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Piani di rientro Positivi i conti 2012 di Puglia, Campania e Sicilia a pagina 8 Anaao Giovani Contributi sull’organizzazione del lavoro a pagina 10 d m dirigenza medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED NUMERO 8 - 2013 Dirigenza Medica - Anno XII - n. 8 - 2013 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma N.11/2006 - www.anaao.it In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Roma - Romanina per la restituzione al mittente previo pagamento resi 22° Congresso Nazionale Straordinario Anaao Assomed Un sindacato più forte per la sanità del futuro LE PERFOMANCE DEGLI OSPEDALI ITALIANI Tutti i numeri e l’intervista a Carlo Perucci, direttore scientifico del Pne e dell’Agenas Il Programma Nazionale Esiti 2013

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Piani di rientro

Positivi i conti 2012 di Puglia, Campania e Siciliaa pagina 8

Anaao Giovani

Contributi sull’organizzazione del lavoroa pagina 10

dmdirigenzamedica

I L M E N S I L E D E L L ’ A N A A O A S S OM E D N UM E R O 8 - 2 0 1 3

Dirigenza Medica - Anno XII - n. 8 - 2013 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma N.11/2006 - www.anaao.itIn caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Roma - Romanina per la restituzione al mittente previo pagamento resi

22° Congresso

NazionaleStraordinario

Anaao Assomed

Un sindacatopiù forte

per la sanitàdel futuro

LE PERFOMANCEDEGLI OSPEDALIITALIANI

Tutti i numeri e l’intervistaa Carlo Perucci,direttore scientificodel Pne e dell’Agenas

Il Programma Nazionale Esiti 2013

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2 Dirigenza Medica 8/2013

Eppur si muove. Anche se a piccolissimi passi lestrutture sanitarie italianemigliorano le proprieperformance. L’elevato numero dei cesarei, dasempre una delle criticità del nostro Ssn, iniziaa mostrare segnali di contrazione. E cambia inmeglio anche la durata della degenza dopo unintervento di colecistectomia in laparoscopia,considerata come un campanello d’allarme perverificare se una struttura ospedaliera lavora aregola d’arte. Ma il passo in avanti più consi-stente si registra nelle camere operatorie delleortopedie: per gli anziani la possibilità di anda-re sotto i ferri del chirurgo entro 48 ore dallafrattura di femore aumenta su tutta la peniso-la. Se nel 2011 inmedia il 33,11% degli italiani ri-coverati aveva la possibilità di essere operatonei tempi previsti, nel 2012 la percentuale è au-mentata passando al 40,16%. Un balzo in avan-ti determinato dalle alte performance raggiun-te in Toscana,Marche ed Emilia Romagna, masoprattutto dal determinante contributo dellaregione Sicilia che, correggendo le criticità de-gli anni precedenti, ha risollevato la media ita-liana.Ma se c’è chi fa passi da gigante, c’è anchechi invece rimane al palo: la regione Campaniaconquista anche quest’anno il triste primato del-

la realtà con le peggiori performance, in parti-colare sul fronte dei cesarei, ma non solo.È questo lo scenario emerso dai nuovi risultatidel Programma nazionale di valutazione degliesiti (Pne) curato da Agenas, titolare del siste-ma di valutazione, che ha messo sotto le lentele prestazioni erogate in oltre 1.400 ospedalipubblici e privati, accreditati e non, passandoal setaccio dati di mortalità, tempi di interven-to e altri indicatori in grado di misurare gli esi-

Migliorano le pedelle strutture ita

L’Agenas presenta i risultatidel Programma nazionale esiti

Toscana, Lombardia ed Emilia Romagnaai vertici. Male le performance dellaCampania seguita dalla Puglia. Macomplessivamente lo scenario migliorarispetto all’ultima rilevazione. È questoil quadro emerso dai nuovi risultati delProgramma nazionale di valutazionedegli esiti (Pne) curato da Agenas cheha coinvolto oltre 1.400 ospedalipubblici e privati.

Ester Maragò

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rformancealiane

ti delle performance raggiunte.Un programma sempre più “chirurgico”, si ri-presenta, infatti, con un numero di indicatoriancora più ampio - dai 42 della rilevazione 2011,si è arrivati a 114 indicatori valutati nel 2012 – econ metodologie che con accurata precisionemisurano l’appropriatezza delle cure nelle strut-ture italiane. I numeri descrivono inoltre ec-cellenze e passi falsi, per alcuni indicatori, dal2005 al 2012.

Il leit motiv dell’Agenas è sempre lo stesso: ilProgramma esclude categoricamente l’utilizza-zione dei risultati come una sorta di “pagelle,giudizi” o una classifica degli ospedali, dei ser-vizi, dei professionisti. È invece uno strumen-to per promuovere un’attività di auditing clini-co e organizzativo che valorizzi l’eccellenza, in-dividui le criticità e promuova quindi l’efficaciae l’equità del Ssn.Ma se anche questi sono gli intenti di Agenas,

LO CHIARISCE SUBITO CarloPerucci, da tre anni direttorescientifico del Programma nazionaleesiti dell’Agenas: “Il Pne non è il‘Gambero rosso’della sanitàitaliana”perché “il sistema è unostrumento di auditing per iprofessionisti e le istituzioni.Abbiamo aumentato gli indicatori efatto modifiche sulle modalità dianalisi”. E poi evidenzia la validitàdel Pne, che dove utilizzato, haprodotto risultati. È scettico su un

TripAdvisor dellasanità, mafavorevole allapubblicazione deivolumi degliinterventi effettuatidai professionisti.

Professor Perucci,quali novitàritroviamo in questanuova edizione delPiano nazionaleesiti?Mi faccia premettereche il sistema è in

continuo aggiornamento e si puòsempremigliorare ma, aprescindere da ciò, il sito è più riccoe ha più indicatori e questo haulteriormente caratterizzato e resoanche più complesso lo strumentodi auditing a disposizione deiprofessionisti e delle Istituzioni. Matornando alle novità, esse sonomolte. A partire da quegli sugliindicatori che, oltre ad essere statiaggiornati, sono aumentati dinumero (per esempio abbiamoaggiunto le complicanze dopo ilparto, angioplastica per trattamentonon acuto, script del rene ed altro) ealle modifiche che abbiamo fattoalle modalità di analisi. Su questopunto devo dire che altra grossanovità riguarda la proficuadiscussione e confronto cheabbiamo attivato con numerosesocietà scientifiche. Un rapportoproficuo che ci ha consentito dimigliorare la metodologia. Inoltre,abbiamo allargato l’analisi deivolumi di attività. Siamo andati avedere sia il volume dei ricoveri perterritorio per una

PERUCCI (AGENAS):

“IL PNE NONÈ IL ‘GAMBEROROSSO’ DELLASANITÀ ITALIANA”

segue a pag 5

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4 Dirigenza Medica 8/2013

è anche indubbio che il Pne consente di farsiun’idea concreta di dove si viene assistiti me-glio. Per questo, come già nelle precedenti edi-zioni del Pne, curiosando tra numeri e variabi-li statistiche, abbiamo scattato un’istantaneasugli esiti relativi a 7 indicatori che abbiamo con-siderato come più significativi per capire qualisono le prime dieci strutture a livello nazionalecon esiti favorevoli e quelle che, al contrario, so-no ancora molto lontane dalla media italiana.I dati emersi delineano una situazione ancoravariegata tra le aree del Paese. Il Nord mantie-ne un elevato livello di performance, Lombar-dia in primis. Toscana ed Emilia Romagna nonperdono colpi. Le regioni del Sud, la Campaniasu tutte, continuano invece a inciampare su al-cuni indicatori considerati essenziali per misu-rare l’appropriatezza delle cure.

Infarto miocardico acuto (Ima): mortalità a 30giorni (media esiti Italia 9,98%)Per quanto riguarda questo indicatore i nume-ri segnalano una situazione di estrema eteroge-neità sia tra le diverse Regioni, ma anche all’in-terno delle stesse. Va però sottolineato che i da-ti vanno presi con le molle: il dato di mortalitàpari a zero è inverosimile, sottolinea l’Agenas,e potrebbe nascondere una erronea attribuzio-ne di diagnosi. Tradotto in parola più chiare po-trebbe essere stata attribuita ad una Sdo unadiagnosi di infarto che infarto non è.Ciò premesso emerge che la Puglia presenta ledue strutture che hanno registrato gli esiti piùfavorevoli. Stiamo parlando del Presidio ospe-daliero S. Caterina Novella di Galatina che afronte di 65 interventi valutati non ha registra-to nessun caso di mortalità, e dell’ospedale Sa-cro Cuore di Gesù di Gallipoli che su 103 inte-reventi ha registrato un indice di mortalità a 30giorni dello 0,8%.Ma allo stesso tempo ha nel suo territorio

Infarto MiocardicoAcuto: mortalità a 30giorni dal ricovero

(media esiti nazionale9.98) 2012

Fonte: Elaborazione Quotidiano Sanitàsu dati PNE

Intervento BypassAortocoronarico:mortalità a 30 giorni

(media esiti Italia2.49%) 2011/2012

Fonte: Elaborazione Quotidiano Sanitàsu dati PNE

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Intervento divalvuloplastica e/osostituzione di valvolaisolata:mortalità a 30 giorni

(media esiti Italia3,05%) 2011 2012

Fonte: Elaborazione Quotidiano Sanitàsu dati PNE

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Per facilitare la letturaabbiamo selezionato le prime dieci e le ulti-me dieci strutture a livello nazionale con esi-ti favorevoli e sfavorevoli rispetto alla medianazionale. Le diverse strutture sono state col-locate, così come realizzato dagli epidemio-logi dell’Agenas, in tre fasce: quella blu, i cuidati aggiustati (ossia quei dati per i quali so-no state considerate le possibili disomoge-neità tra le popolazioni come l’età, il genere,presenza di comorbità croniche, etc..) e fa-vorevoli, sono statisticamente certi; quellarossa in cui dati aggiustati sfavorevoli nonpresentano margini di errore statistico; quel-la grigia dove invece c’è un rischio relativo dierrore di un risultato (quello che i tecnici chia-mano fattore “p”).

