Accademia Italiana Della Cucina Nr.231 Ottobre 2011

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N . 2 3 1 , O T T O B R E 2 0 1 1 / MENSILE, POSTE ITALIANE SPA, SPED. ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1 COMMA 1 - DCB ROMA I S S N 1 9 7 4 - 2 6 8 1 L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI www.accademia1953.it C IVILTÀ DELLA T AVOLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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Gambero Rosso ottobre 2011

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L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

www.accademia1953.it

CIVILTÀDELLATAVOLAACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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S O M M A R I O

CARI ACCADEMICI...

3 Troppi cuochi guastanola cucina(Giovanni Ballarini)

CULTURA & RICERCA

5 L’Accademia al Quirinale(Francesco Ricciardi)

7 La valutazione delle pietanze(Donato Pasquariello)

9 La farmacia degli dei(Bruno Barbieri)

10 La sicurezza degli alimenti(Paolo Borghi)

15 Salviamo i pescecani(Marino de Medici)

17 L’azzeruolo(Giancarlo Burri)

18 Antica mortadella(Sandro Bellei)

20 Bacchus amat colles(Amedeo Santarelli)

21 Milano d’antan(Luciano Imbriani)

23 Cavoli a merenda(Giovanni Ballarini)

24 Artusi a Trieste(Giuliano Relja)

28 I vincisgrassi(Ugo Bellesi)

29 Le buone manieredell’accoglienza(Lucio Piombi)

30 Elogio delle polpette(Antonio Ravidà)

31 Pregi e difetti degli alimenti(Publio Viola)

33 Come si tradisce la tradizione(Roberto Restori)

34 “El risòtt giald”(Giovanni Staccotti)

35 Il pane della festa(Bruno Guglielmotto-Ravet)

36 A colpo d’occhio(Ettore Grimaldi)

37 Gusto e gastronomia(Massimo Pisani)

38 Digiuni e pasti di Silvio Pellico(Gabriele Gasparro)

39 Evoluzione del primo piatto(Domenico Musci)

41 Fichi istriani(Alida Rova Ponte)

43 L’Italia spiegata agli inglesi(Giorgio Cirilli)

44 Il controriformista(Francesco Ricciardi)

I NOSTRI CONVEGNI

12 L’importanza dell’acqua(Anna Maria di ToroJannucci Torlontano)

13 I formaggi di montagna(Maria CristinaCarbonelli di Letino)

BIBLIOTECA NAZIONALEGIUSEPPE DELL’OSSO

26 Un cuoco galante(Lorena Gallina)

LE RUBRICHE4 Calendario accademico16 Le ricette d’autore27 Accademici in primo piano45 Sicurezza & qualità47 Notiziario49 In libreria51 Vita dell’Accademia66 Carnet degli Accademici68 Dalle Delegazioni77 International Summary

L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAÈ STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

E DA LUIGI BERTETT, DINO BUZZATI TRAVERSO, CESARE CHIODI, GIANNINO CITTERIO, ERNESTO DONÀ

DALLE ROSE, MICHELE GUIDO FRANCI, GIANNI MAZZOCCHIBASTONI, ARNOLDO MONDADORI, ATTILIO NAVA,

ARTURO ORVIETO, SEVERINO PAGANI, ALDO PASSANTE, GIAN LUIGI PONTI, GIÒ PONTI, DINO VILLANI,

EDOARDO VISCONTI DI MODRONE, CON MASSIMO ALBERINI E VINCENZO BUONASSISI.

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La copertina: particolare de “La tazza dorata” (1911) di Emilio Rizzi. Il dipinto, proveniente dallacollezione dell’Aref (Associazione artistica e culturale Emilio Rizzi e Giobatta Ferrari) di Brescia, è statouno dei pezzi più ammirati della mostra “Boldini e la Belle époque”, allestita fino al luglio scorso a Co-mo, Villa Olmo. Questo pittore lombardo (Cremona 5 maggio 1881), dopo essersi formato a Milano al-l’Accademia di Brera fu attivo a Roma, Parigi, nel Lazio (Sabina) e infine a Brescia, dove si spense il22 dicembre 1952. “La tazza dorata” appartiene al periodo parigino, il più importante nella sua storiaartistica, in cui Rizzi elaborò uno stile assai personale (cromatismo asciutto, fitta trama di pennellate,disegno sempre solido e curato) soprattutto nell’esecuzione dei grandi ritratti di signore, tanto da esseredivenuto famoso con l’appellativo di “peintre de la femme”.

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VALLE D’AOSTA Luigi Alessandro (Aosta) • Giuseppe Rivolin (Monterosa)

PIEMONTE Ernesto Cornaglia (Alba-Langhe) • Luigi Carlo Michele Bussolino (Alessandria)Piero Bava (Asti) • Carlo Greppi (Biella) • Franco Gerardi (Ciriè)Alberto Coggiola (Cuneo-Saluzzo) • Giampiero Garelli (Ivrea) • Mario Tuccillo (Novara)Lorella Daghero (Pinerolo) • Mauro Felice Frascisco (Torino) • Paoletta Picco (Torino Lingotto)Pier Carlo Lincio (Verbano-Cusio-Ossola) • Guido Franchi (Vercelli)

LIGURIA Roberto Pirino (Albenga e del Ponente Ligure) • Paola Massa Piergiovanni (Genova) Guglielmo Valobra (Genova Est) • Marinella Curre Caporuscio (La Spezia)Giuseppe Ghiglione (Riviera dei Fiori) • Salvatore Piacenza (Savona) Giorgio Cirilli (Tigullio)

LOMBARDIA Franco Amadei (Alto Mantovano e Garda Bresciano) • Franco Rossi (Alto Milanese) Lucio Piombi (Bergamo) • Giuseppe Masserdotti (Brescia) • Alberto Livraghi (Crema)Marco Petecchi (Cremona) • Giovanni Bovis (Destra Oglio)Enzo Pomentale (Lariana) • Claudio Bolla (Lecco) • Federico Maisano (Lodi)Giuseppe Pellecchi (Mantova) • Dino Betti Van Der Noot (Milano)Marcello Mancini (Milano Brera) • Andrea Cesari De Maria (Milano Duomo)Giovanni Battista Spezia (Milano Navigli) • Filippo Magrì (Monza e Brianza)Danilo Fraticelli (Pavia) • Giancarlo Gugiatti (Sondrio) • Mario Nobili (Vallecamonica)Claudio Borroni (Varese) • Giovanni Canelli (Vigevano e della Lomellina)Umberto Guarnaschelli (Voghera-Oltrepò Pavese)

TRENTINO-ALTO ADIGE Giancarlo Massari (Bolzano) • Piergiorgio Baruchello (Bressanone) Ferdinand Tessadri (Merano) • Francesco Pompeati (Trento)

VENETO Renzo Rizzi (Alto Vicentino) • Corrado Bosco (Belluno-Feltre-Cadore) Luigino Grasselli (Cortina d’Ampezzo) • Pietro Fracanzani (Eugania-Basso Padovano) Umberto Parodi (Legnago-Basso Veronese e Polesine Ovest) • Cesare Bisantis (Padova)Giuseppe Degli Albertini (Riviera Veronese del Garda) • Giorgio Golfetti (Rovigo-Adria-Chioggia)Teresa Perissinotto (Treviso) • Nazzareno Acquistucci (Treviso Alta Marca) Lelia Passi (Venezia) • Ettore Bonalberti (Venezia Mestre) • Cesare Muttoni (Verona)Giovanni Manfredini (Vicenza)

FRIULI-VENEZIA GIULIA Alessandro Culot (Gorizia) • Euro Ponte (Muggia-Capodistria) Stefano Zanolin (Pordenone) • Giuliano Relja (Trieste) • Renzo Mattioni (Udine)

EMILIA ROMAGNA Umberto Cavezzali (Bologna) • Sergio Savigni (Bologna dei Bentivoglio) Maurizio Campiverdi (Bologna-San Luca) • Giovanni Spartà (Borgo Val di Taro) Pier Paolo Veroni (Carpi-Correggio) • Giovan Battista Borzatta (Castel San Pietro-Firenzuola) Salvatore Alberghini (Cento Città del Guercino) • Bruno Pollini (Cervia) Norberto Fantini (Cesena) • Riccardo Vicentini (Faenza) • Carlos Victor Dana (Ferrara)Edgardo Zagnoli (Forlì) • Antonio Gaddoni (Imola) • Pier Angelo Raffini (Lugo di Romagna)Alberto Mantovani (Modena) • Gioacchino Giovanni Iapichino (Parma) Massimo Gelati (Parma-Bassa Parmense) • Luigi Anacleto Prati (Parma Terre Alte) Giovanni Marchesi (Piacenza) • Emilio Antonellini (Ravenna) Cesare Corradini (Reggio Emilia) • Massimo Mancini (Riccione-Cattolica) Roberto Valducci (Rimini) • Roberto Tanzi (Salsomaggiore Terme)

Nei prossimi numeri i Delegati del Centro e del Sud - Isole

I DELEGATI IN ITALIA(NORD)

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Troppi cuochi guastano la cucina

C A R I A C C A D E M I C I . . .

DI GIOVANNI BALLARINIPresidente dell’Accademia

Sempre più cuochie ricettari, e sempre meno

cucina in casa,confermano la saggezza

di un anticoproverbio italiano.

L’ esplosione del numero deicuochi (solo la Federazioneitaliana cuochi denuncia circa

20.000 associati) è indubbia ed è unsegno preoccupante del fatto che iproblemi alimentari dell’uomo mo-derno stanno aumentando vertigino-samente, con una velocità senza pre-cedenti. Un processo apparentemen-te esploso alla fine del XX secolo, macon radici più lontane e che segue lacurva di crescita sia della popolazio-ne umana sia di altre categorie pro-fessionali, secondo un andamentonel quale, all’incirca, ogni successivoraddoppio avviene in tempi che sonosolo la metà di quelli occorsi per ilraddoppio precedente.

La curva di crescita esponenzialedei cuochi è pari al volume dell’edi-toria cucinaria e gastronomica in librie riviste specializzate, senza contarele rubriche di cucina presenti, si puòdire, in quasi ogni quotidiano o rivi-sta settimanale e mensile. In Italia,negli ultimi anni e secondo l’Istat, so-no stati pubblicati in media 650 libridi cucina e ricettari l’anno (circa dueal giorno), ognuno di circa 140 pagi-ne e con una tiratura media ciascunodi circa 2.500 copie. Ogni mese inItalia è anche distribuito circa un mi-lione di copie di periodici dedicati al-la cucina, alle ricette e alla gastrono-mia. Rilevante e quasi ossessiva è lapresenza degli spettacoli di cucina egastronomia nei programmi televisividove il cibo - è proprio il caso di dir-lo - è cucinato in tutte le salse, dalgioco al thriller.

Sempre più cuochi e ricettari, masempre meno cucina in casa e soprat-tutto sempre più disorientamento nonsolo alimentare, ma soprattutto cuci-nario, confermando la saggezza di unantico proverbio che proclamava“Troppi cuochi guastano la cucina”.

Troppi cuochi? Non si dimentichiche la ristorazione pubblica è semprepiù ampia e l’alimentare extradome-stico costituisce un importante scena-rio economico, che in Italia copre ol-tre 60 miliardi di euro spesi per pastifuori casa, con 70 euro al mese perogni famiglia e una spesa pro capitedi 27,6 euro. Secondo un’indagine,otto italiani su dieci abitualmenteprendono pasti fuori casa: consumaabitualmente pasti fuori casa, sia apranzo sia a cena, il 78,2% del cam-pione; nei grandi centri urbani, lapercentuale di chi mangia fuori casasia il pranzo sia la cena sale all’82%coinvolgendo circa 7,6 milioni di per-sone. Il 28% degli intervistati ha poidichiarato di consumare un pranzofuori casa durante tutti i giorni dellasettimana lavorativa; un altro 7% con-suma un pranzo fuori dalle mura do-mestiche anche nei giorni non lavo-rativi, mentre un 19% dichiara unpranzo extradomestico in media 2 o3 volte la settimana.

Se in Europa per un euro speso inconsumi alimentari domestici si spen-dono altri 53 centesimi fuori casa, l’I-talia conferma di essere un’eccezio-ne, considerando che negli ultimidieci anni il valore passa da 0,44 a0,50 euro per ogni euro speso in con-sumi alimentari domestici. La ristora-zione fuori casa, se da una parte giu-stifica l’elevato numero di cuochi, daun’altra aumenta la competizione equindi una continua, quasi spasmodi-ca, ricerca di novità, anche le piùscombinate, e incentiva il fenomenodel “divismo” che pervade anche altrisettori della società.

Un divismo cucinario che spessonon ha nulla a che fare con una realequalità della cucina. Una condizioneche deve stimolare i nostri Accademi-ci a mantenere alta l’attenzione sui

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giudizi di qualità dei ristoranti dellanostra guida, che ha superato i50.000 utilizzatori-lettori.

Troppi ricettari? Quando l’improv-visazione domina la scena, ognisprovveduto o sprovveduta vuolepresentare la “sua” cucina, dichiaran-do anche “che non sa cucinare”, mol-to probabilmente solo per sostenerela sua presenza televisiva o nel mon-do dello spettacolo, o per venderecopie di libri con ricette che non sa-ranno mai eseguite, anche perchénon lo meritano. Una condizione bendiversa da quella tradizionale, quan-do la memoria era la depositaria dellevere ricette familiari e del territorio, al

più consegnate anche a un quadernoche nelle sue macchie d’unto avevala testimonianza di una cucina vissutae quindi credibile, o quando in cuci-na vi era uno o pochi libri di ricetteben collaudate, da Pellegrino Artusiin poi. Tutto da buttare? Per fortunano, in quanto ancor oggi, nel granmare di una editoria commerciale edi spettacolo non mancano buoni li-bri di cucina e ricettari seri, con ricet-te provate e ben sperimentate, comerisulta da una loro attenta lettura, ainiziare da come sono presentate escritte, ma anche dai giudizi dati daquesta nostra rivista. Purtroppo solochi fa veramente cucina può capire

se un ricettario è autorevole e affida-bile. Un quadro che conferma la ne-cessità di un ricettario critico tradizio-nale al quale la nostra Accademia stalavorando.

I troppi cuochi e la valanga di ricet-tari non devono far dimenticare l’im-portanza fondamentale della cucina fa-miliare, che rappresenta pur semprealmeno la metà della nostra alimenta-zione e che non è soltanto più econo-mica - il che non guasta in tempi di de-pressione - ma è soprattutto il modo diaccostarsi al cibo maggiormente iden-titario e psicologicamente più sicuro.

GIOVANNI BALLARINISee English text page 77

OTTOBRE1-2 ottobre - PisaCinquantennale della DelegazioneConvegno “Sensi e gastronomia”

5 ottobre - MilanoRiunione del Centro Studi “Franco Marenghi” e dei Direttori dei Centri Studi territoriali

8 ottobre - PordenoneConvegno “Il 440° anniversariodella battaglia di Lepanto”

10 ottobre - Eugania-Basso PadovanoConvegno “La cucina delle terme”a Montegrotto

15 ottobre - LarianaCinquantennale della Delegazione Convegno “Cinquanta - Cento - Centocinquanta”

18 ottobre - LussemburgoIl Presidente Ballarini presenta il libro“1861-2011. La cucina nellaformazione dell’identità nazionale”all’Istituto italiano di cultura

20 ottobre - Cena ecumenica “La cucina della frutta”

20 ottobre - BergamoCinquantennale della Delegazione

20 ottobre - PisaIV edizione del premio al miglior allievo dell’Ipssar “Matteotti” di Pisa

20 ottobre - Valdelsa FiorentinaMostra itinerante “Un secolo di menu”

22 ottobre - TrapaniConvegno “I venti piatti che hannounito l’Italia: 150 anni... di cucina”

25 ottobre - CremonaConvegno “Il Risorgimento a tavola”

28 ottobre - Campobasso, Isernia,TermoliConvegno “L’italianizzazione alimentare dei molisani” a Bojano (CB)

28-30 ottobreRiunione della Consulta accademicaa Bologna

NOVEMBRE

5 novembre - PratoVenticinquennale della Delegazione

9 novembre - Reggio EmiliaCinquantennale della DelegazioneConvegno “Tradizione, innovazione,sperimentazione in cucina”

11-13 novembre - Siena ValdelsaDecennale della DelegazioneConvegno “La cucina nell’arte senese e toscana”

16-20 novembre - LondraEscursione accademica

18 novembre - ImolaQuarantennale della Delegazione

19 novembre - LodiConvegno “La cucina in televisione”

19 novembre - PadovaCinquantennale della Delegazione Convegno “Aspetti sociali della cucinadel Padovano dagli anni Sessanta a oggi”Premio alla gastronomia che operanel sociale

26-27 novembre - BruxellesVenticinquennale della Delegazione

DICEMBRE

1 dicembre - Cagliari2 dicembre - SassariSeminario sulla celiachia

3 dicembre - LuccaCinquantennale della DelegazioneConvegno “I fagioli della Lucchesia”

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE 2011

C A R I A C C A D E M I C I . . .

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C U L T U R A & R I C E R C A

L’Accademia al QuirinaleDI FRANCESCO RICCIARDI

“Napolitano ha mostratogrande interesse verso i temi

propri dell’Accademia:la cucina intesa come

convivialità e cultura”.

I l 21 settembre scorso il PresidenteGiovanni Ballarini e il Consiglio diPresidenza dell’Accademia sono

stati ricevuti al Quirinale dal Presi-dente della Repubblica Giorgio Na-politano. L’occasione ufficiale era laconsegna formale del volume “I me-nu del Quirinale - 150 anni di menuper 15 Capi di stato”, edito dall’Acca-demia per le celebrazioni del 150°anniversario dell’Unità d’Italia, cui lostesso Presidente Napolitano ha con-cesso l’onore che venisse aperto conun proprio messaggio. Ma, al di làdel motivo principale, l’incontro,cordiale e prolungato, svoltosi tral’altro nello studio privato del Presi-dente, è stato un’occasione per pre-sentare al Presidente l’Accademia, ilsuo ruolo, le sue attività, le sue pub-blicazioni.

“Quasi sessanta anni di lavoro - hadetto Ballarini nel suo discorso di sa-

luto -, passione disinteressata, impe-gno culturale hanno portato l’Acca-demia ad assumere l’attuale dimen-sione nazionale e internazionale nelnome della cultura italiana e della Ci-viltà della tavola, che trova riferimen-to con i nostri rapporti con i Ministeriper i Beni e le attività culturali, degliAffari esteri, delle Politiche agricole,alimentari e forestali, e della Salute”.

Oltre al volume dedicato ai menu,sono stati donati al Presidente Napo-litano anche gli altri titoli pubblicatinelle collane “Itinerari di cultura ga-stronomica” e “Collana di cultura ga-stronomica”, con particolare riferi-mento all’ultimo titolo, “1861-2011.La cucina nella formazione dell’iden-tità nazionale”.

Nel mostrarlo al Presidente, Gio-vanni Ballarini ha sottolineato come“la cucina, come la lingua, sianoespressioni ineliminabili e profonde

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C U L T U R A & R I C E R C A

dell’identità di un popolo e di unanazione, anche e soprattutto in Italiadove la pluralità delle tradizioni costi-tuisce una ricchezza incomparabileche il processo unitario ha messo inevidenza. Al pari delle altre testimo-nianze della costruzione identitaria -ha aggiunto -, che conservano me-moria della storia artistica, letteraria,musicale, scientifica, materiale, anchela cucina, soprattutto nei suoi aspettidi deposito di tradizioni, di compo-nente artistica nella gastronomia eper i suoi significati inconsci, rappre-senta un fortissimo elemento di rico-noscibilità ed è un indiscusso fattoredi coesione nazionale”.

L’Accademia ha voluto donare alPresidente anche il catalogo dellamostra itinerante “I colori del gusto -Civiltà della tavola nella pittura napo-letana”, inaugurata a Napoli nel 2008,“un lavoro che celebra - come ha det-to Ballarini - la grande cultura, pittori-ca e gastronomica, della sua città na-tale”.

Al di là dell’ufficialità dell’evento edel protocollo, l’incontro con il Presi-dente della Repubblica ha assuntosubito i toni di una amabile conversa-zione, nel corso della quale Napolita-no ha mostrato grande interesse ver-so i temi propri dell’Accademia, lacucina intesa come convivialità e cul-tura. Il Presidente si è soffermato tra

l’altro con competenza su alcuniaspetti della cucina regionale, conparticolare riguardo a quella dellasua regione di origine, sui valori pro-pri delle nostre tradizioni, sullo scam-pato pericolo rappresentato un paiodi decenni fa dall’entrata in scena,per fortuna effimera, della cosiddetta“nouvelle cuisine”, sulla crescita qua-litativa e quantitiva dei nostri vini.

Un’accoglienza la sua che ha rap-presentato davvero, come ha dettoBallarini, “una gratificazione chepremia l’impegno di questa associa-zione che rifugge da ogni legamecommerciale, e che fa dell’appassio-nato volontariato dei nostri Accade-mici, in Italia e nel mondo, il solostrumento operativo per il raggiungi-mento degli scopi statutari: la tutela,cioè, delle tradizioni della cucina delnostro Paese e della civiltà della ta-vola, come valore nazionale, che ilnostro Paese non può vedere smi-nuito, pena la perdita rilevantissimadi identità”.

Ballarini ha anche sottolineato co-me in un periodo di rapidi cambia-menti e trasformazioni, l’interesse peruna cucina tradizionale e identitaria,migliorata e adeguata all’attualità, siassoci al suo ruolo nella difesa del“fare italiano” in Italia e soprattuttoall’estero, con importanti ricadute so-ciali ed economiche: “Una buona cu-

cina italiana è il migliore veicolo perfar conoscere e apprezzare negli altriPaesi la grande ricchezza e varietàdei prodotti italiani e la migliore dife-sa di fronte alle falsificazioni dellaproduzione agroalimentare italiana, ilsecondo settore produttivo del nostroPaese”.

Ha parlato poi della perfetta sinto-nia dell’Accademia con l’opera che ilPresidente della Repubblica conduceper la valorizzazione della presenzaitaliana nel mondo. “Il distintivo chenoi Accademici portiamo all’occhiello- ha detto - reca i tre colori della no-stra bandiera, quel tricolore che leistesso ci indica quale strada per lasalvaguardia dei grandi valori spiri-tuali che sono alla sua origine e chestiamo celebrando nella ricorrenzadei centocinquanta anni dell’Unitàitaliana”. Napolitano, quindi, nelcommentare i risultati delle celebra-zioni per il 150°, ha sottolineatoquanto la risposta da parte della granparte degli italiani sia stata entusiasti-ca e quanto grande il coinvolgimentoemotivo, aggiungendo di augurarsiche gli stessi sentimenti siano alla ba-se del lavoro di chi regge le sorti delPaese.

Nel prendere commiato il Presiden-te Ballarini gli ha rivolto “un graziesincero e, se mi permette, affettuosoda parte di tutti noi, e mio personale,per la sua cortesia e la sua disponibi-lità ad accoglierci al Quirinale. Salutoal quale unisco quello per la suaamabile consorte, donna Clio. Salutoal quale associo come ricordo la con-segna della riproduzione del nostrosimbolo, il tempio della saggezza”.

Dopo i saluti, fuori programma, airappresentanti dell’Accademia è statadata la possibilità di visitare quei sa-loni del Palazzo in cui hanno luogole visite di Stato, i ricevimenti, i pran-zi ufficiali; gli stessi luoghi diffusa-mente descritti nel libro che è statol’occasione per un incontro che hagrandemente onorato l’Accademia eil suo impegno a favore della cucinae della cultura italiane.

FRANCESCO RICCIARDISee International Summary page 77

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C U L T U R A & R I C E R C A

DI DONATO PASQUARIELLOAccademico di Roma Appia

Nelle sessioni accademicheè auspicabile una condivisa

definizione dei principaliaspetti della valutazione,

in modo da poter disporredi una comune matrice

di riferimento..

C apita sovente di osservare, aepilogo dei simposi accade-mici, come le valutazioni

espresse dai commensali sulle pie-tanze servite e sugli altri consuetiprofili abbiano a divergere anchesensibilmente tra loro; l’estrema er-raticità di taluni giudizi rispetto aquelli “normali” desta non pocheperplessità in chi è chiamato a cura-re l’elaborazione dei previsti riferi-menti sulle iniziative.

È pur vero che l’attribuzione di ungiudizio complessivo sintetico a unadeterminata pietanza, per quantoesercizio abituale e in un certo sen-so “professionale”, rivela non pochiaspetti di complessità, quando sov-viene lo scrupolo di coglierne ogniutile caratteristica: la realtà, anchese confinata alla natura di un sem-plice piatto, presenta profili infiniti,oltre che non facilmente esprimibili,in rapporto alla limitatezza degli sti-moli sensoriali e delle comuni cate-gorie di analisi.

Una riflessione su modalità e limi-ti della percezione, intesa nelle pre-cipue funzioni di organizzazionedelle sensazioni e costruzione deiconseguenti significati, può contri-buire a una migliore comprensionedel processo di valutazione e delsuo difforme atteggiarsi a livello in-dividuale.

Tra i principali aspetti della sog-gettività, rileva anzitutto la caratteri-stica dell’interezza della percezione,secondo cui ogni momento di que-sto importante processo viene filtra-to dall’intera esperienza di vita, na-turalmente differente in funzionedella storia personale e culturale, ol-tre che dell’azione dell’inconscio.

Quanto poi all’incidenza dei sin-goli sensi, va osservato che l’olfattocontinua a essere oggi, come in

passato, un senso naturalmente do-minante, a motivo dell’accesso di-retto dei suoi neuroni recettori allacorteccia cerebrale: l’odore di unapietanza appare infatti emotiva-mente più condizionante delle cor-rispondenti sensazioni visive e udi-tive.

Nelle odierne società consumisti-che, poi, la vista ha finito per assu-mere un ruolo in un certo sensoprevalente a motivo della diffusatendenza, indotta da tecniche pub-blicitarie e commerciali, a riservareprioritaria attenzione alle formeesteriori degli oggetti piuttosto chealle loro qualità intrinseche.

La percezione rimane in definitivaprocesso di estrema complessità, inparte inconscio, la cui continuità sisvela soltanto a tratti alla consape-volezza e quindi alla memoria. Taliconsiderazioni danno un’idea di lar-ga massima dei condizionamentiche la valutazione presenta a livellosoggettivo e delle difficoltà che rive-ste, a fini di riequilibrio, la com-prensione delle modalità di parteci-pazione dei singoli sensi alla finaliz-zazione dell’atto percettivo.

Nell’attività di relazione, la reci-proca comprensione dei significatidi volta in volta attribuiti agli og-getti della realtà si rivela indispen-sabile; nella materiale impossibi-lità, malgrado ogni sforzo, di per-venire a una piena conoscenza, “damente a mente”, dei significati indi-vidualmente stimolati dalla perce-zione multisensoriale, non rimaneche confidare in un avvicinamento,attraverso la comunicazione nellevarie forme, delle rispettive posi-zioni in termini di strutture di signi-ficato.

All’interno di gruppi sociali suffi-cientemente omogenei, specie sul

La valutazione delle pietanze

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piano culturale, accettabili intese intal senso dovrebbero rivelarsi agevoli.

Quello richiamato in premessa èindubbiamente un problema, nontanto di attribuzione di significatidifferenti a uno stesso oggetto per-cepito, quanto di misura della lorodifformità.

Valutazioni entro certi limiti diver-genti, in quanto legate alle citatecomponenti soggettive, sono nonsolo fisiologiche, ma da considerarsiaddirittura favorevolmente, costi-tuendo apprezzabile ricchezza all’in-terno di ogni gruppo sociale; il pro-cesso di avvicinamento alla verità ri-chiede pur sempre lo sviluppo diproduttive dialettiche tra posizioninon monotonamente allineate.

Un’estrema variabilità di significa-to, e quindi di giudizio, non apparecomunque concepibile in un gruppoda ritenersi fondamentalmente omo-geneo, quale quello degli Accademi-ci, quanto meno con riferimento alleconnotazioni culturali ed esperien-ziali nel campo proprio della cucina;essi partecipano infatti a iniziativecomuni, sia pure per lo più distribui-te a livello locale, condividono prin-cipi e obiettivi dell’Istituzione, sonoanimati da medesime motivazioni eaccedono normalmente alle stessefonti informative a fini di aggiorna-mento.

Pur convenendo sulla necessitàche i valutatori si esprimano in ognicircostanza con la massima libertà,appare tuttavia auspicabile una mag-giore convergenza delle strutture disignificato individuali, specie perquanto attiene a oggetti di cono-scenza, quali le pietanze proposte insede conviviale, rientranti nell’alveoproprio della cultura accademica.

Un processo di progressivo “ade-guamento” in tal senso potrebbeprendere avvio da una condivisa de-finizione dei principali aspetti dellavalutazione, in modo da poter di-sporre, nell’approccio al non facilecompito, di una comune matrice diriferimento, sufficientemente detta-gliata da lasciare adeguato spazio an-che a specificità localmente rilevanti.

Con riferimento alla qualità di unapietanza in particolare - che rimaneoggetto tra i più problematici - ilgiudizio potrebbe farsi per esempiodiscendere dal grado di aderenza al-la ricetta canonica o alla specificatradizione; dalle caratteristiche dimaterie prime e ingredienti; dallavalidità dell’interpretazione di “cuci-na”, anche sul piano dell’originalità;dall’accuratezza di elaborazione, dipreparazione e di presentazione;dal sapore d’insieme, infine, o di ta-lune dominanti gustative, quale ef-fetto di semplici accostamenti o dipiù profonde trasformazioni e “fu-sioni”.

A tali caratteristiche se ne possonoaggiungere infinite altre, sulla basedi opinioni e interpretazioni sogget-tive, purché esse formino oggetto dirilevazione e di aperta discussione.

Lungi dal voler pervenire a unapiena “condivisione” delle strutturedi significato, ipotesi invero inaccet-tabile e del tutto utopica, appare ra-gionevole puntare su un loro certogrado di “assimilazione”, facendoappunto leva sulle richiamate carat-teristiche di omogeneità del gruppo.

Saranno allora i comportamenti in-dividuali, sintonici e ispirati al co-mune interesse all’affinamento diconoscenze e gusti, a garantire talepossibilità attraverso lo sviluppo diaperte conversazioni e di stimolantidiscussioni intorno alle impressioniin concreto avvertite.

Al di là dei pur presenti aspettiedonistici, in un gruppo sufficiente-mente omogeneo, affiatato e consa-pevole delle finalità conviviali, vienein ogni caso a realizzarsi ai tavoliuna mutua e silente cooperazionefatta di segni, sottintesi e azioni co-munque volti a dare espressione asensazioni ed emozioni conseguentiall’impatto sensoriale con i piatti divolta in volta proposti. Le trame disignificato originatesi a livello indivi-duale non possono che trovare ap-propriato contemperamento proprioin siffatta “dialettica implicita”, aven-te come naturale esito una sostan-ziale convergenza di opinioni.

Meglio ancora poi se a tali segniavessero ad accompagnarsi, in forzadella presupposta comunanza di co-noscenze e di linguaggio, doverosee più esplicite forme di apprezza-mento o di delusione, capaci di in-nescare intense discussioni tali dascongiurare ogni deriva di interpre-tazione.

La stessa comunicazione in sedeconviviale, di norma preordinata allapresentazione delle pietanze, po-trebbe recare ulteriore giovamentoal delineato processo di mutua assi-milazione dei significati: le motiva-zioni alla base di scelte e interpreta-zioni di cucina, anche in rapporto altema del convivio, esplicitate dalsimposiarca - quando efficacementeespresse, interpretate e soprattuttodiscusse - valgono a meglio integra-re e connotare la portata della valu-tazione.

Va in ogni caso ricordato come lavalutazione, a prescindere dai conte-nuti riferibili alle specifiche abilità dicucina, debba anche dar riconosci-mento, in ragionevole misura, del-l’impegno, della buona volontà e dellavoro sottesi alla realizzazione dellepietanze proposte.

A tale scopo dovrebbe sovvenireun atteggiamento di doverosa com-prensione, prima di emettere fretto-losi giudizi di approvazione o dicondanna; l’affermazione di una ve-ra e propria etica della comprensio-ne dovrebbe, da un lato, evitare l’e-mersione di false congetture, cre-denze e pregiudizi che possanocompromettere l’oggettività e la se-renità della valutazione e, dall’altro,favorire una positiva apertura, inun’ottica di mediazione, al rispettodelle altrui interpretazioni.

L’obiettivo rimane in definitivaquello di consentire - con l’interve-nuta maggiore comunanza delle sin-gole trame di significato, quale natu-rale corollario della riconosciutaomogeneità del gruppo - valutazionicomunque ispirate a criteri di equità,coerenza e verità.

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La farmacia degli deiDI BRUNO BARBIERI

Accademico di Merano

“Nella medicinatradizionale tirolese,

il sambuco era consideratoun rimedio che guariva

ogni male”.

Il sambuco comune (Sambucus ni-gra) è una pianta molto nota sindall’antichità. Già nel suo trattato

“Kreutterbuch” del 1551 uno dei pa-dri della botanica tedesca, Hierony-mus Bock, annotò che in Germania ilsambuco era certamente pianta cono-sciuta da tutti, ed era superfluo usaremolte parole. Dal lato botanico, ilsambuco è un arbusto alto da 2 a 5metri; il fusto ha la corteccia grigio-bruna, dai rami ricadenti con midollobianco; ha da 3 a 7 foglie attaccate aun unico picciolo; i fiori di coloregiallo chiaro, molto profumati, sonoriuniti in ombrelle, mentre i frutti so-no delle bacche nero-violacee checompaiono in autunno e restano sul-

la pianta fino a dicembre inoltrato.Nella mitologia, annotiamo che unodei nomi tedeschi, “Holder”, potreb-be derivare dalla parola “Holdo” chesignifica spirito protettore degli ante-nati defunti. La venerazione e il ri-spetto per la pianta sono testimoniatidal fatto che, fino alla fine dell’Otto-cento, i contadini tedeschi, incon-trando il sambuco nei campi, si alza-vano il cappello; addirittura prima diraccogliere le sue foglie o i fiori, lepersone chiedevano il permesso alsambuco, per non irritarlo; ritenendoche proteggesse dal morso dei ser-penti, molti ne tenevano un pezzettoin tasca, e nella Stiria ci si rivolgeva alsambuco come a un sacerdote.

Nella medicina tradizionale il sam-buco era considerato una vera e pro-pria panacea, un rimedio che guarivaogni male. In quella tirolese il sambu-co venne chiamato “farmacia deglidei”. Sette volte il contadino si inchi-nava davanti all’albero perché settesono i doni salutari: i germogli (daiquali si ottiene un decotto contro lenevralgie), le foglie (per fare impac-chi per decongestionare le infiamma-zioni e curare le malattie della pelle),i fiori (per il tè depurativo e sudorife-ro), le bacche (per le infiammazionidei bronchi e dei polmoni), la cortec-cia (con funzione lassativa), la radice(pestata e bollita contro la gotta) e in-fine il midollo, dal quale si ottieneuna pappa che mescolata con farinae miele va bene per le lussazioni. In-torno alle fortezze, ai masi e ai mona-steri si piantavano sambuchi perchési diceva che proteggevano case, be-stiame e abitanti.

Il sambuco svuotato dal midollo, siusava anche per costruire piccoliflauti o fischietti (in Francia era chia-mato anticamente “hautebois”, cheoggi è l’oboe). Nelle leggende ger-

maniche, il flauto magico era un ra-moscello di sambuco svuotato dalmidollo, al cui suono, richiamandol’attenzione degli spiriti del bosco,tutti i mali sarebbero scomparsi insie-me alla sfortuna, alle negatività e allatristezza.

Il sambuco era considerato partico-larmente efficace il giorno di SanGiovanni, dagli erboristi talvolta de-nominato anche “Hollertag”, ossiagiorno del sambuco: in questo giornochi mangiava un’ombrella di sambu-co fritta nel burro, secondo la cre-denza popolare, non avrebbe avutola febbre per tutto l’anno. La sera diSan Giovanni si metteva in testa almalato una corona di nove fiori e losi faceva passare sotto un albero disambuco: se la corona rimaneva sullatesta, la malattia era curabile, altri-menti no.

Infine, la parte cucinaria: in cucinasi utilizzano i piccoli frutti, purchémolto maturi, che hanno polpa suc-cosa e aromatica, ricca di vitamina C,per marmellate, sorbetti, sciroppi egelatine, ma possono anche esseremangiati freschi. Si può produrre poiuna specie di vino che veniva usatoal posto del vino da dessert (era dettolo spumante dei poveri) oppure siutilizzano i frutti per colorare o aro-matizzare altri vini (è segnalato per ilPorto), ma l’utilizzo più comune ènella preparazione di liquori, come,per esempio l’austriaco SchwarzerHolunder.

Si usano tradizionalmente anche ifiori, ma non devono essere sbocciatidel tutto. Vengono messi in pastella efritti, in insalata o in macedonia;quelli secchi vengono utilizzati peraromatizzare bevande alcoliche,amari, aceto e vini bianchi cui dannoun certo sapore di Moscato.

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La sicurezza degli alimentiDI PAOLO BORGHI

Accademico di CentoCittà del Guercino

Dall’Italia unita all’Europa unita,

una lunga evoluzioneverso una sempre maggior

salubrità degli alimentianche grazie alle norme

comunitarie.

P arlando di cibo, è assai faciletrovarsi di fronte a coloro chelodano il passato per principio,

come sinonimo assoluto di tradizio-ne, e dunque di qualità e genuinitàdegli alimenti. Eppure, in passato perlo più non era affatto così: per otte-nere la qualità occorrono ingredientidi qualità, esperienza, possibilità diselezionare le materie prime; occor-rono cioè conoscenze e risorse, e dirisorse, in gran parte della nostra Ita-lia appena unita, non ve n’erano mol-te. In tutto il mondo, dove l’agricoltu-ra è povera, la qualità del cibo non èricca. E nell’Italia di fine Ottocento,anzi fino agli anni Cinquanta del se-colo scorso, l’agricoltura italiana erapovera.

Qualità e genuinità, si è detto: comese i due concetti andassero semprenecessariamente assieme. Ma “genui-nità” è parola dai molti significati, puòvoler dire uso di ingredienti semplici,assenza di prodotti chimici e, in sinte-si, onestà del produttore: ma non si-gnifica né che l’alimento sia più gra-devole, né che sia più sicuro.

Dunque, identificare il cibo del pas-sato con un cibo migliore e più salu-bre è fondamentalmente un mito. Ep-pure, gran parte del marketing ali-mentare è attualmente fondato suquesto mito. Certo, molte delle “qua-lità” dei cibi si sono perdute con l’in-dustrializzazione, con l’invenzione dicibi tecnologici, e persino con unacerta agricoltura.

Quest’ultima ha raggiunto (grazieall’uso della chimica, alla ricerca nelcampo delle sementi, all’allevamentointensivo ecc.) livelli di produttivitàmai visti, ma ha anche lasciato lungola via alcune delle peculiarità un tem-po proprie di alcuni prodotti, magarilegate a metodiche dimenticate, a va-rietà vegetali o animali dismesse per-

ché economicamente non redditizie.L’industrializzazione, si sa, standardiz-za, ma non si può negare che la no-stra era del cibo industrializzato è, an-che storicamente, la prima nella qua-le, in Europa, si produce abbastanzacibo per tutti, e la qualità complessivadei cibi “di massa” è mediamentepiuttosto elevata.

All’epoca dell’Unità d’Italia, il ciboera spesso prodotto “alla disperatacon le misture più impure ed etero-genee”. I risultati erano a volte deva-stanti: non ultimi i “deliri tossici, l’in-stupidimento, la balordaggine e l’ot-tundimento demenziale del veneficioalimentare”. Il riferimento è, implicitoma chiaro, all’utilizzo di cereali con-taminati da Clavicex purpurea, ossiasegale cornuta, usati (per ignoranza oper fame) come componente del pa-ne, e causa (con i suoi innumerevolialcaloidi, parenti dell’Lsd) di degene-razioni terribili del corpo e dellamente. Ed è altrettanto vero che lepopolazioni dell’età preindustrialeerano “sofferenti di carenze proteichee vitaminiche, mal protette dagli at-tacchi delle malattie infettive da dieteprecarie e inadeguate, flagellate dal«fuoco di S. Antonio»”.

Difficile, se si pensa a questi orrori,vagheggiare il passato come un’etàdell’oro. Vero è che noi tutti amiamoil cibo del passato, ma realizzato conle tecniche di oggi.

E non era solo questione di fame odi ignoranza: anche all’epoca dell’U-nità d’Italia - esattamente come altempo nostro - la frode alimentareera sempre in agguato.

Sono cambiati i metodi, gli stru-menti; è cambiato anche il businesslegato alla frode alimentare, oggimolto più redditizia. Ma anche sottoquesto profilo, il passato non era mi-gliore del presente.

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Osserva Paolo Sorcinelli (“Gli italia-ni e il cibo. Dalla polenta ai cracker”,Ed. Bruno Mondadori, 1999, pag.183): “Che cosa poi si trovasse suquesti mercati e che cosa si vendessenelle città quando chi comprava ave-va l’esigenza di spendere il menopossibile, lo si ricava da una testimo-nianza bolognese che è molto lonta-na dal mito dei cibi genuini e casa-recci di un passato che la pubblicisti-ca contemporanea rispolvera con fre-quenza e nostalgia.

Le cronache giornalistiche del ca-poluogo emiliano di fine Ottocentodenunciano «una falsificazione dellederrate alimentari all’infinito» in unasorte di frode immensa, incomincian-do dal vino fabbricato senza uva, finoal formaggio confezionato senza unagoccia di latte”. Sofisticazioni e adul-terazioni insomma erano fenomenimolto più comuni di quanto si possapensare.

Non meraviglia, quindi, che sin dalcodice penale toscano del 1853 vifosse, nelle leggi della nostra peniso-la, qualche norma contro le pratichepericolose nella produzione e nelcommercio di alimenti; e così purenel codice penale Zanardelli, del

1889, esisteva l’art. 318, che si presta-va a una particolare applicazionecontro la diffusione di alimenti noci-vi. Ma è nel 1930 che l’ordinamentoitaliano, con l’entrata in vigore delcodice penale ancor oggi vigente, si èpremurato di includere, fra i reaticontro la pubblica incolumità, anchealcuni delitti specifici per punire chiavvelena o adultera alimenti e per chili mette in commercio e persino perchi semplicemente detiene alimentiavvelenati o adulterati per commer-ciarli in futuro: averli nel proprio ma-gazzino, per il codice, è già reato.

Da lì in poi, la legislazione italianain materia è sempre stata fra le piùavanzate d’Europa: basti citare la leg-ge n. 283 del 1962, che introdusse,per esempio, nel sistema legale italia-no, l’obbligo di autorizzazione per glistabilimenti di produzione e com-mercio alimentare; l’obbligo di libret-to sanitario per chi lavora a contattocoi cibi; le prime regole su additivi,aromi, imballaggi, utensili, igiene,controlli e relative sanzioni.

Una lunga serie di prescrizioni(completata dal regolamento di ese-cuzione, dpr n. 327 del 1980), alcunedelle quali ancora in vigore nel 2011,

molte altre venute meno solo neglianni più recenti, e soltanto perchésostituite da più ampie e articolate di-sposizioni volute dalla Comunità eu-ropea.

Lo scopo che muove l’Europa,quando legifera in materia di sicurez-za alimentare, è anche quello di tute-lare la salute dei suoi cittadini. An-che, ma non solo: anzi, il primo moti-vo per cui l’Italia, a 150 anni dalla suaUnità nazionale, si ritrova a doveradottare una miriade di disposizionidecise a livello europeo, è quello difar funzionare il mercato dell’interaUe. Infatti, se i 27 Stati dell’Unionefossero liberi di regolare, ciascunocome meglio crede, tutti gli aspettidella produzione e del commercio dialimenti, il funzionamento del merca-to unico incontrerebbe continui osta-coli. Se le legislazioni degli Stati euro-pei fossero tutte diverse tra loro, sumolti punti potrebbero rivelarsi in-compatibili.

L’Unione europea, per poter opera-re, ha dovuto armonizzare le legisla-zioni dei Paesi membri; e l’Italia, fa-cendo parte dell’Unione, ha l’obbligodi adeguare continuamente la pro-pria legislazione a quella europea.Per fortuna, quest’ultima è congegna-ta in modo da modificarsi nel tempo,per adattarsi agli standard più avan-zati di sicurezza, ma può anche acca-dere che uno Stato membro abbiauna legislazione più avanzata diquella europea, nel qual caso saràquest’ultima a essere modificata, pergarantire sempre il massimo aggior-namento e il più elevato livello di tu-tela della salute.

La sicurezza alimentare, quindi, èun concetto che è continuamentecambiato nel tempo, dall’Unità d’Ita-lia fino ai giorni nostri. Si è evoluto,certamente, e lo ha fatto di pari passocon lo sviluppo del sapere scientificoe della tecnologia. In parallelo, lenorme che proteggono quel valoresono cambiate a loro volta man ma-no che dall’Italia unita si è realizzata -sempre di più, ma ancora con tantedifficoltà - l’Europa unita.

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L’Accademia ha fatto realizza-re un nuovo piatto in silverplate, in formato più grandeed elegante, che reca inciso,sul fondo, il tempietto accade-mico, il tutto circondato dauna corona di stelle traforateche intendono rappresentarel’universalità della nostra Ac-cademia. Questo oggetto simbolico è consigliato come omaggio da consegna-re ai ristoratori visitati che si siano dimostrati particolarmente me-ritevoli. Per ogni ulteriore notizia in merito e per le eventuali richie-ste i Delegati possono rivolgersi alla Segreteria di Milano ([email protected]).

IL PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIA

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I N O S T R I C O N V E G N I

L’importanza dell’acquaDI ANNA MARIA DI TORO JANNUCCI

TORLONTANOAccademica di Pescara

“Un elemento fondamentaledella cucina,

perché è proprio con l’acquache si cominciano

a modificare gli alimenti”.

S i è svolto a Pescara, presso ilMuseo d’arte moderna “VittoriaColonna”, il convegno “L’acqua,

risorsa per l’ambiente ed elemento es-senziale per gli alimenti e per la cuci-na”, organizzato dalla Delegazione diPescara. In una giornata di sole, sonogiunti numerosi partecipanti: oltre agliAccademici della Delegazione, moltiDelegati sono venuti anche da Avelli-no, Chieti, L’Aquila, Atri, Padova, Te-ramo, Civita dell’Abbadia. Il Presiden-te Giovanni Ballarini ci ha onorati del-la sua presenza.

“Nella consapevolezza della sua in-commensurabile preziosità - ha affer-mato il Delegato di Pescara Enzo An-gelozzi -, superiore a quella di ogni al-tro elemento liquido o solido, dedi-chiamo questo convegno all’acqua, alsuo ruolo nella nostra vita, nella no-stra alimentazione, nella tradizionedella nostra cucina, uno degli ingre-dienti principali di ogni ricetta”.

Moderatori del convegno: il dott.Franco Farias, giornalista Rai, e Mim-mo D’Alessio, Consigliere di Presiden-

za e Delegato di Chieti, i quali hannointrodotto le varie relazioni con argo-menti e proprie riflessioni. Tra i relato-ri: il prof. Vincenzo Riganti, dell’Uni-versità di Pavia, che ha parlato sugli“Aspetti qualitativi delle acque desti-nate al consumo alimentare e delleminerali naturali”; il prof. Walter Maz-zitti, consigliere giuridico della Presi-denza del Consiglio dei ministri, conla relazione “Acqua e sicurezza ali-mentare”; il prof. Angelo Cicchelli,dell’Università Chieti-Pescara, con“L’acqua nelle tecnologie alimentari enegli alimenti”; il prof. Leonardo Se-ghetti, Itag Ascoli Piceno, con la rela-zione dal titolo “L’acqua è incolore,inodore, insapore?”. Tutte le relazionisono state estremamente interessanti emolto chiare, catturando l’attenzionedel pubblico fino alla fine.

Il Presidente Giovanni Ballarini haconcluso i lavori esprimendo il suoapprezzamento: “Innanzi tutto comePresidente dell’Accademia mi vogliocongratulare per questo convegno.Dimostra quali sono il livello, lo spes-sore e l’ampiezza culturale della no-stra Accademia, che considera la cu-cina nel suo insieme non solo di filie-ra ma in tutti i suoi aspetti antropolo-gici, sociali e anche economici, percui si inserisce perfettamente nel no-stro stile di Istituzione della Repub-blica italiana”. Ha poi proseguito conuna breve relazione sull’argomento:“Mi sono preso l’impegno di chiude-re parlandovi della cucina dell’acqua,ovverosia dell’uso dell’acqua non co-me bevanda ma come elemento fon-damentale della cucina, perché èproprio con l’acqua che si comincia-no a modificare gli alimenti”. Moltogratificanti le parole che il Presidenteha rivolto poi al Delegato Enzo Ange-lozzi ringraziandolo per aver messoin evidenza le prospettive culturali

dello sviluppo tra i rapporti delle ca-ratteristiche dell’acqua e le conse-guenze sulle tipicità degli alimenti;gli aspetti degustativi delle acque edell’utilizzo di queste nella cucina el’importanza della difesa dei territori,in quanto l’acqua è anche identità diun territorio. Ballarini ha inoltre au-spicato un nuovo appuntamento perapprofondire ancora l’argomento,“perché questa iniziativa, come tutti iconvegni che si rispettino, non risol-ve i problemi ma pone interrogativiper il futuro”.

Altro momento significativo delconvegno è stato la cena di gala inonore del Presidente, che si è svoltapresso il “roof garden” dell’hotel“Esplanade”, con un ricco aperitivosulla terrazza, per proseguire nella sa-la da pranzo elegantemente allestita,con centri tavola in tema con il conve-gno (laghetti d’acqua con fiori, rocce ecandele), mirabilmente creati da Mari-sa Atalmi. La cena, ovviamente a basedi pesce, raffinata e gustosissima, èstata allietata da una gaia atmosfera.Prima del dessert, lo scambio di donitra Presidente, Delegato e relatori, e laconsegna del distintivo d’argento per i25 anni di appartenenza all’Accade-mia ad Anna Maria Torlontano.

Concludiamo con le parole di Gio-vanni Ballarini per il brindisi finale,che ha levato il calice per una triplicelibagione: “A Nettuno, che scuote laterra, rappresenta la potenza e checome dio del mare ha dato l’ottimopesce della cena. Ad Atena per lasaggezza che deve guidare la vitadell’Accademia e che, come dea del-l’ulivo, con il suo olio ha impreziositola tavola. A Venere, dea della bellez-za delle signore presenti e dell’amorespirituale che deve guidare la convi-vialità accademica”.

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DI MARIA CRISTINACARBONELLI DI LETINOAccademica di Isernia

“La scelta dei pascolicon le erbe più profumate,

le nuove tecnologiedi trasformazione

hanno permessograndi progressi

nella produzione casearia”.

I l convegno rappresenta un’altratappa del viaggio che le Delega-zioni di Chieti e di Isernia hanno

intrapreso lungo ”Il tratturo interrot-to”. La separazione delle due regioni,Abruzzo e Molise, avvenuta ufficial-mente nel 1963, non ha cancellatoquanto queste condivisero nel tem-po, ma ha permesso l’evidenziarsi dialcune differenze nella loro culturagastronomica e non solo. È questoche si vuole scoprire e approfondirecon il progetto “Divisi dalla carta, fattidella stessa pasta”, dove una serie diincontri preparerà il convegno del2013. Il tema di questo appuntamen-to è rappresentato da un “viaggio”nell’Alto Molise che, nel suo splendi-do paesaggio, sa offrire tanti spunticulturali e soprattutto una ricca pro-duzione di formaggi, argomento pro-tagonista di questa giornata.

Ospite d’onore il prof. CorradoBarberis, presidente dell’Istituto na-zionale di sociologia rurale, che hacortesemente accettato l’invito del-l’Accademico Franco Di Nucci, gran-de protagonista nella produzione ca-searia molisana.

Come è ormai consuetudine perquesto ciclo di eventi, il convegno èpreceduto da un itinerario di visite“sul campo” che consentono di entra-re via via in argomento. L’appunta-mento è a Capracotta dove i parteci-panti vengono accolti dal sindaco,l’Accademico Antonio Monaco, e dal-l’Accademico Michele Conti, appas-sionato e orgoglioso “interprete” delsuo paese natale, il quale tanto hacontribuito alla realizzazione di que-sto incontro. Dopo la visita al piccoloMuseo, allestito con molta cura deiparticolari nei caratteristici antichi lo-cali posti sotto il Municipio, con tantioggetti della vita di una volta, vieneofferta una graditissima colazione

con tipici dolci fatti in casa. Segueuna visita al “Giardino di flora appen-ninica”, splendido luogo ricco di va-rietà di piante e di erbe di cui moltecostituiscono l’alimento degli animalial pascolo, contribuendo al profumodei prodotti caseari. È quanto ap-profondisce il prof. Sebastiano Delfi-ne, dell’Università del Molise, nellapiacevole, interessante relazione cheillustra le tante erbe presenti, di cuimolte anche nella nostra cucina. L’ar-gomento viene ulteriormente ap-profondito dal dott. Giovanni Pelino,appassionato direttore scientifico diquesta struttura, e dalla presidentessaprof.ssa Antonietta Conti.

Il pranzo è previsto in un bel localepresso l’azienda casearia dell’Accade-mico Michele Conti, dove il cateringdel ristorante “Il Ginepro” di Capra-cotta propone pietanze tipiche, fracui l’immancabile agnello, simbolodella nostra cultura gastronomica le-gata alla transumanza, oltre all’ap-prezzata carrellata di formaggi offertida Franco Di Nucci e dallo stessoConti, prodotti che mostrano un riccopanorama dell’ottima produzione ca-searia molisana classica e innovativa,come l’eccellente erborinato di lattedi pecora che da poco il fattore del-l’azienda Conti sta curando.

Ad Agnone, nella sala delle udien-ze dell’Hostel Palazzo di Città, vec-chia sede cinquecentesca dell’ammi-nistrazione civica, si tiene il conve-gno vero e proprio, presentato e abil-mente condotto da Franco Di Nucci,artefice solerte e puntuale organizza-tore della manifestazione, capace co-me sempre nel tradurre in successo ilsuo impegno. Dopo il saluto del sin-daco di Agnone, ing. Michele Caro-sella, e del presidente della Cameradi commercio di Isernia, l’Accademi-co Luigi Brasiello, i due Delegati Gio-

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I formaggi di montagna

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vanna Maria Maj e Mimmo D’Alessiointroducono l’argomento “Il formag-gio di montagna del Molise e dell’A-bruzzo”, ricordandolo protagonista ditipiche ricette delle due regioni, ram-mentando che la morfologia dei no-stri territori più che l’agricoltura favo-risce la pastorizia fra le erbe sponta-nee di montagna e il profumo delmare. La transumanza, alla ricerca delclima adatto, ha dato un patrimoniocaseario sopravvissuto allo standard,dove Abruzzo, Molise e Puglia hannoconservato le loro peculiarità. Vengo-no descritte le caratteristiche e leesclusive lavorazioni di molti formag-gi, la loro identità e il ruolo di questogrande alimento nel condimento deiprimi piatti, delle polente, delle fritta-te, di piatti unici o come complemen-to, assieme alle uova, di carni diagnello o capretto, tocco finale di raf-finata gastronomia.

