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Pag. - 10 Clifford J. Ruddle, DDS Jorge Vera, DDS Monica Gutierrez, DDS Il presente articolo si pone l’obiettivo di con- trollare, basandosi su osservazione cliniche, l’accuratezza di un localizzatore apicale di quarta generazione. In trenta secondi molari superiori che dovevano essere estratti è stata stata misurata elettronicamente la lunghez- za di lavoro. Dopo aver sondato i canali, le lime sono state cementate nelle seguente maniera: una lima è stata bloccata quando il localizzatore apicale segnava 0,5 mm. In un altro canale la lima è stata cementata dopo che il localizzatore segnava 0,0 mm e quindi ì stata rimossa fino al valore di 0,5 mm. Infine, una terza lima è stata bloccata in un terzo canale quando sul monitor erano visibili i numeri negativi (che indicavano che la lima aveva raggiunto il legamento paro- dontale). Tutti questi denti sono stati estratti e diafanizzati ed è stata misurata la distan- za della punta della lima dall’apertura del forame sulla superficie esterna della radice. Dalla ricerca emerge che il posizionare la lima al livello del valore 0,0 mm del monitor e quindi rimuoverla fino al valore di 0,5 mm, sembra essere la maniera più accurata per utilizzare il localizzatore elettronico api- cale. Stabilire la lunghezza di lavoro alla co- strizione apicale ovverosia a livello del minor diametro del canale è considerato ideale quando si cerca di creare una feri- ta piccola e quindi le condizioni per una guarigione soddisfacente. La distanza di questa struttura anatomica dall’apertura del forame sulla superficie esterna della radice varia da 0,5 o 1 mm. 1-3 Quando si cerca di determinare la lun- ghezza di lavoro, le radiografie non con- sentono una determinazione accurata della posizione della costrizione apicale. Infatti, la distanza radiografica appa- rente della lima dall’apice radiografico è stata determinata essere 0,7 mm più corta rispetto alla reale posizione della lima. 4 I localizzatori elettronici per misura- re la lunghezza di lavoro, sono stati ampiamente studiati in vitro utilizzando diversi mezzi come l’Agar, la gelatina o l’alginato 5-8 e anche in presenza di vari fluidi canalari. 9 In uno studio con- dotto da Huang, 10 è stato concluso che il principio della misurazione canalare elettronica è un puro fenomeno fisico; quando l’elettrodo passa attraverso il sottile forame apicale, il forame produce una significante gradiente di resistenza elettrica, che è costante tranne quando il canale è riempito con elettroliti o il forame apicale è troppo ampio. I localiz- zatori apicali di prima generazione erano del tipo “resistenza”, cioè misuravano la resistenza tra due elettrodi per determi- nare la loro localizzazione all’interno del canale. I localizzatori apicali di seconda generazione erano del tipo “impedenza della singola frequenza” e cioè misura- vano l’impedenza invece della resistenza per misurare la lunghezza di un canale. I miglioramenti degli strumenti di secon- da rispetto a quelli di prima generazio- ne, consistevano essenzialmente sul fatto che i secondi davano maggiori informa- zioni e, in uno strumento di questo tipo, la frequenza poteva variare per compen- sare le diverse condizioni all’interno del canale. Gli strumenti di terza genera- zione erano simili a quelli di seconda, ma misuravano frequenze multiple per determinare la distanza dal termine del canale. Questo forniva un numero ancora maggiore d’informazioni, che potevano essere utilizzate per compensare automa- ticamente le varie condizioni esistenti all’interno del canale. Le ricerche esegui- te sugli strumenti di terza generazione hanno mostrato che si potevano ottenere misurazioni accurate anche in presenza di elettroliti, con un’accuratezza esisten- te tra l’85 e il 95%. 11-14 Lo strumento denominato “Elements Diagnostic Unit” Accurata determinazione della lunghezza di lavoro mediante l’utilizzo di un localizzatore apicale di quarta generazione

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Clifford J. Ruddle, DDSJorge Vera, DDS Monica Gutierrez, DDS

Il presente articolo si pone l’obiettivo di con-trollare, basandosi su osservazione cliniche, l’accuratezza di un localizzatore apicale di quarta generazione. In trenta secondi molari superiori che dovevano essere estratti è stata stata misurata elettronicamente la lunghez-za di lavoro. Dopo aver sondato i canali, le lime sono state cementate nelle seguente maniera: una lima è stata bloccata quando il localizzatore apicale segnava 0,5 mm. In un altro canale la lima è stata cementata dopo che il localizzatore segnava 0,0 mm e quindi ì stata rimossa fino al valore di 0,5 mm. Infine, una terza lima è stata bloccata in un terzo canale quando sul monitor erano visibili i numeri negativi (che indicavano che la lima aveva raggiunto il legamento paro-dontale). Tutti questi denti sono stati estratti e diafanizzati ed è stata misurata la distan-za della punta della lima dall’apertura del forame sulla superficie esterna della radice. Dalla ricerca emerge che il posizionare la lima al livello del valore 0,0 mm del monitor e quindi rimuoverla fino al valore di 0,5 mm, sembra essere la maniera più accurata per utilizzare il localizzatore elettronico api-cale.

Stabilire la lunghezza di lavoro alla co-strizione apicale ovverosia a livello del minor diametro del canale è considerato ideale quando si cerca di creare una feri-ta piccola e quindi le condizioni per una guarigione soddisfacente. La distanza di questa struttura anatomica dall’apertura del forame sulla superficie esterna della radice varia da 0,5 o 1 mm.1-3

Quando si cerca di determinare la lun-ghezza di lavoro, le radiografie non con-sentono una determinazione accurata della posizione della costrizione apicale. Infatti, la distanza radiografica appa-rente della lima dall’apice radiografico è stata determinata essere 0,7 mm più corta rispetto alla reale posizione della lima.4

I localizzatori elettronici per misura-re la lunghezza di lavoro, sono stati ampiamente studiati in vitro utilizzando diversi mezzi come l’Agar, la gelatina o l’alginato 5-8 e anche in presenza di vari fluidi canalari.9 In uno studio con-dotto da Huang,10 è stato concluso che il principio della misurazione canalare elettronica è un puro fenomeno fisico; quando l’elettrodo passa attraverso il sottile forame apicale, il forame produce una significante gradiente di resistenza elettrica, che è costante tranne quando il canale è riempito con elettroliti o il forame apicale è troppo ampio. I localiz-zatori apicali di prima generazione erano del tipo “resistenza”, cioè misuravano la resistenza tra due elettrodi per determi-nare la loro localizzazione all’interno del canale. I localizzatori apicali di seconda generazione erano del tipo “impedenza della singola frequenza” e cioè misura-vano l’impedenza invece della resistenza per misurare la lunghezza di un canale. I miglioramenti degli strumenti di secon-da rispetto a quelli di prima generazio-ne, consistevano essenzialmente sul fatto che i secondi davano maggiori informa-zioni e, in uno strumento di questo tipo, la frequenza poteva variare per compen-sare le diverse condizioni all’interno del canale. Gli strumenti di terza genera-zione erano simili a quelli di seconda, ma misuravano frequenze multiple per determinare la distanza dal termine del canale. Questo forniva un numero ancora maggiore d’informazioni, che potevano essere utilizzate per compensare automa-ticamente le varie condizioni esistenti all’interno del canale. Le ricerche esegui-te sugli strumenti di terza generazione hanno mostrato che si potevano ottenere misurazioni accurate anche in presenza di elettroliti, con un’accuratezza esisten-te tra l’85 e il 95%.11-14 Lo strumento denominato “Elements Diagnostic Unit”

Accurata determinazione della lunghezza di lavoro mediante l’utilizzo di un localizzatoreapicale di quarta generazione

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Vol. 8, Nr. 4 2005

L’Informatore Endodontico

(SybronEndo, Sybron Dental Specilties, Orange, CA) è un localizzatore apicale di quarta generazione. In questi tipi di apparecchi, l’impedenza scomposta nei suoi componenti primari (resistenza e capacitanza) viene misurata diretta-mente e indipendentemente durante il suo utilizzo. Questo elimina le letture erronee avute a differenti combinazioni di queste proprietà che possono fornire gli stessi valori d’impedenza. In altre parole, ci devono essere due combinazio-ni di resistenza e capacitanza che danno la stessa impedenza, per cui ci sono due diverse situazioni che possono dare lo stesso risultato (e quindi la stessa lettura come lunghezza all’interno del canale). Anche l’Elements Diagnostic Unit uti-lizza molte frequenze per compensare le diverse condizioni esistenti all’interno del canale e non esegue alcun calcolo all’interno come accadeva negli stru-menti di terza generazione. Al contra-rio, tutte le combinazioni di capacitanza e resistenza sono calcolate e sommate all’interno di un database nello strumen-to, rendendo così le informazioni molto più stabili.

Materiali e metodiPer questo studio sono stati scelti tren-ta molari superiori che dovevano esse-re estratti per vari motivi allo scopo di eseguire delle osservazioni cliniche con lo strumento Elements Diagnostic Unit. Tutti i pazienti che hanno par-tecipato a questa ricerca hanno accet-tato il trattamento proposto ed hanno firmato un consenso informato. Dopo aver isolato completamente i denti con la diga di gomma e avere eseguito una cavità d’accesso, sono stati localizzati gli imbocchi dei canali radicolari e la cavità è stata irrigata con ipoclorito di sodio al 5,25% e quindi asciugata. A questo punto un endodontista, con l’utilizzo di

lime manuali, ha eseguito i sondaggio dei canali e le seguenti procedure. In un canale scelto arbitrariamente in ciascun molare, una lima veniva cementata con resina composita dopo che il display dello strumento raggiungeva il segnale di 0,5 mm, senza cioè arrivare al valore di 0,0 mm. Veniva quindi scelto un altro canale dello stesso dente e vi veni-va cementata un’altra lima dopo che lo strumento aveva raggiunto il valore di -0,2 mm o -0,5 mm sul display (indican-do così che la lima era passata attraverso la costrizione apicale e aveva raggiunto il legamento parodontale). Nel terzo canale, dopo aver raggiunto il valore di 0,0 mm, la lima era stata estratta fino a raggiungere 0,5 mm, in accordo con le raccomandazioni della casa costruttrice (Fig. 1). Dopo che tutte le lime erano state cementate, i denti venivano radio-grafati sia prima che dopo l’estrazio-ne (Figg. 2, 3). Sei denti erano rimasti danneggiati durante questa procedura e sono stati quindi scartati. Tutti gli altri

Figura 1L’Elements Diagnostic Unit mostra la lettura del valore 0,5 mm.1

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sono stati diafanizzati (Figg. 4, 5) ed è stata determinata la distanza della punta della lima dal forame sulla superficie esterna della radice, usando un micro-scopio e un calibro.

RisultatiI denti che dopo l’estrazione apparivano danneggiati o dove la posizione della lima non poteva essere terminata con accuratezza venivano scartati . Nei cana-li in cui la lima era stata cementata dopo essere andati alla lettura del valore di 0,5 mm (Fig. 6) 20 lime su 24 erano a 0,5 mm dall’apertura esterna del forame e in 4 canali gli strumenti erano a più di 0,5 mm dal forame. In due di questi la lima appariva essere alla costrizione apicale, che a sua volta era a più di un millimetro di distanza dal forame ester-no. Nei canali nei quali la lima era stata rimossa dalla tacca 0,0 mm e posizionata a 0,5 mm, in 22 su 22 gli strumenti erano effettivamente a 0,5 mm, e questo sembrava essere costante con la posizio-ne dalla costrizione apicale così come questa era visibile sotto ingrandimento (Figg. 7-9). Nei canali in cui la lima era arrivata a valori negativi (da -0,2 mm a

-0,5 mm), la lima era fuori dal canale in tutti e 23 i casi (Figg. 10, 11).

