a statuto federale ne fanno parte per legge.

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Per raggiungere questi obiettivi è necessario: i) calcolare il valore corrente delle quote della Banca; ii) aumentare il valore del capitale della Banca (al momento puramente simbolico), trasferendo una parte di riserve a capitale; iii) attribuire ai partecipanti un flusso futuro di dividendi, il cui valore attuale netto sia pari al valore corrente stimato delle azioni della Banca (ponendo contemporaneamente fine a ogni eventuale pretesa sulle riserve statutarie); iv) fissare un limite massimo alla quota di capitale detenibile da una singola istituzione o gruppo, stabilendo un intervallo temporale entro il quale cedere obbligatoriamente le quote eccedenti.

2. Cenni storici sulla governance, sull’azionariato, sulla disciplina e le politiche di distribuzione dei dividendi della Banca d'Italia

L’assetto proprietario della Banca è stato disciplinato in larga parte nel 19363, quando la

Banca ha assunto la qualifica di istituto di diritto pubblico (prima aveva lo status di società di diritto privato). La legge bancaria del 1936 ha conservato numerose caratteristiche della precedente struttura societaria, quali l’Assemblea dei Partecipanti, un Consiglio Superiore nominato dai partecipanti stessi, un Collegio sindacale. La legge ha disciplinato anche le categorie di soggetti legittimati a detenere quote del capitale della Banca4.

I diritti di voto dei partecipanti sono soggetti a limitazione. Come già rilevato in precedenza,

i partecipanti non possono influenzare le attività istituzionali della Banca, quali la vigilanza bancaria e l’attuazione della politica monetaria.

Per quanto riguarda i diritti economici, la situazione è la seguente. Il capitale sociale della

Banca è stato fissato dalla legge del 1936 nell’equivalente di € 156.000 (300 milioni di lire dell’epoca), cifra divenuta col passare del tempo puramente simbolica. Negli anni la Banca ha costituito riserve aggiuntive, attualmente pari a € 23 miliardi. Buona parte di tale importo (15 miliardi) è costituita da riserve ordinarie e straordinarie, formate ai sensi degli articoli 39 e 40 dello Statuto.

Tali articoli prevedono la possibilità di accantonare annualmente alle riserve importi fino al

40 per cento degli utili netti dell’esercizio; inoltre, stabiliscono che i frutti relativi all’investimento delle riserve siano destinati in aumento delle riserve stesse, con l’eccezione di seguito indicata. In particolare, l’articolo 39 dispone che ai partecipanti siano distribuiti dividendi per un importo fino al 10 per cento del capitale (ossia un massimo di € 15.600), mentre l’articolo 40 prevede che “dai frutti annualmente percepiti sugli investimenti delle riserve, può essere, su proposta del Consiglio Superiore e con l’approvazione dell’assemblea ordinaria, prelevata e distribuita ai partecipanti, in aggiunta a quanto previsto dall’articolo 39, una somma non superiore al 4 per cento dell’importo delle riserve medesime quali risultano dal bilancio dell’anno precedente”.

I partecipanti possono quindi ricevere una somma aggiuntiva, prelevata dai frutti degli

investimenti delle riserve ma non superiore al 4 per cento di queste ultime. Questa somma aggiuntiva ha costituito la vera remunerazione dei partecipanti negli ultimi decenni. L’importo distribuito si è sempre collocato su valori di gran lunga inferiori al limite massimo del 4 per cento delle riserve (negli ultimi 14 anni si è commisurato allo 0,5 per cento); per il 2012 sono stati distribuiti a tale titolo circa € 70 milioni5.

3 Nel 1948 sono stati apportati emendamenti significativi. 4 Attualmente possono detenere quote di capitale della Banca d'Italia banche, fondi pensione, istituti assicurativi e fondazioni bancarie. 5 Alcune di queste disposizioni furono introdotte nel 1948.

