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Gli autori ringraziano Simone Gabrielli per la sua preziosa collaborazio-ne tecnica ed Alfonso Raffaelli per la sua lettura critica.

Giovanna RosatiClaudia Vannini

Simbiosi ed evoluzioneOvvero insieme si pu

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via Raffaele Garofalo, 133/AB00173 Roma(06) 93781065

ISBN 9788854843493

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I edizione: novembre 2011

Le fronde degli alberi, gli arbusti, i funghi, lerba e la variet di fiori che osserviamo passeggiando in un bosco sono solo la parte visibile di un sistema sotterraneo complesso, che connette in ununica rete la maggior parte delle specie vegetali presenti.

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Indice

9 Introduzione 15 Capitolo I La simbiosi nelle teorie evolutive

1.1. Considerazioni storiche, 15 1.2. La lezione della microbiologia evo-lutiva, 16 1.3. Levoluzione orizzontale: dallalbero al cespuglio, 19

25 Capitolo II Simbiosi e macroevoluzione

2.1. Lorigine della cellula eucariotica, 26 2.2. Le micorrize e la compar-sa delle piante terrestri, 32

39 Capitolo III Simbiosi creatrici di novit ecologiche

3.1. Mangiatori di legno, 39 3.2. Consumatori di linfa vegetale, 42 3.3. Eucarioti anaerobici, 43 3.4. Vita negli ambienti idrotermali sottomarini, 49 3.5. Il caso dei licheni, 55

Indice 8

63 Capitolo IV Evoluzione delle simbiosi

4.1. Il simbioma, 63 4.2. I tipi di simbiosi: mutualismo, commensali-smo, parassitismo come situazioni contingenti, 64 4.3. Levoluzione delle simbiosi e la modalit di trasmissione, 68

75 Capitolo V Simbiosi, evoluzione ed integrazione genica 83 Conclusioni 85 Bibliografia

87 Indice analitico

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Introduzione

Simbiosi ed Evoluzione: con questi due termini ci si riferisce a due

fenomeni biologici che normalmente, nei corsi di Biologia anche a li-vello universitario, vengono trattati separatamente. Il primo viene trat-tato quasi come una curiosit della natura, il secondo giustamente vie-ne considerato un concetto fondamentale della biologia. Scrive il noto genetista ed evoluzionista ucraino Dobzhansky Il concetto di evolu-zione probabilmente il pi grande progresso intellettuale nella storia dellumanit. Senza questo concetto il fenomeno della vita sembra non avere alcun senso: levoluzione spiega non solo la straordinaria diver-sit degli organismi viventi, ma anche la loro capacit pressoch illi-mitata di adattarsi ai cambiamenti dellambiente.

Con questa monografia ci proponiamo di far invece riflettere sul fatto che, come i dati provenienti da varie discipline biologiche com-prese le pi moderne basate sulla biologia molecolare stanno sempre pi dimostrando, i due fenomeni sono stati e sono spesso strettamente collegati,

Prima di iniziare la trattazione ci sembrato opportuno chiarire il significato dei due termini, cos come sar utilizzato di seguito.

Il termine simbiosi (dal greco = insieme e = vita) fu proposto nel 1879 dal micologo tedesco Anton de Bary, che ne diede la seguente definizione: associazione permanente tra due o pi orga-nismi distinti, di specie diversa, almeno durante parte del loro ciclo vi-tale. Si tratta di una definizione molto generica che non entra nel me-rito del tipo di rapporto che si instaura tra gli organismi coinvolti.

