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Lavoro di diploma
Michela Frapolli
Tecnico di radiologia
SSMT Locarno
2010/2011
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Abstract
In radioterapia, per ogni paziente che deve sottoporsi ad un trattamento, deve essere
studiato un piano di trattamento specifico. Questo piano, permette ai fisici medici, ai medici
radioterapisti e ai tecnici di radioterapia di pianificare il trattamento a cui dovrà poi
sottoporsi il paziente. Ogni piano è specifico per ogni persona e deve essere studiato sul
paziente. Il tutto comincia con un esame a cui si sottopone il paziente che permetto poi di
contornare su ogni slice (“fetta”) gli organi a rischio presenti nella zona interessata al
trattamento e che devono ricevere delle dosi minime. Poi si contorna anche il bersaglio o
target che è rappresentato dal PTVII (volume principale) ed eventualmente dal PTVI
(Boost/sovraddosaggio solo sul letto tumorale). Questo piano è una simulazione del piano di
trattamento vero e proprio che viene poi effettuato sul paziente in terapia. Per questo prima
di metterlo in pratica viene simulato su un fantoccio che prende le veci del paziente e si
verifica se effettivamente tutto corrisponde in pratica come in teoria. Quando il piano è
approvato dal medico e dal fisico il paziente si sottoporrà alla terapia. Come già accennato in
precedenza, per studiare questo piano si sottopone il paziente ad una CT o ad una PET‐CT.
Nella maggioranza dei casi ci si avvale delle immagini CT per realizzare il piano di
trattamento. A volte però si usufruisce della PET‐CT di stadiazione che il paziente ha fatto
qualche settimana prima. Questa scelta dipende dal medico radioterapista, che in base alla
patologia e allo stadio al momento della diagnosi decide a quale esame sottoporre il
paziente. La differenza tra le due è che con le immagini CT abbiamo una visione anatomica
delle strutture, mentre con la PET‐CT oltre a questo abbiamo una visione funzionale delle
cellule. Questo grazie ad un radioisotopo (FDG) che si fissa nelle cellule metabolicamente
attive e si può osservare, dove si fissa in maggiore quantità, se è fisiologico o accellerato
(neoplasia). Con questo studio ho voluto esaminare se con l’aiuto della PET‐CT ci sarebbero
state delle differenze di volume bersaglio, quindi di dose di trattamento, rispetto ad un
piano solo con immagini CT. La casistica scelta è stata di cinque pazienti affetti da tumore in
situ (senza metastasi) della regione testa/collo (ORL) sottoposti a radioterapia con intento
curativo. Per ognuno di loro è stato fatto un piano di trattamento sulle sole immagini CT e in
un secondo momento con la sovrapposizione di immagini PET. Sono poi state valutate le
eventuali differenze fra i due piani. Per due dei cinque pazienti i due piani coincidono e non
è stata rilevata la minima differenza. Per gli altri tre pazienti il volume bersaglio ha subito dei
cambiamenti con l’apporto delle immagini PET. Per due di loro la variazione ha interessato il
PTVI (Boost/sovraddosaggio), per uno di loro la differenza riguardava il PTVII (volume
principale). Nell’analisi di questi cinque pazienti risulta quindi che l’esame PET‐CT per la
pianificazione in radioterapia consente per un 75% circa una maggior precisione nella
definizione dei volumi di trattamento e delle rispettive dosi. Per il restante 25% l’ausilio della
PET‐CT non ha influito in nessun modo sulla definizione del volume bersaglio e della dose.
3
Indice
Abstract __________________________________________________________________ 1
Indice ____________________________________________________________________ 3
Elenco abbreviazioni _________________________________________________________ 4
1.Introduzione _____________________________________________________________ 5
1.1 Motivazione ___________________________________________________________ 5
1.2 Obiettivo ______________________________________________________________ 6
1.3 Materiali e metodi ______________________________________________________ 6
2.Quadro teorico ___________________________________________________________ 7
2.1 Il carcinoma della sfera testa/collo _________________________________________ 7
2.1.1 Fattori rischio _______________________________________________________ 7
2.1.2 Epidemiologia _______________________________________________________ 8
2.1.3 Il carcinoma in situ __________________________________________________ 11
2.1.4 I pilastri di trattamento _______________________________________________ 12
3.Il percorso terapeutico del paziente __________________________________________ 15
3.1 I passi nella pianificazione _______________________________________________ 15
3.2 Particolarità tecniche della Tomoterapia ____________________________________ 24
3.3 La pianificazione alla CT _________________________________________________ 26
3.4 La pianificazione alla PET‐CT _____________________________________________ 28
4. Raccolte dati dei pazienti __________________________________________________ 31
4.1 Dati della ricerca _______________________________________________________ 33
5.Conclusioni _____________________________________________________________ 44
6.Bibliografia ______________________________________________________________ 46
Allegato di anatomia ______________________________________________________ 48
Allegato classificazione e stadiazione TNM _____________________________________ 51
Allegato danni da radiazioni _________________________________________________ 53
4
Elenco abbreviazioni
CA Carcinoma
CC Centimetro cubo 1cc=1ml (millilitro)
CDDP Cisplatino
CT Tomografia computerizzata
CTV Clinical target volume
D12 Vertebra dorsale n°12
DM Diabete mellito
FDG Fluorodesossiglucosio
GY Gray (unità di misura)
MBq Mega Becquerel (unità di misura della radioattività
MdC Mezzo di contrasto
MLC Collimatore multileaf
MRI Risonanza magnetica nucleare
MTS Metastasi
ORL Otorinolaringoiatra
PET‐CT Tomografia computerizzata + tomografia ad emissione di positroni
PTCA Angioplastica coronarica percutanea
PTV Planning target volume
Pz Paziente
QA Quality assurance
RIVA Tipo di stent
RT Radioterapia
RX Radiografia
SIB Boost simultaneo integrato
TRM Tecnico di radiologia medica
US Sonografia
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1.Introduzione
1.1 Motivazione
Mi è stata offerta la possibilità di eseguire uno stage nel Centro di Radioterapia della Clinica
Luganese Moncucco, dotata di un apparecchio di radioterapia di ultima generazione
chiamata Tomoterapia per il trattamento di malattie oncologiche, settore quello
dell’oncologia che ha suscitato in me un grande interesse.
Recentemente avevo avuto anche la possibilità di uno stage nel servizio di Medicina nucleare
dello IOSI (Istituto Oncologico della Svizzera Italiana) a Bellinzona, dove ho maturato
l’interesse per l’impiego della PET‐CT nel campo dell’oncologia. Ho quindi cercato un tema
per il mio lavoro di diploma, dove le due discipline, radioterapia e medicina nucleare,
potessero avere un legame e portare un reale contributo nella fase di trattamento
radioterapico di questi pazienti.
Parlando con il primario di radioterapia, la dottoressa Alessandra Franzetti‐Pellanda,
abbiamo deciso che il tema dell’impiego della PET‐CT in radioterapia come aiuto alla
pianificazione dei trattamenti in termini di precisione e di efficacia terapeutica, sarebbe
stato di grande attualità e d’interesse per il reparto stesso. La tipologia di tumore scelta è
stata quella dei tumori ORL (otorinolaringoiatria) detti anche della testa‐collo. Questo
perché si tratta di tumori piuttosto frequenti e anche perché sono tra quelli nei quali
l’utilizzo della PET‐CT è stata più studiata a scopo diagnostico e di stadiazione. L’esame PET‐
CT svolto in medicina nucleare è molto preciso nella ricerca di lesioni tumorali, per una
questione di metabolismo che mi riprometto di approfondire nel mio lavoro.
Per questo esame si utilizza il glucosio marcato con un radioisotopo, chiamato FDG, che si
fissa all’interno delle cellule con metabolismo accelerato. Nelle cellule tumorali il glucosio si
fissa in maggiore quantità rispetto alle cellule con un metabolismo fisiologico nello stesso
tessuto. Per questo motivo si può evidenziare in modo molto preciso il tumore primario ed
eventualmente le lesioni secondarie (metastasi). Le informazioni che questo esame ci
fornisce sono quindi di tipo metabolico e non solo morfologico come per esami
convenzionali come CT o RM. Per questo motivo il volume da irradiare definito prima di
iniziare il trattamento radioterapico disegnato dal medico, risulta essere maggiormente
preciso, evidenziando anche eventuali lesioni metabolicamente attive ma ancora troppo
piccole perché siano viste alle immagini CT o RM. Questo permette di includerle nel volume
da irradiare. In questo studio vorrei fare un confronto di pianificazione tra cinque piani di
trattamento definiti con e senza le informazioni metaboliche delle immagini PET per
analizzare se ci siano differenze nella grandezza del volume da irradiare e nelle dosi
terapeutiche prescritte dal medico radioterapista. Per la pianificazione il medico specialista
radio‐oncologo definisce, disegnandola, la regione da irradiare (volume). Con le sole
immagini CT non sempre la patologia tumorale è visualizzata nella sua estensione
microscopica, specie per i linfonodi loco regionali eventualmente interessati. Nelle immagini
CT un linfonodo è sospetto se supera gli 1,0 cm di diametro. Nel reparto di radioterapia della
Clinica Luganese, la scelta di utilizzare un esame piuttosto che l’altro nella pianificazione è
dato dal tipo di patologia oncologica. Per pazienti con un tumore della testa‐collo viene
6
normalmente utilizzata la PET‐CT per la stadiazione tumorale e allo stesso tempo per
pianificare la radioterapia. Si parla di PET‐CT di pianificazione quando l’esame è realizzato
nelle stesse condizioni, ossia nella stessa posizione, nella quale il paziente eseguirà le sedute
giornaliere di radioterapia, con gli stessi presidi di posizionamento come la maschera
termoplastica nei casi di tumore ORL. Spesso il paziente quando arriva in radioterapia ha da
poco eseguito una PET‐CT per la diagnosi e il bilancio oncologico richiesto dal medico
oncologo per decidere quale trattamento oncologico proporre al paziente (chirurgia,
chemioterapia, radioterapia.). In questi casi non si ripete per motivi etici e di costi un’altra
PET‐CT a distanza di giorni o settimane, ma si utilizzano comunque le immagini della PET
effettuate nel bilancio per guidare la definizione dei volumi da irradiare. In questo caso si
parla di PET‐CT diagnostica utilizzata a scopo di pianificazione.
1.2 Obiettivo
L’obiettivo di questo lavoro è l’analisi e la descrizione delle due metodiche utilizzate per la
pianificazione in radioterapia (PET‐CT e CT), al fine di individuare le differenze sulla
definizione del volume bersaglio da irradiare e la dose terapeutica ad esso prescritta.
1.3 Materiali e metodi
Sono stati scelti cinque pazienti con istologia di carcinoma squamocellulare o
adenocarcinoma della regione testa‐collo. Per ogni paziente, il medico radio‐oncologo, ha
definito i volumi d’irradiazione sulle immagini morfologiche di CT sulle quali viene sempre, in
tutti i sistemi di pianificazione, eseguito il calcolo della distribuzione della dose
successivamente sulle stesse immagini, ma fuse con quelle metaboliche della PET‐CT. Sono
poi stati analizzati i due diversi piani e visualizzate le differenze di volume e di distribuzione
delle dosi nel PTV e negli organi sani a rischio.
