Acustica Ed Elettroacustica

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Andrea Peracchi – 131547 – Lezione del 12 novembre 2001 – ore 14.30-16.30 -1- CORSO DI FISICA TECNICA ANNO 2001-2002 PROF. ANGELO FARINA FACOLTA’ DI INGEGNERIA – UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA L’acustica è un argomento abbastanza vicino alla nostra esperienza sensoriale diretta e che conseguentemente non ha grosse difficoltà concettuali a venire compreso. Il meccanismo di generazione e propagazione di un suono è sicuramente molto complesso da descrivere matematicamente, ma è comunque intuitivo capirne gli aspetti fondamentali osservando ciò che ci circonda. Sappiamo tutti cos’è il suono perché lo percepiamo in maniera diretta. Che il suono è trasportato dall’aria è altrettanto facile da mostrare con l’esperimento di una sveglia sotto una campana di vetro nella quale si fa il vuoto: man mano che la pressione dell’aria nella campana cala (ovvero viene tolto il mezzo della propagazione), il suono della sveglia si affievolisce fino al silenzio completo quando si è raggiunto il vuoto spinto. Figura 1 – Esperimento della sveglia Dunque il suono è una perturbazione dell’aria; di conseguenza viene possibile lo studio di questa perturbazione con le nozioni di cui siamo in possesso: l’aria è un gas perfetto e dunque la sappiamo trattare, mentre lo studio del movimento delle particelle è compito della fluidodinamica. Quando si parla, le particelle d’aria che escono dalla bocca non viaggiano nell’aria con un moto d’assieme: se le particelle d’aria fossero tante palline disposte in un reticolo regolare, tramite una perturbazione la pallina si sposta dalla sua posizione di equilibrio, urtando la successiva e poi torna al punto di partenza, e così via. Un altro modello fisico di tale mezzo è considerare le particelle d’aria come la successione di volumi dotati di massa e di molle connesse tra loro: se viene perturbato lo stato di quiete di uno di questi volumi, esso comincerà ad oscillare attorno alla sua posizione di equilibrio caricando e scaricando le molle che lo connettono alle masse adiacenti che, a loro volta, iniziano ad oscillare. Le onde sonore hanno la caratteristica fondamentale che le particelle della materia coinvolta nel trasporto del suono fluttuano intorno alla posizione di

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Andrea Peracchi – 131547 – Lezione del 12 novembre 2001 – ore 14.30-16.30

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CORSO DI FISICA TECNICA ANNO 2001-2002

PROF. ANGELO FARINA FACOLTA’ DI INGEGNERIA – UNIVERSITA’ DEGLI STUDI

DI PARMA

L’acustica è un argomento abbastanza vicino alla nostra esperienza sensoriale

diretta e che conseguentemente non ha grosse difficoltà concettuali a venire compreso. Il meccanismo di generazione e propagazione di un suono è sicuramente molto complesso da descrivere matematicamente, ma è comunque intuitivo capirne gli aspetti fondamentali osservando ciò che ci circonda. Sappiamo tutti cos’è il suono perché lo percepiamo in maniera diretta.

Che il suono è trasportato dall’aria è altrettanto facile da mostrare con l’esperimento di una sveglia sotto una campana di vetro nella quale si fa il vuoto: man mano che la pressione dell’aria nella campana cala (ovvero viene tolto il mezzo della propagazione), il suono della sveglia si affievolisce fino al silenzio completo quando si è raggiunto il vuoto spinto.

Figura 1 – Esperimento della sveglia Dunque il suono è una perturbazione dell’aria; di conseguenza viene possibile lo

studio di questa perturbazione con le nozioni di cui siamo in possesso: l’aria è un gas perfetto e dunque la sappiamo trattare, mentre lo studio del movimento delle particelle è compito della fluidodinamica.

Quando si parla, le particelle d’aria che escono dalla bocca non viaggiano nell’aria con un moto d’assieme: se le particelle d’aria fossero tante palline disposte in un reticolo regolare, tramite una perturbazione la pallina si sposta dalla sua posizione di equilibrio, urtando la successiva e poi torna al punto di partenza, e così via. Un altro modello fisico di tale mezzo è considerare le particelle d’aria come la successione di volumi dotati di massa e di molle connesse tra loro: se viene perturbato lo stato di quiete di uno di questi volumi, esso comincerà ad oscillare attorno alla sua posizione di equilibrio caricando e scaricando le molle che lo connettono alle masse adiacenti che, a loro volta, iniziano ad oscillare.

Le onde sonore hanno la caratteristica fondamentale che le particelle della materia coinvolta nel trasporto del suono fluttuano intorno alla posizione di

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equilibrio seguendo un moto che avviene parallelamente alla direzione dell’onda (in questo caso si parla di onde longitudinali).

È rilevante osservare che non solamente le onde sonore trasmettono il suono: se considero una persona che parla in una stanza, è possibile che la sua voce possa essere udita (se il locale non è correttamente insonorizzato) anche in una stanza adiacente; in tal caso però le onde sonore si propagano nelle infrastrutture sotto forma di altre onde di tipo trasversale (in cui la fluttuazione delle particelle avviene perpendicolarmente alla direzione dell’onda, come per esempio onde di taglio o di riflessione), le quali poi irradiano onde sonore nell’ambiente ricevente.

Si tratta di un meccanismo di trasporto dell’energia senza trasporto di

materia, eppure la materia è necessaria affinché si verifichi tale trasporto poiché il campo acustico ha bisogno di una materia in cui potersi propagare. Anche se le singole particelle rimangono nella stessa posizione e rimbalzano avanti e indietro attorno alla posizione di equilibrio, se tolgo le particelle, tolgo anche la propagazione. Il suono è dato dal moto delle particelle che compongono l’aria, pur non essendoci un moto d’assieme. È un movimento locale attorno alle posizioni di equilibrio che rimangono le stesse poiché non si ha fenomeno di trasporto di massa nel suo complesso.

Questo movimento delle particelle d’aria avviene secondo la legge del moto:

dato che la propagazione si verifica in un sistema tridimensionale, il moto può avvenire in qualunque direzione e quindi si definiscono i seguenti vettori:

• vettore spostamento Sr

, • vettore velocità ur , • vettore accelerazione ar , che rappresentano, per ciascun punto dello spazio dove sta andando il fluido di cui ne vogliamo studiare il moto, la sua accelerazione e la sua velocità.

Nel caso che stiamo considerando lo spostamento avviene lungo l’asse x (per tale motivo i vettori che si utilizzeranno sono X

r, xur , xar ) e le particelle di fluido si

muovono di un moto di tipo oscillatorio attorno alla posizione di equilibrio che ha spiccate analogie con quello che in meccanica si studia come il moto di un pendolo: le oscillazioni semplici di un pendolo che va avanti e indietro attorno alla sua posizione di equilibrio coincidono con le oscillazioni delle particelle d’aria.

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Figura 2 – Oscillazione di una particella d’aria attorno alla sua posizione di equilibrio

Nota preliminare: teoria del moto armonico

Il moto armonico si ha ogni qualvolta la forza di richiamo su una particella spostata dalla posizione d'equilibrio è proporzionale allo spostamento.

Esempi comuni di un tale moto sono un corpo attaccato a una molla e un pendolo semplice (per piccoli spostamenti dall'equilibrio).

Figura 3

Il moto armonico trova inoltre applicazioni nello studio delle onde sia sonore, sia elettromagnetiche e, in generale, di tutti i fenomeni di tipo periodico.

Più in generale diremo moto armonico il moto individuato su un diametro della circonferenza (o su una retta qualsiasi parallela al diametro medesimo) da un punto che si muove di moto circolare uniforme sulla circonferenza medesima.

Figura 4 Detto P il punto che si muove di moto circolare uniforme con

velocità angolare ω sulla circonferenza di raggio R e sia θ la sua posizione angolare in un generico istante t.

Quando P percorre la circonferenza, le sue proiezioni sui due assi, rappresentate dai punti X e Y, si muovono avanti e indietro

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sugli assi, oscillando attorno al centro O della circonferenza. In particolare quando P si muove da A verso B, la proiezione X si muove da A verso O; quando P va da B a C, X va da O verso C; quando P va da C a D, X ritorna da C verso O e quando P conclude il giro da D ad A, X ritorna da O verso A.

Il tempo impiegato dal punto che si muove di moto armonico a percorrere l'intero diametro e ritornare alla posizione di partenza (oscillazione completa) coincide con il tempo impiegato dal punto per percorrere l'intera circonferenza. Il periodo di un'oscillazione completa del moto armonico coincide con il periodo del moto circolare. Quindi il moto armonico avrà anche la stessa frequenza e la stessa velocità angolare del moto circolare uniforme.

Inoltre dalla figura si ricava θ= cosRX , ma trattandosi di moto circolare uniforme, vale la relazione t0 ω+θ=θ dove 0θ è la posizione angolare iniziale

Quindi la legge oraria del moto armonico semplice è: )tcos(R)t(x 0θ+ω= . (1)

Tale formula giustifica il nome ampiezza assegnato a R, che costituisce il massimo valore assoluto di x; la quantità 0t θ+ω si chiama fase, la quantità 0θ si chiama costante di fase. D'ora in poi supponiamo che la costante di fase sia zero.

La velocità xu del moto armonico è la proiezione sull'asse x della velocità u del moto circolare di P.

Si può dedurre che la velocità è: • nulla agli estremi A e C di oscillazione; • massima al centro O di oscillazione; • negativa da A a C; • positiva da C ad A.

La sorgente sonora è normalmente una superficie mobile; dunque per studiare

l’origine fisica del suono e meglio comprendere il meccanismo della propagazione nel mezzo si può fare riferimento alla classica esperienza del cilindro con un pistone in grado di muoversi di moto alternato lungo l’asse longitudinale; potrebbe essere, per esempio, il cono mobile di un altoparlante. Si supponga che il tubo sia riempito con un mezzo comprimibile (per esempio l’aria) e che sia tanto lungo da potere trascurare le riflessioni all’altro estremo. Se il pistone si muove alternativamente avanti e indietro, produce nel mezzo compressioni alternate a rarefazioni. A causa delle forze di tipo meccanico interne al mezzo, le compressioni e le rarefazioni si propagano lungo il tubo.

Figura 5 – Onda longitudinale

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Tale velocità viene a sua volta imposta alle particelle a contatto con il pistone, le quali, per l’ipotesi dell’aderenza, seguono la parete solida e vengono trascinate con sé; queste a loro volta muovono le particelle successive e così via.

Dunque il moto è originato dall’imposizione di una velocità al contorno ovvero si può dire che la condizione al contorno del campo fisico è una velocità. Il modo più semplice per imporre questa velocità è attraverso un albero rotante con una biella;

L’albero ruota attorno al suo centro con una velocità angolare ω [s(secondo)

(radianti) rad ] e

ha un certo disassamento della biella di R; quindi la legge del moto che il pistone segue è di tipo armonico:

)sen(R)(X ωτ=τ (2) per cui la velocità

)cos(Rd

)(dX)(ux ωτω=ττ

=τ (3)

per cui l’accelerazione

)sen(Rd

)(dud

)(Xd)(a 2x2

2

x ωτω−=τ

τ=

ττ

=τ (4)

r

0 x

Figura 6 – Pistone generatore di onde acustiche

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L’aria è un mezzo elastico cosicché, muovendo in avanti il pistone per un piccolo tratto, se ne comprime l’elemento diretto a contatto con la superficie del pistone e quindi si provoca un aumento locale di pressione. Aumentando il movimento del pistone, l’elasticità dell’aria provoca allora un’espansione nella direzione di allontanamento del pistone (in quanto questo è un corpo rigido).

Le molecole che costituiscono l’elemento d’aria in pressione spingono allora quelle costituenti l’elemento adiacente comprimendolo; in questo modo, per spinte successive, ha luogo la propagazione, lungo il condotto, della perturbazione causata dal movimento del pistone. Muovendo il pistone in senso opposto ha luogo esattamente lo stesso fenomeno: una momentanea depressione dell’elemento d’aria richiama altro gas dal volume adiacente che a sua volta lo richiama da quello precedente e così via; in questo caso si ha però un valore negativo della pressione. Pressioni positive e negative sono intese come valori superiori o inferiori a quello della pressione atmosferica del gas (aria) posto nel tubo in condizioni di riposo.

L’orecchio umano è lo strumento in grado di farci percepire le variazioni di pressione come fenomeni acustici; queste perturbazioni generate dal movimento del pistone non sono però percepibili come suono dall’orecchio: se un singolo fronte d’onda raggiunge il nostro orecchio noi possiamo percepire un “colpo” con un tono secco o sordo che dipende dalla velocità con cui è stato mosso il pistone.

Per avere una vera e propria generazione di suono è necessario di una serie continua di onde di pressione che equivale a muovere continuamente avanti e indietro il pistone con una certa velocità.

Figura 7 – Diagramma orario di un moto armonico

Figura 8 – Diagramma velocità – tempo di un moto armonico

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Figura 9 – Diagramma accelerazione – tempo di un moto armonico

I grafici delle equazioni del moto armonico sono rappresentati nelle figure

limitatamente a un periodo, cioè al tempo ωπ

=2T

Dall'osservazione del diagramma orario si possono dedurre le seguenti proprietà:

• per 0t = e per ωπ

=2t il punto Q (proiezione del punto P sull'asse x) si trova

nell'estremo A di oscillazione;

• per ωπ

=2t il punto Q si trova nell'estremo B di oscillazione;

• per ωπ

=2

t e per ωπ

=23t il punto Q passa attraverso il centro O di

oscillazione. Dall'osservazione del diagramma orario si può dedurre il diagramma velocità –

tempo. Tenendo conto che la velocità è la pendenza della retta tangente al diagramma orario, si ha che la velocità è:

• nulla agli estremi A e C di oscillazione dove la pendenza della tangente è zero;

• massima al centro O di oscillazione dove la pendenza della tangente è massima;

• negativa da A a C; • positiva da C ad A. Analogamente, essendo l'accelerazione la pendenza al grafico velocità – tempo,

si ha che l'accelerazione è: • nulla nel centro O di oscillazione dove la pendenza della tangente è zero (per

ωπ

=2

t e per ωπ

=23t );

• massima in valore assoluto agli estremi A e C di oscillazione dove è

massima la pendenza della tangente (per ωπ

=t e per ωπ

=2t );

• negativa da A a O e da O ad A; • positiva da O a C e da C a O. La particella d’aria immediatamente a contatto con il pistone segue questa legge

di tipo armonico, ma cosa succede alle particelle d’aria che stanno più in là non è

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così scontato, ovvero potrebbe variare la legge del moto (non è detto che questa legge si trasmette tale e quale a qualunque distanza dalla superficie a contatto col pistone). In generale si ha una variazione di ampiezza: normalmente allontanandosi dalla sorgente il campo si estingue; l’ampiezza dell’oscillazione si riduce e contemporaneamente si hanno degli sfasamenti poiché la propagazione non avviene in un tempo nullo (il suono impiega del tempo a spostarsi nell’aria dato che ha una velocità di propagazione finita). Quella che non varia è la frequenza, infatti si ipotizza che tutti i fenomeni che riguardano il campo acustico siano lineari.

Un sistema (che può comprendere non solo il campo acustico) si dice lineare se:

segnale A segnale AR

segnale B segnale BR

applichiamo in ingresso al sistema un segnale d’ingresso A e il sistema risponde con un segnale AR ; analogamente per un segnale d’ingresso B. Allora:

BABA RRRB,A +=+∀∀ (5)

segnale BA + segnale BA RR +

Dunque un sistema è lineare si gode della proprietà additiva sia all’ingresso che all’uscita: se sommo due segnali in ingresso, all’uscita trovo la somma delle risposte che ciascun segnale da solo mi dava (il nostro è il caso particolare in cui A e B sono uguali). Il campo acustico è un sistema lineare fino a livelli sonori altissimi: il problema

di avere fenomeni non lineari nell’aria in cui devono vivere degli esseri viventi non si pone; esistono nella tecnologia moderna eventi in cui si ha a che fare con fenomeni di propagazione acustica fortemente non lineari (per esempio: scarico di un reattore, esplosione di una bomba atomica). Le onde che si propagano non si chiamano più onde acustiche ma onde d’urto, che non vengono studiate dall’acustica. La non linearità può presentarsi nei trasduttori, in particolare negli altoparlanti; essi sono dispositivi altamente non lineari: il segnale che esce dall’altoparlante è composto anche da distorsioni che non fanno parte del fenomeno della propagazione acustica, ma di fenomeni elettromagnetici: una volta che una certa legge del moto è stata prescritta all’aria dal cono che si muove dell’altoparlante, l’aria propaga questa legge del moto in maniera perfettamente lineare.

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Il concetto importante è comunque che se ad un sistema lineare applico in ingresso un’eccitazione che è un segnale armonico semplice, in uscita si può avere una variazione di ampiezza e velocità del segnale, ma non di frequenza. Mentre, se il sistema genera una risposta a frequenza diversa da quella dell’eccitazione, allora questo è sintomo di non linearità.

Definiamo le principali grandezze utilizzando le leggi del moto armonico:

SUONO PURO (detto anche tono puro) è una legge del moto rappresentata graficamente da un’unica sinusoide; per un suono puro le grandezze fondamentali che si definiscono sono • la frequenza f (numero di giri che fa il motore di quell’albero nell’unità di

tempo):

2πωf = [ Hz

s1

= (Hertz)] (6)

Figura 10 - Differenza tra i suoni generati da onde di uguale ampiezza,

ossia con la medesima intensità, e con frequenze che siano in rapporto di 2 a 1

• il periodo T (inverso della frequenza, è un’oscillazione completa che mi riporta

al punto di partenza ovvero il tempo necessario affinché il sistema completi un’oscillazione e si rimetti nella condizione da cui è partito):

ω2π

f1T == [s (secondo)] (5)

Quando un suono ha una forma d’onda caratterizzata da una legge che si ripete

sempre uguale a se stessa dopo un certo intervallo, si chiama un suono periodico. Dunque il suono puro è un suono periodico; eppure esistono suoni non puri che sono periodici (forma d’onda complicata come il dente di sega che viene ripetuta sempre uguale e dunque esiste un periodo di ripetizione). La periodicità non è garanzia di purezza:

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• l’ampiezza A (parlando di velocità, valore massimo che la forma d’onda assume).

Figura 11 – Ampiezza e volume L'ampiezza dell'onda è la proprietà fisica che determina il volume dei suoni.

Essa rappresenta lo spostamento massimo delle molecole d'aria che oscillano intorno alla posizione di equilibrio al passaggio della perturbazione acustica.

All'aumentare di questo spostamento aumenta la forza con cui le molecole colpiscono la membrana timpanica e, quindi, l'intensità del suono che

percepiamo. Le tre onde qui rappresentate sono caratterizzate dalla stessa frequenza: producono il suono della stessa nota, ma vengono udite a volume

diverso. Dunque la legge del moto delle particelle dell’aria può essere scritta come:

)sen(A)(X ωτ=τ (6)

)cos(u)cos(Au MAXx ωτ=ωτω= (7)

Il suono possa diffondersi, il mezzo attraverso cui viaggiano le onde sonore deve essere elastico, dunque ritornando al caso del pistone mobile, si può dire che la compressione dell’aria (essendo un mezzo elastico), dovuta all'avanzata del pistone, viaggia con velocità finita.

SUONO PURO SUONO PERIODICO

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Quindi ad un determinato istante di tempo e ad una opportuna distanza dal pistone, esisterà sempre uno strato di particelle rimaste ferme che costituisce una barriera all'avanzamento delle particelle perturbate dal moto del pistone. Si ha il cosiddetto fenomeno di confinamento inerziale il quale fa sì che, sebbene non vi sia una parete solida, il volume del gas diminuisca e che, di conseguenza, aumenti la pressione. Quando il pistone torna indietro, il volume e la pressione ritornano ai loro valori originari: anche la pressione segue il moto del pistone fluttuando nel tempo con legge sinusoidale.

costVp γ =⋅ (8)

0 1 2 3 4 50

0.5

1

1.5

2

2.5

3

Volume

Pre

ssio

ne

Figura 12 – Compressione del pistone e relativo grafico di oscillazione della pressione in funzione del volume

Il sistema , seguendo questa legge, oscillerà intorno al punto ( 00 V,p ) , cioè

intorno alla pressione atmosferica. Quando il suono si propaga, dobbiamo accettare il fatto che non c’è solo il moto della particella, ma questo moto è anche accompagnato da fluttuazioni della pressione in un punto; questo corrisponde, nel caso del pendolo, al fatto che l’energia si trasforma periodicamente da potenziale a cinetica e viceversa (il pendolo è un sistema conservativo).

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OEnergia cinetica massima Energia potenziale nulla

Energia cinetica nulla Energia potenziale massima

Figura 13 – Pendolo semplice

Anche nel campo acustico succede qualcosa del genere, ovvero, pur non

essendo un sistema conservativo (nel campo acustico l’energia entra da una parte ed esce dall’altra; ovvero dal punto di vista energetico è un sistema di trasporto di energia, e dunque aperto: c’è una fonte che produce energia e c’è un recettore che l’assorbe), nel corso della propagazione si ha un periodico travasarsi di energia tra la sua forma cinetica e la sua forma potenziale. Dalla legge del moto si nota che ci sono degli istanti in cui le particelle hanno velocità nulla; quando la velocità di una particella è nulla, è inevitabilmente nulla l’energia cinetica associata alla particella. Però il primo principio di conservazione dell’energia insegna che l’energia non si crea e distrugge, ma si trasforma, dunque in questa situazione essa è immagazzinata sotto forma di energia potenziale, ma non energia potenziale gravitazionale come nel caso del pendolo che oscilla; in tale istante le particelle dispongono di energia potenziale poiché si trovano momentaneamente ad una pressione diversa da quella atmosferica. Quindi così come oscilla la particella attorno alla sua posizione di equilibrio, così oscilla anche la pressione. Il contributo cinetico è fruibile fino a che la particella è in movimento; quando questa si ferma per un attimo primo di riportarsi nella posizione iniziale, l’energia immagazzinata diventa potenziale, presente nel campo sonoro appunto sotto forma di pressione.

Se vado a diagrammare l’andamento della pressione (pressione atmosferica in assenza della perturbazione causata dal campo acustico) nel tempo, avendo definito con p′ la pressione acustica, che non è la pressione totale nel punto, ma una pressione relativa poiché è la differenza tra la pressione istantanea )(p τ e la pressione atmosferica media )(p 0 101325Pa≈ nel punto considerato:

0p)(pp −τ=′ (9)

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pressione atmosfericapressione sonora

0 2 4 6 8 10 120

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5

5

0p

tempo τ

Figura 14 – Fluttuazione con legge sinusoidale della pressione attorno alla pressione atmosferica 0p

Quando due particelle si avvicinano localmente la pressione si innalza, mentre

quando due particelle rimbalzano lontano l’una dall’altra, il gas si dirada e la pressione scende al di sotto del valore della pressione atmosferica. Queste fluttuazioni di pressione sono piccole, poiché la pressione acustica è enormemente più piccola rispetto alla pressione atmosferica: una pressione acustica di 1 Pa ( MAXp′ ) equivale a un livello di pressione sonora pL di circa 91 dB (molto elevato e addirittura dannoso per l’organismo umano). Dunque la fluttuazione di pressione rispetto a 0p è trascurabile, perché è un valore centomila volte più piccolo del valore medio che ha la pressione atmosferica; stiamo quindi parlando di un fenomeno che implica un trasporto di informazione con una minima spesa dell’energia. Una tale legge del moto si propaga anche in istanti molto grandi con pochissima variazione: è vero che cambierà ampiezza, che ruoterà la fase, ma la forma d’onda viene trasportata priva di alterazioni a distanze anche notevoli e rimane perfettamente decifrabile il significato del suono. La capacità di trasportare informazione è grandissima in rapporto alla quantità di energia impiegata (solo recentemente se è riusciti a trasportare lo stesso livello di informazione – voce umana, parlando di telefonia cellulare – a distanze maggiori di quelle di cui è in grado di fare il campo acustico impegnando potenze confrontabili con queste). È un efficiente sistema di trasporto: con segnali dotati di pochissima energia si è in grado di trasportare un quantitativo di informazione notevole anche a grandi distanze.

La propagazione dell’onda sonora nel tubo avviene con progressivo ritardo di

fase perché l’onda impiega del tempo per propagarsi, con attenuazione pressoché nulla dell’ampiezza. Suppongo di avere un tubo anche molto lungo (distanze chilometriche); se introduco un segnale che dà luogo a una pressione di 1 Pa, al termine del tubo trovo un segnale con pressione di ancora 1 Pa. Il problema che pone un tale tipo di trasporto dell’informazione è la sua velocità, che non è né infinita né molto grande (gli aerei supersonici volano ad una velocità superiore: il

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suono che l’aereo vorrebbe buttare in avanti viaggia alla sua stessa velocità e quindi si ammucchia tutto sul muso dell’aereo; a forza di accumularsi può raggiungere livelli tali da diventare una vera e propria onda d’urto, spaccando in due l’aereo a causa dell’enorme sollecitazione a cui è sottoposto l’aereo – ma in questo caso si entra a che fare con l’acustica non lineare che è una scienza che ha più a che fare con la gas–dinamica che con l’acustica vera e propria).

La velocità con cui l’onda sonora si propaga dentro questo tubo si chiama 0c :

sm340≅0c (10)

Tale velocità non dipende dalla forma d’onda: tutti i suoni, a tutte le frequenze, ampiezze, viaggiano con la stessa velocità. Dunque la propagazione del suono oltre ad essere un fenomeno lineare è anche non dispersivo. Si chiamano invece dispersivi i fenomeni di propagazione che avvengono con velocità variabile, e che tendono a distruggere la forma d’onda del segnale tutte le volte che la stessa non è una sinusoide perfetta: se abbiamo due sinusoidi che viaggiano con velocità differenti, si combinano in maniera diversa rispetto a prima poiché una subisce un ritardo maggiore dell’altra.

È bene osservare che il moto delle particelle d’aria attorno alla loro posizione di equilibrio non ha niente a che vedere con il moto di propagazione dell’onda che si diffonde con un velocità c e che è indipendente dalla legge del moto; al contrario ogni suono ha una diversa legge del moto e dunque cambia la velocità delle particelle (u). Nel momento in cui la particella d’aria oscilla, l’energia dell’onda è già passata, dunque si può dire che la velocità del movimento è diversa dalla velocità di movimento.

L’espressione matematica corretta è facilmente ricavabile dalle equazioni che descrivono la pressione in campo sonoro sono quelle dei gas perfetti, già incontrate nella termodinamica,:

mRTVp =⋅ γγ ⋅=⋅ 00 VpVp (11)

dove =γ rapporto tra calore specifico a pressione costante e calore specifico a volume costante =00Vp punto di equilibrio intorno a cui avviene la fluttuazione.

Ricordando che la densità è il reciproco del volume specifico (V1

=ρ ) posso

scrivere la legge dei gas perfetti come: γ−γ− ρ=ρ 00pp

Quindi la pressione in funzione della densità risulta essere:

γ−γ ρρ= 00pp La pressione non cresce linearmente con la densità ma esponenzialmente, cioè

con la densità elevata alla γ . Si può calcolare la pendenza di questa curva tramite la sua derivata e nell’ipotesi di piccoli spostamenti valutarla nel punto di equilibrio che si riferisce, in tal caso, alla pressione atmosferica 0p ; si ottiene così:

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In particolare un’analisi dimensionale della derivata fa scoprire che questa ha le

dimensioni di una velocità al quadrato, infatti il rapporto ρp dimensionalmente

corrisponde a 2

2

sm ; quindi questa velocità , che non è quella delle particelle, ma

bensì quella di propagazione dell’onda sonora nel mezzo è pari a:

0

0

ργp

c = (12)

ma, per l’equazione dei gas perfetti: TRp

0

0 ⋅=ρ

,

dunque tale relazione viene scritta come:

RTc γ= (13)

il che conferma quanto supposto precedentemente cioè che la velocità di propagazione dipende dal mezzo e non dalla ampiezza o dalla frequenza.

Questa relazione mi dà una dipendenza dalla temperatura: a bassa temperatura la velocità del suono nell’aria è bassa e cresce all’aumentare della temperatura. La velocità del suono è stata misurata con il famoso esperimento delle cannonate: prima il lampo prodotto dalla combustione della polvere, dopo il boato; misurando il tempo di ritardo tra lampo e boato a varie distanze dal cannone.

Questa significativa proporzionalità tra la velocità del suono e la temperatura

rende possibile la cosiddetta termometria acustica. Uno degli impieghi di questa branca dell’acustica è la determinazione della temperatura in ambienti difficilmente accessibili anche dalle sonde di misurazione. Per la misurazione della temperatura in tali ambienti, le fornaci ad esempio, si dispongono due microfoni che distanziati tra loro e rilevano la presenza in un certo istante di un’onda acustica; conoscendo quindi la distanza d tra i due microfoni e il tempo τ∆ che l’onda ha ritardato su un

microfono è possibile , tramite la formula τ∆

=dc , determinare la velocità e quindi

tramite la relazione precedente ( RTc γ= ) risalire alla temperatura Nei liquidi la relazione:

0

cρβ

γ= (14)

dove costTV

pVβ=∂

∂−= è chiamato modulo di compressibilità isoterma e

00

0

)1(

0pp

ppp

0ργ

ργ=

ρ∂∂

γ

−γ

=

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rappresenta la attitudine di un liquido a crescere di pressione per una certa variazione di volume; mentre nei solidi:

0

Ecρ

= (15)

dove E è chiamato modulo elastico di compressione. Essendo i liquidi solitamente poco comprimibili, la velocità del suono in un

mezzo di questo tipo è spesso abbastanza elevata. Questa è anche la causa delle diffusissima incapacità di determinare la provenienza di un suono quando siamo in immersione; infatti la determinazione della provenienza di una suono è principalmente basata sul tempo di ritardo che l’onda acustica accumula nel raggiungere l’orecchio più lontano dalla sorgente sonora. Nel corpo umano le orecchie sono distanziate circa di 170 mm; in aria la velocità del suono è di circa

340 sm quindi un segnale direzionato lateralmente impiega un 1 ms in più per

raggiungere l’orecchio più lontano dalla sorgente sonora rispetto a quanto impieghi a raggiungere quello più vicino. Il tempo di ritardo aiuta quindi il cervello evolutivamente addestrato a riconoscere la provenienza dell’onda acustica. Il nostro sistema uditivo è infatti "calibrato" per percepire suoni provenienti dall'aria: in base al ritardo che impiega un suono a giungere alle nostre orecchie (IDT, interaural delay time o ILD, interaural level difference per le alte frequenze), capiamo da dove arriva.

In acqua però la velocità di propagazione quintuplica e quindi il tempo di ritardo è cinque volte più piccolo rispetto a quello che siamo abituati a registrare. Questo provoca un disorientamento del cervello che quindi lo ritiene provenire sempre dalla stessa direzione cioè quella frontale.

Mezzo Velocità del suono [ sm ] Rame 3650 Argento 5100 Nickel 4970 Oro 2000 Platino 2650 Stagno 2500 Ottone 3500 Alluminio 5100 Acciaio 5060 Quarzo 5486 Piombo 1230 Ferro 5130 Ardesia 4500 Vetro 4000-5500 Marmo 3810 Mattone 3650 Sughero 500 Granito (a 293 K) 6000 Avorio 3010

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Gomma vulcanizzata 54 Acqua (a 297 K) 1430 Legno di pino 3313 Legno di quercia 3837 Legno di olmo 4108 Legno di abete 4640 Legno di acero 4110 Legno di frassino 4670 Legno di pioppo 4280 Alcol 1240 Benzina 1166 Aria (a 273 K) 330 Ossigeno 317 Azoto (a 300 K e 1 BAR) 355 Azoto (a 300 K e 100 BAR) 379 Mercurio 1451 Glicerina 1895 Idrogeno (a 273 K) 1286 Freon 156 Elio 600

Tabella 1 – La tabella riporta alcune velocità di propagazione del suono

caratteristiche degli elementi citati .

Osserviamo che l’azoto non può essere considerato un gas perfetto perché la velocità del suono varia con la pressione. E' importante osservare che, oltre all'alta velocità dell’onda sonora, l’acqua possiede un bassissimo coefficiente di perdita: il suono infatti può percorrere in acqua anche centinaia di chilometri prima di perdere ampiezza.

Considerando l'esempio del pistone e il concetto di mezzo elastico e massivo,

andando a osservare l'andamento del moto da un punto distante nx dallo stantuffo, si nota che lo strato di particelle aderenti al pistone agisce elasticamente trasmettendo la spinta al secondo strato dopo un certo istante di tempo; quindi l'onda sonora non si propaga a velocità infinita, ma con la velocità c che è stata definita prima. La velocità della generica particella ( che, è importante ripeterlo, non è la velocità dell'onda ) presente nel tubo in corrispondenza dell'ascissa nx è ricavabile tramite una traslazione nel tempo della legge vista in precedenza:

)]c

x([sinA)x,(X n

n −τω⋅=τ (16)

La traslazione c

xn non è altro che il tempo necessario per percorrere la distanza nx .

Dire che il suono viaggia con questa velocità vuol dire che se impongo una certa

legge del moto al pistone, trascorso un certo tempo, troverò questa legge del moto identica in un punto dello spazio che sta più a destra. Quindi conoscere la velocità del suono significa legare la legge del moto espressa come velocità nel tempo con la

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legge del moto espressa come velocità nello spazio: se ho una situazione in un certo istante 0τ , trascorso un intervallo di tempo τ∆ , la ritroverò invariata; Dunque il concetto di velocità del suono non ha senso applicato al concetto di suono puro: una sinusoide è sempre uguale a sé stessa e dunque non mi accorgo dell’importanza del concetto di velocità del suono.

Il ritardo applicato nel caso di un segnale acustico è un fattore spesso trascurabile, e si può dimostrare attraverso un esempio pratico: consideriamo un’aula universitaria lunga 13 metri ed una persona che parla dal fondo della stanza; la sua voce giungerà all’ascoltatore con un ritardo di:

s0382,034013t1 ≅=

Come si vede benissimo, anche attraverso le normali esperienze, questo tempo non è tale da far sembrare il suono ed il movimento delle labbra fuori sincronia, ma ponendoci in un contesto di distanza molto più alta, e contando sul fatto che normalmente un uomo parlando pronuncia 3 sillabe al secondo, in una distanza dieci volte più ampia della precedente ( 130 m ) notiamo un ritardo di :

s382,0340130t 2 ≅=

e quindi uno sfasamento di circa una sillaba. In realtà il valore qui sopra ricavato si riferisce al ritardo della sola onda sonora diretta e non a quello degli innumerevoli effetti di riflessione e riverberazione presenti negli ambienti chiusi, che in generale possiedono un ritardo maggiore rispetto all'onda diretta. La voce della persona arriverebbe quindi all'orecchio dell'ascoltatore con una sorta di coda sonora derivante dalla somma di tali effetti:

Am

piez

za

Tempo

Figura 15 – Coda del tempo

Il trasporto del suono presenta dunque questo enorme problema della lentezza:

il segnale di partenza di una gara d’atletica si traduce in una certa legge del moto e viene udito a 340 metri un secondo dopo; il direttore di un’orchestra batte il tempo agli orchestrali muovendo una bacchetta; essi si sentono perfettamente a tempo perché la luce ha velocità elevata e lo strumento che percuotono è vicino a loro e non c’è ritardo da propagazione; ma il suono prodotto dagli orchestrali impiega del tempo a raggiungere il direttore, per cui non lo sentirà sincrono al suo battito.

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Diventa dunque complesso riuscire a tenere assieme l’orchestra; a questo scopo si ricorre a sistemi elettronici che captino i suoni vicino agli orchestrali e li portino tutti con tempi molto ridotti al direttore e agli altri componenti. Il problema del transitorio invece ha scarsissima rilevanza nella termodinamica; mentre nell’acustica siamo sempre in regime transitorio perché il regime stazionario non fa quasi mai in tempo a stabilirsi: prima che il sistema raggiunga la situazione di regime, l’emissione del suono è già terminata.

L’ultimo concetto che dobbiamo chiarire riguardo alle leggi del moto

sinusoidale è la lunghezza d’onda: se potessi fare una fotografia in un certo istante di come varia la velocità nei vari punti all’interno del condotto, vedrei che qui sarei nel punto di spostamento nullo (minimo) e velocità massima; dunque se diagrammo la velocità lungo l’asse x, man mano che vado avanti trovo dei valori che stavano prima nel tempo perché vedrò in punti dello spazio più a destra punti del tempo più a sinistra; muovendomi verso destra vedo il passato, ossia quello che è successo prima. A una certa distanza vedrò un valore di velocità nullo che corrisponde a quello che era accaduto ¼ di periodo prima di tale istante. Questo diagramma mi rappresenta dunque l’andamento della forma d’onda nello spazio, non nel tempo: nello spazio vedo un periodo di oscillazione completa pari alla lunghezza d’onda del suono, legata alla frequenza e alla velocità del suono dalla relazione:

Dunque dopo la distanza λ vedo quello che è accaduto T secondi prima, ovvero il suono nel tempo T ha percorso λ lambda metri che è c volte il tempo stesso; la lunghezza d’onda è proporzionale al periodo e inversamente proporzionale alla frequenza:

Tcfcλ ⋅== (17)

Figura 16 – Onda trasversale

La velocità del suono è praticamente una costante (dipende dalla temperatura),

quindi le lunghezze d’onda del suono variano molto perché variano molto le frequenze che siamo in grado di udire: il nostro apparato uditivo può percepire frequenze comprese tra 20 e 20.000 Hz (col passare degli anni il campo delle frequenze superiori va a perdersi), ovvero c’è un fattore 1000 tra la frequenza più bassa udibile e quella più alta, e conseguentemente c’è un’enorme differenza tra le lunghezze d’onda più basse e quelle più alte.

Un altro passaggio fondamentale da capire è il legame tra frequenza e lunghezza d’onda, perché l’interazione del suono con gli oggetti è diverso nel caso che l’oggetto sia molto grande o confrontabile o molto piccolo rispetto alla lunghezza d’onda. Nel campo della luce visibile ad esempio, le lunghezze d’onda variano tra 0.4 e 0.7 nano metri e dunque in un intervallo strettissimo in confronto all’intervallo acustico perché il rapporto tra la lunghezza d’onda massima e la

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lunghezza d’onda minima è circa ½. Calcoliamo i corrispondenti valori di lunghezza d’onda per avere qualche riferimento numerico:

Quindi la lunghezza d’onda è enorme e qualunque oggetto risulta confrontabile o piccolo rispetto a λ :

• 17m20

340fcλ1 === ;

• 0.34m1000340

fcλ 2 === :

la parete del cubo è diventata una superficie speculare per un suono con quella frequenza, perché è enormemente più grande della lunghezza d’onda;

• 0.017m20000

340fcλ 3 === :

a questa frequenza, la lunghezza d’onda comincia ad essere confrontabile con le asperità della parete, che dunque non si comporta più come un riflettore speculare, ma diventa una superficie scabra dove i fronti d’onda si dividono in tanti altri fronti d’onda che si dipartono in direzioni diverse.

sorgente

1 m

Figura 17 – Cubo investito da un’onda sonora

Dunque una stessa superficie può essere: a bassa frequenza inesistente perché il

suono le gira attorno rimanendo inalterato, a media frequenza speculare, ad alta frequenza diffondente.

Il suono è sempre nella stessa natura, il fenomeno fisico non è cambiato, ma cambia la lunghezza d’onda; dunque è difficile realizzare un trasduttore che funzioni ugualmente bene a bassa e ad alta frequenza: a bassa frequenza, in un altoparlante ho bisogno di coni grandi perché devono essere proporzionati alla lunghezza d’onda che devono produrre, ma aumentando la frequenza, non ho più bisogno di superficie enormi per produrre il suono, anzi è un male perché non riesco più a controllare le emissioni; ecco l’impossibilità di utilizzare un unico altoparlante e l’utilità di avere due altoparlanti, uno per le alte e uno per le basse, o addirittura anche tre (uno per i medi), per potere far fronte a questo enorme span di lunghezze d’onda.

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Andiamo avanti con le definizioni: abbiamo visto che nel campo acustico le grandezze fisiche che intervengono sono due: una di tipo cinematico, ovvero la velocità delle particelle e la fluttuazione di pressione; vediamo come queste due grandezze interagiscono fra di loro. Ci sono due modi primari in cui fare interagire pressione e velocità delle particelle:

• Rapporto fra pressione e velocità:

Mi posiziono in un punto del tubo monodimensionale e misuro una certa p e u; mi porto in un altro punto muovendomi verso l’asse x e avrò un diverso valore di p e v (dunque ),x(pp τ= e ),x(uu τ= sono funzioni sia dello spazio che del tempo).

0 dx

)(uu)(pp

τ=τ=

),x(uu),x(pp

τ=τ=

Figura 18 Il legame tra la funzione di x e la funzione del tempo è dato dalla velocità, ma

questo è vero sono nel caso di propagazione intubata, perché sappiamo che qui il segnale rimane uguale a se stesso e che mi basta muovermi di uno spazio pari alla lunghezza d’onda per ritrovare lo stesso segnale (è un caso particolare di propagazione). Questo porta a rendere la funzione non più funzione di due variabili indipendenti x e t, ma di una variabile unica:

x)c,τ0p()p(x,τ ⋅−= . (18)

Negli altri casi di propagazione non è più vero: in qualunque punto di questa

stanza si stabilisce una pressione e una velocità che sono funzione del tempo (perché non sto emettendo sempre gli stessi suoni e quindi in ogni istante il segnale è diverso) e dello spazio (perché dipende dalla distanza dalla sorgente e dunque dall’ampiezza del segnale che raggiunge il ricevitore).

In generale in ogni punto le due grandezze pressione e velocità subiscono

fenomeni simili: se cala l’ampiezza in termini di velocità, cala normalmente anche l’ampiezza in termini di pressione, quindi le grandezze sono strettamente correlate.

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Questo può essere visto facendo il rapporto tra le due: se in qualunque punto e in qualunque istante vado a fare:

upZ r= , (19)

definisco la grandezza impedenza acustica che è il rapporto tra la pressione e la velocità delle particelle. • 1° Problema: la velocità è un vettore, la pressione è uno scalare, dunque prendo

il modulo del vettore, senza preoccuparci di come è orientato nello spazio perché l’impedenza è uno scalare.

• 2° Problema: pur restando nel campo dei segnali sinusoidali, non è detto che

pressione e velocità siano in fase; in generale vedo su un oscilloscopio a due canali logici uno con u e l’altro con p, trovo due sinusoidi che non hanno lo stesso punto d’origine, ma sono sfasate (parallelismo tra corrente e tensione in un circuito elettrico alimentato con un generatore di tensione alternata). I casi in cui p e v sono in fase rappresentano un’eccezione rarissima: questo vuol dire che normalmente l’impedenza acustica è una grandezza complessa perché è il rapporto di due grandezze sfasate.

Figura 19 – Oscilloscopio: è uno strumento capace di analizzare qualunque tipo di segnale elettrico visualizzandolo sullo schermo fluorescente di un tubo

a raggi catodici. Si possono determinare così la forma, la dipendenza dal tempo e l'ampiezza di un segnale, come pure confrontare più segnali

contemporaneamente.

È un concetto delicato: lo si fa per analogia molto stretta con lo studio delle correnti elettriche nei conduttori, ma diventa invece ora molto difficile da vedere a livello di comprensione fisica. Infatti l’impedenza acustica è una grandezza complessa sebbene sia il rapporto di due grandezze che non sono affatto complesse (p e v sono grandezze assolutamente reali): è un fatto abbastanza asimmetrico; tutto discende da una convenzione di coerenza della scelta dell’asse dei tempi tra grandezze di tipo pressione, velocità, poiché il fatto di avere un’origine dei tempi comune porta a definire una fase ϕ che governa questo fenomeno. Se prendo la pressione come riferimento, ho la seguente legge sinusoidale:

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)sen(pp MAX ωτ= ; (20) se voglio ora esprimere la velocità anch’essa con una legge sinusoidale, avrò che:

)sen(uu MAXx ϕ−ωτ= , (21)

ovvero deve trascorrere un tempo di ritardo positivo ωϕ

=τ dato che l’asse delle

ascisse è un tempo; ovvero ho dovuto aspettare un certo tempo per trovare un segnale di velocità identico al segnale di pressione (naturalmente i valori di ampiezza saranno diversi); in una situazione di questo tipo l’impedenza vale:

ϕ⋅= j

MAX

MAX eupZ ; (22)

il modulo è il rapporto fra i moduli e la fase è ϕ (usando la notazione di Eulero, che sta alla base del calcolo con grandezze complesse che si usa sia in elettrotecnica che in acustica: ϕ+ϕ=ϕ senjcose j ).

pressione - potenzialevelocità - corrente

0 2 4 6 8 10 12 14 16-1.5

-1

-0.5

0

0.5

1

1.5

tempo

Figura 20

Dunque, in generale l’impedenza intesa come grandezza complessa è costituita da un’impedenza reale ReZ e da una impedenza immaginaria ImZ :

ϕ⋅=+= jImRe eZjZZZ , (23)

dove 22ImRe ZZZ +=

Re

Im

ZZartg=ϕ

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Ricapitolando: abbiamo due grandezze fisiche (pressione e velocità), in generale anche nel caso più semplice di moto armonico (quindi di tono puro), troveremo in ciascun punto dello spazio e in ciascun istante che due segnali pur essendo due sinusoidi, non sono in fase fra loro, ma c’è un certo sfasamento; quando faccio il rapporto di queste due grandezze, trovo una grandezza con modulo pari al rapporto dei moduli e una fase pari alla differenza tra le fasi della velocità e della pressione.

Nota:

φ

φ=

φ=

baarctg

baarctg

2

2

aa

bb

La funzione arctg è definita per valori di °<<°− 9090 φ , mentre la funzione

2arctg per °<<°− 180180 φ ; per esempio prendo un certo angolo che può assumere i valori su tutto l’angolo giro; se φ cade nel secondo e terzo quadrante, ovvero per valori di φ maggiori di più o meno 90°, la funzione arctg classica specularizza quell’angolo nel primo o secondo quadrante, mentre l’ 2arctg lo riporta correttamente a tutto l’angolo giro. Questo è utile quando lo sfasamento tra pressione e velocità è tale da finire nel secondo e terzo quadrante e dunque utilizzare l’ 2arctg mi permette di non perdere informazione sull’angolo.

• Prodotto tra pressione e velocità:

Torniamo al nostro pistone che spinge l’aria con la sua legge del moto; considero il caso particolarmente semplice di segnali sinusoidali e suppongo che sulla pelle del pistone pressione e velocità siano in fase fra loro: se impongo una velocità al pistone, il sistema reagisce con una proporzionale pressione.

Calcolo l’energia sonora E [J(Joule)] che sto cedendo al campo acustico:

AXpE ⋅⋅= (24) dove A = area del pistone p = pressione X = spostamento; e la potenza acustica [W(Watt)]:

AupP x ⋅⋅= . (25)

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Dunque una sorgente sonora è caratterizzata dall’energia sonora che è in grado

di irradiare nell’unità di tempo, altrimenti detta potenza acustica e che rappresenta una parte molto piccola della potenza globale posseduta, normalmente meccanica e termica.

Nel caso di una sorgente di ridotte dimensioni (puntiforme) ed omnidirezionale (sorgente che emette in tutte le direzioni) posta in un mezzo (aria) isotropo, che presenta cioè la stessa resistenza in ogni punto, l’energia si irradia nello spazio circostante in modo uniforme al variare della direzione; si avrà quindi una propagazione (campo acustico attivo) per onde sferiche. Misurando la variazione della pressione atmosferica causata dalla “perturbazione”, si noterà che essa diminuisce di ampiezza man mano che ci si allontana dalla sorgente perché l’energia si distribuisce su una superficie sempre maggiore (fronte d’onda) di emissione.

In una posizione qualsiasi dello spazio si può allora descrivere il campo acustico con una grandezza caratterizzata da direzione, verso ed ampiezza (vettore), che rappresenti la quantità di energia che fluisce attraverso l’unità di superficie. Questa caratteristica è detta intensità del campo acustico ed è una grandezza estremamente importante, anche se quella che viene più comunemente misurata in acustica è la pressione acustica (misura fonometrica) in quanto la variazione di pressione atmosferica è una quantità relativamente semplice da rilevare.

Figura 21 – Intensità di una sorgente sonora attraverso una superficie

Formalmente si definisce il vettore intensità sonora o acustica I

r come il

prodotto della variazione di pressione p per la velocità di oscillazione u delle particelle costituenti un ipotetico elemento d’aria:

uPI rr⋅= (26)

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upAPI rr

⋅== (27)

(essendo una potenza acustica su superficie, è misurata in [ 2mW ]).

Nel caso più generico di forme d’onda non perfettamente sinusoidali e non in fase, il concetto rimane vero localmente, ovvero istante per istante il prodotto tra il valore istantaneo della pressione e della velocità produce la cosiddetta intensità istantanea i, che può assumere valori alternativamente positivi o negativi:

)(u)(p)(i τ⋅τ=τ (28)

Nel caso delle due sinusoidi sfasate (un caso ancora relativamente semplice),

l’intensità istantanea oscilla con frequenza doppia dei segnali di partenza.

0 2 4 6 8 10 12 14 16-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1p(τ)

u(τ)i(τ)

ϕ

Figura 22

In presenza di segnali complessi con più sinusoidi sovrapposte l’intensità

istantanea assume valori senza senso; tuttavia, se faccio una media nel tempo dell’intensità istantanea ritrovo comunque l’intensità media mI , che mantiene un significato fisico importante:

τ= ∫ d)i( τT1I

T

0m (29)

mi dice, integrando sul tempo T (che nel caso di segnali periodici coincide con

il periodo, mentre se il segnale è aperiodico rappresenta il tempo di vita dell’oscillazione). Ottengo dunque un’informazione energetica che ha un significato: è l’energia che si è trasferita attraverso il mio sistema; stiamo parlando di un sistema di propagazione che trasporta energia e dunque c’è un flusso di energia che attraversa il tubo (anche se localmente tale flusso può oscillare in

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maniera bizzarra). Lasciando esaurire l’oscillazione trovo un trasferimento di energia netto che è passato lungo il tubo: non si tratta di un sistema conservativo in cui l’energia è intrappolata in un canale, ma è un sistema che travasa energia: entra energia a sinistra ed esce a destra come un conduttore elettrico (il paragone continua: il tubo assomiglia a un filo percorso da corrente elettrica alternata che porta un segnale elettrico e dunque potenza elettrica, ma questo è un caso particolare perché c’è una sola eccitazione elettrica di tipo sinusoidale, non vi sono forme d’onda strane o fenomeni complessi di più frequenze – le correnti elettriche nei circuiti viaggiano a 50 Hz e basta). Nel caso delle correnti elettriche questo integrale si risolve dando il risultato noto:

ϕcosupI mmm ⋅= (30)

dove =mp pressione media

=mu velocità media

=ϕ angolo di sfasamento

e può essere applicato al caso acustico supponendo però di avere una sola frequenza in una guida d’onda che trasmette il segnale senza dispersione di energia (assenza di fenomeni di attenuazione). Il caso limite si ha quando lo sfasamento è di 90°, perché in questa situazione non c’è più trasporto di energia: l’energia oscilla avanti e indietro, ma le aree positive pareggiano le aree negative e quindi siamo in presenza di un’onda stazionaria, ovvero di un sistema che sta oscillando senza più trasportare energia.

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1p(τ)

u(τ)

i(τ)

ϕ

Figura 24

La relazione tra potenza e intensità è insita nella definizione di quest’ultima:

“potenza su unità di superficie”; è quindi possibile determinare la potenza emessa da una o più sorgenti poste all’interno di una superficie chiusa, integrando nello spazio l’intensità misurata sulla superficie:

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∫ ⋅=S

sdIP rr (31)

Mentre la relazione potenza – intensità è valida in qualsiasi tipo di campo acustico, non è invece derivabile un’espressione diretta che leghi potenza – potenza salvo che per il caso del “campo libero”. Per capirne la problematica si deve prestare attenzione al fatto che mentre l’intensità rappresenta molto semplicemente la potenza acustica di una sorgente distribuita sulla superficie di emissione, la pressione è una conseguenza di un fenomeno vibrazionale e dipende dalla potenza acustica della sorgente, dalla direzionalità dell’emissione, dall’ambiente circostante, e varie altre situazioni al contorno.

L’analogia del “discorso acustico” potrebbe essere fatta con quello termico: una stufa elettrica è una sorgente di potenza termica in grado di riscaldare un ambiente, ed il “grado” di riscaldamento viene misurato con una misura di temperatura; la stessa stufa posta in un altro ambiente mantiene la stessa potenza termica, ma la temperatura di quest’altro ambiente non sarà necessariamente la stessa del precedente, in quanto intervengono fattori come il volume dell’ambiente e il grado di isolamento termico delle pareti. La misura della temperatura è infatti corrispondente alla misura di pressione acustica: essa dipende dal volume dell’ambiente e dalle caratteristiche fonoassorbenti delle pareti che lo delimitano.

La relazione precedente rimane valida anche se la sorgente che irradia energia acustica, posta all’interno della superficie, non ha un’emissione isotropica (omnidirezionale), come anche nel caso in cui la superficie di misura non ha una forma regolare. Nel caso semplice di una emissione per onde sferiche, si ricava l’intensità della potenza attraverso la superficie di emissione:

2r4PIπ

= , (32)

che permette di comprendere come l’intensità sonora di una sorgente non sia costante ma vari a seconda della distanza da quest’ultima, in virtù della dipendenza da r. La determinazione della potenza acustica richiede il calcolo dell’integrale di superficie della componente dell’intensità perpendicolare ad una superficie di misura racchiudente la sorgente: ∫ ⋅=

S

sdIPrr

. L’accuratezza di questo tipo di misura è

limitata da tre fattori: • l’accuratezza della stima della componente normale di intensità; • la precisione dell’integrazione; • la stazionarietà della sorgente e del rumore di fondo durante la misura. La precisione nella misura della componente del vettore intensità è limitata da due tipi di errore: quello sistematico e quello casuale. Gli errori casuali possono essere eliminati usando un tempo di mediazione sufficientemente lungo. Nell’intervallo utile di frequenze di un analizzatore di intensità, caratterizzato da buone proprietà direzionali, gli errori sistematici sono predominanti a causa di disaccoppiamenti di fase tra i canali di misura.

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Lezione del 12 novembre 2001 – ore 14.30-16.30

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La precisione dell’integrazione dipende dalla complessità del campo sonoro sulla superficie di misura, dalle dimensioni dei segmenti e dal tipo di tecnica usata per stimare la componente normale di intensità associata ad ogni segmento.

Le due tecniche di misura più usate sono in genere quella a punti (definita dalla normativa ISO 9614) e quella a scansione, quest’ultima generalmente più rapida e più pratica.

La misura a scansione si effettua con un tempo di media sufficientemente lungo per poter eseguire una scansione completa dell’elemento di superficie, come se si dovesse verniciarlo con un pennello. Quello che si ottiene è un singolo valore medio dell’intensità nello spazio che, moltiplicato per l’area della superficie, dà il valore della potenza acustica attraverso l’area dell’elemento considerato; sommando poi i valori di ogni singola superficie si ottiene la potenza acustica totale. Se la sonda è usata a mano, essa richiede un operatore esperto e deve essere mossa a velocità costante. Con la tecnica a scansione non è possibile riportare esattamente che cosa è stato fatto nella misura e vengono perse le informazioni dettagliate riguardo al campo sonoro sulla superficie di misura, anche se è spesso più precisa da un punto di vista matematico perché si avvicina di più all’integrale continuo nello spazio.

La tecnica per punti richiede in genere un tempo più lungo, ma è possibile un’esatta descrizione della procedura usata e la misura dei valori in ogni posizione rende possibile una stima della precisione; per questo motivo le attuali stesure di normative ISO in materia permettono solo quest’ultimo tipo di misura.

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Mirco Maccari – matr. 131232 – Lezione del 12/11/01 – ora 14:30-16:30

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Introduzione Il suono Leggi del moto Pressione e velocità: analogia col pendolo semplice Parametri acustici

Lunghezza d'onda Funzione d'onda sonora Impedenza acustica Parametri acustici di tipo energetico

Introduzione L'acustica è la scienza teorica e sperimentale del suono; comprende lo studio di

tutti i fenomeni relativi alla produzione, alla propagazione e alla rivelazione delle onde elastiche nei mezzi solidi, liquidi e gassosi, in particolare di quelle sonore; stabilisce le leggi di vibrazione dei corpi e spiega le sensazioni acustiche fornite sia dai suoni musicali che dai rumori.

Il suono Il fenomeno del suono è tra quelli più vicini alla nostra esperienza sensoriale

diretta. Una definizione approssimativa di suono può essere quella di rapida variazione di pressione prodotta in un mezzo elastico dalla vibrazione di un corpo materiale (detta sorgente sonora), che risulti percepibile attraverso gli organi dell'udito umano. Essa è inoltre una forma di trasporto di energia meccanica che avviene senza trasporto di materia. Tale trasporto per potersi compiere necessita di un mezzo, il quale deve essere dotato di massa ed elasticità, come ad esempio l'aria.

Un esperimento che si può fare per dimostrare la necessità del mezzo nella propagazione del suono è quello della campanella posta sotto una campana di vetro nella quale togliamo l'aria progressivamente tramite una pompa da vuoto. Il suono inizialmente squillante della campanella si affievolisce fino a scomparire.

Figura 1 Esperimento della campanella; una volta spinto il vuoto tramite

una pompa, cioè privata l'onda acustica del mezzo, si annulla la propagazione dell'onda sonora.

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Approssimando l'aria come un gas perfetto, quando un certo numero di particelle

in una certa regione dello spazio subisce una perturbazione dovuta alla vibrazione di un corpo elastico si ha un moto d'assieme del fluido causato dagli urti di tali particelle che si trasmettono.

Il modello fisico che meglio spiega il comportamento del mezzo aria in queste condizioni di perturbazione è quello di una successione di volumi dotati di massa e di molle connesse tra loro. Se io perturbo la quiete di uno di questi volumi questo inizierà ad oscillare attorno alla sua posizione di equilibrio caricando e scaricando le molle che lo connettono alle masse adiacenti che, a loro volta, cominceranno ad oscillare.

^^^^^^^^^^ ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

0X

Figura 2 La figura rappresenta in modo intuitivo il mezzo elastico massivo

di cui necessita l'onda sonora per propagarsi. Il comportamento dei volumi collegati tramite molle una volta sottoposti ad una perturbazione dal proprio stato di equilibrio è analogo a quello delle particelle d'aria sottoposte ad una perturbazione di tipo acustico.

Studiando più specificatamente la legge del moto di tali particelle si nota che per ognuna di esse si può definire un vettore spostamento, un vettore velocità e un vettore accelerazione. Anche se può apparire macroscopicamente che il suono abbia un moto uniforme nella direzione Sorgente - Ascoltatore, microscopicamente la legge del moto è di tipo oscillatorio. Come si può notare facilmente nel modello dei volumi collegati con molle è la perturbazione che si muove con moto uniforme, mentre le singole masse si muovono oscillando attorno alla propria posizione di equilibrio.

Per meglio comprendere il meccanismo della propagazione nel mezzo si può fare riferimento alla classica esperienza del cilindro (contenente aria) con un pistone posto ad una estremità a sua volta collegato tramite una biella ad un albero rotante.

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Figura 3 Cilindro con pistone collegato ad un albero motore tramite una

biella. Disassamento della biella dal centro dell'albero motore è pari a R. L'aria è un mezzo elastico cosicché, muovendo in avanti il pistone per un piccolo

tratto, se ne comprime l'elemento a diretto contatto con la superficie del pistone e quindi si provoca un aumento locale di pressione. Arrestando il movimento del pistone l'elasticità dell'aria provoca allora una espansione nella direzione di allontanamento dall'origine O. (vedi fig.3)

Figura 4 Cilindro di lunghezza infinita contenente un mezzo elastico.

Le molecole che costituiscono l'elemento d'aria in pressione spingono allora quelle costituenti l'elemento adiacente comprimendolo; in questo modo per spinte successive ha luogo la propagazione, lungo il condotto. L'orecchio umano è lo strumento in grado di farci percepire le variazioni di pressione come fenomeni acustici.

Leggi del moto Ritornando all'esperimento se l'albero motore ruota con una velocità angolare ω

e il disassamento delle biella dal centro del cerchio è pari a R, le oscillazioni dello stantuffo e delle particelle d'aria che "appoggiano" contro lo stantuffo stesso, seguono la legge di moto armonico:

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)()( ωττ RsinX = (1)

Figura 5 Andamento dell'ampiezza dell'oscillazione sinusoidale al variare del tempo. Il grafico è relativo alla formula assumendo come costanti R=1m, T=2s.

Con semplici operazioni di derivazione rispetto alla variabile tempo, possiamo

ricavare l'andamento della velocità e dell'accelerazione.

)2

()cos()( πωτωωτωωττ

−=== sinRRRsinddV (2)

)()()( 222

2

πωτωωτωωττ

−=−== sinRsinRRsinddA (3)

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Figura 6 Andamento della velocità e della accelerazione in funzione del

tempo. Nel grafico della velocità le costanti assunte sono R=1m, T=2s. Nel grafico dell'accelerazione le costanti assunte sono invece R=0.5m, T=2s.

Non è vero, però che tali leggi del moto valgano ovunque per tutte le particelle

d'aria contenute nel cilindro. A causa di fenomeni di attrito e altri fenomeni dissipativi l'ampiezza e la fase di tali oscillazioni varia in funzione della distanza della molecola che stiamo studiando rispetto il pistone. Non varia però la frequenza di oscillazione. Si può infatti classificazione i sistemi acustici nella famiglia dei sistemi lineari. Un sistema si dice lineare se ad esso è applicabile il principio di sovrapposizione degli effetti. In ambito acustico, ciò vuol dire che se noi applichiamo ad un sistema una eccitazione che è combinazione lineare di frequenze singole, in uscita da tale sistema abbiamo una risposta che è combinazione lineare delle risposte delle singole componenti frequenziali. Si può dimostrare che se noi applichiamo un impulso sonoro contenente una unica frequenza, in uscita, può cambiare ampiezza e fase di tale impulso ma frequenza rimane la stessa dell'eccitazione.

Pressione e velocità: analogia col pendolo semplice. Per capire la relazione tra velocità e pressione si deve pensare all'analogia col

caso fisico del pendolo. Nel pendolo la massa in oscillazione trova lungo il suo percorso, punti nei quali quando la sua energia cinetica è massima, l'energia potenziale è nulla e quando è massima l'energia potenziale la velocità è nulla. In assenza di attriti o altre perturbazioni esterne il pendolo presenta una oscillazione senza fine. Per il principio di conservazione dell'energia si spiega anche la continua conversione da energia cinetica a potenziale e viceversa negli spostamenti del pendolo.

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Figura 7 Pendolo semplice, descrizione qualitativa dell'andamento

dell'energia cinetica ed energia potenziale della massa.

Allo stesso modo nello studio dei fenomeni acustici, in assenza di perturbazioni

esterne, si ha una continua mutazione di energia delle singole particelle d'aria da cinetica a potenziale e viceversa. Come si nota bene dalla figura 8 ci sono punti dello spazio di propagazione del suono in cui le particelle d'aria ad un determinato istante di tempo, hanno velocità nulla. L'energia di tali particelle però è immagazzinata in forma potenziale e come effetto di ciò si ha un valore di massimo o minimo relativo della pressione dell'aria rispetto alla pressione atmosferica. Analogamente in altri punti in cui la pressione di annulla, la velocità delle particelle assume, in modulo, il valore di massimo relativo. Il grafico di fig. 8 evidenzia una proprietà fondamentale dei sistemi acustici: gli andamenti di pressione e velocità sono generalmente sfasati di un angolo ϕ . Nella fig.8 è mostrato il caso in cui lo sfasamento è pari a novanta gradi.

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u

X

P

X

Figura 8 Andamento della velocità e della pressione di particelle d'aria in

funzione dello spazio, fissato l'istante di tempo.

A tal proposito è significativo sottolineare una interessante analogia tra la propagazione acustica attraverso un mezzo elastico - massivo e la propagazione di una corrente alternata in un circuito elettrico. In questo infatti facendo viaggiare corrente si hanno due grandezze imprescindibili: la tensione V e la corrente I. Si può giungere alla conclusione che la pressione in acustica sta alla tensione in elettrotecnica come la velocità sta alla corrente. Infatti se la situazione è come quella rappresentata in figura 8 cioè quando la pressione è in modulo massima, la velocità è nulla ho un trasferimento di energia sonora nulla. Per essere più chiari, questo sarebbe il caso di un onda stazionaria cioè un sistema dove energia c'è ma oscilla periodicamente nelle due forme che abbiamo più volte detto. Di questo argomento parleremo più aventi introducendo poi il concetto di impedenza sonora.

La grande potenzialità del suono è quella di avere una fortissima capacità informativa senza una grossa spesa energetica. Abbiamo infatti visto le variazioni di pressione necessarie per la propagazione del suono sono dell'ordine del decimo del Pascal o del Pascal stesso, molto inferiori rispetto al valore della pressione atmosferica pari a 101325 Pa. Inoltre il suono ha la proprietà di essere un genere di

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propagazione non dispersiva, questo perché le forma d'onda ossia l'informazione trasportata rimane immutata anche per distanze anche chilometriche. Parametri Acustici

Nello studio dei fenomeni acustici, si può incominciare a trattare quei suoni

definiti PURI, cioè quei suoni periodici caratterizzati da un andamento sinusoidale del valore della pressione nello spazio in cui il suono si propaga. Tale periodicità della pressione non avverrà attorno un valore di 0 Pa, ma attorno al valore della pressione atmosferica pari a 101325 Pa.

Le grandezze fondamentali per lo studio di tali suoni sono:

1. Frequenza f definita dalla formula

πω2

=f (4)

pari al numero di giri al secondo dell'albero motore di figura 3. L'unità di misura è l'Hertz.

2. Periodo T definito come il tempo necessario all'albero motore per compiere un

giro completo o analogamente alle particelle dell'aria a stretto contatto col pistone per compiere un oscillazione completa rispetto alla propria posizione di equilibrio. Il periodo è relazionato alla frequenza dalla nota formula

f

T 1= (5)

L'unita di misura è naturalmente il secondo.

3. Ampiezza p'max ossia il valore massimo raggiunto dall'andamento sinusoidale della pressione nello spazio.

Lunghezza d'onda In campo sono la distanza che intercorre tra due successive compressioni, o rarefazioni, è definita lunghezza d'onda λ del suono nel mezzo considerato; la situazione del campo sonoro ad un certo istante può essere rappresentata mediante il grafico di figura 9 dove in ordinata sono riportate le variazioni della pressione in

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funzione della distanza perturbata; con maxp∆ si indica l'ampiezza ovvero il valore massimo della variazione di pressione.

Figura 9 Suono sinusoidale: variazione della pressione in funzione della

distanza. Rappresentazione della lunghezza d'onda.

Analogamente la situazione del campo sonoro può essere analizzata osservando come varia la pressione in un punto in funzione del trascorrere del tempo: in tal caso graficamente il fenomeno è del tutto analogo a quello riportato in fig. 9, ma avendo questa volta in ascissa il tempo ed in luogo della lunghezza d'onda il periodo T, tempo necessario per compiere un ciclo, ovvero l'intervallo di tempo che passa tra due istanti consecutivi nei quali, nel punto considerato, si ha un massimo od un minimo relativo di pressione.

Figura 10 Tono puro sinusoidale : variazione in funzione del tempo.

La relazione che lega la velocità di propagazione c del suono nel mezzo alla lunghezza d'onda λ ed alla frequenza f è la seguente:

Tfc 1

⋅=⋅= λλ (6)

Nel nomogramma di figura 10 è visualizzato il rapporto che intercorre tra λ e f.

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Figura 11 Nomogramma lunghezza d'onda - frequenza.

L'aumento della frequenza diminuisce la lunghezza d'onda e viceversa; le

relazioni appena scritte hanno una grande rilevanza pratica. Si consideri un cubo di spigolo pari ad 1 metro innanzi al quale è posta una sorgente sonora. Le dimensioni dell'onda ad alte frequenze divengono trascurabili rispetto a quelle del cubo il quale costituisce un ostacolo alla propagazione sonora.

Facciamo alcuni esempi: per f=20000Hz ⇒ mm17=λ ho dimensioni irrisorie

rispetto a quelle del cubo che quindi oscurerà l'onda acustica; f=1000Hz m34.0=⇒ λ questa è una situazione ibrida, infatti dietro al mio cubo

si formeranno complessi fenomeni d'interferenza; infine per f=20Hz m17=⇒ λ questa volta sono le dimensioni dell'ostacolo ad

essere trascurabili rispetto a quelle dell'onda.

f lunghezza d'onda f lunghezza d'onda f lunghezza d'onda20 17 6680 0,050898204 13340 0,025487256

686 0,495626822 7346 0,046283692 14006 0,0242753111352 0,25147929 8012 0,042436345 14672 0,0231733912018 0,168483647 8678 0,039179534 15338 0,0221671672684 0,126676602 9344 0,036386986 16004 0,0212446893350 0,101492537 10010 0,033966034 16670 0,0203959214016 0,084661355 10676 0,031847134 17336 0,0196123674682 0,072618539 11342 0,029977076 18002 0,018886795348 0,063575168 12008 0,028314457 18668 0,0182129856014 0,056534752 12674 0,026826574 20000 0,017

Figura 12 La tabella compilata con un foglio di calcolo riporta la lunghezza d'onda corrispondente ad una certa frequenza quando il mezzo propagante è l'aria.

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- 11 -

0

5

10

15

20

0 5000 10000 15000 20000 25000

frequenza

lung

hezz

a d'

onda

Figura 13 Il grafico ottenuto interpolando i dati dell'andamento della

lunghezza d'onda in funzione della frequenza. Funzione d'onda sonora Per comprendere meglio i concetti che esprimeremo consideriamo nuovamente il cilindro di fig. 3, in cui si muove il pistone e prendiamo un punto di ascolto al suo interno alla distanza D dal pistone; è ovvio pensare che la legge del moto delle particelle in tale punto sia a meno di un ritardo uguale a quella delle particelle che aderiscono al pistone. Tale ritardo è dovuto al tempo che l'onda acustica impiega per raggiungere l'orecchio dell'ascoltatore posto alla distanza D dalla sorgente, quindi in tale punto la legge del moto sarà:

−= )(),(

cDAsinDX τωτ (7)

dove D rappresenta lo spazio che l'onda deve percorrere e c è la velocità di propagazione del suono. Il loro rapporto rappresenta il tempo di ritardo.

Il rapporto

cω (8)

è una nuova quantità che chiamiamo numero d'onda e indichiamo con la lettera k.

L'unità di misura è il 1−m . La formula (7) può essere riscritta allora come:

)(),( kDAsinDX ±= ωττ (9)

dove ω è la pulsazione dell'oscillazione, pari al numero di giri al secondo dell'albero motore espresso in radianti. Con tali accorgimenti, possiamo dire che la stessa pressione e la stessa velocità delle particelle del mezzo, possono essere viste come onde che si propagano nel cilindro. Possiamo quindi scrivere analogamente e con i dovuti accorgimenti di carattere dimensionale:

)(),( max kDsinvDv −= ωττ (10)

)(),( max ϕωττ −−= kDsinpDp (11)

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Come abbiamo già detto il ritardo

cD (12)

nella formula (7) rappresenta il tempo impiegato dall'onda a raggiungere

l'ascoltatore. Tale ritardo può essere anche molto dannoso; per esempio, nell'organizzazione di una orchestra sinfonica si deve tenere conto della distanza del direttore d'orchestra rispetto ai musicisti. Se tale distanza è troppo grande il suono giungerà alla platea di ascoltatori sfasato rispetto al tempo battuto dal direttore d'orchestra. Questo ritardo, è dovuto al fatto che, qualunque sia il mezzo nel quale il suono si propaga, la sua velocità di propagazione avrà sempre un valore finito. Per l'aria la velocità di propagazione del suono è stata stimata essere 340 m/s, valore molto alto rispetto alle velocità che caratterizzano la nostra vita e i nostri spostamenti, però ancora basso per un trasporto di informazioni a distanze chilometriche. Infatti supponendo l'assenza di fenomeni dissipativi, il suono impiega un secondo per percorrere 340m e impiegherebbe minuti ed ore se lo volessimo impiegare come ipotetico mezzo di comunicazioni tra parti diverse del globo terrestre.

Di notevole interesse è inoltre la relazione che lega la velocità di propagazione di un suono in un mezzo elastico - massivo alla temperatura. Riferendosi a relazioni ricavate nello studio della termodinamica, sotto le ipotesi di approssimare l'aria come un gas perfetto, si giunge alla importante relazione

RTc γ= (13)

dove γ è un particolare coefficiente definito come il rapporto tra il calore

specifico a pressione costante e il calore specifico a volume costante del mezzo in cui si propaga il suono, R è la costante di Boltzman, e T è la temperatura del mezzo misurata in gradi Kelvin. Numericamente per l'aria, la velocità del suono vale 340 m/s.

Impedenza acustica

Da queste considerazioni e dalle proprietà dei materiali in relazione alla attitudine di trasmettere suoni si può introdurre il concetto di Impedenza acustica. Se la propagazione avviene senza sfasamento tra pressione e velocità di oscillazione delle particelle (ossia è nullo il ϕ nella formula (11)) si può definire impedenza acustica di un generico materiale il prodotto della sua densità ρ per la velocità di propagazione longitudinale del suono lc nel materiale stesso (espressa in rayl).

Per l'aria, essendo la sua densità, in condizioni di temperatura 20°C ed alla pressione atmosferica di 1.013 bar , e la velocità di propagazione pari a circa 340 m/s, l'impedenza vale circa 400 rayl.

[ ] [ ][ ]2ms

KgRayl⋅

=

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Nel caso in cui si presenti durante la propagazione di un'onda sonora in un materiale uno sfasamento ϕ non nullo tra la velocità di oscillazione e la pressione si può dare all'impedenza sonora, il cui simbolo è z, un'altra definizione; scrivendo la formula (10) come

[ ])(

max Re kDievv −= ωτ (14) e scrivendo la formula (11) come [ ])(

max Re ϕωτ −−= kDiepp (15) ricavate dalle formule di Eulero, si definisce impedenza acustica il rapporto

ϕievp

vpz −==

max

max (16)

tale grandezza è nella sua forma più generale una grandezza complessa e si può

anche scrivere nella forma:

IR izzz += (17) come somma della parte reale di z e di i-volte la parte immaginaria di z. Nella tabella seguente sono riportati i valori dell'impedenza acustica per alcuni

tipi di materiali, dalla quale si rileva la differenza esistente tra i valori dei mezzi aeriformi rispetto a quella notevolmente più elevata, dei mezzi solidi.

Materiale C(m/s) )3/( mKgρ Z(rayl) Materiale c(m/s) )3/( mKgρ Z(rayl) Metalli Legno nel

senso della fibra

Acciaio 5000 7800 390 Abete 4640 450 20.8 Argento 5100 2700 138 Acero 4110 670 27.8 Nickel 4970 8700 430 Faggio 3340 750 25 Oro 2000 19300 386 Frassino 4670 700 32.7 Ottone 3500 8400 295 Olmo 4120 570 23.4 Piombo 1220 11400 138 Pino 3320 500 16.6 Platino 2650 21400 572 Pioppo 4280 370 15.9 Rame 3560 8900 317 Quercia 3850 800 30.7 Stagno 2500 7300 182 Idem trasv.

alla fibra Valori ridotti di 1/3

Zinco 3700 7000 259 Non metalli Liquidi

Ardesia 4500 3000 135 Acqua a 13°C

1441 1000 14.4

Avorio 3010 1800 54 Alcool 1240 800 9.9 Gomma 54 1000 0.54 Benzina 1166 900 10.5 Non metalli Gas

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Granito 3950 2700 107 Aria a 0°C 331 1.3 4.27e-3 Marmo 3810 2700 103 Aria a 15°C 341 1.21 4.11e-3 Mattone 3650 1800 66 Azoto 336 1.25 4.2e-3 Vetro 5500 2600 142 Ossigeno 317 1.43 4.5e-3 Sughero 500 240 1.2 Idrogeno 1269 0.09 1.1e-3

Osservando la tabella si rileva come vi sia una stretta relazione tra densità e velocità di propagazione del suono nello stesso mezzo: in generale i materiali solidi, essendo dotati di maggiore densità, sono in grado di trasmettere più velocemente i suoni essendo evidentemente le particelle più a stretto contatto tra di loro; tuttavia avendo una impedenza acustica più elevata a parità di velocità di vibrazione delle loro particelle, necessitano una maggiore quantità di energia rispetto ai gas e ai liquidi. L'impedenza acustica è così fisicamente analoga all'impedenza elettrica.

