aga3

8
Seminario sull'Agamennone Breve riassunto degli incontri trascorsi (per chi vuole ripassare e per chi è stato assente) 3° incontro, 11 Dicembre 2007 Seconda parte del prologo L'augurio che la vedetta ha espresso nei versi precedenti trova immediato compimento: il fuoco tanto a lungo atteso finalmente si scorge. Col verso 22 inizia così una seconda parte del prologo, nella quale il senso di stanchezza e di scoramento, che finora ha pervaso i versi, lascia spazio a un'esplosione di gioia e al desiderio di far festa. Ma gli ultimi versi che la vedetta pronuncia prima di lasciare la scena sono invece sinistri: c'è qualcosa di grave che essa non può dirci e che "la casa stessa, se prendesse voce, direbbe". Per la metrica, incontriamo tre sostituzioni ai versi 26, 28 e 30, tutte della prima sillaba del trimetro: 26 Ᾰγᾰμε μνο νο ς γῠν+ικῐ ση μᾱινω το ρω ς (Ᾰγᾰ ) 28 ο λο λ8γμο ν ε υφη μο υντᾰ τη ιδε λ+μπᾰδ= (ο λο ) 30 ε λω κε ν ω ς ο φρ8κτο ς +γγε λλω ν πρε πε ι (ε ) [N.B.: i simboli di breve e di lunga non indicano la quantità della vocale o dittongo cui sono sovrapposti, ma della sillaba nel suo complesso; ricorda che le sillabe che terminano in consonante sono lunghe anche se contengono una vocale breve] Nel verso 26, la presenza del nome proprio Agamennone è condizione necessaria e sufficiente alla presenza di una sostituzione metrica: i nomi propri infatti non hanno sinonimi di differente valore prosodico che il poeta possa usare in loro vece (prosodia: sequenza di quantità sillabiche). Nei versi 28 e 30, invece, Eschilo avrebbe naturalmente potuto, scegliendo altre parole che significassero "grido" ed "è conquistata", fare a meno delle sostituzioni. Forse il poeta ha voluto imprimere a questi versi, nei quali la vedetta esprime in modo concitato il proprio entusiasmo, un ritmo più accelerato (è giudizio condiviso

description

corso letteratura greca

Transcript of aga3

  • Seminario sull'Agamennone

    Breve riassunto degli incontri trascorsi(per chi vuole ripassare e per chi stato assente)

    3 incontro, 11 Dicembre 2007

    Seconda parte del prologoL'augurio che la vedetta ha espresso nei versi precedenti trova immediato compimento: il fuoco tanto a lungo atteso finalmente si scorge. Col verso 22 inizia cos una seconda parte del prologo, nella quale il senso di stanchezza e di scoramento, che finora ha pervaso i versi, lascia spazio a un'esplosione di gioia e al desiderio di far festa. Ma gli ultimi versi che la vedetta pronuncia prima di lasciare la scena sono invece sinistri: c' qualcosa di grave che essa non pu dirci e che "la casa stessa, se prendesse voce, direbbe".Per la metrica, incontriamo tre sostituzioni ai versi 26, 28 e 30, tutte della prima sillaba del trimetro:

    26 + ( )28 8 += ( )30 8 + ( )

    [N.B.: i simboli di breve e di lunga non indicano la quantit della vocale o dittongo cui sono sovrapposti, ma della sillaba nel suo complesso; ricorda che le sillabe che terminano in consonante sono lunghe anche se contengono una vocale breve]

    Nel verso 26, la presenza del nome proprio Agamennone condizione necessaria e sufficiente alla presenza di una sostituzione metrica: i nomi propri infatti non hanno sinonimi di differente valore prosodico che il poeta possa usare in loro vece (prosodia: sequenza di quantit sillabiche). Nei versi 28 e 30, invece, Eschilo avrebbe naturalmente potuto, scegliendo altre parole che significassero "grido" ed " conquistata", fare a meno delle sostituzioni. Forse il poeta ha voluto imprimere a questi versi, nei quali la vedetta esprime in modo concitato il proprio entusiasmo, un ritmo pi accelerato ( giudizio condiviso

  • che le sillabe brevi diano maggiore velocit al ritmo).

    Traduzione e commentoLe traduzioni che diamo in questo seminario sono di servizio, ovvero vogliono essere uno strumento per comprendere il testo originale e collocare nel contesto le note del commento. Per questo sono molto letterali, fino a un punto che non sarebbe tollerabile in traduzioni che di servizio non fossero.

