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A mio padre,che una volta mi disse

“Io in te ci credo”e quella voce la sento ancora. Ad Alessandro, mia mamma,

mio fratello, mia sorella,i miei cognati, i miei amati nipoti.

A B., con me per sempre.Ai miei Amici.

A Roberto, Peppe e Yassche non ci sono più ma ci sono.

E a te che leggiche rendi tutto questo possibile.

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Scrivereper informare

Creare contenuti (non solo in ottica SEO)per giornalismo e blogging

COSA UN BLOGGER PUÒ IMPARAREDA UN GIORNALISTA

Prefazione di Jacopo Tondelli

Cristina Maccarrone

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Scrivere per informareCristina Maccarrone e Riccardo EspositoCopyright © 2020 by Flacowski di Enrico Flaccoviowww.flacowski.com ~ [email protected] edizione: maggio 2020Stampa: BooksfactoryImpaginazione: Maurizio CiprianoIllustrazione in copertina: Franziska Meiners

Nomi e marchi citati sono generalmente depositati o registrati dalle ri-spettive case produttrici.La fotocopiatura dei libri è un reato.

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Ringraziamenti dell’editore

Questo crowdfunding è stato realizzato grazie al contributo di circa 200persone. Essendo un libro double face, ho deciso per cavalleria di iniziare aringraziarvi all’inizio del libro di Cristina, dividendo i nomi dalla A alla G edalla I alla Z. Ma aggiungo un ringraziamento speciale, unica parte del libroche sarà identica in entrambe le parti, perché questo non è un testo normalené semplice da accettare, specie se sei un giornalista, ma anche se sei blogger,perché purtroppo in questo ambiente, si sa, tutti sanno tutto.

Un noto presidente dell’Ordine dei Giornalisti – non voglio nominarlo pernon scomodarlo – mi ha scritto testualmente:

Personalmente apprezzo – e non poco – la tua iniziativa editoriale ela visione alla quale si ispira. Ho sempre pensato che in quest’era, gior-nalisti e blogger debbano dialogare, ma così non la pensano molti altricon i quali frequentemente mi scontro. Sinceramente parlando, nonme la sento di promuovere, pur condividendola pienamente, questatua iniziativa, perché ormai ho le ossa rotte (davvero!), mi porterebbea parlare per l’ennesima volta con un muro di sordità.

E se lo dice lui... Questo è il motivo per cui ho rinunciato a contattare altriOrdini e per cui ho capito – anche se già lo sapevo, ma adesso di più – che sitrattava di un libro davvero impossibile. Perché non c’è peggior cieco di chinon vuol leggere, e gran parte del mio pubblico (i giornalisti) sono evidente-mente ciechi. Ho sempre sostenuto che è molto meglio avere 200 lettori qua-lificati che 2.000 “lettori qualunque”, ma so con fermezza che Scrivere perinformare avrà lunga vita e vivrà attimi di meritata notorietà.

Tu che hai sostenuto questo progetto editoriale, ma anche tu che lo haicomprato dopo il crowdfunding, sei per me l’eroe dell’informazione italiana.Gli eroi non sono persone qualunque, sono esemplari rari, che tendenzial-mente conoscono molto bene umiltà e sacrificio. Io e te, insieme agli altri 200e agli autori, siamo sicuramente accomunati da queste due qualità. Ecco per-ché sono certo che quando posterai la foto di questo libro sui tuoi canali social,

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lo farai con una fierezza diversa, non da semplice guerriero che torna vincentecon un trofeo in mano, ma da capitano che sta portando nuove reclute nellagiusta direzione, con il giusto obiettivo: fare buona informazione, farla benee farla arrivare a destinazione. Questo è per me il concetto di crowdblishing:la coralità, quello che nel cinema si chiama autore collettivo. Non è banale ri-cordarlo, così come non lo è stato quando Troisi ha messo in scena Il Postinonel 94, quindi, a rischio di risultare sdolcinato, lo faccio: la poesia non è di chila scrive ma è di chi gli serve. Quindi ti nomino coautore di questo libro, ti au-torizzo a dire «questo libro l’ho scritto anche io». Grazie di cuore!

I coautori di questo libro dalla A alla GGiada Alessandrin, Simone Allocca, Massimo Alvito, Giulia Amoretti,

Fabio Andreolli, Alessandro Angelelli, Nereo Angelucci, Andrea Armeni, PieroBabudro, Raffaele Badas, Elisa Baitella, Alessia Baldassarre, Fabio Bandiera,Alberta Barbagli, Fabrizio Barile, Francesca Bartoli, Alessandro Bassanini,Fabio Benati, Nicola Bertini, Chiara Bianchini, Ciro Bocchetti, Claudia Boccini,Alessandra Boiardi, Paolo Bologna, Paolo Bolpet, Desirèe Bonaldo, SimonaBonciani, Alice Bottino, Filippo Brianni, Raffaella Brivio, Veronica Bufano,Daniele Buontempo, Gianluca Busi, Barbara Cacace, Corinna Caccianiga, RitaCampo, Vito Andrea Campobasso, Claudia Cannone, Irene Cappella, AndreaCartotto, Giovanna Casa, Giulio Casadei, Taida Eva casagrande, LeonardoCascio, Marco Casciola, Corrado Cassarino, Manlio Castronuovo, Lisa Cavalli,Giulia Cecchi, Donato Cerone, Ilaria Cesanelli, Domenico Chiericozzi, MirkoCiesco, Vincenzo Cimmelli, Pantaleo Ciullo, Virginia Coletta, Luca Colucci,Patrizia Coluccia, Daniela Consonni, Giada Corneli, Debora Coron, GabriellaCoronelli, Greta Cortesi, Michela Crosa, Salvatore Currò, Antonietta D'Amore,Antonietta D’Urzo, Marilena D’Ambro, Luca Daddi, Anna De Mauro, MorenaDe Paoli, De Stefano De Stefano, Gianmario Deriu, Elisa Di Battista, DanieleDi Geronimo, Massimiliano Di Marco, Luca Di Matteo, Silvia Iolanda DiTommaso, Francesco Diolosa, Mariano Diotto, Elisabetta Do, FrancescoDonadini, Diana Errico, Edoardo Erriu, Luisa Fassino, Francesca Ferrara,Renato Ferrari, Sara Ferrari, Enrico Ferraro, Raffaella Fioretti, AlbertoFlaminio, Carlo Fognini, Sara Forniz, Stella Forti, Emanuele Franzoso,Alessandro Gaetani, Elisabetta Galassi, Ivano Gallino, Sonia Gennaro, MarioGiglio, Simona Girella, Laura Gobbo, Gabriele Geza Gobbo, FranciscaGutiérrez Milesi, Federica Guzzon.

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Indice

Prefazione ...................................................................................................... pag. 11Introduzione.................................................................................................. » 13

1. Come è cambiato il nostro lavoro ................................................. » 17L’ossessione per i click e la velocità ............................................. » 20I social media e la scrittura............................................................... » 23Come i lettori cercano e leggono le notizie ................................. » 26La differenza tra le diverse figure .................................................. » 28Deontologia ed etica ........................................................................... » 30

2. Cosa significa scrivere un articolo ............................................... » 33Curiosità, contaminazione, informazione con filtro ............... » 35Se blog e siti contribuiscono all’audience dei giornali ............ » 38Che tipo di articolo scrivere.............................................................. » 40Studiare il target .................................................................................. » 48Conoscere i competitor ...................................................................... » 50I valori generativi................................................................................. » 52

3. Prima di scrivere un articolo .......................................................... » 57Partecipare a una conferenza stampa........................................... » 57Raccogliere le fonti.............................................................................. » 66

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Fonti primarie e secondarie ............................................................. » 68Fonti ufficiali e ufficiose.................................................................... » 69Fonti dirette e indirette ..................................................................... » 70Utilizzare le fonti ................................................................................. » 70Strumenti per la ricerca delle fonti................................................ » 73L’importanza del fact checking ...................................................... » 84

4. Diversi tipi di contenuto .................................................................. » 89Le news.................................................................................................... » 89Pillar/Evegreen..................................................................................... » 93I contenuti della... content curation............................................... » 95Inchieste ................................................................................................. » 97Interviste ................................................................................................ » 100Reportage ............................................................................................... » 105Recensioni .............................................................................................. » 106Branded content e native advertising di Alessandra Boiardi .. » 108Giornalismo e branded content....................................................... » 111

5. Headline, il centro del mondo........................................................ » 115Perché il titolo è fondamentale ....................................................... » 118Scrivere un titolo efficace ................................................................. » 119Gli elementi di contorno di un titolo ............................................. » 134

6. L’importanza dell’immagine ......................................................... » 139Cenni di deontologia........................................................................... » 142Come scegliere le foto ........................................................................ » 144Le licenze Creative Commons ......................................................... » 146La data visualization........................................................................... » 151Salvare le immagini, inserire le giuste didascalie,dare i credit ............................................................................................ » 155

7. Scrivere l’attacco di un articolo..................................................... » 159Cosa deve fare l’attacco ..................................................................... » 160La regola delle 5 W............................................................................... » 162I diversi tipi di attacco........................................................................ » 163Come scrivere un attacco coinvolgente........................................ » 166Esempi di lead....................................................................................... » 170

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8. Scrivere e strutturare un articolo ................................................. » 175L’importanza della progettazione ................................................. » 176La piramide rovesciata e la scaletta............................................... » 177Come sviluppare l’articolo................................................................ » 179Citare le fonti......................................................................................... » 186Scrivere a regola d’arte ...................................................................... » 192

9. Ottimizzazione SEO e gestione dei contenuti .......................... » 199Fai respirare i testi............................................................................... » 200Pulizia e SEO .......................................................................................... » 207

10. Come concludere un articolo online............................................ » 211Tipologie di chiusura articolo.......................................................... » 213Esempi di chiusure ............................................................................. » 214

11. Prima di pubblicare e dopo che hai pubblicato........................ » 219La checklist ........................................................................................... » 220Fact checking ma anche debunking............................................... » 224Ricontrolla fonti, nomi e numeri.................................................... » 225E dopo che hai pubblicato? ............................................................... » 226Trasformare i contenuti in conversazioni ................................... » 226Il giornalismo è conversazione ....................................................... » 228Le community ....................................................................................... » 230Il diritto di replica................................................................................ » 234Segui l’andamento della notizia ..................................................... » 235

12. Cosa è e come trattare un comunicato stampa ......................... » 237Come, perché e quando...................................................................... » 239A chi inviarlo.......................................................................................... » 242E poi c’è il recall ................................................................................... » 242Seguirne l’andamento su internet e stampa .............................. » 243Come trattare il comunicato stampa una volta ricevuto ........ » 244

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Prefazione

Faccio il giornalista sul web, integralmente sul web, ormai da dieci anni.Un tempo tutto sommato breve, nella vita e nella carriera lavorativa di cia-scuno di noi. Un tempo breve, quantomeno, in tempi normali, quando le in-dustrie e le vite non sono attraversate da grandi rotture e cambiamenti. Nonè evidentemente il caso di questo decennio, per il lavoro di giornalista in Italiae nel mondo.

Quando nel 2010 lasciai il Corriere della Sera per fondare e dirigere Linkie-sta.it, infatti, il giornalismo digitale, nel nostro paese, era ancora Cenerentola,il figlio di un Dio minore che non sarebbe mai diventato grande. Anchequando, nel 2014 avviammo l’impresa de Gli Stati Generali, che tutt’oggi miimpegna, mi diverte e mi soddisfa a tempo pieno, resistevano tanti pregiudizisu quello che qualcuno si ostinava a chiamare il “nuovo” mondo. 

Oggi la realtà ha però definitivamente assalito tutti, e nessuno considerapiù il giornalismo digitale come un “a margine” rispetto al giornalismo conla G maiuscola. Del resto, basta vedere i dati di fruizione e le capacità di in-fluenza dei media digitali in tutti i paesi occidentali: i contenuti prodotti per

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internet, e veicolati su internet, sono ormai centrali nella formazione del-l’opinione pubblica, delle sensibilità civiche e nelle scelte di consumo di quasitutti i paesi del mondo.

