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“DIMMI IL TUO NOME”

Allungai la mano alla ricerca del telefono che invadente trillava squarciando il silenzio notturno. Mi disorientò sentirlo squillare ad un'ora così insolita non tanto per il fatto di essere svegliata, perchè comunque non stavo dormendo, ma per l'allerta suscitata da quel rumore così insistente in un orario del genere. La gente dorme solitamente alle tre di notte, lo sai, misterioso personaggio perso chissà dove? Potrei sollevare la cornetta, fingere un tono assonnato ed esordire come in un film di cui non ricordo il titolo dell'84, di Vanzina, dicendo: "Vaffanculo, chiunque tu sia a quest'ora. Cosa c'è?"; oppure portare l'apparecchio all'orecchio e stare in silenzio, respirando lievissimamente, e attendere che venga emesso un qualsiasi suono dall'altra parte. Forse dovrei avere paura, magari sono in arrivo notizie che non vorrei conoscere... Ma credo che se così fosse, avvertirei una certa ansia implicita, e ciò invece non avviene. Che ci faccio sveglia alle tre di notte? E' da ore che mi rigiro nel letto senza riuscire a prendere sonno. Ho guardato i colori della notte mutare e la luce del raggio lunare attraversare i vetri della mia finestra e creare giochi di ombre sul mobilio, sul tappeto, sul piumone, sulla mia pelle. "Pronto?" la mia voce è leggermente rauca, bassa, come quando ci si sveglia dopo una lunga nottata.Che aspetto? Che qualcuno mi salvi da questo letto d'insonnia? Non ho attuato nessuna delle possibili risposte che avevo pensato, ma ho sfoderato la più banale che esista. Chi c'è dall'altra parte?"Non dormi?" una voce maschile, calda. Non saprei attribuirgli un'età precisa, ma sembra giovane eppure anche vissuta. Mi piace, nonostante forse dovrei temerla, e non esserne ammaliata."Chi...chi sei?" nascondere la sfumatura di curiosità è arduo."Ho trovato il tuo numero su un volantino per strada, sotto l'annuncio che cercavi un appartamento in affitto". Sempre così calmo? Non sembra interessato alla mia reazione: lui ha chiamato per un motivo ben preciso, e poco importa se a me pare incomprensibile."Cosa? Ma quell'avviso è di mesi fa. Non lo cerco più, un appartamento. Perchè chiami a quest'ora?""E tu perchè non dormi?" chiede con tono dolce, ma sicuro."Non so dormire". Io ora vivo in una mansarda a pochi passi dal centro, suono il violoncello e momentaneamente sono apprendista in uno studio fotografico. Ho ventiquattro anni e la testa piena di nulla. Soffro di insonnia, ho repentini cambi d'umore nei quali passo dalla frivolezza senza pensieri all'angoscia più turpe. "Non riesci a dormire o hai paura di farlo?". Che domanda infida. Sembra conoscermi, questo mio interlocutore notturno. Sembra limare gli spigoli della mia anima contorta."Chi sei?" chiedo di nuovo, ora leggermente spaventata, per il semplice fatto che quelle poche parole dette mi hanno scavato una voragine che mi risucchia silenziosamente."Per una notte, sarò chi vuoi"Che proposta allettante. Quante persone potrei fingere che tu sia! Persone scomparse, fuggite, morte, rinate, odiate, amate, tutto questo insieme... Non è facile distinguere i desideri dalle impossibilità, perchè ciò che li distingue è un