DiscussioneL’accurata determinazione della lunghez-za di lavoro è di importanza fondamenta-le per arrivare al successo in Endodonzia (Figg. 12, 13).13 La determinazione radiografica della lunghezza di lavoro ha dei limiti e spesso è imprecisa.4 Una lunghezza di lavoro che è stata stabilita erroneamente lunga rispetto alla costri-zione apicale, può causare un danno irre-versibile alla struttura radicolare portan-do ad una perforazione e all’estrusione di materiale da otturazione. Al contrario, una determinazione della lunghezza di lavoro corta rispetto alla costrizione può portare ad un detersione inadeguata e/o a una disinfezione inadeguata del sistema dei canali radicolari, con conseguente ritardo o addirittura mancanza di gua-rigione.16 Il manuale di istruzione del-l’apparecchio Elements Diagnostic Unit stabilisce che quando la lima raggiun-ge il legamento parodontale il Display numerico mostra la lettura 0,0. Da quel punto la lima deve essere rimossa fino al valore 0,5 mm per ottenere la lettura

PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr Jorge Vera si è laureato in Odontoiatria presso la National University of Mexico e si è specializzato in Endodonzia presso la TUFTS University a Boston nel 1993. E’ attualmente il Presidente della Mexican Association of Endodontists, ha ricevuto il “Seltzer Award” dalla rivista Oral Surg. Oral Med. Oral Pathol. Oral Radiol. and Endodontics nel 2005 e tre “Research Award” dalla Mexican Association of Endodontists. Ha tenuto conferenze in Messico, Stati Uniti, Olanda, Italia, Panama, Guatemala, El Salvador, Colombia, Equador, Venezuela, Argentina, Australia. Ha pubbli-cato 52 articoli scientifici sulle più prestigiose riviste del settore.

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Figura 2Gli strumenti sono stati cementati in ciascun canale prima dell’estrazione

Figura 3Gli strumenti in ciascun

canale dopo l’estrazione.

Figura 4Il dente diafanizzato mostra la sede

delle tre lime nei rispettivi canali.

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più accurata. Dall’osservazione degli ele-menti dentari di questo studio è apparso che lo strumento Elements Diagnostic Unit lavora al meglio e dà le misurazio-ne più precise, quando si seguono queste istruzioni (22 canali su 22 erano entro 0,5 mm dal forame esterno).Un altro reperto interessante è stato il fatto che quando lo strumento mostrava un numero negativo, la lima era sempre

al di là della costrizione apicale e in molti casi era fuori dal canale radicolare. Pertanto, una volta che lo strumento ha determinato che la lima è “lunga”, la rimozione della lima fino a raggiungere il valore di 0,5 mm sembra essere un metodo molto efficace per determinare la lunghezza di lavoro finale. Gli autori inoltre hanno osservato che lo strumento lavora meglio quando la cavità d’accesso

PROFILO DELL’AUTORE. La Dott.ssa Monica Gutierrez si è laurata in Odontoiatria presso la UNITEC University in Messico e si è specializzata in Endodonzia presso la University of Tlaxcala. Active Member della Mexican Association of Endodontists, esercita la sua attività limitatamente all’Endodonzia a Città del Messico. Ha pubblicato 3 articoli scientifici sulle più prestigiose riviste del settore.

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Figura 5Due strumenti visti a maggiore ingrandimento.

Figura 6Posizione della lima dopo essersi fermati al valore 0,5 mm.

Figura 7Posizione della lima dopo averla ritirata dalla lettura 0,0 mm ed essersi fermati al valore 0,5 mm.

Figura 8Posizione delle lime dopo averle ritirate dalla lettura 0,0 mm ed essersi fermati al valore 0,5 mm.

Figura 9Posizione della lima dopo averla ritirata dalla lettura 0,0 mm ed essersi fermati al valore 0,5 mm.

Figura 10L’Elements Diagnostic Unit mostra la lettura del valore negativo -0,2 mm.

Figura 11Posizione della lima dopo che lo strumento aveva indicato numeri negativi (da –0,2 mm a –0,5 mm).

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è stata asciugata prima di introdurre la lima all’interno del canale. Idealmente, si preferisce la strumentazione “Crown Down” e si preferisce prendere la misu-razione con una lima di calibro abba-stanza ampio, in maniera che prenda contatto a livello della costrizione api-cale, anziché usare una lima sottile che non si avvicina al diametro apicale della costrizione, in quanto questo può porta-re ad una lettura erronea.10

Nella preparazione di canali curvi si ha un accorciamento spontaneo della lun-ghezza di lavoro. Questo accorciamento può variare da 0,22 mm a 0,5 mm.17 Tuttavia, una volta che è stato fatto un allargamento coronale, i cambiamen-ti che avvengono nella lunghezza sono minimi.18 Inoltre è stato visto che la svasatura del canale prima della deter-minazione della lunghezza di lavoro con un localizzatore apicale, aumenta l’accu-ratezza con la quale lo strumento è capa-ce di identificare la costrizione apicale. Il presente studio non ha voluto parago-nare lo strumento Elements Diagnostic Unit con alcun altro localizzatore api-cale, ma è stato eseguito per fare alcune osservazioni cliniche in relazione alla maniera in cui l’apparecchio funziona quando si seguono le linee guida della

casa costruttrice. La diafanizzazione dei denti può distruggere qualche struttura dentale durante i processi decalcificazio-ne. Questo può far sì che la lima appaia più vicina al temine radicolare di quanto non lo sia originariamente. Pertanto, dovranno essere fatti in futuro altri studi per paragonare lo strumento Elements Diagnostic Unit ad altri localizzatori apicali, utilizzando diverse tecnologie per determinare se i localizzatori apicali di quarta generazione sono più accurati di quelli di terza generazione.

Nuova tecnologia IntegrataLa recente tecnologia ha combinato i vantaggi di un localizzatore di quarta generazione con un motore elettrico con il quale possono essere utilizzati gli stru-menti rotanti in Nichel Titanio. Questo ha reso possibile il controllo continuo della posizione della lima all’interno del canale, attraverso tutta la fase di stru-mentazione e di preparazione canalare. Il DynaTorq (Micro Motors, Inc, Pro-Dex Company, Santa Ana, CA) ha un portale esterno (Fig. 14) che consente di attaccare un localizzatore apicale di quarta generazione al motore. Un con-tatto nel manipolo completa il circuito con lo strumento all’interno del canale,

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Accurata determinazione della lunghezza di lavoro mediante l’utilizzo di un localizzatore apicale di quarta generazione

Figura 12Questo secondo molare inferiore di sinistra mostra un’accurata determi-

nazione della lunghezza di lavoro.

Figura 13Questo primo molare superiore di

destra mostra un’accurata determina-zione della lunghezza di lavoro.

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L’Informatore Endodontico

consentendo una monitorizzazione con-tinua della posizione della lima, a mano a mano che lo strumento avanza all’in-terno del canale.

ConclusioniPossiamo concludere che lo strumen-to Elements Diagnostic Unit lavora in maniera molto precisa quando la lima viene portata al valore 0,0 mm e poi estratta fino a raggiungere 0,5 mm. E’ anche molto importante che quando lo strumento indica che la lima è lunga con una lettura negativa, è probabilmen-te già al di là della costrizione apicale, indipendentemente da quello che sarà il suo aspetto in radiografia.

Come evitare letture scorrette

1. Mantenere la cavità d’accesso asciutta. Se è presente del fluido all’interno del canale, questo deve avere il più basso valore di conduttività. Gli irriganti più comuni sono elencati qua sotto in ordine decrescente di conduttività:a) Ipoclorito di sodio (5,25 %) b) Acido etilendiaminotetracetico

(EDTA 14%)

c) Soluzione fisiologicad) RC Prepe) Alcool isopropilico

2. Quando si inizia a sondare il canale radicolare si può utilizzare un lubrifi-cate a base di EDTA

3. Quando possibile, usare una tecnica “Crown Down” ed eseguire la misu-razione elettronica con l’Elements Diagnostic Unit utilizzando una lima che sia approssimativamente ampia abbastanza da impegnarsi al livello della costrizione apicale.

4. Assicurarsi che le batterie siano com-pletamente cariche. Non utilizzare l’apparecchio se le batterie si stanno scaricando.

5. Eliminare il contatto con i restauri coronali metallici. Se la lima tocca il restauro si ha una falsa lettura. Questo contatto può essere anche dovuto alla trasmissione attraverso un fluido tra la lima e il restauro metallico.

6. Quando si lavora in canali curvi, è consigliabile eseguire una seconda misurazione della lunghezza di lavoro dopo avere eseguito la svasatura dei terzi medio e coronale.

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Figura 14Il Motore elettrico DynaTorq con il portale esterno collegato all’Elements Diagnostic Unit.

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Accurata determinazione della lunghezza di lavoro mediante l’utilizzo di un localizzatore apicale di quarta generazione

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BIBLIOGRAFIA

Traduzione dell’articolo originale:Accurate working-length determinationusing a fourth-generation apex locatorContemporary EndodonticsVol.1, N° 2:4-8, 2004

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Una completa detersione chemo-mec-canica è essenziale per la riuscita di un trattamento endodontico. Grazie alle sue proprietà antimicrobiche e proteolitiche, l’ipoclorito di sodio è un irrigante endo-dontico efficiente ed efficace. L’articolo che segue introduce una semplice tecni-ca per rendere più efficace la detersione eseguita con ipoclorito di sodio tramite riscaldamento intracanalare della solu-zione mediante una fonte di calore.

PremessaMolto è stato detto sulle varie tecniche che consentono di migliorare l’efficacia dell’ipoclorito di sodio come irrigante, incluso l’utilizzo di maggiori quantità d’irrigante e il preriscaldamento dello stesso.1-3 Sedgley e coll.1 hanno dimo-strato i vantaggi di adeguati volumi di irrigante messi in circolazione fino a 1 mm dal forame apicale dei cana-li radicolari strumentati. Cunnigham e Joseph 2 hanno dimostrato che una soluzione di ipoclorito di sodio a tem-peratura corporea consente di portare a termine la sterilizzazione in un tempo considerevolmente minore rispetto alla stessa soluzione a temperatura ambiente (22°C).L’ipoclorito di sodio riscaldato ha una maggiore capacità di sciogliere il tessuto pulpare e detergere il canale.3,4 Abou-Rass e Oglesby 3 hanno paragonato i tempi di scioglimento dei tessuti con-nettivi di un ratto usando soluzioni di ipoclorito di sodio al 2,6% e al 5,25% alla temperatura di 23°C e di 60°C. I tempi di scioglimento dei tessuti dimi-nuivano considerevolmente con l’aumen-tare sia della concentrazione che della temperatura. Effettuando i loro test sia su tessuti connettivi vitali che necrotici, hanno dimostrato che la digestione di questi ultimi richiedeva un tempo signi-ficativamente maggiore.

