Adulti e Scout - traccescoutlamezia.itcce_e-mail-2011-1.pdf · Italo Leone, Lucio Leone, Franco...

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Tr@cce e-mail - Settembre 2011 1 Contiene I.P. Adulti e Scout: eresia o realtà?

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Contiene I.P.

Adulti eScout: eresia orealtà?

TR@CCE E-MAILAnno 1 – nº 1 – settembre 2011

Tracce e-mail: notiziario non periodico fuori commercio realizzato dal Gruppo “Tracce Scout Lamezia” e destinato ai componenti edagli amici del Gruppo

Collaborano in redazione: Gino Buccinnà, Aldo Canino,Mario Cuiuli, Lillino Gaetano,Italo Leone, Lucio Leone, Franco Lucchino, Gigi Mannucci,Enzo Mastroianni.

Coordina:Francesco Marchetti

Per comunicare con noi:[email protected]

Composizione grafica:T. Zaramella Real. Graf. s.n.c. Caselle di Selvazzano (PD) [email protected]

Sommario

Statuto Gruppo Tracce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

Adulti e Scout: eresia o realtà? FRANCESCO MARCHETTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Gli articoli apparsi su “Strade Aperte” per la nascita delle Comunità di Lamezia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

Appunti dall’afosa Verona SILVIA FRESCHINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Cinquant’anni dopo: Il Quaderno di un Rover (parte seconda)… ITALO LEONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

Il topo di biblioteca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

Evviva le “radici” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

Ricordando “Baden”: Mons. Andrea Ghetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

La Controcopertina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

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Carissime sorelle e carissimi fratelli nello scoutismo,

Quando si vive un avvenimento cheprocura gioia si vorrebbe imme-diatamente farne partecipi anchegli amici. Ecco perché nel festeg-giare il 50° anniversario della pri-me Promesse Scout a Lamezia Ter-me, abbiamo voluto creare una pub-blicazione con cui comunicare aifratelli ed alle sorelle scout la no-stra gioia per il traguardo raggiun-to, ma nello stesso tempo comunicare i progetti per il futuro, perché questo è sta-to il fine della nostra festa: “ricordare il nostro futuro”.Tracce@e-mail vuole essere una pubblicazione di cultura scout, se vi fa piace-re collaborare con vostri articoli e/o ricevere i prossimi numeri (in formato elet-tronico) è sufficiente inviare una richiesta in tal senso al seguente indirizzo: [email protected]

1. Siamo convinti che fare memoria degli eventi della nostra storia ha il sen-so di ricordare per continuare: ricordare l’insegnamento di chi ci ha prece-

duto per costruire il futuro conservando l’ideale originario.

2. Ci ripromettiamo di realizzare almeno un incontro annuale (in-dicativamente nel mese di maggio) per rinnovare la nostra Pro-

messa.La vita del Gruppo si realizza anche attraverso la conserva-zione e la diffusione di scritti e documenti storici, convegnidi studio, sponsorizzazioni di iniziative finalizzate alla pro-mozione dello scoutismo nelle sue articolazioni giovanili e

adulte.

3. Consideriamo principale impegno personale di ogni membro delGruppo il collocarsi quale vivificatore del suo ambiente.

4. Ci ripromettiamo di vivere il Gruppo come occasione di dialogo e scam-bio di idee fra di noi e con le realtà associative del nostro territorio.

5. Il Gruppo è aperto alla collaborazione con tutti coloro che condividono gli idealidello scoutismo e desiderano promuoverli.

6. Durante le manifestazioni scout, gli aderenti al Gruppo possono indossarne il fazzo-lettone: colore amaranto con il logo del Gruppo nel triangolo posteriore.

7. Si entra a far parte del Gruppo Tracce Scout Lamezia partecipando alle sue attività.

Atto costitutivo del Gruppo “Tracce Scout Lamezia”

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PREMESSAIl Gruppo Tracce Scout Lamezia non reputa necessario darsi una forma gerarchica,né redigere un regolamento, ritenendo pienamente adeguata l’aderenza dei suoicomponenti alla Promessa e alla legge Scout. Quella che segue è semplicementel’idea attorno a cui il Gruppo si è costituito, la radice che riteniamo importante nonsmarrire nel tempo.

Un elemento che, fin dall’iniziodella sua storia, ha differenziatolo scoutismo dagli altri metodieducativi è la caratteristica pe-culiare dello scout di mettersi unozaino sulle spalle e percorrere isentieri di un bosco insieme adun gruppo di amici, non per faretrekking, ma per fare route, stra-da di vita: per vivere a contattocon la natura, la gioia di una co-munità che cresce alla ricerca deldisegno di Dio su ciascuno. Lostesso Baden-Powell nella “stra-da verso il successo” scriveva:Chiunque può autoeducarsi conil metodo della strada uscendodagli agglomerati urbani, andan-do all’aria aperta, percorrendo boschi e prati con lozaino in spalla ed un bastone in mano, portando conse la tenda, una coperta, ed una gavetta, ma…so-prattutto la sua libertà. Marciando all’aria aperta,marciando all’avventura per la campagna, abbeve-randosi alle bellezze del cielo, della terra e del ma-re. Ammirando i colori dei boschi e dei prati, respi-rando il profumo del fieno e dei fiori, ascoltando lamusica dei ruscelli ed il mormorio del vento, impa-rando a conoscere gli animali e le loro abitudini, fi-no a sentirsi loro compagno e parte del grandiosopiano della natura. Fare strada, concludeva B.P., nonsignifica vagare senza meta, ma piuttosto scoprirela propria via, per i piacevoli sentieri della natura invista di uno scopo preciso. Appare quindi evidenteche essere scout e fare strada sono due cose in-dissolubilmente unite, e ciò è tanto più vero se par-liamo di scout cattolici. Infatti leggendo il Vangelosenza soffermarci sui particolari, ma cogliendone lavisione d’insieme, la strada e l’andare ci appariran-no come palcoscenico e filo conduttore di tutta la vi-cenda terrena del Cristo: Matteo in 9.35 scrive: “ Ge-

