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    Georg Wilhelm Friedrich Hegele Karl Marx

    INFORMAZIONE

    FILOSOFICA

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    Gentili lettori,

    al ricordo di Mario Dal Pra e Ernesto Grassi dedicatoquesto numero. DiErnesto Grassivogliamo qui ricordare,

    con le parole di Antonio Verri, lampia opera di riflessionee interpretazione filosofica e filologica: un itinerario di

    pensiero che va dal mondo classico allUmanesimo, aVico, allesistenzialismo e allodierna filosofia dellinguaggio, in un continuo e coerente confronto con ilrazionalismo occidentale. In questa prospettiva prendecorpo il richiamo di Grassi alla potenza evocatrice della

    parola poetica, in cui lEssere trova il luogo della suaespressione autentica. Ed appunto al linguaggiometamorfico della poesia, fatto di traslazioni, di metafore,che in alcune pagine scritte poco prima della morte, e dicui presentiamo qui un breve stralcio, Grassi affida

    ancora una volta il compito di tracciare il sentiero checonduce al luogo dellEssere.Il ricordo invece che ci lega a Mario Dal Pra direttamente connesso alla nascita di questa rivista.Eugenio Garin, Fulvio Papi, Fabio Minazzi, con le lorotestimonianze, hanno fissato in modo suggestivo e

    profondo , su questa rivista, lopera teorica e storiograficadi Dal Pra: il fervore etico, la fede nel pensiero, nellaragione storica. Quello che ci proviene dalla sua opera un insegnamento pieno e incisivo, ma anche un monitomite e rigoroso per chiunque si accinga a filosofare. Equanto emerge dalle parole con cui Dal Pra, in unincontro al Circolo della Stampa nel maggio 1991, volle

    commentare il progetto di questa rivista. Nel presentarlequi di seguito ci sia concesso il cenno di un devotocongedo.

    Lattualit filosofica non si forma in una maniera qualsiasi,la filosofia non si fa in mille modi imprevedibili,inderterminabili, senza una struttura. La filosofia come lascienza - mi permetto di dire - ha una impalcatura; e allorachi si preoccupa di elaborarare una filosofia bisogna cheimmediatamente si interroghi su quali sono i caratteridella filosofia, del discorso filosofico, quale la disciplinaspecifica che la costituisce e che in certa maniera la

    garantisce. Anche perch si tratta poi di mettere in rapportola persona che filosofa oggi con persone che hannofilosofato ieri, e quindi nasce il problema della tradizione.Quando si dice filosofia non si pu intendere la filosofian in senso troppo largo, n in senso troppo stretto. Insenso troppo largo la filosofia viene confusa con altreforme di cultura; in senso troppo stretto viene intesa inuna forma autoritativa, il cui valore quello che leattribuisce la persona che la propone e basta; non hanessun seguito, e non fa nessun incontro con la tradizione.La tradizione importante perch senza tradizione si haquella specie di storia della filosofia che una filastroccadi idee, dove cio nessuno ci capisce niente di coordinato.Appena si costituisce, la tradizione deve gi essere unpunto di riferimento della tradizione medesima, per vedere

    che cosa rispetto a questa tradizione cambia e permane.Ecco, a me importa ricordare a tutti gli amici che sono quiconvenuti, che il tema dellattualit della filosofia, cio icaratteri che distinguono il discorso filosofico, in quanto

    tale, e i caratteri che distinguono e formano la tradizionefilosofica sono stati dibattuti in piena regola in un momentopreciso della nostra storia del pensiero e sono statideterminati, chiariti, discussi circa i loro temi, almeno itemi pi importanti, attraverso la figura di un filosofo, alquale vorrei fare qui riferimento: Giulio Preti. Nelconvegno che si tenne qualche anno fa allUniversit diMilano sul pensiero di Preti, fu dedicata unattenzioneparticolare alla metodologia della filosofia e della storiadella filosofia. Ma chiaro che storia della filosofia efilosofia hanno un qualche legame. Preti osservava che sipu considerare la filosofia dal punto di vista della sua

    autonomia, cio del suo carattere; si pu anche considerarladal punto di vista della sua eteronomia, cio comestrumento di riflessione di una persona condizionataeconomicamente ecc..; ma questo non riguarda pipropriamente le strutture interne, autonome della stessafilosofia. Non si pu prendere per filosofia ogni sparatadi carattere pi o meno originale, senza capo n coda esenza riferimenti allimpianto della tradizione. Ecco allorala funzione di questa rivista. Essa dice: qui c il talefilosofo che ragiona cos, si appella ad una tradizioneconfigurata in questi termini, intende stabilire una distanzafra certi momenti di questa tradizione e certi altri.La tesi intermedia che bisognerebbe tenere presente che

    ci vuole continuit e discontinuit per spiegare ilmutamento e lo sviluppo; altrimenti, se tutto continuola filosofia si riduce, come avveniva in certe fasi dellatradizione idealistica, ad una sola filosofia e tutte le altrenon erano che pseudofilosofie. Se invece si accentua ladiscontinuit, allora avviene proprio la filastrocca delleidee, di cui si diceva: non c pi un legame, non c piuna connessione - lo scopo di una rivista comeInformazione Filosofica risulterebbe molto, ma moltopi elementare e ridotto. Quindi sostengo che estremamente importante avere in una filosofiaunattualit; ma unattualit si costruisce attraverso una

    struttura, e questa struttura una specie di essenza, nonunessenza metaempirica, non unessenza metafisica,ma unessenza con cui si da validit a delle strutture dicarattere generale che costituiscono la riflessione. Poiquando si guarda alla tradizione a cui lattualit si riferisce,si costruisce, si dispiega una prospettiva larghissima dipensiero nella quale noi siamo egualmente impegnati,cos come siamo impegnati nellattualit. Da questopunto di vista non si tratta dunque di filosofare come perscherzare, come per tentare larte, ma filosofare percostruire una maniera di comprensione della realt cheabbia un suo disegno, una sua struttura alla quale ciriferiamo e nella quale riusciamo anche a riguadagnare lestrutture del passato che costituiscono la forza preminentedella tradizione.

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    40 Diderot contemporaneo

    41 Il pragmatismo in tedesco

    41 Letteratura gnostica

    41 Il Novecento filosofico di Mario Dal Pra

    42 Heidegger: fenomenologia, psicologia e fondamento

    45 Perch Lukcs

    46 NOTIZIARIO

    47 CONVEGNI E SEMINARI

    47 Gramsci a centanni dalla nascita

    49 Meditazioni filosofiche attuali

    50 Il futuro del politico50 Emilio Agazzi, in ricordo

    52 Panorami filosofici

    53 La fisiognomica e il volto di Dio

    53 Listrice di Mallarm

    55 Toth e i paradossi di Zenone

    56 La conoscenza, la matematica e il metodo

    59 La filosofia del denaro di Simmel

    59 CALENDARIO

    63 DIDATTICA

    63 Convegni

    64 Interventi, proposte, ricerche

    66 RASSEGNA DELLE RIVISTE

    72 NOVITA' IN LIBRERIA

    5 PROFILO

    5 Ricordo di Mario Dal Pra

    13 DIALOGO

    13 Ragione e storia

    16 PROFILO

    16 Ricordo di Ernesto Grassi

    19 INEDITO

    19 Il dramma della metafora

    23 AUTORI E IDEE23 Contro la teoria speculativa dellarte

    23 Echi di Heidegger

    24 Scienza, metodo, conoscenza

    24 Fenomenologia del gesto

    25 Bilancio di interpretazioni

    26 Morin: vita e abitudini delle idee

    27 La metodologia di lavoro della scienza

    27 Tramonto dellOccidente

    31 TENDENZE E DIBATTITI

    31 Etica e morale

    31 Letica realistica

    32 Interpretazioni dEuropa

    32 Relativismo?

    33 Decostruzionismo e giurisprudenza

    34 Seriet dellavventura

    34 Scienza e filosofia

    35 Il silenzio della scrittura

    37 PROSPETTIVE DI RICERCA

    37 Il Platone parlante

    37 Tempo dellanima

    38 Opere complete di Marx e Engels

    40 Il giovane Feuerbach

    SOMMARIO

    Errata Corrige: nel numero 5 di questa rivista stato inavvertitamente om esso tra

    i collaboratori il nome di Fabio M inazzi

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    intuitivo-assolute dellessere, ma piut-tosto (kantianamente) sullindeducibilitdellessere: si tratta, in sostanza, di unrichiamo a Kant (e, in certa misura, an-che a Hegel), sicch una tematicagnoseologica molto pi avvedutaproblematizzava ormai lontologismodellopera prima, anche se il realismorimaneva punto di riferimento irrinun-ciabile.A cavallo degli anni 40, con la collabo-razione alla rivista Segni dei tempi, siera fatta evidente per Dal Pra la necessi-t di interpretare praticamente la filo-sofia, mostrando la radice comune dignoseologia ed etica sulla base della con-creta realt umana. In questo contesto diriflessione teorico-pratico, fu propriolassunzione che la storicit fosse com-ponente imprescindibile di ogni discor-

    so filosofico significativo chegli permise, non senza un pro-

    fondo travaglio interiore, diintravedere la possibilit diassimilare - come osservaRambaldi - la componenteprat ica (cio laspetto delfilosofare che sempre lavevamassimamente interessato)dellimmanentismo laico (edin ispecie quello di Croce) allaconcezione cristiana. E, dal-tro canto, allo sviluppo dellariflessione sullo storicismoimmanentistico attivo e al-lesperienza culturale concre-

    ta della circolarit tra filoso-fia e storia della filsofia sideve poi ladesione di Dal Pra,in termini dialettici rispettoalla prima formazione cristia-na, alla causa della Resisten-za.La sua, come ci ricorda

    Rambaldi, fu uninterpretazione attiva eradicale del significato storico-concretodella speranza, uninterpretazione chegi racchiudeva in s germi di queltrascendentalismo della prassi che sa-rebbe maturato negli anni subito dopo laLiberazione. Di questa prospettiva filo-sofica originaria, che Dal Pra, insieme aAndrea Vasa, veniva elaborando critica-mente in opposizione allasottovalutazione teoricistica del mon-do dellazione, delletica, della storia,destinatario principale e chiave di voltadella sua elaborazione doveva essereper Dal Pra proprio la ricercastoriografica. Come sottolinea Rambaldi:la fase trascendentalistica di Dal Pra,oltre a confermare il suo incoercibileinteresse per il lavoro filosofico teorico- come mostra lormai compiuto ingres-so di Hegel tra i suoi maggiori - riba-

    diva in modo a lui strettamentecongeniale dintendere la filosofia, siacome praticit, impegno etico integra-le, radicale, sia come storicit. E ineffetti il trascendentalismo fu la cornice