Il prof. Giampaolo Colavita, dell’U-niversità del Molise, ricorda ancora iltratturo come grande veicolo di tradi-zione e storia che in passato ha per-messo alle due regioni di condividerel’industria armentizia. La sua interru-zione e la fine della transumanzahanno poi aperto nuove strade perl’allevamento del bestiame. A Capra-cotta per tradizione secolare fino allafine dell’Ottocento c’erano ancoramigliaia di pecore, mentre altri centrimolisani come Agnone, Vastogirardi,Carovilli, interpretando i tempi checambiavano, diedero spazio all’alle-

vamento dei bovini. Le innovazioni, imiglioramenti, la scelta dei pascolicon le erbe più profumate, le nuovetecnologie di trasformazione hannopermesso grandi progressi nella pro-duzione casearia. Il latte, “non vio-lentato” e di altissima qualità, dà cosìorigine a prodotti unici, mai ugualiperché non affidati alla tecnica, che sipuò acquisire, ma all’arte con cui ilcasaro crea: arte che è capacità, pas-sione, sensibilità. Carovilli ricorda laricca varietà di formaggi freschi perconsumatori stanziali, come mozza-relle, bocconcini, trecce e la straccia-ta che è un prodotto di eccellenza“vivo” perché imprigiona nella sualunga sfoglia a cordone migliaia difermenti lattici. Ne parla con entusia-smo condiviso e conclude auspican-do che si tuteli l’identità di una pro-duzione così importante, minacciatada tentativi di imitazione, fortunata-mente maldestri.

Passa poi la parola al dott. NunzioMarcelli per l’Abruzzo, stimato allievodel prof. Barberis, famoso per il suoprogetto ”Adotta una pecora”, propo-sta emblematica e ricca di significatisu cui riflettere, il quale con passioneaffronta la realtà dei paesi disabitati esoprattutto della popolazione agrico-la di montagna che sta scomparendo.Creando un marketing rurale si po-trebbe ridare dignità produttiva ai ter-ritori disabitati e ai terreni incolti,permettendo così anche lo sviluppoturistico. La sua è una bella lezione

da cui traspare una grande realtà: l’a-more per il proprio territorio chemolti stanno perdendo di vista.

Il prof. Barberis, illustre ospite siadella Camera di commercio sia dellaDelegazione di Isernia, con la sua re-lazione finale torna al mondo dei for-maggi e del loro futuro, ricordandoche essi mantengono il loro sapore eprofumo dove nascono ed è lì chevanno consumati e goduti; bisognaquindi portare con il turismo le perso-ne a raggiungere il luogo di produzio-ne per gustarli e comprarli sul posto.Questo suggerimento viene applaudi-to e condiviso.

Il professore incita inoltre a valoriz-zare il prodotto tipico con aggiorna-menti continui perché si compia lasua storia, affermando che esso saràdestinato a una sicura fortuna se lo silascerà crescere e vivere nei vari paesid’origine. Per distinguere un formag-gio gli si deve dare carattere e tipicità,in modo che sia unico nel sapore enel colore. Una conclusione che co-stituisce insieme un incitamento e unprogramma.

Con un piccolo buffet di commiato,si conclude nel plauso e nella interes-sata soddisfazione di tutti una giorna-ta piacevole, varia, ricca di spunti sti-molanti che ci prepara al prossimo in-contro, a novembre, in terra d’Abruz-zo con i temi dell’olio e del vino.

MARIA CRISTINACARBONELLI DI LETINO

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DI MARINO DE MEDICIAccademico della Virginia

“La speranzadi tempi migliori per

gli squali in pericolo verràdai banchetti nuziali cinesi

il giorno in cui la zuppadi pinne di pescecane

non sarà più di rigore”.

C he gusto ha mangiare parte diun pesce che sta per estin-guersi? La domanda va rivolta

a quella crescente massa di cinesiche consumano le pinne dei pesce-cani, minacciati per l’appunto diestinzione dall’ossessione per la“shark fin soup”. Da predatori deglioceani i pescecani sono ormai dive-nuti vittime di quella che i cinesi de-finiscono orgogliosamente la “cucinaculturale asiatica”.

Per un cinese, la zuppa di pinne dipescecane è infatti più che un piattoprelibato d’obbligo nei banchetti nu-ziali, una portata di lusso che conferi-sce tono ed eleganza a un pranzo. Èl’essenza stessa di una secolare tradi-zione cucinaria, esaltata non tantoper il gusto del brodo di pinne maper un suo valore estetico e simboli-co. Ai palati asiatici tale zuppa risultaraffinata, anche perché è il prodottodi una complessa preparazione basa-ta su una scrupolosa essiccazione,con l’aggiunta di una notevole quan-tità di parti di pollo e di maiale checonferiscono un particolare profumoal piatto. Per contro, un consumatoreoccidentale non può che trovarlo ge-latinoso e insipido, salvo poche ecce-zioni. Certamente esotico ma pocogradevole al palato.

Finché a gustare la zuppa erano so-lo persone facoltose, le conseguenzesulle specie di pescecane erano limi-tate. Ma ora che milioni di cinesi sipossono permettere di godere diquel che offre la civiltà dei consumi, ipoveri pescecani se la passano maledavvero. Sono infatti settanta milioniquelli che vengono uccisi ogni annosolamente per prelevarne le pinne.

Un terzo delle specie è minacciatodi estinzione; il pesce martello, le cuipinne sono le più ricercate, è classifi-cato in pericolo. L’industria illegale

del “finning” sta infatti facendo stra-ge negli oceani del globo. È una pe-sca barbara e dissipatrice perché lepinne dei pescecani pescati vengonoimmediatamente segate e l’animaleviene ributtato in acqua. In pocotempo lo squalo muore perché nonriesce più ad alimentarsi o addiritturaannega.

Insieme all’Europa, gli Stati Unitisono uno dei Paesi che cercano dipreservare la specie con una serie dileggi approvate dagli stati costieridell’Ovest. Dopo le Hawaii, l’Oregone Washington, ora anche la Califor-nia sta per approvare una legge chevieta il possesso, la vendita e la di-stribuzione delle pinne di pescecane.La pesca del pescecane finalizzata al-la vendita delle sue carni è permes-sa, mentre è la pratica spietata edestramemente lucrativa del “finning”che va arrestata. Il problema ovvia-mente è che la pesca illegale vienepraticata in alto mare e ben difficil-mente sarà possibile debellare que-sta forma di pirateria. Un altro pro-blema è che è molto difficile stabilirese le pinne sul mercato ittico proven-gono da pescecani pescati legalmen-te. Ma gli Stati Uniti non sono più so-li nella lotta contro il “finning”: il Ci-le, l’Honduras, le Bahamas hannoapprovato leggi severe. Presto, persi-no Taiwan si unirà a loro.

La cucina cantonese è ricca di spe-cialità esotiche, dai nidi di uccello aicetrioli marini, dalle labbra di pesceal midollo di bambù, ma nessun piat-to è più ricercato della zuppa in que-stione. Questo spiega la veemenzacon cui i cino-americani della Califor-nia si sono scagliati contro la propo-sta di legge presentata da un membrodel loro gruppo etnico, l’assembly-man Paul Fong. Il senatore dello sta-to Leeland Yee, candidato a sindaco

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Salviamo i pescecani

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di San Francisco, ha tuonato: “Questoè un assalto contro la cucina culturalecinese”. Al nostro senatore poco im-porta che con questo andazzo i pesce-cani, o almeno le specie più ricercate,saranno condannati a scomparire, conconseguenze piuttosto gravi sull’eco-logia marina, dato che gli squali sonopredatori e che quindi la loro soprav-vivenza ha un impatto su tutte le crea-ture marine. Inoltre, il tasso di ripro-duzione del pescecane è uno dei piùbassi in natura: occorrono da sette adodici anni perché si riproduca.

La classe media cinese, intanto, au-menta a spron battuto e può permet-tersi di pagare i cento e più dollariper una zuppa di pinne di pesceca-ne. Si può però convenire che se laperdita di una tradizione culturalerappresenta un fatto deplorevole, losconvolgimento di un equilibrio na-turale negli oceani è ben più preoc-cupante.

D’altronde gli asiatici sono purtrop-po tenacemente tradizionalisti, e an-cor oggi insistono per ottenere ille-galmente i corni di rinoceronte prefe-rendoli al Viagra e sarà dura convin-cere i giapponesi a rinunciare allacarne di balena, malgrado la condan-na universale di questa caccia ocea-nica, bandita da tutto il mondo civile.

La cultura cucinaria cinese ha sapu-to adattarsi alla perdita di cibi esoticicome le tartarughe marine e le zam-pe di orso. Ma nel caso delle pinne dipescecane ai cinesi non viene chiestodi rinunciare completamente, mapiuttosto di adeguarsi al fatto che ladisponibilità dovrà essere limitata aiquantitativi ottenuti dalla pesca lega-le, fintanto che questa verrà permes-sa. Ciò dovrebbe consentire alle po-polazioni di pescecani di ricostituirsi.Il bando del “finning” non è una for-ma di discriminazione, ma un impe-rativo ecologico.

La speranza di tempi migliori pergli squali in pericolo verrà dai ban-chetti nuziali il giorno in cui la zuppadi pinne di pescecane non sarà più dirigore.

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LE RICETTE D’AUTORE

Zucca al latte

Fa cuocere la zucca a lesso, poi scolala per bene attraverso un setac-cio o un mestolo forato e falla bollire in una pentola con dentro lattedi mandorle o latte di capra. Metti anche agresto oppure zucchero aseconda del gusto dei convitati.

BARTOLOMEO PLATINAda “De honesta voluptate” (1474)

A fare torta di zucche fresche

Pigliarai le zucche avvertendo che non siano amare e le monderai egrattarai come faresti il formaggio e poi le porrai a bogliere in brodobuono grasso con libbra una di morolla di bue o di grasso di manzoma non vuole troppo bogliere. E le passerai per la stamegna e porraiin un vaso con libbra una di formaggio duro grattato e due povine, euova sei e un bicchiere di latte e libbra mezza di zuccaro e onciamezza di cannella, e un quarto di pevere, e di gengevero mezzoquarto e un poco di zaffarano. E mescolerai bene ogni cosa insieme.Poi farai la tua torta e come sarà fatta la porrai sopra oncie 4 di buti-ro e la porrai a cuocere e come sarà quasi cotta le porrai sopra oncie3 in 4 di zuccaro e poi la finirai di cuocere.

CRISTOFORO DA MESSISBUGOda “Banchetti” (1549)

Zuppa alla zucca romana

Tagliate a dadi 24 oncie di bella zucca romana, si cocciono in casse-ruola con sale e due bicchieri d’acqua sino a lattata; si colano allascumarola, si allungano in una pinta e mezza (due litri) di brodo e,scioltovi un pizzico di zucchero, si fan sobbollire un quarto d’ora. Le-gato infine il brodo con quattro tuorli d’uovo sbattuti con un’oncia diburro, servesi calda. Zuppa rinfrescantissima.

FRANCESCO CHAPUSOTda “La cucina secondo le stagioni” (1846)

Zucca alla contadina

Avrete una bella zucca tenera, tagliatela a lunghe fette, levatele latrippa e la pelle, tagliatela a fette sottilissime, gettatele nella padellacon un ettogr. di butirro fritto con un po’ d’aglio trito, fatela cuocere,conditela, e servitela.

GIOVANNI VIALARDIda “Trattato di cucina” (1854)

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L’azzeruoloDI GIANCARLO BURRI

Accademico di Padova

Un frutto a rischiodi estinzione,

ma di solide tradizionigastronomico-terapeutiche.

N el verde delle campagne pa-dovane, quasi sul finire dell’e-state, in filari che recintano

ormai le poche, vecchie fattorie,fiammeggiano abbondanti i frutti del-l’azzeruolo (i pometi lazzarini). Unfrutto che solo per la passione diqualche longevo e nostalgico conta-dino riesce ancora a sopravvivere, unfrutto che in realtà vanta antichi ap-prezzamenti e studi meticolosi.

Appartenente alla famiglia delle Ro-sacee e al genere Crataegus (quindiparente del biancospino), l’azzeruolo(Crataegus azarolus L.), chiamato inmodo diverso a seconda delle regioni,produce frutti simili a piccole mele (2-4 cm), con peso da 2-3 g a 10-12 g,contenenti quattro semi a mezzaluna,con polpa croccante, aroma caratteri-stico e gusto dolce-acidulo. In Italia at-tualmente ne esistono tre specie: l’az-zeruolo rosso, quello bianco e quello

giallo del Canada, diversi per il coloredella buccia del frutto, che va dal rossovivo al giallastro chiaro e al giallo oroaranciato. Del conte Giorgio Gallesio,attento e illuminato studioso del mon-do vegetale, che deve la meritata fa-ma soprattutto alla sua monumentale“Pomona italiana”, pubblicata a di-spense tra il 1817 e il 1839, è conser-vato un pregevole manoscritto inedi-to: “Trattato del lazerolo”, con interes-santi note di fitogeografia, curiositàstoriche e precisi lineamenti tassono-mici e colturali.

L’azzeruolo è pianta a molteplicefunzione: ornamentale, da frutto emedicinale. I frutti (azzeruole), consu-mati freschi, sono dissetanti e rinfre-scanti. Per la loro composizione chi-mica è interessante l’azione cardioto-nica, ipotensiva, antispasmodica, se-dativa e antiossidante, oltre alle pro-prietà antianemiche e oftalmiche per ilcontenuto di provitamina A. Possonoessere trovati in vendita, in settembree ottobre (ormai a prezzi da “amato-re”), nei mercati locali e nei negozi diprimizie di alcune città. Il già citatoGallesio evidenzia come nell’Ottocen-to i frutti fossero ricercati per le “tavo-le di lusso”, dove erano consumati “inistato di perfezione da una ristrettacerchia di consumatori assai raffinatie, in particolare, dal gentil sesso”.Vengono anche utilizzati come ingre-dienti di confetture e gelatine, insalatee macedonie di frutta e in pasticceria.Si conservano sotto spirito e grappa.

Se botanicamente il riferimento piùattendibile resta indubbiamente il sag-gio del Gallesio, tracce dell’apprezza-mento gastronomico (e salutistico)dell’azzeruolo emergono qua e là innumerose opere botaniche e ricettariantichi. Come nei “Commentarii” diPier Andrea Mattioli, dove l’autore, se-gnalando la presenza di “azzaruoli” a

Napoli, “ove se ne veggono negli orti enei giardini infinitissime piante”, nonmanca di puntualizzare che “quandosono maturi sono graditissimi al gusto,onde procede, che siano stimati nonpoco tra gli altri frutti: il perché nonsolamente si mangiano crudi, ma sicondiscono per conservarli nel miele onello zucchero”. Cristoforo da Messi-sbugo, nel suo “Libro novo nel quals’insegna a far d’ogni sorte di vivan-da” (1564) inserisce i “lazaruoli” nel“Memoriale per fare un apparecchiogenerale”, in compagnia dei più noti“persiche, fichi, dattali, pomi e peri”.

Giacomo Castelvetro, nel suo “Brie-ve racconto di tutte le radici, di tuttel’erbe e di tutti i frutti, che crudi o cottiin Italia si mangiano” (1614), chiama ifrutti “lazzeroni” e sostiene che essisono “frutto non sol bello e all’occhiopiacevol molto, ma eziandio buono algusto e molto a’ corpi indisposti sa-no”, attribuendogli, inoltre, virtù cura-tive: “Il suo sapor è agrodolce e a spe-gner la sete delle ardenti febri è fuorid’ogni credere potente; per cotal ca-gione viene da’ medici a’ febricitanticonceduto”. È invece Bartolomeo Ste-fani, al capitolo “Modo gentilissimoper condire varie sorti di frutti” ne“L’arte di ben cucinare” (1662), a pro-porre una ricetta di “pomi lazaruoli”,da conservare “in albarelli di maiolica(piccoli vasi di maiolica dipinta, usatidagli antichi farmacisti). Questi sonograditissimi al gusto, confortano lo sto-maco e eccitano grandemente l’appeti-to”. E, per dovere di cronaca, si se-gnala che a Ferdinando IV di Borbo-ne, nel 1769, durante una visita nelleterre del Napoletano, fu offerto in do-no una cesto di “lazzeruole bianche erosse”: il regalo fu così gradito che aldonatore fu permesso di baciare lamano destra del re.

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Antica mortadellaDI SANDRO BELLEI

Accademico di Modena

“Il profumo è caratteristico,speziato e inconfondibile,

sempre delicato e suadente”.

L a mortadella è stata il primo sa-lume a meritarsi un riconosci-mento, che è l’antesignano del-

l’origine controllata o protetta. Ac-cadde nove secoli fa, quando unadelle corporazioni di arti e mestieripiù antiche di Bologna, quella dei“salaroli”, stabilì norme precise per lasua preparazione, sottoponendo lamortadella a rigidi controlli di produ-zione e fregiandola di un apposito si-gillo. Gli statuti della “Societas salaro-lorum”, risalenti al XIII secolo (il piùantico è datato 1242) e tuttora con-servati nell’Archivio di Stato di Bolo-gna, documentano come questo in-saccato fosse tutelato e garantito dal-la corporazione. Ciò avveniva permezzo di sanzioni inflitte a chi non ri-spettava i regolamenti.

L’etimologia della parola “mortadel-la” è alquanto controversa. C’è chi ri-tiene derivi dal latino “murtatum”, cheindicava carne insaccata e condita colmirto (“murtus”). Altri lo fanno deri-vare dal tardo latino “mortarium”, ilmortaio nel quale i frati bolognesi, cuirisalirebbe l’origine dell’insaccato, pe-stavano l’impasto di carne, grasso espezie. Alcune citazioni si ritrovano inuna ricetta toscana del XIV secolo, mamolto diversa negli ingredienti rispet-to a quelli tradizionalmente utilizzati.Era prodotta con fegato, uova, mag-giorana, prezzemolo e uva appassita.Molto diversa, quindi, da quella pro-dotta già un secolo prima a Bologna.

La prima ricetta per così dire “uffi-ciale” per la preparazione della mor-tadella, è stata scritta nel 1549 da Cri-stoforo da Messisbugo, scalco di cor-te degli Este, signori di Ferrara. È solonel XVII secolo, grazie al marchesebolognese Vincenzo Tanara, autoredi numerosi trattati di agronomia ecucinaria, tra cui il fondamentale“L’economia del cittadino in villa”

(1644), che questo salume si trasfor-ma quasi completamente nel prodot-to che conosciamo oggi, grazie all’ag-giunta di tagli grassi del maiale, qualila gola, la pancetta, la parte dellaschiena senza la cotenna, e poi lacarne magra della coscia, il lombo ela spalla senza grasso. Possono esse-re impiegati, inoltre, acqua, aromi(con esclusione di quelli di affumica-tura) e sostanze aromatizzanti ottenu-te per sintesi chimica, ma solo quelledi origine naturale, vegetale o anima-le, spezie, erbe aromatiche, pistac-chio, zucchero (nella dose massimadello 0,5%), nitrito di sodio e/o po-tassio (nella dose massima di 140ppm), acido ascorbico, sale sodico eglutammato monosodico.

Le parti carnee, opportunamentecondizionate termicamente, sono sot-toposte a sgrossatura e omogeneizza-zione. La miscela risultante è immes-sa nell’impianto di triturazione che ri-duce la granulometria dei diversicomponenti attraverso il passaggio inuna serie di piastre con fori di diame-tro decrescente, ciascuna precedutada un particolare coltello, chiamato“sterminio”. Per la preparazione deilardelli, il grasso può derivare dallagola o dalla schiena: il primo è mi-gliore, in quanto resiste alle alte tem-perature, mentre l’altro può subire lafusione. Tale composto è refrigerato,introdotto nella cubettatrice e poi im-messo in una macchina chiamata“scalda-lava-asciuga lardelli”, per po-ter eliminare tutto il grasso che fondealle basse temperature. Con macchi-nari sterilizzati si esegue l’impastaturadi tutti i componenti in ambiente sot-tovuoto o a pressione atmosferica,con l’aggiunta della concia compostada sale, macis, cannella, semi di carvie coriandolo, noce moscata, chiodi digarofano, anice stellato e a volte an-

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che latte in polvere. Gli involucri incui versare l’impasto sono naturali(vescica di maiale) o artificiali, conpezzature da 500 gr a oltre 2 quintali.La cottura avviene in stufe ad aria sec-ca ed è un’operazione particolarmen-te delicata, in quanto è durante que-sta fase che si determinano l’aspettoesterno, il colore e la consistenza delprodotto. L’entità del trattamento è le-gata al diametro del prodotto, ma latemperatura al centro della mortadel-la non può essere inferiore a 70 °C. Iltempo di cottura si aggira tra le 12 e le23 ore. Dopo tale operazione, il pro-dotto deve essere rapidamente raf-freddato. La temperatura interna deveraggiungere nel minor tempo possibi-le un valore inferiore a 10 °C per evi-tare la comparsa di acidificazioni, do-vute ai microrganismi presenti nel-l’impasto, e che la mortadella s’inari-disca. Per non fare comparire raggrin-zamenti nel budello che avvolge l’in-saccato, lo si sottopone subito a unadoccia fredda, poi le mortadelle sonocollocate in apposite celle refrigeran-ti. La sigla stampata nel bollo di piom-bo che accompagna ogni salume (a

una delle estremità dell’insaccato, op-pure nell’etichetta nel caso di prodotticonfezionati sottovuoto) informa sultipo di carni utilizzate: “S” indica cheil salume è prodotto esclusivamentecon carni di puro suino; “B” con carnisuine e ingredienti di carni bovine;“C” con carni suine e parti di carniequine; “O” con carni suine e parti dicarni ovine.

La mortadella Bologna, all’atto del-l’immissione al consumo, deve pos-sedere le seguenti qualità: forma ova-le o cilindrica; consistenza compattae non elastica; superficie di tagliovellutata; uniforme colore rosa vivo;profumo tipico e aromatico; saporetipico e delicato senza tracce di affu-micatura; devono essere assenti sac-che di grasso e gelatina, mentre il ve-lo di grasso deve essere limitato. Nel-la fetta devono essere presenti, inquantità non inferiore al 15% dellamassa totale, quadrettature di colorebianco perlaceo di tessuto adiposo(lardelli), eventualmente unite a fra-zioni muscolari. Inoltre, le proteinetotali debbono essere inferiori al13,5%; il rapporto proteine/acqua in-

feriore al 4,10%; il rapporto protei-ne/grasso inferiore al 2%; il rapportoproteine/collagene inferiore allo 0,20%; il pH non deve superare il 6%.

Il profumo è caratteristico e accat-tivante, speziato e inconfondibile,mai pungente, tanto meno aggressi-vo, ma sempre delicato e suadente.La gustosità è piena e giustamentesapida, così pure l’omogeneità delretrogusto, mai coprente. L’aromadell’impasto è perfettamente equili-brato dalla giusta presenza dei lar-delli, che sono ben incorporati nellamassa stessa senza staccarsi nel mo-mento in cui si affetta e conferisconoal salume una riscontrabile dolcezza.L’area di produzione della mortadel-la comprende tutto il territorio diEmilia Romagna, Piemonte, Lombar-dia, Veneto, Lazio e Toscana. La suastoria è davvero plurisecolare e in-trecciata strettamente con la gastro-nomia bolognese. Uno degli appella-tivi attribuiti alla città, “la grassa”, èstato certamente ispirato in parteproprio dalla ricca consistenza checaratterizza la tipica mortadella.

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In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Ita-lia, si deve festeggiare anche la nostra bandiera. È ri-saputo che il Tricolore è nato a Reggio Emilia quan-do si riunì il Congresso cispadano per decretare lanascita della Repubblica, che comprendeva Bologna,Ferrara, Modena e Reggio Emilia, il 7 gennaio 1797rendevano universale lo stendardo di tre colori: ilverde, il bianco e il rosso. Questo atto però è anticipato da una decisione presail 18 ottobre 1796 dal Senato di Bologna che stabili-sce i colori della nuova bandiera, ma già prima diquesta data, in ambienti repubblicani del territorio,circolava l’idea che il bianco, il rosso e il verde fosse-ro i colori della bandiera degli italiani: coccarde estendardi tricolori erano omaggi ricorrenti, persinoun “albero della libertà”, a Bagnolo, era stato dipintocon i tre colori. L’attuale tricolore a tre bande verticali è un’ereditàdella Repubblica cispadana, anche se subito passòcome simbolo del Regno d’Italia. Questo per quantoriguarda la data di nascita; sul perché dei tre colori

ci sono diverse interpretazioni, anche curiose e poeti-che: “I tre colori della Tua bandiera non son tre re-gni ma l’Italia intera:/ il bianco l’Alpi,/ il rosso i duevulcani,/ il verde l’erba dei lombardi piani”; oppure:“Il verde la speme tant’anni pasciuta, /il rosso lagioia d’averla compiuta,/ il bianco la fede fraternad’amor”. Tra queste però la più conosciuta è l’interpretazionedel tema data da Carducci: “Il bianco, la fede serenaalle idee che fanno divina l’anima nella costanzadei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speran-za a frutto di bene della gioventù dei poeti; il rosso,la passione e il sangue dei martiri e degli eroi”.Abbiamo anche le interpretazioni enogastronomiche:“Il bianco della mozzarella, il rosso del pomidoro, ilverde del basilico”, una vera e propria pizza tricolo-re, se non una caprese. Non manca infine l’omaggio al buon vino che anco-ra oggi unisce gli italiani: “Bianco come il Prosecco,rosso come il Lambrusco, verde come il Verdicchio”.(Tito Trombacco)

DIVAGAZIONI SUL TRICOLORE

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Bacchus amat collesDI AMEDEO SANTARELLI

Accademico onorario di Termoli

Il vino rende lieto l’uomo,ma solo se si bevecon parsimonia.

I l verso virgiliano del titolo, trattodalle “Georgiche”, ci segnala chegià dalla prima ora si era capito che

l’ambiente pedoclimatico collinare erail più vocato per la vite. Ne prendiamolo spunto per riportare alcune notiziestoriche, scientifiche e aneddotiche.

La scienza assegna all’era terziaria lacomparsa della vite. Il primo coltivato-re sarebbe stato Noè (Genesi 9,20),tornato a fare l’agricoltore dopo ilnaufragio dell’arca sul monte Ararat. Aquell’epoca la vite era simbolo di pro-sperità e pace. Sempre nella “Bibbia”,la vite è una delle piante più citate, siapure a vario titolo: 136 volte come vi-gna, 227 come vino, e poi tante altrevolte come tralci, grappoli, uva e vi-gnaiolo.

Presente in Medio Oriente oltre il3000 a.C., era sacra a molte culture. InEgitto la dinastia di Ramsete II (1300-1233 a.C.) ebbe particolare attenzione

per la vite, incrementando fortementela produzione e il commercio dei vini.La moglie preferita del faraone, Nefer-tari, è rappresentata nella sua tombamentre offre il vino alla dea Hathor.Scene vitivinicole si ritrovano in affre-schi e sculture di altre tombe egizie.Vinaccioli furono rinvenuti nella tom-ba di Menes, morto nel 3200 a.C.

Nei “Vangeli” le citazioni vinicolesono innumerevoli: è dunque pensa-bile che ai tempi di Gesù la viticolturafosse un settore importante dell’agri-coltura. “Sacra vitis” la chiamò Orazio,il più grande cantore del vino. Nellasua lode a Lucone, famosa per il “car-pe diem”, dice: “Filtra vini e non ali-mentar speranze troppo lunghe peruna vita breve”. E poi, a ricordare ilruolo del vino in amore: “Ho un botti-cello di vino albano più che novenneFillide. Vieni dunque, o mio ultimoamore”. Durante il dominio di Romanel Mediterraneo, la viticoltura ebbeun tale incremento che, nel 92 d.C.,Domiziano vietò l’impianto di nuovivigneti decretando l’espianto (sorta dipolitica comunitaria odierna) di metàdi quelli esistenti.

Un duro colpo la viticoltura lo subìquando un precetto del “Corano”vietò ai maomettani di bere vino, on-

de la distruzione dei vigneti ovunquegiungesse la spada dell’Islam.

Col cristianesimo la coltura risalì lachina, progredendo di pari passo all’e-vangelizzazione, essendo il vino es-senziale nella messa, dove diventa ilsangue di Cristo. Ancor più, in talesenso, si attivarono i monasteri, inparticolare i benedettini, atteso che laregola di S. Benedetto permetteva aifrati di bere vino. Nei monasteri il “cu-stos vini” era addetto al rifornimento ealla custodia del vino. Tale figura siprestò a un bonario scherno popola-re, a cominciare dall’appellativo “fratebevitore”, a Napoli “’o monaco ‘mbria-cone”, in molte osterie perfino immor-talato in effigie. S. Benedetto permiseil vino ai frati sicuramente per tenerlilontani da altre tentazioni, tanto cheun frate così cantava ai confratelli nel-l’ammonizione: “Bibite, fratres, bibite,ne diabolus vos otiosos inveniat”,mentre la sera incitava, con altre ne-nie, a mangiare e bere “usque matuti-nam”. Carlo Magno, egli stesso valenteviticoltore, elogiò così un abate: “Is fe-cit ecclesias et plantavit vineas”.

Il sommo poeta, nel XII canto del“Paradiso” dice: “La vigna… che tostoimbianca se il vignaiolo è rio”, allu-dendo alla Chiesa, che regredisce se ilcapo non è un buon timoniere. Ed èpiù esplicito nel “Purgatorio” quandoincontra un altro personaggio: è il pa-pa Martino IV (1281-85), che eraghiotto e preferiva le anguille di Bol-sena, fatte arrostire dopo averle fatteaffogare nella Vernaccia.

Il Salmo (cfr. 103, 15) dice: “Vinumlaetificat cor hominis”, ma solo se sibeve con parsimonia, non dimenti-cando l’estrema sintesi dei precetti diApuleio: “Il primo bicchiere è per lasete, il secondo per l’allegria, il terzoper la voluttà, il quarto per la follia”.

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Milano d’antanDI LUCIANO IMBRIANI

Giornalista

Nell’Ottocento nacqueromolti locali storici,

testimoni del fermentoculturale che animava

la città.

C ome ricordò Gaetano Afeltra,sul “Corriere della Sera” annifa, “Non si viveva così male

nella Milano di Radetzky”. Stavamoper entrare nel vivo del Risorgimentoe il maresciallo di ferro, governatoredel Lombardo-Veneto, comandava lapiazza di Milano durante le Cinquegiornate. Costretto a lasciarla in se-guito all’insurrezione popolare, si ri-tirò nel “quadrilatero”, protetto dallefortezze di Verona e Mantova.

Ma un anno dopo vince a Novarae, incurante dell’ostilità popolare, tor-na imperterrito all’ombra della Ma-donnina. È talmente legato alla città,che dimentica la natia Trebnice inUngheria. E scompare a Milano nel1858, alla veneranda età di 92 anni.

A distanza di oltre un secolo e mez-zo, a prescindere dalle vicende politi-che, ci si può chiedere com’era la vitaa Milano, con gli austriaci padronidella città, pronti a usare il pugno diferro con il guanto di velluto. Alloragli abitanti erano soltanto 157.000,tuttavia “El nost Milan” descritto dalcommediografo Carlo Bertolazzi, as-sieme a “La povera gent e i sciori”,aveva usanze e costumi avanzati,eguali a quelli delle metropoli, comeParigi, Berlino e Vienna.

L’ora del pranzo nelle famiglie del-la nobiltà e della borghesia era stabi-lita fra le cinque o le sei del pomerig-gio. Non poteva mancare una mine-stra, perché la pasta asciutta verrà in-trodotta ai primi del Novecento, conla salita al Nord degli spaghetti. È nel1906 che apre il ristorante “Santa Lu-cia”, dove si degustano specialità sco-nosciute: in primis la pizza Margheri-ta, ma vanno di moda anche le moz-zarelle in carrozza. La città meneghi-na di quei tempi se ne stava quieta eraccolta entro la cerchia dei Navigli,dove approdavano barconi colmi di

riso del Pavese e della Lomellina, ma-teria prima indispensabile per il risot-to alla milanese, o per quello alla cer-tosina, guarnito con gamberi d’acquadolce. Senza trascurare riso e rane ele frittelle di rane e gamberi. Allora aMilano trionfava la cucina di fiume edi lago, mentre quella di mare era inauge soltanto lungo i litorali mediter-ranei.

Nel libro “La cucina degli stomachideboli”, pubblicato anonimo nel1857, nel capitolo dedicato alla rota-zione dei piatti, per esempio per unadomenica d’estate, si legge il se-guente menu: riso e verze con fagio-li e cotiche (un minestrone per sto-maci tutt’altro che delicati); fettine difegato nella loro sostanza. Seguonomanzo allesso con pomi di terra allapanna; infine zucchette ripiene op-pure poddingo (“plum pudding”),non dolce, di piselli e una bella tortadi spinaci. Il conto delle calorie daparte dei dietisti era ben al di là davenire, perché i grassoni erano po-chi, in quanto la sobrietà impostatasul venerdì di magro coinvolgevaquasi tutta la popolazione, speciequella a corto di danaro. Solo rara-mente, quando c’erano in casa gliinvitati, le portate aumentavano dinumero e arrivavano senza remorealla dozzina. Nel 1848, annata fatidi-ca delle Cinque giornate, il Capo-danno per i “sciùri” era cominciatosplendidamente con un grande balloalla “Scala”, dopo la rappresentazio-ne della “Norma” e de “L’assedio diCalais” di Dormond de Belloy,drammaturgo francese. Ma non c’erasolo la “Scala”: nei saloni degli al-berghi e dei café-restaurant si cena-va alla grande e poi si ballava finoall’alba.

E non si può scrivere della Milanoantica senza citare il “Savini”, la cui

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nascita risale al 1867. Quando si chia-mava birreria “Stocker” ed era un lo-cale di impronta viennese, con la suabrava orchestrina dedita ai valzer diStrauss: ovviamente, la cucina era im-postata sulla “Wienerschnitzel” (coto-letta alla viennese, senza l’osso),mentre la costoletta alla milanese erae rimane con l’osso. La viennese ve-niva accompagnata da monumentalipinte di birra, chiara o scura, mentrela meneghina si sposava con la Bo-narda dell’Oltrepò Pavese.

Pochi anni dopo, a milanesizzare ilristorante pensò Virgilio Savini, chegli diede il suo cognome. Da alloracominciò la storia di un locale desti-nato a ospitare grandi personaggidella politica, della finanza e dellaletteratura. In una foto della Belleépoque, si vede al centro del salonedel “Savini” il commediografo MarcoPraga, il solo fra gli artisti che potesseconcedersi il lusso di prenotare un ta-volo, perché aveva avuto un grandesuccesso con “La moglie ideale”, in-terpretata da Eleonora Duse. Invece,il giovane Puccini degli inizi si limita-va ad andare al “Savini” soltanto perprendere un caffè, in compagnia dialtri artisti e intellettuali poco danaro-si come lui.

All’“Osteria della Foppa”, spenden-do una liretta austriaca, si potevaconsumare un ricco pranzo di treportate di mezzo, più la minestra, il

vino della Brianza o di San Colomba-no e il “giardinetto”, ossia un piattodi formaggi, frutta e dolce.

Grande spicco ebbe per tre secolila “Cassina de’ Pomm”. Difatti nel1763 Giacomo Casanova offrì in que-sto suggestivo locale un pranzo allabella Zenobia, sua occasionale aman-te. Purtroppo la “Cassina de’ Pomm”venne dismessa negli anni Novanta,quando faceva parte dei ristoranti del“Buon ricordo”. Ma attenzione, qui visono altri due grandi nomi da ricor-dare. Dapprima Carlo Porta che scris-se un “brindes per on disnà alla Cas-sina de Pomm el dì 14 magg 1809” epoi Stendhal, che si vantava di esserecittadino milanese, anche se nativo diGrenoble, tant’è che scrisse: “Se fossistato amato a Milano, il mio caratteresarebbe diverso”. Nella capitale lom-barda visse sette anni e quindi era dicasa e nelle belle giornate la sua me-ta preferita era proprio la “Cassinade’ Pomm”, dove, per difendere l’o-norabilità della sua amica del cuore,Stendhal raccontò di essersi battutoin uno strano duello proprio lì, al-l’ombra dei pomi.

Invece, si è per fortuna salvato il“Cova”, anche se l’insegna non è piùsulla fiancata della “Scala”, dove lofrequentavano assiduamente i patrio-ti delle Cinque giornate ma ancheMazzini, Garibaldi, Verga e Toscanini.Nel 1868, il “Cova” fece coniare dalla

zecca sue proprie monete con le qua-li si poteva pagare la “barbajada”,una bevanda a base di cacao, latte ecaffè, la cui invenzione fu attribuita aDomenico Barbaja, proprietario dellocale e impresario del teatro “Carca-no”, dove si rappresentarono operedi Bellini e Rossini. Adesso il “Cova”tiene alta la sua nomea in via Monte-napoleone, dove ha conservato partedegli arredi originali e dove proponepasticceria d’alto rango.

Tenuto conto delle traversie e deglioblii, stranamente Milano è la cittàche vanta il maggior numero di localistorici. L’apposita guida ne enumeraben 16. Dal “Bagutta” del famoso pre-mio letterario ideato da Orio Vergani,al “Grand Hotel et de Milan”, con lastanza dove abitò a lungo GiuseppeVerdi. Dal “Santa Lucia”, citato sopra,allo “Zucca” in Galleria, qui operantefin dal 1867, allora ritrovo di artisti delcalibro di Illica, librettista di Puccini,nonché di grandi cartellonisti comeDudovich, Cappiello e Depero.

Dal 1860 al 1870, sotto l’impulso diquel “Milanin che se gonfiava” grazieall’intraprendenza di sempre nuoveimprese e nuovi guadagni, si affermòquel movimento di arte e poesia chefu chiamato Scapigliatura. In siti em-blematici si radunavano i suoi espo-nenti, da Arrigo Boito a TranquilloCremona, da Emilio Praga a GiuseppeRovani, fino a Carlo Dossi. All’Orta-glia, tra Porta Monforte e il Corso, do-ve c’erano ancora prati e boscaglie, gliscapigliati abitavano negli abbaini ederano assidui frequentatori di dueosterie: la “Polpetta” e quella del “Si-gogna”. E poi non mancavano di tra-scorre altre serate di piccola baldoriaall’“Osteria del Noce” a Porta Ticinese.

Qui il Rovani, tra un bicchiere el’altro, disquisiva sulla fusione delletre arti in una: pittura, scultura e poe-sia. Gli scapigliati, grazie alla lorogiocondità di vita, formarono unamasnada di burloni del tutto ineditasotto la cappa di quel cielo meneghi-no, così bello quand’è bello, al diredi Alessandro Manzoni.

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CENA ECUMENICA 2011La cena ecumenica è ormai diventataistituzionale per l’Accademia. Que-st’anno, quindi, la riunione conviviale,che vedrà insieme, alla stessa mensavirtuale, gli oltre settemila Accademiciin Italia e nel mondo, si svolgerà il 20ottobre alle 20,30. I Delegati curerannoche la cena ecumenica sia accompa-gnata da una idonea relazione di ca-rattere culturale che illustri l’impor-tante tema proposto.

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Cavoli a merendaDI GIOVANNI BALLARINI

Accademico di Parma

“Perché i cavoli non vannobene per la merenda

nel pomeriggio?”.

L a tradizione sta anche nei pro-verbi, che un tempo erano an-che detti “saggezza dei popoli”

e non pochi erano di tipo alimentaree cucinario. Tra i tanti detti vi era an-che quello “entrarci come i cavoli amerenda”, usato in riferimento aqualcosa che è inopportuna, come ilcavolo che non è cibo da merenda.Ma perché? Ed è ancor oggi un dettoche ha ancora un qualche significato?

Parlare di proverbi alimentari po-trebbe portare molto lontano; nei li-miti di un articolo di rivista, quindi,cerchiamo di capire il nostro prover-bio sul cavolo e la merenda.

Il cavolo era un ortaggio molto no-to nel passato, presente in tutti gli or-ti e argomento di storie e leggende,come quella della nascita dei bambi-ni. Mangiato fresco era anche conser-vato in diversi modi, in particolarecon fermentazione, come i crauti, ed

entrava soprattutto nella cucina popo-lare, nei minestroni e in taluni piatti ti-pici come la “cassoela” lombarda. Du-rante la cottura emana un tipico odo-re, ben diverso da quello della carne,e da qui si distingueva la cucina po-polare da quella borghese. “Cavolo!”,era anche un’esclamazione che sosti-tuiva quella più popolare, del volgo equindi volgare, che qui non riportia-mo, mentre le signore usavano il piùgentile “Caspita!” o “Caspiterina!” (nelVeneto vi era una perpetua che avevacome esclamazione “Maria Stuarda!”per non usare “Maria santa!” o “Mariavergine” e quindi non incorrere neldivieto di nominare il nome di Dio edei santi invano).

Merenda, probabilmente da “merè-re” o meritare, era uno spuntino, masoprattutto un premio alimentare chesi doveva meritare. Di solito la me-renda si faceva nel pomeriggio, tra ilpasto del mezzogiorno e quello dellasera. Un piccolo pasto, solitamentefreddo e che non poteva contenereun minestrone o una zuppa con ca-voli, cibo oltretutto popolare e nonda “premio”. Mai quindi cavoli a me-renda! Almeno in una cucina ben re-golata, nella quale ogni alimento eogni preparazione alimentare aveva-no il loro giusto posto.

Non va dimenticato che “Ci sta co-me i cavoli a merenda” significa unacosa fuori posto. Già, ma accettare

che i cavoli non vanno bene per lamerenda nel pomeriggio significa so-stenere che per ogni alimento esisteun tempo giusto e un tempo sbaglia-to e quindi anche una “cronodieteti-ca” (da crono o tempo e dietetica oalimentazione), secondo la qualeun’alimentazione corretta non puòtrascurare il tempo: ora della giornatae stagione. A questo proposito nonbisogna dimenticare che i cavoli con-tengono gli isotiocianati e alcune so-stanze particolari come i tioossazoli-doni, con un effetto depressivo sullaghiandola tiroide. Nel pomeriggiol’organismo umano ha una prevalen-te attivazione del nervo vago, e un’i-perattività dell’ormone della crescitacon una ipoattività tiroidea, quindisono controindicati gli alimenti conattività antitiroidea, come cavoli,broccoli, cavolini di Bruxelles e rape,contenenti tiocianati che potenzianol’effetto di agenti antitiroidei.

Saggio era quindi mangiare i cibigiusti nei tempi giusti. Nel nostrotempo siamo ancora un poco attentiai tempi delle stagioni, meno a quellidel giorno, anche se manteniamouna certa prudenza per la “pesantez-za” dei cibi della sera.

Oggi i proverbi non sono più dimoda, e la loro saggezza è scompar-sa. Le regole che sono proposte nonsono sempre chiare, spesso anzi so-no contraddittorie e quel che erabuono diviene cattivo, per ritornare,a volte, a essere buono, come è suc-cesso per cibi quali lo zucchero e ilburro. Lo stesso è per la cucina, dallericette e dal modo di eseguirle allacomposizione dei pasti e alla lorocollocazione nel corso di stagioni,settimane e arco della giornata. Tra-dizioni che sono da recuperare, tute-lare e soprattutto… godere.

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Artusi a TriesteDI GIULIANO RELJADelegato di Trieste

L’Artusi aveva conosciutoe provato alcune ricette

di derivazione austriaca solodopo la loro introduzione

e assimilazionenella città di Trieste.

N ella vita e nelle opere dell’Ar-tusi ritroviamo alcuni riferi-menti e punti di contatto, di-

retti o indiretti, anche con la città diTrieste, di cui riportiamo qui una pic-cola panoramica. Dopo gli studi inseminario e qualche anno spesopresso la Facoltà di Lettere di Bolo-gna, Artusi iniziava a viaggiare alloscopo di fare pratica per proseguirepoi nel redditizio mestiere paternodel commercio. Nella sua ultima ope-ra, l’“Autobiografia”, leggiamo che al-l’età di 25 anni “stabilito di battere lacarriera commerciale sentivo in mevivo il desiderio di fare il tirocinio inqualche grande porto di mare e,avendone parlato in famiglia, mio pa-dre volle appagarmi e, colto il destroche un negoziante faceva vela perTrieste, mi affidò a lui che partiva conun trabaccolo da Cesenatico”. Quil’autore descrive un viaggio “fortuno-so e lungo di tre giorni per volta” e i“colpi di vento” che strapparonoun’antenna dall’albero della nave“col pericolo una sera di essere ucci-so”. Appare molto probabile che ilgiovane Pellegrino abbia fatto, inquell’occasione, suo malgrado, cono-scenza con il nostro vivace e impe-tuoso vento di Bora. “Giunto in quelgrande emporio e visto il movimentofebbrile, l’attività e l’agitarsi dellegenti, mi sgomentai esaminando mestesso, la mia crassa ignoranza e lamia niuna cultura, quindi non ebbil’ardire di presentarmi a nessuno perchiedere un posto d’apprendista inqualche banco. Trattenutomi colà cir-ca un mese…”. Lo stupore e l’imba-razzo che aveva provato nell’impattocon la città non ci devono sorprende-re se pensiamo che, in una delle sueprimissime esperienze di viaggio,partito dal piccolo borgo di Forlim-popoli in Romagna, si era improvvi-

samene ritrovato nel trafficato e mo-vimentato emporio commerciale delpiù grande porto dell’Impero, qualeera Trieste nella metà dell’Ottocento.

E veniamo alla “Scienza in cucina”:per i triestini la ricetta più conosciutae citata, che ritroviamo nel capitolo“Pasticceria”, è sicuramente quella delPresnitz, il più tipico dei dolci di casanostra. “Eccovi un altro dolce di tede-scheria e come buono! Ne vidi unoche era fattura della prima pasticceriadi Trieste, lo assaggiai e mi piacque.Chiestane la ricetta la misi alla provae riuscì perfettamente; quindi, mentreve lo descrivo, mi dichiaro gratissimoalla gentilezza di chi mi fece questofavore”. L’Artusi probabilmente nonconobbe direttamente questo dolcedurante il suo soggiorno a Trieste, malo assaggiò in tempi successivi, dalmomento che ringrazia “chi mi fecequesto favore”, e anche perché la piùfamosa pasticceria di quei tempi, la“Eppinger”, venne inaugurata solo nel1848, tre anni dopo la sua permanen-za in città. È difficile inoltre pensareche a 25 anni Pellegrino fosse già tan-to interessato alla gastronomia da ri-cordare successivamente o trascriver-ne già allora la ricetta.

Il Presnitz non è il solo “piatto cheporta questo nome di tedescheria” ri-portato nel testo; ritroviamo anche loStrudel, il Kugelhupf e il Krapfen siadolce che salato, quest’ultimo asciuttoe anche in brodo. Preparazione cheperò non sembra convincerlo molto,visto che a piè pagina aggiunge: “Manon imitiamo ciecamente le altre na-zioni per solo spirito di stranieroma-nia”. Tutte ricette queste di derivazio-ne austriaca, che evidentemente l’Ar-tusi aveva conosciuto e provato solodopo la loro introduzione e assimila-zione nella nostra città, e la loro suc-cessiva diffusione in altri luoghi.

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Nel capitolo “Piatti di pesce”, aproposito della ricetta delle acciu-ghe alla marinara, leggiamo: “Que-sto piccolo pesce dalla pelle turchi-niccia e quasi argentata, conosciutosulle spiagge dell’Adriatico col nomedi sardone, differisce dalla sarda osardella… per il sapore più gentile”.E qui ci piace pensare che Pellegri-no Artusi possa aver conosciuto egustato proprio i delicati ed eccel-lenti sardoni “barcolani”, dal nomedel borgo costiero di Barcola, che si

pescano nel nostro golfo. E la ricettasuccessiva, le acciughe fritte, è pro-prio quella classica dei sardoni aper-ti a libro, diliscati, impanati e fritti,tanto richiesta e tanto cara a tutti itriestini.

Alla fine di queste preparazionil’autore, che si occupava non solo diricette e “buon gusto” ma anche di“norme di igiene” e di “cucina per glistomachi deboli”, ci mette però inguardia: “Già saprete che i pesci tur-chini sono i meno digeribili fra le

specie vertebrate”. Tra gli “Erbaggi elegumi” ritroviamo infine i Sauer-kraut, “che bisogna lasciar fare ai te-deschi… come contorno ai coteghini,agli zamponi e al lesso”, che altronon sono che il cavolo cappuccioacido, i nostri amati “capuzi garbi”,che accompagnano immancabilmen-te i bolliti di maiale nei “buffet” dellacittà e costituiscono l’ingrediente fon-damentale della jota, la tipicissimaminestra triestina.

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Il mercato tedesco della ristorazione è in fase di gran-de evoluzione. C’è chi in Germania riscopre le virtù ei pregi della cucina tradizionale tedesca, che restasempre una grande cucina con lo svantaggio di esse-re molto elaborata e di richiedere quindi lunghi tem-pi di preparazione. C’è chi, inoltre ha preso a visitarela cucina turca sempre più presente con i propri risto-ranti nelle varie città della Germania. Soprattutto c’èchi tra gli operatori tedeschi, in particolare i duegruppi “Vapiano” e “XII Apostoli”, ha deciso invece diinvestire alla grande nella cucina italiana, dopo chela brigata “Spaghetti & Co”, paga dei risultati rag-giunti all’estero negli ultimi decenni, ha lasciato ametà un’operazione di mercato che andava portata atermine. Nel vuoto lasciato dalle iniziative private ita-liane sul mercato tedesco della ristorazione, si sonoinsinuati alcuni importanti gruppi d’investitori tede-schi che in questo settore hanno intravisto ottime pos-sibilità d’affari. L’hanno fatto prima sul mercato in-terno e poi sono passati ai più importanti mercati eu-ropei, con la stessa naturalezza con la quale l’indu-stria tedesca ha sinora esportato le sue automobili e isuoi prodotti chimici. “Vapiano” è partito nel 1994con un ristorante a Berlino e ora il gruppo ha 45 ri-storanti in Germania e almeno altrettanti all’estero in23 Paesi. La sua formula è quella di ordinazioniespresse al bancone, consumate in un’atmosfera di-stesa come si mangiasse in casa di amici, mentrequella dei ristoranti “XII Apostoli” è molto più vicinaallo stile tradizionale italiano. Anche questo gruppoha esordito a Berlino nel 1994, dove due anni piùtardi ha aperto altri due ristoranti. L’idea del progetto,presentato come una dichiarazione d’amore nei con-fronti dell’Italia e del suo stile a tavola, è nata in oc-casione di un incontro di alcuni turisti tedeschi, abi-tuali frequentatori del lago di Garda, nel ristorante“XII Apostoli” di Verona. Oggi il gruppo ha una deci-na di ristoranti in Germania ed è presente anche aPalma di Maiorca. Inizialmente imperniati sulla piz-

za, come elemento di richiamo, oggi i ristoranti dellacatena offrono una gamma di piatti con la quale,almeno sotto l’aspetto della varietà, nessun ristoranteitaliano in Germania è in grado di competere. Leiniziative dei due gruppi non sono un episodio mar-ginale d’imitazione con caratteristiche di una cuci-na vagamente italiana o italianeggiante, bensì il ri-sultato di un’operazione di marketing di cucina ita-liana con il marchio “Made in Germany”. Chi sinoraaveva pensato che i tedeschi si sarebbero limitati aimitare un paio di manufatti come mozzarella o ti-ramisu o a copiare alcuni piatti, o a usare un paiodi terminologie come “al dente” o “al carpaccio”, de-ve ricredersi. Abbiamo a che fare con una strategiaglobale di un business che, inizialmente impostato supasta e pizza, si è nel frattempo esteso all’intero arcodella cucina italiana. Scorrendo la lista delle vivan-de di uno dei ristoranti “XII Apostoli” non si può fara meno di chiedersi come mai gli italiani restino deltutto passivi di fronte a uno scippo di tali dimensioni.La catena sta aprendo due locali anche in Russia.Viene spontaneo chiedersi perché gli italiani non ab-biano mai pensato a organizzare all’estero catene diristoranti, sfruttando il loro incontestato know-howin fatto di buon gusto a tavola e di una sana cucina,nemmeno all’apice del successo della gastronomiaitaliana. A dispetto della crescente disaffezione delsemplice uomo della strada tedesco nei riguardi del-l’Italia, una disaffezione che è andata di pari passocon il progressivo sgretolamento dell’immagine delnostro Paese, il cibo preparato all’italiana continuaa far cassetta. Purtroppo per molti ristoranti in Ger-mania, italiani o pseudo italiani che siano, non valepiù la definizione di “piccoli ambasciatori della cul-tura italiana all’estero”, coniata negli anni Settanta.Le Delegazioni dell’Accademia in Germania potreb-bero visitare i ristoranti tedeschi dei “XII Apostoli”dando un giudizio sulla loro cucina e ampliare il di-battito. (Luciano Barile)

CUCINA ITALIANA “MADE IN GERMANY”

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Un cuoco galanteDI LORENA GALLINA

L’appellativo, che è ancheil titolo della sua opera

più importante,derivò a Vincenzo Corrado

dal modo di accogliere,all’insegna del buon gusto

in tavola, i personaggidi rango in visita

alla mensa del principe.

“I l cuoco galante” di VincenzoCorrado, dato alle stampe perla prima volta nel 1773 a Na-

poli per i tipi della Stamperia Rai-mondiana, inaugura quel filone di ri-cettari che, dopo un secolo di predo-minio del gusto francese anche sullatavola italiana, riusciranno a dare unanuova impronta alla gastronomia del-la nostra penisola, per autonomia distile e contenuto.

L’opera avrà una notevole fortunaeditoriale (ne verranno realizzate bensei edizioni entro il 1825) e sarà laprima di una lunga serie di opererealizzate dal Corrado: da “Il creden-ziere di buon gusto” (1778) a “Del ci-bo pitagorico” (1781) fino alla “Fisio-logia degli agrumi” (1787) e “La ma-novra della cioccolata” (1790).

L’autore nasce a Oria (Brindisi) nel1734 (taluni sostengono nel 1736) esi trasferisce giovanissimo a Napoli;nel 1755 entra a far parte della con-gregazione dei monaci Celestini nel-l’ordine dei Benedettini. Avviato allostudio delle scienze naturali e dell’ar-te cucinaria, dopo numerosi viaggi sitrasferisce in via definitiva a Napolidove rimarrà per oltre cinquant’anniguadagnandosi da vivere come inse-gnante presso le famiglie dell’aristo-crazia cittadina.

La sua opera più celebre - consulta-ta nell’edizione del 1778 - si apre conla dedica, consueta per l’epoca, alproprio signore, don Michele Imperia-li, principe di Modena e FrancavillaFontana, presso il quale l’autore svol-geva la mansione di capo dei servizidi bocca, colui che era preposto a so-vrintendere alla cucina, alla prepara-zione delle vivande e all’organizzazio-ne dei banchetti; seguono 14 trattati ocapitoli ai quali si aggiunge il trattatoultimo intitolato “Della maniera d’im-bandire venti pranzi ed una cena”.

Nei primi cinque trattati vengonopassati in rassegna i quadrupedi e ivolatili, domestici e selvatici nonchégli animali acquatici. Seguono poitorte e pasticci, uova e latte. Le ricet-te vengono illustrate con un linguag-gio essenziale e sintetico e presenta-no ancora echi della moda francese;compaiono però degli elementi tipi-ci italiani, dopo oltre un secolo disupremazia da parte della cucinad’oltralpe. Da segnalare l’abbondan-za di preparazioni con le uova (ben64), cotte e condite nei modi piùfantasiosi, nonché l’originalità di ta-lune ricette, appartenenti alla tradi-zione ma presentate in una vestenuova, tipica di una cucina più leg-gera e raffinata.

Di notevole interesse risulta il capi-tolo IX dedicato al vitto pitagorico,protagonista di un intero trattato del-lo stesso autore dato alle stampe al-cuni anni più tardi. “Il vitto pitagorico- spiega l’autore - consiste in erbe fre-sche, radiche, fiori, frutta, semi, e tut-to ciò che dalla terra si produce pernostro nutrimento”. Il Corrado avviauna lunga lista di ingredienti di mag-gior uso in cucina, dagli spinaci al-l’indivia ai carciofi, citati insieme asedani, finocchi, cavolfiori, bietole fi-no ad asparagi, pomodori, cipolle. Lalunga rassegna continua con erbe,fiori e frutta per terminare con mar-mellate e conserve.