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filo sottilissimo. Mi domando il motivo per cui do retta a questo sconosciuto: molti, anzi, forse chiunque, avrebbe già riattaccato; ma io non ho nulla da perdere e tutto da guadagnare, e credo che sia per questo che mi avvinghio così strettamente a questa conversazione fatua."Non puoi diventare chi ho perduto, chiunque tu sia""Fingi che io sia chiunque e nessuno. Voleremo nei luoghi più inquietanti che immagini e che temi, solcheremo le fantasie più remote, ci scaveremo l'uno con l'altra dimenticando chi siamo. Non avremo più identità per una manciata di ore. Ci conosceremo e rimarremo ignoti. Ci annulleremo nelle nostre paure, abbracceremo i sogni impossibili, le utopie asfissianti, piangeremo lacrime di sale. Tutto in una notte. Poi da domani tutto tornerà come prima, ma io e te saremo cresciuti rubando volentieri il tempo alla notte. Due sconosciuti che si scoprono, si denudano e sbocciano, per poi arrivare ad un apogeo sinfonico dove la percezione è annullata. Perchè perdere un'occasione così? Se hai risposto significa che qualcosa aspetti. Pensaci, liberamente."Ci pensai, mi arrovellai il cervello chiedendomi se tutto fosse reale, se l'uomo con cui mi ero trovata a parlare potesse essere pericoloso, e decisi di no. Decisi di sfruttare quell'occasione così singolare, che probabilmente non mi sarebbe più capitata e che ero persino onorata di aver avuto."Hai scelto?" chiese la voce suadente, quasi incalzandomi. Fissavo il vuoto e mi resi conto di star annuendo senza tuttavia emettere un suono di risposta. "Cosa vuoi scegliere in questo mondo, se non puoi scegliere nemmeno il tuo nome?" dissi infine, conciliando il mio sì mentale con una risposta indiretta."Puoi decidere di prediligere la follia che esalta il pensiero, la pazzia che dona equilibrio... Puoi scegliere me, per poche ore. Moriamo un po' insieme, e rinasciamo dalle nostre ceneri. Sei tu la persona che cerco, ci complementiamo nella nostra similitudine. Avanti""Perdiamoci nell'oblio, allora. E non esprimiamo giudizio alcuno".Mi sentivo strana, come se avessi tanto di cui parlare ma senza avere un contesto adatto per iniziare. Partii dal principio di ogni conoscenza, forse in modo stupido:"Come ti chiami?" chiesi speranzosa di ricevere un appiglio di realtà attraverso un nome. Invece no."Io sono chi tu vuoi che sia, devi dirmi tu il nome. Piuttosto, quale è il tuo nome?"Esitai un attimo, poi dissi piano: "A...Anna, mi chiamo Anna". In realtà mi chiamo Aida. Non è un gioco di seduzione, non sono obbligata alla verità perchè è la mia notte e tu sei un estraneo. Che mi fa vibrare l'anima con solo poche parole, ma rimani un minuscolo intervallo di tempo, giusto per concedere alla terra di finire il suo moto di rotazione verso il nuovo dì."Va bene, Anna, parliamo. Ti chiederai perchè ti chiamo a quest'ora, perchè so che sei la persona giusta, perchè sono un libro aperto sulla pagina del mistero. In realtà, è molto semplice: tutto diviene basilare, quando lo si scompone in sensazioni che sembrano durare anni e invece hanno l'istantaneità di un battito d'ali. Ti vedo uscire correndo con la macchina fotografica in mano nelle ore più strane, per catturare attimi che giudichi meritevoli di essere immortalati dopo averli visti dalla tua finestra. Ti sento suonare il violoncello e immagino le tue dita premere le corde dure e osservo la tristezza nei tuoi occhi ogni volta che allontanandoti dall'uscio di casa ti rendi conto di non avere nulla che ti turba ma allo stesso tempo di avere tutto dentro di te."