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3. Come determinare il valore delle quote della Banca d'Italia

Secondo i principi generali della finanza, il valore di un’attività finanziaria è pari al valore attuale netto del flusso di reddito che essa genera. Il valore delle quote della Banca è stato determinato utilizzando un Dividend Discount Model (DDM) al fine di stimare il valore attuale netto del flusso dei dividendi futuri che saranno percepiti dai partecipanti in base all’attuale disciplina. Ciò ha richiesto un’attenta selezione dei parametri di base del modello: il risk free interest rate, il tasso di crescita dei dividendi della Banca, il coefficiente Beta delle quote della Banca, l’equity premium, il liquidity discount (tutti i calcoli sono descritti in dettaglio nell’Allegato 3)6.

Nel complesso, in base alle analisi svolte il valore complessivo delle quote si collocherebbe

in un intervallo compreso tra € 5 e 7,5 miliardi. Ovviamente, l’analisi effettuata presenta elementi di discrezionalità e comporta incertezza,

che si riflettono sull’ampiezza dell’intervallo. Le verifiche di robustezza dei risultati indicano comunque che questi non cambierebbero in modo significativo modificando i parametri del modello.

Sono state condotte anche simulazioni basate sulla stima del dividendo potenziale massimo

che avrebbe potuto essere trasferito ai partecipanti nel corso degli anni secondo l’attuale disciplina statutaria. Questo metodo presenta limiti, ma viene utilizzato al fine di effettuare un’ulteriore valutazione dei risultati a cui perviene il DDM; il valore che si ottiene applicando tale approccio si avvicina al margine superiore dell’intervallo individuato con il DDM (circa € 7 miliardi).

Per essere equa, la riforma non deve incidere sul valore delle quote dei partecipanti. Questo

risultato dipende dal valore del capitale della Banca e dal tasso di dividendo (vale a dire, la percentuale di capitale distribuibile ogni anno ai partecipanti) adottato nel nuovo regime (ossia dopo la riforma). Le nostre analisi mostrano che nelle attuali condizioni di mercato, qualora il capitale della Banca venisse aumentato a € 6/7 miliardi e considerando un tasso di dividendo del 6 per cento (360 o 420 milioni in termini assoluti), il valore delle azioni dopo la riforma si collocherebbe all’interno dell’intervallo sopra indicato (€ 5-7,5 mld).

In altre parole, la riforma non modificherebbe i diritti economici dei partecipanti,

garantendo loro un flusso futuro di dividendi il cui valore attuale netto è pari al valore corrente stimato delle azioni della Banca.

6 Nel modello DDM utilizzato il tasso risk free è pari alla media del tasso decennale sul Bund tedesco degli ultimi tre mesi, il liquidity discount è pari al 20%, il tasso di crescita dei dividendi è inizialmente pari al 5% e successivamente al 3%, il premio per il rischio azionario è pari al 7% e il coefficiente beta è pari allo 0,4.

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ALLEGATO 1

PARTECIPANTI AL CAPITALE DELLA BANCA D’ITALIA (15 luglio 2013)

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ALLEGATO 2

NORME SULLA DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI PRESSO ALCUNE BANCHE CENTRALI CON “AZIONISTI” PRIVATI

Central bank

Ordinary method of profit distribution

Distribution of final net liquidation receipts in case of resolution of the

bank

U.S. Federal Reserve

The 20 Reserve Banks that make up the Federal Reserve System are subject to the following rules [Federal Reserve Act, section 7, para. (a)] :

1.A. After all necessary expenses of a Federal Reserve Bank have been paid or provided for, the stockholders of the bank shall be entitled to receive an annual dividend of 6 percent on paid-in capital stock.

1.B. The entitlement to dividends under subparagraph (A) shall be cumulative.

2. That portion of net earnings of each Federal Reserve Bank which remains after dividend claims under subparagraph 1.A have been fully met shall be deposited in the surplus fund of the bank”.

However, these surplus fund deposits have always been sharply curtailed by the Federal Reserve Board’s pay-out policy, which puts top priority on transferring earnings to the Treasury. In fact, the deposit in the surplus fund is only the amount required for the surplus fund to equal paid-in capital [Press release 10.1.2011; Annual Report 2010]:

[Federal Reserve Act, section 7, para. “Use of earnings transferred to the

Treasury]

[…] Should a Federal Reserve Bank be dissolved or go into liquidation, any surplus remaining, after the payment of all debts, dividend requirements as hereinbefore provided, and the par value of the stock, shall be paid to and become the property of the United States and shall be similarly applied.