Dal momento che nessuno studio si è occupato dell’efficacia dell’ipoclorito di sodio a temperature superiori ai 60°C, l’autore ha eseguito un semplice test di riferimento per valutare la capacità solvente della soluzione ad alte tempera-ture. Campioni di finto tessuto pulpare sono stati immersi in 300 ml di ipoclori-to di sodio al 6% (Ultra Clorox Regular Bleach, Clorox) finché si sono sciolti del tutto. Sezioni (0,6 g) di John Morrell Franks (John Morrell) sono state usate come surrogati di tessuto pulpare den-tale. In media, l’ebollizione disintegrava i campioni ad una velocità 210 volte superiore (2 minuti contro 420) rispetto all’immersione nell’ipoclorito di sodio a temperatura ambiente. L’agitazione della soluzione bollente sembrava facilitare la decomposizione.La velocità con cui avviene una reazio-ne chimica cresce con l’aumentare di temperatura, pressione e concentrazione. Dato che non è possibile aumentare la pressione intracanalare, si può accelerare la detersione chimica usando soluzioni irriganti a concentrazione maggiore o a temperature più alte. D’altra parte, con-centrazioni di ipoclorito di sodio mag-giori del 6% non sono facilmente repe-ribili. Il rinnovo frequente e l’agitazione meccanica della soluzione intracanalare assicurano che l’effettiva concentrazione conservi il massimo grado di efficienza.È possibile aumentare la temperatura dell’irrigante preriscaldando le soluzioni prima di effettuare l’irrigazione o col-locando strumenti riscaldati all’interno del canale. Le soluzioni preriscaldate hanno un’utilità limitata, poiché si sta-bilizzano rapidamente ad una tempera-tura compresa tra quella corporea e la temperatura ambiente.4 Secondo Abou-Ross e Oglesby,3 gli strumenti riscaldati potrebbero essere in grado di trasmet-tere calore alle soluzioni di ipoclorito

Il riscaldamento intracanalaredella soluzione di ipocloritodi sodioUna tecnica di irrigazione endodontica perfezionata

Karl F. Woodmansey, DDS

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Vol. 8, Nr. 4 2005

L’Informatore Endodontico

di sodio all’interno del dente durante il trattamento.Per l’autore la soluzione ideale consiste in un riscaldamento intracanalare della soluzione irrigante di ipoclorito di sodio mediante la sorgente di calore System B (SybronEndo). Tale fonte di calore con-sente al clinico di raggiungere e tenere scrupolosamente sotto controllo le tem-perature preimpostate nelle punte di un plugger del System B (SybronEndo). Il nuovissimo Elements Obturation Unit (SybronEndo) è egualmente capace di riscaldare i plugger del System B di Buchanan.

La tecnicaDopo la consueta detersione e sagoma-tura del sistema dei canali radicolari, si sceglie un plugger del System B che si adatti passivamente all’interno del canale fino a 3 mm dal forame apicale, con la sorgente di calore impostata a una potenza pari a 10 e ad una temperatura di 200°C. Il canale e la camera pulpare del dente sono inondati dalla soluzione irrigante di ipoclorito di sodio. Con una cannula collegata all’aspirazione ad alta velocità e posizionata in vicinanza del dente, il plugger viene inserito nel cana-le inondato dalla soluzione e il calore è attivato per 3/5 secondi. Poiché l’ipo-clorito di sodio si riscalda rapidamente e arriva al punto di ebollizione, si svi-luppano bollicine che fuoriescono vigo-rosamente fuori dall’orifizio canalare. Il vapore e i residui vengono rimossi dalla cannula aspirante.Il canale è ispezionato visivamente e il processo viene ripetuto finché rimane una minima quantità di irrigante. A questo punto, usando un cono di carta, si può provare che il canale è asciutto. Attraverso un microscopio operatorio il clinico potrà verificare la completa detersione del canale.

PrecauzioniOccorre fare molta attenzione per pre-venire un eccessivo riscaldamento del legamento parodontale del dente. Se la temperatura della superficie radicola-re esterna supera i 47°C per più di un minuto, c’è il rischio che la salute del legamento parodontale risulti compro-messa.5 Malgrado non sia stata eseguita alcuna misurazione in presenza di solu-zioni intracanalari riscaldate, test con-dotti usando la condensazione a caldo della guttaperca con il System B hanno rilevato aumenti trascurabili nella tem-peratura delle superfici radicolari.6

A chi utilizza la tecnica dell’onda con-tinua di condensazione con il System B, Buchanan raccomanda di riscaldare il plugger per meno di 4 secondi per ragio-ni di sicurezza.7 Quando Hosoya e coll.8 usavano i plugger di Buchanan riscaldati all’interno dei canali per la loro asciu-gatura, usavano intervalli di raffredda-mento di 5 secondi tra 2 applicazioni di 200°C della durata di 5 secondi ciascu-na. In generale, per ridurre al minimo il rischio che questa tecnica di irriga-zione provochi un surriscaldamento del legamento parodontale, il plugger del System B deve rimanere passivo e non essere incuneato tra le pareti canalari. Il plugger deve inoltre essere riscaldato a intervalli di 3-5 secondi e non attivato con continuità.

Conclusioni La maggior parte delle reazioni chimiche sono accelerate dall’aumento della tem-peratura. La tecnica di irrigazione qui presentata risulta efficace nella misura in cui aumenta l’energia cinetica e inten-sifica il moto di ebollizione della solu-zione irrigante. Di fatto, i canali irrigati con questa tecnica appaiono ben detersi se osservati attraverso un microscopio operatorio. Sono in corso ulteriori ricer-

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che aventi per oggetto il confronto tra questa metodica e le tradizionali tecni-che di irrigazione.

RingraziamentiL’autore ringrazia Jeffery M. Hamling DDS, MS, per aver sviluppato questa

tecnica e aver fornito l’ispirazione per la pubblicazione di questo articolo.Per commentare questo articolo, visitate il forum di discussione all’indirizzo den-tistrytoday.com

PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Woodmansey è il direttore dei servizi dentali per il Montana State University Student Health Service a Bozeman, Montana. Presta inoltre servizio come ufficiale di complemento nelle forze di mobilitazione dello US Air Force Reserve Dental Corps col grado di maggiore. Ha ricevuto il titolo DDS dalla Baylor College of Dentistry nel 1989. Può essere contattato all’indirizzo [email protected].

1) - Sedgley, C.M., Nagel, A.C., Hall, D. et al: Influente of irrigant needle depth in remo-ving bioluminescent bacteria inoculated into instrumented root canals using real-time ima-ging in vitro. Int. Endod. J. 38:97-104, 2005.2) - Cunningham, W.T., Joseph, S.W.: Effect of temperature on the bactericidal action of sodium hypochlorite endodontic irrigant. Oral Surg. Oral Med. Oral Pathol. 50:569-571, 1980.3) - Abou-Rass, M., Oglesby, S.W.: The effects of temperature, concentration and tissue type on the solvent ability of sodium hypochlorite. J. Endod. 7:376-377, 1981.4) - Cunningham, W.T., Balekjian, A.Y.: Effect of temperature on collagen-dissolving ability of sodium hypochlorite endodontic irrigant. Oral Surg. Oral Med. Oral Pathol. 49:175-177,

1980.5) - Eriksson, A.R., Albrektsson, T.: Temperature threshold levels for heat-indu-ced bone tissue injury: a vital-microscopic study in the rabbit. J. Prosthet. Dent. 50:101-107, 1983.6) - Romero, A.D., Green, D.B., Wucherpfennig, A.L.: Heat transfer to the periodontal ligament during root obturation procedures using an in vitro model. J. Endod. 26(2): 85-87, 2000.7) - Buchanan, S.L.: The continuous wave of obturation technique: “centered” conden-sation of warm gutta-percha in 12 seconds. Dent. Today. 15(1):60-67, 1996.8) - Hosoya, N., Nomura, M., Yoshikubo, A. et al.: Effect of canal drying methods on the api-cal seal. J. Endod. 26:292-294, 2000.

BIBLIOGRAFIA

Traduzione dell’articolo originale:Intracanal heating of sodium hypochlorite solutionAn improved endodontic irrigation techniqueDentistry Today, 24(10):114-116, 2005Copyright © Dentistry Today Inc.

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Assimilare le linee guida esposte in questo articolo e comprendere l’importanza del perfetto adattamento dei coni di guttaper-ca in relazione con i consolidati principi biologici dell’endodonzia consentirà di creare costantemente otturazioni di quali-tà eccellente.

Cosa bisogna fare per ottenere costan-temente otturazioni tridimensiona-li dei sistemi di canali radicolari di buona qualità?Nel prendere in esame l’obiettivo e le possibilità della fase della prova del cono di guttaperca, è opportuno domandarsi quale sia il motivo per cui sia la con-densazione laterale sia la compattazione verticale della guttaperca calda abbiano goduto di popolarità crescente nel corso degli ultimi 50 anni. Oltre a queste si sono diffuse, più di recente, tecniche endodontiche di otturazione basate su carrier. Dentisti restauratori ed endo-dontisti hanno scoperto la sicurezza, il controllo e la prevedibilità di queste tecniche che hanno alla base l’utilizzo di un cono master.Nel presente articolo ci riferiremo a que-sto cono master semplicemente come a il cono. Il fatto che il cono di guttaperca sia

preparato “su misura” e in seguito inse-rito e compattato all’interno del canale radicolare costituisce la principale ragio-ne della popolarità di queste tecniche di otturazione, ormai collaudate nel tempo (Figg. 1a, 1b). Nelle otturazioni tramite carrier viene utilizzato un “verificatore” per confermare la sagomatura dopo l’uti-lizzo degli strumenti rotanti e prima dell’otturazione. Praticamente in tutti gli altri metodi di otturazione canalare manca questo controllo di misurazioni eseguite fino alla prova del cono. Nel corso dei decenni, si sono avvicendati molteplici sistemi di otturazione canala-re. Molti sistemi meccanici erano troppo dipendente dalla tecnica d’uso o non erano in grado di produrre i risulta-ti previsti. Le tecniche di otturazione endodontiche che si avvalgono dei van-taggi dinamici e fisici dei coni di gut-taperca hanno dato ai dentisti la certezza di produrre costantemente otturazioni endodontiche tridimensionali di buona qualità.

Il cono: prima distinzione critica Il perfetto adattamento del cono di guttaperca è l’ultima fase di una cor-retta detersione e sagomatura del canale radicolare. Quando il cono si adatta bene, il sistema dei canali radi-colari è pronto per essere otturato. Il che equivale, nell’odontoiatria restau-rativa, ad affermare che quando la corona si adatta e scende bene, si può procedere alla sua cementazione. La cementazione della corona come l’ot-turazione del sistema di canali radico-lari è un procedimento semplice quan-do il moncone o il canale radicolare sono stati preparati in maniera corret-ta. Senza conoscere la sagomatura data e senza avere chiari in mente gli spe-cifici obiettivi meccanici da raggiun-gere, ci limitiamo a creare volume

La prova del conoUna tappa fondamentale nell’esecuzione di otturazioni endodontiche di eccezionale qualità

John D. West, DDS, MSD

Figura 1aCono di guttaperca di forma conica.

Figura 1bCono di guttaperca

sagomato in varie forme.

1b

1a

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Vol. 8, Nr. 4 2005

L’Informatore Endodontico

all’interno del dente senza possedere i principi scientifici per realizzare con esattezza la forma desiderata.1

La tecnica di compattazione della gut-taperca calda genera una significati-va pressione idraulica sia laterale che verticale, che permette l’otturazione delle “porte di uscita” sia note che non note.2

Questo primo elemento di distinzione critica del cono comporta principalmente 5 vantaggi:

(1) Verifica della sagomaturaIl cono di guttaperca può essere descrit-to e sagomato negli stessi piani multipli del canale preparato, il quale è condizio-

nato dalla forma originale e dalle dimen-sioni del canale radicolare stesso (Figg. 2a-2f). Il vantaggio derivante dalla forma conica è innanzitutto la possibilità di creare spazio per l’introduzione di com-pattatori (plugger), che sviluppano una pressione idraulica. La sagomatura faci-lita inoltre la detersione, poiché le pareti canalari diventano accessibili alle lime ed agli irriganti. Inoltre, la forma conica con affusolamento continuo e uniforme permette l’eliminazione di cul-de-sac che possono esistere in aree tortuose e com-plesse del sistema di canali radicolari. Il cono di guttaperca viene provato e posizionato al termine radiografico del sistema di canali radicolari. Il cono viene

2a 2b 2c 2d

2e 2f

Figura 2aRadiografia della prova del cono.

Figura 2bDiagramma di un cono di guttaperca di sezione rotonda, tagliato corto rispetto del forame asimmetrico.

Figura 2cIl plugger sta spingendo apicalmente la guttaperca calda rammollita verso la costrizione apicale asimmetrica.

Figura 2dIl cono simmetrico di guttaperca assu-me la forma asimmetrica della costri-zione apicale.

Figura 2eConi di guttaperca mostrati in vari piani multipli.

Figura 2fConi di guttaperca fotografati accanto alla lima endodontica, con la quale si è misurato il diametro apicale, la lun-ghezza ed il profilo.