Infatti, nel caso particolare di sfasamento nullo tra pressione e velocità si possono scrivere ancora le seguenti relazioni:

zp

cpv =⋅

(18)

e anche

zvp ⋅= (19) (Legge di Ohm acustica, per analogia alla legge di Ohm elettrica)

dove v è la velocità di oscillazione delle particelle, p è la pressione, c è la

velocità di propagazione nel mezzo e ρ è la densità del mezzo stesso. Principali Grandezze Acustiche di tipo energetico.

La quantità di energia irradiata da una sorgente sonora nell'unità di tempo è denominata potenza sonora )(WattPW . La potenza sonora WP emessa da una sorgente è irradiata nel mezzo elastico, come l'aria, attraverso una determinata superficie S (o fronte d'onda) come lavoro dovuto al prodotto della forza di pressione p per la velocità di spostamento delle particelle v intorno al punto di equilibrio.

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Figura 14 Uno dei possibili fronti d'onda per il calcolo della potenza sonora

dissipata da un camion.

Con riferimento al modello di generazione sonora che ha portato alla

formulazione delle relazioni (18) e (19), la potenza sonora WP può quindi essere correlata alla pressione sonora dall'equazione:

[ ]WSc

pSc

ppPW ⋅

=⋅⋅

⋅=ρρ

2

(20)

Per una sorgente che irradia uniformemente in tutte le direzione (mezzo

isotropo), ovvero in campo libero1, il fornte d'onda S è pari alla superficie di una sfera (vedi figura 15 ); alla distanza r dalla sorgente la potenza sonora sarà dunque pari a:

22

4 rc

pPW πρ

= (21)

Figura 15 Potenza sonora di una sorgente nello spazio.

1 Il campo sonoro si distingue idealmente in campo libero (spazio ideale privo di riflessioni) e

campo diffuso (spazio perfettamente diffondente delimitato da superfici altamente riflettenti).

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Nella pratica le sorgenti sonore irradiano con potenze estremamente variabili che vanno dal valore della voce umana a livello di conversazione, pari circa a W610− , al rumore di un turbogetto pari a W410 . (Vedi tabella sottostante).

Tabella 2: Tipici valori della potenza sonora di alcune sorgenti.

SORGENTE AEREO TURBOGETTO

AEREO TURBOELICA

ORCHESTRA (75 ELEM.)

MARTELLO PNEUMATICO

RADIO ALTO VOLUME

AUTO IN AUTOSTRADA

Potenza (W)

410 310 10 1 110− 210−

SORGENTE VENTILATORE ASSIALE (1500 GIRI/L'ORA)

CONVERSAZIONE NORMALE

SUSSURRO

Potenza (W)

310− 610− 910−

Sia WP la potenza sonora irradiata da una sorgente su un fronte d'onda S, nel caso di campo libero sussiste la seguente relazione tra potenza sonora e intensità sonora I:

⋅== 2

2

24 mW

cp

rP

I W

ρπ (22)

e quindi l'intensità è definita come l'energia che, nell'unità di tempo, fluisce attraverso l'unità di area del fronte d'onda. La relazione (22) è scritta semplificata al caso in cui il fronte d'onda è costituito da una sfera di raggio r.

Una definizione più rigorosa e più complessa può essere la seguente: L'intensità acustica è una grandezza di natura vettoriale a cui corrisponde una

densità di flusso di energia per unità di tempo. Essa è determinata dal prodotto della pressione acustica e della velocità delle particelle oscillanti attorno alla loro posizione di equilibrio:

)()()( tvtptI ×= (23)

Fissando un punto nello spazio, per un'onda sonora di pulsazione ω , la

pressione può essere identificata da

)cos()( max tptp ω= (24) e la velocità di oscillazione delle particelle dal vettore

)cos()( max ϕω += tvtv , (25)

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- 17 -

essendo ϕ lo sfasamento tra pressione e velocità. Allora l'intensità definita da (23) diventa

)()2(2

)cos()(cos maxmax2maxmax ϕωϕω sintsin

vptvpI i −= (26)

utilizzando le formule di addizione del coseno.

Il primo termine della differenza della formula (26) è detto l'intensità attiva istantanea aI , e descrive l'energia trasferita e trasmessa dal mezzo. Esso è il termine in cui la pressione e la velocità sono in fase.

Il secondo termine detto intensità reattiva istantanea rI , corrisponde ad una oscillazione di energia il cui valor medio temporale in ogni periodo è nullo.

)cos()(cos 2

maxmax ϕωtvpI a = (27)

)()2(2

maxmax ϕω sintsinvp

I r = (28)

Il valore di intensità più comunemente utilizzato è l'intensità media come

media temporale del valore istantaneo.

)cos(21111

maxmax000

ϕvpdtIT

dtIT

dtIT

IT

r

T

a

T

i =−== ∫∫∫ (29)

E' molto forte in questo studio, l'analogia con l'elettrotecnica nell'analisi della

potenza elettrica in circuiti in regime alternato. Anche in quel argomento la potenza elettrica media come media temporale della potenza elettrica istantanea era scritta come:

)cos(21

maxmax φVIPelettrica = (30)

Ritornando nell'ambito acustico, in campo libero, ossia quando lo sfasamento tra

pressione e velocità è nullo, le complesse relazioni di prima si semplificano notevolmente, e grazie alla nozione di impedenza acustica si può scrivere:

cpvpI⋅

=⋅=ρ

2

(31)

e per la (22) risulta che la pressione sonora è così legata alla potenza :

21

24

⋅⋅

=r

cPp W

πρ (32)

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In un'onda piana invece la superficie del fronte d'onda rimane costante (ad es. nel

rumore generato da un elettroventilatore all'interno di un condotto a sezione costante) e se non vi sono dissipazioni sulle pareti del condotto (ad es. materiale fonoassorbente), l'intensità non varia all'aumentare della distanza. La relazione più generale tra potenza ed intensità è insita nella definizione di quest'ultima: "potenza per unità di superficie", è quindi possibile determinare la potenza emessa da una o più sorgenti poste all'interno di una superficie chiusa, integrando nello spazio l'intensità misurata sulla superficie:

dsIPS

W ⋅= ∫ (33)

Mentre la relazione Potenza - Intensità è valida in un qualsiasi tipo di campo acustico, non è invece derivabile un'espressione diretta che leghi Potenza - Pressione, salvo che per il caso già considerato di campo libero. (Formula (32)).

Per capirne la problematica si deve prestare attenzione al fatto che mentre l'Intensità rappresenta molto semplicemente la Potenza acustica di una sorgente distribuita sulla superficie di emissione, la Pressione è una conseguenza del moto vibrazionale e dipende dalla Potenza acustica della sorgente e da altri parametri più complessi e variabili, come la Direzionalità dell'emissione, dall'ambiente circostante, e varie altre situazioni al contorno. L'analogia del "discorso acustico" potrebbe essere fatta con quello termico: una stufa elettrica è la sorgente di potenza termica in grado di riscaldare l'ambiente, ed il "grado" di riscaldamento viene determinato con una misura di temperatura, la stessa stufa posta in un atro ambiente, mantiene la stessa potenza termica ma la temperatura di questo ambiente non sarà necessariamente la stessa del precedente, in quanto intervengono fattori come il volume dell'ambiente e il grado di isolamento termico delle pareti. La misura della temperatura è infatti corrispondente alla misura di Pressione acustica, essa dipende dal volume dell'ambiente e dalle caratteristiche fonoassorbenti delle pareti che lo delimitano.

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Analisi Armonica del Suono

La maggior parte, anzi la quasi totalità dei suoni che udiamo nel mondo reale, non sono suoni semplici, o puri, ma suoni complessi, cioè suoni composti da una maggiore o minore quantità di suoni puri; questi vengono detti componenti del suono complesso.Per meglio comprendere questo fenomeno, stabiliamo un’analogia con l’ottica.È noto come alcuni colori, detti fondamentali, siano puri, cioè non ulteriormente scomponibili. Questi colori sono il rosso, il giallo e il blu. A ciascuno di essi corrisponde una certa lunghezza d’onda del raggio luminoso, e il prisma (che scompone la luce bianca nei sette colori dello spettro luminoso) mostrerà solamente quella componente. La medesima cosa avviene per il suono. A una certa lunghezza d’onda del suono corrisponde una certa altezza percepita. Se non è presente contemporaneamente nessun’altra frequenza, il suono sarà puro.Un suono puro, o sinusoide, ha forma d’onda sinusoidale, ed è la rappresentazione della funzione trigonometrica

sin (x)

ed è costituito da una sola frequenza, senza armoniche. Viene detto perciò anche suono puro. Se le componenti sono in rapporto di frequenza intero con la componente di frequenza più bassa, si dicono armoniche. La componente a frequenza più bassa si chiama fondamentale o prima armonica; la componente di frequenza doppia della fondamentale si chiama seconda armonica;la componente di frequenza tripla della fondamentale si chiama terza armonica, etc. Per la definizione dello spettro di un suono armonico, se supponiamo che siano sempre presenti tutte le armoniche (fino al limite superiore di udibilità, dal momento che componenti ultrasoniche non influenzano la percezione timbrica), sarà sufficiente definire le ampiezze di tutte queste armoniche, per esempio con tabelle di questo genere:

ARMONICA I II III IV V VI VII etc. AMPIEZZA 1 0.5 0.33 0.25 0.2 0.13 0.2 etc.

che può anche essere rappresentata in grafico:

Questo è lo spettro di un suono: sull’asse orizzontale vi sono le frequenze, in kHz, sull’asse verticale le ampiezze in dB. Si può notare come questo spettro sia di tipo armonico, in quanto le frequenze sono equispaziate: ciò significa che sono tutte in

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rapporto armonico con la fondamentale, infatti sono presenti le frequenze: .1, .2, .3, .4, .5, .6, .7, .8, .9, 1 kHz, che equivalgono a: 100, 200, 300, 400, 500, 600, 700, 800, 900, 1000 Hz. Sono quindi presenti tutte le armoniche fino alla X. In figura è mostrato uno spettro di tipo armonico (figura sopra). Si può notare come questo tipo di spettro dia luogo a un’onda periodica (figura sotto); è infatti ben visibile la ripetizione della forma d’onda nella parte destra della figura in basso.

Le componenti possono però essere in rapporti non armonici, come si può vedere in figura:

Le frequenze non sono più equispaziate, e i rapporti di frequenza con la più bassa non sono interi, anzi sono addirittura irrazionali. L’onda risultante non è quindi periodica, e infatti nella rappresentazione dell’onda non si notano ripetizioni, non è possibile individuare i cicli. I suoni periodici (o meglio, quasi periodici, dal momento che in fisica si definisce periodico un fenomeno che prosegue all’infinito) vengono percepiti come dotati di altezza definita, per esempio i suoni degli strumenti musicali ad altezza determinata o i suoni vocalici nella voce umana. I suoni non periodici invece non vengono percepiti come dotati di altezza definita; al massimo è possibile individuare una gamma o banda di frequenza in cui c’è un addensamento di componenti dotate di ampiezza rilevante; per esempio i suoni degli strumenti musicali ad altezza non definita (piatti, gong, triangolo) o i suoni consonantici della voce umana. Abbiamo fino a qui costruito suoni complessi con la somma di suoni semplici, si è cioè svolto un processo di sintesi. Ma è anche possibile effettuare il cammino opposto, di analisi, cioè scomporre un suono complesso nelle sue componenti.

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Il teorema di Fourier (dal filosofo e scienziato francese Jean Baptiste Fourier) assicura che qualsiasi forma d’onda, purché periodica, è rappresentabile con una serie di armoniche, ciascuna dotata di una particolare ampiezza (e fase); è quindi possibile ricavare lo spettro di qualsiasi suono periodico. Da quanto si è detto è evidente la differenza del parametro timbro rispetto agli altri due precedentemente esaminati (frequenza e ampiezza): mentre infatti queste ultime sono grandezze unidimensionali (un solo numero è cioè sufficiente alla loro completa definizione, ed esse possono essere rappresentate da punti su una retta, così che è sempre possibile affermare per esempio che una certa frequenza è maggiore di un’altra), il timbro (o meglio, lo spettro) è una grandezza pluridimensionale (per la sua definizione è necessaria una serie di numeri, le ampiezze di ciascuna componente).

Ne deriva che non è possibile organizzare gli spettri in scale, come per la frequenza e l’ampiezza, poiché un determinato spettro non è rappresentabile come punto di una retta, bensì come punto di una spazio a n dimensioni, o n- dimensionale, dove n è il numero di componenti di ampiezza diversa da zero. Ricordiamo quanto detto nel cap. 6 a proposito della somma di onde: istante per istante i valori istantanei dell’ampiezza delle diverse onde si sommano algebricamente, cioè con il loro segno, positivo o negativo. Quando due onde della stessa frequenza si sommano, si ha il fenomeno dell’ interferenza. Quindi se due onde hanno la stessa frequenza, l’ampiezza risultante dalla loro somma sarà la somma delle singole ampiezze. Questo è però vero se le due onde sono in fase, cioè se i loro picchi positivi coincidono. Se le due onde non sono in fase, picchi positivi e picchi negativi non coincidono più, e quindi l’ampiezza massima andrà calcolata sommando punto per punto le ampiezze istantanee delle due onde. Se poi le due onde sono sfasate di un semiperiodo ( o sono, come si dice, in controfase), allora l’ampiezza dell’onda risultante risulterà dalla differenza delle ampiezze massime delle due onde. Al limite, se le due onde sono in controfase e le loro ampiezze sono uguali, la loro somma sarà nulla, in quanto le due onde si annulleranno reciprocamente.

Consideriamo invece la somma di due onde di frequenza poco diversa, come nella figura seguente:

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Inizialmente le due onde siano in fase. Dopo un certo numero di periodi, a causa della lieve differenza di frequenza, si troveranno in controfase, e le ampiezze si sottrarranno. Dopo un certo altro numero di periodi le onde saranno di nuovo in fase, e così via. Il risultato sarà una oscillazione dell’ampiezza dell’onda risultante, e questa oscillazione avrà frequenza pari alla differenza di frequenza delle due onde che lo provocano. Questo fenomeno si chiama battimento. Se la differenza di frequenza è superiore alla minima frequenza udibile (circa 30 Hz), in certe condizioni la frequenza di battimento diviene udibile, e dà luogo al cosiddetto suono differenziale o terzo suono di Tartini.

Microfoni

Scopo del microfono è di convertire, o trasdurre, l’energia acustica (meccanica) in energia elettrica. Esistono diversi tipi di microfoni, che si basano su principi fisici diversi; nell’audio professionale si usano solo microfoni a bassa impedenza (600 Ω) e con collegamento bilanciato, per minimizzare i disturbi captati dai cavi. Praticamente si usano solo microfoni dinamici e microfoni a condensatore. Questi ultimi sono di altissima qualità, ma sono delicati e necessitano di alimentazione esterna a 48 V (phantom power, così chiamata perché viene fornita ai microfoni con gli stessi conduttori del segnale), in genere fornita dal mixer. Per i microfoni si usano quasi universalmente connettori tipo XLR (detti anche Cannon), in cui, sul cavo, il connettore femmina è dal lato microfono e quello maschio dal lato mixer.

Nella tabella seguente si riassumono le caratteristiche dei principali tipi di microfono:

Tipo Tensione di uscita

Impedenza Qualità Note

Dinamico Da 1 a 10 mV Alta o bassa

Da cattiva a molto buona

Robusti

A condensatore

1 mV Bassa Ottima Delicati, necessitano

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di alimentazione esterna

A elettrete 1 mV Bassa Discreta Necessitano di batterie

Piezoelettrico 100 mV Alta Cattiva

1. CHE COSA È IL MICROFONO

Il microfono è un trasduttore di segnale: trasforma infatti l’energia meccanica del suono in energia elettrica. Senza il microfono non sarebbe possibile la registrazione di suoni, Il microfono è perciò un elemento essenziale della catena elettroacustica (microfono / amplificatore / registratore / altoparlante). Attualmente è anche l’elemento più delicato e più debole della catena. Poiché contiene parti meccaniche, che per ottenere una buona qualità devono essere di altissima precisione, è anche l’elemento più costoso (almeno per quanto riguarda i modelli di alta qualità).

2. LE CARATTERISTICHE DEI MICROFONI

Le caratteristiche fondamentali di un microfono sono:

a. Il principio di trasduzione: a condensatore, dinamico, a electret, piezoelettrici

b. la risposta in frequenza, che dovrebbe essere il più possibile regolare (piatta). A prescindere da usi particolari, i microfoni usati nella musica dovrebbero essere quanto piú lineari possibile, e comunque non avere variazioni di livello di uscita superiori a 3 dB nella banda di frequenza comprese fra 30 e 20000 Hz.

c. La sensibilità è il rapporto fra ampiezza del segnale elettrico uscente dal microfono e ampiezza del segnale acustico, è cioè un’espressione del rendimento del microfono. Viene di solito espressa in mV/µbar (milliVolt per microbar). 1 µbar corrisponde a 74 dB. Valori usuali sono di 1 mV/µbar, dal che si può dedurre che il segnale uscente da un microfono è molto basso, circa 300 volte minore del segnale uscente dalle altre apparecchiature dello studio; esso va perciò preamplificato per portarlo allo stesso livello degli altri segnali. Gli ingressi per microfono presenti nelle apparecchiature sono perciò diversi dagli ingressi per segnali ad alto livello detti ingressi di linea.

d. La massima pressione acustica o pressione acustica limite, espressa in dB, specialmente critica per la registrazione di strumenti in grado di produrre suoni di grande intensità, come gli strumenti a percussione.

e. La direzionalità esprime la capacità del microfono di captare piú o meno bene i segnali in base alla direzione di provenienza. In figura sono indicate le caratteristiche direzionali di microfoni omnidirezionali (o panoramici), unidirezionali (a cardioide), bidirezionali (a otto) e superdirezionali (a clava). La direzione frontale è indicata con l’angolo di 0°, quella posteriore con l’angolo di 180°. Osservando il diagramma di un

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microfono omnidirezionale, si nota che la sensibilità è la medesima per i suoni che provengono da qualsiasi direzione. Per un microfono a cardioide (cosí chiamato perché la sua caratteristica direzionale ha approssimativamente la forma di un cuore), si nota che per i suoni provenienti dalla direzione frontale (0°) la sensibilità è quella nominale di 0 dB; ma, via via che la sorgente sonora si sposta, al sensibilità diminuisce, per ridursi di 24 dB quando la direzione di provenienza è posta dietro il microfono (180°).

Grande importanza ha poi, nei microfoni direzionali, la variazione della caratteristica in funzione della frequenza: la direzionalità è infatti piú accentuata per le frequenza alte, mentre alle frequenze basse il microfono si comporta praticamente come panoramico. Questo fenomeno, insito nel principio di trasduzione dei microfono, può dare luogo, se trascurato, a difetti nella ripresa del suono, ma può anche suggerire particolari tecniche di ripresa microfonica. Alcuni microfoni dispongono di un selettore che permette di variarne la caratteristica direzionale, e quasi tutti quelli di elevata qualità comprendono un filtro passa-alto, detto di roll-off, che consente una attenuazione delle basse frequenze (di solito da 80 Hz in giù), indispensabile in ambienti particolarmente riflettenti per evitare il cosiddetto “effetto rimbombo”.

Sotto l’aspetto del principio di funzionamento, gli unici microfoni che consentono una ottima qualità per usi musicali sono quelli dinamici (di solito a bobina mobile) e quelli a condensatore. La qualità migliore in assoluto si ottiene con i microfoni a condensatore, che sono però piuttosto delicati (sensibili agli agenti atmosferici e agli urti) e necessitano di una alimentazione in corrente continua di 48 Volt (phantom power), che può essere fornita dal mixer, o, in mancanza, da appositi alimentatori. I microfoni a elettrete si basano sullo stesso principio di quelli a consensatore (pur essendo di qualità nettamente inferiore), ma date le diverse caratteristiche costruttive possono essere alimentati a batterie, di piccole dimensioni e di lunga durata, che sono alloggiate nel corpo stesso del microfono. I microfoni dinamici forniscono una buona qualità, sebbene inferiore a quelli a condensatore, non necessitano di alcuna alimentazione, sono robusti e in grado di sopportare notevoli sovraccarichi acustici.

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3. MICROFONI DINAMICI

Il principio di funzionamento dei microfoni dinamici si basa sull’effetto elettromagnetico: quando in un campo magnetico viene fatto muovere un conduttore, in questo conduttore si genera una corrente elettrica I . Quanto più intenso sarà il campo magnetico, tanto più intensa sarà la corrente elettrica che si genera. Quando in un conduttore circola corrente elettrica, per la legge di Ohm ai suoi capi si crea una differenza di potenzale, cioè una tensione elettrica, che rappresenta le variazioni di pressione dell’onda sonora, ed è proprio il segnale che desideriamo esca dal microfono. Elemento essenziale del microfono è il diaframma, cioè un piccolo elemento, di solito a forma circolare e al giorno d’oggi di materiale plastico speciale, che viene messo in vibrazione dalle onde sonore.

Al diaframma è collegata una bobina mobile (il conduttore indicato in figura) immersa in una campo magnetico generato da un piccolo magnete fisso, di solito a forma di anello. Quando il diaframma, messo in vibrazione dalle onde sonore, si muove oscillando in su e in giù, fa muovere anche la bobina ad esso solidale, e ai capi della bobina si genera una tensione elettrica che segue, più o meno fedelmente, l’andamento dell’onda sonora.

Vi sono diversi tipi di microfoni dinamici, che si differenziano moltissimo a seconda della qualità (da pochi Euro, come i microfoni forniti di serie con le schede audio più comuni, e adatti per applicazioni vocali) fino a centinaia di Euro, adatti per applicazioni musicali. Fra le caratteristiche dei microfoni dinamici si può ancora citare la relativa insensibilità ai rumori meccanici esterni (come il maneggiamento del microfono) e lo spiccato effetto di prossimità, cioè la caratteristica di variare la risposta in frequenza, e quindi la timbrica, a seconda della distanza del microfono dalla sorgente sonora. I microfoni dinamici sopportano, generalmente, elevate pressioni acustiche. Fra i modelli più noti i Sennheiser MD421 e MD422, gli Shure SM57, SM58, Beta 52 e Beta 58, gli Electrovoice PL20, e gli AKG D12 e 112.

4. MICROFONI A CONDENSATORE

Un condensatore è un apparato elettrico costituito da due piastre di materiale conduttore, separate da un isolante (aria o altro, chiamato dielettrico). Se alle due

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piastre viene applicata una tensione continua, non vi è passaggio di corrente, mentre se alle piastre viene applicata una tensione alternata la corrente passa, più o meno bene a seconda della sua frequenza e della distanza fra le piastre. Nel microfono a condensatore una delle piastre è fissa, mentre l’altra è costituita dal diaframma messo in vibrazione dalle onde sonore, ed è perciò mobile: la distanza fra le piastre varia quindi a seconda della posizione del diaframma.

Alle piastre viene applicata una tensione continua di 48 Volt, chiamata phantom power (alimentazione fantasma) che viaggia sugli stessi conduttori usati per portare il segnale. Quando il diaframma è sollecitato da un’onda sonora si muove, e la distanza fra le piastre varia, modulando perciò la tensione continua. Con adatti circuiti la tensione continua viene eliminata, e rimante soltanto la parte alternata, che costituisce proprio il segnale elettrico che ci serve, e che segue l’andamento di pressione dell’onda sonora. Fra le caratteristiche dei microfoni a condensatore è l’elevata sensibilità, e la delicatazza, oltre che la sensibilità ai rumori meccanici, come il maneggiamento del microfono. Fra i modelli più noti i quasi mitici Neumann U84 (il microfono di riferimento, specialmente per la voce) e TLM103, gli Schoeps CMC5, gli AKG 414, gli Shure SM81 e Beta 87, e i Sennheiser MKH 40P48.

Costanti di Tempo

Il rivelatore è uno strumento che trasforma il segnale elettrico alternato, filtrato o meno, in una tensione continua proporzionale al valore efficace o al valore di picco del fenomeno rilevato, che va poi a pilotare l’indice del quadrante di misura. Inoltre esso provvede alle costanti di tempo e cioè a determinare la rapidità con la quale l’indice dello strumento segue le variazioni del segnale. La velocità di risposta dell’indice dello strumento viene determinata dal tempo di integrazione scelto (più lungo è il tempo di integrazione, più piccole saranno le fluttuazioni) per cui il livello massimo che viene raggiunto dall’indice è funzione di tale costante di tempo oltreché del tipo di rumore in esame. Anche le varie costanti di tempo sono state normalizzate internazionalmente e, precisamente:

1. slow (lenta): tempo di integrazione 1050 msec; decade di 10dB in meno di 3 sec dal momento in cui cessa il segnale;

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2. fast (veloce): tempo di integrazione 125 msec; decade di 10 dB in meno di 0,5 sec dal momento in cui cessa il segnale;

3. impulse (impulsiva): tempo di integrazione 35 msec; decade di circa 3 dB al sec; dispone anche del circuito di memoria (hold);

4. peak (picco): tempo di inerzia 0,02 msec; data l’estrema velocità di risposta l’uscita da tale circuito viene necessariamente inviata al circuito di memoria (hold).

E’ importante sottolineare che le costanti slow, fast e impulse esprimono un dato RMS, mentre la peak è indice del valore di picco.

Dalla differenza dB peak h - dB imp h, cioè dalla differenza tra il valore di picco e il valore RMS, si può avere in prima approssimazione un’idea della forma d’onda dell’impulso sonoro: più l’onda è stretta maggiore sarà tale differenza.

Altra annotazione importante è che, dato un impulso sonoro, l’area sottesa dalle risposte fast e slow è identica ed inferiore a quella che si ricava con impulse.

Quanto detto prima si può anche intendere nei termini seguenti: se si analizza statisticamente una serie di impulsi sonori successivi con le tre diverse costanti di tempo RMS, usando tempi di campionamento sufficientemente brevi si otterrà un valore identico per slow e fast ed un valore maggiorato per impulse.

Nella quasi totalità le normative esistenti fanno riferimento a valori valutati in RMS e tuttavia il valore di picco può essere molto importante soprattutto in due casi:

• per valutare il carico acustico fisico sulla membrana timpanica dovuto ad un impulso;

• per garantirci che il fattore di cresta del segnale che si intende misurare sia compatibile con le caratteristiche dello strumento usato (fattore di cresta = valore di picco / valore efficace).

APPENDICE: Il valore di picco esprime la massima escursione della pressione rispetto alla pressione statica del mezzo presa in modulo; il valore di picco-picco, è dato invece dall'escursione massima positiva più l'escursione massima negativa sempre valutata come modulo. Il valore medio, poco usato in acustica, è dato dalla somma delle diverse variazioni della pressione in funzione del tempo, divisa per il tempo durante il quale la somma viene eseguita:

dttPT

PT

medio ∫=0

)(1

Il valore efficace (RMS) è quello che rappresenta meglio il contenuto energetico dell'onda, si rappresenta matematicamente come:

∫=T

rms dttPT

P0

2 )(1

Le onde sonore emesse dalla sorgente si propagano nello spazio attraverso superfici sempre più grandi; il rapporto W/S definisce l'intensità acustica I del suono sulla superficie S. Il suono in un certo punto dello spazio viene valutato attraverso la

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misurazione della pressione sonora p la quale dipende, oltre che dalla potenza W della sorgente e dalla distanza di questa dal punto considerato, anche da diverse condizioni ambientali e di propagazione. In sintesi si può affermare che la potenza sonora è la causa dell'inquinamento acustico, mentre la pressione sonora ne è l'effetto ed è la grandezza che viene misurata in pratica.

Impedenza e intensità acustica

L'impedenza acustica è una grandezza complessa (cioé dotata di parte reale e parte immaginaria), data dal rapporto tra la pressione acustica [Pa] e la velocità [m/s] delle particelle di fluido indotta dal passaggio dell'onda, entrambe in rappresentazione complessa. L'impedenza acustica sintetizza le caratteristiche di un sistema acustico proprio come l'impedenza elettrica sintetizza le caratteristiche di un circuito elettrico. Infatti, la parte reale dell'impedenza acustica dipende dall'attitudine del sistema a dissipare energia acustica, mentre la parte immaginaria indica la capacità del sistema di immagazzinare energia acustica e di restituirla sfasata.

cpvp

0==Ζ [ ] ( )Rayl

smPaZ

=

/

c = velocità del suono p0

= densità dell’aria

L’impedenza viene espressa come rapporto tra i moduli e questa è infatti una caratteristica delle onde piane: “la pressione sonora e la velocità sono in fase.” In questo caso prende il nome di impedenza acustica caratteristica. Per onde sonore generiche diventa impedenza acustica specifica ed è un numero complesso, in conseguenza del fatto che pressione e velocità non sono in fase tra loro. Esprimendo tutto con le formule di Eulero.

[ ])(max Re kxwtjepp −=

[ ])(max Re φ+−= kxwtjevv

Si ottiene l’impedenza in forma complessa: φjevp

Z −=max

max

Esempio: Calcolare l’impedenza caratteristica dell’aria alla temperatura di 20 °C. v = 340 m/s p = 1,2 kg/m3

Z = p / v = p0c = 1,2 * 340 = 408 Rayl Il valore dell’intensità acustica si ricava facendo la media temporale dell’intensità istantanea:

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∫=T

dttIT

I0

)(1

misurata in W/m2. Ma ricordandosi l’espressione dell’intensità istantanea. pvI =

Zp

Zp

pvdtT

I rmsT 22

max

0 211

=== ∫

Questa formula vale solo quando pressione e intensità acustica sono in fase. Normalmente si deve considerare che l’impedenza Z è complessa e introduce quindi uno sfasamento.

I Livelli Sonori Abbiamo visto, nel paragrafo precedente, che i valori della pressione sonora p e dell’intensità acustica I variano su range piuttosto ampi: in particolare, abbiamo visto che la pressione sonora (cioè la variazione di pressione rispetto al valore atmosferico) varia nell’intervallo [ ])(10),µ(20 4 PaPa . Il valore minimo di 20 µPa è un valore medio statistico ritenuto appunto come il minimo percepibile dall’ascoltatore medio; il valore di 104 Pa, invece, corrisponde pressoché a quello che si percepisce per un colpo di arma da fuoco, a distanza ravvicinata. Livello di intensità

dB Condizione ambientale Effetto sull'uomo

120 Soglia del dolore Lesioni dell’orecchio

110 Picchi d’intensità di una grande orchestra

100 Interno della metropolitana 90 Picchi di intensità di un pianoforte

Zona pericolosa per l'orecchio

80 Via a circolazione media 75 Voce forte, a un metro 70 Conversazione normale, a un

metro 60 Ufficio commerciale

Zona di fatica

50 Salotto calmo 40 Biblioteca Zona di riposo (giorno)

30 Camera da letto molto calma ( notte)

20 Studio di radiodiffusione 0 Soglia di udibilità

Zona di riposo (notte)

E’ quindi conveniente esprimere queste grandezze in scala logaritmica. Per fare questo, si introducono i cosiddetti livelli di grandezze acustiche contemporaneamente si introduce il Decibel (simbolo dB), sottomultiplo del Bel, ma oggi comunemente usato per le misure di acustica. Livello di pressione sonora:

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2

2log10

o

rmsp

pp

L =

con p0 = 2 µPa valore di riferimento. Esistono diversi Livelli ognuno riferito ad una diversa grandezza acustica. Livello di intensità acustica:

oI I

IL log10=

con I0 = 10-12 W/m2. Essendo il logaritmo una funzione invertibile, se conosciamo il livello di intensità acustica, possiamo facilmente ricavare l’intensità acustica espressa in unità naturali:

1010IL

oII = Livello di densità sonora:

oD D

DL log=

il cui valore di riferimento è D0 = 3 · 1015 J/m3 Livello di potenza acustica:

oW W

WL log10=

con W0 = 10 –12 W. Analogamente a quanto fatto prima possiamo ricavare la densità sonora W.

1010WL

oWW = Livello di velocità :

2

2log10

o

rmsv

vv

L =

E’ importante notare che i vari valori di riferimento sono stati scelti in modo tale che i relativi livelli risultassero tra loro correlati in maniera opportuna. In molte situazioni di misura le fluttuazioni del livello sonoro sono troppo ampie e irregolari per consentire una lettura precisa, persino usando la costante di misura slow. Si possono facilitare e rendere più precise le misure di rumore impulsivo o ampiamente fluttuante utilizzando il concetto di livello equivalente (Leq), definito come la vera energia media del livello sonoro nell'intero periodo di misura. Matematicamente esso si desume dalla equazione:

= ∫

TL

eq dtT

L0

1,0101log10

rappresentando pertanto la media ponderata in termini energetici dell'area sottesa dall'andamento di l.p.s. in funzione del tempo. La misura del Leq su tempi brevi facilita il confronto di singoli eventi quali il transito di veicoli, il passaggio di treni,

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ecc. , mentre la misura del Leq su tempi lunghi consente la valutazione precisa del rumore delle comunità, consentendo il raffronto alle più recenti normative tecniche.

SOMMA DI SEGNALI La somma di due o più livelli sonori può essere coerente o incoerente. Se i due segnali sono coerenti significa che le due onde corrispondenti ai due segnali sono perfettamente identiche e in fase. Inoltre si deve avere che la distanza dell’ascoltatore o del microfono sia la stessa da entrambe le sorgenti.

1

2

0

1

2

0

21 6log104log10log10 LPP

PPPLTOT +=

⋅+⋅=

+⋅=

in quanto P1 = P2. Nel caso si sommino due segnali con L = 80 dB

86806808021 =+=+=+= LLLTOT dB Solitamente però la somma di due segnali è da intendersi come somma incoerente. Questo può essere il caso di due casse acustiche collegate ad uno stereo: i due segnali sono diversi perché hanno fase casuale a causa delle riflessioni nell’ambiente. Ci possono allora essere momenti in cui due picchi di pressione si sommano enfatizzandosi e altri in cui un picco ed una valle si sommano eliminandosi. In tal caso per il principio di conservazione dell’energia l’intensità sonora è data dalla somma delle due intensità dei segnali reali, la densità di energia sonora à data dalla somma delle due densità mentre per la pressione non vale tale uguaglianza. La pressione al quadrato risulta proporzionale alla densità di energia e vale la formula:

22

21 PPPTOT +=

Per cui la formula della somma risulta essere:

20

22

21log10

PPP

LTOT+

=

o l’equivalente:

∑=i

L

TOTi

L 1010log10

Esempio: Supponiamo di avere due suoni cui corrispondono i livelli di intensità L1 = 70 dB e L2 = 70 dB. Calcoliamo il livello di intensità totale.

=⋅=+=

+== ∑ 777101010 102log10)1010log(101010log1010log10

21 LL

i

L

TOTi

L

dBdBdB 733702log1010log10 7 =+=+= In generale il calcolo del livello si può eseguire attraverso un grafico.

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Lezione del 12/11/2001 – 16.30-18.30

- 14 -

Data la differenza tra idue livelli si ottiene il valore da aggiungere al maggiore dei due. Infatti grazie alle proprietà del logaritmo il valore da sommare dipende solo dalla differenza di livello tra i due segnali e non dal livello di partenza. Se per esempio i due livelli sonori fossero di 70 dB e di 65 dB la loro somma incoerente sarebbe:

dB2,712,170dB2,1dB5 12121 =+=∆+=+=⇒=∆⇒=− LLLLLLLL TOT .

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Alessio Caramaschi – matr. 131003 – Lezione del 12/11/01 – ora 16.30-18.30

- 1 -

ANALISI DI SUONI COMPLESSI Lo scopo dell’analisi in frequenza è quello di definire il contenuto di un suono

complesso, che contiene componenti a diverse frequenze, anche variabili istantaneamente.

Ricordando che il campo sonoro udibile umano va circa dai 20 Ha ai 20 kHz e che l’orecchio non percepisce tutte le frequenze allo stesso modo, si capisce come mai in molte applicazioni tecniche che vanno dalla registrazione e riproduzione della musica all’analisi del rumore prodotto da macchinari o ambienti, si è interessati a valutare non tanto il livello sonoro complessivo, cioè l’energia totale del suono, bensì la sua distribuzione alle varie frequenze.

In natura non esistono però solo suoni puri (le sinusoidi utilizzate in teoria e molto comode per un’analisi matematica sono molto lontane dalla realtà); sono presenti forme d’onda molto strane (ad esempio dall’analisi della voce umana si nota che essa non ha nulla a che fare con una semplice sinusoide). Anche il suono prodotto da uno strumento musicale (una ben precisa nota) non è fatto unicamente di sinusoidi.

In un suono reale sono quindi sempre presenti sinusoidi discrete con opportune ampiezze, frequenze e fasi alle quali è sovrapposta una quota di rumore.

Effettuare l’analisi in frequenza significa partire da una rappresentazione del suono nel dominio del tempo, cioè dalla forma d’onda, ed arrivare a definire lo spettro (un procedimento analogo è fatto nell’ottica dove la luce è scomposta nelle sue componenti cromatiche, nient’altro che onde a diversa frequenza).

In sostanza, un suono puro è un’ onda sonora la cui pressione acustica istantanea è una semplice funzione sinusoidale del tempo, esprimibile quindi mediante una relazione lineare del tipo :

∆P t P sen tm( ) ( )= ω In pratica, i suoni puri permanenti sono un’ eccezione : normalmente, infatti, il

fenomeno sonoro si presenta come suono complesso costituito da un insieme discreto o continuo di oscillazioni sinusoidali. Se la funzione ∆P(t) che rappresenta il fenomeno sonoro è periodica, essa è analizzabile in serie di fourier in quanto un’oscillazione periodica complessa può essere considerata come una somma di una serie di oscillazioni sinusoidali semplici, le cui frequenze costituiscono una progressione aritmetica.

Cioè, se considero un segnale x(t) periodico di periodo T e frequenza f = 1/T, lo posso sviluppare come somma di infiniti termini armonicamente correlati, ciascuno dei quali è caratterizzato da una frequenza multipla della frequenza f (frequenza fondamentale) . In formule risulta che

x t xnf t

n

nn( ) =

=−∞

=+∞

∑ j2e π

dove i coefficienti dello sviluppo sono

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Lezione del 5/10/98 – 8:30-10:30

- 2 -

x x t dtnf tn 1 / T e

-T/2

T/2

j2

= ∫ ( ) π

La frequenza f1, più bassa, viene chiamata frequenza fondamentale, mentre le

altre componenti, di frequenze f2=2f1, f3=3f1...,sono dette armoniche (va tenuto presente che la prima armonica è la fondamentale, la seconda armonica la f2, e così via). Sono di questo tipo i suoni emessi dagli strumenti musicali.

Oltre alle frequenze multiple della stessa fondamentale, un suono può risultare costituito anche da frequenze che stanno ancora in rapporto semplice, ma non intero, con la più bassa ; queste frequenze sono chiamate parziali e rivestono un ruolo importante in acustica musicale, ad esempio negli strumenti a percussione. Armoniche e parziali caratterizzano il timbro del suono. Possono presentarsi anche casi in cui il suono complesso è costituito da una serie di frequenze pure che stanno tra loro in relazione non armonica. Cio accade, ad esempio, quando quando si eccitano contemporaneamente più modi propri di di oscillazione di corpi vibranti, quali le membrane tese o le piastre, che possiedono appunto frequenze proprie di risonanza in relazione non armonica.

In ogni caso, i suoni complessi sopra definiti possono essere rappresentati mediante un certo numero (teoricamente infinito!) di termini sinusoidali semplici i quali, come è noto, restano individuati ciascuno dai parametri A, f, φ, ossia dall’

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Lezione del 5/10/98 – 8:30-10:30

- 3 -

ampiezza massima di oscillazione, dalla frequenza e dalla fase. La conoscenza di tali grandezze permette quindi di ricostruire l’ oscillazione complessa.

Potendosi trascurare, agli effetti dell’ ascolto, la fase in quanto l’ orecchio avverte principalmente le differenze di ampiezza e frequenza di oscillazione, il suono complesso poò essere rappresentato graficamente da una successione di righe, ciascuna delle quali individua con la sua ascissa la frequenza e con la sua ordinata l’ intensità.

Se, invece, il suono periodico non è puro, ma è complesso, allora la situazione in frequenza è quella della figura seguente :

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Lezione del 5/10/98 – 8:30-10:30

- 4 -

Normalmente, si usa prendere come grandezza rappresentativa dell’ intensità il valore efficace P della pressione acustica, definita come :

∫=T

rms dttPT

P0

2 )(1

dove p t2( ) non è altro che la pressione istantanea al quadrato.

Il valore efficace (RMS) è quello che rappresenta meglio il contenuto energetico

dell'onda. L’ insieme di righe del grafico prende il nome di spettro acustico, o

diagramma di analisi armonica. Il valore efficace dell’ oscillazione armonica nel suo insieme è dato dalla

relazione :

P Pn

n

= ∑ 2

essendo Pn il valore efficace dell’ ennesima armonica. Nella maggior parte dei casi pratici, la funzione ∆P(t) che definisce la pressione

sonora in un punto, non è analizzabile in serie di frequenze pure, ma e una funzione aleatoria che presenta uno spettro continuo in frequenza. E’ questo il caso di un gran numero di rumori quali, ad esempio, il rumore termico di apparecchiature elettroniche, il rumore generato da aviogetti, ecc.

Infine esistono fenomeni acustici (musica, linguaggio parlato, ecc.) costituiti da un gran numero di suoni di breve durata che si susseguono in rapida successione; ciascuno di tali suoni risulta in genere caratterizzato da un transitorio di attacco e un transitorio di estinzione, durante i quali l’ ampiezza della perturbzaione di pressione cresce sino ad un valore di regime e, rispettivamente, decresce fino ad annullarsi.

Anche questi tipi di fenomeni acustici possono essere convenientemente rappresentati da un diagramma spettrale, purchè si tenga conto della variazione temporale delle grandezze acustiche che li caratterizzano.

SPETTRO SONORO : FILTRAGGIO

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Lo spettro di un segnale (e quindi la forma stessa del segnale) può essere modificato se sottoposto ad un’operazione di filtraggio. Un filtro è appunto un dispositivo che opera una trasformazione sulla struttura spettrale di un segnale, trasmettendone una parte ed eliminandone le parti restanti. In altre parole un filtro ha la proprietà di agire, modificandola, sulla ampiezza delle componenti, lasciando inalterata la loro frequenza. Consideriamo ad esempio un segnale periodico le cui armoniche abbiano tutte la stessa ampiezza, cioè le cui righe spettrali siano tutte della stessa altezza (A). Esistono quattro modalità tipiche di trasformarlo con un’operazione di filtraggio. Se il filtro trasmette solo le armoniche aventi frequenza inferiore alla cosiddetta frequenza di taglio (ft), si parla di filtraggio passa-basso (B); si parla invece di filtraggio passa-alto (C) quando sono trasmesse solo le armoniche di frequenza superiore a quella di taglio. Quando le armoniche trasmesse sono quelle di frequenza compresa fra due frequenze di taglio si parla di filtraggio passa-banda (D); mentre se le armoniche comprese fra due frequenze di taglio vengono eliminate si tratta di un filtraggio elimina-banda (E).

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Le trasformazioni spettrali descritte sono realizzate da filtri ideali; per esempio un filtro passa basso ideale, come si è visto, trasmette senza attenuazione tutte le frequenze inferiori a ft, ed elimina completamente tutte quelle superiori. In realtà non esistono filtri ideali: ogni filtro «reale» inizia ad attenuare (leggermente) in prossimità della frequenza di taglio e dopo di questa opera una attenuazione progressiva (più o meno marcata) e non una drastica eliminazione. Nel caso dei filtri reali, la frequenza di taglio ft, è definita come la frequenza a cui il filtro attenua di 3 dB il livello di ampiezza massimo. Inoltre il tasso di attenuazione oltre la frequenza di taglio viene chiamata pendenza e si misura in dB per ottava (dB/oct). Quanto più la pendenza di un filtro (reale) è grande, tanto più esso si avvicina al corrispondente filtro ideale. Nel caso di un filtro passa-banda, in alternativa alle due frequenze di taglio è più usato il parametro larghezza di banda, o banda passante, definito come la differenza fra le frequenze di taglio stesse.

Inoltre, nel caso di un filtro passa-banda simmetrico un ulteriore suo parametro caratteristico è la frequenza centrale (fc), definita come la media delle due frequenze di taglio. Spesso nei passa-banda simmetrici la «simmetria» non è definita su una scala lineare di frequenza, bensì su una scala logaritmica del «valore percentuale» di frequenza.

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La tabella illustra i «valori preferenziali» di frequenza (centrale) utilizzati negli analizzatori, rispettivamente, «di ottava», di «1/2 ottava». di «1/3 d’ottava».Questa serie di frequenze è intesa per misure acustiche e non concerne il campo musicale. Come base di tutte e tre le serie di frequenze preferenziali è stata scelta (come è tradizione in acustica) la frequenza di 1000 Hz. Si noti che in queste serie di valori di frequenza si utilizza un «incremento percentuale» costante e non un «incremento assoluto» costante. Per esempio, nella scala «di ottava», un dato valore di frequenza è pari al 200% del valore precedente, cioè l’incremento (percentuale costante) è del 100% e ad esso corrispondono incrementi assoluti (in Hz) crescenti col crescere della frequenza.

L’altra tecnica fa ricorso ad un

singolo filtro passa-banda di cui viene fatta variare nel tempo la frequenza centrale: in tal modo il filtro compie una «esplorazione» della scala di frequenza e misura in successione l’ampiezza (e la frequenza) di ciascuna armonica. In questo caso l’analisi avviene in tempo differito, cioè intercorre un certo ritardo fra l’immissione del segnale e la definizione completa del suo spettro. E’ importante, perché il filtro passa-banda estragga ciascuna armonica singolarmente, che la sua larghezza di banda sia inferiore all’intervallo di frequenza che separa due armoniche

di ti i lt l l

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adiacenti; in altre parole la larghezza di banda deve essere inferiore alla frequenza del segnale complesso periodico da analizzare. In tal caso si dice che il filtro è a banda stretta. Di contro si parla di filtri a banda larga, quando la loro larghezza di banda è maggiore della frequenza del segnale, per cui essi misurano nello stesso tempo due o più armoniche del segnale. In questo caso, si ottiene un risultato (spettrale) che è ancora largamente utilizzabile in Fonetica.

Rappresentazione schematica della tecnica di analisi di

un segnale complesso periodico composto da due armoniche ad opera di un filtro passa-banda che «esplora» l’asse delle frequenze.

TIPI DI RAPPRSENTAZIONE DELLO SPETTRO Uno spettro, a seconda della tecnica utilizzata per ricavarlo e del tipo di

visualizzazione impiegata, può cambiare notevolmente d’aspetto. Esiste, infatti, una prima differenza tra l’analisi in banda stretta e in banda percentuale costante, ed una seconda differenza nella rappresentazione con asse delle frequenze lineare e logaritmica.

Prendiamo, di seguito, in esame lo spettro di uno stesso segnale, analizzato con

lo stesso strumento e rappresentato in quattro differenti modi.

1. Analisi per bande percentuali costanti in terzi d’ottava con asse delle frequenze in scala logaritmica (fig. 1) (i terzi presentano tutti la stessa larghezza). Graficamente notiamo un segnale piuttosto livellato con un picco alla frequenza di circa 2000 Hz.

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Fig.1

2. Analisi per bande percentuali costanti in terzi d’ottava con asse delle frequenze in scala lineare (fig. 2) (aumentando la frequenza i terzi si allargano). Dallo spettro si nota un segnale che presenta un picco a frequenza apparentemente bassa e che va diminuendo di livello salendo ad alta frequenza.

Fig. 2

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Apparentemente i due spettri sono molto differenti, ma in realtà rappresentano sempre lo stesso segnale: si può vedere questo osservando il valore indicato dal cursore. In entrambi i casi si ha un picco di 87,3 dB alla frequenza di 1982,1286 Hz.

Passiamo ora dai filtri a banda percentuale costante a quelli a banda costante.

3. Analisi in banda stretta con asse delle frequenze logaritmica (fig. 3).

Fig. 3

4. Analisi in banda stretta con asse delle frequenze lineare (fig. 4).

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Fig. 4

Negli ultimi due casi, essendo le bande più strette, esse riescono a catturare

frequenze ad un’energia mediamente inferiore a quella catturata dalla banda in terzi d’ottava. Normalmente, rispetto all’andamento in terzi d’ottava, un segnale visualizzato in banda stretta, tenderà ad attenuare i livelli ad alta frequenza ed ad incrementare quelli a bassa frequenza. Questo si può notare sia dalla fig. 18 sia dalla fig. 19.

Infine passando dall’analisi in terzi d’ottava alla banda stretta il valore in dB del segnale varia. Notiamo che a 2 kHz nei primi due grafici si otteneva un picco a 87,13 dB mentre negli ultimi due esso valeva 66,87 dB (circa 20 decibel di differenza).

Possiamo concludere con certezza che è necessario stabilire il tipo d’analisi in

frequenza in quanto la scala tipografica della rappresentazione dello spettro ne può alterare notevolmente la lettura.

Resta comunque da sottolineare che il nostro udito è meglio rappresentato

dall’analisi in terzi d’ottava con asse delle frequenze in scala logaritmica.

INTENSITA’ ACUSTICA

Un altra grandezza che è interessante calcolare per valutare il fenomeno del trasporto di energia dell’onda piana progressiva è l’intensità acustica che rappresenta il valore medio nel tempo dell’intensità istantanea Ii(t)

( ) ( ) ( )τττ upIi ⋅= (19)

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da cui l’intensità media

( ) ( ) τττ dupI ⋅Τ

= ∫Τ

0

1 (20)

Dopo aver riscritto le equazioni della velocità e della pressione in funzione dell’impedenza:

( ) ( ) ( )kxz

pkxukxku −=−=−Φ= ωτωτωτ sinsinsin maxmaxmax (21)

( ) ( ) ( )kxzukxpkxp −⋅=−=−Φ= ωτωτωτωρ sinsinsin' maxmaxmax0 (22)

posso calcolare l’intensità media (ricordando la formula trigonometrica :

xx 2sin21

21sin 2 += (23)

la quale vale ½ se integrata mediamente nel tempo ) ottenendo tre possibili risultati:

maxmax21 puI ⋅⋅= (24)

2max

121 p

zI ⋅⋅= (25)

2max2

1 uzI ⋅⋅= (26)

Se poi si utilizzano le espressioni dei valori medi efficaci ,in quanto si parla di grandezze sinusoidali, rmsp e rmsu (l’acronimo rms sta per Root Mean Square):

2maxpprms = (27)

2maxuurms = (28)

l’intensità può essere riscritta come:

rmsrms uppuI ⋅=⋅⋅= maxmax21 (29)

zpp

zI rms

22max

121

=⋅⋅= (30)

22

max21

rmsuzuzI ⋅=⋅⋅= (31)

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In generale c’è la tendenza ad abusare di queste formule per la loro estrema comodità di calcolo e semplicità,soprattutto per quanto riguarda la (30).Infatti fino agli anni Ottanta questa espressione era usata per calcolare l’intensità di qualsiasi forma d’onda,commettendo un grossolano errore dal momento che recentemente si è appurato che vale solo per l’onda piana progressiva!Ciò che aveva tratto in inganno era il significato fisico di equivalente energetico del valor medio efficace.Si indicava con esso ,sbagliando, l’energia immagazzinata dal sistema invece di far riferimento solo all’energia potenziale.Avendo calcolato solo il valor medio efficace della pressione in un campo acustico generico,non si è in grado di valutare l’energia cinetica in quanto non è detto che tutta l’energia potenziale si trasformi in energia cinetica!Anzi solitamente l’energia immagazzinata come energia potenziale è mediamente maggiore dell’energia cinetica e viceversa ci sono casi in cui è vero il contrario ,cioè che l’energia immagazzinata in termini di velocità,e quindi l’energia cinetica, è superiore all’energia potenziale.Solo per l’onda piana progressiva sussiste la seguente uguaglianza:

22

rmsrms uzz

p⋅= (32)

e dall’uguaglianza dell’intensità si scrive:

222rmsrms uzp ⋅= (33)

Quindi nell’apprestarsi allo studio di un onda qualsiasi non è sufficiente conoscere solo la pressione per valutare l’intensità,occorrono pressione e velocità. L’unico termine che rimane sempre valido è l’intensità valutata come media integrale nel tempo. MISURE FONOMETRICHE

Le misure fonometriche ci permettono di analizzare e quantificare il suono. Ogni giorno siamo investiti da onde sonore rumori, voci, musica e talvolta può essere utile poterli misurare: in ambienti di lavoro, di studio, strade ecc. allo scopo di rilevare il livello di inquinamento acustico. Per effettuare tali misure si utilizza il fonometro. Si possono trovare in commercio diversi tipi di fonometro con diverse prestazioni e diverse caratteristiche. Lo strumento, grazie al microfono di cui è dotato, è in grado di rilevare le variazioni di pressione generate dalle onde sonore e di visualizzare successivamente su un display (eventualmente su un elaboratore elettronico) il livello di campo misurato. Oggigiorno i fonometri sono anche in grado di effettuare l’analisi in frequenza del segnale captato.

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Fig.1) Partendo da sinistra: microfono, fonometro, generatore di tono puro (indispensabile alla calibrazione del fonometro), cuffietta di protezione anti-vento.

Prima di descrivere il funzionamento del fonometro avvalendomi dello schema a blocchi, devo effettuare alcune importanti premesse. Grandezze misurate e definizione di Livello Equivalente (LEQ)

Il fonometro è in grado di misurare i livelli di pressione, esso campiona il segnale in ingresso ad intervalli di tempo ben definiti che possono variare a seconda della costante di tempo (τ = RC) scelta dall’utente; esistono tre tipi di costanti di tempo:

τ Periodo “ T “ (ms) N° di campioni al sec.

SLOW 1000 1 FAST 125 8

IMPULSE 35 28

Una volta scelta la costante di tempo desiderata, il fonometro rileva nell’unità di tempo i livelli di pressione (LP) istantanei. (Es: 8 rilevazioni al secondo nel caso di costante FAST ).

Matematicamente il livello di pressione (Lp) è definito da:

20

2

10P

P RMSlogLp =

dove:

∫=T

iRMS dPT 0

22 1 τP

PRMS rappresenta il valore medio efficace. Pi = Pressione istantanea del campo sonoro. P0 = Pressione di riferimento, circa 2x10-5 (Pa)

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Possiamo dare, a questo punto ,la definizione matematica di livello equivalente (LEQ)

= ∫

20

0

21

10P

dtPT

iTlogLEQ

Per calcolare “fisicamente” il LEQ possiamo avvalerci di un semplice circuito

elettronico (RC) che, utilizzato come rivelatore del valore medio efficace, fornisce una risposta di questo tipo:

CIRCUITO RC :

SCHEMA A BLOCCHI:

RCVin Vout

SCHEMA ELETTRICO:

VIN VOUT

IRR

C

IC

Supponiamo di applicare in ingresso un segnale delta-di-Dirac ( δ(t) ) allo scopo di trovare la risposta impulsiva ( h(t) ) del filtro. La funzione di trasferimento del filtro sarà quindi:

(t)hRI +=(t)δ ma:

dtdh

C t )(CR III ===

imposto quindi l’equazione differenziale:

)()(

(t)δ tt h

dtdh

RC +=

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e RCt

A −=(t)h risolvo l’equazione applicando il metodo della variazione delle costanti:

eee RCt

(t)RCt

(t)RCt

(t) AARCARCRC −−− +⋅+−= 1

(t)δ

RCδ e RC

t

(t)

=1(t)A

integrando ambedue i membri…

τδ τ dRCe RC

tt −

∞−∫= )((t)A

RC1

=(t)A 0>t

quindi:

RCe RC

t−

=(t)h 0>t

0=(t)h 0<t

a questo punto posso sfruttare h(t) per trovare il generico segnale di uscita (Vout); l’elevamento al quadrato deriva dal fatto che mi interessa il valore medio efficace. il segnale di uscita Vout è quindi ottenuto dalla convoluzione tra Vin e h(t) :

)()()(V ttINtOUT hV ⊗= 22

τ

τ

τ dRC

RCt

VINt

−−

= ∫∞+

∞−

expV )()OUT(

22

(t – τ < 0 ) h(t) = 0 quindi il segnale di uscita sarà:

ττ

τ deVRC

RCtt

IN

−−

∞−∫= 22 1

)(OUT(t)V

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Il termine esponenziale, presente all’interno dell’integrale, rappresenta una

“memoria” in funzione del tempo; dal grafico riportato qui sotto (Fig.2) si nota l’andamento ideale (rappresentato con un tratto di linea più spesso) e l’esponenziale negativo, che rappresenta la memoria presente nei fonometri analogici:

Oss. L’esponenziale decresce infinitamente, ma dopo un tempo pari a 5τ non influenza più il nostro sistema.

V

1

t T

Fig. 2)

FORMULA PRATICA PER DETERMINARE LEQ

Il livello equivalente è una media energetica: cioè una media dei valori di intensità del segnale campionato, non di livello.

=∑

=

N

NN

i

Li

i1

101010 logLEQ

Li = Livello campionato (dB) Ni= numero di campioni rilevati per il livello Li Il calcolo del livello equivalente (LEQ) può essere fatto direttamente dal

fonometro oppure i dati del segnale campionato possono essere elaborati per esempio da un foglio di lavoro .

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Per la misura di Leq è necessario effettuare il campionamento dell’andamento

temporale. Questo stesso campionamento ha un'ulteriore rilevanza, dovuta al decreto misure del marzo '98, il quale afferma che sul suono misurato possono essere effettuate tre possibili correzioni:

1) C1 (per componente impulsiva) 2) C2 (per componente tonale) 3) C3 (per componente tonale a bassa frequenza)

Per ogni correzione di questo tipo vengono addizionati 3 dB e il livello del

rumore ambientale (LAMB) è dato dalla somma : LAMB = Leq + C1 + C2 + C3 E' necessario, allora, stabilire secondo il decreto misure del marzo '98 che cosa si

intenda per rumore impulsivo. Il decreto afferma che: "Il rumore è considerato avente componenti impulsive quando sono verificate le

condizioni seguenti:

• l’evento è ripetitivo;

• la differenza tra LAImax ed LASmax è superiore a 6 dB;

• la durata dell’evento a -10 dB dal valore LAFmax è inferiore a 1 s." La prima condizione è chiarita nel decreto qualche riga più avanti. "L’evento sonoro impulsivo si considera ripetitivo quando si verifica almeno 10

volte nell’arco di un’ora nel periodo diurno ed almeno 2 volte nell’arco di un’ora nel periodo notturno."

Passiamo quindi al secondo punto. LAImax, e LASmax rappresentano rispettivamente il massimo livello misurato secondo la metodologia IMPULSE e secondo la metodologia SLOW. Allora per avere un rumore impulsivo deve valere la condizione:

LAImax - LASmax > 6 dB La formula precedente, tuttavia, è soddisfatta anche dalla voce umana (il che

significa che è una condizione debole, perché facilmente verificabile). Per questo

motivo è stata introdotta la terza condizione, dove compare il termine LAFmax che indica il massimo livello misurato con la costante di tempo FAST. La terza condizione può essere schematizzata dal seguente grafico (Fig. 3).

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∆Τ ∆Τ < 1 s

-10 dB

Fig. 3)

Data la traccia FAST del segnale, deve essere verificato che, abbassandosi di 10

dB rispetto al valore massimo, la durata dell'impulso sia minore di un secondo. Si vede così che è necessario misurare contemporaneamente l’andamento temporale con le tre costanti di tempo IMPULSE, FAST e SLOW. Tuttavia l'unico strumento che permette direttamente una misura di questo tipo è il fonometro della Larson Davis ed è molto costoso. La maggior parte dei fonometri invece permette una misurazione per volta. Quindi l'unica soluzione è quella di registrare il segnale e poi inserirlo nuovamente nel fonometro in metodologia IMPULSE, FAST e SLOW.

Devo però fare attenzione a registrare il segnale in modo da non perdere nessuna informazione e da non introdurre nessun disturbo. Un modo corretto è quello di registrarlo su disco fisso nel computer o su un sistema di registrazione "senza perdite". Infatti se decidessi di fare la registrazione ad esempio su un CD, perderemmo molte delle informazioni necessarie, proprio perché il CD utilizza algoritmi di compressione che perdono parte del segnale.

ESEMPIO:

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Fig. 4) Osservando il grafico, che riporta un segnale campionato con costanti

SLOW, FAST, IMPULSE; notiamo che siamo in un classico caso di applicazione della penalizzazione.

FONOMETRO:

SCHEMA A BLOCCHI:

LogRMS/PeakDetector

Hold("Impulse"

only)

ExternalFilters

OverloadDetector

ACExit

CalculatorIndicatorSystem

DCExit

ImpedanceConverter

MicrophoneAmplifier

andFrequenceWeightingAttenuator

DESCRIZIONE DEI SINGOLI BLOCCHI: MICROFONO (MICROPHONE): Il microfono è il trasduttore pressione -

tensione che permette di rilevare le variazioni del campo sonoro. Contenuto in una struttura tubolare è sensibile unicamente alla pressione, e non alla velocità del campo. E’ quindi totalmente privo dell’effetto “ prossimità “ (per il quale si avrebbe una sovramplificazione delle basse frequenze).

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- 21 -

La caratteristica fondamentale di questi microfoni, è la “ Sensibilità “. La sensibilità microfonica è espressa in mV/Pa (millivolt/Pascal). I valori tipici

rientrano nella fascia da 2 – 100 mV/Pa. Per esempio un microfono con sensibilità 100 mV/Pa è molto sensibile, e viene utilizzato per misure di precisione. Differentemente un microfono con sensibilità di 2 mV/Pa è un microfono poco sensibile (duro), usato per rilievi in cui non è necessaria una particolare precisione.

Il microfono a noi in dotazione ha una sensibilità di 50 mV/Pa, ha quindi una

discreta precisione. I microfoni per misure fonometriche sono di due tipi:

- per misure in “ campo libero “ - per misure in “campo diffuso “

I microfoni per misure in campo libero hanno una risposta piana, quando investiti da un’onda piana progressiva di testa. Possono essere usati all’aperto, puntandoli verso la sorgente sonora oppure in tutti gli ambienti a patto che siano orientati verso la sorgente sonora predominante.

Usati scorrettamente, ossia ad esempio orientati con un angolo di 90° rispetto la sorgente, essi sottostimano le componenti ad alta frequenza.

O n d a p ia n a F o n o m e tr o

Fig.5) Esempio di microfono per misure in campo libero orientato correttamente

d B

f2 2 0 k5 k

U t iliz zato co rre t ta m e nte

U t iliz za to in mo d o er ra to

Fig. 6) Risposta in frequenza per un microfono a campo libero

Per poter effettuare misure in ambienti con più sorgenti acustiche con presenza

di rimbombi, e quindi molto ricchi di campi sonori, sono stati inventati i microfoni a campo diffuso. Usato scorrettamente, ossia orientato verso la sorgente sonora, produce una sovrastima delle alte frequenze.

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d B

f2 2 0 k5 k

U t iliz z a to c o rre t ta m e nte

U t iliz z a to in mo d o e r ra to

Fig. 7) Risposta in frequenza per il microfono a campo diffuso

Avendo uno dei due microfoni, è possibile usarlo per una misura in campo

opposto, apportando alcune correzioni, in base all’ambiente in cui si effettua la misura.

Dovendo infatti utilizzare un microfono per campo libero in campo diffuso, si corregge la curva tramite circuiti di compensazione interni al fonometro stesso (per esempio in quello della Bruel&Kjaer).Questi circuiti correggono la curva dei livelli tramite un’operazione di filtraggio. Per il caso contrario (microfono per campo diffuso in campo libero), è sufficiente orientare lo stesso a 90° rispetto alla sorgente sonora. E’ bene sapere che tutti questi microfoni, sono in CLASSE 1.

Questo significa che la ditta produttrice garantisce la risposta in frequenza del dispositivo entro i limiti di tolleranza indicati e previsti dalle norme.

Il microfono è costituito da due membrane: una vincolata agli estremi esposta al

campo sonoro, ed una sottostante libera nella quale sono presenti delle fessure per il passaggio dell’aria. Queste membrane sono sottoposte ad una differenza di potenziale (∆V), detta di polarizzazione, solitamente di 200 Volt. Le due membrane costituiscono un “ condensatore ” . Il microfono viene di conseguenza chiamato “ microfono a condensatore “.

All’arrivo del campo sonoro, le membrane si avvicinano e si allontanano proporzionalmente alla pressione del campo, e si ha così una variazione di capacità e quindi di tensione. In serie al condensatore costituito dalle membrane se ne trova un altro, necessario per bloccare la componente continua e, permettere unicamente il passaggio della variazione di tensione.

Esistono in commercio anche microfoni autopolarizzati ,che hanno la polarizzazione internamente, ma sono meno stabili e quindi meno affidabili.

Il segnale in uscita è ora un segnale elettrico.

ADATTATORE DI IMPEDENZA ELETTRICA (IMPEDANCE CONVERTER): Questo dispositivo non è altro che un adattatore di impedenza che consente al

sistema di funzionare.

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Infatti il microfono a condensatore non funziona se chiuso su di un carico, poichè si ha l’innesco del processo di scarica del condensatore stesso (attraverso la resistenza del circuito a valle), per la quale non verrebbero rilevate le variazioni di tensione.

Chiudendo invece il circuito su di una impedenza infinita o comunque molto grande, il condensatore (microfono), non si scarica e, la variazione di tensione, viene rilevata dal circuito a valle. Questi adattatori sono comunemente costituiti da transistori unipolari (JFET – transistori ad effetto di campo) a guadagno unitario, i quali “disaccoppiano” il microfono dal resto del circuito. La caratteristica di questi dispositivi è proprio quella di riportare a monte un’impedenza elevata, e a valle una impedenza bassa sulla quale può scorrere una corrente non trascurabile.

Parecchie volte erroneamente questo stadio viene chiamato “ preamplificatore microfonico “; questo termine è improprio, perchè come già detto, il guadagno è unitario e di conseguenza non si ha amplificazione del segnale. E’ possibile inoltre porre il microfono a distanza dal fonometro tramite l’applicazione di un cavo tra l’uscita del convertitore di impedenza e lo strumento vero e proprio.

ATTENUATORE E FILTRI DI PONDERAZIONE (AMPLIFIER Fr WEIGHTING ATTENUATOR):

Questo dispositivo consente più operazioni:

- selezionare il fondo scala desiderato - selezionare il tipo di ponderazione - selezionare eventualmente l’analisi in frequenza

Selezionare il fondo scala è importante perché, un suono troppo forte, può

saturare lo strumento il quale non riesce più a leggere il segnale. In questa condizione il fondo scala selezionato è troppo basso. Analogo è il discorso nel caso in cui è stato selezionato un fondo scala troppo alto per un segnale piuttosto debole, il quale non viene rilevato.

Il fondo scala va’ quindi adattato in modo che il livello sonoro, rientri nel “ range “ di valori selezionato.

Il nostro strumento della Delta – Ohm ha un range di lavoro di 60dB per quattro fondo scala:

- 24 – 84 dB - 44 – 104 dB per misure ambientali - 64 – 124 dB per misure in ambienti di lavoro - 84 – 144 dB

I più usati sono i due della fascia centrale. Per esempio: - il livello della voce di un professore che parla in aula con il microfono è di circa 79 – 80 dB - il rumore di fondo causato dai soffioni di un’aula di università è di circa 49 – 50 dB E’ possibile inoltre la scelta della ponderazione ( A,B,C,D ) oppure dell’analisi

in frequenza.

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Un errore in cui spesso si incorre è quello di affrontare l’analisi in frequenza del segnale già ponderato. Come visibile nello schema a blocchi, questo fonometro permette di selezionare o una o l’altra analisi del segnale, grazie ad un commutatore, che determina il collegamento del resto del sistema o con l’attenuatore, o con un sistema di filtri per l’analisi in frequenza.

INDICATORE DI OWERFLOW e UNDERFLOW (OWERFLOW DETECTOR): Questo stadio indica quindi quando si presentano gli stati di “ overflow “ o di “

underflow “, in modo che l’utente venga informato, e selezioni l’esatto fondo scala per poter effettuare la misura.

FILTRI ESTERNI (EXTERNAL FILTER): Questo insieme di filtri rende possibile l’analisi in frequenza del segnale. Negli

strumenti moderni questo blocco è interno al sistema e realizzato da circuiti elettronici. I fonometri non recenti venivano collegati invece ad un dispositivo secondario, contenente appunto i filtri (a valvole) che occupavano però molto più spazio. Ecco perchè erano collegati esternamente.

RILEVATORE DI PICCO LOGARITMICO (LOG – RMS PEAK DETECTOR): Passando attraverso questo stadio, il segnale precedentemente filtrato e

predisposto per la ponderazione o per l’analisi in frequenza, viene innanzitutto raddrizzato (elevamento a quadrato), viene poi rilevato per farne la media efficace (RMS).

Da questo stadio viene quindi operata una conversione da logaritmico ad un valore efficace RMS.

SISTEMA DI CALCOLO E DI INDICAZIONE (CALCULATOR INDICATOR SYSTEM):

Il sistema di calcolo campiona il segnale con costante assegnata (FAST, SLOW,

IMPULSE). Se ad esempio, la misura viene effettuata su un intervallo di tempo di 10 minuti, ed il campionamento avviene con costante “FAST”, si ha:

10 min = 600 s costante “Fast” = 125 ms N = n° campioni = 600 * 8 = 4800 Come sarà specificato poi in seguito, il sistema fornisce in uscita il livello

equivalente del campo. Viene eseguita cioè dal sistema di elaborazione una media di tutti i valori

campionati. La stessa viene poi aggiornata nel tempo, ed è possibile vedere il cosiddetto

“running della media”, ossia, l’andamento della media nel tempo.

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DISPLAY

I vecchi strumenti erano analogici (a lancetta) e anche se non erano

particolarmente precisi, fornivano un’indicazione molto intuitiva del livello di rumore misurato.

Gli strumenti moderni, con display digitale, sono sicuramente più precisi, ma anch’essi riportano al di sopra del display una “lancetta digitale” che fornisce l’indicazione analogica della stessa misura.

HOLD (“IMPULSE” ONLY) E’ una cella di memoria che permette di mantenere la misura eseguita fissa sul

display (come un tasto pause in un registratore). Nella pratica è poco usato.

DISPOSITIVI DI USCITA DEL SEGNALE: Il fonometro, riporta diversi tipi di prese per poter prelevare il segnale:

- presa AC pre-filter (nei fonometri recenti) Da questa presa è possibile prelevare il segnale non ponderato, ottimo per l’analisi in frequenza.

- presa AC post-filter (nei fonometri recenti) Da questa presa è possibile prelevare il segnale già ponderato.

- presa DC (nei fonometri non recenti) Questa presa oggi poco usata, era dedicata a strumenti di registrazione della vecchia generazione.

- una porta seriale per la eventuale connessione ad un Pc

Le prese AC vengono utilizzate anche per la registrazione dei campioni tramite registratori digitali, come i DAT, schede di campionamento, Pc, ecc. LA SCALA DEI DECIBEL

Lo scienziato statunitense Graham Bell (1847-1922) osservò che la sensazione sonora, alla frequenza campione di 1000 Hz, raddoppia se l’intensità del suono che la provoca cresce di un fattore pari a circa 3.16 ≅ 10 . Tale valore è naturalmente approssimato, in quanto la risposta ad una variazione in pressione dipende dalle caratteristiche dell’onda sonora, ma risulta essere abbastanza preciso. In particolare tale valore convinse Bell ad usare una scala logaritmica per misurare la sensazione sonora: scegliendo ad esempio una scala arbitraria alle varie pressioni si avrebbero i seguenti risultati

Pressione sonora (Pa) Sensazione (S)0.01 1 0.0316 2

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0.1 3 0.316 4 1 5

dove l’aumento di S di un’unità indica il raddoppio della sensazione.

Bell definì quindi la sensazione sonora come:

20

2

lg PPRMSS =

utilizzando come unità di misura per tale grandezza il Bel [B] (dove lg indica il logaritmo in base dieci). Si può notare come le pressioni usate non siano quelle massime associate all’onda, ma il valor medio efficace (RMS) mediato su un periodo, in quanto tale valore è più semplice da calcolare. La quantità P0 è la pressione di riferimento, fissata al valore 102 5−⋅ Pa, che corrisponde al più basso suono udibile avente frequenza 1000 Hz. I valori ottenuti con tale formula corrispondono bene a quelli trovati sperimentalmente, ma tale scala si rivelò presto troppo grossolana: è per questo che ancora oggi si usano i suoi sottomultipli, in particolare il Decibel [dB]. Il Decibel non è una vera e propria unità di misura, ma indica il livello della grandezza al quale è riferito:

20

2

lg10 PPRMSL ⋅=

il risultato di tale espressione è quindi il livello di pressione associato al suono. Il Decibel viene riferito a qualsiasi grandezza di cui sia necessario avere una

scala logaritmica; ad esempio le scale usate per indicare il volume di molti stereo sono espresse in decibel negativi: esse misurano il livello di attenuazione del segnale sonoro originario. Un’altra caratteristica importante del decibel risiede nella sua semplicità pratica ai fini del calcolo. Se, ad esempio, due suoni hanno una differenza nel livello della pressione pari a 6dB, attraverso semplici calcoli si può risalire alla differenza di pressione sonora che li distingue:

2lg2066lg10

6lg10lg106

2

12

2

21

22

21

20

22

20

21

21

≅⇒⋅=⇒=⋅

=⋅−⋅⇒=−

PP

PP

PP

PP

PPdBLL

Se il segnale sonoro è trasmesso da un’onda piana sinusoidale con velocità e pressione in fase, è utile definire un livello per tutte le sue grandezze caratteristiche. Si definisce quindi il Livello di velocità:

20

2

lg10V

VL RMS

v ⋅=

che indica la velocità dell’onda sonora rispetto alla velocità di riferimento; quest’ultimo valore si ricava facilmente ricordando che VP ⋅≅ 400 :

smP

PV

PVRMS

RMS 8000 105

400−⋅===

Livello di pressione sonora:

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2

2log10

o

rmsp

pp

L =

con p0 = 2 µPa valore di riferimento.

Il Livello di intensità sonora:

0

lg10IILI ⋅=

dove il valore di riferimento è dato da:

212

0

20

00

2

101 mW

cP

Ic

PI RMS −⋅==⇒=

ρρ

Infine il Livello di densità sonora:

0

lgDDLD =

dove il valore di riferimento è dato da:

3150

0 103 mJ

cI

DcID −⋅==⇒=

Utilizzando i livelli così definiti per analizzare un’onda piana sinusoidale si ottiene: DIvp LLLL ===

ESEMPIO : SOMMA DI SEGNALI

Somma coerente Dati due segnali sonori è possibile calcolare i livelli associati nei due casi:

][lg10 20

21

1 dBPPL ⋅= ][lg10 2

0

22

2 dBPPL ⋅=

Se i due segnali sono perfettamente in fase, istante per istante le due pressioni sonore possono essere sommate per trovare un livello totale:

( )][lg10 2

0

221 dB

PPPLTOT

+⋅=

Se, inoltre, P1=P2: ( )

][lg106][lg104lg10][2

lg10 20

21

20

21

20

21 dBdBdB

PP

PP

PPLTOT ⋅+=⋅+⋅=

⋅⋅=

Sommando in pressione due livelli si ottiene un incremento massimo di 6 dB. Per cui giungiamo all’inaspettato risultato che dBdBdB 767070 =+ .

Somma incoerente Nel caso in cui si abbiano a disposizione due altoparlanti che emettono lo stesso

segnale, ricevere con un microfono due suoni assolutamente identici è praticamente

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impossibile: spesso, infatti, due segnali sono già lievemente differenti in partenza e percorrono distanze diverse prima di raggiungere il microfono. In un punto arbitrariamente lontano, quindi, a volte i segnali si sommano raddoppiando la pressione sonora, s'annullano oppure si presentano sono a fasi intermedie.

Generalmente, per somma di due livelli si considera una somma incoerente. Quindi, per ottenere il livello sonoro totale si sfrutta il principio di conservazione

dell'energia: esso prevede che la densità d'energia sonora sia uguale alla somma aritmetica delle due prese singolarmente.

Altoparlante 1 Altoparlante 2

Microfono Fig. 12: Somma incoerente

Quindi, sommando le intensità dei due segnali si ottiene:

IIILTOT

0

21lg10+

⋅=

Se I1=I2 allora:

][lg103][lg102lg100

1

0

1 dBdBII

IILTOT ⋅+=⋅+⋅=

Per cui, ad esempio, dBdBdB 737070 =+ e non dBdBdB 1407070 =+ . Possiamo quindi affermare che: sommando due livelli L1 ed L2, si ottiene un

segnale che è dato dal maggiore dei due incrementato al massimo di 3 dB (lo si può notare anche dal grafico seguente).

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- 29 -

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

Differenza di livello (dB)

Valo

re in

dB

di c

ui in

crem

enta

re il

live

llo m

aggi

ore

Fig. 13

Dalle proprietà del logaritmo possiamo inoltre capire che il valore da sommare al maggiore dei due suoni dipende unicamente dalla differenza di livello tra i due, non dal livello di partenza.

In fig. 13 è indicato quanto si deve sommare al livello del maggiore tra i due segnali per ottenere il livello totale.