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l’Ospedale di Venere che su 173 interventi va-lutati ha fatto segnare un indice di mortalità del26,1%. Stesso dicasi per il Friuli Venezia Giuliadove vi sono strutture con esiti molto differen-ti. L’ospedale S.M. A. di Sacile su 268 interventiha registrato un esito dello 0,8% e al contempol’Ao S.M. di Pordenone su 52 interventi ha evi-denziato un indice del 41,4%.Differenza all’interno della stessa Regione emer-gono anche inVeneto: si va da un indice dimor-talità del 2,7% all’Ospedale di SanDonà di Pia-ve su 157 casi valutati, a quello dell’Ospedale San-t’Antonio che su 75 casi ha evidenziato un in-dice di mortalità a 30 giorni del 23,9%.

Intervento Bypass Aortocoronarico: mortalità a30 giorni (media esiti Italia 2,49%)biennio 2011-2012Il dato di mortalità a 30 giorni per interventoBypass Aortocoronarico (media esiti Italia2,49%) rileva uno scenario variegato con eccel-lenze tutte concentrate nelle Regioni del Norde del Centro Italia: spiccano nel Nord per esitidi tutto rispetto l’Irccs Pr Monzino di Milanoche ha lavorato così bene da azzerare la morta-lità, l’Ao Civile S. Antonio e Biagio di Alessan-dria (0,2), il San Raffaele e il Niguarda di Mila-no (rispettivamente con 0,4% e 0,6% di mor-talità). Al Centro si distingue il SanCamillo For-

lanini di Roma con una mortalità dello 0,5%.Lo scenario diventa invece a tinte fosche nelSud: ben sei strutture campane, capitanate dal-l’Azienda ospedaliera S. Anna e S. Sebastianodi Caserta, con un dato ben 6 volte sopra la me-dia (14,8%, presentano dati preoccupanti. In Si-cilia il Po VEmanuele di Catania e l’AouGiac-cone di Palermo hanno una mortalità del 6,5 edel 6%.Ma anche la virtuosa Lombardia ha la sua mac-chia: le cliniche Gavezzani di Bergamo hannouna percentuale di mortalità quasi doppia ri-spetto alla media nazionale (5,9%).

Intervento di valvuloplastica e/o sostituzione divalvola isolata: mortalità a 30 giorni (mediaesiti Italia 3,05%)Lemigliori performance le ha realizzate l’Ospe-dale Alessandro Manzoni di Lecco: su 232 in-terventi valutati non è stato registrato alcundecesso. Stessi esiti favorevoli all’ospedale Ci-vile di Sassari dove però, gli interventi valutatisono stati 73. Da segnalare poi l’ottimo esito(0,5%) raggiunto dal San Raffaele diMilano an-che in considerazione dei 1.308 interventi va-lutati. Buone le performance anche all’Hespe-ria Hospital di Modena e alla Casa di cura Cit-tà di Lecce. Da notare come tra i primi dieciesiti a livello nazionale vi siano ben sette strut-

determinata patologia e sia il volume chequella patologia genera effettivamente lapopolazione di quel territorio. E poi altranovità riguarda la possibilità per glioperatori sanitari di effettuare un corsoFad sugli esiti.Il Pne così com’è, potrebbe diventare unasorta di TripAdvisor come ha indicato ilministro Lorenzin?Lo ripeto il Pne non è un il ‘Gambero rosso’della sanità italiana. È un sistema moltocomplesso e il cittadino non è in grado divalutare la qualità delle cure. Tornando alriferimento sul TripAdvisor, per esempiopenso alla possibilità degli utenti di dareun parere sull’accoglienza delle strutture,credo sia veramente complesso costruireun sistema del genere. Ciò che invececredo si potrebbe pubblicare subito sono ivolumi degli interventi dei singoliprofessionisti. Ma a parte questo lacostruzione di un portale aperto a tutti ègià stata decisa, ma è tutto fermo.In che senso?I fondi (7 milioni di euro) sono bloccati da

tre anni, e soprattutto la spending reviewprevedeva che il Ministero della Salutemodificasse tutti i sistemi informativi inchiave di interconnessione e finalizzandolialla valutazione. Ebbene, non è stato fattoancora nulla. Penso anche alle modifichedelle Sdo in modo da poter identificare ilprofessionista che effettivamente compiel’intervento. C’è il parere positivo delleRegioni ma è tutto bloccato sul tavolo delMinistero della Salute. Molti professionistisarebbero ben contenti di farsi identificarementre in altre aree d’Italia ciò potrebbefar emergere situazioni di gravi criticità.Può farci un esempio?Ci sono alcune centinaia di strutture (ebadi bene parlo di strutture) cheeffettuano meno di cinque operazioni ditumore allo stomaco all’anno, quando laletteratura scientifica richiede una sogliaminima per professionista di venti.Per quanto riguarda invece l’assistenzaterritoriale ci sono novità?Nel Pne già c’è un analisi delleperformance territoriali. Gli indicatori peresempio sull’asma pediatrico, sul ricorsoall’ospedale per una diagnosi diipertensione o i ricoveri per diabete senzacomplicanze, evidenziano, laddove più

alte, la carenza dell’assistenza territoriale.In questo senso, ma si ricollega anche aquanto dicevo prima, attraversol’interconnessione dei sistemi, compresaanche l’analisi della farmaceutica sipotrebbe fare molto di più. In alcuneRegioni si sta facendo, ma a livellonazionale ancora non è possibile.Infine, gli indicatori mostrano unmiglioramento delle performance. Pensoai tempi per l’operazione al femore o aicesarei in alcune aree. È il segno che ilPne funziona?Sembra proprio di sì. Mi riferisco allaSicilia dove sono stati inseriti comeelemento di valutazione dei Dg alcuniindicatori e lì infatti si è intervenuto e leperfomance sono migliorate. Penso poi alparto cesareo, la cui media nazionale èpassata in cinque anni dal 29% al 26%. Equesto è un risultato clamoroso. Certo, lasituazione è molto eterogenea, ancheall’interno delle stesse Regioni. Ma credoche l’adozione sempre più massiccia deglistrumenti di auditing clinico organizzativoe di valutazione forniti dal Pne non possache far bene al miglioramento delleperformance del nostro Ssn.

(L.F.)

PERUCCI (AGENAS):“IL PNE NON È IL ‘GAMBERO ROSSO’DELLA SANITÀ ITALIANA”

segue da pag 3

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6 Dirigenza Medica 8/2013

Frattura del femore:intervento chirurgicoentro 48 ore

(media esiti Italia40.16%) 2012

Fonte: Elaborazione Quotidiano Sanitàsu dati PNE

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Proporzione dicolecistectomielaparoscopichecon degenza postoperatoriaentro 3 giorni

(media esiti Italia61.46) 2012

Fonte: Elaborazione Quotidiano Sanitàsu dati PNE

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ture della Lombardia.Dal lato invece degli esiti più sfavorevoli tro-viamo la Clinica San Michele (Campania) chea fronte di 93 interventi valutati ha una morta-lità a 30 giorni del 23,2%. Abbondantementesopra la media anche l’ospedale S. Anna e S. Se-bastiano di Caserta che, su 95 interventi valu-tati, ha fatto registrare esiti sfavorevoli nel14,2% dei casi. Performance negative e sopra lamedia anche per la Casa di cura Pineta Gran-de (Caserta) che su 76 interventi valutati ha re-gistrato esiti sfavorevoli per il 13,4%. Da evi-denziare come tra le dieci perfomance più sfa-vorevoli vi siano ben sei strutture della Regio-ne Campania.

Frattura collo del femore: intervento entrodue giorni (media esiti Italia 40,16%)I numeri ci descrivono una media nazionaleancora bassa: il 40,16% dei ricoverati riesceinfatti ad essere operato nei tempi previsti.Una percentuale che tuttavia mostra un net-to miglioramento considerando che nel 2011solo il 33,11% dei pazienti andava sotto i ferrientro i due giorni dal ricovero. Certo il mar-gine di miglioramento è ancora ampio consi-derando che il processo assistenziale in que-sto caso è fortemente influenzato dalla capa-cità organizzativa della struttura, la quale puòincidere fortemente sulla puntualità dell’in-tervento o sui ritardi nel processo di cura: ba-sterebbe, infatti, riorganizzare la sala opera-toria rendendola sempre disponibile, o consi-derare questo intervento sugli anziani comeun codice rosso.Comunque, ancora una volta si conferma cheabitare al Nord, al Centro o al Sud Italia puòfare veramente la differenza: nelle regioni delNord e nel Centro più di otto pazienti su die-ci entrano in camera operatoria nei tempi pre-visti. Un trattamento che non ricevono quel-li del Sud: la possibilità di essere operati entrole 48 ore è residuale. Un esempio su tuttil’ospedale di Venafro (Is) in Molise e quellodi Cesarano, strutture pugliese in provincia diLecce: nessuno dei pazienti ricoverati con-quista la camera operatoria nei tempi ottima-li. Stesso destino per i pazienti di altre 3 strut-ture della Puglia (al presidio ospedaliero diGrottaglie, al Teresa Masselli di Foggia e nel-l’Ao Ospedali riuniti di Foggia) e ben 5 in Cam-pania (a LoretoMare di Napoli solo il 2,1% deipazienti viene operato): meno di 4 pazienti sudieci varcano la soglia della camera operato-ria entro due giorni.Percentuali lontanissime dai comportamentivirtuosi raggiunti invece dall’Ospedale San-t’Eugenio di Roma, che conquista il podio del-le migliori strutture a livello nazionale: ben il94,2% dei pazienti sale sul lettino operatorioentro i due giorni dal ricovero. Ed anche quel-le registrate in Lombardia nella Clinica Po-liambulanza di Brescia (93,3%) o in Toscanaall’Ospedale Versilia (89,7%) e all’Ospedale SSGiacomo e Cristoforo a massa (84,8%). Manon mancano le eccellenze in Sicilia, - regio-ne che per quanto riguarda questo indicatoreha compiuto un percorso virtuoso - nell’AouG.Martino (Me) viene operato entro due gior-ni l’86,9% dei pazienti.

