abitare il sottotetto

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Pagina 1 di 19 IL SOTTOTETTO: UNO SPAZIO DA VIVERE di Giovanna Mottura

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di Giovanna Mottura

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1. L’evoluzione architettonica del sottotetto2. L’evoluzione degli ultimi anni in Italia3. Gli aspetti progettuali

3.1 La copertura3.2 La distribuzione interna3.3 L’illuminazione naturale3.4 Abitare il sottotetto

SOMMARIO

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1. L’evoluzione architettonica del sottotetto

In Amate l’Architettura Giò Ponti dedica molta attenzione a questo aspetto:«da noi il tetto è una sovrapposizione, non una composizione. Al nord invecel’architettura finisce al sommo del tetto, il tetto è una sua capigliatura monumentale, iltetto è metà dell’architettura di una casa, l’abitazione lo occupa tutto, la struttura diquei tetti è un’architettura sapiente e complicata. Il tetto, fatto Architettura, è lassùbello, ordinato e vivente con i suoi comignoli e abbaini. Da noi, fuori come sonodall’Architettura, i tetti sono disordinati, i comignoli, gli sfiatatoi, vi spuntano a caso:pochi architetti disegnano il tetto. […] I nostri tetti sono morti. […]Però o è copertura, e allora niente solai, o è Architettura e allora ai solai sostituiamobelle stanzette; oppure abitiamo il tetto e facciamo giardini pensili chiusi da mura o dareti metalliche, Una città che fiorisce al sommo tutta di giardini: città felice. Metà –dicoio– della superficie della città (i tetti) nessuno la gode».

Con la Legge (L.15/96) per il recupero a fini abitativi dei sottotetti, si è offerta la possibilità aspazi morti di vivere ed entrare a far parte integrante della vita dell’edificio e della città.Tuttavia osservando il proliferare delle coperture che si stanno realizzando un po’ ovunque, siha l’impressione che i sottotetti anziché trasformarsi in completamento vivo dell’edificiosottostante, appaiono piuttosto come protesi o innesti che poco hanno a che spartire sia conl’edificio che con la vita; ciò è probabilmente da imputare al fatto che questa tipologia dicoperture e, analogamente, l’elemento architettonico dell’abbaino, non appartengono allacultura progettuale sud europea.

L’abbaino è infatti un elemento caratteristico delle architetture nordiche.La sua introduzione nasce dalla necessità di dare luce e aria alle spaziose soffitte ricavate al disotto delle falde, in forte pendenza, tipiche dei tetti nordici.I primi abbaini comparvero sicuramente nella Francia del nord, nelle Fiandre e nella Germaniasettentrionale, regioni dove le condizioni climatiche, generose di abbondanti nevicate,imponevano una forte inclinazione del tetto, che raggiungeva di media i 45°.Inizialmente realizzata in legno e in posizione molto arretrata rispetto al filo di gronda, si trattadi una sopraelevazione di una porzione della falda inclinata del tetto, dimensionata in manieratale da consentire l’inserimento di una finestra.L’importanza dell’abbaino viene più o meno sottolineata con forma e posizione, a secondadell’utilizzo che viene fatto dello spazio del sottotetto: soffitta, granaio o abitazione.In copertura l’abbaino può essere collocato “in ritiro”, cioè arretrato rispetto al filo di facciata,oppure a filo con la facciata stessa, costituendone il coronamento.A seconda della sua forma, della sua posizione e della finestra che ospita, gli abbaini assumononomi differenti, quali:

a) abbaino a comignolo, aperto nella sommità del tetto e con copertura che simula unfrontone;

b) abbaino convesso, con copertura a botte;c) finestra alla cappuccina, con copertura a falde inclinate che non necessariamente

possiedono la stessa inclinazione del tetto;d) abbaino fiammingo, costruito in muratura quale prolungamento verticale della facciata

oltre al filo di gronda, che viene così interrotto, e terminante a timpano;e) abbaino quadrato, la cui larghezza è uguale all’altezza, chiuso superiormente da un

architrave;f) abbaino rotondo, che oltre alla copertura a volta ha apertura circolare; è frequente il

suo utilizzo per l’illuminazione delle cupole;

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Man mano che si diffonde la consuetudine di utilizzare gli ambienti del sottotetto quali locali diabitazione, gli abbaini vengono realizzati in muratura, anziché in legno, e portati sul filo difacciata per dare agli ambienti la possibilità dei godere della vista della strada, o del cortile, odel giardino sottostante. Gli abbaini assunsero così maggiore importanza architettonica evennero utilizzati anche quale ornamento di facciate troppo severe e spoglie, interrompendoaritmicamente la linea orizzontale di gronda, e coronando artisticamente prospetti a volteuniformi e pesanti.In epoca gotica l’abbaino ha una larga diffusione sottolineando la caratteristica “aspirazione alcielo” che impronta, col suo verticalismo compositivo, l’architettura di quel periodo.Tale elemento compositivo viene poi ripreso dalle epoche successive con differenti modellazionistilistiche, proporzioni e collocazione in copertura.Addirittura, sull’esempio degli edifici realizzati dall’architetto francese Jules Hardouin Mansart(1646-1708), ebbe origine la tipologia, largamente diffusa fino ai giorni nostri, della mansarda.L’abbaino assume la sua importanza maggiore fra il 1300 e il 1440, in epoca tardogotica,grazie all’opera degli architetti francesi e fiamminghi.Esso non costituisce più una semplice fonte di luce, ma assume un vero e ruolo di elementoarchitettonico che concorre alla composizione della facciata.La sua decorazione, coerentemente con lo stile dell’epoca, si arricchisce soprattutto nelle spallelaterali e nel timpano: si introducono così sottili ramificazioni fiorite, pinnacoli, campanelle,archetti rampanti e arcatelle a giorno, come si può vedere negli abbaini dell’Hôtel di Cluny aParigi, del Palazzo di Giustizia di Rouen e del il Castello di Blois.Vengono poi introdotte leggere balaustre, che contrastano con la ricchezza della decorazionedell’abbaino e che corrono tutto lungo il cornicione fra un volume e l’altro degli abbaini, quasi acancellare la presenza del tetto e introdurre un piano che ha lo stesso valore di quellisottostanti.Non è raro trovare, soprattutto nel secolo XVI, abbaini addirittura a più ordini di aperture.Con la diffusione del Rinascimento anche oltralpe, le decorazioni e le modanature degli abbainiassumono le forme classiche del nuovo stile anche se, inizialmente, non abbandonano lecaratteristiche salienti dello stile gotico: il movimento verticale delle masse, e i pinnacoli.A coronamento dell’abbaino si introduce l’ampio frontone classico, che può essere presentato osemplice e nudo, ridotto alla sue linee essenziali, oppure più frequentemente decorato conpiccole fiaccole stilizzate.Successivamente, in piena epoca barocca e tardobarocca, anche l’abbaino assume i caratterisontuosi voluti dal nuovo gusto; gli abbaini degli edifici barocchi si arricchiscono spesso di unpesante attico, costituito da semicolonnine che inquadrano o una targa, o un nicchione per unastatua oppure sorreggono un frontone spezzato, o festonato, o raccordato con volute alla parteinferiore dell’abbaino. L’abbaino arriva ad avere l’importanza di un edificio in miniaturacollocato a completamento della facciata, le sue dimensioni si ampliano a tal punto che se neriduce notevolmente il numero, perdendo così l’incalzante ritmo caratteristico invece dell’epocagotica.Alla fine del 1600, nella Francia settentrionale, si diffonde l’uso di ornare gli abbainiesclusivamente con gruppi di sculture, spesso di carattere simbolico, come caschi, corazze,stemmi, ecc., come si può vedere nel Castello di Courseulles.Contrariamente all’Europa settentrionale, l’Italia non possiede una tradizione così ricca perquanto riguarda l’abitazione nel sottotetto e, di conseguenza, la necessità di creare delleaperture in copertura che ne consentano illuminazione e aerazione.