I riferimenti riportati in precedenza sono scaturiti dalla mia esperienza personale durante gli stages formativi
7
2.Quadro teorico
2.1 Il carcinoma della sfera testa/collo
2.1.1 Fattori rischio
I fattori rischio per i tumori della regione testa/collo sono principalmente tre; il fumo, specie
quello di sigaretta, l’alcool e l’alimentazione. Questi tipi di tumore sono molto presenti nelle
popolazioni dei paesi sviluppati (come il nostro) per la presenza di sigarette e alcool. Il fumo
di sigaretta incide in particolar modo perché sta molto a contatto con le mucose che
rivestono le pareti interne delle strutture ORL. L’alcool è una sostanza “corrosiva” e anche
questo sta molto a contatto con le mucose alterando le cellule. Il fattore rischio nutritivo è
legato all’apporto di vitamine, che se risulta insufficiente porta l’organismo in uno stato
d’immunodeficienza. Altri fattori rischio meno compromettenti sono la mancanza d’igiene
orale, la presenza di protesi dentarie non su misura che provocano continue microlesioni e la
trascuranza di patologie infiammatorie e virali che colpiscono la regione del collo.
Nel grafico (figura 1) sono riportati i principali fattori che incidono in modo significativo
sull’incidenza del tumore testa‐collo. Come si può ben notare i due principali fattori sono il
consumo di fumo e di alcool. Ci sono poi altri fattori che influiscono ma in modo meno
importante. Questi fattori sono da riportare allo stile di vita del paziente. La mancanza di
vitamine, la trascuratezza dell’igiene e altre patologie di rilevanza minore (micosi, infezioni,
infiammazioni della mucosa).
Figura 1
8
2.1.2 Epidemiologia
Nel grafico (figura 2) sono riportate le singole incidenze dei tumori ORL, per le donne del canton Ticino, in diversi anni. Il tumore più
frequente in assoluto è quello della tiroide che tende a crescere con gli anni. Nell’anno 2000 c’è un picco del tumore dell’esofago. Gli altri
tumori hanno delle frequenze simili e non c’è una regione anatomica che evidenzia un’incidenza in particolare se non quello della tiroide.
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1996 2000 2004 2008 2009*
Numero di casi
Anno
Numero di tumori maligni invasivi diagnosticati fra le donne residenti nel canton Ticino,
1996‐2009*
Labbra
Lingua
Bocca
Gh.salivari
Tonsille
Altri tumori orofaringei
Rinofaringe
Ipofaringe
Faringe
Esofago
Naso/seni par.
Laringe
Figura 2
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Questo grafico (figura 3) mostra l’incidenza dei tumori ORL, per gli uomini del canton Ticino, in diversi anni. C’è un equilibrio negli anni tra due
regioni anatomiche; laringe ed esofago (15/20 casi all’anno). Nel 2000 il tumore dell’esofago ha visto un picco molto alto con 31 casi all’anno.
*2009: dati non completi al momento della pubblicazione Dati consultabili al sito del Registro cantonale dei tumori all’indirizzo: http://www.ti.ch/DSS/DSP/IstCP/RCT/dati/generali/Incidenza.html
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20
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30
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1996 2000 2004 2008 2009*
Numero di casi
Anno
Numero di tumori maligni invasivi diagnosticati negli uomini residenti nel canton Ticino,
1996‐2009*
Labbra
Lingua
Bocca
Gh.salivari
Tonsille
Altri tumori orofaringei
Rinofaringe
Ipofaringe
Faringe
Esofago
Naso/seni par.
Laringe
Figura 3
10
Con i grafici che seguono, ci si può fare un’idea dell’incidenza e del tipo di tumore classificato
in base alle cellule da cui deriva. Nel primo grafico è stata presa in considerazione l’area
anatomica VADS (vie aeree digestive superiori) che tiene conto di tutta la parte del cavo
orale e scende fino all’ipofaringe. Come si può notare il carcinoma epidermoide (o
squamocellulare) è quello più presente nei pazienti affetti da questa neoplasia.
I carcinomi epidermoidi sono neoplasie che derivano dalle cellule basali dell’epitelio. Questo
perché la regione anatomica in esame è ricoperta, al suo interno, da epitelio e qualsiasi
parte può esserne colpita.
Nello studio, quattro pazienti su cinque sono affetti da questo tipo istologico di tumore,
mentre uno è affetto da adenocarcinoma. Nel secondo grafico si possono vedere i tumori
delle ghiandole salivari e il tipo istologico più frequente. Gli adenocarcinomi sono neoplasie
indifferenziate (maligni) che prendono origine dal tessuto epiteliale ghiandolare presente
nella cavità orale/collo. Non sono i più frequenti, ma hanno comunque una discreta
incidenza.
Figura 4
11
2.1.3 Il carcinoma in situ
Alla base di un tumore, c’è un meccanismo ben preciso che avviene nel corpo della persona
colpita da questa patologia. La cellula interessata, che può essere in qualsiasi parte del corpo
umano, è alterata da uno o più fattori di rischio e il corpo non è in grado di correggere con i
meccanismi di riparazione il danno subito. Questa mutazione, che solitamente è risolta dal
nostro organismo, non è corretta e di conseguenza la cellula resta alterata. Solitamente non
basta un solo evento mutageno per determinare un’alterazione definitiva, ma occorrono
diverse mutazioni che si sommano fra loro per ottenere una cellula neoplastica. Quando
questa cellula è ormai irreversibilmente mutata, avvengono quattro stadi di un processo
chiamato cancerogenesi. Questi, in ordine di tempo vedono la cellula aumentare d’attività
moltiplicativa, alterare il suo comportamento rispetto le cellule normali, la modifica della
propria struttura e l’atipia morfologica. A questo punto, la cellula è alterata e quando
subentra la mitosi, le cellule che ne derivano sono alterate anche loro, da qui nasce una
neoplasia. La neoplasia può essere benigna o maligna, nel caso del carcinoma è maligna.
Il termine carcinoma definisce un particolare tipo istologico di tumore maligno che origina
da un tessuto epiteliale (particolare tessuto che riveste le cavità degli organi interni del
corpo umano). Una neoplasia maligna è un particolare tipo di lesione che tende a infiltrare i
tessuti circostanti e a dare metastasi, anche a distanza, dalla sua principale sede,
immettendosi nel flusso sanguigno. Solitamente il tumore provoca ingombro e quando
vengono infiltrati altri organi, questi perdono la loro funzione. Nella sede citata (ORL) ci
Figura 5
12
possono essere sia carcinomi sia adenocarcinomi. Questi ultimi sono particolari tumori che
derivano dalle ghiandole presenti nella sede otorinolaringoiatra. Anch’essi maligni tendono a
diffondersi a distanza.
Questo lavoro si concentra sul carcinoma in situ. Per carcinoma in situ s’intende un
accrescimento di cellule epiteliali anomale che presentano vari caratteri morfologici e
biologici di malignità, ma non possiedono la capacità infiltrante, ossia la possibilità di
invadere i tessuti situati vicino. Quindi non potrà produrre metastasi a distanza.
2.1.4 I pilastri di trattamento
Introduzione
Esistono diverse forme di tumore, per questo le possibilità terapeutiche sono diverse.
Figura 6
Figura 7
13
Per ogni paziente viene scelta, da un team multidisciplinare di medici composto da un
oncologo, un chirurgo e un radioterapista, la terapia più adatta al caso del singolo paziente.
La scelta della terapia dipende da:
o Tipo di tumore
o Stadiazione (dimensioni e localizzazione)
o Tempistica di sviluppo
o Eventuale compromissione delle vie linfatiche
o Eventuale presenza di metastasi
o Stato generale e di salute del paziente
o Età del paziente
o Atteggiamento del paziente verso la malattia e verso la terapia
L’intento della terapia scelta può essere curativo, stabilizzante o palliativo (attenuazione dei
dolori o dei sintomi.)
Queste tre terapie sono le più frequenti e possono essere applicate singolarmente,
combinate simultaneamente o in successione.
La chemioterapia
Questo tipo di trattamento è effettuato con farmaci citostatici. Questi farmaci hanno il
compito di inibire la divisione cellulare delle cellule cancerose e di conseguenza annientarle.
Nonostante il loro compito sia quello di colpire le cellule neoplastiche, anche quelle sane
vengono colpite, dando origine ad effetti collaterali fastidiosi per il paziente in cura. Questi
disturbi possono manifestarsi sotto forma di fastidi alle mucose; infiammazioni, problemi
all’apparato gastro‐enterico; nausea, vomito, stitichezza, diarrea, inappetenza. Oppure
complicazioni ormonali, stanchezza e perdita di capelli. Questi fastidi sono poi trattati con
dei farmaci supplementari che il medico oncologo prescrive al paziente. La somministrazione
dei farmaci citostatici avviene tramite compresse/capsule orali, infusioni o iniezioni e la
terapia può essere somministrata a pazienti ambulanti o degenti in una struttura. La
chemioterapia è attuata a cicli e con momenti di pausa di 3‐4 settimane per permettere alle
cellule sane di rigenerarsi dopo la terapia. Si possono utilizzare più farmaci insieme
(polichemioterapia) oppure con un solo farmaco (monochemioterapia).
La chirurgia
L’intervento chirurgico è l’atto più comune per curare i tumori maligni. Ci sono tre tipi
d’intervento:
L’operazione curativa: cura radicalmente la malattia, viene asportato completamente il
tumore e i linfonodi adiacenti.
L’operazione palliativa: è un intervento che permette di attenuare i dolori, limita le
complicazioni e assicura una discreta qualità di vita al paziente. Si effettua quando lo stadio
della malattia è avanzato, l’asportazione totale è impossibile e la localizzazione di difficile
accesso. Se ci sono metastasi non operabili, oppure il tumore disturba organi vicino
arrecando disturbi al paziente e dando una qualità di vita scandente.
14
L’operazione esplorativa: è una biopsia, si preleva un lembo di tessuto dopo che il tumore è
stato identificato. Questo per accertare lo stadio del tumore e la probabile evoluzione della
malattia.
L’operazione preventiva: è molto rara. Si effettua quando il paziente ha una massa cellulare
che tende ad evolvere in una neoplasia maligna. Si fa soprattutto se nella storia famigliare
del paziente ci sono stati casi di tumore nella sede interessata (esempio il tumore della
mammella).
La radioterapia
In questo caso per curare il paziente si sfruttano le proprietà ionizzanti delle radiazioni per
distruggere le cellule tumorali. Anche in questo caso vengono colpite, anche se in minor
quantità, delle cellule sane vicine al volume irradiato. La radioterapia agisce sul DNA delle
singole cellule, modificandolo, e di conseguenza non permettendo più la riproduzione alle
cellule. Può essere una terapia adiuvante (post operatoria) per distruggere le eventuali
cellule tumorali residue e ridurre così il rischio di recidiva oppure neoadiuvante (pre
operatoria) per ridurre la massa tumorale e permettere un intervento chirurgico meno
invasivo per il paziente. La radioterapia può anche essere una terapia di elezione. Questo
significa che il paziente viene sottoposto esclusivamente ad un trattamento di questo tipo ad
intento curativo senza l’ausilio di altre terapie. La scelta della terapia combinata o meno sta
al medico e per prendere una decisione si basa su vari parametri che riguardano la malattia.