Come si può notare, se i due livelli differiscono per più di 10 dB, l’incremento sul maggiore è sostanzialmente nullo (di soli +0,4 dB).

Ad esempio dBdBdB 807080 =+ . Supponiamo allora di essere in presenza di una sorgente forte e di una debole:

l’orecchio umano percepisce entrambe le sorgenti, un fonometro invece soltanto la prima. Il suono è quindi trascurabile dal punto di vista del livello totale, ma è comunque udibile (sempre che non sia presente il fenomeno del mascheramento).

Interferenza In presenza dello stesso segnale riprodotto da due altoparlanti si possono avere

effetti di interferenza: vi sono, cioè, zone in cui i due segnali sono in fase (la somma avviene in pressione per un incremento massimo di 6 dB) ed altre in cui essi sono in controfase (uno ha un massimo e l’altro un minimo). In queste zone i due segnali elidono mutuamente i loro effetti. In particolare, i minimi d’intensità si trovano a distanza proporzionale a mezza lunghezza d’onda.

Gli effetti d’interferenza sono problematici quando si hanno solo due sorgenti di segnale. Con più sorgenti sarebbe praticamente impossibile trovare un punto in cui il segnale totale si annulla completamente.

L’operazione di cancellazione di un suono con un controsuono è praticamente

irrealizzabile in una vasta regione: solo in condizioni geometriche molto favorevoli è ottenibile una zona di cancellazione più grande di ¼ di lunghezza d’onda. In condizioni normali, invece, le bolle silenti che si vengono a creare sono relativamente piccole (già ad una frequenza di 1000 Hz ho una lunghezza d’onda di 34 cm e quindi una bolla di raggio molto piccolo).

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ACUSTICA PSICOFISICA

Misura dei fenomeni acustici in decibel I fenomeni acustici consistono in fenomeni oscillatori della materia; quindi, contrariamente alle onde elettromagnetiche non si propagano nel vuoto e necessitano per la loro propagazione di un mezzo elastico. L’orecchio umano percepisce questi fenomeni per un intervallo di frequenze che va dai 20 Hz e i 20 kHz. Le oscillazioni non percepibili che si trovano al di sopra dei 20 kHz vengono chiamate ultrasuoni, mentre al di sotto dei 20 Hz infrasuoni. Il suono si propaga nel mezzo elastico tramite onde di pressione. La sorgente sonora, cioè un corpo in vibrazione, trasmette sollecitazioni di pressione al mezzo, mediante una legge matematica in funzione del tempo. Le particelle del mezzo, sollecitate, oscillano attorno alla loro posizione di riposo, dando origine a trasformazioni della loro energia potenziale elastica in energia cinetica e viceversa. Nel mezzo di propagazione si ha quindi una perturbazione di pressione, la cui velocità è chiamata velocità del suono. I fenomeni acustici vengono espressi mediante la scala logaritmica dei decibel (dB), che fa riferimento alla pressione acustica; quest’ultima è la differenza tra la pressione p(t) presente nell’istante t e la pressione statica che ci sarebbe nello stesso punto e nello stesso istante t in assenza del passaggio dell’onda sonora. Il livello di pressione acustica L in dB al di sopra di un livello zero di riferimento, che corrisponde alla pressione di riferimento P0, è dato dalla relazione:

L = 20 log10( P / P0 )

dove P è la pressione acustica. La scala dei decibel tiene quindi conto della percezione logaritmica che l’orecchio umano ha del suono e che è caratteristica di tutte le sensazioni umane, le quali sono proporzionali al logaritmo dello stimolo. La sensazione uditiva I fenomeni acustici sono caratterizzati da due grandezze: pressione acustica e frequenza. La prima dipende dalla pressione esercitata dall’onda sonora sulle particelle del mezzo di propagazione, la seconda dal numero d’oscillazioni che avvengono al passaggio dell’onda in un secondo.

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fig. 1

Il grafico (fig. 1) mette in relazione queste due grandezze e delimita l’area della sensazione uditiva che racchiude tutti i suoni percepibili dall’udito umano; superiormente essa è limitata da una curva detta soglia del dolore e inferiormente dalla curva chiamata soglia d’udibilità. L’audiogramma normale di Fletcher e Munson L’audiogramma normale di Fletcher e Munson (fig. 2) fornisce dati sul comportamento dell’udito umano nel caso di suoni puri con riferimento all’intensità soggettiva; quest’ultima è legata al livello di pressione e alla frequenza dell’onda sonora. L’audiogramma è il frutto di studi compiuti su un gran numero di individui aventi un udito normale e privo di difetti. E’ limitato inferiormente da una curva che corrisponde alla soglia di udibilità e superiormente da tre tipi di curve dette: soglia del disturbo, soglia del dolore e soglia del danno uditivo che naturalmente non è determinabile sperimentalmente. La zona tra la soglia di udibilità e quella del dolore è detta area di udibilità normale; le due soglie tendono inoltre a congiungersi ai due estremi della banda delle frequenze udibili; l’estremo inferiore della banda si trova ad una frequenza di 16÷20 Hz, quello superiore a 16 kHz. Al di sopra della banda vi è la banda degli ultrasuoni, al di sotto quella degli infrasuoni.

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fig. 2

Per tracciare l’audiogramma sono stati effettuati dei confronti tra una serie di toni puri, sparsi in tutta la banda delle frequenze, e un tono puro di riferimento con frequenza di 1000 Hz. Mantenendo fisso il livello di pressione del tono di riferimento e modificando quello degli altri toni puri fino a raggiungere la condizione di isointensità soggettiva, e misurando per tutti i toni puri i valori del livello di pressione che fanno capo alla condizione di isointensità soggettiva, è possibile tracciare sull’audiogramma i punti sperimentali corrispondenti. Tramite un’interpolazione è possibile disegnare una curva dove è costante il livello di intensità di sensazione; questa curva è detta isofonica. Ogni curva fornisce un valore diverso del livello di intensità soggettiva, la cui unità di misura è il phon. Le isofoniche sono graficamente abbastanza simili tra loro ma non sono mai sovrapponibili e la loro forma mostra la forte non linearità che caratterizza l’udito umano. Dall’audiogramma si nota come l’orecchio umano sia più sensibile alle medie frequenze fra qualche centinaio e qualche migliaio di Hz; ciò dipende dalla configurazione strutturale del padiglione auricolare che amplifica specificamente i suoni solo per una fascia di valori delle frequenze. La scala dei Phon è caduta in disuso per due motivi, uno di tipo pratico e l’altro di natura teorica: il primo consiste nella difficoltà a lavorare con curve complicate, non determinabili da un'unica legge e difficilmente utilizzabili con una tecnologia di tipo

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analogico che rendeva necessaria addirittura una conversione a mano dei dati; il secondo motivo prende in considerazione il fatto che questa scala utilizza solo suoni puri, cioè sinusoidi perfette, diretti frontalmente all’orecchio umano con perdita della tridimensionalità del campo sonoro. Il sistema uditivo Il sistema uditivo dell’uomo può essere sintetizzato in tre parti: orecchi esterno, orecchio medio e orecchio interno.

fig. 3 L’orecchio esterno, oltre al padiglione auricolare, comprende un condotto, detto canale auricolare, alla cui estremità si trova il timpano, membrana elastica e sottile, ma robusta; questa divide orecchio esterno e medio, e funziona inoltre da barriera, poiché non permette né all’acqua né all’aria di entrare all’interno dell’orecchio. L’orecchio medio si trova racchiuso nella cassa timpanica, cavità ossea del cranio, che contiene tre ossicini (martello, incudine e staffa (fig. 4)), i quali hanno la funzione di trasmettere le vibrazioni prodotte dai suoni nella zona più interna dell’orecchio.

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- 5 -

fig. 4

La cassa timpanica è inoltre messa a contatto con le retrocavità nasali tramite la tromba di Eustachio. Orecchio medio ed interno sono separati da un’altra membrana detta finestra ovale, la quale è a contatto con la staffa. Il compito degli ossicini è trasformare la forma ma non il contenuto del segnale sonoro per non perderne la qualità quando nell’orecchio interno il segnale deve attraversare l’endolinfa, liquido dotato di una propria impedenza acustica.

L’orecchio interno è costituito dalla coclea e dal labirinto (fig. 5).

fig. 5

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- 6 -

La coclea, che è il vero organo uditivo, è un condotto formato da due canali che ha forma di chiocciola. Questi canali sono divisi da una membrana detta basale e prendono il nome di canale vestibolare e timpanico (fig. 6).

fig. 6

Il segnale sonoro percorre interamente il primo per poi passare nel secondo; al suo passaggio si verifica tra i due condotti una differenza di pressione che viene recepita dalle cellule cigliate che si trovano sulla membrana ed ospitano terminazioni nervose. Inoltre lo spessore della membrana aumenta all’allontanarsi dalla finestra ovale diventando però più molle. Questa struttura permette di distinguere le varie frequenze: i suoni ad alta frequenza sono registrati dalla prima porzione della membrana, mentre le più basse frequenze dall’ultima. Proprio perché le frequenze sono separate, un danno all’udito a livello delle terminazioni nervose che si trovano sulla membrana basale non pregiudica la ricezione totale dei suoni ma solo quella che avviene alle frequenze corrispondenti alle terminazioni danneggiate. Perdita dell’udito I danni al sistema uditivo umano possono essere temporanei oppure permanenti.Un danno temporaneo può comparire con l’esposizione per alcune ore dell’organo uditivo a livelli sonori alti; può causare nausea, perdita dell’equilibrio, labirintite ed è dovuto alla maggiore sforzo meccanico che l’organo deve compiere. Si hanno danni permanenti specialmente per l’esposizione, prolungata negli anni, a suoni di livello medio alto, come spesso avviene in certi ambienti di lavoro. Il grafico seguente mette in relazione la perdita in decibel rispetto alle varie frequenze, secondo il periodo di esposizione prolungata a livelli medio alti.

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- 7 -

fig. 7

Dal grafico di fig. 7 si può vedere come l’esposizione prolungata a suoni con un livello di 90 dB arrechi più danni intorno ai 4000 Hz. La sensibilità del sistema uditivo umano è infatti maggiore tra i 2000 e i 4000 Hz, poiché in questa banda di frequenze vengono emesse le consonanti. Una persona con un danno uditivo riporta quindi difficoltà a percepire le consonanti, mentre sente bene le vocali che hanno frequenze intorno ai 400 Hz. Il risultato è che la persona con udito leso sente che le si sta parlando, ma ha difficoltà a capire quello che le viene detto. Esempio L’esempio seguente mostra come si possa ridurre l’inquinamento acustico spostando l’energia in gioco ad una frequenza più bassa. Una ventola formata da quattro pale lavora a 3000 G/min e quindi ad una frequenza f pari a 200 Hz. Infatti f = 50 (G/sec) * 4 (n°pale) = 200 (Hz). Una ventola di questo tipo produce un inquinamento acustico di 81 dB(A) ≅ 90 dB. Per diminuire i dB(A) bisogna diminuire la frequenza; volendo mantenere costanti i 3000 G/min non resta che diminuire il numero delle pale. Utilizzando due pale, più grosse delle precedenti, posso ridurre il rumore prodotto a 71 dB(A). Curve di ponderazione Lo strumento standard utilizzato per compiere le misure fonometriche è il misuratore di livello sonoro normalizzato, chiamato comunemente fonometro.

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M S A1 G P R A2

M = microfono panoramico A1- A2 = attenuatori G = amplificatore P = rete ponderat rice R = rettificatore S = misuratore di tensione in dB

fig. 8

Da una schematizzazione a blocchi del fonometro (fig. 8) vediamo che il segnale dal microfono panoramico, attraverso un attenuatore, arriva ad un amplificatore e poi passa attraverso una rete ponderatrice. Le reti ponderatrici del fonometro sono selezionate da un commutatore ed il loro incarico è quello di assegnare allo strumento una curva di risposta affinché essa riproduca il corrispondente comportamento dell’udito. Una curva di ponderazione, che è in pratica una isofonica ribaltata, rappresenta la caratteristica sensibilità-frequenza. Dopo essere stato ponderato il segnale viene inviato per mezzo di un rettificatore e di un attenuatore ad uno strumento indicatore, che è tarato in dB.

fig. 9

Vi sono varie curve di ponderazione (fig. 9) , anche se quella comunemente usata è la curva di ponderazione A che è risultata quella meglio correlata con gli effetti indesiderati dei rumori da valutare. La curva A corrisponde alla isofonica di 40 phon dell’audiogramma normale di Fletcher e Munson, la B a quella di 70 phon, mentre la C a quella di 100 phon. La curva D è utilizzata per la valutazione della rumorosità del traffico aereo. Il fonometro non garantisce una approssimazione precisa nel caso di suoni a spettro complesso; il gap tra il livello sonoro restituito dal fonometro e il

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livello in phon supera spesso le 10 unità logaritmiche. Lo scopo che si raggiunge con la ponderazione è comunque quello di convertire in scala logaritmica il segnale elaborato dagli strumenti in forma lineare. Filtri passa-banda Per effettuare l’analisi in frequenza può venire utilizzato un banco di filtri passa-banda. Questo metodo consiste nello studiare il segnale sonoro a frequenze separate: ogni singolo filtro del banco è infatti costruito in modo da permettere il passaggio delle sole frequenze che fanno parte di un determinato intervallo. Fornendo ogni filtro di un voltmetro si può quindi misurare il livello di ogni intervallo di frequenze. Se il nostro filtro fosse ideale la curva del guadagno (fig. 10) dovrebbe essere equivalente ad un impulso rettangolare mentre nella realtà i fronti di salita e discesa non raggiungono mai la perfetta perpendicolarità rispetto all’asse delle frequenze per limiti tecnologici (fig. 10).

f

G

fig. 10

fig. 11

Il grafico (fig. 11) che rappresenta il guadagno ipotetico di un filtro reale è costituito da una parte centrale in cui esso vale costantemente 0 dB che prende il nome di banda efficace (∆f), che è compresa tra le due frequenze di taglio f1 e f2 posizionate a metà energia rispetto alla banda passante; alle due estremità di questa banda vi sono due zone in cui il guadagno è trascurabile che devono comunque avere una pendenza variabile entro una determinata tolleranza definita dall’I.E.C.(organizzazione per la

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definizione degli standard delle misure acustiche). Il guadagno corrispondente a f1 e f2 vale -3 dB. fc è detta frequenza di centro-banda e naturalmente il guadagno equivale a 0 dB. I principali spettri per bande sono: quello a bande costanti, caratterizzato dalla medesima ampiezza di tutte le bande, e quello a bande percentuali costanti, dove ogni banda è il doppio della precedente. Spettri a bande percentuali costanti sono quelli a banda d’ottava. L’ottava, che corrisponde all’ottava musicale, è delimitata tra due frequenze f1 e f2 tali che il rapporto f1/f2 sia uguale a 2 (f1<f2); sono valide per essa le seguenti relazioni:

2,2

,2 2112 ⋅=== cc fff

fff

L’ottava è una banda piuttosto larga e in talune applicazioni è necessario suddividere la banda d’ottava in bande sottomultiple; i filtri di questo tipo sono chiamati a frazione d’ottava. La suddivisione più nota è quella di 1/3 d’ottava, ma sono comuni anche filtri di 1/6, 1/12, 1/24 d’ottava. Ogni filtro di questo tipo dovrà verificare che il rapporto tra la differenza delle frequenze f2 e f1 e la frequenza di centro-banda sia equivalente ad un valore costante.

constfff

ff

cc

=−

=∆ 12

Questo valore costante per i filtri d’ottava equivale a:

707,02

1≅

La frequenza massima di un filtro risulta uguale alla minima di quello seguente. Se prendiamo in considerazione filtri a 1/12 d’ottava il rapporto tra f1 e f2 è il seguente:

212

1

2 =

ff

05946,1212

1

2 ==

ff

Il rapporto tra f1 e f2 nel caso di un filtro a 1/3 d’ottava è:

23

1

2 =

ff

2599,123

1

2 ==

ff

I filtri a 1/3 d’ottava sono i più utilizzati poiché meglio si rapportano al sistema uditivo umano, specialmente per frequenze sopra i 600 Hz; al di sotto di questo valore non è infatti possibile riprodurre la risoluzione dell’udito umano. La seguente tabella mostra che con dieci filtri d’ottava è possibile ricoprire l’intero spettro delle frequenze udibili. Ciascun filtro ha frequenza di centro banda doppia di quella del filtro precedente. L’insieme dei dieci filtri copre le frequenze tra i 20 Hz e i 20 kHz.

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fc1 fc2 fc3 fc4 fc5 fc6 fc7 fc8 fc9 fc10

31,5 Hz 63 Hz 125 Hz 250 Hz 500 Hz 1 kHz 2 kHz 4 kHz 8 kHz 16 kHz

Un banco di filtri a 1/3 d’ottava sarà quindi formato da trenta filtri mentre uno a 1/12 d’ottava da ben 120 filtri.

fig. 12

I filtri reali non possono separare alla perfezione le frequenze. La probabilità che un suono puro cada nella zona in cui due filtri ad 1/3 d’ottava (fig. 12) si sovrappongono è alta; in questo caso la sovrapposizione è del 31%. Alle frequenze f2 e f3 riportate in figura ad esempio lo spettro rileva energia sia nella banda inferiore sia in quella superiore.

Rappresentazioni spettrali

Uno stesso segnale può essere rappresentato tramite vari tipi di spettri, differenti per tipo di banda o per scala dell’asse delle frequenze. Dal punto di vista grafico gli spettri di uno stesso segnale risultano molto diversi l’uno dall’altro.

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Dall’analisi dello stesso segnale per bande percentuali costanti in terzi d’ottava prima con asse delle frequenze in scala logaritmica (fig. 13) e poi lineare (fig. 14 ) si vede che nel primo caso i terzi rimangono costanti, mentre nel secondo questi si allargano all’aumentare della frequenza; nel primo grafico il segnale appare abbastanza livellato, mentre nel secondo diminuisce d’altezza con l’aumento della frequenza. In entrambi i casi il picco di 87.3 dB si trova alla frequenza di 1982,1286 Hz. A testimonianza che il segnale studiato è il medesimo.

fig.13

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- 13 -

fig. 14

I seguenti grafici mostrano l’analisi in frequenza dello stesso segnale in banda stretta con asse delle frequenze prima in scala logaritmica (fig. 15 ) e dopo lineare (fig. 16 ). Anche questa volta il grafico in scala lineare tende ad essere livellato, mentre quello in scala lineare decresce in altezza. Con l’analisi in banda stretta il picco scende a 66.87. L’analisi in banda stretta restituisce frequenze in media più basse rispetto all’analisi in terzi d’ottava; essa attenua i livelli a più alte frequenze, mentre amplifica quelli a frequenze minori.

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- 14 -

fig. 15

fig. 16

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- 15 -

Esercizio

Data la seguente tabella calcolare il livello totale in dB e in dB(A).

frequenza dB A dB(A) 31,3 90 -39,4 50,6 63 87 -26,2 60,8 125 80 -16,1 63,9 250 82 -8,6 73,4 500 79 -3,2 75,8 1000 80 0 80 2000 75 1,2 76,2 4000 72 1 73 8000 70 -1,1 68,9 16000 70 -6,6 63,4

dBLTOT 0,93

10101010101010101010

lg10772,75,78

9,72,887,89

=

+++++

++++⋅=

)(7,831010101010

1010101010lg10

34,689,63,762,78

58,734,739,608,606,5

, AdBL ATOT =

+++++

++++⋅=

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Stefano Danesi – matr. 131608 – Lezione del 13/11/2001 – ora 14:30-16:30

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ACUSTICA PSICOFISICA

Introduzione

In questa lezione tratteremo il funzionamento del sistema uditivo umano e vedremo che le nostre orecchie sono come dei sensori e la sensazione uditiva non è proporzionale allo stimolo ma al suo logaritmo.

Per una legge elaborata dal fisico e filosofo tedesco T.G. Fechner (1801-1887), ritenuto il fondatore della psicofisica, alcune sensazioni fisiologiche, come quelle prodotte dalle onde sonore, non crescono come si potrebbe intuitivamente ritenere, in proporzione lineare con lo stimolo, bensì aumentano con il logaritmo in base 10 della grandezza fisica che produce la sensazione. Così, se l’intensità dello stimolo cresce secondo le potenze di 10 (10, 102, 103, 104, ecc.), le conseguenti sensazioni aumentano secondo i valori dei rispettivi esponenti (1, 2, 3, 4, ecc.).

La sensazione sonora

Il suono è caratterizzato da due grandezze fondamentali: la pressione, che dipende dall’intensità dell’onda che trasporta il segnale, e la frequenza, che dipende dal numero di onde o vibrazioni che si susseguono in un secondo. Sottoponendo individui otologicamente normali a diversi stimoli sonori, variabili in pressione e frequenza, è possibile tracciare un grafico delle risposte/sensazioni uditive, detto diagramma di sensazione.

Fig.1 - Diagramma di sensazione

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Il limite inferiore del grafico o soglia di udibilità, rappresenta le pressioni

minime, alle diverse frequenze, che sono percepite dall’uomo; il limite superiore o soglia del dolore, indica la massima intensità sonora che non provoca dolore; queste due linee delimitano l’area della sensazione uditiva, che contiene tutti i suoni udibili.

Audiogramma di Fletcher e Munson

I ricercatori Fletcher e Munson, utilizzando un diverso approccio al problema, elaborarono negli anni ’30 un diagramma più completo, basato sulle curve isofoniche. Tali curve rappresentano il livello di pressione che deve avere un suono, alle diverse frequenze, per provocare la stessa sensazione; in altre parole le curve sono il luogo dei punti che determinano la stessa sensazione sonora.

Il diagramma evidenzia che l’uomo ha scarsa sensibilità per i suoni a bassa frequenza. Viceversa, superati i 1000 Hz, c’è un avvicinamento ad una massima sensibilità che si verifica a circa 3500 Hz (vedi fig.2); poi, aumentando ulteriormente la frequenza, si ritorna ad una bassa sensibilità di ricezione.

Il procedimento adottato per rilevare il diagramma è il seguente: un ascoltatore viene sottoposto ad un suono puro, generato da un’onda piana sinusoidale con pressione e velocità in fase, e in seguito ad un suono di riferimento di 1 dB a frequenza 1000Hz; regolando l’intensità del suono di riferimento in modo che le due sensazioni corrispondano, si stabilisce a quale curva appartiene la coppia di valori pressione-frequenza del primo suono.

Fig.2 - Audiogramma di Fletcher e Munson

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Prendendo in esame un elevato numero di studenti universitari otologicamente normali tracciarono le curve di isosensazione, o isofone, che rappresentano il livello in pressione sonora che deve avere un suono per dare la stessa sensazione alle varie frequenze. La curva inferiore, denominata MAF (Minimum Audible Field), riporta la soglia di udibilità binaurale in un campo frontale di toni puri per persone otologicamente normali di età compresa tra 18 e 30 anni.

Il nome “audiogramma normale” dato da Fletcher e Munson al grafico ottenuto non è propriamente corretto, perché le condizioni sotto le quali è stato realizzato (purezza del suono, onde sinusoidali piane) non sono quasi mai confrontabili con la realtà. Non veniva inoltre considerato l'aspetto della tridimensionalità del suono, che non può generare lo stesso effetto su ambedue le orecchie perché sono diversamente poste nello spazio. L’importanza di tale grafico è comunque considerevole, perché è utilizzato per valutare le misure effettuate con sistemi che hanno una risposta uguale a tutte le frequenze; su di esso si basano inoltre le normative che stabiliscono per legge il livello sonoro limite al quale può essere sottoposto l’uomo.

Analisi macroscopica dell'organo dell'udito.

E' ormai noto che il suono o vibrazione sonora si propaga nell’aria (e negli altri mezzi solidi, liquidi o gassosi) come onde di compressione e rarefazione.

L’uomo è dotato di un sistema di sensori atti a captare (orecchio esterno) e a trasmettere (orecchio medio) tali vibrazioni all'organo dell'udito vero e proprio, la coclea, ove tali segnali vengono trasformati in segnali elettrici che, una volta raggiunta la corteccia cerebrale uditiva, ci permetteranno di percepire e di interpretare i segnali acustici.

Fig.3 - Sezione dell'orecchio umano

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Il padiglione uditivo ed il condotto uditivo esterno costituiscono nel loro insieme un canale aereo (canale auricolare) atto a raccogliere le onde acustiche ed a convogliarle sulla membrana timpanica che chiude il condotto uditivo stesso. Si tratta di una membrana dotata di grande flessibilità ed elasticità che viene quindi fatta facilmente vibrare dalle onde acustiche. Sulla faccia interna della membrana timpanica è fissato un sistema di leve (la catena degli ossicini: martello, incudine, staffa) che consente di trasmettere le vibrazioni del timpano fino alla finestra ovale, e da questa all'organo dell'udito propriamente detto (l'organo del Corti).

Fig.4 - Ossicini e rappresentazione srotolata della coclea

La catena degli ossicini tuttavia non costituisce un sistema di trasmissione totalmente passivo ma consente di modulare (amplificare o ridurre) la vibrazione timpanica.

Il processo di amplificazione è ottenuto in modo molto semplice ed ingegnoso (fig.4); l'area della membrana timpanica risulta, infatti, circa 20 volte maggiore di quella della finestra ovale; a livello di quest'ultima pertanto la pressione delle onde acustiche risulterà circa 20 volte maggiore rispetto a quella che ha colpito il timpano.

L'efficienza di trasmissione della catena degli ossicini, e quindi la quantità di energia che viene trasferita alla finestra ovale, può essere ampiamente ridotta dall'attività di due piccoli muscoli, lo stapedio ed il tensore del timpano. La contrazione del primo fa sì che la staffa tenda a spostarsi al di fuori della membrana ovale, e quindi a trasferire meno energia alla membrana ovale stessa, mentre la contrazione del secondo, agendo sul martello, aumenta la tensione della membrana timpanica e quindi, riducendone l'elasticità, ne limita le escursioni. Pertanto, se i suoni sono deboli i due muscoletti sono totalmente rilassati ed il sistema timpano-catena degli ossicini trasferisce il massimo dell'energia alla finestra ovale mentre, se i suoni sono più intensi i muscoletti si contraggono progressivamente attenuando (fino a circa 100 volte, vale a dire 40 dB) il segnale acustico. Questo particolare riflesso nervoso, noto come riflesso timpanico, ha chiare funzioni protettive nel senso che tende ad attenuare stimolazioni acustiche troppo intense che potrebbero danneggiare i delicati recettori uditivi. Tuttavia il tempo necessario per evocare questo riflesso è compreso tra 50 e 150 ms e quindi il riflesso non può proteggere l'orecchio da suoni

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molto intensi e brevi quali ad esempio quelli di uno sparo; stimoli molto intensi, infatti, possono causare danni irreparabili di alcune porzioni cocleari.

Ma veniamo ora a descrivere brevemente l'organo sensoriale vero e proprio. Si tratta di un canale membranoso della lunghezza di circa 35 mm ed avvolto su se stesso fino a formare una struttura a spirale di 2 giri e 3/4 (la coclea), ben visibile in fig.3. Il canale cocleare è diviso longitudinalmente dalle due membrane, la membrana basilare e la membrana vestibolare (o di Raissner), in tre parti denominate scala vestibolare, scala media e scala timpanica (fig.5-6). La scala media è ripiena di endolinfa mentre le altre due scale sono ripiene di perilinfa, liquidi distinti che non si devono mescolare. La parte sensoriale della coclea (vale a dire quella che analizza le onde sonore) è rappresentata dall'organo del Corti; tale organo è appoggiato sulla membrana basilare e si estende per tutta la lunghezza della coclea stessa.

Fig.5: Orecchio medio e Coclea

L'organo del Corti è costituito da numerose popolazioni cellulari di cui, da un punto di vista funzionale, le più importanti sono le cellule sensoriali ciliate ancorate sulla membrana basilare. Le informazioni acustiche partono dalle cellule ciliate e attraverso le fibre nervose arrivano al Sistema Nervoso Centrale.

L'attivazione delle cellule ciliate è un processo biologico che esula dallo scopo di questa trattazione, tuttavia è conveniente descrivere, seppure a grandi linee, i principali eventi che consentono di trasformare l'attivazione delle cellule ciliate in scariche di potenziali d'azione che, tramite le vie acustiche, raggiungeranno le aree acustiche corticali.

Il movimento della staffa contro la finestra ovale produce corrispondenti onde di compressione e rarefazione nel liquido contenuto nella scala vestibolare. Tale oscillazioni, essendo la membrana di Reissner estremamente sottile e flessibile, vengono prontamente trasmesse alla scala media e, da questa, alla membrana basilare su cui si trova l'organo del Corti. Durante l'onda di compressione pertanto la membrana basilare tenderà a flettersi verso la scala timpanica mentre durante l'onda di rarefazione tenderà a flettersi verso la scala vestibolare (fig.5), con un movimento

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simile a quello del tubo di Bourdon negli strumenti manometrici che misurano la pressione dei fluidi.

Le caratteristiche visco-elastiche della membrana basilare relative al modo proprio di vibrare (è più spessa vicino alla coclea e più sottile lontano da essa) fanno sì che le frequenze più elevate (suoni acuti) facciano oscillare più efficacemente quelle porzioni di membrana poste vicino alla finestra ovale mentre le frequenze più basse (suoni gravi) facciano oscillare le porzioni terminali della membrana stessa, vale a dire quelle poste verso le regioni apicali della coclea. Inoltre, sempre le caratteristiche della membrana basilare, fanno sì che la zona di massima oscillazione sia limitata ad un tratto molto piccolo della membrana stessa. In tal modo, solo un piccolo gruppo di cellule ciliate, ma non altre, saranno sollecitate da quella particolare frequenza sonora. Questo permette di analizzare con grande precisione il segnale acustico e di percepire anche piccole variazioni di frequenza, e quindi del tono dello stimolo sonoro.

Fig.6 - Sezione della coclea

Molto interessante è il ruolo giocato dalle cellule ciliate interne ed esterne nella funzione uditiva. Le cellule ciliate interne, seppure in numero minore rispetto a quelle esterne, sono le vere cellule uditive, nel senso che sono loro che, liberando un particolare neurotrasmettitore, attivano le fibre nervose che trasportano l'informazione sensoriale dall'organo periferico al Sistema Nervoso Centrale. Le cellule ciliate esterne, infatti, non hanno funzione propriamente uditiva, ma i loro movimenti sono in grado di modificare le proprietà vibratorie della membrana basilare e quindi di modificare il guadagno dell'organo sensoriale verso particolari frequenze. Questo consente un'ampia trattazione dei suoni e quindi di esaltare, deprimere e persino "inventare" frequenze acustiche.

Occupiamoci ora di come i vari parametri che costituiscono uno stimolo acustico vengano trasformati in una serie di potenziali d'azione che, tramite il nervo acustico, raggiungono il Sistema Nervoso Centrale; questo processo va sotto il nome di "codificazione" dell'informazione sensoriale.

Abbiamo visto che un suono è generalmente costituito da una miscela complessa di toni puri i quali, a loro volta, sono caratterizzati da tre parametri fondamentali:

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durata, intensità e frequenza; quest'ultima, vale a dire la frequenza dell'oscillazione, è quella che determina il tono (acuto e grave) del suono stesso. Vi è tuttavia un problema di base: abbiamo detto che, grazie alle sua proprietà, la membrana basilare è in grado, a seconda della frequenza del suono, di attivare gruppi discreti di cellule ciliate. Tuttavia, mentre le frequenze percepibili dall’uomo arrivano fino a circa 20.000 Hz (20.000 impulsi al secondo) la frequenza dei potenziali d'azione conducibili dalle fibre nervose non può essere superiore a circa 500 Hz (ogni singolo potenziale d'azione, infatti, ha una durata di circa 2 msec). In teoria quindi non dovrebbe essere possibile percepire suoni ad alta frequenza (superiori a 500 Hz). Il problema è stato brillantemente risolto nel seguente modo: le onde di compressione e rarefazione che fanno vibrare la membrana basilare e che quindi attivano le cellule ciliate interne, grazie al lavoro delle cellule ciliate esterne, vengono, per così dire, "scomposte" in una serie di armoniche ognuna delle quali corrisponde a una data fase dello stimolo originale ed ognuna delle quali può quindi attivare una data popolazione di cellule ciliate. Pertanto, mentre per le frequenze più basse (20-500 Hz) un numero elevato di fibre nervose trasmettono impulsi ad ogni ciclo di oscillazione della membrana basilare, quando la frequenza del suono aumenta ogni fibra trasmette impulsi ogni due o più cicli di oscillazione e solo durante una ben definita fase dell'onda sonora.

In questo modo la frequenza dello stimolo sonoro, soprattutto di quelli acuti, viene rilevata utilizzando non singole fibre nervose ma un sistema multicanale costituito da una più fibre nervose, ognuna della quali scarica unicamente durante una ben determinata fase dello stimolo. Questi segnali, in parte elaborati lungo le vie acustiche raggiungono poi la corteccia uditiva, struttura organizzata secondo precise mappe sensoriali (mappe tonotopiche) ove danno luogo alla percezione del segnale sonoro e alla successiva interpretazione.

Dunque la membrana basale funge inoltre da filtro molto selettivo per quanto riguarda le frequenze percettibili; i suoni ad alta frequenza vengono quindi riconosciuti subito, mentre quelli a bassa frequenza devono percorrere tutto il canale vestibolare (ca. 30 mm) prima di essere uditi. Questo fenomeno provoca l’attenuazione dei suoni a basse frequenze e spiega l’andamento delle curve isofoniche del diagramma di Fletcher e Munson.

Un altro aspetto importante che si può osservare nell’apparato uditivo umano risiede nel fatto che il canale di trasmissione del suono è unico e assai limitato: questo fa sì che, quando sono presenti al suo interno troppe informazioni, quelle aventi minore intensità vengono trascurate. Questo accade quando un suono è caratterizzato da diverse componenti, simili in frequenza, ma in cui una prevalga per intensità: la sensazione che riceviamo coincide quindi con la componente più intensa, mentre le altre non sono percepibili.

In sintesi possiamo dire che il suono o vibrazione sonora si propaga attraverso l'aria, colpisce la membrana del timpano che si muove trasmettendo il movimento alla catena degli ossicini. L'ultimo di questi, la staffa, scuote la finestra ovale, trasmettendo il movimento ai liquidi endolinfatici del labirinto membranoso. Il movimento dei liquidi si propaga all'interno della chiocciola stimolando le cellule acustiche dell'organo del Corti che vengono eccitate e da cui parte lo stimolo nervoso che attraverso i filuzzi nervosi che vanno a costituire il nervo acustico si propaga fino all'encefalo e viene percepito e interpretato in maniera cosciente.

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Il danno uditivo.

Se l'orecchio viene esposto a rumori molto intensi può generarsi una perdita della capacità uditiva che può essere temporanea o permanente a seconda dell'intensità e della dose assorbita dall'individuo.

Per stabilire la capacità uditiva normalmente vengono effettuati dei test acustici con suoni di livello via via crescente per stabilire il minimo livello sonoro udibile dall'individuo oggetto di esame.

Un individuo normale dovrebbe presentare un diagramma della perdita in dB in funzione della frequenza quasi piatto e nullo. Nel caso invece sia presente un danno uditivo medio si riscontrano grafici che presentano un andamento a cucchiaio come quello schematizzato in fig.7. Dal grafico si può notare che l’individuo tende a non percepire più distintamente le alte frequenze nell’intorno dei 4000 Hz, questo perché l’orecchio umano è molto sensibile in quell’intervallo.

Fig.7 - Perdita di udito in funzione della frequenza

Col passare degli anni il punto di minimo (pancia del cucchiaio) dell'ipoacusia si abbassa ulteriormente. Se il punto di minimo si abbassa tra 40-50 dB allora non si parla più di ipoacusia ma di sordità.

La sordità è una malattia invalidante oggetto di intervento sia in ambito sanitario sia in ambito previdenziale. Per quanto riguarda l'aspetto sanitario lo Stato è chiamato ad intervenire nell'ambito del Sitema Sanitario Nazionale per curare la malattia. Per quanto riguarda la parte previdenziale, lo Stato spesso è chiamato ad erogare a livello pensionistico un compenso di natura assicurativa conseguente l'eventuale invalidità conseguita durante l’attività lavorativa e a causa della stessa.

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Aspetti giurisprudenziali collegati alla prevenzione del danno.

La legislazione italiana, in armonia con direttive della Comunità Economica Europea (direttive CEE), si è sviluppata negli anni privilegiando sempre più la prevenzione delle malattie ed in particolare la prevenzione delle malattie professionali che hanno tutte un costo sociale elevato sia in termini umani (qualità della vita), sia in termini economici (spese sanitarie e previdenziali). Naturalmente tale normativa comprende anche la prevenzione dell'ipoacusia e della sordità. Pertanto meritano di essere citate alcune leggi vigenti all'argomento che, avendo riflessi di natura penale, evidenziano la rilevanza che lo Stato attribuisce alla materia: • Decreto Legislativo del 15 agosto 1991, n. 277, prescrive misure in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici durante il lavoro. In particolare vengono dettate norme sulla protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro. La norma fissa in 80 dBA il valore medio di dose, superato il quale si entra decisamente nell'area dell'attività rischiosa. Superato tale limite tra l’altro risulta necessario: − organizzare l’attività produttiva in maniera da ridurre il rumore sotto il valore

medio di 80 dBA; − oppure ridurre il periodo di esposizione dell’individuo in maniera tale che la sua

dose cumulativa di rumore sia inferiore a 80 dBA; − qualora non sia proprio assolutamente possibile ridurre la dose come predetto,

dotare il personale di opportuni strumenti di protezione individuale (per esempio adeguate cuffie antirumore);

− avviare un’attività di informazione e formazione dei lavoratori sui rischi dovuti all’esposizione;

L'art. 39 definisce anche il concetto di esposizione quotidiana al rumore che identifica con la formula

TTLL

o

eTeAeqdEP log10 10,, += (1)

dove

= T dt

PP

TL e

o

tA

eTeAeq 0

)(10,

2

1log10 ; (2)

Te = durata quotidiana dell'esposizione al rumore; To = 8 h = 28800 s ; Po = 20µPa ; PA = pressione acustica istantanea ponderata, in Pascal, cui è rsposta, nell'aria a pressione atmosferica, una persona che potrebbe o no spostarsi da un punto ad un altro del luogo di lavoro; tale pressione si determina basandosi su misurazioni specifiche. • Decreto Legislativo 19 settembre 1994 , n.626 , è una normativa di carattere generale, che prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori pubblici e privati. Tali misure sono essenzialmente finalizzate alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.

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La prevenzione è intesa come il complesso delle disposizioni adottate (o previste) in tutte le fasi dell'attività/processo lavorativo per evitare (o diminuire) i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno. Questo comporta in particolare che in relazione alla natura dell'attività dell'azienda e nella scelta delle attrezzature e dei luoghi di lavoro , il datore di lavoro deve valutare i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori. In esito alla valutazione di detti rischi il datore di lavoro deve elaborare e conservare un documento scritto (chiamato "mappatura del rischio") contenente: − una relazione sulla valutazione dei rischi (mappatura) nell’azienda e sui criteri

adottati per la valutazione stessa; − l'individuazione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti alla

precitata valutazione; − il programma temporale previsto per diminuire/eliminare i rischi

precedentemente individuati. La normativa , che detta anche precise responsabilità a tutti gli elementi dell'organizzazione (preposti, lavoratori, medico, ecc.), prevede anche attività di formazione e informazione al personale sui rischi esistenti nel processo lavorativo. Normalmente nelle misure di prevenzione e protezione sono previste visite mediche periodiche specifiche del personale esposto ai rischi specifici. Nel caso di rischio uditivo l'individuo periodicamente sarà sottoposto a visita medica uditiva ed eventualmente ad altre visite finalizzate alla prevenzione della malattia professionale. In sintesi tutta la normativa del D.L. 626/94 ha grande rilevanza di carattere generale e si applica pienamente alla materia acustica-uditiva. • Legge 26 ottobre 1995 , n. 447 , nota come " Legge quadro sull'inquinamento acustico " . La legge stabilisce nuovi principi in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico. Per inquinamento acustico la norma intende l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, o tale da interferire con le fruizioni degli ambienti stessi. • Decreto del Presidente della Repubblica del 24 luglio 1996 n. 459 , più noto con la denominazione di "DIRETTIVA MACCHINE" . Le norme si applicano alle macchine ed ai componenti di sicurezza immessi separatamente sul mercato. Esse stabiliscono tra l’altro che per costruzione le macchine devono essere atte a funzionare, ad essere regolate e a subire manutenzione senza che tali operazioni (se effettuate nelle condizioni previste dal fabbricante) espongano a rischi le persone. Le stesse norme conseguentemente precisano i requisiti essenziali di sicurezza e di salute delle macchine e dei componenti.

La scala dB Le curve isofoniche hanno tutte forma molto simile, con picco di udibilità

intorno ai 3500 Hz, ma si può notare come al crescere dell’intensità la risposta del sistema uditivo si appiattisce. Ciò nonostante è possibile ricavare l’unità di raddoppio, ovvero il fattore per cui devo moltiplicare l’intensità sonora per avere una sensazione di raddoppio. Tale valore fu stabilito da Graham Bell in 10 , cioè 3,16. Ricordiamo che esso è solo un valore mediato, in quanto la risposta ad una

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variazione di pressione sonora è diversa a seconda della frequenza e dell’ampiezza. Bell definì la sensazione sonora come:

[ ]BPPS

20

2

lg= (3)

dove l’unità di misura tra parentesi quadre è il Bel, mentre P0 è la pressione di riferimento, stabilita in 102 5−⋅ Pa, corrispondente al suono più debole udibile dall’uomo a 1000 Hz. Da notare che ora non è più considerato tale, come mostra la curva MAF, comunque continua ad essere preso come pressione di riferimento.

Questa scala si rivelò però essere troppo grossolana, ed oggi l’unita di misura più comunemente usata è il decibel (dB), ovvero il decimo di Bel. Per evitare confusioni il valore in dB è chiamato livello (L) e non sensazione, per cui scriveremo:

[ ]dBPPL

20

2

lg10 ⋅= (4)

Alcune osservazioni: un suono a 0 dB, secondo Bell, corrispondeva al suono più

debole udibile a 1000 Hz (infatti perché il logaritmo sia zero il suo argomento deve essere 1, ovvero P deve essere uguale a P0). Il fatto che i termini di pressione siano elevati al quadrato suggerisce che il nostro sistema uditivo abbia una risposta proporzionale al loro valor medio efficace, e quindi al contenuto energetico (che sappiamo essere proporzionale al quadrato della pressione).

In definitiva le caratteristiche con cui posso costruire uno strumento più simile all'orecchio umano funziona a livelli di pressione RMS con costante di tempo fast (125 ms). In formula:

PPS

RMS

RMS2

2

0lg= (5)

La scala dB(A)

Per raggiungere una buona approssimazione della risposta umana occorre compensare strumentalmente il fatto che l'orecchio sente meglio le frequenze alte rispetto alle basse. Questa operazione, detta di ponderazione, è eseguita tramite il diagramma di Fletcher Munson, andando cioè a vedere a quale curva isofonica appartiene una determinata coppia frequenza-livello. Per facilitare l'operazione è sufficiente avere a disposizione un grafico di Fletcher Munson ribaltato, che ci permette di stabilire quale valore dobbiamo sommare ai livelli sonori ottenuti alle varie frequenze per ottenere l'effettiva sensazione umana. Come già detto, le curve isofoniche sono simili tra loro, ma comunque variano all'aumentare del livello, per cui avremmo bisogno di più curve da utilizzare nei vari casi. A tale riguardo esistono la curva A (per livelli sotto i 60 dB), la curva B (tra 60 e 80 dB), la curva C (oltre 80) e la curva D (per rumori molto forti, come quelli degli aerei) e si definiscono le misure in dB(A), dB(C) ecc. a seconda della curva di ponderazione utilizzata (fig.8).

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Fig.8 - Curve di ponderazione

Tab.1 - Ponderazione A

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Per i nostri scopi sarà utile avere a disposizione la sola curva di ponderazione A,

di cui sono riportati anche i valori gabellati (tab.1). La curva di ponderazione "A" è quella meglio correlata con la risposta soggettiva umana a rumori generici a larga banda; questo fatto, unito alla facilità di una misurazione fonometrica in dB(A), ha portato all'adozione della curva "A" in molte norme e leggi nazionali ed internazionali.

Per quanto l'adozione della curva "A" si presti a fondate critiche essa resta per la sua semplicità un riferimento comune fondamentale per una prima approssimata valutazione dei rumori a larga banda. La curva "A" suole essere definita come un filtro nel dominio della frequenza dato da una precisa espressione numerica.

Fig.9 - Curva di ponderazione “A”

Relazione tra dB e dB(A) secondo la curva di ponderazione "A".

Per quanto precedentemente esposto risulta quanto segue: 50 dB + 50 dB = 53 dB ; 50 dB(A) + 50 dB(A) = 53 dB(A) ; dB e dB(A) sono tra loro grandezze incommensurabili. Ora ci poniamo il problema di analizzare una espressione mista del tipo : 50 dB(A) + 50 dB . Bisogna subito sottolineare che i due termini di questa operazione presentano due diverse composizioni frequenziali. I dB(A) possono essere un fattore amplificato o ridotto rispetto ai dB a seconda di come mi muovo sulla curva di ponderazione "A".

Fig.10-11

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Se vogliamo ad esempio calcolare il valore in dB(A) di 90 dB a 200 Hz (suono che può essere assimilato al rumore prodotto da un elica a quattro pale che gira a N = 3000 G/min = 50 G/sec e quindi la frequenza degli eventi rumorosi che si ripetono ogni secondo vale f = N · 4 = 50 · 4 = 200 Hz ) riferito alla fig.10-11, utilizzando i valori tabulati della curva "A", riportati nel paragrafo precedente, otteniamo 81 dB(A).

Se voglio invece calcolare 90 dB a 100 Hz ( suono che può essere assimilato al rumore prodotto da un'analoga elica a due pale con lo stesso numero di giri N = 3000 G/min e quindi con f = 50 · 2 = 100 Hz) , pervengo ad un risultato di 71 dB(A) diverso dal precedente. Lo scarto di 10 dB(A) trovato è dovuto alla monotonia della curva "A" nell'intervallo frequenziale considerato (la curva scende dolcemente, vedi fig.9).

Generalità sull'analisi in frequenza. Lo scopo dell’analisi in frequenza è di definire il contenuto di un suono

complesso, che contiene componenti a diverse frequenze, anche variabili istantaneamente.

In natura non esistono però solo suoni puri (sinusoidi perfette), in un suono reale sono sempre presenti sinusoidi discrete con opportune ampiezze, frequenze e fasi alle quali è sovrapposta una quota di rumore.

Effettuare l’analisi in frequenza significa partire da una rappresentazione del suono nel dominio del tempo, cioè dalla forma d’onda, ed arrivare a definire lo spettro, cioè un diagramma cartesiano che riporta sull’asse delle ascisse le frequenze in Hz e su quello delle ordinate i corrispondenti livelli in db (fig. 12). La forma d’onda è in sostanza un grafico che visualizza l’andamento di un segnale elettrico generato da un microfono, il quale si basa di solito sulla variazione della pressione nel mezzo in cui è “immerso”.

Fig.12

Le conversioni dal dominio del tempo nello spettro sono sempre imprecise: non esiste, a tutt’oggi, un’apparecchiatura in grado di riprodurre fedelmente i fenomeni di analisi in frequenza che avvengono nel nostro orecchio, che rimane quindi un apparato migliore di qualunque macchinario realizzato finora.

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Se il segnale è stazionario (costante nel tempo) l’analisi in frequenza è facile da realizzare: si può analizzare una frequenza alla volta e non si presentano problemi. Lo studio verrà allora diviso in due parti: una dedicata all’analisi dei segnali STAZIONARI e una a quella dei TRANSIENTI.

Nel primo caso (il più semplice) oggetto di studio sono segnali sempre uguali a se stessi, di cui possiamo quindi analizzare le frequenze una alla volta mettendo insieme i risultati: per questo l’analisi frequenziale è semplice, tanto che i sistemi di conversione eguagliano, e a volte superano, la percezione umana.

Nel secondo caso invece, si prendono in considerazione segnali che variano in maniera non prevedibile nel tempo e quindi l'analisi non riesce ad eguagliare le capacità umane.

Filtri d’ottava e a frazione d’ottava.

Un primo metodo per effettuare l’analisi in frequenza dei segnali stazionari prevede l’utilizzo di un “banco” di filtri passa – banda (come i filtri d’ottava), vale a dire di una serie di dispositivi ciascuno dei quali permette il passaggio solo di un determinato campo frequenziale (range), escludendo le componenti del suono a frequenze maggiori e minori. Con uno strumento di misura (voltmetro RMS) è possibile misurare il livello del particolare intervallo di frequenze (fig. 13).

Fig.13 - Schema di misurazione di un intervallo di frequenze

Si può rappresentare un filtro passa-banda con una zona in cui il guadagno è pressoché costante e pari a 0 Db (banda efficace, ∆f) e con due zone, esterne alla prima, in cui il guadagno è trascurabile. La banda efficace è compresa tra f1 e f2, dette frequenze di taglio, poste a metà energia rispetto alla banda passante; per definizione G(f1) = G(f2) = -3 db. fc è definita frequenza di centro banda ed è tale che G(fc) = 0 db.

Un filtro ideale dovrebbe avere come curva del guadagno un impulso rettangolare, ma essendo il dispositivo realizzato con componenti passivi i fronti di salita e di discesa non potranno mai essere perfettamente verticali.

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La pendenza dei fronti della caratteristica deve comunque essere contenuta all’interno di una tolleranza definita dall’I.E.C., (organizzazione che si occupa della definizione degli standard per le misure acustiche).

Fig.14 - Guadagno di un filtro passa-banda

Fondamentalmente esistono due spettri per bande: lo spettro a bande costanti, in cui tutte le bande hanno la stessa ampiezza, e lo spettro a bande percentuali costanti, in cui ogni banda è ampia il doppio della precedente. Si definisce quindi l’ottava come intervallo in cui la frequenza minima (f1) e quella massima (f2) verificano le relazioni:

2,2

,2 2112 ⋅=== cc ff

ffff (6)

In sostanza, la frequenza massima è esattamente il doppio della minima.

In molte applicazioni, però, la suddivisione dell’asse delle frequenze in bande d’ottava è approssimativa: vi è quindi la necessità di usare filtri a banda più stretta (a frazione d’ottava), che mantengano però sempre la proporzione tra la larghezza di banda e la frequenza di centro banda:

constf

ffff

cc

=−

=∆ 12 (7)

Per i filtri d'ottava, questa costante è pari a:

707,02

1≅ (8)

In questo modo la frequenza massima di un filtro è sempre uguale alla minima del successivo. Questi sono appunto i filtri ad apertura percentuale costante. Esistono quindi diversi tipi di filtri, in base al numero di parti in cui è divisa ogni banda: d’ottava; di 1/3 d’ottava; di 1/6 d’ottava; di 1/12 d’ottava; di 1/24 d’ottava.

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Consideriamo il caso di filtri con banda di 1/12 di ottava , cioè ogni ottava viene suddivisa in 12 sottobande più strette. Quindi il rapporto frequenziale è il seguente:

212

1

2 =

ff

(9)

e cioè

05946,1212

1

2 ==

ff

(10)

Fig.15 - Schema grafico di filtri in 1/12 di ottava

La maggior parte degli esseri umani non è in grado di percepire alcuna variazione. Mentre le frequenze normalizzate di sottobanda sono 10 , avrei 120 frequenze differenti e impercettibili ; quindi 1/12 di ottava è eccessivo. Si usa 1/3 di ottava.

Fig.16 - Schema grafico di filtri in 1/3 di ottava

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23

1

2 =

ff

(11)

e cioè

2599,123

1

2 ==

ff

(12)

Il nuovo rapporto frequenziale in 1/3 di ottava vale 1,2599.

Il maggiore utilizzo dei filtri in 1/3 di ottava è dovuto alla loro con buona approssimazione al sistema uditivo umano soprattutto per frequenze al di sopra dei 600 Hz (al di sotto di questo valore non è infatti possibile ricostruire la crescente risoluzione del nostro udito).

Ad esempio possiamo calcolare quanti filtri occorrono per coprire l’intero campo delle frequenze udibili. Per far questo prendiamo dei filtri ciascuno dei quali ha una frequenza di centro banda doppia di quella del filtro precedente. (il tutto è disciplinato da norme I.S.O.):

fc1 fc2 fc3 fc4 fc5 fc6 fc7 fc8 fc9 fc10

31,5 Hz 63 Hz 125 Hz 250 Hz 500 Hz 1 kHz 2 kHz 4 kHz 8 kHz 16 kHz

Tabella 2 Dalla tabella precedente si nota che con 10 filtri d’ottava viene coperto l’intero spettro udibile in quanto il filtro centrato a 16 kHz arriva a coprire oltre i 20 kHz e quello a 31,5 Hz arriva a frequenze inferiori di 20 Hz. Dal momento in cui in ogni ottava vi sono tre terzi d’ottava, il numero di filtri in terzi d’ottava cresce a 30.

Fig.17 - Tre filtri da 1/3 d'ottava

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Dalla fig. 17 è possibile vedere che i filtri non separano mai perfettamente le frequenze. Vi è infatti un’elevata probabilità che un suono puro cada nella zona in cui due bande da 1/3 d’ottava si sovrappongono. Questo fenomeno si presenta spesso dato che la sovrapposizione è circa del 31%.

Vari tipi di rappresentazione dello spettro

Uno spettro, a seconda della tecnica utilizzata per ricavarlo e del tipo di visualizzazione impiegata, può cambiare notevolmente d’aspetto. Esiste, infatti, una prima differenza tra l’analisi in banda stretta e in banda percentuale costante, ed una seconda differenza nella rappresentazione con asse delle frequenze lineare e logaritmica.

Prendiamo, di seguito, in esame lo spettro di uno stesso segnale, analizzato con lo stesso strumento e rappresentato in quattro differenti modi. 1. Analisi per bande percentuali costanti in terzi d’ottava con asse delle frequenze in

scala logaritmica (fig. 18) (i terzi presentano tutti la stessa larghezza). Graficamente notiamo un segnale piuttosto livellato con un picco alla frequenza di circa 2000 Hz.

Fig.18

2. Analisi per bande percentuali costanti in terzi d’ottava con asse delle frequenze in

scala lineare (fig. 19) (aumentando la frequenza i terzi si allargano). Dallo spettro si nota un segnale che presenta un picco a frequenza apparentemente bassa e che va diminuendo di livello salendo ad alta frequenza.

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Fig.19

Apparentemente i due spettri sono molto differenti, ma in realtà rappresentano sempre lo stesso segnale: si può vedere questo osservando il valore indicato dal cursore. In entrambi i casi si ha un picco di 87,3 dB alla frequenza di 1982,1286 Hz. Passiamo ora dai filtri a banda percentuale costante a quelli a banda costante. 3. Analisi in banda stretta con asse delle frequenze logaritmica (fig. 20).

Fig.20

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4. Analisi in banda stretta con asse delle frequenze lineare (fig. 21).

Fig.21

Negli ultimi due casi, essendo le bande più strette, esse riescono a catturare frequenze ad un’energia mediamente inferiore a quella catturata dalla banda in terzi d’ottava.

Normalmente, rispetto all’andamento in terzi d’ottava, un segnale visualizzato in banda stretta, tenderà ad attenuare i livelli ad alta frequenza ed ad incrementare quelli a bassa frequenza. Questo si può notare in ambedue fig. 18-19. Infine passando dall’analisi in terzi d’ottava alla banda stretta il valore in dB del segnale varia. Notiamo che a 2 kHz nei primi due grafici si otteneva un picco a 87,13 dB mentre negli ultimi due esso valeva 66,87 dB (circa 20 decibel di differenza).

Possiamo concludere con certezza che è necessario stabilire il tipo d’analisi in frequenza in quanto la scala tipografica della rappresentazione dello spettro ne può alterare notevolmente la lettura. Resta comunque da sottolineare che il nostro udito è meglio rappresentato dall’analisi in terzi d’ottava con asse delle frequenze in scala logaritmica.

Esercizio svolto durante la lezione.

Siano dati i livelli delle componenti alle varie frequenze di un segnale sonoro secondo quanto riportato nella tabella seguente:

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Frequenza Livello in dB Fattore di correzione Livello in dB(A) 31,5 90 -39,4 50,6

63 87 -26,2 60,8 125 80 -16,1 63,9 250 82 -8,6 73,4 500 79 -3,2 75,8

1000 80 0 80 2000 75 1,2 76,2 4000 72 1 73 8000 70 -1,1 68,9

10000 70 -6,6 63,4

Tab.3

Si richiede di calcolare il livello totale in dB e quello ponderato in dB(A).

dBLTOT 0,931010101010

1010101010lg10

772,75,78

9,72,887,89

=

+++++

++++⋅= (13)

Proviamo ora a calcolare il livello totale in dB(A): come si vede dalla tabella, è sufficiente applicare i fattori correttivi indicati precedentemente per ottenere i livelli in dB(A)

)(7,831010101010

1010101010lg10

34,689,63,762,78

58,734,739,608,606,5

, AdBL ATOT =

+++++

++++⋅= (14)

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Pietro Catone – matricola 130198 Lezione del 13/11/2001 ore 14:30 – 16:30

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ACUSTICA PSICOFISICA

L’apparato uditivo umano è in grado di percepire un range di pressione sonora compreso tra 20 µPa e 60 Pa (per pressioni superiori possono insorgere danni uditivi immediati); la capacità dinamica del nostro udito si estende cioè per oltre 6 ordini di grandezza. E’ stato inoltre provato che la risposta soggettiva ad uno stimolo, sia esso uditivo, olfattivo o comunque relativo ai nostri 5 sensi, risulta correlata alla sua energia e quindi al quadrato della pressione (infatti la densità di energia è data da

( )20

2

cp

cID

⋅== ρ

), dove

2pp =) è il valore efficace della pressione sonora

e p è l’ampiezza della pressione) ancor più che alla pressione stessa, quindi il campo di variazione diventa dell’ ordine di 1012.

Per questo comportamento non lineare dell’udito e per evitare di lavorare con valori di pressione, intensità, potenza, densità di energia e velocità (queste sono le grandezze fondamentali per lo studio di un onda sonora) molto grandi o molto piccoli dispersi su un campo troppo esteso, si è deciso di adottare una scala compressa, di tipo logaritmico. Una scala di questo tipo permette il confronto tra i valori in esame di una determinata grandezza con dei valori standard di riferimento della stessa grandezza. Si è così introdotto il decibel (dB) per misurare, ad esempio, il livello di pressione sonora:

20

2

10log10ppLp ⋅= , 200 =p µPa è la pressione di riferimento.

E’ evidente che il decibel definisca una quantità adimensionale, ciononostante nella pratica è adoperato come una vera e propria unità di misura.

Per meglio capire perché la risposta dell’apparato uditivo agli stimoli sia non lineare si fa riferimento alla sensazione sonora e all’anatomia dell’udito stesso. Sensazione sonora (S)

Quando si parla di sensazione sonora, in inglese loudness, ci si riferisce alla caratteristica di un suono che lo fa giudicare più o meno intenso da un ascoltatore. Per misurare tale sensazione si è introdotto il concetto di livello di sensazione sonora, ottenuto variando il livello di intensità di un suono rispetto ad un altro di riferimento e si sono determinate delle curve dette isofoniche che rappresentano un ugual livello di sensazione.

Fletcher e Munson nel 1937 ottennero la prima famiglia di curve isofoniche, per ascolto binaurale in cuffia , presentando a soggetti otologicamente normali un suono puro, alternato ad un suono di riferimento alla frequenza di 1 kHz con livello di pressione sonora variabile. Il livello di pressione sonora del suono di riferimento, per cui la sensazione sonora è uguale a quella del suono puro in esame, fu definito come livello di sensazione sonora espresso in phon. F. e M. confrontarono le sensazioni prodotte per una serie di suoni puri di diversa frequenza e intensità, ottennero una famiglia di curve, ciascuna delle quali è caratterizzata da un valore in phon, numericamente uguale al livello di pressione sonora del tono di frequenza 1 kHz, che causa la stessa sensazione.

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Figura 1: Curve isofoniche di Fletcher e Munson. Il livello di sensazione sonora è però una grandezza soggettiva, in quanto legata

alla sensibilità uditiva dell’individuo, relativa, essendo ottenuto dal confronto con un tono puro a 1 kHz e fortemente influenzata dalle condizioni di ascolto (ad esempio potrei fare le misurazioni con suoni presentati in cuffia, con ascolto monoaurale o binaurale, o potrei usare un altoparlante, in campo libero o diffuso).

Un miglioramento delle misurazioni di F. e M. fu eseguito da Robinson e Dadson nel 1956 che scoprirono le curve isofoniche adottate dalla normativa attuale (ISO 226).

Figura 2: Curve isofoniche riportate nella norma ISO 226.

Essi utilizzarono suoni puri riprodotti direttamente da un altoparlante, in campo

libero. Con questo termine si intende che il suono generato da una sorgente si propaga in un mezzo illimitato, privo di discontinuità od ostacoli. Ovviamente

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condizioni del genere sono solo una idealizzazione delle reali condizioni in cui un suono si propaga. Tuttavia se siamo in uno spazio all’aperto, con condizioni atmosferiche stabili e omogenee, e in cui non vi siano superfici od ostacoli in una zona sufficientemente ampia attorno alla sorgente, possiamo approssimare la situazione con quella di campo libero. Oppure, a livello di laboratorio, se operiamo nella cosiddetta camera anecoica, in cui tutte le superfici assorbono completamente le onde sonore che le investono e l’unico suono esistente all’interno è quello prodotto dalla sorgente per assenza di suono riflesso dalle superfici.

Rispetto all’audiogramma normale di F. e M. le differenze si hanno soprattutto nei campi di frequenza prossimi a 4 kHz e 8 kHz, questo perché R. e D. lavorarono in assenza di un ascoltatore e quindi non ebbero problemi di diffrazione dell’onda sonora intorno alla testa e al padiglione auricolare. In entrambe le famiglie di curve si nota una zona di scarsa sensibilità sonora in corrispondenza delle basse frequenze, mentre intorno ai 3-4 kHz si ha una zona di massima sensibilità. Ciò significa che a basse frequenze la sensazione sonora aumenta rapidamente all’aumentare del livello di pressione sonora; ad alti valori di frequenza le isofoniche sono quasi parallele e la sensazione aumenta meno rapidamente, il che è un indicatore di non linearità. Una novità introdotta da R. e D. è la curva isofonica a 4,2 phon, indicata con MAF (Minimum Audible Field), rappresenta, per ogni frequenza, il minimo livello di pressione sonora per cui un suono è udibile, e corrisponde alla soglia uditiva. La norma ISO 226 è attualmente in fase di revisione e molto probabilmente nella nuova versione riporterà curve isofoniche leggermente diverse, sulla base di studi condotti negli anni ottanta e novanta in numerosi laboratori.

A livello teorico attraverso le curve isofoniche sarebbe possibile stabilire per qualsiasi suono di frequenza diversa da 1 kHz la corrispondenza tra sensazione sonora (phon) e livello di pressione sonora (dB), ma in realtà per suoni di tipo complesso servirebbe una valutazione diretta della sensazione. Servirebbe cioè conoscere la relazione sensazione – livello di pressione di un suono a 1 kHz. Per la norma ISO 131, la relazione fra sensazione s (in son) e livello di sensazione (in phon) era espressa dalla relazione:

sonSP

1040

2−

= , ossia:

phonPS )40(003,0log −⋅= . Per definizione il son è la sensazione prodotta da un suono puro di frequenza 1

kHz e Lp= 40 dB. Anche se la ISO 131 non è più in vigore la definizione del son è data sempre da quella norma. Poiché P e per definizione pari alla Lp di un suono puro a 1 kHz, che produce nel soggetto la stessa sensazione del suono in esame (cioè per

frequenza di 1 kHz,

⋅=

010log20 p

pP phon), si ricava che per il suono puro a 1

kHz:

sonppS

6.0

0

01,0

⋅= .

Questa relazione è confermata da numerose prove sperimentali e stabilisce che la dipendenza della S da p è esponenziale, e quindi la relazione tra livelli di sensazione sonora e livelli di pressione è lineare. Per un aumento di 10 dB del livello si ha un raddoppio di sensazione.

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Figura 3: Relazione fra sensazione sonora e livello di pressione sonora per un

suono di frequenza 1 kHZ. Cenni all’anatomia e al funzionamento del sistema uditivo

In natura ci sono mammiferi come i cani, che sono in grado di captare suoni con frequenze comprese tra 15 e 40.000 Hz, i pipistrelli, tra 1.000 e 120.000; i delfini e le orche sono quelli con sensibilità acustica più sviluppata e percepiscono ultrasuoni fino a una frequenza di 200.000 periodi. L’uomo invece è limitato all’ intervallo di frequenze 16–20.000 Hz e nel grafico seguente sono rappresentate, su base sperimentale, alle varie frequenze la soglia di udibilità (intensità minima di un suono per essere udito) e quella di dolore (intensità minima per avere danni uditivi anche per brevi esposizioni).

Figura 4: Area della sensazione uditiva.

In anatomia l’apparato uditivo umano si suddivide in:

a) orecchio esterno; b) orecchio medio; c) orecchio interno.

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a) L’orecchio esterno è costituito dal padiglione auricolare e dal condotto

uditivo esterno. Il padiglione auricolare ha una struttura cartilaginea ricoperta di cute ed ha la funzione di convogliare i suoni verso il condotto uditivo esterno; nell’uomo questa funzione è trascurabile dato che il padiglione ha perso l’originaria mobilità. Il condotto uditivo esterno ha la lunghezza di 2,5 cm nell’adulto, nel suo decorso trasversale presenta 2 curvature e si chiude con la membrana timpanica. Il condotto uditivo svolge una funzione protettiva, sia meccanica sia termica, nei riguardi della membrana timpanica e attraverso il cerume si mantiene pulito. La funzione più importante del condotto è quella di convogliare l’energia sonora sulla membrana timpanica e di amplificare i suoni, comportandosi come un risonatore con frequenza di risonanza tra 3e 4 kHz.

Figura 5: Schema anatomico dell’orecchio medio e della coclea.

b) L’orecchio medio è costituito da: cassa timpanica, tromba d’Eustachio e

cellule mastoidee. La cassa timpanica è una piccola cavità a forma di lente biconcava, ripiena d’aria; in essa ci sono 3 piccole formazioni ossee che costituiscono la catena degli ossicini: il martello, l’incudine e la staffa. La membrana timpanica, che separa la cassa timpanica dal condotto uditivo esterno, da un punto di vista fisico è molto sofisticata, in quanto la disposizione delle fibre al suo interno le consente di comportarsi come una membrana aperiodica (infatti è in grado di vibrare ugualmente in uno spettro molto ampio di frequenza) e smorzata (cioè si arresta immediatamente allorché cessa la stimolazione vibratoria). La membrana timpanica, saldata al manico del martello, insieme con la catena degli ossicini e al legamento anulare della staffa, si comporta come un’unica struttura vibrante, le cui caratteristiche meccaniche possono essere in parte modificate dalla

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contrazione di due piccoli muscoli striati: il tensore del timpano e lo stapedio. Le cellule mastoidee sono costituite da una serie di cavità ossee ma hanno scarsa importanza per l’udito. La tromba d’Eustachio è un sottile condotto, circa 4 cm lungo, che fa comunicare la cassa timpanica con l’ambiente esterno; la sua funzione principale è quella di equalizzare la pressione che si genera sulla faccia interna della membrana timpanica con quella che si realizza sulla faccia esterna, consentendo il passaggio dell’aria dall’esterno all’interno della cassa timpanica. Se tale passaggio è inibito all’interno della cassa si crea una modica depressione che altera in maniera sensibile le capacità vibratorie del timpano. Da un punto di vista funzionale, l’orecchio medio funziona da adattatore di impedenza, trasmette cioè le vibrazioni dall’aria ai liquidi cocleari, senza perdita di energia nella trasmissione. Il sistema uditivo è in grado di variare l’impedenza dell’orecchio medio principalmente attraverso la contrazione del muscolo stapedio, che fa irrigidire la catena degli ossicini. Il riflesso stapeidale è attivato da un stimolo indicativamente superiore agli 85 dB ed è crociato, nel senso che uno stimolo all’orecchio destro provoca una reazione anche nel sinistro. Tale riflesso non svolge propriamente una funzione protettiva, come si sarebbe portati a pensare, perché la riduzione di trasmissione dei suoni si ha per frequenze inferiori a 1kHz e in quanto il riflesso ha un tempo di reazione pari a 150 – 200 ms mentre il suono perviene alla coclea in 5 – 6 ms; esso allora serve a modificare le capacità vibratorie per recepire meglio i suoni a basse frequenze. Una mancanza congenita o una distruzione delle strutture dell’orecchio medio portano non alla sordità completa, ma bensì ad un deficit massimo di 60 dB.

c) L’orecchio interno è costituito da una serie di canali che sono in comunicazione tra di loro e che costituiscono il labirinto osseo. Asportando il labirinto osseo si trova un labirinto membranoso separato da quello osseo da un liquido chiamato perilinfa. All’ interno del labirinto membranoso è presente l’endolinfa e il labirinto si distingue in posteriore (dove hanno sede le strutture deputate alla funzione dell’equilibrio) e anteriore o coclea (dove vengono svolte le funzioni uditive).

Figura 6: Sezione trasversale della coclea.

La coclea è paragonabile ad un tubo attorcigliato su se stesso, lungo circa 35 mm, in cui si riconoscono 3,75 giri. Essa è divisa in tre parti da lamine

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membranose, una di queste è la membrana basilare su cui trova posto l’organo del Corti. Tale organo è costituito da cellule di sostegno e da cellule sensoriali, dotate di formazioni filamentose rigide: le cellule ciliate. Quando la staffa, sollecitata dalla catena degli ossicini, impone all’endolinfa un movimento ondoso, l’onda si propaga dalla base all’apice della coclea e quindi anche all’organo del Corti; allora una flessione delle cellule ciliate crea un potenziale elettrico che stimola il nervo acustico. E’ la teoria detta dell’onda migrante per la quale, si afferma che, se la coclea è stimolata da suoni ad alta frequenza, la massima escursione di vibrazione si ottiene a livello di giro basale, mentre i suoni a bassa frequenza riguardano l’apice. L’apparato uditivo è più sensibile a suoni ad alta frequenza perché la sensibilità in ambito frequenziale varia in funzione della distanza lungo la membrana basilare e per suoni bassi in frequenza la massima risposta è in prossimità dell’apice della coclea, dove l’orecchio è meno sensibile.

Figura 7: Sezione longitudinale della coclea con corrispondente posizione

del massimo della risposta.

Il progresso tecnologico ha permesso di costruire apparecchiature capaci di analizzare fenomeni acustici di energia estremamente bassa; si è introdotto un microfono nel condotto uditivo e si è scoperto che l’orecchio emette suoni detti emissioni oto-acustiche. Queste sono di tre tipi:

I. Eco acustico: dopo che si è inviato un segnale nel condotto, tempo di risposta 10-20 ms si rileva un eco; poiché tale eco non è stato rilevato su animali morti, non si tratta solo di un fenomeno di riflessione;

II. Prodotto di distorsione acustica: se si inviano due toni con frequenze molto vicine f1 e f2 si registra nel condotto un tono di frequenza )(2 21 ff −⋅ ;

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III. Emissione spontanea: nel condotto uditivo di alcuni soggetti normali si rilevano dei toni puri anche in assenza di stimolazione, il che è in linea con il modo di funzionare dell’orecchio: un trasduttore instabile di segnali acustici, capace di trasportare segnali sia dall’esterno verso l’interno che viceversa.

Curve di ponderazione

Quando si è parlato delle curve di Fletcher e Munson si è accennato al fatto che le misurazioni furono ottenute usando solo toni puri (mentre nella realtà quasi mai ci confrontiamo con suoni descritti da sinusoidi perfette, ma il più delle volte i suoni non hanno proprio nulla di armonico) e trascurando le varie possibilità di provenienza direzionale del suono (trattando solo il caso della diffusione frontale), si trattava in altre parole di un’analisi troppo semplicistica. Da un punto di vista pratico poi, era difficilissimo con l’elettronica analogica di cui si disponeva sino a pochi decenni fa, creare degli strumenti di misura capaci di implementare curve dall’andamento così complesso come le isofoniche. Si è allora introdotto negli strumenti di misurazione del suono un circuito elettrico analogico, costituito di soli elementi passivi, che implementa una certa curva che al variare della frequenza dà luogo ad una valutazione del livello sonoro che si avvicina alla valutazione non lineare compiuta dagli esseri umani.

In particolare, prendendo alcune isofoniche e ribaltandole si possono ottenere dei filtri di ponderazione in frequenza fatti in modo che ad una soglia di sensazione più alta corrisponda una ponderazione più penalizzante. Ad esempio con la curva dei 40 phon si ottiene la curva “A” e ribaltando quelle a 70 e 100 phon si ottengono le ponderazioni “B” e ”C”. Per alcune tipologie di rumore particolari sono state proposte delle apposite curve di ponderazione, ad esempio per il disturbo arrecato dal rumore aeronautico c’è la curva “D”. Un livello sonoro misurato con il filtro “A” viene espresso in dB(A) e cosi per gli altri filtri avremo i dB(B), i dB(C) ecc.

Figura 8: Curva di ponderazione "A".

-60

-50

-40

-30

-20

-10

0

10

20

31,5 50 80 125

200

315

500

800

1250

2000

3150

5000

8000

1250

0

2000

0

Frequenza (Hz)

Valore relativo del livello di pressione

sonora (dB)

Per visualizzare altre curve di ponderazione B, C, D fare clic col destro sulla figura e dal sottomenù

Oggetto Grafico scegliere Apri, poi ciccando 2 volte sulla riga di una delle curve si disegnano/cancellano le stesse.

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La curva “A” è risultata in media meglio correlata con la risposta soggettiva umana a rumori generici a larga banda, se a ciò si aggiunge la facilità di una misurazione fonometrica in dB(A), si capisce il perché questa curva sia stata adottata in molte norme e leggi a livello nazionale e internazionale.

Tabella 1: Valori della curva ”A” per le frequenze da 20 Hz a 20 kHz.

Frequenza (Hz)

Ponderazione “A” (dB)

Frequenza (Hz)

Ponderazione “A” (dB)

20 -50,5 800 -0,8 25 -44,7 1000 0,0

31,5 -39,4 1250 0,6 40 -34,6 1600 1 50 -30,2 2000 1,2 63 -26,2 2500 1,3 80 -22,5 3150 1,2 100 -19,1 4000 1,0 125 -16,1 5000 0,5 160 -13,4 6300 -0,1 200 -10,9 8000 -1,1 250 -8,6 10000 -2,5 315 -6,6 12500 -4,3 400 -4,8 16000 -6,6 500 -3,2 20000 -9,3 630 -1,9

E’ necessario puntualizzare che dB e dB(A) sono grandezze tra loro

incommensurabili; se, cioè, devo fare la somma: )(5050 AdBdB + la risposta non è univoca. Devo vedere la frequenza del suono e in base ad essa trasformare i dB in dB(A) usando la curva di ponderazione. Poi posso fare la somma e solo a 1 kHz ho:

.53)(53)(5050 dBAdBAdBdB ==+ Volendo fare un esempio pratico si consideri un motore da 3000 giri/min che

equivalgono a 50 Hz e tale motore è costituito da 4 pale allora ho una frequenza HzHzf 200504 =⋅= . Il livello sonoro è di 91 dB, mi chiedo: quanti dB(A) sono?

Dalla curva “A” vedo che a 200 Hz ho una ponderazione di –10,9 dB. Allora i miei 91 dB corrispondono a circa 80,1 dB(A). Se voglio diminuire i dB(A) posso intervenire sul motore utilizzando magari del materiale fonoassorbente, ma posso anche considerarne un altro con caratteristiche diversi. Adopero un motore da 3000 giri/min con 2 pale cioè ho una frequenza HzHzf 100502 =⋅= . La ponderazione corrispondente a 100 Hz è di -19,1 dB per cui i miei 91 dB questa volte diventano 71,9 dB(A). Dal punto di vista fisico il rumore non è cambiato, infatti l’energia è rimasta la stessa, ma il lavoratore nel caso del motore con 2 pale sarà disturbato di meno: ciò che conta sono i dB(A)!

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Inquinamento acustico Da un punto di vista fisico “rumore” e “suono” non sono definibili perché troppi

sono i fattori soggettivi che concorrono alla definizione dell’uno e dell’altro. Si può dire che il rumore è un suono non caratterizzato da una frequenza determinata o da vibrazioni regolari. Quindi qualsiasi cosa può emettere un rumore, il che rende difficile stabilire, per legge, limiti assoluti o fissare standard minimi a protezione della popolazione e dell’ambiente. L’inquinamento acustico può dipendere non solo da rumori, ma anche da suoni, da quelli che per qualcuno sono suoni e per qualcun altro sono rumori; per questo la legislazione si occupa di inquinamento acustico e non di rumore.

