AA.VV., Dizionario della Mafia, l'Unità

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    Amici dinfanzia, coetanei e colleghiFoto Ansa

    CORAGGIO/1

    LEDUESTRAGI EntrambipalermitanidelquartiredellaKalsaequasicoetanei,GiovanniFalcone

    (18maggio1939-23maggio1992)ePaoloBorsellino (19gennaio1940-19luglio1992), furonouccisida

    dueattentatidinamitardia56giorni lunodallaltro.ConFalconemorironolamoglieFrancescaMorvil-

    loe gliuominidella scortaVito Schifani,AntonioMontinaroRoccoDiCillo.ConBorsellino, gliagenti

    AgostinoCatalano,VincenzoLiMuli,WalterEddieCosina, Claudio TrainaedEmanuelaLoi.

    Coraggio una parola che non faci-

    le usarequandosi scrive di mafia. Ilmondo mafioso, infatti, per rag-giungere i suoi obiettivi, piuttosto

    che il coraggio utilizza lastuzia e, contro chinonsi adegua, la violenza. Una violenza im-provvisa e oscura.

    Ma di coraggio bisogna parlare quandoraccontiamo la storia di Giovanni Falcone ePaolo Borsellino che hanno perduto la vitaperch hanno combattuto fino allultimo lamafia siciliana.

    Erano coscienti di quello che li aspettava.Sapevano per lesperienza accumulata nellaloro breve vita che non cera da farsi illusio-ni.CosaNostra,questo il nome che in Sici-

    lia stato assunto dalla mafia,avevaidentifi-cato in quei due giudici i nemici principalidellorganizzazione. Questoperch neglian-ni Ottanta il cosiddetto maxi-processo -che da Falcone e Borsellino era stato istruito- aveva sferrato a CosaNostra un colpodeci-sivo: decine di capi e sottocapi erano staticondannati come agenti di un potere checomminava pene anche mortali, senza ap-pello, a chi provava a opporsi. Anche a don-ne e bambini se si ribellavano o, semplice-mente, avevano avuto la sfortuna di vederequalcosa che non avrebbero dovuto vedere.

    Falconee Borsellinolottaronofino allulti-mo,in un certosenso attesero la morte, con-trounorganizzazione cheormaiera diventa-

    ta parte dello Stato e delle istituzioni pubbli-che.

    E proprio questa fu la loro angoscia: era-no perfettamente consapevoli che lItaliasa-rebbe precipitata nelbaratro se nonfosse riu-scita a interrompere per sempre quella coa-bitazione nata in circostanze drammaticheneglianni tra il1943e il 1947 e andataavan-ti per lintero periodo repubblicano. !

    ILDIZIONARIODELLAMAFIA

    DaCapaci a via DAmelio

    ILCOLPOPIDUROACOSANOSTRA

    AMANINUDE

    CONTRO

    LAVIOLENZA

    STORICO

    Nicola Tranfaglia

    Falcone e BorsellinoDuegiudici contro

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    Si potrebbe direche si cono-scevanoda sempre.Duran-te linfanzia avevano divi-so lo stesso quartiere, es-

    sendo entrambi nati a Piazza Ma-gione, in una Kalsa brulicantedumanit e presto segnata irrime-diabilmente, lo ancora oggi, daibombardamenti americani; lazio-ne cattolica, nella chiesa di SanFrancesco dAssisi, le prime amici-

    zie, le prime letture, i primi germidi una coscienza civile. Venivanoentrambi da famiglie di borghesiaoperosa, ma, in strada, avevanoistintivamente imparato a ricono-scere, oltre al proprio, un altromondo, diverso, pi duro, con al-tri codici, altri linguaggi, altri mo-didi concepire lavita e le relazionicongli altri.Sapevano,uno dell al-tro, tutto quello che cera da sape-re. Si fidavano ciecamente, senzariserve mentali, senza tornaconti.Si capivanocon unocchiata,un ge-stodellamano, il ricorso a unricor-do di quellinfanzia comune. Era

    naturale che fosse cos, essendocresciuti insieme. Poi, congli anni,avevano imparato a stimarsi daprofessionisti,ma questoera venu-to dopo; quando sarebbero diven-tati i colleghi della porta accan-to,nel bunker dellufficio istruzio-nedi Palermo.E vada sche furo-no sempre rimanendolosino alla

    fine - veri amici. Il che, in una terradove ilsospetto untarlo cheprimao poicorrode tutto, eraun fatto che,

    da solo, aveva quasi dello straordi-nario.

    Che due vite parallele comequelle di Giovanni Falcone e PaoloBorsellino, si siano concluse cometutti sappiamo, non fa parte, comecomunemente si crede, della storiadella mafia; fa parte, semmai, diquel loro modointransigente, e sin-tonico, di volere fare le cose perbe-ne, con molto scrupolo, senza mez-zemisuree sino infondo. Poichtut-to questo lo facevano dichiarata-mente controla mafia,la mafia,con

    piglio gelidamente notarile, non fe-ce altro che tirare la riga del dare e

    dellavere.Ecco allora che, pi passano gli

    annie pi,nellimmaginariocolletti-vo, Capaci e via DAmelio, i luoghiin cui persero la vita, sono destinatiquasi a identificarsi in uno solo, co-

    me sono destinate a identificarsi,nelricordo, e a dispetto diognianni-versario, persino le date. Come seununica gigantesca vampatadi fer-ro e di fuoco si fosse portata via duevitetroppo paralleleper essere sepa-rate, proprio in quella tragica dirit-tura darrivo, da quei 56 giorni deiquali, invece, danno pedantemente

    conto le cronache.Giovanni Falcone, Paolo Borselli-

    no. Ci si lasci dire: furono coerente-

    mente, e sino alla fine, magistratidonore. Un onore che, a chiac-chiere, era stato sempre appannag-gio esclusivo di quell altro mondo,duro e con altri codici, che loro, sida piccoliavevano imparato a cono-scere e detestare. E questo capovol-gimento di ruoli, che poi, grazie aloro, avrebbe fatto scuola e proseli-ti, fu vissuto dai criminali come unaffronto inaccettabile. Entrambi pa-garono con la vita, in moneta assaisonante, per le stesse cose. Entram-bicommiserolo stessoerrore imper-donabile: lessersi messi in testa che

    con la mafia non doveva essere cer-cataalcuna forma di convivenza.En-trambi nonresistetteroalla tentazio-ne di smuovere le acque in Sicilia,regione dove, quasi per definizione,persino un intero armamentario diproverbi aveva sempre sconsigliatoqualsiasi forma di larvato cambia-mento. Altro che il tutto cambi per-chnullacambi. La mafia,dal puntodi vista dei suoi biechiinteressi, nonvolevache cambiasse proprio nulla,ma davvero nulla. E che dire, ora?

    CheFalconee Borsellino perquin-dici anni costrinsero lamafiaa balla-rela samba a suon di arresti, inchie-

    ste, perquisizioni? Che misero allecorde le famiglie americane degliSpatola,deiGambino e degliInzeril-lo?Che istruironouna sfilza di maxiprocessi?Chespaccarono unamagi-stratura che, sino ad allora, avevasempregiratola testa dall altra par-te, forte con i deboli e debolissimacon i forti, come si diceva un tem-

    po? Che scoperchiarono un santua-rio dietro laltro? Che non rimaserospettatoripassivi dellaguerra di ma-fiaanni 80,mentre in passatogli in-vestigatori tiravano un sospiro disollievo perch i mafiosi si ammaz-zavano fra loro?

    Che dire, ancora? Che andaronoalla ricerca delle ricchezze accumu-late illecitamente nelle banche diMilano come in quelle svizzere?Che scardinarono, dando ascolto aipentiti,un mondosegretoe sotterra-neo che, grazie al valore del-lomert, era rimasto da sempre im-penetrabile e sconosciuto alla gentecivile? O varicordato che, perrende-re ancora pi incisivo il loro lavoro,inventarono, sotto la guida di Anto-nino Caponnetto, il pool delluffi-cio istruzione? Che cascarono sem-pre in piedi, anche quando sembra-

    va che la manina di un certo Statoriuscisse, da sola, a fare quel lavorosporco che tutti i mafiosi agognava-no ma chenon erafacilissimoporta-re a termine? O va evidenziato chesapevanoanche rivolgersiallopinio-ne pubblicaper lanciare un messag-gio che la sensibilizzasse finalmentecontro la mafia? Vogliamo dirlo che

    I libri per capire la mafiaCOSEDI COSANOSTRA Iltesto

    scritto daGiovanni Falcone e

    Marcelle Padovani,editodallaRizzoli.

    SAVERIOLODATO

    CORAGGIO/1

    La storia

    Sieranomessi in testa che conCosanostranondovevaesserecercataalcuna forma di convivenza. Cos scardinarono ilmondo segreto dei boss

    Si fidavano ciecamenteluno dellaltro. La maniadi fare le cose per bene

    [email protected]

    Niente mezze misure

    Il gioco delle partidi due magistrati donorein lotta contro la mafia

    Vite parallele

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    furono accusati di protagonismo?Di essere star dellantimafia?Di con-cepire il lavoro del giudice comequello dello sceriffo? O dovremmodimenticare che entrambi furonomessi sotto accusadal Csm, cucinatia fuoco lento da certi mediadellepo-

    ca, visti dai Palazzi romani, nellapi benevola delle ipotesi, come fa-stidiosi guastatori che agivano allaprovincia dell impero? O, per fini-re,che il club degli amicidi Giovan-ni e Paoloregistrun boom di iscri-zioni- oggisi direbbedi contatti- ,mapurtroppo solo dopo il loro estre-mo sacrificio?

    Ci accorgiamo che sin qui, ma troppo tardi per rimediare, non ab-biamo fatto altro che scrivere: ma-fia e mafiosi; pur sapendo benissi-mo chequelledefinizioni, se ai tem-pi di Falcone e Borsellinoin qualchemodo delimitavano il problema, og-

    gi diverso. Gia queitempi, lama-fia era una mafia politica. Falcone eBorsellino lo intuirono, ma non po-terono andare oltre. Cisarebbero vo-lutianni e anni per svelare lesisten-za di altre facce nascoste, la facciaistituzionale, la faccia politica quel-la economica. E ancora non ci sia-mo. Avendoli conosciuti entrambi,

    cipremedare unatestimonianza so-lo di dettaglio di quanto siano stateparallele le loro vite. Noi cronisti, proverbiale, andiamo sempre in gi-ro a far domande per poi scriverequelloche si trova (pio meno).Co-minciamo col dire che, se per caso,

    andavi nel loro ufficio unora primache fossero sul punto di scatenareuna micidiale offensiva giudiziaria,di questo clima di vigilia non trape-lava assolutamente nulla. Nel loroaccampamento non percepivi alcunsegnale di mobilitazione, di fibrilla-zione. Il che, come si pu ben capi-re,mandavain bestia gliavvocati pe-nalisti che speravano, annusandolaria, di captare invece segnali chepotessero tornareutili ai loro clientimafiosi. Se il cronista si faceva piaudace, Falcone, che magari nonaveva intenzione di rispondere,elar-giva unbel sorriso e uninvitolaconi-

    co: chiedilo a Paolo. Se il cronistaaccettava il suggerimento, altro sor-riso, ma in questo caso sotto i baffi,e altro consigliolaconico: lo chiedaa Giovanni.Uno dava del tu, laltrodava del lei. Magistrale gioco delleparti, magistrale interpretazione,fin nei minimi dettagli, di due viteparallele. !

    Il libro

    I processi

    PerchFalcone?Sintesiragionata del processo

    Stragedivia DAmelioIl 18 dicembre del2000 si concludeil primo dei tre tronconi nei quali suddiviso il processo. La Cassazio-ne rende definitive alcune condan-ne,tracuiquellaa18anniperilpenti-to Vincenzo Scarantino.

    Il cosiddetto Borsellino bistermi-na invece, in viadefinitiva, il 3 lugliodel 2003 con 13 ergastoli nei con-fronti di mandanti ed esecutori, tracui Riina, Biondino, Graviano ed al-tri. Mentreil Borsellino ter, giuntoin

    Cassazionenel gennaio dellostessoanno, subisce un parziale annulla-mentoconrinvioalla CortedAppel-lodi Catania.Doveverrunificatoalprocesso perla strage di Capaci il 9luglio del 2003.

    StragediCapaciIl processo, dopo varie vicissitudini,giunge in Cassazione il 19 aprile2003, dove viene parzialmente rin-viatoe appuntounificatoal Borselli-noter.13bossaccusatidiesseretraimandantidellastrage dovranno es-sere nuovamente giudicati.