In seguito, il termine generico di simbiosi stato per lo pi usato in un senso pi ristretto e riservato ai soli rapporti mutualistici, cio ai

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rapporti da cui traggono vantaggio ambedue i partner. I casi in cui so-lo uno dei due componenti viene avvantaggiato, senza danno per l'al-tro, sono stati definiti rispettivamente commensalismo, se il vantaggio di tipo alimentare e inquilinismo se consiste in una protezione logi-stica. Il termine parassitismo definisce invece i rapporti da cui uno so-lo dei due partner trae vantaggio a danno dell'altro. Poi, per, mano a mano che nuovi rapporti simbiotici venivano scoperti e descritti, rive-landosi ciascuno diverso dallaltro per le proprie caratteristiche e per il tipo di vantaggio apportato, sono state introdotte molte altre definizio-ni. Cos, ad esempio con il termine foresia si sono indicate le simbiosi in cui uno dei partner si serve dellaltro come mezzo di locomozione, mentre con il termine amensalismo si intende un tipo di interazione in cui una specie impedisce o diminuisce il successo di un'altra, senza per allo stesso tempo trarne n vantaggio n svantaggio.

In realt non sempre facile riconoscere il significato del rapporto. Spesso si tratta di interazioni complesse e variabili e si corre il rischio di dare interpretazioni e definizioni arbitrarie. Per questo, nellambito della Societ Internazionale di Simbiosi (ISS = International Symbio-sis Society), costituita una trentina di anni fa, ci si prefissi di trovare e descrivere una serie di caratteristiche comuni a tutti quei sistemi che vengono considerati simbiotici e, da qui, trarre una definizione pi precisa, che superi le ambigue distinzioni soprannominate.

La definizione concordata, a cui ci atterremo in questa monografia, la seguente:

La simbiosi un' associazione intima, permanente, tra due partner di specie diversa da cui risultino nuove strutture o nuovi metabolismi. Levoluzione di queste associazioni simbiotiche pu comportare scambi genetici tra i partner.

Al di l delle definizioni bisogna tenere comunque presente che la simbiosi, lungi dal rappresentare solo una curiosit della natura, costi-tuisce, come risulter anche dai pochi esempi descritti nei capitoli successivi, un fenomeno assai diffuso che contribuisce molto alla bio-diversit ed al mantenimento di biomi ed ecosistemi. Senza dire che la simbiosi non , come si potrebbe pensare, una strategia di sopravvi-venza lontana dalla vita degli esseri umani. Tuttaltro! Per esempio, nellintestino umano, come in quello di tanti altri animali, sono pre-senti colonie di batteri che ci aiutano nella digestione e nella difesa da

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infezioni in cambio di un sicuro e facile nutrimento. Il numero di tali batteri ci d la portata del fenomeno: se ne conoscono oltre 400 specie diverse. Sembra addirittura che se un essere umano composto da cir-ca 1014 cellule, solo il 10% di esse sono cellule animali.

Anche sul termine evoluzione occorre fare chiarezza: infatti non facile definire la parola evoluzione, in particolare quando si parla di evoluzione biologica. Inoltre quando si discute di evoluzione biolo-gica bisognerebbe tener separati il fatto in s, cio lesistenza di un fe-nomeno evolutivo, e le varie teorie proposte sui meccanismi della evo-luzione stessa la pi nota delle quali quella di Darwin. Quindi, a di-spetto del luogo comune tuttora frequente, evoluzione e Darwinismo non dovrebbero venir usati come sinonimi. Non a caso lo stesso Dar-win us raramente il termine evoluzione preferendogli per lo pi tra-smutazione.

Altra considerazione da fare: alla parola evoluzione, viene in ge-nerale data una connotazione positiva. Cos, quando alludiamo allevoluzione sociale o tecnologica sottintendiamo uno sviluppo mi-gliorativo. Spesso anche levoluzione biologica viene considerata un progresso di cui l'uomo sarebbe il terminus ad quem, ovvero il pro-dotto ultimo e perfetto dell'intero processo (questo non darwinismo).

In senso lato invece evoluzione significa semplicemente cam-biamento: cambiamento delle galassie, delle lingue, delle societ, dei sistemi politici (non detto in meglio). Cambiamento quindi: tout court.

Per quanto riguarda levoluzione biologica bisogna tener presente che sono importanti non i cambiamenti a cui va incontro un singolo individuo, ma quelli a cui va incontro una popolazione. Una definizio-ne che rende bene lidea ci sembrata la seguente:

levoluzione biologica il cambiamento delle propriet degli or-ganismi di una popolazione che supera il tempo vitale di un singolo individuo.