    Avevamo appena ultimato la raccoltadelle testimonianze che alcuni autori, sunostra richiesta, ci hanno gentilmenteinviato per ricordare su questa rivistalopera e il pensiero di Mario Dal Pra,quando ci giunto, per volont del suostesso autore, il testo di un articolo diprossima pubblicazione nella Rivistadi storia della filosofia, dedicato a DalPra da un allievo importante, EnricoRambaldi. La sorpresa, oltre alla soddi-sfazione di poter disporre per loccasio-ne di uno scritto autorevole, stata quel-la di trovarci tra le mani unampia, pre-cisa, per molti aspetti inedita ricostru-zione dello sviluppo di pensiero di que-sto filosofo attraverso gli scritti e insie-me la vicenda filosofica, dagli anni dellaprima formazione fino ai giorni nostri.Una lezione storiografica, questa diRambaldi, che certamente rac-coglie nel modo pi significa-

    tivo leredit di pensiero edimpegno filosofico che DalPra ci ha lasciato. Cos ci sembrato opportuno, con ilconsenso dellautore, aprirequeste pagine di commemora-zione facendo riferimento aquesta ricostruzione e ripor-tandone anche alcuni passiesemplari.Di questa opportunit ringra-ziamo Enrico Rambaldi. Comeringraziamo in particolare Eu-genio Garin, Fulvio Papi e Fa-

    bio Minazzi, che con grandedisponibilit, in un momentodi generale smarrimento tra ifilosofi, hanno accettato di darevoce al ricordo, raccogliendoin questo non solo un nostrodesiderio esplicito, ma, vor-remmo dire, anche e soprattut-to quello implicito, inespresso, di tutticoloro che in qualche modo, attraverso ilibri, o nel rapporto diretto, hanno, nellaloro vita filosofica, incontrato MarioDal Pra. Di queste testimonianze diamoqui atto; e ci accorgiamo di trovarci difronte a immagini eloquenti, prospettivesingolari diverse tra loro, perch diverso il loro punto di vista, diversa loccasio-ne da cui la memoria trae alimento. Manonostante questa diversit, e la contin-genza da cui inevitabilmente muove cia-scuna testimonianza, una visione comu-ne non tarda a farsi avanti.Chi, ed la stragrande maggioranza, haconosciuto Dal Pra attraverso il suo in-segnamento nei licei o nelle universit,porta con s unimpressione ben precisa:la rigorosit dellimpegno storiografico,unita a una profonda tensione teorica edetica. Questimpressione sembrava poi

    trovare riscontro nella trattazione di unautore in particolare, Hegel, a cui DalPra dedicava oltre allo scrupolo dellostorico una forte carica emotiva, celatada un carattere schivo e riservato. Ora,

    proprio dalla ricostruzione di Rambaldiapprendiamo che questi aspetti pi im-mediati della personalit filosofica diDal Pra hanno la loro origine e il lorosviluppo in momenti precisi del suo iti-nerario di pensiero, contribuendoripetutamente a delinearne gli esiti e lescelte.Nella prima fase di pensiero, contrasse-gnata inizialmente da un realismo dua-listico-ontologico e teocentrico di forteispirazione cristiana, loriginarsi dellin-teresse storiografico strettamente con-nesso alla polemica nei confronti delneoidealismo italiano, le cui grandi sin-tesi speculative non tengono conto dellaconcretezza storica dei problemi filoso-fici come vengono configurandosi nellatradizione del pensiero. E quando, suc-cessivamente, alla luce di un progressi-

    vo interesse per il criticismo kantiano, sitratter per Dal Pra di rompere con laf-fermazione assoluta dellontologia delreale in s, sar anche avvalendosi diun ritorno a Hegel che la critica delneoidealismo otterr nuovo impulso.Cos osserva in proposito Rambaldi: orasinsiste sul rilievo che esso [ilneoidealismo] sia una forma diontologismo panlogistico, che identificala deduzione razionale con la realt. Co-mincia cos a prender corpo, e proprio infunzione antineoidealistica, un ritornoa Hegel, con riferimento non alcominciamento dellaLogica, che muo-ve da essere, nulla e divenire (comin-cia-mento che lincunabolo dellattopuro gentiliano), ma a quello della Feno-menologia, cio allintuizione immedia-ta della certezza sensibile per, via via,mediarla. Nella prefazione di Pensiero e

    realt, Dal Pra si richiama, contro lide-alismo, non pi alla proposizione di tra-dizione medievalistica che lessere vantiuna regione pi ampia che non il pensie-ro, basandosi su definizioni

    Intervengono:

    Eugenio Garin, Fulvio

    Papi, Fabio Minazzi

    a cura di Riccardo Ruschi

    Ricordo diMario Dal Pra

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    PROFILO

    in cui Dal Pra svilupp, tra il 49 e il 51,unintensa produzione storiografica nelcampo della filosofia antica e medioeva-le, approdando a considerazioni che dauna parte rinnovano la criticatrascendentalista al teoricismo - comequella dellinaccettabilit del dilemmatra dogmatismo e scetticismo, basandosientrambi su elementi teoricisti, o quelladellinsufficienza critica del teoreticismonei confronti della storiografia filosofi-ca -, dallaltra approfondiscono il cir-colo filosofia/storia della filosofia -come losservazione che fare storia dellafilosofia significa svolgere unistanzateorica che funga da cornice e da suppor-to allo storico, o che la storia dellafilosofia debba configurarsi come sto-ria della filosofia della filosofia, ossiadella logica della filosofia, dovendoessere il suo intento quello didialettizzare i fondamenti sui quali

    poggia lo spirito critico della filosofiacontemporanea.Verso la met degli anni 50, sotto lin-flusso del neorazionalismo, in particola-re nella versione pluralistica elaboratada Preti, secondo cui filosofia ognidiscorso filosofato, Dal Pra, osservaRambaldi, si poneva il problema di de-finire una unit storica possibile dellefilosofie. Come gi in precedenti muta-menti di prospettiva, anche in questonuovo contesto di riflessione lesigenzache Dal Pra ora avverte di concedere allateoria una sua autonomia relativa, e al

    tempo stesso di conferire alla prassi unadeterminazione finita e non metafisica,viene risolta sul terreno proprio del con-fronto storico-critico della filosofia. Cisegnava il passaggio daltrascendentalismo ad un nuovo campodindagine, lo storicismo critico, incui oggetto dindagine sono ora i nessiche storicamente si erano venuticonfigurando tra sviluppo storico e strut-ture teoriche. Significativo in tal sensoil commento di Rambaldi: la possibi-

    ancora Rambaldi, chiariva indirettamenteanche levoluzione della concezionemarxiana della dialettica rispetto al ca-rattere logico e organicistico della con-cezione hegeliana.Ancora il ritorno a Hegel fu infine allabase, nellultimo Dal Pra, della sistema-zione organica dello storicismo criticoin seguito a unintensa rimeditazione delrazionalismo critico di Preti e, con que-sti, di quello di Banfi. E questultimoinfatti, come suggerisce Rambaldi, cherintracciando in Hegel la legge dellin-finita variet e dello sviluppo, preparaai temi dellempirismo critico di Preti edello storicismo critico di Dal Pra, chetuttavia si discosteranno dalla posizionebanfiana, riconoscendo in essaunindistinzione di fondo nei confrontidel teoreticismo astratto di Hegel.Limpostazione di Preti, invece, con ilrilievo dato allautonomia, per quanto

    relativa, della teoria nei confronti dellaprassi, e concependo daltra parte la strut-tura formale delle teorie come un apriorioggettivo-storico, appare a Dal Pramaggiormente idonea a fondare un ri-torno a Hegel secondo latteggiamentoproprio dello storicismo critico. Il risul-tato di questa confluenza dimpostazioneteorico-storiografica, risultato che an-che una definizione dello storicismo cri-tico, cos sintetizzato da Rambaldi:Preti e Dal Pra respingono esplicita-mente la metafisica hegeliana della sto-ria, che ricondurrebbe la dialettica ad

    uno schema astratto, ma fanno salvo ilmetodo dialettico della trattazione stori-ca proprio in virt dellautonomia (rela-tiva) delle strutture formali.Alla luce di questo esito del proprioitinerario filosofico, in tempi recenti,quando si tratter di raccogliere i mo-menti decisivi della propria opera, DalPra torner sul rapporto teoria/prassi,definendolo un rapporto attivo, nelquale i due poli confluiscono in un uni-co piano critico di rinnovamento con-sentendo alla teoria una sua autonomia

    lit di una visione storico-critica daricercarsi innanzi tutto a livello teorico,sicch le strutture formali vengono adassumere una (relativa) autonomia dallaprassi pur restando questa (comestoricit) ineliminabile. Nel terrenodissodato del trascendentalismo dellaprassi, potevano dunque facilmente at-tecchire i suggerimenti di Preti, e si ve-niva gi configurando un punto di vistainteressato allevoluzione delle struttu-re teoriche in una concezione storica cheavesse appunto il carattere di una storiadella filosofia della filosofia.Questa concezione storico-critica dellafilosofia sanc definitivamente quella chepossiamo ora definire una costante dellosviluppo di pensiero di Dal Pra: il ritor-no a Hegel. A questo ritorno, chedalla fine degli anni 50 interess signi-ficativamente lultima fase della sua ri-flessione filosofica, Dal Pra perviene

    attraverso la lettura critica di due autoriin particolare, Dewey e soprattutto Marx:lo sforzo teorico-storiografico che eglidedic a questi due autori fu in realt ilpresupposto per una rimeditazione diHegel e al tempo stesso terreno per unaverifica e un approfondimento dei prin-cipi dello storicismo critico. Cos, comerileva Rambaldi, nellanalisi della dia-lettica marxiana come struttura forma-le in cui sinscrive il rapporto tra lateoria e una concezione trasformatricedella prassi, Dal Pra riformulava di fattoil trascendentalismo della prassi nei ter-

    mini dello storicismo critico; riprenden-do la concezione che in Marx albergas-sero due anime, luna pi incline a dis-solvere il panlogismo hegeliano nellaprassi, laltra pi organicistica, volta asussumere la prassi nel tessutologico-organicistico della dialettica,egli giungeva ad una nuova valutazio-ne dellimportanza delle strutture teori-che formali, considerate anche nella loroautonomia, quanto meno relativa, dallaprassi. Questo daltro canto, osserva

    relativa, che tiene conto della prassi ma

    non si dissolve in essa. In questo senzadubbio racchiuso un significato pro-fondo del lavoro teorico e storiograficodi Dal Pra, un significato che per luni-versalit della domanda che pone oltre-passa la sua stessa opera, rendendosi dinuovo, accresciuto, alla necessit della

    riflessione filosofica. E questo quanto emerge, d'altra parte,dalle testimonianze che seguono.

    Avviatosi alla filosofia a Padova, alla scuola di un inquie-to scolaro di Ardig come Erminio Troilo, Mario Dal Prasi era venuto formando fra le sollecitazioni realistichedi eredi molto critici del positivismo come GiovanniMarchesini, scomparso nel 1931, e le spinte delpersonalismo cristiano di studiosi eminenti come LuigiStefanini, relatore con Troilo della sua tesi di laurea,

    uscita nel 37 con il titoloIl realismo e il trascendente.Nel 40 Dal Pra pubblicava il suo secondo libro suPensiero e realt, in cui cercava di chiarire ulteriormenteil suo punto di partenza.Nel dibattito filosofico di quegli anni, vivacementepolemico su molti fronti soprattutto con le varie posi-zioni idealistiche, dal Pra si proponeva di approfon-dire un realismo critico conciliabile con latrascendenza cristiana, mentre si interrogava sulleragioni profonde dellidealismo. Era, daltra parte, unmomento in cui la discussione filosofica in Italia - manon solo in Italia - si intrecciava strettamente con lariflessione politica e con una forte esigenza morale.

