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A08 452

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A08452

Elisa Franceschini

Una terza vita per i poli estrattivi della Val Trebbia Molinazzo sud prima e dopo lo “strappo”

Copyright © MMXII

ARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma

(06) 93781065

isbn 978–88–548–5792-6

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: febbraio 2013

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

3

VALUTAZIONE della TESI di LAUREA MAGISTRALE in ARCHITETTURA

Prima Prefazione

La tesi svolta da Elisa Franceschini si caratterizza per la definizione di un metodo

originale ed innovativo di approccio scientifico ad una tema paesaggistico nel

quale normalmente l’architetto ha un ruolo marginale. Il tema del recupero delle

cave è normalmente gestito da studi naturalistici che affrontano l’argomento

principalmente dal punto di vista dell’ecologia del paesaggio. Tale aspetto risulta

comunque di fondamentale importanza per la buona riuscita della riqualificazione

ambientale e proprio a tale scopo, fin dall’inizio la tesi di Elisa è stata condotta in

correlazione con lo studio Ambiter per potersi avvalere di conoscenze scientifiche

non consone all’architetto.

Dopo una prima catalogazione di casi esemplificativi di progetti già realizzati, Elisa

ha ovviamente affrontato anche il problema giuridico che gestisce tali ambiti

territoriali. Lo studio di fattibilità e di analisi dello stato di fatto hanno portato la

laureanda ad affrontale il tema del nuovo riuso dell’area, ed è proprio questo

aspetto che si configura come il contributo più interessante ed innovativo dello

studio condotto dalla candidata.

Lo studio risulta quindi ben articolato sia nella parte grafica sia nella scrittura finale

della relazione e soprattutto nella esposizione finale della sua tesi di laurea.

La candidata ha dimostrato infine grande capacità di autonomia

nell’organizzazione e nella conduzione del lavoro di tesi, che riunisce aspetti di

analisi critica di testi e contesti, aspetti più sperimentali nella definizione del

protocollo metodologico di analisi e l’applicazione di metodologie consolidate nella

progettazione.

Nel complesso, un’ottima tesi, per originalità dell’approccio, appropriatezza degli

strumenti di ricerca e analisi utilizzati, estensione del campo di applicazione e

capacità innovativa dei risultati ottenuti.

Parma 28 giugno 2012

Prof. Arch. Maria Evelina Melley

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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VALUTAZIONE della TESI di LAUREA MAGISTRALE in ARCHITETTURA

Prima Prefazione

La tesi svolta da Elisa Franceschini si caratterizza per la definizione di un metodo

originale ed innovativo di approccio scientifico ad una tema paesaggistico nel

quale normalmente l’architetto ha un ruolo marginale. Il tema del recupero delle

cave è normalmente gestito da studi naturalistici che affrontano l’argomento

principalmente dal punto di vista dell’ecologia del paesaggio. Tale aspetto risulta

comunque di fondamentale importanza per la buona riuscita della riqualificazione

ambientale e proprio a tale scopo, fin dall’inizio la tesi di Elisa è stata condotta in

correlazione con lo studio Ambiter per potersi avvalere di conoscenze scientifiche

non consone all’architetto.

Dopo una prima catalogazione di casi esemplificativi di progetti già realizzati, Elisa

ha ovviamente affrontato anche il problema giuridico che gestisce tali ambiti

territoriali. Lo studio di fattibilità e di analisi dello stato di fatto hanno portato la

laureanda ad affrontale il tema del nuovo riuso dell’area, ed è proprio questo

aspetto che si configura come il contributo più interessante ed innovativo dello

studio condotto dalla candidata.

Lo studio risulta quindi ben articolato sia nella parte grafica sia nella scrittura finale

della relazione e soprattutto nella esposizione finale della sua tesi di laurea.

La candidata ha dimostrato infine grande capacità di autonomia

nell’organizzazione e nella conduzione del lavoro di tesi, che riunisce aspetti di

analisi critica di testi e contesti, aspetti più sperimentali nella definizione del

protocollo metodologico di analisi e l’applicazione di metodologie consolidate nella

progettazione.

Nel complesso, un’ottima tesi, per originalità dell’approccio, appropriatezza degli

strumenti di ricerca e analisi utilizzati, estensione del campo di applicazione e

capacità innovativa dei risultati ottenuti.

Parma 28 giugno 2012

Prof. Arch. Maria Evelina Melley

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UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

5

Seconda Prefazione

Elisa Franceschini nel suo lavoro di tesi si è confrontata proficuamente con il difficile

tema delle attività estrattive, ed in particolare con la complessa problematica della

mitigazione e del recupero delle aree al termine delle opere di coltivazione.

Gli ambiti soggetti ad attività estrattiva attraversano tre differenti fasi: la prima,

individuata dall’ambiente originario con i suoi equilibri dinamici, la seconda

caratterizzata dallo strappo, ed infine la terza, che si concretizza nell’intervento di

recupero dell’area stessa. In questa successione di trasformazioni emerge con

spiccata rilevanza l'importanza di una corretta progettazione sia degli interventi di

estrazione, sia delle opere di recupero e riqualificazione, il tutto al fine di ottenere un

territorio pregno di significati e rispettoso delle valenze paesaggistiche preesistenti.

L'architetto, ed in particolare l'architetto paesaggista, è identificabile quale la figura

professionale di riferimento per l'individuazione del genius loci e conseguentemente

per lo sviluppo di accurati progetti di paesaggio.

La tesista ha sviluppato un percorso progettuale autonomo che ha preso spunto

dagli strumenti di pianificazione settoriale, analizzando alcuni significativi progetti di

recupero di aree estrattive già realizzate, per giungere ad un'innovativa soluzione

progettuale. Questa, in particolare, riesce ad integrare la storica valenza

naturalistica delle zone di interesse, i progetti di valorizzazione e connessione alle

diverse reti ciclabili ed escursionistiche previste dalle amministrazioni locali,

combinando significati psico-geografici, partecipativi ed interessanti soluzioni

tecnologiche.

Il lavoro rappresenta dal punto di vista aziendale un'interessante boccata di aria

fresca, implementando i tradizionali progetti di sistemazione naturalistica e

morfologica, all'interno della quale vengono proposte innovative soluzioni

sperimentali che si addicono certamente ad un lavoro di tesi che vuole concludere

un importante percorso di studi in architettura.

Parma, 12 luglio 2012

AMBITER S.r.l.

Guido Bonatti

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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Seconda Prefazione

Elisa Franceschini nel suo lavoro di tesi si è confrontata proficuamente con il difficile

tema delle attività estrattive, ed in particolare con la complessa problematica della

mitigazione e del recupero delle aree al termine delle opere di coltivazione.

Gli ambiti soggetti ad attività estrattiva attraversano tre differenti fasi: la prima,

individuata dall’ambiente originario con i suoi equilibri dinamici, la seconda

caratterizzata dallo strappo, ed infine la terza, che si concretizza nell’intervento di

recupero dell’area stessa. In questa successione di trasformazioni emerge con

spiccata rilevanza l'importanza di una corretta progettazione sia degli interventi di

estrazione, sia delle opere di recupero e riqualificazione, il tutto al fine di ottenere un

territorio pregno di significati e rispettoso delle valenze paesaggistiche preesistenti.

L'architetto, ed in particolare l'architetto paesaggista, è identificabile quale la figura

professionale di riferimento per l'individuazione del genius loci e conseguentemente

per lo sviluppo di accurati progetti di paesaggio.

La tesista ha sviluppato un percorso progettuale autonomo che ha preso spunto

dagli strumenti di pianificazione settoriale, analizzando alcuni significativi progetti di

recupero di aree estrattive già realizzate, per giungere ad un'innovativa soluzione

progettuale. Questa, in particolare, riesce ad integrare la storica valenza

naturalistica delle zone di interesse, i progetti di valorizzazione e connessione alle

diverse reti ciclabili ed escursionistiche previste dalle amministrazioni locali,

combinando significati psico-geografici, partecipativi ed interessanti soluzioni

tecnologiche.

Il lavoro rappresenta dal punto di vista aziendale un'interessante boccata di aria

fresca, implementando i tradizionali progetti di sistemazione naturalistica e

morfologica, all'interno della quale vengono proposte innovative soluzioni

sperimentali che si addicono certamente ad un lavoro di tesi che vuole concludere

un importante percorso di studi in architettura.

Parma, 12 luglio 2012

AMBITER S.r.l.

Guido Bonatti

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UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

7

U N I V E R S I T À D E G L I S T U D I D I P A R M A FACOLTÀ DI ARCHITETTURA

Corso di Laurea Magistrale in Architettura

TITLE: A third life for the extractive areas of Val Trebbia: Molinazzo Sud before and after the land laceration

This thesis is a critical analysis of the current issues starting from the progressive soil

sealing, passing through the hydrological risks to arrive at an unlimited exploitation of

non-renewable resources. The study of these problems shows their tight relation with

the theme of the recovery of an ex-quarry.

The areas subjected to extractive works go through three lives: the first is

characterized by the environment and his dynamic balances, the second is marked

by the extractive work that causes the land laceration and the third ones gives a

new future and new identity to these no-sites. The main purpose of this thesis is to

produce a recovery project for an area located in province of Piacenza in the

municipality of Rivergaro, area which falls in PIAE, infraregional plan of extractive

works. The Regional Law n.17 of 1991 has introduced the requirement to submit with

the draft cultivation the restoration project, this measure has made possible a deep

study of all the three lives linked to the project area. The path undertook hasn’t a real

destination but it’s conceived as a work in progress, which starts with the recovery

project of the extractive area “Molinazzo Sud” in the municipality of Rivergaro and

pursues through the development of new relations between man and the river

landscape of Piacenza.

The intent is to plan a long-term project of the entire Regional Park of Trebbia with

the objective of achieving a recovery of naturalistic-aimed at restoring the

recreation area in the surrounding landscape. The project isn’t only a proposed

redevelopment area and ecological recovery environment, it is also proposed to

recover the deep historical ties that municipalities in the province of Piacenza have

with the River Trebbia, and other emergencies with the historical present (Opera

Idraulica Rio Comune, Castello di Rivalta), starting from the town of Rivergaro.

The project also operates on a regional scale and involves the construction of three

main entrances to the Park of Trebbia (one located in the extractive sector

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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U N I V E R S I T À D E G L I S T U D I D I P A R M A FACOLTÀ DI ARCHITETTURA

Corso di Laurea Magistrale in Architettura

TITLE: A third life for the extractive areas of Val Trebbia: Molinazzo Sud before and after the land laceration

This thesis is a critical analysis of the current issues starting from the progressive soil

sealing, passing through the hydrological risks to arrive at an unlimited exploitation of

non-renewable resources. The study of these problems shows their tight relation with

the theme of the recovery of an ex-quarry.

The areas subjected to extractive works go through three lives: the first is

characterized by the environment and his dynamic balances, the second is marked

by the extractive work that causes the land laceration and the third ones gives a

new future and new identity to these no-sites. The main purpose of this thesis is to

produce a recovery project for an area located in province of Piacenza in the

municipality of Rivergaro, area which falls in PIAE, infraregional plan of extractive

works. The Regional Law n.17 of 1991 has introduced the requirement to submit with

the draft cultivation the restoration project, this measure has made possible a deep

study of all the three lives linked to the project area. The path undertook hasn’t a real

destination but it’s conceived as a work in progress, which starts with the recovery

project of the extractive area “Molinazzo Sud” in the municipality of Rivergaro and

pursues through the development of new relations between man and the river

landscape of Piacenza.