Cos, lo sviluppo, cio lontogenesi di un singolo individuo, non evoluzione. I cambiamenti evolutivi sono quelli ereditabili da genera-zione a generazione. Quindi in definitiva levoluzione biologica il processo di variazione ereditaria che si svolge in una specie, o meglio in una popolazione, nel tempo. Le variazioni possono essere minime o sostanziali cos l'evoluzione comprende sia variazioni come quelle che

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determinano i gruppi sanguigni, sia le alterazioni che hanno portato al-la nascita degli organismi attuali a partire dal primo proto-organismo.

Che ci sia stata e che, ovviamente, sia ancora in corso una evolu-zione degli esseri viventi, accettato ormai da quasi tutti gli scienziati. Sui meccanismi dellevoluzione invece non tutto chiaro e il dibattito ancora aperto.

L'intera differenziazione e produzione di tante specie diverse in tut-to il mondo secondo Darwin il risultato di due soli fenomeni biolo-gici: la continua produzione di varianti in tutte le popolazioni e in ogni generazione, e l'azione della selezione naturale. Infatti scrive: Si pu dire (metaforicamente) che la selezione naturale scruta di giorno in giorno, di ora in ora, in tutto il mondo, qualsiasi variazione, anche la pi leggera, rifiutando quel che cattivo e conservando e accumulan-do ci che buono; lavorando silenziosamente e insensibilmente, tutte le volte e ovunque se ne dia loccasione, al perfezionamento di cia-scun essere vivente in rapporto alle sue condizioni di vita organiche e inorganiche. Noi non possiamo affatto notare lo sviluppo di questi leggeri cambiamenti prima che la lancetta del tempo abbia segnato il trascorre di intere ere

Darwin non poteva conoscere la natura di queste variazioni che considerava ineliminabili e casuali. I concetti Darwiniani sono stati ri-presi e integrati nella cosiddetta teoria sintetica moderna (a cui diede un fondamentale contribuito lo stesso Dobzhansky), alla luce delle importantissime scoperte scientifiche della prima met del secolo scorso. Secondo la sintesi moderna la variazione nelle popolazioni na-turali di natura genetica e viene prodotta in modo casuale da mutazioni e ricombinazione (crossing over dei cromosomi omologhi durante la meiosi). L'evoluzione consiste principalmente in cambia-menti della frequenza genica tra una generazione e l'altra, come risul-tato della deriva genetica, del flusso genico e della selezione naturale. Quindi l'evoluzione viene considerata come un processo casuale, competitivo e graduale, senza coinvolgimenti di cooperazione o siner-gismo.

Eppure gi nel 1909, Constantin Merezhkovsky, considerando l'importanza degli organismi estremofili e degli ambienti estremi, ave-va introdotto il concetto di simbiogenesi definendo questo processo

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come l'origine degli organismi attraverso la combinazione o associa-zione di due o pi organismi che entrano in simbiosi. Secondo questo concetto la simbiogenesi dovrebbe essere intesa come un meccanismo evolutivo e la simbiosi il mezzo attraverso il quale il meccanismo si svolge. Si tratta quindi di un concetto molto diverso da quello del Darwinismo o della moderna teoria sintetica. Infatti questa idea sotto-linea il ruolo centrale delle interazioni tra gli esseri viventi, che per-mettono la formazione di nuove entit per l'incorporazione di un orga-nismo dentro un altro: cio comparsa di insiemi complessi contrappo-sta allo sviluppo graduale attraverso le mutazioni. Si tratta di una u-nione orizzontale che pu essere rapida, spesso discontinua e che crea cambiamenti importanti, permanenti e irreversibili: cio una novit evolutiva.