    Incombevano ovunque i fascismi e si preparava laseconda guerra mondiale.Fu allora, appunto, che ebbi a incontrare lopera di DalPra: non solo il suo volume su Pensiero e realt cheavevo letto per farne un cenno su Leonardo nel 41,

    EugenioGarin

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    so, di ascendenza filosofica realista. Non possibilealcun atto conoscitivo, egli sosteneva, che colga les-sere nella sua attualit e quindi ci consegni un mondoorientato nella sua struttura essenziale, nel quale nonresti che prendere il posto assegnato. Il pensiero nonpu accomodare lesistenza, ma nemmeno lesistenzapu essere detta nella geografia del pensiero. Ilteoricismo (questo era loggetto della critica)rinasceva sempre quale che fosse il contenuto dellat-to di pensiero oggettivante: lessere, la storia, latto,luomo, lesistenza ecc.Dal Pra allora inseguiva il vizio teoricista della filoso-fia contemporanea con un accanimento per lo pifelice, e io ricordo non poche conversazioni alla So-ciet filosofica nelle quali la sua voce cauta ma impla-cabile, mostrava alloratore come egli, in modo im-percettibile ma sicuro, avesse trasportato in dimensio-ne teoricista il tema del suo discorso che cos diventa-va un oggetto totale, ingombrante per lagire delluo-

    mo. Dal punto di vista teoretico si trattava di un gestoche sapeva fermarsi al limite giusto, cio sullorlodello scetticismo. Come Dal Pra aveva insegnato nelsuo corso sugli scettici greci da Pirrone a Sesto, cerasempre il rischio di capovolgere largomentazionemettendo in negativo ci che la metafisica presentacon segno positivo. Lo scetticismo valeva per le sueargomentazioni che mettevano in luce lindicibilitteoretica di alcuni temi fondamentali della conoscen-za. Ma questa era la soglia che mostrava come i giudizinon andassero codificati sulla certezza della verit (odellimpossibilit della verit), ma solo in relazione

    alla pratica della vita dove il pensiero non prigionie-ro della propria teatralit filosofica. Non si pu noncredere allesistenza del mondo se si vive nel mondo.Hume, naturalmente, era intervenuto a correggere gliscettici antichi.Fu una stagione breve, ma molto intensa: a me, si trattacerto dellesempio meno importante, lo scacco mat-to alla metafisica serviva contro il teoricismo delmarxismo ufficiale; e confesso che allora mi augura-vo, certamente con un eccesso di fiducia nel pensie-ro, che la posizione di Dal Pra avesse pi risonanzanello spazio politico del PSI, dove eravamo entrambi,allora (1949-1952) dominato da uno stalinismo tanto

    pi odioso e futile quanto pi di riporto.Lanti-teoricismo di Dal Pra veniva da un lungo cam-mino compiuto in breve tempo (1938-1945): era cer-tamente la forma filosofica in cui si condensavaunesperienza di pensiero che dal realismo iniziale erapassata a una concezione immanentistica dello spirito.Il valore non deriva da presupposti contemplati: solouna dimensione interiore che, con coraggio e perseve-ranza, pu farsi mondanit e azione. Se i valori cristia-ni (questa era stata leducazione morale di base di DalPra) diventano oggetto di contemplazione, non sonopi valori, e allora (1943-45) la strada di questo

    chiasmo tra pensiero e azione, tra interiore ed esterio-re, fu la partecipazione alla Resistenza.Se questa era la genealogia dellanti-teoricismo, lasua efficacia teorica si esercit in direzione dellastoria della filosofia. Le storie idealiste parvero a Dal

    Pra storie teoriciste, proiettate e dominate tuttedalla figura filosofica che, al presente, appare come laverit, rispetto alla quale le altre filosofie si dispongo-no in una sequenza di precursioni, anticipazioni, for-me incompiute, tutte stazioni mentali della teleologiadella verit sullonda del tempo. Il libro di Dal Pra suScoto Eriugena pu essere interpretato come il docu-mento di quellatteggiamento filosofico che volevasoprattutto porre un pensiero nella dimensione storicache laveva ospitato come senso comprensibile. Cre-do di essere sicuro che, oltre la sua esperienza teorica,ebbero anche uninfluenza sensibile su questa posi-zione di Dal Pra la filologia classica di Untersteiner equella moderna di Nardi che furono nella direzionedella Rivista di storia della filosofia.Da Pra, raccontando se stesso, dice che, in un secondotempo, il circolo gentiliano di filosofia-storia dellafilosofia lo pose di fronte a un orizzonte problematicoe metodologico pi complesso, e soprattutto dinnanzi

    allinevitabilit che domanda e oggetto (che poi sonola stessa cosa) nella ricerca storica abbiano unaineliminabile radice filosofica. Questa apertura av-veniva contemporaneamente alla nuova amicizia conGiulio Preti. Entrava in scena un empirismo critico,una concezione filosofica dellesperienza come finita,dicibile solo secondo modalit specifiche, limitate,controllabili, revocabili e storiche, che non abbando-n mai la scena: anzi fu lottica dominante del suostudio sulla dialettica in Marx.Negli ultimi anni questo empirismo critico venivatalora surrogato da razionalismo critico. Questa

    oscillazione semantica, a mio modo di vedere, ha unsignificato un poco recondito, ma rintracciabile: an-che Giulio Preti, al termine della sua vita, dopo venti-cinque anni di empirismo logico alla ricerca del lin-guaggio che unificasse le scienze, tornava in un ambi-to cassireriano, con la visione di una ragione poliforme,variegata, irriducibile a schemi meta-teorici rigidi,appunto un razionalismo critico, e in questa espres-sione certamente risentiva anche leco postuma diBanfi, sul cui lavoro filosofico, dopo il 1970, Dal Prasi era pi volte soffermato in modo molto acuto ecompetente.Limmagine pubblica di Dal Pra (che il suo stesso

    insegnamento universitario ha contribuito non poco aistituire) quella di un maestro che ha lavorato conmolta tenacia in direzione del rinnovamento dellatradizione della storia della filosofia italiana. Questaprospettiva, per essere valutata nel suo senso pieno,deve essere per compresa bene nella sua natura

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    teorica. Dal Pra spesso torn sullarelazione verit-storia ofilosofia-filologia, mostrandocome le due polarit siano assolu-tamente fondamentali, e tuttavianessun lavoro pu pensare cheluna possa coincidere con laltra,

    lidea con il fatto o, direi, linterpretazione con ilpregiudizio di una assoluta oggettivit. Loggettivit una costruzione che avviene nel rapporto concretotra filosofia e filologia. Un altro tema sul quale Dal Praritornava spesso, specie negli ultimi dieci anni, eraquello della specificit della storia della filosofia.Rispetto ad altre storie che evidenziano altri oggetti,la storia della filosofia, secondo Dal Pra, storia dellegrandi categorie razionali. Credo che in questa opzio-ne vi fosse leco non indifferente del modo in cuiGiulio Preti concepiva la storia del pensiero scientifi-co (che poi, a ben guardare, riecheggia contemporane-

    amente storie neokantiane e la Logica di Hegel). Unsolenne intrigo nella nostra tradizione, e quindi, nelcaso di Dal Pra, uneredit difficile, tuttaltro cheovvia.Il fatto che lethos il sistema di queste determina-zioni dellidea, costituisce la razionalit del medesi-mo. In tal modo, la libert o la volont che in s e pers, in quanto oggettivit, la sfera della necessit, icui momenti sono le forze etiche, le quali reggono lavita degli individui e in questi, in quanto loro acciden-ti, hanno la loro rappresentazione, forma apparente erealt. Cos scrive Hegel nel paragrafo 145 deiLine-

    amenti di filosofia del diritto.Commentando questo eminente passo hegeliano nelquadro del suo corso universitario dellanno accade-mico 1974-75 (dedicato specificatamente proprio aLa

    filosofia del Diritto di Hegel ), Mario Dal Pra osserva-va: Lanima bella si bea nel vuoto di se stessa e nelvuoto di contenuti ed in fondo lesasperazione del-lisolamento individualistico. Luomo cosmico-storicoha esaltato se stesso nellunica maniera concreta in cuilindividuo pu realizzare pienamente la sua dimen-sione, cio attraverso larticolazione-creazionedelleticit. Il par. 145 estremamente indicativo aquesto riguardo. La razionalit dellethos, dice Hegel,

    sta nel fatto che le sue determinazioni non sono capric-ciose, casuali, (qui si avverte sempre la polemica fattanei confronti degli aspetti della soggettivit che sonoappunto aspetti capricciosi e causali), ma sono neces-sarie.Dove sta la necessit, dove si coglie la necessit? Direiche il lato cui Hegel guarda e che rimasto fissatonella prospettiva marxiana il seguente: in ultimolindividuo si esprime attraverso le strutture delleticit,quindi si esprime attraverso i rapporti sociali. I rap-porti sociali hanno un carattere necessario perch solo attraverso una astrazione che noi possiamo con-

    siderare fin dalla nascita lindividuo come sciolto edisolato in se medesimo. E tanto poco sciolto edisolato in se medesimo che gi nella famiglia gilespressione di una societ. In un certo senso ognunodi noi fin dalla propria origine una societ. Quindi

    lastrazione di un individuo veramente non la condi-zione originaria di partenza (ecco dove Hegel chesuggerisce a Marx questa famosa critica dellindivi-dualismo: lindividualismo la concezioneincancrenita di una persona che passata attraversolorganismo sociale e che ha inteso o intende in unaforma intellettualistica i propri rapporti con la dimen-sione sociale). Non esiste quindi la possibilit diconsiderare in via logica il formarsi della societ inquesta maniera: prima esiste lindividuo, poi gli indi-vidui si mettono insieme e vengono fuori le societ.Questo un modo meccanico di considerare il formar-si delle societ che non corrisponde per niente allarealt effettiva. Per contro esiste la societ nelle sueforme pi o meno complesse ed ampie, lindividuo sempre in un contesto sociale, anzi, per esprimere inmodo pi genuino la riflessione hegeliana bisogne-rebbe dire non lindividuo in un contesto socialema lindividuo un contesto sociale , perch dire

    che in un contesto sociale sembrerebbe che potrebbedar luogo alla considerazione dellindividuo preso pers, mentre essa soltanto una maniera intellettualisticae sbagliata di tentare di dare affermazione allenergiadi un individuo dopo che ha succhiato il latte e ilsangue delle strutture sociali nelle quali nato e si formato.La non breve citazione, tratta direttamente, totidemverbis, dalla viva lezione che Dal Pra svolse venerdmattina (alle 8,30) del 28 febbraio 1975 allUniversitdegli Studi di Milano, possiede - a giudizio di chiscrive - perlomeno un duplice valore.In primo luogo