sù intanto percorreva tut-te le città ed i villaggi,predicando il vangelo esanando ogni malattiaed ogni infermità”. È lun-go la strada che Gesù in-segna ed incontra la gen-te, è lungo la strada cheva incontro alla croce:“ed egli portando su diSé la croce uscì verso illuogo detto cranio (inebraico Golgota) dove locrocifissero” (Giovanni19.17). Ed è ancora cam-minando lungo una stra-da che, dopo la resurre-zione, incontrerà i di-

scepoli di Emmaus interrogandoli: “di che cosa sta-te parlando tra di voi cammin facendo?” (Luca 24.17).Se quanto fin qui argomentato vi sembra convincen-te, e se, come me, ritenente che l’educazione sia unvero e proprio processo di liberazione dell’uomo chenon si conclude mai, converrete che abbia senso ilprogetto di essere degli adulti che fanno strada eche perciò continuano ed essere scout. Idea que-st’ultima, per molti quanto meno bizzarra, perchéconvinti che sia fuori luogo essere adulti e contem-poraneamente essere scout. Per molti infatti lo scou-tismo finisce con l’età giovanile e l’unica cosa in cuipossono impegnarsi gli adulti è fare gli educatori deiragazzi. Che ci siano persone, che ancora credonodi poter fare lo scout da adulto, non per educare i ra-gazzi, ma per autoeducarsi in un cammino di cresci-ta personale e comunitaria, è da tanti ancora consi-derata una vera eresia. Si amici, per molti, noi Adul-ti & Scout siamo una eresia !Ora per confutare questa opinione, per trasformarequesta eresia in quello che è, una concreta realtà,cercherò di spiegare sinteticamente, ma spero con

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FRANCESCO MARCHETTI

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Che ci siano persone,

che ancora credono di poter

fare lo scout da adulto, non per

educare i ragazzi, ma per

autoeducarsi in un cammino

di crescita personale e

comunitaria, è da tanti ancora

considerata una vera eresia

chiarezza, la mia idea su quello che è il metodo pos-sibile di uno scoutismo per adulti. Nel cammino di unmovimento di Adulti Scout ci sono da sempre duegrandi pericoli, “Scilla e Cariddi”, due scogli su cuipuò naufragare la barca di uno scoutismo per adulti:Il primo scoglio è quello di ridursi ad essere una as-sociazione di ex combattenti e reduci, un manipolodi nostalgici che si ritrovano, di tanto in tanto duranteil tempo libero, per vivere qualche piccola avventuradi sapore scoutistico, tra buon cibi, miglior vino e belcanto. Un pericolo sempre presente soprattutto daparte dei “Vecchi Scout”.Il secondo scoglio è quello di pensare che lo scou-tismo è stata una esperienza importante, ma finitacon gli anni giovanili, ed oggi è molto più importan-te fare un bel movimento politico che, nella societàcontemporanea, sappia esprimere di volta in volta lesue idee e le sue posizioni. Cioè essereun gruppo di persone che si ritrovano insieme perpercorrere un cammino di carattere politico, sia purrivestito dei linguaggi e dei riti dello scoutismo.

Tra questi due estremi, fare un movimento di reduci ofare un movimento politico, a mio giudizio, c’è la stra-da maestra, difficile, ma possibile, di fare un movi-mento di adulti scout che sappia tracciare un cammi-no di crescita e di servizio, un cammino di educazio-ne permanente per adulti, nella convinzione che dopol’associazione giovanile che ci ha insegnato il “gran-de gioco della vita” c’è bisogno di un movimento peradulti che ci insegni e ci aiuti a “metterci in gioco”.Nello scoutismo, come tutti sanno, c’è una specie distaffetta per cui gli Esploratori ricevono il testimonedai Lupetti ed i Rover ricevono il testimone dagli Esplo-ratori. Noi Adulti Scout riceviamo il testimone dai Ro-ver e quindi chi si mette sulla strada per fare scou-tismo adulto parte dai tre elementi fondanti del ro-verismo: 1) si ritrova in comunità 2) fa servizio 3) fastrada. Presi questi tre pilastri della branca rover co-me parte integrante del nostro essere scout, qual èla differenza specifica dello scoutismo adulto? Si puòriassumere computando tre volte la lettera “C”:Cuore: Quando “facciamo strada nel cuore”, scegliendola strada della costante crescita umana e spirituale,convinti come siamo che la persona è un essere in co-

stante divenire, e quindi l’educazione è un processoche non si conclude mai. E che la Fede è un dono cheva coltivato ed accresciuto, con un instancabile cam-mino alla ricerca di LUI del Dio fattosi uomo, che è poila ricerca del senso ultimo della vita.Creato: Quando “facciamo strada nel creato”, cioènella natura, considerandola immagine di Dio e gran-de maestra di vita. Impegnandoci a conservarla perle generazioni future, senza però divinizzarla. Riap-propriandoci della vita all’aperto, non come evasio-ne turistica, ma come metodo scout per eccellenza,teso a confermare il carattere ed a confermare la per-sonalità.Città: Quando “facciamo strada nella città”, sce-gliendo di prendere parte ai problemi della gente sen-za prendere partito. Scegliendo la via di “convince-re” (vincere-con) piuttosto che quella di “vincere”.Comprendendo che la legittima diversità delle opzionipolitiche è un valore, se coniugata alla ricerca del-l’unità in un valore più alto e più vero, che è quellodi essere figli di uno stesso Dio ed annunciatori e te-stimoni della sua “parola”.Mi piace concludere questa mia riflessione sul comeessere adulti che “fanno strada”e quindi “adulti escout” con l’augurio (che è una speranza) che ogniscout dopo aver preso la Partenza sappia condurrei propri passi, sappia condurre i propri piedi la doveindica Isaia (50.7) quando scrive: “Quanto sono bel-li, sui monti, i piedi del messaggero che annuncia lapace, del messaggero di bene che annuncia la sal-vezza”. Buona Strada.