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poi leggermente accorciato rispetto al termine radiografico, cosa che permette in seguito di deformarlo all’interno del forame. Questa sequenza assicura che l’otturazione del forame sarà in massi-ma parte eseguita in guttaperca e rende minima l’interfaccia tra la guttaperca e il cemento (Figg. 3a, 3b).Si può definire “porta di uscita” qualsia-si via di comunicazione esistente tra il sistema interno dei canali radicolari e il circostante apparato di sostegno (forami, riassorbimenti, perforazioni). Le linee guida per tagliare appropriatamente il cono si basano su lunghezza, diametro e curvatura del sistema canalare. A mano

a mano che il canale radicolare sagoma-to è più corto, più ampio e più dritto, sarà più facile muovere la guttaperca in direzione apicale (Figg. 4a-4d). Un movimento apicale di 1,0 mm (+/-), per esempio, è facile da compiere in piena sicurezza. Se il canale radicolare sagoma-to è più lungo, se il diametro della porta d’uscita apicale è più piccolo e se la cur-vatura del canale sagomato si accentua, allora il cono verrà inserito più vicino al termine radiografico del canale; spesso risulta appropriato un accorciamento di 0,5 mm o anche meno (Figg. 5a-5c).Perciò il vantaggio del controllo del-l’adattamento del cono nelle tecniche

PROFILO DELL’AUTORE. Il Dott. West è il fondatore e direttore the Center for Endodontics “Pioneering New Possibilities in Endodontics” della città di Tacoma, Washington. Attualmente è membro del consiglio di amministrazione dell’American Association of Endodontists (AAE) Foundation, ha preso parte alla commissione sui problemi dell’aggiornamento e alla commissione sulla cura dentale e la pratica cli-nica per l’AAE, insegna e tiene seminari in tutto il mondo. È membro dell’American Academy of Esthetic Dentistry e dell’International College of Dentists, fa parte del comitato di redazione del Journal of Esthetic and Restorative Dentistry e del comi-tato scientifico per il Boston University’s Communiqué. È professore associato alla

3a 3b

4a 4c4b

Figura 3aRadiografia della prova del cono.

Figura 3bIl cono di guttaperca è stato

rammollito e spinto apicalmentedi 0,5 mm, sviluppando una

notevole pressione idraulica.

Figura 4aRitrattamento di un caso

trattato con cono d’argento.

Figura 4bIl cono di guttaperca introdotto

nella fistola mostra ilfallimento endodontico.

Figura 4cIl cono di guttaperca è stato

accorciato a 1,0 mm daltermine radiografico del canale.

Figura 4dLa radiografia della compattazione

verticale mostra che si è sviluppata una certa pressione idraulica

ed è stato facile muovereapicalmente il cono.

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L’Informatore Endodontico

della guttaperca calda, risulta essere l’opportunità di una valutazione clinica continua. Non esiste una misura assolu-ta e costante di accorciamento del cono. Dipende dai fattori appena esposti e da una buona valutazione clinica. Chi si trova ad utilizzare per la prima volta la tecnica della guttaperca calda ha la tendenza ad accorciare troppo il cono. Il cono può essere tagliato in un nume-ro infinito di posizioni corrispondenti ai possibili diametri trasversi, cosa che rende il cono di guttaperca versatile e facilmente adattabile a qualsiasi situa-zione clinica, dagli apici estremamente aperti ai sistemi canalari curvi (Fig. 6a). I coni di guttaperca a conicità varia-bile già pre-tagliati come i ProTaper (Dentsply/Tulsa) facilitano la fase della prova del cono e, per l’intera lunghezza, le loro forme riescono a riprodurre in maniera più accurata le geometrie create dai Finishing file in metallo che hanno creato tali sagomature (Fig. 6b).

(2) Veicolo di conduzioneLa presenza di un cono permette ad un’onda calda di compattazione di muoversi in senso corono-apicale e poi indietro in senso apico-corona-le (Fig. 6c). Senza la guttaperca che agisce come veicolo di conduzione, vi sarebbero poche possibilità di otturare in maniera prevedibile i forami o le porte di uscita esistenti lungo le pareti

e nel terzo apicale del sistema dei canali radicolari. In passato sono stati utiliz-zati prodotti chimici per ammorbidire la guttaperca, ma spesso si verificava un’eccessiva retrazione del materiale usato con conseguenti vuoti. Per ram-

University of Washington School of Graduate Endodontics e clinical instructor presso la Boston University Henry M. Goldman School of Dental Medicine. È stato autore dei capitoli Cleaning and Shaping the Root Canal System nelle edizioni del 1994 e del 1998 di Pathways of the Pulp di Cohen and Burns, ha contribuito al testo Complete Dental Bleaching (di Goldstein e Garber, 1995) è co-autore di Obturation of the Radicular Space insieme al Dott. John Ingle nelle edizioni del 1994 e del 2002 di Endodontics. Continua a esercitare privatamente nella città di Tacoma ed è possibile contattarlo al numero: (866) 900-7668 or [email protected].

5a 5b

6b

6a

5c

Figura 5aPrimo strumento al termine radiogra-fico del canale in un secondo premo-lare superiore.

Figura 5bRadiografia della prova del cono. Si noti come il cono sia stato posiziona-to più vicino al termine radiografico del canale data la presenza di una curvatura.

Figura 5cRadiografia del punto più profondo di compattazione. Si noti come sia stata mantenuta la posizione originale del forame che si apre sul lato distale della radice.

Figura 6aIl cono di guttaperca può essere tagliato e accorciato al fine di ripro-durre fedelmente qualsiasi dimensione apicale.

Figura 6bConi di guttaperca ProTaper, proget-tati per adattarsi perfettamente alla sagomatura data dai Finishing file.

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mollire la guttaperca si può utilizzare l’attrito, ma in questa maniera si ha un minore controllo.

(3) ControlloUn considerevole controllo si ottiene attraverso un accurato posizionamen-to del cono, poi sottoposto a cicli ripe-tuti di riscaldamento e pressione fin-ché l’otturazione non sarà completata. L’appropriata forma del cono assicura a sua volta la corretta relazione geometri-ca tra il cono stesso e il canale sagoma-to. Ciò significa che il cono aderisce per-fettamente nel terzo apicale del sistema dei canali radicolari e che ha una coni-cità decrescente verso il terzo medio e il terzo coronale del canale radicolare.

(4) TranquillitàIl cono così adattato dà al clinico un’ec-cezionale sicurezza poiché questi sa già come appariranno le radiografie di con-trollo della fine compattazione in dire-zione apicale (down-pack) e della com-pattazione finale (finish-pack). Questo elimina tutte le fonti di stress esistenti nel corso di un’otturazione canalare. L’unico enigma che resta riguarda il numero di forami che verranno scoperti e dei quali in precedenza si ignorava

l’esistenza. La forma base, tuttavia, non costituisce una sorpresa e, in linea teo-rica, non ci si deve preoccupare che in posizione apicale il cono risulti troppo corto o troppo lungo. Una volta rag-giunta la sicurezza nella realizzazione di otturazioni tridimensionali, si è anche raggiunto il primo pre-requisito per l’ottenimento di un risultato prevedi-bile.3

(5) ScelteIl Rodale Synonym Finder (dizionario dei sinonimi) definisce la “scelta” come “selezione, discernimento, selettività, differenziazione, opzione, possibili-tà, risposta, via di uscita e soluzio-ne”. Forse il contributo maggiormente significativo che il cono perfettamente adattato apporta consiste nell’offrire più soluzioni e più opportunità alla finezza e alla maggior precisione del-l’otturazione. Ciascun canale sagomato è unico in sé. Il cono ci permette di adattarci alle caratteristiche di ogni situazione, il che a sua volta dà al cli-nico una maggiore flessibilità nelle dimensioni e una maggiore latitudi-ne di giudizio. Otturare i sistemi dei canali radicolari è analogo a conficcare un perno rotondo in un buco quadrato. Le dimensioni del cono di guttaper-ca devono cambiare in relazione alle dimensioni delle costrizioni dei fora-mi apicali. Questo implica libertà di trattamento, che si traduce in sicurez-za e benessere durante l’esecuzione. Il processo che consiste nel fondere le componenti del cono di guttaperca con la sagomatura del canale radicolare costituisce un elemento fondamentale per acquisire sicurezza in endodonzia clinica e raggiungere un buon livello di soddisfazione, energia ed eccellenza. Il successo in endodonzia diventa dun-que una scelta più che una casualità.

La prova del cono

Una tappa fondamentale nell’esecuzione di otturazioni endodontiche di eccezionale qualità

6c

Figura 6cEsempio di otturazione di un

canale laterale avvenuta durante l’onda di calore e compattazio-

ne corono-apicale.

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Vol. 8, Nr. 4 2005

L’Informatore Endodontico

Linee guida1) Prevedere la sagomatura finale.

Conoscere la forma che si intende sagomare farà sì che il cono si inseri-sca e si adatti in maniera corretta.4

2) Se il cono non si inserisce in manie-ra perfetta, si provi allora con un secondo cono tagliato più corto e quindi con un diametro trasverso leggermente diverso rispetto al pre-cedente. Se anche il secondo cono non si adatta correttamente, meglio abbandonare temporaneamente i coni e riprendere in mano i file, poiché la sagomatura deve essere migliorata. Il cono deve semplicemente corrispon-dere ad una sagomatura e nel caso in cui ciò non accada, ciò significa che la sagomatura appropriata non è ancora stata raggiunta.

3) Inserire il cono in corrispondenza del termine radiografico del canale e poi accorciarlo da 0,5 a 1,0mm (+/-) a seconda della lunghezza, profondità e curvatura del canale radicolare. Usare forbici ben affilate e di qualità o una lama chirurgica dritta come il bisturi Bard-Parker N° 11.

4) Assicurarsi di tagliare il cono di gut-taperca nel punto in cui il diametro trasverso è equivalente al diametro della sezione traversa della punta della lima con la quale si è misurato accuratamente il diametro del termi-ne radiografico del canale e che viene tenuta in posizione dalla costrizione del forame e controllare che la lun-ghezza del cono corrisponda a quella dell’ultima lima endodontica utiliz-zata. Verificare con una radiografia. Dopo aver tagliato e prima di com-pattare, verificare nuovamente con una radiografia.

5) Fissare la forma del cono di gut-taperca immergendolo in alcool 70% con pinzette da medicazione

e poi riproducendo la curvatura del canale passando il cono attraverso una garzina di 2x2. Questo serve a dare al cono una forma che ripro-duce la sagomatura del canale pre-parato. Si genera così un modello del canale ed è possibile a questo punto eseguire un’azione controllata di compattazione. Il cono può anche essere conservato nel caso il cui la compattazione dovesse avvenire in una visita successiva.

6) Prima di inserire il cono, è impor-tante asciugare il canale. Poi, al fine di evitare l’accumulo di even-tuale fango dentinale all’interno del sistema di canali radicolari, è necessario confermare la pervietà del forame con una lima più pic-cola rispetto all’ultimo strumento che abbiamo inserito facilmente al termine radiografico del canale e con il quale ne abbiamo misurato il diametro. Molti forami restano intasati se non si esegue quest’ulti-ma importantissima operazione.

7) Ricoprire il terzo apicale del cono di guttaperca con un sottile strato di cemento e seguire gentilmente il cono nel posizionarlo in preparazione all’otturazione.

ConclusioneAssimilare le linee guida esposte in questo articolo e comprendere l’im-portanza del perfetto adattamento dei coni di guttaperca in relazione con i consolidati principi biologici dell’en-dodonzia consentirà di raggiungere costantemente livelli eccellenti nelle otturazioni e produrrà risultati sem-pre più soddisfacenti sia per il pazien-te che per il clinico.

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La prova del cono

Una tappa fondamentale nell’esecuzione di otturazioni endodontiche di eccezionale qualità

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Dental Medicine; 1974.3) - West, J.: The incidence of underfilled foramina” in endodontic failures [thesis]. Boston, MA: Henry M. Goldman School of Dental Medicine; 1975.4) - Schilder, H.: Cleaning and shaping the root canal. Dent. Clin. North Am. 1974;18:269-296.