15
3.Il percorso terapeutico del paziente
3.1 I passi nella pianificazione
Il termine pianificazione, in radioterapia, include la “sequenza di operazioni che, partendo
dalla raccolta delle informazioni anatomo‐cliniche relative al paziente, alla sua malattia e
attraverso la loro integrazione con i parametri fisico‐geometrici dei fasci di radiazioni,
consentono di giungere all’elaborazione di un piano di trattamento ottimale e strettamente
personalizzato.” Alla base di ogni piano di trattamento, deve esserci la garanzia di una
corretta somministrazione della dose terapeutica al target (volume bersaglio) e il maggior
risparmio possibile di dose agli organi sani a rischio, adiacenti alla zona irradiata.
L’importanza quindi di eseguire una terapia efficace, è di sconfiggere la malattia e ridurre il
rischio di recidive al paziente sottoposto alla terapia. Per pazienti palliativi, lo scopo è ridurre
al minimo i sintomi dati dalla patologia primaria (massa tumorale) o secondaria (metastasi)
per permettere una miglior qualità di vita. Il risparmio dei tessuti sani è fondamentale per
evitare l’insorgenza di problematiche di tossicità acuta (durante il trattamento) o tardive
(dopo mesi o anni). I problemi acuti insorgono dopo circa due settimane di terapia e per la
regione ORL sono soprattutto infiammazioni delle mucose, oppure eritemi sulla cute. Gli
effetti tardivi che compaiono fino a cinque anni dopo la fine della terapia, dipendono
dall’organo irradiato e dalla dose ricevuta dal paziente su quell’organo. Questi effetti
possono essere problematici e anche molto invalidanti, per la vita quotidiana del paziente,
per questo è importante ridurre al minimo l’irradiazione dove non è necessaria.
Per questi motivi il lavoro del tecnico in pianificazione è molto delicato e deve essere preciso
e puntiglioso. La dose che viene somministrata al target (o PTV) deve essere più omogenea
possibile su tutto il volume interessato e raggiungere almeno il 95% della dose prescritta dal
medico radio‐oncologo nel 99% del volume bersaglio. Questi sono i punti fondamentali e
d’obbligo per fare in modo che la terapia sia efficace. Per far si che il piano di trattamento sia
ottimale in tutti i suoi aspetti, le fasi che bisogna seguire in pianificazione sono:
La visita medica dal radioterapista, quindi la valutazione della zona da irradiare, della dose
da somministrare e scelta dell’esame di pianificazione
Riunione di presentazione del caso e scelta del posizionamento e degli ausili di supporto
Eventuale preparazione degli ausili; maschera o materassino vacuum
Esame di pianificazione (CT o PET‐CT)
Contouring degli organi a rischio interessati (compito del tecnico di radioterapia in
collaborazione con il medico)
Contouring volumi di trattamento (compito del medico radio‐oncologo)
Impostazione e ottimizzazione del piano
Accettazione del piano di trattamento da parte del radioterapista e del fisico
QA del singolo piano di trattamento (quality assurance)
Terapia con simulazione virtuale
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La visita medica
L’importanza della visita medica è quella di un primo approccio sia del medico con il paziente
sia del paziente con il reparto di radioterapia. Il medico ha già discusso il caso all’interno di
un’equipe e conosce la storia clinica oncologica del paziente. Nella prima visita conosce
personalmente il paziente, si fa un’idea generale dello stato di salute e psico/sociale del
paziente. In quest’occasione, prende visione dei problemi fisici che potrebbero poi essere un
limite per il posizionamento del paziente durante la terapia e li trasmette al team di TRM.
Con tutte queste informazioni decide la terapia da eseguire e la dose di trattamento. Come
detto in precedenza la prima visita è anche importante per il paziente perché crea un primo
approccio con il reparto di radioterapia. Le prime due persone che incontra sono le
segretarie, che sono le persone più vicine al paziente a livello di comunicazione e di tempo
trascorso insieme. Le segretarie della Clinica hanno un ruolo importante, sono alla reception
e accolgono i pazienti e i loro accompagnatori. Questo permette loro di instaurare un
rapporto per tutta la durata della terapia con il paziente e con i suoi famigliari. Non è un
aspetto da tralasciare, perché quando il paziente si presenta ogni giorno per la terapia, ha
degli umori molto variabili nel tempo. Non sempre è facile approcciarsi a loro e ai loro
familiari, e il ruolo che ricoprono le segretarie non è da trascurare. Dal mio punto di vista
personale, i pazienti oncologici che si sottopongono ad una terapia di questo tipo si
presentano introversi, non parlano molto, non chiedono informazioni di nessun tipo. Per
questo, a parer mio, fin dal primo giorno è molto importante l’accoglienza e l’approccio che
ogni singolo membro dell’équipe del reparto di radioterapia offre al paziente, dal medico al
tecnico comprese le segretarie e l’infermiera, che segue il paziente in un progetto di cura
dell’alimentazione, nell’aspetto sociale e nella cura delle eventuali tossicità della terapia.
La riunione
Dopo la prima visita medica, il radio‐oncologo prende visione del volume che deve essere
trattato nella terapia e decide a che esame sottoporre il paziente per la pianificazione, se
una PET‐CT o una CT. Qualche giorno dopo la visita viene fatta una riunione con tutto il
personale, dove il medico presenta i nuovi pazienti, solitamente si fa due volte la settimana.
In questo incontro, il radio‐oncologo da una visione globale e sintetica del percorso del
paziente, dello stato di salute, fisico e psicologico del paziente ma anche della sua vita
sociale e lavorativa. Oltre alla presentazione, il tecnico di radioterapia che si occupa
dell’esame di pianificazione, con la supervisione del medico, decide la modalità più
appropriata di posizionamento del paziente durante l’esame di pianificazione e in seguito
durante le sedute di radioterapia. Gli ausili utilizzati sono poi mantenuti anche durante la
terapia, per garantire un comfort al paziente e assicurare una posizione stabile e
riproducibile nel tempo.
17
Preparazione degli ausili
Nel caso del trattamento dei tumori della regione testa‐collo, per ogni singolo paziente,
viene confezionata una maschera apposita per il posizionamento della testa. Questa
maschera, di materiale termoplastico, è preparata nel reparto di radioterapia. Prepararla è
abbastanza semplice, ma anche qui bisogna essere precisi. Si spiega al paziente l’importanza
di questo ausilio nel trattamento a cui dovrà sottoporsi. La maschera è di fondamentale
importanza per far mantenere al paziente una posizione identica e stabile durante la terapia
e nel tempo. La testa, e di conseguenza il collo, sono soggetti a movimenti involontari e
quindi a variazioni di posizione. Sono due aree non molto estese e al loro interno le strutture
sono molto ravvicinate. Questo vuol dire che anche un minimo cambiamento può portare
all’irradiazione di strutture sane che non devono essere irradiate con dosi alte oppure a non
irradiare sufficientemente il volume bersaglio. Utilizzando una maschera termoplastica, il
paziente è messo in una posizione che poi sarà sempre uguale, in ogni seduta. Il paziente
viene poi fatto accomodare su un lettino completamente piatto, senza materassino, perché
riproduce il lettino del trattamento. Sotto la testa viene messo un supporto, completo di
cuscino di diverse altezze per la soggettiva comodità, dove poi sarà fissata la maschera. La
posizione del paziente è supina con le braccia lungo i fianchi.
Il tecnico immerge in una vasca con acqua a temperatura di 70°C la maschera neutra (figura
8), quando questa diventa morbida e modellabile, si toglie dalla vasca, si asciuga
rapidamente (per evitare l’indurimento), e si applica sul viso del paziente. È importante
togliere eventuali protesi dentali, occhiali, orecchini, utensili nei capelli, per evitare
cambiamenti di volume nel tempo. A questo punto si fissa la maschera al supporto, si allarga
un po’ a livello del naso per agevolare il respiro, anche se la maschera è forata da piccoli
buchi. Quando la maschera diventa solida, si toglie. Sulla maschera saranno poi applicati tre
reperi, che permettono di avere dei riferimenti sicuri per il posizionamento del paziente
prima della terapia. Un altro ausilio che viene fatto su misura per il paziente è il materassino
a depressione (vacuum). Questo è utilizzato per immobilizzare arti e bacino ed è un
particolare materassino con all’interno delle palline di polistirolo. Queste sono all’interno di
una camera ad aria e quando il materasso prende la forma del paziente, viene aspirata l’aria
Figura 8
18
al suo interno. Le palline aderiscono tra loro e il materasso s’irrigidisce tenendo la forma
della parte anatomica.
Esame di pianificazione
In questa fase della preparazione del trattamento, il lavoro del tecnico è molto importante e
ha un ruolo fondamentale nella riuscita dell’esame. In questo lavoro attribuisco un ruolo
importante all’esame di pianificazione e viste le due tecniche utilizzate presenti nel
panorama ticinese (CT e PET‐CT) approfondirò questo punto nel prossimo capitolo.
Contouring degli organi a rischio interessati
Su ogni slice (taglio o immagine) della CT di pianificazione, il tecnico di radioterapia, ha il
compito di contornare gli organi a rischio della regione interessata dalla terapia e la cute.
Questo lavoro consiste nel contornare, con un particolare programma, tutti gli organi a
rischio (più sensibili alle radiazioni) presenti nel volume che verrà poi irradiato. Nella regione
testa‐collo questi organi sono; il chiasma ottico, i cristallini, le ghiandole sottomandibolari e
sottolinguale, la laringe, la mandibola, il midollo spinale, i nervi ottici, gli occhi, le parotidi, la
tiroide e l’encefalo. Qui sotto è riportata la tabella delle dosi massime per questi organi e il
danno che potrebbero causare le radiazioni se si superasse la dose massima.
In questa parte della pianificazione è molto importante essere precisi perché tutto il calcolo
delle dosi che vengono somministrate durante la terapia dipendono da questa
contornazione. Questi organi sono molto sensibili alle radiazioni e se fossero irradiati con
delle dosi troppo alte, si andrebbe incontro a rischi seri per il paziente.
U
Questa tabella (figura 9) riporta le dosi massime o medie che possono ricevere gli organi a
rischio della regione ORL. Si può notare che alcuni organi, come la tiroide ha una dose
media, rapportata al volume irradiato che può ricevere e non una dose massima assoluta.
Parte anatomica Dose massima (Gray) Danno
Chiasma ottico Minore di 50 Gy Cecità
Cristallini Minore di 10 Gy Cataratta
Ghiandole salivari Minore di 30 Gy Xerostomia, secchezza
Laringe 20 Gy Eritema, disfonia
Mandibola Minore di 70 Gy Necrosi, frattura
Midollo spinale 45 Gy Mieliti, necrosi
Nervi ottici Minore di 50 Gy Cecità
Occhi Minore di 40 Gy Dolore, cecità
Parotidi Minore di 25 Gy Xerostomia severa
Tiroide Il 35% del volume prende al massimo 55 Gy Tiroidite
Encefalo 50 Gy Necrosi
Figura 9
19
Questo perché gli organi paralleli hanno una struttura che permette di poter danneggiare
una percentuale di organo e questo mantiene la sua funzione. Per organi come l’encefalo, di
cui la struttura si dice seriale, anche solo una cellula danneggiata porta a dei danni
irreversibili con una perdita della propria funzione.
Contouring dei volumi d’irradiamento
Quando gli organi a rischio sono contornati dal tecnico di pianificazione, il medico radio‐
oncologo applica lo stesso procedimento ma per i volumi d’irradiazione. Il medico disegna
tre volumi a dipendenza dello stato della patologia e della singola situazione del paziente.
GTV: è il volume tumorale macroscopico. È la massa tumorale palpabile, visibile. Può essere
il tumore primitivo, delle linfadenopatie, oppure una localizzazione metastatica. È
importante identificarlo per somministrare una giusta dose alla massa tumorale e avere un
punto di riferimento per la valutazione della risposta al trattamento.