The intent is to plan a long-term project of the entire Regional Park of Trebbia with

the objective of achieving a recovery of naturalistic-aimed at restoring the

recreation area in the surrounding landscape. The project isn’t only a proposed

redevelopment area and ecological recovery environment, it is also proposed to

recover the deep historical ties that municipalities in the province of Piacenza have

with the River Trebbia, and other emergencies with the historical present (Opera

Idraulica Rio Comune, Castello di Rivalta), starting from the town of Rivergaro.

The project also operates on a regional scale and involves the construction of three

main entrances to the Park of Trebbia (one located in the extractive sector

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UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

8

Molinazzo South, not yet active) arises from the radical change of the landscape

(urban area, lowlands, hills) and is conceived as a sort of narrative of a changing

landscape according to these principles as they develop the project. The proposed

activities within the park are: bird-watching, nature photography, hiking, fishing,

educational activities.

The design phase was preceded by a careful analysis concerning:

- types of slots and their environmental impact as irreversible scarring in the skin of the

territory;

- Tools for planning and regulating the mining sector with particular attention to the

region Emilia Romagna;

- use of materials from construction and demolition as viable alternative to mining;

- Perceptions of the history of the quarries, which elements are profoundly linked to

the history and culture of mankind;

- Examples of restoration projects and selection of 3 case studies such as excellent

references and rational design approaches to recovery;

- The role of the architect as part of a project to restore a former quarry and other

professionals involved;

- The types of recovery and related guidelines.

This study has been the basis for the development of a restoration project that is not

only a timely intervention but also acts on a regional scale. The idea is to dedicate

space to the development of the ability to "decentralize", to have different reading

levels, seize unexpected opportunities and alternatives that the eye does not see

suffering sedentary limits and boundaries. In this way you can better understand

what has already been declared with the European Landscape Convention of 2000

as it will be possible to show how they can coexist in a single territory many different

individual psicogeografie and as many collective and together define the particular

characteristics of this landscape.

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

9

INDICE

INTRODUZIONE ........................................................................................................................ 11

PRIMA PARTE

1 Si crea lo “strappo”

1.1 Cave insanabili cicatrici del territorio....................................................................... 15

1.2 Tipologie di cave ......................................................................................................... 16

1.3 L’attività estrattiva in Emilia Romagna..................................................................... 17

1.4 Rapporto Uomo-Ambiente ........................................................................................ 20

1.5 Strumenti di pianificazione e regolamentazione del settore estrattivo ............. 21

1.6 L’impiego dei materiali da D&C come valida alternativa ................................... 23

2 Percepire lo “strappo”

2.1 Storia delle percezioni della cava ............................................................................ 25

2.2 Processi decisionali e approcci progettuali verso un recupero razionale:

3 casi Studio................................................................................................................29

3 Ricucire lo “strappo”

3.1 Recycling the human action..................................................................................... 37

3.2 Figure coinvolte: il ruolo dell’architetto paesaggista ............................................ 39

3.3 Tipologie di recupero ................................................................................................ 40

3.4 Linee guida al recupero ............................................................................................ 45

SECONDA PARTE

4 Analisi area di progetto

4.1 Struttura e inquadramento territoriale ..................................................................... 49

4.2 Il Fiume Trebbia e l’Opera Idraulica Rio Comune ................................................. 57

4.3 Il Castello di Rivalta a controllo della Val Trebbia ................................................ 66

5 Previsioni PAE

5.1 Modalità di coltivazione della cava ........................................................................ 67

5.2 Tipologia e metodologia di recupero ...................................................................... 69

5.3 Progetto di recupero proposto ................................................................................. 71

8

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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Molinazzo South, not yet active) arises from the radical change of the landscape

(urban area, lowlands, hills) and is conceived as a sort of narrative of a changing

landscape according to these principles as they develop the project. The proposed

activities within the park are: bird-watching, nature photography, hiking, fishing,

educational activities.

The design phase was preceded by a careful analysis concerning:

- types of slots and their environmental impact as irreversible scarring in the skin of the

territory;

- Tools for planning and regulating the mining sector with particular attention to the

region Emilia Romagna;

- use of materials from construction and demolition as viable alternative to mining;

- Perceptions of the history of the quarries, which elements are profoundly linked to

the history and culture of mankind;

- Examples of restoration projects and selection of 3 case studies such as excellent

references and rational design approaches to recovery;

- The role of the architect as part of a project to restore a former quarry and other

professionals involved;

- The types of recovery and related guidelines.

This study has been the basis for the development of a restoration project that is not

only a timely intervention but also acts on a regional scale. The idea is to dedicate

space to the development of the ability to "decentralize", to have different reading

levels, seize unexpected opportunities and alternatives that the eye does not see

suffering sedentary limits and boundaries. In this way you can better understand

what has already been declared with the European Landscape Convention of 2000

as it will be possible to show how they can coexist in a single territory many different

individual psicogeografie and as many collective and together define the particular

characteristics of this landscape.

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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INDICE

INTRODUZIONE ........................................................................................................................ 11

PRIMA PARTE

1 Si crea lo “strappo”

1.1 Cave insanabili cicatrici del territorio....................................................................... 15

1.2 Tipologie di cave ......................................................................................................... 16

1.3 L’attività estrattiva in Emilia Romagna..................................................................... 17

1.4 Rapporto Uomo-Ambiente ........................................................................................ 20

1.5 Strumenti di pianificazione e regolamentazione del settore estrattivo ............. 21

1.6 L’impiego dei materiali da D&C come valida alternativa ................................... 23

2 Percepire lo “strappo”

2.1 Storia delle percezioni della cava ............................................................................ 25

2.2 Processi decisionali e approcci progettuali verso un recupero razionale:

3 casi Studio................................................................................................................29

3 Ricucire lo “strappo”

3.1 Recycling the human action..................................................................................... 37

3.2 Figure coinvolte: il ruolo dell’architetto paesaggista ............................................ 39

3.3 Tipologie di recupero ................................................................................................ 40

3.4 Linee guida al recupero ............................................................................................ 45

SECONDA PARTE

4 Analisi area di progetto

4.1 Struttura e inquadramento territoriale ..................................................................... 49

4.2 Il Fiume Trebbia e l’Opera Idraulica Rio Comune ................................................. 57

4.3 Il Castello di Rivalta a controllo della Val Trebbia ................................................ 66

5 Previsioni PAE

5.1 Modalità di coltivazione della cava ........................................................................ 67

5.2 Tipologia e metodologia di recupero ...................................................................... 69

5.3 Progetto di recupero proposto ................................................................................. 71

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UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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TERZA PARTE

6 Progetto di recupero

6.1 Idea progettuale ........................................................................................................ 77

6.2 Tre Porte per il Parco Regionale del Trebbia ........................................................... 77

6.3 Rivalorizzazione dell’Opera Idraulica Rio Comune ................................................ 78

6.4 La fattoria didattica .................................................................................................... 79

6.5 I percorsi: la riscoperta del gusto di camminare .................................................... 79

6.6 I capanni per il bird-watching ................................................................................... 81

6.7 Le zattere per la nidificazione dell’avifauna .......................................................... 81

6.8 A zonzo con la mappa psicogeografica ................................................................ 82

6.9 Map in progress ........................................................................................................... 86

INDICE DEI NOMI..................................................................................................................89

INDICE DEI LUOGHI...............................................................................................................90

BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................................... 91

SITOGRAFIA ............................................................................................................................. 93

TAVOLE ALLEGATE

1 Inquadramento territoriale

2 Stato di fatto

3 Stato di progetto

4 Mappa psicogeografica

5 Temi di progetto

6 Scorci di progetto

7 Scorci di progetto

8 Flyer d'ingresso al parco

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

11

INTRODUZIONE

Partendo da un’analisi delle problematiche attuali che vanno dal progressivo

consumo di suolo, ai rischi idrogeologici e alle frequenti alluvioni che hanno

interessato il territorio nazionale fino ad arrivare allo sfruttamento illimitato di risorse

naturali non rinnovabili si nota come il tema del recupero di ex-cave sia un

argomento di grande rilievo.

Gli ambiti soggetti ad attività estrattiva attraversano in generale 3 vite: una prima

caratterizzata dall’ambiente naturale con i suoi equilibri dinamici, una seconda

caratterizzata dallo strappo, dalla ferita inferta al territorio e una terza che

corrisponde all’intervento di recupero dell’area stessa.

Obiettivo principale di questa tesi è la realizzazione di un progetto di recupero per

un’area situata in provincia di Piacenza nel comune di Rivergaro che rientra nel

PIAE, Piano Infraregionale delle Attività Estrattive. Con la Legge Regionale n.17 del

1991 si è infatti introdotto l’obbligo di presentare insieme al progetto di coltivazione il

progetto di recupero, ciò ha quindi reso possibile un’analisi approfondita di tutte e

tre le vite legate all’area di progetto.

Il percorso intrapreso non è stato pensato per avere un vero e proprio punto di arrivo

ma come “work in progress”, che trova un suo avvio con il progetto di recupero del

comparto estrattivo “Molinazzo Sud” in comune di Rivergaro e prosegue attraverso

l’instaurarsi di nuove modalità di dialogo tra l’individuo e il paesaggio fluviale

piacentino. L’intento è di costruire un progetto a lungo termine che interessi l’intero

Parco Regionale del Trebbia con l’obiettivo di realizzare un recupero di tipo

naturalistico - ricreativo volto a reintegrare l’area nel paesaggio circostante. Il

progetto oltre ad essere una proposta di riqualificazione territoriale e di recupero

ecologico ambientale, si propone di recuperare anche il profondo legame storico

che i comuni della provincia piacentina hanno con il Fiume Trebbia e con le altre

emergenze storiche presenti, partendo dal comune di Rivergaro.

La fase progettuale è stata preceduta da un’attenta analisi riguardante :

- le tipologie di cave e il loro impatto ambientale in quanto cicatrici irreversibili

nella pelle del territorio;

- gli strumenti di pianificazione e regolamentazione del settore estrattivo con

particolare approfondimento per la regione Emilia Romagna;

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UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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TERZA PARTE

6 Progetto di recupero

6.1 Idea progettuale ........................................................................................................ 77

6.2 Tre Porte per il Parco Regionale del Trebbia ........................................................... 77

6.3 Rivalorizzazione dell’Opera Idraulica Rio Comune ................................................ 78

6.4 La fattoria didattica .................................................................................................... 79

6.5 I percorsi: la riscoperta del gusto di camminare .................................................... 79

6.6 I capanni per il bird-watching ................................................................................... 81

6.7 Le zattere per la nidificazione dell’avifauna .......................................................... 81

6.8 A zonzo con la mappa psicogeografica ................................................................ 82

6.9 Map in progress ........................................................................................................... 86

INDICE DEI NOMI..................................................................................................................89

INDICE DEI LUOGHI...............................................................................................................90

BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................................... 91

SITOGRAFIA ............................................................................................................................. 93

TAVOLE ALLEGATE

1 Inquadramento territoriale

2 Stato di fatto

3 Stato di progetto

4 Mappa psicogeografica

5 Temi di progetto

6 Scorci di progetto

7 Scorci di progetto

8 Flyer d'ingresso al parco

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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INTRODUZIONE

Partendo da un’analisi delle problematiche attuali che vanno dal progressivo

consumo di suolo, ai rischi idrogeologici e alle frequenti alluvioni che hanno

interessato il territorio nazionale fino ad arrivare allo sfruttamento illimitato di risorse

naturali non rinnovabili si nota come il tema del recupero di ex-cave sia un

argomento di grande rilievo.

