A quote superiori ai 3.000 metri la guerra si trasformò · quasi ogni traccia dei 10 km di...

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Leo Handl ideatore e progettista della città di ghiaccio Archivio De Bernardin La città di ghiaccio rappresenta una delle più straordinarie attività realizzate dai soldati austroungarici durante il grande conflitto, dimo- strando come il genere umano sappia adattarsi a tutte le condizioni e come in ogni occasione sappia sapientemente fare di necessità virtù. Dalla fine di maggio del 1915 all’inizio di novembre del 1917, il pos- sesso del massiccio della Marmolada costituì un elemento strategico particolarmente importante perché controllava la strada alla Val di Fassa e alla Val Badia, e quindi al Tirolo. A quote superiori ai 3.000 metri la guerra si trasformò in duello tra esperti alpinisti e coraggiosi soldati che diedero vita ad azioni ed imprese tanto eroiche quanto spettacolari ed uniche. La montagna fu pertanto la vera protagonista di questo periodo della Grande Guerra italiana, proprio quando fu trasformata in un’imponente e gigantesca fortezza da en- trambe le fazioni in guerra. Per sottrarsi alla morsa del maltempo nel ventre della Marmolada gli Austriaci costruirono una vera e propria città sotto il ghiacciaio con oltre otto chilometri di gallerie e ricoveri per gli uomini, depositi di viveri e munizioni, stazioni delle teleferiche, un'infermeria, gli uffici del comando: in tutto vi erano una tren- tina di caverne scavate nello spessore del ghiacciaio a parecchi metri di profondità, collegate fra loro da cu- nicoli muniti di ponticelli e passerelle. In qualche punto i soldati vivevano sino a quaranta metri sotto la superficie del ghiac- ciaio. La temperatura all'interno scendeva raramente sotto lo zero, mentre all'esterno il termometro segnava anche 20 sotto ze- ro. L'ideatore di questo villaggio fu il capitano Leo Handl, ingegnere che all’epoca aveva 29 anni, comandante della compagnia di Bergfuh- rer (cioè di guide alpine "militari") che si trovava in Marmolada. Già dopo una settimana di lavori gli uomini avevano scavato fino a 30 metri sotto il ghiacciaio, e per farlo, i soldati fecero uso di materiale esplosivo. A causa dei gas tossici rilasciati dalle esplosioni, tuttavia, erano costretti a darsi il cambio ogni due ore. In questo modo riusci- rono a scavare fino a 6 metri al giorno sotto l’imponente ghiacciaio. Ponte sospeso che permetteva l’attraversamento di un crepaccio Archivio De Bernardin Pattuglia di guide alpine ritorna dopo il turno di riposo a Canazei, retrovia della prima linea Archivio De Bernardin La costruzione di quella città di ghiaccio costituì un’impresa molto pericolosa che costò la vita a molti soldati. Basti pensare che soltanto le scale di ghiaccio, che in teoria dovevano rendere più accessibili i “cantieri” all’interno del ghiacciaio, si tra- sformarono in trappole mortali per molti uomini. Tra quelle profonde gole ghiacciate, che misuravano dai 30 ai 40 metri, i coraggiosi soldati avevano costruito semplici ponti di legno, il cui attraversamento richiedeva massima attenzione e con- centrazione. Con l’inizio della stagione calda iniziava per gli uomini una corsa contro il tempo. Le gallerie di ghiaccio, infatti, cominciavano a sciogliersi diventando sempre più pericolose, mentre il pericolo di valanghe si faceva sem- pre più alto. Il numero di perdite nell’estate 1916 fu così drammaticamente alto che fu impartito l’ordine di non seppellire nella neve i cadaveri in modo da evitare la contaminazione dell’acqua Bernard Fedele, soldato della Monarchia imperialregia, racconta: «Si combatteva e si moriva lassù, non con odio, ma con profonda pena nel cuore. Da una parte c’erano i valligiani della Val di Fassa, dall’altra parte i crudi montanari della Val Cor- devole, gente con cui, in tempo di pace, si era arrampicato insieme» ll continuo movimento del ghiacciaio e la riduzione del suo spessore hanno ormai cancellato quasi ogni traccia dei 10 km di gallerie scavate dagli Austriaci nelle viscere del ghiacciaio, tale fe- nomeno ha consentito di riportare alla luce alcune baracche e, nell’agosto 2009, i resti di un soldato italiano nella zona cir- costante la stazione del Serauta. Lavori di perforazione nel ghiacciaio della Marmolada. Schizzo di Leo Handl della città di ghiaccio. Si possono notare i numerosi servizi che offriva. Archivio de Bernardin Da La grande guerra 1914-1918 di Alessandro Gualtieri

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Page 1: A quote superiori ai 3.000 metri la guerra si trasformò · quasi ogni traccia dei 10 km di gallerie scavate dagli Austriaci nelle viscere del ghiacciaio, tale fe-nomeno ha consentito

Leo Handl ideatore e progettista della città di ghiaccio Archivio De Bernardin

La città di ghiaccio rappresenta una delle più straordinarie attività

realizzate dai soldati austroungarici durante il grande conflitto, dimo-

strando come il genere umano sappia adattarsi a tutte le condizioni e

come in ogni occasione sappia sapientemente fare di necessità virtù.