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Il 15 Maggio 1960 si celebrarono le prime “PromesseScout” a Nicastro, cittadina calabrese che sul finiredegli anni sessanta, fondendosi con altri due comu-ni, ha poi assunto il nome di Lamezia Terme. Inizia-va così, con il gruppo ASCI Nicastro 1°, la lunga av-ventura dello scoutismo giovanile lamentino. Nel 1968alcuni di noi, esaurito il percorso Rover, presero laPartenza e ritennero naturale conseguenza fondareun gruppo di Adulti Scout. Su “Strade Aperte” di quel-l’anno comparve una nostra lettera che annunciava

l’avvenuta costituzione della Comunità MASCI di Ni-castro, censita ufficialmente come 92° comunità na-zionale in data 23.4.1968. Cosa è successo neglianni immediatamente seguenti? Difficile dirlo! La co-munità era costituita quasi totalmente da universi-tari iscritti presso facoltà del Nord. Le comunicazio-ni erano difficili e le interurbane si effettuavano an-cora tramite operatore. Erano anni percorsi da fortitensioni ideologiche, nel pieno della contestazionestudentesca del 68. Sia come sia, ognuno di noi si

“Strade Aperte” 1968-2011 LA NASCITA DELLE COMUNITÀMASCI DI LAMEZIA

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24 Aprile 1968 nasce la comunità MASCI Nicastro 1°

15 marzo 2000 rinasce la comunità MASCI Lamezia Terme 1° “Neocastrum”

chiuse nel privato e, conducendo in solitaria naviga-zione la propria canoa, visse la sua battaglia di uni-versitario fuori sede. In una parola, senza mai di-menticare di essere scout, ci “dimenticammo” tut-tavia della comunità MASCI: nessuno ne decretò lachiusura ma di fatto nessuno, dopo il 1975, si cen-sì più. Trentadue anni dopo, invitati dal gruppo AGE-SCI Lamezia 1° (erede del Nicastro 1° ASCI), ci sia-mo ritrovati in molti “vecchi scout” a festeggiare iquarant’anni della fondazione del gruppo: Santa Mes-sa solenne in Cattedrale, interventi rievocativi, gran-de festa finale. Nella confusione qualcuno ha detto:“ragazzi dobbiamo rifare il MASCI !” di chi era quel-la voce ? nessuno ha mai saputo dirlo, ma quel gri-do ci aveva richiamato ad una realtà dimenticata edalcuni di noi, ritornati a casa, sono andati a guarda-re nel cassetto delle vecchie cose, e lì hanno trova-to la loro tessera MASCI firmata dal Presidente Car-lo Ceschi in data 1968! Da qui, da qualche ingiallitatessera ritrovata in fondo ad un cassetto, ha ripresoil suo cammino la Comunità MASCI “Neocastrum”,toponimo latino della vecchia Nicastro. Al richiamohanno risposto 48 Adulti Scout, giovani e meno gio-vani, in attività di servizio e non. Con grande entu-siasmo è stato redatto e sottoscritto il nuovo docu-mento costitutivo e finalmente il 15 marzo 2000, Ni-

cola Nardi, segretario nazionale in carica, ci comu-nicava l’avvenuta registrazione formale della risortacomunità al numero 463 del registro ufficiale del mo-vimento. Siamo rientrati nella grande famiglia MASCIcalabrese e nazionale, in umiltà, come si addice agliultimi, ma, educati dalla prima esperienza, ferma-mente decisi a tener fede all’impegno che ci siamodati: “Esserci per servire”

Francesco Marchetti

8 Marzo 2003, nasce una nuova Comunità MASCI,Il “Lamezia Terme 2°”.Ogni nascita porta con sé un periodo che va dal mo-mento magico del concepimento a quello colmo d’at-tesa che è la gestazione. Come raccontarvi, allora,questo periodo che ha visto pian piano dar forma adun sogno custodito dentro di noi? Se mi mettessi adirvi soltanto i momenti salienti che l’hanno deter-minato, sarei sì molto precisa, ma poco vi racconte-rei di noi, e per questo penso che il modo miglioredi raccontarci sia quello di entrare nel nostro cuore,dar voce alle emozioni ed ai sentimenti che nel tem-po hanno reso la nostra scelta consapevole e signi-ficativa.Comincio, allora, da un momento preciso, che ha se-gnato senza saperlo, l’inizio di questo viaggio, che ciha portato ad attraccare in un porto a cui già aveva-mo approdato nei nostri anni giovanili: lo scoutismo.Era l’Aprile 2002, quando in occasione del Quaran-tennale del “Lamezia 2°”a Sambiase, venivamo invi-tati ad una riunione organizzata dall’Agesci. All’im-provviso la nostra quiete era stata disturbata, un vor-tice di domande e ricordi ci aveva assalito: perchè uninvito dopo tanti anni? Cosa vorranno? E poi i ricordi,di anni lontani, ma rimasti significativi per la nostravita di adulti. Esperienze, sensazioni e situazioni che

nel corso dei mesi successivi, quando incontri, sera-te, riunioni ci avevano visto di nuovo insieme, si era-no trasformati in una profonda nostalgia. Nostalgia diesperienze già vissute, di emozioni già provate, cheavevano lasciato dentro di noi tracce che il tempo ave-va coperto, ma mai cancellate e che i nuovi eventi ri-portavano alla luce divenendo orme ben precise. Unanostalgia sì di “ex”, forse, ma non di “reduci”. Non lanostalgia di chi rinuncia a vivere il presente per rifu-giarsi con la mente ed il cuore nel passato, ma la no-stalgia di coloro che avendo custodito dentro di sé ilproprio vissuto, si prefiggono mete nuove e si in-camminano in sentieri sconosciuti. È la nostalgia delviandante, di colui che cerca di dare un senso al cam-mino che è la vita. Il tempo passava ed anche il ser-vizio offerto alle Branche ed ai reparti, nonché i cam-peggi organizzati nei mesi di Agosto e Settembre, tra-sformava la nostalgia, nel desiderio di rimettersi ingioco, di entrare in modo adulto, senza sapere anco-ra come, di nuovo, nella grande famiglia Scout .Il de-siderio di riprendere in mano la propria vita alla lucedei valori Scout, proprio nell’età della maturità, in cuitante pagine della nostra vita già sono scritte ma chetante altre aspettano ancora di esserlo. L’età delleverifiche, in cui spesso abbiamo dovuto constatareche non sempre abbiamo volato ad alte quote, così