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Fotografia 1: Un esempio di sottotetto abitato a Stoccarda

Ciò naturalmente dipende dalle condizioni climatiche del nostro paese; la scarsità di frequenti eabbondanti nevicate non ha introdotto, in architettura, la realizzazione di tetti a fortependenza; di conseguenza l’esiguità degli spazi del sottotetto non ha fatto sorgere la necessitàdi un loro utilizzo.Solamente in questi anni, esigenze di contenere il consumo di nuovo territorio per l’espansionedelle nostre città, ha portato al riutilizzo degli spazi di sottotetto per realizzare nuoveabitazioni.

2. L’evoluzione degli ultimi anni in Italia

Negli ultimi cinque anni a Milano il fenomeno del recupero dei sottotetti a fini abitativi haconosciuto una crescita esponenziale; si va dai 23.400 mq recuperati nel 1999 ai 157.200 mqdel 2 003, stando ai dati finora messi a disposizione dal Comune di Milano002ELa larghissima diffusione di questo fenomeno architettonico ha monopolizzato il dibattitoculturale di questi anni e purtroppo mette in luce un problema ben più grave. A differenza dialtre capitali europee dove l’architettura e l’urbanistica conducono alla realizzazione di nuovibrani di città che entrano a pieno titolo nella storia dell’architettura contemporanea (Berlino neè un esempio eclatante), la metropoli milanese è stata solo in grado di produrre speculazione adanno degli edifici esistenti.

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In questa maniera l’attenzione si è spostata su cappuccine e abbaini, spesso di rara bruttezza,dimenticando le grosse ferite ancora aperte nella grande città: l’area della stazione Garibaldi,quella della stazione di Porta Vittoria, il Sieroterapico e la realizzazione del parco dei Navigliche attendono da decenni una soluzione urbana che li riconduca a nuova vita. Il dibattitocittadino non verte su queste aree, in compenso i media scrivono fiumi di parole sui sopralzi,primo fra tutti quello della Scala, perfettamente in linea con la tendenza snaturante deirecuperi di sottotetto.Si sta verificando un altro fenomeno speculativo analogo a questo: la realizzazione di loft nellestoriche aree industriali milanesi, venduti poi sul mercato immobiliare come “surrogati diappartamenti” senza avere le opportune autorizzazioni di legge ma solo speranze di futuricondoni edilizi.Il problema dell’abitazione in città è reso evidente dalla fame di recupero di quegli spazi cheprima non erano preposti alla vita, quali appunto i sottotetti e le aree industriali. Ciò crea poipesanti risvolti su un assetto urbanistico e viabilistico metropolitano già seriamente provato.Probabilmente con la legge del recupero dei sottotetti a fini abitativi si è cercato di arginareentro le mura della città il consumo di territorio dovuto all’espansione residenziale dei centriabitati. Al fine di contenere quanto avvenuto negli anni ’80 con il dilagare del fenomeno che haportato alla saturazione di vaste aree di pianura padana nel triangolo compreso fra Milano,Como e Bergamo caratterizzato dal prezioso paesaggio delle rogge, dei fontanili, dellerisorgive, dei campi delimitati dai filari, delle piccole frazioni, delle risaie, delle cascine storiche,dei mulini, dei campanili, dei boschi e delle brughiere, paesaggio formatosi gradualmentenell’arco dei secoli e oggi compromesso irreparabilmente nell’arco di pochi decenni.La possibilità di recuperare i sottotetti ha arginato l’espansione nell’hinterland risparmiandovaste aree agricole ancora superstiti.Quello che però è mancato alla progettazione delle nuove coperture residenziali è il retaggioculturale che caratterizza il nord Europa, già esperto utilizzatore dei tetti quali porzioni diabitazione. La scarsa preparazione stilistica sull’elemento architettonico della “cappuccina” hapurtroppo condotto alla proliferazione di “cucce per cani”, “cabine da spiaggia”, “villette inminiatura”, affiancate da extracorse di ascensori, parabole, antenne e antiestetici impianti dicondizionamento.La legge 15/96 per il recupero abitativo dei sottotetti non consentiva la modifica dellacopertura all’imposta di gronda, al colmo e nella sua inclinazione; per il raggiungimentodell’altezza media ponderale minima di 2,40 m per ciascun locale abitabile era consentitoutilizzare il volume della cappuccina; di conseguenza minore era l’altezza del colmo delsottotetto esistente, maggiore doveva essere il volume della cappuccina per consentire ilrecupero abitativo.Molti sottotetti comunque, avendo un’altezza interna insufficiente, non avrebbero potutoessere recuperati; con l’introduzione della Legge Regionale n. 22 del 1999 si è consentite lamodifica della pendenza nell’imposta di gronda, al colmo e nella pendenza al fine esclusivo delraggiungimento del minimo delle altezze medie interne.In questa maniera potè essere immessa sul mercato edilizio tutta quella massa di sottotettitroppo bassi che con la precedente legge erano sfuggiti al recupero.Così anche inesistenti intercapedini tecniche di poche decine di centimetri assunsero l’ambitotitolo di sottotetto e poterono essere trasformate a pieno diritto in un nuovo piano residenziale.Solo nel 2004 una circolare del Comune di Milano pone un minimo all’altezza che deve avere ilsottotetto esistente per poter essere recuperato, pari a 1,80 m al colmo.La Legge Regionale n. 22 e la contemporanea introduzione della super-DIA, pratica comunale atotale responsabilità del proprietario e del progettista che non viene sottoposta nemmeno alparere della commissione edilizia, portarono alla totale liberalizzazione degli interventi.