    ProcessounificatoInizia il 15 maggio del 2003 e termi-na in Cassazione il 19 settembre del2008 con 13 condanne all'ergasto-lo.

    Lanovit SpatuzzaNegliultimimesi ledichiarazionidelpentito Spatuzza hanno rimesso indiscussione la versione di Scaranti-no facendo riaprire le indagini sullastragedi via dAmelio. Hanno forni-toinoltrenuovielementichepotreb-bero portare all'identificazione deimandanti esterni.

    AgendaRossaSichiusaconunasentenzadefiniti-va di non luogo a procedere, moltocontestata, la vicenda della agendarossa di Paolo Borsellino, in cui an-notava le sueconsiderazionipide-licate, scomparsa negli attimi suc-cessivi allo scoppio della bomba

    Sito di informazionesu Cosa Nostra

    Il tradimentoe la tragediaFALCONE E BORSELLINO diGiommariaMonti,

    EditoriRiuniti. La calunnia, il tradimento, la tragedia.

    LaCorte diCassazione nelnovembredel2004sipronuncia sul fallitoattentatoallAddaura.

    Il sito del MinisterodellInterno

    Sono ancorasenzanomeimandantidelle due stragi

    Lungo e travagliato l'iter deiprocessi perle stragidi Capa-

    cie ViaD'Amelio chehanno definitole responsabilit di molti esecutori

    materiali, ma non dei cosiddettimandanti esterni.

    PERCHFUUCCISOGIOVANNI FALCONE

    www.antimafiaduemila.com

    Gli ineditiGIUSTIZIA E VERIT Sono gliscritti

    inediti delgiudice Paolo Borsellino a cura

    di Giorgio Bongiovanni(ACFB AssociazioneculturaleFalconee Borsellino)

    www.interno.it

    EDIZIONIRUBETTINO

    Approfondimenti

    Perch fu ucciso Giovanni Fal-

    cone?di Luca Tescaroli, Ed. Rubetti-no. la sintesi ragionatadel percorsodi indagine intrapresodalgiudice Lu-caTescaroli,chesioccupdelproces-soperlastragidiCapacineiprimiduegradidigiudizio,allaricercadellaveri-t. Fondamentale anche per com-prendereil contestostoricoin cuima-tur il delitto.

    Per saperne dipi

    DILUCATESCAROLI

    Dasinistra insensoorario.Un

    momentodellamanifestazionepernondimenticare lastrage di

    viaD'Amelio. La navedella

    legalit2007. Ungruppodibambini inviaD'Amelio, in

    memoriadiPaolo Borsellino.Lafoto della strage.Al centro

    Falcone e Borsellino.

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    Assassino e pentito

    ORRORE/2

    IL KILLER DI UN BAMBINO stato il killer pi feroce di Cosa Nostra. Ha confessato pi di 150omicidi.Ha ancheil primatodellorrore.PerchGiovanniBrusca (San GiuseppeJato,1957)non solo fuluomoche azionla bomba della stragedi Capaci, maordinil sequestroe lomicidio di Giuseppe DiMatteo, 13 anni, la cui unica colpa eraquella dessere il figlio di un pentito. Ruolo che nel 1996, dopolarresto, stato assunto dallo stessoBruscache oggi unodei principali collaboratori di giustizia.

    Nella storia della mafia siciliana

    (ma in questo non ci sono grandidifferenzecon le altre mafie,italia-ne e straniere) la ferocia sembra

    crescere in modo proporzionale allesten-dersi dei traffici e alla sete di guadagno.Questo quanto ci suggerisce la conoscen-za sempre pi precisa di alcune delle azionirecenti di Cosa Nostra. Vicende efferate co-me luccisione del piccolo Giuseppe Di Mat-teo, il cui cadavere fu sciolto nellacido, ocome le stragicompiutecon luso di esplosi-

    vi.Ma va detto chenon possiamo essere cer-

    ti che, in passato,non sipraticasse, constru-menti magari diversi, la stessa sanguinaria

    ferocia. Questo, daltra parte, un genere didubbioche condiziona sempreil lavorodel-lo storico quandole fonti di cuidispone nonsono sufficienti.

    Ma forse la differenza tra il passato e ilpresente, la pi profonda, sta proprio neltempo. Perch quando alla disponibilitdi strumenti per uccidere pi facilmente siaggiungela fretta, lurgenzadi agire(maga-ri per arrestareleffetto valanga di certipen-timenti) che la ferocia, e lorrore, non han-no pi argine. E tra le vittime della mafiacominciano a esserci le donne e i bambini.

    Anche se, alla fine, non tutti sono in gra-do di compiere certe azioni. Non un caso

    che a mettere in atto i crimini pi feroci traquelle compiuti da Cosa Nostra siano statiuomini come Salvatore Riina e GiovanniBrusca, cio uomini di campagna, abituati aun certo rapporto con gli animali. Non han-no fattoaltroche trattare alla streguadi ani-mali gli uomini (le donne, i bambini) cheavevano individuato come nemici o anchesolo come ostacoli al loro potere.!

    ILDIZIONARIODELLAMAFIA

    LomicidiodiGiuseppeDiMatteo

    LAFEROCIA

    ECOSANOSTRA

    IMODERNI

    STRUMENTI

    DIMORTE

    STORICO

    Nicola Tranfaglia

    Giovanni Brusca Pi di centocinquanta omicidi

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    Parliamodi macelleriama-fiosa, con una premessa.Uno degli stereotipi pidiffusi e difficili da sradi-

    care, consiste nella convinzioneche i mafiosi siano naturalmenteviolenti, predisposti cio, per unadiversit innata, alle efferatezzenei confronti dei loro nemici, sia-no essirappresentanti dello Stato,siano mafiosi come loro i quali,

    per una qualche ragione, si trova-no, in un momento dellavita, dal-la parte sbagliata. Le cose stannodiversamente. I mafiosi, come os-serv Falcone, praticanola violen-za solo quando la vedono comel'unico strumento per perseguire iloro interessi affaristici e di pote-re. Ricorrono all'omicidio quandotutte le altre strade - discorsi, con-sigli, avvertimenti, minacce, attiintimidatori, tentativi di corruzio-ne se si tratta di un funzionario, ealtro ancora - non hanno ottenutol'esito sperato,o perch l'interessa-to non capisce, o fa finta di non

    capire o, peggio ancora, crede dipotercela fare da solo.

    Nella sua storia secolare, Co-saNostra,a quelche se nesa, nonha mai agito d'impeto. Prova nesia che, per decenni, la monetacorrentedel sensocomunerisiede- va in favole ben congegnate: la

    mafia riparava i torti, addrizzava lestorture provocate dall' assentei-smo statale, non toccavale donnee

    i bambini, meno che mai torturavagliadulti, nonindulgevaallo stragi-smo. Che l'esaltazione di questanon violenza servisse a coprire l'al-tra violenza, quella che si manife-stava, ad esempio,a colpi di luparanellecampagne, prima chevenisse-ro alla ribalta le calibro 38, spiegasolo che la mafia non un'istituzio-necon finalitbenefiche e che, ordi-nariamente, mette inconto di ricor-rere al delitto. Se gliattiparlamen-tari della mafia - un'iperbole-fos-seronoti,si scoprirebbequanti pro-cessi a porte chiuse si susseguirono

    neglianni '60nel tentativo di scopri-re chi c'era dietro le Giuliette Alfa

    Romeo imbottite di tritolo; primaformadi gangsterismodi derivazio-ne americana che la mafia pianti-ca e tradizionale non gradiva perniente.

    Altra cosa era l'accanimento sul

    cadavere: il sasso in bocca - il cuisignificatodivent di dominiopub-blico nel 1970 grazieal film di Giu-seppe Ferrara con consulenzadelloscrittore Michele Pantaleone - a si-gnificare la causale del delitto: lavittima aveva svelatoa estranei i se-greti dell' organizzazione; i genitaliin bocca, a significare una diversa

    causale del delitto: la vittima avevaavuto una storia amorosa con unadonna impegnata, peggio ancora

    seimpegnata conun mafioso;ma-no o dita tagliate, a significare chel'uccisosi eraappropriatodi ricchez-ze non sue; eccetera. La mafiaface-va corrispondere ad ogni omicidioun segno che serviva da monitoper l'intera comunit di un paese odi un quartiere, e che, in ultimaistanza, mandava persino a dire al-la locale caserma dei carabinieriche quello tutto era tranne che undelitto gratuito. Nel1948 fu enor-me lo sdegno per l'uccisionedel pa-storello Giuseppe Letizia, che a 13anni assistette, frai dirupidi Corleo-

    ne, all'esecuzione del sindacalistaPlacido Rizzotto. Letizia fu uccisoin quanto testimone che potevamettere a repentaglio gli interessidi Luciano Liggio e Michele Navar-ra, allora astri nascenti della mafiacorleonese.

    con l'avvento dell' eroina, econla centralit chela mafia sicilia-na acquista nel traffico mondiale -grazie allasua capacitdi raffinazio-ne - che la violenza, sotto ogni for-ma, si incrementain maniera espo-nenziale: dalla guerra degli an-ni'80, in cui i clan furono decimati

    dai corleonesi, alla sfida ai rappre-sentanti dello Stato che si stavanoopponendo a quel gigantesco affa-re e a quella mattanza. Da allora,non ci sar pi posto per le favolet-te:saranno uccisele donne (pensia-mo a madri, mogli, sorelle, cognatedeipentiti); sarannouccisii bam-bini (pensiamo a Claudio Domino o

    Giuseppe Di Matteo); sar introdot-to l'uso dell'interrogatorio sottotor-tura (pensiamo alle camere dellamorte, valga per tutte il sinistro ca-solare di San'Erasmo lungo la stata-le Palermo - Messina) fatte trovaredai collaboratori di giustizia; l'usodei cimiteri di mafia; dell'incapret-

    tamento, con la morte che soprag-giungedopo lentaagonia;o, varian-te meno macchinosa, l' impiccagio-neutileasimulareunsuicidio.Ean-cora:l'acido,in quantitativiquasi in-dustriali, per sciogliere i cadaveri eimpedireche singole tracce potesse-ro favorireuna pista investigativa; irituali macabri, che sfociavano inautentico sadismo, di ultimecenedove tutti i commensali, tranneuno, sapevano in che cosa si sareb-be risolto il dopo cena. La violen-za eradiventatauna catenadi mon-taggio nel cui ingranaggio si finivaper un nonnulla.

    E se Tot Riina, proverbiale perla sua ferocia, fu il primo capo dellacupola che liberalizz in forme tan-to aberranti il ricorso alla violenza,e dandone lui stesso prova in pi diun'occasione, sar Giovanni Bru-sca, molto pigiovane di Riina,l'au-tentica espressione della saga nera

    UnmagistratodonoreSTORIA DI GIOVANNI FALCONE

    diFrancescoLaLicata, Ed.Feltrinelli.

    Lavita di Falcone,magistrato chevolevasconfiggere lamafia.

    SAVERIOLODATO

    ORRORE/2

    La storia

    Il codicedella tortura.Con eroinae pentiti lamafia cambi le regole. Centinaiadidelitti: Bisognavacolpire tutti quelli che volevano spartire la torta

    [email protected]

    Una catena dimontaggio nella quale sifiniva per un nonnulla

    PALERMO

    Laviolenza

    Adestra la foto del piccolo

    GiuseppeDiMatteo, uccisoe sciolto

    nellacido.Avevaappena tredici

    annie lunica colpadiesserefiglio

    diun pentito.Sopra una sua foto

    inedita scattata durante il

    sequestro. Inbasso la foto

    segnaleticadelcapomafiaMimmo

    Raccuglia, arrestato il 15novembre.

    Quando Brusca mi disseHo strangolato e scioltocadaveri nellacido

    Assassinare unbambino

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    dell' orrore criminale. Di segni esegnali da inviare all'opinionepubblica non c'era pi alcun biso-gno. Perch questo cambio di regi-stro? Perch Cosa Nostra, con que-sta impennata sanguinaria, non fe-ce altro che - la similitudine va das- stringersi da sola la corda al col-

    lo?