Proporzione di colecistectomielaparoscopiche con degenza post operatoriaentro 3 giorni (media esiti nazionale 61,56%)Anche la proporzione di colecistectomie la-paroscopiche con degenza post operatoria en-tro 3 giorni che consente di verificare la buo-

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Dirigenza Medica 8/2013 7

na performance delle strutture, evidenzia ri-sultati in miglioramento ed eterogenei su tut-to il territorio nazionale (la media esiti nazio-nale è del 61,56%). Dalla Puglia, in testa agli esi-ti più favorevoli con il Po di Casarano dove tut-ti i pazienti vengono dimessi entro i 3 giorni,passando per la Toscana con la clinica Villa Fio-rita, al Veneto con l’ospedale Civile di Andria,alleMarche con l’ospedale di Tolentino le strut-ture brillano per efficacia delle cure: il 98% deipazienti conquista ottime performance. Matroviamo strutture con esiti eccellenti anche inSicilia (la clinica Santa Anna di Agrigento), inCampania (la clinica Nostra Signora di Lour-des) e i Puglia (la clinica S. Francesco a Galati-na). Non mancano nella lista delle top ten To-scana e Lombardia. Osservando invece gli esi-ti più sfavorevoli le “maglie nere” vanno al Pre-sidio Ospedaliero Gardone in Lombardia, al SSGonfalone nel Lazio, alla casa di Cura VillaMa-ria in Campania, alla Cc Villa Caminiti in Ca-labria e al Po Carlo Basilotta in Sicilia: nessunpaziente viene dimesso nei tempi consideraticome gold standard. Non va meglio in Abruz-zo, dove nella casa di cura L’Immacolata e al-l’Ospedale San Liberatore di Atri rispettiva-mente appena lo 0,9% dei pazienti e il 2,3% èdimesso nei tempi giusti. E ancora, esiti sfavo-revoli vengono registrati in un’altra strutturadel Lazio (Cc Fabia Mater), in Sardegna nel-l’Aou San Giovanni di Dio a Cagliari e in Pu-glia all’Ospedale di Miccoli: non superano il2,4% dei pazienti dimessi in tre giorni.

Intervento per tumore gastrico maligno:mortalità a 30 giorni (media esiti Italia5,76%)Per quanto riguarda questo indicatore tutte leprime dieci strutture analizzate hanno avutoun esito pari allo 0%. Da notare come vi sianocinque strutture della Lombardia con in testal’Istituto nazionale dei tumori di Milano (160interventi) e l’ospedale S. Gerardo di Monza(143 interventi). Esito allo 0% anche per duestrutture venete (Policlinico di Verona e Ospe-dale Santa Maria Del Prato). Con esiti pari a0 anche l’Ifo-Istituto Regina Elena di Romal’Ospedale Riunti di Jesi e Ao Mater Dominidi Catanzaro. Per quanto riguarda invece lestrutture con performance critiche quindi conesiti sopra la media e perciò più sfavorevoli,troviamo l’ospedale Misericordia e Dolce diPrato che a fronte di 67 interventi valutati havisto un indice di mortalità del 20,9%. Indicequattro volte sopra la media anche per l’AoRiuniti di Foggia dove su 75 interventi la mor-talità a 30 giorni è del 20,1%. Esiti sopra la me-dia anche per l’Ospedale Belcolle di Viterbo(17% su 54 interventi) e per il San Carlo di Po-tenza con mortalità a 30 giorni al 16,3% su 71interventi valutati.

Taglio cesareo: proporzione su parti primari(media esiti Italia 26,27%)Sul fronte dei parti cesarei primari (lamedia na-zionale esiti è del 26,27%), nonostante la mediaitaliana sia migliorata (era del 27,42% nel 2011)lo stivale continua ad essere spaccato inmanie-ra netta. Lemigliori performance si concentra-no soprattutto in Lombardia (ben sei strutturehanno percentuali inferiori all’8%), ma il “pal-mares” della struttura con imigliori esiti lo con-quista l’Ospedale di Palmanova in Friuli Vene-zia Giulia con appena il 4,6% di cesarei effet-tuati. La Toscana con l’Ospedale di Borgo San

Lorenzo a Firenze registra un esito pari al 5,2%.Seguono L’Emilia Romagna dove all’ospedaleMaganti di Scandiano i parti cesarei sono fermial 7,5%. In veneto al Ca Foncello di Treviso siarriva all’8,2%. In Campania la più alta concen-trazione di strutture dove il parto cesareo spo-pola: in ben nove strutture - capitanate dalla cli-nica Villa Cinzia diNapoli (con una percentua-le del 93,6%) - a più di sette donne su dieci vie-ne praticato il cesareo. Nella “black list” figurasolo la struttura di un’altra regione: la clinicaMa-terDei di Roma con l’87,8%di tagli cesarei (era-no il 91,9% nel 2011).

Intervento per tumoregastrico maligno:mortalità a 30 giorni

(media esiti Italia5,76%) 2010 2012

Fonte: Elaborazione Quotidiano Sanitàsu dati PNE

Proporzione di particon taglio cesareoprimario

(media esiti Italia26,27%) 2012

Fonte: Elaborazione Quotidiano Sanitàsu dati PNE

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8 Dirigenza Medica 8/2013

PUGLIAProcede a buon regi-me la deospedalizza-zione nella Regione.Mentre emergono cri-ticità a livello di pre-venzione. Il decre-mento dell’ospedaliz-zazione sia in regimeordinario che in dayhospital è infatti con-sistente anche se al2012, il tasso totalestandardizzato di di-missione si mantieneal di sopra del valoredi riferimento (171,7 vs160). Si riduce il tassodi ricorso a ricoveri adalto rischio di inap-propriatezza: quelli inmodalità ordinariahanno ancora marginidi riduzione, mentreil tasso di ospedaliz-zazione della popola-zione over 75 è in linea con il valore di riferi-mento.Il valore della degenza media pre-operatoria,indicatore di efficienza nella gestione del per-corso preoperatorio e di efficace pianificazio-ne dell’utilizzo delle sale operatorie e dei servi-zi di supporto all’attività chirurgica, si mantie-ne al di sopra del valore medio nazionale, mo-strando comunque indizi di riduzione nel 2012.La dotazione di posti letto per la riabilitazionee la lungodegenza post-acuzie è pari a circa 0,36posti letto per mille abitanti al 1 gennaio 2013.È ancora bassa la quota di anziani assistiti a do-micilio. È inadeguato anche il numero di posti

letto presso strutture residenziali preposte al-l’assistenza degli anziani non autosufficienti.Sul fronte della prevenzione, la quota di resi-denti che hanno effettuato test di screening on-cologico in programmi organizzati è ancora bas-sa. Si conferma la necessità di chiarimenti inmerito alla rete degli erogatori privati, ed anchesullo stato attuale della rete dei servizi distret-tuali al fine di comprendere quali sono le in-tenzioni della regioni sulla prevista riorganiz-zazione.Permangono criticità nel processo di riorga-nizzazione del soccorso territoriale che entre-rà in una fase operativa solo dopo la revisione

del personale medicodella rete 118. Il per-corso di definizione diun settore unico di ri-ferimento, in grado diintegrare le diversecomponenti del soc-corso sanitario in ur-genza (territorio, 118,continuità assistenzia-le, ospedali) non ècompletato, pur aven-do la Regione antici-pato alcuni interventirispetto al cronopro-gramma del preceden-te P.O.Il risultato di gestionea consuntivo 2012 pre-senta un avanzo di3,814 mln di euro.Considerando la di-strazione di risorse daparte del bilancio re-gionale pari a 221,670mln di euro, il disavan-zo cui dare copertura

è pari a 217,856 mln di euro. Dopo il conferi-mento delle coperture adottate dal Commissa-rio ad acta, pari a 223,975 mln di euro, il risulta-to di gestione dopo le coperture è in avanzo di6,119 mln di euro. Pertanto avendo il Commis-sario adottato entro i termini misure idonee esufficienti a garantire l’equilibrio di bilancio peril 2012, non c’è più la necessità di un incremen-to automatico delle aliquote nella misura mas-sima.In merito all’andamento del I trimestre, la Re-gione stima un disavanzo di 70 mln di euro peril quale ha preordinato coperture derivanti dal-le entrate fiscali. I documenti evidenziano che

Le verifiche dei P

Positivi i conti 2012 di Puglia, Campania e Sicilia

In Puglia si registra un decremento dell’ospedalizzazione, ma permangonocriticità nel processo di riorganizzazione del soccorso territoriale. Stessotrend in Campania, dove però per la deospedalizzazione si registrano ancoraampi spazi di riduzione mentre è ancora da sciogliere il nodo sul blocco delturn over. Bene i conti in Sicilia che presenta a consuntivo 2012 un avanzo di5,610 mln di euro

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al I trimestre 2013 sono contabilizzate risorseper prestazioni aggiuntive rispetto ai Lea, cheriportate linearmente all’anno sono pari a 19,512mln di euro. In merito all’erogazione di livelliaggiuntivi rispetto ai Lea, gli organismi di mo-nitoraggio rappresentano che è intervenuta lasentenza della Corte Costituzionale n°104 del22/05/2013 che rileva il contrasto dell’erogazio-ne delle prestazioni aggiuntive rispetto ai Leanelle regioni sottoposte ai Piani di Rientro conobiettivi di risanamento in quanto viola il prin-cipio di contenimento della spesa pubblica sa-nitaria.Per quanto riguarda le prestazioni extra-Lea laRegione devemodificare la bozza di P.O. 2013-2015 prevedendone l’eliminazione a decorreredal 2014mediante un puntuale cronoprogram-ma.