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Una volta perso il controllo del fenomeno sottotetto, si è cercato di far fronte alle polemicheinsorgenti con una serie di circolari interpretative interne emesse dall’ufficio tecnico delComune di Milano, fino alla circolare n. 16 del 17 ottobre 2003 che impone il rispetto dellelinee guida per l’esame paesistico dei progetti, come previsto dall’art. 30 delle norme diattuazione del Piano Territoriale Paesistico Regionale, anche nel caso di interventi di recuperoabitativo dei sottotetti.La circolare ha restituito al Comune il controllo dei progetti, sfuggitogli tre anni primadall’introduzione della super-DIA e, soprattutto, ha riaperto il dibattito sulla qualitàarchitettonica degli interventi.Parallelamente ai dibattiti sulla qualità dell’architettura moderna, ad ogni scala, la legge sulrecupero abitativo dei sottotetti ha, in questi primi 8 anni di applicazione, avuto un enormeseguito soprattutto in quei grandi centri urbani dove il fabbisogno di abitazioni è molto elevato.Ciò ha portato alla diffusione sui nostri tetti di nuovi elementi che non esistevanoprecedentemente e che nemmeno appartenevano al linguaggio architettonico di quel sito.L’esempio più rappresentativo di come una legge possa trasformare in pochi anni il volto di unacittà è Milano.Alla luce degli interventi realizzati e della crescente polemica sulla bontà della legge per ilrecupero abitativo dei sottotetti la Regione Lombardia ha recentemente introdotto la“Valutazione di impatto paesistico” per gli interventi di recupero sottotetti. Ciò ha restituito allaCommissione edilizia il controllo estetico dei progetti senza che si potessero sviluppare criteridi interventi o linguaggi autonomi per il nuovo tipo di intervento ma catalogando una serie diregole rispettando le quali l’intervento avrebbe avuto parere favorevole da parte dellaCommissione edilizia.Ciò non ha prodotto nuova bellezza per la città bensì posticce imitazioni di un piano anonimo diun palazzo storico al di sopra della sua copertura.Non è possibile pensare di pianificare la bellezza urbana stipulando il decalogo del buoncostruttore di finestre alla cappuccina.in fondo la stessa legge sul recupero abitativo dei sottotetti è una legge speculativa che va inderoga a qualunque prescrizione del Piano Regolatore e che non tiene in minimo conto la giàcarente situazione degli standard, della capacità viabilistica e di parcheggio dei tessuti urbaniconsolidati, della frequenza dei mezzi pubblici e dell’ampiezza delle strade; quello che oggi èvisibile non è altro che il risultato di una speculazione così come avvenuto nel dopoguerra per isopralzi.Questa legge ha da un lato rappresentato un’ottima occasione progettuale per i progettisti madall’altro non ha fatto che legalizzare quegli interventi che prima venivano realizzatiabusivamente, ciò è evidente dal numero di sottotetti condonati nel 1996.La legge sul recupero dei sottotetti e tanto meno la Valutazione di impatto paesistico, nonpossono e non devono contenere una sorta di pianificazione della bellezza o addirittura dicodificazione della stessa e, analogamente il Comune di Milano e la Commissione edilizia,profondamente feriti dagli effetti della legge e erroneamente additati dalla comunità qualiresponsabili degli effetti, possono pensare di istituire corsi di bellezza a pagamento perprofessionisti, ciò rappresenta un pericoloso regresso all’accademia, alla codificazione degli stiliche nell’architettura è lo specchio di una profonda crisi di identità della società contemporanea.In una società dove il pubblico non ha più nessun valore se non per uno speculativo interesseprivato, non si sviluppa la cultura della bellezza esteriore: le facciate delle case sono brutte econtemporaneamente celano appartamenti bellissimi in cui il dettaglio è curato in manierasopraffina e i materiali parlano di potere e grandezza dell’individuo.Nella società dell’individuo che si è fatto da solo non c’è spazio per la cultura del pubblico: se lestrade sono degradate anche nei centri storici, se le periferie sono svalutate, sei pochi spazi

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verdi sono occasione di pubblicità per privati perché il cittadino dovrebbe sviluppare unacultura della bellezza urbana intesa come bene sia collettivo sia individuale?La bellezza è il frutto della cultura, della cura e della sensibilità nei confronti di una comunità,senza questo presupposto non si crea bellezza ma accademia.Celebri architetti quali Ludwig Mies van der Rohe ed Ernesto Rogers hanno speso la loro vitaprofessionale nella ricerca del legame col contesto, nella comprensione del genius loci e nellatraduzione di ciò in un segno contemporaneo e moderno e allo stesso tempo consapevole ecomplementare del contesto in cui si inserisce.Consapevolezza del sito urbano e pertinenza dell’intervento sono criteri progettuali che non sipossono tradurre in un decalogo morfologico ma che non possono mancare al progetto per faredi esso, si tratti anche di una semplice finestra alla cappuccina, un intervento complementare enecessario al quadro urbano.Oggi Milano non è più la città ottocentesca, in cui un intervento edilizio nel segno dellacontinuità riproponeva un senso estetico consolidato. Non esiste più un linguaggiounivocamente codificato, di conseguenza il nuovo intervento pone un problema nonesclusivamente di qualità ma di necessità di valutare, luogo per luogo, la pertinenza al luogodove si interviene. La pertinenza si può avere sia proponendo una sorta di continuità con ilcontesto sia con la trasgressione ad esso confermando o smentendo il quadro urbanocircostante. Per questo tipo di operazione è assolutamente necessaria la consapevolezza delproprio intervento quale segno tangibile di una posizione nei confronti della città. Un palazzo ditraverso, idoneo per corso Italia, non lo è necessariamente per ogni altro contesto urbano.L’aspetto estetico della città o di qualunque contesto edificato non può essere considerato undato indifferente o aggiuntivo; l’architettura italiana ha storicamente fatto scuola all’estero ma,nonostante questo illustre passato, nel dopoguerra le nuove realizzazioni hanno contribuito alladiffusione del luogo comune che l’architettura moderna sia brutta.Questo luogo comune sorto in difesa dei contesti urbani consolidati ha messo in dubbio laformazione dei professionisti, l’adeguatezza della preparazione offerta dagli Atenei che purgodono di fama internazionale.Un contesto di qualità rappresenta un bene prezioso in grado di valorizzare l’interventocontemporaneo se si trova la chiave per far dialogare sinergicamente le due parti in manieratale che il prodotto finale non sia una semplice giustapposizione di vecchio e nuovo bensì unnuovo organismo, un nuovo insieme dotato di senso compiuto.