Gli ambiti soggetti ad attività estrattiva attraversano in generale 3 vite: una prima

caratterizzata dall’ambiente naturale con i suoi equilibri dinamici, una seconda

caratterizzata dallo strappo, dalla ferita inferta al territorio e una terza che

corrisponde all’intervento di recupero dell’area stessa.

Obiettivo principale di questa tesi è la realizzazione di un progetto di recupero per

un’area situata in provincia di Piacenza nel comune di Rivergaro che rientra nel

PIAE, Piano Infraregionale delle Attività Estrattive. Con la Legge Regionale n.17 del

1991 si è infatti introdotto l’obbligo di presentare insieme al progetto di coltivazione il

progetto di recupero, ciò ha quindi reso possibile un’analisi approfondita di tutte e

tre le vite legate all’area di progetto.

Il percorso intrapreso non è stato pensato per avere un vero e proprio punto di arrivo

ma come “work in progress”, che trova un suo avvio con il progetto di recupero del

comparto estrattivo “Molinazzo Sud” in comune di Rivergaro e prosegue attraverso

l’instaurarsi di nuove modalità di dialogo tra l’individuo e il paesaggio fluviale

piacentino. L’intento è di costruire un progetto a lungo termine che interessi l’intero

Parco Regionale del Trebbia con l’obiettivo di realizzare un recupero di tipo

naturalistico - ricreativo volto a reintegrare l’area nel paesaggio circostante. Il

progetto oltre ad essere una proposta di riqualificazione territoriale e di recupero

ecologico ambientale, si propone di recuperare anche il profondo legame storico

che i comuni della provincia piacentina hanno con il Fiume Trebbia e con le altre

emergenze storiche presenti, partendo dal comune di Rivergaro.

La fase progettuale è stata preceduta da un’attenta analisi riguardante :

- le tipologie di cave e il loro impatto ambientale in quanto cicatrici irreversibili

nella pelle del territorio;

- gli strumenti di pianificazione e regolamentazione del settore estrattivo con

particolare approfondimento per la regione Emilia Romagna;

11

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

12

- l’ impiego dei materiali da costruzione e demolizione come valida alternativa

all’attività estrattiva;

- la storia delle percezioni delle cave, quali elementi profondamente legati alla

storia e alla cultura dell’uomo;

- esempi di progetti di recupero e selezione di 3 casi studio quali eccellenti

riferimenti e approcci progettuali verso un recupero razionale;

- il ruolo dell’architetto nell’ambito di un progetto di recupero di un ex-cava e le

altre figure professionali coinvolte;

- le tipologie di recupero e le relative linee guida.

Tale studio ha rappresentato la base di partenza per l’elaborazione di un progetto di

recupero che non rappresenta solo un intervento puntuale ma che agisce anche a

scala territoriale. L’idea è di dedicare spazi allo sviluppo della capacità di

"decentrarsi", per avere differenti piani di lettura, cogliere possibilità inaspettate e

nuove alternative che l'occhio sedentario non vede subendo limiti e frontiere. In

questo modo si potrà comprendere maggiormente ciò che è già stato dichiarato

con la Convenzione Europea del Paesaggio del 2000 in quanto sarà possibile

mostrare come in un unico territorio possano coesistere tante diverse psicogeografie

individuali e altrettante collettive che insieme contribuiscono a definire i caratteri

peculiari di questo paesaggio.

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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PRIMA PARTE

12

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

12

- l’ impiego dei materiali da costruzione e demolizione come valida alternativa

all’attività estrattiva;

- la storia delle percezioni delle cave, quali elementi profondamente legati alla

storia e alla cultura dell’uomo;

- esempi di progetti di recupero e selezione di 3 casi studio quali eccellenti

riferimenti e approcci progettuali verso un recupero razionale;

- il ruolo dell’architetto nell’ambito di un progetto di recupero di un ex-cava e le

altre figure professionali coinvolte;

- le tipologie di recupero e le relative linee guida.

Tale studio ha rappresentato la base di partenza per l’elaborazione di un progetto di

recupero che non rappresenta solo un intervento puntuale ma che agisce anche a

scala territoriale. L’idea è di dedicare spazi allo sviluppo della capacità di

"decentrarsi", per avere differenti piani di lettura, cogliere possibilità inaspettate e

nuove alternative che l'occhio sedentario non vede subendo limiti e frontiere. In

questo modo si potrà comprendere maggiormente ciò che è già stato dichiarato

con la Convenzione Europea del Paesaggio del 2000 in quanto sarà possibile

mostrare come in un unico territorio possano coesistere tante diverse psicogeografie

individuali e altrettante collettive che insieme contribuiscono a definire i caratteri

peculiari di questo paesaggio.

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

13

PRIMA PARTE

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

15

1 Si crea lo “strappo”

1.1 Cave insanabili cicatrici del territorio

“Per Cava si intende in genere un luogo di estrazione di roccia utilizzabile come

materiale per costruzioni edilizie, stradali e ferroviarie. Il termine è di solito seguito

dall’indicazione del prodotto estratto.” 1

L’attività estrattiva crea un forte impatto sul territorio e, a differenza di altre che

modificano od alterano temporaneamente il sistema ambientale, questa trasforma

e consuma definitivamente la risorsa naturale che risulta non rinnovabile in tempi

umani in quanto connessa a fenomeni che hanno interessato la terra in tempi

geologici. La cava provoca quindi consumo di sottosuolo a causa dell’attività

estrattiva e consumo di suolo determinato dall’impiego dei materiali derivanti

dall’attività stessa. Analizzando la Relazione sul consumo del suolo 2009 pubblicata

dalla Regione Emilia Romagna si evidenzia come, con l’estrazione di materiale di

cava, i suoli, perdano tutte le loro precedenti funzioni, ma generalmente solo

provvisoriamente, in quanto l’obiettivo primario dell’attività estrattiva è lo

sfruttamento delle risorse del sottosuolo e non tanto del suolo in sè. Quest’ultimo

chiamato “cappellaccio” non ha solitamente rilevanza estrattiva e viene

accantonato e conservato ai fini della futura sistemazione dell’area estrattiva. Il

consumo di suolo a fini estrattivi si configura quindi come un caso particolare di

esaurimento di una risorsa prima non rinnovabile (sabbia, ghiaia, calcari, argille etc),

è necessario quindi un sistema di governance che sappia bilanciare le esigenze di

sviluppo con quelle di tutela ambientale e salvaguardia delle risorse per le future

generazioni.

Benché si possa pensare che si tratti di un pensiero recente, il concetto di sviluppo

sostenibile nasce alcuni decenni fa dalla convinzione che una crescita attenta

all’ambiente non sia perseguibile senza un profondo cambiamento degli attuali

modelli di sviluppo e dei rapporti economico-sociali. Tale concetto fu già definito nel

1987 nel Rapporto Brundtland dal titolo “Our Common Future” secondo il quale

“Humanity has the ability to make development sustainable to ensure that it meets

the needs of the present without compromising the ability of future generations to

meet their own needs “.

1 Muzzi E., Rossi G., Il recupero e la riqualificazione ambientale delle cave in Emilia –

Romagna, Manuale Teorico - Pratico, Regione Emilia-Romagna, Bologna, 2003.

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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1 Si crea lo “strappo”

1.1 Cave insanabili cicatrici del territorio

“Per Cava si intende in genere un luogo di estrazione di roccia utilizzabile come

materiale per costruzioni edilizie, stradali e ferroviarie. Il termine è di solito seguito

dall’indicazione del prodotto estratto.” 1

L’attività estrattiva crea un forte impatto sul territorio e, a differenza di altre che

modificano od alterano temporaneamente il sistema ambientale, questa trasforma

e consuma definitivamente la risorsa naturale che risulta non rinnovabile in tempi

umani in quanto connessa a fenomeni che hanno interessato la terra in tempi

geologici. La cava provoca quindi consumo di sottosuolo a causa dell’attività

estrattiva e consumo di suolo determinato dall’impiego dei materiali derivanti

dall’attività stessa. Analizzando la Relazione sul consumo del suolo 2009 pubblicata

dalla Regione Emilia Romagna si evidenzia come, con l’estrazione di materiale di

cava, i suoli, perdano tutte le loro precedenti funzioni, ma generalmente solo

provvisoriamente, in quanto l’obiettivo primario dell’attività estrattiva è lo

sfruttamento delle risorse del sottosuolo e non tanto del suolo in sè. Quest’ultimo

chiamato “cappellaccio” non ha solitamente rilevanza estrattiva e viene

accantonato e conservato ai fini della futura sistemazione dell’area estrattiva. Il

consumo di suolo a fini estrattivi si configura quindi come un caso particolare di

esaurimento di una risorsa prima non rinnovabile (sabbia, ghiaia, calcari, argille etc),

è necessario quindi un sistema di governance che sappia bilanciare le esigenze di

sviluppo con quelle di tutela ambientale e salvaguardia delle risorse per le future

generazioni.

Benché si possa pensare che si tratti di un pensiero recente, il concetto di sviluppo

sostenibile nasce alcuni decenni fa dalla convinzione che una crescita attenta

all’ambiente non sia perseguibile senza un profondo cambiamento degli attuali

modelli di sviluppo e dei rapporti economico-sociali. Tale concetto fu già definito nel

1987 nel Rapporto Brundtland dal titolo “Our Common Future” secondo il quale

“Humanity has the ability to make development sustainable to ensure that it meets

the needs of the present without compromising the ability of future generations to

meet their own needs “.

1 Muzzi E., Rossi G., Il recupero e la riqualificazione ambientale delle cave in Emilia –

Romagna, Manuale Teorico - Pratico, Regione Emilia-Romagna, Bologna, 2003.

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UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

16

Le attività estrattive, pur non costituendo una realtà economica strategica a livello

regionale, assumono rilevante importanza per la grande richiesta nell’ambito

dell’attività edilizia e della realizzazione delle infrastrutture. L’urbanizzazione che ne

deriva, soprattutto se dispersa, è il fenomeno più appariscente che determina il

consumo di suolo. Con l’urbanizzazione i suoli vengono occupati da edifici e

infrastrutture per trasporti e in questo modo la funzione di supporto alle attività

umane diventa esclusiva a scapito degli altri molteplici servizi che i suoli possono

fornire. L’impermeabilizzazione del suolo, soil sealing è la forma più intensa di

consumo di suolo per urbanizzazione. Essa consiste nella distruzione o copertura del

suolo con materiali molto lentamente permeabili (asfalto, cemento). E’ per questi

motivi che una strategia di contenimento del consumo di suolo può avere ricadute

positive non solo sulla conservazione di una risorsa essenziale per il mantenimento

della vita e dei cicli naturali, ma anche sul mantenimento di un assetto territoriale e

paesaggistico sostenibile, tenuto conto anche dei costi ambientali, economici e

sociali che la dispersione abitativa implica2.