CTV: è il volume bersaglio clinico e comprende il GTV e le regioni anatomiche adiacenti,
nelle quali esiste una probabilità che sia presente la malattia microscopica non visibile nella
stadiazione.
PTV: volume bersaglio pianificato, è il volume utilizzato per il calcolo della distribuzione
della dose. È un volume geometricamente più grande del CTV. Tiene conto di variazioni
anatomiche dovute al respiro, alla deglutizione e alle variazioni anatomiche che possono
insorgere come edemi o infiammazioni. Tiene inoltre conto delle incertezze geometriche e
dosimetriche legate all’apparecchiatura e alla tecnica d’irradiazione. Possono essere presenti
più di un PTV
PTVII: è il volume più grande. Quando i volumi d’irradiazione sono 2 può comprendere
anche un sovraddosaggio→Boost.)
PTVI: è il volume più piccolo, il Boost (solo sul letto tumorale)
Impostazione e ottimizzazione del piano
A questo punto si può impostare il piano di trattamento. Ci sono quattro passi che il tecnico
di radioterapia, in pianificazione, deve seguire per impostare il piano di trattamento e un
passo per ottimizzarlo.
Primo passo; contouring
In questa schermata del computer si possono apportare modifiche al contouring fatto in
precedenza dal tecnico e dal medico. Si possono creare dei nuovi contorni e sistemare i
colori, utilizzandone di standard, diversi da quelli delle curve d’isodose così da distinguere i
due.
Secondo passo; ROI’S
Seleziono il target come priorità di trattamento di modo che nell’ottimizzazione (grafico
dose/volume) il target si divide graficamente dagli organi a rischio (priorità) ed è più
20
semplice ottimizzare il piano. Allo stesso tempo seleziono un ordine d’importanza per gli
organi a rischio (classifica) attribuendo dei numeri da uno a dieci. Posso, inoltre, bloccare
alcune direzioni dei fasci (blocco virtuale) laddove fosse necessario per risparmiare dose a
degli organi a rischio.
Terzo passo; plan settings
Qui ritrovo l’impostazione dei due tipi di laser che ho nella macchina e nella sala di terapia;
rossi e verdi, che sono un set di laser ortogonali mobili. I laser rossi sono un aiuto ai tecnici
che effettuano la terapia sul paziente a posizionare il paziente ogni giorno in modo uguale. I
laser verdi, fissi, indicano l’isocentro della macchina. Esiste un terzo set di laser verdi fissi,
che indica l’isocentro “virtuale” della macchina, cioè un punto corrispondente all’isocentro
della macchina, ma posto esattamente 70 cm al di fuori dell’anello e lungo l’asse di rotazione
Nel plan settings allineo i laser rossi con l’isocentro della macchina di modo che la terapia
parta sempre da un posizionamento standard (isocentro dell’apparecchio). Si applicano poi
gli spostamenti individuali per ogni trattamento. Il sistema mi darà delle coordinate x; y; z
che corrispondono ai laser rossi con gli spostamenti del paziente. Per ogni paziente gli
spostamenti saranno diversi. Quando posiziono il paziente per la terapia sull’acceleratore
lineare, i laser rossi si metteranno nella posizione predefinita durante la pianificazione, che
normalmente viene fatta coincidere con il baricentro del target. Fatto questo scelgo il modo
d’irradiazione che può essere elicoidale o a fasci diretti.
Quarto passo; beam angles
Questo passo si affronta solo se il piano di trattamento si fa con la modalità a fasci diretti,
perché si scelgono i campi (la quantità di fasci dell’irradiazione) e la direzione d’entrata del
fascio.
Quinto passo; ottimizzazione
Questa parte è quella che richiede maggior tempo al tecnico di pianificazione. Si tratta di
ottimizzare le dosi sul target e sugli organi a rischio basandosi su un grafico (dose/volume).
Calcolo dei beamlets
Una volta stabilite le condizioni al contorno geometriche e dosimetriche della terapia
(prescrizione della dose al volume bersaglio), si lanciano i beamlets. In sostanza il sistema
calcola le dosi provenienti da tutti i possibili fasci, che il macchinario è in grado di erogare fra
tutti quelli che possono incidere sul volume bersaglio. Il calcolo può essere anche lungo (fino
a tre ore per volumi molto grandi). Pertanto questo calcolo viene fatto eseguire dal sistema
durante la notte. Si possono mettere in coda i calcoli dei beamlets di più piani o pazienti
contemporaneamente.
Il mattino successivo al calcolo dei beamlets, il piano è pronto per essere ottimizzato. Il
sistema di pianificazione funziona in modo inverso: si indica al sistema il risultato che si vuole
raggiungere, e il sistema inizia il processo in maniera interattiva. Si può seguire il risultato e
bloccare il processo quando si ritiene di aver raggiunto un piano accettabile.
21
Nella figura 10, sull’asse orizzontale (x) si legge la dose in Gray mentre su quella verticale (y)
si trova il volume dei vari organi in percentuale. Il compito del tecnico di radioterapia in
pianificazione è quello di portare il target (in rosso) alla dose prescritta dal medico quindi
verso la parte destra del grafico e di tenere gli organi sani a rischio sulla parte sinistra del
grafico (dosi basse a bassi volumi). Come riferimento si utilizza la tabella delle dosi massime
di ogni organo a rischio. Una volta ottenuto un piano accettabile, di cui il tecnico è
reponsabile, si esegue un calcolo definitivo della dose.
Questo piano deve essere presentato e poi approvato dal medico radioterapista e dal fisico
medico. Il tecnico che si è occupato dall’inizio alla fine del piano di trattamento, lo presenta.
Si discute se occorre fare qualche modifica. Il medico e il fisico approvano il piano che è
pronto per essere messo in atto.
QA (quality assurance)
Quando il piano è stato approvato, il fisico ha il compito di verificare che la distribuzione di
dose visibile al computer è la stessa che riceverà il paziente. A tale scopo il piano di
trattamento viene ricalcolato sull’immagine TAC di un fantoccio contenente una matrice di
729 detettori di dose. Dal sistema di pianificazione viene poi estratta una matrice
bidimensionale di numeri che rappresentano la dose calcolata nella posizione di ogni singolo
detettore. Il piano di trattamento viene poi erogato allo stesso fantoccio contenente i 729
detettori. Le dosi misurate da ogni detettore sono comparate con quelle calcolate nella
stessa posizione dal sistema di pianificazione. I valori misurati e quelli calcolati devono
essere in accordo con uno scarto massimo del 3%. Se questo corrisponde, il piano è pronto e
il paziente è convocato per il trattamento.
Figura 10
22
Trattamento alla Tomotherapy
Il paziente convocato si sottoporrà ogni giorno alla terapia, allo stesso orario per permettere
ad ogni persona di organizzare al meglio la propria giornata. La radioterapia eseguita con
l’apparecchio di Tomoterapia è leggermente diversa dalla terapia fatta con un acceleratore
lineare convenzionale. Una differenza è che quest’apparecchio ha una CT integrata
all’interno della gantry circolare, dove il paziente ogni giorno prima del trattamento si
sottopone ad una CT con 3,5 megavolt per la simulazione virtuale (figura 11).
Un’altra differenza è che la terapia è fatta con il lettino che si muove longitudinalmente. Più
precisamente in un piano di trattamento elicoidale, il paziente viene irradiato lungo un’elica
e quindi un volume, proprio come un’acquisizione CT (figura 12). Questo permette di
distribuire la dose in entrata a 360° e quindi di non sovra dosare la cute e gli organi sani a
rischio. A volte questo trattamento non è indicato, oppure si ha un maggiore risparmio degli
organi sani utilizzando dei campi diretti. Anche con questa metodica il lettino si muove
longitudinalmente durante l’irradiazione (figura 13).
La differenza più significativa è la simulazione. Con la Tomoterapia la simulazione è virtuale e
si effettua ogni seduta prima dell’irradiazione con i megavolt. I megavolt non permettono di
Figura 11
Figura 12
23
ottenere delle immagini della stessa qualità delle CT diagnostiche, ma fornisce ai tecnici che
lavorano alla macchina delle immagini tridimensionali per posizionare in modo ottimale il
paziente durante la terapia di ogni giorno. In pratica, all’inizio di ogni terapia, viene fatta una
CT su un volume di 6‐7 centimetri (12/15 slice) comprendente il target e dei reperi,
solitamente ossei per la praticità di orientamento. Con queste immagini si fa un matching
(sovrapposizione) con le immagini di CT, fatta in precedenza per la pianificazione. Questo
permette di visualizzare le variazioni di posizionamento. Il matching si visualizza nei tre piani,
assiale, coronale e sagittale Per praticità per applicare gli spostamenti si utilizzano le
immagini assiali e sagittali. Il tecnico, se necessario, apporta degli spostamenti sui tre piani x;
y; z che servono per posizionare il paziente in modo corretto prendendo in considerazione i
reperi anatomici di riferimento (diversi per ogni tecnico). Questo metodo di simulazione
permette al tecnico di porre il paziente ogni giorno allo stesso modo e quindi di rendere la
terapia molto precisa.
Figura 14
Figura 13
24
3.2 Particolarità tecniche della Tomoterapia
La scelta della modalità d’irradiazione dipende dal caso, dall’anatomia del paziente, dalla
sede da irradiare e dall’estensione del target. Il tecnico di pianificazione, con l’esperienza,
solitamente sa con che modalità di trattamento il piano risulta ottimale. A volte però, nel
dubbio, prova a fare un piano con la modalità elicoidale e in un secondo momento con i
campi diretti. Sceglie poi il piano migliore per il paziente e per l’efficacia della terapia. Una
particolarità del trattamento con la Tomoterapia è proprio questa, la possibilità di irradiare
con una modalità a elica, oppure diretta con dei fasci precisi. La modalità ad elica permette
di irradiare un volume “spiralando” con il fascio da tutti i punti del corpo (a 360°) e quindi di
distribuire la dose e non creare dei sovradosaggi negli organi sani a rischio o sulla cute del
paziente. La gantry gira e fa assumere al tubo un’angolazione a 360°. Il lettino dove il
paziente è posizionato si muove longitudinalmente permettendo un trattamento del volume
nella sua totalità. Oltre a questa notevole innovazione, un’altra particolarità di
quest’apparecchio è la presenza delle lamelle multileaf funzionanti ad aria compressa.
Queste lamelle sono sessantaquattro e funzionando ad aria compressa. Sono molto veloci,
possono essere aperte o chiuse e seguono di conseguenza con precisione la forma del
tumore. Questo va a favore della terapia per ogni paziente.
Per dare un’idea più chiara nella tabella riportata qui sotto (figura 15) sono schematizzate le
principali differenze tra la Tomoterapia elicoidale e la Tomoterapia a fasci diretti.
Nella tabella riportata sopra, ci sono schematizzate le principali differenze dei due
trattamenti possibili alla Tomoterapia. Nella terapia elicoidale la gantry è in movimento
(360°) durante l’irradiazione, il lettino si muove, l’apertura dell’elica si decide in base al
volume del target, al paziente (tempo a disposizione). Nella terapia a fasci diretti la gantry è
fissa durante l’irradiazione, il lettino è fermo e l’apertura del fascio ha tre possibili larghezze
(dipende dal volume del terget). In entrambi i casi il pitch è fisso per un buon compromesso
fra qualità dell’irradiazione e tempo di durata della terapia.