3. Gli aspetti progettuali

Nelle pagine di qualunque architetto, moderno, contemporaneo o del passato anche piùremoto, si evince che il primo passo della progettazione è l’analisi del contesto in cui inserire ilnuovo manufatto. Il contesto è uno degli elementi fondanti se non ispiratori del nuovointervento; il passo successivo sarà stabilire la posizione che il nuovo intervento assumeràrispetto al contesto.Senza questi due passaggi è difficile produrre architettura di qualità.Il genius loci, o spirito del luogo, racchiude un concetto considerato dagli antichi in modo assaiconcreto: una vera e propria realtà cui l'uomo si rapporta nel suo vivere quotidiano (dal latino:genius = spirito e loci = del luogo).Il famoso architetto Aldo Rossi definisce il locus quale “rapporto singolare eppure universaleche esiste tra una certa situazione locale e le costruzioni che stanno in quel luogo”1.Un luogo, nel vero senso della parola, è uno spazio dotato di uno specifico carattere, e ciò locontraddistingue da altri luoghi.

1 Rossi A., L’architettura della città, Milano, Clup, 1987, p. 145.

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Riscoprire questo concetto, capirlo in modo razionale, può aiutare a verificare quanto il luogopossa collaborare con il progettista, in misura determinante, durante tutto lo sviluppo delprocesso creativo; di fatto il genius loci individua qualcosa di straordinario e unico legato a unluogo, a volte fatto semplicemente di suggestioni, con le quali confrontarsi per scoprirel'anima, lo spirito, le virtù e la concretezza di quello specifico luogo, in tutte le sue componenti.La difficoltà si ha invece nello stabilire in cosa si concretizza l’individualità di un luogo o di unmanufatto: nella sua forma, nella sua funzione o in ciò che esso evoca, nel suo utilizzo o nellatradizione.Se si analizza meticolosamente lo sviluppo edile di un qualsiasi edificio risultano evidenti inumerosi aspetti ed elementi di cui è necessario tenere conto nella valutazione d’impattopaesistico dell’edificio stesso, sia esso costruito in città, in campagna o qualunque altro luogopossibile della terra.Un’attenta analisi consente di comprendere come l’edificazione di una semplice casa vada benoltre gli interessi del committente, del progettista, dell’impresa edile, dell’utente finale e degliabitanti del vicinato, ma arrivi ad influire, anche se in piccola parte (ma alla fine gli edifici sonomilioni), sull’intero paese.Nella valutazione d’impatto paesistico esistono quindi fattori da considerare ancor prima dellaprogettazione dell’edificio; si dovrà porre attenzione soprattutto ai materiali edili da utilizzare eche influiranno anche nella qualità degli ambienti interni.In qualunque contesto si intervenga non bisogna sottovalutare la capacità dell’intervento,seppur limitato, di operare modifiche al suo intorno.Obiettivo di un’architettura di qualità dovrebbe essere sempre e comunque l’ambizione ad unprodotto finale superiore che metta in luce gli aspetti positivi preesistente e ne occulti o mitighiquelli negativi.Purtroppo la progettazione eseguita a tavolino non è sufficiente per soddisfare il requisito dellaqualità, troppo scarso è il tempo dedicato ai sopralluoghi e quasi nulla è la fase di pre-progettazione eseguita in loco.La fase di progettazione si riduce, nel caso del recupero dei sottotetti ma non solo, ad unasommaria distribuzione planimetrica che tenga con del vincolo dell’allineamento delle finestrein facciata, cui segue una macchinosa verifica delle volumetrie per stabilire l’ampiezza dellefinestre alla cappuccina da collocare in copertura. Completamente assente è la verificatridimensionale delle nuove volumetrie in relazione all’edificio esistente.I tetti di Milano non sono belli, non sono coperture di particolare pregio e spesso sono giàdeturpati dalla presenza di volumi tecnici, sistemi di parabole e antenne, macchinari perl’impianto di condizionamento, ecc.Recuperare i sottotetti avrebbe potuto essere l’occasione per ripensare la funzione dellecoperture degli edifici e non relegarle a ad una sorta di catalizzatore della spazzaturadell’edificio stesso.Si fanno spesso critiche alla città perché manca di spazi verdi, perché è soffocante, perché nonè a misura d’uomo e poi si applica una legge in maniera tale da acuire ulteriormente i problemidella città.I nuovi interventi di recupero dei sottotetti hanno di fatto reso più “pesanti” i palazzisoprattutto in quei casi in cui si è prolungata la linea di facciata al di sopra della gronda; lascelta di materiali leggeri quali il vetro e il ferro o la realizzazione di porzioni verdi, masoprattutto l’arretramento rispetto al filo di facciata avrebbero sicuramente conferito piùleggerezza alle coperture.

La copertura è l’elemento architettonico dell’edificio che lo separa dal cielo, dall’orizzonte,dall’aria e contiene al suo interno l’elemento della rarefazione grazie alla sua forma inclinata esfuggente alla vista.

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Con la realizzazione di un sottotetto abitato si presente l’occasione per riproporre sotto nuovaforma il concetto di rarefazione della copertura.L’edificio, così come pensato nel suo progetto originario, trovava la sua conclusione con la lineadi gronda, il fronte godeva di una sua armonia e proporzionamento nel confronti della strada edegli edifici circostanti, le dimensioni delle aperture e il loro passo trovano una giustificazioneall’interno della composizione e tutti ha una sua naturale conclusione con la copertura.Intervenire su un sottotetto significa sia ripensare la conclusione di un edificio sia ricreare lasua originaria proporzione e il rapporto con gli edifici attigui nonché con la strada; questadovrebbe essere un’operazione molto stimolante paragonabile al tema dell’angolo che hainteressato numerosi studi nella storia dell’architettura in quanto l’angolo deve avere un “peso”differente rispetto al resto della facciata in quanto sottoposto a differenti visuali.