Dalla fine di maggio del 1915 all’inizio di novembre del 1917, il pos-

sesso del massiccio della Marmolada costituì un elemento strategico

particolarmente importante perché controllava la strada alla Val di

Fassa e alla Val Badia, e quindi al Tirolo.

A quote superiori ai 3.000 metri la guerra si trasformò

in duello tra esperti alpinisti e coraggiosi soldati che

diedero vita ad azioni ed imprese tanto eroiche quanto spettacolari ed

uniche. La montagna fu pertanto la vera protagonista di

questo periodo della Grande Guerra italiana, proprio

quando fu trasformata in un’imponente e gigantesca fortezza da en-

trambe le fazioni in guerra.

Per sottrarsi alla morsa del maltempo nel ventre della Marmolada gli

Austriaci costruirono una vera e propria città sotto il

ghiacciaio con oltre otto chilometri di gallerie e ricoveri

per gli uomini, depositi di viveri e munizioni, stazioni delle teleferiche,

un'infermeria, gli uffici del comando: in tutto vi erano una tren-

tina di caverne scavate nello spessore del ghiacciaio a

parecchi metri di profondità, collegate fra loro da cu-

nicoli muniti di ponticelli e passerelle. In qualche punto i

soldati vivevano sino a quaranta metri sotto la superficie del ghiac-

ciaio.

La temperatura all'interno scendeva raramente sotto

lo zero, mentre all'esterno il termometro segnava anche 20 sotto ze-

ro. L'ideatore di questo villaggio fu il capitano Leo Handl, ingegnere

che all’epoca aveva 29 anni, comandante della compagnia di Bergfuh-

rer (cioè di guide alpine "militari") che si trovava in Marmolada.

Già dopo una settimana di lavori gli uomini avevano scavato fino a 30

metri sotto il ghiacciaio, e per farlo, i soldati fecero uso di materiale

esplosivo. A causa dei gas tossici rilasciati dalle esplosioni, tuttavia,

erano costretti a darsi il cambio ogni due ore. In questo modo riusci-

rono a scavare fino a 6 metri al giorno sotto l’imponente ghiacciaio.

Ponte sospeso che permetteva l’attraversamento di un crepaccio Archivio De Bernardin

Pattuglia di guide alpine ritorna dopo il turno di riposo a Canazei, retrovia della prima linea Archivio De Bernardin

La costruzione di quella città di ghiaccio costituì un’impresa molto pericolosa che costò la vita a molti soldati. Basti pensare

che soltanto le scale di ghiaccio, che in teoria dovevano rendere più accessibili i “cantieri” all’interno del ghiacciaio, si tra-

sformarono in trappole mortali per molti uomini. Tra quelle profonde gole ghiacciate, che misuravano dai 30 ai 40 metri, i

coraggiosi soldati avevano costruito semplici ponti di legno, il cui attraversamento richiedeva massima attenzione e con-

centrazione.

Con l’inizio della stagione calda iniziava per gli uomini una corsa contro il tempo. Le gallerie di

ghiaccio, infatti, cominciavano a sciogliersi diventando sempre più pericolose, mentre il pericolo di valanghe si faceva sem-

pre più alto. Il numero di perdite nell’estate 1916 fu così drammaticamente alto che fu impartito l’ordine di non seppellire

nella neve i cadaveri in modo da evitare la contaminazione dell’acqua

Bernard Fedele, soldato della Monarchia imperialregia, racconta: «Si combatteva e si moriva lassù, non con odio, ma con

profonda pena nel cuore. Da una parte c’erano i valligiani della Val di Fassa, dall’altra parte i crudi montanari della Val Cor-

devole, gente con cui, in tempo di pace, si era arrampicato insieme»

ll continuo movimento del ghiacciaio e la riduzione del suo spessore hanno ormai cancellato

quasi ogni traccia dei 10 km di gallerie scavate dagli Austriaci nelle viscere del ghiacciaio, tale fe-

nomeno ha consentito di riportare alla luce alcune baracche e, nell’agosto 2009, i resti di un soldato italiano nella zona cir-

costante la stazione del Serauta.

Lavori di perforazione nel ghiacciaio della Marmolada. Schizzo di Leo Handl della città di ghiaccio. Si possono notare i numerosi servizi che offriva. Archivio de Bernardin

Da La grande guerra 1914-1918 di Alessandro Gualtieri