1.2 Tipologie di cave

Le cave si classificano in cave a cielo aperto o in galleria a seconda che il materiale

venga estratto dall’esterno, oppure da zone sotterranee raggiungibili con pozzi e

gallerie. Le prime si dividono poi in vari tipi, a seconda del sistema di coltivazione

utilizzato, della natura del materiale e delle condizioni di giacitura. “In pianura le

cave sono, per la maggior parte, a fossa o a imbuto, cioè si approfondiscono man

mano che il materiale viene estratto, procedendo eventualmente per gradini,

quando la profondità diviene notevole; nelle zone montuose o collinari e per rocce

coerenti da usare in blocchi o in lastre, si pratica il così detto sistema ad anfiteatro,

distaccando il materiale dalla zona in pendio, che costituisce il fronte di attacco. Se

il pendio è molto ripido si avanza per gradini, mentre se il pendio è dolce, si procede

a varata, cioè con il distacco di grossi blocchi e al loro sucessivo trasporto a valle

con mezzi vari”3.

2 Cfr. Rapporto sul Consumo del Suolo 2010, Regione Emilia Romagna. Reperibile al sito:

www.ermesambiente.it/ermesambiente/rsa2009/data/pdf/22consumosuolo.pdf 3 Muzzi E., Rossi G., Il recupero e la riqualificazione ambientale delle cave in Emilia –

Romagna, Manuale Teorico - Pratico, Regione Emilia-Romagna, Bologna, 2003.

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

17

Per materiali coerenti si utilizzano cariche esplosive in modo tale che il materiale

frantumato ricada sul piazzale di lavoro della cava, nel caso invece di materiali

incoerenti come sabbia, ghiaia, argilla si utilizzano invece mezzi meccanici come

escavatori a cucchiaio o a benna. Per poter estrarre il materiale è necessario prima

metterlo a nudo, mediante l’eliminazione della vegetazione e della porzione di

terreno sovrastante denominata cappellaccio; il quale verrà temporaneamente

accantonato per essere poi riutilizzato in fase di recupero dell’area. L’attività

estrattiva produce normalmente grandi depressioni o pareti rocciose più o meno

verticali che portano ad uno sconvolgimento degli equilibri naturali preesistenti

derivati da un lungo e complesso processo naturale.

1. Elisa Franceschini, schema di classificazione delle tipologie di cave.

1.3 L’attività estrattiva in Emilia Romagna

Le cave attive a livello nazionale sono 5.736 mentre sono 13.016 quelle dismesse

nelle Regioni in cui esiste un monitoraggio. A queste ultime si dovrebbero sommare

le cave abbandonate ciò porterebbe il dato a superare di gran lunga le 15 mila

16

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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Le attività estrattive, pur non costituendo una realtà economica strategica a livello

regionale, assumono rilevante importanza per la grande richiesta nell’ambito

dell’attività edilizia e della realizzazione delle infrastrutture. L’urbanizzazione che ne

deriva, soprattutto se dispersa, è il fenomeno più appariscente che determina il

consumo di suolo. Con l’urbanizzazione i suoli vengono occupati da edifici e

infrastrutture per trasporti e in questo modo la funzione di supporto alle attività

umane diventa esclusiva a scapito degli altri molteplici servizi che i suoli possono

fornire. L’impermeabilizzazione del suolo, soil sealing è la forma più intensa di

consumo di suolo per urbanizzazione. Essa consiste nella distruzione o copertura del

suolo con materiali molto lentamente permeabili (asfalto, cemento). E’ per questi

motivi che una strategia di contenimento del consumo di suolo può avere ricadute

positive non solo sulla conservazione di una risorsa essenziale per il mantenimento

della vita e dei cicli naturali, ma anche sul mantenimento di un assetto territoriale e

paesaggistico sostenibile, tenuto conto anche dei costi ambientali, economici e

sociali che la dispersione abitativa implica2.

1.2 Tipologie di cave

Le cave si classificano in cave a cielo aperto o in galleria a seconda che il materiale

venga estratto dall’esterno, oppure da zone sotterranee raggiungibili con pozzi e

gallerie. Le prime si dividono poi in vari tipi, a seconda del sistema di coltivazione

utilizzato, della natura del materiale e delle condizioni di giacitura. “In pianura le

cave sono, per la maggior parte, a fossa o a imbuto, cioè si approfondiscono man

mano che il materiale viene estratto, procedendo eventualmente per gradini,

quando la profondità diviene notevole; nelle zone montuose o collinari e per rocce

coerenti da usare in blocchi o in lastre, si pratica il così detto sistema ad anfiteatro,

distaccando il materiale dalla zona in pendio, che costituisce il fronte di attacco. Se

il pendio è molto ripido si avanza per gradini, mentre se il pendio è dolce, si procede

a varata, cioè con il distacco di grossi blocchi e al loro sucessivo trasporto a valle

con mezzi vari”3.

2 Cfr. Rapporto sul Consumo del Suolo 2010, Regione Emilia Romagna. Reperibile al sito:

www.ermesambiente.it/ermesambiente/rsa2009/data/pdf/22consumosuolo.pdf 3 Muzzi E., Rossi G., Il recupero e la riqualificazione ambientale delle cave in Emilia –

Romagna, Manuale Teorico - Pratico, Regione Emilia-Romagna, Bologna, 2003.

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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Per materiali coerenti si utilizzano cariche esplosive in modo tale che il materiale

frantumato ricada sul piazzale di lavoro della cava, nel caso invece di materiali

incoerenti come sabbia, ghiaia, argilla si utilizzano invece mezzi meccanici come

escavatori a cucchiaio o a benna. Per poter estrarre il materiale è necessario prima

metterlo a nudo, mediante l’eliminazione della vegetazione e della porzione di

terreno sovrastante denominata cappellaccio; il quale verrà temporaneamente

accantonato per essere poi riutilizzato in fase di recupero dell’area. L’attività

estrattiva produce normalmente grandi depressioni o pareti rocciose più o meno

verticali che portano ad uno sconvolgimento degli equilibri naturali preesistenti

derivati da un lungo e complesso processo naturale.

1. Elisa Franceschini, schema di classificazione delle tipologie di cave.

1.3 L’attività estrattiva in Emilia Romagna

Le cave attive a livello nazionale sono 5.736 mentre sono 13.016 quelle dismesse

nelle Regioni in cui esiste un monitoraggio. A queste ultime si dovrebbero sommare

le cave abbandonate ciò porterebbe il dato a superare di gran lunga le 15 mila

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UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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cave dismesse. Un dato sicuramente impressionante considerando che solamente

una piccola parte è destinata a vedere un concreto ripristino ambientale. Nel 2010

la crisi economica coinvolgendo anche il settore edilizio ha ridotto la quantità di

materiali estratti, ma i numeri rimangono comunque elevati. Sono infatti 90 i milioni di

metri cubi estratti nel 2010 solo per sabbia e ghiaia. Tra le Regioni che presentano un

maggior numero di aree destinate alle attività estrattive si trovano Sicilia, Veneto e

Lombardia, tutte con più di 500 cave attive all’interno del proprio territorio. L’Emilia

Romagna presenta 296 cave attive e 298 cave dismesse e/o abbandonate.

Analizzando il Rapporto Nazionale Cave 20114 di Legambiente si nota come L’Emilia

Romagna sia la regione più virtuosa rispetto al recupero di aree dismesse tuttavia si

trova ai primi posti per quantitativi estratti. La nostra Regione estrae circa 8 milioni di

m3 di sabbia e ghiaia in un anno, e un milione e 250 mila m3 di argilla (su un totale

nazionale di 8 milioni), materiale per cui detiene il primato di estrazione in Italia. I

materiali di cava più fruttati a livello regionale sono infatti gli inerti pregiati: ghiaie e

sabbie alluvionali, ovvero i materiali legati principalmente al ciclo dell’edilizia. La più

alta concentrazione di poli estrattivi individuati dal PIAE è quindi localizzata lungo le

aste fluviali attive e relitte in cui abbondano le risorse ghiaioso-sabbiose.

2. Mappa raffigurante la localizzazione degli ambiti estrattivi in Emilia Romagna5.

Per quanto riguarda l’Emilia Romagna, le buone pratiche di recupero delle cave

dismesse, la pianificazione, il discreto sistema sanzionatorio sui reati e la proposta di

4 Reperibile al sito: www.legambiente.it/sites/default/files/docs/rapporto_cave_2011_1.pdf 5 Reperibile al sito:

www.ermesambiente.it/ermesambiente/rsa2009/data/pdf/22consumosuolo.pdf

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

19

innalzamento dei canoni per le attività estrattive approvata dall’Assemblea

legislativa regionale rendono tale regione la più virtuosa. La Regione Emilia-

Romagna ha infatti svolto molteplici azioni e studi per sviluppare una cultura del

recupero dei siti di attività estrattiva anche attraverso la pubblicazione di due

importanti manuali: Il recupero e la riqualificazione ambientale delle cave in Emilia-

Romagna manuale teorico pratico nel 2003 e Linee guida per il recupero

ambientale in ambito golenale di Po nel tratto che interessa le Province di Piacenza,

Parma e Reggio Emilia nel 2006.

Un esempio concreto dell’attenzione posta dalla nostra Regione Emilia Romagna e

dalle relative Province che vi hanno aderito è il Progetto SARMA (Sustainable

Aggregates Resource Management) finanziato dall’Unione Europea, nato con

l’obiettivo di promuovere la gestione sostenibile delle risorse inerti mediante il

contrasto alle illegalità, la riduzione degli impatti ambientali ed una futura

armonizzazione della normativa tra gli Stati Europei; il progetto prevede soprattutto

la messa in pratica di tecniche innovative per il recupero delle aree di cava

abbandonate (tra cui le aree golenali del fiume Po) e lo sviluppo di sistemi per il

riciclo del materiale inerte.

Tuttavia, se la nostra zona si distingue per il recupero di aree dismesse e pratiche

virtuose, è di certo però fra quelle che contribuiscono ad un quadro nazionale in cui,

per sabbia e ghiaia estratte, si è arrivati nel 2011 a superare gli 89 milioni di metri cubi

cavati, che sarebbero di più se non vi fosse stata la crisi economica (utilizzati

soprattutto nel settore edilizio).

Per Legambiente uno dei passi fondamentali necessari per invertire in un processo

ormai datato e che manifesta sempre maggiori effetti negativi sul territorio è quello

di emanare al più presto una Legge Quadro Nazionale,che stabilisca in maniera

omogenea per tutto il Paese i criteri, i limiti ed i canoni minimi con i quali regolare il

settore estrattivo.

In tutti i Paesi europei il consumo di cemento è letteralmente crollato nel 2010 per via

della crisi economica. Ma l’Italia continua a detenere un vero e proprio primato

continentale, con oltre 34 milioni di tonnellate di cemento consumati in un periodo

di crisi, per una media di 565 chili per ogni cittadino a fronte di una media europea

di 404. La quantità è sicuramente scesa ma solo per colpa di condizioni mutate del

mercato e non per una modifica culturale.