La definizione di simbiosi riportata sopra, a cui come gi detto ci atterremo, riprende questa ultima prospettiva ormai condivisa da molti scienziati ed evidenzia limportanza della simbiosi come fonte di in-novazione, che pu portare alla simbiogenesi, cio al sorgere di nuove specie grazie allintegrazione genica dei simbionti. Possiamo conclu-dere che quello della simbiosi un nodo nevralgico, vuoi perch in vario modo si confronta con quello della lotta per la sopravvivenza, vuoi perch pone l'accento su relazioni che si instaurano non solo ca-sualmente, ma configurando una neostruttura o di un singolo indivi-duo o di una intera popolazione pi efficace di quella di partenza. I-noltre, una volta che degli organismi hanno trovato, grazie alla sim-biosi, una risposta alle sfide ambientali migliore di quella degli orga-nismi singoli saranno favoriti dalla selezione naturale come un unico organismo.

Ma al di l dei meccanismi intervenuti, come gi affermava Do-bzhansky, solo il concetto di unevoluzione che, se da un lato ha pro-dotto organismi sempre pi complessi a partire da altri strutturalmente pi semplici, dallaltro ha prodotto e continua a produrre una grande diversit di forme a tutti i livelli, pu rendere conto dellenorme varie-t degli organismi che sono vissuti e di quelli che vivono attualmente sul nostro pianeta.

Fin dai tempi di Aristotele luomo ha sentito il bisogno di catalo-gare gli organismi viventi, racchiuderli in categorie. Fondamentale in questo senso stato il contributo del botanico svedese Linneo che, nel

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diciannovesimo secolo, introdusse la nomenclatura binomia in uso an-cora oggi affermando che era necessario dar un nome agli organismi, affinch tutti i naturalisti e scienziati del suo tempo, ma anche dei giorni a venire, parlassero uno stesso linguaggio: uno stesso nome ri-volto ad uno stesso organismo. Secondo Linneo gli organismi viventi sono divisi in due regni: Vegetale e Animale. Questa suddivisione fa tuttora parte del bagaglio culturale comune e viene ancora riportata in vari testi scolastici. Tuttavia ci sono forme che non rientrano bene in queste categorie mentre altre, come i procarioti, non compaiono affat-to. Nel 1969 Whittaker propose un sistema a 5 regni: Monera (com-prende gli organismi procariotici, tutti unicellulari), Protisti (com-prende gli organismi eucariotici unicellulari), Funghi, Animali e Pian-te. Questo sistema si andato faticosamente affermando negli ultimi 40 anni ma risulta decisamente inadeguato sulla base delle nuove co-noscenze. Cos gi nel 1977 i due scienziati americani Woese e Fox eliminarono il regno Monera e distinsero i procarioti in due diversi domini: Eubacteria e Archaebacteria, modificati poi nel 1990 in Bacteria (o Eubacteria) e Archaea, e a queste denominazioni ormai largamente condivise ci atterremo. Per quanto riguarda il regno dei Protisti, pi si procede nel loro studio pi ci si rende conto dell'estre-ma eterogeneit di questi organismi che sicuramente non costituiscono un gruppo monofiletico, cio discendente da un ancestore comune. Sono allora state proposte varie classificazioni alternative ma, consi-derando che nessuna ha raggiunto un riconoscimento unanime e che gli studi molecolari e filogenetici possono ancora riservarci delle sor-prese, preferiamo in questa sede continuare ad usare il termine protisti quando ci riferiamo ad organismi unicellulari eucariotici, ma con la lettera minuscola per ricordare che non si tratta di una vera categoria sistematica. Per Funghi, Animali e Piante non ci dovrebbero essere problemi. Almeno speriamo.

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Capitolo I

La simbiosi nelle teorie evolutive

1.1. Considerazioni storiche

Levoluzione , dunque, il cardine di tutti i fenomeni biologici.