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8 Marzo 2003 nasce la Comunità MASCI Lamezia Terme 2°

come nella giovinezza avevamo sperato, perché la vi-ta, non sempre facile, ha frapposto grandi ostacoli aquesto volo. È forse anche per questo, che pian pia-no il desiderio si è trasformato in sogno, il sogno diB-P, “quello di lasciare il mondo un po’ migliore di co-me l’abbiamo trovato”; una ventata che ci ha per-messo di risalire in quota e respirare a pieni polmo-ni. Un sogno fondato sulla speranza che tutto ciò incui crediamo possa diventare servizio per gli altri. Unasperanza che porta in sé il coraggio di credere e d’a-mare e la passione di spendere la propria vita Una

Il MASCI, a Lamezia Terme, ricomincia da Tre…La primavera del 2011 ha visto, nella grande fami-glia MASCI calabrese, la nascita di una nuova Co-munità. A Lamezia Terme, infatti, nella parrocchia delRedentore, si è costituita la Comunità Lamezia Ter-me 3. Formata da diciannove Adulti Scout essa siconnota per la varietà e la diversità delle personeche la compongono e che sono portatrici di espe-

rienze diverse. Quasi tutti, infatti, non provengonodalla esperienza scout giovanile, ma vogliono, in etàadulta, affrontare il metodo scout dell’autoeduca-zione con consapevolezza e responsabilità nell’otti-ca di una sfida a lasciare un segno nella società incui vivono.Una sfida a restituire all’uomo, e in particolare agliaderenti alla comunità, la sua umanità.

parte di questa speranza ha già ha preso forma nelM.A.S.C.I. in cui ci siamo riconosciuti, in quanto ri-spondente ai nostri progetti e ai nostri ideali. Certa-mente il cammino che abbiamo intrapreso non saràprivo di ostacoli e di asperità, ma io spero che ognu-no di noi faccia il proprio meglio e con l’aiuto di Dioriusciremo a realizzare il nostro sogno. È così che èiniziata questa nuova avventura, cosa faremo e comeve lo diremo strada facendo. Buona strada a tutti.

Anna Maione

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Toc toc.. è permesso? Sono Silvia di Verona ed en-tro in punta di scarponcini a dire la mia all’internodel giornale “Tracce”, attualmente diretto da un miocaro amico, Francesco.Faccio il mio ingresso con un mio scritto in un con-testo dove mi sento accolta, mi sento a casa.Condividere con tutti voi lo scautismo mi fa sentireunita attraverso grandi valori.L’amicizia, il rispetto, la fra-tellanza, l’inclusione. Mi sen-to più a casa mia qui e ovun-que ci sia un incontro scoutche non nella fredda e nebu-losa pianura padana, mai co-me adesso contesa come sefosse un territorio di conqui-sta, uno spartiacque impos-sibile tra un territorio ed unaltro.In questi anni che frequentoil Campo di Ferragosto, doveho conosciuto Francesco, hoincontrato molte persone di-verse, provenienti da tutta Ita-lia, detentrici di uno spirito in-credibile.Spirito di scoperta, spirito diattenzione nei confronti deglialtri. Piccolo aneddoto sull’attenzione: soprattuttoalcune adulte scout con me si sono comportate co-me mamme, che tenere, con i loro consigli e sug-gerimenti per ottenere e quindi mantenere una li-nea più longilinea! Mi riprometto ogni anno di nonsentirmelo dire, ossia di aver migliorato le mie for-me simpaticamente cicciottelle, ma le “mammeadulte scout chioccia” ci sono sempre ed io le ap-prezzo e le ascolto volentieri. È utile ascoltare chiparla, ma a volte mi manca lo scout che “fa”. Loscout che è in noi scopre anche la manualità, il sen-so del fare, il più comunemente detto “fare insie-

me”. A volte mi rispondo che per il MASCI basta “fa-re comunità”, ma non credo sia così. Ho visto farecose meravigliose a tutte le età, al campo ho spe-rimentato con stupore le abilità manuali della co-munità di Novara. Saponette decorate con fiocchi,fiori e decoupage, coniglietti di spugna, lanterne “ri-ciclose” per la luce della pace di Betlemme... E

non solo per auto-finanziamento, maper progetti socialio semplicementeper il gusto di fare.Mi si è accesa unaluce dentro, mi sen-to come Diogeneche cerca l’uomocon il lanternino (del-la luce della pace???)Scherzo... e sorri-do. Però che dire..ne voglio ancora! Vo-glio conoscere, vo-glio sapere quantealtre cose meravi-gliose sa fare il MA-SCI! Vorrei speri-mentare ancora ilfare, le competen-

ze di noi adulti scout. Non saranno le costruzioniper dormire nelle sopraelevate, non saranno le cu-cine da campo, ma sono le nostre abilità fatte conle mani, conoscenze apprese nella vita quotidianada mamme e nonne prima ancora che nell’avven-tura scout. E possiamo donare qualcosa all’altroche pensa di saper fare poco o forse niente. Do-niamo quantomeno un sorriso e un pensiero. Tuttinoi abbiamo il talento da donare all’altro. Faccia-molo, insieme.