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“Under the Board's policy, the residual earnings of each Federal Reserve Bank, after providing for the costs of operations, payment of dividends, and the amount necessary to equate surplus with capital paid-in, are distributed to the U.S. Treasury”.

In accounting terms, the distribution to the Treasury is entered as “Interest on Federal Reserve notes due to U.S. Treasury”.

For the 2000 financial year alone, the law provided for the extraordinary transfer to the Treasury of $3.752 billion, drawn from the stock of “surplus funds” in being at the end of the year [Federal Reserve Act, section 7, para. (b) ]

Swiss National

Bank

[Federal Act on the BNS, 3 October 2003]

Art. 30 Determination of profits

1. The National Bank shall set up provisions permitting it to maintain the currency reserves at a level necessary for monetary policy. In so doing, it shall take into account the development of the Swiss economy. 2. The remaining earnings are deemed to be distributable profit.

Art. 31 Distribution of profits

1. A dividend not exceeding six percent of the share capital shall be paid from the net profit. 2. One-third of any net profit remaining after the distribution of a dividend shall accrue to the Confederation and two-thirds to the cantons.

[Federal Act on the BNS, 3 October 2003]

Art. 32 – […] the shareholders shall receive in cash the nominal value of their shares as well as reasonable interest for the period of time since the decision to liquidate the National Bank became effective. The shareholders shall not have any additional rights to the assets of the National Bank.

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Bank of Japan

[Bank of Japan Act, 1997, Art. 53] (1) The Bank of Japan shall reserve, as a reserve fund, five-hundredths of the surplus resulting from the settlement of profits and losses for each business year. (2) Irrespective of the provisions of the preceding paragraph, the Bank of Japan may, when it finds it especially necessary, reserve the money which exceeds the amount prescribed in the preceding paragraph as a reserve fund, upon authorization from the Minister of Finance. (3) The reserve fund reserved as prescribed in the preceding two paragraphs shall not be disposed of, except to cover losses incurred by the Bank of Japan or to be appropriated for dividends as prescribed in the following paragraph. (4) The Bank of Japan may, upon authorization from the Minister of Finance, pay dividends to contributories out of the surplus resulting from the settlement of profits and losses for each business year; provided, however, that the rate of dividend payments against paid-up capital may not exceed five-hundredths per annum.

[Bank of Japan Act, 1997, art. 60] In the case where the Bank of Japan has been dissolved, when the residual assets of the Bank exceed the amount of paid-up capital, the residual assets equivalent to the excess amount shall belong to the national treasury.

(5) After deducting the amount reserved as prescribed in paragraphs 1 and 2 and the dividend payments prescribed in the preceding paragraph from the surplus resulting from the settlement of profits and losses for each business year, the Bank of Japan shall pay the remaining surplus to the national treasury within two months after each relevant business year ends.

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National Bank of Belgium

[Organic Law on Banque Nationale de Belgique, 1998]

Art. 32 - The annual profits shall be distributed as follows: 1° a first dividend of 6% of the capital shall be allocated to the shareholders; 2° from the excess, an amount proposed by the Board of Directors and established by the Council of Regency shall be independently allocated to the reserve fund or to the available reserves; 3° from the second excess, a second dividend, established by the Council of Regency, forming a minimum of 50% of the net proceeds from the assets forming the counterpart to the reserve fund and available reserves shall be allocated to the shareholders; Further, under Article 50 of the BNB Statutes:

[ … ] If the profit for distribution among the shareholders is less than 6% per annum, it shall be supplemented by drawing on the reserve fund. This drawing shall be refunded to the reserve if, the next year, this refund can be made without reducing the profit for distribution to below 6%.