La trattazione relativa al vitto pita-gorico risulta particolarmente interes-sante per le premesse da cui trae ori-gine, ovvero la filosofia propugnatada Rousseau secondo la quale libertàe felicità sono possibili soltanto inuno stato di natura primigenia. Rifiu-tando il progresso corruttore dell’u-manità ed esaltando il sentimento ro-mantico, la filosofia pitagorica offreall’uomo la possibilità di sviluppare

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una nuova sensibilità e una rinnovatacoscienza morale e sociale.

Il Corrado traspone questo pensie-ro in chiave alimentare, contrappo-nendo preparazioni semplici e natu-rali all’ossessione per il condimentotipica dell’epoca: l’autore assicurache realizzerà ottime ricette, esclu-dendo le carni e utilizzando i prodot-ti della terra nonché alcuni condi-menti consentiti anche da Pitagora -che “com’è tradizione, di questi pro-dotti della terra soltanto fece uso” -,come il sugo di carne, il latte, le uo-va, l’olio e il burro.

Le ricette di zuppe e potages rical-cano invece gli schemi della cucinafrancese e rientrano nelle tre specia-lizzazioni richieste al cuoco, insiemealla pasticceria e alla rosticceria.

Merita di essere ricordato il capito-lo dedicato a salse, sapori, marmella-te e geli che conferma la creatività ela maestria del Corrado. Le salse, abase di sughi, burro, brodo, una voltalegate con farina e passate al setac-cio, erano utilizzate per insaporirecarne e pesce mentre, se usate fre-sche, prevedevano l’aggiunta di cap-peri, acciughe, cipolline. I sapori, daservire freddi, erano preparazionicon frutta o verdura, a base di Mosca-to o Malvasia e zucchero con acquadi rosa; i geli si ottengono invece bol-lendo piedi di vitello o di agnello concarne di gallina o di pollo, il tutto vie-ne poi chiarificato con albumi monta-ti a neve e impiegato per inventareornamenti multiformi o per confezio-nare gustose preparazioni a base diprosciutto, tacchino, coniglio o trancidi pesce.

Infine risulta interessante l’ultimocapitolo, dedicato a banchetti e menucurati dal Corrado stesso durante ilsuo servizio alla corte del principe diFrancavilla. Vengono descritti in mo-do dettagliato 12 menu di banchettiper 32 persone, ciascuno per ognimese dell’anno, seguono 4 pranzicorrispondenti ad altrettante stagionie altri pasti particolari: uno a base dilatticini ed erbe per la primavera, unodi cibo pitagorico per l’estate, uno disalumi e uno per i golosi per l’inver-

no, nonché uno per 100 commensali,sempre invernale. Segue la “Nota de’commestibili da servirsene secondole loro stagioni”.

Parlando del proprio lavoro, l’auto-re stesso commentava: “L’abbondan-za, la varietà, la delicatezza delle vi-vande, la splendidezza e la sontuo-sità delle tavole richiedevano unaschiera di uomini d’arte, saggi e pro-bi”. Sotto la sua guida si muovevanoun maestro di casa, un maestro di cu-cina e un maestro di scalcheria, men-tre una schiera di cuochi lavorava inbase alla propria specializzazione:dal cuoco friggitore al pasticciere al

bottigliere. I cuochi erano coadiuvatida sguatteri, maggiordomi, domesticie paggi che si alternavano, ciascunocon un compito preciso, durante ilservizio in tavola. Il risultato finaleera una composizione di alto valoreartistico, suggerita dall’estro e dallafantasia di un artista come era il Cor-rado.

L’appellativo di “cuoco galante” gliderivò dalla sua predilezione per ipersonaggi di rango in visita allamensa del principe, che accoglievacon una ospitalità opulenta e all’inse-gna del buon gusto in tavola.

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ACCADEMICI IN PRIMO PIANOPaolo Albanese, Accademico di Chieti, è stato nominato presidentedel Rotary club Pescara Ovest “G. D’Annunzio” per l’anno rotariano2011-2012.

L’Accademico della Valle Camonica Giovanni Canu ricopre la cari-ca di presidente del Lions club di Lovere (Bergamo) per l’anno 2011-2012.

L’Accademico onorario della Delegazione di Chieti, Fausto Celesti-ni, è stato nominato presidente regionale onorario del Sindacato na-zionale giornalisti pensionati della Federazione nazionale stampaitaliana, per la regione Abruzzo.

Fulvia Costantinides, Accademica onoraria della Delegazione diTrieste, è stata nominata socia onoraria della sezione di Trieste del-l’Associazione mogli medici italiani (Ammi).

L’Accademico di Pordenone Giovanni Lessio è stato nominato presi-dente del teatro comunale “Giuseppe Verdi” di Pordenone.

Antonio Lupini, Accademico di Reggio Calabria, è stato nominatopresidente di Confagricoltura di Reggio Calabria.

Raffaele Martino, Delegato di Salerno, è stato nominato commen-datore del Sacro militare ordine costantiniano di S. Giorgio.

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C U L T U R A & R I C E R C A

I vincisgrassiDI UGO BELLESI

Delegato di Macerata

L’origine del nome di questa ricetta

ha suscitato spesso curiosità.

I vincisgrassi da sempre costituisco-no il fiore all’occhiello della ga-stronomia delle Marche. Sostan-

zialmente si tratta di un tipo di lasa-gna, condita con un sugo particolareche prevede l’impiego delle rigagliedi pollo e l’utilizzo della besciamella.È una ricetta che non ha segreti parti-colari ma quello che più ha interessa-to gli storici della gastronomia e gliappassionati di cucina è proprio ilnome “vincisgrassi”, che non ha maitrovato una soluzione convincente.

Per primo a descrivere questo piat-to (in pratica il suo “inventore”) è sta-to Antonio Nebbia che, nel suo libro“Il cuoco maceratese” (la prima edi-zione risale al 1779), parla di “princi-sgras”. E allora l’interpretazione fuquesta: “piatto grasso per il principe”.Con il tempo poi la “p” iniziale vennesostituita dalla “v”, come sostenne an-che il marchigianista Giovanni Gino-

bili il quale, nel 1964, in “Miscellaneafolklorica marchigiana” dedica un ca-pitoletto a questo problema. Senon-ché nel 1799, durante le guerre napo-leoniche, nelle Marche arrivò il gene-rale austriaco Windisch-Graetz checombatteva con lo schieramento anti-francese.

Nacque così la “leggenda metropo-litana” che i vincisgrassi derivassero ilproprio nome da quello del generaleaustriaco. E tale convinzione fuconfortata da un altro celebre cuoco:Cesare Tirabasso di Montappone(Ascoli) il quale, nel 1927, pubblican-do il libro “La guida in cucina” (503 ri-cette marchigiane e nazionali), a fian-co del titoletto della ricetta “vinci-sgrassi”, tra parentesi, scrive “Wind-sgreatz”, anche se nel testo precisa:“Furono inventati dal cuoco Nebbiaun secolo fa”. Vincenzo Buonassisinel suo volume “Il codice della pasta”del 1973, fa la supposizione che inquesta ricetta “il cuoco del generaleci mise di suo qualche variazione ol-tre all’aggiunta della besciamella”.Ipotesi rispettabilissima, perché se ef-fettivamente al tempo del Nebbia labesciamella non era stata ancora in-ventata, nella ricetta dei “princisgras”si spiega che il sugo si fa con pro-sciutto e tartufi aggiungendo però“latte, farina e panna fresca” inseren-do in ogni strato “butiro e formag-gio”. Anche se non la chiama bescia-mella, gli ingredienti di questa salsa ilNebbia li ha messi tutti.

Ne “Il cuoco perfetto marchigiano”pubblicato a Loreto nel 1891 da autoreanonimo, compare la ricetta di un tim-ballo denominato “vigras”, parola didubbia origine a meno che non si vo-glia azzardare una contrazione di“vi(incis)gras”. Il ragù di questo piatto,applicato alla lasagna del Nebbia, faràfare alla ricetta un salto di qualità.

Ragù fatto con cipolla, prezzemolo,prosciutto a dadini, burro, animelle,fegatini di pollo e funghi; a fine cottu-ra si aggiungono “sugo d’umido” e lat-te. La ricetta dei vincigrassi assumeràpoi la sua forma più completa nel1927 con la descrizione che troviamone “La guida in cucina” del Tirabasso.Ma proprio per quanto riguarda il no-me di vincisgrassi pare si sia arrivativeramente a una svolta. Infatti nel2003 (ma la prima edizione è del1975) è stato pubblicato a Perugia unvolumetto intitolato “Gastronomiaumbra del Settecento” in cui viene ri-portata la ricetta “piatto d’uova inprincisglasses”. Si tratta di una salsaper condire le uova sode (o meglioquelle “barzotte”), realizzata con fari-na, latte, “tartufoli in fette”, burro eparmigiano. In pratica è la salsa cheNebbia usa per i suoi “princisgras” eche riprende anche nella ricetta “piat-to d’uova in princisgras”.

Queste ricette della gastronomiaumbra, trovate in un manoscrittodell’archivio storico della bibliotecacomunale di Assisi, risalgono aglianni 1760-1761, per cui c’è la con-vinzione che il Nebbia ne sia venutoa conoscenza usando quella salsamodificandone soltanto il nome: co-sì “princisglasses” è diventato “prin-cigras”. Ma quale era il significato di“princisglasses”? L’autore della pub-blicazione “Gastronomia umbra delSettecento”, Salvatore Pezzella,esperto in paleografia, studioso e ri-cercatore di manoscritti antichi, nonha alcun dubbio: significa “alla prin-cipe di Galles”.

Ci si potrebbe chiedere che cosac’entra il principe di Galles: niente,come non c’entrano niente i russinell’insalata russa e gli inglesi nellazuppa inglese.

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DI LUCIO PIOMBIDelegato di Bergamo

“Curando la capacitàcomunicativa,

chi riceve verrà apprezzatoe il locale che conduce

verrà ricordato”.

S i moltiplicano corsi di “comuni-cazione” in qualsiasi campo:per professionisti, commercian-

ti, manager, studenti, professori, me-dici. Vorrei rivolgere queste poche ri-ghe sull’argomento a chi, come noiAccademici, frequenta ristoranti, al-berghi e servizi pubblici che si dedi-cano al consumatore, soffermandomiquindi sulla “comunicazione” appli-cata a chi riceve il cliente.

Mi riferisco, soprattutto, al maître,ma anche al semplice gestore di unservizio pubblico che offre il proprioprodotto a chi desidera acquistarequalcosa nel ramo enogastronomicoo desidera passare un po’ di tempo atavola. È vero che all’interno degliistituti alberghieri esistono tre specia-lizzazioni, ma è necessario che la cu-cina, la sala e il ricevimento siano inqualche modo collegati fra loro; èchiaro che il maître deve sapere co-me lo chef prepara i piatti in menu,deve poter seguire ciò che succede insala, ma deve anche saper ricevere edare informazioni non solo gastrono-miche, ma pure turistico-culturali esoprattutto, se non c’è il sommelier,deve saper consigliare i vini da abbi-nare ai piatti prescelti dal cliente. Tut-tavia, se “l’organizzazione è un mez-zo per moltiplicare le forze del singo-lo”, come diceva Drucker, “chi cam-mina solo può partire oggi, ma chiviaggia in compagnia deve attenderefinché l’altro non sia pronto” (HenryDavid Thoreau). Mi riferisco in parti-colare allo “stile” e all’arte di ricevere,un’attività che non è certo facile daesercitare o da acquisire, poiché ra-duna un insieme di caratteristiche (at-teggiamento, comportamento, conte-gno, signorilità o savoir faire in gene-re) per le quali è necessario non solostudio, ma pratica, buona educazio-ne, conoscenza delle lingue e del ter-

ritorio, diplomazia, cortesia, discre-zione e misura. Solo acquisendo que-ste qualità e curando la capacità co-municativa, chi riceve verrà apprez-zato e il locale che conduce verrà ri-cordato. È certo che si comunica an-che quando non si parla: gestualità emodo di porsi sono cose che comu-nicano con l’interlocutore.

Possiamo osare nel dare alcuniconsigli? Vediamo: si saluta guardan-do il cliente in faccia; saluti semplici,sobri; non si chiama il cliente “dotto-re”: è meglio, per non rischiare, chia-marlo “signore”; non è necessario es-sere conversatori brillanti, basta esse-re attenti, disponibili e partecipi; allapresenza del cliente non ci si rivolgeai collaboratori con collera o a vocealta; è bene esprimersi con naturalez-za, semplicità e disinvoltura senza in-fiorare la conversazione con inutiliparole straniere. Le buone manieresono una forma di comunicazione,utile a trasmettere attenzione, dispo-nibilità, cura verso se stessi e versogli altri. Ricordarsi che certe espres-sioni, soprattutto quelle modaiole,hanno una scadenza e che il dialettoè un patrimonio culturale da conser-vare, a patto di saper parlare corretta-mente anche la lingua nazionale sen-za eccessive inflessioni. L’ascoltare èun’arte; ben lo sapeva Socrate, re de-gli ascoltatori, padre della conversa-zione, che si guadagnò, per questo,fama imperitura, e che così si espri-meva: “Chi crede di essere qualcuno,ha smesso di diventare qualcuno”.

Voglio concludere con una massi-ma attribuita a Gandhi: “Il cliente è ilvisitatore più importante. Non dipen-de da noi. Noi dipendiamo da lui.Non gli facciamo un piacere quandolo serviamo. Lui ci fa un piacere se cene offre la possibilità”.

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C U L T U R A & R I C E R C A

Le buone maniere dell’accoglienza

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C U L T U R A & R I C E R C A

Elogio delle polpetteDI ANTONIO RAVIDÀ

Delegato di Palermo Mondello

Sono rassicuranti,senza mistificazioni

e ci riportano all’anticodelle memorie familiari.

C ome nelle serie tv o cinemato-grafiche, riproposte in succes-sione visto il favore di pubbli-

co, per le polpette elogi ne sono statifatti in numero infinito. Non è arbitra-rio parlarne ancora. Infatti sono miti-che, saporite, spontanee, sincere:senza mistificazioni. Ai miei occhi so-no una metafora della vita sempliceed essenziale e ci catapultano nel-l’antico delle memorie familiari. Igno-ro i primordi delle polpette a comin-ciare da chi le abbia realizzate perprimo, e pertanto non mi avventu-rerò, qui, in un campo etnoantropo-logico nel quale non saprei come edove procedere.

Preferisco, allora, impormi un rigi-do pragmatismo, ricordando, peresempio, Alberto Sordi che in lottacon la pinguedine, la domenica, gior-no del suo relax dietistico, si conce-deva “un piatto unico”, abbondante eultracalorico, di rigatoni con polpettedi carne al sugo. “Non può esistere almondo niente di meglio”, assicurava.E Giampaolo Pansa, parlando dellasua infanzia a Casal Monferrato, haammesso di aver fatto scorpacciatedelle polpette che la madre lasciavain lenta cottura prima di andare al la-voro: “Rimanevo a casa per studiare,controllavo le polpette e ne mangia-vo un bel po’”.

Ora una testimonianza diretta a di-mostrazione di quanto questo piattosia tranquillizzante: avevo quattro an-ni e fui dimenticato in casa. Mia ma-dre, uscita senza chiavi, pochi attimidopo si accorse che non c’ero e,preoccupatissima, si diede da fareper entrare in casa.

Un mio cugino, giovanotto, irruppein cucina dopo aver fatto l’acrobatasu una grondaia, e mi trovò, tranquil-lo e giulivo, davanti a un piatto che“era stato” pieno di polpette. Quel

giorno mi guadagnai meritatamente,anzi con onore, il soprannome Pol-petta.

Le polpette, come tutti sappiamo,possono essere di vario tipo e forma:di carne, di pesce, di verdure e ogniscelta e sperimentazione è frutto difantasia, abilità, gusto, personalità etanto altro. Possono essere fritte, alforno, in bianco, con salsa o sugo, inagrodolce, calde o fredde, con aglioo cipolla, con prezzemolo, formag-gio, impastate con uova, pan grattatoo pane ammollato con acqua o latte,con sale e pepe. Quelle di pesce van-no sempre più di moda: niente malequelle di baccalà. Vi sono poi quelledi carne, minute e rotondette (in Sici-lia le chiamano “monachine”), cottenon più di qualche istante in acquache diventa gustoso e nutriente bro-dino (insieme con carote, cipolla oaglio, un po’ di patata, erbe aromati-che a scelta, pomodoro), da mangia-re, se lo si vuole, con la pastina.

Oggi l’hamburger, al di là di ogniscetticismo o aristocratico disprezzo,è pur sempre una polpetta. È figlio“illegittimo”, è un “intruso”. Franca-mente non riesco a stabilirlo. La suadiffusione planetaria, frutto di unconsenso quasi eguale a quello per lapizza o la pastasciutta, è fuori discus-sione specialmente fra i giovani.Quanto sia realmente meritato il suoprestigio non è facile né semplice sta-bilirlo.

Proprio per questo motivo nel 2005la Delegazione Palermo Mondello, suproposta del Consultore GiuseppeBarresi, organizzò un “Processo al-l’hamburger” che ebbe un riscontromediatico ampio e immediato. Assol-to con formula dubitativa, l’hambur-ger sfuggì alla condanna, ma la pol-petta genuina e tradizionale trionfò.

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C U L T U R A & R I C E R C A

Pregi e difetti degli alimentiDI PUBLIO VIOLA

Delegato di Roma Appia

“Molti alimenti possonoavere valide indicazioni

salutistiche, così come altripossono avere possibili

controindicazioni”.

N egli alimenti sono contenuti,in misura variabile e nonsempre a valori costanti, i

principi nutritivi (proteine, carboi-drati, grassi, vitamine, minerali e ac-qua), con la possibile presenza diantiossidanti e di fibre, utili per l’or-ganismo. Possono essere contenuticomunque anche altri componentiminori (a volte favorevoli e a volteno) come probiotici, prebiotici, fer-menti, microrganismi, additivi, so-stanze istamino-liberatrici ecc.

Appare chiaro pertanto che non èpossibile parlare di un singolo ali-mento senza effettuare una corretta eaccurata analisi: è da rilevare infattiche un alimento può avere indicazio-ni nutrizionali diverse, valide per ta-lune affezioni (o anche in rapportoall’età del consumatore), ma nellostesso tempo controindicazioni peraltre affezioni, come possibili allergieo concomitanti circostanze patologi-che. Tipico è l’esempio degli alimentidi origine animale, ricchi di proteinedi alto valore biologico, di ferro e dicalcio biodisponibili (cioè assorbiti alivello intestinale), con un buon con-tenuto di vitamine liposolubili (A, D,E, K), indicati quindi per l’infanzia,ma potenzialmente controindicatinell’adulto per la presenza del cole-sterolo e degli acidi grassi saturi. Laloro valutazione va considerata atten-tamente caso per caso, così come vatenuto conto anche della quantità delprodotto somministrata.

Capita invece frequentemente diudire dei suggerimenti espressi da“competenti” su alcuni alimenti chevengono definiti “sani”, “stimolanti”,“diuretici”, “depurativi”, “disintossi-canti”, e così via, oppure, al contra-rio, controindicazioni su altri alimen-ti considerati poco adatti per lo sto-maco, per il fegato, per i reni, per il

cervello, il tutto dettato da interpre-tazioni basate più sul sentito dire chesulla vera realtà nutrizionale. Talisuggerimenti, molto discutibili, pos-sono talora essere legati a una pro-mozione commerciale (più o menocorretta), ma più spesso sono legati aconvincimenti personali dei citati“competenti” i quali, se posseggonoqualcosa, è la più assoluta mancanzadella conoscenza della fisiologia del-la nutrizione, della dietetica e dellabiochimica. Senza contare che quan-do i “competenti” parlano di alimenti“disintossicanti” non chiarisconoquali sarebbero le tossine da com-battere, così come quando parlanodi “dieta sana” non specificano diquale dieta si tratta. Senza tener con-to che talune indicazioni terapeuti-che dei “competenti” parlano sempree ripetutamente delle stesse cose, ecioè di attività diuretica, epatoprotet-tiva, stimolante e, naturalmente, di-sintossicante.

Certo è vero che molti alimentipossono avere valide indicazioni sa-lutistiche, così come altri, al contra-rio, possono avere possibili controin-dicazioni o, a dosi elevate, possonofar male, ma non ci si può basare sul-le supposizioni personali o su unvangelo domestico.

Parlando di alimenti vegetali (frut-ta, verdura, ortaggi), possiamo con-cordare su una reale efficacia saluti-stica per la loro ricchezza in vitami-ne, minerali, fibre e soprattutto an-tiossidanti, ma è altrettanto vero chenon tutti i minerali contenuti nei ve-getali vengono assorbiti (come il fer-ro e il calcio) e che posseggono unascarsa quantità di proteine, peraltroincomplete.

Tra le vitamine, inoltre, nei vegetaliè scarso il contenuto in vitamina Ded è assente la vitamina B12, presen-

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te solo negli alimenti di origine ani-male. Infine non dimentichiamo chela maggior parte dei minerali dellaverdura viene perduta con il lavaggiodel prodotto fresco e con l’elimina-zione dell’acqua di cottura.

Il burro, tanto criticato per il rischiodelle malattie vascolari, è stato sosti-tuito con entusiasmo dai grassi vege-tali come le margarine e gli oli di se-mi, ricchi in acidi grassi polinsaturi,che abbassano il colesterolo. Oggisappiamo però che nelle margarine siformano gli acidi grassi trans alta-mente tossici, e che negli oli di semivi è una prevalenza di polinsaturiomega-6, altrettanto pericolosi per-ché possono subire l’azione dei radi-cali liberi dell’ossigeno con formazio-ne di composti perossidati, dannosiper le arterie e soprattutto per il ri-schio tumorale.

I formaggi a loro volta, giustamentecriticati perché ricchi di grassi saturi,contengono però la vitamina D e ilcalcio biodisponibile, e infatti è pro-

prio attraverso i latticini che viene as-sunto il calcio e non attraverso i ve-getali.

Oggi si sente parlare sempre di piùdi omega-3, protettivi contro l’atero-sclerosi, contro la demenza senile,contro il rischio neoplastico, controle alterazioni cutanee, ma nessunodice che gli omega-3 sono acidi gras-si che si trovano principalmente neitanto criticati pesci grassi, come lesardine, gli sgombri e il tonno, e nonnei pesci magri come il merluzzo.

Tornando infine alla parola “disin-tossicante”, se accettiamo il concetto,potremmo considerarlo valido se rap-portato agli agenti antiossidanti (ca-rotenoidi, polifenoli, tocoferoli, acidoascorbico. ubichinolo) che combatto-no i radicali liberi, ma bisogna esseremolto precisi quando si danno sug-gerimenti e indicazioni terapeutichee non bisogna inventarli, oppure èbene ricordarsi di quello che ci dice-va la nonna.

Quanto alla dieta mediterranea,

espressione che tanto piace, vienespesso confusa e identificata con unsingolo alimento.

La dieta mediterranea è rappresen-tata dai carboidrati complessi come ilpane e la pasta (ma non in quantitàelevate, perché in tal caso gli effetti sipossono invertire), dal pesce (preferi-bilmente pesce azzurro, come fontesia di proteine sia di omega-3), daivegetali (legumi, ortaggi, frutta, cheforniscono vitamine, minerali, fibre eantiossidanti) e soprattutto dall’olio dioliva extravergine, che oltre a essereapportatore di una composizioneequilibrata in acidi grassi è anche ric-co in antiossidanti, mentre gli oli disemi vanno limitati perché esposti alrischio dei radicali liberi, così comevanno limitati i grassi animali, per laprecisione di animali terrestri e nonanimali marini, che, semmai, vannoincrementati. Il tutto assunto in quan-tità adeguate.

PUBLIO VIOLASee International Summary page 77

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C U L T U R A & R I C E R C A

La collaborazione degli Accademici alla loro rivista,oltre che gradita, è indispensabile. Ma occorre che gliAccademici tengano presenti alcune norme essenziali,affinché i loro scritti, frutto di passione e impegno, tro-vino rapida ed esauriente pubblicazione.

� Testi degli articoli: è necessario, per quanto possi-bile, che i testi vengano inviati per via elettronica,utilizzando questo indirizzo e-mail: [email protected]

� Lunghezza dei testi: importante che i testi abbianouna lunghezza compresa tra i 4.500 e i 5.500 caratte-ri (spazi inclusi): in questo modo si eviteranno tagli fa-stidiosi per chi li deve effettuare quanto per chi li subisce.Qualsiasi computer prevede il conteggio delle battute.

� Schede delle riunioni conviviali: è altrettanto im-portante che nella compilazione delle schede per leriunioni conviviali, per le “Note e commenti” venga

rispettato il limite di 10 righe (pari a 600 caratteri,spazi inclusi) onde evitare anche in questo caso tagli emutilazioni. Le schede giunte in Segreteria oltre il li-mite regolamentare di 30 giorni verranno cestinate.

� Si prega inoltre di non inviare relazioni di riu-nioni conviviali tenute al di fuori del territoriodella propria Delegazione, o di quelle effettuate incasa degli Accademici, o che comunque non si sonosvolte nei ristoranti o negli esercizi pubblici, in quantonon verranno pubblicate.

� Osservando queste semplici norme si potrà avere laragionevole certezza di una rapida e testuale pubbli-cazione, evitando quei dolorosi tagli che sovente ven-gono lamentati.

� La Direzione della rivista si riserva, ovviamente, inecessari controlli, l’eventuale revisione dei testi e lapossibilità di pubblicarli secondo gli spazi disponibili.

ISTRUZIONI PER LA COLLABORAZIONE ALLA RIVISTA

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C U L T U R A & R I C E R C A

DI ROBERTO RESTORIAccademico di Parma

“Un esempio importanteriguarda il prosciutto

di Parma la cui lavorazioneera artigianale e locale”.

I l rispetto della cucina tradizionale,fatta di piatti per le occasioni im-portanti oppure realizzata da cuo-

chi al servizio dei pochi privilegiatidel momento, ha subito nell’arco diun secolo, e specialmente nella se-conda metà del secolo scorso, un for-te collasso. Una cucina tradizionalenon può sussistere se anche gli ingre-dienti quali la carne, il pesce, le ver-dure e i semilavorati, come i salumi,non sono tradizionali.

Ma così non è, e un esempio im-portante, ma non è il solo, riguarda ilprosciutto di Parma la cui denomina-zione è legata alla tradizione: un tem-po la lavorazione del prosciutto erapreminentemente artigianale e loca-le, partendo da una razza suina au-toctona, e l’alimentazione e la cresci-ta dei maiali erano confinate nellaprovincia di Parma. Ma così ora nonè più perché la razza autoctona, la

Nera Parmigiana, è stata sostituita, al-la fine del secolo XIX, con la razzaanglo-russa Large White, che presen-ta delle prerogative basilari per unaproduzione di massa basata sul con-tenimento dei costi e che dà nel con-tempo un prodotto qualitativamenteaccettato dalla massa dei consumato-ri. Questa razza presenta una bassamortalità e un migliore adattamentoall’allevamento stabulare con molticapi; un accrescimento veloce con ilraggiungimento di un peso di 200-250 kg e una carne magra e più bian-ca che abbrevia i tempi di frollatura.Evidentemente questi vantaggi sonostati ottenuti rinunciando al suino au-toctono, ma a questo si aggiunge an-che la rinuncia (per far fronte a unaproduzione che nel 2007 è stata di9.519.000 prosciutti) all’allevamentonella sola provincia di Parma, esten-dendolo invece anche in altre regio-

ni, dal Nord Italia al Lazio. Anche l’a-limentazione è cambiata ed è statastandardizzata con i componentiprincipali quali mais e soia.

L’unica operazione della produzio-ne del prosciutto di Parma fatta in lo-co è la stagionatura, la sola che giusti-fichi la denominazione Dop, che asua volta ha seguito l’evoluzione deitempi con il ricorso, fin dagli anniVenti del secolo scorso, alle celle fri-gorifere, eliminando dal ciclo di pro-

duzione la stagionalità ma anche l’usodiretto dell’aria e procedendo nellaproduzione in tutto l’arco dell’anno.

Questa evoluzione delle carni delprosciutto non poteva non avere an-che conseguenze negative. La carnecon minore grasso e il muscolo bian-co e più tenero del maiale Large Whi-te, con alimentazione a base di maise soia, ha ridotto drasticamente il sa-pore. Per rendersi conto di questo ca-lo basta assaggiare il prosciutto PataNegra prodotto in Spagna fatto concoscia di un maiale derivante dal Ne-ro Parmigiano e in vendita presso lesalumerie specializzate. Certamentequesta sapidità ha un costo pari a cir-ca sette volte rispetto a quello delprosciutto di Parma ma è avviso dimolti che le valga.

L’affermazione del Large White, aldi là dell’interesse dei produttori diprosciutto, ha influito su tutta la pro-duzione di carne suina pesando conla sua scarsa sapidità su tutti i prodot-ti, compresi quelli della macelleria,tanto è vero che può accadere al con-sumatore di confondere la carne divitello con quella di maiale.

La stessa organizzazione dell’alle-vamento si riscontra per tutti gli ani-mali da carne e da latte. La scelta del-le razze e il tipo di stabulazione e l’a-limentazione sono fatte esclusiva-mente per realizzare una produzionedi massa: quindi contenimento deicosti di produzione sacrificando il li-vello di qualità.

Se al problema carni si aggiungequello della coltivazione degli ortag-gi, da tempo anch’essa orientata ver-so le produzioni di massa, il quadro ècompleto e dato che l’Accademianon può rinunciare alla difesa dellatradizione, un ulteriore impegno ciattende nel prossimo futuro.

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Come si tradisce la tradizione

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C U L T U R A & R I C E R C A

“El risòtt giald”DI GIOVANNI STACCOTTI

Accademico di Milano

Una ricetta storicadalla leggenda alla realtà.

L’usanza di offrire ai banchettinuziali cibi colorati di giallocon lo zafferano, adoperato

dal dio greco Ermes, consigliere degliinnamorati, per risvegliare il deside-rio, era molto diffusa nelle Fiandre,come ci ha mostrato Pieter Bruegelnel suo quadro “Nozze contadine”,dipinto nel 1568.

Tale usanza potrebbe essere stataripresa in occasione delle nozze dellafiglia del maestro fiammingo Valeriodi Fiandra che aveva portato a termi-ne la vetrata di Sant’Elena del duomodi Milano, lasciata incompiuta da Rai-naldo d’Umbria. Maestro Valerio era

tanto abile nell’arte sua quanto inquella di vuotar boccali di buon vino,per cui sembra che il merito maggioredelle sue vetrate, piuttosto che a lui,debba toccare a un garzone tanto abi-le nel manipolare lo zafferano nellacomposizione dei colori, da esseresoprannominato appunto “Zaffera-no”. Lo zafferano, comunque, dovevaessere utilizzato a freddo, mescolatocon chiara d’uovo od olio, dai pittoriche dipingevano su tele o su tavole;sarebbe un errore, quindi, pensareche il garzone lo usasse per le vetratedel duomo, visto che si sarebbe vola-tilizzato all’altissima temperatura di600 °C, necessaria per trasformare inun giallo vivissimo il “giallo d’argen-to” (di colore bruno, a freddo), che siusava per dare ai vetri il colore e uti-lizzato specialmente in arte sacra perla colorazione delle aureole.

Si racconta che il giorno deglisponsali della figlia del maestro Vale-rio, il giovanotto, d’accordo con l’o-ste, portasse in tavola un bel risottocolor d’oro all’uso fiammingo. Il pri-mo a esserne entusiasta, da quelsommo esperto del colore che era, fuproprio maestro Valerio. Era nato ilrisotto alla milanese, e ciò avvennenel settembre dell’anno 1574 al “Bet-tolin di Pret”, in Camposanto dietro alduomo in costruzione, dove si trova-vano i cantieri dei costruttori.

La ricetta definitiva del risotto gial-lo, completa nella sua formulazionefinale, nasce all’inizio dell’Ottocentoe non a caso in quel “Cuoco moder-no” di un misterioso L.O.G., stampatoa Milano nel 1809, testo di estremointeresse per la storia della gastrono-mia milanese ma dai più ingiusta-mente ignorato. La sua ricetta “risogiallo in padella” riporta quanto se-gue: “Cuocere il riso, saltato prece-dentemente in un soffritto di burro,

cervellato, midolla, cipolla, aggiun-gendo progressivamente brodo caldonel quale sia stato stemperato dellozafferano”. C’è poi la ricetta del risot-to alla milanese di Giovanni FeliceLuraschi (“Nuovo cuoco milaneseeconomico”, 1829): “Tagliate collamezzaluna una cipolla, unite dellagrassa e midolla di manzo, poco bu-tirro fate tutto tostare e passatelo alsedaccio, mettetevi quella quantità diriso che è necessario, poco zafferano,poca noce moscata, e fatelo cuocerein buon brodo rimettendolo di manin mano, a mezza cottura metteteviun mezzo cervellato, lasciatelo cuo-cere, mettete del formaggio grattugia-to e servitelo”. Di aggiungere vinonon se parla ancora. Per trovare l’ag-giunta del vino si deve arrivare ai pri-mi del Novecento, quando l’Artusifornisce due ricette del risotto allamilanese, la prima senza vino perchénon si trova il midollo; nella secondacompare il midollo di bue che rende-va il riso appiccicoso al palato, quin-di si doveva sfumare col vino per da-re un tocco di acidità che sgrassava labocca.

Il Comune di Milano, il 14 dicem-bre 2007, con delibera della Giuntacomunale, ha concesso al risotto allamilanese la Denominazione comuna-le (De.Co.), che sta a indicare l’ap-partenenza di un prodotto, di unpiatto a un territorio. La De.Co., nonessendo un marchio ma un riconosci-mento dato dall’Amministrazione co-munale a prodotti gastronomici legatial territorio comunale e alla sua col-lettività, non si pone sullo stesso pia-no delle denominazioni d’origine. Èun primo segno di appartenenza chela popolazione di un territorio vuolefar conoscere all’esterno e riconosce-re nel contempo come suo.

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C U L T U R A & R I C E R C A

Il pane della festaDI BRUNO GUGLIELMOTTO-RAVET

Accademico di Ciriè

Da uno studiodi Marica Barbaro,

patrocinato dallaDelegazione di Ciriè, in corso

di pubblicazionenella collana della Società

storica delle Valli di Lanzo.

P regevole iniziativa è quella av-viata dalla Comunità di Casta-gnole di Germagnano (Valli di

Lanzo, Torino) e delle borgate vicine,finalizzata al recupero dei forni co-munitari da pane e delle antiche tec-niche della panificazione. Alla base viè la ricerca storico-antropologicasvolta da Marica Barbaro, studiosa diproblematiche sociali alpine. Dalle ri-cerche emerge che la cottura del pa-ne nei forni di borgata si faceva an-che per uso rituale. Infatti, si produ-ceva in loco il pane tradizionale dellefeste. In tali ricorrenze si percepisceuna continuità che fa pensare a un’o-rigine comune, nonostante le diffe-renze più o meno lievi riscontrabilinello svolgimento in paesi diversi. Lefestività conservano il carattere di ritoagrario propiziatorio legato, dall’albadella civiltà, alla madreterra e ai suoiprodotti, a cui la cristianizzazione ha

sovrapposto la propria liturgia. Mari-ca Barbaro sottolinea che “l’etnologiaapre squarci rivelatori nel cerimonialearrivato fino ai giorni nostri, attraver-so il confronto con altre culture. Le ci-viltà primitive, nel passaggio dallacaccia-raccolta all’agricoltura, hannoelaborato cerimonie con le quali pro-piziare i raccolti e risarcire le divinitàpreposte per i prodotti «sottratti» allaTerra”. A questo si possono far risali-re, ad esempio, complessi rituali lega-ti alla mietitura dell’ultimo covone,gesto agrario per eccellenza”.

La studiosa ricorda poi che nel bas-so Piemonte si parla di pane comemoneta, usato anche per pagare leprestazioni del parroco: celebrazionedi matrimoni, battesimi, cerimonie fu-nebri. A quest’uso si può far risalire latradizione valligiana della “bouàta”, ilpane confezionato in forma umana(in alcuni villaggi si dice che raffiguriil santo) e che è consegnato al sacer-dote celebrante la messa il giorno del-la festa, o del “tchantél” (pagnotta dipiccole dimensioni) che in alcunipaesi viene dato al parroco. “Cantel-lum” era un semplice tozzo di pane,spesso azzimo, per lo più benedetto,offerto al termine della messa dome-nicale o della festa patronale, consue-tudine che si è conservata in alcunezone delle Alpi. Per esempio, ancoraall’inizio del XVI secolo tutti gli uomi-ni della comunità di Romano Canave-se, che usufruivano dei beni comuni,si scambiavano ogni domenica unpezzo di pane come offerta “domeni-calem”. Questo misero boccone sem-bra fosse apprezzato da molti comecontributo, anche se limitato, alloscarso regime alimentare. Anna MariaNada Patrone (“Il cibo del ricco e il ci-bo del povero”, Torino 1981) riscon-tra che un significato ancor più tradi-zionale, carico di profonde e ataviche

simbologie etiche e insieme religiose,assumeva l’offerta di un pane e di unbicchiere di vino o di acqua tradizio-nale per tutte le spose, vecchia con-suetudine del Vercellese che venneproibita nel XIV secolo.

Luciano Gibelli (“Dnans ch’a fassaneuit”, Ivrea 1999) afferma che si par-lava di pani benedetti anche a propo-sito di pani portati in chiesa e posatisulla balaustra dell’altare, dove si offi-ciava in onore del santo protettore,affinché ricevessero la particolare be-nedizione che li avrebbe resi adatti ascongiurare gli influssi malefici e apreservare la casa da qualsiasi sortile-gio e dalle malattie, se il pane venivaappeso sopra il letto, allegorizzatocon il ramoscello d’ulivo.

Il pane è sempre stato il simboloprivilegiato di ogni nutrimento - sot-tolinea ancora Marica Barbaro - tantoda assumere in molte religioni, ancheprimitive, il significato di immaginemetaforica della divinità stessa. Nel-l’Europa occidentale medievale, equindi anche nell’area pedemontana,non si viveva di solo pane o di solicereali cotti in modi diversi, ma èfuori dubbio che le granaglie eranol’alimento fondamentale, quello chegarantiva la sopravvivenza.

La condivisione del pane nel mo-mento della festa, fondamentale peril consolidamento dei legami di ap-partenenza alla comunità, non puònon richiamare i pasti in comune del-le prime corporazioni medievali, siadi mestiere, sia di professione. Ave-vano un carattere consuetudinario,quasi sacramentale; sembra esservisottinteso il rito essenziale di fratel-lanza, con il quale ogni corpo socia-le, specialmente nelle società primiti-ve, ha sempre preso coscienza dellasua unità e solidarietà.

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A colpo d’occhioDI ETTORE GRIMALDI

Accademico del Verbano-Cusio-Ossola

La seduzionedei colori nel pesce.

S e è vero che, quando la fame ela sete si fanno sentire con pre-potenza, va bene qualunque ci-

bo per placare subito lo stomaco, incondizioni appena normali sono la vi-sta e l’olfatto ad anticipare, ma anchea raffinare e completare, il giudizioche alla fine ne darà il nostro gusto. Egià le materie prime alimentari, con lapiù o meno convincente gradevolezzadell’aspetto e degli odori, possono po-tentemente motivarci all’acquisto e al-la loro utilizzazione cucinaria. Così inpescheria, nel confronto fra filetti ditrota normale e filetti di trota “salmo-nata”, nove volte su dieci la scelta ca-drà sui secondi anche se un po’ piùcostosi. Può essere perché ci ricordanole trote che si pescano nei torrenti dimontagna, ma anche più semplice-mente per via del colore delle carni.Un tipo di colorazione del resto, quelladella “salmonatura”, che ci è già in

qualche modo familiare, presentecom’è un po’ ovunque - in un’infinitagamma di tonalità e sfumature - nelmondo vegetale; perché a rendere piùo meno intensi i colori di fiori, frutti eortaggi sono appunto gli stessi pig-menti che possono ravvivare le carnidi certi pesci, a cominciare dai salmo-nidi come le trote e i salmoni: i carote-noidi. È nell’ormai remoto 1831 che iltedesco Wackenroder ottiene per laprima volta una di queste sostanzeestraendola - per l’appunto - dalle ca-rote; e da allora sono più di seicentoquelle simili isolate tanto da vegetaliche da animali, d’acqua e di terra. Conuna sostanziale differenza però: men-tre i primi producono essi stessi i caro-tenoidi che contengono, i secondi nonsono in grado di farlo; sicché i carote-noidi che troviamo negli animali, pescicompresi, vi sono giunti col cibo eprovengono sempre, direttamente oindirettamente, dai vegetali. A dispettodi ogni possibile apparenza sono gliambienti marini, e più in generale ac-quatici, i maggiori produttori di questicomposti.

Talvolta i carotenoidi si depositanonel corpo dell’animale così come vigiungono con il cibo; talvolta invecela loro struttura vi subisce modifichepiù o meno notevoli. In entrambi icasi, comunque, essi possono, com-binandosi con delle proteine, dareorigine a nuove sostanze che affian-cano alla gamma di colori dal gialloal rosso quella dei verdi, dei blu, deimarroni, esibiti da tanti organismi ac-quatici, in particolare gli invertebratimarini. Il che spiega, fra l’altro, il“prodigio” degli astici e di altri crosta-cei che, maculati di azzurro e di bru-no prima di essere messi in pentola,ne escono poi rossi come gamberi,infatti il calore dell’acqua, separandoi carotenoidi dalle proteine con cui si

erano combinati, ne fa di nuovo riaf-fiorare l’originario colore scarlatto.

Fra tutti i carotenoidi presenti negliambienti acquatici spicca per abbon-danza e diffusione l’astaxantina, cosìchiamata perché isolata per la primavolta (1938) dagli astici. Prodotta inprevalenza da alghe e lieviti microsco-pici poi consumati, fra l’altro, da pic-coli crostacei di ogni genere, è soprat-tutto per il tramite di questi ultimi cheentra nella dieta e quindi nel corpodei pesci. Qui la presenza di astaxanti-na si fa particolarmente evidentequando va a fissarsi nei muscoli, scio-gliendosi nell’acqua e nei grassi chequesti contengono. E poiché acqua egrassi variano grandemente a secondadell’età e del sesso dei pesci, oltre chedella stagione e dell’intensità con cuisi alimentano, ben si comprendono levariazioni cui tale caratteristica colora-zione può andare incontro all’internodi una stessa specie ittica.

Meno facile invece da comprende-re il motivo per cui l’astaxantina va acolorare la muscolatura di talune spe-cie e non quella di altre: si pensi peresempio alle carni pressoché candidedei coregoni, consumatori per eccel-lenza di minuscoli crostacei plancto-nici “portatori” del pigmento, con-frontate con quelle dei salmoni. Seper i pesci che vivono liberi negli am-bienti acquatici naturali sono i vegetaliche vi si sviluppano spontaneamentea rappresentare la fonte primaria diastaxantina, nel caso di quelli cresciutiin condizioni di allevamento intensivodovrà essere il cibo a fornire loro talepigmento. Così, per produrre trote esalmoni con una bella “salmonatura”delle carni, si dovranno aggiungere aogni chilo di mangime da 40 a 70 mil-ligrammi di astaxantina, oggi per lopiù ottenuta per sintesi chimica.

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DI MASSIMO PISANIDelegato di Napoli-Capri

“Un gastronomo devesaper distinguere

un piatto ben cucinato,a prescindere

dal proprio gusto”.

M olti anni fa, a San Marino,si tenne una riunione dellaConsulta accademica, della

quale allora facevo parte. In una del-le cene capitai seduto a fianco diGiovanni Goria che, mi pare, già al-lora era Vice-Presidente. Ci serviro-no un risotto che a me piacque mol-tissimo e anche Goria mi parve chel’apprezzasse fin quando, rispon-dendo all’altro vicino che l’interro-gava sul piatto, sciorinò una serie dicritiche partendo dal tipo di riso usa-to e arrivando ai tempi di cottura.

La mia ammirazione per Giovanni,che già era alta per averlo ascoltatoin suoi vari interventi, crebbe a di-smisura perché mi resi conto che,pur gustando il piatto, era capace digiudicare se esso era stato giusta-mente eseguito o meno.

Il gusto non è oggettivo, come giu-stamente dice Donato Pasquariello

nel suo articolo apparso sulla nostrarivista a dicembre, indicando tutti icondizionamenti cui esso è sottopo-sto: “Tutti i sensi concorrono allapercezione dei sapori, l’incidenza diciascuno varia tuttavia da individuo aindividuo a motivo di una serie difattori personali e sociali, tra i quali illivello culturale, l’appartenenza aclassi o gruppi, l’ambiente e il conte-sto storicamente determinati”.

Nel leggere queste righe mi sonovenuti in mente alcuni versi scritti daEduardo De Filippo sul ragù: “’Orraù ca me piace a me m’ ‘o ffacevasulo mammà… Tu che dice? chest’èrraù?... e io mo’ magno pe m’ò man-già… M’a faie dicere na parola? Che-sta è carne c’à pummarola!”.

Ora non è dato di sapere se vera-mente esisteva una così grande dif-ferenza tra le due preparazioni, tut-tavia l’onesto Edoardo ammette chea lui piace il ragù come lo cucinavasua madre, non secondo una ricettacanonica, ma proprio come lo “face-va mammà”.

L’abitudine contratta da piccoli acerti sapori, a certe sfumature congli anni si consolida e si confondeanche con i ricordi: non c’è nienteche ti rituffi nel passato come unprofumo o una canzone e, direi, unsapore. E allora, se il gusto è sogget-tivo, perché condizionato e perchépersonale, non esiste la “ricetta” per-fetta, in valore assoluto, per realizza-re una determinata pietanza, magaritrascritta, depositata e tramandata dagenerazioni.

Poniamo un’ipotesi: assimiliamo,come spesso accade, il “buono” al“bello”. Se il gusto è soggettivo, sel’ideale e l’eventuale giudizio sullabellezza o sulla bontà dipende solodalla sensibilità personale, si ritornaal proverbio: “Non è bello ciò che è

bello, ma è bello ciò che piace”.Non importa come fosse realizzato“‘o rraù” che piaceva ad Eduardo,purché fosse quello di mammà!

Dante definiva il “bello” così:“Quella cosa dice l’uomo essere bel-la, le cui parti debitamente rispon-dono, perché dalla loro armonia ri-sulta piacimento”. Ma senza adden-trarci sui temi di etica e di esteticache hanno occupato la mente deipensatori da Platone ai nostri giorni,ritornando all’esperienza di Giovan-ni Goria e un po’ anche alla mia per-sonale (il mio gusto non è stato con-dizionato dalle leccornie materneperché mia madre non amava la cu-cina), come mai il risotto gli era pia-ciuto nonostante le critiche alla suarealizzazione non canonica? Comemai io, che detesto il baccalà, se co-stretto dalle circostanze devo assag-giarne un boccone, so benissimo di-stinguere se è stato cucinato e pre-parato bene, fritto, alla vicentina oalla napoletana?

Provo a dare una risposta. Spesso,per esempio, non si ama un generepittorico, letterario o cinematografi-co, ma ciò non impedisce di apprez-zarne e capirne il valore storico ol’importanza artistica. Alcune operehanno il potere di sollecitare i tuoisentimenti, per infiniti motivi e altre,pur nella loro validità, non riesconoa far vibrare le corde del tuo cuore.

Tornando al buono, giustamentedice Donato Pasquariello nel suo ci-tato articolo: “La percezione del gu-sto personale è influenzata da mol-tissimi condizionamenti, per cui ilgusto è soggettivo”, tuttavia, a miomodesto parere, un gastronomo de-ve saper distinguere un piatto bencucinato, a prescindere dal propriogusto.

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Gusto e gastronomia

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Digiuni e pasti di Silvio PellicoDI GABRIELE GASPARRO

Delegato di Roma

“Allo Spielberg soffrìuna fame memorabile,

nonostante i doni furtividei carcerieri”.

N ell’iconografia risorgimentalelo abbiamo conosciuto dall’a-spetto mite, quasi ascetico; gli

occhi miopi dietro gli spessi occhia-letti ci rilasciano uno sguardo tran-quillo, che non fa trasparire la soffe-renza subita in tanti anni di duro car-cere austriaco. Narrò le sue peripeziesenza accenni di rancore e vendettain quel libro che, si disse, fu dannosoallo straniero “più di una battagliaperduta”.

Appena arrestato fu condotto nellaprigione di Santa Margherita e iniziòcosì la lunga prigionia che il patriota-carbonaro trascorse nelle varie carceriaustriache. Patì atrocemente la fame,anche se il suo tormento principaleera quello della crisi esistenziale e delsuo pensiero di libertà. Si contentavadello scarso vitto delle severe carceriasburgiche e poche volte si potevaconcedere qualche piacere del palato.

Successivamente, destinato al durocarcere di Venezia, quasi a renderepiù triste l’ingresso alle terribili prigio-ni, lo fanno desinare all’“Albergo del-la Luna”, dove “l’anno precedente, li-bero, avevo pranzato in numerosa elietissima compagnia”.

Attorniato dalle guardie, con i ferriai polsi, lo fecero passare davanti al“Caffè-Florian”, “dove avevo godutosì belle sere nell’autunno trascorso”.Per Pellico, nelle prigioni veneziane,furono anni di tormento. Al mattino lamoglie del carceriere gli portava ilcaffè, che era acqua calda. Non pote-va scrivere poiché gli lesinavano lacarta; si faceva portare fichi secchi ealtra frutta per sfruttare la carta degliinvolucri e a volte cedeva lo scarsopranzo ai secondini per avere qual-che foglio.

Dalle sbarre della sua alta finestra ilpovero Silvio rimira la vasta distesa ditetti, e di fronte vede una casa abitatada una numerosa famigliola. Alcuniragazzi lo salutano e vorrebbero dar-gli qualche cosa da mangiare: “Quan-do que’ fanciulli faceano colezione omerenda, mi diceano: oh se potessi-mo darti del nostro caffè e latte! Ohse potessimo darti de’ nostri buzzolai!Il giorno che andrai in libertà sovven-gati di venirci a vedere. Ti daremodei buzzolai belli e caldi, e tanti ba-ci!”. I “buzzolai” erano biscotti moltopopolari nel Veneto e nella Dalmazia;ogni famiglia aveva la sua ricetta e liconfezionava in occasione delle festi-vità natalizie.

La “magnanimità” dell’imperatoreasburgico, il 21 febbraio del 1822,commuta la pena di morte a Pellico eal suo caro amico Maroncelli in quin-dici anni di carcere duro. La pena erada scontare nella famosa e dura pri-gione dello Spielberg, che significa,ironia dei nomi, “Collina dei giochi”,

in Boemia vicino alla città di Brno.Carcere duro con catene ai piedi, il“mangiare il più povero cibo immagi-nabile”, come ne scrisse Pellico che lìsoffrì una fame memorabile, nono-stante i doni furtivi dei carcerieri, oquello del barbiere che, commossodall’aspetto del prigioniero, volle dar-gli di soppiatto una “grossa pagnottabianca”.

Anche il vecchio secondino Shillerogni tanto lo rifocillava con “un pez-zo di carne lessa”, e lo fece felice unavolta con un piatto di ciliegie e alcunepere. Il vitto della prigione consistevain una minestra pessima e in un po’ dilegumi conditi con una salsa “che ilsolo odore metteva schifo”. La pessi-ma minestra era la “brenn-zupp” chepreparava il cuciniere del carcere.Due volte l’anno, faceva soffriggerefarina con lardo, che poi riponeva ingrandi otri dove la conservava per seimesi. Ogni mattina attingeva con unramaiolo un po’ di quella “salsa” e laversava in acqua bollente, attendevache la farina si diluisse, ed ecco la mi-nestra per i carcerati.

In effetti, il prigioniero cadde grave-mente ammalato e dopo ripetuti con-sulti medici e autorizzazioni venute daVienna gli fu concesso un vitto parti-colare, il cosiddetto “quarto di porzio-ne” che consisteva in tre minestrineleggerissime il giorno, un pezzettinod’arrosto di agnello “da ingoiarsi in unboccone”, tre once scarse di panebianco.

Passano gli anni e finalmente Pellicoriceve la grazia dall’imperatore. Lacontentezza gli fece dimenticare lepassate sciagure e i tanti tormenti del-la fame, e il libro si chiude con una ri-conoscente benedizione alla Provvi-denza “della quale gli uomini e le cosesono mirabili stromenti”.

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Evoluzione del primo piattoDI DOMENICO MUSCIAccademico di Ciriè

La minestra assumeil ruolo esclusivodi “primo piatto”

nei menu dei Savoiae in quelli della Repubblica.

C on la nuova procedura del ser-vizio alla russa, sulla mensa tut-to si semplifica e i cuochi si in-

dustriano a codificare la successionedelle portate; la svolta moderna ce laoffre Antonin Carême che riepiloga lesue esperienze ne “L’arte della cucinafrancese del XIX secolo”, in cui asse-gna alla minestra (potage) l’esclusivoruolo di “primo piatto”: “Ho visto mil-le volte a tavola i re, gli imperatori etutti mangiare con delizia la minestra;ho conosciuti tutti i gastronomi delmio secolo e nessuno si è mai dimo-strato contrario a questo alimento”. Lapredilezione per la minestra va conti-nuamente crescendo, se nel 1816 netroviamo 33 specie nell’“Art du cuisi-nier” di Beauvilliers e nel 1856 ne tro-viamo 100 nella “Cuisine classique” diBernard e Dubois.

È indubbio che la cucina franceseabbia influenzato la cucina aristocrati-

ca di tutta Europa e per quanto ri-guarda la nostra penisola sia la cucinadei Savoia che quella del regno bor-bonico, come si avverte nella compo-sizione e nello spirito del menu.

In casa Savoia l’aiutante capo-cuo-co e pasticciere Giovanni Vialardi,nel suo “Trattato di cucina pasticce-ria moderna credenza e relativa con-fettureria” del 1854, conferma il ser-vizio di minestra al primo posto neipranzi di corte, che così giustifica:“Le buone zuppe o minestre sono leconfortatrici dei convalescenti, l’an-nunzio foriero di un buon pranzo, epreparano lo stomaco a ben pranza-re. Quando un convitato cominciacon una bella, eccellente e buonazuppa, lo rende giojale, colla speran-za di ben pranzare”.

Non farà eccezioni il suo direttocapo della cucina di corte, il franceseEdouard Hélouis che gestirà la cuci-

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“Consommé” e “Consumato in tazze”nei menu del Quirinale per aprire

la cena in onore dello zar AlessandroIII del 13 febbraio 1893 e quella del 7 febbraio 1910 per la visita

del kaiser Guglielmo II.

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na dei Savoia ininterrottamente dal1848 al 1875.

Hélouis, allievo ideale di Carêmedel quale loda e segue gli insegna-menti, è il vero, autentico testimonedei pranzi ufficiali a cavallo dell’U-nità d’Italia, che diligentemente tra-scrive nel suo libro “Les royal-dîners- Guide du gourmet contenant desmenus pour chaque saison - Avec lamanière de le preparer e des con-seils sur les service de tables”, stam-pato nel 1878 di ritorno nella natiaParigi a fine servizio. Il suo testo hauna impostazione innovativa in cuiil ricettario segue la specifica stesu-ra di ogni menu (sei per ogni mese)nella reale successione del servizio,con l’accurato abbinamento dei vini(esclusivamente francesi). Dei 221menu elencati sono riportati la data,il luogo, l’occasione, il numero deicoperti.

Immancabilmente, nei vari decen-ni documentati e descritti, la primaportata è sempre il “potage”, pas-sando in rassegna tutta la gammaconosciuta internazionalmente: “à laroyal, à la Sevigné, à la reine, à l’im-peratrice, à la tortue, à la Villeroy, àla Julienne, de quenelle de volaille,bisque d’écrevisse, d’orge perlé, ta-pioca, purée des legumes”, e nondeve ingannare la presenza dei nu-merosi “potage macaroni” poichéanche in questi casi non si parla dipasta “asciutta” ma sempre di “ma-caroni” tagliati della lunghezza didue centimetri, scottati, raffreddati,scolati per essere rimessi nella zup-piera del consommé.