Buona strada

Appunti dall’afosa Verona:voglia di “fare nel Masci”

SILVIA FRESCHINIMASCI Verona

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Il primo Capo Reparto del Nicastro I fu Tullio Rispo-li. Egli faceva parte di un gruppo molto coeso di gio-vani di una decina d’anni più grandi di noi, che fu-rono sempre vicini a don Saverio e che costitui-vano a Nicastro un nucleo di intel-lettuali cattolici, presenti nelComitato Civico e attivi nel sin-dacato cattolico. Da questogruppo proviene uno dei Sin-daci di Lamezia Terme, Giovan-ni De Sensi. Tullio Rispoli avevada poco terminato il servizio mi-litare, era il più idoneo di quelgruppo a guidare un Reparto digiovani scout esaltati nelle lorouniformi. Molti capi del nostro ve-stiario, dalle camicie agli scarponierano recuperati nel mercatino de-gli abiti usati in Piazza Mercato Vec-chio, camicie e pantaloncini militaridi colore caki. Fece scalpore l’uniformedi Mario Cuiuli, acquistata a Romanella Bottega di Piazza P. Paoli. Solopiù tardi molti di noi fecero acquistare cappelloni,cinturoni, coltelli. Le asce si compravano nei nego-zi di ferramenta. Le Riviste e i pochi libri sullo scou-tismo furono il modesto avvio alla nostra formazio-ne. Alla carenza di mezzi e di conoscenze supplivaun entusiasmo che alimentava la fantasia di vivereun’avventura in cui si veniva messi alla prova fisi-camente e soprattutto moralmente per far fronte adisagi che lasciavano perplessi i nostri genitori, cheassaporavano finalmente le prime esperienze con-sumistiche e non capivano per quale motivo, noi chepotevamo godere di ciò che loro non avevano avu-to, andassimo a cercarci fatica e disagi. Lo scouti-smo fu all’inizio una sfida al pensiero dominante,un’ anticipazione illuminante del futuro di una so-

Gli inizi della storia del Nicastro 1º cietà che consuma più del necessario, che spre-cando inquina il territorio, che dipende così tantodagli strumenti tecnologici da pensare con terrorealla possibilità che il petrolio, il gas possano esse-re insufficienti a produrre quell’energia elettrica sen-

za la quale i mille strumenti che funzio-nano nelle nostre case o che ci consen-tono di comunicare e di muoverci reste-rebbero inerti. Era necessario che i piùgrandi fra noi frequentassero il campo-scuola per la formazione Capi e ciò fupossibile nell’estate del 1961, sull’A-spromonte, a Gambarie. Vi giungemmodopo un lungo viaggio in ferrovia e poiin autobus fino a più di mille m. di al-titudine. L’impressione di quelle ten-de militari in mezzo agli alberi del bo-sco colpì la nostra fantasia. Io e Gian-ni Torchia eravamo in due squadri-glie diverse per la formazione deiCapi Repar to. Ubaldo Braganò eGiambattista Pujia, Mimmo Bam-bara e Aldo Canino erano impe-

gnati nei corsi di formazione per Capo Branco.Tornammo coi relativi brevetti di Aiuto Capo, con unbagaglio di esperienze e tanto entusiasmo che tra-sferimmo agli amici delle nostre squadriglie. Il Grup-po andava crescendo e le richieste di iscrizione era-no tante sia per il Reparto che per il Branco, doveben presto Totò Calindro dimostrò attitudine e pas-sione tali che anche oggi è un Lupetto coi capellibianchi. Appena fu possibile Tullio lasciò la respon-sabilità di Capo Reparto a Ubaldo Braganò. Oggi ca-pisco la sua scelta: era più grande di noi, non ama-va andare in giro con ragazzi coi pantaloni corti e iguidoni al vento, che urlavano come forsennati ilmotto del Reparto: Sulle ali del vento. Motto retori-co ma che rendeva bene il nostro entusiasmo. An-che Ubaldo, impegnato nello studio per gli esami,non resistette molto come Capo Reparto, così su-

15 maggio 1960 – 15 maggio 2010 Cinquant’anni dopo: il Quaderno di un Rover

ITALO LEONESECONDA PARTE

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Analisi storico

sociologica

della presenza

di cinqant’anni

di scoutismo

nella società

Lametina

bentrai io. L’attività di Capo Reparto è impegnativa:ancora oggi ricordo la preoccupazione di dover pre-parare la riunione settimanale del Reparto ogni lu-nedì senza togliere troppo allo studio. Alla riunioneinterveniva sempre don Saverio, l’Assistente Eccle-siastico del Gruppo che dava indicazioni sul com-portamento, criticava atteggiamenti che potevanoallontanarci da una corretta vita cristiana, incitavaa non trascurare lo studio perché essere scout do-veva significare anche distinguersi nell’impegno sco-lastico. Poi c’era l’Alta Squadriglia (la squadrigliacomposta dal Capo Reparto, dai Capi Squadriglia edai Vice) e la Corte d’Onore (un gruppo di Capi chegiudicava sulla liceità dei comportamenti degli scout),e poi la riunione coi capi delle altre Branche del Grup-po Nicastro I. La parte più attiva e piacevole dellavita di Reparto era il contatto continuo tra i membridelle squadriglie, piccole operose comunità di set-te o otto membri dove lo spirito di gruppo frenavagli individualismi inevitabili in quell’età. Lì avvenivala formazione vera e propria in uno spirito di emu-lazione, che spingeva ognuno a dare il meglio di sénei giochi, nell’ordine dell’uniforme, nella prepara-zione tecnica. Furono proprio la tecnica della pio-neristica sempre più efficace nelle costruzioni, lostudio e l’applicazione nell’orientamento, nelle se-gnalazioni, nel pronto soccorso, nella individuazio-ne dei vari tipi di piante e di animali presenti nel ter-ritorio a determinare una svolta nello scoutismo ni-castrese, distinguendolo in maniera più chiara dal-la sua matrice di azione cattolica. Questa attenzio-ne alla tecnica, se da una parte fece decollare la ri-chiesta di entrare nel gruppo scout, costituì in qual-che modo una preoccupazione per don Saverio chesi rendeva conto dei rischi di laicizzazione insiti nel-la tendenza. Per la verità la religiosità cattolica scoutnon fu mai messa in discussione, ma si cercò di con-ciliarla con una visione più attuale per quei tempiche s’inseriva nel rispetto verso gli altri e soprat-tutto nel rispetto della Natura. Fummo ecologisti pri-ma che la parola ecologia diventasse di patrimoniocomune, il rispetto dell’ambiente era evidente nel-l’espressione: lasciare il campo in condizioni tali che

chi sopraggiunga non si renda conto che c’è statoun campo. L’amore per la Natura era un amore fran-cescano per il Creato, piante e animali erano il se-gno della creazione divina e andavano rispettati eamati. La vita all’aperto era un ritorno alla sempli-cità di vita in un mondo che cominciava a essere pe-santemente condizionato dal consumismo sfrenato.Questo era il messaggio educativo, e per tutti que-sti fattori essere ammesso negli scout era consi-derato un privilegio anche da parte delle famiglie.La formazione scout allora si sforzava di conciliarela religiosità e la moralità tradizionali della borghe-sia lametina con il nuovo ruolo che i giovani anda-vano assumendo e con le idee che giungevano damodelli educativi più avanzati a livello internaziona-le. La globalizzazione era intuibile anche in questaprospettiva. Nell’estate del 1961 ci fu ad Acquavo-na il primo campo con le tende. Rimasi in attività fi-no all’inevitabile allontanamento per frequentare lafacoltà di Lettere a Roma alla fine del 1962. I con-tatti con don Saverio e con molti altri compagni scoutnelle varie Università proseguirono, ma l’esperien-za attiva era conclusa.