Per poter paragonare fra loro rumori di diversa intensità e durata, si può calcolare il valore del rumore mediato in un determinato periodo di tempo: è il cosiddetto “livello continuo equivalente (Leq)”. Eventi sonori con un uguale valore di Leq, a parità di tempo di misura, hanno lo stesso contenuto di energia sonora e quest’ultima può essere correlata ai possibili danni al sistema uditivo. La caratterizzazione oggettiva del disturbo da rumore tener conto dei seguenti parametri:

Livello di rumore percepito istante per istante; Spettro delle frequenze componenti; Durata; Distribuzione nel tempo; Caratterizzazione acustica dell’ambiente in cui il rumore viene immesso

(si tratta del cosiddetto “rumore di fondo”, che si riscontra in assenza della sorgente disturbante).

Tabella 2: Alcuni livelli sonori indicativi riferiti a sorgenti

SORGENTE SONORA LIVELLO SONORO IN dB(A) Soglia di udibilità 0

Soglia di rilevabilità di un normale fonometro 20

Ambiente considerato molto silenzioso 25 Conversazione sussurrata 30

Frigorifero 35 Condizionatore d’aria autonomo 50

Auto a bassa velocità 55 Lavabiancheria lavaggio 60 Conversazione normale 60

Aspirapolvere 70 Cacciata di W.C. 70

Automobile 71 Lavabiancheria centrifuga 75

Traffico intenso 75 Pianoforte 80 Autocarro 80

Treno in transito 85 Strumento musicale a corda 90

Clacson d’auto 97 Strumento musicale a fiato 100

Aereo in fase di decollo 120 Soglia del dolore 130

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Il rumore può incidere profondamente sullo stato di benessere e quindi di salute

dell’individuo. La scienza medica è concorde nell’affermare che gli eccessi di rumore oltre a danneggiare l’apparato uditivo, possono provocare disturbi al sistema nervoso, all’apparato cardiovascolare e a quello digerente e respiratorio. Alcune correlazioni tra causa (rumore) ed effetto (disturbo) sono ormai assodate:

Il disturbo aumenta proporzionalmente al tempo di esposizione; I tempi di recupero del disturbo sono più lunghi di quelli di esposizione al

rumore; Gli effetti sono maggiori nel riposo e nel sonno; Interessa maggiormente i cittadini in età non lavorativa (bambini ed

anziani); Non si determina adattamento; Si manifesta anche in assenza di disturbi soggettivi; Non è influenzato dall’atteggiamento motivazionale positivo o negativo.

Figura 9: Esempio di tracciato audiometrico normale.

In ambito lavorativo gli effetti uditivi del rumore sono di tipo diverso e sono rappresentati essenzialmente dall'ipoacusia da rumore, patologia determinata dall'esposizione ad elevate intensità di rumore. L'ipoacusia da rumore di natura professionale è certamente la malattia più frequentemente indennizzata dalle compagnie assicuratrici. Si possono distinguere tre tipi di disturbo arrecato dal rumore: Effetti nocivi sull’organo dell’udito

Il danno specifico più grave dell’organo dell’udito è rappresentato dalla sordità. La perdita dell’udito è un danno permanente (le cellule danneggiate non possono riprodursi) ed è un evento che si verifica in genere in seguito ad esposizione a livelli molto elevati di rumore, per periodi prolungati e dell’ordini di anni. Generalmente si possono raggiungere tali livelli di rumore solo in ambiente lavorativi, più rara è la perdita di udito a causa di eventi occasionali (esplosioni, traumi…). La sensibilità al rumore ha comunque una spiccata variabilità individuale: mentre alcuni individui sono in grado di tollerare alti livelli di

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rumore per lunghi periodi, altri nello stesso ambiente vanno rapidamente incontro ad una diminuzione della sensibilità uditiva (ipoacusia). Non esiste una cura per l'ipoacusia da rumore e, considerata la non facile applicazione delle protesi, l'unico rimedio è rappresentato dalla prevenzione.

Figura 10: Tracciati audiometrici caratteristici di tre stadi evolutivi del

danno uditivo da rumore.

Si distinguono due tipi di ipoacusia: da trauma acustico cronico e da trauma acustico acuto.

Nel primo caso vediamo come si manifesta il deficit uditivo da un punto di vista sintomatologico. Dopo alcuni giorni dall'inizio di un lavoro rumoroso, soprattutto alla fine della giornata lavorativa, possono comparire fischi o ronzii alle orecchie con sensazione di orecchio pieno, lieve cefalea, senso di intontimento. Successivamente questi sintomi tendono a scomparire tanto che il lavoratore esposto ha l'impressione di abituarsi al rumore. Esaurita la resistenza dell'apparato uditivo, si assiste ad un progressivo peggioramento della soglia uditiva; il lavoratore non sente più il ticchettio dell'orologio e lo squillo del telefono (deficit per i suoni con frequenze alte). Successivamente il lavoratore prova difficoltà ad udire la voce dei familiari e dei colleghi di lavoro e chiede loro di parlare a voce più alta, ha bisogno di alzare il volume della radio e della televisione per comprendere bene le parole (deficit per i suoni con frequenze più basse). Il deficit uditivo fino a questo punto instauratosi è irreversibile e nella maggioranza dei casi non evolutivo una volta cessata l'esposizione a rumore. Perdurando l'esposizione a rumore e senza mezzi di protezione il deficit progredisce fino a che si raggiunge a distanza di qualche anno o di molti anni la sordità.

Nel caso di ipoacusia da rumore acuto la patologia è la seguente: si instaura dopo esposizione ad un fronte sonoro di elevata intensità e di breve

durata. È frequentemente monolaterale in quanto il capo fa da schermo all'orecchio controlaterale. Si può verificare la rottura della membrana

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timpanica e le lesioni possono interessare sia l'orecchio medio che l'orecchio interno.

Pur tenendo conto della variabilità individuale, esistono livelli di rumore che possono essere ritenuti sicuri: generalmente nei soggetti esposti a livelli inferiori a 75 dB(A) non compaiono disturbi all'udito. Possono verificarsi i primi danni solo a seguito di un'esposizione a 75 dB(A) per 8 ore al giorno per 40 anni. Effetti extrauditivi psicosomatici

Quando avvertiamo un rumore fastidioso, la prima reazione è quella di individuarne la sorgente e, se possibile, evitare il disturbo. In numerose occasioni questo non è possibile, per cui l'organismo rimane esposto ad un agente che gli è nocivo. Ciò determina l'instaurarsi di una condizione stressante: il rumore è il più noto e studiato fattore di stress fisico dell'ambiente.Esso determina, come gli altri fattori di stress, una serie di reazioni di difesa (modificazioni del ritmo del respiro e accelerazione della frequenza cardiaca) e se lo stimolo permane a lungo o se le capacità di difesa dell'organismo vengono meno, possono verificarsi vere e proprie malattie psicosomatiche: disturbi all'apparato cardiovascolare (aumento della pressione e del battito cardiaco), gastroenterico (aumento della secrezione acida dello stomaco, aumento della motilità intestinale), respiratorio (aumento della frequenza respiratoria) e del sistema nervoso centrale. Tali disturbi vengono indicati come effetti extrauditivi del rumore proprio perché interessano altri apparati dell'organismo. A seconda della reattività dei singoli soggetti gli effetti si possono manifestare già per livelli di rumore inferiori ai 70 dB(A), tuttavia possono comparire anche a seguito di stimolazioni molto lievi. Considerando che i livelli di rumore urbano generalmente sono compresi tra i 40 e gli 80 dB(A) è comprensibile la rilevanza di insorgenza di effetti extrauditivi tra la popolazione. Va considerato che l'abitudine ad un certo tipo di rumore non salva chi lo subisce dai danni fisiologici che provoca. Effetti generali di disturbo

Anche per livelli molto bassi e per esposizioni brevi possono verificarsi condizioni di alterazione della stato di benessere. Il rumore può disturbare il riposo, il sonno e la comunicazione degli esseri umani, come singoli e come comunità. Le interferenze con le varie attività umane, la ridotta comprensione delle parole, i disturbi del sonno e del riposo, le interferenze sull'attenzione, sul rendimento e sull'apprendimento determinano condizioni che possono ostacolare le attività di relazione e in generale peggiorare la qualità della vita. E' stato identificato nell'esposizione ad un livello sonoro continuo equivalente nell'arco delle 24 ore non superiore a 55 dB(A) il limite compatibile per la buona salute dei cittadini.

Analisi spettrale

Quando abbiamo a che fare con un suono complesso non siamo nel caso semplice del suono puro, in cui con una precisa legge sinusoidale riusciamo a descrivere completamente il segnale. Per un suono complesso non è facile analizzarne il contenuto energetico, si ricorre allora all’analisi spettrale. Questa utilizza un sistema costituito da un microfono, un amplificatore, un filtro, o meglio un banco di filtri ed un voltmetro tipo Root Mean Square (RMS). Come filtro posso usare, ad esempio, la curva “A”, in modo da avere un guadagno variabile per ogni frequenza ed avere una misurazione in dB(A), o un filtro passa-banda che permette di far passare solo una certa banda di frequenze, relativamente stretta e centrata sulla

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frequenza che mi interessa studiare, e annulla il contributo delle frequenze al di fuori della banda passante. Il più delle volte comunque si usa un banco di filtri.

τ

forma d’onda

10 filtri d’ottava

f (Hz)

L (dB)

p

Figura 11: Analisi spettrale con un banco di filtri d’ottava. Volendo rappresentare un filtro passa-banda non ideale esso è costituito da una

zona di guadagno pari pressoché a 0 dB detta banda efficace ∆f, e da due zone di forte attenuazione ai lati di ∆f in cui il guadagno cala velocissimamente. I punti f1 e f2 che delimitano la banda efficace sono dette frequenze di taglio esse sono a metà energia rispetto alla frequenza di centro banda fc (G(fc) = 0) e per definizione G(f1) = -3dB = G(f2).

Figura 12: Filtro passa-banda.

Se uso più di un filtro consecutivo, questo deve incrociarsi col successivo per legge a –3 dB. Così se ho un suono di 90 dB che cade proprio nel punto di incrocio di due filtri: il primo filtro mi misura 87 dB ed il secondo, nello stesso punto, pure 87 dB. Sommando i dB su tutto lo spettro riottengo il valore 90 dB di origine.

Nell’analisi spettrale ci sono 2 tipi di filtri: i. Filtri ad ampiezza costante; ii. Filtri ad ampiezza percentuale costante.

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Per i filtri del primo tipo ciascuna banda ha sempre la stessa ampiezza. Se per esempio scegliamo 100 Hz come ampiezza di banda ci vuole un banco da 200 filtri per coprire tutto il campo dell’udibile 20-20000 Hz.

I filtri del secondo tipo sono i più usati. Da un punto di vista fisiologico, come in termini di ampiezza la risposta dell’uomo è proporzionale al logaritmo dell’ampiezza del segnale, così in termini di frequenza la risposta è proporzionale al logaritmo della frequenza, ma non si misura in dB bensì si usa il concetto musicale di ottava. Un ottava è un raddoppio di frequenza; in musica infatti un fa di una ottava ha frequenza doppia rispetto al fa dell’ottava precedente e così per uno qualsiasi dei 12 semitoni (note) di un ottava. In musica si è unanimi sul fatto che il passaggio da un’ottava alla successiva comporti un raddoppio di frequenza , ma non si sa bene come le bande di ottave stesse si collocano nella gamma di frequenze percepibili. In acustica invece lo IEC (International Electrotechnical Commission) ha normalizzato le bande d’ottava fornendo dei precisi valori di centro banda e dei punti di incontro fra una banda e la successiva.

Tabella 3: Frequenze di centro banda d’ottava, standard IEC. fc1

(Hz) fc2

(Hz) fc3

(Hz) fc4

(Hz) fc5

(Hz) fc6

(Hz) fc7

(Hz) fc8

(Hz) fc9

(Hz) fc10

(Hz) 31,5 63 125 250 500 1000 2000 4000 8000 16000

In un’ottava il limite inferiore (f1), quello superiore (f2), e la frequenza di centro

banda (fc) verificano le seguenti relazioni:

=

⋅=

c

c

ff

ff

ff

2

1

12 2 risolvendo ho:

⋅=

⋅=

c

c

ff

ff

22

2

1

2

Se ad esempio la fc = 1 kHz, allora f1 = 707 Hz e f2 = 1414 Hz e per la successiva ottava f 3 = f2 = 1414 Hz e f4 =2828 Hz.

L’analisi in filtri d’ottava può essere accettabile in campo rumoristico ma è grossolana per calcolare ad esempio la risposta di un altoparlante, in cui è necessaria un’analisi con più risoluzioni in frequenza, cioè con più filtri più stretti. Si usa in questi casi una analisi in frequenza in bande di frazioni di ottava (1/3, 1/6, 1/12, 1/24, ecc.); se si vogliono le relazioni tra i limiti di sottobanda f1 e f2 e si chiama con N il numero di parti in cui suddivido un’ottava ho:

N

ff 1

1

2 2= , e in generale: Nii ff

1

1 2⋅=+ con i = 1, 2, …, N+1.

Per calcolare le frequenze di centro banda nelle varie sottobande uso la relazione:

.1, +⋅= iiic fff Così se ho un N = 12, cioè in dodicesimi di ottava, per un suono a 1 kHz:

05946,12121

= , per cui le frequenze di taglio sono:

f1 (Hz)

f2 (Hz)

f3 (Hz)

f4 (Hz)

f5 (Hz)

f6 (Hz)

f7 (Hz)

f8 (Hz)

f9 (Hz)

f10 (Hz)

f11 (Hz)

f12 (Hz)

f13 (Hz)

707 749 793,6 840,8 890,4 943,3 999,4 1058,9 1121,8 1188,5 1259,1 1334,6 1414Tabella 4: Frequenze di taglio per le bande di 1/12 d’ottava di un suono a 1 kHz

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Quella in dodicesimi d’ottava e la risoluzione che meglio approssima le capacità dell’orecchio umano normale. Una persona otologicamente normale è infatti in grado di arrivare a percepire fino ad una nota di differenza fra due suoni simili, per frazioni d’ottava inferiori non si riescono a cogliere differenze. Nella realtà l’analisi in frequenza ad ampiezza percentuale costante più usata è di un terzo d’ottava.

Con N = 3, 25992,12 31

= , per cui se fc = 1 kHz:

f1 (Hz)

f2 (Hz)

f3 (Hz)

f4 (Hz)

707 890,8 1122,3 1414 Tabella 5: Frequenze di taglio per bande di 1/3 d’ottava a 1 kHz.

Figura 13: Filtro di banda di 1/3 d’ottava.

Le frequenze di centro banda in questo caso sono:

HzHzfffc 7,793)(8,890707 2211, =⋅⋅=⋅= e nominalmente Hzfc 8001, =

HzHzfffc 1000)(3,11228,890 2322, =⋅⋅=⋅=

HzHzfffc 4,1587)(14143,1122 2433, =⋅⋅=⋅= e nominalmente kHzfc 6,13, =

Tabella 6: Frequenze nominali per filtri di 1/3 d’ottava per tutto lo spettro udibile. fc1

(Hz) fc2

(Hz) fc3

(Hz) fc4

(Hz) fc5

(Hz)fc6

(Hz)fc7

(Hz)fc8

(Hz)fc9

(Hz)fc10

(Hz)fc11

(Hz) fc12

(Hz) fc13

(Hz)fc14

(Hz)fc15

(Hz)25 31,5 40 50 63 80 100 125 160 200 250 315 400 500 630

fc16

(Hz) fc17

(Hz) fc18

(Hz) fc19

(Hz) fc20

(Hz)fc21

(Hz)fc22

(Hz)fc23

(Hz)fc24

(Hz)fc25

(Hz)fc26

(Hz) fc27

(Hz) fc28

(Hz)fc29

(Hz) fc30

(Hz)800 1k 1250 1,6k 2k 2,5k 3,15k 4k 5k 6,3k 8k 10k 12,5k 16k 20k

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Lezione del 13/11/2001 ore14:30 – 16:30

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Lo spettro di un suono assume un aspetto grafico molto diverso in base al tipo di

rappresentazione. Se utilizzo filtri ad ampiezza percentuale costante si tende ad usare l’asse delle frequenze logaritmico, mentre per filtri ad ampiezza costante l’asse delle frequenze si presta ad una scala lineare. Iniziando dai filtri d’ottava in figura 14 si nota come lo spettro (f scala logaritmica) sia rappresentato con molte componenti a basse frequenze, che invece con una scala lineare risultano compresse in modo da concentrare in un breve intervallo un numero notevole di informazioni (figura 15). Essendo la scala delle ascisse logaritmica ogni tacca verticale individua un margine di taglio di una delle 30 sottobande in cui si divide lo spettro (infatti ho 31 tacche!).

Figura 14:filtro di 1/3 d’ottava con asse delle frequenze logaritmico.

Figura 15:filtro di 1/3 d’ottava con asse lineare delle frequenze.

Quando passo all’analisi spettrale ad ampiezza costante mi accorgo subito di una grossa differenza: il livello sonoro segnalato alla frequenza di 1902 Hz passa da 87

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Lezione del 13/11/2001 ore14:30 – 16:30

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dB circa, per l’analisi con filtri di 1/3 d’ottava, a 67 dB circa per l’analisi ad ampiezza costante. Questo calo si spiega col fatto che le bande da 1/3 d’ottava sono molto più larghe di quelle costanti e quindi possono far passare frequenze con energia mediamente elevata anche se non filtro il picco massimo. In ogni caso lo spettro più usato, che approssima meglio il nostro udito, è quello con frequenze in scala logaritmica e filtro in terzi d’ottava (figura 14).

Figura 16: Spettro in banda stretta con frequenza logaritmica.

Figura 17: Spettro in banda stretta con frequenza lineare.

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Lezione del 13/11/2001 ore14:30 – 16:30

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Esercizio Di un segnale sonoro, tramite analisi spettrale, mi vengono forniti i livelli sonori a diverse frequenze:

Frequenza (Hz) Livello sonoro (dB)

Ponderazione “A” Livello ponderato (dB(A))

31,5 90 -39,4 50,6 63 87 -26,2 60,8 125 80 -16,1 63,9 250 82 -8,6 73,4 500 79 -3,2 75,8 1000 80 0 80 2000 75 +1,2 76,2 4000 72 +1 73 8000 70 -1,1 68,9 16000 70 -6,6 63,4

Determinare il livello totale in dB e quello ponderato in dB(A).

20

21

10log10pp

L ⋅= , con p0 = 20 µPa per definizione di livello sonoro.

Sapendo che se ho 2 livelli L1 e L2 con 102

02

1110Lpp ⋅= e

1020

22

210Lpp ⋅= se ne faccio la somma incoerente ottengo:

( )101010

21 1010log10 LLTOTL +⋅= .

Quindi nel mio caso il livello sonoro totale è: ( )

.9310101010101010101010log10 772,75,789,72,887,89

10

dBLTOT

==+++++++++⋅=

Se voglio il livello ponderato: ( )

).(7,8310101010101010101010log10 34,689,63,762,7858,734,739,608,606,5

10,

AdBL ATOT

=

=+++++++++⋅=

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Alessio Onofri - matr. 132321 – Lezione del 13/11/01 – ore 16.30-18.30

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Elaborazione numerica dei segnali

L’elaborazione numerica dei segnali o Digital Signal Processing (DSP) è una tecnologia relativamente giovane, divenuta possibile una decina di anni fa grazie all’utilizzazione di appositi processori chiamati appunto DSP. Essi rendevano possibile l’analisi di un dato segnale in “diretta”, ovverosia mentre il segnale veniva campionato, il processore provvedeva anche alla sua elaborazione e alla sua visualizzazione sul display dello strumento utilizzato per l’analisi dello spettro. Attualmente l’impiego di questi processori dedicati è utilizzato altrove, soprattutto per il fatto che, ormai, basta un semplice PC.

Osservando infatti il diagramma in Figura 1 possiamo notare come la potenza di

calcolo dei personal computer raddoppi ogni anno, a differenza di quella dei circuiti dedicati DSP che raddoppiano circa ogni 5 anni. Il sorpasso è avvenuto nel 1998 e al momento un personal computer ha una potenza di calcolo superiore di 20-50 volte anche del più costoso DSP. Per quel che riguarda le Workstation RISC, esse hanno dominato il settore tra il 1995 e il 1999, ma anche loro oggigiorno devono cedere il passo ai PC

Figura 1: Diagramma potenza di calcolo in funzione dell’anno di produzione

Analisi in frequenza

L’elaborazione numerica del segnale tratta in particolare dell’analisi in

frequenza, elaborazione il cui scopo è quello di ottenere lo spettro del segnale. Esso è una rappresentazione grafica su un piano cartesiano avente in ascissa la frequenza f ed in ordinata una grandezza che quantifichi l’ampiezza del suono espressa in decibel (dB)

I passi da compiere per ottenere lo spettro di un segnale sono 3: • Campionamento • Elaborazione con FFT • Post-Processing

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Lezione del 13/11/01 - ore 16:30 –18:30

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Campionamento Il campionamento consente di ottenere un segnale a tempo discreto, cioè una

successione o sequenza x[n] di numeri rappresentabile con una funzione di variabile intera relativa avente valori reali o complessi, partendo dal segnale analogico.

Campionare un generico segnale x(t) significa “estrarre” dal segnale stesso i valori che esso assume a istanti temporali equispaziati, cioè multipli di un intervallo T detto periodo di campionamento. Con questa operazione viene a crearsi una sequenza il cui valore n-esimo x[n] è il valore assunto dal segnale a tempo continuo all’istante nT: x[n]=x(nT).

L’operazione di campionamento viene simbolicamente effettuata da un dispositivo, il campionatore, indicato con una sorta di interruttore che si chiude per un intervallo di durata infinitesima. La cadenza con cui l’interruttore si chiude è pari a:

Tfc 1

= (1)

e prende il nome frequenza di campionamento (sampling frequency), misurata in Hz o in campioni/secondo. Prima dell'avvento del digitale il campionamento era ottenuto tramite filtri analogici passivi, la cui curva di risposta in frequenza approssimava con curve gaussiane lo spettro delle odierne bande, e in cui veniva fatto passare il segnale. In Figura 2 è rappresentato un generico segnale analogico in funzione del tempo t, si può vedere come varii con continuità. L in ordinata rappresenta il livello del segnale, che per i segnali acustici è solitamente espressa in decibel (dB).

t

L

Figura 1: Piano analogico

La Figura 3 rappresenta il corrispettivo digitale del precedente segnale analogico: in questo caso si vede chiaramente che abbiamo a che fare con una sequenza discreta di valori e non più con un continuo, coi valori della sequenza che distano tra loro un tempo T pari al periodo di campionamento.

n

L

Figura 2: Piano digitale

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Il convertitore A/D è comandato da un segnale di clock (temporizzazione) alla frequenza di campionamento. Il campionatore ideale estrae in corrispondenza di ogni impulso di clock il valore del segnale in ingresso all'istante di campionamento, che è in generale un numero reale con infinite cifre decimali. Diversamente dal campionatore ideale, il convertitore A/D rende invece una rappresentazione finita di questo numero reale (segnale numerico), e precisamente in aritmetica binaria su un numero finite di cifre (bit), variabile da 8 a 24. Il piccolo errore insito nella rappresentazione del numero reale su un numero finito di cifre rappresenta la seconda operazione del convertitore: la quantizzazione. Di fatto quindi il convertitore effettua una doppia operazione di "discretizzazione": la prima sull'asse dei tempi, dove determina gli istanti in cui si deve considerare il segnale; la seconda sull'asse delle ampiezze dove il segnale viene approssimato al "quanto" più vicino in base alla risoluzione in bit del convertitore.

I convertitori A/D sono caratterizzati da due parametri fondamentali: • Numero di livelli discreti con cui può essere descritta l'ampiezza del segnale. • Periodo di campionamento. I convertitori tipici sono a 16 bit (il numero di bit utilizzato dai lettori CD) corrispondenti ad una frequenza di campionamento di 44.1 kHz, mentre il numero di bit utilizzato dalle schede audio è in genere di 20 che eleva la frequenza di campionamento a 48 kHz. I 16 bit impongono che il valore del segnale debba appartenere all'intervallo che va da -32767 a +32767. Su un simile intervallo l'errore di quantizzazione commesso dal convertitore non è trascurabile, di fatto quindi si introduce un rumore che fa dello standard audio a 16 bit uno standard di basso livello. Per questo motivo nelle applicazioni professionali e nei lettori DVD si utilizzano convertitori che hanno 24 bit di livelli possibili in ampiezza e frequenza di campionamento a 96 kHz. In questo caso l'errore assoluto di quantizzazione è lo stesso, ma distribuito su un intervallo di possibili valori delle ampiezze maggiore, e quindi il rumore introdotto è molto inferiore. Infatti con la risoluzione a 24 bit il rapporto fra segnale e rumore è molto elevato, pari a 196 dB.

Dal teorema di Shannon (o di Nyquist) si ha che:

max2 ffc ≥ (2) dove fmax rappresenta la frequenza massima contenuta nel segnale, ed è anche

conosciuta come frequenza di Nyquist, mentre fc è la frequenza di campionamento. Questo affinché un segnale dopo il campionamento possa nuovamente essere ritrasformato in analogico. Ad esempio un segnale con frequenze fino a 20000 Hz dovrà essere campionato con una frequenza pari o superiore a 40000 Hz.

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Figura 4: Segnale campionato

Ricapitolando la larghezza dei gradini del segnale campionato (Figura 4) è data

dall’intervallo di campionamento nel tempo mentre l’altezza dei gradini è data dalla risoluzione del convertitore A/D.

E’ chiaro che se si aumenta la risoluzione sull’asse delle ampiezze con un convertitore A/D migliore, si deve aumentare anche la risoluzione sull’asse dei tempi. Ad esempio non ha senso avere una risoluzione di 24 bit sottocampionata nel dominio del tempo (44,1 kHz). Quando i gradini non sono proporzionati tra loro si creano gli “artefatti vivi”.

Alla fine del campionamento ho un vettore numerico che entra nel computer memorizzato in celle di memoria e che divido in blocchi di n-punti (Figura 5) dal momento che l’algoritmo che dovrò applicare agirà su un numero n di punti. Successivamente, di ogni blocco verrà calcolato lo spettro.

Figura 5: Vettore di dati in celle di memoria

Elaborazione con FFT L’algoritmo matematico che calcola lo spettro a partire dai campioni quantizzati

si chiama FFT (Fast Fourier Transform). Esso opera sugli N campioni reali nel tempo in ingresso trasformandoli in N/2+1 campioni complessi in frequenza con spaziatura costante, ciascuno costituito da una parte reale e da una parte immaginaria: l’algoritmo quindi produce un andamento lineare sull’asse delle frequenze. Una rappresentazione di questo tipo attribuisce la stessa importanza a tutte le frequenze sia basse che alte.

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FFT 12/ +NN

Re Im

Figura 6: Schema di algoritmo FFT

Il primo elemento che si ottiene ha valore reale e rappresenta il valore medio del segnale, cioè la sua componente continua, ed è chiaramente una componente a frequenza nulla. Il secondo elemento, ha frequenza:

TNf

⋅=

11 (3)

con T il periodo di campionamento. Le frequenze successive sono:

1fifi ⋅= (4)

con i=1,2,3...N/2 dove l'ultima frequenza è quella di Nyquist. Dal punto di vista del calcolo della trasformata, l'algoritmo FFT è più efficace se

nella sua esecuzione si utilizza parte reale e parte immaginaria invece che ampiezza e fase, e se in termine di numeri viene scelto N come un esponente di 2, ad esempio N = 4096. Applicando l’algoritmo a questo numero di campioni si ottengono 2048 linee spettrale; in realtà se ne dovrebbero ottenere 2049 (N/2+1) considerando la componente continua del segnale, ma se si è svolto correttamente il campionamento la componente continua di un segnale acustico è nulla.

Utilizzando una frequenza di campionamento di 48 kHz si ha un campo di frequenze che va da 0 a un massimo di 24 kHz (frequenza di Nyquist). La risoluzione sarà quindi pari a:

Hz71875,112048

kHz24==∆f (5)

Si ottiene così uno spettro in banda stretta. Post-Processing Ottenuto lo spettro in banda stretta si applica il post-processing, cioè

un’elaborazione successiva alla realizzazione dello spettro che permette di cambiare l’asse delle frequenze da lineare in terzi di ottava e nel tempo produce una costante di tempo Fast o Slow in modo da non avere tanti spettri, ognuno senza memoria del

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passato, ma di mediarli nel tempo e di visualizzare le bande che variano in maniera più graduale, più morbida.

Analisi in terzi di ottava

Per analizzare un segnale audio con l’ausilio di un PC utilizzeremo un

analizzatore di spettro software come SpectraRTA scaricabile facilmente da sito internet www.soundtechnology.com.

Con SpectraRTA (Real Time Analizer) è possibile analizzare lo spettro di un suono in tempo reale poiché il programma mostra i valori in ingresso direttamente sullo schermo senza dover registrare il suono prima per elaborarlo poi. Questo applicativo permette di calcolare direttamente lo spettro a banda percentuale costante di 1/1 ottava, 1/3 di ottava, 1/6 di ottava, 1/12 di ottava o 1/24 di ottava. Consente inoltre l’uso di un generatore di segnali che per mezzo della scheda audio del PC genera diversi segnali di prova quali ad esempio rumore bianco, rumore rosa, sinusoidi sovrapposte, sinusoidi sweep. Il programma implementa funzioni avanzate quali il calcolo della distorsione armonica totale, della distorsione di intermodulazione, del rapporto segnale rumore, della ricerca del ritardo tra i canali e della visualizzazione della fase stereo.

Attraverso questo programma viene prima svolta un’analisi in tempo reale della voce catturata dal microfono del PC. La scheda audio che utilizziamo lavora a 48 kHz con una risoluzione di 20 bit, più che sufficienti a rappresentare in maniera perfetta il suono.

Figura 7: Spettro della voce

I valori in decibel visualizzati sull’asse delle ascisse non sono i decibel acustici,

ma sono chiamati dBr, cioè decibel relativi; infatti lo zero corrisponde al fondo scala della scheda audio. Per visualizzare i decibel acustici il sistema deve essere calibrato attraverso l’uso di un generatore di segnale con livello noto.

Come si può osservare da questa prova (Figura 7), la voce umana è dominata da un campo di frequenze medie (200 Hz – 4000Hz).

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Ora utilizzando il generatore di segnali presente nel programma, generiamo un particolare suono chiamato “rumore rosa” (pink noise): questo è un suono che ha la stessa energia a tutte le frequenze e più precisamente la stessa energia in ogni banda in terzi di ottava. Per essere analizzato il segnale viene prelevato direttamente dall’uscita della scheda audio senza passare attraverso il microfono (Figura 8).

Figura 8: Spettro del rumore rosa

Dall’analisi del segnale si nota come lo spettro del rumore rosa sia uno spettro

pressoché piatto. Mediando con un tempo infinito si osserverebbe un ulteriore livellamento. Il fatto che non sia perfettamente piatto dipende dalla scheda audio del PC, che non è uno strumento professionale.

Svolgo ora la stessa misura inserendo da programma la curva di ponderazione A (Figura 9). La ponderazione A è un tipo di equalizzazione che esalta le frequenze maggiormente percepite dall’uomo e taglia quelle meno udibili (basse frequenze).

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Figura 9: Spettro del rumore rosa ponderato A

Si nota come la curva di ponderazione A abbia ridotto notevolmente le basse

frequenze e lievemente amplificato le alte frequenze. Una prova interessante può essere il confronto tra l’analisi dello spettro della

voce senza alcun filtraggio e l’analisi con l’inserimento della ponderazione A. La Figura 10a e la Figura 10b rappresentano questo confronto.

Figura 10a: Spettro della voce senza filtraggio

Figura 10b: Spettro della voce ponderato A

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Analisi in banda stretta

L’analisi vista fino ad ora attraverso il programma SpectraRTA è un’analisi in

terzi di ottava. Per svolgere invece un’analisi in banda stretta del segnale audio abbiamo bisogno di un altro programma di nome SpectraLAB (www.soundtechnology.com).

A differenza di SpectraRTA, il programma SpectraLAB prevede tre modi di funzionamento: “Real Time”, “Recorder” e “Post Process”. Nel modo “Real Time” viene svolta un’analisi in tempo reale del segnale acquisito dalla scheda audio, mostrandone i risultati sullo schermo. In questa modalità non viene memorizzato nulla su disco e non è possibile quindi eseguire analisi successive sullo stesso segnale. Nel modo “Recorder”, oltre ad eseguire l’analisi, il programma memorizza sull’hard disc il segnale audio acquisito. In questo modo di funzionamento è possibile anche riascoltare un segnale preventivamente memorizzato, rianalizzarlo ed eventualmente compiere filtraggi digitali. Nel modo “Post Process” è consentito rielaborare un segnale registrato, con caratteristiche di dettaglio di analisi particolarmente avanzate. Sono inoltre disponibili diverse interessanti utilities quali ad esempio il marker (che consente di etichettare le frequenze di particolare interesse), il trigger (che consente di sincronizzare l’acquisizione al verificarsi di determinate condizioni), il calcolo della distorsione armonica totale, ecc. Inoltre SpectraLAB non si limita solo a fornire lo spettro di quanto acquisito, ma visualizza anche la forma d’onda audio nel tempo (come un oscilloscopio), su un sonogramma e un waterfall (che esamineremo più avanti).

Vediamo come appare l’analisi spettrale del suono della voce in questo programma dalla Figura 11.

Figura 11: Analisi nella frequenza (sopra) e nel tempo (sotto) di un segnale vocale

Per vedere la differenza tra l’analisi in banda stretta e l’analisi in terzi d’ottava

ripetiamo la prova del rumore rosa, grazie al generatore di segnali interno al programma.

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Figura 12: Spettro del rumore rosa in banda stretta

Dalla Figura 12 si nota che lo spettro non è più piatto, ma scende lentamente

all’aumentare delle frequenze e più precisamente cala di 3 dB per ogni ottava. Questo perché ogni ottava è larga il doppio della precedente e cattura il doppio dell’energia e come abbiamo visto con il campionamento in terzi di ottava lo spettro deve risultare piatto; quindi passando all’analisi in banda stretta le alte frequenze del rumore rosa hanno un livello minore delle basse frequenze. Comunque anche in SpectraLAB è possibile, una volta acquisito il segnale, visualizzare un’analisi in terzi di ottava attraverso un post-processing.

Ripetiamo la prova utilizzando un altro segnale chiamato “rumore bianco” (white noise) che è definito come quel rumore che ha uno spettro con lo stesso livello a tutte le frequenze in banda stretta: in proporzione quindi il rumore bianco ha molta più energia alte frequenze del rumore rosa.

Figura 13: Spettro del rumore bianco

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Andando a visualizzare l’analisi in terzi di ottava del rumore bianco (Figura 14)

si vede come lo spettro sia una rampa crescente: cresce di 3 dB ogni ottava per le stesse motivazioni viste per il rumore rosa.

Figura 14: Spettro del rumore bianco in terzi di ottava

Teorema di Fourier

L’enunciato di questo teorema afferma che qualunque suono periodico è sempre

rappresentabile come sovrapposizione di un opportuno numero d'onde sinusoidali (toni puri) di determinate ampiezze, frequenze e fasi:

)τ(sen)τ( i1

ϕω += ∑∞→

=i

N

iiAx (6)

La dipendenza dalle frequenze della (6) è espressa dalla seguente relazione:

ii fπω 2= (7) Per ogni indice i c’è una ampiezza, una frequenza e una fase. Con un numero

sufficientemente grande di sinusoidi è possibile rappresentare qualsiasi segnale purché periodico; questo vuol dire che se si suddivide il flusso di dati proveniente dal convertitore A/D e si prende un blocco di N campioni, la periodicità implica che il blocco successivo e il blocco precedente devono essere perfettamente uguali. Il problema è che in genere i segnali non sono periodici. I problemi possono insorgere anche per un segnale periodico. Per esempio si ponga in ingresso al campionatore una sinusoide a 1000 Hz di frequenza.

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Figura 15: Segnale sinusoidale campionato

In Figura 15 sull’asse delle ordinate è rappresentato il valore tradotto dal

convertitore A/D a 16 bit (escursione massima da –32768 a 32768, che corrisponde ad un fondo scala elettrico di 100 mV con un microfono di sensibilità 50 mV/Pa), mentre sull’asse delle ascisse sono rappresentati il numero di campioni. Andiamo a calcolare la pressione istantanea (pist) di ogni campione (x):

PamV50

32768mV100)()( ⋅= ixipist (8)

e quindi il livello acustico istantaneo (List) associato a questa pressione:

⋅= −61020

)(log20)(

ipiL ist

ist (9)

Andando a rappresentare il livello acustico istantaneo in funzione del numero di

campioni si ottiene la Figura 16.

Figura 16: Andamento del livello acustico istantaneo in funzione del n° di campione

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Il livello medio è di 94 dB (pari ad una pressione di 1 Pa) mentre il livello

massimo è di 97 dB; la differenza tra valore istantaneo e valore medio è detta “fattore di cresta”. Come si vede nell’esempio, il fattore di cresta di una sinusoide è di 3 dB. Il fattore di cresta è importante per la scelta del convertitore A/D perché il valore istantaneo non deve eccedere il valore massimo di fondo scala (in questo caso il fondo scala è di 100 dB) altrimenti si ha una saturazione del sistema che porta ad una distorsione della forma d’onda.

Analizziamo ora il problema legato alla periodicità del segnale. Se il campionamento è iniziato per caso in corrispondenza di un passaggio per lo zero, non è detto che anche al termine del periodo si abbia un campione che sia uno zero crossing. Quindi tra una finestra che contiene N campioni e la successiva la forma d’onda è discontinua.

Figura 17: Sinusoide discontinua

Intermini di analisi di frequenza questa discontinuità produce uno spettro bianco,

cioè uno spettro piatto che si sovrappone a quello della sinusoide. In Figura 18 si può vedere l’analisi di Fourier di una sinusoide discontinua confrontata con l’analisi di una sinusoide pura (una sola riga spettrale).

Figura 18: Spettro di una sinusoide discontinua

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Questo fenomeno che distribuisce energia su tutto lo spettro prende il nome di “fenomeno di Leakege”. Una soluzione sarebbe quella di campionare il segnale con un numero di campioni tali da terminare esattamente ogni finestra in uno zero crossing, ma non è possibile sapere a priori la lunghezza del periodo.

Il vero problema è che il suono è una grandezza non periodica e per poter sfruttare l’analisi di Fourier bisogna renderlo tale. Per fare ciò è necessario portare progressivamente a zero i campioni alle estremità della finestra applicando una ponderazione (pesatura dei campioni). Chiamando w questa ponderazione, un esempio è rappresentato dalla Figura 19, dove w è una funzione “a campana”.

Figura 19: Pesatura dei campioni

La forma d’onda più semplice con cui andare a pesare i campioni è quella del

“mezzo seno” (finestra di Hanning) che è rappresentata in Figura 20.

Figura 20: Finestra di Hanning

Una schematizzazione di come opera la Hanning sui campioni del segnale è data

dalla Figura 21.

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Lezione del 13/11/01 - ore 16:30 –18:30

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finestra di Hanning

N c

ampi

oni

N c

ampi

oni

succ

essi

vi

Figura 21: Finestra di Hanning applicata allo stream di dati

Applicando la finestra di Hanning al segnale sonoro in ingresso si ha che

quest’ultimo viene forzato ad andare a zero (Figura 22).

Figura 22: Finestra di Hanning applicata al segnale sinusoidale

In questo modo si riesce a rendere periodico il segnale e a ridurre il fenomeno

del Leakege. Viene però introdotto un grosso problema: tutto ciò che accade nell’intorno del passaggio da una finestra alla successiva viene ignorato dal sistema perché moltiplicato per un coefficiente praticamente nullo. Quindi se tra due finestre consecutive si verifica un evento importante ai fini dell’analisi, questo evento viene perso.

Per ovviare a questo problema non si lavora con finestre consecutive, ma con finestre sovrapposte (overlapp di finestre) e la sovrapposizione deve essere di almeno il 50 % (Figura 23). In questo modo si ottiene una finestra che ha peso 1 là dove prima si aveva peso 0. Per le misure aventi valore legale si vuole la certezza che tutti i campioni abbiano lo stesso peso e si dimostra matematicamente che per avere ciò è necessario utilizzare un overlapp del 75 %.

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N

finestra diHanning

finestra diHanningShiftata di N/2 N/2

Figura 23: Sovrapposizione di finestre

Visualizzazione di spettri variabili nel tempo

Se si vuole analizzare un fenomeno che evolve nel tempo e avere una

rappresentazione di tutti gli spettri ad istanti successivi si deve svolgere un’analisi “multispettring”. Esistono due tecniche di rappresentazione di un’analisi multispettring:

• Waterfall: gli spettri vengono visualizzati uno dopo l’altro lungo una terza

dimensione (è un diagramma 3-D). Questa è una tecnica di visualizzazione molto efficace soprattutto per analizzare i transitori (avviamento di un motore, una macchina in fase di accelerazione, ecc).

Figura 24: Waterfall

• Sonogramma: è un diagramma bidimensionale dove in ascissa è riportato il

tempo, in ordinata la frequenza, mentre l’altezza dei picchi è

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Lezione del 13/11/01 - ore 16:30 –18:30

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rappresentata da una scala cromatica. Il sonogramma è molto utilizzato nell’analisi della voce, la cosiddetta “impronta vocale”.

Figura 25: Sonogramma

Bibliografia essenziale

Marco Luise, Giorgio M. Vitetta, Teoria dei segnali, McGraw-Hill 1999

V. Oppenheim, R. W. Schafer, Discrete-time signal processing, Prentice-Hall, 1989 J.S.Orfanidis, Introduction to signal processing, Prentice Hall, 1996

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Alessandro Ponzi - matr. 127699 – Lezione 19/11/2001 – Ora 14.30 – 16.30

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INTRODUZIONE : L’ACUSTICA Lo studio di fenomeni acustici, dal punto di vista fisico, è strettamente legato ad altri settori della scienza quali la fisiologia e la psicologia. La prima di queste studia il meccanismo di percezione dei suoni e gli organi dell’udito l’altra studia le sensazioni sonore in relazione agli stati d’animo prodotti in chi ascolta. Già gli antichi filosofi greci (in particolare Aristotele) avevano osservato che quando un corpo emette dei suoni si trova in uno stato di vibrazione, movimento che si comunica all’aria circostante provocando onde paragonabili ai cerchi prodotti sulla superficie di uno specchio d’acqua dalla caduta di un sasso. Si può dunque dire che l’acustica studia i suoni e le onde sonore. Noi ci soffermeremo nello studio di queste ultime, in particolare nella stesura dell’equazione di D’Alambert mostrando una sua applicazione ed infine parleremo di Densità dell’energia sonora. Nota storica : Jean Le Rond D’Alambert Matematico e filosofo francese vissuto a Parigi tra il 1717 ed il 1783, membro Dell’Academia a soli 20 anni scrisse varie opere ed esegui vari studi tra i quali il moto delle corde vibranti dando una formulazione rigorosa del problema matematico di queste :

“Il moto di una corda che vibra è descritto da un equazione differenziale alle derivate parziali del 2º

ordine nelle variabili spazio e tempo, detta equazione di D’Alambert”

L’equazione di D’Alambert Iniziamo col posizionare un volumetto di fluido (studieremo onde che si propagano dell’aria) in un sistema di riferimento cartesiano tridimensionale :

xy

z

dydx

dz

Figura 1

Le dimensioni del volumetto, scomposte nelle rispettive direzioni, danno il volume di questo :

dzdydxdV ⋅⋅= Conoscendo la relazione che lega la massa di un corpo con il suo volume (massa=densita·volume) otteniamo, appunto, la massa del volumetto di fluido, infatti :

dzdydxdVdM ⋅⋅⋅=⋅= ρρ

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(dove con ρ indichiamo la densità del fluido) Ricaveremo l’equazione di D’Alambert dalla Legge di Newton :

amF ⋅= (forza=massa · accelerazione) quindi mancano le forze in gioco e l’accelerazione, ricaviamo queste grandezze partendo dall’accelerazione. In una dimensione :

dtdua =

portando tale relazione in un sistema di riferimento tridimensionale si avrà che :

dtdu

dtdu

dtdua zyx ++=

(dove con ux,uy,uz indichiamo le velocità, delle particelle di fluido, riferite alle rispettive direzioni figuranti a pedice) Abbiamo cosi ottenuto la relazione :

++=dtdu

dtdu

dtdudMdF zyx

[ Mettiamo in risalto il fatto che nell’equazione dell’accelerazione la velocità sarebbe U detta velocità d’assieme totale del sistema. Questa ha una componente detta velocità acustica, (scomposta nelle componenti direzionali), da noi utilizzata ed un componente, termine di trasporto, ritenuta da noi nulla in quanto facciamo l’ipotesi che il fluido sia fermo, quindi a velocità nulla.] Ci serve ora una espressione per la forza dF. Sapendo che una forza può essere definita come una pressione esercitata su di una superficie possiamo scrivere :

ApF ⋅= (dove p è la pressione esercitata sulla superficie A) Ora pensando ad una faccia del volumetto , preso ad esempio nella direzione x, e bilanciando le forze in gioco si ha :

Px+dxPx

x x+dx

x

A

Figura 2

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La forza complessiva diviene :

dzdyPPdAPPdF dxxxdxxxx ⋅⋅−=⋅−= ++ )()( sfruttando il Teorema del Differenziale :

dxdxdPPP xdxx ⋅+=+

si ha :

dVdxdPFx ⋅−=

e ragionando lungo le tre direzioni :

dVkdzdPj

dydPi

dxdPdF ⋅

−⋅−⋅−= ˆˆˆ

Eguagliando l’equazione con la Legge di Newton

++⋅⋅=dtdu

dtdu

dtdudVdF zyxρ

si ottiene :

++⋅⋅=⋅

−⋅−⋅−

dtdu

dtdu

dtdudVdVk

dzdPj

dydPi

dxdP zyxρˆˆˆ

Infine, introducendo il gradiente della pressione, semplificando i termini comuni (dV) avremo :

1ª equazione dtdUP ⋅=∇− ρ

Arrivati a questo punto, ricordando che il volumetto è composto da un fluido, di questo fluido ci interessa come la sua densità ρ vari al variare della pressione. Pensando ad un gas perfetto (il nostro caso il fluido) introdotto in un pistone sottoposto, quindi, ad una pressione

PPP ′+= 0

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v

p

Gas

V0

P0

P0+P’

Figura 3

Si nota che applicando una pressione P’ al gas il sistema oscilla attorno al punto di equilibrio (p,v), lungo la tg a questo. Possiamo cosi ricavare la relazione tra pressione e densità :

γγ ρ⋅⋅= 00 VPP e la pendenza della retta tangente è :

ρddP

essendo P0 = cost questo implica dP0 = 0 quindi dρ = dρ’. Trascurando i termini di 2º ordine e semplificando i termini reciproci ( 1

01

0−− γγ ρV ) si ottiene :

γρ

ργ ⋅⋅=⇒⋅⋅⋅= 0000 VPddPdVPdP

introducendo l’equazione di stato dei gas perfetti :

TRVP ⋅=⋅ 00 abbiamo :

2ª equazione ²cRTddP

== γρ

essendo c la velocità del suono ( RTc γ= ) Questo risultato ci dice che il gas è tanto meno comprimibile quanto più la propagazione avvine velocemente.

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Abbiamo cosi due equazioni :

1. dtdUP ⋅=∇− ρ

2. ²cRTddP

== γρ

in tre incognite P,u,ρ. L’equazione delle onde acustiche è legata a queste due. È essenziale introdurre il Potenziale di velocità Φ :

u=Φ∇ Risolvendo le equazioni precedenti utilizzando il Potenziale di velocità :

dtdP Φ

⋅∇=∇− 0ρ

Perché queste siano uguali deve essere:

dtdP Φ

=− 0ρ .

)(0 udivdtd

⋅−= ρρ

sostituendo si ha:

Φ∇⋅−= ²0ρρdtd

Moltiplicando questa per ρddPc =² ed inserendo

dtdP Φ

=− 0ρ otteniamo un

equazione differenziale di 2º grado detta equazione di D’Alambert :

Φ∇=Φ ²²² cdtd

Questa equazione può essere risolta attraverso una : • Soluzione analitica (casi risolubili come onde piane progressive, onde piane

stazionarie, onde sferiche). • Soluzione numerica (utilizzando metodi discreti tipo il metodo degli elementi

finiti o quello delle differenze finite dove si discretizza rispettivamente lo spazio ed il tempo).

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Si può concludere dicendo che :

”Risolvere l’equazione delle onde significa risolvere un campo scalare del Potenziale della velocità”

Applicazione : intensimetro L’intensimetro è uno strumento acustico che ricava l’intensità sonora ,o meglio la velocità sonora utilizzata per calcolare l’intensità, tramite la pressione esercitata dal suono cioè dalle particelle portatrici del suono, su microfoni (nel nostro caso due) posizionati in un certo modo. Noi useremo una coppia di microfoni che , ovviamente, devono essere uguali il più possibile tra loro per avere un appropriato studio della variazione di pressione.

P1 P2

d

Figura 4

A livello circuitale si collegano le uscite dei microfoni ad un operazionale avente , a sua volta, l’uscita collegata ad un integratore che presenterà, in uscita, un segnale proporzionale alla componente cartesiana associata alla posizione dei microfoni, della velocità. Per avere le tre componenti di uno spazio tridimensionale avremo bisogno di tre coppie di microfoni posizionati lungo i tre assi cartesiani dello spazio 3D.

Operatore

P1

Integratore

P2

Ux

+

_

Figura 5

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Ricaviamo l’intensità del suono lungo l’asse x .

PuI xx ⋅=

Dove 2

21 PPP += .

Quello che ci manca è la ux ,qui entra in gioco l’intensimetro. Utilizziamo l’equazione di Eulero

dtduP 0ρ=∇−

approssimando il metodo discreto delle differenze finite ed integrando otteniamo :

∫ −= dtPPd

ux )( 210ρ

Supponendo il segnale sinusoidale si ha :

∫ ∫ == wtjw

PwtdtPPdt sen1sen maxmax

cioè l’integratore non è altro che un filtro che divide per ω (pulsazione), sfasando il segnale di 90º e scende di 6dB per ottava. È ora utile l’equazione di D’Alambertt per onde piane progressive. In un onda piana progressiva tutte le particelle di un piano si muovono in un’unica direzione con uguale velocità e pressione, una sorgente di questo moto può essere un pistone che , in modo armonico, si muove all’interno di un tubo.

Figura 6

Le condizioni al contorno sono date dall’ipotesi che all’istante t=0 lo spostamento sia nullo (s=0) e la velocità sia massima (u=umax). L’equazione di D’Alambert per un onda piana progressiva è :

)cos(max kxwt −⋅Φ=Φ dove k=w/c è il numero d’onda. Utilizzando la notazione di Eulero, la rappresentazione della precedente formula si può scrivere :

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[ ])(

maxkxwtje −⋅Φℜ=Φ

in quanto solo la parte reale della formula è coerente in un contesto fisico. Spesso comunque Re viene omesso. Nel nostro caso, essendo in una dimensione, si ha :

dxdu Φ

=Φ∇=

quindi

)(max

kxwtjejku −⋅Φ−= Imponendo le condizioni al contorno si ha:

)(max

)(max ),( kxwtjkxwtj eutxueuu −− ⋅=⇒⋅=

E la Pressione ? Sappiamo che :

dtdP Φ

−= 0ρ

allora possiamo scrivere

)(max0

kxwtjejP −⋅Φ⋅⋅⋅−= ωρ perciò :

),(),( 0 txuctxP ⋅⋅= ρ e volendo calcolare l’intensità relativa :

)(2max0 ² kxwtjeucuPi −⋅⋅⋅=⋅= ρ

Infine facendo una media temporale dell’intensità istantanea si ricava il valore di intensità acustica detta anche intensità media :

⋅⋅== ∫ ²

²21)(1

max00 m

VucdttiT

IT

ρ

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Densità dell’energia sonora La propagazione di un’onda, in un mezzo qualsiasi, e precisamente la variazione di velocità e pressione a livello locale, comporta anche la propagazione di energia. Per misurare tale energia si introduce il coefficiente di densità di energia che dà una misura dell’energia per unità di volume :

=

³mJ

VED

Se torniamo a pensare ad un pistone in un cilindro, detta A l’area del pistone avremo che :

tIAEtcAV

⋅⋅=⋅⋅=

Prendendo t=1 secondo e sostituendo tali grandezze nella definizione di densità di energia ricaviamo che :

cID =

Potendo scrivere l’intensità dal punto di vista energetico come un contributo potenziale ed un contributo cinetico :

[ ]

⋅⋅+

⋅=+= ²²

21

21

00

RMSRMS

cinpot ucc

PEEI ρρ

possiamo ricavare l’equazione di densità di energia con i contributi energetici :

⋅+

⋅= ²

²²

21

00

RMSRMS uc

PD ρρ

Si può cosi affermare che :

“La densità dell’energia sonora è per definizione costante”. Certo le sue componenti potenziale e cinetica si travasano tra loro, compensando le proprie variazioni. Notiamo che nel caso di un onda piana progressiva

DIc =

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e nel caso generale

DIU =

dove U è diverso da c, cioè si può dire che :

”la velocità dell’energia è minore o uguale della velocità del suono” dove l’uguaglianza vale solo nel caso di onde piane progressive. Da quanto detto, per conoscere le caratteristiche del sistema da analizzare, in acustica si ha che : • dal punto di vista fisico è necessario rilevare i valori di velocità e di pressione. • dal punto di vista energetico è necessario rilevare i valori di intensità sonora e di

densità di energia. Introduciamo per finire il livello di densità. Ogni grandezza acustica è misurata in dB. Introduciamo alcuni livelli :

• livello di pressione PaPPPL rifrif

RMSp

5102²²log10 −⋅==

• livello di velocità smc

PvvvL RMS

v /105²²log10 8

0

00

0

−⋅=⋅

==ρ

• livello di intensità ²/101log10 120

0

mWIIILI

−⋅==

• livello di densità ³/1094.2log10 1500

0

mJcID

DDLD

−⋅===

Per un onda piana progressiva tutti questi livelli sono uguali tra loro, in generale il livello di intensità è più piccolo o al più uguale a quello di densità :

DI LL ≤ il livello di pressione può superare il livello di densità al più di 3 dB tanto come quello di velocità. Si definisce indice di reattività del nostro corpo la differenza che vi è tra il livello di densità e quello di intensità :

ID LL − quanto più è reattivo il nostro corpo tanto più questo indice è grande. Spesso si indica l’indice di reattività come la differenza tra il livello di pressione e quello di intensità :

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Lezione 19/11/2001 – Ora 14.30 – 16.30

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IP LL − ma questo è sbagliato in quanto questa differenza potrebbe essere negativa , un indice negativo indicherebbe che un campo si può propagare più velocemente di un onda piana progressiva, per quanto detto prima questo è impossibile.

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Appendice Vibrazione : movimento oscillatoria di particelle attorno alla posizione di equilibrio. Onde : si osserva spesso che le perturbazioni di una data grandezza fisica, in una certa regione dello spazio, si trasmette alle regioni circostanti. Questo comportamento, comune a molti fenomeni fisici, è noto come propagazione delle onde. La propagazione del suono, della luce, delle vibrazioni di un corpo elastico sono esempi di questo comportamento. Accelerazione : variazione di velocità che un copro subisce in un certo intervallo di tempo. Legge di Newton : ogni corpo mantiene il suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme finché forze esterne, agendo su di esso, non lo costringono a mutare il suo stato. La forza, quindi, può essere espressa come la massa del corpo moltiplicata per l’accelerazione che subisce tale corpo. Equazione di stato dei gas perfetti : dette p la pressione, v il volume specifico, T la temperatura espressa in Kelvin, R0 costante universale (=8314 J/mol K) ,µ la massa molare degli elementi componenti il gas si ha :

TRvp ⋅⋅=⋅ 0µ Potenziale : grandezza scalare tridimensionale tale che il suo gradiente è uguale ad un vettore dato,nel nostro caso la velocita.

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Maximilian James Arpaio – matr. 130684 – Lezione del 19/11/01 – ora 16:30-18:30

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Onde sferiche

Le equazioni unidimensionali, ricavate nelle precedenti lezioni in un sistema di coordinate cartesiane, valgono per la propagazione di onde piane lungo una sola dimensione.

In una stanza senza eco o nello spazio libero, si preferisce esprimere matematicamente la propagazione del suono come proveniente da una fonte sferica o non direzionale. In questo caso, l’onda sonora si espande per effetto di contrazioni ed espansioni come se si allontanasse dalla sorgente creando un fronte d’onda costituito da superfici sferiche concentriche.

Figura 1: Propagazione dell’onda sferica

Per applicare le equazioni d’onda alle onde sferiche, dobbiamo modificare alcuni

operatori e passare a coordinate sferiche polari. Supponendo per ipotesi una eguale propagazione in tutte le direzioni,

l’equazione d’onda unidimensionale nel nuovo sistema di coordinate risulta essere:

2

2

22

2 12tp

crp

rrp

∂∂

=∂∂

+∂∂

(1)

dove:

• p(r,t) è la pressione dell’onda • r è il raggio distanza dal centro delle sfere concentriche • c è la velocità del suono • t è il tempo

Una semplice sostituzione ottenuta ponendo r

p ψ= mi permette di riscrivere la

(1) come:

2

2

2

2 1tcr ∂

∂=

∂∂ ψψ

(2)

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E’ doveroso notare che p era funzione di x e di t mentre la nuova variabile ψ è

funzione di r e di t. Una soluzione a questa nuova equazione differenziale – ricordandomi della

sostituzione effettuata – può essere espressa come:

tjjkrjkr

ereA

reAtrp ω

+=

+−

−+2),( (3)

Dove +A è la grandezza della pressione sonora dell’onda uscente ad una

distanza unitaria dal centro della sfera; conseguentemente −A è la stessa cosa per l’onda riflettente. Se non vi è nessuna superficie riflettente nel mezzo, è necessario solo il primo termine dell’equazione.

Nell’esempio del pistone era ovvio considerare l’esistenza di un’onda destra e di una sinistra rispetto allo stantuffo, ma nel caso di onde sferiche non studiamo mai l’onda implodente data l’evidente situazione di asimmetria e la sua non utilità. In realtà l’onda implodente risulta assai utile nello studio e nella progettazione della bomba atomica. Essa infatti scoppia grazie ad un’onda implodente che esercita una pressione dall’esterno. Si avvicina il materiale fissile,cioè i nuclei degli atomi , si vincono così le forze intermolecolari e si inizia il processo di fusione a catena.

Vediamo ora di assegnare anche una velocità alle particelle in moto. Sapendo che:

tqgradp

∂∂

= 0ρ (4a)

dove q è il vettore velocità della particella, riesco a scrivere che:

jkrtj ejkr

ecr

Atru −+

+=

112),(0

ω

ρ (4b)

E’ immediato, arrivati a questo punto, andare a ricavare l’impedenza acustica

specifica data dal semplice rapporto tra l’equazione (3) e la (4b):

jkrjkrc

upZs +

==10ρ (5)

Al tendere di kr all’infinito posso riscrivere la (5) come:

cZ s 0ρ= (5b)

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Lezione del 19/11/01 – 16:30-18:30

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Figura 2: Andamento del modulo dell’impedenza in funzione di kr

L’impedenza in questo caso è quasi puramente resistiva e circa uguale alla

impedenza caratteristica di un’onda piana. In altre parole, l’impedenza acustica specifica a larga distanza dalla sorgente sferica è circa uguale a quella calcolabile in un tubo nel quale non vi siano riflessioni dalla parete posta a chiusura del tubo stesso.

Le equazioni (3) e (4b) mi confermano allora quanto detto e - sarà oggetto di alcune riflessioni più avanti - mi rivelano le differenze tra la risposta di un microfono sensibile alla pressione ed uno invece sensibile alla velocità delle particelle d’aria quando essi si trovano vicini ad una piccola sorgente di suono a basse frequenze.

Figura 3: Andamento della parte reale ed immaginaria di Z in funzione di kr

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Noto quindi che l’impedenza non è più una quantità sempre reale ed ha una fase

non costante poiché la parte reale ed immaginaria variano con r. Facciamo qualche altro piccolo ragionamento: per kr che tende all’infinito, la parte reale dell’impedenza tende al valore ρoc mentre quella immaginaria diventa piccola. Per kr invece che tende a zero la parte reale decresce e predomina quella immaginaria

E’ immediato allora notare che pressione e velocità sono fuori fase di 90°: questo mi porta a dire che l’energia è nulla. Avendo infatti imposto un certo valore di potenza nella sorgente, questo si traduce in oscillazioni di pressione e di velocità davvero enormi rispetto al prodotto dei loro moduli. Su una superficie sferica molto piccola il prodotto tra P ed U è molto più grande di intensità equivalentemente trasmessa. Cerchiamo di chiarire il discorso: questo vuol dire che non posso avere una sorgente puntiforme; al limite, per il tendere a zero delle dimensioni della sferetta, la potenza va a zero. Se non voglio che la mia efficienza scenda troppo, comunque devo avere una sorgente relativamente grande. Questo è particolarmente importante per le basse frequenze. Sull’ascissa del grafico va sottolineato la presenza di kr con k=ω /c; andare a sinistra sul diagramma vuol dire andare al centro della sfera e giù di frequenza: ecco perché a basse frequenze ci vuole una sorgente grossa. Gli altoparlanti per le basse frequenze, ne sono un esempio.

Se per caso realizzassi un altoparlante piccolo, che magari meccanicamente riuscisse a dare tutta la potenza che voglio al piccolo pistone che va avanti e indietro, questa potenza non verrebbe lanciata nell’aria perché il campo acustico reagirebbe male ed in maniera inaspettata. E’ una questione puramente geometrica: non dipende dall’ambiente o dal materiale con cui è stato fabbricato; non ho potenza acustica perché la legge trovata mi porta a sfasare la pressione facendomi rilevare energia nulla.

Una parziale soluzione al problema ci giunge dagli altoparlanti a tromba. Una tromba è in effetti un trasformatore acustico. Esso è in grado di incrementare la potenza di uscita senza il problema della risonanza che generalmente si riscontra nei coni. Un diaframma che ha un’area larga, ha un impedenza di radiazione che è molto più resistiva oltre la frequenza desiderata, rispetto ad uno che ha un’area piccola. Come principale conseguenza ho una maggiore potenza irradiata a basse frequenze per un dato volume di velocità d’aria. Essi sono largamente usati nei cinema, teatri e nei concerti: ovunque deve essere irradiata una grossa potenza acustica e dove è desiderato il controllo della direzione sonora. Quest’ultima caratteristica però è anche uno dei suoi limiti: l’alto costo, le dimensioni maggiori ed una non omogenea propagazione frenano il più delle volte il suo utilizzo.

Figura 4: Altoparlante a tromba

Definisco ora l’intensità di un’onda sferica come il tempo medio durante il quale l’energia fluisce attraverso una regione di area unitaria nel mezzo acustico. Nel sistema mks le unità dell’intensità sono watt per metro quadro. L’intensità è il

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prodotto della pressione sonora per la componente in fase della velocità della particella. Possiamo calcolare l’intensità media in un certo punto del mezzo lungo una data direzione tramite l’equazione:

θcos*qepI ℜ= (6a)

dove: • p* è il complesso coniugato della pressione sonora • q è velocità complessa della particella nella direzione in cui l’onda viaggia • θ è l’angolo tra la direzione di spostamento e la direzione in cui l’intensità

viene determinata Calcoliamo ora l’intensità nel caso di un’onda sferica. Poniamo per definizione:

jkr

r er

Ap −+= (6b)

Allora:

tjr eptrp ω2),( = (6c)

e la velocità complessa della particella è pari a:

−=

krj

cp

u rr 1

0ρ (6d)

e sostituendo semplicemente i valori, ottengo:

θρ

cos10

*

−ℜ=

krj

cp

epI rr (7)

Un’espressione più interessante è possibile ricavarla da questa ultime equazione: la potenza totale per ogni raggio r è uguale a:

cprIrW r 0

222 /44 ρππ == (7b) Quindi per un’onda sferica ottengo un importante risultato:

24 rWIπ

= per 0=θ (8)

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Per la legge della conservazione dell’energia, W è indipendente da r se non ci sono perdite nel mezzo così che l’intensità varia inversamente col quadrato della distanza r. Dall’equazione 6b invece si nota che pr varia con l’inverso della distanza.

Applicazione ai microfoni Rovesciamo ora il discorso e vediamo cosa succede nel caso io abbia un

microfono. I microfoni sono trasduttori elettroacustici, il cui scopo è quello di trasformare il segnale sonoro, caratterizzato da una variazione di pressione, in segnale elettrico. In base a come avviene questa trasformazione, i microfoni si possono dividere in due grandi classi: microfoni dinamici e microfoni a condensatore.

Nei microfoni dinamici le onde provocano la vibrazione di un sottile diaframma metallico il quale provoca a sua volta la vibrazione di una bobina ad esso collegata e immersa in un campo magnetico generato da un magnete fisso. Tale movimento della bobina crea delle correnti elettriche che riproducono il comportamento delle onde sonore di partenza. Questo tipo di microfono è particolarmente adatto per riprendere strumenti singoli e non richiede alimentazione.

Nei microfoni a condensatore il diaframma costituisce una delle due armature di un condensatore tra cui viene prodotto un potenziale elettrico applicando un basso voltaggio per mezzo di una sorgente (batteria), che può essere interna o esterna al microfono stesso. Il potenziale elettrico prodotto dipende dal voltaggio della sorgente, dall'area dell'armatura e dalla loro distanza. Il diaframma è mobile e cambia posizione in risposta al suono incidente. La corrente prodotta è però tanto debole da dover essere amplificata in uno stadio immediatamente successivo. Una variante di questa configurazione utilizza un diaframma di materiale plastico con una carica permanente.

Le caratteristiche principali di un microfono sono la sensibilità, definita come il rapporto tra la tensione d’uscita e la pressione acustica del campo sonoro, la risposta in frequenza, cioè il modo di variare della sensibilità in funzione della frequenza dell’onda sonora e infine la direzionalità, cioè il modo di variare della sensibilità con la direzione d’arrivo del suono. In pratica si riscontra che la sensibilità decresce al diminuire del diametro del microfono stesso, mentre la gamma utile in frequenza aumenta. E’ chiaro quindi che l’uso di un microfono che abbia una banda passante molto ampia, paga il prezzo in termini di sensibilità e viceversa.

Riuscire a scegliere un microfono adatto per tutti i tipi di misura è praticamente impossibile: avere una buona sensibilità va a scapito di una buona risposta in frequenza e viceversa. Esistono comunque dei microfoni di utilità generale che riescono ad avere dei compromessi fra i vari fattori.

I microfoni a condensatore sono di qualità sicuramente superiore rispetto ai microfoni dinamici: hanno una maggiore sensibilità, una risposta in frequenza più lineare ed estesa e un rumore di fondo bassissimo. Queste qualità ne limitano anche l'impiego: sono adatti a riprendere solo quegli strumenti che non hanno transitori troppo potenti (sono l'ideale per le voci).

Microfono a velocità pura E’ un particolare trasduttore che risponde alla differente pressione tra due punti

molto vicini tra loro. Il modello più elementare prevede un diaframma con entrambi i lati esposti all’onda sonora.

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Figura 5: Schema di un microfono a velocità

Se un microfono a velocità molto piccolo è posto in una certa direzione x, la

forza che lo muove è data da :

θcoslxpSf ∆

∂∂

−= (9)

dove: • p è la pressione sonora

• θcosxp

∂∂ è la componente del gradiente di x della pressione che agisce

attraverso le facce del diaframma • θ è l’angolo che la normale al diaframma fa con la direzione di moto

dell’onda. • l∆ è l’effettiva distanza tra i due lati del diaframma • S è l’area del diaframma Questa relazione è vera per qualsiasi tipo di onda. Inoltre per ogni data

frequenza , la risposta del microfono è proporzionale a cosθ creando la caratteristica relazione ad 8.

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Figura 6: Direttività di un microfono a velocità

Il grosso vantaggio di questo microfono è la sua direzionalità. Allo stesso tempo

questa direzionalità è bilatera ossia il microfono cattura i suoni provenienti anche dal lato opposto a quello in cui è direzionato. Questo mi porta ad avere onde costruttive o distruttive che si vanno a sovrapporre a quella che realmente mi interessa distorcendomela o addirittura annullandola. Un altro sgradevole svantaggio è l’effetto di prossimità. Si nota da questa curva che l’uscita del microfono aumenta col diminuire della frequenza, quindi, quando una persona parlando o cantando si muove vicino a questo tipo di microfoni la sua voce diventa grave o acuta. E’ per questa ragione che la voce di radio cronista suona cupa quando parla molto vicino ad un microfono sensibile alla velocità che è stato invece progettato per dare il massimo quando posizionato ad una maggiore distanza dalla sorgente. I cantanti professionisti sfruttano questa variazione di risposta timbrica per equalizzare la voce.

Figura 7: Uso del microfono in studio di registrazione

Microfoni Misti Questo tipo di microfono risponde sia alla velocità che alla pressione di un’onda.

Questo mi permette di produrre uno schema che ha un solo massimo (caratteristica unidirezionale). Le due unità devono essere posizionate il più vicino possibile così

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che la risultante caratteristica sia indipendente alla frequenza. I microfoni con questa caratteristica sono usati prevalentemente nelle trasmissioni dove si vuole sopprimere i suoni indesiderati che provengono – rispetto al microfono – dalla parte opposta.

Figura 8: Figura di direttività a cardioide

Se la proporzionalità tra la pressione e la velocità è del 50% allora la figura di

direttività è una cardioide; in caso contrario ho un ipercardioide - aumentando la velocità - o una subcardioide aumentando la componente in pressione.

In commercio si possono trovare diversi tipi di microfoni con queste caratteristiche: alcuni già tarati, altri che mi permettono di scegliere la proporzione tra la pressione e la velocità desiderati, permettendo di scegliere in loco la modalità preferita e altri ancora che mi danno uscite specifiche per pressione e velocità permettendomi di comporre il segnale desiderato in post produzione. E’ vero che i canali in questo caso raddoppiano, avendo ben quattro canali supponendo le uscite stereo, ma li posso sempre mixare.

Microfoni Virtuali Supponiamo ora di avere tre microfoni a velocità posizionati lungo le

componenti cartesiane ed uno a pressione posizionato al centro, ottenendo lo schema in figura 9. Ho così quello che si chiama un B-Format. Il concetto di tridimensionalità può essere confermato con le proprie orecchie . Quando si ascolta un suono – come il canto di un uccellino su un albero – siamo in grado all’istante di dare una collocazione nello spazio alla sorgente del suono. Il B-Format non fa altro che definire il suono in tre dimensioni. La sua comodità inoltre sta nel poter registrare il suono e poi ridirezionarlo a mio piacere in un secondo momento. Si pensi all’esecuzione di una canzone con un orchestra di numerosi elementi. In post produzione posso regolare la direzione di prelevamento del suono in modo da esaltare l’assolo di uno strumento o – viceversa – nascondere la stonatura di un altro. Per questa realizzazione i microfoni soundfield (www.soundfield.com ) risultano i migliori .

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Figura 9: Figura di direttività in tre dimensioni ed in pianta

Microfoni da misura: i Fonometri La misura della pressione sonora e della velocità delle particelle sono di

necessaria utilità per chi lavora nel campo dell’acustica. Lo strumento utilizzato - chiamato fonometro - è sostanzialmente un microfono da misura a pressione.

Figura 10: Fonometro della Larson & Davis (L&D-824)

Da quanto detto prima per i trasduttori risulta che quando si usa il microfono accoppiato meccanicamente con l’amplificatore occorrerà fare attenzione affinché il corpo dello strumento non si comporti da riflettore per le frequenze le cui lunghezze d’onda coincidono con le dimensioni del fonometro. La migliore alternativa è sempre quella di allontanare il microfono dal fonometro per uno o più metri anche considerando il fatto che il corpo dell’operatore è a sua volta un riflettore. Dovendo

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operare da vicino è bene usare per il microfono una prolunga con il cavalletto. La parte del fonometro volta alla sorgente di rumore ha una forma affusolata tale da deviare le riflessioni rispetto al microfono. L’ingombro frontale è ridotto al minimo in modo da riflettere solo suoni con frequenze molto elevate.

Figura 11: Rilevazioni fonometriche in una strada trafficata

Vediamo lo schema di funzionamento a blocchi:

LogRMS/PeakDetector

Hold("Impulse"

only)

ExternalFilters

OverloadDetector

ACExit

CalculatorIndicatorSystem

DCExit

ImpedanceConverter

MicrophoneAmplifier

andFrequenceWeightingAttenuator

Il microfono è tradizionalmente a condensatore in quanto è l’unico traduttore elettroacustico che risponde unicamente alla pressione. Le sue caratteristiche gli garantiscono una notevole precisione e non vengono influenzate dall’umidità e dalla temperatura entro limiti molto ampi. E’ una capsula del diametro di circa 12 cm il cui diaframma è fatto di un film plastico metallizzato molto sottile; la membrana è rivestita di quarzo per garantire la massima protezione in ambienti umidi e corrosivi. In questo caso è necessario usare i tipi di microfoni provvisti di foro di

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compensazione della pressione statica e dotarli di deumidificatori, del dispositivo parapioggia e dell'indispensabile schermo controvento. L’armatura del microfono è fissa mentre sotto la griglia di protezione c’è il diaframma che fluttua avanti e indietro mosso dalla pressione dell’aria. Varia allora la capacità del condensatore costituito dal foglietto che vibra e l’armatura metallica che ci sta dietro: la variazione di capacità viene tradotta in una “tensione” proporzionale al movimento della membrana da un piccolo preamplificatore di tipo FET; porta poi fuori un segnale che è proporzionale come tensione alla pressione d’onda: il rapporto di conversione si chiama sensibilità del microfono ed ha un valore compreso tra i 10 e i 50 mV/Pa.

Dopo il preamplificatore è previsto un blocco che rivela la presenza di una situazione di sovraccarico presente in ingresso e tiene sotto controllo la dinamica del segnale in arrivo, inoltre avverte tramite una indicazione sul display la presenza di eventuali sovraccarichi. In tal caso l’operatore potrà aggiustare il fondo scala agendo con appositi commutatori su un attenuatore d’ingresso, il quale permette di regolare l’escursione del segnale amplificandolo o attenuandolo a secondo dei casi.

Successivamente il segnale incontra dei particolari circuiti di filtraggio che provvedono a pesare opportunamente il segnale. E’ relativamente semplice fabbricare un circuito elettronico dove la sensibilità vari con la frequenza, nello stesso modo come per l'orecchio umano, simulando le curve di uguale sensazione sonora. Sono state sviluppate tre curve caratteristiche e normalizzate internazionalmente definite come ponderazioni “A”, “B” e “C”.

Il circuito di ponderazione “A” rappresenta una buona approssimazione per le curve di uguale sensazione sonora ai bassi livelli di pressione sonora, il circuito "B" si comporta analogamente per le curve di uguale sensazione sonora a livelli medi di pressione sonora, mentre il circuito “C” si comporta analogamente agli elevati livelli di pressione sonora. Attualmente la ponderazione “A” è la più utilizzata, poiché “B” e “C” non si correlano a causa delle curve di uguale sensazione sonora che sono basate su delle prove con toni puri, mentre i suoni che incontriamo più frequentemente sono dei segnali complessi contenenti un infinito numero di toni differenti.

In questo modo viene modificata la sensibilità dello strumento alle varie frequenze e, per il caso della curva “A”, rendendola uguale con buona approssimazione a quella dell’orecchio umano. Solo per qualche fonometro è possibile inserire un pacco filtri esterno switch-out a baionetta che consentono di eseguire l’analisi in frequenza in banda d’ottava e terzi d’ottava, necessaria per l’individuazione delle varie componenti tonali del segnale. Dopo una opportuna amplificazione intermedia, il segnale entra in un blocco rettificatore che provvede ad estrarre il suo valore efficace (RMS). In questo blocco sono normalmente inserite le costanti di tempo che sono note come: FAST (veloce), SLOW (lento) ed in alcuni IMPULSE (impulso) e PEAK (picco). In pratica con esse si determina la risposta dello strumento alle variazioni del segnale. Nella maggior parte dei casi la misura del suono riguarda segnali fluttuanti, cioè segnali che variano continuamente il loro livello e per effettuare una misura corretta bisogna essere in grado di apprezzare nella maniera più accurata possibile le variazioni del segnale. Se però il livello di pressione fluttua troppo rapidamente, l’ago del display analogico può muoversi in maniera così irregolare da rendere impossibile la lettura di un valore significativo.