    22 Salve, lampa, tu che di notte una diurna23 luce dichiari e l'istituzione di danze24 numerose in Argo in grazie di questo evento.25 Evviva, evviva!26 Alla moglie di Agamennone segnalo distintamente27 di elevare, sorta dal letto, quanto pi velocemente per la casa28 un grido di giubilo in onore di questa fiaccola,29 se la citt di Ilio30 conquistata, come la torcia spicca annunciando.

    22 : i filologi riflettono anche sulle piccolezze, come questa interiezione che suole accompagnare il vocativo. Raccogliendo una lunga serie di passi tragici e comici in cui compare, essi hanno constatato che i vocativi preceduti da hanno un tono meno formale di quelli che di sono privi: il contrario cio di quanto accade in italiano, dove usiamo "o" quando vogliamo dare un tono pi enfatico o solenne al compl. di vocazione. Forse Eschilo ha consapevolmente usato per caratterizzare il personaggio del : egli si rivolge alla luce del fuoco con un tono familiare, come quello di chi finalmente veda una persona attesa da tanto tempo.

    : imperativo di usato come espressione di saluto, equivalente al latino salve (due augri simili ma diversi: il verbo latino, derivato da salus, fa riferimento alla salute fisica; il verbo greco, derivato da , al benessere emotivo).

    : i suffissi - / - servono a formare i cosiddetti nomina agentis, "nomi di chi compie un'azione", come il corrispondente latino -tor (laudator) e di conseguenza l'italiano -tore: se significa "splendo", - ci che splende, la luce.

    : qui c' un bel problema interpretativo. Con l'interpunzione adottata da West e presente nella maggioranza dei codici, esso un genitivo di tempo determinato da collegare a : "dichiarando di notte". Tre

  • codici tuttavia hanno virgola non prima, ma dopo , che cos risulta essere un genitivo di specificazione di : "luce della notte". L'interpunzione presente nei manoscritti non deve influenzarci, perch essa non risale ad Eschilo: infatti al tempo di Eschilo i segni di interpunzione... non erano ancora stati inventati! Le parole si scrivevano una dopo l'altra senza interpunzione e senza lasciare spazi. La scelta dunque si potr fare solo soppesando l'alternativa dal punto di vista stilistico e poetico. Sono entrambe due belle immagini: ma la prima ("dichiarando di notte") ha qualcosa in pi, perch crea un forte ossimoro (ossimoro: accostamento di parole che esprimono azioni, stati, concetti opposti) tra ed (< ) . Eschilo ama la figura dell'ossimoro, che corrisponde alla cifra della sua arte arcaica, possente, ricca di forti contrasti; ne abbiamo gi visti due, uno al v. 11 ( ) e l'altro al v. 21 ( ).

    : in che senso la luce del fuoco notturno detta "diurna"? Forse perch, metaforicamente, essa chiude la lunga notte della paura e dell'angoscia iniziata dieci anni prima con la partenza dell'armata per Troia. "La notte ch'i' passai con tanta pita" in Dante (Inferno I, 21) tutto il periodo di traviamento trascorso nella selva oscura.23 : cerca di notare l'uso degli aspetti verbali: all'aoristo (v. 21), col quale la vedetta immaginava l'improvviso accendersi del fuoco nel buio della notte, si contrappone qui il presente , che ci mostra il fuoco che nel buio splende e continua a splendere. Al seminario vi ho detto che deriva, tramite raddoppiamento ( < per legge di Grassmann) e suffisso () dalla stessa radice di ; difatti esso per lo pi viene usato col significato di un verbum dicendi. Vedo ora nei vocabolari che deriva invece da , "luce": dunque del tutto analogo al nostro "dichiarare", in cui l'uso costante come verbum dicendi ha fatto quasi perdere la coscienza della derivazione da clarus (in altre parole, quando diciamo "dichiaro" facciamo senza accorgercene una sinestesia). Dunque equivarrebbe a una figura etimologica, ovverosia una figura retorica che consiste nell'accostamento di due termini che derivano dalla medesima radice ("questa selva selvaggia, e aspra, e forte", Inferno I, 5).