Not specified

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Central Bank of the

Republic of Turkey

[Law on the Central Bank, 1960] Art. 60 - The annual net profit of the bank will be allocated in the following order:

a) 20% to the reserve fund;

b) 6% of the nominal value of its share capital to the shareholders as the first dividend;

c) a maximum of 5% of the remaining amount to the Bank personnel in an amount not to exceed the sum of two months of their salaries, and 10% to the extraordinary reserve fund, after deducting the above-stated percentages;

d) a second dividend to the shareholders in the ratio of a maximum of 6% of the nominal value of its share capital by a decision of the General Assembly.

The balance shall be transferred to the Treasury after this allocation.

[Law on the Central Bank, 1960] Art. 62 - In the event of liquidation of the Bank, the principles applicable to liquidation shall be determined in a law. The values of the shares shall be paid out with first priority from the net assets to be obtained as a result of liquidation. Following the payment of the shares at par, 80 percent of the remaining amount shall be transferred to the Government and 20 percent shall be distributed to the shareholders.

Bank of Greece

[Statute, Art. 71] After making provision for bad and doubtful debts, depreciation in assets, contributions to Personnel and Pension Funds, and such other contingencies as are usually provided for by bankers, and after repayment, out of the net profits of the Bank, of a dividend at the rate of 12 per cent per annum on the capital, one-half of the surplus shall be allocated to the regular reserve fund, until such reserve fund is equal to the capital, and the remaining one-half shall be paid to the Government. After the reserve fund has become equal to the capital, a percentage out of the net profits may be paid to the shareholders, as additional dividend [ ...] after proposal made without fail by the General Council, such decision to be valid only for each respective year, and the balance thereof to be paid to the Government.

[Statute, Art. 74] In case of withdrawal of the note-issuing privilege, the Bank shall be dissolved, its assets and liabilities to be valued by three experts […]. After having ascertained, as described above, the value of the assets and liabilities of the Bank, the nominal value of the shares shall be, in the first place, paid out to the shareholders, and any net excess in value shall be divided in the proportion of one-half to the Government and one half to the shareholders.

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South African Reserve

Bank

[South African Reserve Bank Act, 1989, Art. 24]

Of the surplus (if any) remaining at the end of a financial year of the Bank after provision has been made for: (a) bad and doubtful debts; (b) depreciation in assets; (c) gratuities or other pension benefits for its officers and employees; (d) all such items as are usually provided for by bankers; and (e) the payment to the shareholders, out of net profits, of a dividend at the rate of ten per cent per annum on the paid-up share capital of the Bank, one tenth shall be allocated to the reserve fund of the Bank and nine-tenths shall be paid to the Government.

[South African Reserve Bank Act, 1989, Art. 38]

1. The Bank shall not be placed in liquidation except by an Act of Parliament.

2. In the event of liquidation, the reserve fund and surplus assets (if any) of the Bank shall, subject to the provisions of subsection (3), be divided between the Government and shareholders in the proportion of sixty per cent and forty per cent, respectively.

3. If the amount payable to a shareholder in terms of subsection (2) exceeds the average market price of his holdings of shares in the Bank over the period of twelve months preceding a day three months prior to the date upon which a Bill providing for such liquidation is introduced in Parliament, so much of that amount as exceeds the said average shall be paid to the Government. […]

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ALLEGATO 3

UNA VALUTAZIONE DEL VALORE DELLE QUOTE DI CAPITALE DELLA BANCA D’ITALIA

1. Il metodo basato sul Dividend Discount Model

Secondo i principi generali della finanza, il valore di un’attività finanziaria è pari al valore attuale netto del flusso di reddito che essa genera1.