18

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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cave dismesse. Un dato sicuramente impressionante considerando che solamente

una piccola parte è destinata a vedere un concreto ripristino ambientale. Nel 2010

la crisi economica coinvolgendo anche il settore edilizio ha ridotto la quantità di

materiali estratti, ma i numeri rimangono comunque elevati. Sono infatti 90 i milioni di

metri cubi estratti nel 2010 solo per sabbia e ghiaia. Tra le Regioni che presentano un

maggior numero di aree destinate alle attività estrattive si trovano Sicilia, Veneto e

Lombardia, tutte con più di 500 cave attive all’interno del proprio territorio. L’Emilia

Romagna presenta 296 cave attive e 298 cave dismesse e/o abbandonate.

Analizzando il Rapporto Nazionale Cave 20114 di Legambiente si nota come L’Emilia

Romagna sia la regione più virtuosa rispetto al recupero di aree dismesse tuttavia si

trova ai primi posti per quantitativi estratti. La nostra Regione estrae circa 8 milioni di

m3 di sabbia e ghiaia in un anno, e un milione e 250 mila m3 di argilla (su un totale

nazionale di 8 milioni), materiale per cui detiene il primato di estrazione in Italia. I

materiali di cava più fruttati a livello regionale sono infatti gli inerti pregiati: ghiaie e

sabbie alluvionali, ovvero i materiali legati principalmente al ciclo dell’edilizia. La più

alta concentrazione di poli estrattivi individuati dal PIAE è quindi localizzata lungo le

aste fluviali attive e relitte in cui abbondano le risorse ghiaioso-sabbiose.

2. Mappa raffigurante la localizzazione degli ambiti estrattivi in Emilia Romagna5.

Per quanto riguarda l’Emilia Romagna, le buone pratiche di recupero delle cave

dismesse, la pianificazione, il discreto sistema sanzionatorio sui reati e la proposta di

4 Reperibile al sito: www.legambiente.it/sites/default/files/docs/rapporto_cave_2011_1.pdf 5 Reperibile al sito:

www.ermesambiente.it/ermesambiente/rsa2009/data/pdf/22consumosuolo.pdf

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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innalzamento dei canoni per le attività estrattive approvata dall’Assemblea

legislativa regionale rendono tale regione la più virtuosa. La Regione Emilia-

Romagna ha infatti svolto molteplici azioni e studi per sviluppare una cultura del

recupero dei siti di attività estrattiva anche attraverso la pubblicazione di due

importanti manuali: Il recupero e la riqualificazione ambientale delle cave in Emilia-

Romagna manuale teorico pratico nel 2003 e Linee guida per il recupero

ambientale in ambito golenale di Po nel tratto che interessa le Province di Piacenza,

Parma e Reggio Emilia nel 2006.

Un esempio concreto dell’attenzione posta dalla nostra Regione Emilia Romagna e

dalle relative Province che vi hanno aderito è il Progetto SARMA (Sustainable

Aggregates Resource Management) finanziato dall’Unione Europea, nato con

l’obiettivo di promuovere la gestione sostenibile delle risorse inerti mediante il

contrasto alle illegalità, la riduzione degli impatti ambientali ed una futura

armonizzazione della normativa tra gli Stati Europei; il progetto prevede soprattutto

la messa in pratica di tecniche innovative per il recupero delle aree di cava

abbandonate (tra cui le aree golenali del fiume Po) e lo sviluppo di sistemi per il

riciclo del materiale inerte.

Tuttavia, se la nostra zona si distingue per il recupero di aree dismesse e pratiche

virtuose, è di certo però fra quelle che contribuiscono ad un quadro nazionale in cui,

per sabbia e ghiaia estratte, si è arrivati nel 2011 a superare gli 89 milioni di metri cubi

cavati, che sarebbero di più se non vi fosse stata la crisi economica (utilizzati

soprattutto nel settore edilizio).

Per Legambiente uno dei passi fondamentali necessari per invertire in un processo

ormai datato e che manifesta sempre maggiori effetti negativi sul territorio è quello

di emanare al più presto una Legge Quadro Nazionale,che stabilisca in maniera

omogenea per tutto il Paese i criteri, i limiti ed i canoni minimi con i quali regolare il

settore estrattivo.

In tutti i Paesi europei il consumo di cemento è letteralmente crollato nel 2010 per via

della crisi economica. Ma l’Italia continua a detenere un vero e proprio primato

continentale, con oltre 34 milioni di tonnellate di cemento consumati in un periodo

di crisi, per una media di 565 chili per ogni cittadino a fronte di una media europea

di 404. La quantità è sicuramente scesa ma solo per colpa di condizioni mutate del

mercato e non per una modifica culturale.

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1.4 Rapporto Uomo-Ambiente

L’Ambiente fisico è tutto quanto interagisce, mediante complesse relazioni funzionali

dirette ed indirette, con l’uomo, gli altri esseri viventi, il mondo inorganico, le

condizioni geologiche, fisiche e chimiche che costituiscono e quindi caratterizzano

un certo spazio geografico. In tale contesto si evidenzia che tutti gli elementi

dell’ambiente risultano interdipendenti in vario modo e con diversa intensità, in

tempi a scala umana o geologica a seconda delle circostanze, dei processi e dei

fenomeni considerati. Qualsiasi ambiente, considerato quale microcosmo

rappresenta un sistema in cui al variare di condizioni interne o esterne mutano i

rapporti tra i suoi vari componenti. In tal modo alcuni di essi con il passare del tempo

possono perdere il carattere di prevalenza per essere sostituiti da altri che

rappresentano l’effetto di nuovi mutamenti. Il sistema non può ritenersi statico, ma in

continua evoluzione dinamica. L’ambiente deve essere considerato come una

realtà unitaria nella sua struttura, nei suoi meccanismi e nei suoi equilibri dinamici

che devono includere l’uomo, come parte integrante del sistema. Purtroppo le

trasformazioni dell’ambiente hanno subito un anomalo incremento collegato

direttamente alla storia dell’uomo. La concezione antropocentrica dell’Universo ha

posto sempre l’uomo in posizione predominante, anteponendo il soddisfacimento

dei suoi sempre crescenti bisogni e il profitto immediato allo sfruttamento non

sempre razionale delle risorse naturali e dell’ambiente. L’uomo infatti non è ancora

pienamente conscio di essere parte integrante del sistema ambiente ed in

particolare che le risorse naturali non possono essere sfruttate illimitatamente, in

quanto non rinnovabili in tempi umani, bensì in tempi geologici. L’attività estrattiva

ha subito un forte incremento a partire dagli anni cinquanta e in seguito con

l’aumento della popolazione si è ampliata la tendenza al raggiungimento di sempre

migliori standard di qualità della vita per soddisfare esigenze e bisogni non reali,

all’insegna di un falso progresso. Se il concetto di sviluppo sostenibile risulta

profondamente contradditorio per Serge Latouche, che sottolinea come i maggiori

problemi ambientali e sociali del nostro tempo siano dovuti proprio alla crescita, è

quantomeno auspicabile un drastico cambiamento delle attuali modalità di

gestione che per lungo tempo hanno privilegiato l’immediato trascurando

progettualità conoscitive ed operative finalizzate.

Nel nostro Paese è purtroppo frequente osservare profonde alterazioni del

paesaggio dovute a cave abbandonate o non reintegrate nel paesaggio originario.

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

21

Le cause di ciò sono molteplici: da uno sfruttamento che aveva come finalità unica

la massima convenienza, alla mancanza di una efficace azione di governance da

parte delle Istituzioni. Se in passato il recupero ambientale dei luoghi soggetti ad

attività estrattiva era lasciato alla libera iniziativa dell’imprenditore, oggi viene

pianificato già in fase di individuazione e localizzazione del comparto estrattivo in

quanto il recupero è ormai norma prevista dalla legge6.

1.5 Strumenti di pianificazione e regolamentazione del settore estrattivo

Il quadro normativo nazionale è ancora fermo al Regio Decreto del 29 luglio 1927

prima norma nazionale che regolamenta il settore estrattivo e minerario, tale legge

presenta tuttavia un orientamento comprensibilmente “sviluppista” che non pone

adeguata attenzione ai danni causati all’ambiente. Da allora non vi è più stato un

intervento a livello normativo nazionale che determinasse criteri unici per tutto il

paese. Inoltre come emerge dal Rapporto Nazionale Cave 2011 in molte Regioni, a

cui sono stati trasferiti i poteri in materia con il D.P.R. del 14 gennaio 1972, si verificano

condizioni di grave arretratezza e rilevanti problemi dovuti all’assenza di Piani Cave

in vigore (come in Veneto, Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria, Basilicata,

Campania, Friuli Venezia e Giulia e Piemonte). La mancanza di un’appropriata

pianificazione porta a lasciare tutto il potere decisionale nelle mani di chi concede

l’autorizzazione senza alcuna regolamentazione su quanto, come e dove cavare.

Diversamente la Regione Emilia-Romagna attraverso la L.R 18 Luglio 1991 n.17 e s.m.i

ha posto il tema della salvaguardia ambientale come condizione di partenza per

una corretta localizzazione e direzione delle attività estrattive affidando tale

compito alla pianificazione di settore. Attraverso la L.R 18 Luglio 1991 la regione ha

riconosciuto nella dimensione sovracomunale della pianificazione la scala più

idonea per condurre le scelte di assetto del territorio e di salvaguardia delle risorse

naturali. In particolare l’attività estrattiva è regolamentata dai seguenti strumenti di

pianificazione i quali a giscono a diversa scala: il Piano Territoriale Regionale (PTR), il

Piano Infraregionale delle attività estrattive (PIAE), il Piano Comunale delle attività

estrattive (PAE). Il PTR è lo strumento di programmazione con il quale la Regione

delinea la strategia di sviluppo del territorio regionale. 6 Cfr. Gisotti G., Le cave: recupero e pianificazione ambientale, Flaccovio, Palermo, 2008.

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UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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1.4 Rapporto Uomo-Ambiente

L’Ambiente fisico è tutto quanto interagisce, mediante complesse relazioni funzionali

dirette ed indirette, con l’uomo, gli altri esseri viventi, il mondo inorganico, le

condizioni geologiche, fisiche e chimiche che costituiscono e quindi caratterizzano

un certo spazio geografico. In tale contesto si evidenzia che tutti gli elementi

dell’ambiente risultano interdipendenti in vario modo e con diversa intensità, in

tempi a scala umana o geologica a seconda delle circostanze, dei processi e dei

fenomeni considerati. Qualsiasi ambiente, considerato quale microcosmo

rappresenta un sistema in cui al variare di condizioni interne o esterne mutano i

rapporti tra i suoi vari componenti. In tal modo alcuni di essi con il passare del tempo

possono perdere il carattere di prevalenza per essere sostituiti da altri che

rappresentano l’effetto di nuovi mutamenti. Il sistema non può ritenersi statico, ma in

continua evoluzione dinamica. L’ambiente deve essere considerato come una

realtà unitaria nella sua struttura, nei suoi meccanismi e nei suoi equilibri dinamici

che devono includere l’uomo, come parte integrante del sistema. Purtroppo le

trasformazioni dell’ambiente hanno subito un anomalo incremento collegato

direttamente alla storia dell’uomo. La concezione antropocentrica dell’Universo ha

posto sempre l’uomo in posizione predominante, anteponendo il soddisfacimento

dei suoi sempre crescenti bisogni e il profitto immediato allo sfruttamento non

sempre razionale delle risorse naturali e dell’ambiente. L’uomo infatti non è ancora

pienamente conscio di essere parte integrante del sistema ambiente ed in

particolare che le risorse naturali non possono essere sfruttate illimitatamente, in

quanto non rinnovabili in tempi umani, bensì in tempi geologici. L’attività estrattiva

ha subito un forte incremento a partire dagli anni cinquanta e in seguito con

l’aumento della popolazione si è ampliata la tendenza al raggiungimento di sempre

migliori standard di qualità della vita per soddisfare esigenze e bisogni non reali,

all’insegna di un falso progresso. Se il concetto di sviluppo sostenibile risulta

profondamente contradditorio per Serge Latouche, che sottolinea come i maggiori

problemi ambientali e sociali del nostro tempo siano dovuti proprio alla crescita, è

quantomeno auspicabile un drastico cambiamento delle attuali modalità di

gestione che per lungo tempo hanno privilegiato l’immediato trascurando

progettualità conoscitive ed operative finalizzate.