La particolarità nella pianificazione del trattamento con quest’apparecchio è che è inversa.
Questo perché, come già detto prima, dopo aver impostato tutti i dati, il computer calcola
per ogni fascio che va a colpire il paziente, l’attenuazione data dal percorso che compie, gli
organi che incontra, come deve chiudere o aprire le lamelle. Dopo che il computer ha fatto
Tomoterapia elicoidale Tomoterapia diretta
Movimento gantry durante irradiazione Gantry fissa durante irradiazione
Movimento longitudinale lettino Lettino fisso
Scelta apertura elica Tre possibili aperture del fascio
Pitch fisso Pitch fisso
Angolo d’irradiazione 360° Angoli fissi (scelta gradazione)
Figura 15
25
tutti questi calcoli, al tecnico di pianificazione sta il compito di ottimizzare il piano. Questa è
detta pianificazione inversa perché è il contrario della pianificazione che solitamente viene
fatta.
26
3.3 La pianificazione alla CT
Per preparare il piano di trattamento per la terapia è necessario sottoporre il paziente ad un
esame. Il paziente viene convocato nel reparto di radiologia. Solitamente le CT di
pianificazione sono fatte il martedì e il giovedì pomeriggio. Ci sono due possibili esami; la CT
e la PET‐CT. Nella maggioranza dei casi si usa fare una CT di pianificazione. È una CT nativa,
quindi senza mezzo di contrasto, con un apparecchio convenzionale nel reparto di radiologia.
Il paziente è accolto dal tecnico di radioterapia, viene fatto accomodare nella sala dell’esame
e gli viene spiegato tutto l’esame. Assieme al tecnico di radioterapia, l’esame è gestito da un
tecnico di radiologia che fa il vero e proprio esame alla consolle.
Al paziente, prima di prepararlo, viene fatta una fotografia del volto che sarà poi allegata alla
sua cartella tecnica di trattamento. Viene utilizzato un lettino in carbonio come quello
dell’apparecchio di terapia, per poter poi simulare le stesse condizioni che poi ci saranno in
terapia. Su questo lettino vengono posti gli ausili prescelti. Nel caso specifico dei tumori
testa‐collo, viene messo il supporto che è stato usato per la realizzazione della maschera.
Il paziente è posizionato sul lettino con un cuscino sotto le ginocchia per agevolare la
posizione della schiena e rendere meno spiacevole la permanenza, anche se breve, sul
lettino. La maschera personale, preparata in precedenza, viene fissata al supporto del lettino
ma è sempre l’ultima cosa da posizionare sul paziente e la prima da togliere finito l’esame o
la terapia. La prima cosa è preparare tutto quello che occorre per l’esame vicino al lettino
(reperi radiopachi, pennarello, macchina fotografica). Con l’aiuto dei laser della CT si
posiziona il paziente in corrispondenza del meato acustico, come per un esame cerebrale.
In corrispondenza dell’incrocio dei laser si applicano tre crocette radiopache, una sul lato
destro, una sul lato sinistro e una mediale. Queste crocette sono un punto di riferimento per
i tecnici di radioterapia per posizionare il paziente alla macchina di terapia quindi mantenere
sempre la stessa centratura (per fare il matching). A questo punto il paziente è posizionato
per la scansione CT e viene eseguita una scansione della testa fino alle clavicole.
Quando la scansione è terminata, il tecnico rientra nella sala e si assicura che il paziente stia
bene. Prima di far scendere il paziente dal lettino, si documenta il posizionamento con delle
fotografie che poi saranno sempre allegate nella cartella tecnica. Si fa scendere il paziente, si
spiega che ci vorrà circa una settimana per preparare il piano di trattamento e che solo
allora sarà chiamato per cominciare la terapia, dopodiché si congeda. L’importanza di questo
esame è trovare una posizione confortevole e comoda il più possibile per la persona, che
dovrà poi mantenere sempre durante la terapia. Allo stesso tempo devono esserci la
riproducibilità e la stabilità nella posizione per una riuscita ottimale della terapia.
È molto importante l’approccio del tecnico con il paziente perché spesso sono spaesati,
preoccupati, con molte domande. Il compito del tecnico non è solo eseguire e ottenere un
buon esame ma anche far sì che il paziente collabori e quindi che sia il più tranquillo
possibile e che tutti i suoi dubbi possibilmente chiariti.
27
Nelle figure 16/17 sono riportate due CT utilizzate nella pianificazione in radioterapia.
Possiamo vedere il lettino in carbonio e lateralmente la colonna che contiene il laser di
posizionamento (figura 16).
Figura 16
Figura 17
28
3.4 La pianificazione alla PET‐CT
La scelta dell’esame PET‐CT nella pianificazione è da attribuire a tre possibili casi; pazienti
con un carcinoma avanzato che potrebbe avere lesioni secondarie (metastasi), linfonodi
risultati positivi alla biopsia o sospetti (si misura il diametro) alla CT diagnostica oppure
pazienti che hanno già fatto una terapia prima (chemioterapia o chirurgia) e per cui si vuole
visualizzare la situazione attuale prima di cominciare la radioterapia.
La pianificazione all’apparecchio PET è simile a quello con l’apparecchio CT.
L’importanza fondamentale di questo esame è la riproducibilità del posizionamento del
paziente alla macchina della terapia. L’esame PET aggiunge delle informazioni all’esame CT e
non è sostitutivo. Il fatto che sia una tecnologia costosa e disponibile in modo limitato fa si
che non sia un esame d’elezione per la maggior parte dei casi oncologici.
Il medico radioterapista decide di pianificare una terapia alla PET solo in casi in cui sia
necessario. Questa indagine può essere eseguita per una stadiazione tumorale, per una
valutazione post‐operatoria, per una valutazione nel corso della terapia, per un controllo
dopo la terapia (follow‐up) oppure per la caratterizzazione di una lesione visibile alle
immagini morfologiche di CT. Nel caso della pianificazione, l’aiuto di queste immagini
potrebbe dare una differenza di ampiezza sul volume di trattamento della terapia. Il paziente
svolge questo esame nel reparto di medicina nucleare e viene accolto dal tecnico di
radioterapia e dal tecnico di medicina nucleare. È importante che si presenti a digiuno, per
evitare un accumulo di sostanza radioattiva all’interno dello stomaco e del fegato (durante la
digestione le cellule, avendo bisogno di energia, accumulano FDG all’interno di queste aree
anatomiche rendendo difficile la diagnosi oncologica del medico). Il paziente deve inoltre
essere ben idratato perché gli sarà somministrato un diuretico per eliminare il radiofarmaco
in eccesso. Quando il paziente si presenta in reparto, è fatto accomodare in una saletta,
viene fatto sdraiare e gli vengono fornite le dovute spiegazioni. Il tecnico di medicina
nucleare spiegherà la parte di sua competenza e applicherà al paziente tutti gli atti
infermieristici necessari. Il tecnico di radioterapia spiegherà la parte dell’esame di
pianificazione.
Ci sono delle particolari informazioni che devono essere chieste al paziente prima
dell’esame; se ha altre patologie, se prende farmaci e se ha subito interventi chirurgici negli
ultimi 2‐3 mesi. Quest’ultima informazione è fondamentale perché un processo
infiammatorio o riparativo può creare falsi positivi e quindi alterare l’esame e la diagnosi.
Per prima cosa si procede provando il tasso glicemico del sangue (valore del glucosio) per
valutare il digiuno che deve essere almeno di 6‐8 ore. Il valore massimo di glucosio non deve
superare i 10 mmoli/l per le persone sane e 12 mmoli/l per le persone affette da diabete
mellito. Dopo di che si mette un accesso venoso, per evitare al paziente più iniezioni in poco
tempo (radiofarmaco e diuretico) e per essere idratato con 500dl di soluzione fisiologica.
A questo punto s’inietta l’FDG in base al peso del paziente secondo il calcolo della dose
4MBq/Kg fino a 100Kg per un’attività di massimo 340 MBq.
Oltre i 100 Kg, la dose massima è 400 MBq. Il diuretico favorisce la diuresi e quindi
l’espulsione di FDG in eccesso e la soluzione fisiologica per idratare il paziente.
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Per far si che tutto il radio farmaco si fissi nelle varie aree del corpo, si lascia riposare il
paziente per circa quarantacinque minuti. In questo periodo il tecnico deve essere presente
per qualsiasi bisogno e deve tutelarsi dalle radiazioni emesse dal paziente, causate dal
decadimento del radiofarmaco iniettato in precedenza. Il tecnico di radioterapia prepara la
sala cambiando il lettino dell’apparecchio con un lettino in carbonio uguale a quello presente
sull’apparecchio di radioterapia, installa il supporto corretto per fissare la maschera
(preparata in precedenza nel reparto di radioterapia), e il cuscino per le gambe. Si prepara
tutto il materiale che servirà poi, in un secondo tempo, per la pianificazione. Quindi il
pennarello indelebile e le crocette radiopache.
Passati i quarantacinque minuti, il paziente viene fatto accomodare sul lettino, posizionato
con la sua maschera. Assieme al tecnico di radioterapia, il paziente, dovrà trovare una
posizione confortevole, più comoda possibile. È molto importante riproducibile alla
macchina di terapia ogni singolo giorno del trattamento. Quando il paziente trova la
posizione più consona e appropriata per lui, si mette la maschera. Molto importante mettere
la maschera deve essere l’ultima azione da fare all’inizio della terapia e toglierla deve essere
la prima cosa da fare dopo. Questo perché è un accessorio utile, ma non lascia molto a
proprio agio i pazienti quando la indossano. Al paziente viene dato un campanello in mano
che per qualsiasi bisogno suona e il tecnico entra nella sala d’esame. Lo si sistema con i laser
dell’apparecchio.
Qui si fanno due crocette con un pennarello indelebile e sopra ai segni, s’incollano tre
crocette radiopache per poter visualizzare i punti di centraggio anche sull’esame. Ne si
posiziona una a destra, una a sinistra e una mediale (frontale).
Sta al tecnico fare in modo che la persona sottoposta a questo esame capisca cosa sta
facendo, il perché lo fa. Per arrivare a questo deve instaurarsi tra il tecnico e il paziente, un
rapporto di fiducia e questo si ottiene rassicurando e accertandosi che stia bene e che sia più
tranquillo possibile. L’esame comincia con una scansione CT della parte in esame (volume
dall’apice del cranio alle clavicole). Esame nativo, senza l’ausilio di mezzo di contrasto. Dopo
le immagini morfologiche vengono effettuate le immagini funzionali PET, con una scansione
che dalla testa va fino alle ginocchia.
Il volume della scansione è ampio per visualizzare tutte le possibili parti che potrebbero
essere colpite da lesioni secondarie (metastasi). Per questo la PET‐CT viene utilizzata per la
pianificazione e allo stesso tempo per la stadiazione. Le immagini morfologiche di CT sono
fuse con quelle funzionali PET di modo da ottenere un esame completo e diagnostico.
Alla fine dell’esame il paziente è fatto scendere dal lettino, sulla maschera vengono lasciate
le crocette per poter poi posizionare il paziente ogni giorno allo stesso modo durante la
terapia. Non ci sono effetti collaterali per il radiofarmaco iniettato, ma la persona dovrà
attenersi ad alcuni accorgimenti riguardo alle persone che gli stanno attorno.