Per definizione, però, la circolazione dei contenuti digitali è “incontrol-labile”, così come la sua produzione. Internet ha di fatto eliminato la barrieraeconomica di accesso ai mezzi di produzione, che una volta richiedevano in-vece a chiunque volesse diffondere le proprie parole di trovare un editore.Oggi, e non da oggi, chiunque può essere editore di se stesso. Molto facilmentee anche comprensibilmente, questa evidenza è guardata con preoccupazioneper diversi fenomeni di distorsione: le fake news, la superficialità nella verificadei fatti, la commistione tra messaggi commerciali e informativi. Ammesso– e davvero non concesso – che queste storture siano un monopolio di blog-ger, influencer e giornalisti non professionali, stracciarsi le vesti perché i beitempi andati sono, appunto, andati, non serve a molto. Anzi, non serve aniente.

Più interessante, a fronte di un processo storico tecnologico ed economiconon più arginabile o reversibile, è accettare la sfida di seminare in questo“nuovo” ambiente di produzione e distribuzione di contenuti germi buoni eanticorpi. Provare, insomma, a dare a chi arriva al giornalismo digitale, lungopercorsi non convenzionali, gli strumenti necessari a rispettare le norme de-ontologiche contando su tutti gli strumenti del mestieri.

È questa l’opera, meritoria, di Cristina Maccarrone che nel libro fa esat-tamente questo: elenca, spiega, illustra e approfondisce il contenuto dellacassetta degli attrezzi di ogni giornalista, aiutando però ad aggiornarsi al con-testo della rete. Un contesto competitivo ma non necessariamente spietato.Un luogo veloce, ma non per forza superficiale. Uno spazio libero, ma non perquesto soltanto sguaiato. Cristina insomma aiuta i blogger a imparare comesi capisce se un fatto è una notizia, come si verifica se il fatto è avvenuto, comelo si trasmette ai lettori, e come farlo arrivare a chi è davvero interessato nelgrande mare della rete. Un libro utile ai blogger. Ma, “se fossi un giornalista”,non disdegnerei di averlo sulla scrivania per consultarlo ogni tanto. O ognipoco!

Jacopo TondelliDirettore de Gli Stati Generali

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Introduzione

Ci sono diversi motivi per cui scrivere un libro al giorno d’oggi, se ci pensi.Perché lo fanno tutti, per aumentare il personal branding, per solleticare ilproprio ego, per imbattersi in un’avventura nuova, per realizzare un sognodi bambina. Nessuno di questi, però, mi porta davvero qui tra queste pagineche scrivo mentre sono al cellulare, come mi succede ogni volta che sono coltada un’ispirazione improvvisa. 

O meglio: un po’ il sogno di bambina c’è, però era quello di scrivere un ro-manzo, ma non so se sarò mai in grado di farlo.

A ogni modo, ho scritto la mia parte di Scrivere per informare per due motivitra tutti: amore profondo per il lavoro di giornalista e per fare capire a chiun-que, ma in particolare a chi scrive sul web e giornalista non è (o non per forza),in cosa consista questo lavoro.

Troverai questo nel manuale che hai tra le mani: il racconto del metodogiornalistico che ho imparato negli anni e continuo ad apprendere, da quandoho iniziato come cronista fino ad arrivare dove sono ora. Troverai, o almenomi auguro, le risposte alle domande che spesso si pone chi scrive per fare in-

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formazione, e poco importa che tu sia iscritto all’Albo, faccia il copywriter, ilblogger, il web editor o ti occupi di comunicazione in senso più ampio.

Da come utilizzare le fonti agli strumenti per verificarle, passando per icambiamenti di questo mestiere continuando su come titolare al meglio (im-presa ardua per tutti, indipendentemente dall’esperienza), a come usare leimmagini tenendo conto dei diritti d’autore e della SEO, fino ad arrivare a comecurare l’attacco. E poi: come sviluppare al meglio le informazioni che hai sce-gliendo che tipo di contenuto realizzare e strizzando l’occhio a Google, comechiudere l’articolo e cosa “farne” dopo che è stato pubblicato. Sono questi gliargomenti su cui ho concentrato la mia attenzione studiando i blog, i giornalionline e offline e cercando di suffragare ogni nozione con esempi concreti,spesso tratti dai media, a volte da me “costruiti”, per dare più forza al tutto. 

Questo manuale vuole far riflettere su quanto sia possibile inserire il me-todo giornalistico – senza sminuirlo, anzi valorizzandolo ancora di più– anche nel blogging, o mutuarne alcuni aspetti. O se preferisci: mostrartialcune tecniche e alcuni strumenti e poi lasciare a te, lettore, la possibilità didecidere cosa vuoi farne e cosa no. A volte è un libro ipertecnico, come amadire Enrico Flacowski, l’editore, altre un po’ meno perché ci sono racconti divita professionale vissuta. In ogni caso ci ho messo dentro tutto quello che sofino a questo momento. 

E, cosa che contraddistingue ogni giornalista, non sono solo io a parlarein questo libro, ma ho voluto che a raccontarmi il loro lavoro fossero altri pro-fessionisti che stimo molto: Rosy Battaglia, giornalista e blogger, Marco Rattidirettore di Osservatorio Diritti, Simona Girella photoeditor, Barbara Reverberi,esperta in media relation che chiude con me il capitolo dedicato agli ufficistampa e al loro rapporto con giornalisti e blogger. 

Ringrazio loro e ringrazio in particolare Alessandra Boiardi che ha am-pliato la parte dedicata al branded content in un paragrafo ad hoc con varieanalisi e intervistando una persona che lavora in Eni, Ilaria Cesanelli. Perchéil giornalismo si è evoluto e i brand lo hanno capito da un po’.

Alessandra, insieme al mio amico Filippo Brianni, con cui sono cresciutacome giornalista – sebbene concorrenti: io al Giornale di Sicilia, lui a La Sicilia–, sono stati anche degli affidabili correttori di bozze. Il mio grazie va ancoraa Jacopo Tondelli, direttore de Gli Stati Generali che ha curato la prefazione.Ringrazio Carmine Prestipino per la foto che mi ha scattato e rende la coper-tina ancora più bella. 

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Ringrazio ancora altri professionisti i cui libri e articoli mi sono statid’aiuto nella stesura del libro. 

Un grazie più speciale di tutti va a Enrico Flacowski e Riccardo Esposito. Ilprimo perché pubblica con grande passione libri impossibili, e questo che haiin mano ne è l’esempio, e Riccardo perché ha pensato a me quando si dovevascegliere il giornalista da coinvolgere nel progetto. E io non avrei potuto averecoautore migliore.

Infine ringrazio te, lettore, che hai prenotato questo libro quando non eraancora in stampa, anzi non era ancora neanche del tutto scritto, rendendoquesto crowdfunding possibile. Ma ringrazio anche te, caro lettore, che haiacquistato il libro successivamente mostrando quella fiducia che serve perandare avanti. Scrivimi per ogni tua osservazione su Twitter: mi trovi come@cristinamacca e usa l’hashtag #scrivereperinformare.

Sarò felice di conversare con te su tutti gli aspetti di questo libro e altroancora.

E ora buona lettura!

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1.Come è cambiatoil nostro lavoro

Se me l’avessero detto 15 anni fa, tutto mi sarei immaginata fuorché comegiornalista, oltre ai classici giri in municipio, dai carabinieri, dai vigili urbani,al bar (mie fonti primarie come cronista di un quotidiano locale), prima discrivere un articolo, avrei dovuto imparare anche a leggere i numeri, a capirequante volte e in che modo una parola viene cercata, come la gente valuta leinformazioni che trova.

E già, il mio lavoro e quello di tutti quelli iscritti all’Albo dei giornalisti ècambiato fortemente, in un modo che nessuno forse avrebbe mai potuto ipo-tizzare. Io stessa lo sono: ora mi occupo anche di scrittura in ottica SEO e tengoin merito dei corsi, vado a eventi in cui faccio la divulgatrice (li racconto live tra-mite i social media, in particolare Twitter, in una sorta di modalità reporter 2.0),faccio la brand journalist, la web copywriter, ogni tanto la blogger (ma su questolascio la parola a Riccardo, molto più titolato di me). Il tutto, oltre a scrivere ar-ticoli e reportage giornalistici. E questo grazie a – o per colpa di – internet.

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Un cambiamento nel quale siamo fortemente immersi tutti ancora adesso.Così tanto che, come avviene con i fatti di cronaca recente, che non entranotra le pagine dei libri di storia perché bisogna far passare il giusto tempo peranalizzarli, gli stessi giornalisti si trovano dentro questa mutazione senzaforse averla davvero capita.

Il mondo dei giornalisti rispetto a internet risulta infatti diviso in due: daun lato c’è chi ci crede, si aggiorna, si adegua, si forma, insomma ha accoltola scommessa e cerca di metterci del suo. Dall’altro, c’è chi lo guarda con so-spetto (e a volte dall’alto), ma è costretto a stare al passo con i tempi, perchéaltrimenti rischia di essere tagliato fuori (e in un’epoca di grandi tagli neigiornali, ma vale anche per i freelance, questa paura non è così infondata).

Con l’avvento di internet, con la nascita della rete, il problema è statoquesto: molti giornali e giornalisti hanno pensato che internet fosse solo unaltro... strumento, com’era stata la radio, la TV, insomma tutto quello che èvenuto dopo la carta. E l’hanno trattata alla stessa stregua o forse peggio: peranni, come mi hanno raccontato in confidenza diversi giornalisti che lavoranoin televisione, tra i primi a occuparsi del passaggio sull’online, sono stati ad-ditati dai colleghi come voi di internet.

E in parte capita ancora adesso: si fanno grosse differenze tra chi lavoraonline e chi sulla carta, non solo dal punto di vista della considerazione (ancheda parte degli uffici stampa), ma anche dal punto di vista economico. E questoperché il problema dei giornali e del giornalismo – in particolare quello ita-liano – è il non aver compreso che non esiste il giornalismo di carta e quelloonline, così come non esisteva il giornalismo televisivo e quello dei giornali(differenza fatta solo dagli addetti, ma più per diversificare scrittura e videoche giornalismo di serie A e di serie B), ma che esiste il Giornalismo. Unico esolo, con l’obbligo di informare.

Quello che non si è capito è che internet è più di uno strumento: è la rete.E riesce a creare legami che vanno al di là della pagina letta e poi archiviata(uso volutamente la parola internet anziché web, e sulle differenze tra le dueti rimando alla Treccani: bit.ly/differenza-internet-web).

Un articolo online può essere la base su cui fondare una community o puòcontribuire a darle un’identità più forte, per esempio, grazie ai commenti. Avolte più forti di una lettera mandata al direttore, per complimentarsi o la-mentarsi del pezzo. Un giornalista pertanto si può ritrovare a fare anche illavoro di community manager (ossia di chi gestisce una community, risponde

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ai commenti, suscita le discussioni, gestisce le critiche), avendo, se vuole, unrapporto molto diretto con il lettore, cosa che prima era impensabile.

Da narratore onnisciente, della serie “so tutto io perché sono titolato aparlarne”, è passato (o dovrebbe passare) a essere un professionista che puòessere messo in discussione pubblicamente o, di contro, può ricevere ulterioriinformazioni che, se raccolte, gli permettono di ampliare un articolo, cono-scere altri aspetti, subodorare nuove storie. Soltanto che spesso i commenti eciò che viene dal lettore... non è considerato. Assurdo, dirai, eppure, anzichésfruttare quello che internet può dare di diverso, alcuni giornalisti hanno de-ciso di trasporre sul web quello che va bene sulla carta senza comprendereche un contenuto digitale è altro.