In Italia l’impostazione di Hélouisdel “potage” quale primo piatto, av-viata nelle cucine dei Savoia, è de-stinata a rimanere invariata anchecon Umberto I e Vittorio EmanueleIII, anche se quest’ultimo, “motuproprio” del gennaio 1908, stabiliràche da quella data tutti i termini dicucina dovranno essere scritti in ita-liano: il cambio del “potage” in “mi-nestra” sarà solo nominale, noncambia la sostanza (nell’occasionelo stesso termine francese menuverrà tradotto, oltre che con il corri-

spondente antico termine di minuta,anche come lista, lista delle vivan-de, distinta, distinta del pranzo). Mail fatto più straordinario è che la pri-ma portata non si limita al periododel Regno ma continua incessante-mente, sia pure con qualche ecce-zione, nei menu ufficiali dei Presi-denti della Repubblica fino ai giorninostri nella forma di “consumato intazza”, “ristretto” (in tazza, di pollo),crema (all’imperiale, S. Germano),vellutina (all’italiana, di piselli, dipollo), brodo vegetale, come è bendocumentato dal recente volumedell’Accademia “I menu del Quirina-le - 150 anni di menu per 15 capi diStato” .

Il capo cuoco di Vittorio EmanueleIII, Amedeo Pettini, nel primo orgo-glioso testo de “L’arte cucinaria inItalia” (2 volumi, 1910-1911) curatodal dottor Alberto Cougnet, afferma:“In attesa di innovazioni e di perfe-zionamenti, diciamo intanto che ba-sta incominciare un buon pranzoservendo una minestra, sia compostache semplice, o legata, o formatacon un passato; oppure un sempliceconsumato, con aromi in uso in unpaese o nell’altro e con guarnizionida porsi dentro o da servirsi a parte”.

Mentre la tradizione della cucinaaristocratica continua a influenzarela cucina ufficiale (e poi anchequella repubblicana), diverso è ilpercorso della cucina borghese epopolare che trova una svolta nelsuo vate Pellegrino Artusi.

Nel descrivere in appendice allasua opera “tante distinte di pranziche corrispondino a due per ognimese dell’anno”, egli adopera indif-ferentemente, sotto l’enunciazioneunica di “minestra in brodo”, sia iprimi asciutti sia quelli in brodo, percui troviamo molti piatti di farinacei,pasta e riso che si consolidano nellafutura tradizione. Quelli selezionatiper i menu mensili sono solo unaminima parte di quelli indicati nelricettario, radunati nel capitolo ge-nerale di “Minestre asciutte e di ma-gro”, che contempla una varietà dipreparazioni sia di tagliatelle (col

prosciutto, verdi, all’uso di Roma-gna), sia di riso (risotto con le telli-ne, con le tinche, nero con le seppiealla fiorentina, coi piselli, coi pomo-dori, alla milanese, coi ranocchi, coigamberi, col brodo di pesce), sia dimaccheroni (alla francese, alla na-poletana, alla bolognese), sia dignocchi (di patate, di farina gialla),sia di paste ripiene (tortelli, raviolinormali, alla genovese), sia di spa-ghetti, mai degnati finora di menzio-ne nei ricettari (con le acciughe, allarustica, coi piselli).

Il primo piatto di “pasta asciutta”stenterà comunque a ritagliarsi lapriorità nei “menu della festa” bor-ghesi e popolari fino al periodo trale due guerre, come testimoniano leraccolte di menu, che a poco a pocovengono valorizzate per la validitàdella loro testimonianza, essendol’unico documento autentico, indi-scutibile del cibo realmente servito,non filtrato da interpretazioni ecommenti, che documenta il pranzoin modo fedele, con data, luogo esuccessione delle portate, oltre a ri-f lettere l ’andamento dei tempi,splendore o mediocrità, opulenza oristrettezza.

Nonostante un lungo percorso diconvenzioni radicate dei menu eimprobabili innovazioni futuriste,la pasta diventa lentamente la voceiniziale del pranzo nella secondametà del XIX secolo, mentre fino apochi decenni prima nessuno si sa-rebbe immaginato di servirla comeprimo piatto e nemmeno qualecontorno. Non si può fare a menodi pensare all’incongruenza di que-sta lenta conquista della pasta pergiungere ad assumere il ruolo diprimo piatto, in considerazionedella sua antica storia, del suo con-tinuo percorso, del suo ruolo dure-vole, della sua sacralità, dell’ab-bondanza dei tipi, sia fresca chesecca, del mestiere che diventa unautentico patrimonio tecnico, cul-turale, gastronomico e “tipicamenteitaliano”.

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Fichi istrianiDI ALIDA ROVA PONTE

Accademica di Muggia-Capodistria

Sono di ottima qualitàe spesso dolcissimi.

A nche l’Istria è terra di fichi: findai tempi più remoti la piantacresceva meglio e dava ottimi

frutti in talune zone più che in altre ecosì, ai giorni nostri, si è pensato diriprenderne la coltivazione proprio inquelle località. Una di queste è ilMontonese, terra situata all’internodella penisola istriana, intorno e sottola storica cittadina di Montona. Un al-tro territorio è nella zona del cosid-detto Carso istriano, noto per le colti-vazioni di ottime mele.

Un posto molto conosciuto è unpaese che nelle carte venete prendeil nome di Ficarola e ora di Smokvica,che in sloveno significa fico. Fa partedel comune di Capodistria, più preci-samente sulle alture che lo circonda-no. Si tratta di quella parte dell’Istriaslovena che confina con la zona sudoccidentale della Ciceria, così chia-mata dal nome dei suoi abitanti i Cici,popolazione di origine rumena, rifu-giatasi in quella regione per sfuggireai turchi.

Ancora oggi i suoi abitanti, se purgrandemente ridotti di numero, si

esprimono con un idioma che ha ra-dice nella lingua rumena.

I Cici, giunti quindi in Istria, si de-dicarono al commercio del carbonefossile che essi stessi producevano eandavano a vendere a Trieste, doveerano molto conosciuti anche per illoro singolare abbigliamento: coreo-grafiche e variopinte vesti e uno stra-no copricapo di pelo, molto ampio,la cui forma ricordava un seggioloneed era perciò chiamato dai triestini,in vernacolo, “caregon”, grande “ca-rega”, che in dialetto veneto significasedia.

Il nome di Ficarola (Smokvica) siriscontra già in carte veneziane del1784 e deriva proprio dai rinomati fi-chi prodotti in zona. Il paesino è an-che noto per la tipica architettura ru-rale istriana: un casale chiamato Br-zan è stato inserito tra i cento piùbelli della Slovenia.

La qualità dei fichi è ottima; ciò va-le soprattutto per i fichi bianchi chefruttificano sui rami vecchi in giugnoe una seconda volta sui rametti nuo-vi in agosto-settembre e, a volte, an-

DOLCE DI FICHIIngredienti: 225 gr di fari-na, 125 gr di burro, 125 gr dizucchero di canna, 125 gr dimandorle, 3 o 4 fichi, 300 grdi mirtilli, 25 gr di mandorlepelate, zucchero a velo.Preparazione: Impastare lafarina e il burro, aggiungerelo zucchero e le mandorle,continuare a impastare molto bene. In uno stampo mettere una partedella pasta con sopra i fichi freschi tagliati a piccoli pezzi e i mirtilli,quindi guarnire con il resto della pasta fatta a strisce e le mandorle.Porre in forno preriscaldato a 220 gradi.

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C U L T U R A & R I C E R C A

che a ottobre. È molto nota la sagradi Santa Maddalena che si svolge inquesto paese l’11 luglio ed è chiama-ta “come una volta”. A questa mani-festazione partecipano tutti gli abi-tanti, sopratutto le donne, che prepa-rano varie pietanze a base di fichi.

L’arcipelago dei Lussini comprendeuna serie di isole e isolotti di rara bel-lezza, tra cui l’isola di Lussino, conun piccolo e pittoresco borgo che sichiama Neresine e che ha conservatole sue antiche tradizioni, che vannodal pane fatto in modi diversi in rela-zione alle varie occasioni, alla raccol-ta delle olive e alla coltivazione deifichi. La pianta del fico trova qui, in-fatti, le condizioni ideali per la suacrescita anche spontanea che in que-ste zone è favorita dalla lunga siccitàestiva e dal mite clima marittimo iso-lano.

Anche a Neresine, dopo anni di ab-bandono, si ha un’importante ripresadelle coltivazioni: quattro sono leprincipali qualità di fichi prodotti, daquelli giallo-verdi di pasta rossa, aquelli dolcissimi a pasta gialla, chevanno mangiati freschi. L’essicca-mento è particolarmente vantaggiosoper valorizzare il primo tipo.

Talvolta, se sono molto dolci comequelli del secondo tipo, prima diesporli al sole vanno tagliati a metà,per evitare che fermentino. L’essicca-mento avviene dopo aver posiziona-to i frutti su grossi telai di legno suiquali vengono distese delle sottilistuoie di canna. Il tutto è coperto daun tetto spiovente, con una coperturapiuttosto spessa e impermeabile. Iltetto veniva chiuso di notte per evita-re che l’umidità rovinasse i fichi e ria-perto al mattino per lasciar entrare ilsole. Una volta essiccati, i fichi ven-gono conservati in grossi cassoni dilegno, sul fondo dei quali viene di-steso uno strato di foglie di alloro; so-pra sono posti i fichi, proseguendo astrati fino al riempimento della cassa,che, pressata con delle grosse pietre,consentiva ai frutti di conservarsi pertutto l’inverno.

Durante il lungo inverno, infatti, ifichi rappresentavano un companati-

co buono per ogni occasione e si uti-lizzavano fin dal mattino per colazio-ne nel caffelatte al posto dello zuc-chero.

Se gli uomini volevano riscaldarsibevevano un bicchierino di grappaaccompagnato da tre o quattro fichisecchi. Si narra anche che i ragazzinidurante l’inverno girassero con le ta-sche dei pantaloni tutte irrigidite acausa dello zucchero rilasciato dai fi-chi che portavano in tasca.

Una squisitezza che si faceva con ifichi secchi era anche il cosiddetto“pandefighi”: a quest’uso, di solito

venivano destinati i frutti che non sierano essiccati a puntino. Si tritava-no i fichi con il tritacarne, s’impasta-vano con grappa e semini di finoc-chio selvatico, si confezionavano inuna forma conica, si lasciavano sta-gionare per venire poi mangiati ta-gliati a fettine e accompagnati dallagrappa.

Anche il “pandefighi” doveva quin-di seguire una stagionatura in soffitta,di solito posato su una grossa fogliadi fico.

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INDIRIZZI DI POSTA ELETTRONICA

Per semplificare e facilitare i contatti con i vari settori dell’Accademia,sono stati istituiti nuovi indirizzi e-mail ai quali inoltrare la posta.

Anche se gli indirizzi utilizzati finora rimarranno comunque validiancora per qualche mese, invitiamo tutti gli Accademici

a servirsi dei nuovi da subito.

e-mail per il Presidente:[email protected]

e-mail per il Segretario generale:[email protected]

e-mail per la Segreteria nazionale e redazione milanese della rivista:[email protected]

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Ricordiamo che l’Accademia ha un proprio sito Internet:www.accademia1953.it

da cui è possibile, tra l’altro, consultare e scaricare gli ultimi tre numeri pubblicati di “Civiltà della Tavola” in formato Pdf.

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C U L T U R A & R I C E R C A

DI GIORGIO CIRILLIDelegato del Tigullio

Le abitudinidegli italiani a tavola.

D obbiamo a Giuseppe Baretti(1719-1789), scrittore e lettera-to, un resoconto sulle abitudi-

ni alimentari degli italiani spiegateagli inglesi. Il capitolo XXV del suovolume “Relazione degli usi e costu-mi d’Italia”, scritto in inglese e poitradotto, risale al 1768, all’epoca delsuo ultimo soggiorno londinese.

In esso troviamo descritta, adesempio, la colazione degli italiani(“colezione”), che è diversa secondol’età e le condizioni delle persone. Ingenere è fredda per i giovani, inomaggio all’opinione che i cibi caldidi mattina possono “guastare i denti”:pane semplice o anche “pane e ca-cio” e qualche frutto di stagione,mentre le “persone civili adulte” be-vono anche caffè e cioccolato.

Per i contadini e il “basso popolo”a colazione c’è la polenta, sulla quale“quando è ben calda, sparge del bu-

tirro fresco e qualche fetta di cacio”.Nel periodo estivo chi non abita incampagna, alzandosi presto la matti-na, vi si reca con la famiglia per farecolazione con “cibi freddi, dei salami,del cacio, della frutta e del vino”.

Baretti racconta poi che il tè nonera in gran uso, però “diventava assaicomune” specialmente “nelle cittàmarittime”. Mentre era correntementeusato dalle “gentildonne che ne pren-devano quando erano infreddate”con la vanità d’imitare le “miledi d’In-ghilterra”.

Nell’assegnazione dei posti a tavolail “più distinto” era quello più lontanodalla porta da cui arrivavano i cibi; ingenere era riservato alla signora “piùvecchia della compagnia”. Il compitodi tagliare (“trinciare”) la carne nonera esclusivo delle donne, come acca-deva in Inghilterra: nelle “tavole co-muni trinciano gli uomini, però nellegran tavole c’è un servo senza livrea”,cui competeva questo incarico. L’au-tore osserva che “gli Italiani non per-mettono che si serva il bue alla lorotavola”. Baretti racconta che un mini-stro inglese, nel tentativo di introdur-re l’uso di mangiarlo arrostito (roastbeef), fece arrivare a Torino un ma-cellaio perché insegnasse i “tagli” piùadatti, senza successo. Per gli italianiil manzo è un cibo grossolano “buo-no solamente pel volgo”. Ancora me-no piaceva il bue salato e “nessunaspecie di carne salata si serve alle no-stre buone tavole”; mentre invece lacarne di porco è “ottima in Italia”, co-me anche il pollame e la selvaggina.“Il capretto e l’agnello sono squisiti;ma il castrato non val niente”.

Nei giorni di magro, per rispettareil precetto ormai dimenticato, le“città abbondano di una gran varietàdi pesci che ci danno il mare, i laghi,i fiumi e un’infinità di stagni; i giardi-

ni e i campi ci porgono ogni speciedi legumi”. Si conferma ancora lalenta diffusione del mangiare le pa-tate (pomi di terra), tanto che unconsole inglese a Venezia, che le fa-ceva coltivare a Mestre, non riuscì afarle assaggiare ai suoi ospiti nono-stante “un piatto ben allestito”. Du-rante una carestia, a Napoli, un capi-tano inglese fece arrivare una navecarica di patate, ma “fu costretto agettarle nel mare, perché il popolonon ne voleva”.

“In molte piccole nazioni lungo gliAppennini” per la gran parte dell’an-no non si mangiava altro che casta-gne, con le quali “fanno eziandio ilpane; e in molti altri luoghi i nostripoveri contadini non mangiano chepolenta invece di pane di frumento”.

Baretti aggiunge ancora che dopoil pranzo c’era l’abitudine di “dormi-re un’ora o due, sopra una sedia lun-ga o sopra un letto”, per cui a tavolaci si andava vestiti in modo da esserepoi comodi; non così la nobiltà cheandava a tavola “abbigliata”. Dopo lapausa che segue il pranzo gli italiani“usano prendere della limonata, del-l’orzata, dei sorbetti ed altri rinfre-schi, che si ha cura di mettere inghiaccio”, ampiamente utilizzato. Incaso di sua mancanza “in qualcheprovincia d’Italia, il popolo ne sareb-be attristato come di una carestia”.Infatti si aveva cura di conservarne“ampia provvisione per i più caldimesi dell’anno”, adibendo spazi ap-positi nelle cantine. Tanto che sem-pre Baretti racconta come a Venezia,dove non era possibile avere canti-ne, il ghiaccio era portato ogni notte“dal continente” perché erano in vi-gore leggi che obbligavano i “caffet-tieri” a rifornire la città del ghiaccionecessario.

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L’Italia spiegata agli inglesi

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C U L T U R A & R I C E R C A

DI FRANCESCO RICCIARDI

Un libro che contestala cucina cosiddetta

internazionaleche spesso è piuttosto

un supermercato di sapori.

I l 2 agosto scorso all’età di 81 anniscompariva Edgardo Bartoli, unmaestro del giornalismo. Qui è il

caso di ricordarlo non tanto per i suoimeriti giornalistici, quanto per un suolibro di cucina, critico e illuminante,scritto insieme alla sorella Maria Carlaun paio di anni fa, ma ancora in cata-logo. È il “Ricettario controriformista”(Neri Pozza Editore, www.neripoz-za.it, euro 15,00), in cui Edgardo eMaria Carla, pur non essendo Acca-demici, sciorinano molti principi chesono propri della nostra Accademia.

La “controriforma” degli autori con-siste nel prendere le distanze da unatendenza, giudicata eccessiva, di unaproposta di cucina “multinazionale”,che si autocompiace di essere raffina-ta ma in realtà è un’ennesima omolo-gazione. Può capitare infatti di andarein un ristorante di fama, in una qual-siasi città del mondo, e sentirsi decla-

mare da un cameriere compiaciuto unmenu composto da antipasti di mare,sushi, caviale, spaghetti all’amatricia-na, crêpe al roquefort, anatra all’aran-cia oppure anatra laccata alla pechine-se. “La chiamano cucina internaziona-le - dicono i Bartoli nel risguardo dellibro - ma il nome giusto dovrebbe es-sere supermercato dei sapori, con ipomodori pelati su una scansia, ilcurry e il chutney su un’altra. La rego-la è mettere insieme tutto con tutto,con risultati spesso fatali. Nella nostrasocietà egualitaria dei consumi, gli in-contentabili gourmet di una volta han-no ceduto il passo a una moltitudinedi presunti stilisti dei fornelli per iquali la cucina «raffinata» è appunto diquesto genere, una cucina dove nonc’è più zucchina senza gamberetto néfagiolo senza cozza, come in un’im-mensa Disneyland del gusto”. Il libro,che è anche e soprattutto un ricettario,si oppone a questa riforma della cuci-na, che definisce “sconsiderata”.

È, appunto, un ricettario contro-riformista. Non suggerisce innovazio-ni e suggestioni, ma dogmi. I dogmidella cucina in cui “le salsicce secchesi conservano negli orci di terracotta, iformaggi sono piccole forme rotondeche formano colonne ben allineatenella dispensa e il bollito non si chia-ma bollito ma, secondo una nostraclassica, solenne, letteraria parola,«lesso», e indica qualcosa di più di unapietanza: un’apoteosi del brodo, unafesta invernale, una cerimonia, un ri-to!”. È un libro che tenta, insomma, dirisalire la corrente, in difesa della tra-dizione italiana dalle falsificazionicommerciali che la involgariscono ecorrodono. Una posizione che sentia-mo di condividere, perfettamente in li-nea con il carattere dell’autore, giorna-lista dalla scrittura limpida e dalla gran-de lucidità analitica; ma anche uomo di

un altro tempo, forse, come qualcunoha detto, tormentato da un malessere:la consapevolezza di non essere più ingrado di riconoscersi nel proprio Pae-se. “Così funziona la società dello spet-tacolo - aveva scritto nella rubrica “Ex-tra e Ordinario” del settimanale “Azio-ne” -, c’è una macchina che producerealtà fittizie secondo i gusti e le richie-ste del mercato, e se da una parte larealtà autentica non può essere consi-derata in se stessa verità, dall’altra,quando la realtà prodotta dalla macchi-na è assolutamente falsa, essa diventauna perfetta realtà. Ossia una perfettamenzogna. [...] La menzogna è un pro-dotto di largo consumo popolare, in-grediente fondamentale della dieta me-diterranea, come gli spaghetti”.

Era un tipo simpatico, Bartoli, epiuttosto fuori dal comune. In reda-zione veniva chiamato “sir Edgardo”,sempre impeccabile, vestito come ungentiluomo inglese.

Nato a Cesena, Bartoli aveva lavora-to come condirettore della “Voce Re-pubblicana”, nel 1960 era passato a “IlMondo” e poi al “Corriere della sera”,di cui fu corrispondente da Londra.Dal 1976 all’inizio degli anni Novantafu inviato speciale di “Repubblica”. Ful’inviato delle missioni impossibili:raccontò la Spagna del dopo Franco,l’Afghanistan occupato dai sovietici,le Falkland invase dalla giunta milita-re argentina e liberate da sua maestàbritannica. Sir Edgardo volò laggiù suicargo Belfast della Raf mentre ancorasi combatteva. “A ogni ritorno - haraccontato Andrea Tarquini in un ri-cordo del collega - veniva in riunione,quasi rifiutava gli elogi, poi amavaimmergersi nella vita quotidiana deldesk: gli piaceva insegnare il mestiereai giovani, severo e paterno, e discu-tere di giornalismo”.

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Il controriformista

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Fare in casa il limoncello

S I C U R E Z Z A & Q U A L I T À

S olo un grande esperto dimarketing può intuire in antici-po le preferenze del consuma-

tore, a volte imprevedibili e sempremutevoli. Chi non ricorda la modadegli anni Cinquanta e Sessanta delbicchierino di Sambuca con la “mo-sca”, il lucido chicco di caffè che vigalleggiava? Poi imperversarono gliamari, i più duri e quelli più amabili,le grappe morbide e aromatiche mol-to lontane come gusto dalla “graspa”degli alpini.

Da qualche decennio, in cima allepreferenze è il limoncello. Gradito di-gestivo, ma anche fuori dei pasti. Neesiste una vasta produzione indu-striale, con vari nomi che richiamanoil giallo agrume, poiché la denomina-zione “limoncello” è consentita soloper i liquori prodotti con agrumi Igpdella penisola sorrentina. Nato in fa-miglia agli inizi del Novecento, è unaproduzione tipica della costiera sor-rentina, anche se ad Amalfi e Capri sene rivendica la paternità. Si narra chele grandi famiglie sorrentine non fa-cevano mai mancare agli ospiti illu-stri un assaggio del limoncello, pre-parato secondo la tradizionale ricetta.Anche oggi molti amano prepararsiin casa questo biondo liquore, van-tandosene nell’offrirlo agli amici.

In effetti, si tratta di una prepara-zione molto semplice consistente inun’infusione alcolica delle bucce deilimoni, poi diluita con aggiunta dizucchero. Ma le ricette, con molte va-rianti, sono molteplici e ognuno èconvinto di avere l’originale. La cosapiù importante è comunque la mate-ria prima, la buccia di limone, chedeve essere ottenuta da frutti privi ditrattamenti chimici.

Per questo motivo c’è una ricercacontinua dei limoni che crescono neinostri giardini e per i quali si è sicuri

dell’assenza di contaminanti. Per i li-moni in commercio bisogna fare mol-ta attenzione poiché molti sono d’im-portazione e possono nasconderedelle insidie. Sembra un paradosso,ma il nostro Paese, “dove fioriscono ilimoni”, acquista agrumi dal Sud Afri-ca e dall’America Latina.

Il viaggio in nave è lungo e permantenere buone condizioni di con-servazione è necessario fare dei trat-tamenti con sostanze adatte. Anchel’aspetto è importante per i consuma-

tori e quindi i frutti vengono lucidaticon cere e paraffine, la cui presenzaè facilmente verificabile passando lamano sulla buccia.

Può comunque avvenire che un li-mone prodotto anche con sistemibiologici debba essere trattato per leesigenze del commercio. Quindi chefare? Comprare un limoncello dibuona marca di produzione indu-striale o farlo in casa utilizzando i li-moni del proprio giardinetto o delvaso tenuto in terrazza, che può pro-durre, se ben curato, tanti fruttiquanti bastano per fare qualche bot-tiglia. Il limone è anche una bellapianta ornamentale con le sue lucidefoglie di un bel verde.

LA GLASSADI ACETO BALSAMICO

Fino a qualche decennio addietro ilprezioso aceto balsamico, caratteristi-ca e tradizionale produzione delleprovincie di Modena e di ReggioEmilia, era conosciuto e apprezzatoda una limitata schiera di buongustai.Scoppiò la moda e ci trovammo ilprezioso aceto usato dalle Alpi allaSicilia, impiegato con molta disinvol-tura in varie preparazioni. Si svi-luppò, di conseguenza, una vastaproduzione industriale che costrinse iveri produttori a invocare una severalegislazione che stabilisse i parametridel vero aceto balsamico tradiziona-le. In questi ultimi anni un’ulterioreevoluzione del balsamico è la glassa.I piatti più raffinati, dagli arrosti aidessert, sono guarniti con delicati esottili ghirigori di glassa di aceto bal-samico di Modena, una raffinatezzache il consumatore gradisce e chespesso dà un tocco prezioso al menu.

Come spesso accade gli chef fannoscuola e in casa si cerca di ricompor-re quanto si vede nei ristoranti. Laproduzione si adegua alle esigenzedel consumatore ed ecco sugli scaffa-li dei supermercati le bottigliette diplastica contenenti creme o glasse diaceto balsamico a disposizione di chivuole aggiungere un tocco di creati-vità in cucina.

Il fenomeno non è sfuggito ad “Al-troconsumo”, che ha voluto esamina-re questo prodotto per analizzarne lacomposizione sulla base della listadegli ingredienti riportata in etichetta.Ne è risultato che l’ingrediente prin-cipale non è l’aceto balsamico (nonpiù del 50 o 40 %). Infatti, la glassapiù semplice contiene aceto, succod’uva concentrato e amido modifica-to, che è un addensante. Quella più

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elaborata riduce la percentuale dibalsamico a favore di mosto d’uvacotto, aceto di vino, colorante e dueaddensanti. La particolare consisten-za densa di queste glasse e il tipo dibottigliette di plastica morbida concui sono confezionate permettono di“scrivere” direttamente sul piatto. Indefinitiva è una novità della produ-zione alimentare che consente untocco diverso all’assaggio dei formag-gi piccanti e alla frutta ben affettatasul piatto di portata, ma l’antico pro-dotto, invecchiato per anni nelle ace-taie dei sottotetti modenesi, che lacri-ma dense saporitissime gocce, è pro-prio un’altra cosa.

CERCHIAMODI RISPARMIARE

Al ritorno dalle vacanze, quandoriaprono le scuole e il periodo autun-nale si avvicina, arriva inesorabilel’impennata dei prezzi dei prodottialimentari. Ora, in questo periodo dicrisi, s’impone il risparmio e l’acqui-sto più attento per far quadrare il bi-lancio familiare.

Ci si rivolge agli “hard discounts”, isupermercati che vendono prodotti dimedia qualità e per lo più di marchepoco conosciute. I supermercati e gliipermercati, di fronte a questa con-correnza, cercano di difendersi met-tendo anche loro in commercio pro-dotti di marche secondarie, con visto-si cartelli che indicano il “primo prez-zo”, molto più basso di quello per glistessi prodotti ma di marche note.Queste, a loro volta, hanno intensifi-cato le offerte promozionali a prezziscontatissimi. Queste offerte sonospesso decise autonomamente daglistessi supermercati, per attirare iclienti con prodotti “civetta”, vendutisottocosto. Il mercato si evolve e siadatta alle esigenze dei consumatori.Un’interessante novità, in proposito, èl’importante fetta di clientela rappre-sentata dagli immigrati, sempre piùnumerosi. Questi cercano di spendereil meno possibile. Il consumo di vinodi poco prezzo, confezionato in car-

toni, per esempio, è aumentato graziealla spesa di polacchi, romeni, alba-nesi e altri extracomunitari.

Nei reparti carni della grande distri-buzione sono comparse le spuntaturedi maiale, le ali di pollo, le schiene dipollo, la trippa e altre porzioni checostano poco e che hanno lo stessovalore nutritivo delle parti più “nobi-li”. Gli extracomunitari, ma non solo,hanno anche imparato che, andandonei mercati rionali verso l’ora dellachiusura, si possono comprare fruttae verdura scontate fino al 50%, spe-cialmente il sabato. Se poi aspettanoche il mercato sia completamentechiuso, possono trovare abbandona-te cassette con residui di ortofruttico-li, non in perfette condizioni ma bencommestibili. All’acquisto si notanoprezzi diversi per lo stesso prodotto,differenze che spesso non trovanogiustificazione. Evitiamo di spenderedi più, contenendoci nell’acquistaresolo i prodotti di cui abbiamo neces-sità e per i quali è bene fare una lista.Non lasciamoci attirare da messaggiaccattivanti e da offerte allettanti checi inducono all’acquisto d’impulso.Non tutti sanno che i filmati delle te-lecamere dei supermercati sono at-tentamente studiati da esperti deicomportamenti dei consumatori, pervedere che cosa scelgono, che tragit-to fanno, come prelevano il prodottodagli scaffali eccetera. Ciò perché l’o-biettivo dei supermercati è uno solo,quello di aumentare le vendite e farcomprare anche quello che non si haintenzione di acquistare. Del resto,soltanto il 20% di chi va al supermer-cato con una lista precisa delle coseda comprare rispetta l’elenco, gli altriacquistano più cose.

La grande distribuzione e le mar-che più importanti ricorrono massic-ciamente alla pubblicità televisiva.L’esortazione all’acquisto è fatta daattori molto noti, sempre ripresi die-tro il carrello della spesa in conversa-zione con altri acquirenti. Tutto acca-de al supermercato, divenuto ormaiun luogo di appuntamento e di ritro-vo, che ha sostituito la piazza, il bar oil sagrato della chiesa di una volta.

PUBBLICITÀINGANNEVOLE

La pubblicità televisiva ci martellainducendoci al consumo di prodottialimentari dalle presunte proprietàcurative. In una settimana si abbassail colesterolo, si assorbono i sali mi-nerali, si hanno miracolose proprietàantiossidanti, si previene l’obesità, siregolarizzano le funzioni intestinali.Il consumatore compra convinto dimigliorare la propria salute e di vive-re meglio perché la famosa attrice dalpiccolo schermo glielo ha assicurato.La situazione ha cominciato a preoc-cupare l’Efsa, l’Autorità europea perla sicurezza alimentare, che discipli-na le indicazioni nutrizionali e sullasalute poste sulle etichette degli ali-menti o presentate nella pubblicità.Questo ente ha esaminato la docu-mentazione delle diverse aziende ali-mentari che vantano per i loro pro-dotti azioni benefiche per l’uomo.Ebbene, solo poche dichiarazioni so-no risultate corrette.

Nel lavoro di controllo che l’Auto-rità sta compiendo, si è presa in esa-me la proposta di inserire nell’elencodegli alimenti con proprietà nutrizio-nali particolari anche quelli per i ce-liaci, persone che non possono con-sumare alimenti che contengono glu-tine, anche in misura minima, comepasta, pane, dolci.

La proposta è di mettere gli alimen-ti privi di glutine tra quelli che pos-siamo genericamente definire “diete-tici”. Questa nuova legislazione pro-babilmente renderà più accessibiliquesti alimenti, forse anche a prezzimigliori. Permangono, tuttavia, degliinterrogativi, poiché sarà difficile evi-tare possibili promiscuità con altri ali-menti.

Per ora se abbiamo qualche au-mento dell’indice del colesterolo odella glicemia, se le funzioni intesti-nali ci destano dei problemi, se i cu-scinetti di grasso ci preoccupano, an-diamo dal medico.

GABRIELE GASPARRODelegato di Roma

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FORUM DEI VINIAUTOCTONI

Giunta alla sua ottava edizio-ne, è in programma a FieraBolzano il forum dei vini au-toctoni “Autochtona”. Oltre100 le aziende che quest’annoprendono parte alla manife-stazione, singolarmente o at-traverso i Consorzi di tutela, leStrade del vino o le delegazio-ni territoriali. Oltre 200 le eti-chette in esposizione, tuttecomposte per almeno il 95%da vitigni italiani, come preve-de il regolamento. Ad “Autochtona”, inoltre, sonorappresentate, attraverso i lorovitigni di punta, 18 regioni ita-liane; tra queste spicca il Pie-monte, con oltre 30 aziende.Tra le novità della nuova edi-zione di “Autochtona”, la pre-senza diretta dei produttori euna giornata dedicata al La-grein, un vino dell’Alto Adigecon un carattere pieno e robu-sto, ammorbidito da aromi difrutti di bosco, ciliegia e viola,la cui storia affonda le radicifin nel Medioevo. La degustazione è organizzatain collaborazione con Fws -Vignaioli dell’Alto Adige, chevede la partecipazione di 16produttori aderenti all’associa-zione. Insieme alle degusta-zioni, accompagnate dallespecialità preparate dagli allie-vi della scuola alberghieraRitz, la manifestazione preve-de momenti di approfondi-mento, workshop dedicati almondo del vino e la premia-zione delle migliori etichettepartecipanti.

DEGUSTATORIPROFESSIONALIPER LA CARNE

È nato a Verona “De GustibusCarnis”, primo nucleo di as-saggiatori di carne, professio-nisti dell’analisi sensoriale chepossono delineare e garantirela qualità. A qualificarli profes-sionalmente, il Centro studi

assaggiatori, unità di ricercasull’analisi sensoriale. Ecco lecaratteristiche dalla carneideale: morbida e con sentorinaturali la carne cruda; tenera,succosa e ricca del suo pro-prio aroma quella cotta.

A SCUOLA PIÙ SPAZIOPER L’EDUCAZIONEAL CIBO

Con il ritorno degli studentisui banchi di scuola ci sarà piùspazio anche per imparare amangiare bene e riscoprire ivalori dell’agricoltura e dellanatura con l’avvio di alcuniprogetti volti a portare bambi-ni e ragazzi a studiare in cam-pagna o a fare lezioni anchesu agricoltura e cibo in classe.Fra queste iniziative, quella re-lativa a “Educazione alla cam-pagna amica” promossa dalMinistero della Pubblica istru-zione, o quella “Scuola e cibo”di Federalimentare, che puntaa educare i più piccoli attra-verso corsi di formazione per idocenti e interventi didatticinelle scuole a partire dalle ele-mentari per arrivare, nel 2014,nei licei.

UNO STUDIO ISTATSULL’OLIO

Come anticipazione della ma-nifestazione “Olio capitale2012”, la fiera interamente de-dicata all’olio, si è svolto aTrieste il convegno “Le Dopitaliane dell’extravergine d’oli-va a confronto”, nell’ambitodel quale sono stati presentatii risultati dello studio Istat(settembre 2011) sulla filieraolivicola nazionale. Da questiemerge la diminuzione dellaproduzione di olive e olio: il7% del prodotto non vienenemmeno raccolto a causadei costi troppo elevati, cheinducono anche a compraresempre meno nuovi impianti.Anche il numero di aziende èdiminuito: tra il 2000 e il 2007

si è registrato un crollo di342.000 unità e il profilo del-l’olivicoltore invecchia, dalmomento che il 45,7% ha al-meno 65 anni. Un dato parti-colarmente rilevante riguardail commercio estero: in Italiasi importa più olio di quantose ne esporta. Tuttavia il valore dell’olio ita-liano è molto maggiore rispet-to a quello importato. Ben di-verso il trend degli oli certifi-cati: la Dop attesta un patri-monio unico e l’export deglioli Dop è in crescita, ma a es-sere privilegiati sono quelliappartenenti a territori-trainodel turismo, in primis la To-scana. E la situazione in Italia? Molte-plici le difficoltà che i Consor-zi si trovano ad affrontarequotidianamente, a partiredalla scarsa conoscenza delprodotto da parte dei consu-matori. Ed è proprio con l’o-biettivo di una migliore cono-scenza che i Consorzi hannoespresso l’intenzione di valo-rizzare il “sapere dell’olio”con visite guidate in oliveto efrantoio, assaggi guidati e ladiffusione del prodotto incontesti sempre più ampi, fracui le mense scolastiche. Poi-ché l’ostacolo che il più dellevolte blocca il consumatore èil prezzo, una linea d’inter-vento dovrà puntare a istruireil consumatore sulle caratteri-stiche dell’olio, motivando ledifferenze di prezzo e illu-strando le garanzie che ne de-rivano, dando elementi chiarie la possibilità di una sceltaserena e consapevole.

EFFETTI DEL CLIMASULLE COLTURE

Da un monitoraggio dellaColdiretti che mette in evi-denza gli effetti dell’anda-mento climatico anomalo disettembre, dopo un agosto trai più caldi degli ultimi due-cento anni, emerge che lavendemmia per le uve bian-

che destinate agli spumanti siè praticamente conclusa in unperiodo in cui nel passatonormalmente iniziava, ma siregistra anche un inaspettatoanticipo per le castagne. L’inizio della raccolta di que-sto frutto ha messo peraltro inevidenza un buon livello qua-litativo, importante per l’Italiache detiene la leadership pro-duttiva in Europa; a preoccu-pare sono invece i danni pro-vocati da un insetto killer, ilcinipide galligeno del casta-gno, arrivato in Italia dalla Ci-na e che ha già dimezzato laproduzione italiana e controil quale è stata avviata una ca-pillare guerra biologica attra-verso lo sviluppo e la diffu-sione di un insetto che è unantagonista naturale. Le attua-li condizioni climatiche, inve-ce, non aiutano la nascita deifunghi. La siccità del mese diagosto ha influenzato anchela raccolta del tartufo biancoad Alba, che è partita sì ametà settembre, nonostante itentativi della Regione Pie-monte di ritardarne l’avvio,ma che ha destato una certaapprensione nelle zone tradi-zionalmente più produttive,che si affidano alla speranzache le piogge autunnali pos-sano far ripetere le perfor-mance passate.

SEMPRE PIÙ GIOVANINELLE FACOLTÀDI AGRARIA

Confagricoltura, analizzandole iscrizioni universitarie del-l’anno accademico 2011-2012,ha evidenziato che i giovaniitaliani pensano sempre piùall’agricoltura per il loro futu-ro, con le Facoltà di Agrariache continuano a registrareuna sostanziosa crescita. Sem-bra infatti che il 60% dei lau-reati in agricoltura trovi lavo-ro entro un anno dalla laurea,ed è un fatto che, nell’ultimoanno accademico, gli aspiran-ti agronomi, a Palermo, per

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esempio, hanno avuto un au-mento del 93%. D’altra partesi è evoluto anche il profilodell’agricoltore moderno: gio-vane, colto, innovativo eorientato al mercato interna-zionale.

UN NUOVO PUNTOD’INCONTROENOGASTRONOMICO

Nella Galleria del Corso, a Mi-lano, ha aperto il nuovo“Eat’s Store” caratterizzatodall’offerta di un’ampia sceltadi prodotti e specialità enoga-stronomiche di alta gammada acquistare. A questo si ag-giunge una proposta ristorati-va che si adatta alle diverseesigenze di consumo nell’ar-co della giornata, sempre nelrispetto di un alto profiloqualitativo. Dalla prima colazione all’“Ex-celsior Café” alla spesa nel“Food Store”, dalla pausapranzo o la cena al “Bistrò” fi-no allo spuntino veloce dopol’ultimo spettacolo, l’“Eat’sStore” di Milano vuole rap-presentare un punto di incon-tro dove “prendersi del tem-po” per sperimentare il me-glio della tradizione enoga-stronomica in un’atmosfera ri-lassata.

BILANCIE PROGRAMMIPER ALMA

L’inaugurazione del nuovo an-no accademico della Scuolainternazionale di cucina italia-na “Alma” di Colorno è statal’occasione anche per fare ilpunto sulla crescita dellascuola nei primi nove anni diattività. Il presidente AlbinoGanapini, oltre a evidenziareil successo dei corsi istituiti inquesti anni, ha ricordato i pro-getti in partenza: la novitàprincipale è rappresentata dalcorso per manager della risto-razione, destinato a diplomati

in corsi di cucina, pasticceria esommellerie con almeno dueanni di esperienza pratica e aprofessionisti della ristorazio-ne; il master sommelier Alma-Ais e il corso superiore disommellerie. Per quanto ri-guarda l’attività internaziona-le della Scuola di cui è rettoreGualtiero Marchesi, sono statiricordati la recente visita di 30allievi del corso della “Geor-ge Brown” chef school, il piùprestigioso istituto di Toron-to, e la trasferta in ottobre aSan Paolo, dove “Alma” saràprotagonista, in occasionedella “Semana Mesa”, il piùimportante evento brasilianodedicato alla gastronomia. Iltema scelto per quest’anno è“Rethinking the gastronomy:the Italian cuisine”.

IL MERCATODEL FALSOGRANA PADANO

A Milano, durante la presen-tazione della campagna infor-mativa “Gusta la qualità”, èstato il direttore del Consor-zio del grana a scagliarsi con-tro i similgrana, prodotti inPolonia, Estonia, Lituania, Re-pubblica Ceca, Ucraina e Un-gheria, che continuano asfruttare l’assonanza con ilnome originale e l’assenzadell’obbligo di indicare l’ori-gine della materia prima uti-lizzata, un rischio che aumen-ta con le confezioni di grattu-giato. Usando nomi che imi-tano il vero grana padano,questi formaggi sottraggonoun valore di quasi 600 milioniai due miliardi e mezzo di eu-ro del mercato del vero granapadano Dop, che raccogliequasi la metà dei 4 milioni emezzo di tonnellate di lattemunto in Lombardia e cheviene prodotto nel rispetto diqualità, trasparenza di lavora-zione e sicurezza alimentare.Già lo scorso anno furonotrovate dai Nas circa 3.000forme di grana padano pro-

dotte con latte di origine sco-nosciuta e marchiate con ilsimbolo del Consorzio graziea uno stampo “tarocco”. Il danno naturalmente siestende al consumatore chenon viene informato, ancheperché non esiste una leggeche imponga di indicare dadove arriva la materia prima edove viene lavorata.

LA VENDEMMIADEL VERSOALN

Si è appena conclusa a CastelKatzenzungen a Prissiano, inAlto Adige, la vendemmia del“Versoaln”, la vite più grandee quasi certamente più anticad’Europa, dal 2006 sotto il pa-trocinio del Centro di speri-mentazione agraria e forestaleLaimburg, centro di compe-tenza scientifica nell’ambitodell’agricoltura e della viticol-tura in Alto Adige. Quest’annoè stata un’ottima annata: laquantità e la qualità del rac-colto sono stati buone, con uncontenuto zuccherino di 17gradi barbour scarsi. Il vinoprodotto dal Versoaln è unbianco, molto gradevole, leg-germente fruttato, con unastruttura delicata e dalla spic-cata acidità. Varie sono le teorie sulle ori-gini del nome “Versoaln”,l’antico vitigno originario del-la Val Venosta. La versionepiù accreditata fa riferimentoalla posizione delle vigne, disolito situate in posti difficilida coltivare, il che costringe-va i contadini a trasportare leuve vendemmiate in cestitrattenuti da corde. La paroladialettale “versoaln”, infatti,significa “assicurare il raccol-to e trasportarlo per mezzo dicorde”.

MARCHESIDA “MCDONALD’S”

Gualtiero Marchesi ha accetta-to la proposta dei “McDo-

nald’s” d’Italia di avvicinare ilvasto e giovane pubblico deifast food al gusto dell’alta cu-cina, con tre nuove creazioni.Si tratta di due panini - “Ada-gio” (hamburger e melanzane)e “Vivace” (hamburger e spi-naci) - e un dessert, il “Minuet-to”, un tiramisu al panettone. Una scelta, quella del grandechef, probabilmente volta adinsegnare ai giovani comemangiare meglio, ma che siabbina a una catena di ristora-zione e a un sistema di ali-mentazione che ha poco onulla a che vedere con la no-stra tradizione.

TASSASULL’OLIO DI OLIVAIN DANIMARCA

Sembra che anche in Dani-marca l’obesità sia in aumentoe per ridurre la percentuale diobesi (10% della popolazione)e le malattie collegate dovutea un eccesso di grassi saturinell’alimentazione, i gover-nanti hanno imposto una tassacon regole ben precise: se igrassi saturi superano il 2,3%,l’alimento subisce il balzelloaggiuntivo di 16 corone dane-si (circa 2,15 euro) al chilo-grammo. In cima alla lista, iprodotti più vulnerabili sonol’olio e quelli lattiero-caseari,soprattutto il burro. Una normale confezione diburro (250 kg) aumenta diprezzo del 30%; un litro d’oliod’oliva aumenta del 7,1%; unsacchetto di patatine saliràdell’8%. Sul versante della sa-lute, previsioni prudenti par-lano di una diminuzione del10% nel consumo d’olio d’oli-va e di un -25% per il burro. Il“Copenaghen Post”, che hapubblicato questa notizia, ma-nifesta comunque l’ipotesiche la tassa abbia l’obiettivodi un sostegno al bilanciopiuttosto che quello della lot-ta all’obesità.

a cura diSILVIA DE LORENZO

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I N L I B R E R I A

COSA MANGIAMOdi Nicola Sorrentino e Allan Bay

Mondadori€ 19,90www.geomondadori.com

Il libro è un manuale “di servi-zio” per chi desidera nutrirsibene, conoscendo gli ingre-dienti per mangiare in manieragustosa e allo stesso tempo ri-spettosa dei dettami nutrizio-nali. Da un’alimentazione ade-guata, corretta ed equilibrata,dipendono infatti l’efficienzalavorativa, la resistenza allemalattie, la qualità e la duratadella vita. Quindi la prima fun-zione del libro è quella di per-mettere al lettore di “capire” ladieta che intende fare, volen-do essere uno strumento perdecidere con consapevolezzail proprio regime alimentare.Certo non tutte le diete sonouguali e gli autori non nascon-dono la loro preferenza per lacosiddetta “dieta mediterra-nea” che, povera di acidi grassisaturi e di proteine animali,ricca di carboidrati, fibre e an-tiossidanti naturali, è ricono-sciuta universalmente per isuoi benefici su linea e salute.Gli autori, noti l’uno comeenogastronomo, l’altro comedietologo, spiegano i segreti ele curiosità dei circa 250 ali-menti presentati nel libro, de-scrivendone le proprietà e levirtù, la storia, la composizio-ne chimica e i principi nutri-

zionali, e suggerendone l’uti-lizzo migliore in cucina. Deglialimenti, in 576 pagine, rivela-no di acciughe, banane, fagio-li, […], yogurt, zucche e zuc-chero le caratteristiche organo-lettiche, le curiosità, le moda-lità di scelta e di acquisto neibanchi del mercato o negliscaffali del supermercato.Quante calorie ha il pompel-mo? Quanto sodio il baccalà?Quali sono i tipi di albicocche?Come si scelgono i pomodori?A ogni alimento, indicizzato inordine alfabetico, è dedicatauna scheda informativa in cui,accanto all’illustrazione delprodotto, si spiega con un lin-guaggio accessibile come sce-glierlo, conservarlo e cucinar-lo, con una particolare atten-zione alla nostra salute. Unapiccola “bibbia” del mangiarsano, in cui si trovano anche50 ricette originali e sfiziose,create ad hoc: dall’antipasto aldolce, una sorta di menu“ideale” salutare e facile darealizzare.

IL BURRO: TRA PASSATO,PRESENTE E FUTUROa cura di A. Gori, F. Coloretti,G. Losi

Consorzio formaggio parmigiano-reggianoReggio Emiliafuori commercio

Pubblicato in collaborazionecon l’Università di Bologna, il

volume riporta gli atti di unconvegno, tenutosi a ReggioEmilia, sul burro, alimento chela tradizione aveva valorizzatoe che via via è stato ingiusta-mente criminalizzato. Le rela-zioni di illustri studiosi, docen-ti universitari, tra i quali ancheil Presidente Ballarini, hannomesso in evidenza quanto ilrecente sviluppo della ricercasugli aspetti nutrizionali delburro e anche su quelli extra-nutrizionali e sulle sue caratte-ristiche salutistiche abbia riva-lutato questo alimento.

PIEVI E RICETTEdi Ruggero Larco

Aska Edizioni - Firenzewww.askaedizioni.it€ 10,00

Lo spunto, per questo itinera-rio nel cuore della Toscana, èla visita ad alcune pievi che siincontrano nella zona nord estdel Chianti, partendo dal Val-darno superiore, abbinando aogni tappa un menu particola-re, formato da piatti tipici delterritorio. Perché le pievi? Per-ché esse rappresentano il po-polo delle campagne che lavo-rava nel territorio agricolo dicui la pieve era il centro reli-gioso e che si nutriva di queiprodotti e frutti che esso stessoproduceva. E quei prodotti,dall’olio alle verdure, dalle car-ni ai formaggi, al vino, sonoquelli che in molti casi ancora

oggi caratterizzano la cucinatoscana, una cucina di ricette avolte povere ma saporite. Ed ècosì che l’autore, Accademicodi Firenze, conduce il lettorealla scoperta di piccoli gioiellidi architettura romanica, a vol-te molto antichi, come le pievidi San Donato in Poggio o diSanto Stefano a Campoli co-struite ancor prima dell’annoMille, e quelle di cui eranopievani esponenti di importan-ti famiglie come i Ricasoli. iGherardini, o i Medici. I 15menu, in cui si dà la ricetta diogni piatto, sono abbinati allesingole pievi, a volte in funzio-ne delle tradizioni del territo-rio, a volte rispecchiando usifamiliari e semplici, dal sapore“antico”.

IL RISTORANTEDELL’AMORE RITROVATOdi Ito Ogawa

Neri Pozza Editore, Vicenzawww.neripozza.it€ 15,00

In questo suo romanzo d’esor-dio la scrittrice giapponese ItoOgawa racconta, come in unafavola, il modo in cui l’atto delcucinare aiuta la protagonistaa ritrovare l’amore per se stes-sa e per gli altri e come il pia-cere di preparare il cibo e ditrasmettere emozioni attraver-so il cibo può talvolta produrresorprese decisamente inaspet-tate. Ringo, una ragazza che

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I N L I B R E R I A

lavora nelle cucine di un ri-storante turco di Tokyo, rien-tra una sera a casa con l’inten-zione di preparare una cenasucculenta per il suo fidanza-to indiano, maître nel risto-rante accanto al suo. Consommo sgomento, però, sco-pre che l’appartamento ècompletamente vuoto e il fi-danzato è sparito. Ringo deci-de allora di ritornare al villag-gio natio, dove non mette piùpiede da quando, quindicen-ne, è scappata di casa. Là, ap-partata nella quiete dei monti,matura il suo dolore. Unamattina, osservando il granaiodella casa materna, la ragazzaha un’idea singolare: aprireun ristorante per non più diuna coppia al giorno, con unmenu ad hoc, ritagliato sullafisionomia e i possibili desi-deri dei clienti. Nel giro di qualche mese, il“Lumachino” - così Ringo bat-tezza il locale - apre i batten-ti. La prima cliente è la Con-cubina, la triste amante di unpolitico locale, passato a mi-glior vita diversi anni prima.Sulla tavola, in un tripudio dicolori, odori e bontà senzapari, si alternano piatti gusto-sissimi che attingono alle cu-cine più famose. Grazie alleprelibatezze di Ringo la don-na ritrova la gioia di vivere ela notizia della magia del “Lu-machino” si diffonde in brevein tutto il circondario: “Cuci-nare mi dava una gioia incon-tenibile e le mie cellule erano

un unico vortice di pura esta-si. Ero felice come non mai,perché potevo cucinare pergli altri”. Il successo è così ga-rantito, poiché tutti voglionosedersi alla tavola del risto-rante dell’amore ritrovato egustare le specialità che fan-no bene al cuore.

BRICIOLE DI TEMPOdi Antonio Vincelli

L’Economica - Campobasso€ 12,00

Il tempo è quello che una vol-ta scandiva la giornata delcontadino molisano, “u sanded’a fetìje”, il santo della fatica.Con una ritualità quasi religio-sa, al rintocco della campana,il contadino tre ore prima deltramonto zappa ancora; all’A-vemaria “sta per la via” e un’o-ra dopo il tramonto finalmentearriva a casa. Ma il tempo, nelvolumetto scritto dal Delegatoonorario di Campobasso, An-tonio Vincelli, è anche quelloche ha scandito la vita della

Delegazione, descritta attra-verso le relazioni che l’Acca-demico ha svolto in occasionedi numerose riunioni convi-viali e cene ecumeniche. Enon si tratta di “briciole”, vistigli oltre trent’anni di apparte-nenza all’Accademia, durante iquali Antonio Vincelli si è de-dicato con passione a ricerca-re le radici gastronomiche delMolise e a organizzare conviviche mettessero in risalto la cu-cina del territorio, sempreperò inserita nel contesto del-le tradizioni culturali e artisti-che dei luoghi visitati.

A TAVOLACON GLI ARTUSIdi Luciano e Ricciardo Artusi

Edizioni Polistampa - Firenzewww.polistampa.com€ 18,00

120 anni dopo la pubblicazio-ne della “Scienza in cucina” delloro illustre avo, due discen-denti dell’Artusi, Luciano e Ric-ciardo, pubblicano un manuale

di cucina che non è una riedi-zione di quell’opera, bensì unanuova collezione di ricette ori-ginali. 280 ricette, moderne,non sofisticate e di facile attua-zione, ottenute “provando e ri-provando” e attingendo agliappunti e ai quaderni di cucinadi parenti e amici della fami-glia. Nella seconda parte delvolume, una selezione dellepiù famose ricette originali diPellegrino Artusi.

OLIO & VINOdi Nicola Dante Basile

Dalai editore - Milanowww.bcdeditore.it€ 18,00

“Eccellenze d’Italia prima edopo la crisi” è il sottotitolo diquesta pubblicazione che af-fronta il tema di come è cam-biato il settore del vino e del-l’olio “made in Italy” in segui-to alla congiuntura economicadi questi anni. L’autore, pertrent’anni giornalista del “Sole24 Ore”, durante i quali haraccontato l’Italia che produceed esporta la cucina italiananel mondo, ha percorso il no-stro Paese per scoprire come iconsumatori e le imprese han-no reagito alla crisi. E lo hafatto prima analizzando ilmercato e poi entrando all’in-terno dei sistemi dell’olio edel vino per valutare, ancheattraverso interviste alleaziende “che ci credono”, lostato di salute di questi due ti-pici prodotti della tavola ita-liana, mettendone in luce an-che le prospettive future.

ELENCO DEI DONATORI DELLA BIBLIOTECANAZIONALE “GIUSEPPE DELL’OSSO”

Giovanni Spartà - Delegato di Borgo Val di TaroAntonio Vincelli - Delegato onorario di CampobassoAlfredo Guida editore - Napoli

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

ASTI28 giugno 2011

Ristorante “Santisé” di Mar-zia e Marco Scanavino.�Strada Castelletto 2, SanDesiderio di Calliano (Asti);�347 9763247. �Parcheg-gio incustodito, sufficiente;prenotazione necessaria; fe-rie da definire; giorno dichiusura lunedì. �Valuta-zione 7; prezzo € 40,00; fa-miliare, accogliente, caratte-ristico.

Le vivande servite: calici diAlta Langa rosé con bugie sa-late, salame cotto e crudo,tartellette di insalata russa,crocchette di zucchine, qua-drotti di focaccia alle nocicon gorgonzola, sgonfiottiagli asparagi; terrina di pettod’anatra; sfogliatina di zuc-chine, gorgonzola e mandor-le; agnolotti alle tre carni consugo delle stesse; tagliatelleall’antico comodino di fratta-glie di animali da cortile; co-niglio al forno alla moda diSilvana; faraona alla “belaRosin”; panbiscotto.

I vini in tavola: Alta Langarosa, Giulio Cocchi 2006;Müller Thurgau, Elena Welch2009; Grignolino San Bastia-no, Castello di Uviglie 2010;Monferrato Freisa “La Bernar-dina”, Accornero 2010; Mal-vasia di Castelnuovo DonBosco “Rosetta”, Bava.

Commenti: Gli Accademiciper festeggiate l’estate immi-nente si sono riuniti in un bellocale simpaticamente gestitoda due giovani ed entusiastifratelli, Marzia e Marco Sca-navino. Un improvviso ac-quazzone non ha permessol’aperitivo nel giardino, ma ititolari si sono prodigati permantenere la stessa abbon-danza e la stessa qualità. So-no piaciuti gli antipasti e letagliatelle, mentre ai purbuoni agnolotti mancava unpo’ di sugo. Buoni anche isecondi. Al dolce avrebbegiovato una più abbondantedose di Maraschino. Piacevo-li i vini rossi, ottimi lo spu-

mante e il bianco. Questo lo-cale reca la dicitura “cucinapiemontese contemporanea”ed è molto positivo vedere ipiatti della nostra tradizionereinterpretati con garbo in-novativo, ma attenzione anon farsi prendere la mano.