Nel nostro Paese è purtroppo frequente osservare profonde alterazioni del

paesaggio dovute a cave abbandonate o non reintegrate nel paesaggio originario.

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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Le cause di ciò sono molteplici: da uno sfruttamento che aveva come finalità unica

la massima convenienza, alla mancanza di una efficace azione di governance da

parte delle Istituzioni. Se in passato il recupero ambientale dei luoghi soggetti ad

attività estrattiva era lasciato alla libera iniziativa dell’imprenditore, oggi viene

pianificato già in fase di individuazione e localizzazione del comparto estrattivo in

quanto il recupero è ormai norma prevista dalla legge6.

1.5 Strumenti di pianificazione e regolamentazione del settore estrattivo

Il quadro normativo nazionale è ancora fermo al Regio Decreto del 29 luglio 1927

prima norma nazionale che regolamenta il settore estrattivo e minerario, tale legge

presenta tuttavia un orientamento comprensibilmente “sviluppista” che non pone

adeguata attenzione ai danni causati all’ambiente. Da allora non vi è più stato un

intervento a livello normativo nazionale che determinasse criteri unici per tutto il

paese. Inoltre come emerge dal Rapporto Nazionale Cave 2011 in molte Regioni, a

cui sono stati trasferiti i poteri in materia con il D.P.R. del 14 gennaio 1972, si verificano

condizioni di grave arretratezza e rilevanti problemi dovuti all’assenza di Piani Cave

in vigore (come in Veneto, Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria, Basilicata,

Campania, Friuli Venezia e Giulia e Piemonte). La mancanza di un’appropriata

pianificazione porta a lasciare tutto il potere decisionale nelle mani di chi concede

l’autorizzazione senza alcuna regolamentazione su quanto, come e dove cavare.

Diversamente la Regione Emilia-Romagna attraverso la L.R 18 Luglio 1991 n.17 e s.m.i

ha posto il tema della salvaguardia ambientale come condizione di partenza per

una corretta localizzazione e direzione delle attività estrattive affidando tale

compito alla pianificazione di settore. Attraverso la L.R 18 Luglio 1991 la regione ha

riconosciuto nella dimensione sovracomunale della pianificazione la scala più

idonea per condurre le scelte di assetto del territorio e di salvaguardia delle risorse

naturali. In particolare l’attività estrattiva è regolamentata dai seguenti strumenti di

pianificazione i quali a giscono a diversa scala: il Piano Territoriale Regionale (PTR), il

Piano Infraregionale delle attività estrattive (PIAE), il Piano Comunale delle attività

estrattive (PAE). Il PTR è lo strumento di programmazione con il quale la Regione

delinea la strategia di sviluppo del territorio regionale. 6 Cfr. Gisotti G., Le cave: recupero e pianificazione ambientale, Flaccovio, Palermo, 2008.

21

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

22

Mentre il PAE è redatto sulla base delle previsioni contenute nel PIAE; quest'ultimo ha

il compito di determinare:

- il giusto fabbisogno dei vari materiali di cava in risposta ai fabbisogni espressi dai

diversi settori per un arco temporale decennale;

- la localizzazione delle aree estrattive;

- i criteri e le metodologie per la coltivazione e la sistemazione finale delle cave

nuove e per il recupero di quelle abbandonate e non sistemate. La legge L.R 17/91

favorisce inoltre la concentrazione dei siti di estrazione, al fine di limitare l’impatto

delle attività di cava sul suolo e sul territorio, impone in fase di autorizzazione e

progettazione della cava a presentare il progetto di sistemazione della zona durante

e al termine dell’attività di coltivazione privilegiando il recupero naturalistico, gli usi

pubblici e gli usi sociali.

La Regione Emilia Romagna ha evidenziato attraverso un rapporto sulle attività

estrattive come la L.R17/91 presenti al suo interno diverse criticità:

• la forte gerarchizzazione del sistema pianificatorio può dar luogo a tempi lunghi

tra la pianificazione e l’attuazione;

• la breve durata delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività estrattiva rilasciabili dai

Comuni (massimo cinque anni) ne compromette la programmazione;

• la mancanza di una disciplina specifica sulla manutenzione e monitoraggio dei siti

estrattivi già recuperati non permette di rimediare le eventuali criticità riscontrabili

solo in momenti successivi (es. attecchimento vegetazione);

la mancanza di una disciplina che regoli la possibilità di commercializzare e

utilizzare materiali di recupero o scarti derivanti da interventi di trasformazione del

territorio che danno luogo a materiali di cava (come la realizzazione di gallerie o

altri interventi edilizi etc) oppure i cosiddetti inerti C&D (inerti da Costruzione e

Demolizione). Una politica volta ad un’integrazione di tali materiali di recupero

con i materiali di cava se non una loro completa sostituzione porterebbe a una

riduzione delle cave e del relativo consumo di suolo.

In merito di tutela del territorio regionale è importante evidenziare la L.R 24 marzo

2000 n. 20 “disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio” e la L.R 30 novembre

2009, n. 23 "Norme in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio” la quale

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

23

istituisce l’Osservatorio del paesaggio ma è importante sottolineare però come non

esista un sistema concreto di osservatorio del paesaggio a livello regionale.

Il Rapporto Nazionale Cave 2011 sottolinea come in generale tutte le Leggi Regionali

risultano indietro rispetto a una idea di moderna gestione del settore compatibile

con il paesaggio e l’ambiente, per Legambiente uno dei passi fondamentali

necessari per invertire in un processo ormai datato e che manifesta sempre maggiori

effetti negativi sul territorio è quello di emanare al più presto una Legge Quadro

Nazionale, concordata con le Regioni, che stabilisca in maniera omogenea per

tutto il Paese i criteri, i limiti ed i canoni minimi con i quali regolare il settore estrattivo.

1.6 L’impiego dei materiali da D&C come valida alternativa

In questi ultimi anni si è manifestata con crescente evidenza la necessità da parte

dell’uomo di concepire in modo diverso la propria presenza e lo svolgimento delle

proprie attività all’interno dell’ambiente naturale. In questa ottica l’attività di

riciclaggio sta assumendo un ruolo sempre più importante estendendosi ad un

numero crescente di ambiti produttivi, tra i quali quello delle costruzioni. In

particolare appare sempre più preoccupante il problema della collocazione delle

macerie derivanti dalla demolizione di opere civili, in continuo aumento a seguito di

interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e dell’adeguamento a nuove

esigenze abitative. A ciò si contrappone il progressivo esaurimento delle aree

disponibili per l’ubicazione di discariche, che rende lo smaltimento di tali materiali di

scarto sempre più difficoltoso ed oneroso. Inoltre, la crescente attenzione riservata

alle questioni ambientali comincia ad influenzare le scelte politiche nel settore delle

attività estrattive e conseguentemente ad incidere sulla disponibilità e sui costi di

reperimento degli inerti naturali, dato che il numero di siti adibiti all’estrazione di tali

aggregati si sta man mano riducendo.

“Tra i primati alla rovescia di cui possiamo vantarci c’è anche quello di essere i

maggiori produttori-consumatori di cemento nel mondo, due-tre volte gli Stati Uniti, il

Giappone, l’Unione Sovietica: 800 chili per ogni italiano”7.

7 Cederna A. , Brandelli d'Italia. Come distruggere il bel paese: sventramento di centri storici,

lottizzazioni di foreste, cementificazione, Newton Compton, Roma, 1991.

22

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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Mentre il PAE è redatto sulla base delle previsioni contenute nel PIAE; quest'ultimo ha

il compito di determinare:

- il giusto fabbisogno dei vari materiali di cava in risposta ai fabbisogni espressi dai

diversi settori per un arco temporale decennale;

- la localizzazione delle aree estrattive;

- i criteri e le metodologie per la coltivazione e la sistemazione finale delle cave

nuove e per il recupero di quelle abbandonate e non sistemate. La legge L.R 17/91

favorisce inoltre la concentrazione dei siti di estrazione, al fine di limitare l’impatto

delle attività di cava sul suolo e sul territorio, impone in fase di autorizzazione e

progettazione della cava a presentare il progetto di sistemazione della zona durante

e al termine dell’attività di coltivazione privilegiando il recupero naturalistico, gli usi

pubblici e gli usi sociali.

La Regione Emilia Romagna ha evidenziato attraverso un rapporto sulle attività

estrattive come la L.R17/91 presenti al suo interno diverse criticità:

• la forte gerarchizzazione del sistema pianificatorio può dar luogo a tempi lunghi

tra la pianificazione e l’attuazione;

• la breve durata delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività estrattiva rilasciabili dai

Comuni (massimo cinque anni) ne compromette la programmazione;

• la mancanza di una disciplina specifica sulla manutenzione e monitoraggio dei siti

estrattivi già recuperati non permette di rimediare le eventuali criticità riscontrabili

solo in momenti successivi (es. attecchimento vegetazione);

la mancanza di una disciplina che regoli la possibilità di commercializzare e

utilizzare materiali di recupero o scarti derivanti da interventi di trasformazione del

territorio che danno luogo a materiali di cava (come la realizzazione di gallerie o

altri interventi edilizi etc) oppure i cosiddetti inerti C&D (inerti da Costruzione e

Demolizione). Una politica volta ad un’integrazione di tali materiali di recupero

con i materiali di cava se non una loro completa sostituzione porterebbe a una

riduzione delle cave e del relativo consumo di suolo.

In merito di tutela del territorio regionale è importante evidenziare la L.R 24 marzo

2000 n. 20 “disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio” e la L.R 30 novembre

2009, n. 23 "Norme in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio” la quale

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istituisce l’Osservatorio del paesaggio ma è importante sottolineare però come non

esista un sistema concreto di osservatorio del paesaggio a livello regionale.

Il Rapporto Nazionale Cave 2011 sottolinea come in generale tutte le Leggi Regionali

risultano indietro rispetto a una idea di moderna gestione del settore compatibile

con il paesaggio e l’ambiente, per Legambiente uno dei passi fondamentali

necessari per invertire in un processo ormai datato e che manifesta sempre maggiori

effetti negativi sul territorio è quello di emanare al più presto una Legge Quadro

Nazionale, concordata con le Regioni, che stabilisca in maniera omogenea per

tutto il Paese i criteri, i limiti ed i canoni minimi con i quali regolare il settore estrattivo.