BIBLIOGRAFIA

Traduzione dell’articolo originaleThe cone fit. An essential step to creatingexceptional endodontic obturationDentistry Today, 24(5):102-105, 2005Copyright © Dentistry Today Inc.

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La tecnica dell’onda continua di conden-sazione in passato richiedeva l’utilizzo di due strumenti separati: una sorgente di calore (come il System B o il Touch’n Heat) per la compattazione corono-api-cale ed un sistema ad iniezione (come la Obtura II o la E&Q Plus) per l’ot-turazione tridimensionale in direzione apico-coronale. Avendo incorporato una tecnologia avanzata di software, metal-lurgia ed elettronica in un disegno indu-striale compatto, l’Elements Obturation Unit ha combinato al suo interno sia la sorgente di calore che il sistema di inie-zione per il Back Filling in un singolo apparecchio. Si può dire che si tratta di un prodotto dai molti scopi, ottenuto dalla moderna ingegneria. Raccoglie in sé uno strumento per l’otturazione coro-no-apicale, per l’otturazione apico-coro-nale, per il test termico di vitalità ed un termo-cauterio in un singolo dinamico apparecchio che occupa soltanto un terzo dello spazio occupato dai due strumenti separati (Fig. 1).La porzione sinistra dell’apparecchio ospita il System B con il suo manipo-lo, mentre la porzione destra ospita il sistema di estrusione con la sua siringa

Un nuovo strumento per l’otturazione canalare:L’Elements Obturation Unit

Gary D. Glassmann, DDS

(Fig. 2). Sia il System B che il manipolo Extruder hanno una copertura autocla-vabile in alluminio con protezioni in silicone alla loro estremità attiva, per impedire il trasferimento di calore alle dita dell’operatore e per proteggere i tessuti molli del paziente. Le protezioni vengono inserite allineando gli appositi segni e facendole scivolare fino a sentire un clik. I pulsanti sono di facile rag-giungimento, delicati al tatto e quan-do vengono attivati appare un segnale acustico. Ogni manipolo è fornito con due guarnizioni, in maniera che una può essere utilizzata mentre l’altra viene autoclavata.Il display grafico digitale del System B comprende quattro funzioni, ognuna delle quali ha sia temperatura che durata prestabilite (Fig. 3). Se si desidera utiliz-zare una temperatura diversa da quella prestabilita, si può utilizzare la funzione “temperatura” per cambiare la tempera-tura stessa con incrementi di 5°C ciascu-no. Premendo e mantenendo premuto il pulsante “ current mode” per quattro secondi, si memorizza la temperatura scelta per quella particolare funzione. Questa nuova temperatura viene con-servata fino a che non viene nuovamente cambiata manualmente. La temperatura prefissata per la condensazione corono-apicale è di 200°C. La temperatura per la compattazione apico-coronale è di 100°C. Il termo-cauterio lavora a 600°C e la funzione di test termico utilizza 200°C.Il manipolo del System B si attiva pre-mendo con il dito un pulsante. La punta si scalda istantaneamente e il led esi-stente sul manipolo s’illumina. La punta rimane riscaldata solo fino a che si preme il pulsante.Lo strumento ha anche una funzione “time out” che spegne lo strumento in ciascuna delle sue funzioni dopo che 1

Figura 1L’Elements Obturation Unit

occupa meno spazio rispettoall’Obtura II e al System B.

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Vol. 8, Nr. 4 2005

L’Informatore Endodontico

una certa quantità di tempo è passata. Questo serve ad evitare il surriscalda-mento del dente e/o dei tessuti. Le fun-zioni “time out” sono rispettivamente di quattro secondi per la funzione “down pack”, 15 secondi per la funzione “back filling”, 60 secondi per la funzione di test termico e 5 secondi per la funzione di termo-cauterio.Durante l’attivazione, la temperatura della punta è mantenuta di continuo e mostrata sul display. Dopo il tempo pre-

stabilito, il manipolo ha bisogno di esse-re riattivato per trasmettere nuovamente calore. Durante la funzione di “down packing”, lo strumento emette un bip automatico dopo 5 e dopo 10 secondi dopo il time out, per indicare che lo strumento è pronto per il riscaldamento di separazione.I plugger sono disponibili con le conici-tà di 0,04 (0,3 mm di diametro all’estre-mità), 0,06, 0,08, 0,10 e 0,12 (tutte di 0,5 mm di diametro all’estremità).

2Figura 2L’Elements Obturation Unit.

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Essi infatti riproducono la sagomatura del canale e consentono di sfruttare al massimo le forze di condensazione, per muovere il materiale da otturazione e il cemento all’interno di tutte le zone del sistema dei canali radicolari, compresi i canali laterali ed accessori, per assicurare un’otturazione completa ed omogenea. Sono provvisti di un nuovo attacco a baionetta, che consente una facile inser-zione ed una facile rimozione, elimi-nando così la necessità di essere avvitati come accadeva nel System B originale e nel Touch’n Heat.Il nuovo plugger con conicità 0,04 ha un diametro in punta inferiore del 40%; questo consente un accesso anche all’in-terno di canali più stretti e garantisce lo stesso tipo di controllo come le altre punte del System B. D’altra parte, è più vicino come misura alla punta del Touch’n Heat.Il sistema Extruder contiene all’interno un micromotore ed un sistema quindi automatico di iniezione della guttaper-ca, eliminando così la fatica manuale

richiesta dagli altri sistemi per iniettare guttaperca termoplastica. Il suo siste-ma d’isolamento consente all’Extruder di rimanere estremamente più freddo rispetto agli altri strumenti durante tutto il trattamento.Le ricariche della guttaperca vengono fatte attraverso l’inserimento di aghi contenenti al loro interno guttaperca o RealSeal, e questo evita la necessi-tà di pulire il pistone o la camera di riscaldamento come avveniva in passato. Gli aghi inoltre sono molto lunghi in maniera da facilitare l’accesso ai denti posteriori, con una visibilità estrema-mente maggiore ed un maggior control-lo e accuratezza. Gli aghi ed i ricambi del materiale da otturazione vengono forniti nelle misure di 20, 23 e di 25 gauge, con degli anelli colorati di colore grigio per il RealSeal e nero per la gut-taperca. Fatti in argento per una mag-giore conduttività del calore, i ricambi s’inseriscono e si rimuovono dal manipo-lo con estrema facilità, attraverso l’appo-sito strumento fornito con l’apparecchio.Il manipolo dell’Extruder ha un indi-catore meccanico dalla parte opposta rispetto al pulsante di attivazione, che mostra la quantità di materiale che rima-ne all’interno dell’ago. Se lo strumento viene disattivato prima che cartuccia sia vuota, il pistone si retrae leggermente per prevenire un eccesso di materiale da otturazione che potrebbe inutilmen-te fuoriuscire spontaneamente. Quando lo strumento comincia a funzionare, la temperatura predeterminata si raggiun-ge in circa 45 secondi e si spegne quindi automaticamente (dopo 15 minuti per la guttaperca e dopo 5 minuti per il RealSeal) per impedire il surriscalda-mento del materiale da otturazione. Il manipolo dell’Extruder ha infine due pulsanti di attivazione, che consentono al clinico di scegliere tra due diverse

PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Glassman è Fellow del Royal College of Dental Surgeons in Canada, collabora con la rivista Oral Health Dental Journal come consultente per l’endodon-zia e fa parte di uno studio endodontico associato a Toronto, Ontario. Può essere contattato al numero (416) 963 9988 o all’indirizzo email [email protected]

RegolazioneTemperatura

Test termicodi vitalità

Termocauterio

Otturazioneapico-coronale

Otturazionecorono-apicale

Pre-riscaldamentodell’Extruder

Regolazione dellatemperaturadell’Extruder

Regolazione dellavelocità di estrusionedell’Extruder

Retrazionedel pistone

Settaggio

Interruttore

3

Figura 3Il pannello frontale dell’Elements

Obturation Unit mostra lefunzioni di ciascun pulsante.

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L’Informatore Endodontico

velocità per l’estrusione del materiale da otturazione.

ConclusioniRispetto al vecchio System B e al vec-chio Touch’n Heat, il nuovo System B contenuto nello strumento Elements Obturation Unit comporta diversi van-taggi. Le guarnizioni rimovibili autocla-vabili, i valori di calore predeterminati, una funzione “time out” per prevenire il surriscaldamento della struttura dentale, un cavo di collegamnento rimovibile, un attacco a baionetta per i plugger sono soltanto degli esempi dei vari vantag-gi che questo strumento comporta. Il sistema Extruder ha inoltre anch’esso numerosi vantaggi rispetto all’Obtura II e allo strumento E&Q Plus: le car-tucce monouso di diverso colore per il RealSeal o per la guttaperca, disponibili con aghi con diverso diametro (per evi-tare la manutenzione e la pulizia dello strumento), i valori di temperatura pre-determinati per il RealSeal e la guttaper-ca, il segnale acustico che avverte che lo strumento è pronto, le due diverse velo-cità di iniezione, il pulsante che azione il motorino dell’Extruder, la retrazione automatica del pistone e le guarnizioni rimovibili autoclavabili.Per coloro che non hanno mai utilizza-to una sorgente elettrica ed un sistema di iniezione di materiale termoplastico o per quelli che stanno per comprare ulteriori strumenti, si consiglia di con-siderare i vantaggi che derivano dal-l’acquisto di un unico strumento che incorpora entrambi gli apparecchi, con grandi vantaggi e minimo ingombro. Per coloro che invece possiedono già due strumenti separati, dato che il manuten-zione e i costi di riparazione diventano sempre più elevati, può essere forse più prudente dal punto di vista economico sostituirli con un apparecchio singolo

come l’Elements Obturation Unit. Esso, infatti, rappresenta l’ultima generazione in fatto di strumenti per l’utilizzo di materiali da otturazione termoplastico, che incorpora le ultimissime novità tec-nologiche ed ergonomiche e che consen-te di eseguire in maniera estremamente più facile un’otturazione tridimensionale del sistema dei canali radicolari (Figg. 4a-5c).

Figura 4aRadiografia pre-operatoria.

4b

4a

4c

Figura 4bOtturazione corono-apicalecon RealSeal.

Figura 4cOtturazione apico-coronalecon RealSeal.

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Un nuovo strumento per l’otturazione canalare:L’Elements Obturation Unit

Figura 5aRadiografia pre-operatoria

Figura 5bOtturazione corono-apicale con RealSeal. 5b5a

5c

Figura 5cOtturazione apico-

coronale con RealSeal.

Traduzione dell’articolo originale:The Elements Obturation Unit: new product preview.Contemporary EndodonticsVol.1, N° 2, 20-23, 2004

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La frattura di uno strumento endodon-tico aumenta immediatamente il livello di gravità di un caso, qualunque fosse il suo grado di difficoltà in fase preopera-toria. Alle varianti anatomiche eventual-mente collocate da Madre Natura nei canali, nelle radici e/o nelle mascelle di quel particolare paziente, si viene infatti ad aggiungere un fattore iatrogeno. La ricerca volta a perfezionare gli strumenti e le tecniche a nostra disposizione per migliorare la qualità dei trattamenti ci ha portati a sviluppare un “coltello a doppio taglio”, ovvero uno strumento che, da un lato, è in grado di tagliare e sagomare efficacemente la parete den-tinale, ma dall’altro, fratturandosi, può trasformarsi in un batter d’occhio in un incubo per l’operatore. Possiamo avvalerci di 10 o 12 diver-si strumenti in nichel-titanio per farci strada all’interno del sistema canalare ma non esiste un “antidoto” sicuro per tornare indietro una volta avvenuta la frattura. La prevenzione della frattura è sempre preferibile rispetto a qualsiasi tentativo di rimozione dello strumen-to fratturato. In proposito è valido il vecchio adagio “prevenire è meglio che curare”.1,2 La frattura di uno strumen-to ha conseguenze significative poiché implica spazi non detersi e non riem-piti all’interno del sistema dei canali radicolari. Allo stesso modo può deter-minare una superflua asportazione di un’eccessiva quantità di dentina durante i tentativi di rimozione del frammento, asportazione che non sarebbe stata neces-saria se non si fosse verificata la frattura. Tale asportazione di dentina comporta il rischio di una perforazione o di una frattura di radice e rende difficile loca-lizzare i canali anche dopo la rimozione del frammento. Il trattamento di tali casi può portare a tre diversi esiti:

1. Lo strumento può essere rimosso.2. Lo strumento può essere bypassato e

rimanere inglobato nel materiale da otturazione.