CAMPANIANella Regione si evidenzia una situazione deli-cata inmateria di accreditamento, ma anche undecremento dell’ospedalizzazione totale che,tuttavia, presenta ancora al 2012 un ampiomar-gine di riduzione rispetto al valore di riferi-mento. C’è una consistente riduzione del ricorsoa ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza seerogati in modalità ordinaria. Il tasso di ospe-dalizzazione della popolazione ultra settanta-cinquenne e il valore della degenza media pre-operatoria (indicatore di efficienza nella ge-stione del percorso pre operatorio e di efficacepianificazione dell’utilizzo delle sale operatoriee dei servizi di supporto all’attività chirurgica),pur mostrando segnali di diminuzione nel tem-po, si mantengono nel 2012 al di sopra dei valo-ri medi nazionali di riferimento. La dotazionedi posti letto per la riabilitazione e la lungode-genza post-acuzie risulta pari a circa 0,3 postiletto per mille abitanti residenti al 1 gennaio2013. È ancora esigua, nel 2012, la quota di an-ziani assistiti a domicilio inferiore anche se dal2009 c’è stato un miglioramento. È ancora, in-sufficiente la dotazione di posti letto sia pres-so strutture tipo Hospice che presso struttureresidenziali che rogano assistenza psichiatricao destinate a persone anziane non autosuffi-cienti. Importanti criticità emergono nell’area

degli screening: è bassa la quota di residenti chehanno effettuato test di screening oncologici inprogrammi organizzati.In materia di accreditamento, vista la partico-lare e delicata situazione in cui versa la Regio-ne, il tavolo di verifica ha richiesto che la strut-tura commissariale invii un documento rico-gnitivo dei fabbisogni di strutture/prestazioniin modo da realizzare un unico documento diriferimento per la verifica della coerenza con laprogrammazione regionale.In merito ai rapporti con gli erogatori privati,il tavolo di verifica rimane in attesa di acquisi-re informazioni sullo stato di sottoscrizione deicontratti con le strutture per l’anno 2012, sulladefinizione dei tetti 2013 per tutte le tipologiedi prestazioni, sullo stato di sottoscrizione deicontratti con le strutture per il 2013.Il tavolo di verifica ha preso atto della costitu-zione dell’Azienda Ospedaliero-UniversitariaS. Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona – Scuo-la medica Salernitana e resta in attesa di acqui-sire l’atto aziendale. È ancora da sciogliere il no-do sul blocco del turn over: non è ancora per-venuta la documentazione in merito alla ri-chiesta di deroga.Devono essere definiti con un nuovo atto or-ganico gli interventi sulla rete ospedaliera. Sul-la rete di assistenza territoriale, considerate lecriticità rilevate, si attende la concreta attua-zione delle azioni previste nel P.O. 2013-2015.Inmerito alla rete dell’emergenza urgenza si in-vita la Regione a provvedere quanto prima al-l’approvazione dei piani attuativi per attivareconcretamente il piano di riorganizzazione.La Regione presenta a consuntivo 2012 un di-savanzo di 111,076 mln di euro. Dopo le coper-ture a valere sulla leva fiscale massimizzata re-lativa all’anno d’imposta 2013 il cui gettito di-sponibile è pari a 232,978 mln di euro, eviden-zia un avanzo di 121,902 mln di euro. Eviden-ziate fragilità delle informazioni contabili sul-lo stato patrimoniale 2012. Ciò rivela un com-portamento di non leale collaborazione tra lastruttura commissariale e gli Organismi stessidi Monitoraggio.Per il 2013, sulla base dei dati del I trimestre, sistima una perdita, prima delle coperture, di cir-ca 72 mln di euro in linea con il CE del Pro-gramma Operativo 2013-2015.

SICILIADecresce in maniera consistente l’ospedalizza-zione totale che, nell’ultimo anno, risulta lieve-mente al di sopra del valore di riferimento. Il va-lore della degenza media pre-operatoria, indi-catore di efficienza nella gestione del percorsopre-operaotrio e di efficace pianificazione del-l’utilizzo delle sale operatorie e dei servizi di sup-porto all’attività chirurgica, è per il 2012 in lineacon il valore medio nazionale (1,89 vs 1,85). Ladotazione di posti letto, per la riabilitazione e lalungodegenza post-acuzie, è pari a circa 0,4 po-sti letto per mille abitanti residenti al 1 gennaio2013.Sono ancora basse sia la quota di anziani assisti-ti a domicilio, sia la dotazione di posti letto pres-so strutture residenziali per anziani non auto-sufficienti, nonostante imiglioramenti dal 2009.Si evidenzia inoltre una dotazione inadeguata diposti letto presso strutture residenziali prepo-ste all’assistenza psichiatrica, e presso gli hospi-ce. Bassa la quota di residenti che hanno effet-tuato test di screening oncologici in programmiorganizzati. È emerso un notevole migliora-mento soprattutto nel settore dell’assistenza do-miciliare e nell’assistenza residenziale per disa-bili fisici e psichici portando il punteggio dellaGriglia Lea da 108, nel 2010, al 147, nel 2011.C’è invece necessità di opportune iniziative perl’effettiva implementazione delle attività di pre-venzione con particolare riferimento agli scree-ning oncologici e che nell’ambito dell’atteso PO2013-2015 sia incluso un programma dedicato al-la sanità veterinaria e alla sicurezza degli alimenti.Inmateria di rete ospedaliera si rimane in atte-sa dello schema di riassetto dei posti letto e del-le strutture organizzative. Si apprezzano i per-corsi avviati in materia di reti cliniche speciali-stiche e si suggerisce di formulare cronopro-grammi relativi a ciascuna azione e di monito-rare e relazionare l’effettiva implementazionedelle stesse.Relativamente al percorso nascita si rimane inattesa del provvedimento di rimodulazione deipunti nascita e delle Utin.Migliora la rete dell’emergenza urgenzama nonè più prorogabile la predisposizione di un pianodi riordino della rete di emergenza.Il tavolo di verifica rimane poi in attesa di chia-rimenti sulle convenzioni con l’Irccs Gaslini diGenova, l’istituto Ortopedico Rizzoli di Bolo-gna e l’Irccs Bambino Gesù.LaRegione Siciliana presenta a consuntivo 2012un avanzo di 5,610 mln di euro. Considerandol’effetto sulle contabilizzazioni derivanti dallatenuta della contabilità parallela coerente con ildecreto legislativo 118/2011 e per effetto di quan-to disposto dall’art.30 delmedesimo decreto, ta-le avanzo viene rideterminato in un disavanzoda coprire di 34,144 mln di euro. Il risultato digestione dopo il conferimento delle coperturepari a 292,901 mln di euro, evidenzia un avanzodi 258,757 mln di euro. La stima a chiudere perl’anno 2013 prima delle coperture sia di -98,510mln di euro a fronte di una stima regionale di -25,4 mln di euro che potrebbe ridursi a -17 mlndi euro a seguito delle azioni di contenimentoassunte dalle Aziende e previste nel P.O. 2013-2015.

Dirigenza Medica 8/2013 9

iani di rientro

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10 Dirigenza Medica 8/2013

Negli ultimi anni l’organizzazione dell’ospedaleper intensità di cure si è affermata con forza neldibattito sanitario nazionale riguardante l’in-novazione ospedaliera.L’idea di fondo è quella di un ospedale non piùstrutturato in unità operative, in base alla pa-tologia e alla disciplina medica, ma organizza-to in aree che aggregano i pazienti in base allamaggiore ominore gravità del caso ed al conse-guente livello di complessità assistenziale.Il modello di assistenza ospedaliera per inten-sità di cure coniugherebbe al meglio sicurezza,efficienza, efficacia ed economicità dell’assi-stenza e prefigurerebbe un ospedale incentra-to di più sul paziente. L’Ospedale pensato perintensità di cure dovrebbe portare soprattuttoad unamaggiore efficienza nell’utilizzo delle ri-sorse di cui dispone, specialmente quelle checreano “colli di bottiglia” nella catena assisten-ziale (posti letto, sale operatorie, ecc).Tuttavia, quando si pensa ad un ospedale orga-nizzato per intensità di cure non si deve pensa-re ad un unicomodello precostituito in manie-ra dogmantica quanto ad una filosofia organiz-zativa che punti ad ottimizzare il funzionamentodell’ospedale stesso. Tale filosofia, come detto,pone prima di tutto al centro del sistema la dif-ferenziazione dei pazienti in base ai diversi li-velli di instabilità clinica (urgenza/elezione) e dicomplessità assistenziale (ricovero breve/lun-go). La vera sfida, pertanto, non è applicare ununicomodello “preconfezionato” a tutti gli ospe-dali bensì trovare l’assetto organizzativo mi-gliore per quello specifico ospedale (sede ome-no di Dea, polispecialistico omeno) così da ga-rantire la massima efficienza nell’utilizzo dellevarie piattaforme (degenza, ambulatori, sale ope-ratorie) in base al livello di instabilità clinica edei bisogni assistenziali dei pazienti in esse al-locate. I criteri a cui far riferimento per orga-

nizzare un ospedale per intensità di cure sono:la standardizzazione delle attività per pazienti“elettivi” (a bassa complessità clinica-assisten-ziale); l’individuazione di reparti dedicati a pa-zienti “instabili” (post chirurgici; acuti ad altainstabilità internistica, ecc); la programmazio-ne nell’utilizzo delle risorse “limitate” (posti let-to, sale operatorie) così da distinguere i processielettivi dall’urgenza (Federico Lega. Oltre i pre-giudizi: natura e sostanza dell’ospedale per li-velli di intensità. Università SDA Bocconi).Esempi in tal senso, già applicati in alcune re-altà ospedaliere italiane, sono: la distinzione trareparti high care (esempio, reparto polispeciali-stico per post chirurgici), usual care (reparto in-ternistico polispecialitico per ricoveri “ordina-ri”) e low care (come ad esempio reparti inter-nistici a gestione prevalentemente infermieri-stica, con chiamata del medico in consulenza,dedicati a pazienti ad alto tasso di ospedalizza-zione, i cosidetti frequent users, quali ad esempioanziani fragili e portatori di patologie croniche);l’introduzione di reparti multi specialistici a ri-covero breve (con degenza da 2 a 5 giorni: i co-

siddetti week-surgery o week-hospital).Questi esempi di riorganizzazione ospedaliera,realizzati soprattutto nel Centro e nel Nord,sono sorti nell’ottica di innovare l’organizza-zione aumentando il fitting (coerenza) tra piat-taforme produttive e caratteristiche (carico as-sistenziale) dei pazienti, sempre allo scopo diottimizzare le risorse. In sostanza, tra gli effet-ti attesi dall’assistenza ospedaliera per intensi-tà di cure c’è che lo specifico percorso sanita-rio scelto per un gruppo di pazienti sia quellochemassimizza i vantaggi sanitari a parità di ri-sorse impiegate per realizzarlo. E poiché un pa-ziente, come spesso accade, può avere più pa-tologie rilevanti, o può avere necessità per unastessa patologia di competenze terapeutiche dipiù discipline mediche, l’ospedale organizzatoper intensità di cure pone anche le basi per lamultidisciplinarietà e per un’assistenza ade-guatamente standardizzata.Il nuovomodello assistenziale consentirebbe almedico di meglio concentrarsi sulle propriecompetenze distintive e di esercitarle in diver-se piattaforme logistiche, aprendo anche ad unamaggiore responsabilizzazione del ruolo del-l’infermiere che risulterebbe essere in alcuni ca-si il riferimento/coordinatore (care manager) nel-la gestione assistenziale del paziente.È evidente che la prima criticità da superare inun modello così strutturato è di carattere cul-turale, ossia la resistenza dovuta al fatto di con-siderare uno spazio operativo come di “pro-prietà” di un’equipemedica. Tuttavia non dob-biamo dimenticare che tale organizzazione ospe-daliera (in divisioni e reparti prima ed in unitàoperative poi) ha rappresentato fino ad ora l’ele-mento che più ha garantito la continuità assi-stenziale nell’iter diagnostico-terapeutico delpaziente con una chiara definizione dei ruoli edelle responsabilità dei professionisti.