30
La figura 18 rappresenta una PET‐CT adibita all’esame di simulazione per il trattamento di
radioterapia. Si vede il lettino di carbonio utilizzato poi sull’accelleratore lineare.
Figura 18
31
4. Raccolte dati dei pazienti
Per i cinque pazienti che sono stati presi in considerazione nel lavoro ho ricercato i dati
anamnestici, medici e tecnici. Per ognuno di loro ho fatto un riquadro con le principali
informazioni che li riguardano, utili per avere un’idea generale della patologia, del tipo di
trattamento fatto e soprattutto di che tipo di persona si è sottoposta alla cura.
Paziente 1
Situazione famigliare
72 anni, convive con la compagna e ha 2 figli presenti nella sua vita. Introverso, in pensione viene
alle sedute di terapia con la compagna che è il suo punto di riferimento.
Paziente abbastanza sofferente e molto magro.
Patologie secondarie rilevanti
Adenocarcinoma dell’esofago stadio pT1 N0 M0 nel 1998
Diagnosi oncologica
Carcinoma squamocellulare poco differenziato della tonsilla sinistra, stadio T2 N2b M0
Trattamenti
Intervento chirurgico, radioterapia combinata a chemioterapia a scopo curativo
Tossicità acuta
Inappetenza, alterazione del gusto, disfagia, micosi, eritema cutaneo
Problemi riscontrati durante la terapia
Perdita di peso (4 kg), aiuto alimentare, idratazione di supporto
Trattamento
30 frazioni da 1,8 Gy + SIB per una dose totale di 66,6 Gy
Paziente 2
Situazione famigliare
70 anni, femmina, vedova con 1 figlio. Molto demotivata, abita sola, gentile, carina e simpatica.
Gestione a domicilio un po’ difficile quindi ricovero di 2 settimane in clinica.
Diagnosi oncologica
Carcinoma squamocellulare della tonsilla destra, stadio cT2 cN0 M0
Trattamenti
Chemioterapia neoadiuvante e radioterapia a scopo curativo
Tossicità acuta
Disfagia, micosi, eritema cutaneo, inappetenza, alterazione del gusto
Trattamento
30 frazioni da 1,8 Gy + BOOST per una dose totale di 70,6 Gy
32
Paziente 3
Situazione famigliare
70 anni, maschio, convive con la compagna, nessun figlio. Simpatico, socievole, influenzato dall’ansia
della compagna.
Patologie secondarie rilevanti
Trapianto epatico post‐epatite B (1993), trattamento con plasma in infusione ogni 6 settimane
(anticorpi)
Diagnosi oncologica
Carcinoma squamocellulare moderatamente differenziato della regione retro‐cricoidea con
interessamento dell’ipofaringe, stadio cT2‐3 N1 M0
Trattamenti
Chemioterapia concomitante alla radioterapia a scopo curativo
Tossicità acuta
Disfagia, tosse produttiva, sub infezione cronica delle vie aeree superiori, edema della mucosa,
micosi
Problemi riscontrati durante la terapia
Calo ponderale (5 kg), idratazione e alimentazione di supporto
Trattamento
30 frazioni da 1,8 Gy per una dose totale di 72 Gy
Paziente 4
Situazione famigliare
70 anni, maschio, sposato e padre di 3 figli. Cordiale, socievole, provato dal suo stato di salute.
Viene sempre alle sedute di terapia con la moglie, un po’ preoccupata per lui.
Diagnosi oncologica
Carcinoma squamocellulare moderatamente differenziato della corda vocale sinistra,
stadio T2 N0 M0
Trattamenti
Intervento chirurgico e radioterapia con intento curativo
Tossicità acuta
Disfagia, micosi, eritema cutaneo, inappetenza, alterazione del gusto
Problemi riscontrati durante la terapia
Paziente forte fumatore
Trattamento
35 frazioni da 2.0 Gy per una dose totale di 70 Gy
Paziente 5
Situazione famigliare
71 anni, femmina, sposata e con 2 figli, cordiale, molto ansiosa ma affronta la terapia in modo
positivo.
Diagnosi oncologica
Adenocarcinoma delle cellule basali della parotide destra, stadiazione pT2 N0 M0
Trattamenti
Intervento chirurgico e radioterapia curativa
Tossicità acuta
Perdita di gusto, secchezza, sensazione di orecchio chiuso (eczema)
Trattamento
30 frazioni da 2,0 Gy per una dose totale di 60 Gy
33
4.1 Dati della ricerca
Durante la ricerca, per ognuno dei cinque pazienti, è stato fatto un doppio piano di
trattamento. Il medico radioterapista ha disegnato i volumi d’irradiazione in prima istanza
solo con immagini di CT (morfologiche). In seconda istanza, ha attivato le immagini PET
(metaboliche) ha visualizzato le differenze di volume. Sono stati ridisegnati anche gli organi a
rischio per visualizzare eventuali differenze. Al termine si sono fatti i confronti anche con
l’aiuto dei tecnici e del fisico e si sono tratte delle conclusioni. Per due dei cinque pazienti
sottoposti a questo studio, non ci sono state differenze di volumi con le due metodiche. Per
questo motivo il piano di trattamento non è stato rifatto. Qui sotto sono riportate le tabelle
dei volumi, le dosi massime, minime e medie per il volume bersaglio e per gli organi sani a
rischio. Questi dati sono stati presi e riportati dai report che vengono creati dopo ogni piano
di trattamento completo e approvato dal medico e dal fisico. Per i primi due pazienti, di cui il
piano è risultato identico con entrambe le metodiche, sono riportati solo i valori del piano
calcolato con l’ausilio della PET e non quello disegnato sulla sola CT perché come spiegato in
precedenza, il piano non è stato ricalcolato. Mentre per gli altri tre pazienti, il piano, notate
delle differenze, è stato rifatto e quindi sono state riportate le immagini di entrambi i piani.
Per tutti i pazienti è riportata un’immagine del piano di trattamento con le rispettive curve
d’isodose in un taglio assiale, in uno sagittale e in uno coronale. Questo per mostrare la
distribuzione di dose che ogni singolo paziente ha ricevuto e avere una dimostrazione visiva
oltre ai dati riportati nella tabella. La colonna della tabella presa in considerazione è l’ultima.
Il volume fisico in cc (mm) nei primi due casi non cambia, mentre negli altri tre ci sono delle
differenze. I dati interessanti sono stati evidenziati in giallo (PTVII) e in azzurro (PTVI) per
risaltarli dagli altri (organi sani a rischio).
34
Paziente 1
Nome Dose massima (Gy) Dose minima (Gy) Volume fisico (cc)
PTVI 68.96 59.62 95.9
PTVII 68.96 43.5 367.71
Midollo spinale 39.77 1.05 52.82
Parotide dx 54.83 8.67 11.76
Parotide sx 67.55 15.64 9.88
Cute 68.96 0.12 8.59
Piano senza PET‐CT, paziente affetto da carcinoma della tonsilla sinistra (target PTVI
bordaeux, target PTVII viola). Immagine che mostra il volume bersaglio (PTVI+PTVII, più
margini) nei tre piani (assiale, sagittale e coronale). Il target, in questo caso, comprende la
tonsilla sinistra, parotide sinistra, un tratto del ramo mandibolare sinistro. Per questo
paziente, il volume nel piano di trattamento con o senza immagini PET non ha avuto
variazioni ne di volume ne di dose. Nel primo piano, fatto senza PET, la prescrizione prevede
due volumi da irradiare, un PTVII e un PTVI. L’estensione dei due volumi è rispettivamente di
367.71 cc (PTVII) e 95.9 cc (PTVI). Ridisegnando i volumi con l’aiuto delle immagini PET i
volumi sono rimasti identici. In questo caso, quindi, le immagini della PET non hanno avuto
un ruolo nella pianificazione del trattamento.
35
Paziente 2
Nome Dose massima (Gy) Dose minima (Gy) Volume fisico (cc)
PTVI 68.43 61.59 46.32
PTVII 68.43 49.35 336.87
Midollo spinale 35.64 0.61 27.29
Parotide dx 60.25 14.27 20.78
Parotide sx 55.81 11.72 21.54
Cute 68.43 0.16 11.27
Nervo ottico dx 1.37 1.13 0.54
Nervo ottico sx 1.38 1.04 0.62
Mandibola 63.27 7.61 57.4
Occhio dx 1.28 0.71 7.17
Occhio sx 1.24 0.68 7.63
Piano senza PET‐CT, paziente affetta da carcinoma della tonsilla destra (target PTVI
bordeaux, target PTVII rosa). Immagine che mostra il volume bersaglio (PTVI+PTVII, più
margini) nei tre piani (assiale, sagittale e coronale). Il target, in questo caso, comprende la
tonsilla destra, la parotide destra, la mandibola (ramo destro). Questa paziente, ha la stessa
situazione del paziente precedente. Tra il piano disegnato e calcolato con immagini CT e
quello disegnato e calcolato con ausilio di immagini PET non ci sono state differenze. Anche
per lei nel trattamento sono stati pianificati due volumi bersaglio. Il PTVII di 336.87 cc e il
Boost (PTVI) di 46.32 cc. Dopo aver rifatto il piano con immagini PET, i valori non sono
cambiati, esattamente uguali. Quindi anche per questa paziente la PET non è stato un esame
di rilievo per il piano di trattamento.
36
Paziente 3
Nome Dose massima (Gy) Dose minima (Gy) Volume fisico (cc)
PTVI senza PET 69.37 62.27 75.58
PTVI con PET 70.69 62.23 83.27
PTVII con e senza PET 69.37 45.76 473.34
Midollo spinale senza PET 22.85 2.41 43.32
Midollo spinale con PET 25.15 2.37 43.32
Parotide dx senza PET 58.52 10.32 20.12
Parotide dx con PET 62.11 9.71 20.12
Parotide sx senza PET 56.1 10.66 17.66
Parotide sx con PET 59.16 10.81 17.66
Cute senza PET 69.37 0.13 9.6
Cute con PET 70.69 0.14 9.6
Piano senza PET‐CT, paziente affetto da carcinoma dell’ipofaringe (target PTVI in viola e
target PTVII in verde chiaro). Immagine che mostra il volume bersaglio (PTVI+PTVII, più
margini) nei tre piani (assiale, sagittale e coronale). Il target, in questo caso, comprende
l’ipofaringe (in particolare la regione retro cricoidea), un tratto dell’esofago, un tratto della
trachea, la laringe.
37
Piano con PET‐CT (target PTVI in viola e target PTVII in rosso). Il target comprende le stesse
strutture, ma in più è stato compreso un linfonodo captante che alla CT non era sospetto.
N
e
l
p
i
a
n
o
Il trattamento studiato con immagini di CT, per questo paziente, ha delineato i due volumi di
trattamento. Il PTVII misura 473.34 cc e non varia nel piano con le immagini PET. La
differenza sta nel PTVI (Boost) che nel piano senza PET misura 75.58 cc mentre con la PET
misura 83.27 cc (vedi istogramma riportato sopra). Questo perché con la PET si visualizza
una captazione (malattia) che con le immagini CT non è visibile. Per questo paziente la PET è
importante per realizzare il piano di trattamento al fine di rendere più efficace la terapia.
38
Paziente 4
Piano senza PET‐CT, paziente affetto da carcinoma della corda vocale sinistra (target PTVII
rosso). Immagine che mostra il volume bersaglio (PTVII più margini), nei tre piani (assiale,
sagittale e coronale). Il target, in questo caso, comprende la corda vocale sinistra, un tratto
della trachea, un tratto dell’esofago, la laringe.