Comprensibile quindi che per spiegarne i meccanismi siano fiorite, come precedentemente accennato, le teorie pi diverse. Alcune di que-ste teorie sono strutturate organicamente nel tentativo di chiarire i principali processi evolutivi. Esemplare in questo senso la teoria sintetica moderna, citata precedentemente, che viene ancora oggi considerata un importante punto di riferimento da chi studia levoluzione biologica. Secondo questa teoria i geni situati sui cromo-somi sono lunica fonte di ereditariet, cio lunico mezzo attraverso il quale i caratteri vengono trasmessi tra gli individui da una generazione alla successiva. I due pilastri su cui questa teoria principalmente si ba-sa sono la variabilit dei caratteri generata tramite mutazioni nel DNA e la selezione naturale che sceglie quali caratteri saranno trasmessi alle successive generazioni. In nessun caso, tra i vari aspetti dei pro-cessi evolutivi affrontati da questa teoria, si trova accenno alcuno ad un possibile ruolo della simbiosi o, pi in generale, delle associazioni tra organismi di specie diverse. Riguardo a questo aspetto, la situazio-ne , di fatto, identica anche nella maggior parte delle teorie evolutive elaborate successivamente, incluse tutte quelle che hanno avuto mag-gior peso culturale. Basti pensare ad esempio allopera del famoso biologo evoluzionista contemporaneo Stephen J. Gould. Noto soprat-tutto per aver elaborato la teoria degli equilibri punteggiati, che af-

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fronta la questione della non-gradualit di molti fenomeni evolutivi, Gould ha esposto il suo pensiero ne La struttura della teoria dellevoluzione (The Structure of Evolutionary Theory). Nel suo trat-tato (millesettecentotrentadue pagine nelledizione italiana) Gould non solo illustra le proprie teorie, ma propone anche una sintesi critica del-le altre teorie evolutive in campo. Si tratta, quindi, di unopera ambi-ziosa, esaustiva e, apparentemente, omnicomprensiva. Millesettecen-totrentadue pagine, e neanche un cenno al possibile ruolo dei fenome-ni simbiotici nellevoluzione. La simbiosi , ancora una volta, comple-tamente ignorata.

Tra i possibili motivi di tale omissione va, prima di tutto, conside-rato che concetti come selezione ed adattamento, sui quali si basano molte teorie evolutive come la sintesi moderna, implicano anche lidea di un antagonismo naturale e costante tra gli individui. Comprensibile che in questo quadro, fenomeni di intimit o associazione tra organi-smi diversi, implicanti unidea di interazione cooperativa e costruttiva, difficilmente trovino spazio. utile, inoltre, ricordare che la biologia evolutiva come disciplina stata tradizionalmente appannaggio di zo-ologi e paleontologi. Fino a poche decine di anni fa, la biologia evolu-tiva era sostanzialmente biologia evolutiva dei vertebrati o, comunque, degli organismi pluricellulari. Con il risultato di escludere a priori qualsiasi tipo di investigazione sullevoluzione microbica che, come vedremo, quasi sempre intrecciata in maniera evidente a fenomeni di simbiosi. Cosicch, quando alcuni autori contemporanei giudicano la teoria sintetica moderna una visione sterile dellevoluzione, usano laggettivo sterile sia in senso letterale che metaforico

1.2. La lezione della microbiologia evolutiva

Negli ultimi decenni lo studio dei microrganismi e della evoluzione microbica ha per largamente concorso alla rivalutazione della sim-biosi nei processi evolutivi in generale. Per capire, tuttavia, come que-sta svolta sia giunta solo in epoca cos recente, bene ricapitolare bre-vemente la storia della microbiologia come disciplina. Lo studio dei microrganismi stato possibile, ovviamente, solo in seguito alla in-venzione di uno strumento che consentisse la loro osservazione: il mi-