3.1. La coperturaIn generale le zone dove è incentivato il recupero dei sottotetti a fine abitativo sono quellerelative ai centri storici e alle loro immediate vicinanze.In queste zone la tipologia edilizia più diffusa è quella della casa tradizionale in linea concopertura a falda e struttura lignea, salvo modifiche successive all’epoca di costruzionedell’edificio; non è raro trovare anche coperture con struttura in laterocemento.Innanzitutto è necessario affidare ad uno specialista competente la verifica strutturale deicarichi che può sopportare la copertura prevedendo un aumento dei carichi a causadell’inserimento di lucernari, finestre alla cappuccina, pacchetti di isolamento, macchinari perla climatizzazione, ecc.Nel caso in cui tale copertura venga sostituita da una nuova struttura la verifica della stabilitàdelle strutture andrà svolta accuratamente sull’edificio che ne dovrà sopportare il carico.Le strutture lignee possono essere con capriata poggiante sui muri perimetrali, oppure formateda puntoni, terzere e trave di colmo poggianti oltre che sui muri perimetrali anche su un murodi spina, che può essere continuo o costituito da una serie di pilastri.La struttura portante che si trova associata alle coperture lignee è quella costituita damuratura portante in mattoni pieni, su cui poggiano molto spesso semplici solai lignei privi dipavimento.

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Figura 1: esempio di realizzazioni di capriate.

Nel caso di struttura con capriata di tipo palladiano o altri tipi di capriate più complessi, lapresenza dei contrafforti o di strutture reticolari nella porzione medio alta del tettocompromette lo sfruttamento ottimale dello spazio centrale del sottotetto e rende necessario ilripensamento generale della struttura di copertura; la validità di questa ipotesi è vincolataanche alla verifica dello stato di conservazione degli elementi lignei.Si può pensare alla rimozione di una capriata di tipo palladiano o composta solo se lo stato didegrado delle travi lo giustifica, altrimenti si procederebbe a distruggere una modalitàcostruttiva di interesse storico e raramente utilizzata nelle nuove costruzioni. Piùcorrettamente si può ipotizzare di collegare tale volume all’appartamento sottostante lasciandocosì in vista la struttura e creando un sistema di soppalchi per lo sfruttamento dellavolumetria.Un esempio molto diffuso di copertura lignea e che si presta particolarmente bene al recuperodella volumetria è quello formato da puntoni e terzere sorretti da setti murari portanti. Lagrossa orditura potrà essere lasciata a vista e, come si è visto, non influisce sul calcolo dellavolumetria utile, mentre la piccola orditura costituita da travetti e reggitegole, sarà poi rimossae sostituita dal nuovo pacchetto di copertura.In tutti i casi va considerata l’ipotesi di taglio delle terzere in alcuni punti per consentirel’inserimento di abbaini o finestre da tetto; ciò comporta l’inserimento di una nuova strutturasolitamente metallica a bordatura delle aperture in falda e contro cui si intestano i monconidelle terzere tagliate.

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Figura 2: realizzazione di copertura su setti portanti.

La copertura in laterocemento altro non è che un solaio tradizionale in pignatte e tabelloni, inposizione inclinata.L’orditura dei travetti è disposta ortogonalmente al colmo, i travetti hanno un passo circa cm50, con frapposte pignatte in cotto.La verifica da eseguire in questo caso, oltre allo stato di conservazione della struttura, riguardala presenza di un isolamento termico sufficiente per rispondere ai parametri termici di unappartamento. In caso di assenza o insufficienza di isolamento termico andrà prevista larimozione del manto di copertura, il posizionamento del pacchetto di isolamento termico e diimpermeabilizzazione e la ricollocazione del manto di copertura.Come per le coperture lignee anche per quelle in laterocemento, l’apertura di porzioni di faldaper l’introduzione di finestre da tetto o abbaini comporta la realizzazione di una struttura dibordo al perimetro dell’apertura e l’eventuale formazione di una struttura portante degliabbaini che scarichi il peso sulla muratura perimetrale e su quella di spina.

3.2. La distribuzione internaIl recupero del sottotetto avviene, per la maggioranza dei casi, in edifici storici o comunqueantecedenti i due conflitti mondiali.In tali edifici la concezione planimetrico-distributiva dell’alloggio, sempre che questo non siastato recentemente modificato e mantenga invece le sue caratteristiche originarie, è quellatradizionale, con corridoio centrale che accede ai vari ambienti che compongono l’unitàabitativa, generalmente dotata di un unico servizio.La presenza di poche colonne di scarico delle acque nere costituisce un vincolo abbastanzaforte per la collocazione dei servizi nel nuovo appartamento nel sottotetto.Generalmente le colonne di scarico dei vecchi edifici si trovano sul lato dell’edificio che affacciaverso il cortile interno; ciò determina quindi che, anche nel futuro alloggio, i locali di servizioquali bagni e cucina saranno collocati sul medesimo fronte interno della casa, a meno di nonutilizzare pompe idonee al sollevamento delle acque di scarico, che le convoglino oltre il colmodel tetto nello spessore della falda, oppure a pavimento.La posizione dei servizi è il primo vincolo che potrà influenzare le scelte distributivedell’alloggio, in quanto le attuali offerte tecnologiche consentono di attuare qualunquesoluzione o quasi; il secondo vincolo è quello che chiameremo lo “sfruttamento delle altezze”.L’abitudine a progettare in pianta conduce spesso a dimenticare, o a demandare a successivistudi tridimensionali degli spazi, la caratteristica anomalia volumetrica dei sottotetti: ci si trova

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di fronte ad una inversione dell’utilizzo degli spazi, poiché la maggiore altezza si trova al centrosotto il colmo, dove negli appartamenti tradizionali è collocato il corridoio di distribuzione e idisimpegni, mentre l’altezza più esigua ai trova al perimetro dove andrebbero collocati gliambienti principali.Il primo suggerimento che consente lo “sfruttamento delle altezze” è quello di ridurre allostretto necessario gli spazi di disimpegno e praticamente di abolire i corridoi per scegliereinvece una distribuzione a pianta aperta; inoltre dove la falda risulta troppo bassa per poterricavare degli spazi abitabili possono essere collocati o piccoli ripostigli o terrazzini su cuiaffacciano, con enormi vantaggi, gli spazi interni.Se le dimensioni del sottotetto sono tali da far ipotizzare la realizzazione di un alloggio percirca quattro utenti, e quindi con numerose camere da letto, si suggerisce, seguendo ilprincipio della pianta aperta, di posizionare la zona giorno in posizione baricentrica in manieratale che funga contemporaneamente da spazio distributivo fra locali di servizio (cucina,lavanderia, guardaroba e studio) e zona notte.Se, al contrario, le dimensioni del sottotetto sono ridotte la pianta aperta e la flessibilità deglispazi possono essere ottenute con la progettazione integrata di arredi mobili multifunzione,che possano trasformare l’unico grande spazio, a seconda dell’uso che se ne intende fare neivari momenti della giornata.