    : sia "la danza", come qui, sia "il coro", come quello che sta per entrare in scena tra pochi versi. Ma il coro della parodo dell'Agamennone sta per danzare, come vedremo, tutt'altra danza da quella, gioiosa, che la vedetta ora fantastica: dunque questo verso, che fa nascere nel pubblico un'aspettativa che sar delusa, contribuir all'effetto di sorpresa che avr la parodo ormai prossima. La (< + , "metto gi",

  • "stabilisco") lo stabilimento, l'istituzione di qualcosa: la traduzione con "inizio", spesso adottata, non rende bene questa parola greca.24 : in marcato enjambement rispetto a . In greco e in latino bene essere prudenti nell'individuazione degli enjambements: infatti in queste due lingue, dato che l'ordo verborum molto libero, la collocazione nel verso successivo di una parola strettamente legata a qualcosa di gi detto pu essere dovuta al naturale svolgersi del discorso, non a un disegno del poeta. Qui per l'espressione gi in s completa e non fa presagire la presenza di un aggettivo dopo la piccola pausa di fine verso, per cui trovare al verso seguente fa un certo effetto: e in questo certo effetto consiste appunto l'enjambement (in generale, ricorda che le figure retoriche devono fare un qualche effetto: altrimenti inutile dire che esse sono presenti in un testo!). Un esempio ancora pi sicuro di enjambement al v. 14, lontanissimo da .

    : come (v. 3), funge da preposizione posposta e esprime il compl. di causa o di fine. La vox media , che pochi versi prima compariva col valore negativo di "sventura" (18), vale qui il positivo "ventura"; ma nulla ci vieta di usare la nostra vox media "evento".25 : esclamazioni extra metrum, che cio non concorrono a formare un trimetro giambico; del resto non formano neppure un singolo metro giambico, nonostante la prosodia () sembri corrispondervi, perch lo iato (iato: scontro tra due vocali), come quello tra i due , non ammesso all'interno di alcun verso greco.26-29 La sintassi non semplice: regge una infinitiva oggettiva di tipo volitivo ("segnalo di fare una certa cosa": in latino avremmo una completiva con ut) che ha come predicato, come oggetto e (Clitemestra) come soggetto logico; a quest'ultimo congiunto il participio (che pertanto in accusativo), mentre l'altro participio congiunto a . Dunque costruisci cos: () , . Dei due dativi, viene inteso come compl. di vantaggio, come retto da . L'uso che Eschilo fa del dativo mette sovente in difficolt gli interpreti, laddove questo caso appare quasi 'precipitato' nella frase senza che si possa sicuramente comprenderne il rapporto con le altre parole.26 : abbiamo confrontato questa lezione con la variante , futuro. Col presente , l'esclamazione costituisce essa stessa il , cio il segnale dato a Clitemestra affinch ella susciti un grido di giubilo: dico "evviva" e con questa esclamazione segnalo. Col futuro , invece,

  • risulta un'esclamazione di gioia che la vedetta rivolge a se stessa, rimandando a un secondo momento l'azione di avvisare Clitemestra: dico "evviva", poi segnaler. In effetti sembra un po' strano che la vedetta possa, semplicemente dicendo , comunicare un messaggio complesso alla regina; Irene ha per osservato che tra i due poteva esserci un accordo in tal senso, per cui da una parte la regina automaticamente interpreta il grido del nel modo giusto, dall'altra il sa gi che cosa la regina a sua volta far.29 : costrutto ovvio e immediatamente traducibile per noi italiani ("la citt di Ilio"), ma in realt non comune in greco, dove "la citt di Ilio" dovrebbe dirsi semmai (citt dei Troiani), come Atene si dice .30 : perfetto di : la vedetta si aspettava una (v. 10), la notizia della conquista, ed ecco il fuoco annuncia che la citt " conquistata" (meglio di " stata conquistata": il perfetto qui indica l'attuale condizione di Ilio). Per nel papiro si leggono tracce delle prime due lettere di questo verso, e queste tracce non corrispondono ad . West fa due ipotesi per spiegare questa discrepanza tra codici e papiro (vedi l'apparato): 1) forse nel papiro mancavano i versi 30 e 31, per cui le tracce di quelle due lettere non sono altro che ci che rimane di iniziale del verso 32 (spiegazione che non convince, vero?); 2) forse nel papiro c'era un verso in pi tra gli attuali 29 e 30. Ma perch, potreste dire, invece di fare strane ipotesi su versi in meno o in pi non si fa una congettura che proponga un verbo, alternativo a , che combaci con quelle tracce? Perch evidentemente non se ne trova neppure uno, figuratevi se non ci hanno provato!