Quante volte ti è capitato di vedere su corriere.it o repubblica.it (solo perfare qualche esempio) lo stesso pezzo pubblicato sul giornale cartaceo? Forsepenserai che non c’è niente di male, eppure spesso si tratta di un articolo co-pincollato senza che siano stati fatti dei semplici accorgimenti. Aggiustare iltitolo, mettere in grassetto delle parole chiave, inserire dei link, suddividerein paragrafi, sono tutte azioni che permettono di agevolare la lettura su com-puter, smartphone o tablet o, se vogliamo dirla con le parole degli esperti, lauser experience. Ovviamente non capita sempre e non in tutti i contesti gior-nalistici, ma capita.

Inoltre, come sottolineato da Marco Tedeschini Lalli, consulente di stra-tegie digitali e docente di Giornalismo per ONA (Online News Association) inun’intervista rilasciata qualche anno fa a Magzine (bit.ly/intervista-Tedeschini-Lalli), progetto della scuola di giornalismo dell’Università Cattolica di Milano:

Nell’era digitale questa netta distinzione tra “contenuti” e “strumenti”per produrli e diffonderli non è più possibile. Sempre più contenuti estrumenti tendono a identificarsi, è cioè sempre più difficile immagi-nare, oltre che produrre, contenuti giornalistici a prescindere dallatecnologia e dalla cultura che essa ha creato: i media, in un certo senso,sono la tecnologia che impiegano.

Ai giornalisti, al giorno d’oggi – con non poche lamentele e discussioni,anche sindacali – si chiede di fare inchieste e reportage, ma anche di saperprodurre ed editare video, creare gallery, scrivere in ottica SEO, realizzarepodcast, leggere e interpretare i numeri che l’articolo genera online. Tutte

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competenze (e non tutte insieme) che contrattualmente non sono scritte nerosu bianco, ma che il digitale impone, in particolare ai freelance. E che, comespiegherà bene Riccardo Esposito nell’altra parte del libro, sono tecniche cheun blogger ha già in dotazione.

O almeno dovrebbe, perché sa che questo è il suo lavoro e che l’andamentodel suo blog (e sottolineo suo) dipende da lui. Ecco perché questo libro puòessere d’aiuto anche a un giornalista in un mondo che cambia: per capirequali strumenti la rete gli offre e come usarli al meglio senza snaturare ilproprio lavoro. Purché, però, non si dia troppo spazio, come si sta facendoforse in modo eccessivo, all’ossessione per i click e quella velocità estremache sta attanagliando la maggior parte delle testate online. Argomento che,converrai con me, merita un paragrafo a parte.

L’ossessione per i click e la velocità

Quante visite ha fatto il tuo pezzo?No, questo non va bene: l’hanno letto solo 200 persone!Questo argomento evidentemente non tira.

Essere un giornalista ai tempi di internet può voler dire sentirsi dire spessofrasi del genere. E sentirsi dare la colpa di un pezzo poco letto, quando magaril’articolo è ben scritto, ma le scarse visualizzazioni possono dipendere dauna serie di fattori. Tra questi: un sito poco indicizzato o mal strutturato chenon aiuta la navigazione o il fatto che l’articolo non viene diffuso tramitenewsletter e social media o, più semplicemente, non è affatto visibile in homepage o è inserito nella categoria sbagliata.

Ci sono anche redazioni che, in modo deontologicamente ma anche sin-dacalmente scorretto, pagano i giornalisti a views (ossia visualizzazioni): finoa 1.000 views ti diamo 3 euro, tra le 1.000 e 5.000 5 euro e così via. Se ti capitadi imbatterti in un annuncio per un lavoro da giornalista con simili caratte-ristiche, ti prego, non solo di non candidarti, ma di segnalarlo all’Ordine deiGiornalisti così come abbiamo fatto io e il mio collega Fabio Benati qualcheanno fa nei confronti di un giornale online milanese. Un articolo deve esserepagato per la qualità e per il lavoro che c’è dietro e il compenso deve esserestabilito prima che sia scritto, non in base a dei parametri che non dipendonosolo dal giornalista.

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Annunci simili però sono sintomatici del fatto che quasi tutte le testatesono ossessionate dai click. Un tempo, a comandare era la tiratura, ossia ilnumero di copie stampate e distribuite (anche se poi era ed è difficile quan-tificare i lettori reali visto che il giornale spesso si trovava e si trova al bar, inbiblioteca, nella sala di attesa di un dentista ed è potenzialmente leggibile dachiunque), adesso è il click a far da padrone.

Anche perché è sulle visite che si basano gli investimenti pubblicitari. E inun mondo in cui, come sappiamo, i ricavi che vengono dalla pubblicità nonsono ancora paragonabili a quelli che la stessa dà ai giornali di carta, capitache questo parametro non solo sia essenziale, ma governi davvero tutto. Co-nosco colleghi giornalisti così come blogger che arrivano a scrivere fino a 10articoli al giorno. Certo, non sono tutti approfondimenti o inchieste, sonospesso news cotte e mangiate, per far sì che si arrivi prima degli altri, perfinire in Google News e garantirsi un bel numero di click.

E Google Analytics (lo strumento di Google per controllare visite, tempidi permanenza e tanto altro) diventa sempre più preponderante anche in re-dazione. Lo racconta bene Alberto Puliafito, direttore di Slow News ed ex di-rettore di Blogo, nel suo libro Slow Journalism, scritto insieme a Daniele Bal-done, dicendo come tutto il piano editoriale della testata ruotasse intorno aiclick (e gli rovinasse la salute):

L’ossessione del traffico sui siti di Blogo e quella pressione a dovereessere sempre veloci, sempre sul pezzo, sempre senza il tempo di fareverifiche, di fare bene il nostro lavoro (che) mi ha reso iperteso.

Per tenere questo ritmo, il giornalista deve andare spedito, avere appenail tempo di controllare qualcosa o verificarla di seconda mano direttamenteda un altro sito (senza cioè andare alla fonte primaria), creare l’articolo in30-60 minuti al massimo, pensare alle foto, pubblicarlo, condividerlo suisocial e lanciarlo nel mare magnum del web. Arrivare primi per garantirsi dicatturare la maggior parte delle persone che sta cercando una notizia in realtime e clicca sui primi risultati che trova.

Ma se la velocità è sempre stata un tratto distintivo di questa professione,negli ultimi anni si è dimenticato che il giornalista non solo deve esserci, madeve soprattutto informare. E dare notizie che siano davvero tali.

Per anni, come ho già detto, ho lavorato in un quotidiano locale, occu-pandomi anche di cronaca nera. Arrivava la segnalazione di un incidente

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mortale, di un arresto e tu dovevi partire subito. Non importava cosa stessifacendo, dovevi arrivare il prima possibile sul posto. Per fare le domandegiuste ai carabinieri, sentire cosa aveva da dire la gente che era nei dintorni,capire cosa era successo, direttamente dalle fonti. Avvisavi nel frattempo laredazione, avvertivi di lasciarti lo spazio in pagina comunicando che c’erastato l’incidente x, dicevi 2-3 cose per far capire che “c’era la notizia” e dopoiniziavi a costruire il tutto. Se ti andava bene, e l’incidente era stato al mattino,avevi tutta la giornata per andare sul posto, fare domande, capire, fotografare,eccetera, se capitava alle 20, dovevi correre come un disperato prima che ilgiornale andasse in stampa.

Quella che davi, comunque, era la migliore versione possibile della notizia.Se fosse poi davvero così, lo scoprivi andando in edicola il mattino dopo perleggere la concorrenza. Di tutto questo, nel passaggio dal quotidiano di cartaall’online, ai tempi di internet resta poco. Il diktat è pubblicare nel minortempo possibile. E il giornale diventa una content factory (ossia una fabbricadi contenuti), il giornalista un content editor quando, e lo vedremo in questolibro, il suo lavoro dovrebbe essere altro. O se non proprio altro, conservaredeterminate caratteristiche.

L’ossessione per il click porta a usare escamotage che tralasciano la cosapiù importante: dietro i click ci sono le persone. E così via ai titoli sensazio-nalistici come “Tutta la verità su argomento x” o “Tutto quello che non tihanno detto su x” o ancora “Quello che non ti hanno mai detto su…”. O ancora“Selfie killer” che, come dice un bel pezzo pubblicato sul magazine Outside(bit.ly/selfie-non-uccide), dimostra la tendenza impropria ed esagerata deigiornalisti ad attribuire ai social media i danni del mondo e garantirsi il clicksicuro.

Peccato che poi quella che è una premessa e anche una promessa data daltitolo spesso non venga mantenuta. Succede anche nella carta stampata –ricordi gli strilloni che vendevano il giornale in strada al grido di “edizionestraordinaria”? – ma sul web è molto frequente che il lettore venga tratto ininganno. E il click ossessiona anche i piani editoriali. Lo dimostra l’immaginequi sotto, tratta da una ricerca della società Comscore che ha fotografatol’utilizzo di internet negli ultimi 12 mesi da parte degli italiani. Emerge comei contenuti di entertainment siano, da un anno all’altro, sempre più in crescitaa sfavore per esempio delle news.

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Un trend che i giornalisti rincorrono o forse autoalimentano, non è datosaperlo, ma fatto sta che ti basta aprire qualsiasi sito di notizie per vederecome i contenuti di intrattenimento abbiano uno spazio preponderante. Fedezsi fa un nuovo tatuaggio? Via tutti i giornali a parlarne. La Ferragni ricevecritiche per i suoi piedi o si veste male? Idem. Informazione? Approfondi-mento? No, solo ricerca ossessiva del click e senza neanche la voglia di cercaredi conquistare il pubblico. Se i click sono semplicemente numeri, in questocaso è chiaro come chi ci sia dietro e cosa voglia, passi in secondo piano. Cosìcome sia sempre meno importante offrire un approccio diverso alla notizia odarle una lettura diversa, ma conti solo esserci, anche se la stessa notizia sitrova uguale su tanti altri siti.

Nella corsa ad arrivare primi, l’omologazione è l’altra faccia dell’acchiap-piamo click a ogni costo.

I social media e la scrittura

Siamo così abituati a scoprire cosa sta succedendo nel mondo collegandocia Facebook o a Twitter – basti pensare a tutte le volte che c’è un terremoto el’INGV twitta prontamente – che immaginarci un mondo di notizie senza isocial ci sembra un passato davvero lontano, quasi da dopoguerra o poco cimanca. Eppure una rivoluzione così totale iniziava poco più di 10 anni fa. Fa-cebook è nato nel 2004, Twitter è del 2006, LinkedIn del 2003 ma sfido chiun-que a conoscerlo ai tempi.

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Una rivoluzione così sferzante che ovviamente non poteva non riguardareanche i giornalisti, il loro modo di fare notizia e di scrivere. Mondo, quellodei social media, cui la maggior parte della stampa si è avvicinata in mododiverso. In un primo momento, ignorandolo (della serie “I veri media siamonoi”), in un secondo momento cercando di colmare il gap. L’approccio ha se-guito e segue tuttora due direttive ben precise: chi condivide i propri pezzi eusa i social per promuovere la propria attività di giornalista e chi invece suisocial c’è poco. Tutt’al più, utilizza Facebook per contattare quella personada intervistare di cui non ha l’email.

Eppure i social media hanno cambiato il giornalismo e la scrittura pro-fondamente, specie per chi se n’è reso conto.

Chi condivide gli articoli sui social, e lo fa consapevolmente, conosceparole come community, engagement, audience, personas, eccetera (tuttecose che spiegheremo sia io ma in particolare Riccardo) ed è per questo che ilsuo modo di scrivere cambia rispetto a quando pubblica sul giornale. Spazioal tu, alle domande (un punto interrogativo richiama tantissimo l’attenzionee crea coinvolgimento), a frasi brevi, a contenuti ispirazionali, all’io anzichéal noi utilizzato quando si scrive per i giornali.