Fu verso il 1966 che mi resi conto che qualcosa sta-va cambiando velocemente: discipline mai sentitecome l’Antropologia Culturale, le teorie dello strut-turalismo di Levi-Strauss, cominciavano a penetrareanche nelle Università italiane. Nelle scuole superiorinon ne avevamo mai sentito parlare e se ne parla po-co anche oggi. Nelle scuole l’insegnamento della sto-ria terminava con la seconda guerra mondiale e laResistenza. La filosofia con l’esistenzialismo. La let-teratura italiana con gli ermetici. Non credo che do-po tanti decenni, nella maggior parte delle scuole su-periori, si sia andati molto più avanti. La lotta deglistudenti e la contestazione degli anni Settanta han-no sostituito l’attenzione per B. Croce con l’atten-zione per Carlo Marx, Marcuse e Antonio Gramsci, lostoricismo idealista con lo storicismo marxiano nel-la versione più moderna gramsciana. La prima gran-de storia della letteratura italiana del dopoguerra, laStoria della letteratura di Natalino Sapegno, acco-glieva in un’interpretazione feconda gli spunti dei Qua-derni dal carcere di A. Gramsci. All’Università co-minciai ad amare una disciplina che il Liceo Classi-co mi aveva reso antipatica con quel tipo di studiomnemonico, astorico, acritico, che non riusciva a co-gliere il rapporto tra le opere, gli autori e il loro tem-po. Nella scuola il mutamento sociale e culturale siavvertì prima nella riforma della Scuola Media unifi-cata (1963), che aboliva l’Avviamento e che allargòa nuovi strati sociali l’accesso agli studi superiori,grazie all’abolizione del famigerato esame d’ammis-sione, uno sbarramento formidabile all’Università.(cfr.Eric H. Hobsbawm, Il secolo breve, BUR 2004,p.349)

Gli anni della contestazione giovanile

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Una analisi più obiettiva di quegli anni di contesta-zione soprattutto seguiti al Sessantotto, ce ne mo-stra gli aspetti più importanti perché più duraturi:• una crescita economica e culturale del mondo oc-

cidentale che si tradusse in una frattura degli sche-mi sociali, culturali, educativi del passato e chechiudeva la fase del dopoguerra e del miracolo eco-nomico;

• un consumismo più diffuso• un’informazione, soprattutto televisiva, che in tem-

po reale portava nelle case il dramma della guer-ra in Vietnam, l’insofferenza dei giovani americanied europei per un’organizzazione familiare, socia-le, politica in cui l’autorità dei padri, dei docenti,dei governanti e della stessa Chiesa si opponeva-no ad un cambiamento auspicato da giovani spes-so più colti dei padri, spesso con una disponibilitàfinanziaria di cui mai giovani di quell’età avevanogoduto prima, più informati degli insegnanti cheerano didatticamente legati alla tradizione.

Ero docente al Liceo Scientifico quando assembleepermanenti, scontri feroci fra studenti di destra e disinistra, scioperi contro un sistema di valutazione de-finito repressivo e classista, sconvolgevano la tran-quilla realtà lametina. Lot-ta studentesca e lotta ope-raia procedevano spessoinsieme e la contestazio-ne fu anche strumentaliz-zata dall’ideologia soprat-tutto di sinistra: si affer-mava con tranquilla sicu-rezza che latino e greco era-no perfettamente inutili al-la formazione, e che Dan-te e Manzoni dovevano la-sciare il posto alle temati-che poste da Gramsci e ad-dirittura allo studio del Ca-pitale di Marx o del Libret-to rosso di Mao. La clas-se politica incanalò la pro-testa con quegli istituti didemocrazia che nel 1974 dettero origine alle Assem-blee degli studenti nella scuola, ai Consigli di classe,al Consiglio d’Istituto che ebbero non potere didatti-co, come qualcuno voleva, ma potere di governo am-ministrativo e di proposta e controllo del sistema sco-lastico. Gli effetti più rivoluzionari della contestazionefurono però legati al costume e alla legislazione conun riconoscimento più adeguato dei cambiamenti av-venuti: una libertà sessuale maggiore, un contributodelle donne sia come studentesse sia come lavora-trici alla crescita economica e al bilancio familiare, lalegislazione sul divorzio e sull’aborto, confermata dadue referendum (maggio 1974 e maggio 1981) chesancirono la parità dei sessi e il cambiamento inter-venuto nella società italiana. L’Italia si allineava ai Pae-si dell’Europa del Nord e al mondo anglosassone.