ASTI25 luglio 2011

Ristorante dell’agriturismo“Cascina Madonna” di An-drea e Daniele Vergano.�Via Alessandria 55, Re-francore (Asti); �014167465, fax 0141 658842;coperti 60. �Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie da definire;giorno di chiusura lunedì,martedì. �Valutazione 8;prezzo € 30,00; elegante,tradizionale, caratteristico(in chiesa sconsacrata).

Le vivande servite: aperiti-vo con cartocci di verdure

fritte, striscioline di pollo frit-to al rosmarino, salame cottoe crudo; spuma di robiolacon crostini agliati; parmigia-na di zucchine; tagliolini alragù di verdure; minestronetiepido; rollata di conigliocon purè ai peperoni; peschein gelatina di Brachetto; cro-statine alle mandorle.

I vini in tavola: ChiarloBlanc de Blanc; Cortese delMonferrato; Barbera delMonferrato; Ruchè di Casta-gnole Monferrato; Birbet.

Commenti: Che bella sco-perta questo agriturismo cheha una prerogativa unica nelsuo genere: la più lunga listad’attesa della provincia diAsti. Ottimo l’aperitivo consalumi di produzione pro-pria, una delicata frittura diverdure, presentate in uncartoccio, e listerelle di pettodi pollo. Dopo una moussedi robiola (peccato che l’ec-

cesso di scorza di limone nealterasse il sapore), unasplendida novità: la parmi-giana di zucchine, ben grati-nata pur lasciando alle zuc-chine la giusta croccantezza.Una gustosa tagliatellata alleverdure precedeva un anoni-mo passato di verdure. Ma-gnifico il coniglio ravvivatodall’originale purè arricchitodal peperone. Fresco e gu-stoso il dolce. Buona la scel-ta dei vini. Sollecito il servi-zio, ottimo il rapporto qua-lità/prezzo, ma eccessivo ilrumore nella sala da pranzo.Data la validità dei fritti, cisiamo dati appuntamento aquest’autunno per gustare ilfritto misto, fiore all’occhiellodel locale.

ASTI12 agosto 2011

Ristorante “Madonna dellaNeve” della famiglia Cirio,

fondato nel 1956. �RegioneMadonna della Neve 2, Ces-sole (Asti); �0144 850402,fax 0144 80265; coperti 100.�Parcheggio incustodito,sufficiente; ferie da definire;giorno di chiusura venerdì.�Valutazione 6,50; prezzo €35,00; tradizionale.

Le vivande servite: fettinedi carne cruda di vitello conrucola e scaglie di parmigia-no; sformato di zucchine consalsa alla robiola Dop di Roc-caverano; agnolotti del “plin”al tovagliolo; tortelloni di for-maggio di capra al burro enocciole; pollo alla cacciatoracon patate arrosto e fagiolinial burro; cremino alle noccio-le; tiramisu al Moscato.

I vini in tavola: Chardon-nay Crevoglio, Borgo Mara-gliano; Dolcetto d’Asti, Eligir;Barbera d’Asti, Torelli; Mo-scato d’Asti, Lajolo.

Commenti: Trasferta nellaLanga astigiana per la classi-ca riunione conviviale dei“disperati di Ferragosto”. Pri-ma di cena la Delegazione siè fermata a Bubbio a visitarel’“Arbiora”, piccolo stabili-mento artigianale dove ven-gono affinati e portati a sta-gionatura i formaggi fatti conil latte a crudo degli ovinidella Langa astigiana. È se-guita una ricca degustazionedei prodotti innaffiata da unbuon vino bianco. A Madon-na della Neve si trova l’omo-nimo ristorante, dove di pos-sono gustare piatti della tra-dizione nel pieno rispetto delterritorio e della stagionalità.Veramente buone le paste ri-piene, in particolare gli agno-lotti al tovagliolo, saporito ilpollo. Dal tiramisu al Mosca-to ci si aspettava un po’ piùdi “zing”. Discreti i vini, velo-ce e premuroso il servizio,nella norma il rapporto qua-lità/prezzo.

CIRIÈ18 giugno 2011

Ristorante dell’albergo “Ca-mussot” di Guido e AntonellaRocci, fondato nel 1870.�Via Capoluogo 21, Balme(Torino); �0123 82837; co-perti 50. �Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferie no-vembre; giorno di chiusuramartedì. �Valutazione 6,60;prezzo € 40,00; tradizionale.

PIEMONTE

INDICE

Piemonte pagina 51Liguria 52Lombardia 53Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia 54Emilia Romagna 55Toscana 56Marche 57Umbria, Lazio 59Abruzzo, Molise 60Campania, Puglia 61Basilicata, Calabria, Sicilia 62Sardegna, Europa 63Nel mondo 64

CARNET DEGLI ACCADEMICI 66DALLE DELEGAZIONI 68

Ai Delegati: imprescindibili ragioni editoriali rendono necessariomantenere i “Commenti” delle riunioni conviviali in uno spazio li-mitato. La direzione della rivista ha provveduto a tagliare i “Com-menti” che superano il limite, indicato (peraltro da sempre) sulleschede prestampate, di dieci righe dattiloscritte. La decisione è statapresa nella convinzione che le ragioni di fondo che l’hanno determi-nata verranno comprese e applicate.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

Le vivande servite: lardocon castagne; vitello tonnato;flan di pomodori e formag-gio di capra; gnocchi di orti-che con burro e salvia; zupparustica d’olaci; braciole dicervo con mirtilli e mele; sot-tofiletto ai ferri con salsa cu-gnà; contorni di stagione;“bunet”.

I vini in tavola: Spumantebrut Erbaluce di Caluso Doc,Caretto; Barbera d’Alba Doc“La Pelisa”, Monchiero Car-bone; Nebbiolo di Dogliani,poderi Luigi Einaudi; CalusoPassito Doc, Caretto.

Commenti: Nella riscopertadei locali storici delle Valli diLanzo la Delegazione si è ri-trovata nell’“Antico AlbergoCamussot”, culla dell’alpini-smo italiano. Spariti gli arredie i fasti di un tempo e ridottea 5 le oltre 100 camere del-l’albergo, rimane un simpati-co ristorante montanaro ge-stito da una giovane coppia,la cui cucina si basa sui pro-dotti del territorio. Ottima latoma servita con l’aperitivo egradevoli gli antipasti. Pur-troppo la qualità della mate-ria prima è stata in partecompromessa da un eccessodi sale nella zuppa rustica diolaci e un eccesso di dolcenelle salse di accompagna-mento alle carni. L’acqua intavola era quella fresca e lim-pida delle sorgenti del Piandella Mussa, da noi visitate inprecedenza.

CUNEO-SALUZZO24 giugno 2011

Ristorante “Bottega dei Vinidella Langhe” dei fratelliMeinero, fondato nel 2003.�Via Dronero 8, Cuneo;�0171 698178; coperti 50.�Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie agosto; giorno di chiu-sura domenica. �Valutazio-ne 8; prezzo € 32,00; fami-liare, accogliente.

Le vivande servite: insalati-na di gallina bianca di Saluz-zo; rotolo di anguilla in agro-dolce; flan di verdure; ravioliai tre arrosti al fondo bruno;coscia di faraona in casseruo-la con purè di patate; torta dimele e albicocche; sorbetto.

I vini in tavola: Dolcetto(Ratti); Arneis (Taliano); Mo-scato (Saracco).

Commenti: Riunione convi-viale per pochi intimi. Pecca-to perché si è stati davveromolto bene. I fratelli Michelee Maurizio Meinero hanno ri-cavato da una bottiglieria an-ni Venti una graziosa e ospi-tale trattoria. Ad accoglieregli Accademici, in sala c’eraMichele, l’esperto dei vini,mentre in cucina il fratelloMaurizio è ora coadiuvato daun giovane cuoco, MatteoPrato, che con grande entu-siasmo ha preparato deliziosipiatti della tradizione. Moltograditi i ravioli per l’ottimorapporto pasta/ripieno. Nonda meno è stata la faraona,molto apprezzata per la suamorbidezza, segno di unacorretta cottura. Buono an-che il servizio nonostantetutti i tavoli fossero al com-pleto.

VERBANOCUSIO-OSSOLA23 giugno 2011

Ristorante “Pizzo del Frate”di Gian Mauro Gaspari.�Via Case Sparse 20, Fop-piano di Crodo (Novara);�0324 61233. �Parcheggiocomodo nella vicinanze; fe-rie novembre; giorno dichiusura martedì dal 16 set-tembre al 14 giugno. �Valu-tazione 7,60; prezzo €

38,00; rustico, di montagna.

Le vivande servite: carnesalata di cervo con ricottinedi Viceno all’erba cipollina;crostone casereccio ai bricoi(spinaci selvatici) e uova; frit-tata all’erba di San Pietro; tor-tino caldo ai porri e formag-gio della Valle Antigorio; ra-violi di borragine; cosciottodi agnello nostrano cotto nelfieno di maggio; semifreddoal pane nero con pera cara-mellata.

I vini in tavola: Barberadella casa Doc 2009; Dolcet-to d’Alba Guasti 2008; Dol-cetto Cordero di Montezemo-lo 2008.

Commenti: A fine primave-ra le montagne della zona of-frono le migliori e più sapo-rose erbe che, sapientementeabbinate, hanno costituito iltema della serata. Il DelegatoPier Carlo Lincio ha riferito irisultati dell’Assemblea svol-tasi a Roma; successivamentel’Accademico Tringali, fineintenditore di prodotti enolo-

gici, ha tenuto una breve maben circostanziata relazionesul tema “Il Dolcetto”, unodei due vini previsti dal me-nu. Lo chef Gian Mauro, an-cora una volta, ha saputo di-mostrare la sua professiona-lità e abilità nell’abbinamentodelle erbe di montagna aiclassici prodotti locali, conprofondo rispetto della cuci-na del territorio. Decisamen-te molto apprezzati sono statigli antipasti, i ravioli di borra-gine e il dessert, mentre mi-nor successo, pur se grade-vole, ha incontrato il cosciot-to di agnello cotto nel fienodi maggio. Un caloroso ap-plauso ha infine accolto GianMauro.

ALBENGA E DEL PONENTE LIGURE

18 giugno 2011

Ristorante “La Vigna” di PioTuveri, fondato nel 1957.�Via Lepanto frazione Solva1, Alassio (Savona); �0182644744, anche fax; coperti120. �Parcheggio incustodi-to, sufficiente; prenotazionenecessaria; ferie febbraio;giorno di chiusura lunedì.�Valutazione 8; prezzo €

50,00; tradizionale, acco-gliente.

Le vivande servite: pinzi-monio di verdure freschedell’orto con olio extravergi-ne di oliva taggiasca e salse;panissa fritta; baccalà in duecotture, ossia mantecato allaligure (“brandacujun”) e frittoin pastella; mezze maniche dipasta fresca con calamari easparagi violetti di Albenga;spigola al forno con patate,olive, pinoli, timo e basilico;“la ventre”; mattone al cioc-colato.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene Doc (cantinaCol Vetoraz); Riviera ligure diPonente Pigato Doc 2009 eRossese Doc 2009 (aziendaagricola Bio Vio, di AimoneVio, Bastia d’Albenga); Can-nonau di Sardegna Doc 2007(Argiolas, Serdiana).

Commenti: Onorati dallapresenza del Segretario gene-rale Paolo Petroni e della suagentile consorte, e di PaoloLingua, Coordinatore per la Li-guria, gli Accademici e il loroDelegato hanno organizzatola riunione conviviale in cui èstata registrata, con atto del-l’Accademico notaio Ricci, laricetta tradizionale della “ven-tre”, stomaco del tonno salatoed essiccato, cotto in casse-ruola con gli aromi liguri, van-to della storia di Moglio e dialtri paesi limitrofi. I piatti pre-sentati hanno riscosso tutti unbuon successo e la “ventre” hariportato alla memoria le sta-gioni di pesca del tonno inSardegna alle quali partecipa-vano i pescatori alassini sinoagli anni Cinquanta del secoloscorso. Ben scelte per qualitàe freschezza le materie primeimpiegate nelle preparazioni.Accoglienza cordiale e dispo-nibilità massima hanno fattotrascorrere a tutti una piacevo-le serata. Il past Delegato Sil-vio Torre e il neo DelegatoRoberto Pirino hanno raccon-tato la storia della “ventre” cheè stata preparata magistral-mente, e le parole di elogio diPaolo Lingua e di Paolo Petro-ni hanno concluso la serata.

ALBENGA E DEL PONENTE LIGURE

18 luglio 2011

Ristorante “Essaouira” di Al-berto Pagliero, fondato nel2006. �Via MichelangeloBuonarroti, Albenga (Savo-na); �0182 555547, anchefax; coperti 50+20. �Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie variabili in no-vembre; giorno di chiusuralunedì. �Valutazione 7,20;prezzo € 50,00; elegante,caratteristico.

Le vivande servite: capponmagro; ravioli di borraginecon scampi di Oneglia; bran-zino di lenza al forno in crostadi sale; bavarese alle fragole.

I vini in tavola: Franciacor-ta Docg brut Francesco I; ex-tra brut Francesco I; brut roséFrancesco I; Saten Magnifi-centia 2006 (cantine Uberti,Erbusco, Brescia).

Commenti: La riunione con-viviale estiva che ha riunitogli Accademici albenganesi egli amici di altre Delegazioni

in vacanza in Riviera, è statal’occasione per un gradito ri-torno in un bel locale consplendida vista sull’isola Gal-linara, già visitato lo scorsoanno. Il menu, concepito dalSimposiarca Roberto Pirino,ha presentato classici piattidella cucina ligure di mare,che hanno riscosso un buonsuccesso. Molto apprezzati ilcappon magro e i ravioli, benabbinati agli scampi di One-glia. Buoni i vini; servizio unpoco lento. Nel complessouna bella serata in un localecon una cucina che merita diessere apprezzata per l’impe-gno e la qualità della materiaprima e non ultimo per il ri-spetto della tradizione ga-stronomica locale.

GENOVA GENOVA EST

6 luglio 2011

Ristorante “Teresa”, fondatonel 1968. �Piazza Lido 5-6r,Genova-Pegli (Genova);�010 6973774, fax 0106871084; coperti 50. �Par-cheggio incustodito, scomo-do; prenotazione consiglia-bile; ferie mai; giorno dichiusura domenica sera elunedì a pranzo. �Valuta-zione 7,50; prezzo € 55,00;tradizionale, accogliente.

Le vivande servite: “fri-sceu” di baccala; mezzelunedi ricotta, pomodori pachino,alici e capperi di Pantelleria;paccheri con ragù di gallinel-la; pescato panato agli agru-mi con scarola, olive taggia-sche e caramello all’arancia;semifreddo all’amaretto consorbetto alla pesca.

I vini in tavola: ProseccoValdobbiadene Nino Franco;Pigato Doc Riviera ligure diPonente “Durin”; Passito diPuglia “In Nomine Patris” deifratelli Pastore (particolar-mente apprezzato).

Commenti: Le due Delega-zioni di Genova, insieme alCoordinatore territoriale Pao-lo Lingua e a numerosi ospiti,si sono ritrovate per festeg-giare l’arrivo dell’estate e l’i-nizio delle vacanze, nellospirito di stringere maggior-mente i legami di conoscen-za e amicizia tra gli Accade-mici territorialmente più vici-ni: l’intenzione è quella di ri-petere questa riuscita espe-rienza. Per l’occasione è stato

LIGURIA

PIEMONTE segue

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 231 • PAG INA 53

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

scelto un locale famoso per ipiatti a base di pesce, semprefreschissimo per la strettacollaborazione con i pescato-ri delle vicinanze. Si tratta diuna struttura a conduzionefamiliare che sta cercandoprogressivamente di cresce-re, rimanendo fedele alla tra-dizionale cucina ligure, manello stesso tempo con unfantasioso sforzo per affran-carsene. Il menu ha trovatoun concorde riscontro positi-vo proprio con riferimentoad alcune innovazioni: unplauso generale è stato riser-vato al secondo con il cara-mello all’arancia. Servizio ef-ficiente; rapporto tra offerta eprezzo forse un po’ da rive-dere, ma la pasta artigianalee la simpatia del gruppo fa-miliare, composto da perso-ne abbastanza giovani, han-no convinto e contribuito alsuccesso della serata.

GENOVA EST12 luglio 2011

Ristorante “La Cucina diNonna Nina” di Paolo Dal-pian, fondato nel 1987.�Viale Franco Molfino 126,Camogli (Genova); �0185773835, anche fax; coperti40. �Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie 10-30 novembre e 10-20gennaio; giorno di chiusuramercoledì. �Valutazione 8;prezzo € 40,00; tradizionale.

Le vivande servite: antipa-sto “Nonna Nina” con pesceal vapore e salsa cappon ma-gro; taglierini verdi con zuc-chini e sugo di pesce cappo-ne; totano alla ligure; lattugheripiene; torta di cioccolato;torta di mandorle.

I vini in tavola: VermentinoDaniele Parma 2009.

Commenti: A pochi metridalla chiesa di San Rocco diCamogli, sul passo della Ru-ta, nel magnifico verde delpromontorio di Portofino,Paolo Dalpian, titolare diquesto ristorante che ha fe-steggiato il venticinquesimoanno di fondazione, dedicamolta cura alla ricerca degliingredienti adatti alle pietan-ze delle varie stagioni, perproporre il meglio di ciò chela natura può offrire. Moltoapprezzati i taglierini verdicon zucchini e il delizioso su-go di pesce cappone, così

come il pesce al vapore consalsa di cappon magro. Glisquisiti dolci, infine, hannocoronato il convivio e susci-tato l’encomio attribuito aicuochi per l’ottima cena.

ALTO MANTOVANOGARDA BRESCIANO

20 luglio 2011

Ristorante “La Dispensa” diMichele Bontempi, fondatonel 2002. �Piazza Municipio10, San Felice del Benaco(Brescia); �0365 557023;coperti 40. �Parcheggio in-custodito, scomodo; prenota-zione consigliabile. �Valuta-zione 8; prezzo € 65,00; ac-cogliente.

Le vivande servite: tartarinadi scampi, gamberi rossi cottie crudi con lime e zenzero,crostone di Altamura e cremo-so di bufala; pacchero di Gra-gnano ai crostacei di Sicilia,cotto al dente, gusto ricco; ric-ciola di amo; caponata espres-sa; “opera” (strati di moussefondente, caffè Haiti e pan diSpagna alle mandorle).

I vini in tavola: Sauvignondi Adriano Gigante; Vermen-tino di Tani.

Commenti: Originale l’anti-pasto di pesce servito su ungrissino piatto, anche se unpo’ scomodo per la degusta-zione, e accompagnato da unsuperbo bouvet. Ricco diprofumi e di sapori pronun-ciati il primo piatto di pac-cheri, mentre la seconda por-tata si è distinta per una om-brina saporita e compatta, ilcui fresco gusto non è statosovrastato da altri invadentiaromi o salse. Pure eccellen-te è risultato il dolce, prepa-rato con armonia di gusti efreschezza di pan di Spagna.

LARIANA16 luglio 2011

Ristorante “Crotto dei Plata-ni”, fondato nel 1853. �ViaRegina 73, Brienno (Como);

�031 814038. �Parcheggioincustodito, insufficiente; pre-notazione consigliabile; feriein inverno; giorno di chiusu-ra nessuno. �Valutazione6,50; prezzo € 55,00; caratte-ristico.

Le vivande servite: aperiti-vo con tartine di benvenuto;antipasto misto di pesci delLario; risotto con bottarga dilavarello; filetto di salmerinopadellato con salsa all’aneto;patate e verdure di stagione;semifreddo.

I vini in tavola: SpumanteCà della Signora brut; Char-donnay Morosa 2007; SanColombano rosso di Valbis-sera.

Commenti: Il locale è riccodi attrattive: splendida posi-zione sul lago con pontile ri-servato; panorama superbo;antica tradizione. Purtroppola cucina è appena sufficien-te, benché il menu propostoprevedesse esclusivamentepiatti della semplice e conso-lidata tradizione lariana. Viniappena accettabili. Da ripro-vare, sperando in un auspi-cabile miglioramento.

LECCO2 luglio 2011

Ristorante “Al Porticciolo 84”di Bruno e Daria Ferrari,fondato nel 1985. �Via Val-secchi 5, Lecco; �0341489103, fax 0341 258438;coperti 25. �Parcheggio suf-ficiente; prenotazione neces-saria; ferie 1-10 gennaio,agosto; chiusura lunedì,martedì e mezzogiorno.�Valutazione 8,30; prezzo €85,00; elegante.

Le vivande servite: grissinidi farina nera, nasello marina-to, spezie; trancetti di muggi-ne affumicato, patate, rosma-rino, ananas e petali di rosa;bocconcini di pescatrice frit-ta, asparagi, siero di yogurt ecorallo di capasanta essicca-to; riso aromatico al forno ininsalata di cardo rosso, pio-vra, serra, capesante, gambe-retti rosa di Imperia; code digambero bulgour cotto nelmiso, nocciole, emulsione dicrescione d’acqua; filetti dipesce sciabola, melanzane alcarbone, crema di sesamo,ibisco; sorbetto all’ananas epepe di Sechuan; pastieraestiva con banane e caffè.

I vini in tavola: Chiaretto delGarda classico Doc 2009 (Gio-vanni Avanzi); Verdicchio deiCastelli di Jesi Doc 2008 (SanMichele-Bonci); Yrnm 2009(aziende Miceli); Ucelut IgtFriuli-Venezia Giulia 2010(cantina Emilio Bulfon).

Commenti: È sempre ungrande piacere sedersi ai ta-voli di questo affermato risto-rante appena sopra Lecco, incui regnano in cucina Fabri-zio Ferrari, figlio d’arte, e laraffinata Anna in sala. È statauna serata di alta cucina, pro-piziata dalla grande abilitàdel giovane chef di riunire gliinsegnamenti e l’esperienzadi papà Bruno e la ricerca fa-ticosa e scrupolosa delle ma-terie prime, con una grandepassione, lo studio e la ricer-ca del loro migliore abbina-mento. Aiutato in questo an-che dalla frequentazione del-le cucine del “Noma” di Co-penaghen. Per l’occasione lochef ha proposto otto nuovipiatti ai quali gli Accademicihanno risposto tutti con dellealte valutazioni, nonostantele ricette non avessero nullaa che fare con la tradizionedella cucina italiana se nonper l’eccezionale qualità delpesce. Nota finale per il per-fetto abbinamento cibi-vini,anch’essi di grande qualità.

MILANO DUOMO6 luglio 2011

Ristorante “La Maniera diCarlo” di Francesco Germa-ni, fondato nel 2009. �ViaPier Fortunato Calvi 2, Mila-no; �02 76024261, fax 0276317098; coperti 35. �Par-cheggio custodito; prenota-zione necessaria; ferie ago-sto; giorno di chiusura saba-to a mezzogiorno e domeni-ca. �Valutazione 7,50; prez-zo € 60,00; elegante.

Le vivande servite: arrostici-no di tacchinella con ripienodi paté di fegatini e cipollerosse (7,90); gnocchetti rosacon crema di basilico, burra-ta, composta di cipolle rama-te di Montoro e di mele an-nurche (6,70); battuto al col-tello di fassona piemontese intre versioni (7,80); semifred-do al lime con pan di Spagnaalla menta ed eucalipto e cre-ma di limoncello (7,40).

I vini in tavola: Prosecco diConegliano “San Giuseppe”;

Capriano del Colle Rubinera(azienda agricola Tenuta laVigna).

Commenti: Nicola Barbera,Simposiarca dell’ultima riu-nione conviviale prima dellavacanze estive, ha presentatoil locale, aperto da circa dueanni, che ha già conquistatouna buona reputazione. Ègestito da persone molto gio-vani, come lo chef LorenzoSanti di soli 26 anni, appas-sionato del suo lavoro, pas-sione che si traduce nella cu-ra con cui esegue le prepara-zioni e nella presentazionedei piatti. Molto accurata lascelta di fornitori, piccoli madi eccellenza. Pane, grissini,paste, dolci e pasticceria fattiin casa. Il Simposiarca ha poiillustrato in dettaglio la com-posizione della varie portate.

PAVIA23 giugno 2011

Ristorante “L’Ostiere” di Me-riggiare srl, fondato nel2008. �Via Villani 197, Zi-nasco Vecchia (Pavia);�0382 186132; coperti 50.�Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie agosto; apertosabato sera, domenica apranzo e a cena, gli altrigiorni solo a pranzo su pre-notazione. �Valutazione7,60; prezzo € 30,00; acco-gliente, caratteristico.

Le vivande servite: prugneimporchettate e altro; raviolidi farina macinata a pietra, ti-rati a mano, ripieni di carni,verdure, erbe e cacio; testa-roli; baccalà con uva e pinu-glieri; bianco mangiare.

I vini in tavola: Bonarda ePinot grigio cantine Faravelli,S. Maria della Versa.

Commenti: Riunione convi-viale in una simpatica tavernad’ispirazione medievale, si-tuata in una cascina sulla stra-da principale del paese. Nellanorma l’antipasto, con affetta-ti. Eccellenti i testaroli al pe-sto serviti in un biovino di pa-ne scavato e molto apprezzatii ravioli, dalla pasta di giustospessore e consistenza. Il pe-sce è stato abbinato a uvettapassa e pinoli, che piacevol-mente contrastavano l’amaro-gnolo della trevigiana saltata.Il bianco mangiare era, inrealtà, un sorbetto di mela

LOMBARDIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

verde e panna, gradevole.Corretti i vini. Da segnalarel’eccellente rapporto qua-lità/prezzo e il pranzo di la-voro a mezzogiorno a costocontenuto. Nb: i biovini deitestaroli non vengono gettati,ma utilizzati per nutrire glianimali della cascina.

VOGHERA-OLTREPÒPAVESE

1 luglio 2011

Ristorante “Da Lina” diGiorgio Falco & C., fondatonel 2011. �Via Arcipretura19, San Guadenzio di Cerve-sina (Pavia); �0383 75773;coperti 140+40. �Parcheggiocomodo; prenotazione nonobbligatoria; ferie da defini-re; giorno di chiusura lu-nedì. �Valutazione 7,40;prezzo € 35,00; rustico.

Le vivande servite: insalatadi baccalà, pomodori canditi,olive taggiasche al profumo diorigano fresco; sformato dizucchine novelle in salsa gaz-pacho; risotto con asparagi,fiori di zucchine e pistilli dizafferano; gnocchetti di pata-te con verdure estive, pestocorto e scaglie di pecorino;controfiletto di manzo in salsadel suo ristretto con contornidi stagione; sfoglia di peschecon gelato all’amaretto.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene (azienda agri-cola Astoria); Müller Thurgau(azienda agricola Montelio);Buttafuoco (azienda agricolaBruno Verdi); Moscato dorato(azienda agricola Travaglino).

Commenti: Un buon piattoè una gioia per gli occhi, peril palato e per lo spirito. Unabuona musica è una gioia perl’udito e per lo spirito: e allo-ra “Il cibo è musica”. Questoè stato il motore che ha datovita a una bella riunione con-viviale per chiudere la stagio-ne in vista delle vacanze esti-ve. L’orchestra da camera“Beaumont” ha scandito itempi delle portate nel frescodel giardino. Serata magistral-mente condotta dal Simpo-siarca Elio Raimondi, espertomusicofilo ed esperto gour-met che, insieme alla chef si-gnora Gabriella, ha elaboratoun menu estivo, ben equili-brato, fresco e leggero nono-stante il numero importantedelle vivande tutte ben cuci-nate e servite in modo perfet-

to. Alla fine lunghi applausi aimusicisti e alla brigata di cu-cina. I nuovi gestori di questatrattoria (da sempre presentesul territorio), Rosy e GiorgioFalco, sono ben conosciutidagli Accademici vogheresiche hanno già avuto modo diapprezzarli in varie occasioninei locali dove hanno opera-to precedentemente. Augu-riamo loro tutto il successoche meritano.

MERANO26 luglio 2011

Ristorante “Jager” della fa-miglia Öttl, fondato nel1993. �Via Apollonia 5, Sir-miano/Nalles (Bolzano);�0471 678605, anche fax;coperti 280. �Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura nes-suno. �Valutazione 7,80;prezzo € 55,00; tradiziona-le, familiare.

Le vivande servite: piatto diaffettati misti; ravioli di patatefatti in casa con ripieno difinferli; sella di cervo conpurè al rosmarino e verduredi stagione; Knoedel di albi-cocche; fragole e lamponi.

I vini in tavola: Spumantebrut (Haderburg); Pinot bian-co Doc “Sirmian” e Pinot neroDoc “Mazzon” (Nalles Magré).

Commenti: Per l’ultima riu-nione conviviale prima della

pausa estiva il Delegato haproposto un tipico Gasthauscon annesso splendido giar-dino, con meli e peri a fareombra al prato curato. Tuttoil menu è stato semplice mabuono, con ingredienti colti-vati o allevati personalmentedalla famiglia Öttl. In partico-lare, la sella di cervo dellapropria piccola riserva ha su-scitato grande entusiasmo fragli Accademici, per la carnecotta alla perfezione e la gu-stosa salsa al vino. Da notareche tradizionalmente questopiatto viene servito con il ca-volo rosso, ma essendo que-sto un ortaggio invernale èstato sostituito con la croc-cante verdura dell’orto dietrocasa, segno di attenzione del-lo chef alla stagionalità. Ec-cellente anche il primo piat-to, generosamente condito, eottimi i Knoedel di albicoc-che, fragranti, e con una ver-sione più leggera del pan-grattato, qui non passato nelburro. Il Delegato ha tenutoinfine una interessante con-ferenza su quest’ultimo piat-to con notizie storiche eaneddoti divertenti. Fragole elamponi hanno concluso lariuscita serata accademica.

GORIZIA31 agosto 2011

Trattoria “Al Ponte del Cal-vario da Mirko 1956” di Mi-rija Graunar, fondata nel1956. �Via Vallone della Ac-que 2, Groina (Gorizia);

�0481 534428, fax 0481535392; coperti 100. �Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione non ne-cessaria; ferie da definire;giorno di chiusura lunedì emartedì sera. �Valutazione7,50; prezzo € 35,00; fami-liare, rustico.

Le vivande servite: salvia inpastella fritta; bruschettinecon pomodoro fresco; pro-sciutto crudo al coltello e fi-chi; gnocchi di susine;ljubjanska ai ferri; sorbetto al-bicocca e pesca.

I vini in tavola: Spumante“Il Grigio” (azienda EugenioCollavini di Corno di Rosaz-zo); Cabernet Franc e Pinotgrigio (ambedue dell’aziendaGraunar di San Floriano delCollio).

Commenti: Tra i frutti checaratterizzano la fine del pe-riodo estivo figurano le susi-ne, che nel Goriziano costi-tuiscono anche l’ingredientedi diverse ricette tradizionali,tra cui gli gnocchi. Quindinulla di meglio che gustarlipresso una vecchia trattoriaappena fuori città, nel frescodel porticato. La cucina nonha deluso le aspettative. Glignocchi, eseguiti secondotradizione, quindi conditicon burro fuso, cannella ezucchero, sono stati apprez-zati in particolare da chi èriuscito a gustarli appenascolati. Semplici e gustose lasalvia fritta e la bruschettinaal pomodoro; non banale laljubjanska ai ferri, data la sta-gione estiva, anziché tradi-zionalmente fritta. Serata riu-scita, che ha permesso ai socie ai loro ospiti di ritrovarsipiacevolmente assieme dopole ferie, presso un locale chedeve la sua fama, vista la col-locazione lungo un corso

d’acqua, anche a piatti parti-colari, come quelli a base digamberi, oltre a quelli di im-pronta slovena.

TRIESTE14 luglio 2011

Ristorante “Carso” di LucaBarberis, fondato nel 1835.�Località Zolla 1, Monrupi-no (Trieste); �040 327113;coperti 130, in giardino 150.�Parcheggio comodo; preno-tazione consigliabile; ferie10-20 febbraio; giorno dichiusura mercoledì. �Valu-tazione 7,75; prezzo €

35,00; familiare.

Le vivande servite: croc-cantini di polenta gialla dimais fritta; degustazione diformaggio “jamar” e macina-to al pepe dell’azienda Zida-rich su marmellata di cipollerosse, ricottina al fior di latteprofumata al miele di casta-gno del Carso e noci tostate,cestino di grana con cuore dipatate e borragine dei boschilocali; bocconcini di crespel-la al basilico gratinata al for-no; carbonara ai fiori di zuc-ca padellata con “bleki” fattiin casa; coscia di pollo disos-sata e grigliata al profumo dirosmarino e salvia; “kipfel”salati; gnocco dolce di albi-cocche, zucchero e cannella;pane tipico carsolino e panedella rivoluzione francese.

I vini in tavola: ProseccoHumar (San Floriano del Col-lio); Vitovska Bole (Piscian-zi); Cabernet Humar (SanFloriano del Collio); Terranodella casa.

Commenti: La riunione con-viviale è stata allietata dallapresenza di un folto numerodi Accademici e ospiti ai qua-li il Delegato ha rivolto uncaloroso saluto. Paolo Penso,Simposiarca della serata conElisabetta Rizzi, ha racconta-to la storia del locale in cui sisono susseguite cinque gene-razioni della stessa famiglia,portando avanti la tradizionegastronomica carsolina, arric-chita da sapori sempre nuovima rigorosamente tipici delterritorio. Inoltre, menzio-nando la data del 14 luglio,ha ricordato la presa dellaBastiglia, l’insurrezione po-polare parigina al grido di“Pain pour tous” e l’iniziodella rivoluzione francese dacui prese l’avvio la rivoluzio-

FRIULI - VENEZIA GIULIA

TRENTINO - ALTO ADIGE

LOMBARDIA segue

CALIBRARE I COMMENTI

Nelle schede delle riunioni conviviali, i commenti superanospesso le 10 righe richieste. Ricordiamo che l’argomento dellascheda deve riguardare prevalentemente la parte gastronomi-ca della riunione, senza dilungarsi, per esempio, sul panora-ma o sull’elenco degli ospiti, che potranno essere inclusi, even-tualmente, all’interno dell’approfondimento dell’evento da in-serire nella rubrica “Dalle Delegazioni”.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

ne della cucina. Ecco spiega-to il motivo della presenza intavola del pane della rivolu-zione francese. Gradevoleserata conviviale nella qualeil piacere di ritrovarsi ha con-tribuito a far apprezzare ipiatti e i vini proposti.

CERVIA17 giugno 2011

Ristorante “I Venini” del“Palace Hotel” di AntonioBatani, fondato nel 2005.�Viale 2 Giugno, 60, MilanoMarittima (Ravenna);�0544 993618, fax 0544995301; coperti 400. �Par-cheggio custodito, sufficien-te; prenotazione consigliabi-le; ferie novembre e gennaio.�Valutazione 8,80; prezzo €95,00; raffinato, accogliente.

Le vivande servite: saporedel pesce freddo cotto e cru-do (crudo di gamberi rossi diPorto Santo Spirito con ma-grò di fave, canocchie nostra-ne bollite all’aceto con olio diBrisighella, calamaretti al va-pore con panzanella di panealla mentuccia, ricciola smi-nuzzata con mango e agru-mi); ricci di seppia saltati inpadella serviti con gelato aipiselli; capasanta alla planciacon scaglie di parmigianoreggiano e sfere di aceto bal-samico; capellini d’angelocotti in vongole, porri e scor-za di cedro di Sorrento; filet-to di rombo in padella agliasparagi verdi; spiedo di pol-po arrostito con rosmarino esale grezzo delle nostre sali-ne; fritto di seppioline croc-canti servito con composta dipomodoro e maggiorana;tortino di bavarese al ciocco-lato bianco con lime, ciliegiee riduzione di Porto rosso.

I vini in tavola: DiapenteDoc 2009 (Fattoria dei Gessi -Cesena); Barleit Moscato gial-lo Doc 2008 (Erzeugerabful-lung Erste & Neue Kellerei).

Commenti: Il buffet degliaperitivi, servito a bordo pi-scina, ha dato inizio alla sera-

ta. Particolarmente apprezza-ti gli antipasti a base anche dicrudité, i ricci di seppia salta-ti in padella serviti con gelatoai piselli, i delicati capellinid’angelo con vongole, porrie scorza di cedro di Sorrento,il tutto sapientemente prepa-rato dallo chef Roberto Scar-pelli; i vini, hanno trovato ri-scontri positivi. Le brigate disala e di cucina hanno svoltoun lavoro di squadra ottimaleottemperando appieno ai lo-ro ruoli. Al termine della se-rata, il Delegato ha convoca-to il direttore del locale sig.Alessandro Orzes al quale,oltre a consegnare il piattod’argento dell’Accademia, harivolto i complimenti per lariuscita della cena, sottoli-neando, a giusto merito, laqualità nelle pietanze e labuona organizzazione.

FAENZA29 giugno 2011

Ristorante “Cantina Manfre-di” gestione dal 2011. �Vico-lo Diavoletto 1/A, Faenza(Ravenna); �0546 680916;coperti 35+30. �Parcheggioassente perché zona pedona-le, però è vicino, comodo eincustodito; prenotazioneconsigliabile; giorno di chiu-sura domenica. �Valutazio-ne 6,90; prezzo € 35,00; ele-gante, accogliente.

Le vivande servite: salmo-ne stagionato nel sale di Cer-via con palline di melone alVin santo; tortino di canoc-chie su insalata di spinaci; in-salata di calamaretti all’acquadi pomodoro leggermentepiccante; spaghetti alla chi-tarra con sgusciata di pava-razze, cozze selvagge e po-modori al basilico; filetti ditonnetto dell’Adriatico al te-game con gamberi nostranial vino bianco e sale grosso;sfogliatina con panna al ma-scarpone ai frutti di bosco.

I vini in tavola: Pignolettovivace (Vallona); Clemente I(azienda Ottaviani); Sauvi-gnon (azienda Angoris); Mo-scato d’Asti (poderi Einaudi).

Commenti: Ultima riunioneconviviale prima delle vacan-ze estive per gli Accademicifaentini, i quali, per l’occasio-ne, hanno scelto di cenare di-rettamente nella meravigliosapiazza cittadina, in uno spa-zio della quale, in estate, il ri-

storante “Cantina Manfredi”allestisce eleganti tavoli. Ilmenu, a base di pescato dellavicina costa adriatica, ha al-ternato alti e bassi, con parti-colare menzione per l’ottimoe delicato tortino di canoc-chie e spinaci e per i teneri esaporiti calamaretti. Qualcheindecisione di cucina suglispaghetti alla chitarra, sultonno cotto troppo a lungo esul dessert, un po’ troppo pe-sante considerata la stagione.Vini in abbinamento adeguatie molto apprezzati. Servizioprofessionale e attento. Prez-zo molto contenuto in rap-porto a quanto proposto dacucina e cantina.

FORLÌ14 luglio 2011

Ristorante “Trattoria Bolo-gnesi dei Vecchi Sapori” diMeg srl, fondato nel 2009.�Via Matteotti 34, Castroca-ro Terme (Forlì-Cesena);�0543 767471, fax 0543766625; coperti 60+50.�Parcheggio comodo, riser-vato; prenotazione consi-gliabile; giorno di chiusuralunedì. �Valutazione 8,60;prezzo € 50,00; cucina delterritorio rivisitata.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto; vellutata diasparagi verdi con spiedinodi sogliole e spinaci croccan-ti; risotto cozze e vongole eorigano fresco; “curzul” all’a-matriciana; rosette di agnellotartufate; gratin di patate eanelli di cipolla dorati; cassa-ta con cialda alle mandorle ebriciole di amaretto.

I vini in tavola: Valle d’Ao-sta Petit Arvine 2009 (aziendaLes Cretes); Calisto Sangiove-se di Romagna 2007 (aziendaBerti); Moscato d’Asti 2010(azienda Saracco).

Commenti: La serata è an-data al di là di ogni più roseaaspettativa: il nome di Gian-franco Bolognesi è sempreun’assoluta garanzia di qua-lità e professionalità. Tutti ipiatti sono stati perfetti, servi-ti con abbondanza, e i vinierano ottimi e ben abbinati.Impossibile fare una gradua-toria, ma il risotto, cotto allaperfezione e con un partico-lare sapore estivo, e i “cur-zul”, una pasta tirata a manocon solo acqua e farina, era-no veramente splendidi. Alla

fine della cena GianfrancoBolognesi, dopo avere rice-vuto i meritati applausi di Ac-cademici e ospiti, ha piace-volmente parlato del suo ri-torno alla “casa madre”, dadove ha iniziato una inegua-gliabile carriera. Il DelegatoEdgardo Zagnoli gli ha con-segnato una copia con dedi-ca del bel volume “Bianchi &neri” realizzato dall’Accade-mico di Ravenna FrancoChiarini, dedicato ai protago-nisti della gastronomia roma-gnola dagli anni Sessanta aglianni Ottanta. Ottimo il servi-zio e adeguato il prezzo.

PARMA TERRE ALTE28 luglio 2011

Ristorante “La Ghiandaia” diMario Dinolfo, fondato nel1993. �Località Berzola, Lan-ghirano (Parma); �0521861059; coperti 50+200.�Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie 15 giorniin gennaio; giorno di chiu-sura lunedì. �Valutazione7,50; prezzo € 65,00; cuci-na di pesce, creativa.

Le vivande servite: aperiti-vo con salvia, fiori di zucca espaghetti fritti; magie di sep-pioline con nastri di zucchinetrombetta e pomodorini con-fit; paccheri di Gragnano alragù di granchio; margheritadi branzino ai profumi medi-terranei (omaggio all’Unitàd’Italia); semifreddo di cremacon fantasia di frutta.

I vini in tavola: “Crudoo”Spumante (Giorgi, CannetoPavese); “Toh” Friuliano diLenardo (Gonars, Udine).

Commenti: Piacevole seratain un ristorante di mare pre-sente da circa vent’anni aLanghirano, capitale del pro-sciutto di Parma. Cucina diindiscutibile qualità, basatasu ottima materia prima trat-tata con garbo e fantasia dal-la chef Sara Chiastra. Origina-le e gradito il piatto dedicatoal 150° dell’Unità d’Italia: unasorta di pizza margherita sul-la base di un carpaccio dibranzino appena cotto nelpiatto. Locale elegante, servi-zio essenziale. Prezzo ade-guato alla qualità della cuci-na e all’amenità dei luoghi.Al termine, scambio d’auguridi buone ferie e le anticipa-zioni sulle attività autunnali.

RICCIONECATTOLICA

20 luglio 2011

Ristorante “Paradise” di Lu-ca e Fabio Ridolfi, fondatonel 2004. �Via dei Gigli 11,Misano Adriatico (Rimini);�0541 615726, fax 072164561; coperti 45. �Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; ferieda novembre a gennaio;giorno di chiusura martedì(tranne in estate). �Valuta-zione 8,50; prezzo € 45,00;accogliente.

Le vivande servite: calama-ro alla piastra e le sue verdu-rine; calamarata di Gragnanocon tonno fresco, capperi ecipolla rossa; braciola di ric-ciola cotta alla griglia alla dia-vola; sfogliatella di fichi ecrema di panna.

I vini in tavola: Albanella“Roncaglia” Doc, Colli pesa-resi 2010 (Fattoria Mancini,Pesaro, PU); Pecorino “Don-na Orgilla” Doc, Offida 2010(azienda agricola Fioraro,Cossignano, AP).

Commenti: I fratelli Fabio eLuca Ridolfi dal 2004 hannotrasferito nel ristorante, postosulla spiaggia al confine suddi Misano Adriatico, la lorolunga esperienza maturata aPesaro. Offrono un’ottimacucina a base di pesce e dicarne che si basa su materieprime esclusivamente fre-sche, elaborate con amore esemplicità in modo da esal-tarne le caratteristiche. GliAccademici hanno apprezza-to molto tutti i piatti propostie ciò ha reso veramente pia-cevole la riunione svoltasi inun ambiente arioso, sobrio eaccogliente.

SALSOMAGGIORETERME

5 agosto 2011

Ristorante “Pommeri” di Ger-mano Nasi, fondato nel2006. �Strada Grotta 4, Pel-legrino Parmense (Parma);�0524 64150; coperti 150.�Parcheggio incustodito, suf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; ferie 15 giorni a gen-naio; giorno di chiusura lu-nedì. �Valutazione 7; prezzo€ 25,00; tradizionale.

Le vivande servite: tortinodi zucchine novelle e spalla

EMILIA ROMAGNA

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 231 • PAG INA 56

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

cotta con crema di carote; la-sagnette al forno con verdu-rine dell’orto personale; tour-nedos con crostino dorato epiccola sorpresa di parmigia-no; delizia ghiacciata al limo-ne con foglie di menta.

I vini in tavola: ProseccoValdobbiadene extra dry(cantina Terre Filari); RossoFermo Lagrein 2009 (cantinaNals Margreid); Mal Passitodel Castellaro 2007 (cantinaazienda agricola Palazzo).

Commenti: La Delegazioneha visitato questo interessanteristorante collinare, posto apochi passi dai green delle 18buche del campo da golf diSalsomaggiore Terme. La suacucina presenta piatti del ter-ritorio con equilibrati spuntid’innovazione e proposte dipiù allargato respiro ma sem-pre legate alla stagionalità ealla località dei prodotti. Gra-zie all’attenta regia del gestoreGermano Nasi, gli Accademi-ci hanno potuto assaporareun menu di composta legge-rezza in linea con le tempera-ture estive che, senza dimen-ticare gusto e tradizione, hainteso costituire anche il pro-pileo di una prima ricerca dipiatti dell’estate da proporrenei periodi più caldi. Bene iltortino di zucchine novelle espalla cotta con crema di caro-te e le lasagnette al forno converdurine del vicino orto, ser-viti nel giusto equilibrio di tie-pidezza e sapore. Tenerissimoil tournedos con crostino do-rato e piccola sorpresa di par-migiano. Fresca come si con-viene la chiusura tra i profumidel limone e della menta.

SALSOMAGGIORETERMEPARMA

20 giugno 2011

Ristorante “Antica Corte Pal-lavicina” di Massimo Spiga-roli, fondato nel 2010. �Stra-da del Palazzo Due Torri 3,Polesine Parmense (Parma);�0524 936539, fax 0524936555; coperti 40-60. �Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie 10 giorni agennaio; giorno di chiusuralunedì. �Valutazione 8,75;prezzo € 62,00; elegante.

Le vivande servite: culatello“Oro degli Spigaroli” con lagiardiniera di corte; tiepido di

verdure con ostriche di pollo,animelle, piccole insalate earancia; risotto primavera; fa-raona ricoperta di culatellocotta nella creta del Po ac-compagnata da ortaggi cottinella pietra; dolci della corte.

I vini in tavola: Strologo(Antica Corte Pallavicina); LisNeris 2009 (Picol); Chianticlassico 2008 (Felsina); Re-cioto della Valpolicella 2005(Viviani).

Commenti: Il relais “AnticaCorte Pallavicina” è ubicatoin un maniero trecentescosulle rive del Po, restauratonell’arco degli ultimi ventianni dai fratelli Spigaroli perrealizzare una struttura che inparte ricalca, con le cantineper la stagionatura dei cula-telli, le funzioni originarie.Una struttura esclusiva, riccadi storia, nella quale si inseri-sce l’esperienza cinquanten-nale sviluppata con il risto-rante storico della famiglia, il“Cavallino Bianco”. Le pie-tanze servite sono frutto dellaproduzione della famiglia,che alleva e coltiva moltedelle materie prime che ven-gono poi elaborate mesco-lando ricerca e tradizione. Laserata, organizzata dalle dueDelegazioni, ha avuto comeSimposiarchi Luigi Ampollinie Mauro Barbacini della De-legazione di Parma, e comeoratore Franco Madella dellaDelegazione di Salsomaggio-re Terme. Nel corso della riu-nione conviviale, il Presiden-te Giovanni Ballarini ha insi-gnito l’“Antica Corte Pallavi-cina” come ristorante “Ma-gnifico del Presidente”.

FIRENZE20 luglio 2011

Trattoria “Tre Soldi” dellafamiglia Romano, fondatanel 1951. �Via GabrieleD’Annunzio 4/a/r, Firenze;�055 679366, fax 055677983; coperti 38. �Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie agosto e una

settimana a Natale; giornodi chiusura venerdì sera esabato. �Valutazione 7,40;prezzo € 35,00; tradiziona-le, familiare, accogliente.

Le vivande servite: piccolatartare di vitellone chianinoIgp, tonno di cinta, burrata(7,70); fili d’oro ai cilieginifreschi scottati (7,20); taglioli-ni di grano saraceno ai funghiporcini (6,50); tagliata dimanzo al trito aromatico d’er-be con fagioli cannellini(7,60); tris di sorbetti (pescabianca e bergamotto, limonee salvia, pere e ginger) (7,80).

I vini in tavola: Chardon-nay Le Bruniche (Tenuta diNozzole); Rosso Meletino IgtToscana (Castello di Meleto).

Commenti: Serata di grandeallegria nell’ultima riunioneconviviale prima delle vacan-ze estive. Molti gli Accademi-ci rimasti in città che si sonoritrovati per il tradizionale sa-luto che quest’anno si è tenu-to nel giardinetto di una pic-cola trattoria nell’immediataperiferia della città, gestita dasessanta anni dalla famigliaRomano. Piacevoli e moltoapprezzate, tra gli antipasti,la piccola tartara di vitellonechianino e la burrata. Assaigustosi i fili d’oro ai cilieginifreschi. Veramente gradito losquisito tris di sorbetti che haconcluso l’incontro, al qualeha partecipato anche l’amicaRossana Casanova della De-legazione di Città del Messi-co. La serata è stata anchel’occasione per un’approfon-dita presentazione dell’ulti-mo libro edito dall’Accade-mia, “I menu del Quirinale”,effettuata, con la consuetacompetenza, dal nostro Pao-lo Petroni che ha posto in lu-ce l’importanza e la particola-rità dell’opera.

LIVORNO2 luglio 2011

Agriturismo “I 5 Lecci” diMassimo Manetti, fondatonel 2011. �Via di Quercia-nella 168, Livorno; �0586578111; coperti 48+32.�Parcheggio del ristorante,comodo; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno (in inver-no aperto solo su prenotazio-ne). �Valutazione 7; prezzo€ 30,00; rustico, ampio pa-norama sulla costa toscana.

Le vivande servite: friggitel-li livornesi, pomodori ciliegi-ni bio, salumi di filiera tosca-na, pecorino Pietralata confave, ricotta cremosa abbina-ta a confetture di zucchine epinoli, crostini di agnello diPomarance, crostini con cre-ma di fungo porcino e salsic-cia, bruschetta di canestrinoe costoluto livornese; mezzeeliche al germe di grano (delpastificio Senatore Cappelli)con salsa di zucchine in fio-re; grigliatina di carni varie dimanzo e maiale; pan di Spa-gna casalingo farcito con cre-ma pasticciera e ricoperto dicioccolato.

I vini in tavola: rosso tosca-no Igt San Francesco di Mon-tefoscoli, 2008.

Commenti: La riunione con-viviale d’inizio estate è stataorganizzata dal SimposiarcaGianfranco Porrà in un nuo-vo ristorante aperto dalla fa-miglia Manetti nella propriafattoria. La cucina, alquantogradevole, fa uso di ortaggi efrutta dell’azienda agricola eprodotti, dai formaggi allecarni alle paste ai vini, di ac-certata e qualificata prove-nienza da aziende agricoletoscane. Nel corso della sera-ta, Sergio Gristina ha conse-gnato al past-Delegato Gio-vanni Martino l’attestato dimerito per i venticinque annidi appartenenza all’Accade-mia e ha presentato il nuovoAccademico onorario PierLuigi Rosati.

LUCCA19 luglio 2011

Ristorante “Butterfly” di Fa-brizia Girasali, fondato nel1997. �Statale n. 12 delBrennero, Marlia (Lucca);�0583 307573, anche fax;coperti 45. �Parcheggio suf-ficiente; prenotazione neces-saria; ferie due settimane agennaio; giorno di chiusuramercoledì. �Valutazione 7;prezzo € 45,00; elegante.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto con frivo-lezze calde; duetto di sgom-bro; tostato croccante conpane di capperi e colatura dialici in tartara con cipolle ros-se in agrodolce; pacchero diTorre Annunziata; vista sulmar Tirreno con ricciola;panzanella e burrata di An-dria; alici sulla brace; Alì

Babà con crema chantilly efrutti di bosco freschi.

I vini in tavola: Vermenti-no Pagliatura (fattoria di Ma-gliano).

Commenti: Si inizia con unantipasto a base di pesce az-zurro, motivo gastronomicodella cena: un piatto piutto-sto ricco e complicato chenon ha entusiasmato tutti icommensali. Il primo piatto èstato tra i più apprezzati. Ildolce, un Alì Babà molto ela-borato, è stata sicuramente laportata più gradita. Buono ilvino che ha riscosso la vota-zione più ampia. Ambienteparticolarmente elegante; ilservizio, al contrario, ha la-sciato a desiderare per la sualentezza con il lungo inter-vallo tra una portata e l’altra.Buono il rapporto qualità/prezzo. Qualche Accademicoha fatto notare come la cuci-na sia particolarmente curata,ma ha evidenziato anche ilfatto che il pesce azzurro an-drebbe cucinato in modo piùsemplice. Al termine dellacena, il prof. Francesco Bo-venzi, primario di Cardiolo-gia dell’ospedale Campo diMarte di Lucca, ha tenutoun’applaudita relazione suibenefici che il pesce azzurroarreca al cuore. Dopo unbreve intervento del Delega-to Alessandro Caturegli, hapreso la parola Franco Coc-co, Coordinatore territoriale,che con la solita squisita ora-toria ha illustrato parte dellastoria dell’Accademia e dellesue finalità.

LUNIGIANA29 giugno 2011

Ristorante “Montagna Ver-de” di Mario Maffei, fondatonel 1995. �Apella di Liccia-na Nardi, La Torre (MassaCarrara); �0187 421203;coperti 60. �Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura nes-suno. �Valutazione 7,70;prezzo € 30,00; accogliente,caratteristico.

Le vivande servite: “sgabei”(pasta di pane fritta) con pro-sciutto gran riserva ParmaDop, filetto e mortadella del-la Lunigiana, verdure in agro-dolce; torta d’erbi e scarpa-ciana (torta salata con farinadi granturco, cipolline, uova,

TOSCANA

EMILIA ROMAGNA segue

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

ricotta, latte e olio); foglie disalvia e borragine fritte, anellidi cipollotti fritti; crostini dimarocca di Casola (pane fat-to di un impasto con poca fa-rina di grano arricchita da fa-rina di castagne e patate les-se, lievito sciolto con latte eolio di oliva) con lardo di Co-lonnata e origano; tagliatelledi borragine con pomodori-ni, lardo di Colonnata e fioridi zucca; tortelloni di funghiporcini freschi con burro esalvia; maialino di latte al for-no laccato al miele di casta-gno Dop della Lunigiana consalsa di mirtillo nero di Sas-salbo; assaggi di dolci dellacasa (torta rustica al cioccola-to e noci, torta di ricotta no-strana e crostata con marmel-lata di frutta di bosco).

I vini in tavola: Terre diAgnolo rosé della LunigianaIgt Toscana 2010 e Terre diAgnolo rosso toscano dellaLunigiana Igt Toscana 2009(azienda agricola G. Davì,Agnolo di Fivizzano, MS).