Per questa ragione sono stati standardizzati vari tempi di risposta dello strumento ponendoli a:

• FAST a 125 ms (1/8 di secondo)

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• SLOW a 1 sec • IMPULSE a 35 ms di salita e 1,5 sec in discesa Nei moderni fonometri però , il problema della misura di rumori oscillanti viene

parzialmente risolto utilizzando un display digitale ; in tal caso il valore delle misure viene aggiornato ogni secondo riportando il valore efficace (RMS) massimo che lo strumento ha misurato nel secondo precedente. Vi è poi parte di analisi del risultato, che può essere un circuito di memoria che consente di memorizzare l’ultimo valore massimo e poi c’è un processore digitale finale che costituisce sostanzialmente il display dello strumento.

Risulta inoltre molto utile la presenza di due uscite AC da cui è possibile prelevare il segnale elettrico. Ma cosa vuol dire questo ? Nella prima uscita mi trovo un segnale aumentato in ampiezza e ponderato magari dalla presenza di uno o più filtri; nella seconda invece è già parzialmente ponderato: la soluzione più comune è quella di campionarli – interagendo con la scheda audio – o registrarli direttamente su un determinato supporto. Questo risulta molto utile quando non si ha tempo di fare tutte le valutazioni del caso. C’è comunque da dire che gli strumenti moderni tendono a fare comunque le analisi e le mettono nei dischi fissi interni in modo da garantire una copi di riserva. La normativa italiana permette di registrare e di analizzare in un secondo tempo a patto che gli strumenti siano di tipo “loss-less”. Ma vediamoli più in dettaglio:

• Professionali: sono registratori digitali che usano un supporto magnetico;

le due case leader nel settore sono la Tascam (www.tascam.com) che utilizza cassette DA38 da 8mm o la Alesis (www.alesis.com) che utilizza cassette video VHS su sistemi ADAT.

Figura 12a: Strumentazione Alesis

• DAT: sono piccole cassette stereo da 4mm con durata di circa 3 ore

facilmente leggibili da lettori portatili e molto maneggevoli.

Figura 11b: Cassetta audio tradizionale e cassetta DAT

• CD-Recorder: registra su un supporto CD 16 bit a 44.100 KHz a lettura

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ottica. I parametri sono appena sufficienti per essere ammessi dalla normativa e il notevole consumo di corrente e la dimensione del supporto lo rendo sconsigliabile.

Figura 11c : CD riscrivibile Traxdata da 650 Mb ( 74 min )

Allo scopo di verificare l’esatta messa a punto del fonometro è indispensabile

controllare periodicamente la taratura dello strumento. Un simile processo è molto importante in quanto consente di valutare l’insorgenza o la presenza di eventuali difetti di funzionamento. Generalmente il calibratore ha la forma di un cilindro con un buco in mezzo dove viene inserito il microfono. L’uso è semplicissimo: basta infilare il microfono nella cavità dello strumento impiegando gli adattatori in dotazione ed immediatamente si produce al suo interno il livello di pressione sonora costante sulla membrana del microfono. La calibrazione è prevista con un segnale di riferimento stabilizzato, ricavato da un circuito oscillatore interno, tipicamente alla frequenza di 1 KHz e di ampiezza pari a 50 mV, corrispondenti in dB a:

( )dBdB

PL rms

p 94979.9320

log10 25

2

≈==−

I 94 dB di livello del segnale fanno perciò riferimento a un microfono la cui

sensibilità corrisponde a 50mV/Pa. Purtroppo non tutti i microfoni – anche dello stesso tipo – hanno uguale sensibilità: conseguentemente è necessario che i 94 dB di riferimento vengano opportunamente corretti in base all’effettiva sensibilità del microfono. Uno dei punti di riferimento in Italia sono i laboratori della Spectra (www.Spectra.it )

Il fonometro visto in aula è un analizzatore di spettro dotato di un DSP che mi trasforma il segnale nel dominio della frequenza e visualizzato con uno spettro in base di terzi di ottava . Il notevole vantaggio consiste in una memoria interna da 20Mb e da una porta PCMCIA in cui poter espandere il tutto a prezzi molto economici garantendomi misure lunghe e durature nel tempo.

In più, svitando il microfono, mi rendo conto della possibilità di inserirne un secondo tramite un cavetto sdoppiatore sfruttando l’ingresso bicanale dello strumento, facendo lavorare i due trasduttori per differenza.

Infine, qualora la zona delle rilevazioni fosse accidentalmente influenzata da rumore, una memoria interna mi consente di cancellare gli ultimi dieci secondi di registrazione.

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Ferrari Matteo – matr. 132112 – Lezione del 20/11/01 ora 14:30 - 16:30

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ONDE STAZIONARIE

Prima di tutto dobbiamo affermare che questa proprietà non è specifica delle onde acustiche, ma di tutte le onde in genere.

La formazione di onde stazionarie è un caso d'interferenza (ovvero sovrapposizione), dato che si tratta della somma di onde di uguale frequenza ma di fase non ovunque uguale.

In acustica per ottenere la sovrapposizione di 2 onde di ugual frequenza è relativamente semplice, basta considerare un’onda sonora e la corrispondente onda riflessa da un qualsiasi materiale.

Se consideriamo il precedente fenomeno isolato all’interno di un tubo troveremo punti chiamati Nodi dove onde trasmesse e riflesse arrivano in opposizione di fase e, componendosi annullano i loro effetti; mentre nei cosiddetti Ventri, esse arrivano in concordanza di fase ottenendo massima risultante dalla loro somma. Sulla formazione di onde stazionarie è basato il funzionamento delle casse risonanti o casse armoniche degli strumenti musicali.

Figura 1

Questo fatto può essere messo facilmente in evidenza mediante il tubo di Kundt

(Figura 1), che è un semplicissimo pezzo di tubo di vetro del diametro di un paio di cm, e della lunghezza di circa 1 m, tagliato agli estremi e disposto orizzontalmente.

Un tappo di sughero forzato nel tubo può esservi spostato mediante un lungo manico o bacchetta, delimitando così la porzione di tubo utilizzata per l'esperimento. Sul fondo del tubo si dispone una traccia di polverina costituita da granellini particolarmente fini e leggeri. Si dispone una sorgente sonora all'estremità aperta del tubo. Spostando il tappo di sughero nel tubo di vetro si ricerca lunghezza utile di quest'ultimo per la quale la colonna d'aria in esso contenuta entra in risonanza con la nota emessa dalla sorgente di onde sonore.

Si nota allora che la formazione di onde stazionarie nell'area contenuta nel tubo è visualizzata dalla disposizione della polvere che, in corrispondenza dei ventri si sparge su un'ampia porzione della parete del tubo mentre, in corrispondenza dei nodi giace sul fondo dello stesso.La distanza tra ventri e nodi, così rilevata, consente una misura delle lunghezze d'onda acustiche.

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Nella realtà non esistono materiali che consentono una riflessione totale dell’onda sonora (con impedenza Z infinita), cioè questi ultimi saranno responsabili di una attenuazione d’ampiezza dell’onda riflessa.

Studiando l’acustica, diventa quindi indispensabile analizzare il comportamento dei materiali se sottoposti a sollecitazioni sonore.

Coefficienti Acustici

Analizzando l’acustica diventa indispensabile conoscere il comportamento dei materiali sottoposti a sollecitazioni sonore.

Quando il treno d’onde iniziale viene a contatto con un materiale con caratteristiche meccaniche (principalmente impedenza) si suddivide in 3 parti: una parte delle onde è riflessa dal materiale e torna indietro, un’altra parte è assorbita dal materiale ed infine una parte attraversa il materiale stesso. In termini di intensità sonora si riassume nella figura 2:

It

Ii

Ir

Ia

SolidoAmbiente 1 Ambiente 2

Figura 2

In termini di intensità si definiscono tre indici: • Intensità Incidente (Ii): l’intensità che ha l’onda appena prima di

entrare in contatto con il materiale; • Intensità Assorbita (Ia): l’intensità della parte d’onda assorbita; • Intensità Trasmessa (It): l’intensità della parte d’onda trasmessa oltre il

materiale; • Intensità Riflessa (Ir): l’intensità della parte d’onda riflessa;

Esprimendo quanto disegnato in formule analitiche: trai IIII ++= (1) dividendo la precedente per Ii si ha

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i

r

i

t

i

a

i

i

II

II

II

II

++== 1

dove si definiscono tre nuovi valori:

• Coefficiente d’Assorbimento: i

a

II = a

• Coefficiente di Riflessione: i

r

II = r

• Coefficiente di Trasmissione: i

t

II = t

e la loro somma da 1; in particolare si possono vedere così:

tra −−= 1 (2)

Ora possiamo individuare il Coefficiente di Assorbimento Acustico

Apparente (α), che è il principale strumento per valutare la capacità di assorbimento acustico di un materiale; il suo valore è:

rta −=+= 1α (3) Come si vede dalla definizione di Coefficiente Apparente, per valutare la

capacità di assorbimento di un materiale non importa la quantità di suono assorbito o trasmesso ad un ambiente esterno collegato, ma la quantità di onde riflesse; è anche per questo che tale coefficiente è detto di assorbimento apparente, in realtà infatti considera solo le onde riflesse e la condizione migliore si ha quando tutto il suono è assorbito dal materiale.

Il caso migliore ed ideale si ha quando r = 0 e quindi α = 1, in questo caso si parla di materiali perfettamente fonoassorbenti, nel caso (α = 0 e r = 1) si parla invece di materiali perfettamente riflettenti.

Facendo un esempio pratico, considerando la diffusione del suono in una stanza chiusa con una finestra, il migliore materiale assorbente acusticamente sono le finestre aperte; infatti l’aria è il materiale con minor coefficiente di riflessione acustica essendo la sua densità e consistenza molto piccola (ovvero offrendo un impedenza molto piccola).

Tralasciando il paradosso della finestra che ha scarso significato ingegneristico, buoni materiali che offrono alto assorbimento delle onde sonore sono i materiali espansi a celle aperte come il poliuretano espanso, lana di roccia, velluto, ecc. O in generale i materiali detti fonoassorbenti (con valori di α prossimi a 1). La caratteristica comune di questi materiali è che si lasciano attraversare dall’aria opponendo però molta resistenza, il che equivale a presentare un’alta impedenza per le onde sonore.

Il principio con cui funzionano tali materiali fonoassorbenti è quello di incanalare le onde sonore in tanti cunicoli di piccolissime dimensioni smorzando le stesse per effetto del loro attrito contro le pareti di tali cunicoli. Inevitabilmente questo attrito che viene prodotto si trasforma in calore e moto vibrazionale delle pareti stesse.

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Come Calcolare il Coeff.di Assorbimento Apparente

Prendiamo un altoparlante ed inseriamolo all’interno di un tubo, ed all’estremità

opposta mettiamo un materiale che ha la capacità di riflettere (o meglio senza variazione di ampiezza o frequenza) quello che gli viene trasmesso . Se l’altoparlante produce un tono puro avremo un treno d’onde che finendo contro il tassello del precedente materiale ideale verrà riflesso. Tutto questo provocherà punti (o meglio piani siccome il fronte d’onda prodotto dall’altoparlante è piano) in cui l’onda diretta e quella riflessa avranno interferenza costruttiva oppure distruttiva.

Figura 3

Sappiamo che per l’intensità misurata all’interno del tubo vale sempre I≤Dc, e

che il simbolo d’uguaglianza vale solo per onde piane progressive senza onda riflessa, ossia quando α=1.

rifinc III −= e rifinc DDD +=

Le due onde interne al tubo, prese separatamente sono onde piane

progressive per le quali vale la relazione II=Dc.

cI

cI

D rifinc += rifincI III += (4)

ottengo il risultati

2IcDIinc

+=

2IcDIrif

−= (5)

Utilizzando la (5) posso riscrivere la (3)

IcDIcD

II

inc

rif

+−

−=−= 11α (6)

Definizione di CRF

Supponiamo che il tubo abbia lunghezza L, dove l’origine del sistema di riferimento è stata messa in corrispondenza della chiusura del tubo(Vedi figura 2).

Ora vediamo quali sono i dati noti del nostro esperimento:

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• L’impedenza del campione che chiude il tubo è zloc=p/u • La velocità imposta dall’altoparlante all’inizio del tubo in x=-L:

)cos(max ωτuu = (7) Per come è definito il potenziale della velocità possiamo ricavare l’espressione

della velocità u:

x

u∂∂

=φ (8)

Possiamo ora scrivere il potenziale della velocità delle particelle del mezzo

(risulta particolarmente semplice perché il caso è monodimensionale):

)()( kxikxi ee +−

−+ += ωτωτ φφφ (9)

dove φ+ è il massimo potenziale dell’onda incidente φ- è il massimo potenziale

dell’onda riflessa; ed effettuando la derivata spaziale della (12) ottengo:

[ ]ikxikxi eeikeu −−

+ −−= φφωτ (10)

e la pressione p grazie alla relazione:

τφρ

∂∂

−= 0p (11)

dove 0ρ indica la densità media dell’aria prima della sollecitazione acustica dovuta altoparlante:

[ ]ikxikxi eeeip −

−+ +−= φφωρ ωτ

0 (12)

Per porre la condizione al contorno devo calcolare l’impedenza z:

upz = (13)

ikxikx

ikxikx

eeee

kz

−−

+

−−

+

−+

=φφφφωρ0 (14)

E’ possibile riscrivere l’espressione della pressione in questo modo:

][ ikxikxi epepep −−

+ +−= ωτ (15) dove

++ = ωφρ ip 0 e −− = ωφρ ip 0 (16)

attraverso la stessa semplificazione posso riscrivere la velocità(10):

][1

0

ikxikxi epepei

u −−

+ −−= ωτ

ωρ (17)

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a questo punto possiamo scrivere z utilizzando le (14),(16), (17):

ikxikx

ikxikx

epepepepcz

−−

+

−−

+

−+

= 0ρ (18)

ricordando che k

c ω= (dove k è il numero d’onda).

Applicando la condizione al contorno la (18) si può scrivere :

(19) A questo punto definendo il rapporto di riflessione CRF come:

+

−=ppCRF (20)

possiamo calcolare il coefficiente d’assorbimento α

cp

cpr

02

02

2121

11ρ

ρα

+

−=−= o anche 2)(1 CRF−=α (21)

Utilizzando la (20) riscriviamo la (19):

CRFCRFczloc −

+=

11

0ρ (22)

Dunque se dalla (22)si calcola CRF:

czcz

CRFloc

loc

0

0

ρρ

+−

= (23)

posso dare l’espressione per calcolare α derivante dalla (21):

2

0

01

+−

−=czcz

loc

loc

ρρα (24)

Dopo tutti questi calcoli ci siamo accorti che saranno punti in cui la pressione dovuta all’onda diretta e quella dovuta all’onda riflessa si sommano ed altri in cui avviene un’interferenza di tipo distruttivo. Analiticamente,questo si scrive:

−+ += pppmax −+ −= pppmin (25) Vediamo ora quali sono i passi da compiere per misurare sperimentalmente il

valore del coefficiente di assorbimento.

Operazioni sperimentali per l’individuazione del Coeff.di Assorbimento

E’ semplice misurare i valori di minimo e massimo della pressione all’interno

del tubo, occorre un microfono a pressione in grado di muoversi al suo interno. In questo modo si misura solo il modulo della pressione; per riuscire ad ottenere

anche la fase dell’onda occorre misurare la distanza d, tra un massimo o un minimo della pressione, e dove il tubo è chiuso, ed infine imponendo la relazione:

1)2cos( −=−ϕkd (26) Dove il –1 indica che le due onde sono in controfase.

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min

max0 p

pczloc ρ= kd2+−= πϕ (27)

ϕilocloc ezz = (28)

N.B. Tuttavia la fase dell’impedenza non ha un preciso significato fisico;

l’effetto dovuto a un materiale a impedenza complessa equivale a quello di un materiale a impedenza reale spostato a destra o a sinistra rispetto alla posizione in cui effettivamente si trova durante l’effettuazione della misura. Il contributo della fase può essere interpretato come se l’onda riflessa non fosse generata sulla superficie del campione ma a una certa “profondità”. Per questa ragione, normalmente si richiede solo il modulo dell’impedenza.

Notiamo anche che pmin non è nullo in quanto l’onda riflessa ha intensità minore

di quella incidente. Possiamo ora sperimentalmente fare una lettura della pressione, attraverso un microfono posto all’interno del tubo.

Osservando il grafico 1, bisogna ricordarsi che il microfono non può distinguere l’onda incidente da quella riflessa, e quindi P sarà la somma delle due onde.

pmax

pmin

X L

p

Grafico 1

Il metodo appena descritto per individuare maxmin , pp e di conseguenza il valore

dell’impedenza del materiale,presenta l’enorme svantaggio della dispendiosità in termini di tempo. Infatti questo strumento richiede la presenza di un operatore, che per ogni frequenza del suono dell’altoparlante sposti il microfono lungo l’asse delle x alla ricerca del valore minimo della pressione. Inoltre risulta difficile effettuare misure accurate soprattutto alle alte frequenze dove le lunghezze d’onda sono molto piccole, ed un errore di qualche µ m può diventare rilevante.

Per ovviare a questo problema si usano due microfoni fissi, distanti d, all’interno del tubo.Questi possono compiere le stesse operazioni di prima senza spostare continuamente il microfono per trovare i massimi e i minimi.

Dai due microfoni leggo le due pressioni p1 e p2, e da esse posso ricavare:

221 pppmedia

+= (29)

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τρ

dppu2

1 21

0

+= ∫ (30)

Avendo la pressione media pmedia la velocità u, posso ricavare l’intensità I e la densità d’energia D

∫==T

pudtT

puI0

1 (31)

20

22

0 21

21

cpuD RMS

RMS ρρ += (32)

e da qui è possibile calcolare il coefficiente di assorbimento del materiale grazie alle formule(4)(5)(6).

Dove il primo addendo della (32) rappresenta la Densità Cinetica (Dc) mentre il secondo la Densità Potenziale (Dp).In assenza di eventi esterni, per la legge della conservazione dell’energia queste due componenti si bilanceranno in modo che la loro somma sia costante.

In generale il grado di assorbimento varia in funzione della frequenza (f) e dello spessore del materiale (confrontando lo stesso materiale a diversi spessori).

Graficamente:

α

f

1 SPESSO

SOTTILE

Grafico 2

La capacità fonoassorbente di un materiale quindi non è costante a tutte le

frequenze e per essere apprezzabile deve essere dell’ordine della lunghezza delle onde sonore che deve smorzare. Inoltre ci sono comportamenti limite: alle basse frequenze per ottenere alti valori di α è necessario usare materiali con grandi spessori o meglio ricorrere ad altre tecniche di assorbimento acustico; al contrario alle altissime frequenze bastano materiali semplici e di piccolo spessore.

Come si vede è difficile individuare un corretto spessore in grado di comportarsi uniformemente a tutte le frequenze; una regola che comunque è usata per stabilire quanto spesso deve essere il materiale fonoassorbente è:

=s (33)

(dove s lo spessore del materiale da usare e λ la lunghezza d’onda del suono). Per assorbire le basse frequenze di solito si usano sistemi di doppie pareti una

esterna cedevole al suono e una interna rigida, separate da un sottile strato d’aria o di materiale elastico.

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L’effetto che si crea è simile a quello di una massa M collegata ad una molla fissata (di elasticità k) ad una parete come in figura:

k

M

Figura 4

Questo sistema quando si trova in condizioni di risonanza assorbe

completamente le oscillazioni imposte dalle onde sonore. Tale frequenza di oscillazione, detta frequenza naturale di oscillazione è:

Mkfnat ⋅=

π21 (34)

E’ comunque importante notare la distinzione tra assorbimento acustico ed

isolamento acustico: nel primo caso si fa riferimento alla riflessione delle onde sonore, nel secondo caso si parla di isolamento di un ambiente dalle onde acustiche di un altro ambiente ad esso collegato.

Ad esempio sul soffitto delle aule della nostra facoltà è stato utilizzato del polistirene ondulato, in modo che le onde sonore della voce dell’insegnante scontrano con esso si infrangono disperdendosi in tante onde più piccole con direzione casuale(oltre che ad essere convogliate nei pori piccolissimi di questi materiali). Quindi nelle aule universitarie si predilige il suono diretto rispetto a quello riflesso, che a volte risulta spiacevole perché produce l’eco.

Propagazione del suono in ambiente esterno Gli esempi che si possono fare su sistemi interessati da queste speculazioni sono

molteplici: • rumore prodotto da mezzi di trasporto (auto, treni, aeroplani) • edifici (sistemi di refrigerazione, ventilatori) • sistema di amplificazione per esterni (per concerti in uno Stadio)

Propagazione Sferica La propagazione sferica è facile da descrivere: una distanza sorgente – ricevitore

sufficientemente elevata rispetto alla lunghezza d’onda in modo che quest’ultimo possa considerare la sorgente come un punto.

L’energia che si propaga resta in prima approssimazione costante (nessun assorbimento da parte dell’aria) ma la intensità sonora diminuisce perché si distribuisce su una superficie sempre più grande.

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Figura 5

24 rW

SWI

π==

Sia LI1=80dB l’intensità a 1m, LI2 a 2m vale ( ) dBrr

a

b 74680log1080 2

2

=−+=+ .

La diminuzione di intensità al raddoppio della distanza ha una sigla (DL2) e nel caso della propagazione sferica vale sempre DL2=6dB ed è il livello massimo che si può ottenere da una qualsiasi propagazione.

0

log10WWLW = (35)

0

log10IILI = (36)

20

2

log10PPLP = (38)

0

log10DDLD = (37)

20

2

log10uuLu = (39)

Sono tutti livelli espressi in decibel. Solo LW non è omogenea alle altre (il

livello di potenza dipende dalla sorgente e di conseguenza LW resta costante in ogni punto)

Fissato dunque LW, possiamo dedurre il livello di intensità:

2

0

0

00

0

0

2

0

2

0

log1041log10log10log104log104log10log10 −+++=

=

== rI

WWW

WW

Ir

W

Ir

W

IILI π

ππ

Essendo i valori di riferimento W0 e I0 arbitrari li possiamo scegliere uguali al fine di semplificare la relazione e i loro valori effettivi (valori che saranno spiegati in seguito) sono:

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212

0

120

10

10

mWI

WW−

=

= e dalle altre relazioni

rr log20log10

1141log10

2 −=

−=

π

Possiamo ricavare la (36) dalla (35): 11log20 −−= rLL WI (40)

Determinato questo valore vogliamo che le altre relazioni (37) (38) e (39) assumano in un dato punto lo stesso valore che assume LI per poter così parlare di unico Livello Sonoro, e ciò è sempre possibile visto che i valori di riferimento sono arbitrari.

Conosciamo anche una relazione che unisce la velocità alla pressione (solamente

nelle onde piane progressive o in onde sferiche) cupz 0ρ== .

Se prendiamo un valore particolare della PaP 50 102 −⋅= il valore di u0 resta

fissato e vale smc

PzPu /102

400102 8

5

0

000

−−

⋅=⋅

===ρ

.

( ) Wc

PI 1225

0

20

0 10400102 −

=⋅

==ρ

abbiamo così ottenuto il valore di I0 precedentemente usato (che è anche uguale a W0).

315

120

0 1094.2340

10m

jcIDDcI −

⋅===→=

In queste condizioni è facile da verificare che uPDI LLLL === . Ovviamente fuori dal caso di onda piana progressiva le relazioni vengono meno.

E’ già stato verificato che in un tubo i valori p e v si alternano. Non è solo il caso del tubo, ma semplicemente in ogni stanza reale, dove i valori di I, D, P, u, sono leggermente diversi in ogni punto. Una grandezza comunque è limitata : DI LL ≤ , la prima è l’energia che si propaga (e interferisce con l’energia riflessa), mentre la seconda è un’energia vera e propria, e dunque somma sia dell’energia che si propaga e dell’energia riflessa.

Possiamo dunque utilizzare questa differenza ID LL − per stimare la propagazione teorica di un suono in un ambiente.

Ricordiamo che le grandezze sono omogenee e solo in prima approssimazione rappresentano l’energia. In un ambiente minimamente riflettente, ogni grandezza ha una storia a parte.

In un tubo ad onde stazionarie per esempio non possiamo legare mai LI per esempio a LP.

IP LL − varia da punto a punto, mentre ID LL − dipende dal termine α. La norma ISO9614 è da considerarsi in questo senso obsoleta in quanto usa

come metro di campione proprio la differenza IP LL − invece che la più corretta

ID LL − .

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Sorgente Sonora Lineare Consideriamo adesso il caso di una sorgente sonora non più puntiforme, ma

lineare. I fronti d’onda adesso non sono più sferici, ma cilindrici. Questo argomentazione permette la trattazione di strade, ferrovie, linee di

trasporto in generale, visto che si propagano in modo lineare. Al fine del calcolo del livello equivalente obbliga a scomporre un singolo evento

in una serie di piccoli, ma continui eventi.

Figura 5

I due segnali sono però profondamente differenti: se raddoppio la distanza dal

primo il livello scende di 6dB, se mi allontano dal secondo solo di 3dB:

rrll

SWI

πσ

πσ

22=== dove con σ ho indicato la densità di energia (energia

prodotta da 1 m)

Figura 6

DL2=3dB Se mi allontano da un’autostrada (sorgente lineare) il livello sonoro scende di

3dB/raddoppio, mentre se mi allontano da una fabbrica (sorgente concentrata) il livello sonoro cala di 6dB/raddoppio della distanza. Mentre se per sorgenti

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puntiformi la costante era 1141log10 −=π

ora per sorgenti lineari la costante

diventa 821log10 −=π

.

Esercizio 1: Un’autostrada è percorsa da una fila uniforme di soli autocarri (sorgente lineare).

Calcolare il livello sonoro in un ipotetico centro residenziale a 50m di distanza dall’autostrada.

Lw (di un autocarro) = 100 dB V di ogni autocarro = 80 Km/h n° di camion per unità di tempo = 1000 veicoli/h

Effettuando l’approssimazione di eventi continui, utilizzando V e il numero di

veicoli che passano in un’ora, posso calcolare la distanza tra un camion e l’altro che sarà d = 80m.

veicoloTOT PP 11000 ⋅= 130301001000log1011 =+=+= veicoloWwTOT LL dB

LP

P TOTTOT =' su unità di lunghezza

81800000log10130log10' =−=−= LLL WTOTwTOT dB 5650log108' =−−= WI LL dB

ESERCIZIO 2:

Un’onda stazionaria che si propaga in un tubo chiusa ad una estremità (vedi Figura ) • LI = 83 dB • LD = 88 dB

Determinare il coefficiente d’assorbimento α e il livello di pressione massima LPmax :

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o

IrifIinc

I IIL log10]1010log[10 1010 =−= ⇒ 10

8310 1010 ==Li

I

Quindi:

2IDcI inc

+=

2IDcI rif

−=

1010 DLD =

4152417882

1010 3,88,8

=+

=incI W/m2 2157155572

1010 3,88,8

=−

=incI W/m2

48,01 =−=inc

rif

II

α

Per trovare il livello di pressione massima devo sommare le pressioni dell’onda incidente e dell’onda riflessa, in pratica quando si ha un’interferenza costruttiva.

18,86log100

==IIL inc

Pinc dB 34,83log100

Pr ==II

L rifif dB

95,90]1010log[20 2034,832018,86max =+=PL dB

In questo esercizio se fosse stato α=0 avremmo ottenuto LD =88 dB e Linc =85dB=Lrif ed LP =91 dB

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Roberto Gazzola - matricola 132514 - lezione del 20/11/2001 ore 16:30 - 18:30

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PROPAGAZIONE ESTERNA In questa lezione si è cercato di fissare la teoria per la propagazione del suono in

ambiente esterni.Gli effetti che dobbiamo considerare sono in parte legati ai fenomeni atmosferici e in parte causati da ostacoli artificiali.Cominciami dai primi.

Effetto della temperatura dell’aria

Figura 1-Grafico dell'altezza in funzione della temperatura

La temperatura negli strati bassi dell’atmosfera, cioè nella troposfera,diminuisce

generalmente con l’altezza con un gradiente termico che di solito è inferiore a 1° C ogni 100 metri,e dipende notevolmente dalle condizioni meteorologiche.In alcuni casi,invece,si può avere un aumento:si parla allora di inversione termica.

Infine c’è un terzo caso (figura 1-c), in cui la temperatura decresce inizialmente,in un secondo tempo si ha l’inversione termica;successivamente riprende a diminuire con l’altezza.

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Per quanto riguarda l’andamento dei raggi sonori,facciamo riferimento alle figure 2 e 3.Allora,quando c’è una corrente puntiforme posizionata sopra il terreno abbiamo queste due curve a seconda che la temperatura vada calando o crescendo con la quota.

Figura 2- Andamento dei raggi sonori in condizioni normali

Caso a): In condizioni normali il raggio sonoro è incurvato verso l’alto;data una certa altezza della sorgente da terra,esiste un raggio limite che va a toccare il terreno,per cui al di sotto di esso si crea una zona d’ombra,cioè una zona in cui al suono non arriva.

Figura 3 -Andamento dei raggi sonori in condizioni di inversione termica

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- 3 -

Caso b): Se si verificano situazioni d’inversione termica,la situazione si rovescia rispetto al caso a):per cui i raggi sonori sono incurvati verso il basso,non si creano più zone d’ombra e quindi il rumore può oltrepassare eventuali ostacoli.Questa situazione d’inversione termica è piuttosto comune nella Pianura Padana,in cui circa il 30% del tempo in un anno è in questa condizioni climatiche.

Caso c):Questo fenomeno avviene normalmente in presenza di nebbia.Il terreno

è caldo,ma la nebbia è più fredda e la temperatura scende.Appena si supera la coltre,il sole riscalda l’aria e la temperatura aumenta,fino a quando torna a prevalere la diminuzione di temperatura con l’altezza.Il suono viene intrappolato in un canale e può essere trasportato per parecchi chilometri ,prima di ricadere sul terreno,con un’attenuazione molto bassa.

Effetto della velocità del vento

Figura 4- Propagazione del suono in funzione del vento

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Quando ho il campo velocità ,il vettore di velocità del vento si somma vettorialmente col vettore velocità dello strato (c1).Se un raggio sonoro passa da una zona senza vento ad una zona con vento,la velocità del suono si somma alla velocità del medesimo.

La presenza di un gradiente di vento mi giustifica la curvatura dei raggi

sonori;cioè non è l’intervento del vento in sé,ma il fatto che esso per ipotesi dell’aderenza fornisce sempre una velocità nulla a contatto col terreno ,mentre va aumentando con il crescere dell’altezza. I raggi sonori non sono curvati dal vento che scorre con una stessa velocità da terra. Infatti,se il vento è uniforme, non si ha un effetto di curvatura,ma semplicemente l’effetto della composizione vettoriale. Viceversa,in presenza di velocità anche ridotta ma con forte gradiente, si verifica la curvatura dei raggi sonori.Questa curvatura fa sì che si formino delle zone d’ombra,al di sotto dell’ultimo raggio tangente con il suolo.

A monte del vento della sorgente, il gradiente con la foga del vento curva i raggi verso l’alto. Se la velocità del vento varia linearmente con la quota,i raggi sonori curvano sottovento. A favore di vento si sentono di più i suoni, perché la curvatura dei raggi fa sì che il suono superi gli ostacoli.

Figura 5-Propagazione del suono in relazione al vento

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Esistono delle regole di calcolo di questi fenomeni? Bisognerebbe rispondere di

no .In realtà esistono,in quanto c’è un regolamento ,che si chiama ISO 9313 – 2 ,il quale descrive le regole di calcolo di questi fenomeni causati dal vento.Di fatto,però,non le usa praticamente nessuno a causa della difficoltà dei calcoli.

Quindi,quando c’è vento mi metto in una situazione di controvento,quando ci

sono dei gradienti termici mi metto in una situazione di inversione termica.Per cui considero sempre i raggi sonori presenti nell’aria con un certo raggio di curvatura.Questo raggio di curvatura viene descritto dalla norma.

Consideriamo ad esempio un raggio di curvatura di 3000 metri e supponiamo di voler calcolare la propagazione a 30 metri di distanza. L’arco è 1/100 del raggio,quindi è piuttosto trascurabile.Dunque la differenza tra la propagazione per raggio curvo e la propagazione per raggio dritto ,si apprezza quando la distanza di propagazione è confrontabile con il raggio di curvatura. A 500-600 metri il raggio di curvatura inizia già ad essere rilevante,ma non a 50-100 metri di distanza dalla sorgente.Noi consideriamo i raggi acustici per praticità sempre verso il basso.

Figura 6-Raggio acustico incurvato verso il basso

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Riflessione sul terreno

Figura 7- Riflessione sul terreno

In generale si ha riflessione ogni volta che si ha una discontinuità e una

interfaccia nel mezzo in cui un’onda sonora si propaga. L’onda riflessa dipende dall’onda incidente,dall’angolo di incidenza,dalla superficie riflettente e dalle impedenze caratteristiche dei mezzi.

Quando i raggi sonori provenienti da una sorgente incidono su una superficie

piana,si formano dei raggi riflessi che sembrano provenire da una sorgente immagine,che si ottiene specularizzando la sorgente reale rispetto al campo.Come calcolare allora il livello sonoro?Esso sarà la somma del livello diretto più quello riflesso.Facciamo un esempio numerico.

Esempio: La sorgente è situata ad un’altezza dal suolo SZ = 4 m.Il ricevitore è

situato ad un’altezza RZ = 1.5 m.La distanza tra la sorgente e il ricevitore e’ d = 25 m.Il livello della sorgente è 100 dB. Infine,la superficie del terreno è caratterizzata da un valore di coefficiente di riflessione α = 0.1.Si vuole calcolare il livello di intensità al ricevitore.Il livello riflesso è come se provenisse da una sorgente virtuale,cioè la sorgente immagine IMMS ,situata ad una quota '

SZ = -4 m.

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S

RZS

-ZS

ZR

IINC

SIMM

IRIF

d

rdir

rrif

Figura 8-Suono riflesso su un terreno

Innanzitutto,calcoliamo il livello diretto. Siccome la sorgente è puntiforme,

abbiamo: DIRL = WL - 11 – 20 log dirr (1)

In realtà dirr non è veramente 25 m,ma per essere precisi è:

dirr = 22)( dZZ RS +− = 25.12 m Quindi,sostituendo nella (1) trovo: DIRL = 100 – 11 – 20 log (25.12) = 61 dB

A questo punto calcoliamo il livello riflesso,che proviene da una sorgente IMMS

più lontana. rifr = 22)( dZZ RS ++ = 25.6 m Per cui,sapendo che solo il 90% dell’energia passa,posso scrivere:

RIFL = WL + 10 log (1-α ) – 11 – 20 log rifr = 60.38 dB A questo punto devo valutare come il suono riflesso si combina con quello

diretto.Il suono calcolato in queste due quote impiega tempi diversi ad arrivare alla velocità di propagazione del suono c = 340 m/s.

crdir

dir =τ = 73.88 ms

crrif

rif =τ = 75.29 ms

Quindi, τ∆ =1.41 ms .

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A noi interessa la variazione perché la natura del suono emesso da una sorgente è caratterizzata in termini di variabilità temporale della sua funzione di autocorrelazione.La funzione di autocorrelazione (ACF),è una funzione che mi indica quanto il segnale della sorgente rimane uguale nel tempo,confrontandolo con sé stesso traslato di un certo tempo.

ACFτ

Figura 9-Funzione di autocorrelazione

La funzione di autocorrelazione ACF raggiunge il valore 1 per τ = 0 e va

praticamente a 0 trascorso un tempo abbastanza ridotto.Si definisce la durata effettiva della funzione di autocorrelazione ACFτ ,quel valore per cui l’inviluppo della funzione di autocorrelazione assume il valore 0.1 (cioè il 10%).Si può ritenere che quando il segnale tende a mescolarsi con sè stesso con un τ > ACFτ ,trovo un segnale che non è assolutamente equivalente con sé stesso: abbiamo cioè due segnali diversi.Quindi :

se ACFτ < τ∆ ⇒ la sorgente è incoerente.Si sommano le due sorgenti non

correlate e quindi con la normale somma energetica:

)1010log(10 038.61.6 +=TOTL = 63.71 dB In questo caso il suono riflesso si è andato a mescolare con il suono diretto.

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Se ACFτ >> τ∆ ⇒ la sorgente è coerente. Vuol dire che il suono diretto e il

suono riflesso interferiscono e a seconda dalle fase si avrà: - interferenza costruttiva - interferenza distruttiva.

Per cui quando sono nel caso di interferenza costruttiva ho :

)1010log(20 2038.60

201.6

+=MAXL = 66.71 dB

Dove l’interferenza è distruttiva ho :

)1010log(20 2038.60

201.6

−=MINL = 37.76 dB

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Schermatura o diffrazione del suono

Quando le onde sonore incontrano un ostacolo,esse aggirano i bordi

dell’ostacolo stesso dando luogo alla diffrazione del suono.In altre parole,le direzioni di propagazione delle onde sonore sono deformate dagli ostacoli che esse incontrano sul loro cammino.Inoltre le onde sonore sono diffratte più che riflesse se la loro lunghezza d’onda è paragonabile con le dimensioni degli oggetti che dovrebbero rifletterle.

Le onde sonore interagiscono con la materia,ma il loro comportamento è diverso

se sono a basse oppure ad alte frequenze.

Figura 10-Diffrazione di uno schermo (a) e di un buco (b) a basse frequenze

La figura 10 illustra quello che succede alle basse frequenze attraverso un muro

e attraverso un buco di parete.Mentre alle alte frequenze,nel caso dello schermo,l’onda cilindrica non è completa e si forma una zona d’ombra;nel caso del buco di una parete ho zone d’ombra sopra e sotto la fessura e poi si ha una parziale ricomposizione dell’onda nella zona successiva allo schermo.

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Figura 11-Diffrazione di uno schermo (a) e di un buco (b) ad alte frequenze

Supponiamo di avere una sorgente ,uno schermo (teoricamente indefinito) e un

ricevitore dietro allo schermo in una posizione che non vede direttamente la sorgente.Gli studi più importanti sull’argomento sono stati fatti da Maekawa. I suoi risultati permettono di calcolare l’attenuazione :

DIFFRATTODIRETTO LLL −=∆ (*)

S

R

d

Schermo sottile

A

B

Figura 12-Differenza di cammino a causa di una barriera sottile

Nella figura sono rappresentati i cammini che il suono percorrerebbe nel caso ci

fosse lo schermo(tratto verde) e nel caso in cui non ci fosse(tatto rosso).Abbiamo quindi una differenza di cammino δ = A + B – d.

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Si definisce inoltre numero di Fresnel : N =cfδ

λδ 22= ,doveλ è la

lunghezza d’onda.Abbiamo che l’attenuazione in funzione del numero di Fresnel, preso in scala logaritmica, è una funzione perfettamente lineare.

La formula di Maekawa a seconda del tipo di sorgente è’: -se la sorgente è puntiforme L∆ = 10 log [3 + 20N] -se la sorgente è lineare L∆ = 10 log [2 + 5.5N] Con il modello di Maekawa è possibile calcolare il valore dell’attenuazione.

Figura 13-Diagramma di Maekawa

Esempio: Data una sorgente puntiforme calcolare il livello sonoro dello

schermo,sapendo che WL =100 dB,la frequenza dominante f è 250 Hz,d = 18 m,e

l’altezza h=3 m.Inoltre supponiamo di mettere lo schermo ad una distanza di 5 m dalla sorgente.Di conseguenza la distanza del ricevitore dallo schermo è 13 m.

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Lezione del 20/11/2001 – 16:30-18:30

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Vado a calcolare il cammino diffratto. Allora :

A = 22 53 + = 5.83 m B = 22 313 + = 13.34 m Per cui δ =A + B – d = 1.271 m.

Calcolo la lunghezza d’onda: fc

Hz =250λ = 1.36 m.

E quindi adesso posso trovare il numero di Fresnel : N = Hz250

2λδ = 1.869.

Applicando la prima formula di Maekawa cioè quella per una sorgente puntiforme trovo : L∆ = 10 log [3 + 20N] = 10 log [3 + 20 ∗1.869] = 16 dB.

Quindi,se la sorgente aveva un livello di potenza di 100 dB,allora il livello

diretto senza schermo era: DIRETTOL = WL - 11 – 20 log d = 100 - 11 – 20 log 18 = 63.9 dB

Applicando (*) trovo il livello schermato: LLL DIRETTODIFFRATTO ∆−= = 47.9 dB.

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Studio delle sorgenti sonore la cui emissione non è costante nel tempo

Ci sono molti casi in cui il livello sonoro non è costante nel tempo.Un primo

approccio di studio di questo fenomeno consiste nell’analizzare l’effettiva legge di variazione del livello sonoro nel tempo.

Ad esempio possiamo considerare una sorgente che si attacca e si stacca ripetutamente.

τ

dB

EQL

Figura 14-Emissione di una sorgente non costante nel tempo

Come si fa a calcolare la rumorosità di questo esempio? Secondo l’approccio

che abbiamo usato,potrei fare ad esempio 8 misure al secondo,cioè ogni 125 ms,ed andare ad osservare come si evolve il disegno nel tempo.Però non so quanto quale il rumore di fondo. E poi,ho superato il limite di legge?Infatti esistono dei limiti sul rumore esterno e sul rumore in ambiente di lavoro.Questi limiti vengono sempre espressi col concetto di livello equivalente.

Per livello equivalente,si intende il livello integrato su un tempo di misura.Ricordiamo la definizione di pressione media efficace:

∫=T

EQRMS dPT

P0

2, )(1 ττ

Il livello equivalente è definito :

( )

= ∫

T

EQ pdP

TL

020

21log10 ττ = 10 log 20

2,

pP EQRMS

dove 102 10L

P = è la pressione quadratica e 0p è la pressione di riferimento. Il EQL misura sempre da 0,cioè dall’istante in cui incominciamo la misura, al tempo T attuale. Quindi,io posso continuare a calcolarlo mano a mano che passa il tempo:ciò corrisponde alla linea blu della figura 14.

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Lezione del 20/11/2001 – 16:30-18:30

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Nella figura 14,all’inizio il EQL era basso perché l’emissione della sorgente era basso. Poi,comincia a crescere (e quindi anche il EQL ) ,poi cala e ricresce ancora periodicamente.Le oscillazioni del livello equivalente tendono ad attenuarsi,per cui basta effettuare una misura per un tempo sufficientemente lungo ,per fare in modo che il EQL risulti univocamente stabile.

La legge italiana parla di livello equivalente di lungo periodo che può essere: 8

ore per l’ambiente di lavoro (tipica giornata lavorativa), mentre in ambiente esterno distinguiamo il periodo diurno (dalle 6 alle 22) e il periodo notturno (dalle 22 alle 6).

Esempio : Il livello equivalente del suono di una sirena in una fabbrica è come

segue dalla figura.Si ha una zona di rumorosità durante il giorno intorno ai 50 dB e per 30 secondi va a 80 dB. Calcolare il livello equivalente complessivo.

EQL

τ

Figura 15-Suono della sirena in una fabbrica

Il numero di secondi in 16 ore è: 16 ∗ 3600 = 57600 s , di cui : 57570 a 50 dB e 30 a 80 dB. Quindi:

∗+∗=

5760010301057570log10

85

EQL = 51.82 dB

Dunque il livello equivalente è cresciuto molto poco.Supponiamo ora di avere 30 minuti ad 80 dB. Per cui ho 55800 s a 50 dB e 1800 s a 80 dB. Quindi:

∗+∗=

576001018001055800log10

85

EQL = 65.08 dB

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Lezione del 20/11/2001 – 16:30-18:30

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Esempio : Un operaio lavora 8 ore suddivise come suggerisce la tabella.Calcolare il livello equivalente.

ore macchina EQL (dB)

2 tornio 82 1 fresa 85 1 trapano 78 0.5 smerigliatrice 96 0.5 pausa 65 3 saldare 81

Abbiamo che :

∗+∗+∗+∗+∗+∗=

8103105.0105.0101101102log10

1.85.66.98.75.82.8

8, hEQL =

= 85.8 dB

La legge dice di valutare il livello di esposizione personale hEPL 8, ,che coincide con il livello equivalente EQL nel momento in cui l’operaio lavora 8 ore.Se però l’operaio lavora 10 ore,il hEPL 8, assume sempre 8 come numero totale di ore.

Esempio : Un operaio lavora 10 ore suddivise come suggerisce la

tabella.Confrontare il livello di esposizione personale con il livello equivalente.

ore macchina dB

2 Tornio 82 3 Fresa 85 1 Trapano 78 0.5 Smerigliatrice 96 0.5 Pausa 65 3 Saldare 81

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Lezione del 20/11/2001 – 16:30-18:30

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∗+∗+∗+∗+∗+∗=

10103105.0105.0101103102log10

1.85.66.98.75,82.8

10, hEQL =

= 10 log

10A = 85.68 dB

=

8log108,

AL hEP = 86.65 dB

Per la legge devo considerare hEPL 8, che risulta essere più alto del livello equivalente.

Il territorio viene suddiviso dal comune in 6 classi e in ciascuna di esse c’è un

limite diurno e un limite notturno.

Classi Limite diurno/notturno Zona

I. 50/40 Parchi pubblici ,ospedali,scuole,… II. 55/45 Quartiere residenziale

III. 60/50 Mista,escluse le città(es. Pianura Padana) IV. 65/55 Centri storici,dove ci sono i negozi V. 70/60 Industriale normale

VI. 80/70 Industriale

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- 1 -

PROPAGAZIONE IN AMBIENTE ESTERNO

Durante questa lezione si sono studiati i fattori che influenzano la propagazione delle onde sonore in ambiente esterno. Questi studi sono importanti per capire in che modo possa variare la propagazione delle onde in particolari condizioni in modo da poter progettare sistemi (come sistemi di amplificazione per esterni) che funzionino correttamente in ogni situazione.

I fattori che influenzano la propagazione del suono sono legati a fenomeni ambientali ma anche alla presenza di barriere o superfici tra la sorgente ed il ricevitore. Cercheremo ora di capire quali sono le variazione introdotte da tali fattori e in che modo è possibile considerarle in fase di progetto.

1. Effetto della temperatura

Il primo fattore che influenza l’andamento dei fronti d’onda è la variazione di temperatura. Infatti la temperatura varia al variare della quota ed esistono diverse configurazioni di variazione. Esamineremo ora tre casi che possono presentarsi: a) Andamento normale

In condizioni normali la temperatura decresce man mano che ci si allontana dalla superficie. I raggi sonori (nelle varie figure rappresentati con le linee di campo ortogonali al fronte d’onda e rappresentanti punti di iso-intensità sonora) sono curvati verso l’alto. Esiste una superficie limite teorica tangente al terreno, al di sotto della quale si forma una zona d’ombra dovuta all’assenza di onde sonore.

b) Inversione termica

In questa situazione il terreno è più freddo dell’aria circostante e quindi a basse quote la temperatura al suolo è più bassa della temperatura in quota. All’aumentare della distanza dal suolo si ritorna ad un andamento di tipo normale. Questa è una delle situazione climatiche tipiche di zone come la pianura Padana. In questi casi i raggi sonori sono curvati verso l’alto è ciò comporta

Figura 1: Andamento normale della temperatura e dei raggi sonori

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l’assenza di zone d’ombra; questo può dare origine a strani fenomeni perché il suono può “piovere” su zone che non sarebbero raggiungibili se i fronti d’onda avessero l’andamento consueto.

c) Canale sonoro

E’ il fenomeno più “strano” e raro. Si forma un canale sonoro quando ho uno strato d’aria che è più caldo (o più freddo) rispetto agli strati circostanti. In questo caso le onde sonore vengono “intrappolate” nello strato di diversa temperatura e possono uscire soltanto quando varia nuovamente la temperatura; possono quindi percorrere anche parecchi chilometri prima di ricadere e questo può dare origine ai cosiddetti “miraggi sonori”. Una situazione simile si può verificare in presenza di nebbia: infatti la coltre di nebbia sul suolo forma una zona dove la temperatura e minore di quella del terreno, mentre sopra lo strato di nebbia i raggi del sole rendono la temperatura più alta. Questa variazione di temperatura crea un canale in cui possono restare intrappolate le onde sonore

Nel progettare sistemi occorre tenere conto di questi fenomeni termici. La normativa italiana

stabilisce che in sede di calcolo è necessario considerare il caso mediamente sfavorevole, cioè quello dell’inversione termica.

Figura 2: Andamento della temperatura e dei raggi sonori in caso di inversione termica

Figura 3: Andamento della temperatura e dei raggi sonori in caso di canale

sonoro

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2. Effetto del vento

Anche il vento può influire notevolmente sull’andamento dei raggi sonori. In presenza di vento infatti la velocità del suono e quella del vento si sommano come composizione vettoriale. In realtà, il vento può trasportare il suono solo quando la velocità del vento è confrontabile con quella del suono (e questo è abbastanza raro).

Il vento inoltre può curvare i raggi sonori. Infatti in presenza di un gradiente di velocità al

variare della quota fa si che i raggi sonori curvino sottovento.

Questa curvatura data dal vento porta alla formazione di una zona d’ombra sopravento e di una

zona in cui il suono “piove” sottovento.

Figura 4: Composizione vettoriale del vento con i raggi sonori

Figura 5: Effetto di curvatura del vento sui raggi sonori

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Per tenere conto di questi fenomeni esiste la normativa ISO-9613/2 che descrive i metodi di calcolo appropriati. Tale normativa risulta però estremamente complessa, tanto da risultare praticamente inapplicabile senza l’utilizzo di calcolatori avanzati.

Per semplificare il calcolo considero sempre la condizione di sottovento e quindi immagino i raggi sonoro sempre curvati verso il basso. In genere si utilizza un raggio di curvatura di 2000 o 3000 metri. In ogni caso, la curvatura del raggio sonoro si apprezza solo quando la distanza di propagazione è confrontabile con il raggio di curvatura scelto.

3. Riflessioni sul terreno

Il terreno è una fonte di riflessione per le onde sonore. Tale riflessione dipende dalla superficie riflettente, dall’angolo che si forma tra il suono e la superficie ed, in generale, dalla tipologia del mezzo in cui avviene tale riflessione (infatti l’aria non è un mezzo perfettamente elastico e può introdurre delle attenuazioni che dipendono dall’umidità e dalla frequenza delle onde sonore).

Per calcolare l’entità di tale riflessione si utilizza l’approssimazione della “sorgente immagine” che sfrutta il fatto che i raggi riflessi sembrano provenire da una sorgente simmetrica a quella reale rispetto alla superficie riflettente. Questa approssimazione inoltre migliora tanto più la superficie considerata è liscia e dura.

Per calcolare il livello in presenza di riflessione occorre quindi considerare l’interazione di due

sorgenti, una reale e una “immagine” speculare a quella reale. Per prima cosa si calcola il livello del suono diretto dovuto alla sorgente reale e poi si calcola il livello dovuto alla riflessione. Nel fare questo occorre tenere presente che, come detto, la riflessione dipende dalla superficie riflettente; infatti tale superficie può non riflettere completamente il suono. Si definisce quindi un coefficiente di riflessone α che esprime l’entità di tale riflessione.

Una volta calcolati i due contributi occorre stabile in che modo le due sorgenti interagiscono tra loro. Per fare ciò si considera la funzione di autocorrelazione (ACF). Questa funzione indica quanto il suono differisce da una sua replica ritardata. Questa funzione vale 1 in zero e decresce rapidamente raggiungendo un valore prossimo a zero dopo un tempo abbastanza ridotto. Si

Figura 6: Riflessione su una superficie piana

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definisce quindi la durata effettiva della funzione di autocorrelazione (τACF) come il tempo che impiega l’inviluppo della funzione a raggiungere il valore 0.1 (cioè il 10% del valore massimo).

Considerando il ritardo che intercorre tra il suono diretto e il suono riflesso e la durata effettiva

della funzione di autocorrelazione posso stabilire in che modo interagiscono tra loro sorgente reale e sorgente immagine. Infatti:

1. Se τACF < ∆t allora la sorgente è incoerente e i due contributi si sommano usando la somma

energetica; 2. Se τACF > ∆t la sorgente è coerente e suono riflesso e diretto interagisco tra loro. Tale

interazione può essere costruttiva (il livello totale aumenta) oppure distruttiva (il livello totale diminuisce). In quest’ultimo caso si presenta un ulteriore problema in quanto possono crearsi zone di cancellazione del suono.

Vediamo di applicare il metodo descritto in un esempio numerico:

Esempio: Si consideri una sorgente puntiforme posizionata a 4 m di altezza dal suolo ed un ricevitore posizionato a 1.5 m di altezza ad una distanza di 25 m dalla sorgente. Sapendo che il livello della sorgente è di 100 dB e che il terreno ha un coefficiente di riflessione α = 0.1 si vuole calcolare il livello che raggiunge il ricevitore.

Figura 7: Un esempio di funzione di autocorrelazione

Figura 8: Situazione dell'esempio

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I livello che raggiunge il ricevitore è formato da due contributi: quello diretto e quello dato dalla riflessione con il terreno. Partiamo calcolando il primo. La distanza tra sorgente e ricevitore è

rdir d zr zs= + − = =2 63125 2512( ) . . m

Possiamo ora calcolare il livello diretto che essendo dato da una sorgente puntiforme si calcola

con la formula:

Ldir Lw rdir= − − = − − =11 20 100 11 20 2512 61log( ) log( . ) dB

Ora dobbiamo calcolare il livello riflesso. Consideriamo quindi una nuova sorgente immagine puntiforme ad una quota di -4 m. Prima di tutto calcoliamo la distanza della nuova carica dal ricevitore:

rrif d zr zs= + − = + =2 25 2 55 2 2560( ') ( ) ( . ) . m

Infine procediamo al calcolo del livello, tenendo conto che il terreno ha un coefficiente di

riflessione pari al 10%:

Lrif Lw rrif= + − − − =

= + − − =

10 1 11 20

100 10 0 9 11 20 2560 60 3

log( ) log( )

log( . ) log( . ) .

α

dB

Per calcolare il livello totale occorre considerare in che modo suono riflesso e suono diretto

interagiscono. Calcoliamo per tanto i tempi di propagazione ed il ritardo:

τ

τ

dirrdir

c

rifrrif

c

= = =

= = =

25127388

25607529

..

..

m340 m / s

ms

m340 m / s

mst = 1.41 ms∆

A seconda del valore di τACF otterremo valori diversi di LTOT. Se τACF > ∆t la sorgente è

incoerente e ottengo:

LTOT

Ldir Lrif= + = + =10 10 10 10 10610 106 038 637110 10log( ) log( . . ) . dB

Se τACF < ∆t posso avere interferenze costruttive e distruttive. Indico con LTOT+ il livello dovuto

a interazione costruttiva e con LTOT- quello dovuto ad interazione distruttiva:

L

L

TOT

Ldir Lrif

TOT

Ldir Lrif+

= + = + =

= − = − =

20 10 10 20 10305 103019 67 72

20 10 10 20 10305 103019 37 76

20 20

20 20

log( ) log( . . ) .

log( ) log( . . ) .

dB

dB

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4. Diffrazione

Il fenomeno della diffrazione si verifica quando le onde sonore oltrepassano il bordo di un ostacolo. Questo fenomeno porta ad una deformazione delle onde ogni qual volta che si presenta un ostacolo durante la propagazione. Inoltre si verifica una diffrazione quando le dimensioni di una superficie (su cui teoricamente dovrebbe avvenire una riflessione) sono confrontabili con la lunghezza d’onda del suono. La frequenza dell’onda sonora influisce anche sul tipo di diffrazione che si verifica. Infatti ad alte frequenze si verificano deformazioni completamente diverse da quelle che si osservano a bassa frequenza. Ci si rende facilmente conto di questo se, ad esempio, si considera la deformazione apportate da una fenditura in una parete:

Come illustra la figura, a basse frequenze la fenditura, per effetto diffrattivo, diventa sorgente

di un’onda sferica, mentre ad alte frequenze dal foro si forma un raggio sonoro che è tanto più collimato tanto più è alta la frequenza.

Un altro interessante caso di diffrazione si ha quando si pone una barriera sottile lungo la propagazione dell’onda. Anche qui si ottengono effetti diversi al variare della frequenza dell’onda:

In questo caso ad altre frequenze si viene a creare una zona d’ombra in prossimità della barriera

(che potrebbe essere ad esempio un muro) mentre lontano dall’ostacolo l’onda rimane praticamente imperturbata.

Figura 9: Diffrazione attraverso una fenditura a basse frequenze (a) e ad alte frequenze (b)

Figura 10: Diffrazione attraverso una barriera a basse frequenze (a) e ad alte frequenze (b)

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Differente è l’effetto per le basse frequenze: in questo caso infatti il bordo diviene a sua volta sorgente di un’onda cilindrica e il livello sonoro che verrebbe avvertito da un ricevitore posizionato oltre la barriera sarebbe dato dall’interazione dell’onda diretta con l’onda rifratta.

In genere, è difficile quantificare l’entità di questi fenomeni sia per basse che per alte frequenze. Vi è però un’importante eccezione: infatti è stata trovata un relazione analitica approssimata per quantificare le variazioni introdotte da uno schermo sottile di lunghezza indefinita posto tra sorgente e ricevitore. Tale approssimazione è nota come relazione di Maekawa, dal nome dello studioso che la presentò.

Immaginiamo di avere una sorgente puntiforme (o lineare) di onde sonore, un ricevitore posto ad una certa distanza ed uno schermo (teoricamente di lunghezza indefinita) posto tra sorgente e ricevitore in modo da nascondere il ricevitore alla sorgete come illustrato in figura:

La relazione di Maekawa ci consente di calcolare l’attenuazione dovuta alla presenza della

barriera. Tale attenuazione dipende dalla lunghezza d’onda del suono e dalla differenza di cammino, cioè la differenza tra il cammino teorico dell’onda diretta (indicato con la lettera C in figura) e quello reale dell’onda diffratta (indicato con i tratti A e B in figura). Generalmente la differenza di cammino si indica come δ = A + B - C; si definisce inoltre il numero di Fresnel N come (tale valore è un numero puro):

Nf

c= =

2 2δλ

δ

Nelle relazioni proposte da Maekawa l’attenuazione dipende dal solo numero di Fresnel e, se

rappresentate in scala logaritmica la relazione è perfettamente lineare. Tali relazioni sono: a) In caso di sorgenti puntiformi:

∆L = 10 3 20log( )+ N b) In caso di sorgenti lineare:

∆L = +10 2 55log( . )N Nella grafico seguente vengono rappresentate le curve di Maekawa in scala logaritmica. Viene

inoltre rappresentata anche l’attenuazione calcolabile con l’approssimazione di Kirchoff per sorgenti puntiformi. Egli fu il primo a studiare il fenomeno diffrattivo cercando un’approssimazione ma la sua teoria si rivelò errata

Figura 11: Diffrazione dovuta ad una barriera sottile

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Vediamo ora un esempio applicativo di questa teoria.

Esempio: Consideriamo un sorgente puntiforme di livello sonoro Lw = 100 dB con frequenza dominante f = 250 Hz. Ad una distanza di 18 m dalla sorgente vi è un ricevitore. Fra sorgente e ricevitore è presente una barriera sottile che sovrasta di 3 m la sorgente e dista 5 m dalla sorgente stessa. Calcolare l’attenuazione introdotta dalla barriera.

Per prima cosa occorre calcolare la differenza di cammino δ e quindi il numero di Fresnel.

Figura 12: Diagramma di Maekawa

Figura 13: situazione dell'esempio

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Indicando con x1 il tratto dalla sorgente alla barriera e con x2 il tratto dalla barriera al ricevitore dal teorema di Pitagora ricavo:

A x h

B x h

= + = + =

= + = + =

12 2 2 2

22 2 2 2

5 3 583

13 3 1334

( ) ( ) .

( ) ( ) .

m

m

A questo punto possiamo facilmente calcolare δ e N:

δ

δλ

δ= + − = + − =

= = =⋅ ⋅

=

A B C

Nf

c

583 1334 18 1172 2 2 117 250

340172

. . ..

.

m

Ora calcoliamo l’attenuazione introdotta dalla barriera grazie alla formula per sorgenti

puntiformi di Maekawa:

∆L dB= + = + ⋅ =10 3 20 10 3 20 172 1573log( ) log( . ) .N

Lo schermo posto tra sorgente e ricevitore introduce quindi un’attenuazione di 15.73 dB su livello che si avrebbe senza ostacolo. Calcoliamo ora quanto vale il livello percepito dal ricevitore:

L L dL L

dir w

scher dir

= − − = − − == − = − =

11 20 100 11 20 18 63896389 15 73 4816

log( ) log( ) .. . .

dBL dB∆

In queste considerazioni sulla diffrazione data da una barriera si è sempre trascurato ogni altro contributo. Infatti, non si è mai presa in considerazione il terreno che può introdurre una riflessione; tenendo conto della riflessione occorre tenere presente che anche le onde riflesse subiscono il fenomeno della diffrazione. E’ poi possibile estendere il ragionamento della barriera in più dimensione considerando un ostacolo formato da un piano in un sistema di riferimento in 3 dimensioni. In tal caso ognuno dei bordi introduce una diffrazione.

5. Valutazione della rumorosità dei suoni

Fino ad ora abbiamo considerato sorgenti sonore con un livello sonoro costante nel tempo. In realtà, vi sono molti casi in cui il livello sonoro non è costante nel tempo e occorre valutarne la rumorosità. Un primo approccio a questo problema è quello di ricercare la funzione matematica che descrive l’andamento del livello sonoro. Questo ci consente di valutare il livello sonoro il un dato istante ma non fornisce un’informazione sulla rumorosità globale. Se ad esempio avessimo una sorgente che si accende ad intermittenza, conoscere esattamente l’andamento del tempo non ci aiuta nel valutare il livello sonoro che produce in un determinato tempo. Si definisce quindi un livello equivalente che si calcola come:

Lp t

ptEQ =

∫10

1 2

02log( )

Td

0

T

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Lezione del 20/11/2001 ore 16:30 - 18:30

- 11 -

Il livello equivalente rappresenta una sorta di media del livello sonoro sul periodo di tempo T considerato. In figura è rappresentato l’andamento (quantitativo) del livello emesso da una sorgente intermittente ed il corrispondente livello equivalente:

Come si vede dal grafico, il livello equivalente si stabilizza sempre più all’aumentare della

finestra di integrazione considerata. L’importanza di questo livello è quella di consentirci di quantificare il livello sonoro emesso da una sorgente attraverso un unico numero. Infatti il livello equivalente è usato nella legislazione per stabilire i limiti tollerabili di rumore. In particolare la legge italiana stabilisce tre intervalli di tempo diversi per effettuare le rilevazioni:

1. 8 ore, che corrispondono al tempo di lavoro da utilizzare per misurare la rumorosità sul

luogo di lavoro; 2. dalle 6 alle 22, corrispondenti al periodo diurno 3. dalle 22 alle 6, corrispondenti al periodo notturno

Tutte le misure che si effettuano durante il giorno vanno integrate sulle 16 ore del periodo diurno

e, similmente, le misure effettuate di notte vanno integrate sulle 8 ore del periodo notturno. Vediamo ora un esempio delle modalità di calcolo del livello equivalente. Esempio: Si vuole misurare il livello equivalente di una sirena che segnala la pausa pranzo in una fabbrica. Questa sirena suona alle 12 precise e rimane in funzione per 30 secondi.

Teoricamente dovrei misurare il livello sonoro per 16 ore per determinare l’andamento del livello sonoro nel periodo diurno. Questa strada in realtà non è percorribile. Procedo allora misurando per un’ora il livello sonoro a sirena spenta e poi i 30 secondi in cui suona la sirena. Dalle misure effettuate risulta che:

• 50 dB per 1 h in cui la sirena era spenta • 80 dB per i 30 s in cui la sirena era in funzione

Estendiamo ora le nostre misure campione per tutto il periodo diurno. Nel tempo totale tTOT =

16 h = 576000 s di finestra legale, per t1 = 30 s abbiamo misurato un livello sonoro di L1 = 80 dB, nel restante tempo t2 = 57570 s consideriamo valida la misurazione di L2 = 50 dB effettuata per un’ora.

Figura 14: Livello sonoro di una sorgente intermittente e livello equivalente

Page 233: Acustica Ed Elettroacustica

Lezione del 20/11/2001 ore 16:30 - 18:30

- 12 -

A questo punto l’integrale si trasforma in una somma discreta ed è semplice calcolare il livello equivalente come:

Lt t

tEQ

L L

TOT=

⋅ + ⋅

=

⋅ + ⋅

=10 1 10 2 10

1057570 10 30 10

576005182

110

210 5 8

log log . dB

Si nota come la sirena influenzi molto poco il livello equivalente che aumenta di meno di 2 dB

rispetto al livello a sirena spenta. Supponendo invece che la sirena suoni per 30 minuti (pari a 1800 s) invece che per 30 secondi, ripetendo i calcoli otterrei:

LEQ =⋅ + ⋅

=10

55800 10 1800 1057600

65 085 8

log . dB

Il procedimento illustrato nell’esempio è valido per qualunque misura effettuata in ambiente esterno. Nel caso in cui si debba misura il livello sonoro a cui è esposto un lavoratore sul luogo di lavoro il modo di procedere cambia leggermente

Infatti la legge italiana stabilisce che in questi casi occorre considerare il livello di esposizione personale (LEP). Questo livello si calcola analogamente, ma il calcolo è sempre effettuato sulle 8 ore lavorative, indipendentemente dalle ore lavorate dalla persona; solo nel caso in cui la persona considerata lavori per 8 ore il livello equivalente e quello personale coincidono.

Vediamo questo discorso applicato a due esempi pratici.

Esempio 1: Un lavoratore su più macchine durante le 8 ore della giornata lavorativa. Calcolare il livello di esposizione personale.

Tempo (h) Macchina usata Livello (dBA)2 tornio 82 1 fresa 85 1 trapano 78

0.5 smerigliatrice 96 0.5 pausa pranzo 65 3 saldatrice 81

Il livello di esposizione personale in questo caso coincide con il livello equivalente in quanto il

lavoratore ha lavorato per 8 ore. Procediamo nei calcoli come al solito e otteniamo:

L

t

EP

i

Li

=

=⋅ + ⋅ + ⋅ + ⋅ + ⋅ + ⋅

=

=

∑10

10

810

2 10 1 10 1 10 05 10 05 10 3 108

8583

108 2 8 5 7 8 9 6 6 5 8 1

log log. .

.

. . . . . .

dBA

Page 234: Acustica Ed Elettroacustica

Lezione del 20/11/2001 ore 16:30 - 18:30

- 13 -

Esempio 2: Un lavoratore su più macchine per un totale di 10 ore lavorative. Calcolare il livello di esposizione personale.

Tempo (h) Macchina usata Livello (dBA)2 Tornio 82 3 Fresa 85 1 Trapano 78

0.5 Smerigliatrice 96 0.5 Pausa 65 3 Saldare 81

In questo caso le ore lavorate sono 10, ma il livello personale va comunque calcolato sulle 8

ore standard come segue:

LEP =⋅ + ⋅ + ⋅ + ⋅ + ⋅ + ⋅

=102 10 3 10 1 10 05 10 05 10 3 10

886 65

8 2 8 5 7 8 9 6 6 5 8 1

log. .

.. . . . . .

dBA

Se effettuassimo il calcolo del livello equivalente (ovvero dividessimo per 10 nella formula

precedente otterremmo:

LEQ =⋅ + ⋅ + ⋅ + ⋅ + ⋅ + ⋅

=102 10 3 10 1 10 05 10 05 10 3 10

108568

8 2 8 5 7 8 9 6 6 5 8 1

log. .

.. . . . . .

dBA

6. Limiti di rumore

La legge italiana stabilisce dei limiti di rumore per tutelare la salute dei cittadini. Sia sul posto di lavoro che nell’ambiente esterno esistono dei limiti che è obbligatorio rispettare se non si vuole incorrere in pesanti sanzioni.

Sul posto di lavoro, come detto, il livello viene misurato come livello di esposizione personale e la legge stabilisce 4 fasce di rumorosità:

Sotto 80 dBA il rumore è considerato tollerabile senza che il lavoratore subisca

danni permanenti; Tra 80 dBA e 85 dBA sono obbligatorie visite periodiche per i lavoratori e controlli

costanti sul rumore per tentare di ridurlo; Tra 85 dBA e 90dBA obbligo di intervento sui macchinari in quanto la legge proibisce

l’utilizzo di macchine che producono un livello di rumore superiore a 85 dBA. Inoltre sono obbligatorie visite ogni anno per i dipendenti;

Oltre 90 dBA in questo caso è necessaria una denuncia entro 60 giorni alle autorità competenti. In mancanza di una denuncia, la fabbrica può incorrere nella chiusura e in una multa (intorno ai 30000.00 EUR) per ogni giorno successivo al 60.

Tabella 1: Limiti di rumore nell'ambiente di lavoro

Page 235: Acustica Ed Elettroacustica

Lezione del 20/11/2001 ore 16:30 - 18:30

- 14 -

In ambiente esterno invece esistono limiti diversi. La legge stabilisce 6 zone con limiti di rumore diversi per il periodo diurno e per quello notturno. Le zone sono riassunte nella tabella seguente:

Zona Limite diurno (dBA) Limite notturno (dBA) Nome zona

1° 50 40 Alta cautela (ospedali, scuole, ...)2° 55 45 Residenziale 3° 60 50 Campagna 4° 65 55 Centri storici 5° 70 60 Industriale normale 6° 80 70 Esclusivamente industriale

Tabella 2: Limiti di rumore in ambiente esterno

Page 236: Acustica Ed Elettroacustica

Autore – Caterina Salghetti - Lezione del 26/11/2001 - ore 14:30 – 16:30

ACUSTICA NEGLI SPAZI CHIUSI In questo capitolo vedremo quali sono i fattori che influenzano il comportamento di una suono all’interno di un ambiente chiuso (es. una stanza) e quali sono le formule con cui si legano questi fattori.

S ____________________________ R d

Fig. 1 – Propagazione del suono

Data una sorgente S di suono a una certa distanza d dal ricevitore R, l’espressione che lega il livello di pressione a una certa distanza dalla sorgente è:

Lp = Lw – 20 log ( d ) – 11 + 10 log ( Q ) Q = direttività della sorgente.

mII

Q ϑ= Iθ intensità nella direzione, Im intensità omnidirezionale

Dipende da come è posizionata la sorgente :

Fig. 2 – Direttività della sorgente

Page 237: Acustica Ed Elettroacustica

Lezione del 26/11/2001, ore 14:30 – 16:30

- - 2

Immaginiamo una sorgente in uno spazio aperto.

S d R

Fig. 3 – Propagazione del suono in uno spazio aperto

Le onde sonore emesse dalla sorgente (S) si diramano in tutte le direzioni e giunge al ricevitore (R) solo l’onda DIRETTA ( cammino di propagazione diretto, percorso dall’onda sonora senza subire alcuna riflessione, che si ottiene congiungendo idealmente con un tratto rettilineo la sorgente e il ricevitore). In una spazio chiuso (es. stanza)

Fig. 4 – Propagazione del suono in uno spazio chiuso

Vi sono raggi che urtano le pareti (onda riflessa dalla parete)e arrivano al RICEVITORE dopo un certo tempo, oltre all’onda DIRETTA . Non possiamo più applicare la formula di prima (valida solo per l’onda diretta). RITARDO Se facciamo un grafico riguardo l’energia che arriva al ricevitore rispetto al tempo impiegato: E T

Fig. 5 – Energia al rivcevitore

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Numero riflessioni medie: n (t) = 4π C²t³ V Con C velocità media del suono nell’aria e V volume dell’ambiente. Si vede come n dipenda da t (le linee verticali del grafico si infittiscono col passare del tempo). La prima linea, quella più alta, rappresenta l’onda diretta, le altre le onde riflesse che impiegano più tempo per giungere al ricevitore e quindi dissipano una maggiore energia durante il tragitto. Per vedere come si riflettono le onde contro le pareti: S’

Fig. 6 – Riflessione di onde contro le pareti

Per calcolare il cammino ci si riferisce alle SORGENTI IMMAGINE. Costruiamo una sorgente immagine S1 specularizzando la sorgente reale rispetto a una delle pareti. Attraverso semplici considerazioni geometriche, siamo in grado di tracciare il percorso seguito dall’onda sonora, trovando così un cammino riflesso. La lunghezza del cammino riflesso è esattamente uguale alla distanza tra la sorgente immagine S1 e il ricevitore. All’aumentare del numero delle sorgenti immagine, avvengono due fatti importanti:

- aumenta la distanza della sorgente dal ricevitore e, di conseguenza, diminuisce il contributo energetico del singolo raggio riflesso;

- il numero totale di raggi riflessi cresce in modo esponenziale. (fig. 5) In S’ l’onda è attenuata dall’assorbimento della parete. Potremmo calcolare tutta l’energia E che arriva al ricevitore R se applico il calcolo e analizzo tutte le onde. E’ quello che fanno certi software. In questo modo si calcola la pressione finale del ricevitore. EQUAZIONI CHE REGOLANO GLI AMBIENTI CHIUSI Gli ambienti si dividono in due categorie: RIVERBERANTI e SEMIRIVERBERANTI. Hanno diverse equazioni per descrivere i comportamenti del suono al suo interno.

1. Ambienti riverberanti Le pareti hanno coefficienti d’assorbimento nullo. L’E emessa resta nell’ambiente (conservazione).

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- - 4

Il raggio verrà attenuato per il cammino percorso e l’aria. Il livello di pressione è uguale in tutti i punti e non c’è livello d’intensità (è relativo allo spostamento di pressione). Sono camere di forma non regolare (si potrebbero creare onde con picchi di massimi o minimi di pressione (per sovrapposizione di onde) ), dimensioni non elevate (2x3 m) e rivestite di materiali isolanti al suono. Queste camere utilizzate negli esperimenti sul suono sono ambienti SABINIANI, cioè caratterizzati da dimensioni confrontabili e sono utilizzate per determinare il coeff. di certi materiali. 2. Ambienti semiriverberanti

Le pareti assorbono più o meno parte delle onde emesse dalla sorgente con conseguente perdita di energia. PARAMETRI Definiamo dei parametri che ci aiuteranno a chiarire il comportamento del suono nell’ambiente. Tr tempo di riverbero Lm libero cammino medio ά coefficiente d’assorbimento medio dell’ambiente

Tr In ambiente riverberante Tr è molto alto, anche 2-4 secondi. Si può misurare il Tr di un ambiente in due modi:

• Metodo che sfrutta il regime stazionario interrotto Data una sorgente omnidirezionale (di solito un dodecaedro con 12 altoparlanti) nell’ambiente, si accende e si aspetta che l’ambiente si saturi del suono. A questo punto si spegne bruscamente.

E Er Er

saturazione Spegnimento

t t t

Fig. 7 – Variazione di energia al ricevitore Accensione: il campo sonoro si mantiene al livello L0 = LW–11–20lg r, finché arriva la prima onda riflessa, poi il livello totale si trova sommando i livelli del suono diretto e del suono riflesso.

Trascorso un ulteriore ritardo, inferiore a quello precedente, arriva un altro suono riflesso e il livello totale aumenta di un altro gradino. I suoni riflessi successivi

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- - 5

giungono sempre più ravvicinati: il livello totale non ha più un andamento a gradini, ma aumenta in modo continuo, seguendo una curva che tende al valore di regime Lreg. Questo valore viene raggiunto quando si stabilisce un bilancio tra l’energia emessa dalla sorgente e quella assorbita dalle pareti.

Spegnimento: dal momento in cui viene spenta la sorgente, trascorre di nuovo un

tempo τ0 affinché il livello totale cominci a scendere: si esaurisce per primo il contributo del suono diretto e si ha un piccolo gradino, perché ora il grosso dell’energia è dovuto al suono riflesso; successivamente, scompaiono i contributi dei suoni riflessi. Quindi al momento dello spegnimento vi è un brusco calo di energia al ricevitore (calo di pressione).

=

0

log10DDLd

Con D0 densità sonora. Il persistere per un certo tempo del suono nell’ambiente, dopo che l’evento sonoro è terminato, viene chiamato fenomeno della coda sonora o riverberazione. Nel 1902, W. C. Sabine diede la seguente definizione di tempo di riverbero, o durata convenzionale della coda sonora: data una sorgente stazionaria interrotta, il tempo di riverbero è il tempo che intercorre tra l’istante in cui si esaurisce il suono diretto e l’istante in cui il livello sonoro è sceso di 60 dB; esso viene indicato con T60. dB regime stazionario -5 Tr = T60

60 dB regime transitorio -65 t Tr

Fig. 8 – Tempo necessario affinchè il livello sonoro decada di 60 dB

Spesso non si riesce a fare (60 decibel è un’escursione molto elevata). Allora si considerano due o più intervalli di minore escursione: 30 dB (da –5 a –35) T30 20 dB (da –5 a –25) T20 Preso l’intervallo di 20 o 30 dB, si ipotizza costante la pendenza e si allarga l’intervallo fino a 60 dB.