Né, d’altra parte, migliore è la sorte del mondo gio-vanile cattolico coinvolto nel fenomeno. Frastornatodall’”aggiornamento” conciliare e soffocato politica-mente dall’egemonia democristiana, esso si lasciasedurre dall’utopia marxista: i suoi quadri dirigentiabbandonano in larga parte la Chiesa e la base fini-sce in buon numero a ingrossare le file dei rivolu-zionari di professione. Pertanto, il movimento catto-

lico perde nel Sessantotto un’occasione stori-ca: di fronte alla debolezza della cultura libe-ral-illuminista e all’aggressione intellettuale epolitica della rivoluzione socialcomunista ri-nuncia a prendere l’iniziativa, entra anch’esso“in crisi” e, trascurando la dottrina sociale del-la Chiesa, accetta l’analisi sociale marxista,assumendo così un atteggiamento di subal-ternità culturale che continua a produrre effettidesolanti. (in Enzo Peserico, Il Sessantotto ita-liano, www.storialibera.it/epoca_contempora-nea/sessantotto)Fu la seconda rivoluzione di cui noi del ’60 fum-mo protagonisti o spettatori. La terza trova lasintesi finale nel crollo del Muro di Berlino(1989),simbolo del fallimento dell’ideologia comuni-sta e contemporaneamente dei limiti di un ca-pitalismo vincente della cui indifferenza socia-le e morale i fatti e la Chiesa di Giovanni Pao-

lo II indicarono subito i limiti. Ma i fattori destabiliz-zanti del blocco comunista erano dipesi soprattuttoda un sistema di comunicazione globale come la te-levisione che portava nelle case di chi se lo potevapermettere l’immagine di sistemi di vita diversi, piùliberi, più sofisticati, propri di popoli che avevano l’ac-cesso a un consumo non solo di sopravvivenza. Ledemocrazie liberali con tutti i problemi connessi fun-zionavano meglio delle dittature comuniste. La finedel sistema dei blocchi contrapposti e la dissoluzio-ne dell’Armata rossa, che ci parvero l’inizio di un’e-ra di pace e di crescita, oggi lo sappiamo, hanno aper-to nuovi fronti di contrapposizione nelle aree non le-gate ad uno dei blocchi.

(CONTINUA NEL PROSSIMO NUMERO)

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R. Forleo – C. Gentili – M. GiaculliSCAUTISMO PER ADULTIPer un movimento di educazione permanente e di impegno civile ed ecclesialeEdizioni Paoline 1991, pagg. 120, euro 10,00In questi anni il metodo scout è stato valorizzato anche per l’età adulta, rivelando-si come strumento privilegiato di educazione permanente, valido per tutte le sta-gioni della vita. Non bisogna dunque pensare a scout un po’ cresciuti, ma ad uo-mini e donne maturi, che cercano luoghi di impegno e riflessione per poter cambia-re il mondo cambiando se stessi.Queste pagine, che spiegano le caratteristiche di una proposta per uno scautismoadulto, non si rivolgono solo a chi ha vissuto il “grande gioco” da ragazzo, ma a tut-ti coloro che vogliono dedicare un po’ di tempo ai problemi di crescita globale del-la persona e contemporaneamente donare un po’ del loro tempo al servizio degli al-

tri e della comunità ecclesiale e civile. Dalle pagine di questo libro emerge in definitiva una forte esorta-zione a lasciarsi conquistare, anche da adulti, dallo affascinante avventura di uno scautismo senza età, do-ve, innanzi tutto, si è chiamati a farsi carico degli altri.

Gabriella e Paolo LinatiADULTI SCOUT. In cammino per tutta la vitaEdizioni San Paolo 2002, pagg. 262, euro 16,00Questo libro si rivolge alle donne ed agli uomini che vogliono vivere lo scautismonella loro vita di adulti: sia coloro che da giovani sono passati nelle diverse asso-ciazioni scout, sia coloro che hanno conosciuto lo scautismo nella maturità. Nellepagine di questo libro trova posto non solo ciò che l’Adulto Scout fa nell’ambito delmovimento a cui appartiene, ma anche quello che egli fa nella vita di tutti i giorni;infatti il suo “terreno di caccia” non è solo la natura, il bosco, le montagne, ma an-che la famiglia, il lavoro, la città, la Chiesa. In definitiva, secondo gli autori essereAdulto Scout è un cammino di tutta una vita, fatto alla luce di una legge, la LeggeScout, e di un metodo, quello di Robert Baden-Powell.

Claudio GentiliADULTI E SCOUT:esploratori nel cuore, nel creato, nella cittàEdizioni Scout – Nuova fiordaliso, pagg. 116, euro 9,20Questo libro risponde sostanzialmente a due domande: 1) Ha un senso essere scoutda adulti? 2) Quale metodologia può essere usata per realizzare da adulti un cam-mino scout di progressione personale e di inpegno civile? Nel quadro di una rigoro-sa visione metodologica, l’autore, offre non solo piste di formazione culturale e spi-rituale ma anche stimoli per un impegno di servizio.Il libro si apre con una presentazione di Giancarlo Lombardi e presenta capitolianche a firma di Edoardo Patriarca, entrambi giàpresidenti del Comitato CentraleAgisci.

Il topo di biblioteca

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Evviva le radici. Quelle che consento-no ai fiori di cre scere nei prati.Senza radici, i fiori non hanno fu-turo. Strapparli dal suo lo non si-gnifica renderli più li beri ma, sem-plicemente, ucci derli.Evviva le radici, dunque. Andare al-le radici, ossia al le origini, per sa-per inventare il futuro. Tutti abbia-mo bisogno di radici.La cultura popolare, ancora una vol-ta, fornisce esempi lampanti. Per ri-scattarsi, acquisire un’identità e da-re il proprio origina le contributo allavita degli Stati Uniti, il popolo nero de-ve risali re a ritroso lungo la via crucisdel la schiavitù fino alle terre d’Afri ca,e il libro di Alex Haley, Roots (‘Radici’), è la provadi que sta insopprimibile esigenza.E in Italia? Viene in mente, d’acchito, «la casa sulconfine dei ricordi» cantata da Francesco Guccini(ancora Radici, canzone e al bum), là dove «ricerchile tue ra dici, se vuoi capire l’anima che hai».Le radici sono un intreccio che risale fino ad av-volgerti: «E te li senti dentro quei legami / i riti an-tichi e i miti del passato». Radici di cui non sem-pre è sem plice decifrare il senso.L’erede può faticare a comprendere qua le sia l’e-redità, eppure «le tue ra dici danno la saggezza / eprovi un grande senso di dolcezza». Sono le radicidi chi si sente pre so per mano e amato. La tenta-zione, specialmente in questi tempi di materiali-smo rampante, è duplice. Adeguarsi, nell’ansia –comprensibile, ma non giustificabile – di farsi ac-cet tare.Annacquare, tagliando le radici, per di venire i gre-gari di culture tanto apparente mente vincenti quan-to sostan zialmente fragili e passeggere.Oppure contrapporsi arroccan dosi nella propria cit-tadella fatta di certezze, fierissimi e ringhiosi nel

ti more di apparire arrendevoli. Le ra-dici non sono proprietà privata e ge-losa, ma un bene offerto a chiunquele ap prezzi, una risorsa per l’interaso cietà.Il ponte del presente che uniscepassato e futuro non va taglia to marinforzato, non stretto ma allarga-to. Le radici sono patri monio ditutti: di chi le ha costruite e di chigrazie a loro può costruire un fu-turo migliore.