Filosofia di un modelloorganizzativoLa vera sfida sull’ospedale per intensità di cure, non è applicareun unico modello “preconfezionato”, ma trovare per ognispecifico ospedale l’assetto organizzativo migliore, così dagarantire la massima efficienza nell’utilizzo delle degenze,ambulatori, sale operatorie, in base al livello di instabilitàclinica e dei bisogni assistenziali dei pazienti.E gli esempi in Italia non mancano.

Antonio De PascalisUOC Nefrologia,Dialisi, Trapianto -Ospedale V. Fazzi, Lecce

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L’OSPEDALE PERINTENSITÀ DI CURE

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Dirigenza Medica 8/2013 11

Al secondo appuntamento conDirigenza Medica, cer-cherò di ripercorrere la strada che sta portandomolte regioni emolte aziende sanitarie ed ospe-daliere, a riorganizzare la propria rete secondounnuovo sistema denominato “per intensità di cu-re”. Anche nellamiaAsl (Asl Biella) in vista di untrasloco presso un grande e nuovopresidio ospe-daliero, si è deciso di riorganizzare l’ospedale ispi-randosi a questomodello.Per essere sinceri, nonmi èparso che ci siano ideeben chiare, e ho l’impressione che al momento,almeno per lamia realtà, ci si fermi appena dopola definizione. Come specialista in Geriatria pe-rò posso dire che nella mia vita professionale hosperimentato tutti i setting di cura possibili, dalDea al reparto per acuti, dalla post-acuzie allapost-degenza eRsa e credodi avere unquadro re-lativamente preciso di ciò che è la gradazione diintensità di cure nella “real Life”.Già, perché leggendo i vari brani di chi cerca didivulgare questo modello organizzativo, emer-ge un sottile spirito “bocconiano”, che spesso ri-sultamolto distante dalla percezione di noime-dici che ogni giorno e notte ci “sporchiamo lemani sul pezzo”. La difficoltà spesso di catego-rizzare i pazienti, il sempre più sottile confinetra malato acuto, cronico riacutizzato, la pluri-patologia, alle volte non permettono di defini-re dei progetti assistenziali precisi per un certotipo di malato. Bisogna inoltre considerare chein alcuni casi l’ospedale funge da “ammortizza-tore sociale” spesso facendosi carico anche deiproblemi sociali del paziente (pazienti soli, fra-gili, anziani) data la carenza dei servizi territo-riali e la mancanza di una politica di assistenzasociale che sia degna di questo nome.È con questo spirito, che cercherò di risolvereil mio amletico dubbio. L’ospedale per intensi-tà di cure è un obiettivo realizzabile o una uto-pia organizzativa?

Secondo alcuni analisti economici specializzatinel settore, noi medici saremmo diffidenti, peruna sorta di ottusità e incapacità di vedere la re-altà al di là del proprio naso. Forse in parte han-no ragione; spesso l’eccessiva specializzazionefa perdere di vista quelli che dovrebbero esserei percorsi dei pazienti all’interno delle strutturesanitarie (non solo gli ospedali) ma anche sul ter-ritorio. Spesso ci si arrocca dietro le specificitànosologiche della propria disciplina ma mancala visione globale, olistica del paziente e del suopercorso.Emilia Romagna e Toscana sono le prime re-gioni in Italia che hanno intrapreso la strada del-la riorganizzazione in tale senso seguite da altreregioni soprattutto del centro-nord.Attualmentela distribuzione della Asl eAso che lavorano conquesta metodologia sono diffuse a macchia dileopardo.L’assioma su cui verte tutta l’impalcatura orga-nizzativa è la centralità del paziente, attorno alui ruotano i professionisti e le tecnologie. Tut-to ciò sovverte la rigida logica della suddivisio-ne in reparti, unità operative, dipartimenti e di-scipline distinte.L’assistenza per intensità di cure prevede tre li-velli: alta (degenze intensive e subintensive), me-dia (degenze per aree funzionali: area medicaarea chirurgica, area materno infantile..), bassa(post-acuzie). Il paziente va valutato in base al-la sua intensità/gravità, complessità assistenzia-le e viene assegnato al livello di pertinenza, tra-mite sistemi di “triage” validati.Si parla poi di processi organizzativi, ottimizza-zione delle risorse e di adattamento dell’ospe-dale alle caratteristiche della popolazione di ri-ferimento. Il risultato è che tutto questo siste-ma viene definito come una “filosofia organiz-zativa” più che un modello.Altro aspetto di fondamentale importanza, un

po’ “sorvolato” nei trattati degli economisti èquale “figura” deve gestire e farsi garante del per-corso del paziente. Sicuramente il professioni-sta con più “nominations” risulta l’infermiere.In questi anni ho avuto modo di confrontarmicon le nuove frontiere delle scienze infermieri-stichemolto presenti nellamiaAsl: Il “caseMa-nager”, il “careManager” ed il “PrimaryNurse”.Nell’ospedale per intensità di cure trova spazioanche un reparto a gestione infermieristica e glo-balmente anche nelle altre intensità il medicospecialista sarà un consulente e potrebbe esse-re attivato dall’infermiere stesso. Infatti non ri-sulta ancoramolto chiaro chi dovrà essere il “tu-tor clinico” del paziente. In altre sedi abbiamogià parlato di “Task Shifting”. Con questa nuo-va “filosofia gestionale” il passaggio all’infermieredi molte delle competenze ora in capo al medi-co, diventa di fatto operativo. Pur non avendoparticolari preconcetti, ritengo che questa ope-razione sarà possibile solo se si percorrerannodue strade, la prima quella obbligatoria di coin-volgere i medici come categoria in queste scel-te, la seconda quella di rivedere con chiarezza lacatena delle responsabilità. Conoscendo infat-ti l’assetto normativo attuale e il particolaremo-mento storico in cui il medico risulta spesso ilcapro espiatorio, immagino scenari non moltorassicuranti.Un altro dubbio del tutto personale, riguarda lareale utilità di questa rivoluzione copernicana.Attualmente nessuno di noi può negare che sianecessaria una riorganizzazione e razionalizza-zione delle risorse, ma perché stravolgere tut-to? In fine dei conti il nostro sistema è già orga-nizzato per intensità di cure. Le logiche dipar-timentali erano state pensate per migliorare ipercorsi dei pazienti e ottimizzare le risorse,manon è facile trovare un dipartimento organizza-

Obiettivo realizzabileo utopia organizzativa?Ticket alti, tempi d’attesa troppo lunghi e sempre più manoal portafoglio se la prestazione sanitaria non si può rinviare.Nel privato molte le prestazioni che costano meno.E investire i propri soldi nella sanità integrativanon è più un tabù. I risultati dell’ultima ricerca Censispresentata alWelfare Day 2013.

Dario AmatiS.O.C. Geriatria Postacuzie -Ospedale degli InfermiAsl BI (Biella)

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L’OSPEDALE PERINTENSITÀ DI CURE

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Il sistema 118 in Italia costituisce un risorsa pre-ziosa, che fornisce un servizio territoriale capil-lare ed efficiente. La collaborazione dei medicidel 118 con il sistema di emergenza ospedaliero,rappresenterebbe un’opportunità di confrontotra professionalità e sistemi organizzativi com-plementari, nonché un’ottimizzazione dell’allo-cazione delle risorse, aspetto non secondario inquesto periodo di ristrettezze economiche.Nel-lo studioAgostini-Rivetti presentato al Coripe-Università di Torino nel settembre scorso, si èanalizzata l’attività del 118 Piemontese, valutandonel dettaglio le 63 postazioni di soccorso avan-zato, i loro costi, la capacità produttiva e il pos-sibile ampliamento di utilizzo. Il costo com-plessivo del sistema 118 piemontese nel 2011 èstato di 117,5 milioni di euro, pari al 1,8% dellaspesa sanitaria regionale. Oltre il 75% dei costidel sistema 118 sono direttamente imputabili ai63 Mezzi di soccorso avanzato (Msa). Il costomedio di ogni intervento medicalizzato terre-stre è di circa 800 euro, variando tra i circa300/intervento euro per le postazioni con più ri-chieste ai 2mila euro per quelle con meno ri-chieste. Il costo medio di ognuno dei 63 Msapiemontesi ammonta a circa 1.171.000 euro/an-no, ovvero 3.200 euro/giorno. Il costo del per-sonale medico è il più rilevante, incidendo peril 50% dei costi totali di un Mezzo di SoccorsoAvanzato, ovvero 102.000/anno/medico per 5,7medici impegnati per postazione. I dati di uti-lizzo delle 63 Msa piemontesi nel 2011 eviden-ziano un numeromedio di interventi di 1.561/an-