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"Mi spii". Riesco solo a pronunciare queste due parole, in bilico tra una domanda e un'affermazione sconcertata."No, ti ammiro, è diverso""Sei sempre così emblematico? Non ti sorge il pensiero che io ora potrei aver paura di uscire di casa pensando che qualcuno mi controlla?""Non lo fare! Non farlo, non temermi, ti prego. Sono solo un perso osservatore, nulla più""Sono confusa. Mi sembra tutto così surreale che stento a crederci, e non credo di poter raggiungere un dannato equilibrio personale in una notte. Sembra la trama di un libro contorto, in cui l'autore inventa tutta la storia solo per poter scrivere e cercar di legare le sue riflessioni. Succede così? Quando due sconosciuti scoprono le rispettive anime all'ignoto dell'altro, accade che con lenta dolcezza ci si sente cullare, come dondolando su sedie di vimini, nel profumo del buio?" ero tanto leggera, come fluttuante: uno spirito, un insieme di molecole intangibili. E lui ascoltava, perso. Realizzai solo allora che non mi importava dell'aspetto, dell'età, del domani. Ero attaccata alla sua voce, al suo modo di invitarmi in quel ballo verbale. Un contratto fino al mattino, un patto che scade con la luce."Solo particolari sconosciuti: non tutti si complementano e si assomigliano allo stesso tempo: è un caso estremamente raro. Forse non ci vedremo mai, perchè tu non hai punti di riferimento a mio riguardo, ma questa notte, che passerà inesorabile, è piegata ai nostri pensieri. Vedi come risplende la luce della Luna sul tuo braccio scoperto? Io non ti vedo, ma lo immagino. Questa è la vera bellezza, quella indiretta: prendi la Luna stessa, è molto più incantevole del sole, eppure non brilla di suo, è qualcosa di derivato.""Ci stiamo salvando a vicenda quindi? Non ti uccide sapere che finirà entro breve questa piccola esistenza fatta di anime incrociate?""Sì, e i termini uccidono. Le malattie terminali infestano la vita, lacerano l'anima non solo di chi colpiscono, ma anche di chi coinvolgono. E se questa telefonata avrà per te, per noi, lo stesso effetto, sarò contento. Non ti stupire nell'udire ciò: siamo come due alberi in una desolata pianura, cerchiamo di tenerci compagnia nella nostra eterna e fredda solitudine, possiamo stirarci e cercare di far toccare vicendevolmente i nostri rami, ma mai saremo uniti a livello del terreno, cioè nella realtà. Siamo un'utopia, le nostre anime, corrispondenti alle alte fronde, si sfiorano e di intersecano, ma noi resteremo sempre scinti, e questa è una verità innegabile.""Parli come se mi conoscessi da una vita, come se fossi una parte di me che non conosco, quella piccola parte all'altezza dello stomaco che comincia a stringersi quando le viscere percepiscono il fiato di un'emozione, e che poi tira il filo invisibile che la collega alla gola e mi impedisce di capire, di piangere e di parlare. Cosa posso dire? Non sto snocciolando nessuna novità sulla mia vita eppure mi sento completamente spogliata di un qualsiasi travestimento o anche solo semplice velo. E' come se fossi un chirurgo che mi taglia lentamente e mi asporta tutti gli organi per metterli nell'ordine che gli aggrada, per far confondere ogni piccolo spirito che risiede in ognuno di essi, ma il risultato finale è una sinfonia bellissima. Lo vedi? Non ho nemmeno accennato alla mia condizione economica, alla mia famiglia, alla mia paura di prendere il treno perchè ho sempre la sensazione di sbagliare binario, alle mie mani bianche in cui si vedono le piccole vene violacee, alla mia voce rauca e alla mia incapacità di curare le piante. Non ho mai detto che la patente l'ho superata