Insomma, quel giornalista che ha capito che i social media non sono ilsuo nemico pubblico numero uno, ma che sono il miglior alleato per averevisite e crearsi il suo personal branding (oltre a fare conoscere il giornale),usa tutte le tecniche del social copywriting (spiegate bene da Sergio Albertinisul blog di SEMrush bit.ly/social-copywriting).

Di contro, c’è tutta una parte della stampa e dei giornalisti che non ha as-solutamente modificato la sua scrittura e usa i social network meramentecome amplificatori. Pubblicato il pezzo, viene condiviso sui social così com’è(titolo + link), quando a volte il titolo è piuttosto piatto e, in questo modo,non riesce a emergere tra la miriade di notizie che si trovano per esempionella home page di Twitter o nel feed di Facebook.

L’approccio di certa stampa e di certi giornali, come dice Barbara Sgarzisul suo libro Social Media Journalism, è senza strategia, senza piano editoriale,senza convinzione che questi social possano davvero servire:

Proprio lo stile e il tono sono, a oggi, i grandi assenti degli accountsocial delle testate, grandi e piccole. Basta aprire Twitter, per esempio,per rendersi conto che, a parte rare eccezioni, lo stile della condivisionenon si discosta dal modello “titolo del contenuto più link”.

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Eppure avere una propria voce, una propria identità, uno stile personaledi scrittura fa la differenza, per i giornalisti ma anche per gli stessi giornali,che sono sempre più un’azienda, con tutto quello che comporta. Anche allaluce del fatto che per i lettori la maggior parte delle notizie è unbranded, ossiapochi ricordano le testate su cui le leggono.

In merito, è molto interessante una ricerca condotta da European JournalismObservatory - EJO (che ti consiglio di seguire, se vuoi fare o fai già questo mestiere,ma anche se sei un blogger) che ha analizzato il comportamento di lettura di3.000 individui nel Regno Unito durante l’estate del 2017 (qui i dati, bit.ly/gior-nalismo-social-brand) chiedendo, poche ore dopo aver letto un articolo, se siricordassero quale fosse la fonte. Lo ricordava l’81% dei lettori entrati consa-pevolmente nel sito del giornale. Quando il link invece proveniva da Facebook,a ricordarlo era solo il 47%, il 37% quando ci era arrivato da motore di ricerca.

Sempre l’EJO nell’articolo Di chi ci fidiamo di più per leggere le news su Fa-cebook? fa riferimento a un’altra ricerca (bit.ly/fiducia-news-facebook) in cuiemerge che se le notizie su un social come Facebook sono condivise da amici,è molto più probabile che vengano cliccate. Ecco perché vale tanto come siscrive, il brand che la testata riesce a crearsi, ma anche il personal brandingdel giornalista così come del blogger o di chiunque abbia scritto il pezzo. Seriesce a creare un rapporto con i suoi lettori, non sarà ovviamente ispiratoredi fiducia al pari di un amico, ma diventerà un punto di riferimento, aiutandoil suo lavoro e anche il giornale a crescere.

Questo in un mondo dorato in cui il giornalista è davvero consapevoledelle potenzialità dei social, le redazioni investono in una figura come il social

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media editor – non il SMM né il giornalista improvvisato, ma chi implementai contenuti di un giornale attraverso i social – e in cui abbiano fatto una seriariflessione sulla diversità degli strumenti e il modo corretto di presidiarli.

Ma non sempre è così, ecco perché diventano necessarie delle linee guida.Ci ha provato Anna Masera con La Stampa anni fa, ci hanno riprovato nel2019 i ragazzi della Scuola di giornalismo di Urbino, come ci racconta ancorauna volta Marco Tedeschini Lalli su Medium (bit.ly/linee-guida-social-media)ricordando tra le altre cose che:

I profili privati dei giornalisti sui media sociali hanno rilevanza pubblica.

Come i lettori cercano e leggono le notizie

A questa domanda risponde in maniera chiara ed esemplificativa l’im-magine qui sotto, tratta dall’ultimo Rapporto sul consumo di informazionedell’AGCOM (Autorità per la Garanzia nelle Telecomunicazioni, bit.ly/rap-porto-consumo-informazione).

Al primo posto c’è la TV, seguita dalla radio, da internet e poi dai quotidiani.

Il rapporto però lo precisa: non è il mezzo a fare informazione tout court,ossia non tutti i media offrono informazioni allo stesso modo.

Se il quotidiano ha essenzialmente notizie, intervallate da pagine pubbli-citarie, la radio, si sa, ha un palinsesto in cui la musica la fa da padrone e lenews ci sono ogni ora (tranne le radio all news come Radio24, per dirne una,ossia focalizzate sull’informazione). Ma hanno un tempo risicato, idem la TV.

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L’offerta di internet è varia ed eterogenea con prodotti di comunicazione,intrattenimento, informazione e interazione tra le persone (rientrano in questaanalisi i social media). C’è poi da dire che, viste proprio le caratteristiche del webe la sua flessibilità negli usi, sono aumentate le occasioni di accesso a internet eche difficilmente oggi gli italiani ci rinuncerebbero. Ma per rendersi conto di ciò,in fondo basta salire un giorno sulla metropolitana di Milano e vedere quantagente è connessa al suo smartphone e sta leggendo articoli su blog o quotidianio usando – come fa la maggiorparte della gente – i social media (qui escludiamoi vari WhatsApp e Telegram anche se sempre a Internet sono collegati).

Restando dunque nel web, come la gente cerca le notizie e come ci arriva?Ancora l’AGCOM:

L’offerta delle testate online (stampa quotidiana e periodica, ma ancheradio e Tv, e testate native digitali) viene sempre più veicolata tramitepiattaforme digitali (social network e motori di ricerca); in questo ine-dito contesto, emergono i nuovi formati per le notizie online come ivideo (si vedano ad esempio la crescita delle sezioni video dei siti diquotidiani e i recenti accordi tra editori e piattaforme sociali per lasperimentazione delle dirette video), con la conseguenza di una certaconfusione nel consumo di informazione tanto che le hard news (no-tizie di attualità, politica, cronaca, ecc.) tendono a confondersi semprepiù con le soft news (ad esempio relative al gossip).

L’immagine sotto descrive il flusso del lettore nella sua fruizione di notizie:

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I motori di ricerca giocano sicuramente un ruolo importante nell’accessoall’informazione, ecco perché ai giornalisti è sempre più richiesto di conoscereanche elementi di SEO per sapere come farsi trovare quando un utente stadigitando qualcosa di specifico (la cosiddetta query). Ed ecco perché non sem-pre la velocità e l’essere i primi a dare una notizia, contano. Un giornalistache vuole essere trovato deve considerare una cosa importante, fondamentale,che spesso dimentica: un articolo online può restare per sempre – se benscritto e in ottica SEO – nella SERP. E questa è una differenza sostanziale ri-spetto al giornale di carta.

Pertanto, non bisognerebbe lavorare (solo) a essere primi quando vienefuori una notizia, ma a essere primi nel tempo, il che vale a dire quando quellanotizia non è più mainstream (ossia di tendenza), ma può essere cercata soloda un nugolo di persone. Se dopo che l’interesse è calato, il tuo articolo co-munque è tra le prime risposte alla ricerca di un utente, vuol dire che conti-nuerai a fare informazione e l’avrai fatta di qualità (sempre fermo restandoche potrai tornare sull’articolo in questione e aggiornarlo con le ultime novità,ma di questo parleremo dopo).

Google News (la sezione di Google dedicata alle notizie), Google AMP (Ac-celerated Mobile Pages) ossia le pagine di un giornale che sono caricate inmodo più leggero e immediatamente visibile da Google, i social media con iloro Instant Articles, gli aggregatori di notizie come Flipboard, le app, sonotutti modi in cui le notizie sono presentate e rispondono alla fame di saperedei lettori. Il rapporto le analizza in dettaglio, e in questo libro lo faremoanche noi. Quello che ti basta sapere, in queste prima pagine, è che il giorna-lismo (senza differenza tra carta e web) deve considerare tutte queste varianti,il flusso in cui un lettore è coinvolto (o da cui è travolto?) prima di scrivere, eanche dopo. Un articolo vive per sempre, a meno che non venga cancellato diproposito, e le sue vie d’accesso sono infinite.

La differenza tra le diverse figure

Quando Enrico Flacowski, l’editore, e Riccardo mi hanno proposto di par-tecipare al progetto di questo libro, sono stata a dir poco entusiasta. Per annimi sono autodefinita la blogger senza blog (sempre ammesso che mentrescrivo il libro non riesca a mettere online il mio jobtelling.it e allora sarà

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acqua passata), in quanto c’erano e ci sono degli eventi in cui venivo invitatacome blogger. Questo forse a testimoniare la confusione che a volte c’è inmerito a questa figura. Posso dirmi una blogger perché scrivo per blog azien-dali? A mio avviso e, come verrà fuori da questo libro, no. Ecco perché gioco,usando la definizione di cui sopra.

Mi definisco una giornalista e ho un tesserino da pubblicista che lo dimostra.A essere sincera mi ritengo una giornalista. Non sono diventata professionistaun po’ per pigrizia un po’ per onestà intellettuale anche se avrei potuto ottenereil praticantato d’ufficio per il periodo fatto in redazione (con praticantato, senon lo sai, si intende quel periodo di 18 mesi in cui vieni iscritto al registro deipraticanti e lavori in redazione; quando nessuna testata te lo riconosce ma ineffetti svolgi attività giornalistica, si parla di praticantato d’ufficio).

“Cosa c’entra però l’onestà?”, forse ti starai chiedendo. Be’, credo che segiornalista professionista è chi svolge esclusivamente attività giornalistica,io, che faccio altri lavori non sempre giornalistici (come la formazione, peresempio), dovrei continuare a essere pubblicista, ossia una giornalista chepubblica ma fa anche altro. Differenza, quella tra professionisti e pubblicisti,comunque, tipicamente italiana e che, a mio avviso, ha poca ragione di esisterese anche un pubblicista, pur facendo altro, può occupare il posto più impor-tante in una redazione, ossia esserne direttore responsabile. E io lo sono stataper tre anni di Walk on Job, free press e testata online (qui potete vederne unnumero: bit.ly/walk-on-job) quindi…

Inoltre, molti giornalisti famosi che probabilmente conosci sono solo pub-blicisti, tra questi, per esempio, Milena Gabanelli.

Come avrai intuito e come ho detto, dunque, non faccio solamente la gior-nalista tout court. Però sono e mi sento tale. Ed è questo che farò emergerenella mia metà di libro: l’approccio giornalistico, fatto di verifiche, appro-fondimenti, indagini, fact checking (termine per ora di moda) è alla base diogni mio lavoro e deve essere alla base di chiunque scriva pezzi giornalistici,indubbiamente, ma anche di chiunque scriva per il web e lo faccia seriamente.

Giornalisti e blogger sono spesso sul piede di guerra e tendono, anchegiustamente, a differenziarsi. Ma ci sono diversi tipi di giornalisti e diversitipi di blogger. Se nel secondo mondo esiste chi usa ancora il blog come undiario o chi, come gli influencer, scrive recensioni o pubblica post in cambiodi prodotti (qualcosa che è agli antipodi dell’informazione), ci sono, di contro,tanti blogger che informano, scrivono articoli e che riescono a volte ad andare

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più a fondo di quanto faccia un pezzo giornalistico, formando e informandoallo stesso tempo.

Professionisti come Riccardo Esposito e Franz Russo (il suo InTime è un blogtecnologico a mio avviso di alto livello) dimostrano che la differenza tra le duefigure non c’è nel momento in cui entrambi perseguono il loro obiettivo: infor-mare e comunicare al meglio, ricordando che dietro i click ci sono le persone. Eanche che tipo di persone sono. Un blogger è attentissimo al suo pubblico, ungiornalista a volte lo dimentica. Peraltro, il già citato Franz collabora in modofisso con una testata giornalistica molto apprezzata dal pubblico: Fanpage.it.