1.6 L’impiego dei materiali da D&C come valida alternativa

In questi ultimi anni si è manifestata con crescente evidenza la necessità da parte

dell’uomo di concepire in modo diverso la propria presenza e lo svolgimento delle

proprie attività all’interno dell’ambiente naturale. In questa ottica l’attività di

riciclaggio sta assumendo un ruolo sempre più importante estendendosi ad un

numero crescente di ambiti produttivi, tra i quali quello delle costruzioni. In

particolare appare sempre più preoccupante il problema della collocazione delle

macerie derivanti dalla demolizione di opere civili, in continuo aumento a seguito di

interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e dell’adeguamento a nuove

esigenze abitative. A ciò si contrappone il progressivo esaurimento delle aree

disponibili per l’ubicazione di discariche, che rende lo smaltimento di tali materiali di

scarto sempre più difficoltoso ed oneroso. Inoltre, la crescente attenzione riservata

alle questioni ambientali comincia ad influenzare le scelte politiche nel settore delle

attività estrattive e conseguentemente ad incidere sulla disponibilità e sui costi di

reperimento degli inerti naturali, dato che il numero di siti adibiti all’estrazione di tali

aggregati si sta man mano riducendo.

“Tra i primati alla rovescia di cui possiamo vantarci c’è anche quello di essere i

maggiori produttori-consumatori di cemento nel mondo, due-tre volte gli Stati Uniti, il

Giappone, l’Unione Sovietica: 800 chili per ogni italiano”7.

7 Cederna A. , Brandelli d'Italia. Come distruggere il bel paese: sventramento di centri storici,

lottizzazioni di foreste, cementificazione, Newton Compton, Roma, 1991.

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UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

24

Da quando scriveva Cederna nulla è cambiato, mentre negli altri paesi europei il

consumo di cemento è letteralmente crollato nel 2010 per via della crisi economica,

l’Italia continua a detenere un vero e proprio primato continentale, con oltre 34

milioni di tonnellate di cemento consumate. Sicuramente tali dati derivano anche

da ritardi nell’innovazione tecnologica del settore e da un mancato controllo e

gestione dell’attività estrattiva (è la situazione delle Regioni dove si cava gratis:

Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Ma anche Valle d’Aosta e Lazio dove si

chiedono pochi centesimi di euro per cavare metri cubi di inerti). In parallelo i rifiuti

da costruzione e demolizione continuano a crescere, si comprende quindi l’urgenza

nel definire un nuovo quadro normativo riguardante l’impiego dei materiali da D&C

che attraverso prezzi competiti e opportuni incentivi possono sostituire in tutti gli usi

sabbia, ghiaia e inerti in generale. Occorre fissare con chiarezza i termini per

spingere il riutilizzo dei materiali di scavo e di demolizione come aggregati riciclati

per tutti gli usi compatibili, fissando obiettivi di progressivo utilizzo e diffusione in tutti i

capitolati di appalto, riducendo in questo modo il ricorso alla discarica. In definitiva

è quindi necessario:

- aumentare i canoni di concessione per l’estrazione;

- rafforzare il controllo dell’attività estrattiva;

- tassare seriamente il conferimento dei fiuti C&D in dicarica.

A tal proposito un esempio eccellente è il caso della Danimarca che da oltre 20

anni si è posta il problema di come ridurre le estrazioni da cava e promuovere il

recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione, con una politica di tassazione che

arriva a far pagare 50 € a tonnellata per il conferimento in discarica degli inerti. Un

risultato che ha premiato visto che oggi si fa ricorso per il 90% ad inerti riciclati invece

che di cava.

Intervenire in questo campo anche attraverso una moderna gestione delle attività

estrattive significa dare slancio alla ricerca e allo sviluppo lasciate troppo spesso

alla buona volontà di singoli imprenditori e ricercatori e al tempo stesso tutelare il

paesaggio. Se fino ad oggi il nostro Paese ha visto i principali soggetti del settore

ragionare su risorse naturali illimitate e facilmente reperibili, nel prossimo futuro

dovranno prevalere le ragioni dell’ innovazione, dell’occupazione e del rispetto per

l’ambiente.

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

25

2 Percepire lo “strappo”

2.1 Storia delle percezioni della cava

Una cava rappresenta un “elemento” legato profondamente alla storia e alla

cultura dell’uomo ed è per tale motivo che come afferma Domenico Luciani si può

parlare di una “storia delle percezioni delle cave8” , la quale racchiude tre momenti

storici di riferimento:

La prima fase è caratterizzata da una totale mancanza del concetto di tutela. Tale

fase percorre un lunghissimo lasso di tempo che ha inizio alcune migliaia di anni fa

ed arriva fino agli inizi del 900. “Si tratta di un ampio arco temporale nel quale la

bassa velocità dei processi di estrazione, le modeste tecnologie impiegate, i lunghi

tempi di riordino e rimimetizzazione del luogo, ma soprattutto l’assenza di ogni idea

di tutela fanno sì che il prelievo di materiale dal suolo non costituisca un problema”.

A livello normativo tale fase vede l’emanazione di due importanti leggi in ambito di

tutela del paesaggio:

L. Rosadi 1909 n°364 rappresenta il primo provvedimento sulla tutela del

paesaggio nazionale. Rispetto alla L.Nasi n. 185 del 1902 (prima disposizione

legislativa dopo l’Unità d’Italia) i beni oggetto di tutela vengono estesi

passando dai generici “monumenti” a “… le cose immobili e mobili che

abbiano interesse storico, archeologico, paletnologico o artistico…”.

Successivamente grazie alla L.n.688 del 1912 la Legge Rosadi viene estesa a

Ville, giardini e parchi aventi un interesse storico artistico.

L. 29/6/1939 n°1497 sulla protezione delle bellezze naturali con cui nasce il

concetto di “tutela del paesaggio”. Attraverso questa legge si raggiunge la

consapevolezza dell’importanza del paesaggio ai fini della determinazione

dell’identità nazionale e il concetto di paesaggio viene quindi

definitivamente incluso nel patrimonio nazionale suddiviso così nelle due

categorie di beni culturali e paesistici.

8 Cfr. D.Luciani, direttore della Fondazione Benetton Studi Ricerche, Atti del Convegno Nuove

Ecologie, Modena, 2008.

24

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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Da quando scriveva Cederna nulla è cambiato, mentre negli altri paesi europei il

consumo di cemento è letteralmente crollato nel 2010 per via della crisi economica,

l’Italia continua a detenere un vero e proprio primato continentale, con oltre 34

milioni di tonnellate di cemento consumate. Sicuramente tali dati derivano anche

da ritardi nell’innovazione tecnologica del settore e da un mancato controllo e

gestione dell’attività estrattiva (è la situazione delle Regioni dove si cava gratis:

Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Ma anche Valle d’Aosta e Lazio dove si

chiedono pochi centesimi di euro per cavare metri cubi di inerti). In parallelo i rifiuti

da costruzione e demolizione continuano a crescere, si comprende quindi l’urgenza

nel definire un nuovo quadro normativo riguardante l’impiego dei materiali da D&C

che attraverso prezzi competiti e opportuni incentivi possono sostituire in tutti gli usi

sabbia, ghiaia e inerti in generale. Occorre fissare con chiarezza i termini per

spingere il riutilizzo dei materiali di scavo e di demolizione come aggregati riciclati

per tutti gli usi compatibili, fissando obiettivi di progressivo utilizzo e diffusione in tutti i

capitolati di appalto, riducendo in questo modo il ricorso alla discarica. In definitiva

è quindi necessario:

- aumentare i canoni di concessione per l’estrazione;

- rafforzare il controllo dell’attività estrattiva;

- tassare seriamente il conferimento dei fiuti C&D in dicarica.

A tal proposito un esempio eccellente è il caso della Danimarca che da oltre 20

anni si è posta il problema di come ridurre le estrazioni da cava e promuovere il

recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione, con una politica di tassazione che

arriva a far pagare 50 € a tonnellata per il conferimento in discarica degli inerti. Un

risultato che ha premiato visto che oggi si fa ricorso per il 90% ad inerti riciclati invece

che di cava.

Intervenire in questo campo anche attraverso una moderna gestione delle attività

estrattive significa dare slancio alla ricerca e allo sviluppo lasciate troppo spesso

alla buona volontà di singoli imprenditori e ricercatori e al tempo stesso tutelare il

paesaggio. Se fino ad oggi il nostro Paese ha visto i principali soggetti del settore

ragionare su risorse naturali illimitate e facilmente reperibili, nel prossimo futuro

dovranno prevalere le ragioni dell’ innovazione, dell’occupazione e del rispetto per

l’ambiente.

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2 Percepire lo “strappo”

2.1 Storia delle percezioni della cava

Una cava rappresenta un “elemento” legato profondamente alla storia e alla

cultura dell’uomo ed è per tale motivo che come afferma Domenico Luciani si può

parlare di una “storia delle percezioni delle cave8” , la quale racchiude tre momenti

storici di riferimento:

La prima fase è caratterizzata da una totale mancanza del concetto di tutela. Tale

fase percorre un lunghissimo lasso di tempo che ha inizio alcune migliaia di anni fa

ed arriva fino agli inizi del 900. “Si tratta di un ampio arco temporale nel quale la

bassa velocità dei processi di estrazione, le modeste tecnologie impiegate, i lunghi

tempi di riordino e rimimetizzazione del luogo, ma soprattutto l’assenza di ogni idea

di tutela fanno sì che il prelievo di materiale dal suolo non costituisca un problema”.

A livello normativo tale fase vede l’emanazione di due importanti leggi in ambito di

tutela del paesaggio:

L. Rosadi 1909 n°364 rappresenta il primo provvedimento sulla tutela del

paesaggio nazionale. Rispetto alla L.Nasi n. 185 del 1902 (prima disposizione

legislativa dopo l’Unità d’Italia) i beni oggetto di tutela vengono estesi

passando dai generici “monumenti” a “… le cose immobili e mobili che

abbiano interesse storico, archeologico, paletnologico o artistico…”.

Successivamente grazie alla L.n.688 del 1912 la Legge Rosadi viene estesa a

Ville, giardini e parchi aventi un interesse storico artistico.

L. 29/6/1939 n°1497 sulla protezione delle bellezze naturali con cui nasce il

concetto di “tutela del paesaggio”. Attraverso questa legge si raggiunge la

consapevolezza dell’importanza del paesaggio ai fini della determinazione

dell’identità nazionale e il concetto di paesaggio viene quindi

definitivamente incluso nel patrimonio nazionale suddiviso così nelle due

categorie di beni culturali e paesistici.

8 Cfr. D.Luciani, direttore della Fondazione Benetton Studi Ricerche, Atti del Convegno Nuove

Ecologie, Modena, 2008.