Il valore delle quote della Banca è stato pertanto determinato utilizzando un Dividend Discount Model (DDM) al fine di stimare il valore attuale netto del flusso dei dividendi futuri che sarebbero percepiti dai partecipanti al capitale in base all’attuale disciplina. Partendo da una remunerazione complessiva dei partecipanti pari a € 74 milioni prevista per il 2013, è stata necessaria un’attenta selezione dei parametri del modello, quali il tasso di interesse risk-free, il tasso di crescita dei dividendi della Banca, il coefficiente Beta delle quote della Banca, l’equity premium, il liquidity discount. La tavola A1 mostra due diverse stime ottenute sulla base delle disposizioni statutarie e sulle prassi seguite in materia di distribuzione dei dividendi, calcolate attraverso un modello a due stadi. Il tasso di crescita atteso dei dividendi nel primo stadio, con durata pari a 20 o a 30 anni, è fissato al 5 per cento (che rappresenta il tasso di crescita medio registrato negli ultimi 10 anni). Nel secondo stadio si è ipotizzata una crescita dei dividendi pari al tasso di crescita del PIL nominale, stimato al 3 per cento. Il coefficiente Beta è stato fissato a 0,4, considerando che i dividendi della Banca presentano una rischiosità inferiore a quelli delle società private in quanto scarsamente correlati con il portafoglio di mercato. Un Beta di 0,5 fu applicato dalla BRI quando furono riacquistate le azioni detenute dai privati; il coefficiente Beta delle azioni della Banca nazionale svizzera è stato invece stimato all’incirca a 0,32. Il premio per il rischio è stato fissato al 7 per cento, pari all’incirca all’extra-rendimento annuo rispetto a un tasso risk-free attualmente richiesto dagli investitori nei mercati azionari dell’area dell’euro. Dall’applicazione di questo premio e di un coefficiente Beta dello 0,4 risulta un premio totale del 2,8 per cento che, sommato al rendimento sui Bund decennali, comporta un tasso di attualizzazione dei dividendi pari al 4,6 per cento. Il valore delle quote ottenuto in base a queste ipotesi si attesta tra € 6,4 e 7,4 miliardi; applicando un liquidity discount del 20 per cento esso si colloca tra € 5,1 e 5,9 miliardi3.

1 Sono stati effettuati anche calcoli per rivalutare il capitale reso disponibile dai partecipanti nel 1936, utilizzando adeguati indici di capitalizzazione. I risultati sono di gran lunga inferiori a quelli riportati in questa nota. Una tale metodologia non risulta tuttavia applicabile nella circostanza, in quanto non tiene conto del diritto dei partecipanti alla remunerazione aggiuntiva, introdotta nello statuto della Banca sin dal 1948 (pari ai frutti degli investimenti delle riserve fino a un massimo del 4% di queste ultime; cfr. supra par. 2). 2 Fonte: Bloomberg. 3 Il liquidity discount applicato tiene conto del numero limitato di potenziali acquirenti delle quote di capitale, nonché della necessità di una preventiva approvazione per il trasferimento delle quote stesse.

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Tavola A1

Stima del valore delle quote della BI – Dividend Discount Model a due fasi

(4 ottobre 2013, in percentuale e milioni di euro) Fase 1 Anni T 20 30Tasso di crescita del dividendo g1 5.00% 5.00%Dividendo a t1 (mln di €) D 74.3 74.3Rendimento del Bund decennale BUND10y 1.80% 1.80%Premio per il rischio azionario ERP 7.00% 7.00%Beta β 0.40 0.40Tasso di sconto r=β*ERP+BUND10y 4.60% 4.60%Fattore di sconto r-g1 -0.40% -0.40%Valore, Fase 1 (mln di €)

T

T

rgrgD

grDW

)1(

1

1

)11(

11

1,474 2,255

Fase 2 Dividendo T+1 DT+1 193,5 315,2Tasso di crescita perpetua del dividendo g2 3.00% 3.00%Fattore di sconto r-g2 1.60% 1.60%