3.3. L’illuminazione naturaleI sistemi di illuminazione naturale di un sottotetto sono molteplici: lucernai o finestre da tetto,abbaini o finestre tradizionali verticali che affacciano su terrazzini in falda, pozzi di luce.Dare luce a un sottotetto è, a prima vista, un’operazione molto semplice: la luce zenitale ha unalto potere illuminante e soprattutto è difficilmente oscurata dalla vicinanza di edifici anche piùalti.D’altro canto se il lucernario, in quanto illuminazione zenitale, ha un’ottima resa dal punto divista dell’illuminazione fornita, produce un rapporto aerante inferiore rispetto alla finestraverticale, a causa della sua collocazione sull’inclinata della falda, che ne riduce notevolmentel’altezza effettiva, misurata sulla perpendicolare al pavimento.L’utilizzo del lucernario, o finestra da tetto, si presenta come la soluzione più immediata e dipiù semplice realizzazione, oltre al fatto di essere, nella maggioranza dei casi, la scelta piùeconomica.Un problema da non sottovalutare causato dall’utilizzo di finestre in falda è il risvoltopsicologico che ha sull’individuo uno spazio con aperture esclusivamente zenitali.Nel sistema abitativo tradizionale la relazione fra l’interno dell’appartamento e il contestocircostante, urbano, periferico, rurale, ecc., è garantito in maniera biunivoca dalle finestreverticali sul perimetro dell’edificio; queste consentono all’individuo di confermare con unsemplice sguardo, anche se tutto ciò avviene in maniera del tutto inconscia e involontaria, lapropria collocazione in un preciso contesto, pur restando all’interno delle proprie mura di casa.Questo aspetto, anche se spesso sottovalutato, è di grande importanza in quanto influisce sullaconsapevolezza che il soggetto sviluppa per non estraniarsi dal mondo esterno.Al contrario è proprio quando si ricercano volutamente le condizioni dell’isolamento, adesempio in un carcere, che le aperture, se ci sono, sono piccole e collocate al di sopra dellavisuale in maniera tale da impedire qualunque relazione con l’esterno e consentireesclusivamente la visione della volta celeste.Purtroppo le finestre da tetto consentono quasi esclusivamente una visuale verso l’alto, verso ilcielo, ostacolando così il meccanismo ancestrale di autoidentificazione nel proprio territorio.In ultima analisi le finestre da tetto, essendo collocate a filo della copertura, non consentono diaumentare la volumetria in quei locali dove si renda necessario il raggiungimento di un’altezzamedia ponderale elevata. Ciò conferma l’idoneità delle finestre a filo della falda per

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l’illuminazione dei locali di servizio, di passaggio o accessori per i quali si richiede una minorevolumetria, mentre per camere, soggiorni, studi e cucine si consiglia l’utilizzo di lucernariabbinati a sistemi di illuminazione verticali, quali abbaini o finestre su terrazzini in falda.La versatilità delle finestre da tetto consente di realizzare moltissime combinazioni per ottenerela qualità di illuminazione desiderata all’interno del locale: le finestre possono essere affiancatesia orizzontalmente, sia verticalmente, ottenendo superfici vetrate di notevole dimensione.A parità di superficie vetrata, si possono inoltre combinare serramenti dalle diverse dimensioni,ottenendo una migliore distribuzione della luce, come illustrato nell’immagine seguente.

46% 48% 65%

Figura 3: esempio schematico di come può variare l’illuminazione a parità di superficie vetrata,di superficie del locale e di inclinazione della falda.

Inoltre, nel confronto con l’abbaino, a parità di superficie vetrata, la finestra da tetto consenteun’illuminazione superiore fino al 40%, se posizionata su una copertura che ha un’inclinazionedel 100%.Uno degli elementi maggiormente caratterizzanti di un appartamento ricavato nel sottotetto èla finestra alla cappuccina, chiamata anche più comunemente abbaino.Essa caratterizza notevolmente anche l’esterno e, per tali ragioni di impatto urbano e diimmagine degli edifici quali tessere del mosaico cittadino, risulta fondamentale un’accurataprogettazione della cappuccina, del suo aspetto nei confronti della facciata, dei sui allineamenticon le bucature esistenti, del suo volume, delle sue proporzioni in relazione sia a se stessa, siaalla copertura, sia alle proporzioni dell’edificio sottostante che, per così dire, le ospita, dellasua forma e dei suoi materiali e colori.La finestra alla cappuccina è un elemento in grado di cambiare in maniera radicale anche glispazi e i volumi interni dell’alloggio: conferisce agli ambienti interni un’ampiezza maggiore,minimizzando gli inconvenienti causati dalla presenza di una falda inclinata, che riducenotevolmente lo spazio effettivamente agibile; consente una visuale che si sviluppa in lineaorizzontale fuori dalla finestra, fondamentale all’individuo per sviluppare la consapevolezza delcontesto in cui è inserito, a partire dal semplice sguardo involontario fuori dalla finestra; e, nonda ultimo, contribuisce, con la propria volumetria, al raggiungimento dei requisiti minimi intermini di altezza media ponderale, potendosi sommare alla volumetria esistente, data dallasemplice inclinazione delle falde e dall’altezza del colmo, in quei locali dove tali requisiti minimisono necessari ai fini dell’abitabilità e della salubrità dell’ambiente.Un abbaino è un manufatto relativamente complesso; si compone di una parte strutturale, unadi tamponamento e una di copertura.La parte strutturale è costituita da travi e travetti e può essere lignea o metallica.

La struttura della cappuccina non può poggiare direttamente sull’orditura minuta di un tetto osu una falda in laterocemento e tanto meno sulla soletta di pavimento.

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Il peso della cappuccina, peso proprio e carico accidentale, va fatto scaricare sugli elementiportanti dell’edificio e non deve assolutamente poggiare “in falso”, come si dice, su solai pianio inclinati.Per realizzare ciò correttamente è necessario prevedere una soluzione per portare il pesodell’abbaino a scaricare sugli elementi portanti dell’edificio; per esempio: posizionandosemplicemente due putrelle in ferro dal colmo del tetto alla muratura perimetrale e su di esseimpostare il nuovo manufatto.Tale procedura non è necessaria per il lucernario, in quanto il peso proprio è paragonabile aquello della porzione di copertura di cui esso fa le veci.La struttura della copertura è poi composta da una trave posta orizzontalmente a reggere ilpeso della facciata, dove è aperta la finestra e da un piccolo colmo se la copertura è realizzatacon un sistema a due falde.La copertura della cappuccina può essere realizzata, a grandi linee, in quattro maniere: a duefalde, quindi molto simile al tetto su cui probabilmente innesta; a volta a botte, con arco più omeno ribassato; con copertura piana; oppure a falda inclinata o con pendenza minore a quelladel tetto o addirittura in controtendenza.In tutti e quattro i casi, la copertura dell’abbaino deve essere realizzata con materiale coibentee impermeabilizzante, con particolare attenzione alla possibilità di formazione di ponti termicida un lato e di infiltrazioni d’acqua dall’altro.