Quando lavorano tenendo a mente le esigenze informative, giornalisti eblogger fanno entrambi del loro meglio. E ognuno ha da insegnare qualcosaall’altro e viceversa. Senza mettersi su un piedistallo, mettere davanti titoli etesserini (che comunque contano anche perché c’è per i giornalisti una de-ontologia cui prestare fede), ma ricordando che è il lettore – neanche l’utente– il fine primario.

E questo è, in fin dei conti, il motivo per cui abbiamo scritto questo libro.Il blogger ha delle competenze che potrebbero rendere migliore il lavoro delgiornalista, specie digitale, il giornalista ne ha altre che potrebbero migliorareil lavoro del blogger. Le due figure possono collaborare insieme, mantenendola loro specificità.

È per questo che ci siamo messi in gioco.

Deontologia ed etica

Se hai una fonte, è lei che controlla te. Se ne hai almeno cinque, puoiessere tu a controllare loro.

È una frase che una volta mi disse uno dei miei capi de Il Tirreno. Ed è unconcetto che ogni giornalista, ma in generale chiunqua scriva articoli, do-vrebbe sempre tenere a mente. L’ho detto prima: l’ossessione per la velocitàa volte fa sì che si controlli a malapena la fonte di una notizia o che, cosapeggiore, si tenda a fare editing (ossia cambiare le parole, rimescolare) di unarticolo pubblicato da un altro sito pur di essere tra i primi.

Questo cozza sia con la deontologia sia con l’etica di un giornalista chedovrebbe sempre, ma proprio sempre, andare alla fonte primaria. Che sia

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una legge da studiare, l’ordinanza di un sindaco, una ricerca con dei dati:mai bisognerebbe affidarsi all’interpretazione di qualcun altro. Vedere cosac’è scritto ed eventualmente confrontarsi con un esperto sul tema sono tuttecose che un giornalista, ma chiunque scriva, deve trovare il tempo di fare.Per dare il miglior contenuto possibile. Anche se è un contenuto mordi e fuggicome una news.

Ne va della qualità della notizia, del giornale stesso (ricordi il discorso delbrand?), di quella cultura che la stampa contribuisce a creare. Ne va dell’evi-tare di creare una notizia fake che tanto male fa alla reputazione ma anche allettore, ne va del non copiare gli altri, ma del distinguersi. E quando si sbaglia,correggere, rettificare e farlo presente al lettore, è un obbligo per il giornalistama anche per il blogger. E questo vale anche sul web, dove in fondo per mo-dificare basta un click sul tasto Aggiorna.

Comportarsi in modo deontologicamente corretto al tempo di internet,vuol dire inoltre citare sempre le fonti da cui si attinge: è il bello del webpoter dare un link (collegamento) e dire al lettore “Ecco, se vuoi puoi appro-fondire, ti suggerisco dove andare”, cosa che si può fare meno, per forza dicose, con la carta stampata.

Comportarsi in modo deontologico vuol dire anche non rubare dichiara-zioni dai social e metterle negli articoli a casaccio, ma comunicare, se possi-bile, con il diretto interessato e costruire su quei discorsi un articolo o partedi esso. Vuol dire usare i social come spunti, ma metterci sempre l’approfon-dimento e la cura giornalistica.

Certo, al momento, tra blog e giornali esiste una differenza sostanzialealmeno per quanto riguarda la legislazione vigente.

Se è vero che chiunque, almeno in teoria (perché, come spiega meglioRiccardo, è sempre necessaria una strategia a monte), può aprire un blog inqualsiasi momento imparando sul campo come usare un CMS (WordPress oJoomla, per fare un esempio), per un giornale che si possa definire tale, siaonline sia cartaceo, non è la stessa cosa.

Una testata giornalistica deve infatti essere registrata in Tribunale (di so-lito nella città dove ha sede la redazione o nel capoluogo più vicino), avere undirettore responsabile, una redazione minima o comunque un tot di collabo-ratori, pubblicare contenuti con una certa periodicità che viene dichiaratagià al momento della registrazione. Deve, cioè, dire se gli articoli sarannopubblicati quotidianamente, mensilmente o altro. Inoltre deve seguire tutte

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le norme previste per la stampa (legate alla diffamazione, alla responsabilitàcivile, alle sanzioni pecuniarie) e che valgono anche per le testate online (letrovi qui: bit.ly/legge-stampa). L’editore – che può anche coincidere con ildirettore – deve inoltre essere iscritto al ROC, ossia al Registro degli Operatoridella Comunicazione.

Da sapere: di norma il direttore deve essere una persona iscritta all’albo,ma ci sono due casi in cui può farlo anche chi giornalista non è: secondo lalegge n. 69/1963, questo avviene quando la testata è un organo di partito,movimento politico o organizzazione sindacale o quando è una rivista a ca-rattere tecnico, professionale o scientifico. In tal caso il direttore viene iscrittonell’elenco speciale.

Blog e testata online, comunque, per essere entrambe a norma di legge,devono comunicare sul loro sito i termini e le condizioni d’uso per il lettore,cookie e privacy policy nel caso raccolgano dati (come nome e indirizzo e-mail di chi commenta), termini e condizioni di vendita se appunto è previstoil commercio di un qualsiasi prodotto (il libro del blogger, l’abbonamento alquotidiano eccetera). Tutti aspetti che vengono spiegati bene sul blog diLexdo.it (bit.ly/dati-obbligatori-sito-web).

E tante altre cose che vedremo nel corso di questa guida in cui io metteròin evidenza gli aspetti del lavoro giornalistico e proverò a spiegare alblogger/web editor come può mutuarne alcune caratteristiche per rendereun servizio migliore al suo lettore, mentre Riccardo racconterà in cosa consisteil suo lavoro di blogger e cosa un giornalista – online, ma non solo – puòprendere in prestito per informare e dare allo stesso tempo grande importanzaalla user experience.

Perché il web e la scrittura hanno delle regole da cui nessuno, se vuoledavvero lavorare bene, può prescindere.

Pronto/a a iniziare?

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2.Cosa significa

scrivere un articolo

Scrivere un articolo può significare tutto e allo stesso tempo niente. Puòessere il risultato di mesi di lavoro, di indagini, di conferme, di tesi smontatecosì come può essere guidato dalla volontà/necessità di soddisfare la sete diinformazione riguardo a un determinato argomento, di cui si sta parlando dagiorni e che magari tiene con il fiato sospeso.

Mentre scrivo è estate e la cronaca, specie nera (come al solito in questastagione), sembra farla da padrone. Uno dei tanti avvenimenti – oltre allacrisi di governo in corso – riguarda un ragazzo francese di 27 anni, in Italiada 2, scomparso durante un’escursione nel Cilento e di cui si sono perse letracce. L’aggiornamento è continuo finché non si scopre che purtroppo nonc’è niente da fare. Allo stesso tempo fioccano articoli su chi fosse Simon Gau-tier (questo il nome del ragazzo francese, chiamato a mio avviso impropria-mente “turista” quando invece era in Italia per un dottorato di ricerca) così

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come articoli con consigli pratici per chi fa escursionismo in solitudine ecome cavarsela in determinati frangenti. Come vedi, un argomento può esseresviscerato e affrontato in diversi modi con l’obiettivo da un lato di mantenerealta l’attenzione, visto che si tratta di cronaca e la cronaca va a toccare sen-timenti reconditi come paura, incertezza, senso di solitudine, angoscia, edall’altro di continuare a informare.

Ma non solo cronaca, con un articolo si può raccontare la propria espe-rienza professionale, informare su come gestire una partita IVA o su cosa siail content marketing e come inserirlo nella propria strategia di marketingaziendale. Argomenti vari, disparati, che interessano un pubblico molto ete-rogeneo e che sarebbe riduttivo, come avrai osservato, raccogliere sottol’unico cappello di “articolo”. Eppure, se si va alla definizione originaria,stando al dizionario Garzanti, l’articolo è uno scritto di vario argomento per ungiornale o una rivista. Il cui etimo viene da “article”, sostantivo inglese che,secondo il dizionario Collins, altro non è che a piece of writing published in thenewspaper or magazine.

Nella definizione anglosassone, come avrai forse notato, si perde l’acce-zione legata a “vario argomento” e si parla più genericamente di “pezzo discrittura”, anche se si tende sempre a dire che è destinato a un giornale o aun magazine. Definizioni che, converrai con me, non tengono conto di comesi sia evoluto il mondo del giornalismo, dell’avvento del blogging, ma anchedei magazine aziendali (che non sono testate), eccetera.

A ogni modo, possiamo dire che un articolo è un pezzo su un argomentospecifico, indipendentemente da dove sia pubblicato. Non è solo o tanto illuogo a fare di un articolo quello che è – pezzi giornalistici si trovano su net-work di blog come Medium così come ci sono blogger ospitati sui giornali egiornalisti che hanno blog – quanto il modo in cui è scritto, come è costruitoe come è progettato, il lavoro che c’è dietro e il risultato che viene offerto allettore.

Peraltro, come riporta il sito dell’INPGI (ente di previdenza dei giornalisti,trovi la sentenza sul sito: bit.ly/tribunale-blogging), il Tribunale di Roma, sezionelavoro, nel 2016, con la sentenza n. 8395 , ha stabilito che l’aggiornare blog esocial network si può equiparare al lavoro giornalistico visto che viene svolta

una complessa attività di natura intellettuale volta alla diffusione dinotizie tramite vari strumenti di comunicazione (nei tempi recenti la

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notizia viaggia oltre che mediante tradizionale giornale cartaceo, an-che attraverso la radio, la televisione, da ultimo, anche via internet)sicché l’attività stessa può atteggiarsi diversamente a seconda dellostrumento di diffusione utilizzato.

Tra questi strumenti, secondo il Tribunale, ci sono anche blog e socialmedia. Si legge ancora:

Il blog è un contenitore di commenti in merito alle notizie già note ealiunde divulgate al pubblico, e pertanto è uno strumento che comportaelaborazione e diffusione della notizia, ciò che è proprio del giornalista(essendo irrilevante il fatto che le notizie elaborate e diffuse sianoeventualmente già note).

Quando dunque, caro blogger, ti diranno che non puoi fare informazioneal pari di un giornalista, ricorda questa sentenza. Così come, caro giornalista,ricorda che lavorare per un blog non ti snatura né ti declassa affatto. Anchese, a volte, si tende a diversificare il pezzo scritto per un blog da quello per ungiornale online: per il primo si parla di blog post, per la stampa si mette inevidenza il complemento di specificazione: articolo “di giornale”. La parola“post”, peraltro, genera anche un po’ di confusione: post si chiamano peresempio quelli che si creano su Facebook o su LinkedIn, su qualsiasi argo-mento, post è anche la foto della pizza che hai postato su Instagram.

Curiosità, contaminazione,informazione con filtro

Al di là di questo, tre sono i concetti chiave che devono essere, a mioavviso, alla base di ogni articolo (sulle tipologie mi soffermerò nel prossimoparagrafo): curiosità, contaminazione e informazione con “filtro”. Ne ag-giungo anche un quarto, un po’ borderline: soluzione.

La curiosità deve essere alla base di ogni pezzo. Penserai: “Che roba scon-tata, trita e ritrita!”. Eppure, credimi, in un mondo in cui si trovano tantissimicontenuti, può capitare che non si aggiunga molto, con il proprio, a quello

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che hanno scritto già altri. Succede nella carta stampata quando i giornali siaffidano esclusivamente alle agenzie, succede anche sul web, quando pur didare una news ed essere tra i primi, si fa pochissimo approfondimento, pernon dire quasi nulla. È vero: le news non sempre lo richiedono in particolarmodo, ma è anche vero che prima di dare una notizia, bisogna essere sicuri diquello che si dice e di come lo si sta dicendo. Spesso si decide “Va be’, intantoscrivo, poi al limite aggiungo”, e invece sarebbe meglio evitare e avere dellecuriosità in più; se poi quello che abbiamo raccolto non è il massimo, bastaammetterlo al lettore promettendo di ritornare sull’argomento.