    : col participio predicativo; la traduzione di solito suggerita prevede di assegnare modo e tempo di al participio e di rendere con un avverbio: "annuncia distintamente".

    31 E proprio io stesso in persona danzer il proemio:32 difatti metter a frutto i dadi ben caduti dei padroni,33 dato che questo segnale di fuoco ha per me gettato tre volte sei.34 Ma dunque possa accadere che io la carissima mano35 del signore delle case, ritornato, tenga con questa mano.36 Per il resto, taccio. Un gran bove mi sta sulla lingua.37 Ma la casa stessa, se prendesse voce,38 parlerebbe chiarissimamente. Poich, per parte mia,39 volentieri parlo a chi sa, per chi non sa volentieri dimentico.

  • 31 : fortissima enfasi, per tre motivi: 1) in greco il pronome soggetto di regola non si esprime, quindi gi dire produce enfasi; 2) la particella enclitica rafforzativa; 3) = ipse. L'accento che la vedetta pone sul proprio ruolo nella danze di festeggiamento segna uno sviluppo del suo personaggio: finora ci aveva detto che aspettava il segnale di fuoco semplicemente come una liberazione (), ora dice qualcosa di pi positivo.32-33 Versi apparentemente enigmatici, che si spiegano col riferimento a un gioco da tavolo dell'antica Grecia, una sorta di dama nella quale ciascun giocatore poteva a ogni mossa spostare () le proprie pedine di un numero di caselle corrispondente al lancio di tre dadi esagonali, il punteggio massimo essendo pertanto , tre volte sei (il giocatore lancia, ; i dadi cadono, ). La guardia si esprime come se i dadi corrispondessero alla sorte degli Atridi ( ) e dunque essi fossero, adesso che Ilio presa, , caduti bene: difatti il segnale di fuoco che annuncia la presa della citt addirittura come un lancio di dadi fortunatissimo, un diciotto. Ma tutto ci visto dal in relazione a se stesso, lui che diviene il protagonista del gioco (): ora potr compiere la mossa decisiva e vincere la partita, potr cio smettere di vegliare la notte sul palazzo degli Atridi. Si pu aggiungere che in un certo senso la vedetta immagina se stessa sia nel ruolo del giocatore che compie la mossa (), sia in quello della pedina che compir il movimento decisivo sul tabellone (: danzer il proemio): ma questo forse troppo dantesco per trovarsi in Eschilo...34-35 ... : la ripetizione corrisponde alla figura retorica del poliptto, ovvero dell'uso di uno stesso termine in due o pi casi diversi nell'ambito della stessa frase (caso in greco < : i casi... cadono!). Non si pu essere sicuri che Eschilo l'abbia usata coscientemente: per probabile che la vedetta accompagnasse queste parole con un eloquente gesto della mano (, "questa", ha valore deittico, cio dimostrativo).

    : part. aor. forte di .36 : asindeto. Generalmente in greco le frasi e i periodi sono collegati tra loro per , "legamento" ( + ), tramite cio congiunzioni e particelle; rara la mancanza del , cio l'asindeto. Qui esso sottolinea una breve pausa dopo , pausa che lascia per un attimo risuonare nel silenzio quel sinistro "taccio".

    ... : chiaramente un proverbio. , perfetto di , non vale come verbo di moto ma indica lo stato ed equivale praticamente a o ; difatti il compl. di stato in luogo,

  • non di moto a luogo. Ma naturalmente questo verbo si usa solo per cose o persone che stanno in un luogo per esserci arrivate.37-38 ... : periodo ipotetico della possibilit. Il nome di "periodo della possibilit", ricorda, non significa che la vedetta ritiene possibile che la casa parli (ovviamente questo impossibile), ma che essa ritiene possibile che, se essa parlasse, dica chiarissimamente ci che succede: in altre parole, l'apodosi che vista come possibile, non la protasi.38 : la congiunzione ha valore causale ed periodale, non frasale, introduce cio un periodo e non una frase subordinata. un uso possibile anche in italiano.

    : in prosa il participio sostantivato di regola preceduto dall'articolo, in poesia pu farne facilmente a meno.

    o: crasi di , dove la negazione non va con ("non dimentico") ma con ("per coloro che non sanno"); ("volentieri") va sia con sia con ; quest'ultimo verbo equivale a e vale "dimentico".