    perch si ricollega puntualmente ad uno dei momentipi interessanti ed intensi del corso che in quellannoaccademico Dal Pra svolge prendendo in considera-zione larduo testo hegeliano. Durante tutte le suelezioni hegeliane Dal Pra ebbe sempre la capacit nonsolo di guidare con piena intelligenzacritico-interpretativa lignaro studente nei meandripi tortuosi della costruzione hegeliana, ma anchequella di fargli percepire le punte alte della prospetti-va di Hegel, inserendole nel vivo della tradizionefilosofica. Grazie alla particolare chiave di accessostorico-critico-interpretativa elaborata da Dal Pra, dot-trine, pensieri e figure finivano per assumere una

    vivacit, una concretezza e una profondit che traevalinfa continua da una puntuale lettura dei testi costan-temente immersi nel complesso gioco delle differentitradizioni concettuali. Superando sempre ognischematica unilateralit interpretativa pregiudiziale,in queste sue intense lezioni hegeliane, Dal Pra avevainoltre la capacit, solo apparentemente contradditto-ria, di illustrare con una chiarezza concettuale indele-bile i testi presi in considerazione cogliendo, contem-poraneamente, loccasione per delineare squarci in-terpretativi storico-filosofici che non si sapeva se piammirare per la loro attitudine di approfondire lauto-

    re considerato o per la loro capacit a farci guardare inmodo profondamente innovativo, unitario e ricco disuggerimenti, alla storia del pensierofilosofico-scientifico. Anche se Dal Pra non ha maiscritto una monografia specifica su Hegel, senza alcun

    FabioMinazzi

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    dubbio il filosofo di Stoccarda rappresentava per unclassico del pensiero cui aveva dedicato, nel corso ditutta la sua intensissima attivit di studioso, unatten-zione specifica alquanto puntuale ed acuta. Un inte-resse che comunic in modo discreto, ma con il suoconsueto fascino, anche agli studenti della secondamet degli anni Settanta, un periodo durante il qualetenne, nel volgere di pochi anni, ben quattro corsiuniversitari consacrati ad indagare aspetti diversi masempre complementari del pensiero hegeliano. Infattioltre al corso dedicato ai Lineamenti di filosofia deldiritto gi ricordato, Dal Pra svolse negli anni Settan-ta altri due corsi universitari consacrati alla Grande

    Logica hegeliana: quello del 75-76, dedicato allalogica dellessere, e quello del 78-79, dedicato alladottrina dellessenza, cui si affianc poi, nel 76-77,il corso dedicato esplicitamente alla Dialet ticahegeliana ed epistemologica analitica (un argomentoche, sia pure in versione diversa, aveva gi affrontato

    nel pi tardo corso dellanno accademico 71-72).Ma al di l di questi dati, un poco esteriori e burocra-tici ma non privi di un loro puntuale significato,chiunque avesse frequentato le lezioni di Dal Pra diquegli anni, per esempio il corso dedicato aIl proble-ma del realismo nella storia del pensiero (svoltonellanno accademico '79-'80), non avrebbe avutoveramente difficolt a percepire la presenza continuadella potente lezione hegeliana sulla quale Dal Praritornava con insistenza per illustrare concretamentela vischiosit, la complessit e la ricchezza di tuttequelle, pur diverse, tradizioni concettuali che veniva

    illustrando. Lintento primario di queste lezioni puinfatti essere individuato nello sforzo con il quale DalPra, voltando le spalle alle grandi formule interpretativetanto omnicomprensive quanto unilaterali e arbitrarie,era costantemente rivolto a recuperare la complessitdei testi, ad evidenziare la stratificata interdipendenzadelle varie tradizioni di pensiero che si intrecciavanoin una stessa pagina, ad esplicitare i sottintesi implici-ti, le chiusure teoreticistiche e le cadute metafisicheche contraddistinguevano questa o quella classicapagina della storia della filosofia. Con questo pazientema penetrante metodo di lavoro storico-critico DalPra era cos in grado di porre in luce i nuclei operativi

    delle tecniche dellintelletto che si annidavano tra lepieghe delle grandiose costruzioni metafisiche dellastoria del pensiero e aiutava i suoi studenti a r iscopriretutti i doni di conoscenza che possono essere rintrac-ciati da una ragione critica nel momento stesso in cuiindaga le composite movenze del pensiero classico.Una ragione critica plurale e puntuale, pienamenteconsapevole sia della storicit del pensiero sia dellastessa storicit della medesima criticit che non pumai pretendere di attingere un piano assoluto e defini-tivo ma che aspira continuamente ad un sapere quantopi possibilmente oggettivo in un quadro storicamen-

    te definito, configurato e delimitato. Durante le lezio-ni di Dal Pra si poteva cos scorgere in azione lastrada critica dellorientamento dellintelletto e dellastoria delle sue differenti e crescenti prese di possessodi ambiti delimitati ma nodali della nostra esperienza

    collettiva e sociale.In secondo luogo il passo citato in apertura di questanota possiede un valore emblematico anche perchaiuta a meglio intendere la figura storica dello stessoDal Pra nel contesto concreto - e necessario! - del-luniversit statale milanese della seconda met deglianni Settanta. In quel tempo era infatti abbastanzaagevole percepire una complementarit di fondo esostanziale, tra la lezione di Dal Pra e quella diLudovico Geymonat (che era allora titolare della cat-tedra di Filosofia della scienza nel medesimo ateneo).Per la verit, per cogliere questa complementaritsostanziale occorreva riuscire ad andare decisamenteal di l dellimmediata apparenza delle singole orga-nizzazioni disciplinari avendo anche, contemporane-amente, la virt di superare una certa chiusurapregiudiziale che, inevitabilmente, finiva a volte percontraddistinguere le differenti scuole filosofichedirettamente legate al magistero di Dal Pra e a quello

    di Geymonat. Anzi da questo punto di vista bisognaanche riconoscere francamente come la frequentazionecontemporanea dei due differenti indirizzi di ricercafilosofici approfonditi rispettivamente da Dal Pra e daGeymonat fosse in grado di determinare non pochiproblemi giacch questi due autentici Maestri inclina-vano rispettivamente per prospettive profondamentedifferenti se non, a volte, anche nettamente divergenti.Se infatti con Dal Pra si era costantemente invitati adiffidare delle sintesi onnicomprensive che si illudo-no di risolvere il mondo in una formula e si era invitatia svolgere sempre delle disamine particolari e circo-

    scritte, con Geymonat invece si era invitati pi decisa-mente a prender posizione rispetto alle principaliopzioni teoretiche contemporanee compiendo dellescelte di campo nette e determinate. Questo differenteatteggiamento filosofico poteva poi risultare ancorpi determinato e irriducibile se si prendeva in pidiretta considerazione critica la particolare forma difilosofia cui entrambi questi autori guardavano con ilpi vivo interesse: Dal Pra infatti inclinava ad avvici-narsi sempre pi ad una forma di empirismo criticomolto simile a quella emergente dalla riflessione diGiulio Preti, mentre Geymonat era pi direttamenteinteressato a sviluppare in forma innovativa e critica

    una particolare accezione del materialismo dialetticoin cui linteresse decisivo per limpresa scientica erastrettamente abbinato allutilizzazione critica delladialettica.Tuttavia se si aveva la capacit di non farsi bloccare,n dalle differenze pi eclatanti e immediate n dallospirito eccessivamente partigiano legato a questa oquella impostazione di scuola non era poi difficilerendersi conto della comune aria di famiglia chepoteva essere respirata alle lezioni di questi due gran-di esponenti della filosofia milanese del secondo do-poguerra. Innanzitutto bisogna infatti riconoscere che

    il modo stesso con il quale Dal Pra praticava lo studiodella storia della filosofia lo induceva a porre in unrilievo specifico del tutto particolare i contributi e ilvalore autonomo che lo studio della storia della scien-za e quello della filosofia della scienza rivestivano sia

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    nellambito stesso della storia del pensiero sia nellaconsiderazione dello spazio specifico del discorsofilosofico, mentre, inversamente, nelle lezioni diGeymonat era pressoch scontato che lo studio teoricopi rigoroso della scienza non potesse mai prescindereda unattenta considerazione del suo sviluppo storico(considerato sia dal punto di vista della storia delpensieo filosofico sia dal punto di vista della storia delpensiero scientifico).In questo preciso contesto teorico erano poi abbastan-za scontati i continui ri-chiami con i quali ognu-no di questi due autoriera solito riferirsi alleprincipali opere dellal-tro studioso (alcune del-le quali potevano essereormai considerati deiveri e propri studi clas-

    sici nel quadro del di-battito filosofico italia-no degli ultimi decen-ni). Per la verit su que-sto terreno va anche ri-conosciuto che nelle le-zioni di Dal Pra il riferi-mento ad altre prospet-tive di pensiero e ad al-tri indirizzi di ricercateorica, finiva per esse-re, inevitabilmente, pi

    ampio e comprensivo,sia per la naturale incli-nazione storica del suodiscorso, sia per un at-teggiamento filosoficocon il quale Dal Praamava tener presente ilmonito eracliteo in baseal quale gli dei sonoovunque . In tal modose il suo discorso si fa-ceva pi attento a se-gnalare i differenti fili

    di verit che potevanoessere colti nei vari in-dirizzi, per anchevero che poi un suo stu-dente, acriticamente le-gato alla sua lezione, rischiava spesso di scivolare,inavvertitamente, in una posizione indebitamenterinunciataria sul piano teoretico, in una sorta di lim-bo nel quale non sarebbe stato lecito esprimere alcungiudizio teoretico. Di fronte a questo pericoloGeymonat reagiva invece nel modo pi deciso richia-mando lopportunit e la necessit di uno schiera-

    mento teorico ben preciso e delimitato. Tuttaviaquesta contrapposizione non era tale da cancellare uncomune orizzonte di razionalismo critico le cui radicipi remote risalivano alla comune esperienza dellapartecipazione al movimento del neorazionalismo ita-

    liano. Per la verit anche nel quadro del neoilluminismoitaliano Dal Pra e Geymonat avevano elaborato dueimmagini differenti delluso critico della ragione eavevano conseguentemente aspirato a due differentinozioni di criticit: pi ancorata alla determinatezzastorica, quella di Geymonat, pi attenta alla costruzio-ne di un discorso critico che non assolutizzasse inde-bitamente la stessa criticit, quella di Dal Pra. Ad ognimodo questa differente sfumatura di lettura criticadellesigenza della criticit della ragione neoilluminista

    non imped affatto a DalPra e Geymonat di col-laborare attivamente e inmodo solidale con diffe-renti impostazioni teori-che - quali quellerintracciabili negli scrittidi autori come NicolaAbbagnano, Eugenio