Commenti: Il menu, concor-dato dalla Vice-Delegata investe di Simposiarca, è statoapprezzato con entusiasmo.Molto graditi gli antipasti perla loro qualità e la grande va-rietà di scelta. Ottimi i primiper i profumi e la delicatezzadei sapori. Presentato in mo-do spettacolare il maialino incrosta croccante, un piattocol quale il giovane chef Fe-derico Boschetti ha saputo in-terpretare ed esaltare le mate-rie prime aggiungendo di suoaromi studiati. Deliziosi i dol-ci; ben abbinati i vini ai cibi;favorevole il rapporto qua-lità/prezzo. Una cucina sem-plice e sostanziosa, con gran-de rispetto della tradizione,basata su una materia primaeccellente, principalmenteproveniente dall’azienda agri-cola, e sapori ormai introvabi-li sono i punti di forza di que-sto locale. Concorde il giudi-zio positivo degli Accademici.A fine serata consegna dellavetrofania accademica dalDelegato al titolare MarioMaffei e applausi convinti alcuoco e al personale.

MAREMMA(GROSSETO)27 luglio 2011

Ristorante “Da Bernardo” diAnna Fagiolini, fondato nel1970. �Località Gualdo -

Punta Ala, Castiglione dellaPescaia (Grosseto); �0564920269; coperti 60. �Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; feriegennaio-febbraio. �Valuta-zione 6,80; prezzo € 40,00;accogliente.

Le vivande servite: risottoalla pescatora; penne congamberi rossi e aragostelle;filetto di rombo alla siciliana;frittura di calamari e calama-retti con scampi grigliati; ce-stino di sfoglia con cremachantilly e frutti di bosco.

I vini in tavola: Vermentinodi Colle Massari.

Commenti: La cena convi-viale, effettuata a luglio inol-trato, ha decretato la pausaper le ferie estive della Dele-gazione e il Simposiarca Ac-cademico Paolo Ricceri hascelto uno dei locali più an-tichi della costa maremma-na, situato nella splendidaed esclusiva Punta Ala. Il ri-storante “Bernardo”, cheprende il nome dal fondato-re ormai scomparso, è porta-to attualmente avanti dallamoglie, dalle figlie e dal so-cio, mantenendo l’improntae il valore della cucina dellostesso Bernardo che si basasu pietanze semplici e su al-cune ricette tipiche toscane.La serata si è svolta in modopiacevole ed è stata graditadagli Accademici e dagliospiti.

PISA21 giugno 2011

Ristorante “I 7 Nani” di Ni-cola Venturi & C. snc, fon-dato nel 1962. �LungarnoGabriele D’Annunzio 130,San Piero a Grado (Pisa);�050 960091; coperti90+30 in estate all’aperto.�Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie 1 novem-bre-15 dicembre e 1 gen-naio-15 marzo; giorno dichiusura martedì. �Valuta-zione 7,80; prezzo € 45,00;elegante, caratteristico.

Le vivande servite: calice dibenvenuto; baccalà norvege-se dissalato agli agrumi confinocchio filangé e pepe ne-ro, involtino di bietola, ricot-ta e capesante, canapè cipol-la di Tropea e gamberi, spie-dino di calamari; pasta fresca

(del locale) di grano durocon tracina nostrale; risottoal calamaro; frittura mista dipesce con verdure freschepastellate; torta di pasta frol-la e farina di mandorle concrema doppia cottura e pe-sca fresca.

I vini in tavola: Cusona brut- Spumante da Vernaccia diS. Geminiano (Villa Cusona,tenute Gucciardini Strozzi);Vermentino 2010 (aziendaagricola Salustri, Cinigiano).

Commenti: La cucina dellachef Miriam Tamberi si è dasempre basata su materie pri-me di grande qualità, creati-vità e minimalismo. Il menuproposto in accordo con ilSimposiarca, l’infaticabile Sa-vino Sardella, è risultato par-ticolarmente gradevole comecibo e come cantina, comedimostrato dalla buona valu-tazione ottenuta. Gli Accade-mici hanno apprezzato le va-rie portate: particolarmentegraditi i gustosissimi e variatiantipasti, l’ottima frittura dipesce che ha riscosso nume-rosi 9 e, infine, l’ugualmenteottima torta con crema e pa-sta frolla. I primi, anche semolto gustosi, sono stati pe-nalizzati nelle valutazioni dacritiche per la cottura, anchese solo in minima parte con-divisibili. Graditi i vini e il lo-ro abbinamento. Veramentepiacevoli l’ambiente, il servi-zio attento e la cortesia.

VIAREGGIO VERSILIA21 luglio 2011

Ristorante “Il Soggiorno” diA. e F.C. Cecchi snc, fondatonel 1950. �Via dei Mille 52,Pedona di Camaiore (Luc-ca); �0584 989218; coperti50. �Parcheggio incustoditoinsufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie gennaio;giorno di chiusura martedì.�Valutazione 6,99; prezzo €30,00; tradizionale.

Le vivande servite: scarpac-cia; salame nostrale; crostinicon fegato e funghi; torta dipepe; zuppa alla frantoiana;tordelli; coniglio alla caccia-tora con olive; polentina; ver-dure fritte (zucchine, finoc-chi, melanzane); ciambellonecon uvetta, canditi e pinoli.

I vini in tavola: ProseccoValdobbiadene; rosso dellacasa; Vin santo della casa.

Commenti: Il ristorante sitrova su una delle colline so-vrastanti Camaiore, nel paesedi Pedona, lungo la famosavia Francigena. Dalle finestredel locale si ammira unosplendido panorama su tuttala Versilia. I coniugi proprie-tari negli anni Sessanta han-no rilevato un esercizio dialimentari che è diventato,nel tempo, un ristorante. Tredei figli lavorano con loro. Lacucina è tipica camaiorese,ottimi il coniglio alla caccia-tora con le olive e il ciambel-lone fatto in casa con canditi,uvetta e pinoli.

ANCONA15 luglio 2011

Ristorante “Al Cuoco di Bor-do” di Angelo Putignano eIsabella Righini, fondato nel1995. �Viale Dante Alighie-ri, Senigallia (Ancona);�071 7929661; coperti 80.�Parcheggio incustodito,scomodo; prenotazione con-sigliabile; ferie gennaio;giorno di chiusura lunedì.�Valutazione 6,50; prezzo€ 45,00; elegante.

Le vivande servite: carpac-cio di tonno con agretta dipomodoro e julienne di se-dano croccante; paccheri diGragnano al sugo di zuppadi pesce; zuppa di pesce concrostone al timo; babà alrhum con gelato al fiordilattee frutti di bosco; caffè.

I vini in tavola: Verdicchiodei Castelli di Jesi superiore(azienda Vigneto delleOche).

Commenti: La serata è ini-ziata molto bene con losquisito carpaccio di tonno,ma nel prosieguo non sonomancate, pur con un ottimoservizio, alcune deficienzeper l’eccessiva presenza dipomodoro (o passata?) nelsugo della zuppa che ha an-che accompagnato i pacche-ri, del resto cotti a puntino.Piacevole il dessert. La pre-senza eccessiva del pomo-

doro nella zuppa ha un po’meravigliato gli Accademiciin quanto il ristorante è soli-tamente esente da tali pec-che e per giunta questo ec-cesso ha in parte penalizzatola grande freschezza del pe-sce. Una serata convivialecomunque ben riuscita perl’atmosfera sempre moltoamichevole e gioiosa che ac-compagna la nostra Delega-zione nei suoi simposi. Altermine, dopo i consueti rin-graziamenti al SimposiarcaAresta, che ha svolto una re-lazione su quanto servitomolto puntuale e corretta, ilDelegato ha rivolto a tutti imigliori auguri per le vacan-ze estive e un affettuoso arri-vederci al “Verdicchio d’oro”di settembre.

ANCONARIVIERA DEL CONERO

5 luglio 2011

Ristorante “Il Molo” di Fabri-zio Giacchetti, fondato nel1961. �Portonovo, Ancona;�071 801040, fax 071801440; coperti 100. �Par-cheggio custodito; prenota-zione consigliabile; ferie no-vembre-marzo; giorno dichiusura martedì da ottobrea maggio. �Valutazione 8;prezzo € 35,00; tradiziona-le, caratteristico.

Le vivande servite: moscio-li; raguse; spaccasassi; spa-ghetti con i moscioli; carbo-nara di mare; fritti misti; cala-mari e spiedini di spigola ar-rosto; dolce della casa.

I vini in tavola: Lacrimabrut rosé (Conti di Buschera-to); Verdicchio classico supe-riore Palio San Floriano.

Commenti: Magnifica sera-ta nell’impagabile cornicedella baia di Portonovo, Gliantipasti tipici del territorionon potevano non risultareottimi sia per la freschezzache per il loro sapore. Il su-go di moscioli, perfettamen-te riuscito, è stato legger-mente penalizzato da unospaghetto non adeguato; ot-tima la sorpresa della carbo-nara di mare per gli ingre-dienti utilizzati. Molto buonoe abbondante il fritto mistodi pesce dell’Adriatico appe-na pescato. L’ospite della se-rata, Sandro Rocchietti, stori-co rappresentante dellaCoop pescatori di Portono-

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vo, faceva notare tuttaviache è sempre più difficile dareperire del buon pesce. Lagrigliata di calamaro e lospiedino, sapientemente cu-cinati, caldi e fragranti, han-no chiuso la bella serata. Ser-vizio davvero speciale: i ra-gazzi in sala sono affiatatissi-mi e molto professionali cosìcome il giovane e intrapren-dente cuoco.

FERMO26 giugno 2011

Trattoria “La Rocca” di Um-berto Campanelli, fondatanel 2008. �Piazza del Rosa-rio 3, Porto San Giorgio(Fermo); �0734 675242;coperti 40. �Parcheggio suf-ficiente; prenotazione neces-saria; ferie non previste;giorno di chiusura lunedì.�Valutazione 9; prezzo €

50,00; caratteristico.

Le vivande servite: fritturadi calamaretti; scarpette(seppioline) e cannolicchigratinati; razza in brodetto;codine di rospo in guazzetto;risotto alla marinara; strin-gozzi allo scoglio; rana pe-scatrice al forno con patate everdure; sorbetto al limone;ananas.

I vini in tavola: ProseccoVal d’Oca di Valdobbiadene;Verdicchio dei Castelli di Jesi“Le Vaglie” Doc 2010 (azien-da Stefano Antonucci).

Commenti: Interessante laperformance di UmbertoCampanelli, sapidi e gustosigli antipasti che sanno di anti-co, superba la razza in bro-detto, buonissimi gli stringoz-zi allo scoglio. Raramente ca-pita di gustare una rana pe-scatrice così buona: giuste ledimensioni, cioè pezzaturegrandi ma non al punto dadiventare coriacee o secche;giusta la cottura, in grado dimantenere una gradevolemorbidezza e fragranza, ma,soprattutto, la freschezza e lagenuinità della materia primanon mascherata da particolariaromi aggiunti. Questa consi-derazione va estesa a tutte lespecie ittiche proposte, insie-ma alla sensazione di una ri-scoperta degli antichi saporidella cucina marinara del ter-ritorio. Un plauso quindi aUmberto Campanelli, perl’entusiasmo e la passioneche mette in ciò che fa, e an-

che ai due cuochi che lo coa-diuvano. Senza dimenticaretutto il suo staff “familiare”.

MACERATA10 luglio 2011

Ristorante “Dell’Erborista” diDomenico Marzoli Capocci,fondato nel 1965. �FrazioneGualdo, Castelsantangelo sulNera (Macerata); �073798134; coperti 100+40.�Parcheggio incustodito;prenotazione non necessa-ria; ferie prima settimana disettembre; giorno di chiusu-ra giovedì pomeriggio. �Va-lutazione 7; prezzo € 25,00;rustico.

Le vivande servite: crostinicon erbe delle Guaite; mous-se di ciauscolo; frittatine dimentuccia; pecorino marina-to; cardosella; insalata di far-ro; vongole con patate eciauscolo; lenticchia; acquacotta dei pastori e insalatinadi Gualdo; torta del Ciarro al-la ricotta.

I vini in tavola: Marche ro-sato 2008 “Serrarosa” Igt eSerrapetrona 2007 “Colle-quanto” Doc (ambedue diColli di Serrapetrona)

Commenti: Gli AccademiciSimposiarchi, Siretta Taffetanie Lauro Machella, hannoscelto questo ristorante nel-l’ambito della celebrazioneannuale del “Ciauscolo d’o-ro”, che ha visto la partecipa-zione di un buon numero diAccademici e ospiti. I piattiserviti hanno rispettato la tra-dizione della gastronomia dimontagna con qualche inno-vazione costituita dall’abbi-namento inconsueto tra levongole e il ciauscolo che haavuto la patata come elemen-to di amalgama dei due sa-pori. Molto apprezzata lamousse di ciauscolo e graditeanche le lenticchie, mentrel’acquacotta ha suscitatoqualche critica in quanto unpo’ troppo “spartana”. Ottimii vini tutti a base di Vernaccia

di Serrapetrona al 100% nonspumantizzata ma in purez-za. La parte culturale dell’in-contro gastronomico ha ri-guardato la valorizzazionedel ciauscolo e il suo discipli-nare ma anche la preziositàdell’acqua in quanto si è ce-lebrato anche un “patto diamicizia” tra i Comuni di Ca-stelsantangelo e di Numanaperché collegati dall’acque-dotto del Nera.

MACERATA21 luglio 2011

Ristorante “Due Cigni” di Ro-sario e Sandro Morganti, fon-dato nel 1968. �Via SS. An-nunziata 19, Montecosaro(Macerata); �0733 865182,fax 0733 565371; coperti300. �Parcheggio sufficiente;prenotazione consigliabile;ferie nel periodo di Ferrago-sto; giorno di chiusura dome-nica sera e lunedì. �Valuta-zione 8; prezzo € 30,00; tra-dizionale.

Le vivande servite: pescaSaturnia in tempura; saraghi-na in scapece di Saturnia;aperitivo di pesca Saturnia etè verde alla menta e zenze-ro; mezzemaniche ripiene diricotta al timo in salsa di coz-ze e Saturnia; frittura di pescecon condimento alla pescaSaturnia; piccola charlotte al-la Saturnia.

I vini in tavola: Marchebianco Igt 2010, Verdicchiodi Matelica Doc 2010, Casciàrosso passito dei terreni di S.Severino (tutti della cantinaFontezoppa).

Commenti: Questo appun-tamento gastronomico rientranell’attività di promozione diun prodotto tipico del territo-rio: la pesca Saturnia portataavanti dal Comune di Monte-cosaro e dai produttori localicon la collaborazione dellaDelegazione. La chef RosariaMorganti è stata obbligata auna serie di sperimentazioniper trovare il miglior abbina-mento possibile tra piatti tra-dizionali di pesce e la pesca.Il risultato ottimale si è avutocon la pesca Saturnia in tem-pura abbinata con l’aperitivocon succo di Saturnia. Riusci-to anche il primo piatto a ba-se di mezzemaniche ripienedi ricotta al timo con salsa dicozze e Saturnia. Ottima an-che la piccola charlotte, men-

tre hanno bisogno di un ag-giustamento, per riequilibrarei sapori, la saraghina in sca-pece di Saturnia e la fritturadi pesce. La parte culturaledella serata è stata svolta dalproduttore Marco Eleuteri edalla stessa Rosaria Morganti,che hanno parlato delle carat-teristiche di questo gustosissi-mo frutto, da oltre 20 anniprodotto nei comuni di Mon-tecosaro (Macerata) e Monte-granaro (Fermo).

MACERATAFERMO

29 giugno 2011

Ristorante “Papillon” di Mar-co Ciccarelli, fondato nel1975. �Via Trieste, PortoSant’Elpidio (Fermo); �0734900203, fax 0734 909003;coperti 50. �Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie ottobre-gen-naio; giorno di chiusura do-menica sera e lunedì. �Valu-tazione 7; prezzo € 50,00;accogliente.

Le vivande servite: carpac-cio di ricciola con soia e bir-ra scura artigianale; mormo-re panate con farina di maise semi di papaveri; pasta sfo-glia farcita con battuto di pa-lamita; linguine di Gragnanocon crocetti e finocchio sel-vatico: fritto misto dell’Adria-tico; brodetto dei porti spi-nato; pochette di sfoglia confrutta di stagione; frutta rico-perta di cioccolato; cubi dicioccolato alle essenze diviola, rosa, menta e tabacco.

I vini in tavola: BabykibMarche bianco Igt, VecchieVigne Casal di Serra Verdic-chio dei Castelli di Jesi Docclassico superiore, PlenioVerdicchio dei Castelli di JesiDoc classico superiore,Maximo Marche bianco Igt(tutti di Umani Ronchi).

Commenti: La serata convi-viale è stata organizzata, conmolto impegno e dedizione,dal Simposiarca Tonino DelMoro per far incontrare gliAccademici delle Delegazio-ni di Macerata e Fermo in unambiente in riva al mare,con cena basata sul pescatolocale. È stata anche l’occa-sione, sottolineata dal Coor-dinatore territoriale MauroMagagnini, di gustare alcunidei prodotti di eccellenzadelle Marche. Ospiti della

serata il sindaco di Porto S.Elpidio Mario Andrenacci el’assessore alla Cultura An-nalinda Pasquali. La fama dicui gode questo ristorante,annoverato tra i migliori del-la costa marchigiana, avreb-be meritato un punteggiomaggiore, ma non tutti ipiatti sono stati al top (peresempio le linguine con cro-cette) come ci si aspettava.Nel complesso serata piace-vole con un servizio ottimo.

PESARO-URBINO28 giugno 2011

Ristorante “Da Tano” di Da-niele Gaudenzi, fondato nel1961. �Via del Moletto 13,Fano (Pesaro); �0721823291, fax 0721 813448;coperti 70. �Parcheggio in-custodito, insufficiente, co-modo; prenotazione consi-gliabile; ferie dicembre-gen-naio; giorno di chiusuramartedì. �Valutazione 7,50;prezzo € 45,00; familiare,accogliente.

Le vivande servite: filetto dimarmora ai peperoni; sar-doncini “arost’ segret”; cozzee vongole alla marinara; pas-satelli in brodo di pesce; ta-gliolini del pescatore; seppiecon i piselli; grigliata mista;delizie di frutta con gelato al-la crema.

I vini in tavola: Verdicchiobrut n.v., Colonnara; OffidaPecorino 2010 “kiara”, SanGiovanni; Marche rosato 2009“Pergolesi”, Montecappone;Moscato d’Asti, cantine Arione.

Commenti: Per la riunioneconviviale prima della pausaestiva, la Delegazione ha pen-sato di realizzare un menu an-ni Sessanta per rivalutare ipiatti e le abitudini alimentaridi quei lontani anni. La mani-festazione è perfettamenteriuscita anche perché Danielesa scovare il pesce povero dicomprovata freschezza; lamoglie ricorda perfettamentegli antichi piatti e sa riprodurlicon maestria; il figlio ha giàdimostrato di saper seleziona-re degli ottimi vini. Si sono ri-cordati i tempi che furono masi è anche concordato che al-cuni piatti risentono del tem-po passato e per una serie dimotivi (cambiamento delleabitudini igieniche e salutisti-che, irreperibilità della mate-ria prima di allora, nuovi me-

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todi di cottura) non si è potu-to ritrovare la magia dei sapo-ri di una volta.

GUBBIO2 agosto 2011

Trattoria “Da Mena” di Elvi-ra Trancalini, fondata nel1920. �Località Valdorbia,Scheggia (Perugia); �0759250133; coperti 35. �Par-cheggio incustodito e suffi-ciente; prenotazione neces-saria; ferie dicembre; giornodi chiusura martedì. �Valu-tazione 7,80; prezzo €

25,00; familiare, rustico,tradizionale.

Le vivande servite: qua-druccetti in brodo di gambe-ro di fiume; tagliatelle al sugodi gambero; coratella diagnello; arrosto misto (pic-cione, pollo, agnello e maia-le); patate fritte e insalata;dolce della casa.

I vini in tavola: Verdicchiodei Colli di Jesi; Sangioveseprodotto nelle colline di Per-gola.

Commenti: In un panoramaappenninico costituito da unlimpido fiume, sovrastato dalbosco e incoronato da roccedi tipo dolomitico, la trattoria“Da Mena” è la perla nel ca-stone. Calore familiare e cuci-na della tradizione eseguitacon maestria. Questo il giudi-zio sinteticamente espressodagli Accademici. La riunioneconviviale, che ha visto unalarga partecipazione, ha con-cluso nel migliore dei modiun pomeriggio dedicato an-che alla visita guidata delleabbazie di Sitria e di Sant’E-miliano in Congiuntoli, nelcomune di Scheggia-Pascelu-po. Cosicché alla natura e al-l’arte si è aggiunta la buonacucina, preparata per l’occa-sione dalla signora Mena cheda decenni, nel pieno rispettodella tradizione, profondeenergia, competenza, passio-ne e abilità. Qualità riscontra-bili in tutti i piatti proposti acominciare dai non più usua-

li, ma tanto deliziosi, qua-druccetti in brodo di gamberidi fiume. Discreti i vini, tuttiprovenienti dai contadini del-le vicine Marche. Accoglienzae servizio familiari. Buono ilrapporto qualità/prezzo.

CIOCIARIA18 giugno 2011

Ristorante “Relais Chalonsd’Orange” di Carlo e Manue-la Accattatis Chalons d’O-range, fondato nel 2010.�Via Colle Buono Serre diConca 2, Alvito (Frosinone);coperti 35+120 (i ristorantisono due). �Parcheggio in-custodito; prenotaione gradi-ta; ferie dal 10 gennaio al 1°aprile; giorno di chiusura lu-nedì. �Valutazione 7; prezzo€ 50,00; nuovi edifici di bel-la e semplice struttura rurale.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto; fiorilli fritticon mozzarella, palline dipasta cresciuta ai due sapori,involtino di melone e pro-sciutto crudo doc di Guarci-no; finifini al pomodoro fre-sco; gnocchetti all’ortica conscorzone di Campoli Appen-nino; pollo alla peperonata;insalatina mista dell’orto; car-tellette di ricotta di Villa Lati-na con frutta flambé; tocchet-ti di crostatine con marmella-te del frutteto.

I vini in tavola: bianco canti-na Cominium Maturano; rosécantina Cominium, vigneto LaCasetta; rosso cantina Comi-nium Atina Cabernet Doc.

Commenti: La colazionenon è stata delle migliori, nonall’altezza del luogo, anche seper la buona riuscita dellariunione conviviale tanto sisono prodigati Letizia e GianLuigi Carancini, Simposiarcadi turno, organizzando l’in-contro con molta cura, anchenell’offrire fiori e dolci tipicidel luogo. Al termine dellaserata gli Accademici hannoringraziato la Delegata uscen-te Valeria Marasca Manciniper il costante e prezioso la-

voro svolto per la Delegazio-ne e hanno formulato a CarloMarsella i migliori auguri peril suo futuro di Delegato.

RIETI30 giugno 2011

Ristorante “La Foresta” diMario e Marina Di Carlo,fondato nel 1984. �Via Fo-resta 51, Rieti; �0746220455, fax 0746 222000;coperti 450. �Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; ferie 2a

settimana a luglio; giorno dichiusura lunedì. �Valuta-zione 8; prezzo € 35,00; ele-gante, familiare.

Le vivande servite: girello divitello al punto rosa con salsamonferrina e olio profumatoal tartufo; risotto alla milane-se; mezzi paccheri con pestoalla trapanese; faraona farcitacon crema di patate e porrocroccante; zabaione con gra-nella di pistacchi di Bronte.

I vini in tavola: Komarosrosato (Garofoli); Valpolicellaclassico (Nicolis); Marsala(Florio).

Commenti: La riunione con-viviale si è svolta nei magnifi-ci locali del ristorante che ilsig. Mario Di Carlo, il pro-prietario, aveva fatto prepa-rare per noi in modo spetta-colare. Serata molto piacevo-le alla presenza di quasi tuttigli Accademici con familiari eospiti. Il Delegato, che eraanche il Simposiarca, ha pro-posto una selezione di piattirealizzati in modo eccellente,in omaggio al 150° anniver-sario dell’Unità d’Italia, ri-scuotendo il consenso di tut-ti. Eccellente l’accostamentodei vini con tutti i piatti servi-ti. Raffinato il dessert. Com-plimenti vivissimi allo chefPaolo e alla sua brigata. Rapi-do, cortese e accurato il ser-vizio. Molto buono il rappor-to qualità/prezzo, anche inrelazione all’ambiente e allasquisita ospitalità.

RIETI24 luglio 2011

Ristorante “La Taverna delCapitano” di Roberto Scalia,fondato nel 2010. �Via dellaCavatella 14, Rieti; �0746251610; coperti 30. �Par-cheggio incustodito; preno-

tazione consigliabile; ferie15-30 settembre; giorno dichiusura lunedì. �Valuta-zione 7; prezzo € 53,00; fa-miliare, accogliente.

Le vivande servite: ostrica,tartara di tonno, terrina di pol-po verace su melanzana gri-gliata e pane tostato ai saporidi mare; risotto con orata, ju-lienne di zucchine e zaffera-no; fettuccine fatte a manocon polpo verace e pesto dibasilico fresco; spigola al for-no con panure lievementepiccante al mais e pomodorinipachino su bouquet di insala-tine orientali; torta caprese.

I vini in tavola: Proseccorosé (Cinzano); Pecorino Pri-mo Cerchio (Villa Bizzari).

Commenti: Il ristorante sipresenta come un giardinofiorito nel centro cittadino. Laserata si è svolta in un am-biente familiare e con l’acco-glienza cortese del titolareRoberto Scalia. Una prepara-zione semplice ma accurata,un menu vario, pur nella uni-cità della proposta marinara.Discreti il servizio e i vini, at-mosfera accogliente. Buonigli antipasti, molto apprezzatii primi anche se le fettuccinesono risultate un po’ tropposalate. Buono il rapportoqualità/prezzo con riferimen-to alle pietanze; un po’ alto ilprezzo rapportato ai vini. LaSimposiarca Giovanna Pa-lomba ha illustrato la listadelle vivande.

ROMA CASTELLI24 giugno 2011

Ristorante “Al Monticello”della famiglia Intreccialaghi.�Via Romolo 27, Monte Por-zio Catone (Roma); �069449353; coperti 80+100.�Parcheggio comodo; ferie15-31 agosto; giorno dichiusura lunedì. �Valuta-zione 8; prezzo € 50,00.

Le vivande servite: insalatadi valeriana con molluschi evin cotto alle carrube; nodinidi spatola; maltagliati concrema di lardo e mazzancol-le; spaghetti alle alici con po-modorini, finocchiella selva-tica e capperi; involtini di pe-sce spada; dolce.

Commenti: Lo chef ValerioIntreccialaghi è senza dubbioun virtuoso delle erbe e un

ricercatore attento nella pre-parazione e composizionedei piatti e del loro abbina-mento con le bevande. Aipiatti serviti sono state abbi-nate diverse birre. Ai calama-ri, cozze, vongole e gamberirosa, presenti nell’insalata divaleriana, e ai nodini di spa-tola con pezzetti di alici e pa-nure di pan grattugiato euvetta, è stata abbinata la bir-ra Menabrea Restauranta digradi 3,5. Ai maltagliati e aglispaghetti è stata abbinata labirra trappista Orval di gradi6,2. Agli involtini di pescespada è stata abbinata la Ori-ginal Hy Super Beer di 11gradi. Al dolce è stata abbi-nata la birra trappista Trappi-stes Rochefort di gradi 11,3.Tutte le birre sono state mol-to apprezzate; per il loro ab-binamento al contenuto deipiatti lo chef Valerio dovràporre maggiore attenzionealla temperatura di servizio,per consentire il correttocontrasto con i piatti.

VITERBO14 luglio 2011

Ristorante dell’agriturismo“Ai Laghetti di XXX Miglia”,fondato nel 1987. �Via Cas-sia Cimina km 28,4, localitàXXX Miglia, Ronciglione (Vi-terbo); �0761 659221; co-perti 35. �Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione necessaria; ferie mai;giorno di chiusura mercoledì.�Valutazione 6,80; prezzo €38,00; familiare, rustico.

Le vivande servite: antipa-sto del “Laghetto” (bruschette,sott’oli, formaggi, salsine, fi-letti di pesce marinati); fettuc-cine ai porcini e trota; trota alvino bianco, con patatine frit-te e insalata; cheese cake del-la casa al lamponcello.

I vini in tavola: bianco “Ar-gento”, Ronci di Nepi.

Commenti: Il ristorante èun’attività complementare al-la pesca sportiva su due am-pi specchi d’acqua. Vi si tro-vano pesci d’acqua dolce,approvvigionamento princi-pale del ristorante, assieme afrutti rossi coltivati e ortaggivari (specialità della zona diNepi), anche in elaborateconfezioni regalo. La cucinaè quella tipica del basso Vi-terbese, con formaggi e vinidella vicina Nepi. La parteci-

LAZIO

UMBRIA

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pazione degli Accademici eospiti è risultata ridotta per lanovità dell’appuntamento inluglio. Apprezzati in partico-lare l’antipasto e il dolce.

L’AQUILA12 luglio 2011

Ristorante “Le Mangiatoie”di Santino Laurenzi, fonda-to nel 1999. �Via Cansates-sa, L’Aquila; �0862 24639;coperti 60+40. �Parcheggiodel ristorante; prenotazionenon necessaria; ferie nonstabilite; giorno di chiusuramartedì. �Valutazione 8,50;prezzo € 40; tradizionale,accogliente.

Le vivande servite: sfizid’attesa alle fragole; vellutataalle fragole; cavatappi in su-go alle fragole con limone ementuccia; scaloppine agliaceti balsamici con salsa allefragole; dolcetti fragolati.

I vini in tavola: Vermigliodella cantina Contucci Ponno.

Commenti: Prima della pau-sa estiva il nuovo DelegatoDemetrio Moretti ha volutoorganizzare la prima riunioneconviviale del suo mandatorendendo omaggio a un frut-to di stagione, la fragola, conun intero menu costruito sudi essa. La sfida è stata rac-colta dai titolari del ristoranteSantino e Marcella, che han-no saputo amalgamare congli altri ingredienti il fruttoestivo. È stato lo stesso Dele-gato, prima della cena, a illu-strare ad Accademici e ospiti

le proprietà nutritive dellafragola, passando alla spiega-zione del menu, che ha ri-scosso ampi consensi, concomplimenti ai ristoratori.

CAMPOBASSO24 giugno 2011

Ristorante del “Grand HotelRinascimento” dei fratelli DiLisio, fondato nel 2003.�Via Labanca, Campobasso;�0874 481455, fax 0874481314; coperti 250+450 indue sale. �Parcheggio custo-dito; prenotazione consiglia-bile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. �Valuta-zione 7,60; prezzo € 40,00;elegante.

Le vivande servite: pallottinedi riso in brodo; galantina;sformato rosa su purè di pisel-li; spalla d’agnello ripiena; fio-re di patata tartufata; uova allaneve con crema e amarena.

I vini in tavola: Gironia Bi-ferno rosato Doc (cantineBorgo di Colloredo, Campo-marino); Tintilia Doc in pu-rezza (cantine Di Majo No-reante, Campomarino); Ca-lanta moscato giallo in pu-rezza (cantine Terre Sacre,Montenero di Bisaccia).

Commenti: Il menu, fruttodi una stimolante ricerca dispunti artusiani nella cucinamolisana, ha seguito la suc-cessione e la terminologia diPellegrino Artusi. Ne è sca-turita un’interessante corri-spondenza tra la cucina bor-ghese tra Ottocento e Nove-

cento e la cucina delle fami-glie molisane nelle occasionispeciali, complici le fre-quentazioni in collegi fuoriregione da parte di giovanifanciulle. Testimonianze so-no state raccolte nei nume-rosi ricettari di famiglia, cosìda consentire di affiancare,nell’opuscolo che la Delega-ta Anna Maria Lombardi of-fre solitamente nelle riunioniconviviali, la ricetta originaledi Artusi e quella similare inuso in regione. Grande curanell’allestimento dei tavolida parte dell’AccademicaElisabetta Guarino, Simpo-siarca della serata con l’Ac-cademica Bruna Benevento,che ha illustrato i risultatidella ricerca e spiegato origi-ne e realizzazione dell’interomenu. Un menu felicementeinterpretato dallo chef Nico-la Vizzarri, ma che ha risen-tito, in termini di valutazionefinale, del servizio del perso-nale di sala, non idoneo peruna cena di gala, in onoredel Segretario Generale Pao-lo Petroni, ospite della Dele-gazione.

ISERNIA24 giugno 2011

Ristorante “Rinnovata Oste-ria Verdi” di LorenzoScimìa, fondato nel 2001.�Corso Marcelli 160, Iser-nia; �347 6633304; coperti30. �Parcheggio incustodito,scomodo; prenotazione con-sigliabile; ferie ultima setti-mana di maggio e di settem-bre; giorno di chiusura do-menica. �Valutazione noneffettuata; prezzo € 30-35;familiare, accogliente.

Le vivande servite: ricottineal tartufo e al mosto cotto;champignon con guanciale;crostino con cipolla di Iserniae tartufo; lumache al sugo;pasta Vesuvio ai gamberi difiume e asparagi; rollé di

agnello con julienne di carcio-fi e cicoria; dolcetti molisani.

I vini in tavola: San Nazza-ro, cantine Valerio, Montero-duni (IS).

Commenti: Con una tempe-ratura benevola, nella piaz-zetta antistante il locale, sonoapparecchiati i tavoli e conl’impegno e la dedizione ditutta la famiglia del proprie-tario, ci vengono servite pie-tanze presentate con attentacura, dove il tartufo e la ci-polla sono valorizzati nelleoriginali, ottime elaborazioni.Sapori antichi ma nuovi negliabbinamenti che tutti hannolodato, come i rarissimi gam-beri di fiume che abbellisco-no il primo piatto e, molto in-teressante e raffinato, il rollédi agnello. Si sta davvero be-ne in questo intimo angolo diIsernia antica, dove si respirail raro silenzio del vecchioborgo che favorisce un pia-cevole dialogo.

ISERNIA25 giugno 2011

Ristorante “La Masseria” diRiziero Di Marzo, fondatonel 2004. �Strada statale 85Venafrana km 25+400, Poz-zilli (Isernia); �0865927131; coperti 60. �Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione non ne-cessaria; ferie seconda quin-dicina di novembre; giornodi chiusura mercoledì. �Va-lutazione non attribuita;prezzo € 30-40; tradiziona-le, caratteristico.

Le vivande servite: salumie formaggi molisani, fritturadi verdure in pastella; va-rietà di verdure ripiene;“sciusci” di Venafro; zite concicoria di campo e pomodo-rini; pallotte “cacio e ova”;frutta fresca.

I vini in tavola: Falanghina(cantina San Nazzaro, Monte-roduni).

Commenti: Il ricco buffet e itavoli sono apparecchiati al-l’aperto, su un morbido pratoall’ombra degli olivi secolari.Olivi che sono anche lorostoria e arte. Ospiti il Segreta-rio Generale Paolo Petroni ela signora, che condividonocon tutti noi il piacere di gu-stare svariate tipicità del terri-torio. Formaggi e salumi che

sono ricchi esempi dell’otti-ma produzione locale; stuzzi-canti e delicati fritti. Il primopiatto, servito caldo ai tavoli,esalta nel sapore e nel colorela verdura di campo, seguitodalle pallotte, pietanza moltorappresentativa della cucinamolisana.

ISERNIA25 giugno 2011

Ristorante “Holiday” di SanteGentile, fondato nel 1982.�Strada statale 85 Venafra-na, Monteroduni (Isernia);�0865 491007, fax 0865493776; coperti 400. �Par-cheggio custodito, sufficiente;prenotazione consigliabile;ferie mai; giorno di chiusuranessuno. �Valutazione noneffettuata; prezzo € 55,00;tradizionale.

Le vivande servite: anelli dicipolla di Isernia dorati; ci-pollotto fresco di Isernia bra-sato e gratinato con pancettae formaggio, su salsa di fa-gioli cannellini; rigatone na-poletano ripieno di ricotta ecarciofi in foglia di porro; fi-letto di vitello brasato albrandy con scalogno al vinorosso; misticanza; frutta fre-sca con gelato artigianalefior di panna.

I vini in tavola: Proseccodella Jolanda; Fannia ePentro (ambedue dellecantine Valerio, Montero-duni, Isernia).

Commenti: Il chiostro delconvento di San Francesco,sede del Comune, è la splen-dida cornice della cena digala che conclude il conve-gno “Pane e cipolla… aspasso nel tempo”. Con l’a-peritivo trionfa la cipolla diIsernia fritta in anelli leggeri.Gli eleganti tavoli sono arric-chiti da originali centrotavo-la, che in un intreccio di fioridi cipolla e grano, parlanodel convegno così come l’o-riginale, intrigante grafica delmenu. Il servizio è statoineccepibile e ha permessodi apprezzare le varie pietan-ze curate nella presentazionee negli ingredienti, dove la“cipolla sovrana” è stata sa-porito sfondo a piatti ricerca-ti, accolti dal plauso genera-le. Particolare la presentazio-ne del gustoso fascetto di ri-gatoni e dell’ottimo filettoaccompagnato dall’originale

MOLISEABRUZZO

LAZIO segue

PRECISAZIONE SULLA NEVOLANella sintesi storica della nèvola di Ortona, pubblicata apag. 15 del numero di settembre, il nome del prof. FrancoCercone deve intendersi citato soltanto come autore del li-bretto sul dolciume.

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salsa. I vini, scelti voluta-mente in zona, sono un ab-binamento di pregio. La me-daglia dell’Accademia conse-gnata da Paolo Petroni sug-gella la riuscita della cena. Lasorpresa della vestizione del-la sposa, con antichi costumie ori tradizionali, concludequesto interessante riuscitis-simo convegno.

TERMOLI19 giugno 2011

Osteria “Gallo Rosso” diModesto Petacciato, fonda-ta nel 2004. �Via Roma 65,Santa Croce di Magliano(Campobasso); �0874729949; coperti 35. �Par-cheggio sufficiente; preno-tazione consigliabile; feriemai; giorno di chiusuranessuno. �Valutazione7,50; prezzo € 30,00; fa-miliare, accogliente.

Le vivande servite: frittellepasticciate alle zucchine;guglielmine al tartufo scor-zone di S. Pietro Avellana;tortina boscaiola ai porcinisu passata di ceci fra ricciolidi sfoglia e ortiche; vredoc-chi con ragù alla santacroce-se; chitarrina santacroceseagli asparagi selvatici conmazzetto di asparagi al por-ro e petali di carote; agnellovissano porchettato al salearomatico; costolette impa-nate su purea di patate; trec-cia santacrocese; caciocaval-lo podolico con pera arrostoal miele di millefiori con li-quore al basilico; tomino diricotta caprina all’amarena eamaretti caserecci con li-quore di Prunus spinosa.

I vini in tavola: Nero diTroia “Alta” (cantina Tea-num); Merlot (produzionepropria).

Commenti: I tratturi legatialla civiltà della transuman-za, gli antichi saperi e la tra-dizione dei pastori protago-nisti di questa economiaplurisecolare, hanno spintol’Accademico Mascellaro aorganizzare, in modo egre-gio, nel borgo medievale diS. Croce di Magliano lambi-to dal regio tratturo Celano-Foggia, l’incontro di fineprimavera. Dopo aver parte-cipato, presso un rinomatocaseificio locale, a una inte-ressante dimostrazione dellafattura artigianale della fa-

mosa treccia di S. Croce,sotto la guida dell’agrono-mo dott. Rosati, gli Accade-mici si sono trasferiti al“Gallo Rosso” dove hannogustato ottime pietanze lo-cali legate alla transumanzala cui fine fattura e l’eccel-lente presentazione sonostate opera dello chef Mode-sto. Unanime il giudizio piùche positivo espresso dagliAccademici, paghi per lanotevole qualità del ciboche ha compensato la len-tezza del servizio.

TERMOLI29 luglio 2011

Ristorante “Svevia” di CarloVincitorio, fondato nel 2011.�Via Giudicato Vecchio 24,Termoli (Campobasso);�0875 550284; coperti 50.�Parcheggio scomodo; preno-tazione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura lu-nedì. �Valutazione 7,10;prezzo € 45,00; elegante, ca-ratteristico.

Le vivande servite: insalatadi polpo e sedano; passatinadi fave, cicoria e mazzancolleal lardo; “u’ Pappone”; risottoal nero e seppiolina grigliatacon olio al basilico; chitarrinealla marinara, zafferano ecrema di scarola; filetto di S.Pietro in crosta di patate e fa-giolini cotti nel brodetto di S.Pietro; macedonia di fruttafresca con guazzetto di melo-ne; semifreddo alla ricotta,pere e mosto cotto con tar-tufo estivo rapé.

I vini in tavola: Proseccosuperiore extra dry Docg“Villa Sandi” (Treviso); Tinti-lia del Molise Doc “Cantinad’Uva” (Larino); Venas bian-co Igt Terre degli Osci “Canti-na Cipressi” (S. Felice delMolise); Moscato reale “Apia-nae” 2007 (cantina Di MajoNorante).

Commenti: Ben riuscitol’incontro conviviale sapien-temente organizzato dalConsultore Marino, alla vigi-lia del lungo periodo di fer-mo biologico della pesca inAdriatico, che si è tenuto inquesto locale storico delborgo antico a due passi dapiazza Duomo, riaperto dapochi mesi dopo l’eccellenteristrutturazione voluta dainuovi proprietari. La rivisita-zione di alcune ricette della

tradizione marinara e ricetteinnovative di pesce, createdallo chef Massimo Talia,per esaltare il felice connu-bio pesce-prodotti dell’orto,hanno caratterizzato l’intri-gante menu proposto agliAccademici, il cui giudizio èstato sicuramente positivoper la pregevole fattura e sa-pidità dei piatti. Ha cataliz-zato l’attenzione degli Acca-demici e dei numerosi ospitila relazione tenuta dal prof.G. Salvatori, docente diScienze tecniche dieteticheapplicate presso la facoltà dimedicina del Molise, sul va-lore nutrizionale dei singolipiatti. Ottimo e professiona-le il servizio.

NAPOLI-CAPRI24 luglio 2011

Ristorante “Lo Smeraldo” diAntonino Aversa, fondato nel1958. �Piazza Vittoria 1, Ma-rina Grande, Capri (Napoli);�081 8375072; coperti 70.�Parcheggio scomodo; preno-tazione necessaria; ferie mesiinvernali; giorno di chiusuranessuna. �Valutazione 8;prezzo € 40,00; rustico.

Le vivande servite: fritturadi polpette di melanzane, fio-ri di zucca ripieni, panzarottiripieni di caciotta e formag-gio, paste cresciute con al-ghe; antipasto di mare (car-paccio di polpo, salmonemarinato, gamberetti saltati,calamarata al sugo di scorfa-no, pesce spada ai ferri); in-salata di rucola e pomodori;semifreddo al torroncino; li-moncello.

I vini in tavola: FalanghinaDoc (De Falco).

Commenti: Forse le miglioripolpette di melanzane dell’i-sola di Capri, comunque ec-cellente la frittura. Ottimil’antipasto e la calamarata. Distraordinaria freschezza il pe-sce spada. Un servizio atten-to e sollecito. Lo raccoman-diamo a tutti gli Accademicidi passaggio sull’isola.

PENISOLASORRENTINA15 luglio 2011

Ristorante “Zi ‘Ntonio amare” di Mariano Russo,fondato nel 1999. �MarinaGrande, Sorrento (Napoli);�081 8073033, fax 0818781623; coperti 200.�Prenotazione necessaria;ferie gennaio-febbraio.�Valutazione 7,50; prezzo€ 40,00; tradizionale, ac-cogliente, rustico, caratteri-stico.

Le vivande servite: fritturi-na sfiziosa dello chef, mozza-rella di bufala, verdurine gri-gliate; paccheri di Gragnanocon scampi e provolone delmonaco; dentice al forno conpatate; crostata ai frutti di bo-sco; liquori della casa.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene; Amineo Co-da di Volpe, Cantine del Ta-burno.

Commenti: La riunione con-viviale d’estate, organizzatadalla solerte Simposiarca Ve-ra De Simone Padula, in unlocale sulle palafitte dellaMarina Grande di Sorrento,ha consentito alla Delegazio-ne, presente in gran numero,di apprezzare le classichepietanze della gastronomiamarinara sorrentina. Applau-dita la brigata di cucina.

CASTEL DEL MONTE6 luglio 2011

Ristorante “Umami” di FeliceSgarra e Gabriele Leonetti,fondato nel 2011. �Via Tra-ni 103, Andria; �0883261201; coperti 90. �Par-cheggio custodito, sufficien-te; prenotazione consigliabi-le; ferie novembre; giorno dichiusura domenica sera elunedì. �Valutazione 8;prezzo € 35,00; elegante.

Le vivande servite: entrée“Umami”; parmigiana con ca-pocollo di Martina Franca ericotta di bufala; raviolo di fa-

rina di kamut con burrata etartufo delle Murge; controfi-letto ai “carboni” con fiori dizucchina al tarallo e focacciadi grano arso; tagliata di frut-ta fresca con semifreddo allafava Tonka.

I vini in tavola: vino bianco,rosé e rosso della cantinaGiancarlo Ceci di Andria.

Commenti: Con una parteci-pazione quasi totale degli Ac-cademici, la riunione convi-viale si è svolta nel ristorante“Umami”, termine giappone-se che si identifica come“quinto gusto”, il gusto delsaporito. Il Delegato ha riferi-to, in sintesi, sull’Assembleadei Delegati e sul XXII conve-gno sulla civiltà della tavola.È stato particolarmente ap-prezzato il menu elaboratodallo chef andriese FeliceSgarra, peraltro vincitore alconcorso della Rai “La provadel cuoco”. A conclusionedella riunione, svoltasi all’in-segna della sobrietà e be-neaugurante per l’estate, ilDelegato ha consegnato algestore del ristorante il piattocon il tempietto dell’Accade-mia e il guidoncino della De-legazione. Una serata di parti-colare significato, con l’in-gresso di tre nuovi Accademi-ci: Francesco Frezza, Ruggie-ro Laporta e Silverio Pastina.

LECCE9 luglio 2011

Ristorante “Marechiaro” diAntonio Quintana, fondatonel 1903. �Lungomare Mar-coni, Gallipoli (Lecce);�0833 266143, anche fax;coperti 150+150. �Parcheg-gio incustodito, sufficiente;ferie mai; giorno di chiusuranessuno. �Valutazione 7,50;prezzo € 45,00; tradiziona-le, accogliente.

Le vivande servite: polpettedi polpo; insalata di mare;polpo alla pignata; tubetti al-lo scorfano; grigliata di pescecon gamberoni, pesce spadae seppia; torta gelato.

I vini in tavola: Teresa Ma-nara, Cantele.

Commenti: La Delegazioneè tornata dopo 5 anni a visita-re quello che è sicuramente ilpiù antico ristorante non solodi Gallipoli ma di tutto il Sa-lento, avendo una storia più

CAMPANIA

PUGLIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

che centenaria. L’attuale ge-stione opera da 9 anni e sicu-ramente onora la straordinariabellezza di questo locale co-struito su uno scoglio nelpunto in cui l’isola gallipolinasi collega con la terraferma.L’impegno del gestore ha por-tato un ulteriore miglioramen-to degli spazi esterni e soprat-tutto della cucina. Ottimo ilservizio, veloce e garbato.

VULTURE26 giugno 2011

Ristorante “Grotta Azzurra”di Girolamo Carbone, fon-dato nel 1957. �Via Carmi-ne 13, Melfi (Potenza);�0972 238134; coperti 80.�Parcheggio scomodo; pre-notazione consigliata; gior-no di chiusura domenica se-ra. �Valutazione 8,50; prez-zo € 35,00; elegante, acco-gliente.

Le vivande servite: antipa-sti vari (mozzarelline, lucani-ca, capocollo, lardo d’Arnadcon crostini, bocconcini dipollo croccanti); ravioli dibaccalà con filet e pomodori-no; maccaronara con bac-calà, uvetta e peperoncino;baccalà su crema di ceci;baccalà fritto con confetturadi limoni e cipolle; baccalàalla trainiera; crème caramel;millefoglie; crema catalana.

I vini in tavola: Bianco Ma-tera Greco Doc della cantinaMartino di Rionero in VultureSoprano; Aglianico del Vultu-re Doc della cantine Morea diMaschito.

Commenti: Il baccalà, consi-derato un tempo il pesce deipoveri, ha avuto un posto digrande rilievo nella tradizionealimentare lucana. Merita,quindi, di non essere dimenti-cato oggi, visto che con i mo-derni mezzi di conservazionee trasporto il pesce fresco èassai disponibile. Lo chef Lui-gi Pacella, memore del passa-to, ha voluto farne la basedella sua cucina, elaborandoun menu fondato tutto sul

baccalà. Il risultato è stato ve-ramente notevole. Lo chef hasaputo creare dei piatti dalgusto raffinato che, rispettan-do le caratteristiche precipuedel baccalà, sono stati una ve-ra delizia per il palato.

VULTURE17 luglio 2011

Agriturismo “La Maddalena”di Arnaldo Lagala, fondatonel 2001. �Contrada Mad-dalena, Venosa (Potenza);�0972 32735, fax 0972374000; coperti 100. �Par-cheggio custodito, sufficiente;prenotazione consigliabile;ferie febbraio e ultime duesettimane di settembre; gior-no di chiusura lunedì. �Va-lutazione 8; prezzo € 35,00;familiare, accogliente.

Le vivande servite: ovolinedi bufala, salumi vari, flan diricotta, flan di zucchine, par-migiana di melanzane, invol-tini di fagiolini con pancetta,peperoncini fritti, mousse diricotta con marmellata dellacasa, fiori di zucca fritti; piat-to di Orazio (lagane, ceci eporri con olio extravergine,piatto ispirato a dei versi diOrazio); orecchiette con sal-sicce, pomodorini e rucola;paccheri all’Aglianico; pastaal torchio con funghi porcinie tartufo del Vulture; arrostodi costata di podolica; griglia-ta di carne mista; filetto di vi-tello; dolci della casa dellatradizione dolciaria lucana.

I vini in tavola: Nero degliOrsini, Aquila del Vulture,Rosso del Balzo, tutti Agliani-co Doc.

Commenti: L’agriturismo“La Maddalena” occupa unasuperficie di circa ottanta et-tari, buona parte dei quali ècoltivata a vigneto con viti-gno Aglianico. Il gestore puòcosì produrre il suo vino. Ot-timi tutti i piatti della cucinache ci hanno fatto gustareprofumi e sapori della gastro-nomia lucana.

CROTONE15 agosto 2011

Ristorante “Lido degli Scogli”di Vincenzo Sposato e fratel-li, fondato nel 1981. �VialeMagna Grecia 49, Crotone;�0962 28625, fax 096225762; coperti 350. �Par-cheggio custodito, sufficien-te; prenotazione consigliabi-le; ferie novembre; giorno dichiusura lunedì. �Valuta-zione 7,50; prezzo € 70,00;raffinato, caratteristico.

Le vivande servite: cavatel-li con salsetta di pomodoroal profumo di basilico inne-vati da riccioli di ricotta affu-micata; riso freddo Falstaff aicrostacei; dentice al sale conguarnizioni di salse alla Ver-di; insalata di polpo allamentuccia; involtini di carneall’Aida; tiella; verdure e or-taggi grigliati; alzate di fruttaestiva; delizie del gelataio incialda croccante; cassata tri-colore di Pizzo.

I vini in tavola: Almaneto,Critone, Duca San Felice, LePassule (tutti delle cantineLibrandi Cirò, KR).

Commenti: In occasione diuna manifestazione celebra-tiva del 150° anniversariodell’Unità d’Italia, la Delega-zione ha affidato al ristorante“Lido degli Scogli”, tra i mi-gliori del territorio, l’allesti-mento del sontuoso ban-chetto italico dedicato a Giu-seppe Verdi. Sulle tavole delbuffet, una teoria di pietanzein bianco, rosso e verde hastupito i numerosi ospiti, ol-tre che per la presentazione,anche per i sapori di squisitogusto mediterraneo, indiciuniversali di italianità. Otti-mo il dentice al sale, odoro-so di mare, guarnito con lecoloratissime salse alla Verdi,e sublime la cassata tricoloredi Pizzo. Perfettamente abbi-nati alle vivande i vini, idealiper i vari brindisi patriotticiche si sono susseguiti nelcorso della riuscita manife-stazione accademica convi-viale.

REGGIO CALABRIA1 luglio 2011

Ristorante “Il Ponte” di Sa-mat snc, fondato nel 1990.�Via Lungomare, Scilla(Reggio Calabria); �0965790477, anche fax; coperti350+50. �Parcheggio insuf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; ferie novembre;giorno di chiusura lunedì(in inverno). �Valutazione7,20; prezzo € 28,00; tradi-zionale, accogliente.

Le vivande servite: mezze-lune di pasta fresca ripiene dipesce spada alla ghiotta scil-lese; ravioli di cernia in salsarosata ai gamberi; involtini dipesce spada; cernia alla mari-nara; pesce locale arrosto; ti-ramisu dello chef.

I vini in tavola: Greco diTufo Doc 2010 (Mastroberar-dino); Critone Igt Calabria2009 (Librandi); Fiano diAvellino Doc 2010 (Mastro-berardino).

Commenti: In un ambienterilassante, a pochi metri dalmare, la riunione convivialeha gratificato i commensalidel piacere di gustare prepa-razioni di pesce fresco pe-scato sul posto. Il giudiziocomplessivo è stato favore-vole e ha tenuto conto delpositivo rapporto qualità/prezzo. L’incontro è stato ac-compagnato dalla proiezio-ne di una serie di video e didiapositive della videotecadella Delegata, in tono conla serata, limitata dall’ora tar-da di conclusione della riu-nione conviviale, ma egual-mente apprezzata.

ETNEA21 luglio 2011

Ristorante “Donna Carme-la” di Mario e Michele Fa-ro, fondato nel 2009.�Contrada Grotte 7, Car-ruba di Riposto (Catania);�348 5952412, fax 095964340; coperti 50. �Par-cheggio custodito, suffi-

ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giornodi chiusura nessuno. �Va-lutazione 8; prezzo €

50,00; accogliente.

Le vivande servite: crespel-line miste; parmigiana rivisi-tata al bicchiere; cuscus ta-bulé; sformatino di melanza-ne con concassé di pomodo-ro, mandorle, primo sale ebasilico; riso carnaroli mante-cato al nero di seppia con pi-selli, mandarino candito e fi-langé di piacentino ennese;calamarata di Gragnano sal-tata con uova di pesce spada,pomodorini essiccati, men-tuccia e conza; fagottini dipesce bandiera al pane sapo-rito su peperoni alla carbo-nella e zoccolo di cicoriette;granitina al mandarino e ne-pitella; tortino al cioccolatobianco con cuore caldo e ge-lato alla vaniglia.

I vini in tavola: ProseccoBiancavigna; Pietradolce rosé2010; Versante Nord 201.

Commenti: La Vice-Delega-ta Fiorella Russo, nella vestedi Simposiarca, ha organizza-to una bellissima serata dimezza estate in un ristoranteubicato all’interno di una vil-la ristrutturata di fine Otto-cento, immersa in un vivaiodi piante mediterranee e sub-tropicali. Prima della riunio-ne conviviale l’AccademicoAntonio Cancelliere haproiettato un suo lavoro con-sistente in una raccolta dispezzoni di film in cui è evi-denziato il rapporto dell’uo-mo con il cibo. La riunioneconviviale, con un menu co-stituito da pietanze della tra-dizione siciliana, sapiente-mente rivisitata dagli chef nelrispetto degli antichi sapori,ha incontrato il plauso degliintervenuti. Particolarmenteapprezzati la calamarata diGragnano e i fagottini di pe-sce bandiera.

MARSALA12 luglio 2011

Ristorante “A Due Passi dalMare” di Sabina Ardia�Lungomare Torre Sibilia-na, Petrosino (Trapani);�092 3732362; coperti 120.�Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie mai; giorno di chiusuralunedì. �Valutazione 7,50;prezzo € 30,00; rustico.

BASILICATA

SICILIA

CALABRIA

PUGLIA segue

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Le vivande servite: polpoalla greca; capriccio di gam-bero rosso con agrumi; ma-rinato di pesce; scialatiellicon asparagi, cernia e porrocroccante; trancetto di denti-ce gratinato alle erbe; patatesauté; julienne di verdure;insalata di frutta; torta capre-se con gelato.