no, con tuttavia dati di attività estremamentedifferente tra i diversi Msa, con estremi com-presi tra 570 ( Pragelato) e i 3.925 interventi (To-rinoMaria Vittoria). I mezzi di soccorso avan-zato che effettuano il maggior numero di inter-venti sono quelli delle aree urbane, in partico-lare di Torino, Alessandria, Asti, Biella, Cuneo,Novara e Vercelli; tali mezzi risultano sino ad8-10 volte più utilizzati rispetto ad alcuniMez-zi di soccorso avanzato localizzati in aree rura-li e montane. È interessante scorporare i datidi attività deiMsa piemontesi tra la fascia diur-na 8-20 e quella notturna 20-8: mediamente il62,5% degli interventi dei Msa vengono effet-tuati nella fascia diurna tra le ore 8 e le ore 20.Emerge da questi dati una disomogeneità diutilizzo dei Msa, per quantificarla utilizziamoun indice di utilizzo della capacità produttiva(IU) ovvero il tempo di utilizzo/tempo di di-sponibilità (24 ore per 365 giorni). Il sistema 118rappresenta per definizione un servizio di at-tesa e deve garantire risposte tempestive ai bi-sogni di salute. È evidente che si impone defi-nire il limite di utilizzo della capacità produt-tiva tale da non compromettere la capacità dirisposta, che è stato individuato tra il 16% edil 17%. Il 65% dei Msa piemontesi (IU < 15%),risultano utilizzati meno di 3 ore emezza al gior-no, ed il 25%mediamente 1.5 ore al giorno, conun indice di sfruttamento della capacità pro-duttiva medio del 6,7% (nettamente al di sot-to dell’intervallo auspicabile compreso tra il16% ed il 17%). L’utilizzo medio della capacità

produttiva dell’insieme dei Msa della RegionePiemonte risulta pari al 14%, che scende al 10%per la sola fascia notturna (media 78min). Scom-ponendo i dati in quartili, si evidenzia come peril quartile delle ambulanze medicalizzate me-no utilizzata, l’utilizzomedio diurno è di 68mi-nuti e quello notturno di 38 minuti, con un in-dice di utilizzo della capacità produttiva pari al5,7% per il turno diurno e al 3,2% per il turnonotturno. Viceversa per il quartile deiMsa pie-montesi più utilizzati si evidenza un utilizzomedio diurno di 218 minuti, pari ad un IU-diur-no del 30,3% (con rischio quindi di compro-missione della capacità di risposta), ed un uti-lizzo medio notturno di 152 minuti, pari ad unIU-notturno del 21,1%. Nel complesso questidati denotano un utilizzo sub ottimale deiMsa,soprattutto durante la fascia notturna e nellearee rurali/montane. L’obiettivo primario del118 rimane quello di garantire risposte ed in-terventi tempestivi, ma al fine di ottimizzar-ne la capacità produttiva senza compromet-terne la capacità di risposta, si potrebbero as-segnare alle Msa, in proporzione al loro utiliz-zo, funzioni aggiuntive: gestione dei trasportisecondari, supporto delle attività in Dea, in-tegrazione al servizio di Continuità Assisten-ziale, collaborazione con le Uocp oppure ge-stione a domicilio dei pazienti in ventilazioneassistita. La professionalità dei medici del 118e le loro competenze sarebbero così utilizzateal meglio, a beneficio dei pazienti e del siste-ma tutto.

Costi, capacità produttiva e il possibile ampliamento di utilizzo delle postazionidi pronto soccorso avanzato. In questo articolo una fotografia dettagliatadell’esperienza realizzata in Piemonte nell’ambito del sistema dell’emergenza urgenza.

Chiara RivettiMedicina Interna –Asl TO 5 OspedaleMaggiore Chieri

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Emergenza ospedaliera ed emergenzaterritoriale: quale spazio per collaborare?

to per questi scopi.Mi sembra che la prassi piùcomune sia quella che la creazione dei diparti-menti risponda, alle volte, più a logiche di pote-re che di organizzazione.Non secondario risulta il problema dell’ediliziasanitaria. Gli ospedali italiani presentano strut-ture vetuste e prive di funzionalità (a volte fati-

scenti). Attuare il modello per intensità di cureprevede che vi siano ospedali moderni, studiatiper gestire i flussi di pazienti, organizzando glispazi in modo da valorizzare la centralità del-l’assistito e facilitare il lavoro di professionalitàe tecnologie che gli ruotano intorno. La strut-tura ospedaliera sta al “sistema” come l’hardwa-re sta al software; se il computer è scadente i pro-grammi “non girano o girano male”.Anche lamentalità di noimedici dovrà cambia-

re. È rischioso rimanere ancorati ai vecchi si-stemi se si opera in ospedale organizzato per in-tensità. Il percorso del paziente va definito sindall’inizio del ricovero e già nei setting di alta in-tensità. Il rischio è che provvedendo alla sola sta-bilizzazione, in assenza di un vero e proprio re-sponsabile clinico, i problemi si trascinino sinoalla bassa intensità, rischiando di trovare i lettidedicati a tale livello intasati di pazienti di fat-to acuti e senza che siano stati affrontati pro-

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Obiettivo realizzabileo utopia organizzativa?

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Nel recente convegno organizzato dalla Fondazio-ne Enpam dal titolo “Mercato del lavoro e pre-videnza: nuovi strumenti di previsione e pro-grammazione” sono state presentate propostevolte a favorire un’assistenza previdenziale at-tiva e presente nei confronti di ogni momentodel professionista. Tra questemi ha colpito quel-la di aprire l’iscrizione all’Enpam agli studentidegli ultimi due anni della Facoltà diMedicina.Tale proposito, seppur lodevole nel suo inten-to di guardare con lungimiranza al futuro pre-videnziale di chi ancora deve affacciarsi al mon-do del lavoro,mi pone un interrogativo: che sen-so ha pensare alla pensione di un giovane quan-do questi non ha neanche la certezza di poteresercitare - almeno in Italia - la professione delmedico?Il divario tra il numero di neolaureati in medi-cina e la possibilità di accedere al percorso for-mativo post-lauream sta creando una schiera dipseudo professionisti con limitate possibilità diespressione. Per chi ottiene il titolo specialisti-co il quadro non è certamente più roseo: i datipresentati dalla Fnomceo nel corso dello stes-so convegno vedono il 6,20% dei medici con

meno di quarant’anni disoccupati o, meglio,“gettonisti”, il contratto atipico come consue-tudine nelle fasce d’età tra i 25 e 33 anni (sia peril settore pubblico sia privato) e il miraggio del-la stabilizzazione - attualmente tra i 33 e i 40 an-ni - che si allunga inesorabilmente.Un giovane lungimirante, davanti a tale pro-spettiva, più che pensare a versarsi i contributipensa a scappar via! Con la Direttiva Europea2005/36/EC - e successive integrazioni - sullamobilità dei medici all'interno degli stati mem-bri viene offerta piena libertà di movimento aimedici e risulta dunque comprensibile che ungiovane, con arte - acquisita in Italia con tutti irelativi oneri legati all’istruzione che ne deriva-no - ma senza parte, decida di migrare oltralpe:Francia, Germania, Inghilterra. Ma anche Ca-nada e Australia.. non solo alla ricerca di un sa-lario adeguato ma anche di possibilità di car-riera, di riconoscimento sociale, di un ambien-te di lavoro stimolante. Il giovane medico conla valigia in mano può anche fare un’ulterioreconsiderazione: il decreto del “Fare” per l’oc-cupazione e il mercato del lavoro indica chia-ramente in quali direzioni il Governo sta orien-

tando le proprie energie. La decisione di in-centivare, per il quadriennio 2013-2016, l’as-sunzione di lavoratori che siano privi di un di-ploma di scuola media superiore o professiona-le, seppur comprensibile come ammortizzato-re sociale di fasce più deboli, può denotare un’at-titudine a non tutelare chi ha impiegato soldi,tempo ed energie per un percorso formativoprofessionalizzante (e di pubblica utilità).E se, dopo tanto tempo speso sui libri e poco inreparto - nonostante si parli di rivedere il siste-ma formativo universitario da anni - il giovanemedico deve anche immaginarsi vessato dallaspending review, atterrito dal contenziosome-dico-legale e inglobato in un Ssn che vira ad unauniversalità mitigata, viene agevole googlare al-la ricerca di lavoro in qualsiasi altra parte delmondo. Da giovane medico mi chiedo se ci siauna soluzione a tutto ciò. Come si può colma-re il divario tra pensiero e azione che talvoltarende noi italiani ottimi filosofi ma pigri ese-cutori dei buoni propositi?Tra il dire e il fare ci deve essere il contrattare.L’unica soluzione per aiutare i medici di oggi edi domani è attuare quelle proposte che sononel cassetto - che sono state illustrate anche nelcorso della Prima Conferenza AnaaoGiovani -proposte che parlano di formazione, di tuteleal numero crescente di donne medico, di lottaal precariato. Il diritto del lavoratore a con-trattare, a far sentire la propria voce sui temiche lo riguardano non può essere arrestato daconsiderazioni economiche non tanto perchéla contrattazione può avvenire anche solo su te-matiche di organizzazione del lavoro ma so-prattutto perché il prezzo da pagare sarà più al-to quando, tra qualche anno, l’Italia si troveràsprovvista di una generazione di medici pro-fessionisti competenti, motivati … e giovani!

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare(..la Manica e non solo)

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Tra le proposte emerse nel corso del recente convegnodella Fondazione Enpam “Mercato del lavoro eprevidenza: nuovi strumenti di previsione eprogrammazione” è emersa quella dell’iscrizioneall’Enpam per gli studenti degli ultimi due anni dellaFacoltà di Medicina. Un intento lodevole, quello diguardare con lungimiranza al futuro previdenziale.Peccato che, ricorda in questa pagina AlessandraSpedicato, ai giovani camici bianchi manchi lacertezza di poter esercitare la professione del medico.