Nome Dose massima (Gy) Dose minima (Gy) Volume fisico (cc)
PTVI senza PET 71.25 67.38 18.15
PTVI con PET 67.29 63.48 18.15
PTVII senza PET 72.21 66.32 72.76
PTVII con PET 68.39 62.03 73.76
Midollo spinale senza PET 21.04 0.13 60.8
Midollo spinale con PET 18.88 0.12 60.8
Parotide dx senza PET 0.88 0.32 11.23
Parotide dx con PET 0.83 0.3 11.23
Parotide sx senza PET 0.69 0.3 11.34
Parotide sx con PET 0.65 0.28 11.34
Cute senza PET 72.21 0.01 13.1
Cute con PET 72.21 0.01 13.1
39
Piano con PET‐CT (target PTVII in rosso). Il target comprende le stesse strutture, ma è stato
allargato leggermente (1mm) il volume presa visione di una zona captante non compresa
con il piano con immagini CT.
Piano con PET‐CT (target PTVI bordeaux). Il PTVI o Boost è un sovraddosaggio solo sul letto
tumorale. Questo volume con l’ausilio di immagini PET‐CT non cambia di volume e di
conseguenza neanche di dose prescritta.
40
Per questo paziente, nel piano calcolato con immagini CT il PTVI misura 18.15 cc e non
cambia con le immagini PET‐CT. Il PTVII misura 72.76 cc senza PET‐CT mentre con l’ausilio
delle immagini fisiologiche, misura 73.76 (come riportato nell’istogramma qui sopra). Questo
perché si è vista una captazione leggermente più ampia di come il piano era stato calcolato
sulla CT. Quindi anche per questo paziente la PET‐CT ha un ruolo importante nella
pianificazione del piano di trattamento.
41
Paziente 5
Nome Dose massima (Gy) Dose minima (Gy) Volume fisico (cc)
PTVI senza PET 0 0 0 PTVI con PET 68 64.63 8.31
PTVII senza PET 61.75 56.95 83.79 PTVII con PET 61.75 56.95 83.79
Midollo osseo senza PET 15.24 0.07 46.29 Midollo osseo con PET 16.67 0.07 46.29 Occhio dx senza PET 9.05 0.73 9.44 Occhio dx con PET 9.61 0.78 9.44 Occhio sx senza PET 6.62 0.54 9.49 Occhio sx con PET 5.56 0.58 9.49
Parotide sx senza PET 4.49 1.15 16.28 Parotide sx con PET 7.78 1.8 16.28 Cute senza PET 61.75 0.02 13.7 Cute con PET 68 0.02 13.7
Piano senza PET‐CT, paziente affetta da adenocarcinoma della ghiandola parotide destra
(target PTVII rosso). Immagine che mostra il volume bersaglio (PTVII più margini), nei tre
piani (assiale, sagittale e coronale). Il target, in questo caso, comprende la ghiandola
parotide destra, una parte del ramo mandibolare di destra.
42
Piano con PET‐CT (target PTVII rosso, target PTVI marrone). Il PTVI o Boost è un
sovraddosaggio solo sul letto tumorale. In questo caso, con le sole immagini CT il
trattamento sarebbe stato solo con un volume (PTVII). Con le immagini PET‐CT si è vista una
captazione che meritava un ulteriore dose sul letto tumorale (PTVI). Per questa paziente la
PET‐CT ha rivelato la necessità di un ulteriore dose per rendere efficace il trattamento.
Per quest’ultima paziente, il piano con immagini CT ha evidenziato un volume solo, il PTVII
che misura 83.79 cc e che non cambia con la PET. La differenza sta nel PTVI che non c’era nel
43
piano studiato con le immagini solo di CT, ma con le immagini PET si visualizza una
captazione meritevole di un sovraddosaggio (Boost) dopo la prima sessione di terapia. Per
questa paziente la PET‐CT ha avuto un ruolo fondamentale per la riuscita del trattamento.
Risultati in sintesi
Per terminare questa ricerca, ho creato una tabella riassuntiva che riporta i risultati ottenuti
nello studio svolto. Per i primi due pazienti non sono state riscontrate differenze nei due
piani fatti con la sola CT o con l’ausilio della PET‐CT. Per gli altri tre pazienti ci sono delle
differenze, da pochi millimetri ad un volume intero.
N° PZ VOLUME PTV II PET
VOLUME PTV II NO PET
VOLUME PTV I (BOOST)
PET
VOLUME PTV I (BOOST) NO PET
1 367.71 cc Non cambia 95.90 cc Non cambia
2 336.87 cc Non cambia 46.32 cc Non cambia
3 473.34 cc Non cambia 83.27 cc 75.58 cc*
4 73.76 cc 72.61cc 18.15 cc No Boost*
5 83.79 cc Non cambia 8.31 cc No Boost*
44
5.Conclusioni
Durante il periodo formativo nel reparto di radioterapia della Clinica Luganese Moncucco, ho
potuto assistere alle due metodiche utilizzate per la pianificazione del piano di trattamento;
la CT e la PET‐CT. Conoscendo le due tecniche e vedendo a che scopo venivano utilizzate mi
è sorta una domanda:
“Non ci saranno differenze del volume bersaglio se il piano è stato studiato con la CT
piuttosto che con la PET‐CT?”
La CT permette di avere una visione anatomica delle strutture e di pianificare il trattamento
sulle diverse densità delle strutture. La PET‐CT, in più a questo, permette di visualizzare
l’attività cellulare e vedere dove questa attività è fisiologica o accelerata (neoplasia). La PET‐
CT ha il vantaggio di poter mostrare anche quelle microlesioni attive, presenti nel paziente,
che alla CT non sono sospette per un problema di dimensione. Pensando a questo aspetto,
mi è sorto il dubbio che i pazienti con un piano realizzato con la PET‐CT erano sicuramente
avvantaggiati rispetto agli altri.
Questo perché avrebbero avuto un piano di trattamento più preciso, visto che con la CT
alcune lesioni potevano essere tralasciate.
Per questo il mio primo obiettivo era poter vedere le differenze dei volumi bersaglio e delle
rispettive dosi, per pazienti con un piano di trattamento studiato con le immagini PET‐CT
rispetto a quelli con le sole immagini CT.
Andando avanti nella ricerca, però, ci siamo accorti che l’obiettivo impostato in questo modo
era troppo assoluto. E non era in sintonia con lo studio che stavamo portando avanti, dove,
non per tutti i pazienti presi in considerazione c’erano delle differenze fra i due piani.
Preso coscienza di questo, l’obiettivo è stato adattato alla situazione che ci si è presentata
davanti.
Lo studio fatto è stato quello di pianificare, per cinque pazienti con tumore in situ (senza
metastasi) della regione testa/collo, due piani di trattamento. Il primo piano è stato fatto
con le sole immagini CT, dopodiché a queste immagini è stata fusa la rispettiva PET.
I risultati che abbiamo ottenuto ci hanno da una parte sorpresi, perché solo per tre pazienti
su cinque il piano effettivamente è cambiato con l’ausilio della PET. Per i due dei tre pazienti
con delle differenze di piano, ad essere interessato è stato il PTVI (Boost) mentre per l’altro
paziente è stato il PTVII (volume principale). Come già accennato per gli altri due pazienti
restanti, il piano non ha avuto differenze con le due metodiche.
In conclusione, non si può dire con assoluta certezza che la PET‐CT è un esame chiave per
una miglior efficacia della terapia radioterapica. Si può dire che ha un ruolo importante per
la stadiazione della malattia prima della terapia. Nonostante i risultati non siano totali per
tre pazienti questo esame ha sicuramente avuto un’influenza sul piano di trattamento. La
PET‐CT non sostituirà la CT come esame per la pianificazione in radioterapia per tre principali
motivi. Il primo motivo è una questione economica. La PET‐CT è un esame molto costoso
rispetto alla CT e per questo la valutazione del paziente e della singola situazione diventa più
importante. L’altro motivo è la disponibilità del radioisotopo impiegato nell’esame che viene
prodotto a Zurigo, portato ogni mattina a Bellinzona da dei trasporti speciali.
45
Questa sostanza ha un decadimento radioattivo rapido e non è impiegabile tutto il giorno (in
media dalle 8.00 alle 14.00). Passato questo tempo, il radioisotopo non è più utilizzabile.
Il terzo motivo è una questione di tempistica. Una CT di pianificazione si realizza in 10/15
minuti, per la PET‐CT ci vogliono 80 minuti per praticare l’iniezione, aspettare che il
radioisotopo si fissi nel corpo e l’esame in se. Questi tre motivi fanno si che la PET‐CT di
pianificazione sia un esame non fattibile per tutti i pazienti sottoposti ad una cura di
radioterapia. Personalmente sono soddisfatta dei risultati ottenuti, perché anche se i
risultati finali non sono quelli che mi ero prefissa all’inizio, sono comunque notevoli. A parer
mio anche se a metà percorso l’obiettivo è stato adattato alla ricerca e ai risultati, per quei
tre pazienti è stato importante avere l’ausilio della PET‐CT. Sono stata molto motivata
sicuramente dal campo scelto, la radioterapia mi affascina molto e lavorare con il paziente
oncologico mi appaga molto. Poter poi integrare la PET‐CT in questo ambito è stato
doppiamente interessante. Il fatto che il tema era d’attualità e di interesse per il reparto
stesso mi ha reso il lavoro più agevole perché ero spronata a fare del mio meglio. Non è
stato sempre facile, al momento che l’obiettivo prefissato doveva essere rivisto ho avuto
qualche incertezza. Ma ho puntato a rispondere alla domanda che mi ero posta all’inizio. A
metà percorso è solo stato cambiato il modo in cui l’avrei fatto.
Penso che però l’importante era arrivare all’obiettivo in modo esaustivo e completo.
Con questo lavoro ho arricchito le mie conoscenze sicuramente professionali, effettuando
una ricerca su un tema non così conosciuto nell’ambito della radioterapia.
Sono soddisfatta di aver portato a termine un lavoro di ricerca che mi ha suscitato molta
curiosità e passione.