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- - 6

5dB

60dB

30dB

20dB

LI

τ

Lreg T60

T30/2T20/3

Fig. 9 – T60, T30, T30

pr L

TT∆

∆=

60

• Analisi della risposta dell’ambiente all’impulso

È il metodo più utilizzato e più rapido. Misuriamo la cosiddetta risposta impulsiva, cioè l’uscita del sistema in corrispondenza dell’eccitazione impulsiva X(t)=δ(t), dove con δ(t) indichiamo la funzione generalizzata impulso unitario, nota anche come delta di Dirac. Questo particolare impulso è riproducibile in modo approssimativo con un colpo di pistola o con lo scoppio di un palloncino d’aria. Convenzionalmente la risposta impulsiva viene indicata con h(t). Abbiamo quindi che:

)]([)( tfth δ= Il segnale di uscita può essere calcolato attraverso la convoluzione del segnale di ingresso con la risposta impulsiva. Dato l’impulso d’ingresso X(t), registrando e analizzando il segnale in uscita Y(t) si può ricavare la risposta dell’ambiente h(t) tramite il procedimento di integrazione all’indietro di Schroeder. h(t) X(t)= δ(t) Y(t)

Fig. 10 – Analisi di un segnale

∫+∞

∞−

⊗=−= )()()()()( tthdthtY δααδα

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- - 7

Il difetto di utilizzare strumenti come la pistola è che non tutte le frequenze sono sollecitate, il risultato può variare da esperimento a esperimento, ma gli aspetti positivi sono che è uno strumento molto semplice da utilizzare e da trasportare, nonchè la velocità del metodo. Spesso al posto del segnale impulsivo delta di Dirac sono utilizzati anche altri tipi di segnali, in particolare : i segnali MLS e una sinusoide sweeppata ( Sine Sweep ). Vediamoli in breve.

-Segnali MLS Il segnale MLS (acronimo di Maximum Length Sequence) è una sequenza binaria del tipo riportato in Figura 6.

true

false

Fig. 11 –Segnale MLS

Questo segnale oggi può essere ottenuto da un qualunque personal computer mediante un software dedicato, che implementi uno shift register(registro a scorrimento), ma fino a poco tempo fa venivano utilizzate delle schede che implementavano per via hardware lo shift register, tra queste schede è famosa quella costruita nel 1989 dall’americano Douglas Rife, e corredata da un software chiamato MLSSA (melissa) particolarmente potente, tanto da essere tuttora usato. I vantaggi principali che ci derivano dall’uso di un segnale MLS sono innanzitutto la semplicità di calcolo del segnale inverso, essendo noto il segnale a priori, è sufficiente applicare l’operazione di inversione di Hadamard per ottenere il segnale MLS-1. Il grosso limite nell’uso di questo segnale è dovuto alla forte dipendenza dalla linearità del sistema: anche con altoparlanti estremamente fedeli è sufficiente il surriscaldamento dei trasduttori per introdurre nel sistema forti non-linearità.

-Segnali Sine Sweep Lo SWEEP è, come noto, un segnale composto da un tono puro la cui frequenza aumenta nel tempo con un certo andamento. Attualmente il segnale che si preferisce utilizzare è un seno il cui argomento parte dalle frequenze più basse e giunge fino alle più alte.

)()( tsentx ω=

La risposta all’impulso dell’ambiente si ottiene dalla convoluzione del segnale di risposta con lo SWEEP inverso. In base al tipo di relazione che governa la crescita della frequenza si possono distinguere segnali Sine Sweep di tipo:

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1. Lineare 2. Logaritmico

Generalmente la preferenza ricade sui segnali di tipo logaritmico perché questi hanno il pregio di fornire più energia nella regione delle basse frequenze, che rappresenta una zona critica, e di procedere più speditamente nella regione delle alte frequenze. Inoltre lo spettro di un segnale Sine Sweep logaritmico assomiglia molto a quello di un rumore rosa, ed ha quindi il vantaggio di essere più gradevole all’ascolto rispetto al rumore bianco. L’unico inconveniente è che questo tipo di segnale cade di 6dB per ottava, ma il problema si risolve facilmente equalizzando il segnale. Osserviamo, inoltre che i segnali Sine Sweep hanno una interessante caratteristica: l’inverso di questo tipo di segnale è lo stesso segnale invertito sull’asse dei tempi, secondo la tecnica Time Reversal Mirror. L’unica controindicazione nell’impiego di questo segnale è la potenza di calcolo che esso richiede. L’operazione di convoluzione, infatti, non trae nessun vantaggio dall’utilizzo di questo segnale, e presenta quindi la ben nota complessità di calcolo. Per questa ragione, infatti, si è incominciato ad utilizzare questo segnale solo in tempi recenti, ossia da quando gli elaboratori hanno messo a disposizione maggiore potenza di calcolo. Se in un ambiente non possiamo misurare il Tr si può comunque provare a stimarlo.

∑=

iii

R SVTα

16,0

Con i dati: A assorbimento equivalente dell’ambiente ∑=

iii S

VAα

( α coefficiente di assorbimento per ogni parete i ci da una misura della quantità di onda sonora che viene ritrasmessa dopo l’urto e tiene quindi conto sia della percentuale di onda assorbita, sia della percentuale che viene ritrasmessa dalla parte opposta; Si area della rispettiva parete i; V volume proprio dell’ambiente ) . I valori ottimali di Tr dipendono dall’uso a cui è finalizzato l’ambiente:

Ambiente Topt (secondi) Aula scolastica piccola 0,5 Aula scolastica grande 1 Cinema 0,7 ÷ 0,8 Teatro d’opera (musica lirica) 1,3 ÷ 1,5 Sala da concerto (musica sinfonica) 1,7 ÷ 2,3 Chiesa (musica sacra) 2,5 ÷ 5

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- - 9

20

100

5001.000

5.00010.000

100.00050.000

0 1 2 3 4Tempo di riverberazione (s)

Vol

ume

ambi

ente

(m3 )

Fig. 12 – Valori ottimi del tempo di riverberazione

Anche ambienti con stessi Tr possono avere dei comportamenti diversi: questo parametro non basta a descrivere tutta l’acustica dell’ambiente. Non c’è riverbero, l’ascolto è migliore perchè non ci sono onde riflesse. L’ascolto è peggiore, vi è dell’ eco. Fig. 13 – Posizioni di altoparlanti FORMULE CHE DECRIVONO L’ANDAMENTO DELLA PRESSIONE AL RICEVITORE

Parete fonoassorbente

Fig. 14 – Camera con una parete fonoassorbente

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- - 10

Accendiamo la sorgente e aspettiamo che l’energia nell’ambiente arrivi a regime. Tutta l’energia emessa viene assorbita dall’unica parete fonoassorbente. Lm : cammino che il raggio percorre tra due riflessioni consecutive

SVLm 4

=

tm : tempo tra due riflessioni

CSVt m

4=

con S superficie interna dell’ambiente e C velocità del suono . Vediamo come esempio un rubinetto che riempie un contenitore: a regime l’acqua inizia con il riempire il recipiente e successivamente fuoriesce da esso. Così le onde saturano la stanza e se la sorgente continua e emetterne queste nuove finiscono per essere tutte assorbite dalla parete fonoassorbente. La variazione di energia è data dai fattori: dE = Es – Eα Ne deriva che l’energia Es, che è l’energia assorbita dalla parete è data dall’equazione: Es = dE + Eα Un’altra grandezza molto importante nello studio dell’acustica è la densità di energia, misura che si indica con D o a volte anche con w.

Si misura in

3mj

.

In regime stazionario E=D V , ma nel caso che stiamo studiando:

dttdDV

dtdE )(⋅

=

Per un dato istante tm nella stanza:

dtt

tDVEm

inc)(⋅

= [ ]EincidenteEinc =

dtV

SCVdtt

tdDVEm 4

)( ⋅⋅⋅=

⋅⋅= ααα

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- - 11

dtSCE4⋅

⋅=αα

con ∑∑

=

ii

iii

S

Sαα

La potenza così risultante è:

dtV

SCtDdt

dttD

VdttW4)()(

)(⋅⋅

⋅+⋅= α

Semplifichiamo:

)(4

tDV

SCW ⋅⋅= α

SCWDregime ⋅⋅

4 (densità di energia a regime)

∑=i

ii SA α

ACWDregime ⋅

=4

⋅+=

ACLL wd

4log10

In campo riverberante il livello di pressione rispone a questa equazione:

( ) ( )QdLL wp log1011log20 +−−=

In questo tipo di campo è importante sia l’onda diretta che la riflessa(l’energia al ricevitore dipende da entrambe). Si può riscrivere anche in questa forma:

⋅+= 24

log10d

QLL wp π

In ambiente semiriverberante Lp può essere visto come somma di due termini:

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- - 12

++=

AdQLL wp

44

log10 2π

(contributo dell’onda diretta e dell’ambiente riverberante). Lp livello riverberante

livello diretto d = | S R |

Fig. 15 – Contributi al livello di pressione

Sommando trovo il livello di pressione nella stanza. Lp

d

Fig. 16 – Livello di pressione in amb. Semiriverberante

Il punto d’incontro delle due rette si chiama distanza critica e si indica con Dc (distanza alla quale il livello del campo diretto e il livello del campo riverberante assumono lo stesso valore, cioè Ldir = Lreg ).

AdQ 4

4 2 =π

π

α

π 1644

∑⋅=⋅= i

ii

c

SQAQD

Se si lavora sulla distanza o sul comportamento dell’ambiente si può regolare Lp. Ad esempio si può “inscatolare” la sorgente (es. macchina rumorosa in una fabbrica) così da confinarne il rumore, oppure si possono aggiungere nell’ambiente degli elementi assorbenti. ESERCIZIO Tramite le formule precedenti possiamo scoprire come si comporta il suono in una stanza.

Avendo T ricavo A dalla formula inversa di AVT ⋅= 16,0

Q è noto dalla posizione della sorgente, quindi possiamo trovare Lp dalla formula:

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- - 13

++=

AdQLL wp

44

log10 2π

Purtroppo spesso se confrontiamo i dati trovati con quelli sperimentali, noteremo come non coincidano. Come ricavare T60 Date le equazioni sopra trovate, cerchiamo un'altra forma dell’equazione per trovare Tr, in particolare T60.

AVTr ⋅= 16,0

dtSCtDdtdt

tdDV4

)()( ⋅⋅⋅−=⋅ α dt

VAC

tDtdD

4)()( ⋅

=

dtV

ACtDtdD t

t 4)()(

0

0

60

⋅= ∫∫

( )00

4)()(

ln ttV

ACtDtD

−⋅

=

Per trovare T60 prendiamo 6

0 10 −=t

( )4

10ln4 6

60V

CT

⋅=

+

Negli ambienti riverberanti a volte:

( )

−+= α14log10

ALL wp

In generale il termine ( )α−1 viene ignorato.

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AUTORE: Giampiero Savalla – matr. 148465 – lezione del 26/11/2001 ore 14-30 16-30

- 1 -

ACUSTICA NEGLI AMBIENTI CHIUSI Abbiamo visto nei capitoli precedenti che data una sorgente S di suono posta ad una certa distanza d dal ricevitore R, l’espressione che lega il livello di pressione al ricevitore è:

Lp = Lw – 20 log ( d ) – 11 + 10 log ( Q ) (1) Dove con Q si indica la direttività della sorgente nella particolare direzione θ, definita come il rapporto tra l’intensità emessa in una certa direzione e l’intensità media emessa in tutte le direzioni :

mIIQ ϑ= (2)

In base al posizionamento della sorgente avremo ad esempio :

Q = 2 Q = 4 Q = 8 Mentre in uno spazio aperto le onde emesse dalla sorgente si diramano in tutte le direzioni e giunge al ricevitore l’onda diretta (quell’onda il cui cammino si ottiene congiungendo idealmente con una retta, sorgente e ricevitore) in uno spazio chiuso la situazione risulta molto diversa. PROPAGAZIONE DEL SUONO IN UNA STANZA Supponiamo di trovarci in una stanza all’interno della quale si trova una sorgente omnidirezionale che emette fronti d’onda sferici con uguale intensità in ogni direzione e un ricevitore R posto a distanza d dalla sorgente, come mostra la figura.

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-2-

R

Sd

distanza sorgente-ricevitore

parete

Anche in questo caso avremo un raggio che parte dalla sorgente e arriva direttamente al ricevitore, ma gli altri raggi, che prima si disperdevano nello spazio, adesso rimbalzano contro le pareti e arrivano lo stesso al ricevitore ma con un certo ritardo. Di conseguenza oltre all’onda diretta dovremo considerare anche le onde riflesse e quindi la formula trovata per gli spazi aperti risulta inadeguata. Se visualizziamo in un diagramma l’andamento dell’energia che giunge al ricevitore in funzione del tempo avremo un andamento del tipo :

E2

E3

E1

Tempo

E

Fig.2- grafico del livello d’energia in funzione del tempo

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-3-

Dove E1 è dovuto al suono diretto, cioè il suono che ha percorso la minima distanza possibile tra sorgente e ricevitore senza aver subito alcun fenomeno di riflessione, mentre gli altri valori sono dovuti al suono che raggiunge il ricevitore dopo essere stato riflesso. Si osservano fondamentalmente due cose: 1) le intensità si riducono al passare del tempo fino a decadere a zero come

conseguenza dell’assorbimento delle pareti 2) i tempi ai quali arriva un nuovo raggio si infittiscono sempre più a causa della

crescita del numero di raggi riflessi. Il fenomeno appena considerato è noto come riverberazione. Con tale termine si intende dunque la persistenza del suono in un ambiente chiuso, dopo che la sorgente sonora ha cessato di irradiare, a causa della riflessione continuata del suono sulle pareti. Il numero di riflessioni che nell’unità di tempo arrivano al ricevitore è definito come:

Vtctn

23

4)( Π= (3)

Per dare un idea di come un’onda riflessa faccia ad arrivare dalla sorgente al ricevitore, basta applicare alcuni semplici concetti geometrici

S’

S

R

Fig. 3– costruzione sorgenti immagine come detto in precedenza l’onda riflessa arriva al ricevitore con un certo ritardo rispetto all’onda diretta questo perché a causa della riflessione dovrà compiere una distanza maggiore. È, dunque, come se provenisse da una sorgente immaginaria S’ posta al di fuori della stanza e avente distanza dalla sorgente maggiore rispetto a quella dell’onda diretta. Se il raggio arriva dopo essere stato riflesso più volte avremo sorgenti immagine del secondo ordine, terzo ordine, quarto ordine e così via. AMBIENTI RIVERBERANTI E SEMIRIVERBERANTI Sostanzialmente possiamo dividere gli ambienti in due categorie, che si differenziano tra loro in base ad alcune proprietà. Avremo: - ambienti riverberanti

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-4-

Gli ambienti riverberanti sono delle sale appositamente costruite che hanno un coefficiente di assorbimento nullo e sono munite di schermi atti a rendere uniforme la distribuzione del suono nell’ambiente. Le pareti sono in grado di riflettere molto bene le onde sonore e quindi ad ogni riflessione le onde sonore subiscono perdite molto basse. Queste riflessioni producono una distribuzione di energia acustica uniforme cosi che in ogni punto della sala si ha l’impressione che il suono arrivi da tutte le direzioni. Normalmente sono camere di dimensioni non elevate e hanno la prerogativa di essere nn regolari. Esse vengono utilizzate per la determinazione del coefficiente di riduzione del rumore, per controllare il rendimento di materiali e strutture, etc..

- ambienti semiriverberanti La maggior parte degli ambienti comuni sono di tipo semiriverberante. A differenza degli ambienti riverberanti, gli ambienti semiriverberanti assorbono parte delle onde emesse dalla sorgente e di conseguenza si ha una perdita di energia.

PARAMETRI CARATTERISTICI DELL’AMBIENTE Alcuni parametri caratteristici dell’ambiente, sono: - TR = tempo di riverbero - Lm = libero cammino medio - ά coefficiente d’assorbimento medio dell’ambiente Tempo di riverbero Il tempo di riverbero nelle camere riverberanti è abbastanza alto, generalmente dell’ordine di 3-4 secondi. Per misurare il tempo di riverbero ci sono due metodi: 1) metodo che si basa sul regime stazionario interrotto

Supponiamo di porre una sorgente omnidirezionale all’interno di un ambiente. Al tempo t = 0 accendiamo la sorgente e la lasciamo accesa per un certo intervallo di tempo in modo da saturare l’ambiente e successivamente la spegniamo bruscamente. Se andiamo a costruire un diagramma dei livelli sonori in funzione del tempo, avremo una situazione del tipo :

t0 t1 t2 t

L

Fig.4 – livello sonoro all’accensione di una sorgente staz.

L0

L1

Al tempo t1 arriva il fronte diretto, che assume il valore L1.

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-5-

A questo punto il livello rimane costante finchè al tempo t2 non arriva il suono prodotto dalla prima riflessione che va a sommarsi al suono dell’onda diretta cosi che il livello raggiunga il valore L2. Come prima il livello rimane costante finchè al tempo t3 non arriva la seconda riflessione la quale fa salire di un gradino ancora l’intensità. Via via che il tempo passa questi gradini diventano sempre più piccoli in quanto ad un suono forte si somma un suono sempre più debole e di conseguenza si raggiungerà un livello costante (che abbiamo identificato nel grafico con L0) che rappresenta la condizione di equilibrio energetico di un ambiente. Nel momento in cui spegniamo la sorgente si verifica la situazione opposta. Viene dapprima a mancare l’energia del suono diretto, però mentre questa all’atto di accensione aveva causato un brusco aumento del livello sonoro (in quanto si era passato dal silenzio totale al suono improvviso emanato dalla sorgente)adesso l’abbassamento che ne deriva è di entità molto modesta. Ancora più modesto è l’abbassamento dovuto al primo raggio riflesso, cosi che dopo un primo tratto a gradini la curva tende a zero con un andamento rettilineo.

t0 t1 t2 Spegnimento t

L

Fig 5 – Spegnimento di una sorgente stazionaria Nel momento in cui viene spenta la sorgente vi è un brusco calo del livello sonoro:

=

DL DD

0

log10 (4)

D0 densità sonora. Agli inizi del XX secolo W. Sabine definì il tempo di riverbero come il tempo necessario affinchè la pressione acustica nell’ambiente diminuisca di 60 dB, in seguito allo spegnimento della sorgente.

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-6-

t0 t1 t2 Spegnimento t

L

Fig. 6 – calcolo del tempo di riverbero

L0

T60

60 dB-5 dB -65dB

Viene indicato con il termine T60. Seguendo le disposizioni della normativa si usa far partire il cronometro quando il livello è sceso di 5 dB, in modo da evitare il tratto scalinato, e si ferma quando è sceso di 65 dB complessivamente. Rimane da fare una piccola considerazione. Dal momento che 60 dB è un escursione abbastanza elevata spesso si considerano, per il calcolo del tempo di riverbero, intervalli minori i più comuni dei quali sono ad esempio 20 dB o 30 dB. In questo modo avremo il T20 e il T30 . Attenzione: il T20 (tempo che impiega il livello sonoro a decadere di 20 dB) non equivale ad 1/3 del T60 ma deriva da una estrapolazione fatta su una misura di 20 dB. Il rapporto tra un tempo di riverbero e l’altro è del tipo:

LT

PR

T

∆∆

=60 (5)

2) metodo della risposta dell’ambiente all’impulso Si tratta di un metodo molto utilizzato data la sua semplicità e rapidità. Consiste nel misurare l’uscita del sistema (la cosiddetta risposta impulsiva) in seguito ad una eccitazione impulsiva ( )ttX δ=)( dove con δ(t) si indica la funzione generalizzata impulso unitario, detto anche delta di Dirac, riproducibile approssimativamente mediante un colpo di pistola. Noto l’impulso d’ingresso X(t) una volta analizzato il segnale d’uscita Y(t) possiamo ricavare la risposta dell’ambiente h(t) mediante l’integrazione all’indietro di Schroeder:

∫+∞

∞−

⊗=−= )()()()()( tthdthtY δααδα (6)

Spesso invece di utilizzare il delta di Dirac vengono utilizzati altri tipi di segnali, fra i quali vi sono: - Segnali MSL(Maximum Length Sequence)

Si tratta di una sequenza di tipo binario, come mostrato nel grafico sottostante:

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-7-

true

false

Fig. 7 – segnale MLS

ottenibile con un software particolare che implementi uno shift register.

- segnali Sine Sweep Si tratta di un segnale con tono puro la cui frequenza varia con il tempo. Sostanzialmente li possiamo dividere in due cartegorie: - lineare - logaritmico quelli più utilizzati sono quelli di tipo logaritmico in quanto hanno la qualità di fornire più energia nelle regioni di bassa frequenza, che è una zona critica, e di procedere più velocemente nelle zone ad alta frequenza. Tuttavia si presentano anche aspetti negativi dovuti alla potenza di calcolo che richiede. Ritornando al tempo di riverbero è chiaro che questo è uno degli aspetti più importanti della progettazione acustica degli ambienti. Infatti in base all’uso cui sarà adibito un ambiente vi sarà un certo tempo di riverbero, che sarà detto tempo di riverbero ottimo. Nella tabella sottostante sono riportati i valori di tempo di riverbero ottimale per alcuni ambienti: Utilizzo dell’ambiente Tempo di riverbero ottimale (in sec.) Aula scolastica piccola 0,5 Aula scolastica grande 1,0 Cinema 0,7 ÷ 0,8 Sala concerti 1,7 ÷ 2,3 Chiesa 8,0 ÷ 10,0 Grande importanza riveste anche il posizionamento degli altoparlanti in una stanza, a tal proposito introduciamo il concetto di distanza critica.

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-8-

La distanza critica è quella distanza dalla sorgente alla quale il campo sonoro diretto assume lo steso valore del campo sonoro riverberante.

πα

16QSDC = (7)

Se ci si trova entro la distanza critica dalla sorgente allora il suono diretto risulta chiaro e nitido a differenza del suono riverberante che risulta confuso. In ambienti in cui bisogna prestare particolare attenzione a ciò che viene detto è bene dunque che l’ascoltatore venga posizionato entro la distanza critica.

Zona assorbente

fig 9 – altoparlante direttivo L’altoparlante così posizionato è molto direttivo infatti il suono va a colpire direttamente le persone così che il suono è tutto diretto. In una situazione del tipo:

fig. 10 – altoparlante poco direttivo L’altoparlante risulta poco direttivo dando origine a forme di eco che sono causa di disturbo. Un altoparlante poco direzionale può comunque essere utilizzato a patto che le pareti abbiano un alto coefficiente di assorbimento, per evitare il fenomeno suddetto. Sintetizzando quanto detto finora, dal punto di vista ingegneristico ciò che ci interessa sapere è riuscire a quantificare il tempo di riverbero partendo dalle caratteristiche acustiche dell’ambiente. Possiamo fare ciò servendoci della cosiddetta formula di Sabine:

S

VTα

16,060 = (7.1)

che esamineremo più avanti. Andamento della pressione al ricevitore

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lezione del 26/11/2001 – ORE : 14-30 16-30

-9-

R

S

Paretefonoassorbente

fig 11 – sorgente all’interno di un ambiente Supponiamo di posizionare una sorgente all’interno dell’ambiente, la accendiamo e dopo un po’ di tempo il sistema andrà a regime e di conseguenza tanta energia viene fornita tanta ne viene assorbita dalle pareti. Volendo fare un paragone con l’idraulica si potrebbe pensare ad un rubinetto che versa acqua in un contenitore. Giunti a regime il livello che si stabilisce nel recipiente è tale che la portata d’acqua che entra è uguale a quella che ne esce.

fig 12 – paragone con l’idraulica Definiamo le seguenti grandezze:

SVLm

4= (8)

che mi fornisce il cammino che il raggio percorre tra due riflessioni consecutive;e

cSVt m

4= (9)

che mi da il tempo medio che intercorre tra due riflessioni. Con:

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lezione del 26/11/2001 – ORE : 14-30 16-30

-10-

S superficie totale dell’ambiente; V volume dell’ambiente; c velocità del suono. L’espressione della conservazione d’energia può essere scritta come: dE = Es – Eα (10) da cui l’energia del sistema è data da: Es = dE + Eα Introduciamo adesso la grandezza densità di energia (indicata con D o con w) la cui unità di misura è :

= 3m

JD

In ogni intervallo di tempo infinitesimo dt vi è una frazione d’energia dE che colpisce le pareti e viene in parte riflessa in parte assorbita:

( )

dttdDVdE ⋅

= (11)

nell’istante di tempo tm l’energia incidente vale:

( )dt

ttDV

mincincidente EE ⋅== (12)

per quanto concerne l’energia assorbita, questa vale: ( ) VtD ⋅⋅α dove:

∑∑

=

ii

ii

i

SSα

α (13)

rappresenta il coefficiente di assorbimento medio, ossia la media dei coefficenti di assorbimento di tutte le pareti. L’energia assorbita nel tempo dt risulta di conseguenza:

( )dtt

tDV

massorbita EE ⋅

== αα (14)

e andando a sostituire, in questa formula, a tm il valore trovato prima =>

( ) dtSctDE 4⋅⋅⋅

α (15)

allora andando a sostituire nella Es = dE + Eα i valori appena trovati abbiamo che la potenza sarà:

( ) ( ) ( ) ( ) dtSctDdtdt

tdDVtdtW4

⋅⋅+= α (16)

che è una relazione generale applicabile sia al caso stazionario che a quello variabile nel tempo. Dopo un certo intervallo di tempo si raggiungerà la densità di regime data da:

Sc

WDreg ⋅⋅=α

4 (17)

da cui ponendo:

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lezione del 26/11/2001 – ORE : 14-30 16-30

-11-

Sii

iA ∑= α (18)

abbiamo che:

cAWDD regregime

4== (19)

Quindi possiamo scrivere che:

+=

cALL wD

4log10 (20)

ma a noi interessa il livello di pressione in un ambiente riverberante, che sarà dato da:

+=

ALL wp

4log10 (21)

Questa formula descrive solo in maniera molto approssimata quello che accade nella realtà. Esiste però una versione che tiene conto sia dell’onda diretta che di quella riflessa. Considerando la formula:

+= 24

log10d

QLL wp π (22)

con Q (direttività della sorgente). Dalla somma algebrica delle due ultime equazioni otteniamo:

++=

AdQLL wp

44

log10 2π (23)

che rappresenta l’equazione del campo semi-riverberante, comunemente utilizzata per determinare il campo sonoro dentro gli ambienti chiusi.

Nel grafico, di cui sopra, si riporta l’andamento del suono diretto e del campo riverberante. Si nota come la sola presenza del suono diretto determini un decadimento perfettamente rettilineo (rappresentato dalla parte tratteggiata). Calcolo del tempo di riverbero T60

Dalla formula trovata precedentemente (formula 16) che riscrivo per comodita:

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lezione del 26/11/2001 – ORE : 14-30 16-30

-12-

( ) ( ) ( ) ( ) dtSctDdtdt

tdDVtdtW4

⋅⋅+= α

si ricava che:

( ) ( ) dtSctDdtdt

tdDV4

⋅⋅−= α (24)

da cui:

( )( ) dt

VAc

tDtdD

4⋅

= (25)

Siccome ragiono in termini di decrementi di energia dell’ordine di 60 :

( )( ) dt

t VAc

tDtdD t

∫∫⋅

=−

04

0

60

(26)

da cui:

( )( ) ( )tt t

VAc

tDD

00

4ln −

⋅=

(27)

Per trovare il tempo t60, poniamo: 60

10−=t =>

( )AV

cT

=

6

60

10ln4 (28)

e tenendo presente che ( ) 16,010ln4 6

=

c

abbiamo che:

AVT 16,060 = (29)

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lezione del 26/11/2001 – ORE : 14-30 16-30

-13-

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Scilabra Davide – matr. 132624 – Lezione del 26/11/01 – ora 16:30-18:30

- 1 -

Studio della propagazione del rumore in ambienti industriali bassi e vasti

Introduzione E' noto che la propagazione del rumore in ambienti industriali bassi e vasti

avviene con modalità sostanzialmente diverse da quelle solitamente verificate in ambienti più regolari; in particolare, le ipotesi dell'acustica statistica (formulazione di Sabine) non sono rispettate, ed il decadimento del livello sonoro con la distanza dalla sorgente esibisce un andamento fortemente divergente da quello ottenibile dalla classica formulazione del campo semi-riverberante.

La conseguenza di quanto sopra è duplice: da un lato, nel caso di rilievi della potenza sonora di macchinari secondo ISO 3744/46 e norme derivate, oppure del livello sonoro al posto operatore secondo le norme della serie ISO 11200, il fattore di correzione ambientale K viene drasticamente sottostimato allorquando lo stesso viene calcolato sulla base delle unità assorbenti stimate a partire dal tempo di riverberazione del locale tramite la formula di Sabine. Dall'altro, il beneficio ottenibile da interventi di trattamento fonoassorbente dei locali, ed in particolare della copertura, viene anch'esso fortemente sottostimato, con il risultato che sovente si sconsiglia il trattamento di questi ambienti, quando invece i risultati conseguibili sono notevoli.

Nel presente lavoro si è operato su due diversi fronti: rilievi sperimentali e simulazioni numeriche. Nel primo caso si è fatto ricorso ad avanzate tecniche di misura, ivi incluso il rilievo di potenza con tecnica intensimetrica (ISO 9614/2) e la misura del decadimento del livello sonoro con la distanza (progetto di norma UNI U20.00.054.0).

Si è poi operata la simulazione numerica della propagazione del rumore in uno dei 4 stabilimenti studiati sperimentalmente, facendo uso di un codice di calcolo di tipo "pyramid tracing": tale algoritmo è applicabile anche ad ambienti fortemente non Sabiniani, quali quelli qui studiati.

Dall'analisi dei risultati ottenuti, è stato possibile evidenziare il tipico comportamento degli ambienti industriali bassi e larghi, e quantificare l'errore che si commette impiegando le classiche relazioni derivate dalla teoria di Sabine per stimare il contributo del campo riverberante al livello sonoro in ciascun punto.

E' stato inolte possibile ricavare una semplice espressione empirica per la stima di un Volume ridotto dell'ambiente, che introdotta nelle relazioni già previste dalle norme ISO per la stima delle unità assorbenti del locale e del fattore di correzione ambientale K, consente di minimizzare l'errore commesso nell'impiego delle stesse, pur consentendo il rispetto formale delle norme ISO.

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Lezione del 26/11/01 – 16:30-18:30

- 2 -

Teoria classica (Sabine) La classica formulazione teorica valida in ambienti che obbediscono alle ipotesi

di Sabine è riassumibile nelle seguenti 3 equazioni

• A

VT⋅

⋅=α

16.0 (1)

⋅+

⋅⋅⋅+=

AdQLdL WP απ

44

log10)( 2 (2)

⋅⋅

+⋅=αASk 41log10 (3)

In cui T è il tempo di riverberazione, V il volume dell'ambiente, A la superficie

totale delle pareti dello stesso, α il coeff. di assorbimento acustico medio, d la distanza del punto di ascolto dal centro acustico della sorgente, ed S la superficie di inviluppo utilizzata per la misura del livello di potenza sonora.

Queste relazioni sono fra loro congrue nell'ipotesi che una sorgente puntiforme omnidirezionale, di livello di potenza costante LW, venga posta a breve distanza da un pavimento riflettente, cosicchè il fattore di direttività Q risulti pari a 2, e la superficie S di inviluppo venga assunta uguale a quella di una semisfera di raggio d.

Tale formulazione è abbastanza accettabile solo in ambienti che obbediscono strettamente alle ipotesi di Sabine, le quali richiedono che le tre dimensioni dell'ambiente siano fra loro confrontabili, che non vi siano ostacoli all'interno del volume, e che il coefficiente di assorbimento acustico delle pareti sia ovunque poco discosto dal valore medio α . In tali ipotesi, il libero cammino medio dei raggi sonori approssima il valore teorico:

AVmcl ⋅

=4... (4)

Quando viceversa una delle tre dimensioni del locale è significativamente inferiore alle altre 2 (nel nostro caso l’altezza h), il libero cammino medio tende a risultare poco maggiore di tale dimensione minima, indipendentemente dal volume complessivo. Sperimentalmente si verifica che il livello sonoro cala incessantemente all’aumentare della distanza d, mentre in base alla relazione (2) esso dovrebbe tendere a stabilizzarsi ad un valore costante. Inoltre si verifica che a distanze dalla sorgente dell’ordine di 5-15m (tipiche di rilievi su macchine di dimensioni rilevanti), il fattore di correzione ambientale K risulta sottostimato anche di 4-5 dB.

Non sono mancati studi teorici sulla propagazione del rumore in ambienti bassi, tuttavia gli stessi erano finalizzati principalmente alla individuazione della legge di decadimento del livello sonoro (espressa in dB per raddoppio della distanza), e non alla stima del fattore di correzione ambientale K.

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Lezione del 26/11/01 – 16:30-18:30

- 3 -

Rilievi sperimentali Al fine di ottenere sperimentalmente il fattore di correzione ambientale K in

ambienti bassi e vasti, si è adottata una procedura combinata che prevedeva i seguenti punti:

• Impiego di una sorgente omnidirezionale (dodecaedro) di potenza sonora nota (110 dBA), alimentata con rumore rosa

• Misurazione simultanea del livello di potenza sonora della stessa su una superficie di inviluppo standardizzata (5.4x5.4x2.7m), mediante le metodologie ISO 3746 (pressione) ed ISO 9614/2 (intensimetria)

• Misurazione del decadimento del livello sonoro con la distanza secondo norma UNI U20.00.054.0

• Misura del tempo di riverberazione dell'ambiente secondo ISO3382 (risposta all'impulso ottenuta con tecnica MLS, integrazione all'indietro di Schroeder ed estrapolazione del tratto di decadimento sonoro compreso fra -5 e -25 dB)

• Verifica pratica mediante misurazione in condizioni operative del livello di potenza sonora di una o più macchine, impiegando simultaneamente sia la tecnica intensimetrica che il tradizionale rilievo in pressione sonora.

Tranne l'ultimo rilievo in condizioni operative, tutti gli altri rilievi sono stati eseguiti a stabilimento fermo, con rumore di fondo trascurabile rispetto a quello emesso dalla sorgente di prova.

La seguente tabella riporta i principali dati relativi ai 4 stabilimenti studiati:

Nome V (m3) H (m) Tmed(s) Ksperim (dBA) KSabine (dBA) Thessaloniki 48836 8.3 2.60 2.40 0.48 Pelfort 72000 11.92 2.45 1.45 0.48 Patrasso 32000 8.0 3.50 2.75 0.51 Fredericia 27575 7.62 0.80 1.45 0.40

Tab 1, Fig 1 – Riepilogo dei rilievi eseguiti

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- 4 -

Il valore “sperimentale” del fattore di correzione ambientale Ksperim, riportato nella tabella, è il risultato della differenza fra il livello di potenza misurato secondo la norma ISO3746 (senza applicazione del fattore K teorico) e quello misurato secondo ISO9614/2 (che è di sua natura immune dal contributo della riverberazione del locale). Si nota che lo stesso è drasticamente superiore al valore riportato nell’ultima colonna della tabella, ottenuto dalla applicazione della applicazione della formulazione di Sabine classica, sulla base dell’eq. (3).

Le seguenti 4 figure mostrano il confronto fra i livelli sonori in funzione della distanza ottenuti sperimentalmente e quelli ricavati dalla relazione (2):

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- 5 -

Figure 2,3,4,5 – Confronto tra livelli sonori sperimentali e

teorici (equazione (2)) in funzione della distanza Si osserva come i tracciati siano sostanzialmente divergenti, e come a distanze

dalla sorgente dell’ordine dei 5-15 m si verifichino differenze anche di 4-5 dB(A). Ciò significa che le formule basate sulla teoria di Sabine sottostimano in modo rilevante il contributo del campo sonoro riverberante prodotto da sorgenti sonore situate in questo range di distanze, e dunque sia il fattore di correzione ambientale, sia il contributo di sorgenti estranee a quella di oggetto di misura vengono drasticamente falsati, con il risultato che il livello di potenza sonora della macchina in esame viene sovrastimato.

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- 6 -

Simulazione numerica E' stata eseguita la simulazione numerica della propagazione del rumore nel caso

dello stabilimento di Fredericia. La seguente figura illustra il modello CAD dell'ambiente stesso, usato per le simulazioni acustiche.

Figura 6 – Modello CAD dello stabilimento di Fredericia

I valori dei coefficienti di assorbimento dei materiali sono stati aggiustati

manualmente, onde minimizzare lo scostamento fra i valori sperimentali e quelli calcolati dei tempi di riverberazione T20 alle varie frequenze.

La seguente figura riporta il confronto fra i valori del livello sonoro rilevati sperimentalmente e calcolati dal codice di calcolo a varie distanze dalla sorgente.

Figura 7 – Confronto tra valori di livello sonoro rilevati sperimentalmente, teoricamente e con codice di calcolo

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- 7 -

Si nota che l'accordo è molto buono. E' stata altresì eseguita la simulazione del funzionamento dell'intero stabilimento, introducendo nel modello numerico un adeguato numero di sorgenti sonore, caratterizzate da livelli di potenza ottenuti da rilievi sperimentali eseguiti sulle singole macchine effettivamente installate nello stabilimento. Il confronto fra la mappatura dei livelli sonori ottenuti sperimentalmente e quelli calcolati dal programma è visibile nella seguente figura.

Figura 8 – Confronto tra mappatura dei livelli sonori

sperimentali e di quelli calcolati dal programma Ramsete Anche se l'accordo non è così buono come nel caso della simulazione eseguita

con la sola sorgente omnidirezionale di riferimento, comunque si è ottenuto un andamento della distribuzione del livello sonoro in discreto accordo con quella sperimentale, con un valore medio quadratico dell'errore di calcolo di 1.6 dB(A), e con errore massimo di 3.5 dB(A). Ci si attende un significativo miglioramento della precisione di calcolo dall'impiego di dati di emissione delle sorgenti sonore più raffinati, ottenuti mediante tecnica intensimetrica, comprendenti anche i "balloon" di direttività delle singole sorgenti.

E' comunque evidente da entrambe le simulazioni eseguite che l'algoritmo di pyramid tracing non ha di per se alcun problema nell'analisi di ambienti bassi e vasti, e consente dunque di valutare le condizioni di propagazione e stimare correttamente il valore del fattore di correzione ambientale K, note che siano la geometria dell'ambiente e le caratteristiche di fonoassorbimento delle superfici dello stesso.

L'attuale limite di impiego della simulazione numerica di ambienti industriali risiede soltanto nella mancanza di idonei dati in ingresso, in particolare sia per

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quanto riguarda le proprietà fonoassorbenti delle superfici, sia soprattutto per i livelli di potenza sonora e la direttività delle sorgenti, che per di più sono sovente variabili in funzione delle lavorazioni eseguite o della tipologia di prodotto trattato.

Entrambi questi problemi possono comunque essere risolti grazie all'impiego di avanzate tecniche di rilievo sperimentale in situ, facenti impiego dell'intensimetria acustica. E' stato infatti già mostrato come tramite questa tecnica si possa procedere al rilevamento in situ del coeff. di assorbimento acustico dei materiali ed alla esatta quantificazione della emissione sonora di una macchina, purchè il campo sonoro nell'ambiente resti stazionario nel corso del rilievi.

Formulazione empirica semplificata Nonostante la tecnica di simulazione numerica impiegata abbia fornito risultati

soddisfacenti, la stessa non può attualmente essere impiegata in modo generalizzato, sia per la mancanza di dati già delineata, sia per il tempo necessario alla modellizzazione geometrica di ambienti sovente molto complessi. Quest'ultimo fattore è solitamente la voce di costo più rilevante, in quanto la messa a punto della rappresentazione numerica tridimensionale dell'ambiente può risultare da sola più costosa dello stesso acquisto dello strumento di calcolo...

E' pertanto estremamente utile disporre di una formulazione empirica molto semplice, alternativa all'impiego delle formule basate sulla teoria di Sabine già illustrate, che consenta una stima del fattore di correzione ambientale K decisamente meno errata di quella ottenibile con queste ultime.

E' inoltre opportuno che tale formulazione si integri con le prescrizioni contenute nelle norme ISO 3744/46 ed 11203/4, dimodochè la stessa possa venire lecitamente impiegata nell'esecuzione di rilievi aventi valore legale in ambienti bassi e vasti. A questo proposito, la formula empirica qui proposta consente di mantenere valide le relazioni (1), per il calcolo del numero di unità assorbenti totali S⋅α a partire dal valore sperimentale del tempo di riverberazione T, e (3), per il calcolo del fattore di correzione ambientale K. Il trucco consiste nell’introdurre nella (1), al posto del volume complessivo dell’ambiente, un volume ridotto V’, funzione dell’altezza del locale h e della distanza del punto considerato dalla sorgente d, ovvero della estensione della superficie di inviluppo S considerata:

hShhdhV ⋅+⋅=⋅⋅⋅+⋅= 323 10210' π (5)

formula empirica Impiegando tale relazione per il calcolo del fattore di correzione ambientale K, si

ottengono dei valori teorici in buon accordo con quelli rilevati sperimentalmente nei 4 stabilimenti studiati, come mostrato nelle seguenti 4 figure.

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Figure 9,10,11,12 – Fattori K sperimentali, teorici (Sabine)

e calcolati col volume ridotto V’ a confronto Anche se l'accordo con i dati sperimentali non è perfetto ovunque, si osserva

comunque una drastica riduzione dell'errore nella stima del fattore di correzione ambientale K rispetto all'impiego della formula di Sabine (1) con il volume complessivo dell'ambiente. L'accordo è molto buono soprattutto per distanze dalla sorgente comprese fra 5 e 10 m, che corrispondono ai casi più frequentemente incontrati nella pratica, mentre a distanze maggiori compare qualche scostamento, sicuramente dovuto alla particolare geometria degli ambienti ed alla presenza in esso di ostacoli o superfici schermanti/riflettenti, che ovviamente non vengono prese in considerazione dalla semplice formula empirica (5), e che invece, se correttamente introdotte in un modello di simulazione numerica, possono venire risolte come mostrato nel precedente paragrafo.

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Normativa a tutela della salute negli ambienti di lavoro

Concetti generali L’igiene del lavoro ha per scopo l’identificazione ed il controllo dei fattori di

rischio relativi all’ambiente di lavoro al fine di assicurare il benessere dell’uomo nell’ambito del processo lavorativo.

Per “ambiente di lavoro” si intende lo spazio, nel quale si svolge l’attività lavorativa, caratterizzato da “fattori fisici” (clima, microclima, radiazioni ionizzanti e non, rumore, ultrasuoni e vibrazioni) e “fattori chimici” (sostanze allo stato corpuscolare e volatile).

Per “benessere” si intende il complesso ottimale delle condizioni ambientali – nell’ambito del processo lavorativo – in relazione alle componenti fisiologiche dell’uomo rapportate al tempo di esposizione.

Per ogni fattore fisico e chimico vengono stabilite correlazioni tra i “valori ammissibili relativi al fattore considerato” (detto anche “fattore di rischio”) ed i “tempi di esposizione” degli operatori; tali correlazioni sono stabilite in base a dati ricavati dall’esperienza operativa, o risultati di ricerche sperimentali sia su animali che sull’uomo.

I valori ammissibili dei fattori di rischio sono valori di riferimento per la progettazione igienica degli ambienti di lavoro.

Poniamo ora la nostra attenzione, nell’ambito di questa normativa d’igiene così

complessa e variegata, sulle norme riguardanti il fattore fisico rumore.

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Lezione del 26/11/01 – 16:30-18:30

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Rumore

Effetti negativi del rumore Danni a carico dell’udito, danni a carico di altri organi o della psiche, disturbo

del sonno e del riposo, interferenza sulla comprensione della parola o di altri segnali acustici, interferenza sul rendimento, l’efficienza, l’attenzione, l’apprendimento, sensazione generica di fastidio. Per i danni a carico dell’udito nell’ambito dell’ambiente di lavoro, è di grande significatività il “livello equivalente continuo” del rumore, ponderato A, riferito alla durata normale dell’orario di lavoro (8 h/giorno, 5 giorni/settimana, 50 settimane/anno) e si indica con Leq.

Rilevazione del rumore

Per i metodi di rilevazione e la strumentazione necessaria, prevista dalla normativa vigente, per indagini sul rumore negli ambienti di lavoro si veda la seguente tabella

Scopo dell’indagine Metodiche da impiegare Strumentazione Acquisizione dei dati per la

valutazione del rischio di danno uditivo

Acquisizione dei dati per

l’attuazione di provvedimenti di protezione acustica

Effettuazione dei controlli

per accertare l’entità della dose di rumore assordante

Valutazione del livello sonoro in dB(A) per lettura diretta

Valutazione del livello equivalente continuo

Analisi spettrale del

rumore per bande di ottava Studio della disposizione e

del contributo delle diverse sorgenti alla rumorosità globale

Studio delle caratteristiche acustiche del locale

Dosimetri individuali

Misuratore sonoro (IEC 179)

Registratore magnetico professionale

Misuratore di livello sonoro

continuo equivalente Misuratore di livello sonoro

con banco di filtri per bande di ottava o di 1/3 di ottava

Generatore di rumore bianco (per tempo di riverberazione)

Registratore magnetico professionale

Dosimetria del rumore in

rapporto al tempo di esposizione Individuazione del

superamento di un livello di tetto precalcolato

Tabella 2 – Metodiche di rilevazione e strumentazione necessaria per indagini sul rumore negli ambienti di lavoro

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Lezione del 26/11/01 – 16:30-18:30

- 13 -

Prevenzione da rumore Principali provvedimenti per la prevenzione del danno da rumore nell’ambito

dell’ambiente di lavoro: • riduzione rumore alla sorgente (riduzione di vibrazione d’urto, vibrazioni da

sfregato, vibrazioni forzate, vibrazioni libere, risonanza mediante riduzione, equilibratura, ripartizione delle forze meccaniche, riduzione delle superfici radianti, riduzione dell’efficienza di emissione delle superfici vibranti ecc.),

• intervalli sulle vie di trasmissione del rumore (incapsulamento sorgenti installazione schemi, isolamento basamenti ecc.),

• interventi di protezione acustica dell’ambiente (isolamento di pavimenti, pareti, soffitti ecc., installazione di pannelli e strutture fonoassorbenti, cabine insonorizzate di telecomando delle macchine ecc.),

• provvedimenti di protezione acustica individuale (cabine insonorizzate per il riposo silente degli operatori, cuffie antirumore, tappi auricolari, ecc.).

Il personale va sottoposto a controlli audiometrici periodici.

Aspetti normativi Allo scopo di tutelare i lavoratori dai rischi di rumore il D.L. 277 del 15/8/91

concernente l’attuazione delle direttive CEE n. 80/1107, n. 82/605, n. 86/188 e n. 88/642 in materia di protezione dei lavoratori contro rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro. Il capo IV di tale decreto è interamente dedicato alla protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione a rumore durante il lavoro.

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Lezione del 26/11/01 – 16:30-18:30

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Conclusioni Lo studio eseguito, svolto grazie ad una collaborazione fra SASIB Beverage ed

Università di Parma, ha consentito di evidenziare il peculiare comportamento acustico degli edifici industriali bassi e vasti. Esso causa un rilevante contributo dovuto alle riflessioni sonore, che producono un innalzamento del livello sonoro complessivo ben superiore a quanto solitamente ipotizzato sulla base della teoria di Sabine. Tale effetto è particolarmente drammatico in quei comparti produttivi caratterizzati da numerose sorgenti sonore distribuite, legate a macchinari di trasporto (imbottigliamento, packaging), e contemporaneamente da posizioni degli operatori situate a distanze di alcuni metri dalle sorgenti sonore.

In ogni caso, comunque, la corretta valutazione dell'emissione sonora dei macchinari o dell'esposizione dei lavoratori viene alterata da tale meccanismo di propagazione, senza che i termini correttivi previsti dalle norme ISO di più comune impiego riescano a compensarlo adeguatamente.

I rilievi sperimentali hanno mostrato come la tecnica intensimetrica consenta la corretta stima del livello di potenza sonora, e come l'impiego di una sorgente sonora di riferimento (di potenza nota) consenta altresì di accedere direttamente al valore "vero" del fattore di correzione ambientale K. Tuttavia tali tecniche di rilievo sono costose e complesse, e probabilmente la maggior parte degli operatori continuerà ad usare semplici rilievi fonometrici ancora per molti anni.

E' stata anche valutata la possibilità di impiegare avanzati programmi di simulazione numerica per studiare la propagazione del rumore in ambienti industriali: i risultati sono stati incoraggianti, e mostrano come con tali strumenti si possa ottenere una ragionevole valutazione previsionale nel caso della progettazione di nuovi reparti produttivi. Il tempo richiesto è comunque risultato tuttora troppo elevato per l'utilizzo generalizzato di tali metodiche al semplice scopo di stimare il valore corretto del fattore di correzione ambientale K.

Sulla base dei dati rilevati sprimentalmente ed ottenuti dalle simulazioni numeriche, è stata pertanto derivata una semplice relazione empirica per la stima di un volume ridotto dell'ambiente, da introdurre nella relazione di Sabine onde "aggiustarla" nel caso di impiego in ambienti bassi e vasti. Tale relazione richiede semplicemente la conoscenza dell'altezza media del locale e della distanza del punto considerato dalla sorgente sonora, ovvero della superficie di inviluppo impiegata. Le dimensioni effettive in pianta dell'ambiente risultano così in pratica ininfluenti sul risultato.

L'impiego della relazione empirica qui presentata consente un significativo miglioramento della stima del fattore di correzione ambientale K, mantenendo comunque la più completa compatibilità con la formulazione prevista dalle norme tecniche vigenti.

Il proseguimento della ricerca consisterà nell'affinamento delle tecniche di simulazione numerica, ed in particolare nel rilevamento di dati di ingresso per le simulazioni (assorbimento dei materiali, potenza sonora delle macchine) e nel miglioramento dell'interfaccia CAD, onde ridurre i tempi necessari alla modellazione geometrica dell'intero stabilimento.

Si cercherà inoltre una giustificazione teorica della relazione (5), sulla linea di quanto fatto a suo tempo per la formula di Sabine stessa, che dopo essere stata ricavata sulla base di risultati sperimentali, è stata giustificata teoricamente solo dopo ulteriori, avanzati studi.

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- 15 -

Esempio applicativo (1) Si vuole valutare l’effetto di un trattamento ambientale in uno stabilimento basso

e vasto. I dati di calcolo sono i seguenti: • Sia S una sorgente di rumore puntiforme • Sia r un ricevitore posto al centro dell’edificio • L’ambiente sia semiriverberante con le seguenti dimensioni:

r 3 s

5

10 • Siano dati i seguenti coefficienti di assorbimento

1.0=pavimα 1.0=paretiα 2.0=soffittoα

• La potenza della sorgente sonora sia: [ ]WW sonorasorg

5. 10−=

1. Si richiede di calcolare all'interno della stanza il livello di pressione al

ricevitore Lp dovuto all’onda diretta. 2. Calcolare il livello di pressione dovuto all’onda riverberante. 3. Calcolare il livello di pressione totale al ricevitore.

Risoluzione

Per un ambiente semiriverberante vale la seguente formula per calcolare il livello di potenza dell’onda diretta:

)log(1041log20)log(20, QdLL Wdirp +−−=π

(1)

Calcoliamo ora la distanza dalla sorgente sonora al centro della stanza

1.5

5

s

r d

[ ]md 25.275.15 22 =+= (2)

Page 277: Acustica Ed Elettroacustica

Lezione del 26/11/01 – 16:30-18:30

- 16 -

Il livello di potenza è dato da

[ ]dBW

WL

rif

sonorasorgW 70

1010log10log10 12

5. =

=

= −

(3)

Per la direttività Q, ricordiamo le seguenti possibilità

Posta su sup. Omnidirezionale riflettenti ad angolo nel vertice

Q=1 Q=2 Q=4 Q=8

Valore della direttività a seconda della posizione della

sorgente sonora Quindi nel nostro caso

4=Q (4)

Sostituendo (2), (3) e (4) in (1) si ottiene il livello di pressione richiesto al ricevitore dovuto all’onda diretta

( ) [ ]dBL dirP 6.50)4log(101125.27log2070, =+−−= (5)

Prima di calcolare il livello di pressione dovuto all’onda riverberante, facciamo alcune osservazioni preliminari: guardando il grafico seguente

LP – LW = 19.4

d / Q1/2 = 2.6

Ad ogni distanza, il valore di K rappesenta la differenza fra il livello del campo semi-riverberante e quello del campo

libero.

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Lezione del 26/11/01 – 16:30-18:30

- 17 -

In un ambiente di questo tipo, non prevarrà l’onda diretta, ma anche una parte significativa di onda riverberante, ci si aspetta di ottenere un valore di livello di pressione maggiore di quello dovuto alla sola onda non-riverberante.

Procediamo dunque al calcolo del livello di pressione dovuto all’onda riverberante, utilizzando la seconda formula della teoria di Sabine.

+=

ALL WrivP

4log10, (6)

dove A è definito come

( ) ( ) ( ) ( )[ ]224

1.031021.03522.05101.0510m

SA ii

=

=⋅⋅⋅+⋅⋅⋅+⋅⋅+⋅⋅=

=⋅= ∑α

allora

[ ]dBL rivP 2,62244log1070, =

+= (7)

Il livello di pressione totale risulta

[ ]dB

AdQLL WSRP

5.62244

25.2744log1070

4log4

log10 2,

=

+

⋅⋅+=

⋅⋅+=

π

π (8)

Osservazione: Il livello di pressione non si discosta molto da quello dovuto alla componente

riverberante; si poteva quindi trascurare il contributo dell’onda diretta in quanto il livello di pressione è trascurabile rispetto a quello dovuto all’onda riflessa

D’altra parte, facendo la somma logaritmica di (5) e (7), si vede subito quanto appena asserito.

+=⊕= 1010

,,,

,,

1010logrivPdirP LL

rivPdirPSRP LLL (9)

Supponiamo ora di avere un’altra sorgente sonora all’interno della stanza. Per calcolare il livello di pressione totale al ricevitore si applica la

sovrapposizione degli effetti: R S2 S1

2,,2,,1,,1,,, rivPdirPrivPdirPSRP LLLLL ⊕⊕⊕= (10)

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Lezione del 26/11/01 – 16:30-18:30

- 18 -

Esempio applicativo (2) Ricavare il valore del coefficiente di assorbimento αP di una superficie di prova

posta in camera riverberante. • Sia data una camera riverberante con le seguenti dimensioni:

5

7

8

• Dimensioni della superficie di prova: [ ]210 mS prova =

• I coefficienti di assorbimento delle pareti del soffitto e del pavimento sono uguali

6,...,1, == jiji αα • Il tempo di riverberazione quando la stanza è vuota è

[ ]sT 101 = • con la presenza della lastra di prova è invece

[ ]sT 42 = Risoluzione

Il tempo di riverbero è:

CC

CR S

VT

⋅⋅=α

16.0 (1)

Da questo possiamo ricavare il coefficiente di assorbimento della camera.

0171.0572582782

5781016.016.0

1

=⋅⋅+⋅⋅+⋅⋅

⋅⋅⋅=

⋅⋅=

TSV

C

CCα (2)

Da notare che il valore ottenuto è molto basso in quanto la camera è riverberante e non vi è assorbimento.

Al momento del posizionamento della lastra si può scegliere di adagiarla su una

superficie qualsiasi, poiché all’interno della camera riverberante il livello di pressione è uguale in ogni punto. In termini pratici, una volta posizionata la superficie di prova, viene modificato il valore del coefficiente di assorbimento equivalente.

( ) PPCPC SSSA αα +−=2 (3)

Page 280: Acustica Ed Elettroacustica

Lezione del 26/11/01 – 16:30-18:30

- 19 -

A2 viene calcolato dai dati iniziali

[ ]2

22 2.11

4280016.016.0 m

TV

A C =⋅=⋅= (4)

da (3) e da (4) si calcola infine il coefficiente della superficie di prova

( )69.02 =

⋅−−=

P

CPCP S

SSA αα (5)

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Marco Gardellini Matricola 131400 Lezione del 27/11/2001 - 14:30-16:30

Misure acustiche nelle sale

Università degli Studi di Parma Corso di Fisica Tecnica

Parte prima: Osservazioni introduttive

L’analisi dell’acustica di una sala e la misurazione dei parametri acustici che la caratterizzano si compie sollecitando il sistema con un segnale impulsivo e ricavandone così la risposta all’impulso.

Parte seconda: Descrizione dell’esperimento

La tecnica di misura più tradizionale per ricavare la risposta all’impulso della sala, oggetto della nostra analisi, è basata sulla simulazione del segnale impulsivo attraverso l’uso di colpi di pistola a salve.

A tale scopo si può utilizzare una pistola a tamburo, sulla punta della quale è montato un diffusore d’alluminio tutto forellato, in modo che il suono emesso abbia un fronte di propagazione abbastanza uniforme.

Chi spara deve avere inoltre l’accortezza di proteggersi le orecchie con delle cuffiette oppure con degli appositi tappi antirumore che filtrano molto le alte frequenze, lasciando passare di più le basse.

La misurazione della risposta all’impulso della sala deve avvenire in assenza di sistemi di amplificazione accesi (per esempio radiomicrofoni).

La risposta della sala viene registrata utilizzando un piccolo registratore stereo digitale, chiamato in gergo tecnico dat (digital audio tape), mentre come microfoni si possono utilizzare un paio di cuffie dotate di due microfoni stereo molto piccoli che si devono collocare all’imboccatura del condotto uditivo.

Questo microfono consente di fare una registrazione su due canali dove ciascun segnale, ciascun canale destro e sinistro, presenta il suono all’ingresso del condotto uditivo.

Una volta effettuati gli spari i dati relativi alla coda sonora che ne deriva sono registrati sulla cassettina del dat.

Questa registrazione digitale viene trasferita sulla scheda audio del computer dove vi si opererà in digitale.

Nel caso in cui non si fosse dotati di una scheda audio professionale con l’ingresso in digitale si è costretti a fare il trasferimento della registrazione in analogico e poi ad effettuare una nuova conversione A/D peggiorando la qualità dei dati.

Per trasferire la registrazione dalla cassettina del dat al computer ci si avvale di un editor di forme d’onda, il più comune è Cool Edit Pro, con questo programma si genera un’onda dello stesso formato con cui il segnale è stato registrato sul dat (il dat, normalmente, può registrare massimo a 48 KHz stereo 16 bit), si collega poi il cavetto del dat con l’ingresso della scheda audio e si effettua la registrazione.

Cool Edit Pro è un programma che consente di registrare i suoni e di elaborarli in molti modi diversi preparandoli ad esempio per farne poi un CD, è quindi un

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software molto usato negli studi di registrazione e nelle radio private dove c’è necessità di campionare i suoni e di modificarli in vari modi: allungarli, accorciarli, filtrarli, riverberarli, ecc...

Una volta che si hanno le risposte all’impulso sul computer le si va a salvare su disco, tipicamente queste registrazioni vengono salvate su un computer in formato .wav (.wav è il formato tipico dei file audio su Windows).

Il formato .wav può contenere un qualsivoglia numero di canali con qualunque frequenza di campionamento e qualunque risoluzione come numero di bit.

Cool Edit è in grado di supportare una vasta gamma di formati “avanzati” dei file .wav, sia a 24 che a 32 bit (3 e 4 byte), quindi sostanzialmente è in grado di salvare qualunque tipo di formato non solo di file .wav ma anche di molti altri tipi di file del suono, i più comuni sono:

- .aif, il formato più comune sulle macchine Unix oppure Macintoshes. - .voc, il formato della Sound Blaster.

E’ un formato obsoleto perché la Sound Blaster è una scheda audio obsoleta, serve solo per la compatibilità col passato.

- .tim, il formato del sistema Mlissa, sistema che ha fatto la storia delle misure acustiche. Il nome di questa estensione è un’abbreviazione della parola inglese time, sta a indicare che questi file sono segnali nel dominio del tempo. E’ importante mantenere la compatibilità con questo formato soprattutto perché il software di Mlissa è molto utilizzato anche oggi in quanto, pur trattandosi di un vecchio programma DOS privo di interfaccia grafica, è in grado di fare dei tipi di elaborazione che di fatto anche i programmi più moderni sotto Windows non sono mai riusciti ad eguagliare.

Tutti questi formati vengono supportati da Cool Edit Pro grazie all’esistenza di molti programmini addizionali che sono, dal punto di vista tecnico, delle DLL (dinamic link library), cioè delle librerie a link dinamico che vengono scritte e compilate in maniera indipendente dal programma principale.

Ogni DLL viene salvata nella stessa directory del programma principale, in questo caso Cool Edit, e viene resa operativa ogni volta che il programma aprendosi la rileva.

In generale le DLL del Cool Edit sono di due tipi: quelle aventi estensione .flt (i filter, che nella terminologia del Cool Edit sono filtraggi d’ingresso e d’uscita, cioè di salvataggio e di lettura da disco, filtri di importazione) e quelle aventi estensione .xfm (xfm è l’acronimo di transform, i filtri veri e propri che processano il segnale).

Il file aif.flt, per esempio, è la DLL che serve a leggere e a scrivere i file in formato .aif, mentre tim.flt è quella che rende in grado Cool Edit Pro di leggere e scrivere i file nel formato .tim della scheda Mlissa, quindi, quando si è in presenza di un formato sconosciuto a Cool Edit, è sufficiente aggiungere al programma la DLL corrispondente e questi diventa così in grado di leggere e di scrivere qualunque tipo di formato. In questo modo si possono estendere le funzionalità di Cool Edit Pro. Parte terza: Analisi dei dati sperimentali

Siamo ora in possesso della risposta dell’ambiente chiuso ai nostri spari e dalla risposta all’impulso si possono estrarre un grande quantitativo di informazioni sull’acustica dell’ambiente, come i tempi di riverberazione e molti altri parametri acustici caratteristici della sala.

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Figura 1 – Risposta all’impulso dell’ambiente.

- Tempi di riverberazione

Sulla curva di decadimento di una sorgente sonora stazionaria si definisce il tempo di riverberazione come il tempo necessario al decadimento di 60 dB, si indica infatti con T60.

Attraverso il procedimento matematico noto come l’integrazione all’indietro di Schroder è possibile in maniera molto semplice e veloce il calcolo del decadimento di un suono stazionario interrotto (tempo di riverbero) in una sala mediante la misura della risposta all’impulso.

Quest’operazione d’integrazione all’indietro viene svolta nella nostra esperienza da Acoustical Parameters, un ulteriore funzione di Cool Edit Pro.

Figura 2 – Integrale di Schroeder.

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In Acoustical Parameters ci viene richiesta una serie di parametri tra cui l’intervallo in decibel su cui estrapolare la pendenza della curva di decadimento, e quindi calcolare un particolare tempo di riverberazione, chiamato dal programma TUSER, in quanto basato su dati forniti dall’utente.

In teoria noi dovremmo seguire la definizione di Sabine e calcolare il tempo di riverbero sull’intervallo 0 - 60 dB, ma in situazioni reali non si verifica mai un decadimento sonoro di 60 dB.

Nel caso illustrato in figura 3 è stato scelto l’intervallo da –5 a –15 dB rispetto al livello della sorgente stazionaria a regime, quindi un range di soli 10 dB anziché 60, il valore così misurato si chiama in gergo tecnico T10.

Quando la sorgente stazionaria viene spenta il livello a regime decresce fino a raggiungere il livello minimo del rumore di fondo (L0), ad esempio il rumore dell’impianto di ventilazione della stanza.

In teoria si dovrebbe considerare il punto sul piano L - t in cui il livello è pari al livello a regime (-0 dB) e il punto in cui si ha un decadimento di 60 dB, in pratica, come già detto, non sempre si ha un decadimento di 60 dB, allora si fa in modo che il computer consideri il punto nel quale si è raggiunto un decadimento di –5 dB e quello in cui si ha un decadimento di –15 dB e gli si fa calcolare la pendenza del tratto congiungente, in modo che riportando questa pendenza ad un decadimento teorico di 60 dB, estrapolandola dal risultato ottenuto, si arrivi a misurare il tempo di riverbero su questo segmento estrapolato (T10).

Il T10 non è, dunque, il tempo necessario ad un decadimento di 10 dB, è comunque il tempo necessario ad un decadimento di 60 dB, però estrapolato da un tratto lungo il quale il livello decresce di 10 dB.

Figura 3 – Misura del tempo di riverbero sulla curva di decadimento.

L [dB]

LREG

L0

-60 dB

-5 dB

-15 dB

t [s]

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- 5 -

Analogamente si può fare questa estrapolazione prendendo due punti aventi livello -5 e –25 e questo ci darà quello che si chiama il T20, oppure si può considerare i due punti aventi livello –5 e –35 in modo da ottenere il T30.

Il tempo di decadimento del primo tratto della curva di decadimento stessa, da -0 a –10 dB, si chiama edt (early decay time).

Tutti questi parametri (T10, T20, T30) sono sempre tempi per un decadimento di 60 dB, solo che vengono estrapolati da un intervallo lungo 10, 20 oppure 30 dB.

Quindi in una stanza non esiste un unico valore del tempo di riverbero, ma ne esistono tanti, esiste l’EDT, esiste il T10, esiste il T20, esiste il T30.

Se il decadimento fosse lineare tutti questi parametri avrebbero lo stesso valore, che è quello che chiamiamo normalmente il T60, cioè il tempo di riverbero di Sabine; in realtà, poiché per gli ambienti reali la curva di decadimento è solitamente una linea curva che cambia spesso concavità, non necessariamente questi valori sono coincidenti e quindi noi troveremo facilmente, nella nostra analisi di una sala, dei valori di EDT diversi, ad esempio, dai valori di T30.

La variazione del tempo di riverbero in funzione del range di decadimento considerato è un indicatore del tipo di campo sonoro, più i valori dei vari parametri sono vicini tra loro, più il campo si dice sabiniano, cioè ubbidisce alla teoria di Sabine; la presenza, invece, di valori molto diversi tra l’EDT e il T30 è indice del contrario.

Acoustical Parameters riporta i valori dei vari tempi di riverbero (l’EDT, il T10 (nel nostro caso coincidente con il TUSER), il T20 e il T30) tutti in un’unica tabella (figura 4).

OCTAVE BAND ACOUSTICAL PARAMETERS

Band Lin 31.5 63 125 250 500 1k 2k 4k 8k 16k

Parameters

C50 [db] 7.554 4.121 10.25 7.583 4.832 8.746 7.321 5.862 8.12 9.469 12

C80 [db] 13.48 12.39 18.65 12.71 10.39 14 14.86 11.28 14.76 15.48 19.69

D50 [%] 85.06 72.09 91.38 85.15 75.26 88.22 84.37 79.41 86.64 89.85 94.06

TS [ms] 27.89 41.96 21.68 33.48 36.33 32.26 29.27 30.74 28.5 23.49 22.87

EDT [s] 0.3425 0.3191 0.226 0.3534 0.4178 0.2593 0.3305 0.4187 0.3195 0.2912 0.2255

RT20[s] 0.3174 0.6298 0.2825 0.343 0.4307 0.3156 0.3125 0.3052 0.3062 0.2888 0.2278

r RT20 0.9986 0.9625 0.9751 0.9682 0.9863 0.9962 0.9913 0.9914 0.9965 0.9985 0.9959

RT30 [s] 0.3325 0.6633 0.3402 0.3957 0.4487 0.3182 0.334 0.3147 0.3134 0.2911 -

r RT30 0.9983 0.9878 0.9827 0.957 0.9947 0.9956 0.9949 0.9964 0.9985 0.9986 -

RTU [s] 0.3257 0.4439 0.3748 - 0.3819 0.3072 0.2947 0.3671 0.284 0.2958 0.2476

r RTU 0.9978 0.8523 0.9575 - 0.9551 0.9626 0.9773 0.9939 0.9937 0.995 0.9877

Noise Correction Yes yes yes yes Yes yes yes yes yes yes yes

Figura 4 – Tabella di Acoustical Parameters. In questa tabella compaiono altri cinque parametri molto importanti per capire la

qualità acustica di una sala, la loro importanza varia a seconda della funzione della

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sala, sono infatti due i principali tipi di informazione che il canale acustico trasmette tra le persone: il parlato e la musica.

Sebbene questi due tipi di informazione abbiano requisiti diversi, i parametri che si utilizzano per la valutazione degli ambienti sono in parte gli stessi.

Il tempo di riverberazione è già di per sé un indicatore della qualità della sala, valori estremi del tempo di riverbero (molto bassi o molto alti) sono infatti indicatori di un difetto acustico.

Per ogni tipo di edificio esistono valori ottimali del tempo di riverberazione, suggeriti in funzione della frequenza sonora e in funzione delle dimensioni del locale.

I requisiti acustici per gli edifici di utilizzo scolastico, ad esempio, sono fissati nel decreto ministeriale del 18\12\1975; questo è un decreto importantissimo, in quanto, in assenza di altri decreti, si fa riferimento a questi parametri anche per altri tipi di edifici pubblici (tribunali, ospedali).

In questo decreto vengono normalizzati, tra le altre cose, anche i tempi di riverberazione (vedi figura 5). I tempi di riverberazione ottimali sono dati in funzione della frequenza da una curva “a campana rovesciata” che mostra come il valore minimo del tempo di riverbero si ha intorno ai 2000 Hz; è tollerato un aumento del tempo di riverbero verso le basse frequenze, che normalmente si verifica, ed è tollerato anche un aumento verso le alte, che normalmente non si verifica, perché l’assorbimento dell’aria diventa un elemento rilevante.

Quindi la norma mi impone dei valori limite sul tempo di riverbero.

Valori ottimi del tempo di riverberazione

20

100

5001.000

5.00010.000

100.00050.000

0 1 2 3 4

Tempo di riverberazione (s)

Vol

ume

ambi

ente

(m3 )

0 0.5 1.0 1.5 2.050

100

200

500

1000

5000

2000

10000

Freq

uenz

a (H

z)

Valori relativi del tempo ottimo di riverberazione

Dipendenza dalla frequenza del tempo ottimo di riverberazione

Figura 5 – Grafici A e B tratti dal D.M. del 18/12/1975 (dati non ufficiali: fare riferimento alla documentazione originale). Il grafico B rappresenta i valori ottimali del tempo di riverberazione per un

ambiente che ha un volume di mille metri cubi.

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Se l’ambiente ha un volume più grande o più piccolo è consentita una variazione, in proporzione al volume, dei valori limite del tempo di riverbero definiti dalla stessa “campana rovesciata” traslata verso l’alto o verso il basso.

Il decreto ministeriale del 1975 fissa per le aule scolastiche parametri molto selettivi, in Italia le aule scolastiche che rispettano questa norma si calcola che non siano più del 5%; paesi, invece, molto avanti nella protezione dei loro cittadini dal rumore sono l’Australia e la Nuova Zelanda.

Chiese

Sale concerto

Ambienti scolastici D.M. 18/12/75

Teatri

Sala polifunzionale

Studi televisivi

Figura 6 – Tempo di riverberazione ottimale in funzione del volume e dell’utilizzo

dell’ambiente. - Indice di definizione

La norma tecnica che definisce il calcolo degli altri parametri acustici, oltre al tempo di riverberazione, è la norma ISO 3382 del 1997, è quindi una norma abbastanza recente, questo è dovuto al fatto che nel settore del calcolo dei parametri acustici si è verificata un’evoluzione molto rapida soprattutto nell’ultimo decennio che ha reso la precedente versione della norma (datata 1989) completamente obsoleta, in quanto, nel frattempo, erano state introdotte nuove tecniche di misura e definiti nuovi parametri acustici.

Questa evoluzione, se possibile, negli ultimi quattro anni si è ulteriormente accelerata, per cui le tecniche di misura descritte nella norma del ’97 sono oggi già obsolete.

La tecnica di misura dei parametri acustici prevista nella norma del 1997 è, però, una tecnica molto economica, richiede soltanto, come abbiamo già visto, un semplice registratorino digitale (dat) e una pistola a salve, è quindi diventata, anche se è un po’ obsoleta, la tecnica standard per la misurazione dei parametri acustici nelle sale.

I parametri stessi sono poi facili da calcolare in quanto sono tutti parametri basati sul rapporto tra energia utile ed energia dannosa:

DANNOSA

UTILE

EE .

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In una risposta all’impulso si intende la prima parte (il suono diretto e le prime riflessioni che arrivano in breve ritardo rispetto al suono diretto) come suono utile e la coda riverberante come dannosa; questo perché il nostro sistema uditivo integra su un certo periodo e le prime riflessioni servono a rafforzare l’unicità del suono diretto e a rendere il trasferimento dell’informazione più chiaro e più preciso mentre la coda riverberante, pur essendo energia sonora che contribuisce in maniera rilevante al livello complessivo, non contribuisce al trasferimento dell’informazione (vedi figura 7).

τ0 0

L0

LI

τ

Lreg

Figura 7 – Risposta impulsiva (in rosso) e sua integrazione nel tempo (in blu).

Tutti questi parametri acustici vengono descritti dal rapporto fra due integrali, quello a numeratore è l’energia utile, quello a denominatore l’energia dannosa.

In questi rapporti tra energia utile ed energia dannosa il valore ottimale non è, come si potrebbe pensare, infinito; esiste un valore ottimale finito per questi parametri, come esiste un valore ottimale finito del tempo di riverbero.

Esistono, inoltre, valori ottimali diversi per il parlato e per la musica. Per la musica, infatti, un certo impastamento dei suoni, una certa fusione delle note, un certo intorbidamento spaziale del suono risulta un pregio, mentre non lo è, evidentemente, dal punto di vista dell’udibilità della parola.

Il primo parametro acustico che venne introdotto fu la Definizione:

∫∞=

0

2

50

0

2

50

)(

)(

ττ

ττ

dp

dpD

ms

L’energia in questa formula è espressa come il quadrato della pressione. La Definizione fu definita da uno studioso tedesco; nel campo dell’acustica delle

sale (room acoustic) i tedeschi sono sempre stati la prima potenza mondiale. Il simbolo D esteso con il pedice 50 sta a ricordare che il suono che viene

assunto come utile al trasferimento dell’informazione è quello presente nei primi 50 ms.

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Questo parametro, per come è definito, è una grandezza adimensionale, un numero, che può variare da 0 a 1; nel caso di presenza di solo suono diretto vale 1, nel caso, assurdo, di completa assenza di suono diretto ed esclusiva presenza di campo riverberante il valore limite del rapporto tende a 0.

Questo è un indice che venne definito primariamente con lo scopo di caratterizzare le sale destinate alla parola (come ad esempio le aule scolastiche), per le sale destinate a questo utilizzo i valori ottimali dell’indice di definizione sono all’incirca 0,7 / 0,8 (70 – 80 %). - Indice di chiarezza C50

Un’altra grandezza che viene definita nella norma ISO3382 è l’indice di

chiarezza. L’indice di chiarezza venne definito da Reimer e Muller, altri due studiosi

tedeschi. La sua definizione è:

∫∞⋅=

ms

ms

dp

dpC

50

2

50

0

2

50

)(

)(log10

ττ

ττ

Nel rapporto che compare nella definizione dell’indice di chiarezza a numeratore vi è l’energia utile e a denominatore l’energia dannosa: ciò rende questo parametro molto funzionale, perché comprende in sé la definizione del proprio valore ottimale.

Valori di chiarezza positivi (1, 2 dB) indicano un campo sonoro molto chiaro, troppo chiaro dopo i 2 dB; viceversa valori negativi (-1, -2 dB) indicano un campo sonoro poco chiaro, e valori inferiori ai –2 dB sono considerati eccessivamente bassi.

Quindi l’intervallo ottimale, per questo parametro, è dai –2 ai +2 dB. - Indice di chiarezza C80

Quando si analizza una sala che ha anche una funzione musicale (si possono

infatti avere sale che hanno la doppia funzione: tipicamente un auditorium) il parametro C50 non è più il parametro corretto, C50 è un parametro corretto solo per il parlato, per la musica, siccome vogliamo un suono più legato, più mescolato, accettiamo riflessioni più tardive; una riflessione, infatti, che arriva 70 ms dopo il suono diretto è già dannosa per il parlato, ma è ancora utile per la musica: di conseguenza, per l’utilizzo musicale, si definisce un ulteriore indice di chiarezza, chiamato C80:

∫∞⋅=

ms

ms

dp

dpC

80

2

80

0

2

80

)(

)(log10

ττ

ττ

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- 10 -

Nel rapporto vi è a numeratore l’energia utile (si considera tale, in questo caso, il suono da 0 a 80 ms) e a denominatore l’energia dannosa (il suono da 80 ms all’infinito).

Una proprietà importante della definizione dell’indice di chiarezza, valida anche per il C80, è che porta in sé la definizione del proprio valore ottimale.

Il C80 ha lo stesso intervallo ottimale del C50: (–2 dB, +2 dB). L’indice di chiarezza, così come definito dagli studiosi tedeschi Reimer e

Muller, si presta ad una critica abbastanza fondata formulata per la prima volta dallo studioso americano Meranek.

Questa critica si basa sul fatto che, seguendo la definizione dell’indice di chiarezza, data in precedenza, nello svolgere l’analisi acustica di una sala, si arriverà ad una incongruenza, ad un assurdo tra il parametro ricavato matematicamente e la realtà fisica della stanza.