Diversamente, se stai redigendo il tuo articolo e un punto interrogativo tironza in testa, qualcosa che non ti è chiara, anziché metterla a tacere, fermatiun attimo e verifica. Se invece trovi qualcuno che l’ha scritta meglio e hafatto il lavoro al posto tuo, evita il copia e incolla e, piuttosto, inserisci unlink che rimandi a quello che altri hanno approfondito. Anche questo è unservizio per il lettore: magari tu non hai avuto tempo o eri pagato troppopoco per andare oltre, ma così non lasci il tuo lettore a metà.

Ricordo che una volta, mentre facevo lo stage a Il Tirreno, un mio capore-dattore mi disse, «Evita i punti interrogativi sia nel titolo sia nelle chiusureper far sì che il lettore non risponda “E lo stai chiedendo a me?”». Il lettore siaspetta che un articolo dia in qualche modo delle risposte, anche se non de-finitive, non vuole restare con dubbi, ma avere informazioni che gli permet-tano di fare le sue elaborazioni, di sviluppare il suo senso critico. La curiosità,poi, va di pari passo con la contaminazione. Un articolo online riesce a con-taminarsi molto di più di quanto succeda sulla carta e a fare in modo che lascrittura si mescoli con l’audio, con il video, con i social network per rendereun pezzo ancora più completo ed esaustivo.

Hai partecipato a un consiglio comunale particolarmente acceso o al lancioin Borsa di un’azienda e vuoi far sentire al tuo lettore lo stralcio di un discorsofatto dai presenti? Puoi sì raccontarlo con un virgolettato, ma puoi affidarti aun breve video di un minuto, a un audio che hai registrato e che inglobi nelpezzo o a dei tweet che sono stati fatti durante l’evento. Tutte cose che tipermettono di informare nel miglior modo possibile e che un blogger proba-bilmente conosce a menadito. La cosa fondamentale è contestualizzare: ri-corda che estrapolare qualsiasi cosa senza dare un chiaro riferimento a doveè stata presa, a chi sia a parlare, in quale frangente e a cosa succede dopo,vuol dire informare a metà. Ecco perché quando opti per un pezzo del genere,

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ricordati sempre di argomentare spiegando cosa stava succedendo senza af-fidarti esclusivamente al mezzo in presa diretta che hai scelto.

Certo, quello che sceglierai di raccontare nel tuo articolo di blog o giornaleè sicuramente la tua visione. Probabilmente, se io e te fossimo entrambi allaBorsa, ti stupirebbe vedere come ricorderemmo cose diverse e diverse ne in-seriremmo nel nostro articolo. Io potrei soffermarmi sui numeri che sonostati snocciolati, tu che magari conosci bene l’azienda potresti puntare sucosa succederà ai suoi prodotti. E questo introduce il terzo aspetto alla basedi un articolo: l’informazione con filtro. Mi fa sempre sorridere la gente chesi aspetta la verità assoluta in un articolo. Mi spiace dirlo: non esiste. Esistonovarie verità perché, in fondo come diceva Luigi Pirandello, un fatto è un “gu-scio vuoto che può essere riempito di un significato mutevole a seconda delmomento e del sentimento”.

E ciò non vuol dire che il giornalista o il blogger stanno mentendo, mache quello che decidono di scrivere è indubbiamente filtrato dal loro modo divedere le cose, dalle loro conoscenze, dal loro sentire. Meglio puntare, comedicono Nalbone e Puliafito nel già citato Slow Journalism, sul concetto di au-thentic news che si focalizza:

non sul contenuto della notizia stessa, ma sull’autenticità, sulla ge-nuinità del processo di produzione.

Concetto ribadito anche da Eugenio Scalfari, in una delle Grandi Lezioni diGiornalismo, andate in scena all’Auditorium Parco della Musica di Roma nel2009, organizzate da Enel (video integrale: bit.ly/eugenio-scalfari-oggettività):

L’unica vera oggettività che noi siamo tenuti a dare ai nostri lettori èdire qual è l’angolazione dalla quale noi guardiamo i fatti.

Far capire subito qual è il proprio punto di vista, ricordare chiaramentecosa c’è dietro il proprio blog e gli obiettivi che si prefigge vuol dire essereonesto con il lettore. Infine, il termine che prima ho definito borderline: so-luzione. Un tempo si diceva che “il blogger risolve problemi fornendo solu-zioni, il giornalista nasce per informare”. Una dicotomia che non sempreregge ed è facile vedere come le due figure spesso si scambiano i ruoli. Prendiil blog My Social Web di Riccardo: i suoi consigli sulla scrittura sono seguitis-

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simi, ma spesso ospita interviste, recensioni di libri e anche il suo punto divista su dove sta andando la scrittura in ottica SEO. Un giornalista che informasu quali sono i cambiamenti in atto riguardo l’area C di Milano informa sì,ma allo stesso tempo fornisce soluzioni all’automobilista che non rispettadeterminati divieti, gli dice come pagare la multa online, insomma dà unasoluzione.

Le differenze a volte sono davvero sottili, che è anche il motivo per cuiabbiamo scritto questo testo. Quello che conta davvero è raggiungere l’obiet-tivo che ci si è prefissati con il proprio pezzo.

Se blog e siti contribuisconoall’audience dei giornali

Prendi, poi, il caso di Aranzulla e del suo blog aranzulla.it: nei suoi postesplicativi su qualsiasi cosa abbia a che fare con la tecnologia, punta a forniresoluzioni ai suoi lettori a tutto tondo, in articoli che superano anche le 10milabattute. Certo, Aranzulla si comporta più come un blogger che dà informa-zioni pratiche, a volte quasi necessarie, ma come la mettiamo con il fattoche adesso il suo sito contribuisca all’audience di messaggero.it, che è unatestata online?

Mera pubblicità o evidenza che tale dicotomia non ha confini così netti?Potremmo rispondere “entrambe”. Nel secondo caso, questo libro va proprioin tale direzione, checché ne dicano molti miei colleghi che guardano conaria di sufficienza e sospetto i blogger. Quanto alla mera pubblicità, non so sehai mai sentito parlare di TAL. Acronimo che, se non conosci, dovresti tatuartisulla pelle: se il tuo blog dovesse andare particolarmente bene (ossia averemolte visite), potrebbe capitarti quello che è successo ad Aranzulla (lo so, cisperi, ma continua a leggere) ossia di contribuire all’audience di un giornaleonline. Questo c’entra appunto con il Traffic Assignement Letter (TAL), il si-stema di classificazione dell’audience dei siti di informazione, in Italia materiadi Audiweb che è unico organo deputato a rilevare i dati dell’audience e chedal 2014 sono resi pubblici.

Cosa si intende? Lo spiegano bene delle note informative pubblicate daAudiweb stesso (bit.ly/audiweb-tal). Salta direttamente a pag. 51 per vederecome esista una differenza tra le componenti di audience: quelle organiche e

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quelle aggregate. E se le prime sono sicura che tu sappia cosa siano, ossia iltraffico realizzato sui siti di proprietà, esempio repubblica.it ed espresso.it chefanno parte della stessa famiglia, per aggregate si intendono quelle derivantida accordi di cessione del traffico da parte di altro publisher («Cedente»).

Cosa significa? Che, come spiega bene Luigi Garofalo in un articolo(bit.ly/TAL-giornali-siti) su Key4biz, testata online sulla digital economy, seclicchi sul sito di Aranzulla, Audiweb attribuirà la visita a messaggero.it (comeappunto vedi nell’header della testata), mentre per esempio tuttoandroid.netcontribuisce all’audience di Virgilio così come wittgenstein.it a quella de IlPost o il sito edonna.it (che però non lo dichiara nell’header) contribuisce al-l’audience di Donna Moderna. Questi, ovviamente, sono solo alcuni esempi.

Tutto in regola, sia chiaro, fino a quando l’accordo tra blog/sito e branddi informazione è visibile su ogni pagina che leggi. Un po’ meno chiari gli ac-cordi sulla privacy anche perché, stando al GDPR, chi capita sul sito cosiddettosub-brand – così viene chiamato dall’Audiweb il sito che contribuisce all’au-dience – dovrebbe esplicitare da chi vengono raccolti i dati, per cosa e perquanto tempo.

Perché tutto questo? Be’, per raccogliere pubblicità e perché gli inserzio-nisti, come dice anche Garofalo, spesso non fanno distinzione tra dati organicie aggregati, ma prendono tutto il pacchetto. A te blogger potrebbe convenire

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o no? Non sono io a doverti consigliare, ma considera una cosa: con accordidi questo tipo, in pratica cedi il tuo traffico a qualcun altro. A te la conclusione.A me spetta solo dire che il confine tra giornalismo tout court e siti/blog non ècosì netto.

Che tipo di articolo scrivere

Capita spesso, con clienti o lettori, di sentir dire: “Si vede che questopezzo è scritto da un giornalista, niente da fare: avete un altro metodo”.Quanto è vero tutto questo? E di che metodo si tratta? Entriamo nel vivo eanche nel pratico. Che è il mio obiettivo da questo paragrafo in avanti. Laprima domanda: è che tipo di articolo scrivere? Non è facile rispondere, anzidiciamo che all’inizio non sai affatto come rispondere. O almeno non dovrestisaperlo. Perché dipende molto da quello di cui parlerai sì, ma anche e soprat-tutto delle fonti che sarai in grado di reperire e del modo migliore che potraiscegliere per raccontare ai tuoi lettori una storia.

Come scriveva Peter Cole, giornalista e professore di giornalismo all’Uni-versità di Sheffield, sul Guardian nel 2008 nello speciale How to write:

Journalists usually refer to what they write as stories. Not articles orreports, occasionally pieces, but stories. This does not apply only to re-porters but to everybody in the editorial chain, from desk editors, copyeditors, specialist and sports writers to the editor him or herself. Wordspublished in newspapers, on air or online are stories.

E questo vale anche per te che hai un blog, in cui magari hai definito il tuopiano e calendario editoriale e ti sei focalizzato più sul contenuto che sullaforma, magari analizzando tutte le ricerche che vengono fatte dalle personesul web riguardo a un determinato argomento e decidendo un mese prima dicosa parlare.

Da giornalista che fa anche la web editor e scrive per blog aziendali, vedoun’enorme differenza: il blog ha sempre un piano e un calendario editoriale,la testata online quasi mai. O meglio non fa una programmazione a lungotermine lavorando per esempio sulle ricorrenze annuali per tempo o cercandodi anticipare le tendenze di una determinata stagione. E no, nel secondo caso,

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non c’entra il fatto che le news non si possano prevedere, ma più che altroche si pensa che la pianificazione, la progettazione siano esclusivamente af-fidati alle riunioni di redazione, quotidiane, settimanali o mensili e nulla dipiù. Si lavora tanto e spesso sull’urgenza.

Nell’online, rispetto a come avviene nei quotidiani cartacei (a Il Tirreno ciriunivamo ogni mattina alle 11, quando ero direttore di Walk on Job, che eraun bimestrale, 1 volta al mese), poi, le riunioni sono veramente rare e così èdifficile che si mettano in calendario alcuni speciali, si programmino alcuneattività per i lettori e si verifichi davvero come sta andando tutto il progettogiornale online. O meglio: sono pochi i giornali che lo fanno. Sarà perché silavora sempre più da remoto e da qualsiasi parte del mondo, ma così è.

Dunque, si pianifica poco e poco si usano i dati per andare oltre quelle chesono le visite quotidiane, settimanali, mensili, le condivisioni sui social etutt’al più i commenti. Quando invece accade il contrario, è perché all’internodella redazione c’è una mentalità più analitica oppure un giornalista che sap-pia leggere questo tipo di dati o, nel migliore dei casi, un data analyst. Iconsigli ai miei colleghi giornalisti, in merito a ciò, li darà Riccardo, a te caroblogger/web o content editor che sai invece pianificare, hai un calendario euna strategia dietro, mi permetto di dire che qualche volta, invece, potrestiprovare ad andare oltre e al di là dei numeri.