46
6.Bibliografia
Libri
o Fritsch Helga e Kühnel Wolfgang, Anatomia umana atlante tascabile volume 2, 4°
edizione, Firenze, Casa Editrice Ambrosiana, 2007
o Milani Franco, Elementi di Radioterapia, 1° edizione, Napoli, Guido Gnocchi Editore,
1998
o Le Bourgeois Jean‐Paul, Radiothérapie oncologique, 1° edizione, Parigi, Hermann
Éditeurs des science set des arts,1992
Internet
Sito sui tumori in Svizzera
http://www.stop‐tabac.ch/it_1514/ → novembre 2010
Sito della Lega ticinese contro il cancro
http://www.legacancro‐ti.ch/it/ → ottobre 2010
Classificazione TNM
http://www.tumoritestacollo.info/html/cnt/cavo_orale/sintomi.asp → ottobre 2010
Fattori rischio
http://www.liguecancer.ch/it/prevenzione/fattori_di_rischio/
http://it.wikipedia.org/wiki/Tumore → novembre 2010
Immagini
Tumore in situ
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f6/Cancer_progression_from_NIH.png
CT pianificazione
http://www.google.ch/imgres?imgurl=http://www.hcmagazine.it/sites/hcmagazine.it/files/i
magecache/news‐interne/tac‐simulatore‐
2.jpg&imgrefurl=http://www.hcmagazine.it/news/assistenza‐e‐servizi/azienda‐ulss‐18‐di‐
rovigo‐simul‐tac‐una‐moderna‐
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,s:0
http://www.google.ch/imgres?imgurl=http://www.hunterdonhealthcare.org/uploadedImag
es/Services/Cancer_Care/CT%2520Sim(8).jpg&imgrefurl=http://www.hunterdonhealthcare.
org/services/cancer_care/radiation.asp&usg=__PnnxFR2FK29RC6SKp_yZLH1ZQNg=&h=427&
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47
vpx=418&vpy=80&dur=378&hovh=118&hovw=177&tx=110&ty=81&page=1&ndsp=15&ved=
1t:429,r:2,s:0 Modalità helical
http://www.tomotherapy.com/images/uploads/helicalbeam_diag.gif
Cellula neoplastica
http://www.google.ch/imgres?imgurl=http://www.scienze.tv/files/immaginisito/image/April
e2010/cellule%2520tumorali.jpg&imgrefurl=http://www.scienze.tv/node/4837&h=349&w=
420&sz=65&tbnid=DDPKbQws6cQitM:&tbnh=104&tbnw=125&prev=/search%3Fq%3Dcellul
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Cellula sana
http://www.google.ch/imgres?imgurl=http://epigenome.eu/media/images/large/34.jpg&im
grefurl=http://epigenome.eu/it/2,8,0&usg=__SndW106k5YiJa37mdfCeEaorVFE=&h=200&w
=200&sz=12&hl=it&start=0&zoom=1&tbnid=RIBHO8dbMDr12M:&tbnh=116&tbnw=101&ei=
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&vpy=93&dur=1287&hovh=160&hovw=160&tx=80&ty=86&page=1&ndsp=17&ved=1t:429,r:
3,s:0
Le immagini della tomoterapia e della parte fisica della macchina sono state prese da file PDF
del fisico della radioterapia della Clinica Luganese Moncucco.
48
Allegato di anatomia
In queste pagine approfondisco l’anatomia della regione testa/collo, in particolare le parti
colpite da carcinoma per i pazienti presi in considerazione in questo lavoro. Quindi le
tonsille, l’ipofaringe, la parotide e le corde vocali.
Le tonsille e l’ipofaringe
L’ipofaringe, anche chiamata laringofaringe, è la porzione più profonda della laringe. Prende
origine dalla sesta vertebra cervicale e dalla cartilagine cricoide e continua fino all’esofago. È
il crocevia delle vie respiratorie e delle vie digestive.
1.
2. 3.
1. Ipofaringe
2. Tonsilla linguale
3. Tonsilla palatina
49
La parotide e le ghiandole salivari
Le ghiandole salivari sono delle strutture anatomiche poste nella regione della cavità orale.
La più prominente (1) è denominata parotide ed è localizzata nella loggia parotidea che
ritrova anteriormente il margine posteriore del ramo della mandibola, posteriormente il
margine anteriore del muscolo sternocleidomastoideo e cranialmente l’articolazione
temporo‐mandibolare. È una ghiandola sierosa, pesa 25/30 grammi ed è di colore giallastro
simile al tessuto adiposo. Le altre due strutture sono chiamate ghiandola salivare
sottolinguale (3) e ghiandola salivare sottomandibolare (2). Tutte e tre producono e
riversano la saliva prodotta nella cavità boccale per cominciare la digestione dei cibi
masticati.
1.
2. 3.
1. Parotide
2. Ghiandola sottolinguale
3. Ghiandola sottomandibolare
50
La laringe e le corde vocali
Organo a forma di cono che collega la faringe alla trachea e anteriormente da sistemazione
alla ghiandola tiroide. È un incrocio delle vie aeree e digestive superiori, protegge le vie
aeree inferiori durante la deglutizione, ed inoltre, tramite la vibrazione delle corde vocali, è
la sede della fonazione. Formata da materiale cartilagineo, al suo interno troviamo le corde
vocali (vere e false) e la sua dimensione (più larga negli uomini e più stretta nelle donne) da
la caratteristica al timbro di voce.
Corde vocali, vista cranio caudale
51
Allegato classificazione e stadiazione TNM
La classificazione e la stadiazione del carcinoma sono importanti per due motivi; avere dei
dati interpretabili a livello nazionale e internazionale, perché questo metodo di descrizione
diagnostica dei tumori è riconosciuto e utilizzato in tutto il mondo. Il secondo motivo è che
per effettuare la scelta migliore e più adatta della terapia da attuare bisogna avere uno
standard di classificazione che permette di descrivere ogni singola patologia in modo
esaustivo. Quindi, in questa classificazione non si fa altro che dare una descrizione alla
patologia al momento diagnostico per poi scegliere la terapia più adatta da effettuare. Il
sistema di classificazione si basa sulla rappresentazione della malattia secondo tre
parametri:
T: tumore primitivo (dimensione ed estensione)
N: linfonodi loco regionali (coinvolgimento)
M: metastasi a distanza
La classificazione
T tumore primitivo
T1/diametro inferiore ai 2 cm
T2/diametro tra i 2 e i 5 cm
T3/diametro maggiore ai 5 cm
T4 tumore infiltrante
N linfonodi colpiti
N0/nessun linfonodo colpito
N1/metastasi in un solo linfonodo omolaterale con dimensione massima di 3 cm o meno
N2/metastasi in un solo linfonodo omolaterale con dimensione tra i 3 e i 6 cm o più linfonodi
omolaterali con dimensione massima sotto i 6 cm
N2a/metastasi in un solo linfonodo omolaterale con dimensione tra i 3 e i 6 cm
N2b/metastasi in più linfonodi omolaterali inferiori a 6 cm
N2c/metastasi in linfonodi bilaterali con dimensione inferiore a 6 cm
N3/ metastasi in qualsiasi linfonodo con dimensione superiore a 6 cm
M presenza di metastasi a distanza
M0/non ci sono metastasi a distanza
M1/presenza di metastasi a distanza
La stadiazione
Stadio0: carcinoma in situ
StadioI: tumore circoscritto al rinofaringe
StadioII:
StadioIIA: il tumore si è diffuso all'orofaringe (la porzione mediana della gola che comprende
il palato molle, la base della lingua e le tonsille), e/o alla cavità nasale;
StadioIIB: il tumore è presente nel rinofaringe e ha invaso i linfonodi omolaterali, ossia
localizzati nella stessa parte del collo, dove è presente il tumore, oppure ha invaso l'area
circostante il rinofaringe e potrebbe aver compromesso anche i linfonodi omolaterali. I
linfonodi compromessi hanno un diametro pari o inferiore a 6 cm.
52
StadioIII
Nello stadio III, il tumore:
è presente nel rinofaringe e ha invaso i linfonodi su entrambi i lati del collo. Detti linfonodi
hanno un diametro pari o inferiore a 6 cm; oppure
ha invaso i tessuti molli (orofaringe e/o cavità nasale) e i linfonodi su entrambi i lati del collo,
i quali hanno un diametro pari o inferiore a 6 cm; oppure
si è diffuso oltre i tessuti molli invadendo le aree circostanti la faringe e i linfonodi su
entrambi i lati del collo, i quali hanno un diametro pari o inferiore a 6 cm; oppure
ha invaso le strutture ossee limitrofe o i seni mascellari e potrebbe aver invaso i linfonodi di
uno o di entrambi i lati del collo. Detti linfonodi hanno un diametro pari o inferiore a 6 cm.
StadioIV
Lo stadio IV si divide convenzionalmente in stadio IVA, stadio IVB e stadio IVC:
stadio IVA: il tumore si è diffuso oltre il rinofaringe e potrebbe aver invaso i nervi cranici,
l'ipofaringe (la porzione inferiore della gola), il cranio o la mascella e le aree circostanti e/o
l'osso che circonda l'occhio. Il tumore potrebbe essersi diffuso anche ai linfonodi di uno o di
entrambi i lati del collo e i linfonodi interessati hanno un diametro pari o inferiore a 6 cm;
stadio IVB: il tumore ha invaso i linfonodi sovraclaveari (localizzati sopra la clavicola) e/o i
linfonodi interessati hanno un diametro maggiore di 6 cm; stadio IVC: il tumore si è diffuso
oltre i linfonodi e ha invaso altri organi.
53
Allegato danni da radiazioni
Premessa
In radioterapia si utilizzano radiazioni ionizzanti per trattare neoplasie presenti in qualsiasi
parte del corpo. Le radiazioni vanno ad interagire con le cellule dell’organismo e possono
creare dei danni. Le cellule sono formate da acqua (70%‐80%) e da altre molecole, come il
DNA, per il 20%. Le radiazioni che interagiscono con l’acqua possono creare degli effetti
chiamati indiretti, mentre l’interazione sulle molecole, come il DNA, è chiamato effetto
diretto. Gli effetti diretti provocano aberrazioni ai cromosomi; delezione, inversione,
traslocazione. La delezione consiste nell’alterazione genetica che causa la perdita di un
segmento di un determinato cromosoma. L’inversione consiste nel cambio di direzione di
una regione del cromosoma causando uno scombussolamento nell’ordine dei geni. La
traslocazione consiste nel trasferimento di una parte del cromosoma in un’altra posizione
dello stesso. Questi danni provocati dalle radiazioni, teoricamente, possono subentrare
anche solo con una singola radiazione, ma in pratica l’incidenza di queste mutazioni aumenta
con l’aumentare della dose. In radioterapia, le dosi utilizzate sono abbastanza alte, per un
tumore della regione testa‐collo s’irradia il paziente con delle dosi totali fino a 72 Gy. I danni
sui cromosomi possono dare un danno genetico, che colpisce direttamente una cellula
sessuale e che si vedrà sui figli oppure sulle generazioni a venire. Oppure un danno somatico,
che consiste nella mutazione di una qualsiasi cellula dell’organismo e si manifesta subito. Le
cellule sono più o meno sensibili a dipendenza della legge di Bergonié e Tribondeau che dice:
“sono più radiosensibili all’effetto dannoso delle radiazioni i tessuti e le cellule che hanno una
rapida proliferazione ed una bassa specializzazione”. Degli esempi sono il tessuto
emopoietico, la cute, mucose, gonadi e patologie neoplastiche. L’effetto delle radiazioni
dipende anche dallo stato di ossigenazione delle cellule e dal tipo di struttura dell’organo. Le
cellule maggiormente ossigenate sono più sensibili all’azione delle radiazioni. La struttura
dell’organo può essere seriale o parallela. La struttura seriale (midollo) fa si che se una
cellula è danneggiata tutto l’organo ne risente, mentre nell’organo parallelo, il danno è in
rapporto alla dose data in una percentuale del volume (retto).
Qui sotto possiamo vedere la differenza di struttura degli organi seriali e gli organi paralleli.
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Il rapporto dose/effetto varia in funzione del tipo di radiazione utilizzata (x, gamma, alfa,
beta), l’estensione della superficie corporea irradiata (una sola dose alta data in una sola
seduta è molto più dannosa che se la dose si fraziona in più sedute a dosi più basse). Per
questo in radioterapia si fraziona la dose, di modo che anche i tessuti sani abbiano il tempo
di ripararsi. Ogni tessuto sano ha la propria soglia di dose massima che non deve essere
superata per non incappare in danni irreversibili e gravi per la vita del paziente. In
radioterapia, nonostante si frazioni la dose bisogna prestare attenzione alla dose cumulata
nell’organo a fine terapia, perché anche questa può essere dannosa.