    Giovanni Brusca, quando ci in-contrammo nel carcere di Rebib-bia, estate2009- per il libro intervi-sta Ho ucciso Giovanni Falcone(OscarMondadori)- , mi offr, a taleproposito, dal suo punto di vista, ri-sposte logiche. La prima: l'immen-so fiume di danaro del traffico dell'eroina fece impallidire in un attimoi proventi tradizionali della mafiain decenni di vita relativamentetranquilla:se pascoliabusivi, ma-cellazione clandestina del bestia-me, traffico di sigarette di contrab-

    bando, speculazione edilizia, ta-glieggiamento,producevano un fat-turato pari a 10, con l'eroina quel10 era diventato 1000.Va da s chenon era pi sufficiente la media diundelitto al meseper tenere le coseinordine: di delittice nevolevano abizzeffe, tanti quanti erano quelliche pretendevano di suddividere la

    torta.Brusca si present cos: Hocom-

    messoe ordinato pidi cento delit-ti... meno di duecento. Ho strango-lato... Ho sciolto i cadaveri nell'aci-do muriatico... E molti li ho carbo-nizzati su graticole costruite appo-sta. Rendeva l'idea.

    La seconda: l'effetto devastantedelle collaborazionidi ex bosse pic-ciotti cheprovocavano piccole slavi-ne, quando non autentiche valan-ghe repressive. In entrambi i casi,ilproblema era la lotta contro il tem-po. Per questo morirono migliaiadipersone, mafiosi, parenti, amici,co-noscenti o genteche passavaper ca-so;per questa stessa causale moriro-no magistrati, poliziotti, carabinie-ri, funzionari, imprenditori,giorna-listi e uomini politici. Sempre perlalotta contro il tempo, Brusca diedeordine a una ventina di mafiosi ditreprovince siciliane di sequestrare

    prima,e ucciderepoi, ilfiglio diSan-tino Di Matteo; con l'obbiettivo di-sperato che il padre ritrattasse lasuaconfessione. Infine,c' lo stragi-smo, ma richiederebbe un altroarti-coloa parte (non in contrasto,per,con quanto abbiamo scritto sino adora). Ch sempre di orrori si tratta,e su scala pi vasta. !

    Il libro

    GiovanniBrusca

    I libri per capire lamafiaCACCIATOREDI MAFIOSI di Alfonso Sabella,Monda-

    dori. Sabella, magistrato, ha catturato Bagarella e Brusca,

    ha visitato le camere della morte dove avvenivano letorture e le uccisioni pi cruente e raccolto i racconti.

    Storiadiunboss: gli studiinterrotti, il primoomicidio

    Il bossFiglio d'arte, nato nel 1957, viene

    combinato tra il '75 e il '76 da Sal-

    vatoreRiinaed entra a parpartedel

    mandamento di San Giuseppe Jato,

    capeggiato da suopadre, Bernardo

    Bruscaal quale succedernellagui-

    da del mandamento.

    Il soldatoPerconto di Cosa Nostra, durante la

    sua carriera criminale commette e

    ordina personalmente oltre cento-

    cinquanta omicidi. Ai magistrati di-r: Ancora oggi non riesco a ricor-

    dare tutti, uno per uno, i nomi di

    quelli che ucciso. Molti pidi cento,

    di sicuro meno di duecento.

    IlmostroNell'immaginariocollettivo perri-

    cordato,soprattutto,come l'assassi-

    no di Giovanni Falcone e il mandan-

    te dell'omicidio del piccolo Giusep-

    pe Di Matteo, figlio del collaborato-

    re di giustizia Santino Di Matteo, uc-

    ciso all'et di 13 anni.

    La collaborazioneViene arrestato il 20 maggio del1996 e quasi subito si pente. All'ini-

    zio la suacollaborazione con la giu-

    stizia non parziale, ma una volta

    operata la scelta definitiva diventa

    totale. Solo grazie a lui si scoprono

    mandanti ed esecutori della strage

    incui morGiovanniFalcone,vengo-

    no comminatidecine e decinedi er-

    gastoli e per la prima volta viene

    svelata l'esistenzadel "papello":la li-

    sta di richieste rivolte da Riina allo

    Stato.

    I processiImputatoin particolarenei processiperle stragidi Capaci, viad'Amelio e

    perle bombe del'93subiscerispetti-

    vamente condanne definitive a 19

    annie 11 mesidi carcere, a 13 annie

    10mesi e a 20anni.Condannatoan-

    che per gli omicidi di Ignazio Salvo

    (22 anni), Rocco Chinnici (16) e per

    quello del piccolo Di Matteo (30).

    Tutta linformazione

    su Cosa Nostra

    La trasmissione ha mostrato

    la foto inedita di Di Matteo

    Il torturatore che divenneil primo tra i pentiti

    Il primo condividere il volto

    piviolentodella mafia,il pri-

    motra i pentiti.Bruscavieneidentifi-

    catosoprattuttocome lassassinodi

    Falcone. Ma fu anche il mandantedel delitto del piccolo Di Matteo.

    HOUCCISOGIOVANNI FALCONE

    www.antimafiaduemila.com

    Primi passi diunbossERA IL FIGLIO DI UN PENTITO di Giuseppe Montic-

    ciolo e Vincenzo Vasile, edizioni Bompiani. Monticciolo, il

    braccio destro di Brusca, si racconta. I primi passi nelpaese per diventare qualcuno, lui piccolo muratore.

    www.chilhavisto.rai.it

    MONDADORI

    Approfondimenti

    Con la sua collaborazione con la

    giustizia Giovanni Brusca il primodei

    grandipentiti di mafia a raccontare co-me e perch si arriv all'eliminazione

    di Falcone.Saverio Lodato haincontra-

    to in una cella blindata del carcere di

    Rebibbia Giovanni Brusca e ne ha rac-

    coltola testimonianza. Il bossracconta

    la storiadellasua vita, senza censurare

    alcun particolare: il padre mafioso, gli

    studi interrotti, il primo omicidio.

    Per saperbe dipi

    SAVERIOLODATO

    37MERCOLED2DICEMBRE

    2009

  • 8/3/2019 AA.VV., Dizionario della Mafia, l'Unit

    7/36

    Dalla Sicilia allAmerica

    PENTITI/3

    IL RITORNO IN ITALIA il 15 luglio del 1984. Tommaso Buscetta (Palermo, 13 luglio 1928 - NewYork, 2 aprile2000) torna inItalia. Era stato arrestatoa San Paolo del Brasile il 24ottobre del1983eaveva resistito in tutti i modi allestradizione. Fino al punto di avvelenarsi conla stricninadopo aversaputocheerastataconcessa.Il pentimento glivalseunaltroviaggio transoceanico. Incambiodellesuerivelazionisu Cosanostraamericanaottenne dagliUsaunanuovaidentite sistabil aNewYork.

    Con il termine pentiti furono desi-

    gnati, a partire dagli anni Ottantadel XX secolo,coloro che, fuoriusci-ti dalle organizzazioni mafiose, de-

    cidevano di collaborare con lautorit giudi-ziaria. (legge30 dicembre 1980per il seque-stro di persona a scopo di estorsione e dpr 9ottobre 1990 n.309 per il traffico di stupefa-centi o associazione a ci finalizzata). Ma,gi alla fine degli anni Settanta, Leonardo

    Vitale si erapentito, pagando con la vita ilsuo gesto.

    Nel 1991, con la legge del 15 marzo, ven-ne riconosciuto un regime di favore di cuipotevanobeneficiare i collaboratori di giusti-ziaper protezione e assistenza ma anche dal

    punto di vista penale e penitenziario, conlintroduzione di una notevole attenuante.Con quella legge, allindomani delle grandistragi di mafia del 1992 nelle quali moriro-no i giudici di Palermo Giovanni Falcone(con la moglie Francesca Morvillo), PaoloBorsellino e gli agenti delle loro scorte, ven-nero introdotte modifiche premiali che con-sentivano ai collaboratori di scontare la pe-na al di fuori degli istituti carcerari. Questodetermin una forte crescita del numero deipentiti.

    Il fenomeno si ridimensionato alla finedel primo decennio del nuovo secolo: oggi ipentiti sono 785, nel 1996 erano 1214.

    Tommaso Buscetta, che cominci a colla-borarenel 1984 conil giudice Falcone, con-siderato il pentito pi importante. Prima dilui - ha detto Falcone a Marcelle Padovani -nonavevo,non avevamo, cheunidea super-ficiale del fenomeno mafioso. Con lui abbia-mo incominciato a guardarvi dentro. Ma so-prattutto ci ha dato unavisioneglobale, am-pia a largo raggio.!

    ILDIZIONARIODELLA MAFIA

    Untentato suicidio, poi ladecisione diparlare

    ILRUOLODECISIVO

    DEICOLLABORATORI

    DENTROILCUORE

    DELLELOGICHE

    DI COSANOSTRA

    STORICO

    Nicola Tranfaglia

    Tommaso Buscetta Il boss dei due mondi

    25GIOVED

    3DICEMBRE2009

  • 8/3/2019 AA.VV., Dizionario della Mafia, l'Unit

    8/36

    Cosa Nostra ha perdutomalamente la sua sfi-da finale con Tomma-so Buscetta. E questa,ormai, una banalit

    storica. Ha perduto per sempre lafaccia agli occhi di boss, picciottiefamiglie,eternamenteconvinti, in-vece,dellasuainvincibilit.Unafe-rita, sarebbe meglio dire un trau-ma,chepesersin quandoesister

    la mafia. una sconfitta, sia dettoper inciso, che le ha fatto perderequasituttoilsuoprestigiocrimina-le agli occhi di altre mafie che dadecenni, nel resto del mondo, nesubivanoautorit,potenzaeinsin-dacabilit. Il clan dei siciliani, chenel traffico mondiale della drogaaveva soppiantato, sul finire deglianni '60, il clan dei marsigliesi, ri-ducendolo a prestatore doperanelleraffineriedelleroina,datem-po entrato neimusei, negli archi-vi,nellecinetechedi filmnoir.Og-gi tempo delle triadi di HongKong, yakuza giapponese, mafia

    russa,narcoscolombiani o monte-negrini serbi, nonpi deinonnettidi unaLittle Italy che, anche archi-tettonicamente, non esiste quasipi. Persino in tutto questo, c lozampino di Buscetta. Vediamo.

    CosaNostranonfucapacedifar-lotornarein Sicilia,mentreinfuria-va la guerra di mafia - e lui se ne

    stava inBrasile sebbene i corleonesigli stessero sterminando lintera fa-miglia-perchiuderloinunatrappo-

    la mortale. Cosa Nostranon riuscatogliergli la parola quando inizi aparlare con Giovanni Falcone, raromagistrato,allepoca, cheaveva car-ta,penna e senso dello Stato; quan-do continu a parlare con la com-missione parlamentare antimafia,rispondendo acutamente a doman-de molto intelligenti o molto scioc-che; quando si present nellaulabunker di Palermo - correva l'anno1986 - per il primo grandeprocessodove espose puntigliosamente, du-rante il violentissimo faccia a facciaconPippoCal,lasuaverit.Unpo-

    deroso elettroshock per la corte, gliimputati, gli avvocati, la stessa opi-

    nione pubblica. Buscetta squader-n la mafia in diretta, irruppe nellecasedegliitaliani,raccontunmon-do sino a quel giorno solo sussurra-to. Segn per sempre unprima e unpoi.

    Oggi i mafiosi sanno benissimo,ma ormai non possono fare altroche mordersi le mani, e comunquenon se ne sono fatti una ragione,che se Buscetta non fosse mai nato,loro sarebbero tranquillamente ailoro posti;i posti cheavevano occu-patoperoltreunsecolodistoriaita-liana. Va anche detto che, contro la

    mafia, non aveva mai vinto nessu-no. Contro la mafia erano andate ainfrangersi una mezza dozzina di

    commissioni dinchiesta; si eranoschiantati governi e parlamenti diogni colore; quei giudici, poliziotti,carabinieri, funzionari solitari, aiqualiloStatoscoprivalespalle,favo-rendo, molto spesso, un ignobilefuoco amico. Ma in cosa consiste-va l'arma letale, se ci concessa lasemplificazione, di don MasinoBuscetta,il boss dalle trevite,il bossdai tre matrimoni, il boss dei duemondi,come, a ondatericorrenti, sisbizzarrivanogiornalietvdelpiane-ta nel tentativo disperato, accen-tuando le tinte, di tratteggiarne un

    ritratto sfuggente per definizione?Certo. Si potrebbe dire che tutto di-pese dal caso. E che il caso, se nonavesse preso le fattezze di Buscetta,sarebbe comunque riuscito a farsistrada con risultati se non identici,almeno altrettanto apprezzabili.Possibile. Ma Tommaso Buscetta esistito,eccomeseesistito.Elasuavita ha avuto effetti devastanti perlorganizzazione criminale denomi-nataCosaNostra.Eddiquestochedobbiamo parlare. Sono cose che,per fortuna, ormai si sanno (anchese spesso si dimenticano).