    Garin, Giulio Preti,Norberto Bobbio, EnzoPaci, per non fare chepochi nomi - ai fini didar vita ad un movimen-to di pensiero in grado dirinnovare profondamen-te non solo la cultura fi-losofica italiana ma an-che la societ civile nelcui contesto lintellet-tuale (filosofo incluso)

    sempre costretto ad ope-rare.Il che spiega poi perchgrazie alle lezioni di DalPra della seconda metdegli anni Settanta glistudenti fossero indottia prendere in attenta con-siderazione critica anchelopera e il pensiero diun autore come GiulioPreti il quale, pur essen-do morto nel 1972 e pur

    avendo esercitato il suomagistero prevalente-mente a Pavia e Firenze,costituiva per un auto-re che circolava larga-

    mente nel tessuto della riflessione storico-filosoficadalpraiana. Naturalmente anche la posizione di Pretinon era affatto riducibile, meccanicamente e imme-diatamente, n a quella di Dal Pra n, ancor meno, aquella di Geymonat, tuttavia, leggendo i testi di questoterzo autore non era davvero difficile rendersi contocome tra la ricerca di Geymonat, quella di Dal Pra e

    quella di Preti, al di l delle differenti curvatureteoriche (e dei differenti percorsi biogra-

    Mario Dal Pra e Ludovico Geymonat

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    fico-intellettuali), fosse presente uncomune orizzontecritico-razionalista. Da questo pun-to di vista bisogna anzi riconoscerefrancamente come lassiduafrequentazione dei testi di questitre autori costituisse una formida-bile palestra critica per non lasciar-si irretire dalle loro singole (e spes-so affascinanti) proposte teoriche:un esercizio di confronto che aiuta-va a recuperare costantemente unproprio spazio di riflessione che sicostruiva necessariamente nellamediazione (e in virt) di punti divista conflittuali e differenti. An-che in questo percorso di riflessio-ne la guida di Dal Pra si rivelavapreziosa poich la sua prospettiva -

    come quella hegeliana - abituavacostantemente a tener presenti ledifferenti vedute e cercava sempresi sfuggire ad ogni assolutizzazioneindebita. Il discorso criticodalpraiano, per utilizzare, parafra-sandole, le medesime parole con lequali lo stesso Dal Pra illustr la

    prospettiva hegeliana nella lezionedel 21 marzo 1975, non si riducemai ad una sola veduta ma sempreun si, per oppure un no, tutta-via, cio sempre una visione diintegrazione critica, comunque que-sta prospettiva possa poi essere vi-sta e interpretata. In Dal Pra questaintegrazione critica era pensatacome la premessa pi idonea permeglio intendere lo sviluppo stori-co e concreto di quella pi minu-scola, particolare razionalit che si realizzata acquisendo momentistorici molto delimitati e circoscrit-ti. La stessa lezione dalpraiana puessere considerata un momento trai pi significativi ed eminenti diquesti nuclei operativi delle tecni-

    che dellintelletto elaborate da unuomo che ben consapevole chenon si pu mai arrivare ad uno statodi libert storico e relativo se nonpassando necessariamente attraver-so uno stato di necessit che an-chesso storico e relativo.M ario Dal Pra scomparso a Milano il 21gennaio 1992. Nato il 29 aprile del 1914 a

    Montecchio Maggiore da una famiglia diumili condizioni, si forma nel seminario diVicenza dove ebbe lopportunit di frequen-tare direttamente monsignor FerdinandoRodolfi, uno dei pochissimi vescovi decisa-mente antifascisti, anche se di un antifascismodecisamente apolitico. Gli anni passati inseminario segnano profondamente Dal Pra,donandogli il tormento di una sincera e pro-

    fonda esigenza etica la quale, pur senza maitrasformarsi in rigido e astratto moralismo,ha per sempre contraddistinto tutta la suavita e tutto il suo impegno culturale. Termi-nati gli studi liceali si iscrive alluniversit diPadova presso la quale si laurea in filosofianel 1936, discutendo una tesi con ErminioTroilo pubblicata lanno successivo in unvolume intitolatoIl realismo e il trascenden-te. Ladesione iniziale di Dal Pra al realismo(sia pure ad un realismo critico che si diffe-renzia dal monismo di Troilo) ulterirmenteapprofondita nella sua seconda opera, Pen-siero e realt (1940), nella quale presa indiretta considerazione la lezione kantiana.Dal Pra in questi anni, mentre svolge unin-

    tensa collaborazione alla rivista Segni deiTempi e insegna nei licei a Rovigo e Vicenza,avverte progressivamente lesigenza di con-frontarsi pi puntualmente sia con la storiadel pensiero sia con la tradizionedellimmanentismo neoidealista. Dopo averpubblicato una serie nutrita di traduzioniunitamente ad una monografia dedicata aScoto Eriugena e il neoplatonismo medieva-le (1941), a Condillac (1942) e aIl pensiero

    Opere di Mario Dal Pra (in volume)

    di S. Maturi (1943), nel 1944 pubblica Valoricristiani e cultura immanentistica , in cui lasua adesione ad un at teggiamento culturale ecivile eminentemente critico si fa del tuttoesplicito.Dopo aver contribuito a dar vita al PartitodAzione nel Veneto, allindomani dell8 set-tembre, si trasferisce clandestinamente a Mi-lano e, con il nome di battaglia di Procopio,partecipa con impegno, coraggio e determi-nazione alla guerra partigiana diventandoresponsabile delle pubblicazioni clandestinedegli azionisti (curando, in modo particola-re, i Nuovi Quaderni di Giustizia e Libert,Italia libera e la diffusione di volantini dipropaganda). Allindomani della liberazio-ne, trasferitosi definitivamente a Milano dove

    insegna in un liceo, fonda nel 1946 la Rivi-sta di storia della filosofia con la qualecontribuisce ben presto alla diffusione di unanuova mentalit storiografica la quale, purrecependo alcuni elementi vitali della lezio-ne del neoidealismo, riesce per a far giusti-zia di tutte le sue unilateralit intepretativeponendo al centro del suo interesse i testi deifilosofi (studiati con scrupolo filologico)nonch la complessit delle tradizioni con-cettuali (considerate in tutte le loro moltepli-ci interconnessioni con i differenti ambitidisciplinari e, in particolare, con la storia delpensiero scientifico).Contemporaneamente pubblica, in rapida suc-cessione, alcune monografie con le quale

    traduce in essere la sua nuova visionestoriografica:Hume (1949),La s toriografiafilosofi ca antica (1950),Lo scetticismo gre-co (1950), Amalrico di Bne (10951), Gio-vanni di Salisbury (1951) , Nico ladAutrecourt(1951), cui si affianca la secon-

    da edizione, interamente rifatta, dello ScotoEriugena (1951). Dal 1951 inizia ad insegna-re alluniversit degli studi di Milano succe-dendo ben presto ad Antonio Banfi per poiinsegnare Storia della filosofia fino al 1986.Durante questi anni il suo magistero univer-sitario (unitamente alla direzione della Rivi-sta e alla fondazione e direzione del Centrodi Studi del CNR sul pensiero filosofico delCinquecento e del Seicento nei suoi rapporticon la scienza) gli consente di dar vita aduna vera e propria scuola di storici dellafilosofia. Questo non gli impedisce per siadi scrivere, per i licei, un Sommario di storiadella filosofia (1963-64 in 3 voll.), sia dicontinuare a pubblicare studi originali comeLa dial ettica in Marx (1965),Logica e realt

    (1974) Logica, esperienza e prassi (1976)cui si affiancano, pi recentemente, gli Studisul pragmatismo italiano (1984), gli Studisullempirismo critico di Giulio Preti (1988)e i Filosofi del Novecento (1989). Nella se-conda met degli anni Settanta pubblica inol-tre anche una monumentale Storia della filo-sofia (1975-78 in 10 voll.). Negli ultimi treanni ha invece atteso, prevalentemente, allarealizzazione della propria autobiografia in-tellettuale che ha voluto delineare cogliendoloccasione per tracciare un panorama com-plessivo della filosofia italiana del Novecen-to: Ragione e storia. Mezzo secolo di filoso-fia ital iana (1992), apparso postumo nel feb-braio 1992, pochissimi giorni dopo la sua

    improvvisa morte. F.M.Saggi filosofici

    Il reali smo e il trascendente , Cedam, Padova1937, pp.XXVIII-166;

    Tracce di una filosofia del Cristianesimo,

    Editrice Studium, Roma 1938;Pensiero e realt, La Scaligera, Verona 1940,pp.271;

    Il problema de lla coscienza, Atti del RealeIstituto veneto di Scienze, Lettere ed Arti,Classe di Scienze morali e letterarie, 1940,XCIX, n.2, pp.1087-1109;

    Necessit attuale delluniversalismo crist ia-no, Collezioni del Palladio, Vicenza 1943,pp.32, (Quaderni di cultura moderna, n.2);

    Valori cristiani e cultura immanentistica,Cedam, Padova 1944, pp.108;

    Studi di storia della Filosofia

    Scoto Eriugena e il neoplatonismo medieva-le, Bocca, Milano 1941, pp.306;

    Condillac, Bocca, Milano 1942, pp.410;

    Il pensiero di Sebasti ano Maturi, Bocca,Milano 1943, pp.VIII-198;

    Hume, Bocca, Milano 1949, pp.364;

    Lo scetticismo greco, Bocca, Milano 1950,pp.464;La storiografia filoso fica antica, Bocca, Mi-lano 1950, pp.307;

    Almarico di Bne,Bocca, Milano 1951, pp.89;

    Giovanni di Salisbury, Bocca, Milano 1951,pp.166;Nicola dAutrecourt , Bocca, Milano 1951,pp.196;

    Scoto Eriugena, Bocca, Milano 1951 [ II ed.interamente rifatta], pp.272;

    La dialett ica in Marx. Dagli scritt i giovani liallIntroduzione alla critica delleconomia

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    DIALOGO

    Negli ultimi tre anni Mario Dal Pra halavorato intensamente alla realizzazionedi una propria autobiografia intellettua-le, Ragione e storia . Mezzo secolo difi loso fia italiana , (Rusconi, Milano1992) edita postuma pochissimi giornidopo la sua improvvisa scomparsa.Lopera nata da un intenso dialogofilosofico e storico di Dal Pra con unodei suoi ultimi allievi, Fabio Minazzi, epossiede una struttura particolare poichla ricostruzione puntuale della biografiaintellettuale di Dal Pra delineata sullosfondo di uno scenario pi ampio e ar ti-colato: quello della storia della filosofiaitaliana del Novecento. Per questa ragio-ne lopera assume ine-vitabilmente unastruttura composita che consente pi let-ture. Il registro della memoria di un pro-tagonista come Dal Pra (in virt del qua-le nel libro si trovano inedite testimo-nianze culturali sia su filosofi

    come Croce, Gentile, Banfi,Preti, Paci, Geymonat, GarinBobbio, ecc., sia su personag-gi politici e civili come Parri,Valiani ed altri esponenti del-la resistenza italiana) si intrec-cia costantemente con un di-scorso storiografico critica-mente controllato, dal qualeemergono sensibilit genera-

    vilegiato nel movimento del neoillumi-nismo italiano che ha avuto in Milano uncentro culturale particolarmente attivoed interessato a dialogare con quei pro-blemi teorici (in primo luogo con lim-presa scientifica e la scienza) e con quel-le tradizioni storiche ( il pragmatismo, ilpositivismo, gli studi di logica-matematica, ecc.) che pi erano statitrascurati dalla tradizione dello storici-smo idealista legato a Croce e Gentileche ha invece rappresentato lasse tradi-zionale lungo il quale, fino ad oggi, sisono per lo pi narrate le cronache dellafilosofia italiana. Con questa lettura ine-dita del Novecento filosofico italiano,Dal Pra ha voluto donarci, sul limiteestremo della sua vita, unopera profon-damente innovativa nella quale si deli-nea non solo una piena rivalutazione ditutta una filosofia civile e teoretica che

    ha difeso tenacemente lo spa-

    zio di una ragione tesa allalibert, ma anche un possibilecompito per la filosofia attua-le. Unopera, dunque, che anche un messaggio di testi-monianza e di impegno cultu-rale che va al di l della stessafine individuale del singolopensatore, poich si inseriscein una prospettiva di dialogo edi ricerca pi ampia e proble-

    matica.Nel raccogliere questo mes-

    saggio presentiamo qui di se-guito alcuni passi di quest'ope-ra (pp. 296-304).