Si troverà, infatti, un punto della stanza in cui vi è una riflessione tardiva di 79 ms, costituente energia ancora utile al trasferimento dell’informazione, movendosi di poco da quel punto e rilevando così quella riflessione dopo 81 ms, in realtà, il nostro sistema uditivo, non avendo assolutamente un millisecondo di risoluzione, non ha percepito la benché minima e apprezzabile differenza e in effetti non è praticamente cambiato niente in realtà, ma il valore numerico misurato attraverso la definizione di indice di chiarezza cambia notevolmente, perché nella formula l’energia riflessa a 79 ms stava a numeratore mentre a 81 ms finisce a denominatore.

Questo fa in modo che mappando i valori di chiarezza nell’ambito della sala si riscontrino improvvisamente delle brusche variazioni anche di 1 - 1,5 dB.

Questo è chiaramente un artefatto numerico (dato dal fatto che ci debba essere un limite di integrazione fisso) perché noi ci troviamo in un contesto stazionario. Per ovviare a questo problema Meranek propose una transizione incrociata (illustrata in figura 8):

Figura 8 – Transizione incrociata proposta da Meranek.

La funzione w(τ) vale 1 fino a 50 ms, tra i 50 e i 100 ms decresce linearmente, fino a raggiungere il valore nullo dopo 100 ms, questo per il calcolo dell’energia utile. Per l’energia dannosa w(τ) vale 0 fino a 50 ms, sale linearmente tra i 50 e i 100 ms, fino a raggiungere il valore unitario dopo i 100 ms.

1

50 ms 100 ms

EUT EDAN

w(τ)

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Lezione del 27/11/2001 - 14:30-16:30

- 11 -

Attraverso questa transizione incrociata è possibile calcolare il rapporto presente nelle formule dell’indice di chiarezza e dell’indice di definizione con un limite di integrazione che, nell’intervallo da 50 a 100 ms, non è più fisso ma è variabile e ricavabile dal grafico di figura 8.

Purtroppo però all’interno del gruppo di lavoro che formulò la norma ISO i tedeschi la facevano da padroni, con Muller capo dell’acustica mondiale, e quindi l’indice di chiarezza venne definito con l’estremo di integrazione fisso e non venne adottato questo criterio, anche se migliore. - Tempo baricentrico

Il tempo baricentrico ts, ennesimo parametro acustico definito da uno studioso

tedesco, è definito in questo modo nella ISO3382:

∫∞

⋅=

0

2

0

2

)(

)(

ττ

τττ

dp

dpts

Il tempo baricentrico è un parametro importante, perché, pur mantenendo il

concetto di rapporto energetico, tuttavia è un parametro dimensionalmente omogeneo che non presenta il margine di decadimento ma la quantità di energia che possiede la coda riverberante rispetto al campo diretto, quindi rappresenta la distribuzione dell’energia rispetto al suono diretto.

Purtroppo non vi è ancora accordo su quali siano i valori ottimali di questo parametro per quanto riguarda il parlato, in campo musicale, invece, per la musica sinfonica tedesca il valore suggerito è 100 ÷ 130 ms.

Una sala con tali caratteristiche è molto riverberante, cioè è dotata di scarsa chiarezza.

A Vienna, a Berlino esistono dei teatri privi di palcoscenico, sale rettangolari dove l’orchestra suona al centro e tutt’attorno vi sono le gradinate: questi teatri si chiamano Concert Hall, sale da concerto.

Nelle Concert Hall si fa una musica diversa da quella che si fa nei nostri teatri, per questo tipo di sale vengono normalmente graditi valori più elevati del tempo baricentrico, perché in queste sale non c’è quel filtro costituito dal boccascena, o dalla presenza della buca d’orchestra.

Il suono diretto, tendenzialmente, sarebbe sempre troppo forte (ci sono delle persone che si trovano a 4 - 5 metri dagli orchestrali), da qui sorge la necessità di una maggiore presenza del campo riverberante, in modo da controbilanciare l’eccessiva crudezza ed asprezza del suono. - Strenght

Il quinto e ultimo (venne inserito all’ultimo, in appendice) parametro acustico

definito nella norma ISO3382 è la Strenght (simbolo: G). Questo parametro, probabilmente il più importante di tutti, altro non è che il

livello sonoro. La definizione esatta della Strenght è:

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Lezione del 27/11/2001 - 14:30-16:30

- 12 -

mpp LLG 10,−=

G è quindi, semplicemente, il livello di pressione normalizzato rispetto al livello

della mia sorgente sonora misurata a 10 m di distanza in campo libero, quindi all’aperto, senza la riflessione della sorgente.

A sua volta Lp,10m si può esprimere come:

3110log201110, −=−−= wwmp LLL da cui:

31+−= wp LLG

La Strenght G è, quindi, sostanzialmente, la differenza fra il livello di pressione (Lp) e il livello di potenza (Lw), offsettata di 31 dB.

I valori ottimali della G, fortunatamente, sono all’incirca gli stessi valori ottimali dell’indice di chiarezza.

Fra tutti i parametri acustici di cui si è fin qui parlato, questo è l’unico sul quale si ha effetto accendendo o spegnendo il sistema di amplificazione della sala, una differenza così significativa è ininfluente per tutti gli altri parametri e questo significa che sono tutti parametri meno significativi rispetto a questo, che è indubbiamente il più importante.

Anche gli altri parametri hanno la loro importanza soprattutto quando il problema non è sentire poco ma è sentire bene, luoghi dove la funzione acustica è lo scopo stesso dell’esistenza dell’edificio. Parte quarta: Esercizio applicativo

In questo esercizio viene illustrato come il valore della Strenght sia legato al tempo di riverbero.

Questo legame rende possibile trasformare il requisito posto dal decreto del ’75 in termini di tempo di riverbero, in un corrispondente vincolo sulla Strenght. Figura:

6m

16m

10m Dati: Volume della stanza V = 1000 m3 Superficie interna totale S = 632 m2

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- 13 -

T30 a 1000Hz T30 = 1,43 s Lw della sorgente (pistola) Lw = 120 dB Q = 1 Lp, 8 m, SALA = ? Svolgimento: Determino α (coefficiente di assorbimento medio dell’ ambiente):

178,063243,1

1000161,0161,0161,043,130

30 =⋅

=⋅

=⇒⋅

==ST

VSVT α

α.

Determino S⋅α :

26,112 mS =⋅α . A questo punto andiamo a calcolare il livello sonoro che si sviluppa se la sorgente sonora si trova ad una distanza di 8 m dal microfono (Lp, 8 m, SALA):

dBSd

QLL

ERANTESEMIRIVERBCAMPO

NTERIVERBERASCAMPO

DIRETTOSUONO

WSALAmp 65,1056,112

484

1log1012044

log10

5,1058,90

22,8, =

+

⋅+=

++=

4444 34444 21

321321παπ.

Il risultato è completamente riverberante, questo vuol dire che siamo molto lontani dalla distanza critica, calcoliamola:

mdCRITICA 49,14

6,11241

=⋅=π

.

Se noi siamo a una distanza maggiore della distanza critica conta solo il campo riverberante. Determino ora il livello diretto:

dBLLG wDIR 8,1311208,9031 =+−=+−=

dBLDIR 94,908log2011120 =−−= .

Page 294: Acustica Ed Elettroacustica

1

Roberto Pagliari 131863 27.11.01 14:30 - 16:30 Misure fonometriche

e parametri acustici nelle sale

Premessa La risposta impulsiva di un ambiente è molto importante perchè il suo andamento è indipendente dal tipo di segnale di eccitazione, ed è quindi una caratteristica intrinseca del sistema che si vuole analizzare. La risposta all'impulso di una sala ha però un andamento caratteristico che varia da caso a caso solo per i valori di range del sistema stesso. In base alle caratteristiche di questa sono stati definiti alcuni parametri acustici per la valutazione degli ambienti interni di cui parlerò in seguito. E' stato poi svolto un esperimento nell'aula di lezione in facoltà per determinare i valori dei principali indici acustici. Risposta impulsiva di un ambiente Un ambiente interno, dal punto di vista acustico, può essere pensato come un sistema il cui ingresso è una sorgente sonora. Tale segnale sarà modificato e l'uscita sarà il suono che ogni ascoltatore (o equivalentemente ogni simulatore) all'interno riceve all'interno della stanza. Grazie alla teoria dei segnali sappiamo che dato un sistema, ad un ingresso corrisponde una ed una sola uscita corrispondente alla convoluzione del segnale di input con la funzione h(t), ovvero la risposta all'impulso.

Fig.1 schema base di un sistema

y(t) = x(t) ⊗ h(t) La risposta impulsiva di una stanza, in ambito energetico, è composta da numerosi singoli impulsi, il primo dei quali rappresenta il suono diretto, mentre gli altri rappresentano le riflessioni del suono per mezzo delle pareti

Fig.2 rappresentazione energetica della risposta impulsiva

Page 295: Acustica Ed Elettroacustica

2

27.11.01 14:30 - 16:30 Quindi la relazione precedente e il grafico mostrano come il segnale risultante è dato dall'integrale di convoluzione del segnale d'ingresso con una serie di impulsi cui danno contributo diversi fattori: il primo è il suono diretto; quelli immediatamente susseguenti sono detti "riflessioni precoci" e in ambito energetico fanno parte della cosiddetta energia utile, mentre tutti gli altri rientrano nell'energia dannosa. La sorgente di un suono impulsivo è in genere lo sparo di una pistola; se di tale risposta rappresentiamo l'andamento della pressione sonora in funzione del tempo, vediamo che il grafico è caratterizzato da una crescita iniziale abbastanza consistente, susseguita immediatamente da una diminuzione, meno spiccata ma più duratura, e di una situazione a regime che tende a stabilizzarsi alla pressione dell'ambiente. Ai fini del calcolo e della previsione numerica la rappresentazione più conveniente della risposta di un interno rimane quella in frequenza in cui la variabile dipendente è il valore del segnale espresso in decibel.

Fig.3 risposta in frequenza di un sistema

Sotto il profilo temporale l'andamento della risposta impulsiva è ottenibile, ad esempio, come antitrasformata del rapporto fra le trasformate dei segnali d'uscita e d'ingresso

H(f) = Y(f) / X(f) H(f) = ƒ-1[ Y(f) / X(f) ]

L'andamento temporale della risposta all'impulso è del tipo riportato in figura

Fig.5 risposta impulsiva di un ambiente

Page 296: Acustica Ed Elettroacustica

3

27.11.01 14:30 - 16:30

Esperimento Per calcolare il tempo di riverbero viene eseguita una prova in ambiente

Fig.4 esempio di dispositivo per misure acustiche

un riproduttore produce l'impulso e il microfono riceve il segnale che poi viene elaborato dal computer. Nel nostro caso però il segnale di eccitazione non è stato prodotto dal calcolatore per mezzo di un collegamento con il riproduttore, ma è stato sparato un colpo a salve. La ricezione del segnale è avvenuta grazie al fonometro o DAT (digital audio tape), uno strumento col quale è stato registrato il segnale in modalità stereo a 16bit e 44kHz.A prescindere dal principio di funzionamento ci serviremo del fonometro come "rilevatore" di segnale che opera nel dominio della frequenza. Una volta effettuata la misura il fonometro è stato collegato al calcolatore per l'elaborazione dei dati mediante Cool Edit Pro. Tempi di riverbero Come si vede dalla figura 3 la curva di decadimento non ha un andamento propriamente lineare; questo è dovuto al fatto che l'ambiente in cui sono state effettuate le misure non aveva tutte le pareti ugualmente riflettenti, e quindi non era perfettamente sabiniano. Tuttavia il grafico lascia intuire una linearizzazione del fenomeno. Quello che si pensa di fare, infatti, è di linearizzare l'andamento di decadimento del suono tramite l'estrapolazione dei dati dal grafico stesso. Quindi non rimane che scegliere due valori di riferimento, per mezzo dei quali ricostruire la retta passante per essi che determina quindi il tempo di riverbero nell'intersezione con l'asse delle ascisse. In genere i punti per i quali si linearizza tale fenomeno non si scelgono arbitrariamente, ma sono in un certo senso standardizzati e sono scelti in corrispondenza di determinati valori dell'attenuazione del segnale

simbolo I punto II punto T20 -5 -25 T30 -5 -35

EDT (early decay time) 0 -10

Page 297: Acustica Ed Elettroacustica

4

27.11.01 14:30 - 16:30 se la curva di decadimento avesse un andamento lineare i valori precedenti sarebbero tutti uguali. In realtà le condizioni di Sabine non sono mai perfettamente verificate quindi ciò non avviene. Di conseguenza i valori T20, T30 e EDT differiscono. Dall'esperimento sono stati estrapolati i seguenti valori

T20 (s) frequenza (Hz) 1,73 125 1,27 2000

Normativa sull'acustica Il tempo di riverbero per gli edifici è regolamentato dal decreto ministeriale del 18.12.1975; in questa legge vengono stabiliti in che termini devono rientrare i parametri acustici negli edifici scolastici. Non essendo però presenti altre leggi a riguardo, anche per altri edifici viene indicato questo decreto come criterio di valutazione. In particolare è fornito l'andamento del tempo di riverbero in funzione della frequenza................ Per quanto riguarda il nostro esperimento i valori da rispettare sono

T20 (s) frequenza (Hz) 1,8 100 1 2000

La perdita di potere fonoassorbente dei materiali delle pareti è stato il probabile fattore che ha determinato la non congruenza fra i valori ottenuti e quelli ottimali. Parametri acustici delle sale Dopo gli studi di W.C. Sabine il tempo di riverbero come funzione della frequenza era considerato l'unico parametro necessario per la descrizione della condizione acustica di una sala o, più in generale, di un ambiente interno. Era però evidente che differenti ambienti col medesimo tempo di riverbero erano giudicati soggettivamente differenti, così come lo erano differenti posizioni all'interno dello stesso luogo. Per questa ragione sono stati definiti altri parametri che, nel corso degli anni, sono diventati più importanti del tempo di riverbero. Innanzitutto osserviamo che secondo il modello di Sabine il decadimento sonoro dovrebbe avere un andamento lineare, mentre in realtà non è così. Gli studiosi Kurer e Kurze, per esempio, dimostrarono che la pendenza iniziale della curva di decadimento dipende anche dalla posizione dell'ascoltatore nella stanza, in contrapposizione con il modello di Sabine. Quindi, come succede sempre nelle applicazioni scientifiche, oltre al modello matematico del fenomeno in questione dobbiamo servirci di simulazioni svolte al calcolatore ed esperimenti per avere una descrizione suffucientemente corretta della realtà. Inoltre il fatto che le valutazioni e le impressioni soggettive gichino un ruolo non marginale nella preparazione acustica di un ambiente, implica che anche la scelta dei parametri acustici vada distinta, oltre che per gli utilizzi, anche secondo criteri statistici. I parametri acustici, i primi dei quali furono introdotti da Muller e Cremer, si basano sulla distinzione acustica fra suono diretto, riflessioni precoci e "coda" sonora. In base a ciò sono state elaborate diverse caratteristiche acustiche di un ambiente interno, quali definizione, chiarezza, strenght.

Page 298: Acustica Ed Elettroacustica

5

27.11.01 14:30 - 16:30 definizione Molti esperimenti mostrano che la parte del suono utile non è rappresentata solamente dal suono diretto, ma anche dalle sue prime riflessioni, che arrivano all'ascoltatore entro un intervallo di 50ms. Data la risposta impulsiva, questo parametro (che si indica con D, distinctness) è calcolato come

∫∞=

0

2

50

0

2

50

)(

)(

ττ

ττ

dp

dpD

ms

la definizione viene anche indicata con la lettera θ e negli spazi aperti raggiunge un valore massimo dell'unità, cosicchè tale parametro viene solitamente espresso come una percentuale. Successivamente gli studiosi Beranek e Schultz introdussero il fattore

( 1 - θ ) / θ

che rappresenta la frazione di suono riverberante rapportata a quello utile. In Germania è solito considerare il logaritmo di tale quantita, indicato con R (Hallmass, indice di riverbero)

R = 10log( (1-θ) / θ )dB

Nell'esperimento svolto abbiamo trovato un valore del 30%, mentre le condizioni ottimali richiederebbero circa il 70-80%. Questo è dovuto alla mancanza delle riflessioni precoci, che nell'integrale della formula diminuiscono il valore del numeratore, diminuendo così la definizione. Un possibile accorgimento correttivo sarebbe l'introduzione di pannelli riflettenti, in modo da produrre una maggiore quantità di suono riflesso. chiarezza Studi condotti da Reichardt mostrarono che il limite imposto per calcolare la definizione era strettamente riferito al parlato. Infatti per quanto riguarda la musica, da test svolti con la collaborazione di ascoltatori, venne in risalto che il limite di percezione del suono utile non era 50ms, ma andava spostato a 80ms. E' stato quindi definita la chiarezza, utilizzata quindi per usi musicali, che è definita come

∫∞⋅=

ms

ms

dp

dpC

50

2

50

0

2

50

)(

)(log10

ττ

ττ

∫∞⋅=

ms

ms

dp

dpC

80

2

80

0

2

80

)(

)(log10

ττ

ττ

ovviamente la C50 fornisce le stesse informazioni della definizione, mentre quella di maggior rilievo è la C80. Valori buoni della chiarezza sono compresi fra -2 e +2, con un valore ottimale di 0; questo vale sia nel caso della C50 che nel caso della C80. Nell'esperimento è stato trovato un valore di -3.7 / -3.8 a medie frequenze.

Page 299: Acustica Ed Elettroacustica

6

27.11.01 14:30 - 16:30 Appare chiaro come un piccolo spostamento nel tempo di arrivo di una riflessione incida su questo indice, come su quello precedente. Infatti un impulso potrebbe essere ritardato da diversi fattori, anche il solo cambio di posizione all'interno dell'ambiente da parte dell'ascoltatore, cambierebbero i due integrali e conseguentemente il valore di D e C. Questo problema è stato risolto da Lochner e Burger, che introdussero una funzione peso per dare maggiore importanza al suono precoce piuttosto che alla coda, in modo da smorzare le eventuali perturbazioni provocate da possibili time-shifting degli impulsi.

Fig.5 Funzione peso

time shifting Sempre in base ai precedenti criteri è stato definito il rapporto segnale-rumore, secondo la funzione peso, come

∫∞==

95

2

95

0

2

)(

)()(

dttp

dttatp

EE

dannosa

utileη

Un'altro fattore introdotto per evitare gli inconvenienti presentati da D e C è il rise time definito come l'istante per cui l'energia utile e l'energia dannosa sono uguali. Viene anche indicato un fattore tr' di rise time, valore per il quale il segnale ha subito un'attenuazione di 5dB. Tutti e tre i fattori esposti non subiscono variazioni significative a seguito di un time-shifting. tempo baricentrico Una definizione di carattere strettamente matematico è fornita dal cosiddetto "tempo baricentrico", che riprende la definizione di momento di una funzione; nel nostro caso tale formula si riduce a

∫∞

⋅=

0

2

0

2

)(

)(

ττ

τττ

dp

dpts

Page 300: Acustica Ed Elettroacustica

7

27.11.01 14:30 - 16:30 Per quanto riguarda la musica sinfonica un buon tempo baricentrico assume un valore attorno a 100 - 130ms. distribuzione direzionale del suono Una possibilità che si profila nell'ascolto della musica è il poter capire la direzione di provenienza del suono. Questo fenomeno è dovuto alla presenza, nell'uomo, di un sistema stereofonico di ricezione del suono, composto da un apparato uditivo che ha i suoi "terminali" nelle orecchie destra e sinistra. Questo tipo di studi si è sviluppato soprattutto negli ultimi decenni, grazie ad alcuni utilizzi specifici, come lo sviluppo della realtà virtuale acustica, presente ad esempio in ambito cinematografico, oppure nell'ambito dell'elettronica ad alta fedeltà. Sono stati definiti diversi coefficienti per quantificare il grado di stereofonia. Uno di questi è l'indice di cross-correlazione inter-aurale, definito come

∫ ∫

+

⋅= T T

RL

T

RL

LR

dpdp

dppk

0 0

22

0

)()(

)()(

ττττ

τττ

strength Un ultimo parametro acustico è la strength. La definizione più recente, adottata da Lehmann, consiste nella misura della pressione del suono diretto a una distanza di 5m dalla sorgente che arriva in un intervallo di tempo precedentemente definito; questa pressione misurata è stata poi normalizzata ad una distanza in cui la sfera attorno la sorgente sonora era di circa 1m2. Si è quindi ottenuta la formula

dBxdttxp

dttxpG t

o

=

∫∆

20

0

2

0

2

4),(

),(log10 π

La definizione di questo parametro da noi adottata è invece riferita a 10m, quindi si ha

G = Lp - Lp10m sapendo poi che

Lp10m = Lw - 11 - 20log10 = Lw - 31 si ottiene

G = Lp - Lw + 31

quindi il parametro G migliora con l'amplificazione del segnale. Il suo valore ottimale è 0 e tale parametro è il più importante di tutti. Esempio L'aula in cui abbiamo svolto l'esperimento ha un volume complessivo di circa 1000 m3 e una superficie di

S = ( 320 + 192 + 120 )m2 = 632m2

Page 301: Acustica Ed Elettroacustica

8

27.11.01 14:30 - 16:30 A frequenze medie il tempo di riverbero trovato è

T = 1,43s = 0,161 V / (αS) dove α è il coefficente di assorbimento. Trovando α si ottiene

α = 0,161 x 1000 / (1,43 x 632) = 0,178 quindi αS = 112,6m2 Nel caso si voglia calcolare G riferito a 8m di distanza si ha

Lp, 8m, sala = Lw + 10log( Q / 4лd2 + 4 / (αS) ) = = 120 - 14.35 = 105.65

volendo poi calcolare la G, sapendo che Ldir = 90.8dB, si ottiene G = (90.8 - 120 + 31)dB = 1.8dB

Nella tabella seguente è riportato un esempio di valori trovati in ambiente Cool Edit tramite simulazione

Band Lin 31.5 63 125 250 500 1k 2k 4k 8k 16k

Parameters C50 [db] 7.554 4.121 10.25 7.583 4.832 8.746 7.321 5.862 8.12 9.469 12

C80 [db] 13.48 12.39 18.65 12.71 10.39 14 14.86 11.28 14.76 15.48 19.69

D50 [%] 85.06 72.09 91.38 85.15 75.26 88.22 84.37 79.41 86.64 89.85 94.06

TS [ms] 27.89 41.96 21.68 33.48 36.33 32.26 29.27 30.74 28.5 23.49 22.87

EDT [s] 0.3425 0.3191 0.226 0.3534 0.4178 0.2593 0.3305 0.4187 0.3195 0.2912 0.2255

RT20[s] 0.3174 0.6298 0.2825 0.343 0.4307 0.3156 0.3125 0.3052 0.3062 0.2888 0.2278

r RT20 0.9986 0.9625 0.9751 0.9682 0.9863 0.9962 0.9913 0.9914 0.9965 0.9985 0.9959

RT30 [s] 0.3325 0.6633 0.3402 0.3957 0.4487 0.3182 0.334 0.3147 0.3134 0.2911 -

r RT30 0.9983 0.9878 0.9827 0.957 0.9947 0.9956 0.9949 0.9964 0.9985 0.9986 -

RTU [s] 0.3257 0.4439 0.3748 - 0.3819 0.3072 0.2947 0.3671 0.284 0.2958 0.2476

r RTU 0.9978 0.8523 0.9575 - 0.9551 0.9626 0.9773 0.9939 0.9937 0.995 0.9877

Noise

Correction Yes yes yes yes Yes yes yes yes yes yes yes

Tutti i paramteri precedentemente descritti sono menzionati nella legge ISO3382 del 1997 che stabilisce i valori che devono assumere nelle diverse circostanze. Valutazione dei parametri In realtà la valutazione combinata dei parametri è molto complicata, e non è definito un algoritmo che, dati i valori dei parametri, permette di calcolare un indice di bontà del livello acustico di una sala. Inoltre le condizioni acustiche di un ambiente dipendono enormemente dall'uso che se ne deve poi fare: in primo luogo se è adibito al parlato (auditorium), o alla musica, e in quest'ultimo caso bisogna distinguere fra musica lirica, sinfonica, da camera e così via. Non bisogna poi escludere casi come le chiese utilizzate per la loro funzione, o quelle sconsacrate che possono essere riassestate come auditorium o sale da concerto. Questi sono solo alcuni esempi che mostrano come sia complessa la casistica in questo ambito, quindi la valutazione dei parametri va fatta caso per caso.

Page 302: Acustica Ed Elettroacustica

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27.11.01 14:30 - 16:30 Un esempio eclatante di queste considerazione è il grafico che mostra "l'area" sonora adibita a parlato a musica in cui si vede come cambia il livello di pressione in base alla frequenza

Fig.6 Aree sonore

A Göttigen, per esempio, la definizione è il parametro che viene maggiormente preso in considerazione e in secondo luogo c'è il coefficente binaurale; a Dresden si valuta di più la chiarezza, mentre a Berlino ha maggior importanza il fattore G. Ovviamente gli altri parametri vengono valutati anch'essi, ma quelli appena detti sono quelli a cui si pone maggior attenzione. A Berlino e Dresden, poi, alti valori della definizione e valori di chiarezza oltre una certa soglia sono preferiti mentre a Göttigen si usano criteri quasi opposti. Infatti in base agli utilizzi e alla filosofia di pensiero dei progettisti, i criteri con cui si scelgono i valori dei parametri cambiano, di conseguenza nonostante alcuni standard non esistono progetti ottimali di sale adibite a determinati utilizzi acustici. Sono già stati menzionati i valori ottimali dei paramteri descritti in funzione degli usi, parlato o musica. Di seguito riporto una tabella che mostra i valori misurati di riverbero in alcuni luoghi d'incontro di importanza mondiale, fra cui auditorium e teatri.

Page 303: Acustica Ed Elettroacustica

10

27.11.01 14:30 - 16:30 E' anche riportata una tabella che mostra i tempi di riverbero di sale da concerto, con spettatori, a diverse frequenze.

Fig.7 misure effettuate durante l'esecuzione al teatro di Berlino

Qui di seguito sono riportati le aree di riverbero ottimale per sale adibite rispettivamente a parlato e musica.

Page 304: Acustica Ed Elettroacustica

11

27.11.01 14:30 - 16:30

Infine riporto i valori misurati in alcune chiese con i tempi di riverbero consigliati

Page 305: Acustica Ed Elettroacustica

1

Filippo Magrini mat.132081 Lezione del 27/11/2000 ore 16.30-18.30

Tecniche avanzate di misura della risposta all’impulso

Universitá degli Studi di Parma

Corso di Fisica Tecnica

Nella analisi di un campo acustico possiamo ragionevolmente ipotizzare che il nostro sistema, considerato da quando il segnale è generato dall’uscita della scheda audio del computer a quando, tramite un microfono, rientra nella scheda stessa, sia un sistema lineare tempo invariante. x(t) y(t) ingresso uscita Il sistema è stato schematizzato con il concetto di black box. h è la risposta all’impulso del sistema. x e y sono rispettivamente il segnale di ingresso e uscita.

Ricordiamo che un sistema si dice lineare se l’uscita é una funzione lineare dell’entrata, ovvero se vale il principio di sovrapponibilitá degli effetti . Il principio di sovrapponibilitá degli effetti si può esprimere così: dati due ingressi generici A e B e le loro relative uscite C e D, ottenute applicando singolarmente gli ingressi, applicando nel sistema l’ingresso A+B si ottiene l’uscita C+D.

Secondo questa ipotesi la risposta all’impulso è univocamente determinata dal legame matematico che lega l’ingresso con l’uscita di un sistema lineare tempo invariante.

Questo legame matematico è rappresentato dal cosiddetto teorema della convoluzione.

( 1 )

Quando passiamo da un sistema continuo con segnali analogici a un sistema discreto con segnali campionati, come accade in un computer, l’integrale diventa una sommatoria. Abbiamo quindi che il tempo corrente è i volte l’intervallo di campionamento ∆ τ . ( 2 ) L’intervallo di campionamento è quello imposto dalla scheda audio. Il segnale campionato in uscita risulta:

( 3 )

Dove N è il numero di campioni che rappresenta la risposta all’impulso. Passiamo ora dal dominio del tempo al dominio della frequenza eseguendo la Fast Fourier Transform (FFT):

h

ττ dtxththtxty ∫∞

−=⊗=0

)()()()()(

∑−

=

−=⊗=1

0)()()()()(

N

Jjixjhihixiy

τ∆⋅= it

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2

x FFT X(ω) y FFT Y(ω) h FFT H(ω) X(ω) e Y(ω) sono gli spettri rispettivamente del segnale d’ingresso e del segnale di uscita. H(ω) è la funzione di trasferimento di un sistema lineare tempo invariante. Possiamo ora riscrivere il teorema della convoluzione nel dominio della frequenza. ( 4 ) L’operatore convoluzione nel dominio delle frequenze si traduce in una banale moltiplicazione. In generale la convoluzione nel tempo può essere espressa in questo modo:

y(τ) = IFFT [ FFT (x) · FFT (y) ] ( 5 ) Dove IFFT è la trasformata di Fourier inversa (Inverse Fast Fourier Transform). Conoscendo x (segnale che genero) e y (segnale che misuro) voglio ottenere h. Nel dominio della frequenza:

( 6 ) Nel dominio del tempo : ( 7 ) Quanto enunciato finora costituisce la base metodologica per la misura della risposta all’impulso con la tecnica elettroacustica. Questi principi funzionano con ogni tipo di segnale, purchè esso abbia uno spettro che copra tutte le frequenze (rumore bianco, rumore rosa, una sinusoide sweepata, o anche musica o parlato). Tuttavia, tanto più i segnali hanno poca variabilità nell’utilizzo delle varie frequenze, tanto più lungo deve essere il campione da analizzare. Questo è il caso, in particolare, di musica e parlato. L’utilizzo di segnali quali il rumore bianco, che ha la stessa energia ad ogni frequenza, mi consente di minimizzare i tempi di misura. In ogni caso esiste, comunque, un tempo di misura minimo. Infatti, per ricostruire correttamente la risposta all’impulso di un sistema, devo utilizzare segnali la cui rappresentazione in frequenza sia la trasformata di un numero di punti maggiori di N. Siccome nel fare la FFT la trasformazione deve essere fatta con un multiplo di 2, se io ho una risposta all’impulso di un certo numero di punti (ad esempio 96000), ho bisogno del primo multiplo di 2 successivo ( 131072 ). Inoltre devo fare la misura di un tempo minimo che è costituito da un periodo del segnale più lungo della risposta all’impulso. Se così non faccio mi espongo al fenomeno del time aliasing, a causa del quale la coda del segnale non misurata mi si sovrappone alla parte iniziale. Gli analizzatori FFT, tuttavia, sono in grado di fare una trasformata FFT al massimo dell’ordine di poche migliaia di punti (negli strumenti più potenti Nmax dell’ordine di 4096 punti). Sono quindi inutilizzabili, per quanto precedentemente detto, per la misura acustica di una sala. Fino a qualche tempo fa questo era un ostacolo insormontabile, in quanto la potenza di calcolo necessaria a fare un’ FFT con N = 131072 richiedeva giorni di calcolo.

)()()( ωωω HXY =

)()()(

ωωω

XYH =

=

)()()(

XFFTYFFTIFFTh τ

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3

Tecnica MLS (Maximum Length Sequence) Per ovviare a questo problema il matematico tedesco Alrutz inventò la tecnica MLS . Essa consiste nell’utilizzo di un segnale binario generato con un operatore logico chiamato shift register (registro di scorrimento).A ogni passo di campionamento ogni cella (che contiene uno 0 o un 1) comunica il proprio valore alla cella alla sua destra, il valore dell’ultima cella esce, e l’ingresso viene rialimentato con un operatore logico XOR, posto fra un’opportuna cella intermedia e l’uscita.

Fig.1 - Shift register a 4 bit

Fig. 1 - Shift register a 4 bit, i numeri scorrono a destra ad ogni passo. Il segnale di uscita assomiglia ad un’onda quadra in cui varia la lunghezza del tratto “su” e del tratto “giù”, e all’ascolto sembra il rumore bianco. Un’importantissima proprietà del segnale MLS di massima lunghezza è che se lo si autocorrela si ottiene una δ di Dirac, quindi un impulso ideale.

Fig. 2 – La funzione δ di Dirac

Questa proprietà ci consente di non utilizzare l’algoritmo della FFT, in quanto è sufficiente generare il segnale di tipo MLS x d’ingresso, campionare il segnale y di uscita e crosscorrelare x con y. La crosscorrelazione nel tempo produce la risposta all’impulso h. Infatti: y = x ⊗ h , ( x ⊗ h ) crosscorrelato (x) = [ (x) crosscorrelato (x)] ⊗ h = h ( 8 ) L’esecuzione della crosscorrelazione viene eseguita ottimamente tramite la Fast Hadamard Transform (FHT), corrispettivo della FFT applicata a segnali binari. Il grande vantaggio della FHT rispetto alla FFT è quello di richiedere tempi di calcolo molto inferiori. Facendo la FHT del segnale y, cioè del risultato della misura, si ottiene h nel dominio del tempo senza passare dal dominio della frequenza. Tramite questa tecnica si poteva misurare la risposta all’impulso di sistemi con un numero N di campioni grande.

τ

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4

Tipicamente, all’epoca (’87-’88) Nmax era 65536 (massimo dato di memoria che si potesse allocare come singolo vettore in un sistema a 16 bit). Considerando che un tempo di riverbero di 1,5 secondi corrisponde a circa 60000 punti campionati a 44100 Hz , se l’ambiente non è troppo riverberante la tecnica si rivela soddisfacente. In caso contrario, se l’ambiente mi richiede di misurare tempi di riverbero più lunghi, posso ridurre la frequenza di campionamento. Con lo stesso sistema dell’esempio precedente, a 22 kHz, ho un tempo di misura di 3 secondi. All’epoca la tecnica MLS veniva realizzata con uno shift register hardware, cioè la scheda Melissa. Esperienza 1: Andiamo ora a fare una misura sul segnale MLS usando un microfono Soundfield.

Fig. 3 – Microfono Soundfield con relativa interfaccia. Si tratta di un microfono a 4 capsule, montate ai 4 vertici di un tetraedro, e 4 canali: uno (w) contiene il segnale di pressione, gli altri tre (x,y,z) contengono le 3 componenti cartesiane della velocità. Il microfono per la pressione (w) è omnidirezionale, i tre per la velocità (x,y,z), orientati secondo gli assi cartesiani, sono a 8.

Fig.4 – microfono omnidirezionale (sinistra), e a 8 (destra) Generiamo il segnale MLS a 16 bit (anche se sarebbe sufficiente 1 bit solo, essendo un segnale binario) a 48 kHz. Ripetiamo il segnale 8 volte per migliorare il rapporto sgnale – rumore.

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5

Fig. 5 - Segnale MLS ripetuto 8 volte.

Fig. 6 - Segnale di risposta registrato con il microfono.

Otteniamo così la risposta all’impulso.

Fig. 6 - Risposta della stanza ottenuta con MLS.

Fig. 7 Risposta della stanza ottenuta con MLS Per ogni canale è possibile vedere il suono diretto e ciascuna delle singole riflessioni. Tecnica della sinusoide sweepata:

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6

L’alternativa al segnale MLS è costituita dal segnale sinusoidale sweepato, quindi un segnale la cui frequenza varia progressivamente nel tempo. Anziché utilizzare la trasformata di Hadamard (applicabile solamente a segnali binari), la sinusoide sweepata sfrutta la trasformata di Fourier. L’utilizzo di questa tecnica è stato reso possibile solo di recente grazie all’aumentodella potenza dei sistemi di calcolo avvenuta negli ultimi 2 anni. In realtà la tecnica di misura del segnale sweepato veniva usata già 11 anni prima, in quanto era stata sviluppata una tecnica chiamata Time Delay Spectrometry (TDS), utilizzata anche per misure di tipo radio trasmittente. Nella TDS si usa una sinusoide sweepata linearmente, quindi la frequenza varia da un valore f1 a un valore f2 in modo lineare nel tempo. f f2

f1 τ

Fig. 8 - sinusoide sweepata linearmente nel tempo (τ) da una frequenza f1 iniziale a una frequenza f2 finale Dal punto di vista spettrale possiamo dire che lo spettro di una sinusoide sweepata linearmente è uno spettro bianco, infatti il segnale ha la stessa energia in ogni intervallo di numero di Hertz costante. Tradizionalmente, la misura della sweepata si svolgeva facendo passare il segnale ripreso dal microfono attraverso un filtro inseguitore. Esso non era altro che un filtro passa-banda molto stretto (lascia passare una gamma di frequenze molto ristretta). Il filtro veniva fatto variare nel tempo, “spazzolando” tutto il campo delle frequenze ricoperto dalla sinusoide. Se filtro e sinusoide sono sincronizzati rilevo l’onda diretta. Se invece faccio passare il filtro inseguitore con ritardi via via crescenti, rilevo il suono riverberato. È così possibile costruire una rappresentazione tempo-frequenza riconducibile ad una risposta all’impulso. Recentemente si è però passati a una soluzione molto più agevole per trovare la risposta all’impulso h. Essa consiste nella convoluzione del segnale di uscita y con un opportuno filtro inverso x’ tale che:

y ⊗ x’ = x ⊗ h ⊗ x’ = h ( 8 )

Questo è vero se : x ⊗ x’ = 1 (δ di Dirac) Ovviamente, il segnale x’ che ci occorre è la sweepata stessa x rovesciata sull’asse dei tempi.

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7

f f2 x x’ f1 τ

Fig. 9 – Andamento del segnale x e del filtro inverso x’ nel dominio del tempo Difetto della sinusoide sweepata linearmente è quello di avere molta energia alle alte frequenze rispetto alle basse. Il nostro obiettivo, al contrario, è quello di avere più informazioni alle basse frequenze, dove, normalmente si hanno i maggiori problemi. Per avere più risoluzione alle basse frequenze utilizziamo una sinusoide sweepata in modo lineare rispetto ad una scala dei tempi logaritmica, ovvero in cui la frequenza varia in modo esponenziale rispetto a una scala dei tempi lineare. In questo caso l’energia del segnale di ingresso x cala di 3 db/ottava. Svantaggio di questa soluzione è che per deconvolvere la risposta all’impulso non è più possibile usare, come filtro inverso, l’immagine speculare dell’ingresso x rovesciata sull’asse dei tempi. Questo è dovuto al fatto che, calando sia il segnale y = x ⊗ h che il segnale x’ di 3 db/ottava, la loro convoluzione mi dà una risposta all’impulso che è filtrata con un filtro passa-basso di 6 db/ottava, quindi assolutamente inattendibile. La soluzione corretta consiste nel convolvere il segnale misurato y, con un filtro inverso x’, costituito dal segnale x rovesciato sull’asse dei tempi, pre-equalizzato in modo da crescere di 6 db/ottava, per compensare la caduta della risposta all’impulso. Esperienza 2: Generiamo per tre volte una sinusoide alla frequenza di campionamento di 48 kHz, mono, a 32 bit, sweepata in modo esponenziale, da 50 Hz a 20 kHz.

Fig 6 Sequenza di tre sweep vista con Cool Edit spectral view

Fig. 10 - Sequenza di tre sweep esponenziali vista con Cool Edit

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8

Misuriamo il segnale di uscita con un microfono.

Fig. 11 - Misura alla sequenza di tre sweep.

Ora bisogna convolvere con lo sweep inverso, che il plug-in di generazione dello sweep ha già posto nella clipboard.

Fig. 12 - Sweep inverso visto con Cool Edit

Otteniamo così la risposta all’impulso della stanza.

Fig. 13 - Risposta della stanza ottenuta da sweep e mediata.

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9

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Thomas Ranigler - matricola 131013 - Lezione del 27/11/2001 - ore 16:30-18:30

-1-

Tecniche di misura avanzate della risposta all’impulso

Le tecniche di misura di risposta all’impulso avanzate, che affronteremo da qui in avanti, si basano su misurazioni elettroacustiche. Vedremo e analizzeremo la generazione di un segnale di eccitazione artificiale (prodotto nel nostro caso dal computer), immesso nell’ambiente circostante (l’aula) da un impianto di riproduzione e la deconvoluzione della risposta all’impulso a partire dalla risposta dell’ambiente all’eccitazione misurata attraverso un microfono. Prima di procedere in questo senso è però utile riprendere la teoria dei sistemi lineari tempo invarianti (abbreviazione SLI).

Convoluzione analogica e digitale

Dal punto di vista matematico, un sistema è una trasformazione che ad un segnale d’ingresso x(t) fa corrispondere un ben determinato ed unico segnale d’uscita y(t).

Il teorema della convoluzione afferma che la risposta h(t) di un segnale è univocamente determinata dalla relazione matematica che lega il segnale d’ingresso x(t) al segnale d’uscita y(t).

ττ dtxththtxty ∫∞

−=⊗=0

)()()()()( (1)

La formula (1) esprime la cosiddetta convoluzione analogica, nella quale il simbolo ⊗ viene identificato come l’operatore di convoluzione.

Quando passiamo da un sistema continuo ad un sistema discreto costituito da segnali campionati (come ad esempio all’interno di un computer) abbiamo che il tempo corrente è dato dalla relazione

τ∆⋅= it (2)

Campionare un segnale x(t) significa “estrarre” dal segnale stesso i valori che esso assume ad istanti temporali equispaziati, cioè multipli di un intervallo τ∆ detto appunto periodo di campionamento (nell’esempio di un computer, esso è caratteristico della scheda audio).

Il segnale campionato in uscita è allora dato da

Figura 1 – Schema di un sistema monodimensionale a tempo continuo

h(t) x(t) y(t)

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Lezione del 27/11/2001 - ore 16:30-18:30

-2-

∑−

=

−=⊗=1

0)()()()()(

N

Jjixjhihixiy (3)

In questa relazione, che rappresenta la cosiddetta convoluzione digitale o discreta, N indica il numero di campioni che rappresentano la risposta all’impulso.

Dopo aver analizzato la convoluzione nel dominio del tempo affrontiamo ora quella nel dominio della frequenza.

L’algoritmo di FFT

Risulta a questo punto opportuno introdurre il concetto di FFT (Fast Fourier Transform), un algoritmo veloce di calcolo della trasformata discreta di un segnale, che riduce la complessità computazionale dell’algoritmo stesso e che, a parità di frequenza di clock dell’elaboratore, permette l’utilizzo di frequenze di campionamento elevate.

L’algoritmo di FFT fu pubblicato nel 1965 da Cooley e Tukey; a questa data si fa risalire la nascita della moderna elaborazione numerica dei segnali.

Attraverso la FFT, infatti, possono essere effettuate in maniera efficiente alcune operazioni fondamentali di analisi ed elaborazione dei segnali (analisi spettrale e filtraggio). Tali operazioni non furono realizzabili in pratica fino al momento dell’introduzione dell’algoritmo veloce, vista la ridotta velocità dei componenti elettronici e quindi dei calcolatori dell’epoca.

Se applico ora l’analisi di Fourier ai segnali x ed y ed alla risposta impulsiva h ottengo

)(ωXFFTx →→ )(ωYFFTy →→ )(ωHFFTh →→

dove X(ω), Y(ω) ed H(ω) sono le trasformate di Fourier nel dominio della frequenza.

Da queste considerazioni si ottiene pertanto l’importante relazione

)()()( ωωω HXY = (4)

La convoluzione nel tempo può essere implementata attraverso l’inversa della FFT

[ ])()()( hFFTxFFTIFFTty ⋅= (5)

Supponiamo adesso di voler determinare la risposta all’impulso di un ambiente (ad esempio l’aula), una volta generato il segnale x (attraverso il computer) e conosciuto e misurato (attraverso un microfono) il segnale y.

Dalla (4) nel dominio della frequenza ricavo

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)()()(

ωωω

XYH = (6)

e facendo l’analogo di quello che avevamo fatto nella (5) otteniamo

=

)()()(XFFTYFFTIFFTh τ (7)

Questa relazione è valida indipendentemente dal tipo di segnale introdotto in ingresso (es. rumore bianco, rumore rosa, sinusoide sweepata, musica...), purché lo spettro di energia del segnale x stesso copra tutte le frequenze, altrimenti in certi casi potrei trovarmi uno 0 al denominatore nella (7).

È dunque opportuno scegliere un segnale che vari su tutto l’asse delle frequenze, in modo che le sue statistiche non siano così “sballate” da far aumentare notevolmente il tempo necessario per la misura del segnale stesso.

Time aliasing

Figura 2 – Segnale analogico a banda limitata

Figura 3 – Sovrapposizione delle repliche dovuta al fenomeno di aliasing

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-4-

Figura 4 – Sequenza non soggetta al fenomeno di aliasing

Preso un segnale x(t) a banda limitata come lo spettro mostrato in Figura 2 possiamo vedere l’effetto provocato dalla scelta di due differenti frequenze di campionamento fc. Nella Figura 3 la frequenza di campionamento è tale che le varie repliche della trasformata di x(t) centrate sui multipli della fc e derivanti dalla periodicizzazione dello spettro vengono a sovrapporsi. Nella Figura 4, invece, la frequenza di campionamento è sufficientemente alta e non si ha sovrapposizione. Nel primo caso, dunque, le varie repliche dello spettro “interferiscono” sommandosi alla replica base e producendo un errore di aliasing, che porta ad una distorsione del segnale.

La maggioranza degli analizzatori FFT svolgono l’algoritmo con un massimo di 4096 punti (o campioni) e poiché il tempo di realizzazione cresce con N2, per un numero elevato di campioni l’FFT diventa molto pesante.

Il segnale MLS

Un matematico tedesco, Alrutz, ovviò a questo inconveniente sviluppando una nuova tecnica detta MLS (Maximum Length Sequence), una sequenza binaria, costituita cioè da due soli valori estremi della forma d’onda (Figura 5).

Figura 5 – Valori estremi della forma d’onda di un segnale MLS

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Questo segnale ha uno spettro piatto in banda della frequenza e “suona” come un rumore bianco (Figura 6); esso viene generato con un operatore logico chiamato SHIFT REGISTER (registro di scorrimento), costituito da un certo numero di celle, inizializzate ciascuna con un valore opportuno, che può essere 0 oppure1. Ad ogni passo ogni campione viene comunicato alla cella successiva; alla fine esce un valore e l’ingresso viene rialimentato con un operatore logico (che può essere AND oppure OR) fra una opportuna cella intermedia e l’uscita.

Figura 6 – Rumore bianco analizzato con Cool Edit 2000

Una particolarità del segnale MLS è che correlandolo con se stesso (quella che matematicamente si chiama autocorrelazione) il risultato è un impulso ideale o δ di Dirac.

)()()( τδττ =⊂⊂ xx (8)

dove ⊂⊂ indica l’operatore di crosscorrelazione (ed in questo caso specifico di autocorrelazione).

La tecnica di misura della risposta all’impulso h con l’MLS non richiede l’utilizzo dell’algoritmo di FFT; infatti, la crosscorrelazione eseguita nel tempo tra il segnale MLS generato (x) ed il campione in uscita (y) produce la risposta cercata (h).

τ

Figura 7 – Rappresentazione della funzione delta di Dirac

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[ ] [ ] )()()()()()( ττττττ hxxxhx ⊗⊂⊂→⊂⊂⊗ (9)

e grazie alla (8) otteniamo

)()()( τττδ hh =⊗ (10)

L’operazione di crosscorrelazione viene risolta in maniera ottimale con l’algoritmo detto FAST HADAMARD TRANSFORM (algoritmo equivalente all’FFT ma specifico per il segnale binario preso in considerazione).

Descrizione dell’esperimento

Prima di vedere alcuni dei risultati conseguiti attraverso l’esperienza svolta a lezione, analizziamo la Figura 8, che riproduce uno schema semplificato di un sistema di registrazione di un segnale acustico su Compact-Disc (CD).

Figura 8 – Schema di un sistema di registrazione su CD Audio

Il segnale utile che deve essere registrato è la variazione di pressione acustica p(t) prodotta dalla sorgente del segnale stesso (in questo caso il pianoforte). Tale segnale viene convertito in una debole tensione elettrica v(t) dal microfono, che svolge la funzione di trasduttore, cioè di dispositivo che cambia la natura del segnale mantenendone inalterata la forma. La tensione prodotta dal microfono deve essere amplificata prima di poter essere ulteriormente elaborata, ottenendo così la nuova tensione x(t).

Tutti i segnali considerati finora sono analogici; poiché, però, si desidera registrare il segnale con componenti e circuiti digitali, la forma d’onda x(t) viene allora campionata, ottenendo la sequenza x[n] dei valori di x(t) considerati ai multipli di un opportuno periodo di campionamento T : x[n] = x(nT).

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Il segnale è stato adesso ridotto a tempo discreto, ma i vari campioni di x[n] assumono ancora infiniti valori nell’insieme dei reali. Si deve quindi procedere ad un’ulteriore codifica di questi valori reali attraverso l’alfabeto binario tipico dei circuiti digitali, per ottenere il segnale digitale binario y[n]. Nell’esempio della registrazione su CD, il campionamento del segnale avviene alla cadenza standardizzata di 44100 campioni/secondo e la codifica binaria dei valori reali del segnale campionato è in virgola fissa su 16 bit.

L’unione delle operazioni di campionamento e codifica prende il nome di conversione analogico/digitale e viene realizzata da appositi circuiti elettronici detti appunto convertitori A/D. Il segnale digitale binario y[n] viene quindi registrato sul CD dal cosiddetto masterizzatore; i valori delle cifre binarie di y[n] che si susseguono nel tempo vengono registrati sotto forma di areole riflettenti o assorbenti la luce (a seconda del valore 0 o 1) lungo un “solco” a spirale che si svolge dal centro verso la periferia del CD stesso. Questo segnale sarà poi riletto dal laser dell’apparecchio lettore, riconvertito in segnale analogico, amplificato e inviato ad un altoparlante per ricostruire con la massima fedeltà il segnale-messaggio originario p(t).

Passiamo ora ad analizzare l’esperienza svolta in aula. Come detto in precedenza, nello svolgimento di questa abbiamo utilizzato un sistema di registrazione ed elaborazione, un impianto di riproduzione ed un microfono SOUNDFIELD. Quest’ultimo è costituito da 4 capsule microfoniche montate idealmente ai quattro vertici di un tetraedro ed il segnale che esce dal microfono ha 4 canali: il segnale di pressione sonora w e le tre componenti cartesiane della velocità x, y e z.

Figura 9 – Il microfono Sounfield

Come segnali di “eccitazione” in ingresso si sono utilizzati il segnale MLS e lo SWEEP. Lo SWEEP, che può essere di due tipi, lineare o logaritmico, è un segnale composto da un tono puro la cui frequenza aumenta nel tempo con un determinato andamento (Figura 10 e Figura 11).

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Figura 10 – Analisi di uno SWEEP lineare

Figura 11 - Analisi di uno SWEEP logaritmico

Verso la metà degli anni ’80 una nuova tecnica soppiantò la vecchia teoria MLS e venne in seguito identificata con la sigla TDS (Time Delay Spectrometry); questa venne da subito utilizzata in misure di tipo ottico e nella propagazione delle onde radio. Nella TDS si usa una sinusoide con sweepaggio lineare, la cui frequenza varia linearmente nel tempo da un valore f1 iniziale ad un valore f2 finale; lo spettro di un segnale sweepato linearmente è uguale a quello di un rumore bianco.

La misura tradizionale TDS veniva fatta mediante il segnale proveniente dal microfono che a sua volta veniva messo in ingresso ad un filtro inseguitore (filtro passa-banda, che “lascia passare” un campo di frequenze molto stretto): se i segnali d’entrata e d’uscita erano sincronizzati, allora il segnale che emergeva dal filtro era il suono diretto.

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Lezione del 27/11/2001 - ore 16:30-18:30

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Recentemente si è giunti ad una soluzione più semplice per determinare la risposta all’impulso h(t). Riprendendo il sistema di partenza di Figura 1 (con in ingresso uno SWEEP lineare), esiste, allora, un filtro inverso x'(t) tale che

)()()( txthtx ′⊗⊗ (11)

produce la risposta h(t) cercata. Ciò è vero se vale la relazione

)(1)()( ttxtx δ==′⊗ (12)

Da quanto detto in precedenza, il filtro inverso cercato non è altro che la sweepata lineare stessa rovesciata sull’asse dei tempi.

Figura 12 – Rappresentazione grafica di un filtro in diretta e del suo corrispondente in inversa

τ

f

filtro in diretta

filtro in inversa

f2

f1

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Sonia Raboni – matr. 082716 – Lezione del 03/12/01 – ora 14:30-16:30

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Isolamento acustico, legge di massa

Argomenti trattati: − Coefficienti di riflessione, assorbimento e trasmissione − Materiali fonoassorbenti e fonoisolanti − Problemi di disturbo − Materiali fonoassorbenti

• Materiali porosi • Risuonatori acustici

Risuonatori di Helmholtz Pannelli perforati

• Pannelli vibranti − Potere fonoisolante

• Legge di massa Deviazioni dalla legge di massa

− Esercizio

Introduzione Quando è impossibile per ragioni economiche ridurre alla sorgente il rumore

fino ad un livello accettabile, si ricorre all’isolamento acustico. L’isolamento si può ottenere sfruttando o l’assorbimento acustico o la riduzione della trasmissione acustica.

È importante determinare il comportamento sotto il profilo acustico dei materiali normalmente impiegati nell’edilizia; più in particolare quelli preposti alla realizzazione di pareti esterne, pareti divisorie, finestrature, porte, soffitti, ecc. In questo modo si può valutare l’entità del livello sonoro che si produce in ambiente come conseguenza di fonti di rumore esterne all’edificio o situate in locali prossimi a quello in esame.

Analogamente, in base al tipo di attività prevista in un dato ambiente ed ai relativi requisiti acustici, si può risalire alle caratteristiche acustiche dei materiali da impiegare al fine di isolare l’ambiente contro le previste fonti di rumore esterno.

Coefficienti di riflessione, assorbimento e trasmissione In generale, quando un’onda sonora investe una parete, si suddivide in tre

componenti: − Onda riflessa − Onda assorbita − Onda trasmessa Indicando con: Ir, Ia e It le intensità sonore delle tre componenti e con Ii quella dell’onda incidente, deve valere la seguente relazione:

( )1tari IIII ++= Dividendo per Ii entrambi i membri dell’equazione di bilancio (1) si trova:

( )21=++i

t

i

a

i

r

II

II

II

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Lezione del 5/10/98 – 8:30-10:30

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Definendo:

materialedelERIFLESSIONDITECOEFFICIENIIr

i

r=

materialedelTOASSORBIMENDITECOEFFICIENIIa

i

a=

materialedelNETRASMISSIODITECOEFFICIENIIt

i

t=

la (2) si può riscrivere: ( )31=++ tar

Sino ad ora abbiamo chiamato: COEFFICIENTE DI ASSORBIMENTO ACUSTICO, indicandolo con α, il rapporto tra l’intensità dell’onda incidente e quella dell’onda NON RIFLESSA dalla parete, ovvero: ( )4ta +=α Osserviamo però che α non è un indice del vero assorbimento acustico da parte dell’ostacolo investito dall’onda sonora, una finestra aperta avrebbe infatti

1=α , poiché l’energia riflessa è nulla, ma anche l’energia “assorbita” dalla finestra (nel senso esatto del termine) è nulla, tutta l’energia attraversa infatti l’apertura ed esce dall’edificio! D’ora in poi chiameremo quindi α: Coefficiente di assorbimento acustico apparente, per distinguerlo da a che è invece il vero e proprio Coefficiente di assorbimento acustico. Quindi l’equazione di bilancio può essere infine scritta come:

( )51=+ αr .

parete

Onda riflessa

Onda incidente

Onda trasmessa

Ondaassorbita

Fig.1:Rappresentazione grafica della suddivisione di un’onda sonora incidente che colpisce una parete.

Page 325: Acustica Ed Elettroacustica

Lezione del 5/10/98 – 8:30-10:30

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Materiali fonoassorbenti e fonoisolanti Diciamo fonoassorbente un materiale con elevato coefficiente α; di solito ciò è dovuto al fatto che una parte dell'energia incidente viene convertita in calore, ma può anche essere dovuto al fatto che viene favorita la trasmissione attraverso il materiale stesso. In modo analogo, diciamo fonoisolante un materiale con basso coefficiente t. Per esempio, una tenda appesa in mezzo a una stanza è altamente fonoassorbente ma poco fonoisolante, perchè l'energia incidente viene in parte convertita in calore per attrito passando attraverso il tessuto ed in gran parte viene trasmessa atraverso la tenda. Un muro massiccio con intonaco liscio è molto fonoisolante ma poco fonoassorbente, perchè quasi tutta l'energia incidente viene riflessa. Il fenomeno è funzione della frequenza. Prima di esaminare più nel dettaglio questi materiali vediamo in quali casi vengono impiegati.

Problemi di disturbo Esistono essenzialmente due casi di disturbo sonoro: 1) Sorgente nella STESSA STANZA del ricevitore

ricevente

sorgente

Fig. 2: Il rumore emesso dalla sorgente investe direttamente o indirettamente il ricevitore, che è posto nella medesima stanza. In tal caso, per abbassare il livello di rumore al ricevitore, si impiegano materiali FONOASSORBENTI, i quali, diminuendo l’intensità dell’onda riflessa, diminuiscono il riverbero sonoro.

2) Sorgente e ricevitore in due STANZE DIVERSE La trasmissione del rumore entro gli edifici presenta una natura duplice: per via

aerea (entrando attraverso aperture e fessure, porte o finestre poco ermetiche, prese d’aria e condotti di scarico d’aria), quando il mezzo principale di trasmissione è costituito dall’aria e per via strutturale (attraverso pareti, pavimenti, soffitti, colonne, travi, tubazioni, condotti ed altre strutture solide), in tal caso il rumore può raggiungere punti remoti dell’edificio sotto forma di vibrazioni attraverso le strutture; da queste è poi restituito all’ambiente dove le condizioni risultano più “favorevoli”. Nel primo caso, vedi Fig.3, si cerca di contenere il livello di rumore usando opportuni criteri di progettazione della struttura (ad esempio facendo particolare

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attenzione agli impianti di areazione) ed impiegando materiali acustici per l’edilizia, stavolta FONOISOLANTI. Nel secondo caso, vedi Fig.4, si punta, invece, essenzialmente sull’uso di materiali FONOISOLANTI.

Pareteinterna

condotti

finestra

porta

riceventesorgente

TRASMISSIONEPER VIA AEREA

Fig. 3: Il rumore prodotto dalla sorgente viene trasmesso per VIA AEREA e raggiunge il ricevitore in una diversa stanza dell’edificio.

ricevente

sorgente PROPAGAZIONEPER VIASTRUTTURALE(CALPESTIO)

Fig. 4: Il rumore prodotto dalla sorgente viene trasmesso per VIA STRUTTURALE, ovvero tramite vibrazioni dei corpi elastici, e raggiunge il ricevitore in una diversa stanza dell’edificio.

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Materiali porosi In tali materiali le onde sonore che si producono all’esterno mettono in

vibrazione le particelle d’aria entro il materiale. L’attrito delle molecole d’aria con i pori e le fibre del materiale stesso produce la dissipazione dell’energia sonora e la sua trasformazione in calore. In pratica all’interno dei materiali si sviluppa una certa resistenza di flusso nei confronti dell'aria contenuta, in presenza di energia sonora dall’esterno.

È importante chiarire che non è necessariamente l’aria esterna (dell’ambiente) a dover entrare nel materiale affinché si produca l’assorbimento dell’energia sonora. È sufficiente che venga messa in vibrazione quella già contenuta nel materiale. Questo spiega come l’effetto fonoassorbente si produca anche quando il materiale è protetto da un film plastico impermeabile di massa trascurabile (mylar). Il film segue le variazioni della pressione sonora all’esterno e le restituisce all’aria entro il materiale, dove si effettua successivamente la dissipazione dell’energia.

Questi materiali fonoassorbenti si possono dividere in base alla composizione tra materiali a struttura fibrosa (fibre minerali, fibre di vetro, di cellulosa, ecc.) e i materiali plastici espansi (poliuretano). Questi ultimi devono però presentare strutture a celle aperte per risultare efficaci. I materiali con strutture a celle chiuse impediscono il movimento dell’aria al loro interno e non consentono la dissipazione dell’energia sonora da cui sono investiti.

Le prestazioni intrinseche dei materiali vengono influenzate in misura apprezzabile da alcune condizioni per così dire “esterne”:

1. Spessore del materiale; 2. Sistema di applicazione: presenza di un’eventuale intercapedine (e sua

profondità) tra il pannello e la parete; 3. Sistema di sospensione del pannello alla parete; 4. Tipo di rivestimento o protezione superficiale (del pannello). È utile esaminare singolarmente gli effetti di tali condizioni. Lo spessore del materiale determina la lunghezza d’onda alla quale avviene il

massimo assorbimento dell’energia sonora. In teoria, il massimo assorbimento si verifica per una lunghezza d’onda che è circa quattro volte lo spessore del materiale fonoassorbente messo in opera. Ad esempio, per un tono a 63 Hz (a cui corrisponde una lunghezza d’onda di circa 5,4m), il massimo assorbimento sarà dato da un materiale con spessore teorico di circa 1,35m. Analogamente, per un tono a 4000Hz (lunghezza di circa 0,085m) il massimo assorbimento si otterrà con uno spessore di soli 0,02m. È chiaro dunque che un aumento dello spessore del materiale produce un aumento dell’assorbimento soprattutto alle frequenze al di sotto di 1000Hz.

L’intercapedine d’aria tra il pannello fonoassorbente e la parete di fondo costituisce in pratica un “aumento” dello spessore del pannello medesimo. Ai fini dell’assorbimento delle basse frequenze si considera la profondità totale tra la superficie esterna del pannello e la superficie della parete. Vedi Fig. 5.

La presenza di una intercapedine d’aria può quindi migliorare sensibilmente l’assorbimento alle basse frequenze di uno stesso materiale. Quanto maggiore dunque risulta la profondità complessiva pannello-intercapedine, tanto migliore sarà l’assorbimento alle basse frequenze.

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Materialefonoassorbente

Profonditàutile

Spessore

soffitto

Fig.5: Spessore reale e profondità utile per l’attenuazione dei toni a bassa frequenza da parte di materiali fonoassorbenti.

Il sistema di sospensione del materiale assorbente influenza sensibilmente le

prestazioni finali. Pertanto nel confrontare le caratteristiche di assorbimento di materiali diversi è necessario sempre verificare che esse siano riferite alle medesime condizioni di prova.

In pratica esistono tre diversi metodi di applicazioni ai quali si fa riferimento: 1. Materiale applicato direttamente sulla parete; 2. Materiale montato su travetti distanziatori lasciando un’intercapedine d’aria

di 2,5cm rispetto alla parete; 3. Materiale sospeso (applicazione a soffitto) lasciando una intercapedine d’aria

di 40cm. I tre sistemi di applicazione sono schematizzati in Fig.6. Le prestazioni dei tre sistemi, a parità di altre condizioni, si discostano sensibilmente per le frequenze al di sotto dei 500Hz. Esiste una notevole differenza nel coefficiente di assorbimento acustico a favore della soluzione di montaggio (c) rispetto a tutte le altre. Al di sopra dei 1000Hz invece non si producono differenze significative.

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Materialefonoassorbente

parete

(a)

2,5cmMaterialefonoassorbente

parete

(b)

40cm

Materialefonoassorbente

soffitto

(c)

Fig.6- Metodi di applicazione dei materiali fonoassorbenti su pareti e soffitti. Le prestazioni dei materiali vengono generalmente riferite ad uno o più di questi sistemi di montaggio. (a) applicazione del materiale a contatto diretto della parete; (b) materiale montato su travetti con profondità di 2,5cm; (c) materiale sospeso a soffitto con intercapedine d’aria di 40cm.

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Il tipo di protezione superficiale dei materiali fonoassorbenti costituisce un altro fattore che influenza la resa finale. Raramente è possibile esporre il materiale senza una qualche forma di protezione superficiale, per motivi estetici, di pulizia, igiene e per evitare che depositi di polvere ne alterino nel tempo le caratteristiche. Spesso si applicano lamiere sottili perforate, in acciaio o alluminio, o pannelli in materiale fibroso a bassa densità anch'essi forati. Il materiale fonoassorbente viene posto dietro il pannello di protezione, ma leggermente staccato dalla superficie, mediante distanziatori. Questi elementi di protezione riducono le caratteristiche di assorbimento acustico alle frequenze superiori a 1000Hz. Infatti, a tali frequenze, i toni presentano ridotte lunghezze d’onda che vengono in buona parte riflesse se incontrano le superfici continue, non perforate, dei pannelli. Invece, per i toni a bassa frequenza, le corrispondenti elevate lunghezze d’onda subiscono diffrazione da parte delle superfici riflettenti, riescono ad aggirarle e accedono attraverso i fori all’interno del materiale fonoassorbente. L’uso di superfici perforate di protezione riduce dunque la caratteristica di assorbimento del materiale acustico alle alte frequenze. Oltre che con pannelli rigidi la protezione superficiale di materiali a struttura fibrosa viene effettuata spesso mediante l’impiego di film plastici, di tessuti in fibra di vetro, ecc. Tali soluzioni sono generalmente utilizzate per i pannelli destinati ai controsoffitti. Questo tipo di protezione non introduce modifiche di rilievo alle caratteristiche del materiale.

Risuonatori assorbenti È noto che soffiando dell’aria attraverso il collo di una bottiglia vuota si può udire un suono, la bottiglia agisce da risuonatore. Ci sono prove che suggeriscono che vasi ceramici e giare con aperture in aria furono costruite, sotto i posti a sedere, negli antichi anfiteatri Greci ed in alcune pareti di chiese medievali, per scopi acustici. Più tardi i risuonatori semplici furono chiamati: RISUONATORI DI HELMHOLTZ, dal nome dello studioso che per primo ne descrisse le caratteristiche. Tali strutture sono costituite da un volume, contenente aria, connesso alla stanza attraverso un collo ristretto ed un’apertura (vedi Fig.7). L’energia del suono incidente fa vibrare l’aria contenuta nel collo del risuonatore e, a causa del suo volume compresso, si comporta come una massa collegata ad una molla (l’aria nella camera principale). Come per qualsiasi sistema massa-molla, esiste una frequenza di risonanza alla quale si ha la vibrazione massima. Se la frequenza del suono incidente coincide con quest’ultima, il trasferimento di energia sarà massimo, e quindi anche l’assorbimento, a causa delle perdite per attrito. I risuonatori di Helmholtz sono particolarmente efficienti solo su uno stretto intervallo di frequenze, normalmente basse (vedi Fig.8).

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Area delforo, A

Lunghezzadel collo, l

Volume dellacavità, V

collo raggio, r

Cavitàretrostante

Fig.7: Struttura di un risuonatore di Helmholtz. La frequenza di risonanza approssimativa, per un risuonatore con apertura circolare, è data da:

[ ] ( )6'20 HzVlScf⋅

dove:

c = velocità del suono in aria, in sm

S = area superficiale del collo, in 2m

l’ = lunghezza efficace del collo =

+2

rl π , in m

r = raggio dell’apertura, in m V = volume dell’aria contenuta nella camera, in 3m . L’assorbimento massimo di un singolo risuonatore non smorzato dipende dalla sua frequenza di risonanza e può essere stimato con la seguente formula:

( )7159,02

0

=

fcA

dove: A = area di assorbimento equivalente totale, in 2m

c = velocità del suono nell’aria, in sm

f0 = frequenza di risonanza, in Hz.

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Se è richiesto di allargare la risposta di questo tipo di risuonatore, si può porre un materiale poroso nella cavità risonante, il cui effetto è quello di rallentare per attrito il movimento dell’aria all’interno della cavità stessa, questo aumenterà lo spettro di assorbimento, ma contemporaneamente ridurrà l’efficacia del risuonatore alla frequenza di risonanza (ovvero l’altezza del picco di assorbimento).

f0

1,0

0,8

0,6

0,4

0,2

0,0

125 250 500 1k 2k

Frequenza, Hz

Coef

fici

ente

di a

ssor

bim

ento

Fig.8: Caratteristica di assorbimento sonoro di un risuonatore di Helmholtz.

Pannelli assorbenti perforati I risuonatori di Helmholtz sono costosi da realizzare ed efficaci solo su strette

bande di frequenza. Un meccanismo simile di assorbimento si ottiene con pannelli perforati, montati ad una certa distanza da una superficie rigida (vedi Fig.9); i fori nel pannello agiscono come una serie di “colli” che dividono la stessa “camera”. L’aria contenuta in queste aperture, analogamente al risuonatore di Helmholtz, si comporta come una serie di masse connesse ad un’unica molla (l’aria compresa nello spazio tra il pannello perforato e la superficie rigida posteriore), vi sarà dunque una frequenza di risonanza alla quale l’assorbimento dell’onda sonora è massimo. Come per il risuonatore singolo, è possibile prevedere la frequenza di risonanza di detta struttura mediante la formula empirica:

[ ] ( )8'20 Hz

ldPcf⋅⋅

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dove:

c = velocità del suono in aria, in sm

P = rapporto di perforazione =

pannellointerodellarea

forideiglobalearea'

d = distanza del pannello dalla parete rigida, in m

l’ = lunghezza efficace del collo =

+2

rl π , in m

r = raggio dei fori, in m.

Materiale poroso

Spazio d’aria

Superficie rigida

Pannelloperforato

Suonoincidente

Suonoriflesso

Fig. 9: Struttura di un sistema di isolamento a pannelli perforati assorbenti.

Volendo ottenere un assorbimento più regolarmente distribuito su una banda di frequenze più ampia, occorre praticare dei fori di diverso diametro, ovvero spaziarli disuniformemente in modo da variare il volume della cavità. Quest’ultimo effetto può anche essere ottenuto mantenendo inalterata la foratura e variando lo spazio vuoto dietro il pannello con una delle disposizioni indicate, a titolo di esempio, in Fig.10-(a) e (b). Normalmente, la cavità tra pannello e parete viene riempita, parzialmente o totalmente, di materiale assorbente, al fine di ottenere un valore opportuno per lo smorzamento. Nella pratica tali strutture vengono utilizzate nel campo delle medie frequenze, tra circa 500 e 1500Hz.

In Fig.11 è riportata la curva di assorbimento di una struttura costituita da pannelli spessi 10mm, con foratura disuniforme, montati con intercapedine d’aria di 6cm riempita di lana di vetro.

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(a) (b)Fig.10-(a) e (b): Disposizione di risuonatori multipli accordati su frequenze diverse.

1,0

0,8

0,6

0,4

0,2

0,0

100 1k 10k

Frequenza, Hz

Coef

fici

ente

di a

ssor

bim

ento

Fig. 11: Curva di assorbimento di pannelli disuniformemente forati.

Pannelli vibranti Se un materiale ermetico, relativamente sottile, viene fissato ad una certa

distanza da una superficie rigida, esso si comporterà come un sistema massa-molla e mostrerà risonanze caratteristiche (frequenze preferenziali di vibrazione).

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Quando un’onda sonora colpisce questi pannelli, tenderà a forzare il sistema in vibrazione; se la frequenza del suono incidente corrisponde ad una delle frequenze di risonanza del sistema, il trasferimento di energia che ha luogo è massimo.

Poiché i pannelli sottili hanno un’inerzia e sono inoltre smorzati dal fissaggio alle estremità, parte dell’energia sonora che li investe viene convertita in energia meccanica e quindi “assorbita”.

D’altra parte, essendo il pannello stesso posto in vibrazione, esso irradierà nuovamente energia nella stanza, la sua efficienza come materiale fonoassorbente è quindi limitata.

I pannelli assorbenti di uso comune tendono ad essere più efficaci alle basse frequenze, con un picco di assorbimento massimo alla frequenza di risonanza; in generale, all’aumentare della densità superficiale del pannello e/o della profondità dell’intercapedine d’aria tra pannello e superficie rigida, la frequenza di assorbimento massimo diminuisce, essa segue infatti la relazione:

( )9600 d

f⋅

dove:

σ è la densità superficiale del materiale, espressa in 2mKg ;

d è la profondità dell’intercapedine d’aria. Se viene richiesto un allargamento dell’intervallo effettivo di frequenze

assorbite, è necessario inserire nell’intercapedine d’aria un materiale assorbente poroso.

In Fig.11 e 12 sono mostrate: la struttura di un sistema di isolamento a pannelli vibranti e l’andamento tipico del coefficiente di assorbimento, in funzione della frequenza dell’onda incidente.

Massa(pannello)

Molla(aria)

Superficierigida

Intercapedined’aria

Pannellovibrante

Ondaincidente

Ondariflessa

Fig.11: struttura di un pannello vibrante.

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1,0

0,8

0,6

0,4

0,2

0,0

100 1k 10k

Frequenza, Hz

Coef

fici

ente

di a

ssor

bim

ento

Fig.12: Curva di assorbimento tipica di una struttura a pannello Per i pannelli aventi dimensioni e peso usualmente adottati nella pratica, la frequenza di risonanza cade entro un intervallo compreso all’incirca tra 50 e 300Hz.

Potere fonoisolante Consideriamo una parete di un certo spessore e supponiamo che su di essa incida

un suono con un livello di intensità pari, ad esempio, a 70dB. Il suono emergente dall’altra faccia della parete avrà, dipendentemente dalla natura e dallo spessore della struttura, un livello relativamente inferiore, supponiamo 40dB. Ciò significa che una parte dell’energia incidente è stata dissipata all’interno della parete. Se ora aumentiamo di 10dB il livello del suono incidente, della stessa quantità aumenterà anche il livello del suono emergente. La differenza tra questi due livelli (suono entrante e suono uscente) è quindi una costante e costituisce una caratteristica della parete. Tale caratteristica viene definita attenuazione di parete o potere fonoisolante R e rappresenta il rapporto, espresso in dB, tra l’energia totale incidente Ii e la frazione di essa che riesce ad attraversare la parete stessa.

Ricordando la definizione di coefficiente di trasmissione, il potere fonoisolante R risulta quindi correlato a t dalla relazione:

( )101log10 dBt

R

=

R è direttamente misurabile in una camera riverberante, è comunque opportuno

poter prevedere questo valore (prima della messa in opera dei materiali) per la progettazione di un ambiente con caratteristiche acustiche predefinite. Una delle espressioni usate per stimare R è la Legge di massa, ovvero:

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( ) ( ) [ ]115,42log20log20 dBfR −+= σ

Espressione ottenuta mediante passaggi teorici che ben si accorda con i risultati sperimentali. Come si vede, R risulta proporzionale sia al logaritmo della massa superficiale, sia al logaritmo della frequenza; pertanto, un raddoppio della frequenza o della massa porta ad un aumento di 6dB del potere fonoisolante. Questo risultato è valido nel caso di onde sonore piane incidenti normalmente sulla parete divisoria. Nella pratica è però maggiormente utile poter prevedere il comportamento di una parete nel caso di suono mediamente diffuso o perfettamente diffuso, questo poiché il suono giunge di norma sulla parete da tutte le direzioni, ossia sotto tutti gli angoli di incidenza. Si impiegano allora altre due relazioni per il calcolo di R, ovvero: per suono perfettamente diffuso

( ) [ ]121523,0log10 dBRseRRRpd >⋅−= per suono mediamente diffuso

[ ]135dBRRmd −= Tutte le espressioni viste per il calcolo di R valgono per pareti non porose, omogenee ed isotrope.

Deviazioni dalla legge di massa In accordo con la teoria, l’attenuazione di una parete omogenea dovrebbe aumentare di 6dB per ogni raddoppio della frequenza; tuttavia, da misure sperimentali, si osserva che questo risultato teorico è valido solo entro un certo campo di frequenze intermedie (regione III), come mostrato in Fig.13.

Effettodirigidità

Coincidenza

Risonanze

Pendenza:6dB/ottava

Legge di massa

(IV)(II)(I)

fcf0

Frequenza (Hz)

R(III) (V)

Fig.13: Curva rappresentativa dell’andamento del potere fonoisolante, in funzione della frequenza, per una parete omogenea singola.