3. Il canale rimane bloccato. La rimozione dipende dall’anatomia canalare, dalla curvatura e dal diametro del canale, nonché dal tipo di metallo, dalla lunghezza e dall’ubicazione del frammento fratturato all’interno del canale. Per inciso, qualora uno strumen-to dovesse fratturarsi, è assolutamente controindicato inserire un altro stru-mento rotante in Ni-Ti nel canale nel tentativo di superare il primo. Il rischio di una frattura del secondo strumento è molto alto e, per contro, le probabilità di superare il primo sono molto, molto scarse. Qualunque fessura di spazio cana-lare fosse prima disponibile, adesso è occupata dal metallo che ora è incastrato contro le pareti dentinali. Le proprietà che rendono preferibile uno strumento in nichel-titanio costituiscono altrettanti punti deboli. La rotazione è l’ideale per attraversare una curva, ma può rivelarsi fatale per lo strumento se le curve dello stesso canale sono più di una (Figg. 1-4).Per quale ragione è tanto comune vedere strumenti fratturati nel terzo medio o nel terzo apicale dei canali mesiali dei molari inferiori, e nella stessa colloca-zione nelle radici mesiovestibolari dei molari superiori? A causa delle curvatu-re dei canali radicolari! Tipiche di que-ste radici non sono solo le curve distali (visibili nella rappresentazione bidimen-sionale di una radiografia periapicale), spesso infatti il canale mesiovestibolare curva leggermente in direzione linguale e il canale mesiolinguale curva legger-mente in direzione vestibolare. Queste curve linguali e vestibolari non sono visibili nella radiografia.La prima cosa da fare prima di esegui-re il trattamento è individuare la sede

La risoluzione di uno dei più comuni incidenti in endodonzia: la frattura di uno strumento

Steven J. Cohen, DDS,Gary D. Glassman, DDS,Richard E. Mounce, DDS

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L’Informatore Endodontico

3a 3b

1a

2b

1b 1c

2a

Figura 1a. Il mancato riconoscimento della presenza di una leggera curvatura vestibolare del canale mesiolinguale oltre all’evidente curvatura distale, ha provocato la frattura dello stru-mento nel secondo molare inferiore sinistro. Si notino anche gli strumenti fratturati nel terzo molare. b. Il perfe-zionamento della cavità d’accesso e gli ultrasuoni hanno contribuito a disim-pegnare lo strumento per favorirne la rimozione. c. Otturazione del sistema canalare con cemento e iniezione di guttaperca termoplastica.

Figura 3a. Un secondo molare superiore con due radici, in cui si vede una lima frat-turata nel terzo apicale della radice vestibolare. b. L’otturazione rivela la natura della curva ad S nel terzo api-cale della radice.

Figura 2a. Frattura di uno strumento nel terzo medio della radi e mesiale del primo molare inferiore sinistro. b. La cavità d’accesso è stata perfezionata, il seg-mento liberato e una lima mostra la doppia curva di questo canale mesiale.

del frammento. È evidente che in quel punto è intervenuta una qualche forza che ha causato la frattura. Se il canale appare diritto, probabilmente esiste una curvatura sul piano dei raggi. Se nel canale è visibile una curva, si può dare per scontato che ce ne sia una seconda non visibile nella radiografia. Ciò natu-ralmente non tiene conto dei difetti di fabbricazione. Circolano numerosi aned-doti, in cui i clinici raccontano di aver

estratto dalla confezione uno strumento nuovo di zecca che, usato per la prima volta, si è immediatamente fratturato.Per quanto sia possibile incappare in difetti di fabbricazione, siamo convinti che la frattura sia dovuta principalmen-te ad un utilizzo non appropriato dello strumento. Se si crea un sentiero guida con gli strumenti in acciaio prima di utilizzare le lime rotanti in nickel-tita-nio secondo la tecnica crown down, si

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rende minimo l’impegno della lima con-tro le pareti del canale e in questo modo si riduce lo sforzo e la fatica dello stru-mento, prevenendone la frattura.Esistono numerosi dispositivi e/o sistemi progettati appositamente per la rimo-zione dei frammenti, che si basano sul principio del “tubo”. Una volta identi-ficato il frammento fratturato, l’estremi-tà coronale viene liberata dalla dentina circostante per mezzo di punte ultraso-niche. Una volta che il “tubo” è stato collocato sopra l’estremità, si attiva un meccanismo di bloccaggio oppure viene applicato un materiale collante. A que-sto punto il frammento viene estratto. Per quanto alcuni sistemi siano in grado di dare risultati positivi, il principa-le svantaggio di questa tecnica è che è applicabile soltanto su radici larghe e spesse, poiché generalmente il diametro dei tubi è piuttosto largo. Entrare nel terzo apicale di una radice curva piutto-sto piccola può essere quasi impossibile

per questo tipo di dispositivi. In casi di questo genere, la strategia migliore con-siste nel cercare di bypassare il frammen-to, cercando di portare una deformazione minima della parete dentinale.

TECNICA

Fase 1:Visibilità e preparazione dello spazio canalareSotto il microscopio operatorio, viene praticato l’accesso al dente prestando particolare attenzione alla preparazione della cavità d’accesso. Tentare la rimo-zione senza un microscopio operatorio è un’operazione che generalmente dà scar-si risultati. Al contrario, usare un micro-scopio operatorio aumenta notevolmente le probabilità di rimuovere il frammen-to. Tentare la rimozione in mancanza di una visibilità adeguata comporta un alto rischio di perforazione. Infatti, le curvature canalari, pur se non visibili in

PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Steven Cohen è istruttore clinico nel Post Graduate Endodontics all’università di Toronto, Faculty of Dentistry. Ha lo studio privato a Mississauga, ON, Canada , dove si occupa unicamente di endodonzia.

4a 4b 4c

Figura 4a. In questo premolare inferiore si vedono 4 frammenti di strumento.

b. Rimozione di tre pezzi, mentre il quarto frammento resta ostinatamen-

te infilato nel terzo apicale dove il canale curva in direzione linguale. La

lima ha bypassato l’ultimo frammento. c. Superamento e sigillatura del fram-mento nella posizione in cui si trova,

intorno alla curvatura apicale.

5a 5b 5c

Figura 5a. Un accesso inadeguato ha lasciato

un largo triangolo di dentina che restringe l’ingresso ai canali mesiali.

La fresa di Gates-Glidden è stata forzata al punto che la sua punta si è

fratturata nel terzo mesiale del canale. b. Grazie all’orientamento delle lame esistenti sulla punta della fresa frattu-

rata, una lima di Hedstrom n° 10 ha potuto spingersi oltre il punto in cui si è verificato il blocco. Una sequenza di

lime di diametro crescente e ultrasuo-ni di intensità minima hanno potuto

disimpegnare e rimuovere il fram-mento. Lunghezze Verifica radiografica

delle lunghezze di lavoro.c. I canali sono stati ora detersi,

sagomati ed otturati con cemento e guttaperca termoplastica.

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radiografia, possono facilmente indur-re il clinico a rimuovere per errore la dentina, anche laddove questo non è necessario ai fini della rimozione dello strumento.3 La “fresa di Gates-Glidden” esemplifi-ca una situazione in cui allo strumento viene chiesto più di quanto consenta il suo disegno (Fig. 5). A livello del tetto della camera pulpare si trovava una spor-genza di dentina mentre un altro trian-golo di dentina era stato individuato in corrispondenza dell’orifizio del canale mesiale. In mancanza di un vero sentiero guida, per quanto un evento del genere sia piuttosto raro, questa fresa di Gates-Glidden si è fratturata in corrisponden-za della testa e non dell’impugnatura, come accade di solito. La fretta di usare gli strumenti rotanti senza aver prima creato un accesso rettilineo e un vero sentiero-guida è uno dei principali fat-tori responsabili dello sforzo dello stru-mento, che può facilmente degenerare in una frattura. Dalla superficie occlusale a livello del cornetto pulpare fino all’orifizio, l’ac-cesso viene ridefinito scendendo diretta-mente, per quanto possibile, nello spazio canalare. Questo spazio canalare corona-le rispetto al frammento può a questo punto essere preparato. A tal fine occorre usare le frese di Gates-Glidden modifi-cate (avendone cioè rimosso la punta con un disco diamantato) secondo la tecnica crown-down per aprire lo spazio canalare fino al limite del frammento. A questo punto l’estremità coronale del frammen-to dovrebbe essere visibile al microsco-pio impostato ad un valore compreso tra l’ingrandimento medio e alto.

Fase 2:Rimozione della dentina circostanteIn questa fase è disponibile un’intera selezione di punte ultrasoniche. Una

lunga e sottile punta in titanio CPRTM #8 (Obtura Spartan, Fenton, Missouri) (Fig. 6g) può essere usata a intensità minima, utilizzandone la punta per rimuovere la dentina tramite movimenti circolari intorno all’estremità libera dello stru-mento. In questo modo la rimozione della dentina avviene in maniera lenta e accurata, usando ad intermittenza aria e acqua con effetto refrigerante. Si procede in questo modo finché una certa lun-ghezza dello strumento si trova libera nello spazio canalare e si nota un qual-che movimento del frammento. A que-sto punto si può utilizzare una secon-da punta di zirconio con rivestimento diamantato, come la CPR-5D (Obtura Spartan, Fenton, Missouri) (Fig. 6h) o la UT-4-STM o la SP-2STM (SybronEndo, Orange, CA) (Fig. 6i), attivandone la punta solo quando questa si trova in contatto con il frammento metallico. Il rivestimento diamantato rende questo

PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Gary Glassman è membro del Royal College of Dentists of Canada, dove ricopre anche il ruolo di esaminatore. Collabora con l’Oral Health Journal in qualità di consulente per le pubblicazioni di argomento endodontico e gestisce uno studio priva-to che pratica esclusivamente trattamenti endodontici a Toronto, ON, Canada.

6b6a

6d6c

Figura 6Lima fratturata nella radice mesiale del molare inferiore (a) e nella radice mesiovestibolare del molare superiore (b). c, d. Lunghezze di lavoro dopo aver rimosso i frammenti.

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tipo di punta particolarmente aggressiva se viene in contatto con le pareti di den-tina. L’applicazione di due diversi tipi di punte metalliche a due frequenze diffe-renti produce generalmente una vibra-zione che può far “rimbalzare” il fram-mento metallico in direzione coronale all’interno del canale. A questo punto occorre fare molta attenzione a rimuo-vere la dentina esclusivamente lungo la parete esterna, sicura, del canale.Unità ultrasoniche gemelle quali la Mini Endo Unit (SybronEndo, Orange, CA)

(Fig. 6j) o la Spartan-MTS Unit (Fenton, Missouri) (Fig. 6K) possono rappresen-tare la soluzione più efficace, quando le due diverse punte sono state montate e sono pronte per essere attivate. Inoltre, è possibile programmare una sorgente di ultrasuoni per funzionare con acqua mentre l’adiacente manipolo ultrasoni-co lavora a secco. Il getto refrigerante spruzzato ad intermittenza dall’irriga-tore StropkoTM (SybronEndo, Orange, CA) tramite la siringa aria/acqua e due differenti superfici metalliche attivate sul frammento possono, in molti casi, allentare e perfino rimuovere il pezzo di metallo. Sfortunatamente si tratta di un lavoro piuttosto noioso che spesso occu-pa l’intera durata dell’appuntamento (tra i 60 e i 90 minuti). Nel corso di questa procedura capita spesso che le punte ultrasoniche si consumino o si rompano, soprattutto se il caso presenta una certa difficoltà.In questa fase le differenze tra i metalli

PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Mounce lavora in uno studio endodontico privato a Portland, OR e collabora con Oral Health come consulente per l’endodonzia.