    Che fu il primo a svelare il nomevero di quella feroce Mafia spa; isuoi rituali pi nascosti, a partiredalliniziazione; i suoi codici nonscritti;ilsuorozzodecalogocompor-tamentale;il suo radicamento terri-toriale; l'eccezione e la regola; maanche la sua struttura militare; lamappa geografica alla qualefaceva-

    riferimento; la pianta organica; lasua araldica - si fa per dire - nobilia-re,rappresentatadaboss,capiman-damento,capi decine;lesuerelazio-ni con altri Stati, primi fra tutti gli

    StatiUnitidAmerica;ilnomediGiu-lioAndreotti. Tutto orocolato? Tut-toinedito?Buscettaboccadellaveri-t? Figurarsi.

    Certe cose, prima di lui, le avevadette un altro mafioso NickGentile,nella sua autobiografia, intitolataVita di capomafia, per gli EditoriRiuniti,difineanni60.Dimappatu-ra delle famiglie, si era occupatoun carabiniere che aveva lavoratosul campo, Renato Candia, che nel1960 diede alle stampe, con Scia-scia editore, laffascinante inchiestaintitolata Questa mafia. Solo perfarqualcheesempio.MaBuscettafu

    il primo che, al colore e alla sociolo-gia, aggiunse il poderoso carico delchi della mafia anni 80. Questofece la differenza. Come quasi tuttisanno, Buscetta non entr mai a farpartedellacommissione,ocupo-la, che dir si voglia.

    A sentir lui, perch le riunionitroppo lunghe non gli piacevano,

    IlmaxiprocessoMAFIA, LATTO DACCUSA DEI GIUDICI

    DI PALERMO a cura di Corrado

    Stajano, Editori Riuniti. Una summaimportante per conoscere le carte.

    SAVERIO LODATO

    PENTITI/3

    Lastoria

    I mafiosi sanno benissimo e comunque non senesono fatti una ragione che sedonMasino non fossemai nato, lorosarebbero tranquillamenteai loro posti

    [email protected]

    Lo conobbi qualchemese prima di morireGirava armato

    Estate 99

    Le rivelazioni decisivedelGrande padrinoche sfid laMafia

    Quando il boss scosse la cupola

    26GIOVED3 DICEMBRE2009

  • 8/3/2019 AA.VV., Dizionario della Mafia, l'Unit

    9/36

    Foto Ansa

    nonamavai bizantinismi,che esisto-no anche nel mondo criminale, per-ch tenevasoprattutto allasua indi-pendenza. Sar vero? E chi pu dir-lo? Certo che tutti i capi o vicecapi

    della commissione, si chiamasseroLiggio o Badalamenti, Bontate oGreco o Riina o Provenzano, ebberotutti, condon Masino un rapportoparitario, quasi reverenziale. DonMasino era don Masino. E questo emerso in migliaia di pagine pro-cessuali dogni natura. Si spos tre volte, amava le donne in manieraun po esuberante, secondo il puntodi vista degli altri uomini d'onore.Ma questa dissolutezza, cheavrebbe finito con lalimentare unestremo gossip di sopravvivenzapergli imputaticolpiti dalle suacol-laborazione con la giustizia, non gli

    ostacol la carrieracriminale. Inten-diamoci: ne fece di tutti i colori.

    Trafficcon le sigarette di contrab-bando, forse anche in droga (ma lonegava categoricamente), ammaz-z, e serv quel mondo sin dall'et disedici anni. Ma fu sempre uno di lo-ro. Poi, qualcosa si ruppe. E su que-

    sto, fiumi di letteratura giornalistica:si vendic,avendocapito chemilitar-mente nonaveva pi scampo;raccon-t a Falconetuttoquello cheavevanocombinato gli altri, nascondendo

    quello che aveva combinato lui; fu lostrumento consapevole dellintelli-gence americana chedi unacerta ma-fia, ora che lo sbarco in Sicilia appar-tenevaal passato, si erastancata;mil-lant credito, tanto vero che dellacommissione, o cupola che dir si vo-glia, non fece mai parte. Chiss. Chipu dirlo? Fatto sta che la Storia gliha dato ragione. Che morto nelsuoletto.E il dettaglio,per unavita comela sua, non insignificante.

    Lo conobbi in America nellestate1999, qualche mese prima della suamorte pertumore. Si nascondeva an-cora. Girava armato. Scrivemmo un

    libro intitolato La mafia ha vinto:iltestamento del Padrino. Ricordo lasua voce. Quella che in tante aule digiustizia, italiane e statunitensi, ave-va spedito in galera, spesso allerga-stolo, un esercito di criminali. Parla- va, parlava, parlava, Buscetta. Manessuno riusc mai a coglierlo in fal-lo.

    Il libro

    Lavita

    I libri per capire lamafiaILBOSSSOLO diEnzoBiagi,Rizzoli.Ilgrandegiornali-staparl per ore conTommaso Buscetta. Chedisse: Non

    avevo altra scelta: o continuavo a tacere come avevofatto oppure andavo fino in fondo. E cos stato.

    Il jaccusedel principe dei pentiti

    La carrieracriminaleNasce a Palermo il13 lugliodel 1928e soli ventanni viene combinatonella famiglia di Porta Nuova allin-terno della quale sale in fretta i gra-dini dell'organizzazione. Nel 1961,durante la prima guerra di mafia,sceglie la latitanza e nel novembredel 1972viene arrestatoa Rio de Ja-neiro con laccusa di traffico di dro-gaerispeditoinItalia.Nel1980ottie-ne la semilibert e scappain Brasileper poi essere riarrestato ed estra-

    dato per la seconda volta nel 1983.

    Il pentimentoDurante il viaggio per lItalia tenta ilsuicidio,ma sisalvae nel1984iniziala collaborazione con Giovanni Fal-cone. Consegnando alla giustizia,per la prima volta nella storia, lechiavidi interpretazione di un feno-meno fino ad allora impenetrabile.Al Giudice, prima di parlare, lanciaun avvertimento: Dopo questo in-terrogatorio lei diventer una cele-brit.Macercherannodidistrugger-la fisicamente e professionalmente.

    E con me faranno lo stesso.

    IlmaxiprocessoGrazie alle sue rivelazioni vieneistruito il primo maxiprocessoa Co-saNostrafondatosulcosiddettote-orema Buscetta. Finiscono allasbarra quasi 500 mafiosi, tra cui gliesattori Nino e Ignazio Salvo e VitoCiancimino.Neiconfrontidi Buscet-ta si abbatte presto la scure dellavendettamafiosachesterminabuo-na parte della sua famiglia, ma chenonriesce a fermarlo.

    LamorteIl2 apriledel 2000, all'et di71 anni,muore negli Stati Uniti. Negli ultimigiornidellasuavitaalgiornalistaSa-verioLodato consegnaunamarari-flessione: La mafia ha assunto unruolo molto pi grande di quellocheavevainpassato.diventataunfatto politico. riuscita a diventareinvisibile senza scomparire.

    Quello chesuccede oggi,Politica e Cosa nostra

    il sito della Fondazionein nome del magistrato

    Unpercorso uniconella storiadel crimine

    Lescarnenotediunacronolo-gia non possono restituire la

    vita, anzi le molte vite, di TommasoBuscetta. Danno per lidea della

    complessit di un percorso uniconella storia criminale italiana.

    LAMAFIAHAVINTO

    www.antimafiaduemila.com

    Lastoria pi completaTRENTANNIDIMAFIA Saverio Lodato, Bur. Il sottoti-tolo dice tutto: Storia di una guerra infinita. Unopera

    monumentale del giornalista che pi di altri in questianni si occupato a fondo di Cosa nostra.

    www.antoninocaponnetto.it

    MONDADORI

    Per saperne dipi

    A quindici anni dall'inizio dellasua collaborazione con la giustizia, ilprimograndepentito di mafia parlaetracciaunbilanciodesolantedellalot-ta alla criminalit organizzata, dopola stagione delle bombe e gli assassi-nii di Falcone e Borsellino. Un duro

    j'accuse nei confronti della politica.

    Approfondimenti

    SAVERIO LODATO

    AsinistraTommasoBuscetta in

    compagniadi suamoglie. Inalto

    a sinistrae a seguire insensoorario: GiulioAndreottial suo

    arrivoalCarcere diCapanneper

    l'udienzadelprocessoPecorelli;

    Buscetta incrocera; il boss

    Badalamenti. Inbassoa sinistra

    Buscettachedepone

    27GIOVED

    3 DICEMBRE2009

  • 8/3/2019 AA.VV., Dizionario della Mafia, l'Unit

    10/36

    La guerra allo Stato

    COSANOSTRA/4

    DA17 ANNIIN CELLA TotRiina(Corleone,16 novembre1930),il capodeicorleonesi, fuarresta-

    toil 15gennaiodel1993dallasquadradeiRosguidatadalcapitanoUltimo.Siavviaadiventare,dopo

    lamorte diGaetano Badalamenti e Michele Greco, il capodella cupolache hascontato lapi lunga

    carcerazione. Soprannominato ucurtuper la suabassa statura (1,58 centimetri) stato lideatore

    della strategiadelle stragi. Ed stataproprioquestala ragione della suafine.

    stato Tommaso Buscetta il primo

    pentito a rivelare a Giovanni Fal-cone che in Sicilia lassociazionecriminale da tutti conosciuta co-

    me mafia corrispondeva a unorganiz-zazione ben individuata e strutturatache gli affiliati chiamavano Cosa No-stra. Ma gi in precedenza erano statiacquisiti elementi che individuavano deitratti distintivi propri della mafia sicilia-na (ed era stata proprio questa consape-volezza il presupposto, nel1982, dellap-provazione della legge Rognoni-La Tor-re).

    Cosa Nostra ha i suoi elementi costitu-tivinel popolo degliaffiliati, nel territo-

    rio in cui opera e, soprattutto, nella si-gnoria che, contendendo allo Stato ilmonopolio delluso della forza, su quelterritorio esercita. Non a caso le fami-glie prendono il nome dei paesi e dellecitt che sono sotto il loro controllo.

    Altra caratteristica di Cosa Nostra una struttura gerarchica di tipo vertica-le-piramidale, diversa da quella oriz-zontale-federativa di altreorganizzazio-ni m afiose c om e la c am orra o landrangheta.

    Un rito formale presiede alla combi-nazione, cio allaffiliazione, del mafio-soe si concludecon ungiuramentoper lavita che viene solennizzato attraverso la

    punciuta, cio la punturadellaspinadiunarancia amara, e la bruciatura di unasantina (unimmagine sacra) che ha loscopo di sottolineare lirrevocabilit delvincolo contratto con il patto di sangue.

    Il concetto di onore proprio dei ma-fiosi si lega alla violenza esercitata: sonoi delitti a segnare il cammino e lascesadegli affiliati nella struttura gerarchica.!

    IL DIZIONARIO DELLA MAFIA

    U curtu, lideatore della strategia delle stragi

    QUELCHEDISTINGUE

    LAMAFIASICILIANA

    LAPIRAMIDE

    DELCRIMINE

    ORGANIZZATO

    STORICO

    Nicola Tranfaglia

    Tot Riina Il generale sconfitto

    31MARTED

    8DICEMBRE2009

  • 8/3/2019 AA.VV., Dizionario della Mafia, l'Unit

    11/36

    Tot Riina, ha compiutoda poco 79 anni. Ne hagi trascorsi diciassette incarcere, in massimo isola-

    mento, avviandosi a diventare,una voltache se ne sono andati daquesto mondo Gaetano Badala-menti e MicheleGreco,il capo del-la cupola di Cosa Nostra che hascontatoil periodo pilungo di de-tenzione. Non si mai pentito.

    Non si mai dissociato. Non hamai rivolto una parola ai parentidelle vittime. Non ha mai parlatoper pi di una decina di minuticon un magistrato; appena il tem-poper ribadire la decisione di con-tinuare a starsene rintanato nelsuomutismo. E vero.Qualche vol-ta ha parlato, ma solo nelle auledelle corti dassise, chiedendo ri-spettosamente al presidente di tur-no di poter accendere il microfo-no della sua gabbia. E per dire co-sa? Pochissimo, quasi niente. Ma,dal suo punto di vista, dovevanoessere puntualizzazioni alle quali

    nonpoteva rinunciare:che la rovi-nadellumanit sono i pentiti, per-ch non fanno altro che dire bu-giarderie, e i comunisti, che liprendono sul serio. Scuola di pen-siero, siadetto perinciso,che oggitrova parecchi proseliti allinterodei vertici del Pdl; ma cos va ilmondo. Tornando a Riina.