Figura 4: esempi di finestre alla cappuccina con tetto piano, con tetto curvo, con tetto a duefalde, con tetto a una falda e in controtendenza.

Un aspetto fondamentale della progettazione riguarderà il corretto proporzionamento degliabbaini in copertura, in rapporto all’edificio nella sua integrità e alla copertura stessa, e larelazione con il sistema delle aperture esistenti in facciata.Assolutamente da evitare, anche se ce ne sono alcuni aberranti esempi di realizzazione, lacollocazione di una cappuccina all’incrocio di due falde; tale scelta non possiede alcunagiustificazione né stilistica, né estetica, né funzionale, né ha alcun precedente storico.Con l’inserimento di finestre alla cappuccina sulla copertura si procede, indirettamente, allariprogettazione dell’intera facciata dell’edificio, oltre che della sua volumetria.

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Il progetto finale dovrà essere coerente con la natura e l’aspetto dell’edificio esistente, anchese non necessariamente ricalcarne lo stesso linguaggio.Per concorrere al raggiungimento di tale obiettivo, nel caso di facciate particolarmentecaratterizzate dalla presenza di decorazioni anche attorno alle finestre, si può pensare diriprendere tali decorazioni anche attorno alle finestre degli abbaini, o nella maniera più fedele,oppure anche come semplice citazione stilizzata.Questa diatriba è già stata approfonditamente affrontata da progettisti e teoricidell’architettura.Negli anni successivi al secondo conflitto mondiale l’apparizione di una legge che consentivauno sfruttamento maggiore delle aree, anche già edificate, ha dato luogo ai cosiddetti sopralzie ha riaperto la problematica del confronto con il carattere dell’esistente; si può dire chequesta problematica si ripresenti ad ogni epoca.Il bivio che si prospettò allora e che si ripropone oggi con il recupero dei sottotetti esistenti èquello fra il mantenimento del linguaggio proprio dell’edificio esistente, anche se in contrastocon le linee espressive dell’architettura contemporanea, o la dichiarazione aperta dellamodernità della porzione di edificio che si va realizzando, legandola al suo tempo, oltre cheall’edificio esistente e creando quindi un nuovo edificio in cui vecchio e nuovo risultinoarmoniosamente inglobati.Non si intende entrare nel merito di questa diatriba nei confronti della quale teorici e maestridell’architettura si sono già confrontati esaustivamente, in questa sede si intendesemplicemente sottolineare come la recente normativa per il recupero dei sottotetti a finiabitativi abbia, inconsapevolmente, ripresentato un problema spinoso di linguaggio progettualenei confronti del quale ogni progettista, degno della categoria cui appartiene, dovrà cimentarsiassumendo e difendendo al propria personale posizione.Se la scelta ricadrà sulla riproposizione degli elementi decorativi della facciata anche sullefinestre alla cappuccina nel sottotetto, allora si dovrà provvedere, oltre alla riproposizioneformale degli elementi decorativi, al rispetto delle tecniche e dei materiali storici, per nonincorrere in un “finto antico” dal sapore evidentemente posticcio.Anche la semplice scelta dei materiali e dei colori con cui realizzare esternamente l’abbainopuò confermare, oppure discostarsi nettamente, dall’immagine complessiva dell’edificiooriginario.Oltre a finestre in falda e abbaino è possibile inserire un terrazzino in falda per dare luce evisuale al sottotetto.Il terrazzino in falda, oltre ad aumentare la godibilità dell’appartamento, consente di sfruttaremeglio la porzione più bassa sotto la falda che altrimenti non verrebbe utilizzata se non perricavare degli scomodi ripostigli.Le finestre alla cappuccina che affacciano sul terrazzino potranno avere una portafinestraanziché una finestra migliorando notevolmente la qualità degli spazi interni. Anzi, non saràneanche necessario dover realizzare una cappuccina se si imposta il serramento che daaccesso al terrazzino dove la falda ha un’altezza interna netta di m. 2.20.Se la legge regionale, all’interno della quale si opera, consente aumenti di volumetria,modifiche alla quota di imposta di colmo e gronda, modifica della pendenza della falda, alloraanche il parapetto del balcone potrà essere realizzato in sporgenza rispetto alla linea dellafalda.Se invece la normativa non consente aumenti di volumetria, il terrazzino andrà realizzatototalmente all’interno della falda, con un’altezza minima del parapetto, costituito dalla faldastessa, di m 1.10.

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A

Figura 5: A e C - terrazzo in falda senzaaumento di volumetria; B e D -terrazzo in falda con aumento divolumetria.

Figura 6: come si modifica la facciata conl’introduzione di diverse cappuccineo di terrazzini in falda più o menoampi.