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croscopio. Se le prime osservazioni di organismi microbici risalgono alla fine del sedicesimo secolo, la cosiddetta microbiologia moderna nasce non prima della seconda met del 1800, con gli esperimenti di Louis Pasteur e Robert Koch, considerati, appunto, i pionieri di questo campo di studi. Da allora, la microbiologia andata incontro ad un continuo sviluppo, grazie soprattutto ai contributi della ricerca micro-biologica in campo medico. Il genere umano, da sempre insidiato dalle patologie infettive, che rappresentavano di gran lunga la principale causa di morte, fu messo dalla microbiologia medica in condizione di combattere e, sempre pi spesso di debellare, molte di queste malattie. Questo ambito di ricerca ha, da allora, occupato e continua a tuttoggi ad occupare, giustamente e comprensibilmente, una posizione di pri-mo piano nellambito della ricerca scientifica in generale. Se da un la-to tutto questo ha costituito indubbiamente un enorme miglioramento della qualit della vita degli esseri umani, dallaltro ha, per, causato la diffusione di una visione parziale e distorta del ruolo degli organi-smi microbici nei confronti dellambiente e delle altre forme di vita. Quasi che i microrganismi nella loro totalit fossero i principali re-sponsabili di ogni male, fino ad essere spesso dipinti semplicistica-mente come nemici delluomo, meri agenti patogeni da debellare at-traverso una lotta continua ed indiscriminata. sentire diffuso, pur-troppo non solo al di fuori dellambito scientifico, che alla parola mi-crobo sia associata una connotazione negativa, una immediata evoca-zione di catastrofici scenari di epidemie, infezioni letali o, nellimmaginario pi ottimistico, malattie almeno temporaneamente invalidanti. Passeggiando, anni addietro, sulle rive di un lago alpino in Austria, in compagnia di un collega austriaco presso il cui istituto era-vamo ospiti, ci imbattemmo in un gruppo di turisti americani che ri-masero, a dir poco, sconcertati dalla scoperta che ci occupavamo dei batteri presenti nel lago, dove loro avevano fatto il bagno il giorno a-vanti e ci chiesero, evidentemente preoccupati, se avessero corso il ri-schio di contrarre qualche malattia. Faticammo non poco a spiegare che i batteri del lago erano del tutto innocui per luomo ed anzi erano indispensabili e preziosi per lecologia di quellambiente. Niente di strano che, in un simile contesto culturale, lidea che i microrganismi, molto spesso coinvolti in simbiosi, possano avere avuto in passato (ed avere ancora oggi) un ruolo importante e costruttivo nella storia

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dellevoluzione della vita, faccia ancora fatica ad imporsi. Per fortuna, grazie alle scoperte fatte nel corso degli ultimi decenni, almeno in al-cuni settori della ricerca scientifica, un atteggiamento diverso va fa-cendosi lentamente strada.

Lavvento di tecnologie molecolari per lo studio degli organismi microbici ha cambiato radicalmente alcuni postulati della microbiolo-gia. La possibilit di conoscere la sequenza del DNA, dapprima di singoli geni e poi anche dellintero patrimonio genetico di una specie, ha aperto nuove strade conoscitive. Infatti, alcune caratteristiche dei microrganismi, ad esempio il fatto che il loro contenuto totale di DNA sia inferiore a quello degli animali o delle piante, li ha resi oggetti di studio ideali per lapplicazione delle nuove metodologie. Banalmente, essendo il sequenziamento di un genoma batterico pi rapido e meno costoso di quello di un animale, i batteri di cui il patrimonio genetico stato completamente sequenziato sono molti di pi degli organismi di dimensioni maggiori. I microbi, dunque, si sono trovati negli ultimi decenni al centro dellinteresse scientifico in ambito biologico, e non pi solo in ambito bio-medico. Ci si anche resi conto che gli organi-smi microbici procariotici rappresentano la forma di vita dominante sul nostro pianeta, non solo in termini quantitativi (si stima che i batte-ri siano circa 100 trilioni di volte pi numerosi degli esseri umani, ma secondo molti autori si tratta di una sottostima), ma anche sotto il pro-filo qualitativo in quanto colonizzatori di vari habitat inclusi i pi e-stremi. I procarioti sono in grado di utilizzare risorse che nessun altro essere vivente pu usare, ed hanno un livello di diversificazione e-norme sia per quanto riguarda il metabolismo che i processi cellulari. Inoltre, le forme di vita microbiche hanno dominato il nostro pianeta anche da un punto di vista evolutivo. I primi tre miliardi di anni di vita sulla terra sono stati essenzialmente microbici, ed i microbi sono stati protagonisti dei cambiamenti evolutivi di portata maggiore, come levoluzione della cellula eucariotica (cio con nucleo ed organuli) e delle forme pluricellulari. Ne consegue che uno studio dellevoluzione biologica che si prefigga di descrivere i principali meccanismi che re-golano levoluzione della vita sul nostro pianeta non pu prescindere dai microrganismi, da considerarsi, anzi, come il sistema biologico portante.