Se vuoi che il tuo lettore abbia sempre un contenuto di qualità e vuoiessere un blogger professionista, a mio avviso potresti mutuare 6 aspetti delmondo giornalistico (da seguire non in ordine né per forza tutti insieme) eche ti spiegherò in dettaglio subito dopo.

1. Punta su qualcosa di nuovo e che esuli dalle ricerche concedendoti,ogni tanto, il lusso di lasciar perdere numeri e focalizzandoti suqualcosa di cui hai sentito parlare o su un’idea che ti è balenata intesta, anche se non è tra gli argomenti più ricercati sul web.

2. Evita di insistere sugli stessi concetti e su cose di cui parlano tutti eche tu stesso hai affrontato. Se possibile, dai un taglio diverso.

3. Non decidere a priori se il tuo sarà un articolo, un’intervista, unaguida, una recensione: fallo solo dopo la raccolta di informazioni.

4. Fatti assalire dai dubbi: va bene che sei specializzato su un determinatotema, ma non sei onnisciente e i dubbi possono portare a delle verità.

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5. Valuta più fonti possibili e spiega il perché delle cose, non lasciarlointendere.

6. Tieni sempre a mente l’obiettivo del tuo articolo e cosa di nuovo daràal tuo lettore.

PUNTA SU QUALCOSA DI NUOVO E CHE ESULI DALLE RICERCHE

Riccardo lo spiega bene nel capitolo corrispondente a questo (ti basta ca-povolgere il libro per leggere cosa dice): prima di scrivere su qualsiasi argo-mento, è necessario verificare quante persone lo cercano e in che modo lofanno. Cosa che è utilissima per chiunque scriva e voglia posizionarsi tra iprimi posti nella SERP di Google (ossia tra i risultati del motore di ricerca).Ma, dobbiamo dirlo: non sempre i risultati di ricerca restituiscono tutto quelloche potrebbe essere necessario per il tuo articolo. O meglio possono guidarti

sì, ma solo fino a un certo punto. C’è gente che magari non cerca un determinato argomento perché non è

più di moda (in questa estate del 2019 nessuno, per esempio, parla più delVenezuela, eppure so da fonti dirette che la situazione è ancora drammatica)oppure perché non ne è a conoscenza, ma non è detto che non sia interessatoo magari il volume delle ricerche relative a un aspetto di un problema è cosìbasso che Google e tool come SEMrush non ce lo segnalano o lo mettonocosì in fondo che, se non sei una persona curiosa e arsa di sapere, difficil-mente ci farai caso. O più semplicemente, se una cosa è una novità, ha biso-gno di attecchire e tu, come articolista, magari vuoi essere tra i primi adirla.

Attenzione: c’è una differenza sostanziale tra essere il primo ed essere ilprimo in SERP. Sono posizioni entrambe importanti, vitali, ma se un bloggerpunta a primeggiare su Google, non è detto che non possa puntare all’altropodio.

Mutua questo dal giornalismo: cerca la notizia, la novità e mettiti inascolto.

Ne parlerò meglio nella parte dedicata alle fonti, ma qui lo accenno perchédoveroso: cerca di frequentare gente che ti può dare spunti e non c’entranulla con te, con il tuo solito pubblico e con chi ti segue. Perché? Questo tipermette di uscire da quella bolla così pericolosa e che ti fa vedere solo lecose da un certo punto di vista. Origlia cosa si sente in giro, chiedi a chi ti èvicino e magari ti legge poco.

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Ti faccio un esempio partendo da un articolo che scrissi qualche anno fasul bonus Renzi: tutti ne parlavano ma nessuno diceva che poteva capitare didoverlo restituire. A me successe e così decisi di andare a fondo scrivendociun articolo. Hai presente quegli 80 euro in busta paga una volta al mese?Ecco, scoprii poco dopo che superati certi limiti (un lordo di 26mila euro),non mi toccavano, eppure ero certa che la mia RAL allora fosse inferiore. Soloche scrivendo per varie testate e facendo altri lavori non avevo tenuto in con-siderazione che il mio reddito annuale oscillava e superava di poco il limite.Così dovetti restituirli (in realtà mi vennero tolti dalla busta paga), ma scopriiche tutto ciò era evitabile. A spiegarmelo, chiacchierando del più e del meno,fu Francesca del CAF di Cinisello Balsamo (MI) che mi suggerì, se mai fossistata nuovamente assunta da qualche parte, di dire che preferivo non ricevereil bonus Renzi. Così facendo, l’avrei ottenuto se effettivamente fossi statadentro i limiti, diversamente non mi sarebbe stato dato nulla, ma avrei evitatola restituzione. Senza di lei, probabilmente non avrei scritto questo articolo onon avrei parlato di questo importante dettaglio, in un momento in cui nes-suno sembrava dargli molto peso. Avevo in questo modo non solo informatoil mio lettore, ma dato una soluzione pratica e lo avevo fatto anche anticipandogli altri. Pensa: il tutto è nato grazie a un suggerimento che è arrivato così,mentre bevevo un aperitivo.

Si dice che un giornalista lo sia sempre, anche quando non lavora, prontoa captare ogni novità. Ecco, questo può valere anche per il blogger che scrivedi determinati argomenti.

EVITA DI FOCALIZZARTI SUGLI STESSI CONCETTIE DAI UN TAGLIO DIVERSO

Molti blogger lo fanno: sanno di essere seguiti per determinati argomentie si limitano a scrivere articoli che sostanzialmente dicono sempre le stessecose. O fanno in continuazione gli opinionisti raccontando il loro parere suun determinato tema senza quasi mai dare indicazioni pratiche al lettore. Loso, mi dirai: “Non posso scrivere sempre articoli di grande impegno e, se almio pubblico piace questo, perché dovrei fare diversamente?”. Domanda le-cita, certo, ma la controdomanda potrebbe essere: “Sei sicuro non voglianonulla di diverso? O è il classico caso in cui le loro aspettative sono viziate daquello che tu dai loro?”. Un po’ come avviene nel mondo del cibo: molte sceltedei consumatori sono dettate dal marketing e non sono davvero reali. Chi

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sceglie un certo tipo di cibo a volte lo fa perché è bombardato da pubblicità,testimonial, social, eccetera, ma non è detto che se ne assaggiasse di diversolo rifiuterebbe, anzi…

Questo può valere anche per le tue scelte editoriali. Se la tua risposta è chenon hai tempo per sperimentare, forse devi fermarti un attimo a pensare: èmeglio evitare di mettere online roba trita e ritrita. Non c’è cosa peggiore peril tuo lettore e per chi capita per caso sulla tua pagina provenendo da Google(ricordi? Stai lavorando per essere primo in SERP) di leggere il tuo articolo edi avere quella sensazione che sia così inconcludente da fargli chiedere: “Sowhat?” che significa “E quindi?” o se vogliamo dirlo alla maniera dei giovani:“Embé?”.

La stessa sensazione che hai quando un tuo amico ti racconta qualcosama non arriva mai al dunque, lo ascolti per una manciata di minuti, o delleore, fino a che non gli chiedi cosa volesse dirti. E credi di avere perso tempo.Ecco, uguale.

Evita che succeda: chi ti legge deve avere la consapevolezza di avere im-parato qualcosa, di avere avuto un nuovo punto di vista, di avere avuto magariuna risposta ai suoi dubbi, una chiave di lettura. Qualcosa di valore. Stai purtranquillo, caro blogger, anche se il tuo piano e calendario editoriale prevedeche tu scriva uno o due pezzi al giorno e qualche volta non lo fai, perché unpezzo di qualità ti richiede tempo, non perderai i tuoi lettori. Se il tuo personalbranding è forte, non sarà la tua assenza di qualche giorno a farti perderelettori fidelizzati che, anzi, di fronte a contenuti nuovi e di un certo tipo, nonpotranno fare altro che apprezzare. Vorrà dire spendere del tempo in più, avolte dei giorni interi, ma ne varrà la pena. E lo confesso pubblicamente: milascia sempre perplessa chi dice che riesce a realizzare un articolo in un’ora,e questo vale per i giornalisti ma anche per i blogger. Perché? Perché credoche da quando hai avuto l’idea a quando controlli le tue fonti, fino a che faiuna scaletta e decidi di scrivere, 60 minuti non possono essere sufficienti.Per i giornalisti bravi, infatti, scrivere è solo l’ultima parte del lavoro (spessoanche la più difficile, lo riconosco), ma il vero lavoro inizia prima.

Sii pertanto innovativo nella scelta degli argomenti e se questo non è pos-sibile, mutua dal mondo giornalistico il taglio.

Quando lavori per un giornale e hai una notizia o un argomento che vuoitrattare, il tuo redattore ti chiede: “Che taglio vuoi dare a questa notizia?”.Ossia: in che modo la vuoi scrivere? Che angolatura vuoi darle? Parlare di

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tagli è un’eredità che viene dalla stampa quando con taglio si intendeva lacollocazione che un articolo aveva e ha tuttora nella pagina stampata: se è inalto, è un’apertura ossia l’articolo di punta, se ha un taglio basso è sì impor-tante, ma magari meno di rilievo come una buona notizia, un evento, un ap-profondimento, eccetera.

Tornando al web, in particolare, dare un taglio vuol dire che devi decidere,ancor prima di iniziare a cercare fonti e di scrivere, che aspetti trattare e suquali vuoi informare il tuo lettore. Non puoi scrivere tutto in un articolo, mapuoi decidere di focalizzarti su certi aspetti e di farlo bene.

Esempio concreto: vuoi scrivere un articolo su un’ultima novità di Face-book o Instagram? Bene, piuttosto che puntare sulla notizia che comunquedaranno tutti, punta su cosa cambierà davvero in concreto, fai parlare degliesperti oppure cambia completamente taglio e pubblica uno speciale su tuttii cambiamenti fatti dal social in questione e su quelli più rilevanti. Sarai co-munque attuale e innovativo allo stesso tempo.

Inoltre avrai evitato quello che il blogger Daniele Imperi scriveva in unpost datato 2015 ma sempre valido: lo “spaccio delle ovvietà” (bit.ly/cat-tive-pratiche-blogger). Ecco le sue parole tratte da 5 cose che non sopportodei blogger.

Questa è ormai diventata una mania nel blogging. Scrivere post sucome fare questo e quello e ripetere cose già scritte e sentite anni fa.Quindi parliamo di concetti che ormai sono bene impressi nei lettori.Non è allora possibile dare una propria opinione su certi temi? Certo,cambiare prospettiva è utile, esporre il proprio pensiero su alcune tec-niche anche, ma scrivere ciò che ormai tutti conoscono, senza sforzarsidi andare oltre, di offrire il proprio punto di vista, a cosa serve?

E ancora:

Quando leggiamo una rivista, che cosa troviamo nei suoi articoli? Tro-viamo informazioni. Nulla di più. Informazioni nel senso più genericodel termine.Se leggo un articolo nel National Geographic sulle abitudini degli ele-fanti africani, il lettore si aspetta soltanto questo. Non si aspetta ditrovare in mezzo allʼarticolo pubblicità verso libri/corsi/eventi tenuti

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da chi lo ha scritto. Queste sono informazioni che vanno nella biografia,non nel testo dellʼarticolo.

Su quest’ultimo punto: un giornalista sa che non deve autopromuoversiquando scrive e non lo farà mai. Anche un blogger, che ha aperto il suo spazioper guadagnare, può decidere di non esagerare e puntare sull’informazione.Se avrà ottenuto la fiducia del lettore, arriverà anche il resto.