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3.4. Abitare il sottotettoLa forma dello spazio dedicato all’abitare, che è andata consolidandosi nei secoli,successivamente alle primitive capanne circolari, è quella quadrata.Nei nostri appartamenti, più o meno recenti, lo spazio “quadrato” costituisce la traccia abitualesulla base della quale vengono organizzati gli ambienti dell’abitazione.Per noi quindi le stanze hanno generalmente pareti parallele a due a due e soffitti paralleli aipavimenti; sono pochi gli esempi dove ciò non si verifica e, nella maggioranza dei casi, si trattadi un adeguamento a vincoli preesistenti e solo raramente di una scelta abitativa differente.L’architettura come frutto di sapiente progettazione non consiste nella somma di larghezze,lunghezze e altezze degli elementi costruttivi piani che definiscono lo spazio, ma proprio dalvuoto, dallo spazio racchiuso, dallo spazio interno in cui si inserisce l’uomo.Il problema si sposta quindi sulla rappresentazione dello spazio in architettura,rappresentazione che, utilizzando i pochi strumenti forniti da piante e alzati, risultainsufficiente già a rappresentare uno spazio di tipo tradizionale, parallelepipedale, e ancor piùinsufficiente a rappresentarne uno irregolare.Nel caso dello studio e della rappresentazione di un alloggio ricavato nel sottotetto larappresentazione grafica tridimensionale o la realizzazione di modelli diventa quasi necessariaper aggirare la convenzione inconscia che vede il soffitto quale l’esatta proiezione delpavimento e le pareti tutte rettangolari e della stessa altezza.L’ambiente di un sottotetto riproduce lo spazio generato dall’angolo concavo fra le due faldeinclinate del tetto; si genera così un ambiente che non ha sempre caratteristiche identiche, mapresenta zone dalla volumetria più generosa, in corrispondenza della parte centrale del tetto, ezone meno vivibili, dove la falda del tetto scende sotto l’altezza di m 1,80.Dalla semplice vista in pianta dell’alloggio questa caratteristica dello spazio del sottotetto non èindividuabile e va colta con uno studio tridimensionale dell’ambiente.La forma e l’illuminazione dello spazio del sottotetto lo rendono quindi differente dagli spazio incui abitualmente ci muoviamo e in maniera differente esso va pensato, affrontato e vissuto.Quando si affronta un sottotetto più che di arredamento sarebbe corretto parlare di interiordesign in quanto sia la parte edilizia, per così dire fissa, sia quella mobile, cioè l’arredamentovero e proprio, sono in stretta relazione uno con l’altro.A differenza di un appartamento tradizionale, quando si progetta il sottotetto, fin dai primipassi in cui viene scelta la distribuzione generale, si compiono delle scelte che influenzeranno,per non dire vincoleranno, il successivo studio dell’arredamento. In maniera molto semplificatasi può affermare che “muri” e “arredi” procedono di pari passo nel loro collocarsi all’internodello spazio.Lo spazio del sottotetto può presentarsi in due modi:- come insieme sinergico di spazi chiusi e delimitati disposti in maniera stellare attorno alla

zona giorno centrale;- come unico ambiente, con un nucleo separato e chiuso da pareti, che costituisce il blocco

dei servizi e relativo disimpegno, rispetto al resto dell’appartamento.Nel primo caso le pareti che delimitano i vari ambienti, che, con la loro presenza, individuanochiaramente e univocamente sia gli ambienti stessi sia la loro funzione, costituiscono lasuperficie naturale contro la quale disporre i vari elementi di arredo.Lo spazio è generato dalla presenza delle pareti divisorie e, di conseguenza, gli elementidell’arredo non possono che seguire le linee guida già dettate dallo spazio, inserendosi in essocome una naturale conseguenza.Nel secondo caso, quello dello spazio aperto, saranno gli elementi di arredo a definire di voltain volta i vari ambienti; ciò conferisce all’intera unità immobiliare una flessibilità maggiore eduna maggiore adattabilità al modificarsi delle esigenze del nucleo familiare.Poter avere un appartamento che, a parte alcuni nuclei fissi quali i servizi, la cucina e lacamera da letto principale, è costituito da un unico ambiente che può cederne porzioni per larealizzazione di stanze separate, potrebbe essere la soluzione a molte esigenze del nuovomercato immobiliare destinato alle giovani coppie.

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Il sottotetto, in quanto forma sia abitativa sia spaziale non tradizionale, si presta molto bene aquesto tipo di sperimentazione.L’illuminazione artificiale è un altro aspetto progetturale che concorre alla realizzazione dellospazio interno. L'utilizzo della luce come elemento, e non complemento, dello spazio è un fattopiuttosto raro nei comuni appartamenti, piuttosto si tende ad acquistare belle lampade daesporre in quanto begli oggetti e secondariamente per il tipo di luce che esse fanno.In un sottotetto, inoltre, la presenza di un soffitto inclinato anziché orizzontale, non favoriscela diffusione della luce, accentuando maggiormente lo scarto fra zone illuminate e in ombra.Nelle porzione più basse del sottotetto, dove sono collocate le armadiature fisse a separazionecon la zona non abitabile, l'illuminazione risulta necessaria per l'accesso e la consultazione deicontenitori ma può anche essere utilizzata nelle ore serali per creare una sorgente di lucesoffusa al limite della zone di sosta degli individui. In questi spazi ribassati è molto difficilecollocare corpi illuminanti tradizionali del tipo a sospensione, a muro o a pavimento, mentre siprestano con ottimi risultati finali e praticità di installazione i faretti da incasso.Per quanto riguarda l'illuminazione generale degli ambienti nelle ore serali e notturne è daescludere l'utilizzo di corpi illuminanti a sospensione, a causa della ovvia presenza di un soffittoinclinato, mentre è da prediligere l'uso di piantane e apliques. Per quanto riguarda questeultime si consiglia da un lato una collocazione sulle pareti dotate di maggiore altezza, incorrispondenza o quasi del colmo, in maniera tale che una presenza ravvicinata della falda deltetto non ostacoli la diffusione del fascio luminoso e dall'altro lato bisogna però evitare diprecludersi l'utilizzo delle poche pareti alte per la collocazione di armadi o libreria.Per quanto riguarda l'illuminazione specifica delle singole zone di lavoro, di riposo, ecc.,bisogna scegliere accuratamente posizione e corpo illuminante idonei all'attività da svolgere.Sul piano di lavoro di cucina, in assenza della classica illuminazione sotto i pensili non si èpotuto collocarla, trovandoci in corrispondenza della falda inclinata del tetto, si possonoutilizzare ancor dei faretti direzionabili, posti immediatamente al di sopra del piano di lavoro.Per illuminare la zona del pranzo esistono più possibilità a seconda della collocazione deltavolo, ad esclusione sempre dei corpi a sospensione: se il tavolo è collocato in prossimità diuna parete, in maniera tale che quando non viene utilizzato resta a ridosso della medesima, èconsigliabile l'uso di apliques a parete o a braccio per illuminare il centro del tavolo; alcontrario se il tavolo è collocato permanentemente al centro della stanza la scelta dovrebbericadere sull'utilizzo di una piantana che possa essere avvicinata al tavolo senza invadere lospazio di movimento dei commensali.Per illuminare la zona dei divani non si evidenziano differenze con gli appartamenti di tipotradizionale.Nei bagni possono essere utilizzati sia apliques, sia faretti da incasso con una particolareattenzione per questi ultimi nei confronti della vicinanza con acqua o sorgenti di vapore.Nelle camere possono essere utilizzate apliques o corpi luminosi sopra le travi, per creareun'illuminazione diffusa; possono essere collocati faretti orientabili di fronte agli armadi, perilluminarne maggiormente l'interno; a fianco del letto sono idonee le classiche abat jour, e perlo scrittoio una piantana o una lampada da tavolo.Infine corridoi, ripostigli in quota e cabine armadio possono essere trattati analogamente aglistessi spazi di un appartamento tradizionale.

Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito http://www.sanpaoloimprese.com/

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