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Le radici sono patri -

monio di tutti : di chi

le ha costruite e di

chi grazie a loro può

costruire un futuro

migliore.

Sono passati trent’anni da quando Mons. Andrea Ghet-ti, l’assistente del gruppo scout Milano I°, moriva in unincidente stradale a Tours, in Francia, durante una Rou-te. Tuttavia anche se è passato più di un quarto di se-colo è impossibile per uno scout dimenticare “Baden”.Chi lo ha conosciuto o anche, semplicemente, è cre-sciuto scoutisticamente leggendo i suoi scritti, lo ri-corda come un maestro che giganteggia indimenticatoed indimenticabile nel panorama culturale dello scou-tismo italiano. E sicuramente, per tutti, è rimasto unmaestro, come afferma Giancar-lo Lombardi (primo Presidente delComitato Centrale AGESCI) quan-do, per il contributo pubblicatonel volume celebrativo edito acura del Centro Studi Baden-Powell, scrive: «nessun capoASCI e AGESCI, di quegli anniha potuto prescindere dalla fi-gura di don Andrea Ghetti nelsuo servizio scout»; e comericonosce Lino Lacagnina, (giàPresidente del Comitato Cen-trale AGESCI) quando, nellastessa pubblicazione, scri-ve: «credo che dobbiamomolto a Baden e a quelli co-me lui, che non se ne an-darono, ma con operosapazienza contribuirono a rinsaldare le radi-ci, così come credo dobbiamo molto ai Quadri di que-gli anni che seppero condurre la barca nella tempesta».Certo ha ragione Cesare Cavalleri, quando scrive su“Avvenire” che, come il Vangelo non è un libro da po-tersi tagliare a pezzi e da poterne fare edizioni ridotte,anche Baden va preso per intero così come era: irruentee tenero, impetuoso ed intransigente, ma sempre ge-neroso… modi rudi e grande cuore… un prete capacedi sognare e fare sognare… «il cristiano non ha tempolibero, perché quello che ha lo mette a disposizione de-

gli altri» soleva dire con la sua voce tonante, mentre or-ganizzava gli aiuti per l’alluvione del Polesine, per il di-sastro del Vajont, per il rifugio di Fratel Ettore nella sta-zione centrale di Milano. Andrea Ghetti era approdatonello scoutismo alla età di quattordici anni (era nato aMilano l’11 marzo 1912) ed il “metodo” avrebbe in-fluenzato tutta la sua vita: «Lo scoutismo – ricordava –mi ha impresso alcune caratteristiche che sono rima-ste per tutta la vita. Una ricerca della verità anche setalvolta duramente pagata, capacità di iniziativa, la gioiadel servizio, il coraggio di ricominciare sempre dopo

ogni sconfitta». Una fedeltà ai valo-ri dello scoutismo che “Ba-den” non ha rinnegato, nep-pure quando, nel 1974, siisolò in una specie di Aven-tino con il suo Milano 1°, nonapprovando la fusione ASCI-AGI da cui è nata l’AGESCI,ma continuando a collabora-re a distanza con chi avevaopinioni diverse dalle sue.Mons. Andrea Ghetti è statonon solo un vero scout, ma an-che un amato Parroco, un ap-prezzato docente di filosofia nelCollegio Arcivescovile San Car-lo di Milano, un impegnato gior-nalista, animatore di “Milano7”,l’inserto del quotidiano “Avveni-re”, e fondatore della rivista dio-

cesana “Il Segno” di cui rimase direttore fino al giornodella sua scomparsa. A questo proposito è interesan-te ricordare che nel suo ultimo editoriale scriveva: «Dob-biamo tutti reagire, il nostro assenteismo permettead altri di scrivere la storia. Bisogna che ognuno ab-bia una chiara presa di coscienza del patrimonio cri-stiano, capace di una consolante risposta ad ogniistanza umana». Sono certamente parole di una gran-de attualità. Buona Strada… al ritmo dei passi.

Ricordando “Baden”: Mons. Andrea Ghetti

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Don Ghetti , il Baden Powell italiano: Conquesto titolo a cinque colonne, il quoti-diano “Avvenire” di Venerdì 5 agosto 2005,apriva una intera pagina per ricordare,nel venticinquesimo della morte, colui chesicuramente è stato un grande scout edun maestro di “spiritualità della strada”,Mons Andrea Ghetti, il “Baden” delle Aqui-le Randagie e di O.S.C.A.R. Un parroco,un giornalista, ma soprattutto uno scout.

Madonna degli ScoutTr@

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Madonna degli Scout ascolta t’invochiam

concedi un forte cuore a noi che ora partiam

La strada è tanto lunga e il freddo già ci assal

respingi tu Regina lo Spirito del mal.

E il ritmo dei passi ci accompagnerà

là verso gli orizzonti lontani si va (2v)

E lungo quella strada non ci lasciar Tu

nel volto di chi soffre saprem trovar Gesù.

allor ci fermeremo le piaghe a medicar

e il pianto di chi è solo sapremo consolar.

Lungo la strada bianca la croce apparirà:

è croce che ricorda chi ci ha lasciato già.

Pur Tu sotto una croce, Maria, restasti un di’.

Per loro ti preghiamo sommessamente qui.

Forse lungo il cammino qualcuno s’arresterà

forse fuor della pista la gioia cercherà:

allora, Madre nostra non lo dimenticar

e prendilo per mano e sappilo aiutar.

Nella foto; la statua della Madonna degli scout col-locata sulla cima del Monte Amiata nel 1961 dalleguide e dagli scout di Grosseto