    DAL PRA: La trattazionedel rapporto tra la dialetticahegeliana e lepistemologiacontemporanea si basavaproprio sulla convinzioneche fosse possibile operare un ricupero della dialettica daun punto di vista di unepistemologia la quale, a suavolta, fosse in grado di giovarsi significativamente dellostesso metodo dialettico. Il recupero epistemologico

    della dialettica reso possibile da un vero e proprioribaltamento della pretesa hegeliana: mentre Hegel col-locava la dialettica al di sopra dei procedimenti effettividelle scienze pensando che fosse capace di superarne ilimiti, lindirizzo epistemologico rivendica invece lapriorit pregiudiziale dei procedimenti conoscitivi ela-borati dalle singole scienze e suggerisce sempre di attua-re una riduzione della dialettica ad un ambito particolaree finito. In questo senso il contrasto tra lepistemologiae la dottrina hegeliana della dialettica sempre avvertitocome radicale ed insanabile, anche se si fa presente chela dialettica pu essere utilizzata in ambito epistemolo-gico unicamente se sottoposta ad una profonda esostanziale trasformazione. Qualora la dialettica sia sot-toposta a tale drastica riduzione (per esempio conside-randola unicamente come uno schema empirico) puallora produrre effettivamente dei preziosi suggerimenti

    soprattutto per la compren-sione della storia e dello svi-

    luppo delle ricerche nel-lambito delle scienze uma-ne, arricchendo indubbia-mente la metodologia scien-tifica. In particolare la me-todologia dialettica aiuta atener ben salda losserva-zione che la conoscenza, pur

    avendo una sua struttura specifica che deve essere rispet-tata e salvaguardata tramite la costruzione di disciplinescientifiche rigorose, tuttavia non possiede mai un fon-damento divino od ontologico proprio perch la cono-

    scenza acquista il suo significato pi vero e la suacollocazione pi opportuna unicamente nel contestodella prassi.La dialettica ci aiuta cio a comprendere che gli stessicriteri conoscitivi cui si rivolge la riflessione analiticanon possono mai essere considerati puri giacch sonosempre turbati e arricchiti da unistanza di integrazionepratica. La dialettica ci permette di tener ben presentecome anche i pi astratti criteri conoscitivi possiedanosempre una radice pratico-storica che non possiamoignorare indebitamente se non vogliamo scivolare su diun piano arbitrariamente speculativo. In ogni caso inquesta integrazione tra epistemologia e dialettica resta

    escluso che la seconda apra la strada ad un superamentodel metodo scientifico. Al contrario la dialettica richia-mata proprio nella misura in cui aiuta a consolidare ilmetodo scientifico ponendo in evidenza (e consolidan-do) alcuni suoi elementi cui non si era prestata preceden-

    zionali differenti, curve interpretativenon sempre coincidenti, tali da fornireun ricco e mobile panorama dei dibattitifilosofici dellItalia del secondo dopo-guerra.Da un punto di vista pi complessivoquesto libro delinea per anche uninter-ressante contro-cronaca della filosofiaitaliana perch pone al centro del suointeresse (di testimonianza, storiografi-co e critico-interpretativo) quei movi-menti legati alla tradizione del raziona-lismo critico e dellempirismo criticoche si sono sviluppati lungo un asseculturale che comprende citt come To-rino, Padova e Firenze, ma che ha trova-to il suo centro nodale nella Milano delsecondo dopoguerra. Tutti i principaliindirizzi di pensiero presi in considera-zione in questo volume hanno infattitrovato un loro punto di riferimento pri-

    Ragione e storia

    di Mario Dal Pra

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    DIALOGO

    temente unattenzione adeguata. In ultima analisi miaimpressione che il criterio dialettico, se inteso comecriterio euristico, suggerisce di integrare e di connetterelambito conoscitivo con un pi ampio orizzonte difilosofia della prassi in cui lintervento pratico-storicopossiede sempre un rilievo specifico che non va arbitra-riamente dimenticato o trascurato.Se la critica epistemologica alla dialettica ha investitoquasi in egual misura sia la tradizione hegeliana siaquella marxista, ben diversamente si per mossa lacritica dialettica nei confronti dellepistemologia la qua-le stata svolta, in misura prevalente, soprattutto dallin-dirizzo marxista. Anche in questo caso, comunque, oc-corre distinguere tra due tipi di critiche profondamentediverse. Alcune sono state infatti mosse da parte degliindirizzi marxisti che hanno assunto la dottrina dialetticanel suo significato metafisico, mentre altre provengonoda quegli indirizzi marxisti che hanno interpretato ladialettica come uno strumento euristico. Nella prima

    direzione si collocano tutti quegli indirizzi che hannocercato di promuovere una integrazione dellorizzonteconoscitivo e scientifico in una direzione che finisceper per svalutare oggettivamente la scienza rivalutandola filosofia intesa come metafisica e come affermazioneassoluta di criteri di unificazione del reale completamen-te svincolati dai controlli empirici. Lungo questa stradasi colloca anche lelaborazione del cosidetto Diamataffermatosi soprattutto nella produzione ufficiale pro-mossa dallIstituto di Filosofia dellAccademia dellescienze dellUnione Sovietica. NelDiamatsi assiste aduna generale svalutazione radicale della scienza cui si

    contrappone il marxismo interpretato come una filosofiametafisica intrascendibile. Il marxismo critico ha invecemirato ad elaborare una organizzazione dei suoi criteriche risultasse in maggiore sintonia con i caratteri di unafilosofia scientifica e si pertanto maggiormente preoc-cupato di svolgere una integrazione dialettica del proce-dimento analitico. In molti momenti del dibattito marxistacontemporaneo, per esempio nella ricerca di Havemann,si assiste cos al tentativo di riferirsi alla dialettica comeun criterio integrativo dellorizzonte conoscitivo chepossa favorire una considerazione criticamente pi a-vanzata della stessa conoscenza.

    MINAZZI: Ma anche vero che in entrambi questiindirizzi si rischia a volte di mettere capo ad una sostan-ziale liquidazione della stessa razionalit scientifica.[] L'epistemologia che non tiene conto dei problemisollevati dalla critica dialettica (intesa nel senso depuratoda ogni sottinteso metafisico cui si fatto cenno) finisceinevitabilmente per cadere in alcuni esiti metafisici cuinon pu sottrarsi per neppure quel pensiero dialetticoche pretende di non tener conto dei risultati e delle analisiepistemologiche (depurate anchesse da ogni sottintesometafisico). Questa indicazione programmatica cui lei

    perviene nel testo dedicato a laDialettica hegeliana edepistemologia analitica mi sembra poi del pi alto inte-resse nella misura in cui recependo i risultati pi maturidi tutta la discussione connessa al trascendentalismodella prassi, arricchita dalla lettura del pragmatismo

    deweyano, e nutrita della lezione hegeliana, tiene inconto la tradizione del criticismo kantiano denotandocostantemente la consapevolezza di non fermarsi mai anessuna di queste esperienze intellettuali per non chiu-dersi in un orizzonte gi dato e costituito una volta pertutte.

    DAL PRA: Per parte mia proprio questo risulta essere ilsottinteso complessivo di tutta la ricerca svolta in questoambito di pensiero, perch lobiettivo fondamentale cheho cercato in qualche misura di perseguire era proprioquello di liberare degli strumenti da una codificazionerigida per favorirne una utilizzazione critico-operativa.Naturalmente va anche mantenuta lavvertenza critica dinon cadere, per questaltra via, in altre rielaborazioni ditipo metafisico e, a mio avviso, lo si pu fare nella misurain cui si tiene presente la funzione critica dellintellettoper smuovere e andare innanzi nello svolgimento del

    pensiero. In questa direzione di ricerca lo studio dellastoria del pensiero dovrebbe indurre ad individuare idifferenti nuclei operativi di una tecnica dellintellettopresente nelle costruzioni teoriche pi diverse e dispara-te. Si tratta insomma di prestare attenzione a quella seriedi spunti critici significativi che spesso sono inseriti incostruzioni pi organiche e complesse. Di fronte ad unaragione classica che mira sistematicamente ad una co-struzione organica e totalizzante occorre cos dirigere ilproprio interesse per i differenziati momenti di pensierocritico mediante i quali le strutture minuscole dellaragione o le tecniche pi delimitate, parziali e finite

    dellintelletto riescono per a configurare compiti circo-scritti e ben precisi i quali, nel loro sviluppo storico eteorico, sono in grado di farci conseguire risultati nonprivi di una portata conoscitiva e pratica dotata di unarazionalit specifica. Per andare in questa direzioneoccorre sviluppare una sorta di filosofia minore la quale,pur avendo alle spalle una storia complessa interna allecostruzioni pi sistematiche ed organiche, miri ad elabo-rare temi e criteri di una sistematica razionale aperta eflessibile anche se non mai traducibile nei termini dellametafisica tradizionale. Si tratta, in ultima analisi, di unindirizzo di pensiero che eviti, contemporaneamente, lerigide alternative di un pensiero metafisico classico

    asseverante e totalizzante e, di contro, limpaludamentoin un metafisicismo rovesciato quale quello delineato daun pensiero debole che rinuncia programmaticamenteagli strumenti della ragione umana e inclina invece versoun piano teorico meno assoluto e pi pragmatico, pi amisura duomo e meno preoccupato di risolvere, unavolta per tutte, il mondo in una formula. La ragioneumana, pur in mezzo a scacchi notevoli, ad errori e a falsepiste, pur riuscita a conseguire qualche risultato cono-scitivo finito e parziale nonch qualche risultato praticodi un certo rilievo. Occorre proseguire con umilt lungoquesta strada critica dellorientamento dellintelletto e

    della sua crescente presa di possesso di tratti delimitatima incisivi della nostra esperienza. Se si abbandonanogli schemi totalizzanti e onnicomprensivi della ragioneclassica e se, parimenti, non si vuole per voltare le spallealla ragione umana non resta dunque che approfondire

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    ulteriormente lorientamento dellintelletto concentran-do la propria attenzione nei confronti dei differentinuclei operativi connessi con le varie tecniche dellintel-letto storicamente elaborate dalluomo.