6e 6f 6g

6h 6i 6j

6k

Figura 6e, f. Completamento della terapia

endodontica. g. Punte CPRTM in tita-nio (Obtura Spartan, Fenton, MO). h. Punte CPRTM con rivestimento

diamantato (Obtura Spartan, Fenton, MO) i. UT – 4-STM e punta SP-2-STM (SybronEndo, Orange, CA). j. Unità ultrasonica Mini Endo (SybronEndo, Orange, CA). k. Unità Spartan-MTS

(Fenton, MO).

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L’Informatore Endodontico

giocano un ruolo importante. Un fram-mento in acciaio assorbe materialmente l’energia ultrasonica e ben presto inizia a muoversi. Inoltre tende a disimpegnarsi con facilità. Un frammento in nichel-titanio assorbe l’energia in corrisponden-za o vicino al luogo di contatto con la punta. Può accadere che le lame vengano consumate dall’energia applicata e che, quindi, il frammento diventi sempre più piccolo.La caratteristica della “memoria”, grazie alla quale uno strumento NiTi tende a raddrizzarsi recuperando la forma ori-ginaria una volta rimosso dal canale, rappresenta un grosso inconveniente per la rimozione del frammento. Quando la dentina è stata asportata per liberare il punto in cui lo strumento si è arrestato, quest’ultimo si raddrizza ulteriormen-te e si blocca di nuovo. Capita spesso di vedere il frammento di NiTi ridursi sempre più, lama dopo lama, finché, ormai troppo piccolo per essere recupe-rato, resta depositato nel canale al di là della curva. In questi casi, in cui si veri-fica un blocco vero e proprio del canale, il frammento può essere liberato solo con un intervento chirurgico (Fig. 7).È importante toccare il frammento il meno possibile, rimuovendo piuttosto la dentina in modo selettivo intorno al frammento. In questo modo lo strumen-to resisterà alla rottura che si verifica

di solito quando la lega di nichel tita-nio viene toccata direttamente. Inoltre, l’energia ultrasonica viene trasmessa al frammento metallico attraverso lo strato sottile di dentina che circonda lo stru-mento, così da accrescere le probabilità di una rimozione completa.

Fase 3:Bypassare, allentare, far rimbalzare Una volta ravvisato un qualche movi-mento del frammento conseguente all’applicazione dell’energia ultraso-nica, si può utilizzare un piccolo stru-mento manuale in acciaio al carbo-nio (.06 o .08) (SybronEndo, Orange, CA) per superare il pezzo allentato. L’acciaio al carbonio è particolarmente tagliente ed è più duro sia dell’acciaio inossidabile che della lega di nichel titanio. Superato il frammento, si è riguadagnato lo spazio canalare perduto con l’iniziale frattura. Tale operazione dovrebbe essere ripetuta aumentando gradualmente il diametro degli stru-menti. Man mano che lo spazio canala-re si apre intorno al frammento, l’ener-gia ultrasonica (punta con rivestimento diamantato) servirà nuovamente a far vibrare il frammento che potrà “saltare” in direzione coronale all’interno dello spazio canalare (Fig. 8).Se il movimento è sufficiente, dovrebbe essere possibile recuperare lo strumento.

7a 7b

Figura 7a. Due lime fratturate, apicale rispet-to alla curvatura nel canale mesiale, parzialmente oltre apice nella radice distale. b. I canali sono stati trattati inizialmente in modo convenzionale, poi, nel corso dello stesso appunta-mento, si è fatto ricorso alla chirurgia per rimuovere questi frammenti e sigillare gli apici.

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È importante tener presente che, una volta superato il frammento, la chiave del successo è il mantenimento della pervietà ottenuta. Usare troppa forza e/o utilizzare le lime K di diametro crescen-te in una successione troppo rapida com-porta il rischio di spingere nuovamente giù nel canale il frammento allentato. Nella pratica, potrebbe essere necessario usare un gran numero di lime K 06-10 (SybronEndo, Orange, CA) per ottenere la pervietà e creare, accanto al frammen-to, uno spazio che consenta di entrare

ripetutamente nella traiettoria canalare in modo da allargarla.Come già accennato, non si deve colloca-re un altro strumento rotante in nickel-titanio accanto al primo frammento frat-turato, soprattutto se questo non è stato rimosso. È preferibile usare con cautela una lima di Hedstrom, muovendola ver-ticalmente su e giù per cercare di tirare a poco a poco il frammento verso l’alto. L’Hedstrom riesce spesso a scalzare il frammento e a liberarlo mentre una lima K non consente di ottenere gli stessi risultati. Se il frammento non può essere rimosso né per mezzo di ultrasuoni né tramite l’Hedstrom (e il canale è sonda-bile con le lime manuali), è preferibile sagomare manualmente lo spazio cana-lare apicalmente al frammento senza introdurre alcuno strumento rotante in Nickel Titanio.In questa situazione clinica, anche se il canale è sondabile, il rischio di un’altra frattura è molto alto.

La risoluzione di uno dei più comuni incidenti in endodonzia:la frattura di uno strumento

8a 8b 8c

8d 8e 8f

8g

Figura 8a, b. Due molari inferiori con fram-

menti di lima separati nelle radici mesiali, al di là della curva. c, d. Dopo

aver allargato i canali coronalmente ai frammenti, sono stati applicati gli

ultrasuoni, alternando punte al titanio e punte allo zirconio. I frammenti sono

“rimbalzati” fuori dai canali mesiali e sono scesi nei canali distali di ciascun

dente! e, f. I frammenti sono stati rimossi dai canali distali (dove non

erano minimamente impegnati) e i casi sono stati completati. g. Radiografia

di controllo dopo tre mesi del primo molare.

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Vol. 8, Nr. 4 2005

L’Informatore Endodontico

Limitazioni Una curvatura della radice molto accen-tuata pone un limite alla quantità di dentina che può essere rimossa lungo le pareti “sicure” (Fig. 9). La perforazione laterale della radice è piuttosto comune e l’esperienza e la conoscenza dell’ana-tomia radicolare insegnano a riconoscere quando è il caso di fermarsi onde non spingere troppo oltre la rimozione della dentina tramite ultrasuoni. Non in tutti i casi si riesce a rimuovere il frammento fratturato.Bypassare e sigillare il frammento nella posizione in cui si trova può portare ugualmente ad un buon esito dell’inter-vento, purché il canale sia completamen-te deterso intorno all’ostacolo e il termi-ne apicale sia sigillato (Figg. 10, 11). D’altra parte, un blocco vero e proprio non implica necessariamente il fallimen-to della terapia. Se la massa dello spazio canalare è completamente inondata di ipoclorito di sodio e se la concentrazione

critica di contaminanti batterici all’in-terno del canale è stata ridotta a suffi-cienza, l’organismo può guarire anche intorno a questa radice.Fermo restando quanto detto finora, per rimuovere la stragrande maggioran-za degli strumenti fratturati occorro-no attenzione, tempo, esperienza e una strumentazione adeguata, in qualunque terzo del canale si sia verificata la sepa-razione.

9a 9b 9c

10a 10b 10c

Figura 9a. Un grosso pezzo di strumento nella radice mesiovestibolare del primo molare superiore sinistro. b. La rimo-zione di dentina intorno al frammento e il reperimento di un secondo canale mesiovestibolare hanno aiutato nella rimozione di questo pezzo. c. Nella radiografia eseguita dopo l’otturazione è evidente l’eccessiva svasatura del canale mesiovestibolare, necessaria per rimuovere la lima fratturata.

Figura 10a. Piccolo frammento ubicato nel terzo apicale della radice mesiovesti-bolare del primo molare superiore sinistro; si nota un piccolo frammento anche in corrispondenza della metà della radice distovestibolare. b. Rimozione del frammento distove-stibolare. Riduzione delle dimensioni del frammento nel canale mesiovesti-bolare e suo superamento in direzio-ne apicale. c. L’otturazione incorpora il segmento restante nel materiale.

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Figura 11a. Primo molare inferiore sinistro

inviato per il ritrattamento, con un frammento visibile in corrisponden-za dell’apice della radice mesiale. Si vede anche un minuscolo pezzo di strumento oltre apice, all’interno

della lesione della radice mesiale. b. La radiografia mostra il blocco vero e proprio nel canale mesiovestibo-lare. c. Radiografia post-operatoria,

effettuata ad otturazione eseguita. d. Al controllo dopo un anno la lesione

appare ridotta di dimensioni e il dente asintomatico viene restaurato.

11a 11b

11c 11d

1) - Grossman, L.I.: Guidelines for the pre-ventionof fracture of root canal instruments. Oral Surg. Oral Med. Oral Pathol. 28(5):746-52, 1969.2) - Tidmarsh, B.G.: Preparation of the root

canal. Int. Endod. J. 15(2):53-61, 1982.3) - Wong, R., Cho, F.: Microscopic manege-ment of procedural errors. Dent. Clin. North Am. 41(3):455-79, 1997.

BIBLIOGRAFIA

Traduzione dell’articolo originaleRips, strips and broken tips:handling the endodontic mishapPart I: The separated instrumentOral Health, May 2005:10-20

La risoluzione di uno dei più comuni incidenti in endodonzia:la frattura di uno strumento

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Il detto “il diavolo sta nei dettagli” si addice a qualsiasi tipo di situazione ed è valido anche in endodonzia, laddove la cura dei particolari è essenziale per otte-nere risultati eccellenti. Spesso i proble-mi che fanno indiavolare i medici hanno ben poco a che vedere con la teoria, la letteratura scientifica, le controversie cliniche o le dispute accademiche rela-tive alla migliore procedura da seguire. In molti casi sono le piccole cose a fare la differenza tra una situazione ideale che consente di ottenere agevolmente un risultato eccellente e una procedu-

Richard E. Mounce, DDS

Per un trattamentoendodontico di massimaefficienzaScivolare in scioltezza o procedere a fatica

ra simile ad un rodeo che finisce per scontentare entrambe le parti in causa. In altre parole, sono i dettagli che, di volta in volta, consentono al medico di “scivolare in scioltezza” o lo costringono a “procedere a fatica” nel sistema dei canali radicolari.Persino il medico più dotato non può esprimere appieno il suo talento se la sala operatoria non è stata allestita ade-guatamente, se o staff non è abbastanza preparato, se gli strumenti canalari e gli apparecchi non si trovano a portata di mano, ecc... Di seguito troverete alcuni suggerimenti (non in ordine d’impor-tanza) pensati per rendere più efficace la terapia endodontica così da soddisfare pienamente sia il medico che il paziente.

Consigli per un trattamento endodontico efficiente (1) Usate sempre la diga di gomma. Non solo il suo utilizzo durante la tera-pia endodontica è la procedura stan-dard prevista dalla legge, ma costitui-sce l’unico modo per mantenere sotto controllo l’umidità e garantire l’asepsi, impedendo che il dente venga conta-minato dalla saliva. L’insorgere di pato-logie dovuto al mancato utilizzo della diga non lascia spazio a giustificazioni di sorta. Per impedire alla soluzione irri-gante di scivolare accidentalmente sotto la diga di gomma, occorre isolarne la parte inferiore con un materiale come l’OralSeal (Ultradent Products) (Fig. 1a, 1b). Inoltre, se la cavità d’accesso del dente è priva di una parete, diventa più difficile portare a termine una cor-retta irrigazione, dal momento che la struttura dentale mancante impedisce il formarsi di una riserva d’irrigante. Dopo la rimozione della carie, è necessario utilizzare un buildup in composito per ricostruire la parete mancante, allo scopo di creare una riserva d’irrigante che può

1a

1c1b

Figura 1aL’Oraseal è il materiale di

scelta per migliorare lecapacità di sigillo della diga.