    Tot Riina stato un generaleche ha mandato il suo esercito in-contro a sicura disfatta. Che ha sca-

    tenato, per sua insindacabile deci-sione, una guerra di mafia con mi-gliaia di vittime. Che ha ingaggiatounasfida contro lo Stato che si ri-solta in decine di esecuzioni di ma-gistrati, poliziotti, carabinieri, uo-mini politici, imprenditori. E chepoi,non contento di questa ininter-rotta mattanza, ha ordinato ai suoifedelissimi di andare in giro perlItalia perseminarealtre bombe, al-trestragi, altre distruzioni.Solo nelsilenzio, e nello scontare la penasenza ricorrere a scorciatoie, sta lasinistragrandezza di questo genera-

    le sanguinario ormai sconfitto, se-gretamentedisprezzato da quelpo-

    co che resta del suo popolo e delsuo esercito, archiviato dalla storia.

    Chipi,chimeno,tuttiisuoigre-gari, fatta leccezione del cognato ecompagno darmi Leoluca Bagarel-

    la, si sono pentiti, dissociati, hannoincontrato Dio, o sono convinti diaverlo incontrato. Lui, no. Quandofu arrestato, il 15 gennaio del1993,avevaallespalleunalatitanzachesiprotraevadaduedecenni.Sesitrat-t di una latitanza dorata, di tuttacomodit,oconparentesididifficol-t, non lo sapremo mai. Sappiamo

    che ancora oggi resta un misterolantefattodellasuacattura,lacattu-rastessa,lintero capitoloche riguar-

    da il residence di Via Bernini, in cuisi nascondeva con la famiglia, per-quisitodaicarabiniericon unaventi-na di giorni di ritardo. In altre paro-le, tutto assai nebuloso:il prima,ildurante,ildopo.Tuttelericostruzio-ni ufficiali di allora, hanno perdutodi credibilit, man mano che passa-va il tempo. Prende quota lipotesiche, a tradirlo, fu laltro corleonesedoc, Bernardo Provenzano, con ilquale aveva dato vita alla cosiddet-ta diarchia che guid per oltre untrentenniola famiglia corleonese.

    Tommaso Buscetta mi raccont

    cheRiinaeProvenzanopartecipava-no insieme alle riunioni di cupola,mentre a tutte le altre famiglie,delpalermitano e dellintera Sicilia,era riconosciuto il diritto di presen-ziare con un unico rappresentante.Da cosa dipendesse questeccezio-ne, Buscetta non riusc mai a spie-garselo, come non se lo spiegaronomaigli altri componenti della cupo-la, sebbene il fatto li irritasse parec-chio. Se il tradimento ci fu, va das che la messinscena della cattura,rifilataquelgiornoalmondodeime-dia,non sardi molto aiuto agli sto-rici quando cercheranno di capire.

    Chi stato, davvero, Tot Riina? stato quello che ha inoculato neltessuto di Cosa Nostra il micidialevirus corleonese. Un virus rispettoal quale il tessuto della mafia tradi-zionale, quella dei palermitani, sa-rebbeprestorisultataprivadivalidedifese. Quella dei corleonesi statauna lunga marcia di avvicinamento

    al potere mafioso, iniziata sin dal-limmediato dopoguerra. Sin daitempi di Luciano Liggio, delmedicocondotto Michele Navarra, dell uc-cisione di Placido Rizzotto, capo le-ga dei braccianti; sin dai tempi,cio, delleliminazione sistematicadi capi lega e sindacalisticheaveva-no guidato a cavallo fra il dopo-guerra e i primi anni 50- il movi-

    mento per loccupazione delle terrein Sicilia. Connotati dei corleonesi:la determinazione e la rapidit mili-tare; la scarsa propensione alla me-diazione con gli altri boss; un odioatavico neiconfrontidi chiunquein-dossasse una divisa; il gusto innatoper le tragedie, il seminare zizza-nia fra gli affiliati, diffondendo unclima generalizzato di sospetto che,allafine,avrebbeprovocatounasor-ta di impazzimento generale. Infi-ne, un culto maniacaleper la segre-tezza, che non consentiva alle altrefamiglie di decifrarequali fosserodavvero i lororeconditidisegniaffa-

    ristici e militari. Quella lunga mar-cia di avvicinamento al potere ma-fioso trov, nella strage di Via Laziodel 10 dicembre 1969, il suo primovero snodo.

    Pereliminare unmafiosoanarcoi-de che non rispettava le regole, talMicheleCavataio,entraronoin azio-ne,fraglialtri,TotRiina,Bernardo

    I libri per capire le coscheRIINA, LA CADUTA DEI CORLEONESI

    LautoreAngeloVecchio, per

    AntaresEditrice.La vita e la latitanzadelbossdei boss.

    SAVERIO LODATO

    COSA NOSTRA/4

    La storia

    Adecine i palermitani caddero perch traditi daun fratello, dauncognato.La tattica dei boss: dieci anni insilenzio, fingendosigregari.Poi laguerra

    [email protected]

    Resta ancora un misterolantefatto della suacattura, la cattura stessa

    PALERMO

    Il giallodellarresto

    Il velenodei corleonesi:infiltrati, spie, esecuzioniCos riusc il golpe di Riina

    Il boss che ha cambiato lamafia

    32MARTED8 DICEMBRE2009

  • 8/3/2019 AA.VV., Dizionario della Mafia, l'Unit

    12/36

    Provenzano, Calogero Bagarella(questultimo fu ucciso, e gli altridel commandoseppellironosegreta-mente il suocadavere, affinchi ne-mici non traessero soddisfazionedalla sua morte). I corleonesi eranoentrati a Palermo. E ci erano entratia modoloro,contuttee due lescar-pe. A quel punto, si eclissarono. Perunaltra decina danni infatti covaro-

    no segretamente il loroprogettogol-pistain attesa che si presentasse loc-casione propizia. Apparentemente,si presentavano agli altri boss conspiritodi servizio.Mettevanoa di-sposizione un indiscussa potenzamilitaree propri uomini per i lavo-ri pi difficili e pi delicati. In-tanto, tessevano una trama di alle-anze nei salotti della Palermo-benedaiquali erano stati sempreesclusi.

    Fu solo alla fine degli anni 70,quando la citt fu invasa da un fiu-me di danaro frutto del trafficomondiale delleroina, che Riina e

    Provenzano intravidero loccasioneche tanto pazientemente avevanoaspettato. Quella per porre la lorocandidatura alla leadership di CosaNostra. Ebbero lintelligenza crimi-nale, giocando sull effetto sorpre-sa, di fare immediatamente fuocosul quartiergenerale dellamafia pa-lermitana. E unaraffica di esecuzio-

    ni assai ravvicinata- da PinoPanno,boss di Casteldaccia a Stefano Bon-tate, capo cupola in quegli anni, aTotuccio Inzerillo, suo fedelissimoluogotenente-apr le danze dellaguerra di mafia. Ma la definizione inesatta: ch non si fronteggiaronomai, nonostante centinaia e centi-naia di omicidi, due eserciti con-trapposti. I corleonesi infatti, ado-

    perando learmidel ricattoe del ter-rore, riuscirono a infiltrare uominidi fiducia allinterno di ciascuna fa-miglia rivale.

    A decine e decine i palermitanicadderofalciatida kalashnikov o ca-libro 38,perch traditi da un fratel-lo, da un cugino, da un cognato.Spesso si svolgevano funerali in cuii parenti stretti della vittima nonsa-pevano chi aveva armato la manoomicida. Furono anni di orrori, aiquali gistata dedicata una appo-sita puntata di questinchiesta. Diquellorrore, Tot Riina fu il domi-nus spietato. Sino al giorno della

    strage di Capaci. Quanto allastragedi via DAmelio ed cronaca diqueste settimane - lui se ne chiamafuori, alludendo, con i pochi mono-sillabi di cui linguisticamente ca-pace, ad altre entit, altre presenzeche, oltre Cosa Nostra, avrebberoavuto un loro inconfessabile torna-conto.!

    Il libro

    Cronologia

    La storiaSTORIA DELLA MAFIA dalle origini ai nostri giorni.Autore; Salvatore Lupo, per Donzelli editore. La mafia fa

    affari, traffica, trattaconi politici. un'organizzazionecriminale ma non solo criminalit organizzata.

    Vita e carriera criminaledel capo dei capi

    Gli esordiNato a Corleone nel 1930 viene ini-ziato alla carriera criminale dal po-tente boss Luciano Liggio, che di-venta capo dei corleonesi dopoaverassassinato,nel'58,MicheleNa-varra.Echericonosceinlui,enelge-mello diverso Bernardo Provenza-no, due promettentipicciotti.

    La scalata al potereNeglianni60,insiemeaLiggioePro-venzano, inizia la scalata al potere

    di Palermo. E quando Liggio vienearrestato,nel '74,lo sostituisce dive-nendo il boss dei boss corleonesi,alias i viddani.

    La mattanzaNel1981fauccidereicapiBontadeeInzerillo scatenando la secondaguerra di mafia. La pi sanguinosanellastoriadiCosaNostradallaqua-le esce vincitore assumendo, insie-me a Provenzano, il comando dellacriminalit organizzatasiciliana.

    I contatti politici

    Nel 1987, quando si accorge che laDc lo vuole scaricare si rivolge alPsi,dalqualerimarrdeluso.Einse-guitoalla sentenza del maxiproces-so che il 30 gennaio del '92 confer-ma diverse condanne all'ergastoloin Cassazione, scatena una guerracontro lo Stato facendo uccidereFalcone e Borsellino e pianificandogli attentatidel '93.

    La catturaIl 15 gennaio del'93 viene catturatoaPalermo.Ilsuocovononverrper-quisito per 18 giorni, durante i qualisar ripulito dagli uomini di Cosa

    Nostra. Un mistero ancora irrisolto.

    I processiDetenuto al41bis statocondanna-to in via definitiva in innumerevoliprocessi. Per la strage di Capaci, diviad'Amelio, pergliattentati del'93e per l'assassiniodel generale CarloAlberto DallaChiesa.

    Informazionesu Cosa Nostrae organizzazioni criminali

    Il video del processoal boss

    Luomo che ha volutola guerra contro lo Stato

    statoluomochehacambia-toil voltodella mafiae aperto

    una guerra che ha portato migliaiadimorti.Ha volutolattacco allo Sta-

    tofinoalla stragedi Capaci. Non simai pentito.

    ILCAPODEI CAPI

    www.antimafiaduemila.com

    Le intervisteRIINA MI FECE I NOMI DI... Intervista a SalvatoreCancemi di Giorgio Bongiovanni. Massari Editore. Le

    prefazioni sono a cura di Luca Tescaroli e Antonino DiMatteo.

    www.youtube.com

    EDIZIONI MONDADORI

    Approfondimenti

    Nel libro di Bolzoni e D'Avanzola storia dell'uomo pi potente e piconosciutodiCosaNostra.Lasuacar-riera criminale, sanguinaria e spieta-

    ta,chehaportatoicontadinidiCorleo-ne ai vertici del governo mafioso eche ha cambiato le regole del gioco.Nonsolotra famigliae famiglia, matramafiaeStato.Unastoriachegliau-tori hanno ripercorso parlando conchilo ha conosciuto, combattuto, tra-ditoegiudicato.IllibroeditodaMon-dadori.

    Per saperne di pi

    ATTILIO BOLZONI E GIUSEPPED'AVANZO

    Da sinistra in senso orario il bossBernardo Provenzano. Corleonee la stragedi Capaci nella quale,il 23 maggio del 1992,venneucciso il giudice GiovanniFalconee gliuomini della scorta.Sopra la fotocopia del papelloconsegnata da Ciancimino Jr ai

    pm.Tot Riina dietro le sbarre

    della gabbia numero5 dell'aulabunkerdi Firenze al processopergli attentati mafiosi del1993.A sinistra: gliavvocati Giovanni

    GualbertoPepi e Luca Cianferonidiscutono con un altro difensore.