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26

La seconda fase è caratterizzata dalla nascita di una coscienza del danno

ambientale. Ha inizio nel Dopoguerra quando sulla spinta della ricostruzione e del

boom economico nasce una nuova consapevolezza del danno ambientale

causato dall’estrazione di ingenti quantità di materiali, tra il 1965 e il 1977 il consumo

di sabbia e ghiaia in Italia passa infatti da 33.505 migliaia di tonnellate a 140.000

migliaia di tonnellate. A partire dalla fine degli anni 70’ sono state progressivamente

approvate normative regionali a disciplinare il settore delle attività estrattive ma è

significativo che non si sia avvertita l’esigenza di intervenire in un settore tanto

delicato e critico per l’ambiente e la salute dei cittadini. Inoltre è evidente come il

Regio Decreto del 1927 possedesse una chiara impronta volta alla crescita di una

Nazione in “fase di costruzione”, che quindi necessitava un prelievo enorme di

materiali destinati a realizzare nuove infrastrutture. A livello normativo tale fase vede

la nascita di una nuova attenzione verso la tutela della natura e del paesaggio

grazie a due importanti provvedimenti:

L. Galasso 1985 n°431 che ha introdotto a livello normativo una serie di tutele

sui beni paesaggistici e ambientali classificando le bellezze naturalistiche in

base alle loro caratteristiche peculiari e suddividendole per classi

morfologiche

D.P.R. 12/4/1996 di recepimento della Dr.85/337/CEE concernente disposizioni

in materia di valutazione di impatto ambientale (V.I.A) di determinati progetti

pubblici e privati sul principio dell’azione preventiva, in base al quale la

migliore politica ambientale consiste nel prevenire gli effetti negativi legati

alla realizzazione dei progetti in modo tale da valutare se un’operazione è

compatibile o meno con le preesistenze anziché combatterne

successivamente gli effetti.

La terza fase è rappresentata dalla relazione che si instaura tra la persona e

l’ambiente circostante in quanto espressione della sua identità. Tale fase

rappresenta la situazione attuale caratterizzata da una nuova consapevolezza, il

rapporto tra spazio e comunità insediata assume un’importanza fondamentale e

per tale ragione cominciano ad essere difesi non più solo i luoghi “monumentali” ma

anche quelli “ordinari”, è il concetto stesso di paesaggio da tutelare ad essere

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

27

cambiato radicalmente. Ora s’identifica il paesaggio come bene culturale a

carattere identitario, frutto della percezione della popolazione. Tale concetto era

già stato anticipato in parte da Benedetto Croce, ministro dell’ultimo governo Giolitti

(1922) quando definì il paesaggio come “… la rappresentazione materiale e visibile

della Patria, con i suoi caratteri fisici particolari, con le sue montagne, le sue foreste,

le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo”.

Tale fase si è raggiunta attraverso due importanti provvedimenti che puntano ad

una dimensione più ampia di tutela del territorio e all'adozione di nuove politiche di

salvaguardia, di gestione e di pianificazione dei paesaggi:

D.L. 22/01/2004 “codice dei beni culturali e del paesaggio” in cui beni

culturali e il paesaggio sono concepiti come patrimonio identitario dell’intera

collettività nazionale. Secondo tale decreto legge il paesaggio viene definito

quale “parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla

storia umana o dalle reciproche interrelazioni“ (art.131.2) e in quanto tale “la

tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso

esprime quali manifestazioni identitarie percepibili”(art.131.1).

L. 9/1/2006 n°14 ratifica ed esecuzione della Convenzione Europea sul

Paesaggio, documento adottato dal Comitato dei Ministri della Cultura e

dell'Ambiente del Consiglio d'Europa il 19 luglio 2000. Essa definisce il

paesaggio quale “determinata parte del territorio, così come è percepita

dalle popolazioni, il cui carattere deriva dalle azione di fattori naturali e/o

umani e dalle loro interrelazioni” (art. 1 a); essa comprende “i paesaggi

terrestri, le acque interne e marine, concerne sia i paesaggi che possono

essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana, sia i

paesaggi degradati" (art. 2). Secondo tale definizione il paesaggio è la

dimensione di vita delle popolazioni è l’espressione della loro identità

culturale e storica, e comprende i paesaggi “eccezionali”, i paesaggi

”degradati”, i paesaggi “del quotidiano”. Tutto è paesaggio anche i luoghi

soggetti ad attività estrattiva.

Questi importanti obiettivi raggiunti in merito alla tutela del paesaggio consentono

un razionale compromesso tra l’alternativa inammissibile di congelamento e

26

UNA TERZA VITA PER I POLI ESTRATTIVI DELLA VAL TREBBIA : MOLINAZZO SUD PRIMA E DOPO LO “STRAPPO”

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La seconda fase è caratterizzata dalla nascita di una coscienza del danno

ambientale. Ha inizio nel Dopoguerra quando sulla spinta della ricostruzione e del

boom economico nasce una nuova consapevolezza del danno ambientale

causato dall’estrazione di ingenti quantità di materiali, tra il 1965 e il 1977 il consumo

di sabbia e ghiaia in Italia passa infatti da 33.505 migliaia di tonnellate a 140.000

migliaia di tonnellate. A partire dalla fine degli anni 70’ sono state progressivamente

approvate normative regionali a disciplinare il settore delle attività estrattive ma è

significativo che non si sia avvertita l’esigenza di intervenire in un settore tanto

delicato e critico per l’ambiente e la salute dei cittadini. Inoltre è evidente come il

Regio Decreto del 1927 possedesse una chiara impronta volta alla crescita di una

Nazione in “fase di costruzione”, che quindi necessitava un prelievo enorme di

materiali destinati a realizzare nuove infrastrutture. A livello normativo tale fase vede

la nascita di una nuova attenzione verso la tutela della natura e del paesaggio

grazie a due importanti provvedimenti:

L. Galasso 1985 n°431 che ha introdotto a livello normativo una serie di tutele

sui beni paesaggistici e ambientali classificando le bellezze naturalistiche in

base alle loro caratteristiche peculiari e suddividendole per classi

morfologiche

D.P.R. 12/4/1996 di recepimento della Dr.85/337/CEE concernente disposizioni

in materia di valutazione di impatto ambientale (V.I.A) di determinati progetti

pubblici e privati sul principio dell’azione preventiva, in base al quale la

migliore politica ambientale consiste nel prevenire gli effetti negativi legati

alla realizzazione dei progetti in modo tale da valutare se un’operazione è

compatibile o meno con le preesistenze anziché combatterne

successivamente gli effetti.

La terza fase è rappresentata dalla relazione che si instaura tra la persona e

l’ambiente circostante in quanto espressione della sua identità. Tale fase

rappresenta la situazione attuale caratterizzata da una nuova consapevolezza, il

rapporto tra spazio e comunità insediata assume un’importanza fondamentale e

per tale ragione cominciano ad essere difesi non più solo i luoghi “monumentali” ma

anche quelli “ordinari”, è il concetto stesso di paesaggio da tutelare ad essere

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cambiato radicalmente. Ora s’identifica il paesaggio come bene culturale a

carattere identitario, frutto della percezione della popolazione. Tale concetto era

già stato anticipato in parte da Benedetto Croce, ministro dell’ultimo governo Giolitti

(1922) quando definì il paesaggio come “… la rappresentazione materiale e visibile

della Patria, con i suoi caratteri fisici particolari, con le sue montagne, le sue foreste,

le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo”.

Tale fase si è raggiunta attraverso due importanti provvedimenti che puntano ad

una dimensione più ampia di tutela del territorio e all'adozione di nuove politiche di

salvaguardia, di gestione e di pianificazione dei paesaggi:

D.L. 22/01/2004 “codice dei beni culturali e del paesaggio” in cui beni

culturali e il paesaggio sono concepiti come patrimonio identitario dell’intera

collettività nazionale. Secondo tale decreto legge il paesaggio viene definito

quale “parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla

storia umana o dalle reciproche interrelazioni“ (art.131.2) e in quanto tale “la

tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso

esprime quali manifestazioni identitarie percepibili”(art.131.1).

L. 9/1/2006 n°14 ratifica ed esecuzione della Convenzione Europea sul

Paesaggio, documento adottato dal Comitato dei Ministri della Cultura e

dell'Ambiente del Consiglio d'Europa il 19 luglio 2000. Essa definisce il

paesaggio quale “determinata parte del territorio, così come è percepita

dalle popolazioni, il cui carattere deriva dalle azione di fattori naturali e/o

umani e dalle loro interrelazioni” (art. 1 a); essa comprende “i paesaggi

terrestri, le acque interne e marine, concerne sia i paesaggi che possono

essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana, sia i

paesaggi degradati" (art. 2). Secondo tale definizione il paesaggio è la

dimensione di vita delle popolazioni è l’espressione della loro identità

culturale e storica, e comprende i paesaggi “eccezionali”, i paesaggi

”degradati”, i paesaggi “del quotidiano”. Tutto è paesaggio anche i luoghi

soggetti ad attività estrattiva.

Questi importanti obiettivi raggiunti in merito alla tutela del paesaggio consentono

un razionale compromesso tra l’alternativa inammissibile di congelamento e

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museificazione di aree di valore paesaggistico e la libera iniziativa di trasformazione

del territorio chiamando le parti in causa ad assumersi le giuste responsabilità di

gestione in merito agli interventi realizzati. Si è inoltre riconosciuto il concetto di

unitarietà dei paesaggi i quali richiedono visioni e gestioni unitarie e non interventi

puntuali e volti al massimo profitto. Il fulcro di questo approccio sta nell’assunzione

del carattere essenzialmente “culturale” e della relazione inscindibile tra l’uomo e

l’ambiente. Si assiste quindi ad una sorta di denuncia verso la distruzione dell’unicità

dei luoghi pronti a divenire dei non-luoghi, che “distruggono, con la loro

indifferenziazione e la loro serialità, la nozione di identità del singolo luogo, del

singolo intreccio di relazioni, significati, sensibilità”9.

Sotto questa ottica anche i paesaggi degradati come i luoghi soggetti ad attività

estrattiva possono offrire nuove forme e nuove possibilità in nome dell’identità e

della riconoscibilità del luogo impressa lungo il tempo.

9 E. Rullani, La città infinita:spazio e trama della modernità riflessiva in A.Bonomi e A. Bruzzese, La città infinita, Bruno Mondadori, Milano, 2004.

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2.2 Processi decisionali e approcci progettuali verso un recupero razionale:

3 casi studio

A seguito di vasta ricerca in merito a progetti di recupero di ex cave ho ritenuto

opportuno selezionare tre casi studio in quanto a mio parere incarnano tre eccellenti

modalità di approccio a questa delicata tematica. Ad ogni recupero è stato

assegnato a fianco un titolo che a mio avviso identifica l’efficacia del progetto.

I CASO “DOPPIO RECUPERO”

Comune: Campogalliano, Rubiera, Modena

Materiale estratto: ghiaia e sabbia

Tipo di recupero: Cassa di espansione del Fiume Secchia e Riserva naturale10

Inizio recupero: 1975/79

3. Parco e riserva naturale del fiume Secchia, Comune di Campogalliano, Rubiera,

Modena.11

L’estrazione di materiali lapidei negli anni ’60 ha modificato radicalmente e spesso

sconvolto la morfologia dell’alveo e delle fasce peri-fluviali del Fiume Secchia, nei

10 Cfr. Muzzi E., Rossi G., Il recupero e la riqualificazione ambientale delle cave in Emilia –

Romagna, Manuale Teorico - Pratico, Regione Emilia-Romagna, Bologna, 2003. 11 Reperibile ai siti: www.claudiochiossi.it/fotografie-viaggi/casse-secchia1.htm

www.parcosecchia.it/index.php/itinerari/la_cassa_di_espansione_il_paesaggio_luomo_e_la_natura/

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