I vini in tavola: Prosecco(Masottina); Tareni (Duca diCastelmonte).

Commenti: Ottimo Simpo-siarca l’Accademico AngeloFici che ha illustrato le vi-vande in maniera esaurien-te, sottolineando come lacucina, essendo la proprie-taria del ristorante di origi-ne campana, risentiva deiprofumi e dei gusti di quellaregione. Esempio il dessert:la classica torta caprese (quiservita col gelato al postodella panna). La serata èstata estremamente grade-vole, allietata dalla presen-za di molti ospiti. La Dele-gata non ha mancato di ri-cordare che quindici anni fa- sponsor la Delegazione diTrapani -, esattamente il 21giugno del 1996, veniva te-nuta la serata inauguraledella Delegazione di Marsa-la. Primo Delegato, semprerimpianto da tutti e mai di-menticato, Giacomo Pelle-grino.

MODICA 28 giugno 2011

Ristorante “Taverna Nica-stro” di Salvatore Nicastro,fondato nel 1948. �ViaSan’Antonio 28, Modica(Ragusa); �0932 945884;coperti 80+40. �Parcheggioscomodo; prenotazioneconsigliabile; ferie mai;giorno di chiusura dome-nica e lunedì. �Valutazio-ne 7,75; prezzo € 22,00;rustico.

Le vivande servite: antipa-sto della casa (“scacce” mi-ste, arancino, gelatina dimaiale, “pastieri”, ragusanoDop, salumi di produzionepropria); ravioli di ricotta alsugo di maiale; cavati conricotta, ciliegino e finoc-chietto selvatico; coniglioalla Nicastro; gelo di can-nella, cannolo di ricotta.

I vini in tavola: vino dellacasa.

Commenti: La Delegazioneha visitato la più antica delleex “putie ro vinu” ancora inesercizio, trasformatasi neltempo in un’accogliente trat-toria. Il ricambio generazio-nale - Salvatore Nicastro èsucceduto ai genitori - nonha intaccato la genuinità e labontà della cucina. Oltre aipiatti della tradizione modi-cana è stata presentata unanuova proposta cucinaria(cavati con ricotta, ciliegino efinocchietto selvatico) parti-colarmente apprezzata, chesi può definire a chilometrozero in quanto sono stati uti-lizzati solo prodotti tipici lo-cali e di stagione. Buono ilservizio e accattivante l’am-biente, all’esterno del locale,con i tavoli posti su una sug-gestiva scalinata.

PALERMO27 giugno 2011

Ristorante “La Cuba-Sperlin-ga” di Bi.Pa. di Giuseppe Sa-viano, fondato nel 1965.�Viale Francesco Scaduto -Villa Sperlinga, Palermo;�091 309201, fax 0916257168; coperti 80. �Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile. �Valu-tazione 8; prezzo € 35,00;elegante.

Le vivande servite: fritturi-ne, stuzzichini; millefoglie dibaccalà con filettini di triglie;sformatino al ragù di tonnocon vellutata di zucchinettee gamberoni con fiore dizucca in pastella di birra; fi-letto di orata panato con pi-stacchi e verdurine; gelatogiardinetto (fragola, limone,pistacchio).

I vini in tavola: ProseccoValdobbiadene; bianco Char-donnay e rosso Merlot (am-bedue dei Principi di Butera).

Commenti: Riunione convi-viale di inizio vacanze estive.Nel complesso una buonacena con particolare apprez-zamento per l’antipasto. Èstato presentato e distribuitoagli Accademici il volumeedito per i 150 anni dell’U-nità d’Italia sui menu delQuirinale per 15 capi di Sta-to. Breve relazione del Dele-gato circa le iniziative del-l’Accademia per le celebra-zioni, con particolare riferi-mento ai convegni di Torino,Firenze e Roma.

PALERMO MONDELLO26 luglio 2011

Ristorante “Phi Beach” diPietro Greco, fondato nel2010. �Lungomare Cristofo-ro Colombo 2351, Palermo;�091 6849212; coperti 60.�Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie 16 settem-bre-14 giugno; giorno dichiusura lunedì. �Valuta-zione 7,20; prezzo € 35,00;elegante.

Le vivande servite: boc-concini con bresaola; tartinecon salmone affumicato;mozzarelline fritte; insalatadi mare in cestini di crosta dipasta brisé; salmone al for-no; spinaci al vapore; fruttafresca.

I vini in tavola: Spumantebrut “Antica Fratta” DocFranciacorta (Monticelli Bru-sati, BS); bianco Grillo “Whi-taker” Igt (Tasca d’Almerita,prodotto nell’isola Mothiadavanti a Marsala).

Commenti: Ultima riunio-ne conviviale estiva primadelle vacanze, in un localefra i più alla moda dellacittà, sulla scogliera dell’Ad-daura, frequentatissimo perlo più da giovani. PietroGreco ha accolto gli Acca-demici e i loro ospiti nel mi-gliore dei modi con un me-nu sobrio ma ricco di conte-nuti. Cibi presentati con ele-ganza e ben decorati: un’ap-prezzabile sintesi di moder-nità e nel contempo di tradi-zione rispettata. Fresco ilpesce e, con i tempi checorrono, anche nei luoghi dimare, è già tanto.

SIRACUSA20 luglio 2011

Ristorante “Perbacco” diDavide Pennavaria, fonda-to nel 2006. �Via Roma120, Siracusa; �0931449046; coperti 100. �Par-cheggio nelle zone riservatedi Ortigia; prenotazioneconsigliabile; ferie mai;giorno di chiusura domeni-ca. �Valutazione 8,40;prezzo € 40,00; elegante,accogliente.

Le vivande servite: fantasiadi mare; spaghetti dello Jonio;pescato del giorno “Perbacco”;gelo di Marsala e pere.

I vini in tavola: bianco“Leone” Igt 2010 (Tasca d’Al-merita, Sicilia); rosso “Sirah”Igt 2010 (Cusumano, Sicilia);Moscato di Siracusa - Sola-cium Doc (Pupillo).

Commenti: Il Delegato An-gelo Tamburini ha avviatol’incontro presentando il nuo-vo Accademico Salvatore Mi-dolo, accompagnato dallaconsorte, che ha ricevuto leinsegne dal Vice-PresidenteBenito Fiore, il quale ha datoanche stimoli e riferimentiper un percorso accademicoattivo e motivato. Di seguitoTamburini ha presentato ilvolume “I menu del Quirina-le - 150 anni di menu per 15capi di Stato”. L’interesse de-gli Accademici ha sottolinea-to l’intervento con un lungoapplauso. Ha fatto seguito iltradizionale convivio: unafantastica sequenza di prepa-rati di pesce marinati e cotti,soprattutto una “matalotta” dicernia alla siracusana inap-puntabile, dal gusto pieno ericco di intense suggestionisensoriali, e il dolce, piacevo-le e interessante. Il Delegatoha consegnato il guidoncinoe la vetrofania accademici almaestro di cucina Lele Rizzo,alla coordinatrice del servizioAnna Curatolo e al proprieta-rio Davide Pennavaria, pro-vati, emozionati e raggianti.

ORISTANO9 luglio 2011

Ristorante “Da Giovanni” diGiovanni Garau, fondatonel 1962. �Via Colombo 8,Torregrande (Oristano);�0783 22051; coperti 100.�Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie novembre;giorno di chiusura lunedì.�Valutazione 7,70; prezzo €30,00; tradizionale.

Le vivande servite: zuppadi pesce; pere caramellatecon gelato.

I vini in tavola: Sa Mola (A.Loi).

Commenti: Riunione convi-viale di chiusura prima dellapausa estiva. La Delegazionesi è ritrovata numerosa da“Giovanni” a degustare lazuppa di pesce, che lo chefNatale Carboni ha saputoben interpretare utilizzandomaterie prime di alta qualità.Gli Accademici e gli ospitihanno gradito la propostadel piatto unico (lamentan-dosi del servizio un po’ len-to) e la serata si è svolta inun clima piacevole e propo-sitivo circa i programmi e leattività da intraprendere.

IRLANDA

DUBLINO2 agosto 2011

Ristorante “Bar Italia” di Ste-fano Crescenzi e David Izzo,fondato nel 2006. �Ifsc, Du-blin 1, Dublino; �353 18741000; coperti 100. �Par-cheggio scomodo; prenota-zione non necessaria; feriemai; giorno di chiusura nes-suno. �Valutazione 7; prez-zo € 46,00; familiare.

Le vivande servite: antipa-sto misto di salumi, formaggie delizie dell’orto; pizza ascelta; profiteroles o tiramisu.

I vini in tavola: ProseccoValdobbiadene Doc (Asto-ria); Vernaccia di San Gimi-gnano (Castelgreve).

Commenti: Convivio d’ago-sto in un ristorante del centrofinanziario della capitale ir-landese, noto soprattutto perl’ottima pizza. Proprio la piz-za è stata scelta dal Simpo-siarca della serata come piat-to principale di un menu piùsemplice di quelli tradizional-mente proposti agli Accade-mici. Il convivio è stato l’oc-casione per il Delegato di fa-re il punto sulle attività e iprogetti della Delegazione,nonostante la crisi economicache attanaglia il Paese nonrenda certo facile la vita acca-demica. Nel corso della serataè stata anche presentata la

SARDEGNA

EUROPA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

pubblicazione “I menu delQuirinale”, edita dall’Accade-mia. Informale e accoglientel’ambiente del ristorante. Aidiscreti antipasti, a onor delvero non troppo curati nellapresentazione in tavola, hafatto seguito una pizza comedi consueto molto buona,una delle migliori sulla piazzadublinese e nei limiti di quan-to possa essere preparatosenza il tradizionale forno alegna, rarissimo in Irlanda.Buoni anche se non partico-larmente originali i dessert,migliorabile il rapporto qua-lità/prezzo, in particolare perquanto riguarda le bevande.

OLANDA

UTRECHT25 giugno 2011

Ristorante “Sardegna” diSandra Casti e Antonio Va-nossi, fondato nel 1982.�Oudegracht 161, Utrecht;�030 2311590, anche fax;coperti 90. �Parcheggio suf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; ferie due settimanein luglio, due a fine dicem-bre-inizio gennaio; giorno dichiusura domenica. �Valu-tazione 7,54; prezzo €

60,00; elegante, tradizionale.

Le vivande servite: bru-schetta; antipasto sardo(guancia di maiale, burrida ditonno, verdure grigliate, sala-me ecc.); “malloreddus”; ora-ta alla Vernaccia oppure filet-to alla forestiera; tiramisu allaGianni, gelato, panna cotta.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene 2009 (Belus-si); Vermentino di Sardegna2009 (Sella e Mosca); Monicadi Sardegna 2007 (Meloni).

Commenti: Da quasi 30 anni“Sardegna” è considerato unodei migliori ristoranti italianidi Utrecht e dintorni. Giannie Jenny Casti hanno dato alloro locale un’impronta parti-colare, che è sempre statamolto apprezzata. Ora questocompito è passato alla figliaSandra e al marito AntonioVanossi, che hanno accoltogli Accademici con simpatia.Dopo il Prosecco con la bru-schetta è stato servito un otti-mo antipasto. I “malloreddus”hanno suscitato entusiasmogenerale, anche se qualcunosi è lamentato che il suo piat-to era freddo. Il finocchietto

selvatico ci stava a pennello,ma per alcuni era un po’troppo forte. Molto buona l’o-rata, lo stesso dicasi per il fi-letto alla forestiera, con unasalsa piena di gusto e di con-sistenza. Dei dessert il più ap-plaudito è stato il tiramisu. Lascelta dei vini è stata perfetta,ben abbinati sia il Vermentinoche il Monica. Il servizio èstato attento e corretto. La riu-nione conviviale, organizzatadall’Accademica Carla Stut-terheim assieme a Italo DeLorenzo, è stata come unapasseggiata nell’ambiente fa-miliare della cucina sarda.

SPAGNA

VALENCIA24 giugno 2011

Ristorante “Italia di Gusto”di Italia di Gusto srl, fondatonel 2011. �Avenida Reinode Valencia 35, Valencia;�96 3310859; coperti 20.�Parcheggio incustodito;prenotazione necessaria; fe-rie due settimane centrali diagosto; giorno di chiusuradomenica. �Valutazione 8;prezzo € 32,00; familiare.

Le vivande servite: crostinial burro e acciughe, crostinicon paté di ricciola, crostinicon paté di pesce spada; sup-pizzata, cuore e bottarga ditonno con pomodorini pachi-no all’olio agrumato di limo-ne; ziti lisci con sgombro delMediterraneo, bottarga dimuggine e pomodorini; risoVenere nero con tonno delMediterraneo; polpettine di fi-letto di pesce spada; pan no-ciato con crema pasticciera.

I vini in tavola: Trebbianodi Romagna Sassatello; Grillodella Valle del Belice; Tre Fi-ler 2007.

Commenti: Singolare localedove degustare e acquistareprodotti di nicchia. In occa-sione della cena di inizioestate, la Delegazione è stataaccolta con molta attenzioneed entusiasmo.

AUSTRALIA

BRISBANE24 agosto 2011

Ristorante “Tartufo” di TonyPercuoco, fondato nel 2007.�Emporium, 1000 AnnStreet, Fortitude Valley (Bri-sbane); �07 38521500; co-perti 94. �Parcheggio custo-dito; prenotazione consiglia-bile; giorno di chiusura nes-suno. �Valutazione 7,50;prezzo aus$ 110,00; elegante.

Le vivande servite: panecasereccio; crudo di polpo;vitello tonnato; paté di fegati-ni di pollo; trota al finocchio;ravioloni di anatra; sorbettodi mandarino; agnello in pa-della; fondente al cioccolato.

I vini in tavola: Margo Pro-secco di Valdobbiadene, Ve-neto; Uricuolo Fiano di Avel-lino 2009, Campania; FattoriSoave classico Danieli 2009,Veneto; Babo rosso L’IsolanoIgt 2008, Sicilia; Cascina Bru-ni Gavi de Gavi a Michela2009, Piemonte; BonacostaValpolicella classico 2009,Masi; Chianti classico Peppo-li Antinori Docg 2008, Tosca-na; Pellegrino passito di Pan-telleria 2006, Sicilia.

Commenti: La riunione con-viviale si è svolta in un am-biente accogliente nel qualegli Accademici e i loro ospitihanno trascorso una piace-vole serata, assaporandopiatti tipici della cucina italia-na proposti dallo chef TonyPercuoco. Il giudizio genera-le della cucina è stato positi-vo nonostante sarebbe statopossibile raggiungere l’eccel-lenza se alcuni dettagli fosse-ro stati curati meglio. Alcunipiatti erano scarsi di quantitào avrebbero richiesto unmaggiore condimento. Parti-colarmente apprezzati sonostati il sorbetto al mandarinotra la prima e la secondo por-

tata, e il dolce fondente alcioccolato ricco nel suo sa-pore. Va sottolineato il buonrapporto tra prezzo e qualità.

SYDNEY28 luglio 2011

Trattoria “La Pesa” di Maki eMichael Dackin, fondata nel2010. �172-174 LiverpooolStreet, Darlin (Sydney); �0293314358. �Ferie due setti-mane e mezzo a Natale; gior-no di chiusura domenica.�Valutazione non effettuata.

Le vivande servite: risottoallo zafferano; ossobuco conrisotto; costoletta alla milane-se; spezzatino di cervo coninsalatina di cipolle al timo;tiramisu; sbrisolona.

Commenti: Cucina lombar-da con piatti tipici milanesi equalche accenno ad altre re-gioni. Servizio cortese anchese con qualche ritardo tra ilprimo e i secondi. L’ossobu-co non era di vitello ed è sta-to servito in porzioni esage-rate. Deludente il tiramisu.Da riprovare in gruppi menonumerosi.

BRASILE

RIO DE JANEIRO10 agosto 2011

Ristorante “Duo” di Nicola,Giorgio e Dionino Chaves,fondato nel 2011. �Rua Eri-co Verissimo 690, Rio de Ja-neiro; �021 24844547; co-perti 110. �Parcheggio cu-stodito; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. �Valuta-zione 8,50; prezzo € 70,00;elegante.

Le vivande servite: polpoall’olio extravergine su pavédi patate o bocconcini di bac-calà alla siciliana con uvetta epinoli; risotto con scampi e

melanzane o tagliolini al nerocon capesante e calamaretti;tonno in rosso ai cinque pepisu purea di fave bianche ostinco di vitello con polenta,pecorino e salvia; mini babàcon crema al limone o mil-lefoglie crema chantilly e fra-gole; limoncello.

I vini in tavola: SpumanteCuitaripa brut; Vernaccia diSan Gimignano 2003 (Ceia-ni); Montepulciano d’Abruz-zo 2009 (Farnese).

Commenti: Il ristorante haavuto un immediato successoed è molto frequentato. Biso-gna riconoscere che questosuccesso è meritato per: am-biente spazioso, accoglientee molto gradevole; servizioattento e corretto; alta qualitàdella cucina, non comune inBrasile; ottimo assortimentodi vini, liquori e ricchezza delmenu. I titolari, eleganti ecordiali, stanno facendo ono-re alla nostra gastronomia.

SAN PAOLO11 luglio 2011

Ristorante “Vinarium” di Ci-ro Sabella e Marta dos Reis,fondato nel 2010. �AlamedaLorena 1214, San Paolo;�055 1130620597; coperti30. �Parcheggio custodito;prenotazione consigliabile;ferie mai; giorno di chiusuralunedì. �Valutazione 8;prezzo € 65,00; familiare,accogliente.

Le vivande servite: carpac-cio di polpo; spaghetti allevongole; paccheri al ragù na-poletano; pastiera di grano.

I vini in tavola: FalanghinaDoc 2009 e Aglianico Doc2008 (ambedue di VillaRaiano).

Commenti: Inaugurato allafine dell’anno scorso, è giàentrato nel giro dei ristorantipiù graditi dalla comunitàitaliana di San Paolo. Il loca-le, piccolo e accogliente, ècondotto da Ciro Sabella, na-poletano verace, cuoco dinotevole valore con espe-rienze in Italia e in Germa-nia, e da sua moglie Marta,che si occupa della sala. InBrasile, dove le cosiddette“cantinas” (specie di trattoriefamose per le porzioni ab-bondanti e tanto sugo di po-modoro) spesso vengono

N E L M O N D O

IRLANDA segue

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

confuse con ristoranti dell’I-talia meridionale, il “Vina-rium” è nato per difendere letradizioni del Sud della peni-sola, con ricette originali co-me i paccheri al ragù, prepa-rati ovviamente con la pastadi Gragnano. L’allegra e pia-cevole serata ha avuto comeospite d’onore l’ex calciatoreAntonio Careca, della nazio-nale brasiliana e del Napolicampione d’Italia, che è ri-masto entusiasta dalla cena,conclusa con altre due spe-cialità campane realizzatedal ristorante: la pastiera digrano e il limoncello.

CANADA

EDMONTON13 agosto 2011

Ristorante “Sorrentino Bi-stro” di Carmelo Rago, fon-dato nel 1979. �6867 170Street, Edmonton; �7804440524, fax 780 4830516;coperti 75. �Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione necessaria. �Valuta-zione 7; prezzo can$ 85; ele-gante e accogliente.

Le vivande servite: calama-ri ripieni all’aglio ed erbe, ac-compagnati da bruschette albasilico; penne al limone ebasilico; pollo alla Portofino,ripieno di mozzarella, pro-sciutto crudo, gamberi e co-perto con una salsa alla mo-starda e timo; insalata mista;zuccotto.

I vini in tavola: Montepul-ciano d’Abruzzo Docg (Colli-ne Teramane).

Commenti: Nonostante labellissima atmosfera di unafantastica serata estiva trascor-sa all’aperto, non abbiamopotuto fare a meno di notarela mediocrità delle penne co-me primo piatto, un po’ scottee mancanti di “personalità”.Ottime le altre portate.

ISRAELE

TEL AVIV20 settembre 2011

Ristorante “Cantina” di Joe.�Boulevard Rotchild 71, TelAviv; �103 6205051; coper-ti 80. �Prenotazione consi-gliabile. �Valutazione 8,50;prezzo € 44,00; elegante,accogliente.

Le vivande servite: bru-schetta; carpaccio; caprese;parmigiano e rucola; orec-chiette al tartufo; fettuccinecon asparagi e gamberi; risot-to alla milanese; branzino allimone; grigliata di carne;affogato al caffè; tiramisu;panna cotta.

I vini in tavola: Pinot grigio.

Commenti: Bellissima sera-ta allietata da una piacevolerelazione sulla cucina napo-letana tenuta dall’Accademi-ca Lucia Costantine Prudel.Erano presenti l’ambasciato-re in Israele Luigi Mattiolo esignora, il suo vice GabrieleAltana e il rappresentantedell’Alitalia Benedetto Men-caroni.

MESSICO

CITTÀ DEL MESSICO22 giugno 2011

Ristorante “Lucca” di MarcoValentini e Siegfried Malachow-ski, fondato nel 2011. �Ma-saryk 48, col. Polanco, Città delMessico; �0052 55 55316826;coperti 130. �Parcheggio custo-dito, sufficiente; prenotazionenecessaria; ferie mai. �Valuta-zione 8,19; prezzo $ 552,00 (€34,00); raffinato, accogliente.

Le vivande servite: pizzamargherita; crostini di vitellotonnato; crostini con insalati-na di calamari; insalata dipolpo; penne al ragù di coni-glio; fusilli alla pescatora;medaglioni di manzo ai fun-ghi porcini; branzino alle er-be; bignè ripieni al cioccola-to e sorbetto di mele allagrappa; limoncello.

I vini in tavola: Proseccodi Conegliano Veneto; Inso-lia e Chardonnaay di Sicilia;Nero d’Avola Igt (Nartece,Sicilia); Chianti SangioveseDocg (tenuta Il Corno FeudiZirtari).

Commenti: La serata è statamolto applaudita; il ristoran-te nuovo, ben decorato, faparte di una piccola catenadi locali dei quali tre in Cittàdel Messico e due a Monter-rey e Cuernavaca. La qualitàdei cibi ottima, il ragù di co-niglio un po’ dolce, la carnebuona. Nell’insieme tuttobene, con un buon servizioe buoni vini. Uno dei pro-prietari e il gestore sono stati

presenti tutto il tempo, lochef, messicano ma di scuo-la italiana, ha spiegato am-piamente il menu.

REPUBBLICA DOMINICANA

SANTO DOMINGO21 giugno 2011

Ristorante “Sapori & Antipa-sto” di Vilma e Franco Cur-cio, fondato nel 2008. �Av.Enriquillo 5, Los Cacigaz-cos, Santo Domingo; �8094825714, fax 809 4823140;coperti 80. �Parcheggio cu-stodito; prenotazione con-sigliabile; ferie mai; giornodi chiusura nessuno. �Va-lutazione 7,30; prezzo rds2.000 (€ 40,00); acco-gliente.

Le vivande servite: salmo-ne fresco marinato; strozza-preti caserecci con speck esalsiccia; spirali di filetto dimanzo ripiene di spinaci consalsa di funghi porcini; fagio-lini saltati con pinoli; moussedi mascarpone alla riduzionedi fichi freschi.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene extra dry (Bi-sol); Barbera d’Alba, 2009(Ceretto); Albana di Roma-gna passito (Cesari).

Commenti: Simpatico e ac-cogliente locale, che ha con-quistato una rispettabileclientela e i cui gestori han-

no dimostrato di aver le ideeben chiare. Le materie primedi ottima qualità, la cuoca si-gnora Marta, con vasta espe-rienza in ristoranti di fama,hanno fatto di questo convi-vio un momento particolar-mente gradevole. Il Delega-to, Simposiarca per l’occa-sione, Mario Boeri ha intro-dotto la cena illustrando ipunti principali dell’Assem-blea di Roma. La cena è stataaperta dall’ottimo salmonemarinato (7,70) seguito daglistrozzapreti eseguiti secon-do una ricetta della casa(7,10) e dal molto apprezza-to filetto arrotolato (7,50),che hanno confermato laqualità della cucina in gene-rale. I vini, apprezzati per laloro qualità (7,60), hannocostituito un abbinamentoarmonico. Purtroppo, datele dimensioni del ristorante,la saletta un po’ troppo pic-cola per il gruppo ha pena-lizzato il punteggio riferitoall’ambiente e anche il servi-zio, con qualche intoppo, haabbassato un poco il pun-teggio finale di una cena co-munque valida e apprezzata.

URUGUAY

MONTEVIDEO18 agosto 2011

Ristorante “Hosteria dei Bùe Bei” di Giovanni Ciuffo,fondato nel 2002. �AvenidaBolivia 1365, Montevideo;

�598 26000954; coperti 40.�Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie gennaio;giorno di chiusura lunedì emartedì. �Valutazione 8,40;prezzo € 46,00; familiare.

Le vivande servite: frittomisto di verdure; funghitrifolati; mortadella di Bolo-gna; bruschette varie al ro-smarino; trittico (risotto aifunghi porcini, pennette allemelanzane, casoncelli allabergamasca); cosciotto dimaiale alla lucana con patateal rosmarino; pastiera napo-letana; crostata di frutta.

I vini in tavola: ProseccoCrasé Santerò (Italia); Char-donnay Alamos 2009 e Mal-bec Alamos 2010, Mendoza(Argentina).

Commenti: La Delegazioneè tornata dopo quasi un an-no nel gradevole ristorantegestito con professionalità daGiovanni Ciuffo e dalla si-gnora Nancy alle pentole,con un menu tipicamente ita-liano preparato con ottimi in-gredienti, ove possibile im-portati dalla penisola. Il Pro-secco italiano servito comeaperitivo è stato di grandequalità, e sia lo Chardonnayquanto il Malbec, entrambi diprovenienza argentina, sonostati ugualmente all’altezzadella cena realizzata in unambiente di gradevole amici-zia e cordialità.

LA VIGNA AL SERVIZIO DELL’AMBIENTENaturalmente, la vigna produce vino, ma ha anche la capacità,altrettanto importante (come altre colture), di assorbire anidridecarbonica. L’Istituto agrario di San Michele all’Adige ha perfezio-nato un sistema per rilevare la quantità di CO2 assorbita da un vi-gneto, che può costituire quello che nel linguaggio pubblicitario èdefinito un “plus” nei confronti dei consumatori sempre più attentiai temi ambientali. Ma questa rilevazione, anziché per un solo vi-gneto, si potrebbe fare in tempi rapidi su un intero territorio, graziea un progetto che vede coinvolto anche il Cnr. Aerei supertecnolo-gici, infatti, hanno iniziato a sorvolare i cieli del Trentino, consensori, laser e telecamere in grado di fornire dati e informazionisullo stato del clima. “Il progetto - spiega il ricercatore Franco Mi-glietta - punta a poter ottenere, dal cielo, le stesse misurazioni cheoggi facciamo in vigna e a terra, con meno invasività di interven-to, tempi più rapidi e su larga scala”. E magari, in futuro, ad avereinformazioni su quanta anidride carbonica assorbe il pianeta intempo reale. Partendo, magari, dal vigneto.

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NUOVIACCADEMICI

PIEMONTE

AstiEmilio Torta

LIGURIA

GenovaPaola Colombo SimetaLiana FaddaAnna Maria PinascoMaria Stella Rollandi

LOMBARDIA

PaviaAntonio Spadetta

FRIULI-VENEZIA GIULIA

Gorizia Danilo Mazzarini

Muggia-CapodistriaAugusto DebernardiArianna IusMarina Simeoni

VENETO

Riviera Veronese del GardaMario FrancescottiAlfonso Sonato

EMILIA ROMAGNA

Cento Città del Guercino Fabrizio Toselli

Salsomaggiore Terme Pier Luigi Dodi

TOSCANA

Viareggio Versilia Fabrizio Ferruzzi

UMBRIA

GubbioCesare Arturo Morello MostoAlda Pierotti

LAZIO

Civitavecchia Clara MaiucciIlaria Piccolo

CAMPANIA

Napoli-CapriGiuseppe AlfanoEmanuela PalombiUgo PellegrinoMaria Pisani Morace

SICILIA

SiracusaLuisa Fiore

AUSTRALIA

BrisbaneAntonietta MuscilloNicoletta Muscillo

BRASILE

Rio de JaneiroAntonio Celso Alves Pereira

UNGHERIA

BudapestMarco Petacco

URUGUAY

MontevideoLuis Cavalieri

TRASFERIMENTI

LAZIO

Roma Nomentana Enrico Martini(dalla Delegazione di Tokyo)

CALABRIA

Reggio CalabriaAntonino Lupini(dalla Delegazione chiusa di Taormina)

AUSTRALIA

CanberraPaola Mantovani(dalla Delegazione di Dublino)

REGNO UNITO

LondraAndrea Caruso(dalla Delegazione di Roma)

SVEZIA

StoccolmaDavide Garofalo(dalla Delegazione di da Budapest)

VARIAZIONEINCARICHI

VALLE D’AOSTA

Monterosa Vice-DelegatoRenzo CarlottoConsultoriPier Giorgio Bondaz (Segretario)Piercarlo Carnelli (Segretario)Marcello ChristillinCesarino CollèClaudio MaioneJean-Claude Mochet (Tesoriere)Maria Pia Praz

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

Page 68: Accademia Italiana Della Cucina Nr.231 Ottobre 2011

C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 231 • PAG INA 67

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

LOMBARDIA

Crema Vice-DelegatoSergio FioriConsultoriStefano De BrigantiGabriele FoschiMaurizio Piccolini (Segretario-Tesoriere)Ambrogio Spinelli

FRIULI-VENEZIA GIULIA

Pordenone Vice-DelegatoGiorgio VielConsultoriPaolo BellavitisEmanuela Gaudenzi PalmaMarco PacelliNives PivaAlfredo Taiariol (Segretario-Tesoriere)Renato Zanella

EMILIA ROMAGNA

Bologna dei Bentivoglio Vice-DelegatoSalvatore SacconeConsultoriAnna Maria BonagaSimonetta Franchini StappoGino GhigiGiampiero Morganti (Tesoriere)Mauro TaddiaTito Trombacco(Segretario)

TOSCANA

Chianciano Delegato Giorgio Ciacci

UMBRIA

Gubbio Vice-DelegatoGiuseppe Montanari

ConsultoriEzio Maria Caldarelli (Segretario)Franco AgostinucciLuisa Francesca Melchiori RanghiasciBalducci

Walter Panarelli

LAZIO

Roma Vice-DelegatiMaria Attilia Fabbri Dall’OglioGiuseppe Ferrarini (Segretario-Tesoriere)ConsultoriPaolo BasiliNoemi Dell’OssoMaria Michela DraisciMarino MariniAntonio MasciulloAnna Tagliarini Teodorani

Roma CastelliDelegato Tullio Nicola Sorrentino Delegato onorarioBruno Cesaroni

ABRUZZO

Avezzano Vice-DelegatoGabriele FranciosiConsultoriMassimo Nicolai (Segretario)Franco Santellocco GarganoGeremia Saturnini (Tesoriere)

SICILIA

Palermo MondelloConsultore SegretarioSalvatore Bordonali

NON SONOPIÙ TRA NOI

LIGURIA

Riviera dei Fiori Antonio Semeria

TigullioAntonietta Castelli Graffigna

LOMBARDIA

Milano Ignazio Frugiuele

Milano Duomo Sergio Bertolotto

EMILIA ROMAGNA

Imola Tiziano Menzolini

TOSCANA

Viareggio Versilia Renzo Gagnesi

UMBRIA

Gubbio Raffaele CajaniOscar Pierotti

SICILIA

TrapaniCarmelo Solina

La Delegazione di Pordenone segnala cheè venuto a mancare Giuseppe Salice, fon-datore e primo Delegato di Pordenone,dal 1967 al 1969. Anche se non era più so-cio da parecchi anni, a lui va il sentito ri-cordo della Delegazione.

È deceduto il socio Silvano Bambagioni,tra i fondatori, 25 anni fa, della Delegazio-ne di Prato, che lo ricorda con rimpianto.

Aggiornamenti a cura diCARMEN SOGA, ILENIA CALLEGARO

e LORENA GALLINA

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

PIEMONTE

PINEROLO

RICORDODI GIOVANNI CHIRIOTTI

Giovanni Chiriotti, fondatore epresidente onorario della Chi-riotti Editori, consorte di Emi-lia, Accademica di Pinerolo, ciha lasciato a fine agosto. È sta-to un uomo gentile e operoso,dalla personalità eclettica edallo stile riservato, soprattuttoun gentiluomo. Tra i maggiori collezionisti ita-liani di menu (oltre 12.000) esocio fondatore, insieme ad al-tri appassionati, della Menu as-sociati per lo studio e la tuteladei menu storici, ha collabora-

to di recente al volume “I me-nu del Quirinale” edito dal-l’Accademia in occasione dellaricorrenza dei 150 anni dell’U-nità italiana. Per questo libroChiriotti ha messo a disposi-zione alcuni pezzi, rivelatisipreziosi. Nato a Frossasco (Torino) nel1931 da una famiglia di mu-gnai (la cui attività molitoria ri-sale alla metà del Settecento),fin da ragazzino aveva aiutatoil padre Ottavio nel molino diPinerolo. Dopo la guerra, l’in-teresse da parte dei mugnai auna maggiore informazioneaveva spinto il giovanissimoGiovanni a far nascere una ri-vista quindicinale, la prima inItalia, dedicata alla tecnologiamolitoria: “Selezione di Tecni-

ca Molitoria”. Nel 1950 fonda-va la Chiriotti Editori. Poi ilmatrimonio con Emilia, dandovita a un sodalizio pluridecen-nale che ha trovato terreno fer-tile sia nella sfera privata chein quella professionale, con lanascita, nel 1978, della rivista“Pasticceria Internazionale”.

LIGURIA

ALBENGAE DEL PONENTE LIGURE

DEPOSITATA LA RICETTADELLA “VENTRE”

Presso il ristorante “La Vigna”della frazione Solva di Alassio,la presenza autorevole del Se-

gretario Generale Paolo Petro-ni e del Coordinatore per la Li-guria Paolo Lingua ha dato lu-stro alla cerimonia con la qua-le la Delegazione ha registratocon atto notarile la ricetta stori-ca della “ventre”. Questo piatto è costituito dallostomaco del tonno salato edessiccato, cotto in casseruolacon gli aromi liguri, olio extra-vergine di oliva e vino biancoPigato. Riporta alla memoriagli anni mitici dell’attività delletonnare sarde, alla quale parte-cipavano i marinai liguri chepartivano dalla baia di Alassio. È documentato che nel 1795mollavano gli ormeggi allavolta della Sardegna venti bri-gantini e oltre mille marinai.Gli stessi ricevevano in com-

Il primo a parlarne fu Massimo Alberini, che era statotra i cofondatori dell’Accademia. Commemorando aPadova Orio Vergani ne ricordò con vivacità alcunisoggiorni tra i Colli Euganei, fra Abano, dove si ripo-sava facendo le cure termali, e Arquà Petrarca doveVergani scrisse pagine memorabili e venate di ironiaper il “Corriere della Sera”. Ma erano le scorribandeenogastronomiche fra le trattorie dell’acrocoro euga-neo a entusiasmare il nostro fondatore. Qui Orio ri-scopriva i buoni piatti regionali della tradizione italia-na che volle salvare con la fondazione dell’Accade-mia. E secondo Nemo Cuoghi, Delegato onorario diPadova, fu durante l’assidua e amicale frequentazio-ne dell’oste Toni Carta, detto Ballotta, e della sua omo-nima trattoria “Da Ballotta” in quel di Torreglia, aipiedi dei Colli Euganei, che nacque nella testa di Oriola prima idea di fondare il nostro Sodalizio. Da Bal-lotta Vergani aveva apprezzato particolarmente unpiatto: il torresano, ovvero il piccione ripieno al forno.Quando il sanguigno Ballotta, un omone che avevapercorso chilometri su e giù nella sua trattoria tra lasala e i fornelli, venne a sapere che a Breganze, loca-lità del Vicentino, un oste voleva brevettare il piatto deltorresano, andò su tutte le furie e anche con l’avallodi Orio Vergani citò davanti al pretore il collega diBreganze per plagio. Forse Orio si era divertito, conquel “sense of humour” che traspare da tutti i suoiscritti, a fare di una piccola cosa un “casus belli”, lavertenza comunque si risolse amichevolmente e il ma-gistrato riconobbe sia al comune di Torreglia che aquello di Breganze la paternità del torresano. Ancoraoggi nell’androne dell’“Antica Trattoria Ballotta” fan-

no bella mostra alcune fotografie d’epoca (eravamoagli inizi degli anni Cinquanta del Novecento) cheimmortalano Orio Vergani ai fornelli del locale, men-tre assaggia un risotto o il piccioncino, sotto il vigilesguardo di Toni Carta. E proprio per interessamentodel Delegato Fracanzani e dell’attuale proprietariodella “Trattoria Ballotta”, Fabio Legnaro, che in cuci-na ha come validi riferimenti la sorella Cristina e ilcuoco Emanuele Guariento, il sindaco di Torreglia haintitolato una strada a Orio Vergani, di fronte allatrattoria. Alla cerimonia d’inaugurazione, tre anni fa,il Presidente Ballarini non poté presenziare. È venutosui luoghi di Vergani qualche tempo fa, mantenendofede alla promessa. Ad accoglierlo il riconfermato sin-daco Bertoli, il Delegato, i Consultori di Eugania e al-tre autorità. Giovanni Ballarini ha sostato davanti al-la targa di via Orio Vergani, si è soffermato di frontealle foto color seppia che ritraggono Vergani e Ballottae ha scoperto la targa che Fabio Legnaro ha dedicatoa Orio Vergani. Un menu di cucina euganea ha deli-ziato gli ospiti: fiori di robinia fritti, risotto ricco allapadovana, torresano al forno, verdurine degli orti diBallotta, tortino di ciliegie dei Colli Euganei e gelato, iltutto innaffiato da Serprino Doc, Moscato secco, Mer-lot, Fiordarancio, tutti Doc dei Colli Euganei. Il Presi-dente si è complimentato con la famiglia Legnaro chesi mantiene fedele alla cucina della tradizione, utiliz-zando prodotti a “chilometro zero”, e ha chiamato insala Cristina, lo chef Guariento, Fabio, ormai ribattez-zato Ballotta, e tutte le brigate di sala e di cucina. Hapoi consegnato a Fabio Legnaro la medaglia “OrioVergani”. (Pietro Fracanzani)

IL PRESIDENTE BALLARINI DA BALLOTTA A TORREGLIA

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penso, oltre al pattuito, alcuneparti del pescato. Da qui la na-scita di questa ricetta, popola-re, gustosa, unica. Da qui il de-siderio della Delegazione dieternarla. In una bella seratacon la vista a perdita d’occhiodalla veranda del ristorante, gliAccademici hanno ammirato ilmare come avevano fatto i pa-renti dei marinai di allora, e,come loro, hanno provatoquesto piatto per rinnovarne leemozioni. Le parole di elogioe di approvazione di Paolo Pe-troni e di Paolo Lingua hannoconcluso una bella serata dicultura e di amicizia. (RobertoPirino)

LOMBARDIA

BERGAMO

IL CINQUANTENARIODELLA DELEGAZIONE

Otto anni dopo la fondazionedell’Accademia, e cioè nel1961, a Bergamo è sorta la De-legazione bergamasca, sempreall’avanguardia per iniziative,idee e manifestazioni che han-no avuto rilevanza nazionale ene hanno fatto un faro di cul-tura gastronomica; è questo ilfine precipuo della nostra As-sociazione, che sa creare fra isuoi iscritti un’amicizia capacedi superare qualsiasi ostacoloe che si rinsalda sempre di piùnegli anni.Grazie all’amore per l’Accade-mia del past-Coordinatore ter-ritoriale, l’amico Giorgio Bar-besti, Delegato onorario dellavicina Crema, la Delegazionedi Bergamo ha potuto entrarein possesso di un documentoprezioso: l’elenco dei compo-nenti della Delegazione appe-na nata, che risale al 1962 ecioè all’anno successivo dellasua fondazione.Erano pochi, inizialmente, gliAccademici: soltanto dodici,ma riunivano, già allora, alcunifra i personaggi più in vista diBergamo, che stava diventan-

do un’importante realtà sia in-dustriale che economica, oltreche agricola. Il suo primo De-legato è stato Leonetto Gamer-ra, presidente, come l’odiernoDelegato, dell’Associazionenazionale arma di Cavalleria, efra gli Accademici fondatori ri-sulta anche Bonaventura Gru-melli Pedrocca che, allora po-co più che trentacinquenne,ha poi retto Bergamo comeDelegato molto a lungo e sinoall’inizio di quest’anno, realiz-zando iniziative indimenticabi-li e che sarebbe troppo lungoelencare, ma che sono statesempre caratterizzate da unobiettivo culturale. La gloriosastoria della Delegazione haavuto poi una pietra miliare inun indimenticabile altro Dele-gato, Fosco Provvedi, uomo digrande cultura, simpatia e for-midabile organizzatore. Oggila Delegazione conta trenta so-ci tra i quali alcune Accademi-che, sincere cultrici dell’artecucinaria.Si è deciso di far coincidere lacelebrazione del cinquantena-rio con la data della cena ecu-menica e questo per sentircipiù vicini, idealmente, non so-lo agli Accademici italiani, maanche ai colleghi esteri chetengono alto, nel mondo, ilnome, le tradizioni e la culturadella nostra apprezzata cucina.Possiamo farci un augurio, an-che se davvero un po’ troppoda ottimisti? Speriamo di fe-steggiare tutti insieme anche ilnostro centenario. (LucioPiombi)

CREMA

FESTEGGIATI I 50 ANNI

La Delegazione di Crema si èriunita presso l’abitazione del-l’Accademico Simposiarca Ser-gio Fiori, per celebrare l’anni-versario della fondazione. Pre-senti vari amici che hanno ca-ratterizzato negli anni la vitadella Delegazione, la serata siè svolta in un clima di partico-

lare convivialità e amicizia. Ilmenu, di rigorosa tradizione,ha visto susseguirsi: il salamecremasco con giardiniera, ilsalva con le tighe (tipica insa-lata di formaggio locale conpeperoni lombardi sott’aceto),i tortelli cremaschi (tortelli“dolci” con amaretti, cedrocandito e uva passa), la gallinacon il ripieno accompagnatada ottime salse, mirabile quelladi cornioli, e per finire la tortabertolina (che vede l’utilizzodell’uva Clinton). In abbina-mento i Gutturnio dell’aziendavinicola Cardinali. Il cuocoWalter Brugna, con grandesensibilità, è riuscito a inter-pretare al meglio lo spirito del-la serata riscuotendo il caldoapprezzamento dei convitati.(Gabriele Foschi)

VENETO

CORTINA D’AMPEZZO

SERATE ACCADEMICHECON LISZT

Accolto con entusiasmo l’invi-to presentato dagli organizza-tori del Festival e Accademia“Dino Ciani” di Cortina d’Am-pezzo alla Delegazione per or-ganizzare tre serate dedicate aFranz Liszt, nel bicentenariodella nascita, e all’esecuzioneintegrale de “Les années depèlerinage”. Il risultato sonostate tre riunioni convivialimolto particolari e interessanti.La prima ha avuto luogo pres-so il “Cristallo Palace Hotel”,sede del primo concerto, conun menu franco-ginevrino cheha visto succedersi i formaggiamati dall’artista (camembert,emmental svizzero e gruyère)e marmellate bene abbinate;una soupe à l’oignon profuma-ta da un’idea di anice stellato epresentata in un cartoccio dipane sottile; un delicatissimostufato di manzo con patate eper finire tre dolci di cui Lisztera golosissimo: la torta di coc-co con panna montata, delica-

tissime meringhe (inventatedal cuoco italiano Gasparininel XVIII secolo nella cittadinadi Meiringen, vicino a Berna,da cui il nome) e l’anguriaaffogata nel cognac.Nel corso delle sue ricerche laDelegazione ha trovato il me-nu di una cena offerta a Lisztda un gruppo di americani aGinevra, nel settembre 1883presentato durante la serata:caviale e uova alla russa, coto-lette di montone in salsa alleerbe con patate Saratoga, roastbeef con granoturco, cavolfio-re, pomodori e sedano, pollonovello, pernici in insalata, al-bicocche e purè di mele, tortadi cocco con panna montata,ghiaccioli di frutta, melone, fi-chi freschi, camembert e em-mental svizzero, caffè e pannamontata.La seconda riunione convivia-le ha avuto luogo presso la sa-la viennese dell’hotel “Anco-ra”, dopo la seconda serie diconcerti dedicati a opere d’artedi Raffaello, Michelangelo eSalvator Rosa, ai versi immor-tali di Dante e Petrarca e, perfinire, alle canzoni popolariveneziane e napoletane - ogniopera a indicare una città visi-tata da Liszt. È stato un susse-guirsi di piatti legati alla tradi-zione di queste città. Quindicrostini toscani con fegatini,lardo di Colonnata, prosciuttodi cinta senese e funghi porci-ni seguiti da bigoli al torchio insalsa di acciughe, tipicamenteveneziani, e da un ossobucocon salsa gremolada e risottoallo zafferano, piatto che piùmilanese di così non si può, eper finire pastiera e babà alrhum con crema in onore diNapoli. La serata finale ha avu-to luogo dopo la terza serie diconcerti scritti da Liszt nel pe-riodo della sua permanenza aRoma: l’artista è vecchio, sonopassati 30 anni dal suo primo“pèlerinage”, medita sulla reli-gione, si è fatto abate, pensaalla morte e la sua musica èpermeata da questi sentimenti.La cena si è tenuta presso il ri-

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storante “Al Capriolo” di Vododi Cadore, inserito tra “I mi-gliori dell’Accademia” nellanostra guida on line. Dalla cu-cina sono usciti fiori di zuccaripieni di ricotta e acciughe,pasta a cacio e pepe, saltim-bocca alla romana e per finireun delicatissimo gelato allafrutta servito nella frutta stessa. Ottimi i vini, impeccabile ilservizio. Graditissimi ospiti ilVice-Presidente Benito Fiore, ilConsultore Giuseppe Di Le-nardo, il Delegato di UtrechtItalo De Lorenzo, il Delegatodi Trieste, Accademici di Bel-luno e di Venezia-Mestre. (Sil-vana Savaris Grasselli)

EUGANIABASSO PADOVANO

SOGNO DI UNA NOTTEDI MEZZA ESTATE

L’atmosfera vissuta dagli Acca-demici e dagli ospiti durante lacena al Golf Club di Valsanzi-bio, su una delle terrazze chesi affacciano sul green con losfondo dei Colli Euganei, ri-chiamava quell’atmosfera fia-besca della commedia shake-speariana “Sogno di una nottedi mezz’estate” (“All I have tosay is to tell you that the lan-tern is the moon, I’am the manin the moon”). I SiniscalchiGiampaolo Pinton ed Elena Fa-bris avevano lasciato ampia li-bertà al gestore del ristorantedella club house Simone Mau-rizio di approntare un menuestivo e stuzzicante.Il risultato è stato ampiamenteconseguito. Si è incominciatocon gli aperitivi - spritz, Negro-ni, Martini, Prosecco - abbinatia deliziose fritturine di scampi everdurine, per poi proseguire atavola con una equilibrata zup-pa di pesce, tortelloni ripieni dicrostacei e spinacetti saltati conguazzetto di gamberetti. La fre-schezza del pesce e dei crosta-cei ha esaltato la maestria deicucinieri e gli ingredienti chesuggellano il successo di ogni

ricetta della tradizione: la sem-plicità e l’abilità. L’atmosferaparticolarmente amicale, checontraddistingue il Sodalizio diEugania dove l’amicizia è allabase del ritrovarsi per fare cul-tura e civiltà della tavola, è stataesaltata anche dalla soluzionedel buffet per la seconda partedel convivio. Crema di maiscon moscardini alla pugliese,filetto alla Wellington, ombrinaal forno, innaffiati da Ribollagialla St. Helena, CabernetFranc ai Galli e Prosecco Fanti-nel, quest’ultimo poi seguito daun Moscato passito Colli Euga-nei, che hanno soddisfatto lepapille gustative degli Accade-mici. Per finire, un ricchissimobuffet di dolci, tra i quali spicca-va una delicatissima torta glas-sata con il tempietto dell’Acca-demia. Il Delegato Pietro Fracanzani haconsegnato a Simone Maurizioil guidoncino accademico chia-mando le brigate di sala e di cu-cina per un meritatissimo ap-plauso. Anche la cucina deiclub privati, come nel caso delGolf Club Padova, e dei circolirappresenta un interessante os-servatorio per la conservazionedella tradizione gastronomicadel territorio. L’augurio a tutti diuna buona estate ha conclusouna serata davvero da sogno.(pivieffe)

FRIULI-VENEZIA GIULIA

UDINE

IDENTITÀ CULTURALIE GASTRONOMICHE

Le abitudini alimentari, lacultura, la storia, le tradizio-ni, gli usi e costumi sono va-lori identitari di un territorio,farli conoscere è l’obiettivodel corso “Valori identitari eimprenditorialità”, direttodalla prof.ssa Raffaella Bom-bi, docente di linguistica al-l’Ateneo friulano. Il corso,promosso dall’Ente Friuli nelmondo e dal Dipartimento di

Studi umanistici dell’Univer-sità di Udine come “output”del progetto nazionale di ri-cerca “Firb”, il cui responsa-bile scientifico per l’unitàdell’Ateneo friulano è il prof.Vincenzo Orioles, è riservato,quest’anno, a giovani laureatibrasiliani e argentini, figli diemigranti friulani di secondae terza generazione. Alla De-legazione è stato affidato ilcompito di illustrare il rap-porto fra cucina friulana eterritorio. Si è ritenuto che,essendo la cucina una formadi espressione artistica, nonera il caso di illustrare solo lesue caratteristiche, ma di ab-binarla anche ad altre formeartistiche di maggiore rilievo. La Delegazione ha scelto, co-me esempi didattici, due ter-ritori che possiedono spicca-te e differenti caratteristichegastronomiche: quello mon-tano della Carnia e quello delmedio Friuli, caratterizzatodalla presenza di copiose ri-sorgive. Per quanto riguardala Carnia i giovani sono statiaccompagnati a Illegio, unpaesino che ogni anno alle-stisce bellissime mostre d’artea tema sacro. Quest’anno l’argomento trat-tato è stato “L’Aldilà”: itinera-rio artistico e filosofico sulmistero dell’esistenza. Ac-compagnati dal direttore del-la mostra don Geretti, gli Ac-cademici di Udine e i giovanicorsisti hanno potuto ammi-rare opere di pittori e scultoriche vanno dal Medioevo finoal Novecento. Molti anche ireperti archeologici attinential tema della mostra. L’incon-tro con la piccola arte dellagastronomia si è realizzato aVerzegnis, presso l ’anticaosteria “Stella d’Oro”, con unmenu che iniziava con il fricofriabile, proseguiva con “toc’in braide”, “cjarsons” alle er-be, “blecs” alla selvaggina,frico e “toc’” di Vora e si con-cludeva con una crostata dinoci e prugne. Negli interval-li del pranzo, due testimoni

che avevano vissuto a Verze-gnis il periodo dell’occupa-zione militare della Carnia daparte dei cosacchi, giunti, al-la fine del 1943, con le lorofamiglie, capi militari, civili ereligiosi, hanno raccontatoalcuni episodi ancora inediti.Interessanti anche le descri-zioni del loro modo di vive-re, delle abitudini alimentarie delle loro fedi religiose. Lascheda di valutazione conse-gnata a ogni corsista per unaverifica sul gradimento dellepietanze ha portato a un votofinale che si avvicinava a no-ve decimi. La seconda uscitadidattica ha riguardato ini-zialmente Codroipo, per lavisita a una famosa aziendaartigianale dove la famigliaZanin da sette generazionicostruisce e ristruttura organiantichi e moderni, che si tro-vano in chiese e auditori intutto il mondo, per prosegui-re a Camino al Tagliamento,accolti con molta signorilità acasa della Vice-Delegata An-tonietta Stroili, dove, duranteuno spuntino con soppressafriulana, formaggio montasio,frico friabile e Prosecco, ilsindaco di Camino al Taglia-mento, Beniamino Frappa,ha rivolto un saluto agli ospi-ti, ricordando come anche ilsuo comune abbia una lungastoria di migrazioni.Gradevolissima la sosta a Gra-discutta di Varmo per un pran-zo presso il ristorante “Da To-ni”. Breve visita a Villa Manin,sede dell’ultimo doge di Vene-zia, e poi l’ultima tappa nell’a-zienda vinicola di Pietro Pitta-ro, dove ha sede anche un Mu-seo dei vini curato dallo stessotitolare. Il prof. Roberto Zironi,direttore del Dipartimento diScienze degli alimenti, ha svol-to un’interessante lezione suivini che si producono in Friuli,seguita dalla visita al Museo. Ilcaloroso saluto dell’assessoreregionale alla Cultura dott. ElioDe Anna ha concluso la lunga,ma piacevole, giornata. (RenzoMattioni)

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EMILIA ROMAGNA

BORGO VAL DI TARO

PRESENTATO UN LIBRO SULLA CUCINA TRADIZIONALE DEL TERRITORIO

Presso il seminario vescoviledi Begonia si è tenuta la pre-sentazione del libro “La cucinadella tradizione in Val Ceno eVal Taro”, patrocinata dallaDelegazione unitamente allaProvincia di Parma, alla Comu-nità montana ovest, Cariparmae alla “Gazzetta di Parma”. Re-latori il Delegato GiovanniSpartà che ha svolto anche lafunzione di moderatore, il sin-daco del Comune di Bedonia,Carlo Berni, il presidente dellaComunità montana e sindacodel Comune di Varano de’ Me-legari, Luigi Bassi, Giorgio Or-landini membro del CentroStudi territoriale, la signora Sa-ra Raffi Lusardi, autrice del li-bro, Vittorio Brandonisio,Coordinatore territoriale, ilprof. Pier Luigi Ferrari, vice-presidente della Provincia diParma, e la giornalista MaraVaroli della “Gazzetta di Par-ma”. La sala gremita da nume-rosi ospiti ha partecipato convivo interesse alla manifesta-zione apprezzando con sincerie spontanei applausi gli inter-venti dei relatori. Ha suscitato una viva emozio-ne il racconto dell’autrice, cheripercorrendo i momenti sa-lienti della sua vita ha volutoconsegnare insegnamenti ricchidi valore. Rivivono espressionidi una vita vissuta nel sacrificio,nell’onestà e nella valorizzazio-ne di quei principi che rappre-sentano il fondamento dellanostra società. Alla manifesta-zione, tenuta nella sala conve-gni del seminario, erano pre-senti tra gli altri: il consigliereregionale Gabriele Ferrari, i sin-daci dei Comuni di Borgo Valdi Taro, Diego Rossi, di Albere-to, Ferrando Botti, di Tornolo,Cristina Cardinali, e i consiglieri

della Comunità montana. Era-no convenuti anche le Delega-zioni della provincia di Parma eil Delegato di Pisa, Franco Milli,la Delegata dell’Alta Versilia,Anna Ricci, e gli Accademicidella Lunigiana. Ha catturatopoi l’attenzione del pubblico lalettura de “Il desco del villag-gio”, opera precedente dellastessa autrice, dove non sonoriportate solo ricette, ma consi-derazioni sulle passate genera-zioni di montanari dotate di uncomune spirito di sacrificio e diun’oculata economia, e sullacondizione della donna che era“l’angelo del focolare, ma an-che un discreto asino da soma”.Un testo insomma che non trat-ta solo di cucina ma anche dellastoria di un territorio. Preparare un piatto è impegno,lavoro, cura e il risultato di unabuona pietanza, anche con in-gredienti poveri, è frutto dell’a-more che si pone nella suapreparazione. Ogni pietanza,dalla focaccia al pane, dalletorte salate alle minestre, dalfungo alle carni, dai prodottidel sottobosco ai dolci, è svi-scerata in ogni suo aspetto sto-rico-gastronomico. Una varietàdi ricette tale che rappresentaanche un invito ad avventurar-si in queste valli e degustare iprodotti del territorio, dove re-gna una cucina semplice, ge-nerosa, frutto di una tradizionesobria. (Giovanni Spartà)

CENTOCITTÀ DEL GUERCINO

UNA GIORNATA DEDICATAALLA CULTURADEL BALSAMICO

Un folto gruppo di Accademicie ospiti ha partecipato a unaescursione dedicata alla cono-scenza dell’aceto balsamicotradizionale di Modena. Lagiornata è iniziata a Spilamber-to (Modena), con la visita alMuseo dell’aceto balsamico,dove, con l’ausilio della guida,sono state illustrate le fasi della

produzione del prezioso bal-samo, dalla vigna alla bollituradel mosto, alle operazioni inacetaia fino al prodotto finito. È seguita la visita all’acetaia so-ciale della Consorteria, postanel sottotetto della Villa Fa-briani. Un esperto ha illustratole operazioni che presiedonoalla conduzione delle batterie,l’importanza dei legni e del cli-ma particolare che si crea inquell’ambiente. Si è poi passatiall’assaggio di un aceto affina-to di 12 anni e di uno invec-chiato di 25 anni. Tutti hanno potuto gustarequesto prodotto dal grande fa-scino e dalle caratteristiche or-ganolettiche inimitabili, ap-prezzandone, sempre conl’aiuto di un esperto, i tipiciaspetti visivi e i caratteri olfatti-vi e gustativi. Successivamenteil gruppo si è trasferito al ca-stello di San Venanzio di Mara-nello, dove è stato accolto,con signorile disponibilità, dalpadrone di casa, il dott. Vin-cenzo Ferrari Amorotti, che haallestito per gli ospiti un son-tuoso aperitivo sotto le frondedi un gelso secolare. La visitaall’acetaia di famiglia, nel sot-totetto del castello, ha suscita-to grande interesse per il fasci-no del luogo e per la presenzadi botticelle di antica e nobileprovenienza. La giornata si èconclusa nell’attiguo ristorante“Il Postiglione”, con un pranzorustico a base di gnocchini, ti-gelle e una selezione di salumitipici del territorio. Piena e in-condizionata è stata la soddi-sfazione di tutti i partecipantiper questa distensiva giornatadedicata alla cultura del balsa-mico. (Salvatore Alberghini)

PARMA-BASSA PARMENSE

RIVALUTARE IL PASTICCIODI MACCHERONI

La Delegazione è stata invitataalla “Tenuta Brandonisio” diCalestano, ospite del Coordi-natore territoriale dell’Emilia

Vittorio Brandonisio e dellagentile consorte Isa. La serataè stata incentrata sulla risco-perta di un antico piatto dellatradizione parmigiana: il pa-sticcio di maccheroni. Quandosi parla dei piatti tipici dellacucina parmigiana, infatti, ra-ramente si ricorda questa pre-parazione, da considerarsi unaregale specialità della cucinadi Parma. Il pasticcio venivapreparato dalle famiglie nobiliper festeggiare il Natale e gliavvenimenti importanti. Essosi presenta in tavola come unatorta, ha una “cassa esterna dipasta dolce” con all’interno zitispezzettati conditi con un ragùmolto delicato. Il ragù deve es-sere bianco perché si tratta diun piatto rinascimentale e ilpomodoro non era conosciu-to; il tutto viene poi legato conbesciamella, condito con fun-ghi o tartufo, fegatini di pollo,ottimo parmigiano reggiano emesso in forno. È un piattosontuoso e in proposito Massi-mo Alberini ha scritto: “È unpiatto che per essere apprez-zato richiede una certa culturagastronomica: non invitate chinon è in grado di capirlo e tro-va assurdo il collegamentodolce salato dei grandi secolidella cucina italiana”. La pa-drona di casa, che dopo ore dilavoro in cucina porta in tavo-la con orgoglio ai suoi ospititale splendido piatto, devespesso assistere, con rammari-co, al modo in cui i suoi invita-ti lo gustano. Chi non lo cono-sce toglie la crosta dolce emangia solo l’interno; invece,anche se i due sapori appaio-no contrastanti, debbono po-tersi amalgamare in bocca peresprimersi al meglio e renderegiustizia al piatto e al lavorodella cuoca. Il pasticcio derivadal “pasticium” di Apicio (I se-colo d.C.), illustrato nel libro“De re coquinaria” e realizzatocon una cassa di pasta ripienadi verdure o di carni cotte alforno. Prendendo spunto datale specialità cucinaria verran-no elaborati i pasticci sontuosi

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che compariranno sulle tavole,specialmente dei cardinali, nelperiodo rinascimentale. Il pa-sticcio di maccheroni è un an-tico piatto parmigiano che di-scende dagli abbinamenti didolce e salato molto diffusinella cucina delle corti dei Far-nese e dei Borbone. Le sueorigini sembrerebbero risalireal 1500, quando veniva prepa-rato per il Carnevale o in spe-ciali occasioni. Scrive ancora Alberini: “Il pas-saggio dalla cucina medievalea quella rinascimentale, dichiara impronta italiana, è datodalla fine del predominio degliarrosti allo spiedo, cucinati uti-lizzando l’unico fuoco del ca-stello nel camino della cucina,per arrivare al più raffinato ecomplesso pasticcio”. Aggiun-ge: “Volendo fare cadere le co-se dall’alto potremmo dire chela riscoperta del pasticcio staalla cucina come il recuperodel Laocoonte sta alla storiadell’arte”. Si può capire, dati icollegamenti stretti tra il Duca-to di Parma e il Ducato di Fer-rara, Modena e Reggio con lacorte pontificia e grazie ai cuo-chi che si spostavano con i lo-ro signori, come il pasticciovenga apprezzato e conosciu-to sia nel Parmense che in Ro-magna (vale la pena di leggerele gustose pagine su tale argo-mento nel libro dell’Artusi) enelle città estensi. Come si cu-cina? È un piatto sicuramentelaborioso, ma se la cuoca si sa-prà organizzare preparandocon congruo anticipo il ragù,la pasta dolce esterna, i fun-ghi, la besciamella, il parmi-giano grattugiato, lo potrà as-semblare e poi conservarlo,pronto per la cottura, in frigo-rifero. Vederlo arrivare in tavola dàsempre una grandissima gioiaai commensali perché è insoli-to, buonissimo, e con tantastoria da raccontare. Non è fa-cile trovarlo nei ristoranti par-migiani, eccezion fatta per al-cune trattorie del centro stori-co che ne hanno il culto.