    33MARTED

    8 DICEMBRE2009

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    Il segreto di una strage

    SICILIA/5

    STORIA EMISTERO SalvatoreGiuliano (Montelepre, 16 novembre 1922 Castelvetrano, 5 luglio1950) bandito e indipendentista siciliano, fu a capo di un gruppo di separatisti le cui gesta ebberoluogo a partire dalla fine della Seconda guerramondiale.La sualeggenda ha percorso la storiadellaSicilia negli ultimi50 anni. Fu accusatodella stragediPortella diGinestra,in seguito si scoperto chenon ag da solo. morto in una misteriosa sparatoria con i carabinieri nel 1950.

    C una poesia nel terzo volume

    delle Opere di Leonardo Scia-scia pubblicate nel 1991 daBompiani che lo scrittore di Ra-

    calmuto dedica alla sua terra e di cui va-le la pena riprodurre qualche brano perun discorso sullisola.

    Come Shagall - scrive Sciascia - vor-rei cogliere questaterra dentrolimmobi-le occhiodel bue. Non un lento carosellodi immagini, una raggiera di nostalgie:soltanto queste nuvole accagliate,i corvichediscendonolenti;e le stoppiebrucia-te, i radi alberi che si incidono come fili-grane.

    E ancora.Il silenzio vorace sulle co-

    se. Sincrina se il flauto di canna tentavena di suono:e una fonda paura di ra-ma. Vita e morte, insomma, legate traloronelle sensazioni di chivive in Sicilia.Potrei continuare la citazione ma credoche il lettore possa coglierne il sapore.La terra siciliana comunicaa chic nato,o a chi c stato tante volte amandola einsieme avendone emozione, il senso diun mistero e di unattrazione sottile.

    La sua lunga storia, i popoli che ci so-no arrivati e poi rimasti per tanto tempocome gli arabi, lasciandovi tracce impor-tanti, i contrasti della sua natura solare, imisteri che la circondano, sono tutti ele-menti che ne aumentano il fascino e la

    seduzione.Chi pu dire perch, proprio in quel-

    lisola, la mafia sembra esser nata e cre-sciuta non si sa ancora quando e perchtutti quelli che lhanno combattuta finoalla morte (o che lhanno studiata pertantianni o magari per tuttala vita)han-no contratto un cos forte rapporto conlei?

    IL DIZIONARIO DELLA MAFIA

    Una morte misteriosa ancora oggi

    IL MISTERO

    E LATTRAZIONE

    TERRA

    DI VITA

    EMORTE

    STORICO

    Nicola Tranfaglia

    Salvatore Giuliano Storia di un bandito

    33MERCOLED9DICEMBRE

    2009

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    La leggenda popolare delbandito Salvatore Giulia-no ha percorso la storiadella Sicilia quasi per un

    cinquantennio.Per dissolversi almeno in par-

    te,sonostate necessarie le apertu-re di alcuni archivi americani eitaliani e la desecretazione - daparte delParlamento - delle cartecheriguardavano lastragedi Por-tella della Ginestra del primo

    maggio1947, incui vennero ucci-si undici siciliani, tra braccianti ebambini, che festeggiavano il la-voro e lavittoria dellasinistranel-le elezioni regionali del 15 aprileappena trascorso.

    Cosoggisipufinalmentedi-re che il bandito Giuliano, primadel 2 settembre 1943, data in cuiuccise durante un controllodi leg-ge il carabiniere Antonio Manci-no, erastato soltanto uno dei pic-coli contrabbandieri dellisolanon inregolaconla legge che,ne-gli anni di guerra, si arrangiava

    conpiccoli traffici per sopravvive-re.

    Ma da quel giorno incominciad uccidere (il 24 dicembre 1943avrebbe fatto fuoco con il mitraun altrocarabiniereche voleva ar-restarlo) e poia formareuna ban-da cheda Montelepre si muovevaper razziare e devastare in giro

    per tutta la Sicilia occidentale.Tra il 1945 e il 1947 si svolse in

    Sicilia uno scontro accanito tra

    unanima democratica che era riu-scita persinoa instaurare alcune re-pubbliche popolari e unanima ar-caica e reazionaria che era ostile aogni riforma agraria e si alleavacon la mafia per difendere lo statuquo.

    Giulianosiresecontodel gran-de gioco politico che si svolgevanellisola e, venendo da una forma-zione maturata nel regime fasci-sta, si leg ai separatisti di Finoc-chiaroAprile e al sogno di unire laSicilia agli Stati Uniti come 49mo

    stato di quella grande democra-zia.

    Venne accolto con tutti gli onoriin quella effimera forza politicache aveva legami forti con lasso-ciazione mafiosa siciliana.

    E basta leggere le lettere cheGiuliano scriveva al presidente

    Truman e al giornalista MikeStern che era venuto nellisola perintervistarlo per rendersi contodelle sue ambizioni politiche.

    Al comando militare americanoil bandito scriveva una lettera si-gnificativa sulle sue intenzioni esulla lotta che intendeva condur-re.Giornior sono ho mandato un

    giovane per informarvi della miaeffettivaposizione, la qualeal ritor-no mi ha informato di qualche co-

    sama nulladi concreto:non crede-teche io sia quel tale banditoche ilgovernoitaliano naturalmente do-vr chiamarmi e mi credetti tali dipoter lottare anchioquei vilirossi,viprego di venire qualcunoa pren-dere qualche appunto in Siciliache io stesso le illustrer.

    E, inunaltra letteradi quel peri-odo, parla del ministro dellInter-no Mario Scelba: Scelba vuol far-mi uccidere perch io lo tengo nel-lincubo di fargli gravare grande re-sponsabilit che gli possono di-struggere tutta la suacarriera poli-

    tica e financo la vita. Ho aiutato lademocrazia perch la riconoscevocomela democrazia delle altre na-zioni. I monarchici li ho aiutati perobblighi personali e non per ideapolitica.

    Nei sette anni in cui scorazza intutta lisola con la sua banda, Giu-liano ha rapporti amichevoli con icapi del corpo speciale inviato dalgoverno in Sicilia per debellare ilbanditismo: dal colonnelloLuca al-lispettore di PS Verdiani e al capi-tano Perenze.

    E dal processo di Viterbo emer-ger con chiarezza che la banda,

    legata strettamente alla mafia, di-sponeva di permessi e di altri docu-menti di libero passaggio che era-nostatidatia Giulianoe aisuoiluo-gotenenti Pisciotta e Ferreri pro-prio da quei militari e poliziottiin-caricati di catturarlie assicurarli al-la giustizia.

    Passeranno ancora molti anni

    prima che la commissione antima-fia presieduta dallon. Carrarostendesse, ma questo avviene sol-tanto nel 1976, una relazione pre-cisae circostanziata che denuncia-va la collusione che si era verifica-ta in quegli anni tra i banditi e gli

    organi repressivi dello Stato. Alla base di quella collusionecera, per la prima volta, la guerrafredda e il reclutamentodei bandi-ti di Giuliano dalla parte del bloc-co occidentale in funzione antico-munista.

    Diquellapartitafaceva parte an-chela mafia, primadi Calogero Viz-zini e poi diGenco Russo, che ave-va favorito lo sbarco angloamerica-no aveva messo i suoi picciotti alservizio della battaglia contro leforzedi sinistrache stavanovincen-do a livello elettorale inSicilia e mi-

    nacciavano i latifondi dei grandiproprietari terrieri tradizionalmen-te vicini allassociazione criminale.

    I separatisti,a lorovolta,costitui-rono, durante gli ultimi anni dellaguerrae nellimmediatodopoguer-ra la forza politicalegataallamafiacheaccredit Giuliano e la suaban-da in funzione anticomunista.

    I libri per capire lamafiaSALVATORE GULIANO Una

    biografiastorica. Il libro scritto da

    FrancescoRenda,perSellerioEditore Palermo

    NICOLA TRANFAGLIA

    SICILIA/5

    Lastoria

    Da semplice contrabbandiere a capobanda della mafia. La paraboladelluomoche custod i segreti deipotenti nellimmediato dopoguerra

    Ucciso dal suoluogotenente Pisciotta

    Ammazzato a sua volta

    Lomicidio

    La leggenda del banditoche trucid i bracciantia Portella dellaGinestra

    SalvatoreGiuliano

    34MERCOLED9 DICEMBRE2009

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    Il partito cattolico, che sarebbedivenuto in seguito il partito di go- verno, era ancora agli inizi maavrebbe sostituito i separatisti do-po lapprovazione della repubblicanel referendum istituzionale del 2giugno 1946.

    La parabola di Giuliano e dellasuabanda si sarebbe conclusaalcu-ni anni dopo il 5 luglio 1950 quan-do il bandito, ormai abbandonatodaisuoi seguaci,sarebbestato ucci-so di notte in circostanze assai oscu-re nel paese di Castelvetrano men-treera incorsoil suoultimotentati-vo di raggiungere la salvezza e lalibert espatriando negli Stati Uni-ti.

    La relazione di maggioranzadella commissione parlamentaredellon. Luigi Carraro esamin nel1976 letre diverse versioniche era-

    no state avanzate per spiegarequella morte e concluse con alcu-ne frasi problematiche che vale lapena riprodurre: La Commissio-ne non ha potuto reperire sul pun-to nuovielementi diprovache ser-vissero a chiarire, in tutti i suoi par-ticolari, le vicende che portaronoalleliminazione di Giuliano. Gli

    ostacoli maggiori su questavia so-no venuti dal ritardo e dallincom-pletezza che hanno caratterizzatola pubblicazionedei documenti re-lativi alle vicende di quegli anni.Come si accennato, la stessaCommissione non ha trovato in

    questo settore la necessaria colla-borazione delleautorit governati-ve e non stata messa in grado diapprofondire fino in fondo il rap-porto tra mafia e banditismo.

    Sul piano del giudizio storico,pur nella impossibilit di ricostrui-re tutti i particolari, evidentechealla uccisione notturna del bandi-to collaborarono la mafia e le forzedellordine.

    Gaspare Pisciotta,il luogotenen-te di Giuliano, ebbe sicuramenteparte nella vicenda finale, anchese non si pu sostenere che la suaconfessione, cio di aver ucciso da

    solo Giuliano rispecchiasse effetti-vamente la realt.

    Ma Pisciotta conosceva il segre-todi quella mortee nona casoven-ne ucciso in carcere qualche annodopo perch non potesse cambia-re laversione dataallinizio checo-priva con ogni probabilit la re-sponsabilit di altri. !

    Il libro

    Cronologia

    LastrageannunciataPORTELLADELLAGINESTRA Microstoria di una stra-

    ge annunciata. Autore: Giuseppe Casarrubea, edizioni

    Franco Angeli. Era il primo maggio 1947, nell'immediatodopoguerra, si tornava a festeggiare la festa dei lavoratori.

    Mortediun capobandae dei suoi luogotenenti

    Tra storia e leggendaLa storia del bandito Giuliano inizianelsettembre del 1943 quando, do-poaveruccisouncarabiniere,sirifu-gia tra le montagne che incornicia-no il suo paese dorigine: Montele-pre.

    Il separatismoSottostrettocontrollodellamafialo-cale Giuliano e i suoi si schierano afavoredelmovimentoindipendenti-sta siciliano (Mis) che si va forman-

    do immediatamente dopo lo sbar-codeglialleati conlobiettivodi faredella Sicilia il 49 stato americano.

    La canea rossaQuando Cosa Nostra siciliana deci-de di abbandonare lidea indipen-dentista e si schieracon le forzeav-verse al crescente partito comuni-staancheGiulianosimetteadisposi-zione della causa.In unalettera chespedisce allallora presidente UsaHarry Trumanscrive di voler dare ilsuo contributo per sconfiggere lacanearossa.

    Portella della GinestraIl 1maggio 1947 a Portella della Gi-nestra vengono assassinate 11 per-sone e ferite 27. Delleccidio vieneimmediatamente accusato Giulia-no ma anni di studio di documentistoriciresiaccessibilisolodi recentehanno dimostrato che il banditononagda solo.Altrigruppidi fuococompostiancheda uomini ricondu-cibili alla Decima mas avrebberosparato sulla folla inerme.

    Tragico epilogoIl mito reso celebre da un articolo

    pubblicatosullarivistaLifeafirmadel giornalista Mike Stern dal titoloilre diMonteleprefinirin unami-steriosa sparatoria coni carabinierinel1950.A tradirlo il cuginoPisciot-ta che non appena fu sul punto diparlare conil procuratoreScaglionevenne avvelenato con un caff allastricnina.

    Il sito dedicatoal bandito Giuliano

    Informazione su Cosa Nostrae organizzazioni criminali

    La storia oscuradel re di Montelepre

    Salvatore Giuliano (Montele-pre, 16 novembre 1922 Ca-

    stelvetrano,5luglio1950)statounbandito e indipendentista siciliano,

    Venne accusato della stragedi Por-tella della Ginestra.