    MINAZZI: Questo mi sembra veramente un puntodecisivo in virt del quale lorientamento dellintellettocui lei fa cenno permette di recuperare pienamente quel-luso critico della ragione cui si era appellato esplicita-mente lo stesso neoilluminismo italiano contrapponen-dolo decisamente al suo uso dogmatico . In altri terminisi tratta di un orientamento che si presenta quale buonerede di tutta la tradizione del razionalismo critico senzaperaltro abbandonarsi al cloroformio largamente circo-lante in buona parte del dibattito contemporaneo. Sitratta inoltre di un risultato che in sintonia profonda conla costante apertura con la quale lei stesso si confrontatocon molteplici tradizioni di pensiero invitando ad utiliz-

    zarle come strumenti euristici di analisi, essendo sempreconsapevoli della loro limitatezza e del loro orizzontestorico determinato. E per noi studenti universitari mila-nesi della seconda met degli anni Settanta, abituati apassare quasi senza alcuna soluzione di continuit dallesue lezioni a quelle di Geymonat (voi due rappresentava-te infatti due punti di riferimento essenziali sia sul pianoculturale sia in quello civile) era interessante cercare difar interagire i metodi critici da lei delineati anche neiconfronti degli ampi e affascinanti campi di sapere cui ciinvitava costantemente Geymonat con le sue ricerche ele sue indicazioni di studio. Ma anche vero che questa

    sua tipica impostazione critica si ritrovava molto pidirettamente proprio nel corso delle sue lezioni oralirispetto a quanto finisse poi per emergere nelle operepubblicate le quali, sotto un certo aspetto, costituivanoprevalentemente gi un risultato rilevante proprio diquesto stimolante atteggiamento critico.

    DAL PRA: Pi che ad una corrente del pensiero contem-poraneo nel corso della mia ricerca e delle lezioni univer-sitarie ho cercato di dare rilievo ad un problema concer-nente il nesso tra lo sviluppo storico e la struttura teoricache mi sembrato farsi strada attraverso correnti diverse

    configurandosi in molteplici modi. Il suo chiarimento miha poi indotto a prestare attenzione particolare alle diffe-renti fasi del pensiero critico non certo con lintento dimostrare che la storia del pensiero si schierasse intera-mente dalla parte di questo pensiero critico, bens conlintenzione dichiarata di mostrare come le istanze dellacriticit e di un loro progressivo approfondimento fosse-ro presenti fin dagli albori della storia della filosofiaoccidentale. In relazione alle lezioni universitarie non vapoi dimenticato che dalla fine degli anni Sessanta e perquasi tutto il decennio degli anni Settanta, di cui lei stato in parte testimone diretto, esse si sono svolte in un

    clima studentesco e sociale affatto particolare e a contat-to con parecchie generazioni di studenti sensibilmentediverse da quelle conosciute nel corso dei precedentidecenni. Inoltre non va dimenticato neppure che questelezioni si sono svolte in una citt come Milano, presso

    lUniversit statale degli studi, dove si certamentevissuta unesperienza determinata, peculiare e sensibil-mente diversa da altre realt universitarie italiane estraniere. Infatti a partire dalla fine degli anni Sessanta eper circa tutto il decennio degli anni Settanta la lezioneuniversitaria - perlomeno qui a Milano dove per partemia svolgevo lattivit didattica - si realizzava ancheattraverso un confronto diretto ed immediato con ledomande, le istanze, i dubbi e lirrequietezza teorica epratica di molte generazioni di studenti le quali volevanosempre pi assumere un ruolo eminentemente critico neiconfronti sia dellintera societ sia nei confronti delsapere trasmesso dalluniversit stessa. Nacque cos unclima peculiare in virt del quale i rapporti allinternodelluniversit si modificarono in modo significativodando vita ad una dialettica pi libera e aperta peraltronon esente da alcuni tipici problemi connessi sia con latrasformazione delluniversit di lite in universit dimassa, sia con lesigenza di sviluppare un confronto pi

    serrato e puntuale su molteplici questioni.In questo clima molto particolare ero cos indotto nontanto a prospettare una soluzione definitiva e complessi-va, fissata e stabilita una volta per tutte, bens preferivooptare - come del resto avevo sempre cercato di fare nelcorso delle mie precedenti indagini storiche - per unalinea operativa lungo la quale potevano anche inserirsicontributi di varia natura. E certo per che questa lineaoperativa, rispetto al mio percorso intellettuale cheormai avevo alle spalle, implicava perlomeno due puntie due svolte fondamentali a partire dalle quali deveessere inteso anche il mio accostamento ai testi marxisti

    realizzato negli anni Sessanta nonch la particolarit delsentiero di ricerca che ho cercato poi di seguire e sulla cuibase mi sono poi confrontato anche con le giovani einquiete generazioni degli ultimi decenni.La prima svolta era stata quella elaborata tempo addietronel superamento di una istanza religiosa fissa e stabile laquale ovviamente portava alla trascendenza. E se si dicetrascendenza si intende che essa finisce per esserelassoluto oggettivo . La prima direzione si apriva per-tanto ad una ricerca filosofica che nello stesso temporaccogliesse in s le potenzialit religiose delluomoquando non fossero intese in una semplice contempla-zione di carattere assoluto.

    La seconda svolta, che ha costituito anchessa un mo-mento e un punto di non-ritorno fondamentale nel miopercorso intellettuale, era stata invece la battaglia socialee politica connessa con la lotta partigiana. Anche qui ilriferimento alla ragione era diventato decisivo nellamisura in cui era stata capace di determinare strutture emomenti tali che fossero in grado di togliere allafferma-zione dei criteri o delle categorie della vita associataquello che di assoluto si voleva far passare attraverso diesse. Ma questi anni furono anche anni di lotta e diricerca, anni, per rubare unespressione a Parri, di ideee sangue: dietro la ricerca di alcune direttrici maestre,

    dietro le discussioni e le dispute ideologiche di queltempo non bisogna infatti mai dimenticare che vi eranole urla dellItalia straziata dalla Divisione Goering, lesalve dei plotoni desecuzione, il buio e langoscia dellecitt in rovina [...] il ghigno feroce del maggiore Carito della famigerata Banda Kock, che ci riporta ai modi e

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    PROFILO

    Ci che innanzitutto emerge dallopera di Ernesto Gras-si, vasta per argomenti e amplissima per estensione neltempo - settantanni di storia del pensiero europeo - lapersistenza di una molteplicit di temi, nel loro comples-so organicamente sistemati, che spaziano dal mondoclassico allUmanesimo, a Vico, allesistenzialismo ealla odierna filosofia del linguaggio. Grassi si trova a suoagio in tali campi spesso contrastanti; vi si muove con lanaturalezza di chi possiede lessenziale del sapere, di chidomina la cultura e non se ne fa dominare. Nelle suepagine tornano a vivere i miti del passato, dalla tragediae dalla lirica greca alla rinascita del pensiero europeonelle humanae litterae, degli umanisti e di Vico.Il richiamo allUmanesimo una costante nella riflessio-ne filosofica di Ernesto Grassi. Potremmo dire che laproblematica umanistica attraversi da un capo allaltrolintera sua opera, dandole continuit e coerenza inrapporto polemico con la tradizione razionalistica del-lOccidente che, a partire

    da Cartesio, ha caratterizza-to il pensiero moderno. Nel-la vivente complessit dellasua opera riappare non soloil richiamo alla potenza e-vocatrice della parola deipoeti della plurimillenariatradizione dellOccidente,da Omero a Goethe aNietzsche a Stefan George;ma riecheggia nei suoi scrittianche la tradizione poetica

    e mistica della Spagna, daGongora a Calderon aCervantes e a De Unamuno,alla stessa maniera di comevi risuona il richiamo poeti-co alla Francia di Mallarm,di Verlaine, di Proust.Grassi stato definito filo-sofo di frontiera, tanto per la sua posizione di contattoe si scontro con culture diverse dalla nostra, quanto perla sua collocazione storico-ideologica e teoretica rispettoagli orientamenti filosofici del mondo contemporaneo.Dalla sua prima esperienza filosofica con Piero Marti-

    netti, allincontro con Blondel e poi con Husserl eHeidegger, egli rimedita la sua iniziale adesione allidea-lismo italiano, pervenendo, attraverso gli umanisti eVico, a quella visione del mondo che trova nella parolapoetica, e non nel discorso razionale, lespressione au-tentica dellEssere.La sua opera ci apre cos a un ordine di pensieri chesorprende e affascina per le prospettive e le novit che daesso emergono. Se lUmanesimo e Vico rappresentanouna continuit di pensiero con la filosofia contempora-nea, i filosofi di maggior rilievo della scena odiernavengono a realizzare, nella prospettiva di pensiero svi-

    luppata da Grassi, un rapporto e un incontro che esprimeanche una conciliazione, proveniente da orientamentilontani, se non opposti, ma singolarmente affini fra diloro. Nel vasto mondo culturale, che egli rivive e farivivere nella sua unitaria e articolata armonia dinanzi

    agli occhi del lettore, c un punto che pu valere daorientamento, da raccordo, ed esso costituito dallapriorit della parola come rivelatrive dellessenza piprofonda del reale; dalla parola quale espressione dellafantasia, che meglio del rigore logico della deduzionerazionale, conferisce significato allessere delluomo.Risulta cos che lestraneit di Heidegger allUmanesimoviene a confronto col significato filosofico da lui stessoattribuito alla parola, quale manifestazione dellEssere,pervenendo nel contempo a una comunanza di accenticon la dottrina vichiana, che alla parola attribuisce valorepreminente.Grassi apprende da Vico che il primo linguaggio umano,nella sua fase spontanea e generosa, nellet eroica dellafantasia, non fu costituito da discorsi razionali, da ragio-namenti logici, ma da metafore e da tropi: dalla poesia.Luniversale fantastico vichiano, come ha osservatoDonald Phillip Verene, il ramo doro che la Sibilla

    diede a Enea per scendere

    nel regno delle ombre; essopu giovare ancora oggi,giacch consente di acce-dere al mondo di Vico, che diverso dalla razionalitdispiegata - la barbarie del-la riflessione - per tornare aunespressione di vita nondistorta dallalienazione edalloblio dellEssere.Nel ricostruire a grandi li-nee i temi centrali del pen-

    siero vichiano, ErnestoGrassi ne rileva i radica-menti nel mondo delle hu-manae litterae, ricercando-ne, con estrema sagacia, lecircostanze, le affinit e ipunti in comune. Ne emer-ge un quadro in cui il signi-