Alessandra SpedicatoAnestesia e rianimazioneDip. Malattie Polmonari –Az. Osp. San CamilloForlanini, Roma

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blemi diagnostici e terapeutici nei setting piùintensivi. Se non vi fosse quindi una seria va-lutazione dei percorsi clinici potrebbe ancheaccentuarsi il fenomeno chiamato: “revolvingdoors” (cioè delle porte girevoli); pazienti (so-prattutto anziani o fragili) che entrano edescono dagli ospedali a causa della incapaci-tà di fornire risposte integrate atte a risolve-re e non a “tamponare” i problemi.E il ruolo del sindacato? Questo processo or-

ganizzativo necessita una attenta sorve-glianza; non deve essere l’occasione per farepassare una logica di soli tagli. Il sistema de-ve funzionare meglio ma non è detto che co-sti meno. Sempre più le Oo.Ss. sono chiama-te a dare pareri nei processi di gestione del-le risorse. A noi spetta il compito di non far-ci trovare impreparati a questo ruolo.Non credo di avere dissipato totalmente ilmio dilemma. Sicuramente l’obiettivo risul-

ta raggiungibile se si verificano una serie dicondizioni indispensabili: una struttura ido-nea, un organico sufficiente, tecnologie avan-zate, chiara definizione dei percorsi e delleresponsabilità, totale integrazione con il ter-ritorio e tra le varie figure professionali, ri-definizione della normativa che permetta disvincolarsi dal fardello della medicina difen-siva.In questa Italia, ciò è possibile?

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Beh, possiamo dire che cisiamo riusciti. Lo Spor-telloGiovani è oggi unarealtà dell’ordine deimedici diNapoli e nonsolo. Altri Ordini stan-no seguendo a ruotal’idea. Ma cosa abbia-mo prodotto in un an-no? Proposte, attività,battaglie, discussioni,idee, iniziative.DalGiuramento di Ip-pocrate dello scorsoanno, giorno in cui lo“SportelloGiovani” fe-ce il suo esordio conuno Stand informativo,circa 160 giovani colle-ghi hanno potuto usu-fruire dei nostri servi-zi: consulenza fiscale,leggi da estrapolare, discutere e conoscere, pro-blematiche da analizzare delle varie categoriepresenti nel frastagliatomondo dei giovanime-dici, con un esperto di previdenza presente.Nonsolo.Abbiamo una rubrica fissa sul bollettino del-l’ordine “Il Grillo Parlante”, (leggete, leggete, leg-gete il bollettino), per cercare di ringiovanire an-che la comunicazione, dando spazio alle idee edalle problematiche dei giovani medici.Abbiamo contribuito e continuiamo a farlo, al-la costruzione ed alla divulgazione dei corsi gra-tuiti di “Bls-d” validi e certificati per tutti i gio-vani colleghi. Abbiamo chiesto ed ottenuto l’in-serimento del wi-fi libero all’interno dell’Ordi-ne, primo passo di un progetto che prevedeva econtinua a prevedere l’abbonamento a rivistescientifiche, al fine di poter sfruttare l’ordine an-

che come momento di studio e di approfondi-mento. Ma soprattutto, la più grande soddisfa-zione dopo un anno, è stata la creazione di ungruppo di lavoro che ha trasformato lo Sportel-loGiovani in un laboratorio di idee, un luogo diconfronto aperto a tutti.Inizialmente 15 giovani medici, ai quali di mesein mese si sono aggiunti e continuano ad ag-giungersi tanti altri colleghi, che hanno lavora-to e lavorano alacremente ed a titolo gratuito,al fine di cercare di migliorare, per quanto pos-sibile, la condizione dei giovanimedici della pro-vincia diNapoli. Sono ad oggi circa 50 i colleghiche si sono alternati alle nostre riunioni quindi-cinali. Il frutto di tanto lavoro è stata la crea-zione di unmanuale “di sopravvivenza” perme-dici giovani e diversamente giovani, “La Busso-la”, attualmente in distribuzione presso l’Ordi-

ne dei Medici a tutti gli iscritti.Ma le novità non sono finite. È da poco onlineil blog dello Sportello Giovani all’indirizzohttp://www.sportellogiovani.org, elemento difondamentale importanza comunicativa e ge-stionale, che speriamo possa diventare un ulte-riore luogo di confronto. In tale blog abbiamopensato di inserire le leggi di maggior interesse,le novità che di volta in volta emergono nelmon-do sanitario campano, nonché un esperto fisca-lista online, e poi ancora iniziative, congressi,vademecum per orientarsi nel confuso mondodella sanità. Il tutto accompagnato da una Pa-gina Facebook “Sportello Giovani Napoli”, incui postare esperienze, richieste, pareri in ma-niera istantanea. L’8 marzo, in stretta collabo-razione con il’A.F. Nefrologia dell’Universitàdegli Studi diNapoli Federico II, abbiamo con-tribuito alla realizzazione di un progetto sullaDonazione diOrgani, progetto innovativo, cheha visto l’eventomadre svolgersi presso l’Odinedei Medici ed eventi satelliti che si volgerannopresso lemunicipalità resesi disponibili nella cit-tà. Il tutto al fine di sensibilizzare cittadinanzae colleghi alla donazione di organi. E ancora.Nel2014 organizzeremo un grande evento sul temaostico dell’Assicurazione Professionale che, dalme-se di Agosto 2014 , diventerà obbligatoria pertutti i medici, al fine di esplicitare diritti, obbli-ghi, doveri e posizioni dell’ente ordinistico ri-spetto a tale problematica, e per aiutare i giova-ni colleghi ad orientarsi in quella che oggi appa-re a tutti l’ennesima speculazione che si vuoleperpetrare a carico dei colleghi.Insomma dopo un anno eccoci di ancora, a pre-parare le iniziative attraverso le quali cerchere-mo di essere ancora vicino ai giovani colleghi chevivono nella giungla della sanità vissuta, lavora-ta, criticata, ma pur sempre tenuta in vita pro-prio dall’energia e dalla passione dei giovani col-leghi. Il percorso è solo all’inizio. Possiamo edobbiamo fare ancora di più. È un processo, ilnostro, di cambiamento di idee e di visione del-l’Ordine, e richiede tempo e soprattutto co-stanza. Ma noi continuiamo ad esserci, speran-do che sempre più giovani colleghi possano usu-fruire dell’Ordine, avvicinarsi ad esso, conside-rarlo punto di riferimento, e viverlo, perché, infondo, l’Ordine siamo tutti noi, Medici di ieri,di oggi e di domani.

“Sportello Giovani”:il bilancio di un anno

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Pierino Di SilverioChirurgo GeneraleSpecializzando Igienee Medicina preventiva –Università Federico II,Napoli

Tra la crisi politica e sociale, in una Sanità sofferente, èpassato, inesorabile, il primo anno del nuovo consigliodell’Ordine dei medici di Napoli ed è passato il primoanno di una nuova esperienza, della scommessa che,solo 13 mesi fa, sembrava più uno spot elettorale chealtro. “Lo Sportello Giovani”, entità inizialmentesenza connotazioni particolari, un’idea da mettere inpratica, una scommessa da vincere. Tutte le iniziative.

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1. La conferenza di BrettonWoods si tenne dal 1º al22 luglio 1944nell'omonima località neipressi di Carroll (NewHampshire), per stabilirele regole delle relazionicommerciali e finanziarietra i principali paesiindustrializzati delmondo. Gli accordi eranoun sistema di regole eprocedure per regolare lapolitica monetariainternazionale. Lecaratteristiche principalidi Bretton Woods eranodue: la prima, l'obbligoper ogni paese diadottare una politicamonetaria tesa astabilizzare il tasso dicambio ad un valore fissorispetto al dollaro, cheveniva così eletto avaluta principale,consentendo solo dellelievi oscillazioni dellealtre valute; la seconda,il compito di equilibraregli squilibri causati daipagamenti internazionali,assegnato al FondoMonetario Internazionale(o FMI). Fino all'iniziodegli anni '70, il sistema

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In altri articoli, a più riprese, abbiamo trattato il tema dellasalute di chi lavora: abbiamo visto come in questi ultimi an-ni si sia modificata la struttura della composizione della co-siddetta “forza lavoro” (o composizione di classe, in termi-ni marxiani) e di come siano cambiati i lavori (da prevalen-za di lavoro manifatturiero a prevalenza di lavoro immate-riale, relazionale, di servizio alla persona ed alle imprese) edi come sia cambiata la contrattualistica (da posto fisso atempo indeterminato con contratti collettivi nazionali a la-voro flessibile/precario a tempo determinato con contratto– quando esiste – “ad personam”).Da quando è scoppiata la crisi finanziaria (2008) abbiamovisto e siamo diventati consapevoli di quali mostruosità sia-no stati capaci i padroni della finanza irresponsabile; abbia-mo visto come, per cercare, invano, di correggere le stortu-re finanziarie portate al parossismo (il denaro che crea altrodenaro), la finanza stia strozzando l’economia reale, con con-seguenti crisi a catena del tessuto produttivo e delle azien-de che, senza accesso al credito, sono state costrette a chiu-dere o, nella migliore delle ipotesi, a “tagliare gli esuberi” co-me si dice nel crudo e arido lessico delle cronache econo-miche.In altri posti nel mondo questa crisi economica è già diven-tata crisi sociale. Qui in Italia non siamo allo scontro fisicoma, se non troviamo altre modalità di gestione dei proble-mi, ci arriviamo in fretta.Mi scuserà il lettore di questo “rias-sunto delle puntate precedenti”: serve ad introdurre quelloche è l’argomento del pezzo.Le parole chiave che introduciamo oggi sono: mercificazio-ne e precarizzazione.Da quando il capitale ha avuto mano totalmente libera (ri-nuncia al trattato di BrettonWood ) è avvenuta una capil-lare mercificazione della realtà: se l’economia diventa prin-cipalmente, come sostenuto dai “Chicago Boys” (capostipi-te l’economista statunitense Milton Friedman), competi-zione economica basata sulla regola della domanda e del-l’offerta, l’imperativo è quello di rimuovere tutti gli ostaco-li che a tale regola si oppongono. Con quali strumenti? Fa-cendo diventare “tutto” (famiglia, lavoro, impresa, comuni-tà occupazionali, politica, ambiente e beni comuni) unamer-ce e, come tale, sottoposta a tale regola.Il risultato di questo modo di intendere è sotto gli occhi ditutti: la destrutturazione di imprese, lavoratori, istituzioni,scuola pubblica, sanità pubblica, dell’ambiente e del pae-saggio con conseguente devastazione del valore sociale del-l’impresa, del valore sociale del lavoro, delle comunità oc-cupazionali, dell’ambiente a favore del capitale e di chi lomanovra in modo liberista, cioè senza regole e senza re-