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Le deviazioni dalla legge di massa, chiaramente visibili nelle regioni (I), (II), (IV) e (V), relative alle frequenze molto basse e molto alte, sono dovute ad effetti particolari, che sono di seguito brevemente illustrati. − Effetto di rigidità Questo effetto si manifesta nel caso di pareti sottili molto rigide e di peso trascurabile. In tali condizioni, il potere fonoisolante segue l’andamento della linea indicata in Fig.13 (regione (I)), ossia cresce al diminuire della frequenza. Tale fenomeno si verifica nel caso delle pareti (o pavimenti) reali per valori della frequenza inferiori ad una frequenza fondamentale naturale f0, compresa normalmente entro l’intervallo 10÷20Hz. Per tale motivo questo effetto, dal punto di vista dell’attenuazione del suono, non ha importanza pratica. − Effetto di risonanza Si consideri una parete piana incastrata ai bordi, eccitando in un modo qualunque tale parete, essa entra in vibrazione ad una frequenza particolare, detta frequenza fondamentale naturale, che dipende sia dalla massa sia dalla rigidità flessionale della struttura. Gli effetti di queste due grandezze agiscono in direzioni opposte, nel senso che la frequenza fondamentale decresce all’aumentare della massa e cresce al crescere della rigidità flessionale. La frequenza f0 per la quale l’effetto della massa e l’effetto della rigidità flessionale assumono la stessa importanza, annullandosi quindi reciprocamente, rappresenta la frequenza di risonanza. A parità di ogni altra condizione, la frequenza fondamentale cresce proporzionalmente con lo spessore (rigidità) e inversamente al peso per unità di superficie (massa). La f0 ha generalmente valori compresi tra 1 e 100Hz. Quando la frequenza del suono incidente è uguale a quella di risonanza della parete, quest’ultima entra in vibrazione con oscillazioni di ampiezza maggiore che alle altre frequenze. In tali condizioni, la parete diventa sostanzialmente trasparente al suono ed il suo potere fonoisolante, di conseguenza, raggiunge un valore minimo. La frequenza f0 rappresenta la prima (e la più importante) di una serie di frequenze proprie di risonanza dovute, come è noto, a ciascuno dei modi naturali di vibrazione di cui è dotata ogni piastra vibrante. In corrispondenza a ciascuna di tali frequenze, fn il potere fonoisolante passa per dei minimi, ossia, come nel caso della frequenza fondamentale, la parete diviene pressoché trasparente al suono. Questa situazione è rappresentata nella regione (II) di Fig.13 dalle successive alternanze che caratterizzano il primo tratto della retta che esprime la legge di massa. − Effetto di coincidenza Quest’effetto è mostrato nella zona (IV) di Fig.13; ciò che accade è che in una parete, opportunamente eccitata da un’onda sonora incidente, si formano onde flessionali, la cui velocità non è costante, ma è proporzionale alla radice quadrata della frequenza. Quando l’onda generata (flessionale) ha velocità pari alla velocità del suono nel particolare materiale che forma la parete, quest’ultima risulta “trasparente” all’onda incidente. Questa situazione è illustrata in Fig.14, in cui i parametri indicati sono tali da verificare la relazione:

[ ]14α

λλsen

af =

Tale fenomeno si verifica ad una particolare frequenza, detta appunto Frequenza di coincidenza fc. Per i materiali impiegati nell’edilizia il valore di fc può variare entro

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un intervallo assai ampio di valori (da alcune decine ad alcune migliaia di Hz), dipendentemente dallo spessore della parete, dalla natura e dalle caratteristiche del materiale. Tale frequenza può essere calcolata con la relazione:

( ) [ ]1513 22

Escfc

σρπ

−⋅

=

dove: c = velocità del suono in aria, m/s ρ = densità del materiale, kg/m3 σ2 = coefficiente di Poisson (adimensionale) E = Modulo di elasticità del materiale (Modulo di Young), N/m2 S = spessore della parete, m Nell’intorno di questo valore, l’effetto di coincidenza si manifesta con una perdita del potere fonoisolante fino a 15÷20dB rispetto al valore teorico prevedibile con la legge di massa.

λa

λf

α

i

Fig.14: Effetto di coincidenza. Nella zona (V) è difficile stabilire cosa accade, dipende dal tipo di materiale scelto; tipicamente, per tutto il restante intervallo di frequenze, si osserva che il potere fonoisolante si mantiene circa 5÷10dB al di sotto del valore previsto dalla legge di massa. Quanto detto sin ora vale per PARETI OMOGENEE; in caso di pareti formate da materiali diversi e possibile ottenere le stesse prestazioni in termini di potere fonoisolante usando strutture a minore spessore; quindi, a parità di peso, miglioro l’isolamento acustico. Pareti siffatte prendono il nome di PARETI DOPPIE. Osserviamo infine che anche se l’isolamento delle pareti viene realizzato in modo esemplare, porte e finestre mal progettate nel locale possono invalidarne la funzione; ovvero: gli elementi dal potere fonoisolante della struttura minore condizionano pesantemente il potere isolante complessivo, quest’ultimo è infatti dato da:

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⋅−= ∑

i

R

im

i

SS

R 10101log10

dove: S = Superficie totale Si = Superficie i-esima che compone la superficie totale Ri = Potere fonoisolante della superficie i-esima. Applichiamo subito questo concetto nel seguente esercizio.

ESERCIZIO Consideriamo una parete di superficie totale pari a 17m2 (ST); essa è composta

per 15m2 (Sd) di materiale omogeneo, di densità ρ e spessore d, e per 2m2 (Sf) da una finestra, con potere fonoisolante R.

Determinare il potere fonoisolante globale per un’onda incidente diffusa, alla frequenza di 1kHz.

DATI:217mST =

215mSd =

31500mkg

md 2,0=22mS f =

)(30 diffusaincidenzadBR =

ST

Sf

Sd

SOLUZIONE: Calcoliamo il potere fonoisolante della parete: Rd, per determinarlo è necessario

calcolare innanzitutto la densità superficiale σ:

23002,01500mkgd =⋅=⋅= ρσ

Utilizzando la legge di massa, ipotizzando che non ci siano aperture nella parete, come scatole per gli interruttori elettrici, si ricava direttamente il valore di Rd:

dBfRd 675,42)10log(20)300log(205,42)log(20)log(20 3 =−+=−+= σ

Il potere fonoisolante della finestra: Rf è già un dato del problema e non

necessita dunque di calcoli, è quindi possibile calcolare il potere fonoisolante globale come:

( ) dBSS

Ri

R

iT

m

i

2,391021015171log10101log10 37,610 =

⋅+⋅−=

⋅−= −−−

Che è il risultato da noi cercato.

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Dario Fertonani – matr. 130886 – Lezione del 3/12/01 – ora 16.30-18.30

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MISURE ACUSTICHE E RELATIVE NORMATIVE Argomenti trattati:

• Introduzione al problema dell’isolamento acustico • Normative di riferimento • Vie di propagazione acustica • Isolamento acustico per via aerea • Isolamento acustico del calpestio • Isolamento acustico di facciata • Esercizi esemplificativi sulle misure acustiche

Introduzione al problema dell’isolamento acustico

Sin dall’età classica, in particolare dal periodo di maggiore splendore della civiltà greca, la progettazione di strutture edili non può prescindere da un’attenta analisi acustica. Questo fatto, di per sé evidente quando la progettazione riguarda edifici come teatri o cinema, è facilmente riscontrabile anche in fase di progetto di strutture apparentemente meno legate al settore acustico, come ad esempio gli appartamenti residenziali.

Lo sviluppo dell’acustica negli ultimi decenni è stato notevole e di pari passo si sono sviluppate normative riguardanti diversi tipi di misure acustiche. Ciò si è reso necessario in quanto la crescita del livello sonoro, anche nelle zone urbane, ha subito una crescita esponenziale.

In questa sede verrà trattato il problema dell’isolamento acustico: saranno presentate le convenzioni per la misura dei diversi parametri riguardanti la normativa ad esso relativa, con l’aggiunta di vari esempi e di commenti sulle differenti legislazioni degli stati europei. Lo scopo generale è quello di minimizzare il livello sonoro negli ambienti limitrofi a sorgenti sonore indesiderate. Normative di riferimento

Sono di seguito elencate le normative cui faremo riferimento nel corso della trattazione, con a fianco un breve cenno agli argomenti cui si riferiscono:

− Legge 447 (Legge quadro sull’acustica) − EN 20717 (Isolamento acustico degli edifici) − EN 12354 (Prestazioni acustiche dei componenti) − EN 20140 (Misure in opera e in laboratorio) − EN 3022 (Prove di laboratorio)

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− DPCM 14.11.97 (Limiti per le sorgenti sonore) − DPCM 5.12.97 (Requisiti acustici passivi) − Circolare 3150 del Ministero dei LLPP del 1967 (Requisiti acustici per le scuole)

La Legge 447 affida la compilazione delle normative tecniche all’UNI, il quale

prende riferimento delle indicazioni ISO. Altri Paesi europei si basano sulle direttive ISO e questo permette una maggiore uniformità legislativa sul territorio continentale, con conseguenti vantaggi per le imprese costruttive, rispetto alle enormi differenze che caratterizzavano le diverse legislazioni statali fino a pochi decenni fa.

Analizziamo in questa sede le norme UNI EN 20140, UNI EN ISO 140 e il DPCM 5.12.97, dove gli edifici vengono divisi a seconda della loro funzione in diverse categorie e, per ciascuna di esse, sono fissati i requisiti acustici passivi. Ecco la tabella di riferimento: Categoria A edifici adibiti a residenza o assimilabili; Categoria B edifici adibiti ad uffici ed assimilabili; Categoria C edifici adibiti ad alberghi, pensioni ed attività assimilabili; Categoria D edifici adibiti ad ospedali, cliniche, case di cura e assimilabili; Categoria E edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili; Categoria F edifici adibiti ad attività ricreative o di culto o assimilabili; Categoria G edifici adibiti ad attività commerciali o assimilabili.

Tabella A: classificazione degli ambienti abitativi

Di seguito presentiamo la tabella relativa ai requisiti acustici fissati dal decreto legge per le categorie sopra definite. Si possono facilmente notare due carenze di queste direttive: non è in alcun modo specificato se i requisiti indicati riguardano anche gli edifici già esistenti, inoltre non viene fatta alcuna distinzione, all’interno della stessa categoria, tra edifici situati in zone differenti, con il risultato che alcuni limiti sono troppo restrittivi ed altri insufficienti.

Parametri Categoria dell’edificio Rw (*) D2m,nT,w Ln,w LASmax LAeq 1. D 55 45 58 35 25 2. A, C 50 40 63 35 35 3. E 50 48 58 35 25 4. B, F, G 50 42 55 35 35 (*) Valori di Rw riferiti a elementi di separazione tra due distinte unità immobiliari

Tabella B: requisiti acustici passivi Per aiutare nella comprensione della Tabella B, i parametri che vi compaiono saranno definiti e commentati nei paragrafi successivi di questa relazione.

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Vie di propagazione acustica

Qualunque tipo di suono può essere trasmesso attraverso le pareti, il soffitto o il pavimento di un edificio, percorrendo cammini aerei oppure cammini strutturali. Convenzionalmente si distinguono le vie di propagazione sonora tra via aerea e via strutturale.

Questa distinzione non deve trarre in inganno: la propagazione avviene in entrambi i casi attraverso strutture solide, ma la struttura è sollecitata da onde sonore nel primo caso, mentre è sottoposta a forze applicate direttamente nel secondo. Ad esempio: le voci avvertite tra due stanze vicine sono trasmesse per via aerea; i passi del piano superiore sono trasmessi per via strutturale (sollecitazione del solaio).

Si parla invece di propagazione per via diretta quando l’onda di pressione sonora non incontra strutture in ostacolo alla propria propagazione.

Figura 1: Propagazione sonora diretta, aerea, strutturale

Isolamento acustico per via aerea

Una parete che separa due ambienti non impedisce la trasmissione dell’onda di pressione sonora: quando essa viene investita dall’onda comincia a vibrare e proprio tale campo di vibrazione provoca la diffusione del suono oltre la parete.

Per minimizzare il più possibile questo fenomeno è necessario limitare le possibilità di vibrazione della parete, il che implica uno studio accurato delle caratteristiche elastiche e dissipative dei materiali di costruzione. Un’analisi di questo tipo non può prescindere dalle misure in laboratorio per determinare le proprietà isolanti dei materiali, per stabilire dati di progetto o di specifica, per verificare la rispondenza dei materiali da costruzione alle normative in vigore.

Le camere di prova del laboratorio vengono costruite con l’intento di evitare ogni possibile fuga sonora, in modo che durante il test tutta l’energia pervenga nella camera ricevente esclusivamente attraverso la parete di prova. In genere la sorgente sonora emette rumore in banda larga, filtrato in terzi d’ottava. Il rumore rosa si addice a tale operazione in quanto l’energia trasmessa rimane costante, a patto di filtrare in terzi d’ottava. Si veda la Figura 2 per una schematizzazione del processo di test in laboratorio.

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Figura 2: Test della parete separatrice entro una camera di prova

Il potere fonoisolante R di una parete è definito come dieci volte il logaritmo in base dieci del rapporto tra la potenza sonora W1 incidente sulla parete e la potenza sonora W2 trasmessa dalla parete al locale adiacente:

)(log102

1 dBWWR = (1)

oppure:

)(1log10 dBt

R = (2)

ricordando che t indica il coefficiente di trasmissione sonora della parete. Il potere fonoisolante dipende dalla frequenza f del suono e viene pertanto

misurato ottava per ottava. Il valore di R varia anche in funzione dalla densità superficiale σ della parete, ovvero in funzione della massa per unità di superficie del divisorio.

Figura 3

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La Figura 3 fornisce un’idea qualitativa di come il potere fonoisolante dipenda dalla frequenza f del suono, nel caso di una parete solida omogenea. Si notino i due tratti rettilinei: il primo è dovuto alla rigidità; nel secondo vale la legge di massa e R cresce di 6 dB per ottava.

Una definizione del potere fonoisolante alternativa alla (1) è contenuta all’interno della UNI EN 130-3 e permette una misura in laboratorio più semplice rispetto alla definizione originaria. La prova viene effettuata (Figura 2) separando due locali col provino da testare e ponendo una sorgente sonora in uno di essi, nell’ipotesi che l’unica parete che lasci passare energia sonora sia quella di prova. La definizione proposta nella normativa è la seguente:

)(log102

21 dBASLLR +−= (3)

essendo L1 e L2 i livelli di pressione sonora rispettivamente nella camera di emissione ed in quella ricevente, essendo S la superficie della parete di prova ed essendo A2 l’assorbimento della camera ricevente.

L’ultimo termine presente nella (3) è un fattore correttivo che tiene conto dell’assorbimento di energia sonora da parte delle pareti della camera ricevente. La misura diretta del valore di A2 non è semplice, ma è possibile ricavarlo dalla seguente relazione:

)(16.02

22 s

AVTR = (4)

dove V2 è il volume della camera ricevente e TR2 è il suo tempo di riverberazione.

Non sempre è possibile effettuare in laboratorio le misure delle grandezze riguardanti l’isolamento sonoro di una parete. Capita spesso, ad esempio, di dovere testare una parete di una costruzione già terminata, per verificare che rispetti le normative in vigore. In questi casi le misure realizzate vengono dette misure in campo o misure in situ.

Le grandezze ottenute con queste misure in opera sono indicate con un apice, come si può facilmente vedere nelle definizioni che seguono.

Il potere fonoisolante apparente R’ è definito come dieci volte il logaritmo in base dieci del rapporto tra la potenza sonora W1 incidente sulla parete di prova e la potenza sonora trasmessa alla camera ricevente, data dalla somma di W2 (potenza trasmessa dalla parete di prova) e W3 (potenza trasmessa da altri elementi):

)(log10'32

1 dBWW

WR+

= (5)

La già citata UNI EN 130-3 propone per la misura di R’ la stessa formula (2)

usata per R, non essendo ovviamente possibile con misure in opera distinguere la potenza sonora trasmessa dalla parete di prova dalla potenza sonora trasmessa da elementi secondari della struttura.

Il valore del potere fonoisolante apparente dipende strettamente dalla frequenza del suono ed è pertanto misurato ottava per ottava. Per ovviare a questo inconveniente e giungere ad un indice convenzionale si introduce, come vedremo poco più avanti, la frequenza di 500Hz come frequenza di riferimento per le misure di questo tipo. Il valore di R’ dipende anche della densità superficiale della parete di prova.

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Altre definizioni sono presenti nella UNI EN 20140-4 e riguardano l’isolamento acustico D:

)(21 dBLLD −= (6) Il valore di D può essere normalizzato in due modi diversi, facendo riferimento

al tempo di riverbero T della camera ricevente:

)(5.0

log1021 dBTLLDnT +−= (7)

oppure al suo isolamento acustico A:

)(10

log1021 dBALLDn −−= (8)

Le espressioni (7) e (8) delle differenze standardizzate dei livelli sonori vengono utilizzate soprattutto in locali di dimensioni elevate, mentre per stanze più piccole si preferisce fare riferimento al potere fonoisolante apparente, in genere più restrittivo.

Per avere a disposizione un valore di R indipendente dalla frequenza del suono il DPCM 5.12.97 definisce l’indice del potere fonoisolante Rw. Le modalità per calcolarlo sono contenute nella norma UNI 8270, che fa riferimento ai valori della curva normalizzata ISO 717-1 che presenta frequenze in intervalli di terzi d’ottava da 100Hz a 3150Hz.

R (dB) 33 36 39 42 45 48 51 52Frequenza (Hz)

100 125 160 200 250 315 400 500

R (dB) 53 54 55 56 56 56 56 56Frequenza (Hz)

630 800 1000 1250 1600 2000 2500 3150

Tabella C: curva ISO 717-1

Si supponga di avere misurato un valore di R per un totale di N frequenze contenute nell’intervallo tra 100Hz e 3150Hz. Si considerino le n frequenze per le quali il valore sperimentale del potere fonoisolante è minore di quello ISO e si sommino tali scostamenti positivi tra il valore teorico e quello in opera. Si consideri la disuguaglianza:

2)(

1 ≤−∑N

RRn

sperrif

(9)

Nel caso in cui la (9) non sia verificata è necessario traslare di un dB verso il basso la curva di riferimento e riprovare a verificare la (9). Si prosegue con questo procedimento ricorsivo finché la (9) è verificata; a questo punto si pone per convenzione il valore di Rw pari al valore di R corrispondente alla frequenza di 500Hz sulla curva ISO traslata sino a verificare la (9).

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Presentiamo di seguito una tabella sull’indice del potere fonoisolante per i materiali di uso più comune nell’edilizia moderna:

R (in dB) alle frequenze (Hz) Tipo di divisorio

125 250 500 1000 2000 4000Rw

Parete di mattoni piena intonacata (s=12 cm, p=220 kg/m2) 34 35 40 50 55 57 45

Parete di mattoni piena intonacata (s=24 cm, p=440 kg/m2) 40 44 50 56 57 57 54

Parete di mattoni forati (s=28 cm) 37 43 52 60 64 65 57

Parete in calcestruzzo intonacata (s=18 cm, p=440 kg/m2) 40 42 50 58 66 68 54

Parete in calcestruzzo (2 strati di 5 cm, separati da intercapedine di 2,5 cm) 37 40 44 50 56 62 49

Parete in calcestruzzo (2 strati di 7,5 cm, separati da intercapedine di 7,5 cm) 37 40 50 54 56 63 52

Divisorio in gesso-perlite (s=5 cm, p=49 kg/m2) 26 28 30 31 42 47 33

Divisorio in gesso-perlite (s=6,3 cm, p=107 kg/m2) 31 30 29 35 45 52 34

Tramezzo mobile 15 22 26 27 33 35 29 Tramezzo mobile munito di pannelli vetrati (cristallo 7-9 mm di spessore) 17 20 25 24 28 28 26

Tramezzo mobile munito di pannelli vetrati con doppio cristallo (2 lastre uguali distanti 1 cm)

17 20 23 33 33 33 25

Tramezzo mobile munito di pannelli vetrati con doppio cristallo (2 lastre di diverso spessore distanti 4 cm)

22 27 30 30 36 38 32

Doppia finestra 16 24 36 50 54 58 36

Tabella D

Sulla base dello studio dei vari parametri introdotti in questo paragrafo,

possiamo trarre alcune conclusioni circa le migliori pareti in fatto di isolamento acustico. Attualmente il potere fonoisolante migliore, in rapporto alla complessità realizzativa, è garantito dalle pareti doppie. Queste sono costituite da due tramezzi non rigidamente connessi, separati da un’intercapedine che, per evitare fenomeni di risonanza, può essere vuota oppure riempita con materiale fonoassorbente, quale ad esempio la lana di roccia o il polistirolo. La somma del potere fonoisolante dei singoli tramezzi dà un’ottima approssimazione del potere fonoisolante complessivo della parete doppia.

Figura 4: Sezione di una parete doppia con tramezzi separati da lana di roccia

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Isolamento acustico del calpestio

In questo paragrafo studieremo le proprietà fonoisolanti di un divisorio orizzontale, spesso detto anche solaio. La nostra analisi si disinteressa del rumore prodotto in aria nell’ambiente superiore e si sposta sul rumore che, generato dal calpestio sulla superficie divisoria, si trasmette al piano inferiore.

A tale scopo, nella stanza superiore non viene posto un altoparlante ma una macchina apposita che solleciti il solaio. Le caratteristiche tecniche della macchina per calpestio sono definite dalla legge in maniera tale che questa produca un rumore standardizzato. La macchina (Figura 5) è costituita da cinque martelli cilindrici d’acciaio, pesanti 500g ciascuno, posti in linea, con distanza interasse di 100 mm. I martelli vengono fatti cadere da un’altezza di 40 mm con cadenza casuale, al ritmo medio di dieci colpi al secondo. Al piano sottostante il livello di pressione sonora è misurato con una rete di microfoni, in modo da avere un valore medio. Infine il segnale viene filtrato in bande di terzi d’ottava e memorizzato.

Figura 5: Macchina per calpestio

La norma UNI EN ISO 140-6 si riferisce alle misure in laboratorio e definisce il livello di pressione sonora da impatto normalizzato Ln di un pavimento di 10 m2

senza trasmissioni laterali:

)(10

log10 22 dBALLn += (10)

essendo L2 il livello di pressione sonora nel locale al piano inferiore ed essendo A2 l’assorbimento dello stesso locale, che si può calcolare mediante la (4) noti il volume V2 e il tempo di riverbero TR2.

Figura 6: Macchina per calpestio sul solaio e microfoni al piano inferiore

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La norma UNI EN ISO 140-7 si riferisce alle misure in situ e definisce il livello di pressione sonora da impatto normalizzato L’n nello stesso modo in cui la (10) definisce Ln.

La stessa norma definisce anche il livello di pressione sonora da impatto standardizzato L’nT, sfruttando come fattore correttivo il tempo di riverbero TR2:

)(5.0

log10' 22 dBTLL R

nT −= (11)

Ovviamente i livelli definiti da (10) e (11) dipendono strettamente dalla frequenza del suono e, per avere a disposizione un indice di riferimento indipendente dalla frequenza, la norma UNI 8270 introduce l’indice di valutazione Ln,w, analogamente a quanto fatto per il potere fonoisolante. Si utilizza la curva normalizzata ISO 717-2 (Tabella E), traslandola verso l’alto di un dB, fino a quando la somma delle differenze positive tra la curva sperimentale e la curva ISO è minore di 32 (con le frequenze in terzi di ottava). Ln,w è definito dal valore della curva di riferimento assunto alla frequenza di 500Hz.

Ln (dB) 46 46 46 46 46 46 45 44 Frequenza (Hz)

100 125 160 200 250 315 400 500

Ln (dB) 43 42 41 38 35 32 29 26 Frequenza (Hz)

630 800 1000 1250 1600 2000 2500 3150

Tabella E: curva ISO 717-2 Isolamento acustico di facciata

Fino ad ora ci siamo occupati dell’isolamento acustico tra due locali separati da una parete o da un solaio, mentre in questo paragrafo ci dedicheremo all’analisi dell’isolamento acustico di facciata, ovvero alla misura dei parametri di energia sonora trasmessa all’interno di un edificio dall’ambiente esterno.

Il DPCM 5.12.97 indica come riferimento per l’isolamento acustico di facciata la norma UNI 107008-2 e specifica le modalità di misura dell’isolamento acustico di facciata standardizzato D2m,nT. Per il suo calcolo va considerata la differenza tra il livello di pressione sonora esterno (L1,2m), misurato a 2 metri dalla facciata, e il livello medio nell’ambiente ricevente (L2), che si calcola a partire dai livelli misurati con la formula:

)(101log101

102 dB

nL

n

i

Li

∑=

= (12)

Le misure dei livelli Li che compaiono nella (12) vanno effettuate n volte per ciascuna banda di terzi d’ottava, con n numero intero superiore a un decimo del volume dell’ambiente, con valore minimo uguale a 5. A questo punto si normalizza con il tempo di riverberazione dell’ambiente ricevente (T) e si ottiene D2m,nT:

)(5,0

log1022,1,2 dBTLLD mnTm +−= (13)

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E’ importante ricordare che come sorgente sonora esterna, qualora non siano sufficienti gli abituali rumori d’ambiente, si usa impiegare un altoparlante dodecaedrico con incidenza a 45°, posto a cinque metri dalla facciata, che costituisce una valida simulazione di una fonte omnidirezionale.

Figura 7

Nel campo dell’isolamento acustico da facciata, le differenze nelle normative dei vari paesi europei sono notevoli. Germania e Austria, per specificare i valori discriminanti per la prestazione acustica di una facciata, utilizzano un parametro che è dato dalla media pesata del potere fonoisolante dei vari componenti della facciata. Tale parametro è confrontabile con D2m,nT a meno di termini correttivi che tengono conto delle dimensioni dell’ambiente interno, della forma della facciata e della trasmissione sonora laterale. Danimarca e Svezia impongono solo valori massimi per il livello sonoro all’interno dell’edificio, mentre la Francia utilizza un parametro equivalente al nostro. Esercizi esemplificativi sulle misure acustiche

Vista la particolarità delle normative trattate nei paragrafi precedenti, è vivamente consigliata la lettura degli esercizi esemplificativi proposti di seguito, allo scopo di prendere confidenza con questo argomento ostico e poco intuitivo.

Gli esercizi sono risolti e commentati, facendo preciso riferimento alle definizioni ed alle relazioni presentate in precedenza, che vengono richiamate sfruttando la numerazione progressiva delle formule.

Per rendere maggiormente interattiva la risoluzione di alcuni esercizi, vengono messi a disposizione fogli di calcolo che minimizzano i tempi degli algoritmi ricorsivi. Sono proposti esercizi sui seguenti argomenti:

• Livello sonoro • Potere fonoisolante • Tempo di riverbero • Indici di valutazione • Algoritmi ricorsivi

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ESERCIZIO 1: Determinazione del potere fonoisolante

Determinare il potere fonoisolante della parete che separa le due stanze in Figura 8, conoscendo la superficie SP del provino, il volume V2 e il tempo di riverbero TR2 della Stanza2. Si sa inoltre che la misura è effettuata a 500 Hz e sono noti i livelli sonori L1 e L2 rilevati nelle due stanze.

Figura 8 DATI: L1= 80 dB, L2= 55 dB, TR2= 2.5s, SP= 10m2, V2= 50m3

SOLUZIONE: Ricordiamo l’espressione generale (3) del potere fonoisolante:

)(log102

21 dBASLLR P+−= (3)

Tutte le grandezze che compaiono in tale relazione sono a noi note, ad eccezione della superficie A2. Possiamo ricavare A2 sfruttando la relazione (4) che la lega al tempo di riverbero e al volume della stanza:

222

2

22 2.3

5.25016.016.0 mmm

TVAR

=== (14)

A questo punto abbiamo tutti i dati necessari per giungere al risultato finale:

dBR 9.292.3

10log105580 =+−= (15)

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ESERCIZIO 2: Determinazione del livello sonoro

Nella Stanza1 è presente una sorgente sonora. Siano V1 e V2 i volumi delle due stanze, sia SP la superficie del provino, siano TR1 e TR2 i tempi di riverbero caratteristici dei due ambienti, sia t il coefficiente di trasmissione del divisorio e sia W l’intensità sonora della sorgente.

Figura 9 DATI: V1= 50m3, V2=60m3, SP=10m2, TR1=1.6s, TR2= 2s, t= 0.01, W=1w SOLUZIONE: Da (3) si ricava direttamente:

)(log102

12 dBASRLL P+−= (16)

Dall’equazione del campo riverberante ottengo:

)(4log101

1 dBA

LL W += (17)

Per definizione si ha:

)(10

log10 12 dBWLW −= (18)

Posso inoltre ricavare A1 e A2 mediante la relazione (4) tra tempo di riverbero e volume. Per ottenere il potere fonoisolante devo ricordare la (2). A questo punto ho a disposizione tutti i dati per giungere al risultato finale:

++×

×+= − 01.0log10

5016.06,14log10

101log10 122L

dB2.1026016.0210log10 =

××

+ (19)

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ESERCIZIO 3: Determinazione di Dn,w

In base ai dati in tabella si chiede di determinare Dn,w sapendo che il volume della Stanza2 è V2=50m3 .

Frequenza (Hz) 125 250 500 1000 2000L1 (dB) 80 85 87 88 88L2 (dB) 50 45 38 30 35TR2 (dB) 1 0.8 0.6 0.4 0.3Curva ISO (dB) 36 45 52 55 56

Tabella F

SOLUZIONE: Per ottenere i valori di Dn possiamo sfruttare le seguente relazione:

10log1021

ALLDn −−= (20)

Conoscendo il tempo di riverbero, è possibile calcolare A alle diverse frequenze mediante (4). In questo modo ottengo: Frequenza (Hz) 125 250 500 1000 2000Dn (dB) 31 40 47.8 55 48.7 Tabella G A questo punto devo considerare le frequenze in cui il valore di riferimento ISO supera il valore sperimentale, sommare i valori di tali scostamenti e dividere la loro somma per 5. Ottengo:

3.45

3.72.455=

+++ (21)

Essendo 4.3 maggiore di 2, devo continuare a traslare di un dB verso il basso la curva ISO, finché il procedimento appena illustrato porta ad un risultato minore di 2. A questo punto si assume come valore di Dn,w il valore della curva traslata relativo alla frequenza di 500Hz. Come si può facilmente verificare con l’ausilio del seguente foglio di calcolo, il risultato del problema è Dn,w=49dB. Il foglio di calcolo permette di inserire da tastiera il valore della traslazione verso il basso della curva ISO e calcola gli scostamenti dalla curva sperimentale. L’indice di valutazione è tanto più accurato quanto più la somma degli scostamenti positivi è prossima a 10. Ecco l’ausiliare foglio di calcolo:

problema3.xls

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ESERCIZIO 4: Determinazione di L’n,w

Vengono date per 5 frequenze la curva sperimentale L’n e la curva di riferimento ISO. Si chiede di calcolare il valore di L’n,w. Frequenza (Hz) 125 250 500 1000 2000L’n (dB) 50 52 53 52 43Curva ISO (dB) 67 67 65 62 49 Tabella H SOLUZIONE: Dobbiamo considerare le frequenze in cui il valore sperimentale supera il valore di riferimento ISO, sommare i valori di tali scostamenti e dividere la somma per 5. Nel nostro caso, a tutte le frequenze i valori ISO superano quelli sperimentali: dobbiamo pertanto continuare a traslare di un dB verso il basso la curva di riferimento, finché il procedimento appena illustrato porta ad un valore il più possibile prossimo a 2. A questo punto si assume come valore di L’n,w il valore della curva traslata relativo alla frequenza di 500Hz. Come ausilio ai calcoli è utile il seguente foglio di calcolo:

problema4.xls

Il foglio di calcolo permette di variare la traslazione verso il basso della curva ISO e calcola gli scostamenti dalla curva sperimentale. Nella cella “Indice di valutazione” è possibile trovare il risultato del problema. Esso è tanto più accurato quanto più la somma degli scostamenti positivi è prossima a 10. Nel nostro caso risulta: L’n,w=52dB

303540455055606570

0 500 1000 1500 2000 2500

Frequenza (Hz)

Indi

ci (d

B)

L'n (dB)Curva ISO (dB)

Figura 10

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Claudio Iori – matr. 141456 – Lezione del 3/12/2001 – ora 16:30-18:30

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Misure acustiche ,legislazione ed esercizi esemplificativi

Argomenti trattati -Legislazione e normative di riferimento -Isolamento acustico :

- Per via aerea - Del calpestio - Di facciata

-Esercizi commentati sugli argomenti trattati -Link a siti che trattano gli argomenti visti Introduzione

In queste pagine verrà trattato il problema dell’isolamento acustico.Sebbene l’isolamento e l’acustica in generale siano stati oggetto di studio anche nell’antichità(i greci hanno raggiunto mirabili risultati),solo negli ultimi anni questa scienza ha subito una vera e propria impennata dovuta al bisogno di isolare gli edifici dai rumori sempre più vari e molesti.Parallelamente a questa necessità scatenante si è avuto (e si sta avendo) un deciso miglioramento della tecnologia e si è anche venuta a creare una classe di tecnici e di professionisti che fino a trent’anni fa non esisteva.Ciò fa si che l’acustica e le strategie per risolvere i problemi ad essa connessi(come l’isolamento) siano in continua evoluzione.

Parallelamente si è venuta a creare anche una serie di leggi che ne regolamentano le applicazioni.Purtroppo però,accade spesso che, in virtù della relativa giovinezza di questa scienza e della grande competenza tecnica richiesta per comprenderne anche gli sviluppi che paiono più elementari,il legislatore non sia in grado di trovare risposte soddisfacenti.Si possono perciò a volte trovare alcune differenze tra i vari stati o addirittura contraddizioni interne tra le normative vigenti di uno stesso stato.

Normative di riferimento

Le principali norme vigenti nel nostro paese sono riportate di seguito

− Legge 447 : Legge quadro sull’acustica − EN 20140 :Misure in opera e in laboratorio − EN 3022 :Prove di laboratorio − EN 12354 :Prestazioni acustiche dei componenti

− EN 20717 :Isolamento acustico degli edifici − DPCM 14.11.97 :Limiti per le sorgenti sonore − DPCM 5.12.97 :Requisiti acustici passivi degli edifici − Circolare 3150 del Ministero dei LLPP del 1967: Requisiti acustici per le

scuole La legge 447 affida la stesura delle normative tecniche all’UNI ,che a sua volta

alle indicazioni dell’ISO. Siccome altri paesi europei si basano sull’ISO si ha una certa uniformità tra molti paesi europei ;uniformità che prima non era presente(basti vedere le date dei DPCM).

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La nostra legislazione in materia classifica i vari ambienti abitativi e per ogni categoria riporta i valori massimi dei parametri consentiti dalla legge.

Categoria A edifici adibiti a residenza o assimilabili; Categoria B edifici adibiti ad uffici ed assimilabili; Categoria C edifici adibiti ad alberghi, pensioni ed attività assimilabili; Categoria D edifici adibiti ad ospedali, cliniche, case di cura e assimilabili; Categoria E edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili; Categoria F edifici adibiti ad attività ricreative o di culto o assimilabili; Categoria G edifici adibiti ad attività commerciali o assimilabili.

TABELLA 1: Classificazione degli edifici

Parametri Categorie di cui alla Tab. A Rw

(*) D2m,nT,w Ln,w LASmax LAeq

1. D 55 45 58 35 25 2. A, C 50 40 63 35 35 3. E 50 48 58 35 25 4. B, F, G 50 42 55 35 35 (*) Valori di Rw riferiti a elementi di separazione tra due distinte unità

immobiliari TABELLA 2:parametri relativi ad ogni categoria

UNI 10708-1

31/12/1997 Acustica. Misurazione dell’isolamento acustico in edifici e di elementi di edificio. Misurazioni in opera dell’isolamento acustico per via aerea tra ambienti. (Codice ICS: 91.120.20)

UNI 10708-3

31/12/1997 Acustica. Misurazione dell’isolamento acustico in edifici e in elementi di edificio. Misurazioni in opera dell’isolamento dal rumore di calpestio di solai. (Codice ICS: 91.060.30 91.120.20)

UNI 10844 30/11/1999 Acustica - Determinazione della capacità di fonoassorbimento degli ambienti chiusi (Codice ICS: 17.140.01 91.120.20)

UNI 8270-6 ISO 140

31/01/1988 Acustica. Misura dell' isolamento acustico in edifici ed elementi di edificio. Misura in laboratorio dell' isolamento dai rumori di calpestio di solai. (Codice ICS: 91.120.20)

UNI EN 20140-10

31/07/1993 Acustica. Misura dell'isolamento acustico in edifici e di elementi di edificio. Misura in laboratorio dell'isolamento acustico per via aerea di piccoli elementi di edificio. (Codice ICS: 91.120.20)

UNI EN 20140-2

31/03/1994 Acustica. Misura dell'isolamento acustico di edifici e di elementi di edificio. Determinazione, verifica e applicazione della precisione dei dati. (Codice ICS: 17.140.01 91.120.20)

UNI EN 20140-9

31/01/1998 Acustica. Misurazione dell'isolamento acustico in edifici e in elementi di edificio. Misurazione in laboratorio dell'isolamento acustico per via aerea da ambiente a ambiente coperti dallo stesso controsoffitto. (Codice ICS: 91.120.20)

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TABELLA 3- principali norme riguardanti gli edifici

VIE DI PROPAGAZIONE DEL SUONO Il suono si può propagare in svariati modi e le classificazioni possono essere

molteplici a seconda delle esigenze e dei parametri che si considerano.Siccome noi ci occupiamo prevalentemente di edifici diremo che il suono si può propagare per via diretta ,via aerea ,via strutturale.

Si dice propagazione diretta quando il suono non incontra nessun ostacolo davanti a sé,cioè quando l’onda sonora si può propagare liberamente(per esempio due persone che parlano nella stessa stanza).Si parla di propagazione per via aerea quando il mezzo di propagazione del suono è l’aria,ma vi sono ostacoli tra la sorgente e la destinazione.Nella fattispecie se l’ostacolo è per esempio una parete dell’ edificio si usa la parola aerea poiché la parete è sollecitata da onde sonore(per esempio quando si ode la voce di una persona provenire da un’altra stanza).

Si parla invece di propagazione strutturale quando il suono è prodotto direttamente applicando forze meccaniche alla struttura dell’ edificio.

Figura 1: vie di propagazione del suono

PROPAGAZIONE PER VIA AEREA

Quando siamo in una stanza ci accorgiamo che anche se la porta è chiusa una

parte dei rumori provenienti dall’esterno può essere comunque udita.Questo avviene poiché le onde sonore che provengono dall’ esterno mettono in vibrazione la

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parete,che quindi trasmette a sua volta il suono(sebbene attutito).Per fare in modo che i suoni provenienti da altre stanze non siano troppo forti e non rechino quindi disturbo si cercano di impiegare materiali con determinate caratteristiche elastiche e dissipative in modo da ridurre l’ampiezza delle vibrazioni sonore.Bisogna quindi testare i vari materiali per misurare le proprietà sopra accennate e per poterle sfruttare al meglio.

I test sui materiali vengono svolti in laboratorio nelle cosiddette camere di prova.

Figura 2: La camera di prova Come si può vedere dalla figura qui sopra una camera di prova ha una struttura

molto semplice:due stanze divise da una parete costruita con il materiale che si vuole testare.In una stanza si trova la sorgente del suono(camera di emissione),mentre nell’altra(camera ricevente) c’è un’apparecchiatura preposta alla ricezione del suono.Naturalmente queste camere sono progettate e costruite in modo tale da avere delle pareti che abbiano caratteristiche fortemente isolanti,cosicché le sorgenti esterne di rumore non contaminino il suono emesso dalla camera di emissione e non disturbino l’apparecchiatura ricevente posta nell’altra stanza.Il procedimento consiste nel misurare la pressione sonora(o un qualsiasi altro parametro che si vuole analizzare) in ognuna delle due stanze.Confrontando i risultati ottenuti impiegando diversi materiali per la parete in comune si possono trarre delle utili conclusioni da adoperare in fase sperimentale o addirittura di progetto.

Per una trattazione più rigorosa si veda la norma UNI EN 20140-10 le cui coordinate principali sono riportate nella tabella tre.

Il potere fonoisolante di una parete è uno dei parametri più importanti

riguardanti l’isolamento aereo.Esso è definito come dieci volte il logaritmo in base dieci del rapporto tra la potenza sonora W1 incidente sulla parete e la potenza sonora W2 trasmessa dalla parete al locale adiacente:

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)(log102

1 dBWWR = (1)

oppure:

)(1log10 dBt

R = (2)

con t che corrisponde al coefficiente di trasmissione sonora della parete. Si ha inoltre che il potere fonoisolante dipende dalla frequenza f del suono e perciò viene misurato di ottava in ottava.R varia anche in funzione della densità della parete.Se per esempio abbiamo una parete omogenea possiamo tracciare un grafico(ottenuto sperimentalmente)che ci mostra come varia il potere fonoisolante in funzione della frequenza.

regione III regione II regione I

legge della massa

6 dB/ottava

f0 fc

piccolo smorzamento medio smorzamento grande smorzamento

frequenza (Hz)

pote

re fo

nois

olan

te (d

B)

Figura 3:Dipendenza del potere fonoisolante dalla frequenza

Esiste anche un’altra definizione di R contenuta nella norma UNI EN 130-3.L’esperienza si basa sul disegno della camera di prova riportato sopra e la definizione contenuta all’interno della normativa è

dBASLLR

221 log10+−= (3)

S= area del di visorio A2= assorbimento camera ricevente

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L1= pressione sonora camera di emissione L2= pressione sonora camera ricevente Il termine con il logaritmo è un fattore correttivo che tiene conto dell’assorbimento A2 della camera ricevente.La misurazione di A2 non è affatto facile e si può ottenere sperimentalmente dalla formula

)(16.02

22 s

AVTR = (4)

dove TR2 è il tempo di riverberazione e V2 è il volume della camera ricevente . Spesso accade che si debbano eseguire misure su edifici già esistenti o su costruzioni inserite in un contesto ambientale che non può in alcun modo essere riprodotto in laboratorio.Questo tipo di misurazioni sono dette misure in situ e vengono eseguite con apparecchiature più maneggevoli e meno costose di quelle presenti nei centri specializzati.Tutti i parametri le cui misure sono state acquisite sul campo sono indicati con un apice. Perciò il potere fonoisolante diventa R’ ed è uguale a:

dBWW

WR )log(10'32

1

+= (5)

W1= potenza sonora incidente su parete di prova, W2= potenza sonora trasmessa attraverso la parete di prova, W3= potenza sonora trasmessa da elementi laterali o da altri componenti. Si noti come in questo caso venga aggiunto il parametro W3 per tenere conto dell’impossibilità di avere un buon isolamento da fonti esterne. Parallelamente alle misure in laboratorio anche in questo caso esiste esiste una definizione alternativa:

dBASLLR

221 log10' +−= (6)

Come abbiamo già visto però il potere fonoisolante dipende strettamente dalla frequenza.Per questo motivo si definisce come frequenza standard quella di 500 Hz.

Un metodo usato spesso per trovare un valore di R che dipenda il meno possibile dalla frequenza è quello suggerito dalla norma UNI 8270,in cui si fa riferimento alla curva normalizzata ISO 717-1 che contiene le frequenze in intervalli di terzi d’ottava da 100Hz a 3150Hz. La norma suggerisce di costruire una tabella in cui ad ogni frequenza(distanziata l’una dall’altra come detto di un terzo d’ ottava) corrisponde un valore di R.A questo punto si considerano le frequenze in cui R è minore di quello ISO e si sommano le differenze(positive) tra il valore teorico e quello in opera.Ottenuto tale valore bisogna vedere se è soddisfatta la diuguaglianza

2)(

1 ≤−∑

=

N

RRn

i

isperrif

(7)

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Se questa non è verificata bisogna traslare verso il basso la curva normalizzata ISO 717-1 di un decibel e ripetere il procedimento fino ad avere la disuguaglianza verificata. A questo punto il valore cercato corrisponde a R a 500Hz. Oltre al potere fonoisolante compaiono nelle norme ISO altre definizioni come l’isolamento acustico l’isolamento acustico D: )(21 dBLLD −= (8) Come per il potere fonoassorbente anche in questo caso si può normalizzare la grandezza in questione sia rispetto al tempo di riverbero T della camera ricevente:

)(5.0

log1021 dBTLLDnT +−= (9)

sia rispetto all’isolamento acustico A:

)(10

log1021 dBALLDn −−= (10)

In genere si utilizza D per le grandi stanze ed R per le più piccole. ISOLAMENTO ACUSTICO DI FACCIATA

Vediamo ora un altro aspetto dell’isolamento che riguarda le tecniche di misurazione impiegate per saggiare le pareti degli edifici quando il suono viene dall’esterno.Questo tipo di isolamento prende il nome di isolamento di facciata.In tali casi il DPCM 5.12.97 indica come riferimento norma UNI 107008-2 e precisa le modalità di misura dell’isolamento acustico di facciata standardizzato D2m,nT definito da :

dBTLLD mnTm )5.0

log(1022,1,2 +−= (11)

in cui L1,2m è il livello di pressione sonora esterno misurata a due metri dalla facciata e L2 è definito dalla formula:

)(101log101

102 dB

nL

n

i

Li

∑=

= (12)

Le misure dei livelli Li devono essere eseguite in numero di n per ogni banda di terzi d’ottava; n è il numero intero immediatamente superiore ad un decimo del volume dell’ambiente.Il valore minimo di n deve comunque essere 5.

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Figura 4:misura di isolamento di facciata In ambito europeo i parametri cambiano anche se in virtù del discorso fatto in precedenza si può affermare che vi è una certa uniformità.Per approfondire differenze e analogie con gli altri paesi europei si raccomanda di collegarsi ai siti indicati nell’ ultima pagina. ISOLAMENTO ACUSTICO DAL CALPESTIO Il terzo tipo d’isolamento di cui parleremo è quello riguardante la trasmissione del suono per via strutturale.Sono esempi di una tale propagazione il rumore di passi oppure di un oggetto che cade provenienti da una stanza situata al piano superiore rispetto all’ascoltatore.Ci occuperemo quindi non di trasmissione attraverso pareti verticali ma attraverso pareti orizzontali:i cosiddetti solai. In tali casi nella camera ricevente non viene più posto un altoparlante ma una apposita apparecchiatura chiamata macchina del calpestio ,le cui caratteristiche sono definite dalle norme sull’acustica e il cui rumore prodotto è quindi standard.La macchina è costituita da cinque martelli cilindrici d’acciaio allineati, pesanti 500g ciascuno. I martelli vengono fatti cadere da un’altezza di 40 mm al ritmo di dieci colpi al secondo. Al piano di sotto il livello di pressione sonora è misurato con dei microfoni, in modo da avere un valore medio. Infine si filtra il segnale in bande di terzi d’ottava e lo si memorizza.La figura sottostante mostra la suddetta macchina.

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Figura 5: macchina del calpestio

Per quanto riguarda la misurazione in laboratorio ci si attiene alla norma UNI EN ISO 140-6 che definisce il livello di pressione sonora da impatto normalizzato Ln di un pavimento di 10 m2 senza trasmissioni laterali come

dBALLn10

log10 22 += (13)

dove L2 è il livello di pressione sonora nel locale al piano inferiore e A2 l’assorbimento dello stesso locale, che si può calcolare con la (4) conoscendo il volume V2 e il tempo di riverbero TR . La figura sottostante mostra le principali coordinate dell’esperienza in laboratorio.

Figura 6: Testaggio di un solaio Per quanto concerne le misure in situ ci si appoggia alla norma UNI EN ISO 140-7.Essa definisce il livello di pressione sonora da impatto normalizzato L’n con trasmissioni laterali come

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dBALL n10

log10' 22 += (14)

e definisce anche il livello di pressione sonora da impatto standardizzato L’nT come

dBTLL nT5.0

log10' 22 −= (15)

in cui T2 è il tempo di riverberazione della camera ricevente. Anche in questo caso è necessario compiere una operazione analoga a quella del potere fonoassorbente.Per determinare l’indice di valutazione Ln,w, si utilizza la curva normalizzata ISO 717-2 che va traslata verso il basso fino a quando la somma delle differenze positive tra la curva sperimentale e la curva ISO è il più vicino possibile al valore 2*n(dove n è il numero delle frequenze ,che sono espresse in terzi di ottava); quando sono verificate le condizioni sopracitate Ln,w è dato dal valore della curva di riferimento a 500Hz(per maggiore chiarezza si veda l’esercizio Nr 4). Ln (dB) 46 46 46 46 46 46 45 44 Frequenza (Hz)

100 125 160 200 250 315 400 500

Ln (dB) 43 42 41 38 35 32 29 26 Frequenza (Hz)

630 800 1000 1250 1600 2000 2500 3150

Tabella della curva ISO 717-2 ESERCIZI SVOLTI SULL’ISOLAMENTO ESERCIZIO 1 :POTERE FONOISOLANTE IN LABORATORIO

Trovare il potere fonoisolante della parete che separa le due stanze in figura, conoscendo la superficie SP del provino, il volume V2 e il tempo di riverbero TR2 della Stanza2. Si sa inoltre che la misura è effettuata a 500 Hz e sono noti i livelli sonori L1 e L2 rilevati nelle due stanze.

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Figura 7:Situazione descritta nel problema 1 DATI: L1= 80 dB, L2= 55 dB, SP= 10m2, V2= 50m3 ,TR2= 2.5s, SOLUZIONE: dalla (3),cioè

)(log102

21 dBASLLR P+−=

si può ottenere il parametro richiesto.Conosciamo già L1 ed L2 poiché ce li fornisce il problema.Bisogna solamente ricavare A2 che si trova impiegando la (4),cioè

222

2

22 2.3

5.25016.016.0 mmm

TVAR

===

Il risultato finale è quindi dato da

dBR 9.292.3

10log105580 =+−=

ESERCIZIO 2:LIVELLO SONORO DELLA CAMERA RICEVENTE Nella Stanza1 è presente una sorgente sonora. Siano V1 e V2 i volumi delle due stanze, sia SP la superficie del provino, siano TR1 e TR2 i tempi di riverbero caratteristici dei due ambienti, sia t il coefficiente di trasmissione del divisorio e sia W l’intensità sonora della sorgente

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Figura 8:Situazione descritta nel problema 2

DATI: V1= 50m3, V2=60m3, TR1=1.6s, TR2= 2s, t= 0.01, W=1w , SP=10m2 SOLUZIONE: Dalla (3) posso ricavare immediatamente L2 :

)(log102

12 dBASRLL P+−=

mentre L1 la ottengo da

)(4log101

1 dBA

LL W +=

dove quest’ ultima è l’equazione del campo riverberante. Inoltre si ha che per definizione

)(10

log10 12 dBWLW −=

Posso altresì ricavare R dalla(2) e A1 e A2 mediante la (4). A questo punto il risultato finale è dato da

dB

L

2.10260*16.02*10log10

)01.0log(1050*16.06.1*4log10

101log10 122

=+

+++= −

ESERCIZIO 3: Determinazione di Dn,w In base ai dati forniti sotto si chiede di determinare Dn,w sapendo che il volume della Stanza2 è uguale a 50m3 .

Frequenza 125 250 500 1000 2000

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(Hz) L1 (dB) 80 85 87 88 88L2 (dB) 50 45 38 30 35TR2 (dB) 1 0.8 0.6 0.4 0.3Curva rif (dB) 36 45 52 55 56

SOLUZIONE:

Per ottenere Dn posso utilizzare la seguente formula:

10log1021

ALLDn −−=

Con il tempo di riverbero, posso anche trovare A alle diverse frequenze con la (4).

In questo modo ottengo: Frequenza

(Hz) 125 250 500 1000 2000

Dn (dB) 31 40 47.8 55 48.7

Ora devo devo sommare gli scostamenti positivi che si hanno tra la curva ISO e valori sperimentali e dividere per il numero delle prove,cioè 5.Allora si ha

3.45

3.72.455=

+++

Essendo 4.3 maggiore di 2, devo continuare a traslare di un dB verso il basso la

curva ISO, finché il procedimento appena illustrato porta ad un risultato minore di 2. A questo punto si assume come valore di Dn,w il valore della curva traslata relativo alla frequenza di 500Hz.Procedendo per prove successive come appena spiegato si ottiene quindi che alla quarta prova la media risulta essere 1,9.Perciò il valore cercato è (52-3)dB,cioè 49dB.(Si noti che sottraggo 3 poiché alla prima prova la curva non va traslata.

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grafico esercizio 3

0

10

20

30

40

50

60

125 250 500 1000 2000frequenze Hz

valo

ri in

dB

misureISO

ESERCIZIO 4: Determinazione di L’n,w Questa volta ho per 5 frequenze diverse la curva sperimentale L’n e la curva di

riferimento ISO. Voglio calcolare il valore di L’n,w.

Frequenza(Hz) 125 250 500 1000 2000L’n (dB) 50 52 53 52 43CurvaISO (dB) 67 67 65 62 49

SOLUZIONE: In questo caso bisogna vedere quando i valori sperimentali superano la curva ISO e fare in modo che la somma degli scostamenti positivi(dove la curva ISO è il sottraendo) sia prossima il più possibile a 2*n dove n è il numero delle frequenze date nel problema.Procedendo per tentativi,abbassando di volta in volta la curva ISO di un decibel ,al tredicesimo abbassamento si ottiene che la somma degli scostamenti è 11,cioè il valore più prossimo possibile a 2*n=2*5=10.Il valore cercato è dato quindi da( 65-13)dB=52dB.

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grafico esercizio 4

0

20

40

60

80

125

250

500

1000

2000

frequenza Hz

dB

ISOmisure

LINK UTILI La maggior parte delle informazioni presenti in questa tesina sono disponibili su internet ai seguenti indirizzi(soprattutto per quanto riguarda la parte sulle normative): -www.anima-it.com -www.anit.it -www.assoacustici,it -www.associazioneairs.it -www.euroacustici.org I precedenti siti elencati sono anche molto utili per chi volesse approfondire gli argomenti trattati e l’acustica in generale. NOTA:Il grafico Nr 3 è tratto dalla tesina di Bellanova Rosario,anno accademico 2000\2001.

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Marco Grazzani – matr. 132621 – Lezione del 3/12/01 – ora 16:30-18:30

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Misure acustiche nell’edilizia Argomenti trattati:

− Normativa di riferimento − Isolamento acustico per via aerea − Isolamento acustico di facciata − Isolamento acustico del suono d’impatto − Isolamento dal rumore prodotto dagli impianti tecnologici − Esercizi sull’isolamento

Introduzione

L’influenza dell’acustica sulla progettazione degli edifici può essere osservata attraverso i secoli, dagli antichi Greci nei loro teatri all’aria aperta fino ai giorni nostri, negli edifici in cui trascorriamo buona parte del nostro tempo per lavorare e durante il tempo libero o in casa.

La grande differenza rispetto all’ambiente in cui vivevano gli antichi Greci, è che noi oggi siamo esposti ad un numero sempre crescente di rumori provenienti dal vicinato, dalle industrie, dal traffico.

Esiste una divisione naturale nel campo dell’acustica architettonica: una parte si occupa della distribuzione sonora, della riproduzione sonora, dei tempi ottimali di riverbero all’interno di un ambiente e così via, l’altra parte interviene tra una stanza e l’ambiente esterno, che può essere rappresentato da un altro locale o dall’esterno dell’edificio stesso, e riguarda l’isolamento sonoro tra due ambienti, trasmissioni di varia natura, come calpestio, installazioni rumorose, traffico cittadino, ecc. Normativa di riferimento

− EN 20717 Isolamento acustico degli edifici − EN 12354 Stima delle prestazioni acustiche dei componenti − EN 20140 Misure in opera e in laboratorio − EN 3022 Prove di laboratorio sulle apparecchiature − Legge 447 Legge quadro sull’acustica − DPCM 14.11.97 Limite per le sorgenti sonore − DPCM 5.12.97 Requisiti acustici passivi degli edifici − Circolare 3150 del Ministero dei LLPP del 1967 sui requisiti acustici per le

scuole La legge quadro 447 prevede l’emanazione di diversi decreti e affida all’UNI la

compilazione delle necessarie norme tecniche. L’UNI recepisce tali norme dal CEN che a sua volta le recepisce dall’ISO, così in tutti i Paesi le regole sono pressoché identiche, quindi più comprensibili, inoltre le imprese sono più agevolate nel lavoro.

In particolare c’interessano le norme UNI EN 20140 e UNI EN ISO 140 e il DPCM 5.12.97 che individua diverse tipologie di edifici e ne fissa, per ciascuna, i requisiti acustici passivi. Ci sono alcune osservazioni riguardanti il decreto: i livelli per ogni categoria sono fissati indipendentemente dalla zona in cui l’edificio è situato; in tal modo la stessa specifica può essere troppo restrittiva o insufficiente,

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Lezione del 3/12/01 – ora 16:30-18:30

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inoltre i livelli d’isolamento prescritti per alcuni edifici sono molto meno severi dei livelli prescritti per gli impianti. Infine non è chiarito l’ambito di applicazione e quindi potrebbe ritenersi esteso anche a edifici già esistenti. Categoria A: edifici adibiti a residenza o assimilabili; Categoria B: edifici adibiti ad uffici ed assimilabili; Categoria C: edifici adibiti ad alberghi, pensioni ed attività assimilabili; Categoria D: edifici adibiti ad ospedali, cliniche, case di cura e assimilabili; Categoria E: edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili; Categoria F: edifici adibiti ad attività ricreative o di culto o assimilabili; Categoria G: edifici adibiti ad attività commerciali o assimilabili.

Tabella A Classificazione ambienti abitativi

Parametri Categorie di

cui alla Tab. A Rw (*) D2m,nT,w Ln,w LASmax LAeq 1. D 55 45 58 35 25 2. A, C 50 40 63 35 35 3. E 50 48 58 35 25 4. B, F, G 50 42 55 35 35

Tabella B Requisiti acustici passivi degli edifici, dei loro componenti e degli impianti

tecnologici (*) Valori di Rw riferiti a elementi di separazione tra due distinte unità immobiliari.

Un qualsiasi suono, di origine interna o esterna ad un edificio si trasmette attraverso le pareti, il soffitto o il pavimento percorrendo sia cammini aerei che strutturali. E’ usuale distinguere il suono, che generato in un ambiente si propaga in un altro, in suono generato per via aerea o per via strutturale. Entrambi coinvolgono la propagazione attraverso strutture solide solo che nel primo tipo la struttura è eccitata da onde sonore, nel secondo tipo da forze applicate direttamente. Ad esempio le voci avvertite in una stanza vicina sono suoni generati per via aerea, i passi al piano superiore sono generati per via strutturale.

Figura 1

Modi di trasmissione del suono tra due stanze:

− per via diretta; − fuga acustica; − per vie strutturali.

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Lezione del 3/12/01 – ora 16:30-18:30

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Isolamento acustico per via aerea

Una parete che separa due ambienti, quando è investita da onde sonore, è forzata a vibrare e il campo di vibrazione che consegue è il diretto responsabile della propagazione del suono nei locali adiacenti. Per “limitare i danni” bisogna ridurre l’ampiezza delle vibrazioni, e qui entrano in gioco le proprietà dinamiche della struttura, quelle elastiche, quelle inerziali e quelle dissipative.

Figura 2

Misure in laboratorio: le misure in laboratorio (fig. 2) vengono effettuate per

determinare le proprietà isolanti dei materiali o per indagini tendenti a stabilire dati di progetto o di specifica. Possono anche servire a stabilire la rispondenza dei materiali da costruzione alle normative internazionali o locali.

Le camere di prova del laboratorio vengono costruite prestando la massima attenzione ad evitare ogni possibile fuga, in modo che durante il test tutta l’energia pervenga nella camera ricevente esclusivamente attraverso la parete di prova. Solitamente la fonte di suono emette rumore in banda larga filtrato in terzi d’ottava, ad esempio il rumore rosa si addice a tale operazione perché usando i filtri in terzi d’ottava l’energia trasmessa rimane costante. La misura della pressione sonora è effettuata sia nella camera ricevente sia in quella emittente tramite fonometri a valle dei quali avviene la registrazione dei livelli dei segnali.

Il potere fonoisolante R è definito come dieci volte il logaritmo in base dieci

del rapporto tra potenza sonora incidente W1 sulla parete e potenza sonora W2 trasmessa dal provino alla stanza adiacente

dBWWR

2

1log10= (1)

Il potere fonoisolante dipende dalla frequenza f del suono, infatti è misurato

ottava per ottava, e anche dalla densità superficiale σ del divisorio cioè dalla massa per unità di superficie. Per una parete solida omogenea, la curva del potere

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fonoisolante in funzione della frequenza, può essere divisa in diverse regioni secondo l’influenza delle caratteristiche specifiche della parete sulla riduzione sonora come in fig. 3.

regione III regione II regione I

legge della massa

6 dB/ottava

f0 fc

piccolo smorzamento medio smorzamento grande smorzamento

frequenza (Hz)

pote

re fo

nois

olan

te (d

B)

Figura 3

− Regione I: tratto discendente rigidità, tratto oscillante fenomeno della risonanza;

− Regione II: R è descritto dalla legge di massa e aumenta di 6 dB per ogni ottava; − Regione III: fenomeno della coincidenza.

Un’altra definizione della stessa grandezza R si trova nel testo della norma UNI EN 140-3, che è derivata dalla (1) sotto le condizioni di diffusione dei campi sonori nelle due stanze e d’irraggiamento del suono nella camera ricevente solo da parte del provino; solitamente questa condizione è ottenuta tramite giunti elastici che isolano il provino dal resto del laboratorio. Il parametro R è misurato dalla differenza dei livelli sonori nelle due stanze, ricevente ed emittente, tenendo conto dell’assor-bimento della camera ricevente.

dBASLLR

221 log10+−= (2)

L1= livello pressione sonora camera di emissione L2= livello pressione sonora camera ricevente S= area della parete di divisione A2= assorbimento camera ricevente

Il fattore di correzione per misure in laboratorio include la superficie del

campione in prova S e l’assorbimento della camera ricevente A2 in m2, che può essere determinato dal volume e dal tempo di riverberazione della camera con la seguente formula per poi essere sostituito nella (2).

sAVTR

2

216.02 = (3)

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Misure in campo: tipo di misure effettuate per verificare che una costruzione o elementi di essa siano stati messi in opera in modo tale da rispettare le normative oppure per ricorrere a contromisure se un ambiente è poco usufruibile o se provoca disagio all’utente a causa di parametri acustici sballati. Le misurazioni sono eseguite come quelle in laboratorio con apparecchiature molto più maneggevoli e meno ingombranti per motivi di praticità.

Per le misure in situ si utilizza R’ potere fonoisolante apparente, l’apice significa che è una grandezza usata nelle misure in opera. R’ come R dipende molto dalla frequenza e dalla massa per unità di superficie ed è così definito:

dBWW

WR )log(10'32

1

+= (4)

W1= potenza sonora incidente su parete di prova, W2= potenza sonora trasmessa attraverso la parete di prova, W3= potenza sonora trasmessa da elementi laterali o da altri componenti.

In ipotesi di diffusione dei campi sonori la norma UNI EN 140-3 definisce la stessa grandezza come:

dBASLLR

221 log10' +−= (5)

nel potere fonoisolante apparente la potenza sonora trasmessa nell’ambiente ricevente è correlata alla potenza sonora incidente sul provino come nella (2), indipendentemente dalle condizioni effettive di trasmissione.

Un’altra definizione comunemente usata è la Differenza standardizzata dei livelli DnT che prevede di riferire il tempo di riverberazione della camera ricevente al livello standard di 0.5s.

dBTLLDnT5.0

log10 221 +−= (6)

T2= tempo di riverbero nella camera ricevente.

Se il tempo di riverbero in una stanza ammobiliata si mantiene su valori di circa

mezzo secondo, DnT corrisponde abbastanza bene all’effettivo isolamento sonoro sperimentato in soggiorni o camere da letto. R’ tiene conto delle dimensioni della stanza, pertanto in quelle piccole come i bagni è più facile da ottenere rispetto a DnT. Per grandi stanze R’ è il più restrittivo tra i due.

Può tornare utile avere un unico valore, al posto di R, che descriva il potere fonoisolante di un divisorio indipendentemente dalla frequenza; per questo è stato introdotto l’indice del potere fonoisolante Rw che troviamo nel DPCM 5.12.97. Le regole per il calcolo dell’indice si trovano nella norma UNI 8270. Si utilizza la curva normalizzata ISO 717-1, le cui frequenze vanno da 100Hz a 3150Hz in intervalli di terzi di ottava; nelle basse frequenze la pendenza è di 3dB per ottava che passa a 1dB per ottava alle medie e si annulla alle alte. Per passare da R a Rw occorre pesare i livelli sperimentali con la curva ISO, traslandola verso il basso dB per dB, fino a quando la somma delle differenze positive tra curva ISO e dati sperimentali non è inferiore a 32 (con dati espressi in terzi di ottava) e quindi si legge il valore corrispondente a 500Hz, della curva di riferimento, che è Rw.

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Algebricamente:

2)(

1 ≤−∑

=

N

RRn

i

isperrif

(7)

N= numero di valori, n= numero di punti in cui la curva normalizzata è sopra a quella sperimentale. Per ottenere l’indice devo diminuire unità per unità n, cioè traslare in basso la curva normalizzata, finchè la disuguaglianza non è verificata.

Per concludere è opportuno fare una distinzione tra potere fonoisolante e

fonoassorbimento poichè molte volte si pensa che un buon materiale fonoassorbente impedisca al suono di attraversarlo; se prendiamo una stanza con pareti fatte da semplici mattoni forati e tappezzata con moquette e suoniamo musica ad alto volume, il suono sarà chiaramente avvertibile al di fuori del locale, anche se questo è poco riverberante; se ora suoniamo la stessa musica allo stesso volume in una stanza con dei muri molto massicci (p.es. σ= 600 Kg/m2) l’isolamento sarà ottimo malgrado la stanza sia molto riverberante. Questo perché il potere fonoisolante, nella regione II di fig. 3, è fortemente dipendente dalla legge di massa. Quest’ultima ci dice che al raddoppio della massa di un divisorio singolo R aumenta di 3 dB, da ciò si capisce che tali pareti non sono dei buoni isolanti a meno di usare materiali molto pesanti che però caricano parecchio le strutture e inoltre risultano poco pratici per esempio nelle frequenti ridisposizioni dei locali di un ufficio. Quindi per avere un buon isolamento acustico si utilizzano pareti doppie (fig. 4), costituite da due tramezzi non rigidamente connessi separati da un’intercapedine che può essere vuota o riempita con materiale fonoassorbente, p.es. lana di roccia, per evitare fenomeni di risonanza. Da risultati sperimentali il potere fonoisolante R delle doppie pareti tende alla somma dei poteri fonoisolanti dei singoli tramezzi.

Figura 4

Modelli di parete doppia con differenti densità superficiali di massa

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Isolamento acustico di facciata

Il DPCM 5.12.97 stabilisce che le prestazioni d’isolamento acustico delle

facciate vengano rilevate in opera secondo la norma UNI 107008-2 misurando l’isolamento acustico di facciata standardizzato D2m,nT definito da:

dBTLLD mnTm )5.0

log(1022,1,2 +−= (8)

L1,2m= livello esterno di pressione sonora rilevato a 2 metri dalla facciata, prodotto

dal rumore del traffico o da un altoparlante con incidenza 45°, L2 = livello di pressione sonora medio nell’ambiente ricevente, valutato a partire

dai livelli misurati nello stesso ambiente mediante la seguente formula:

dBL

nL

n

i

i

)101log(101

102 ∑=

= (9)

le misure dei livelli Li devono essere eseguite in numero di n per ciascuna banda di terzi d’ottava; n è il numero immediatamente superiore ad un decimo del volume dell’ambiente; in ogni caso il valore limite di n è 5. T= tempo di riverberazione dello stesso ambiente ricevente.

Figura 5

Facendo un confronto con gli altri Paesi europei si nota che i parametri usati

sono differenti; ad esempio Germania e Austria utilizzano il potere fonoisolante risultante R’res per specificare il valore limite per la prestazione acustica della facciata che è ottenuto dalla media pesata del potere fonoisolante dei vari componenti della facciata. R’res è confrontabile con D2m,nT a meno di termini correttivi che tengono conto delle dimensioni dell’ambiente interno, della forma della facciata e della trasmissione sonora laterale. Danimarca e Svezia impongono solo valori limite per il livello sonoro all’interno; la Francia utilizza un parametro simile al nostro. La normativa italiana non prevede una divisione in fasce acustiche del

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territorio, ad esempio gli stessi valori devono essere rispettati da una scuola all’interno di un parco e da una vicino alla stazione.

Per ottenere l’ indice di valutazione per l’isolamento di facciata D2m,nT,w occorre conoscere il potere fonoisolante dei diversi elementi che compongono la facciata; le procedure di calcolo per ottenere l’isolamento acustico delle diverse strutture sono contenute in un apposito progetto di norma UNI 8270.

PAESE GRANDEZZA SORGENTE DISTURBANTE VALORE LIMITE

Livello sonoro all’esterno (dB (A))

Diurno Notturno

<55 <45 33 dB 56-65 46-55 38 dB 66-70 56-60 43 dB 71-75 61-65 48 dB 76-80 66-70 53 dB 81-85 71-75 58 dB

Austria R’res,w

>85 >75 63 dB Livello sonoro

all’esterno (dB (A))

<55 30 dB 56-60 30 dB 61-65 35 dB 66-70 40 dB 71-75 45 dB 76-80 50 dB

Germania R’res,w

>80 Da luogo a luogo In presenza di strade o

ferrovie >30-45 dB(A) Francia DnAT

Aeroporti >35 dB(A)

Italia D2m,nT,w Non specificato 40 dB

Strade <30 dB Danimarca LA,eq,24h

Ferrovie <30 dB

Svezia LA,eq,24h Strade <30 dB Tabella C

Valori limite per l’edilizia residenziale definiti da diversi documenti normativi di Paesi europei con riferimento alle grandezze di colonna 2.

Isolamento acustico del suono d’impatto

Un rumore di passi su un pavimento o sulle scale è spesso maggiormente udibile

in altre stanze che non in quella dove è prodotto, perché le vibrazioni prodotte sulle strutture del fabbricato si propagano per via solida a tutto l’edificio praticamente

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senza alcuno smorzamento. Il sistema per ridurre il rumore generato dal calpestio consiste nel realizzare pavimenti flottanti al fine di evitare ponti acustici o più semplicemente porre tappeti o moquette sui pavimenti. Anche per il calpestio il livello di rumore si misura in laboratorio e in situ. Quando si vogliono determinare le proprietà fonoisolanti di un pavimento si pone una macchina normalizzata da calpestio (fig. 6) su di esso, che è costituita da 5 martelli in linea del peso di 0.5 Kg che cadono da un’altezza di 40 mm con ritmo di percussione medio di 10 colpi al secondo; al piano sottostante si misura il livello di pressione sonora con una rete di microfoni in modo da avere un valore medio, poi il segnale è filtrato in bande di terzi d’ottava e memorizzato.

Figura 6

Misure in laboratorio: la norma UNI EN ISO 140-6 definisce il livello di

pressione sonora da impatto normalizzato Ln di un pavimento di 10 m2 senza trasmissioni laterali come

dBALLn10

log10 22 += (10)

L2= livello di pressione sonora nella camera ricevente (piano sottostante) A2= assorbimento camera ricevente, che può essere ricavato conoscendo il tempo di

riverbero e il volume da (3)

sAVTR

216.0=

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Figura 7

Misure in campo: la norma UNI EN ISO 140-7 definisce il livello di pressione sonora da impatto normalizzato L’n con trasmissioni laterali come

dBALL n10

log10' 22 += (11)

e definisce anche il livello di pressione sonora da impatto standardizzato L’nT come

dBTLL nT5.0

log10' 22 −= (12)

T2= tempo di riverberazione della camera ricevente. Per determinare l’indice di valutazione Ln,w, secondo la norma UNI 8270, la

procedura è simile a quella vista in precedenza per l’indice di valutazione del potere fonoisolante. Si utilizza la curva normalizzata ISO 717-2, che ha un andamento complementare alla 717-1, e che va traslata verso l’alto fino a quando la somma delle differenze positive tra la curva sperimentale e la curva ISO è minore di 32 (con le frequenze in terzi di ottava); a questo punto Ln,w è dato dal valore della curva di riferimento a 500Hz. Isolamento dal rumore prodotto dagli impianti tecnologici

Della stessa natura dei rumori di percussione sono quelli generati da macchine in movimento (ascensori, impianti di riscaldamento e di condizionamento) o da impianti fissi (scarichi idraulici, bagni, ecc.). La struttura dei tubi ed il loro rigido ancoraggio alle pareti sono un sistema atto a vibrare e a trasmettere alle altre strutture le oscillazioni che si originano in un punto qualsiasi dell’impianto.

Per ovviare a questi problemi sono stati studiati giunti elastici con collare in gomma (figura 8) a cui collegare le tubature e, in fase di progetto, calcolare le giuste sezioni dei tubi e la velocità dei fluidi che vi scorrono dentro.

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Figura 8

Collegamenti antivibranti per tubazioni. Bisogna però anche intervenire sugli impianti in movimento, separando le superfici di appoggio di caldaie o motori con opportuni strati antivibranti in gomma (silent block) che smorzano le vibrazioni che altrimenti si propagherebbero nell’edificio.

Il DPCM 5.12.97 dà le seguenti definizioni

LASmax= livello massimo di pressione sonora, ponderata A con costante di tempo slow,

LAeq= livello continuo equivalente di pressione sonora, ponderata A, e valori limite di entrambe: LASmax= 35 dB(A) con costante di tempo slow per i servizi a funzionamento

discontinuo, LAeq= 25 dB(A) per i servizi a funzionamento continuo,

la misura va eseguita nell’ambiente con livello di rumore più elevato con l’accortezza che tale ambiente sia diverso da quello in cui è la sorgente, perché i limiti imposti non sono riferiti agli impianti ma al rumore che propagano in un edificio.

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Esercizi sull’isolamento Esercizio 1- Determinazione del potere fonoisolante di una parete in laboratorio

Stanza 1

Sp

Stanza 2

Figura 9

La sorgente sonora sia nella stanza 1, sia Sp la superficie del provino, siano V2 il volume e TR2 il tempo di riverbero della camera ricevente 2. La misura è effettuata solo a 500Hz.

Dati: L1= 80 dB, L2= 55 dB, TR2= 2.5s, Sp= 10m2, V2= 50m3. Soluzione: Utilizzando la definizione di R (formula (2)) e la (3) ottengo:

dBR

mTVA

dBASLLR

R

p

9.2950*16.05.2*10log105580

5.25016.016.0

log10

2

2

22

221

=+−=

==

+−=

Esercizio 2- Determinazione del livello L2 della camera ricevente

Stanza 1

Sp

Stanza 2

Figura 10

La sorgente sonora sia nella stanza 1, sia Sp la superficie del provino, siano V1 e V2 i volumi, TR1 e TR2 i tempi di riverbero rispettivamente delle camere sorgente 1 e ricevente 2, sia t il coefficiente di trasmissione del divisorio, sia Lw il livello di intensità sonora e W l’intensità sonora.

Dati: V1= 50m3, V2=60m3, TR1=1.6s, TR2= 2s, t= 0.01, W= 1w.

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- 13 -

Soluzione: dalla formula (2) ottengo

dBASRLL p

212 log10+−=

L1 è ottenibile dall’equazione del campo riverberante (13),

dBS

LL N

i

ii

Wreg

∑=

+=

1

4log10α

(13)

sostituendo alla sommatoria l’assorbimento della camera A1 dato da (3), in (13) ottengo L1, mentre Lw è, come da definizione di livello,

dBWLw )10

log(10 12−= (14)

mentre R lo ricavo da t

dBt

R 1log10= (15)

Sfruttando ancora (3) per determinare A2 e (2) per L2 trovo:

dB

L

2.10260*16.02*10log10

)01.0log(1050*16.06.1*4log10

101log10 122

=+

+++= −

Esercizio 3- Determinazione di Dnw

Vengono forniti L1, L2 e TR2 per cinque frequenze e la curva di riferimento, sia

V=50m3 il volume del locale.

Frequenza Hz 125 250 500 1000 2000 L1 dB 80 85 87 88 88 L2 dB 50 45 38 30 35 TR2 s 1 0.8 0.6 0.4 0.3 Curva rif. dB 36 45 52 55 56

Tabella D – Dati del problema

Soluzione: Per ricavare Dn alle cinque frequenze utilizzo (16) e (3) per ottenere A

dBALLDn10

log1021 −−= (16)

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Lezione del 3/12/01 – ora 16:30-18:30

- 14 -

31

40

47,8

55

48,7

36

45

5255 56

30

35

40

45

50

55

60

125 250 500 1000 2000

Frequenze Hz

dB

Dn Curva rif

Figura 11 Con il seguente foglio excel viene calcolato Dnw per prove successive, cioè fino

a quando la somma degli scostamenti positivi (differenza tra curva di rif. e dati) è maggiore di 10 essendo N=5. Il calcolo fa riferimento alla formula (7) e alla procedura presente nel paragrafo relativo al rumore per via aerea. Il risultato è Dnw= 49 dB.

Dnw

Esercizio 4- Determinazione di L’nw

Vengono forniti L’n per cinque frequenze assieme alla curva di riferimento.

Frequenze Hz 125 250 500 1000 2000 L’n dB 50 52 53 52 43 Curva rif. dB 67 67 65 62 53

Tabella E- Dati del problema.

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Lezione del 3/12/01 – ora 16:30-18:30

- 15 -

5052 53 52

43

67 6765

62

53

40

45

50

55

60

65

70

125

250

500

1000

2000

Frequenza Hz

dB

L’n Curva rif.

Figura 12 Con il seguente foglio excel viene calcolato L’nw per prove successive, cioè fino

a quando la somma degli scostamenti positivi (differenza tra dati e curva di rif.) è maggiore di 10 essendo N=5. Il calcolo fa riferimento alla formula (7) e alla procedura descritta nel paragrafo relativo al rumore da calpestio. Il risultato è L’nw = 51 dB.

L'nw