    Considerazioni conclusiveBene, siamo arrivati alla fine del proemio. Ecco, tradotte dall'inglese, le pagine che ad esso dedica E. Frnkel, autore del migliore commento all'Agamennone.

    "Ogni tragedia dell'Orestea comincia con una preghiera del personaggio che recita il prologo. Nelle Supplici questo personaggio il coro, durante il prologo di Oreste nelle Coefore anche Pilade sulla scena; nell'Agamennone invece si tratta di un vero soliloquio. caratteristico della concezione eschilea del monologo che il parlante non si rivolga al proprio cuore o alla propria mente (come in Omero e nella lirica), ma agli dei o a esseri divini.I prologhi dell'Agamennone e delle Eumenidi sono entrambi recitati da un servitore: sembra che Eschilo abbia in questo seguito il modello di Frinico (il primo grande poeta tragico di cui sappiamo qualcosa), nelle cui Fenice il prologo era affidato a un servo che stava rassettando la sala del Consiglio, cio a un semplice servitore impegnato nei suoi compiti quotidiani, come la vedetta dell'Agamennone.Qualunque modello possa avere influenzato la forma del prologo dell'Agamennone, nel contenuto esso appare come un'opera di grande originalit e in effetti come uno dei capolavori di discorso drammatico. Raramente il monologo si dimostrato una forma di espressione cos appropriata: la

  • solitudine stessa, una solitudine protratta e snervante, sembra aver trovato voce. Non una sola volta ci viene in mente, leggendolo, che il prologo in primo luogo un modo di preparare il pubblico introducendo o ricordando fatti e circostanze fondamentali per lo sviluppo della trama. vero che il alla fine del suo discorso scomparir per sempre: ma finch sulla scena egli sembra esser l in carne e ossa per una propria ragione, non semplicemente per farsi portavoce del poeta. Pur nel suo ristretto ambito d'azione, questo personaggio perfettamente delineato. La reazione di un uomo semplice e onesto a un compito monotono e faticoso; le sue sofferenze; le sue frustrazioni e speranze: tutto ci chiaramente dispiegato dinanzi a noi. Cos reali sono gli elementi che causano le sue sofferenze e sono oggetto delle sue riflessioni (dal giaciglio duro e bagnato sul tetto alle lucenti stelle sopra di lui, dai timori per le minacce che incombono sul suo signore al sentimento di immenso sollievo quando il fuoco annuncia la fine del suo impegnativo compito) e cos fortemente tutte le sue parole avvincono la nostra mente, che noi non possiamo fare a meno di immedesimarci nel . Non possiamo considerarlo un personaggio secondario che svolge una funzione di mera preparazione: per tutto il tempo che sulla scena, egli per noi un compagno, un compagno che soffre.Allo stesso tempo, il principale scopo di un prologo tragico, quello di delineare la cornice entro cui si svolger il dramma, costantemente perseguito, anche se con sobriet. Innanzitutto, espressa l'attesa per la presa di Troia (vv. 9-10). Poi gravi parole rendono appieno la grandezza del personaggio di Clitemestra (v. 11). Subito dopo, con una frase di grande emotivit si accenna al Male che si prepara nella casa di Agamennone (vv. 18-19), concetto che poi ripreso alla fine del prologo (vv. 36-39). Cos, fin dall'inizio, viene ribattuta quella cupa nota che presto diventer il leitmotiv dell'intero dramma: l'ossessione di un inevitabile fato di morte comincia a penetrare nella mente del pubblico. Infine, il prologo svela un importante aspetto dell'uomo che il vero fulcro di questa tragedia. Quali che siano le colpe di Agamennone in altri rispetti, egli per il suo popolo un signore benevolo, che essi non si limitano a rispettare ma amano. I sentimenti affettuosi e la profonda devozione espressi ai vv. 34-35 non devono essere trascurati. La vedetta sta aspettando il ritorno del re con un fervore e una nostalgia degne di un Eumeo. Cos, la prima menzione di Agamennone diretta a suscitare la simpatia del pubblico nei suoi confronti. Questo dettaglio, tra l'altro, mostra benissimo quanto Eschilo abbia guadagnato dalla sua scelta di non seguire Omero, che (Odissea 4, 524) parlava s di una vedetta col medesimo compito del nostro , ma assoldata da Egisto e dunque ostile ad Agamennone."