Valore finale (Terminal Value) 21

2 grDW T

T

12,093 19,698

Valore, Fase 2 (mln di €) TT

rWW

)1(2

2

4,919 5,111 Valore quote (fase 1+ fase 2) (mln di €) W=w1+w2 6,393 7,365Valore quote (dopo lo sconto del 20%) (mln di €) 0.8·W 5,115 5,892 Sono stati eseguiti numerosi controlli per verificare la robustezza di questi risultati a fronte di ipotesi alternative circa i valori dei parametri. In primo luogo, sono stati cambiati il tasso risk-free e l’equity risk premium alzando il primo di 50 punti base e abbassando il secondo di 100 punti base; così facendo, il valore delle quote si ridurrebbe a un importo compreso tra € 4,8 e 5,5 miliardi. Un secondo controllo è stato operato modificando il coefficiente Beta: un Beta pari a 0,35 genererebbe un valore compreso tra € 6,6 e 7,7 miliardi. Infine, utilizzando un liquidity discount del 10 per cento, il valore salirebbe a € 5,8-6,6 miliardi. Nel complesso, in base alle nostre analisi il valore delle quote di capitale della Banca d’Italia si collocherebbe all’interno di un intervallo compreso tra € 5 e 7,5 miliardi. L’ampiezza dell’intervallo è dovuta all’incertezza delle stime e alla loro sensibilità a variazioni dei parametri del modello. 2. Ulteriori analisi

Un ulteriore vaglio della robustezza dei risultati è stato effettuato calcolando la quota massima delle riserve che avrebbe potuto essere trasferita ai partecipanti nel corso degli anni, derivante dall’accumulo del reddito generato dal loro investimento (entro un limite massimo del 4

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per cento stabilito dallo Statuto per l’eventuale distribuzione). Questo metodo può essere considerato come un sostituto dell’approccio patrimoniale, utilizzato spesso in chiave di validazione dei risultati ottenuti con il DDM.

La stima è stata eseguita calcolando il reddito riveniente dall’investimento delle riserve che

avrebbe potuto essere distribuito ai partecipanti e che, viceversa, è stato trattenuto dalla Banca e accantonato a riserva, in linea con le decisioni assunte dall’assemblea dei partecipanti. Il valore (nel 2012) di tali ammontari è stato stimato usando diversi deflatori. I risultati di due di essi sono illustrati nella tavola A2.

Tavola A2

Valore attuale degli utili non distribuiti

(miliardi di euro) Deflatore Valore

Indice di rendimento azionario 7.1 Indice dei Prezzi al Consumo 7.0

3. Il valore delle quote dopo la riforma

Per essere equa, la riforma non deve incidere sul valore delle quote dei partecipanti. Questo risultato dipende dal valore del capitale della Banca e dal tasso di dividendo (vale a dire, la percentuale di capitale distribuibile ogni anno ai partecipanti) adottato nel nuovo regime (ossia dopo la riforma).

Le analisi mostrano che nelle attuali condizioni di mercato, qualora il capitale della Banca fosse aumentato a € 6-7 miliardi e il tasso di dividendo fosse stabilito al 6 per cento, il valore delle quote dopo la riforma si collocherebbe all’interno dell’intervallo di € 5-7,5 miliardi sopra indicato. In altri termini, la riforma risarcirebbe appieno i partecipanti, garantendo loro un flusso futuro di dividendi il cui valore attuale netto è pari al valore corrente stimato delle quote della Banca. La stima è contenuta nella tavola A3. Con un dividendo annuale di € 360 milioni, si determinerebbe un valore del capitale (dopo il liquidity discount) di € 6,3 miliardi; il valore si attesterebbe a € 7,3 miliardi con un dividendo di € 420 milioni all’anno.

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Tavola A3

Stima del valore delle quote della BI – Dividend Discount Model

(4 ottobre 2013, unità, in percentuale e milioni di euro)

Rendimento sul Bund decennale (30/07/13) BUND10y 1.80% 1.80%

Premio per il rischio azionario ERP 7.00% 7.00%Dividendo (milioni di euro) D 360 420Tasso di crescita del dividendo g 0.00% 0.00%Coefficiente Beta 0.40 0.40Differenziale sul Bund decennale *ERP 2.80% 2.80%Tasso di sconto r=*ERP+BUND10y 4.60% 4.60%Fattore di sconto r-g 4.60% 4.60%Sconto di liquidità Z 20% 20%Valore di mercato delle quote (milioni di euro) D*(1-z)/r-g 6,261 7,304Dividendo D/W 5.75% 5.75%