    SALVATOREGIULIANO

    www.salvatoregiuliano.org

    La biografiaSTORIADI SALVAROREGIULIANO Autore:LucioGal-luzzo, per Flaccovio editore. La storia di Salvatore

    Giuliano il bandito un classico insuperato dellintrigoallitaliana. il primo affaire della Repubblica.

    www.antimafiaduemila.com

    GIUSEPPECASARRUBEA,Ed.FRANCOANGELI

    Per saperne di pi

    Questo libro racconta la tragica

    fine di Salvatore Giuliano, Gaspare Pi-sciotta e Salvatore Ferreri, personag-

    gi che erano stati in rapporti con alti

    esponentidel mondopolitico cheave-

    vanopartecipato alleattivit eversive

    (1947). Emergono responsabilit mai

    primaaccertate. Giuliano, aderente al

    Fronteantibolscevico,finanziatodiret-

    tamentedagli Americani e dalla Cia.

    Approfondimenti

    MORTEDIUNCAPOBANDA

    Fotodarchiviodel bandito

    salvatoreGiuliano.Da sinistra in

    senso orariounsuostorico

    ritratto,ancoraSalvatore

    Giuliano insieme a GasparePisciotta. La stragediPortella

    dellaGinestraavvenuta il primo

    maggiodel 1947.

    35MERCOLED9DICEMBRE

    2009

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    I boss e lemani sul potere economico

    AFFARI/6

    UN UOMO SCOMODO I mafiosi stanno in Parlamento, sono a volte ministri, sono banchieri....

    CosdicevaGiuseppe Fava,scrittore,giornalista,fondatoredeISiciliani,primoverogiornaleantima-

    fiain Sicilia. Ungiornalistadi razza,di quellidi cuioggisi sente semprepi la mancanza.Venneucciso

    nel1984dal clancatanesedei Santapaola, dopola pubblicazione di uninchiesta suiCavalieridellapo-

    calisse mafiosa, coraggioso atto daccusa contro i maggiori imprenditori del Sud.

    Soltanto negli anni Ottanta del

    Novecento gli studi storici, eco-nomici e antropologicihannoco-minciatoa parlaredella mafia co-

    me impresa.Certo, gi nel 1876 Leopoldo Fran-

    chetti nella sua celebre Inchiesta in Si-cilia us lespressione significativa dimafia come industria del delitto, masi tratt di uno spunto non seguito dauna vera e propria teorizzazione.

    Dovette passare pi di un secolo pri-ma che Alan Block, in un libro famososul crimine organizzato a NewYork nel

    ventennio 1930-1950, citasse nel 1983la distinzione tra enterprise syndicate

    che opera nel campo dei traffici illecitie power syndicate che esercita le estor-sioni.

    E lo stesso anno in Italia Pino Arlac-chi pubblicava il suo libro su La mafiainprenditrice,che parla deimafiosi co-me imprenditori economici di succes-so, secondo la definizione di J.Schum-peter.

    Ma quali sono gli affari di cui si occu-pa limpresa mafiosa?

    Il catalogo ormai assai ampio: si vadagli appalti pubblici chevedonoimpe-gnati mafiosi che hanno forti legamicon la classe politica, al traffico degli

    stupefacenti, al commercio degli esseriumani, che diventato negli ultimi an-ni un affare di particolare importanza.

    Nello stessotempo necessario ricor-dare chenegliaffarii mafiosi usano lin-timidazione e le minacce, la manipola-zione e linganno per ottenere insiemeil potere e il denaro di cui hanno biso-gno. !

    ILDIZIONARIODELLAMAFIA

    La lezione diun intellettuale uccisodalle cosche

    RAMIFICAZIONI

    DELPOTERE

    GLI APPALTI

    E IMAFIOSI

    IMPRENDITORI

    STORICO

    Nicola Tranfaglia

    GiuseppeFavaUn uomo scomodo

    35GIOVED

    10DICEMBRE2009

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    Potremmo metterla cos,per semplificarci la vita:Non che possiamo farelanalisi del sangue a tut-

    tele imprese siciliane!. Parole, ef-ficacissime, della buonanima diMichelangelo Russo, uomo fortedei miglioristi siciliani attornoagli anni Ottanta. Oppure possia-mo dirla con Carlo Alberto DallaChiesa, agosto 1982: Senza unanuova mappa del potere mafioso,

    i cavalieri di Catanianon sarebbe-ro mai andati allassalto degli ap-palti di Palermo. Parliamo dellestesse imprese, e dello stesso conodombra che da trentanni a que-staparte inghiotte, mescolae con-fonde mafiosi e finanzieri, appaltie ammazzatine, affari leciti e affa-ri illeciti.

    GiuseppeFavaebbe il merito difarsela, qualche domanda. Corre-valanno 1982, il mese eradicem-bre e in edicola era arrivato il pri-mo numero del nostro giornale, ISiciliani, un mensile bello da ve-

    dersi e difficile da leggersi. Diffici-leper certipalati fini chepreferiva-no non sentir nominare mai inva-no i nomi di certi galantuomini.Quei nomi,fin dal primo numero,cerano tutti. Nonagitandomanet-te ma producendo ragionamenti,riacciuffando il filo che il prefettoDalla Chiesa aveva tenuto in ma-

    no fino alla sua morte: chi eranodavvero quei quattro imprenditoricatanesi, cos gagliardi e impuniti

    da poter confessare di essersi divisia tavolino tutti gli appalti delliso-la?Coserache li legavaalle coschedi Cosa Nostra, un semplice pattodi sopravvivenza o un reciproco in-teresse? E quanta parte dellecono-mia siciliana,quanti pubblici appal-ti, quanti rivoli di pubblico denaroerano serviti a consolidare le ric-chezze e limpunitdei mafiosisici-

    liani?Bast farsi queste domande. Ba-

    st farsele ad alta voce, scegliendocon misura e periziale parole,deci-dendodi calargi quei nomi irriferi-bili, bast questoper segnarela sor-te di Giuseppe Fava, ammazzatodai sicari di Santapaolaesattamen-te unanno dopo, anche perrendereun buon servizio agliamici cavalie-ri.

    Mafia e affari sono parole sdruc-ciolevoli,infide,taglienti. Vanno ac-

    costatee poi spiegate. Senzala ma-fia,parecchi affari non si sarebberomai fatti, taluni grandi appalti sa-rebbero andati in altre mani, taluniimperi finanziari sarebbero crollatial primostormir di fronde come gi-ganti dai piedi dargilla. E moltirampantiimprenditorisarebbero ri-masticapimastri,geometri, palazzi-

    nari di provincia. Viceversa, senzala compiacenzadi certi uomini daf-fari, i mafiosisarebbero rimasti pe-

    ri incritati, scarpe sporche di fan-go, come diceva dis e dei suoiTotRiina. Senza porte spalancate perfar fruttare nelle banche e nei can-tieri i lorobottini di guerra.Decifra-re il geroglificodi quellalleanza,ne-glianniOttanta voleva dire dareunnome, un volto e una consistenzadefinitiva a Cosa Nostra. Pochi vol-lero farlo. Pochi ne sono sopravvis-suti.

    Colpa di quelli come Santapao-la? Della bassa macelleria mafiosa?Troppo comodo. In quegli annima-fia e affari non erano un incesto ma

    untitolo dimerito insociet.Al ma-trimonio di un suonipote, il cavalie-re Carmelo Costanzo esibiva tra ipropri invitati politici, finanzieri,amministratori il bossNitto Santa-paola. Non era una forzatura: eraun fatto. Quellamicizia era il segnodi una forza che non temeva giudi-zi.Era limpunit. Pertutti: peril po-litico, peril cavaliere, peril capoma-fia. Facevanoa pugni perfarsi ritrar-

    re,nelle fotodel matrimonio, accan-toal capomafiadella citt.Crimina-le, certo, e assassino, corruttore,trafficante: ma non anche questaunadeclinazionedellaparolapote-re?

    Quandoesce il primo numero deI Siciliani conquel lungo articolo diGiuseppe Fava in apertura,I cava-lieri dellapocalisse mafiosa, acca-dono due cose: quellespressioneentra di diritto nel gergo delle cosedi mafia, uningiuria che sincollersul destino di quei quattro impren-ditoriper tutta la lorovita. La secon-dacosa che GiuseppeFavacomin-cia a morire. Per quel titolo, perquello che ci sta sotto, per lostina-zionedi ungiornalismo chenonvo-leva pilimitarsi a censire i cadave-ri e a raccontare le macerie. Scrive-va Fava: A questo punto della sto-

    ria avanzano sul palcoscenico iquattro cavalieri di Catania: loroavanti di un passo e dietro una pic-cola folla di aspiranti cavalieri diogni provincia del Sud, affabulato-ri, consiglieri, soci in affari, subap-paltatori Chi sonodunquei quat-tro cavalieri?Qual il loro ruolo inquesto tempo di autentica apocalis-

    LallarmePRIMA CHE VI UCCIDANO DiGiuseppeFava conprefazione di

    RobertoSaviano. ladenunciadella presenzamafiosa in Sicilia.

    CLAUDIO FAVA

    AFFARI/6

    Il ricordo

    Il rapporto tra bosse affari unlungo censimentodiopportunismi, silenzie sottovalutazioni. GiuseppeFavapagcon lavita il coraggiodi non tacere

    Quanto pubblico denaroera servito a consolidarele ricchezze dei mafiosi?

    La denuncia nel primonumero del giornale da

    lui fondato I Siciliani

    Ladomanda

    Lattodaccusa

    Miopadre ammazzatoper aver denunciatoi cavalieri dellamafia

    Lassalto agli appalti siciliani

    36GIOVED10DICEMBRE2009

  • 8/3/2019 AA.VV., Dizionario della Mafia, l'Unit

    18/36

    se?.La risposta la forniranno, neglianni a venire, mezza dozzina di in-chieste giudiziarie. Carmelo Co-stanzo, ottava impresa italiana nelsettore delle costruzioni,quellodelbanchetto di matrimonio con NittoSantapaola ospite donore, era or-ganicamente affiliato a Cosa No-stra. Gaetano Graci, il pi risoluto,potente e rispettato banchiere delsud,ospitavai summit delle coschecatanesi nei suoi uffici di Catania.Mario Rendo appuntava sulla suaagenda il nuovoorganigramma del-la Repubblica: questore: spostare!

    Prefetto: trasferire! Procuratore:promuovere!

    Ecco: la storia del rapporto tramafia e affari un lungocensimen-to di sottovalutazioni, ritardi, op-portunismi, silenzi. Anche da sini-stra. Mentre qualcuno provava acomprenderee a spiegare cosa stes-

    seaccadendonelleveneapertedel-la societ siciliana, cera il raffinatopragmatismodi quelli comeMiche-langelo Russo, profeta con ventan-ni danticipo dellinfelice battutadel ministro Lunardi (I Siciliani

    con la mafia debbono imparare aconviverci). Oggi a capo della

    confindustria sicilianac un signo-re, Ivan Lo Bello, che ha deciso dibuttar fuoridallassociazione gli im-prenditori che non denunziano gliestorsori. Un altromondo, un altrotempo: eppure la stessa terra.Che ogni tanto,bontnostra, ritro-vala forza perraddrizzare la schie-na.!

    Il libro

    Storia di una vita

    LeparolediunfiglioNEL NOME DELPADRE Di Claudio Fava. Il libro, edito

    da Baldini e Castoldi, la storia della rabbia, della

    solitudine e del tentativo di recuperare i fili di un dialogospezzato da cinque pallottole, una sera di pioggia del 1984.

    La criminalit organizzatanei circuiti delleconomia

    Gli esordiNasce a Palazzolo Acreide (Sr) nel

    1925 e nel 43 si trasferisce a Catania

    dovesi laureain giurisprudenza eside-

    dica al giornalismo. Scrive su diverse

    testatelocalie nazionalie lasuaperso-

    nalitecletticagli permettedi occupar-

    si di cinema, sport, teatro e mafia. So-

    no suele leggendarieintervisteai capi

    storiciCalogeroVizzinie Genco Russo.

    La carriera artisticaCollabora conla Domenica delCorrie-

    re e il Tempo illustrato, per anni ca-pocronista del quotidiano catanese

    EspressoSera. Nel70, candidatoal-

    ladirezione delgiornale,mail suoedi-

    tore Mario Ciancio non lo nomina. Si

    trasferiscecosa Roma doveconduce

    a RadioRai,Voi e io.Scriveper il Tem-

    po e il Corriere della Sera, mentre se-

    gue la sceneggiatura di alcune sue

    opere teatrali.