Figura 1bIl filo ortodontico impedisce

alla diga di isolare il campo.

Figura 1cL’Oraseal consente ora di

eseguire la terapia canalaresenza rischi di infiltrazioni.

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L’Informatore Endodontico

rendere più efficace l’irrigazione. In que-sto modo si forma, coronalmente, una vera e propria riserva d’irrigante che, se alimentata, si mantiene costante e al tempo stesso, avendo ricostruito la parete mancante, si riducono le probabi-lità che la soluzione scivoli sotto la diga di gomma. Usate una diga di gomma ultrasottile; non c’è ragione di sceglierne una pesante. Legate sempre un pezzo di filo interdentale all’uncino della diga di gomma, nella remota probabilità di un’aspirazione.(2) Per ciascun tipo d’irrigante usate sempre etichette del medesimo colore e siringhe dello stesso tipo e delle stesse dimensioni. Non cambiate mai il codice cromatico dell’etichetta su una sirin-ga da irrigazione né invertite siringhe e irriganti senza accertarvi che lo staff abbia ben assimilato il nuovo codice cro-matico. Per esempio, se, mentre eseguite un’otturazione in resina, utilizzate lo SmearClear (SybronEndo) per rimuovere il fango dentinale, è sconsigliabile usare le siringhe e gli aghi SmearClear per l’ipoclorito di sodio precedentemente contrassegnati e viceversa. Scambiare le etichette e le siringhe può portare facilmente ad un utilizzo errato delle soluzioni irriganti e quindi a un alto rischio di contaminazione. Nel peggiore

dei casi, se l’ipoclorito di sodio venisse collocato in una tubofiala di anestetico e accidentalmente iniettato nel paziente, gli effetti potrebbero essere disastrosi.(3) Usate l’irrigatore di Stropko (Sybron-Endo e Vista Dental Products) il più possibile, per rimuovere i detriti dalla camera pulpare. Tale strumento (Fig. 2a, 2b) comporta vantaggi inestimabili per l’endodonzia clinica. Una discussione che abbracci tutti i possibili utilizzi di un irrigatore di Stropko va ben oltre gli scopi del presente articolo. Basterà preci-sare che, usato contemporaneamente alla punta Blue Max (Ultradent Products), agevola considerevolmente l’irrigazio-ne del pavimento della camera pulpare. L’uso di varie punte in concomitanza con la riduzione della pressione di acqua e aria ha innumerevoli applicazioni sia nell’endodonzia chirurgica che nelle tec-niche avanzate di asciugatura dei canali prima dell’otturazione. È importante non soffiare mai aria direttamente nel dente.(4) In generale non è una buona idea affidare l’irrigazione dei canali ad un’as-sistente. Le probabilità che si verifichi un incidente con l’ipoclorito crescono esponenzialmente, soprattutto se l’assi-stente non usa un microscopio operatorio o se manca dell’esperienza e della prepa-

Figura 2aIl carrello Spartan equipaggiato con tre siringhe, ciascuna con il raccordo di Stropko.

Figura 2bUn particolare della siringa con il rac-cordo di Stropko.

2a 2b

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PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Mounce esercita l’attività limitatamente all’endodonzia a Portland, Oregon. Ha realizzato un esauriente DVD sulla detersione, la sagomatura e l’ottu-razione del sistema dei canali radicolari a beneficio del dentista generico. Il materiale è dispo-nibile anche su CD audio e come Webcast pay-per-view. Per ulteriori informazioni, inviate

razione necessarie per svolgere questo compito semplice e tuttavia essenziale per il buon esito della terapia. Allo stes-so modo, il rischio di incidenti aumenta se la qualità dell’aspirazione è in qualche modo compromessa. (5) Fate sempre indossare al paziente gli occhiali di protezione (Fig. 3). Non c’è motivo di tralasciare tale precauzione, dal momento che gli occhiali hanno un costo contenuto e costituiscono una dife-sa molto efficace per gli occhi. Qualora ad esempio una siringa da ipoclorito di sodio non funzionasse correttamente, il liquido potrebbe schizzare negli occhi del paziente, ragion per cui è sempre preferibile utilizzare gli occhiali di pro-tezione. Proprio di recente all’autore del presente articolo è esplosa una sirin-ga all’ipoclorito e l’irrigante si è sparso dappertutto, anche sopra gli occhiali del

paziente. Sono cose che capitano.(6) Cambiate la cartuccia dopo ogni utilizzo se usate un ago Obtura II (Obtura Spartan) o una cartuccia RealSeal (SybronEndo), rispettivamen-te in una siringa Obtura II o nell’Ele-ments Obturation Unit (SybronEndo). Qualunque ritardo nella procedura dimi-nuisce le probabilità di successo e, cosa più importante, compromette l’efficacia

della terapia. È controproducente che il medico interrompa il suo lavoro per sostituire un ago Obtura che si è spez-zato o che l’assistente si allontani per recuperare altri materiali sostitutivi da utilizzare nella terapia. (7) Cambiate l’ago dopo ogni iniezio-ne di anestetico. Rispetto ad un ago usato, uno nuovo è sempre più appun-tito, meno doloroso e meno traumatico per i tessuti. Inoltre le probabilità che si rompa durante un’iniezione tronculare si riducono. Il costo che comporta l’utiliz-zo di un ago sempre nuovo per ciascuna iniezione di anestetico è trascurabile in paragone ai benefici che se ne ricavano. Il fatto che i pazienti si sentano trattati con ogni cura non ha prezzo.(8) Appoggiate tutti gli strumenti ro-tanti in nichel titanio su una spugna secondo l’ordine in cui li userete nella terapia. L’assistente deve aver memoriz-zato il codice cromatico di quel parti-colare sistema di strumenti rotanti per essere più veloce ed efficiente nel passar-li all’operatore. (9) Tenete a portata di mano moltepli-ci lime K per ottenere e mantenere la pervietà apicale e tracciare un sentiero guida. Nella stragrande maggioranza dei casi trattati, l’autore ha tenuto a disposi-zione nella spugna i seguenti strumenti: lime K n. 06, 08, 10, 15 e 20 da 21 e 25 mm. E ancora, lime K3 di conicità 0.02 e 0.04 (SybronEndo) lunghe 25 mm e con punte n. 15 e n. 20 e di conicità 0.06 con punte dalla n. 15 alla n. 35. Inoltre, l’autore utilizza abitualmente lime per la sagomatura (orifice openers) con punta n. 25 e conicità 0.08, 0.10 e 0.12. L’autore non usa le lime K3 da 21 mm perché, lavorando al microscopio, le marcature laser sono più facili da leg-gere su quelle da 25 mm. Gli strumenti rotanti K3 di 21 mm divengono quindi superflui.

Figura 3La paziente sta indossando un paio di

occhiali di plastica protettivi. 3

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un’email all’indirizzo [email protected]. Il dottor Mounce può essere contattato al numero (503) 222 2111, all’indirizzo email [email protected] o visitando il sito www.MounceEndo.com.Per commentare questo articolo, visitate il forum di discussione all’indirizzo dentistrytoday.com.

(10) Usate le lime K una sola volta. Come nel caso degli aghi per anestesia, non vale la pena utilizzare più di una volta una lima K perché il risparmio non compensa la perdita di efficienza di taglio.(11) Gli strumenti rotanti sono anch’essi monouso. Discutere su quante volte si possa usare uno strumento rotante in nichel titanio va molto oltre gli scopi di questo articolo. È bene essere scettici circa le possibilità di durata di qualsiasi strumento rotante Ni-Ti. In breve, se nello strumento è presente una qualche deformazione o se è stato sottoposto ad una curvatura di media o grave entità, ad una eccessiva torsione o ha dovuto attraversare molteplici canali (effettuan-do un eccessivo numero di rotazioni in corrispondenza di una data curvatura), lo strumento rischia una frattura imme-diata dovuta allo stress torsionale e alla fatica ciclica (fenomeno che si verifi-ca quando un metallo, piegato ripetu-tamente nello stesso punto, si spezza improvvisamente). L’utilizzo di un tale strumento deve essere immediatamente accantonato. L’eventuale frattura di uno strumento impone di inviare il caso ad uno specialista che effettui la rimozione del frammento, a detrimento dell’effi-cienza della terapia e dell’eccellenza del risultato.(12) Qualsiasi tipo di ingrandimento è migliore dell’occhio nudo; lo strumen-to ideale è il microscopio operatorio. Qualsiasi visualizzazione meno accurata è, in ogni caso, un compromesso. (13) Fate in modo che la vostra assi-stente capisca bene quali sono le funzio-ni delle diverse soluzioni irriganti. Ciò migliorerà l’efficienza della procedura e consentirà all’assistente di entrare più in sintonia con la terapia. Effettuare delle esercitazioni in cui si ripercorrono le varie tappe della terapia è certamente

utile, specie se l’assistente è nuova e/o intendete cambiare la tecnica che usate abitualmente.(14) Posizionate il buildup al termine del trattamento, se possibile, per pre-venire il verificarsi di danni iatroge-ni, favorire il sigillo coronale ed evitare che il paziente torni a distanza di mesi con un dente aperto e contaminato dalla corona all’apice (è bene che il medico che posiziona il buildup sia lo stesso che ha preparato il canale radicolare, altri-menti non avrà altrettanta familiarità con l’anatomia canalare). Posizionare il buildup in un secondo appuntamento non è conveniente né in termini di costi né dal punto di vista del paziente. Di recente, l’autore ha avuto un paziente che era rimasto per dieci anni con il Cavit nella cavità d’accesso degli incisivi inferiori. Si è reso perciò necessario un ritrattamento, anche se la precedente terapia endodontica era stata eseguita alla perfezione. (15) Secondo l’esperienza dell’autore, se il clinico esegue l’otturazione utilizzan-do il materiale adesivo Resilon (Resilon Research) o il RealSeal (SybronEndo), il miglior modo per posizionare il pri-mer self-etch è assicurarsi che la camera pulpare sia pulita e asciutta e usare un micro-brush per inserire il primer negli orifizi canalari. Poi il primer va portato fino alla lunghezza desiderata tramite coni di carta superassorbenti. (16) Precurvate sempre le vostre lime manuali prima di collocarle in un cana-le, anche se questo appare dritto all’esa-me radiografico. Tutti i canali, anche nei denti frontali superiori, presentano un certo grado di curvatura. Se i canali curvano in direzione vestibolo-linguale, le curvature non compaiono nella radio-grafia.(17) Inserite i vostri strumenti Ni-Ti nell’orifizio canalare mentre sono già in

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rotazione; evitate di bloccarli manual-mente nei canali per poi attivarli. Se lo strumento rotante viene impegnato nel canale, c’è il rischio che la punta si bloc-chi apicalmente ancor prima di attivarsi, provocando un elevato stress torsionale e, in ultima analisi, la rottura dello stru-mento.

ConclusioneQuesta lista di suggerimenti potrebbe continuare all’infinito. Ad ogni modo,

sulla base dell’esperienza acquisita tenendo corsi in tutto il mondo e osser-vando parecchi colleghi in azione, l’au-tore ritiene che quelli sopra esposti siano i temi fondamentali che mettono alla prova e non di rado frustrano, i clinici alle prese con le terapie endodontiche. Sono questi i dettagli che fanno la diffe-renza tra “scivolare in scioltezza” (endo-donzia piacevole, pratica e predicibile) e “procedere a fatica” nel sistema dei canali radicolari.

Per un trattamento endodontico di massima efficienzaScivolare in scioltezza o procedere a fatica

Traduzione dell’articolo originaleCreating endodontic efficienciesSlippin’ and slidin’ or just sloggin’Dentistry Today, 24(5):98-100, 2005Copyright © Dentistry Today Inc.