La simbiosi nelle teorie evolutive 19

Il lavoro di analisi fatto in questi anni sulle sequenze di DNA otte-nute stato enorme, ed ha permesso la comprensione non solo di mol-te funzioni associate ai geni studiati, ma anche dei meccanismi che re-golano levoluzione microbica. stato cos evidenziato che fenomeni finora sottovalutati, come la simbiosi ed il trasferimento orizzontale di porzioni di DNA tra individui diversi, hanno ed hanno avuto una importanza fondamentale nei processi evolutivi dei procarioti.

1.3. Levoluzione orizzontale: dallalbero al cespuglio

Queste scoperte nel campo della microbiologia hanno cambiato ra-dicalmente alcuni concetti considerati basilari nelle teorie evolutive. Infatti uno dei postulati fondamentali di tali teorie, teorizzato gi da Darwin, ma perfino dai suoi predecessori, che levoluzione avviene essenzialmente a carico dei caratteri ereditari, cio delle caratteristiche dei singoli individui che vengono trasmesse verticalmente, da una ge-nerazione alla successiva. Secondo questa visione, nellambito di una popolazione la selezione naturale decide quali caratteri saranno tra-smessi pi efficacemente guidando, levoluzione di generazione in generazione. Di tale assunto troviamo unottima rappresentazione grafica nei diagrammi chiamati alberi filogenetici che illustrano il percorso evolutivo di un determinato gruppo di organismi, ricostruito sulla base di dati empirici ricavati da studi morfologici, paleontologi-ci, biochimici, molecolari, ecc. Dallosservazione di un albero filoge-netico possibile ricostruire la discendenza comune del gruppo di or-ganismi in oggetto, desumendo dalla rappresentazione grafica la rela-zione, in termini evolutivi, dei diversi organismi fra loro. Questi dia-grammi sono costituiti da linee, rappresentanti le linee di discendenza, che si ramificano progressivamente in maniera dicotomica. Ciascuna biforcazione (o nodo) rappresenta idealmente lorganismo che progenitore comune delle linee evolutive che da quel nodo si diparto-no. Le estremit delle ramificazioni rappresentano gli organismi uti-lizzati per lanalisi e quindi, con leccezione degli studi compiuti sui fossili, gli organismi attualmente esistenti. Diagrammi di questo tipo si ritrovano comunemente anche nei testi scolastici. Negli alberi filo-genetici che rappresentano levoluzione delle forme di vita sulla terra,

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nella loro totalit, lorigine (o radice), cio la prima dicotomia raffi-gurata, rappresenta lipotetico progenitore comune a tutti gli organi-smi che vivono e che sono vissuti sulla terra, spesso indicato con lacronimo LUCA (dallinglese Last Universal Common Ancestor).

Figura 1. Alberi filogenetici che illustrano i rapporti evolutivi tra i tre domini del vivente. A: in questa rappresentazione tutti gli organismi viventi si sarebbero evolu-ti, secondo linee di discendenza verticale, da un unico progenitore comune (Last U-niversal Common Ancestor, LUCA): solo lacquisizione di mitocondri e plastidi sa-rebbe avvenuta per via orizzontale tramite eventi endosimbiotici. B: in questo albero filogenetico evidenziata lipotesi secondo la quale levoluzione di tipo orizzontale avrebbe avuto un forte peso soprattutto nelle prime fasi dellevoluzione della vita sulla terra: in questo caso, tutti gli organismi viventi discenderebbero non da un uni-co progenitore, ma da una comunit ancestrale di microrganismi caratterizzata da un intenso dinamismo in termini di trasferimento genico orizzontale e/o di eventi sim-biotici.

Tali rappresentazioni rispecchiano la concezione secondo la quale

levoluzione si svolge e si sia svolta, appunto, per via verticale, cio attraverso un progressivo cambiamento lungo linee di discendenza de-gli organismi, a partire da un primo, ipotetico ancestore comune. Lo studio dellevoluzione microbica ha dimostrato che le cose potrebbero essere andate diversamente.