    ficato della parole ha peso rilevante: traduce nella manie-ra pi compiuta lessenza della spiritualit umana, irri-ducibile a forme di pensiero diversamente articolate. Laparola che esprime lEssere, che la dimora dellEssere,dir Heidegger, quella nel cui ambito si manifesta pi

    viva la fantasia e non la ragione tutta dispiegata. Vico elUmanesimo sincontrano nel culto che essi hanno dellaforma originaria e primigenia dellesprimersi, che trovail suo riscontro nelle produzione della fantasia e nonnelle astrazioni dellintelletto. Vico attribuisce significa-to poetico alle produzioni spontanee dello spirito, a ognimanifestazione teoretica o pratica nella quale luomotraduce i propri modi di sentire. Egli cos qualificapoetico il conoscere come lagire: la metafisica, la mora-le, la logica, il diritto, ecc.; ma il linguaggio semprepoetico perch nato da spontaneit e creativit, non dariflessione. La metafora esprime nella maniera pi chiara

    il procedere dello spirito nel momento fantastico, quan-do la mente guarda alle cose con animo perturbato ecommosso, e le vivifica, dando loro senso ed anima.Grassi ha trovato in Vico il suo autore. Il pensatoreitaliano gli consente di coniugare in maniera sorprenden-

    di Antonio Verri

    Ricordo diErnesto Grassi

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    te due mondi di pensiero, quello umanistico e quellovichiano stesso, facendone vibrare allunisono le cordepi profonde. Ma il Vico di Grassi non solo quello dellegrandi immagini, delle metafore, in cui spesso si traducela parola vichiana, perch egli vi rintraccia altre e nonmeno interessanti affinit col pensiero contemporaneo.Grassi trova il modo di riscoprire Vico alla luce delpensiero di Heidegger e Marx, e il pensiero di questi allaluce di Vico.I luci, che si aprono nella foresta, son le radure, leschiarite che appaiono nella grande selva della terra,quando essa soggiace al disboscamento del lavoro uma-

    no. Tali spazi vuoti nei quali irrompe la storicit costitui-scono laLichtung heideggeriana, che schiarita e illumi-nazione, ma anche liberazione. Ercole e Cadmo son legrandi immagini del mondo antico nelle quali si racchiu-de e si condensa loperare umano, col quale viene aidentificarsi la storicit degli esseri. Nella Lichtung, lacui radice licht, che viene dal verbo lichten, illuminare,si ha il manifestarsi dellEssere, che rimane linesprimi-bile, il misterioso e linafferrabile. La parola, la cuiassenza significherebbe la negazione dellEssere, comeafferma Stefan George, rende possibile il disvelamentodellEssere. Il poeta per Heidegger progetta, trova il

    luogo e il tempo dellesistenza. Fuori del confronto colterrore dellEssere la polis in cui appare la storicitumana; essa il luogo in cui e fuori di cui avviene lastoricit. A questo momento appartengono gli di, itempli, i preti, i poeti, i pensatori e i governanti. Heidegger

    afferma la preminenza della parola poetica, e quindi lapriorit dellarte, che rende possibile lapparizione origi-naria degli esseri. Marcuse, che si oppose a questa tesi,scorse nella funzione poetica attribuita alla parola una-berrazione mistica, priva di significato filosofico.Heidegger, che sempre attribu scarso valore filosoficoalle riflessioni dei nostri umanisti, concluse la sua ricercasu posizioni non lontane da quelle vichiane e umanisti-che, quando alla parola confer significati pi profondi diquelli del comune linguaggio filosofico; vi scorse lafunzione rivelatrice dellEssere.Il linguaggio metaforico e poetico non quello della

    logica, dellastrazione e della deduzione, ma quello nelquale si traduce la forma immediata del sentire e delpensare per immagini e non per concetti; quello che Vicodefin degli universali fantastici. Questi esprimono le-sperienza di un mondo che sarebbe impossibile cogliereper le vie della ragione, in quanto esso sfugge alledeterminazioni definitive del concetto, per configurarsinella fugacit dellimmagine.Ma non saremmo completi se tacessimo del frequenterichiamo a Marx. Se il parallelo Vico-Heidegger emergechiaramente dalla costante della parola poetica, quale viaper la manifestazione dellEssere, il riferimento a Marx

    simpone per la considerazione della natura e del lavoro.Vico, Marx e Heidegger concordano nella negazionedella metafisica tradizionale; Vico la rifiuta in quantoessa deduce la realt da una verit prima, secondo loschema cartesiano; Marx a sua volta, parte dalla negazio-

    Ernesto Grassi

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    PROFILO

    ne dellidealismo hegeliano, che deduce a priori la realte la storicit; Heidegger afferma la preminenza delproblema del vero come essenza del pensiero metafisicooccidentale, pervenendo alla negazione radicale di que-sta tradizione. Per Vico gli universali fantastici consen-tono il superamento del cartesianesimo; per Marx illavoro rappresenta, in quanto mediazione della natura, laradice della storicit. Pertanto la posizione di Marx neiriguardi di Hegel di totale negazione dellapriorismometafisico: Hegel scopr solo lespressione logica astrat-ta del manifestarsi della storia, non la vera storia nella suaconcretezza e realt; il conflitto dialettico delle idee,fuori dagli eventi storici, politici e sociali, cio il mondodelle istituzioni, in cui luomo realizza se stesso. In taleprospettiva gli uomini appaiono non come esseri concre-ti, viventi e reali, ma come simboli di un processodialettico, nel cui seno scompare la consistenza delle loroesistenze. Cos per Marx lo sviluppo storico della realtdi cui fa parte luomo, si sottrae allastrattismo dialettico,

    quello di Hegel, per acquistare realt nella funzione

    svolta dal lavoro quale mezzo di trasformazione dellanatura, al fine di soddisfare i bisogni degli uomini.Vico e Marx concordano nella negazione di ogni meta-fisica che pretenda di dedurre a priori la realt. Per Vicola via per il manifestarsi storico data dalla fantasia, perMarx la radice della storicit, dal lavoro. Limmagina-zione non costituisce, per Vico, una sovrastruttura rispet-to al reale, ma ne traduce la originariet. Lestraniamentodalloriginariet dellEssere porta allalienazione, al suodistacco dalla realt che gli d consistenza: porta allabarbarie della ragione. Gli uomini alle origini della lorostoria intesero le idee non in termini di ragione, ma percaratteri fantastici, che inizialmente tradussero nel lin-guaggio dei gesti. Vico prende le mosse proprio daquellumanit, da quelle menti ancora seppellite nellagrossolanit dei sensi, da cui gradualmente emersero perle vie dellimmaginazione i primi segni di unumanitche man mano sinciviliva. Punto di partenza dellastoria, quindi, la fantasia, che registrava il risveglio delle

    menti e il primo costituirsi del mondo storico.

    Ernesto Grassi scomparso il 22 dicembre1991 a Monaco di Baviera allet di 89 anni. Conla sua opera di studioso del pensiero umanistico,di docente di filosofia e di organizzatore di cultu-ra, ha contribuito a stabilire un ponte tra la culturaitaliana e quella tedesca e a diffondere gli studisullepoca umanistica e rinascimentale in Germa-nia.Dopo gli anni di studio e la laurea a Milano - c ittin cui era nato nel 1902 da padre italiano e madretedesca - Grassi si reca in Germania, dove incon-tra Edmund Husserl e, a partire dal 1927, frequen-ta a Marburgo le lezioni di Martin Heidegger. Nel1935, giunto a Friburgo in Brisgovia al seguito di

    Heidegger, ottiene qui un incarico universitarioper linsegnamento di filosofia. In questi anniGrassi inizia a dedicarsi allo studio della filosofiadellepoca umanistica e rinascimentale e alla pro-mozione dei rapporti tra studiosi italiani e tede-schi: nel 1938 fonda a Berlino, con il sostegnodelle autorit politico-culturali italiane, listitutoStudia Humanitas; nel 1940 d vita, con lostorico della religione Walter F. Otto e con ilfilologo classico Karl Reinhardt, allo Jahrbuchfr geistige Ueberlieferung, con lobiettivo distudiare il pensiero e limmagine del mondo

    dellantichit e di chiarire lessenza dellUma-nismo e del Rinascimento. Temi come questi, inquegli anni, erano destinati a suscitare le attenzio-ni, talora di segno opposto, del regime nazista inGermania e di quello fascista in Italia, fautori, alivello ideologico, di un umanismo tronfio, re-torico e superficialmente ottimistico. Cos, quan-do Heidegger scrisse per lo Jahrbuch il saggiosuLa dottrina platonica della verit, in cui venivarelativizzato e sottoposto a critica il concetto diumanismo, Rosenberg, funzionario del regimenazista, si oppose alla pubblicazione dellopera,che ebbe luogo solo per un intervento di Mussolininella vicenda. Pochi anni dopo lo Jahrbuch fu

    costretto a chiudere i battenti.Il tema di una riattualizzazione e di un rinnova-mento dellumanismo viene ripreso da Grassinegli anni del dopoguerra con lintento di guada-gnare una prospettiva da cui guardare con occhiodiverso ai problemi della filosofia e della culturacontemporanea: il caso di opere come Kunst undMythos (Arte e mito, 1957) e Theorie des Schnenin der Antike (Teoria del bello nellantichit, 1962),nelle quali Grassi interviene nelle discussionisullarte contemporanea, facendo reagire al lorointerno le posizioni antiplatoniche delle dottrine

    dellarte dellantichit. In studi pi recenti, comeDie Macht der Phantasie (Il potere della fantasia,1980) e Einfhrung in die philosophischenProbleme des Humanismus (Introduzione ai pro-blemi filosofici dellumanismo, 1986) Grassi of-fre invece unampia rassegna dei temi che lohanno occupato e appassionato per tutta la v ita.Un ulteriore influsso di Grassi sulla vita culturaletedesca lo si deve alla sua attivit di direttore dellaserie di volumi della enciclopedia tedesca pub-blicata dalleditore Rowohlt, che inizi ad uscirenel 1955 con lambizioso programma di promuo-vere un secondo illuminismo nelle condizionidellepoca della cultura di massa. Per la prima volta

    dalla fine della seconda guerra mondiale, in questacollana venivano presentati autori che avevanosvolto o svolgevano in quegli anni un ruolo diprimo piano nella discussione scientifica e cultura-le internazionale, come Werner Heisenberg, Ortegay Gasset, Ruth Benedict, Arnold Gehlen, AlbertEinstein.Studioso di fama internazionale, dal dopoguerraGrassi svolge la propria attivit accademica a Mo-naco di Baviera, insegnando presso lIstituto difilosofia e storia dellumanismo della locale uni-versit e dirigendo il Centro italiano di studiumanistici e filosofici da lui fondato. M.M.

    Il problema della metafisica platonica, Laterza,

    Bari 1932.

    Dellapparire e dellessere, seguito da: Lineedella filosofia tedesca contemporanea, La NuovaItalia, Firenze 1933.

    Vom Vorrang des Logos. Das Problem der Antikein der Auseinandersetzung zwischen italienischerund deutsche Philosop