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brillantemente ma che odio guidare, nè che mi chiudo talmente tante volte in me stessa che mi sento uno scrigno autosufficiente. Nessuno conosce ciò che amo e ciò che detesto, nessuno sa che le persone che ho conosciuto mi hanno distrutta silenziosamente e se ne sono andate a passo felpato, nessuno...". Mi si incrinò la voce.Cominciai a piangere sommessamente, respirando a fatica, cercando di non far trapelare nulla attraverso i piccoli fori della cornetta nera cui mi ero aggrappata come fosse un'ancora di salvezza. Fuori la notte proseguiva il suo corso andando incontro alla sua quotidiana fine, rovinando verso la luce. Mancavano poche ore alla fine di essa e automaticamente alla fine della telefonata. Così mi appigliai al concetto di relatività per impedire che lui mi salutasse e che delicatamente posasse la cornetta per poi sparire esattamente come era giunto. Chiesi chi stabiliva a che ora cominciasse il giorno, che se era una conseguenza diretta del buio non aveva un termine vero e proprio. Con voce sottile e stanca, sostenni che se tutto è relativo, allora lo era anche il momento in cui la notte finiva: nessuno lo sapeva con certezza. Ma lui mi rispose che ogni cosa prima o poi scema in un'altra: l'estate nell'autunno, il rumore nel silenzio, la vita nella morte... E se il passaggio in alcuni casi è lento, in altri è rapido come uno schiocco di dita. Avvinghiarsi alle proprie speranze non conduce a nulla. Pronunciava il suo discorso con una tale sicurezza che ne rimasi quasi perplessa."Ma se te ne vai, allora fai in modo che io mi aggrappi al tuo ricordo e alla speranza stessa di una nuova occasione per parlare. Creerai una contraddizione con quanto hai appena detto...Io ho bisogno di te". E fui tanto sincera, dopo tanto tempo che dalla mia bocca erano usciti solo taciti consensi, che mi meravigliai, e strinsi ancor di più il filo arricciato che intervallava la parte di telefono attaccata al mio orecchio con il cuore dello stesso, come una piccola carcassa meccanica che crea magie, collegando vite distanti secoli.Strinsi fino a che, prosciugata di ogni energia, cominciai a considerare tutto come un processo di catarsi. In esso sublimavo tutti i miei sforzi, i giorni spesi a piangere del mio vuoto interiore da nascondere, i sorrisi che la gente credeva fossero sinceri. Vi lasciai fluire i ricordi più dolorosi, gli amori finiti, le delusioni che mese dopo mese si accumulavano dentro di me. Svuotai tutto il mio Io di quei pensieri di piombo che mi provocavano una tremenda emicrania. Restai in silenzio per lunghi istanti, non saprei dire se si trattò di secondi o di ore. Ma passarono. Non so stabilire se realizzai in quell'istante di quiete placida e reciproca che era inutile continuare a vivere vestita di tristezza e malinconia che si tramutavano in emozioni brillanti. Capii che forse il mondo che mi ero creata intorno era attorniato da fantasmi che infestavano ogni angolo della mia anima. Espressi l'ineffabile desiderio di conoscere quell'uomo dalla voce profonda e sicura che, con poche parole, mi aveva offerto una nuova idea di esistenza, così, senza preavviso, senza speranza di futuro. Sublimai ogni emozione distruttrice attraverso i cinque sensi di cui disponevo e sopra i quali la follia signoreggiava. "Sì, così Anna... E' finita, e sarà eterna, come te, come noi. Non so dirti se mi dimenticherai in fretta, se ci metterai anni o l'intera vita, ma sappi che siamo cresciuti insieme, in queste ore frutto di un incontro dettato dal mio volere e dal tuo desiderio. Custodiscilo nel tuo scrigno, continua a viverlo, non lasciarlo morire." mi disse all'improvviso, sinuosamente, destandomi dal torpore nel quale ero scivolata.

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"E' finita, non è così?""Non finirà... E' terminata questa tappa, tu per me e io per te. Non esserne delusa, non sempre le persone che ci cambiano la vita poi la condividono con noi. E tu mi hai cambiato, trasmettendomi un mondo di sentimenti vibranti che non credevo fosse possibile. Ricordaci, sempre.""Continua a spiarmi, allora. Ti prego, continua a farlo. Io non ti vedrò ma tu ci sarai, e in qualche modo potrò percepire il filo che ci lega.""Addio, Aida" e così dicendo, riattaccò, ponendo fine a quella telefonata così sospesa tra l'oblìo e il surreale.Il mio nome mi colpì come una fucilata, pietrificandomi.Non lo incontrai mai. Vissi sempre con la speranza di svegliarmi un giorno, correre in strada con la macchina fotografica e scattare a caso, sperando di immortalarlo in qualche posa singolare, intento a fissarmi. Ma non avvenne. Tuttavia non smetto di crederci. E nemmeno potrei illudermi di riuscirci.

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