Al termine della serata alla “Te-nuta Brandonisio”, il Coordina-tore Vittorio Brandonisio e ilDelegato Massimo Gelati han-no sottolineato gli scopi del-l’Accademia: “Ci è stato affida-to il compito di salvaguardarequel bene immateriale e patri-monio dell’umanità che è lanostra cucina; lavoriamo per-tanto per custodire il passato,ma guardando al futuro: pro-teggere la tradizione anchenella cucina di innovazione”.La serata si è conclusa con ungrande brindisi e un arrivedercial prossimo anno. (MassimoGelati)

REGGIO EMILIAE AVEZZANO

SFIDAENOGASTRONOMICA

Ogni anno, la prima domenicadi agosto, nella rocca di Vernio,in provincia di Prato, si festeg-gia Santa Berta, che nel castellonacque in tempi antichissimi.Questa sagra, ormai tradiziona-le, è un momento importantenella vita del castello e del bor-go che lo circonda, diventatiluogo di incontro della culturainternazionale grazie a FrancoSantellocco Gargano, Accade-mico di Avezzano e attuale pro-prietario del castello, che daanni si è dedicato al recuperodell’importante complesso ar-chitettonico, gioiello medievalee storica dimora dei conti Bar-di, per secoli signori della roccae dei territori a essa afferenti.Quest’anno, in occasione dellasagra di Santa Berta, si è svoltaanche una sfida enogastrono-mica cui sono state invitate leDelegazioni di Avezzano eReggio Emilia, oltre al Gruppostorico dei conti Bardi che, nel-l’occasione, curano la degusta-zione delle specialità dell’anti-co borgo e della rocca.Ogni concorrente agli artisticipremi messi in palio, tutti rica-vati dalla pietra dallo scultoreCollina, doveva presentare un

vino della sua zona e un ciboavente la caratteristica di dare ilmiglior accompagnamento perapprezzare il vino presentato.L’organizzazione della degusta-zione e la regia della gara era-no affidate all’Associazionesommelier della provincia diPrato. L’impegno dei concor-renti, nella scelta dei vini e deicibi da abbinare, ha avuto co-me riscontro una salomonicaattribuzione dei premi, decisadopo il competente esame deisei giurati che componevanol’inappellabile giuria. Il “mor-taio di pietra” per il miglior ci-bo è stato assegnato al gruppostorico ospite, per i tortelli dipatate al ragù; il “cavatappi”,pure ricavato dalla pietra e de-stinato al miglior vino, è statoassegnato al Montepulcianod’Abruzzo presentato dalla De-legazione di Avezzano; il “bot-tarello” (mezza bottiglia e mez-zo mattarello), pure di pietra, èstato assegnato all’abbinamen-to cibo/vino proposto dallaDelegazione di Reggio Emiliache ha presentato un vino friz-zante secco di uva spergola(Arbore della cantina Casali),caratteristico della zona dei vi-ni Doc delle colline di Scandia-no e di Canossa, abbinato conlo scarpazzone reggiano, piattotradizionale antichissimo, dalgusto non troppo complesso,ma con caratteristiche partico-lari derivate dall’armonicacombinazione tra le verdure eil parmigiano reggiano dell’im-pasto e la sottile pasta dell’in-volucro arricciata sulla cannel-la (matterello) e condita conpezzetti di lardo macinato. (Ce-sare Corradini)

TOSCANA

CHIANCIANO TERME

XV EDIZIONE DEL PREMIO“FRANCO MARENGHI”

Dedicato alla memoria delgrande personaggio dell’Acca-demia, è stato consegnato,

presso l’“Abbazia di Spineto” aSarteano (Siena), il premio“Franco Marenghi”. La collabo-razione tra la Delegazione el’Istituto “Pellegrino Artusi” diChianciano Terme si rinnovaormai da quindici anni, alloscopo di stimolare i giovanicuochi a crescere nella futuraprofessione mantenendo saldele radici e le tradizioni cucina-rie del territorio. Il tema diquest’anno è stato l’oca, o me-glio l’“ocio”, così come vienechiamato nella zona. GiuliaValdambrini, allieva della IIIclasse di cucina, è risultata vin-citrice, su oltre cinquanta par-tecipanti, con un piatto di ra-violi d’“ocio” su letto di salsadolce, ottenendo un assegno eil piatto dell’Accademia. Que-st’anno, considerato l’impegnoe la buona riuscita, sono statiassegnati due secondi posti exaequo ad altri due allievi. Tra gli ospiti, la signora Cristi-na Marenghi, il Coordinatoredella Toscana Est Gianni Lim-berti, Luciano Franchi Delega-to di Siena Valdelsa, il dirigen-te scolastico dell’istituto prof.Massimo Pomi con alcuni inse-gnanti. Il Delegato Franco Ta-gliapietra, ideatore e responsa-bile della borsa di studio dal-l’epoca della sua istituzione,ha festeggiato nell’occasione isuoi trent’anni di appartenen-za all’Accademia, ricordandonel discorso introduttivo le nu-merose iniziative svolte inquesti anni.Dopo gli interventi della si-gnora Marenghi e di LucianoFranchi, si è svolta la riunioneconviviale nella sala del capi-tolo dell’“Abbazia”. Il menu:aperitivo servito con creminidi patate e funghi, rotolini dizucchine, patè di fegatini confichi freschi e caramellati, ra-violo d’“ocio” su letto di salsadolce, oca in crosta farcita conprugne scosciamonache servi-ta con friggitelli, bavarese dipesche all’amaretto. I vini: Pro-secco di Valdobbiadene, Ver-duzzo cantine Bortolusso, Car-lino (UD), Rosso di Montalci-

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no Abbazia di Spineto, Malva-sia delle Lipari. Gli Accademicie i loro familiari hanno fatto icomplimenti al cuoco dell’“Ab-bazia”, festeggiando comesempre Marilisa Cuccia e Fran-co Tagliapietra, animatori in-stancabili della Delegazione.

LUNIGIANA

SERATA AD APELLAPER RICORDARE DUECORAGGIOSI PATRIOTI

La Delegazione si è ritrovataad Apella di Licciana Nardiper commemorare, nell’annodei festeggiamenti dell’Unitàd’Italia, i patrioti lunigianesiBiagio e Anacardi Nardi natividi questo piccolo e suggesti-vo borgo dell’alta valle delTavarone. La riunione convi-viale, ideata e organizzatadalla Vice-Delegata, si è svol-ta all’agriturismo “MontagnaVerde”, ricavato all’interno diun’antichissima torre campa-naria circondata da monti in-cappucciati di verde. L’agritu-rismo, fondato nel 1995, èuno dei primi con ristorazio-ne in Lunigiana e ha accoltogli Accademici con familiaritàe premura, con un aperitivodi benvenuto servito sulla ter-razza panoramica. Significati-va la presenza di numerosiospiti, tra cui il Coordinatoreterritoriale Franco Cocco,amici Accademici della Garfa-gnana e il presidente del Cen-tro aullese di ricerche e studilunigianesi e presidente del-l’Istituto per la valorizzazionedei castelli, il prof. GiulianoAdorni, anche relatore dellaserata. Sono intervenuti pureil presidente dell’associazione“Il Dialogo”, avv. Roberto Va-lettini, e il presidente delCentro lunigianese di studidanteschi, Mirco Manuguerra,oltre a rappresentanti di entie istituzioni. Dopo l’aperitivoil prof. Adorni ha appassiona-to i commensali con la sua in-teressante relazione sui Nar-

di, infelici eroi del Risorgi-mento: Biagio Nardi, dittato-re di Modena nella rivoltapopolare del 1832 che, dopoil fallimento del moto risorgi-mentale a Modena e il ritornodel duca, fugge in esilio aCorfù per sottrarsi alla con-danna a morte insieme consuo nipote Anacardi, segreta-rio particolare dello zio.Mentre Biagio Nardi muoreesule a Corfù, il nipote parte-cipa nel 1844 alla spedizionedei fratelli Bandiera e, fallitoil tentativo, verrà fucilato inCalabria, a Cosenza. La casanatia dei Nardi è oggi museoe centro visitatori del Parcodell’Appennino tosco-emilia-no; fa parte dell’agriturismo“Borgo Antico” della intra-prendente Barbara Maffei,che affianca da qualche annol’attività del padre Mario. Do-po l’acclamata relazione delprof. Adorni, tra un piatto el’altro, il Delegato ha conse-gnato l’attestato di apparte-nenza venticinquennale adAndrea Baldini al quale ilCoordinatore ha dato il distin-tivo. Il giovane chef FedericoBoschetti ha collaborato congrande disponibilità con laSimposiarca nell’impostazio-ne del menu e nella prepara-zione dei vari piatti che han-no trovato entusiastici con-sensi espressi nella valutazio-ne alta della serata. Il Coordinatore ha conclusola serata con parole di saluto,complimentandosi con laSimposiarca e ricordando, nelcentenario della sua scompar-sa, Pellegrino Artusi come ve-ro “padre” della cucina italia-na e la sua opera, ancora oggisempre più letta e seguita.Sarà compito della Delegazio-ne dedicare prossimamenteuna riunione conviviale allamemoria dell’Artusi. Con unbrindisi finale all’amico Baldi-ni per il suo venticinquennalesi è poi concluso felicementel’incontro, che rimarrà storiconel diario della Delegazione.(Ragna Engelbergs)

PISA

PRESENTATO IL LIBRO SULLE VARIETÀDI ORTAGGI DI IERI E DI OGGI

La Delegazione si è incontrata,per la riunione conviviale,presso il ristorante “I 7 Nani”di S. Piero a Grado, caratteristi-co e tradizionale locale sullerive del fiume Arno, nella cor-nice del parco di San Rossore.Nel 2012 l’esercizio festeggerài 50 anni di attività continuati-va con la stessa gestione cherecentemente ha visto affian-carsi, alla chef Miriam Tamberidella famiglia fondatrice, il fi-glio Nicola Venturi che ha con-tribuito ad arricchire la propo-sta enologica del locale por-tando la carta dei vini ad averecirca 400 etichette.Erano presenti insieme agliAccademici numerosi graditiospiti, tra i quali Franco Coc-co, Coordinatore territorialedella Toscana occidentale, ilprof. Pier Lorenzo Secchiari,membro della Facoltà di Agra-ria, ordinario di Zootecnica ge-nerale presso il Dipartimentodi Agronomia e gestione del-l’agroecosistema, MargheritaChiocchetti consueta e affezio-nata amica nonché neo Con-sultrice della Delegazione diLucca (anche in rappresentan-za della stessa), Riccardo eGiovanna Zanotti della Dele-gazione di Livorno.Il Delegato, Franco Milli, habrevemente relazionato sul-l’Assemblea tenutasi a Romaper la nomina del Presidente edegli altri organi istituzionalidell’Accademia e conclusasicon la riconferma all’unani-mità di Giovanni Ballarini.L’annuncio è stato accolto conun forte applauso. Con l’occa-sione Franco Milli ha anchecomunicato che il Consiglio diPresidenza ha ritenuto di rin-novargli, per lo stesso periodo,l’incarico di Delegato. La riu-nione conviviale è stata l’occa-sione per presentare e distri-

buire agli Accademici il libro “Imenu del Quirinale”, editodall’Accademia per contribuirealla celebrazione del 150° del-l’Unità d’Italia. Ricordato chel’opera è un’ampia testimo-nianza su usi e costumi dei ca-pi di Stato attraverso i 250 me-nu inediti, reali e presidenziali,appartenenti alle collezioni de-gli Accademici Maurizio Cam-piverdi (in massima parte),Domenico Musci, Franco Chia-rini e Giovanni Chiriotti, inte-grate dai menu e dalle notiziefornite dall’Archivio storicodella Presidenza della Repub-blica, il Delegato ha ripreso erammentato il concetto che ilmenu è un documento indi-spensabile per conoscere i gu-sti di un’epoca, seguirne l’evo-luzione attraverso le differenzenella preparazione delle vivan-de e comporre quel vastissimomosaico di usi, costumi e tra-dizioni propri di una nazione.Milli ha quindi messo in evi-denza l’utilità del menu perinformare i commensali sullaconsistenza del pranzo, con-sentendo di pianificare even-tualmente una selezione dellenumerosissime portate; ha infi-ne rammentato come debbaessere distinto il servizio allarussa - nel quale le vivande so-no presentate e servite una pervolta in una sequenza stabilitadall’anfitrione - dalle variantiall’inglese, dove l’ospite saràservito dal cameriere solo per ipiatti caldi, e all’italiana, nelquale le porzioni, precedente-mente preparate in cucina, sa-ranno servite su un piatto sin-golo talvolta ricoperto dalla“cloche”. Con l’invito ad ap-profondire il tema e le relativecuriosità sfogliando e leggen-do il libro, il Delegato ha quin-di presentato il secondo libroin distribuzione nella serata,“Atti del convegno Biodiversitàin tavola: varietà di ortaggi an-tiche e moderne”, testo sicura-mente con un “blasone” edito-riale meno importante del pri-mo ma, tenuto conto deglisforzi che ha richiesto alla De-

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legazione per la pubblicazio-ne, forse più caro. Ha quindiringraziato la Cciaa di Pisa checon il suo contributo ha con-sentito la realizzazione del li-bro, il Socio Otello Leggerinidella Cld-Libri che ha curato ilprogetto grafico dell’opera e lasua stampa, rinnovando inparticolare la riconoscenza perl’impegno profuso agli autoridelle memorie presentate, rap-presentati nella serata dal prof.Secchiari, relatore della tesiche ha ottenuto nel 2010 ilpremio “Aic - Delegazione diPisa”. La piacevole serata si èconclusa con una relazionedel prof. Secchiari sul lardo diColonnata che è stata seguitacon particolare interesse.(Franco Milli)

MARCHE

MACERATA

LA PESCA SATURNIACON CARNE E PESCE

In una vasta area alla destradel fiume Chienti, compresatra i comuni di Monte S. Giustoe Montegranaro, al confine trale province di Macerata e Fer-mo, da oltre venti anni si staportando avanti con successola produzione della pesca Sa-turnia, che deve il suo nome alpianeta Saturno. Infatti non èla pesca rotonda che conoscia-mo da sempre, ma è schiaccia-ta al centro, con un nocciolopiccolissimo, e ha la circonfe-renza allargata, con una polpagustosissima e una pelle sottilecon alta percentuale di polife-noli.Da due anni il Comune diMontecosaro (Macerata) e iproduttori locali sono impe-gnati nella valorizzazione diquesto prodotto. Il dott. MarcoEleuteri, direttore commercialedell’azienda agricola Eleuteri,crede moltissimo nella pescaSaturnia, in ciò confortato an-che dal fatto che sul mercatoquesto frutto spunta prezzi più

alti rispetto alle pesche norma-li, che quest’anno peraltrohanno avuto una preoccupan-te flessione nelle vendite. Lostesso Eleuteri ha dato il via auna sperimentazione per poterutilizzare la Saturnia non solocome frutto a fine pasto maanche come ingrediente nonsecondario di vari piatti. Talesperimentazione viene portataavanti da due chef di Monte-cosaro tra i più prestigiosi del-le Marche: Giovanni Bartolinidel ristorante “La Luma” e Ro-saria Morganti del ristorante“Due Cigni”. Il primo portaavanti un “laboratorio gastro-nomico” per gli abbinamentitra la carne e la pesca Saturnia;la Morganti invece punta lasua ricerca sui piatti di pesce epesca Saturnia. È a questo punto che nellasperimentazione è stata coin-volta la Delegazione di Mace-rata che da due anni, d’estate,organizza delle serate accade-miche per la verifica dei risul-tati di questi “laboratori gastro-nomici”. Quest’anno il risto-rante “Due Cigni” ha presenta-to questo menu di pesce: pe-sca Saturnia in tempura conaperitivo di Saturnia e tè verdealla menta e zenzero; saraghi-na in scapece di Saturnia; mez-zemaniche ripiene di ricotta altimo in salsa di cozze e Satur-nia; frittura di pesce con con-dimento di Saturnia; piccolacharlotte alla Saturnia. Il risto-rante “La Luma” ha invece pro-posto il seguente menu di car-ne: aperitivo Bellini e olive al-l’ascolana con verdurine fritte;fiori di zucca con mozzarelladi bufala e acciughe di Cetara;brie avvolto con radicchio, ba-con e ortaggi; gazpacho ghiac-ciato con verdure, pesche Sa-turnia e zenzero; petto di ana-tra all’agretto maceratese cottoin immersione di olio extraver-gine e pesca Saturnia; tortinodi pesca con gelato di cipolla.Per entrambi gli chef ci sonostati i complimenti degli Acca-demici per il loro scrupolosolavoro di ricerca, e sono stati

formulati anche alcuni sugge-rimenti per migliorare l’equili-brio dei sapori e l’amalgamadei vari ingredienti di alcunipiatti per arrivare così alla ri-cetta definitiva. Mauro Maga-gnini si è complimentato perl’iniziativa con cui si intendevalorizzare e promuovere unprodotto di eccellenza come lapesca Saturnia, che ha trovatoproprio nelle Marche il suo ha-bitat ideale. Nell’ambito di questa attivitàpromozionale, nel teatro co-munale di Montecosaro si è te-nuto un convegno, coordinatodal prof. Roberto Della Casa,docente di marketing dei pro-dotti agroalimentari della Fa-coltà di Economia e commer-cio dell’Università di Bologna,con interventi del dott. MarcoEleuteri, del sindaco di Monte-cosaro Stefano Cardinali, delprof. Giuseppe Natale Frega,docente all’Università politec-nica delle Marche e presidentedella Sezione centro-est del-l’Accademia dei georgofili diFirenze, e di Giuseppe Fagianidi Coop Italia. Tra le altre iniziative program-mate dal Comune di Monteco-saro c’è stata anche una garagastronomica tra giovani chefprofessionisti emergenti delleMarche con una giuria diesperti presieduta dal popola-re Gianfranco Vissani. Temadel confronto era la prepara-zione di piatti abbinati alla pe-sca Saturnia. La vittoria è anda-ta allo chef Andrea Storani delristorante “La Lanterna” di Fa-no che ha presentato il tranciodi spigola croccante con Satur-nia al Verdicchio dei Castelli diJesi. (Ugo Bellesi)

MACERATA-FERMO

TANTI PRODOTTIDI ECCELLENZA

La bella serata organizzata dalSimposiarca Tonino Del Moroper le Delegazioni di Maceratae Fermo a Porto S. Elpidio, ha

visto una folta partecipazionedi Accademici attirati dalla fa-ma del locale, il ristorante “Pa-pillon”, e dalla possibilità digustare in riva al mare un’otti-ma cena basata sul pescato lo-cale e sulla stagionalità dellematerie prime. Una splendidaoccasione per conoscere me-glio e apprezzare alcune delleeccellenze gastronomiche del-le Marche. Merito della fami-glia Ciccarelli, di origini mace-ratesi, che ha in mano le fortu-ne del ristorante, avendo incucina Rosalba Federici (bencoadiuvata dalla figlia Manue-la) che ha una filosofia benprecisa: esaltare il sapore delpesce fresco, che ogni mattinail marito Giuseppe (con espe-rienza in passato come pesca-tore) acquista ai mercati di Ci-vitanova e S. Benedetto delTronto. Il figlio Marco, diretto-re di sala, si occupa in partico-lare della scelta delle paste chefa arrivare dai migliori artigianidel Teramano e di Gragnano.Tutti i piatti sono espressi e lamateria prima è eccellente equesto pone il ristorante tra imigliori della costa marchigia-na. La serata si è aperta con ilsaluto del sindaco di Porto S.Elpidio, Mario Andrenacci,mentre l’assessore alla Cultura,Annalinda Pasquali, ha illustra-to le iniziative del Comune nelsettore dell’enogastronomia,anche con il coinvolgimentodelle scuole per sensibilizzarei giovani e le famiglie alla ne-cessità di una sana alimenta-zione. Quando è iniziata la degusta-zione delle varie specialità delristorante, si sono avvicendatial microfono i produttori di al-cune eccellenze della gastro-nomia delle Marche. La titolaredi un noto frantoio di Civitano-va, Nina Natali, ha illustrato lequalità dell’olio della “Cilestra”con le tre monovarietali costi-tuite dalla Coroncina, dal Lec-cino e dalla Raggia, con carat-teristiche diverse l’una dall’al-tra per essere meglio abbinatecon insalate, legumi, verdure

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cotte ecc. La produzione di ec-cellenza dei vini della UmaniRonchi di Osimo è stata sotto-lineata dalla manager dell’a-zienda, Monica Ippoliti, che haillustrato le strategie con cui ivini italiani possono affrontarei mercati mondiali, dove laconcorrenza è spietata e sol-tanto la qualità riesce a impor-si. Il che consente di conqui-stare nuovi spazi di venditaanche nei Paesi emergenti. Ilmaître chocolatier Alfredo Ma-rangoni di Macerata ha rivelatoi “segreti” per la preparazionedi ottimi prodotti al cioccolato.Tutto dipende dalla qualità delcacao ma anche la tecnica dipreparazione è importante, co-me quando si confeziona lafrutta ricoperta di cioccolato o iliquori. Altra strategia, invece,per dare ai cioccolatini il sapo-re di viola, di rosa, di menta epersino di tabacco. Infine Si-monetta Varnelli, una dellequattro donne che guidano lanota azienda di liquori di Muc-cia, ha sottolineato l’importan-za che i prodotti di eccellenzarestino legati al territorio per-ché questo costituisce un valo-re aggiunto, tanto è vero chemolti estimatori delle specialitàdelle Marche sentono il deside-rio di visitare i luoghi di produ-zione. Il Coordinatore territorialeMauro Magagnini, come anchei Delegati di Macerata e Fermo,Ugo Bellesi e Alberto Regno,non hanno mancato di sottoli-neare come questa al “Papil-lon” sia stata una vera “serataaccademica” in quanto, oltre agustare il pesce freschissimodell’Adriatico, si è fatta dell’au-tentica cultura approfondendole conoscenze di alcune dellepiù rilevanti eccellenze delleMarche come l’olio, il vino, ilcioccolato e i liquori. Tuttoquesto per merito del Simpo-siarca, l’Accademico ToninoDel Moro, ma anche della fa-miglia Ciccarelli che tiene altoil buon nome della gastrono-mia delle Marche nel rispettodella tradizione marinara, con

qualche “rivisitazione” intelli-gente che l’esperienza di Ro-salba Federici (cuoca autodi-datta dal 1975) e l’intuito dellafiglia Manuela riescono a crea-re. La serata si è conclusa conla consegna a Giuseppe Cicca-relli del piatto d’argento del-l’Accademia, a ricordo di unamanifestazione perfettamenteriuscita. (Ugo Bellesi)

LAZIO

LATINA

VISITA ALL’ISOLADI PONZA

Come è diventata ormai tradi-zione anche quest’anno lachiusura delle attività accade-miche prima delle ferie estivesi è svolta nell’isola di Ponza.L’occasione ha consentito ainumerosi Accademici, conve-nuti con consorti e amici, ditrascorrere insieme una gior-nata in spirito di amicizia e fa-miliarità, approfondendo laconoscenza dell’isola. L’Acca-demico Carlo Alberto Melegariha organizzato con una como-da barca l’intero giro dell’isoladescrivendone con dovizia diparticolari i luoghi e le bellez-ze. La natura ha modellato, nelcorso degli anni, suggestiviscenari che colpiscono il visi-tatore per l’inimitabile bellez-za: acque trasparenti dal verdesmeraldo al turchese, faraglio-ni che si specchiano nell’ac-qua, montagne che scendononel mare, ora rinverdite dallavegetazione mediterranea, oracon lo splendore abbagliantedella pomice, ora scure per ilcolore della lava.Il convivio accademico si èsvolto presso il ristorante“Gennarino a Mare”, nel portodi Ponza, costruito su palafittedi legno, dove si può arrivaredirettamente via mare attrac-cando la barca al pontile.Un’ampia tettoia in legno instile marinaro consente dipranzare all’aperto. In apertura

del convivio il Delegato Bene-detto Prandi ha indicato il pro-gramma delle prossime attivitàaccademiche e ha annunciatol’ammissione nella Delegazio-ne di un nuovo socio: PietroAllotta, che ha ricevuto da tuttile più vive felicitazioni, mentrel’Accademica Anna De DonatoNascani ne ha tracciato il curri-culum. Il Simposiarca del con-vivio, l’Accademico Carlo Al-berto Melegari, ha illustrato ilristorante, locale storico diPonza, ora gestito dalla figliadi Gennarino, sig.ra Domitilla,con la collaborazione del mari-to e del figlio. Il menu a basedi pesce era composto da unantipasto di varie specialità,cui sono seguiti gli scialatiellidello chef (pasta fatta in casacon acqua e farina condita consugo a base di gamberi, von-gole e bottarga di spada), laricciola al vino bianco con pa-tate e per chiudere la pastieradella casa. Un cenno particola-re merita il vino denominato“Fieno”, in quanto prodottocon le uve dei vigneti coltivatiin località Punta Fieno, a Suddell’isola. È un vino biancoprofumato e fragrante, conuna spiccata mineralità che so-lo le vigne coltivate sulla roc-cia e battute dalla brezza mari-na trasmettono come carattereunico e inimitabile. (Gian LuigiChizzoni)

ABRUZZO

L’AQUILA

PASSAGGIODELLA CAMPANA

In occasione di una riunioneconviviale che si è svolta pres-so il ristorante “L’Arcobaleno”e ha avuto come filo condutto-re nella cucina gli olaci, o ora-pi, c’è stato il passaggio dellacampana tra Luigi Marra, chia-mato a far parte dell’Albo d’o-nore accademico, e il nuovoDelegato Demetrio Moretti. Al-la riunione conviviale hanno

partecipato il Coordinatore ter-ritoriale Mimmo D’Alessio e al-tri Delegati abruzzesi, che han-no portato il loro messaggiod’augurio a Luigi Marra e a De-metrio Moretti e hanno ap-prezzato la cena, arricchita inogni portata dai gustosi spina-ci di alta montagna, che ognianno vengono “festeggiati”dalla Delegazione aquilana.(Demetrio Moretti)

MOLISE

ISERNIA

IL VOLO DELL’ANGELO

Vastogirardi, questo splendidopaese dell’alto Molise, offreuna continua sorprendentedovizia di scorci pittoreschicon le sue stradine, i suoi tetti,i vicoli stretti e ripidi, le scale,gli archi, e la silenziosa cortedel castello dove il tempo si èincantato. L’ultima di giugno èuna settimana di festa perchési celebra il centenario del vo-lo dell’angelo, un rito nato nellontano 1911, fra i più sugge-stivi oggi presenti nella religio-sità popolare molisana. Il gio-vane sindaco Davide Appollo-nio, molto legato al suo paesecui si dedica con entusiasmoinstancabile, ha chiesto allaDelegazione un incontro perdare spazio alla cultura gastro-nomica, in un momento di for-te coesione del paese. Ha invi-tato inoltre gli Accademici adassistere alle varie cerimonielegate a questa ricorrenza e apartecipare con un piccoloconvegno. Nella sala conferen-ze “la Congrega” un numerosopubblico ha accolto i tre rela-tori della Delegazione chehanno offerto un momento dicultura dal titolo “La tradizionefra segno e significato”. Gio-vanna Maria Maj, dopo averaccennato alle finalità dell’Ac-cademia, ha parlato dell’inno-vazione che rappresenta ilcontinuo sviluppo della cuci-na, qualcosa di vivo che cresce

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e cambia; la tradizione altronon è che una somma di inno-vazioni riuscite. Ha ricordatole sagre, eventi rappresentativie importanti quando rispetta-no il “sacrum”, da cui deriva illoro nome, o quando restanolegate alle festività religiosecon radici che affondano neiriti propiziatori pagani, mante-nendo la memoria di prepara-zioni tradizionali e appuntodegli innumerevoli riti legatialla vita contadina, al grano, alvino. L’aspetto devozionaledella cucina era anche un aiu-to ai poveri, come nella sentitadevozione delle 13 portate perla festa di S. Giuseppe; erafolklore, era sapere del popo-lo, ed è qui che il segno si tra-sformava in significato tangibi-le e vivo; valori che ormai sisono persi, in un degrado pie-no di confusione dove appaio-no sagre improvvisate, solo fe-ste di piazza, con protagonistipiatti o bevande che pocohanno da raccontare. MicheleCinone, dopo un breve cennosulle motivazioni per cui nac-que l’Accademia, e sulla civiltàdella tavola, ha illustrato so-prattutto il significato della co-difica delle ricette, spiegandocome esse resteranno così adisposizione di chi vorrà con-sultarle. Ha chiarito come lacodifica non sia un traguardoma un punto di partenza, af-finché questi piatti tradizionalirimangano non solo nella me-moria, ma anche per insegna-re, per testimoniare, per non

perdere l’appartenenza allenostre radici, per ridare unsenso al riunirsi a tavola dellefamiglie tramandando la tradi-zione gastronomica del pro-prio territorio. Il suo racconta-re è stato piacevole e interes-sante, creando una gradevoleatmosfera, quasi una chiac-chierata fra amici continuatabrillantemente da Ersilia Capo-rale, che ha raccontato il signi-ficato simbolico delle forme damillenni date al pane e ad al-cuni dolci. Forme ben precisedi un cibo che oltre al valorenutrizionale ha uno scopo ca-ritativo, culturale, cui si lega lastoria di un territorio. Dalla religiosità orientale arri-va il serpente che chiuso a cer-chio, senza né fine né inizio, èsimbolo della fine e della rina-scita, dell’infinito divenire del-la vita. Così ritroviamo forme acerchio in tanti pani, taralli ebiscotti. Il simbolismo si legaanche all’uccello e al suo uo-vo. Così a Pasqua sono im-mancabili la dolce colomba el’uovo che nasconde la sua es-senza: la sorpresa. E ancoradai volatili il brodo, protagoni-sta in matrimoni, nascite, festenatalizie, “consuolo”, essenzia-le per la puerpera: tutto è lega-to al ciclo della vita e aglispunti sacri, il seme muorenella terra per rinascere a nuo-va vita. Continuando nella de-scrizione, Caporale ci ha ricor-dato inoltre una serie di ge-stualità ormai radicate nel co-stume, cui non sempre si sa

dare spiegazione ma che tutticontinuiamo a fare - raddriz-ziamo il pane capovolto, fac-ciamo una croce sugli impasti,vediamo nella vigilia l’attesadel seme che nasce e poi lasua vita nella festa - e ce ne harivelato il perché. Un incontromolto ben accolto e gradito,un momento di cultura interes-sante e gioioso. In serata gli Accademici hannoraggiunto la chiesa di Maria SS.delle Grazie gremita all’invero-simile, come la piazzetta anti-stante, per assistere al volodell’angelo, dove una bimba,sospesa a un cavo, vola soprala folla, percorrendo quattrovolte il tragitto verso la Ma-donna, offrendole preghiere,oro, incenso e fiori. È unospettacolo emozionante e te-nero, straordinaria sintesi trasignificato e significante dellacultura di un’intera comunità.Il vescovo, nella sua omelia,ha affermato che “quel cheesce dal cuore entra nel cuore”e quello che abbiamo vissutooggi, vi è entrato. (Maria Cristi-na Carbonelli di Letino)

CALABRIA

CROTONE

CENA CON MUSICAVERDIANA

Una serata all’insegna dellaraffinatezza, del buon gusto edell’eleganza è stata quella che

si è svolta a Crotone, organiz-zata dalla Delegazione guidatada Adriana Liguori Proto. Laserata, il cui tema era “Musica,vino e banchetti”, è stata unmodo originale per rendereomaggio al 150° anniversariodell’Unità d’Italia, fondendoinsieme sapori, profumi e aro-mi della cucina con la musicaverdiana. Verdi è stato scelto,infatti, come simbolo di unarealtà storica e artistica: la suamusica ha saputo non solo in-fiammare l’animo degli italiani,ma rendere ancora più appeti-bili le riunioni conviviali diquanti hanno fatto la storiadell’Unità d’Italia. Dopo l’introduzione della De-legata che ha sintetizzato il ca-rattere sociale, culturale e sto-rico dell’Accademia, il maestroFernando Romano, direttoreartistico della società “Beetho-ven Acam”, in un rapido ex-cursus, ha sottolineato come ilbinomio musica-cucina si per-de nella notte dei tempi, dasempre simbolo di eleganza eraffinatezza. Si è poi entrati nelvivo della serata con il recitaldi due artiste: il soprano JooSoon Lee e la pianista JioungChoe, che con grande profes-sionalità hanno eseguito branidi Verdi, Puccini, Tosti e altri.Subito dopo si è passati albanchetto, allestito con curadal maestro di sala DamianoSposato e dal maestro di cuci-na Antonio Martino, del rino-mato ristorante “Lido degliScogli” di Crotone, coadiuvatida Adriana Liguori Proto, cheha scelto le varie pietanze delmenu, di cui alcune tratte dalricettario di casa Verdi e altretra le più tipiche del territoriodi appartenenza, ma tutte rigo-rosamente in bianco, rosso everde, dagli antipasti alle pa-ste, dal pesce alle verdure, dal-la frutta ai dolci. A chiudere in maniera coreo-grafica la serata è stato il de-collo di tre mongolfiere rap-presentanti il tricolore, che sisono librate in un cielo terso estellato.

PER FAVORE UTILIZZARE IL COMPUTERGiungono ancora in redazione schede o contributi vari scritti a macchinao addirittura a mano. Ciò comporta la necessità di ribattere i testi, con ilrischio di incorrere anche in errori di interpretazione.Si prega pertanto di utilizzare il computer e di servirsene anche per inviarei testi, che a volte arrivano ancora per fax o per posta. I testi vanno scritti possibilmente in word.doc e non inviati come pdf. Gra-zie per la collaborazione.

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I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

The explosion in the number ofprofessional chefs (The Italian Chefs’

Federation boasts around twentythousand members) is undoubtedly aworrisome sign that the nutritionalproblems of modern man are increasingat an alarming rate and at lighteningspeed. This is a process that appears tohave burst onto the scene at the end ofthe 20th Century, but one that hasdeeper roots and that follows thegrowth curve of both the humanpopulation and professional categories.This growth curve shows a doublingphenomenon that is taking place in halfthe amount of time it previously did.This exponential growth in the numberof chefs is on a par with the increasedpublication of specialized culinary andgastronomic books and magazines, notto mention the cooking inserts thatappear in almost every daily newspaperand weekly and monthly magazines.According to ISTAT, over the past fewyears in Italy an average of 650 cookingguides and recipe collections werepublished annually (that amounts totwo each day), each of which averagedabout 140 pages and had a print run ofabout 2,500 copies. Each month in Italyalmost a million magazines devoted tocuisine, recipes and gastronomy aredistributed. Given the importance ofand obsession with cooking shows ontelevision one could almost say thatfood is presented in every possibleguise - from game shows to thrillers.The growing number of cooks andcookbooks, contrasted with the

decreasing amount of time spentcooking and eating at home, and aboveall our increased culinary as wellnutritional disorientation, confirm thewisdom of the old proverb “too manycooks spoil the broth”.Too many cooks? Let us not forget thatthe number of restaurants is constantlyincreasing and eating outside the hometoday constitutes an importanteconomic fact: In Italy over 60 billioneuros are spent on dining out, or 70euros per month per family and 27.6euros per capita. According to onestudy, eight out of ten Italians regularlyeat outside the home, be it for lunch orfor dinner - 78.2% of the sample. Inlarge urban centers the numberincreases to 82%, which corresponds toalmost 7.6 million people. Twenty-eight percent of those interviewed alsostate that they consume lunch outsidethe home during the workweek;another 7% have lunch out even onnon-working days, while 19% confirmthat they eat lunch outside the home“on average two to three times a week”.In Europe as a whole, for each eurospent on buying groceries for homeconsumption, 53 cents is spent ondining out. Italy is the exception,considering that in the last ten years thatfigure has gone from 44 cents to 50cents for each euro spent on groceries.If on the one hand the growth inrestaurant dining justifies the growingnumber of chefs, on the other hand itincreases competition and thus leads toa continuous, almost spasmodic, quest

for novelty no matter how ill advised,and encourages the divisiveness thatcharacterizes other sectors of society.This culinary divisiveness often hasnothing to do with real culinary quality.This state of affairs should stimulate ourAcademy to continue to pay closeattention to its restaurant evaluations inour Guide, whose readers now numberover fifty thousand.Too many cookbooks? Whenimprovisation dominates the sceneinexperienced chefs want to presenttheir “own” cuisine, often declaring thatthey “really don’t know how to cook” -most likely in order to maintain theirpositions on television or in showbusiness, or to sell more copies of theircookbooks, which will never be soldout because they do not deserve to be.This is a very different situation thanthat of traditional cooking, whereinmemory was the repository of familyand local recipes, often handwritten inan old notebook marked with greasespots that attested to their frequent useand a credible, authentic style ofcooking, or at most one or two wellchosen cookbooks, starting with that ofPellegrino Artusi. Should all thesebooks be discarded? Fortunately not,because even today in the great sea ofcommercial publications there are stillgood, serious cookbooks with tried andtested recipes that have been carefullyread and reviewed in this magazine.Unfortunately only those who actuallyknow how to cook are able tounderstand if a cookbook isauthoritative and reliable. This portraitconfirms the need for a serioustraditional cookbook, and the Academyis currently at work on one.In the face of the overabundance ofchefs and the avalanche of recipes weshould not forget the fundamentalimportance of family cooking, whichstill represents at least half of our foodconsumption. It is not only moreeconomical (during times of economicdepression nothing was wasted) butabove all it is the best way to approacha more identity based andpsychologically reassuring cuisine.

GIOVANNI BALLARINI

D E A R A C C A D E M I A M E M B E R S . . .see page 3

TOO MANY COOKS SPOIL THE BROTH

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THE ACADEMY AT THE QUIRINALEsee page 5

On September 21 Giovanni Ballariniand Academy Presidential Councilwere received at the Quirinale palaceby President of the Italian RepublicGiorgio Napolitano. The officialoccasion was the formal presentationof the new book The Menus of theQuirinale - 150 years of Menus for 15Heads of State, published by theAcademy in honor of the celebration of the 150th Anniversary of theUnification of Italy.

EVALUATING FOODsee page 7

Rome-Appia Academician DonatoPasquariello emphasizes that it isimportant to clearly define theprinciples used to evaluate food atAcademy events in order to establish a common reference matrix.

THE PHARMACY OF THE GODSsee page 9

In traditional medicine the elderberrywas considered to be a true panacea - aremedy to cure all ailments. MeranoAcademician Bruno Barbieri points outthat in traditional Tyrolese medicinethe elderberry was known as “thepharmacy of the gods” because theplant possessed no fewer than sevencurative powers. The small berries and flowers also have numerousgastronomical uses.

FOOD SAFETYsee page 10

From Italian unity to European unity,there has been a long evolutiontowards improved food safety,most recently thanks to standardsestablished by the European Union.Cento, City of Guercino AcademicianPaolo Borghi explains how food safetyis a concept that has changed over

time, along with the evolution ofscientific and technological knowledge.

THE IMPORTANCE OF WATERsee page 12

The conference Water: EnvironmentalResource and Essential Nutritional andCulinary Element was held at theVittoria Colonna Museum of ModernArt in Pescara. The event wasorganized by the Pescara Delegation,and was attended by a large number ofpeople.

MOUNTAIN CHEESEsee page 13

A conference represented another legof the Chieti and Isernia Delegation’ssojourn along “The Interrupted CattleTrack”. The theme of this visit wascentered on a “journey” into UpperMolise. The region’s splendidlandscape and cultural heritage includea rich tradition of cheese production.

SAVE THE WHALES SHARKSsee page 15

Sharks are threatened with extinctionlargely because of the Chineseobsession with serving “shark finsoup”, especially at weddings. For theChinese, the soup is an essential dish atwedding banquets, demonstrating styleand elegance. The only hope for thisendangered species, explains VirginiaAcademician Marino de Medici, is thatthe day will come when this soupmade from the dorsal fin of the shark isno longer in vogue.

THE HAWTHORNsee page 17

At the end of summer through thegreen of the countryside around Padua,one can see the blaze of the abundantberries of the hawthorn tree, a fruit thatsurvives today thanks to the passion ofa few farmers. It is a plant with many

uses, explains Padua AcademicianGiancarlo Burri: ornamental, nutritionaland medicinal.

ANCIENT MORTADELLAsee page 18

Mortadella was the first salami productto achieve recognition - by theprecursor of today’s ProtectedDenomination of Origin (Dop)Designation. This happened ninecenturies ago when the salaroli, one ofthe professional guilds, establishedprecise norms for its preparation,subjecting mortadella to rigid controlson its production and embellishing itwith a unique seal.

BACCHUS AMAT COLLES(BACCHUS LOVES THE HILLS)

see page 20

Virgil’s poem The Georgicsdemonstrates that from the earliest oftimes it was recognized that hillsidesconstituted the best environment forthe cultivation of grapes. TermoliAcademician Amedeo Santarelli takeshis cue from Virgil and shares somehistoric information, both scientific andanecdotal.

ONCE UPON A TIME IN MILANsee page 21

A number of historic eatingestablishments sprang up in Milanduring the 19th Century, testaments tothe cultural fervor that characterizedthe city. Luciano Imbriani tells thestory of these restaurants and pastryshops, in some cases still in existence.

NEITHER HERE NOR THEREsee page 23

Inspired by the well-known popularexpression “entrarci come i cavoli amerenda” (“to be neither here northere”) Parma Academician Giovanni

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Ballarini impresses upon us thewisdom of eating the right foods at theright time. Today we still pay attentionto seasonal cycles, and less to dailyones, with a discreet dose of commonsense.

ARTUSI IN TRIESTEsee page 24

In the life and work of Pellegrino Artusiwe find several references andconnections, both direct and indirect,with the city of Trieste. TriesteDelegate Giuliano Relja provides uswith a small panorama. Artusi wasacquainted with and tried severalrecipes of Austrian derivation only afterthey had been introduced to andassimilated in Trieste.

THE GALLANT CHEFsee page 26

This nickname, which is also the title ofhis most famous book, derives from theway in which high-ranking visitors tothe prince’s table were welcomed tothe atmosphere of good taste. TheGallant Chef, printed in Naples in 1773became an immediate success and wasthe first in a long series of works.

VINCISGRASSIsee page 28

Vincisgrassi has always been thefeather in the cap of the cuisine of theMarche region. Substantially, it is aspecial type of lasagna, made with ameat sauce that includes chickengiblets, and béchamel. MacerataDelegate Ugo Bellesi puts forth sometheories about the origin of the name.

RESTAURANT HOSPITALITYsee page 29

Bergamo Delegate Lucio Piombidevotes a few words to the subject“Communication Skills for Welcoming

Guests to Restaurants”. Such skills onthe part of restaurant hosts will beappreciated by patrons and will lead topositive recollections and repeatbusiness.

IN PRAISE OF THE MEATBALLsee page 30

Infinite words of praise have beenwritten about the meatball. It is a tasty,spontaneous and sincere food,according to Palermo-MondelloDelegate Antonio Ravidà. The meatballis a true comfort food, one withoutpretense and that brings back oldfamily memories.

THE STRENGTHSAND WEAKENESS OF FOODS

see page 31

It is not possible to discuss a foodwithout carrying out a careful andaccurate analysis. As Rome-AppiaDelegate Publio Viola explains, a foodmay have diverse nutritionalcharacteristics that can be curativefor some illnesses and contra-indicatedfor others.

THE BETRAYAL OF TRADITIONsee page 33

Traditional cuisine cannot exist if itsnatural components such as meat, fish,vegetables and man-made ones likesalami, are not traditional as well,affirms Parma Academician RobertoRestori. Prosciutto from Parma is oneexample. Once an entirely artisanal andlocally produced product, today theonly production phase done locally isthe ageing.

“EL RISOT GIALD” (YELLOW RICE)see page 34

From legend to reality, MilanAcademician Giovanni Staccotti tellsthe story of that consummate Milanese

dish yellow risotto. In 2007 the Cityof Milan conferred the “MunicipalDesignation of Origin” (De.Co.) statuson risotto alla Milanese.

FEAST BREADsee page 35

Ciriè Academician Bruno Guglielmotto-Ravet describes a worthwhile initiativeput forth by the city of Castagnole diGermagnano in the Lanzo Valley nearTurin aimed at reviving communalbread ovens and traditional breadmaking techniques. Historical andcultural research is being conducted byMarica Barbaro, an Alpine Social Issuesscholar.

AT FIRST SIGHTsee page 36

Our senses of sight and smell not onlyanticipate our judgments about food,they help us to refine and completethem. As Verbano - Cusio OssolaAcademician Ettore Grimaldi suggests,those gastronomic raw materials withthe most pleasing visual and olfactoryaspects are the ones we are most likelyto purchase.

TASTE AND GASTRONOMYsee page 37

Inspired by a pleasant episode withAsti Academician Giovanni Goria,Naples - Capri Delegate Massimo Pisaniaffirms that a gastronome must knowhow to recognize and evaluate a wellprepared dish while setting aside his orher own personal taste.

SILVIO PELLICO’S ENCOUNTERWITH FOOD AND HUNGER

see page 38

Imprisoned in Spielberg Germany,Silvio Pellico suffered tremendoushunger in spite of furtive gifts of foodfrom prison guards and barbers. Rome

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NEWS see page 47

Special and unusual news about eventsin the food world such as fairs, shows,competitions, prizes, conventions etc.“News” is a section detailing specialhappenings connected with the world ofgood eating and drinking andsummarises interesting articles from thegastronomic press.

LIFE IN THE ACCADEMIAsee page 51

This section covers the Accademia’sactivities in Italy and abroad and lists all restaurant visits by Accademiamembers and their reports. The latterincludes the different courses served,dishes chosen, wines etc. together with

any special features of the restaurantincluding address, prices, opening days,parking facilities and so on.

LIST OF ACCADEMIA MEMBERSsee page 66

This section updates the Accademia’s greybooklet by providing information aboutnew Accademia members and any changes to the Italian and foreign Delegations.

NEWS FROM THE DELEGATIONSsee page 68

This heading covers the activities other than restaurant outings of the AccademiaDelegations in Italy and abroad such as meetings, conferences, conventions relating to the world of gastronomy.

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I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

OTTOBRE 2011 / N. 231

DIRETTORE RESPONSABILE

GIOVANNI BALLARINI

VICEDIRETTORE E DIRETTORE ARTISTICO

FRANCESCO RICCIARDI

COORDINAMENTO REDAZIONALE

SILVIA DE LORENZO

SEGRETERIA DI REDAZIONETILDE MATTIELLO

IMPAGINAZIONEMARIA TERESA PASQUALI

IN QUESTO NUMERO SCRITTI E RICETTE DIBruno Barbieri, Luciano Barile, Sandro Bellei, Ugo Bellesi, Paolo Borghi, Giancarlo Burri,

Maria Cristina Carbonelli di Letino, FrancescoChapusot, Giorgio Cirilli, Cristoforo da Messisbugo,Marino de Medici, Silvia De Lorenzo, Anna Mariadi Toro Jannucci Torlontano, Pietro Fracanzani,

Lorena Gallina, Gabriele Gasparro, Ettore Grimaldi,Bruno Guglielmotto-Ravet, Luciano Imbriani,

Domenico Musci, Donato Pasquariello, Lucio Piombi,Massimo Pisani, Bartolomeo Platina, Antonio Ravidà,Giuliano Relja, Roberto Restori, Francesco Ricciardi,

Alida Rova Ponte, Amedeo Santarelli,Giovanni Staccotti, Tito Trombacco,

Giovanni Vialardi, Publio Viola.

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EDITOREACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

VIA NAPO TORRIANI 31 - 20124 MILANO

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Giovanni Ballarini, Presidente e legale rappresentantedell’Accademia e, come tale, titolare del trattamentodei dati, comunica agli associati che il sistema informa-tivo è conforme al D.Lgs. 27 giugno 2003, n.196“Testo unico delle disposizioni in materia di pro-tezione dei dati personali”. Il trattamento dei datidegli Accademici si svolge, pertanto nel rispetto deidiritti e delle libertà fondamentali, con particolare rife-rimento alla riservatezza, all’identità personale e aldiritto della protezione dei dati personali e sensibili.

Rivista associataall’Unione StampaPeriodica Italiana

CIVILTÀDELLATAVOLAACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

Delegate Gabriele Gasparro describesPellico’s internment, during which hefell gravely ill as a result ofmalnutrition.

THE EVOLUTIONOF THE FIRST COURSE

see page 39

The modern shift in Frenchpresentation of courses took place atthe beginning of the 19th Century,when Antonin Careme cast soupin the role of first course. Soup wouldmaintain its primacy until the middle of the 20th Century when it graduallywas replaced by pasta as the beginningof the meal.

FIGS FROM ISTRIAsee page 41

Istria is also a land of figs, according toMuggia-Capodistria Accademician Alida Rova Ponte. The quality of thesefigs is excellent, particularly the whitefigs that appear on the older limbs inJune and again in August andSeptember.

EXPLAINING ITALYTO THE ENGLISH

see page 43

We owe a great debt to writer and manof letters Giuseppe Baretti (1719-1789)for his explanation of Italian foods tothe English population in his Report onthe Habits and Customs of the Italy.Tigullio Delegate Giorgio Cirilli reportson some of the book’s most significantpassages.

THE COUNTER-REFORMISTsee page 44

The Counter-Reformist Cookbook is avolume that was written as a responseto so-called international cuisine, whichmore often than not is basically asupermarket of flavors. AuthorsEdgardo and Maria Carla Bartoli revealmany principles that are in totalalignment with those of the Academy,especially in terms of maintainingdistance from an excessive“multinational” trend in cuisine.

TranslatorsNICOLA LEA FURLANDONALD J. CLARK

SummarizedFEDERICA GUERCIOTTI