sponsabilità sociale, imperando sul mercato, cioè sullo scam-bio delle merci.In buona sostanza abbiamo assistito, in questi ultimi ven-tenni, al trasferimento dei rischi e delle insicurezze da un si-stema pubblico (lo Stato) che in tutto o in parte, se li accol-lava, interamente sulle spalle dei singoli, delle famiglie e del-le imprese che, come ampiamente prevedibile, hanno co-minciato a mostrare la corda.Non è questo il luogo per analizzare con maggiore atten-zione cosa abbia voluto dire per le imprese questa “mercifi-cazione”(trasformazione delle imprese in Società per Azio-ni): basti solo accennare alla principale conseguenza deri-vante dal passaggio di mano frenetico delle azioni (che altronon sono che certificati di proprietà delle imprese medesi-me) tramite il meccanismo infernale delle “fusioni ed ac-quisizioni” nelle Borse: la deresponsabilizzazione della pro-prietà e del management: della serie “prometto piani mira-bolanti di crescita e di sviluppo, grandi piani di investimen-ti etc. etc., salvo poi fare finta di niente e guardare da un’al-tra parte, quando si tratta di mettere in pratica le promessefatte con la scusa che sono cambiate le” condizioni del mer-cato”. Valga ad esempio, in Italia, la recente e scottante vi-cenda Fiat /Marchionne/fate fuori la Fiom o non se ne par-la/tutti a casa/ pazienza/ scusateci abbiamo scherzato/ io ri-spondo solo agli azionisti/ etc. etc.Ci dobbiamo invece inoltrare sul terreno della comprensio-ne del significato che la mercificazione senza falsi infingi-menti del lavoro possa avere sulla salute delle persone (e so-no parecchie) che hanno la necessità, ma verrebbe da dire ladisgrazia, di dover vendere quella merce per vivere: appenaci inoltriamo su questo terreno, ci imbattiamo nella preca-rietà, un fungo velenoso ed insidioso, una sorta di “Amani-ta Phalloides” socioeconomica.Quella dei precari è, come ci spiega Guy Standing nel suoultimo libro , una vera e propria classe sociale in sé , anchese non ha ancora preso piena consapevolezza di classe so-ciale per sé, con tutte le conseguenze politiche che derive-ranno da questa presa di coscienza prossima ventura.Per ora il precario, ci diceGuy Standing, sperimenta le quat-tro A:1. Acredine: o rabbia; deriva dalla frustrazione che affliggeil precario che non riesce a costruire una vita degna di es-sere vissuta con la conseguente sensazione di depriva-zione relativa.

2. Anomia: sentimento di passività che nasce dalla dispera-zione: l’orizzonte della vita consiste in un lavoro dequa-lificato e senza possibilità di sviluppo.

3. Ansia: derivante dalla consapevolezza che il minimo er-

CONTRIBUTI

IL MEDICO DEL LAVORO PRECARIO:OVVERO LA SALUTE DEI LAVORIAI TEMPI DELLA CRISI

Riccardo FalcettaCoordinatore dellaCommissione Salutee Sicurezza negli ambientidi lavoro e di vita –Ordine dei Medicidi Torino

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2. “Precari – La nuovaclasse esplosiva” Aut:Guy Standing – Ed.: IlMulino 2012

3. Si calcola, a livelloplanetario, che laGlobalizzazione abbiaprodotto laprecarizzazione di circaun quarto dellapopolazione lavorativamondiale, cioè, si stima,circa trecento milioni dipersone;

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rore o infortunio segna la differenza tra una vita accetta-bile e il marciapiede.

4. Alienazione: consapevolezza che il criterio delle proprieazioni non risiede nel vantaggio personale o in un valorein cui si crede, ma solo nell’utilità altrui. Una condizione,peraltro, che da sempre affligge il proletariato.

La psicologia sociale ci dice che la nostra specie ha proce-duto e si è basata, fin dai suoi primordi, sul riconoscimentodel singolo, in termini di ruolo, capacità manuali e, suc-cessivamente, emozionali e cognitive, all’interno di unapiccola comunità di propri simili, inizialmente cacciatorie raccoglitori poi, con il passare del tempo e con la stan-zializzazione, con il passaggio di conoscenze, prima ge-stuale, poi orale e, successivamente, scritto e stampato,con un criterio basato sui piccoli passi e sulle stratifica-zioni successive ed informato da lentezza e sostanziale sta-bilità nel tempo di esperienze manuali, mestieri, arti, pro-fessioni, vita sociale.La domanda è: sono prevedibili le potenziali conseguenzesulla salute derivanti da questa brutale ed attuale precariz-zazione dellemodalità relazionali tra gli individui e tra i grup-pi che, ci spiega la psicologia sociale, è in contraddizionecon la nostra storia evolutiva degli ultimi cinquantamila an-ni (se ci basiamo sulla evoluzione della corteccia cerebrale),mentre, se scendiamo a livello di amigdala e di altri centrinervosi filogeneticamente più primordiali, contraddice cir-ca un cinquecentomila anni di storia evolutiva della specieHomo sapiens?Una risposta in questa sede è improbabile. Si può afferma-re che, assai verosimilmente, la situazione di precarietà conil carico di rabbia, di ansia e di disperazione che si trascinadietro porterà porzioni vieppiù corpose di società e di po-polazione verso una conflittualità diffusa.Questa conflittualità, in ultima analisi, deriva dalla ricercaistintiva di “scariche di adrenalina” connaturate al conflittostesso e, d’altra parte, attiva la fisiologica secrezione dell’as-se dello stress per eccellenza (asse corticosurrenalico) mo-dulato a sua volta dal notomeccanismo di “feedback negati-vo”. Questo costituisce il tentativo di ridurre i livelli circo-lanti di cortisolo ematico stimolati dallo stress della preca-rietà che, se in eccesso e persistenti, sarebbero dannosi perla salute: malattiemetaboliche dilaganti come il diabetemel-lito di tipo 2, osteoporosi, ipertensione, malattie infiamma-torie croniche intestinali, malattie autoimmuni, psicopato-logie quali la depressione e i disturbi del sonno,malattie neu-rologiche quali le demenze derivanti dalla distruzione di cel-lule neuronale indotta dalla iperproduzione persistente dicortisolo, l’assai probabile correlazione tra eccesso di corti-solemia derivante da distress (il lato oscuro dello stress) e l’au-mento delle neoplasie e delle malattie cardiovascolari.

Come si può notare di carne al fuoco ce n’è parecchia. E,soprattutto, rimane e si rafforza il sospetto che, invece dicontinuare a cercare le cause delle malattie nelle direzionipiù strane, bisognerebbe pensare, banalmente, si fa per di-re, ad umanizzare unmodello di sviluppo folle che costringemasse enormi di esseri umani a vivere come schiavi preca-ri per lavorare invece che, come da sempre è avvenuto nel-la storia dell’umanità, lavorare per vivere.La medicina del lavoro precario e delle organizzazioni sista lentamente staccando dalla sua originaria impostazio-ne tarata sul modello fordista e manifatturiero, ancora lar-gamente, e per inerzia, insegnata nelle scuole di specializ-zazione “ufficiali”, e sta diventando inesorabilmente unaarea multiprofessionale che vede nuovi medici occupazio-nali, sociologi, psicologi del lavoro e delle organizzazioni,ingegneri di varia estrazione, neuroendocrinologi, nuovimedici legali, chimici, fisici confluire verso un approcciomeno parcellizzato e più integrato della materia (http://sa-lutesicurezza.omceotorino.org).Potessimo procedere per slogan si potrebbe sintetizzarecon “meno visitificio inutile, più promozione della salutee maggiore attenzione alla valutazione del rischio occupa-zionale per la salute”. In questo senso possiamo dire che,per richiamare una famosa pubblicità comparsa sugli au-tobus di Genova alcuni anni orsono (si parlava di cose as-sai più spirituali), abbiamo due notizie: una cattiva ed unabuona: la cattiva è che non funziona più la formazione del-lo specialista in medicina del lavoro fordista e manifattu-riero, come organizzata oggi nella maggioranza delle fa-coltà italiane, la buona è che, dopo anni di vuoto formati-vo, si sta strutturando un nuovo modello formativo, perora al di fuori dei canali ufficiali, ma sempre più presentenelle modalità concrete di approccio alla materia.Per concludere: in questi ultimi trent’anni abbiamo ca-pito:a. che la specie umana altro non è che una specie di pri-mati che, in modo assolutamente casuale e all’internodi una evoluzione che non ci aveva previsto, si è trova-ta ad essere consapevole di se stessa, fino a capire unaverità terribile e affascinante: siamo una scintilla di au-toconsapevolezza della materia vivente che viaggia suun granello di sabbia a zonzo nell’Universo.

b. Che il punto a. costituisce un motivo più che buono perconservare e proteggere l’ambiente che ci è dato, per uti-lizzare le risorse nella maniera più equa possibile e, in ul-tima analisi, per essere medici nell’unico modo che ci èdato dalla coscienza e dalla passione per la nostra pro-fessione: lavorare per l’essere umano senza distinzioni.Pena, più che le malattie di cui sopra, l’estinzione.

Meditiamo gente, meditiamo.

fu efficace nelcontrollare i conflittieconomici e nelrealizzare gli obiettivicomuni degli Stati,sempre con le stesseimmutate condizioni chel'avevano generato. Neldicembre del 1971 ilGruppo dei Dieci firmòl'accordo SmithsonianAgreement, che mise fineagli accordi di BrettonWoods, svalutando ildollaro e dando inizio allafluttuazione dei cambi. Èda notare che leistituzioni create aBretton Woodssopravvissero alla cadutadel gold standard, purrivedendo i propriobiettivi. Il FondoMonetario Internazionalee la Banca mondiale sonoancora oggi in attività,mentre il GATT fusostituito nel 1995 dalWTO (World TradeOrganization -Organizzazione mondialedel commercio).

CONTRIBUTI