    Limpegno civileNell80 rientra a Catania a dirigere il

    Giornale del Sud, scritto da giovani

    giornalisticome suofiglio Claudio, Ric-

    cardo Orioles e altri.Descrive la guer-radi mafia,la lottaintestina trai Santa-

    paola e i Ferlito. Denunciail trafficodi

    drogae i rapporti tramafia e politica.

    Si schieraanche contro linstallazione

    deimissiliCruisea Comiso. Ilsuo gior-

    nalismofatto di verit,etica dellapro-

    fessione, senso di giustiziasi scontre-

    r con il potere e per questo verr

    licenziato.

    LomicidioNell82 fonda I Siciliani. Linchiesta

    principale delgiornale quella sui Ca-

    valieridelLavorodiCatania,uncorag-

    gioso attodaccusa contro i maggiori

    imprenditoridelSud,cheaccendelat-tenzionesullacitt.Il5gennaio84vie-

    neuccisoaCatania.Nel2003laCassa-

    zione conferma la condanna allerga-

    stoloperNittoSantapaolaeAldoErco-

    lano, come mandante ed esecutore

    deldelitto. A MaurizioAvolavengono

    inflitti7 annicon loscontodi pena per

    la sua collaborazione.

    Il sito ufficiale

    di Claudio Fava

    Portale dedicato

    a Giuseppe Fava

    Una voce solitariacontro il potere mafioso

    Giuseppe Fava, detto Pippo,

    stato scrittore, giornalista e

    drammaturgoitaliano, oltrechesag-

    gista e sceneggiatore. Nell84 fu uc-

    cisodallamafiadopoaver denuncia-to i legami tra boss e imprenditori.

    MAFIAPULITA

    http://www.claudiofava.it/

    La presa di CataniaLA MAFIA COMANDA A CATANIA Di Claudio Fava,

    prefazione di Nando dalla Chiesa ed. Laterza. Un

    racconto teso e appassionante, che ricostruisce la presadel potereda parte della mafia a Catania.

    www.fondazionefava.it

    EDIZIONE LONGANESI

    Per saperne di pi

    Nel libro di Elio Veltri e Antonio

    Laudati i meccanismi di infiltrazione

    delle mafie nel tessuto economico e

    sociale del villaggio globale. Raccon-

    tatiattraversocinquestorieavvincen-

    ti come le sceneggiature di un film.

    Farsi ritrarre accanto aun capomafia era unsimbolo di potere

    Approfondimenti

    Foto simboliche

    ELIO VELTRIE ANTONIO LAUDATI

    Da sinistra in senso orario: la

    prima pagina de I Siciliani; unafoto darchivio del boss Nitto

    Santapaola; lagguato a

    GiuseppeFava la sera del 5

    gennaio 1984; limprenditore

    siciliano Carmelo Costanzo: al

    matrimonio di un suo nipote

    esibiva tra i propriinvitati il

    capomafia Nitto Santapaola;

    giovani con il pugno chiuso ai

    funerali di Giuseppe Fava

    37GIOVED

    10 DICEMBRE2009

  • 8/3/2019 AA.VV., Dizionario della Mafia, l'Unit

    19/36

    Contro le ricchezze dei boss

    POLITICA/7

    NEL 1981 decise di tornare in Sicilia per assumere la carica di segretario regionale del partito.

    Svolse la sua maggiore battaglia contro la costruzione della base missilistica NATO a Comiso che,

    secondoLaTorre,rappresentavauna minacciaper la pacenel MarMediterraneo e perlastessaSicilia;

    perquestoraccolseun milione difirmein calcead unapetizioneal Governo.Ma lesue iniziative erano

    rivolte anche alla lotta contro la speculazione edilizia. Venne ucciso il 30 aprile 1982.

    Politicanon unaparola,quando si par-

    la di mafia. Politica la parola,che se-gnaognistagionedi vita e dimortedel-la criminalit organizzata. Un potere

    che si esercita su un territorio, nellambizione(e nella realt) demoniaca di CosaNostra: am-bizione politica, che la port a farsi partito,appunto. Perci la politica ha sempre fatto iconti con la mafia. E Cosa Nostra legata allapolitica, come pu esserlo alla terra, o allaria:per sopravvivere e riprodursi, dettandone mu-tamenti, deturpazioni, inquinamento.

    Nel rapporto con la politica la mafia ha con-sumato tutte le sue fasi: polvere e altare, emer-sione e inabissamento. Seguendo l'inclinazio-neal profitto e/o alpotere, estremi diuna scala

    entro cui ha modulato - soprattutto nella va-riante delgrigio- tutte le sueazionipolitiche:dalla mediazione e allaformazionediretta del-la rappresentanza, dallinfluenza al controllosullattivit amministrativa, dallalleanza alloscontro, fino all'assassinio e alla strage politi-co-mafiosa.Politico-mafioso aggettivo rivela-tore, e fin dalle origini si accompagna - in Sici-lia e spesso anche altrove - al delitto.

    Ma di mafia-politica si muore in tanti modi.Pertradimento di patti e cointeressenze- ancor-ch impliciti. O per unantimafia che colpiscenel segno. La buonapolitica vive e muore cos:quando si fa azione che precede di moltola re-pressione giudiziaria, e agisce sugli interessidella mafia - la robae il consenso - indebolendo

    la forza del ricatto mafioso, spezzando il lega-mecoi cittadini. E la buonapoliticanon dovreb-be mai ridursi a un solo uomo, un nome cam-biatoin simbolo. Macoi simboli si pufare poli-tica,e mafia. Lo sa, quel sindaco scellerato chevolle rimuovere l'intitolazione dell'aeroportodi Comiso a Pio La Torre? Perch Pio La Torrenon soloun nome, e laPolitica non solounaparola. !

    ILDIZIONARIODELLAMAFIA

    DaCosaNostra alla battaglia sui missili Nato a Comiso

    LUOMO

    ILSIMBOLO

    NONERA

    SOLO

    UNNOME

    Giuseppe Provenzano

    Pio La Torre, un eroe contadino

    31MARTED

    15DICEMBRE2009

  • 8/3/2019 AA.VV., Dizionario della Mafia, l'Unit

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    Filippohasolo12anni.felice perch tra pocogiocher la sua primapartitadicalcioedriu-scito a strappare al suo

    pap, sempre tanto impegnato, lapromessa di essere presente.

    Pio La Torre, dirigente del PCI, in ritardo. Entro meno di mezz'ora verr fischiato l'inizio e devearrivare prima. Corre, attraversail quartiere e una volta raggiunto

    il campo vi entra e, senza curarsin delle squadre gi allineate ndei genitori assiepati lungo la re-cinzione, prende per mano suo fi-glio e glidiceche non pu parteci-pareaquellapartitaperchilcam-po appartiene ad un mafioso.

    Filippo lo segue obbediente machiede spiegazioni. E il padre nonlo delude: () La mafia va com-battuta. Lottare contro la mafia anche non giocare in un campocheappartieneaunmafioso.Quel-lo che conta il segnale che si d.E oggi noi siamo riusciti a dare unsegnale forte in un quartiere dove

    la mafiacomanda. Se tutti si com-portasserocomenoicisiamocom-portati oggi, la mafia non avrebbeil potere che esercita. La mafia sinutre della paura della gente. At-tecchisceldovec'omert,silen-zio, complicit. () un cancro ebisogna estirparlo.

    Nonfattadichiacchiereereto-

    rica la politica di Pio La Torre, espressione diretta della sua espe-rienza di vita. Originario di una fa-

    migliadipoverissimicontadini,mo-stra fin da piccolo di essere fuoridal comune. la mamma Angelaad accorgersi della sua diversit eper questo rompe la tradizionalesottomissione e, opponendosi almarito,sostiene il grandedesideriodi Pio: studiare. La vita di Pio du-rissima.Si alzaall'albaper compie-re le mansioni che il padre gli affi-da,poivaascuola,unpastofrugaleal ritorno e poi di nuovonei campi.Laseradopocena,allumedicande-la,perchnonc'luceelettrica,stu-dia.

    Gli anni trascorrono velocemen-te, i suoi risultati sono eccellenti,

    ilmiglioreeriesceaconseguireduediplomi e ad iscriversi all'universi-t. Non ha nemmeno diciotto anniquandoentra nella sezionedel Par-tito Comunista Francesco Lo Sar-do, ma ha gi le idee chiare: per

    riscattarelaSiciliabisognacombat-tere la mafia.

    Una mattina si reca nei quartieriapialtadensitmafiosaedistribu-isce volantini ciclostilati con suscritto: No alla mafia, alpizzo e al-la violenza, e va a parlare con icommercianti che della parola ma-fia non vogliono nemmeno sentir

    parlaree negano con forza di paga-re il pizzo. L'azione politica di Piononconosce ipocrisia. Vivetenella

    paura che se non pagate, qualcunopossabruciarviilnegoziooammaz-zarvi.Dobbiamoribellarci.()Tut-ti sappiamo chi comanda al Capo,all'Acquasanta, all'Albergheria.Queste persone ci stanno rovinan-do.Non lo dobbiamo permettere!.

    Nonostante la sua giovanissimaetLaTorresagidovedeveagireecome.Nonhadimenticatolesueori-gini e nel suo preciso progettol'emancipazione dell'isola passaan-che attraverso la lotta per i diritti, acominciare dalla terra. Con lo slo-

    ganlaterraachilalavoraorganiz-za il movimento contadino e con lesuedotidischiettezzaepraticitsu-scita una mobilitazione tale da irri-tareglisgherrimafiosicheincendia-nolacasadisuopadre.Piononsifaintimidire, lascia la casa paterna econcentra la sua opera nel cuoreemergentedi Cosa Nostra, a Corleo-ne, dove stanno accrescendo il loropotere Luciano Liggio e i suoi fede-lissimi Tot Riina e Bernardo Pro-venzano. Pio li ha gi individuati elorohannogiindividuatoluiquan-doallafinediuncomizioandatoastringerelamanoalgiovanecapita-

    no dei carabinieri che stava inda-gandosullamortediPlacidoRizzot-to: Carlo Alberto dalla Chiesa.

    Manonsono solo i mafiosi ades-sere infastiditi dalla sua intrapren-denza. Mentre si trova a Bisaquinodove i contadini stanno rivendican-do le terre incolte nascono tafferu-gli e lui, sebbene abbia cercato di

    calmare gli animi, viene arrestato.Le prove false e l'inerzia del partitoche non lo difende gli costeranno17 mesi di reclusione ingiusta.

    L'esperienza carceraria per nonfa che accrescere la tempra del suospirito. Quando esce Pio La Torre

    ancorapideterminato.PaoloBufa-lini, il nuovo dirigente locale che si adoperato per la sua scarcerazio-ne, lo candida al consiglio comuna-le di Palermo. Inizia la vera guerra.Piohagicapitochegliinteressideimafiosisisonospostatidallacampa-gnaallacitt.Da dentro le istituzio-ni si documenta sul piano regolato-re, sul settore dell'edilizia, sulla ge-stionedell'acquaedellanettezzaur-bana. Intuisce il piano di saccheg-gio di Palermo e per primo accusaSalvo Lima e Vito Ciancimino di es-sere collusi conla mafia. Pio nonri-corre a giri di parole e dimostra a

    tutticomesipossonorisolverelean-nose questioni siciliane: andando acolpirne le cause.

    Tuttavia, come sempre accade aiprecursori, la lotta di Pio La Torrenon viene capita appieno all'inter-nodelpartito.Laperditadeivotide-gli edili che spaventati dai dibattitisulla speculazione e sulla corruzio-

    LastoriaCOMUNISTI E MOVIMENTO CONTADI-

    NOIN SICILIA Lastoriadelmo-

    vimento contadinoscritta daPioLaTorre,Editori Riuniti

    GIORGIO BONGIOVANNI

    ANNA PETROZZI

    POLITICA/7

    Lastoria

    Linfanzia poverissima,gli studi quasi di nascosto, il rapportodifficile con il Pci graziea lui segiudici comeFalcone hanno avuto strumenti per combattere

    Vittime della stessamano. Lui il generaleuccisi dai corleonesi

    AmicodiDallaChiesa

    Il reato di esseremafiosoCos la legge La Torreha cambiato le regole

    Uneroecontadino

    32MARTED15DICEMBRE2009

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