DECIDI CHE ARTICOLO VUOI SCRIVERE SOLTANTODOPO AVERE RACCOLTO LE FONTI

Sì, lo so, tu hai pensato di scrivere un evergreen, di fare un’intervista,una guida, una recensione ed è giusto che l’idea di base ci sia perché indiriz-zerà le tue ricerche, ma spesso può capitare di... fare un buco nell’acqua. Che,cioè, trovi meno di quello che ti aspettavi, che l’intervistato risponda in modostriminzito o non dica granché di intelligente o che, per quella guida chevolevi fare, ti manchino diversi elementi. Ecco perché, per non sprecare iltuo lavoro, una volta raccolte le fonti se non hai ottenuto ciò che cercavi,puoi magari redigere un piccolo articolo prima e fare il tuo speciale successi-

vamente, senza decidere tutto a priori.Se per esempio un’intervista non regge, evita di puntare su un contenuto

fatto di domande e risposte e inserisci queste ultime come virgolettati inquello che giornalisticamente si chiama pezzo a correre.

Cosa significa? Che non scriverai un’intervista nel senso tradizionale deltermine, ma sarai tu a introdurre certi argomenti e, quando avrai bisogno diprecisare o rafforzare dei concetti, farai parlare la persona che hai intervistato,dandole così uno spazio inferiore rispetto a quello che avevi previsto.

Attenzione: evita di far parlare per troppo tempo e di seguito l’intervistato.Ossia di aprire le virgolette e chiuderle, per esempio, 10 o 15 righe dopo. Ilpezzo a correre si chiama così perché è continua l’alternanza tra virgolettatoe testo liscio scritto dal giornalista che, per non annoiare il lettore o farloscappare di fronte a un discorso diretto un po’ troppo lungo, introduce lefrasi, le interrompe ribadendo il concetto, ricordando alcune caratteristichedell’intervistato o rafforzando quello che ha appena detto.

Vuoi leggere un esempio di pezzo a correre? Ti rimando a un articoloscritto per Osservatorio Diritti da Felicia Buonomo. Si parla di libertà di cultocon un avvocato esperto di Islam: bit.ly/pezzo-a-correre.

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Ciò dimostra che i contenuti sono duttili, malleabili e, visto che lo scopo èsempre informare il lettore nel miglior modo possibile, suscettibili di cambiareforma rispetto a quello che avevamo previsto inizialmente.

FATTI ASSALIRE DAI DUBBI

OK, tu sei un super esperto di determinati temi, leggi, ti informi, eccetera,ma non dare mai niente per scontato. Il filosofo greco Socrate diceva, «So dinon sapere», e questo deve valere anche per te. Prima di scrivere, fatti assaliredai dubbi e cerca di risolverli sia per te sia per il lettore. Dubbi che devi averenon solo prima, ma anche durante la stesura e, perché no, pure successiva-

mente quando il pezzo è stato pubblicato.Nutrire dei dubbi su quanto hai raccolto, sulle fonti che hai scelto o sul-

l’aspetto che hai deciso di affrontare, vuol dire cercare altre informazioni,andare ancora più a fondo o sperimentare in prima persona quanto stai di-cendo, oltre a metterti nei panni di un lettore che ne sa meno di te, evitandodi fare così il presuntuoso o il supponente.

Farlo durante la stesura vuol dire verificare i numeri che hai letto da qual-che parte e non hai ricontrollato più o quella citazione che hai messo nelpezzo e non sei sicuro appartenga a quell’autore. Vuol dire continuare adavere in mente il lettore, cui vuoi dare un articolo che sia volutamente inec-cepibile. Poi, si sa, perfetto non è nessuno.

Farlo dopo che è stato pubblicato: be’, credo che rileggere il proprio pezzosuccessivamente sia sempre necessario oltre che una mossa intelligente.Oltre a constatare come hai trattato l’argomento, potrai pur sempre aggiu-stare qualcosa che non ti convince (non sto parlando di riscrivere pezzi interidell’articolo, in tal caso devi dirlo al lettore) e analizzare come hai lavoratoper non ripetere certi errori o continuare su quella strada. Certo, poi sarannoi numeri a dirti come sta andando ma, dal canto tuo, saprai di avere agito almeglio.

VALUTA PIÙ FONTI POSSIBILI E SPIEGA IL PERCHÉ DELLE COSE

Sulle fonti tornerò tra qualche paragrafo, qui mi preme dirti perché perscrivere un articolo dovresti averne sempre più di una. E questo anche quandosi tratta di un’intervista. Lo so, starai obiettando che, se determinate cose lasta dicendo l’intervistato, tu puoi pur sempre virgolettarlo e lasciare a questola responsabilità di ciò che dice. E invece non è proprio così: se dice una bag-

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gianata e tu la stai scrivendo, la colpa è anche tua. Che non hai verificato onon hai chiesto all’intervistato di spiegarti ancora meglio o di argomentarti

cosa stava dicendo.A ogni modo, per qualsiasi articolo, anche sui temi che conosci bene, cerca

sempre di vedere cosa hanno scritto gli altri, che tipo di ricerche sono statefatte, che tipo di documentazione (libri, altri articoli, eBook) è stata prodottain merito. E questo anche quando il tuo è un articolo di opinione: cerca disuffragarlo, dimostrando come ci sei arrivato e il percorso che hai fatto. No,non devi rivelare tutto, ma fare capire il tuo ragionamento e spiegare il perchédelle cose. Rispondi a domande che il lettore potrebbe farsi, come “Perchémi sta dicendo questo?”, “Perché è giunto a questa conclusione?”. Sii chiaro:aiuterai il tuo lettore ad apprezzarti ancora di più.

TIENI SEMPRE A MENTE L’OBIETTIVO DELL’ARTICOLOLast but not least: non dimenticare il motivo per cui stai scrivendo il tuo

articolo. Oltre al volere magari far compiere un’azione al tuo lettore – iscrizionealla newsletter, all’acquisto di un prodotto, al download di un eBook – tienisempre a mente l’obiettivo informativo che ti sei dato. Ti guiderà nella scrit-tura, nella rilettura ma anche nella pubblicazione, quando sceglierai le im-

magini, deciderai se “embeddare” dei tweet o se allegare certi file, eccetera.È la stessa cosa che sto facendo mentre scrivo questo libro: vorrei dire

tantissime cose ma devo ricordarmi che il mio obiettivo è condividere la miaesperienza da giornalista con i blogger, ricordando come questi lavorano ecome, a mio avviso, posso dare loro un supporto.

Studiare il target

Parlare di target, al giorno d’oggi, forse vuol dire usare un termine un po’caduto in disuso o che va ancora bene nel mondo pubblicitario, per il quale èstato inventato. Con target si definisce quella parte di audience che si vuoleraggiungere con una determinata campagna pubblicitaria, un certo tipo dicomunicazione, cercando di coinvolgerla al tal punto da farle scegliere il pro-dotto. Quando invece lo scopo non è solamente legato all’acquisto, ma ancheal dare delle informazioni a chi ci troviamo davanti, la parola target diventadesueta ed è meglio parlare di reader personas. Ossia di ipotetici lettori, im-

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maginari ma che allo stesso tempo hanno caratteristiche reali. Reader per-sonas che possiamo definire degli idealtipi del tuo blog, a cui dovrai pensareogni volta che stai scrivendo un articolo, anzi prima di farlo.

Attenzione: sto parlando di reader personas e non di buyer personas (cheforse conoscerai meglio). Sebbene il modo di crearle e le conclusioni a cui sigiunge sono uguali, qui ci focalizziamo più sul loro essere dei lettori prima epoi eventualmente degli acquirenti.

Questi lettori ideali vanno costruiti dando delle caratteristiche che potrestiritrovare nella realtà ma che di fatto non corrispondono con esattezza anessun tuo lettore. Devi dare un nome, un’età, un titolo di studio, una pro-fessionalità, inquadrare come sia una giornata tipo, capire le abitudini di let-tura, analizzare i bisogni e capire come soddisfarli. Inoltre devi capire com’èarrivato o come potrebbe arrivare a te, in modo da puntare su determinateparole chiave che il tuo lettore potrebbe cercare. O dei concetti chiave chel’ipotetico lettore cerca e cui tu potresti analizzare nel tuo blog.

Per far questo, puoi usare i dati di Google Analytics (preziosissimi) deltuo sito, quelli di Facebook (i cosiddetti Facebook Insights) se hai una pagina,ma anche quelli di Twitter e Linkedin, se hai gli account del tuo blog. Oltre ausare strumenti che ti permettano di capire chi è il lettore tipo di determinatiargomenti come SEMrush, SEOZoom, ma anche Ubersuggest, che Riccardospiega molto bene nella sua parte.

I dati statistici sono molto importanti e su uno dovresti fermarti in parti-colare: sul tempo di lettura. Ci sono blog che sono particolarmente conosciutie che, grazie a una buona strategia di marketing e a titoli che promettono manon mantengono, riescono ad avere molte condivisioni e molti click. Ma segli articoli richiedono un tempo di lettura di almeno 3 minuti e la permanenzaè di 30 secondi o un minuto, c’è qualcosa che non va. O non sei riuscito a cat-turare l’attenzione del lettore o forse gli articoli lunghi non fanno per lui, maquesto puoi saperlo ovviamente dopo vari tentativi.

Il tempo di lettura è comunque particolarmente importante e nel giorna-lismo è un dato cui diamo sempre abbastanza peso. Il già citato OsservatorioDiritti, testata diretta da Marco Ratti, con articoli lunghi e sempre di appro-fondimento dimostra di incontrare il gusto dei suoi lettori: il tempo medio dipermanenza supera i 5 minuti.

Per realizzare le tue reader personas, oltre a usare un foglio di carta o diWord o ancora meglio un Excel in cui elenchi determinate caratteristiche e

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dai un nome e un volto alla tua persona, esistono anche degli strumentidigitali come Make my persona (bit.ly/make-my-persona) o Userforge che tipermettono di creare una persona in modalità collaborativa (bit.ly/user-forge).Ma non solo strumenti: il mio consiglio è di chiacchierare tanto con i tuoilettori: farlo nei commenti che alcuni blogger tralasciano perché non hannotempo (per non parlare di molti giornali online), tramite i social, Facebook eTwitter in particolare e quando possibile dal vivo. Per questo, cerca sempredi partecipare a eventi in cui sai che puoi incontrare il tuo lettore tipo, maanche a serate in cui magari potrebbe non esserci. Sono tutte occasioni peravere nuovi spunti e per parlare con la gente, spesso la prima grande fonte eanche il primo grande critico.

Ricordo quando lavoravo al Tirreno come stagista: ogni giorno c’era sempreun lettore del posto che veniva a farci complimenti o a segnalarci inesattezzeche avevamo compiuto o ancora a suggerirci: “Scrivi un articolo su questo,uno su quello”. Lettori a volte insopportabili, perché particolarmente esigenti,ma indubbiamente preziosissimi. E fondamentali perché, come dice SergioLepri, giornalista di lungo corso:

Il lettore è il fine dell’informazione, non un mezzo col quale arrivaread altri fini, di orientamento politico o di persuasione commerciale.

Conoscere i competitor

Conoscere i competitor vuol dire senza dubbio analizzarli, studiarli, mo-nitorarli, vagliare come si comportano nell’affrontare un determinato tema,che rapporto hanno con i lettori, come lo nutrono.

Quando il giornalismo era prevalentemente a stampa, questo si facevastudiando tutto il giornale “avversario” dal vivo. Vengo da un’esperienza incui la concorrenza era davvero forte: il mio stage a Il Tirreno. Lo scontro conLa Nazione era continuo, anche perché i toscani non se le mandano certo adire, e ricordo che ogni volta che andavo in redazione al mattino (che poierano le 11 perché nei quotidiani non si inizia quasi mai presto, ma si finiscemolto tardi) c’erano i redattori che leggevano i giornali. Io, da stagista ven-ticinquenne, pensavo stessero perdendo tempo, invece mi spiegarono che“Leggere i giornali altrui è parte del lavoro di un giornalista”.

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A Emma e Alice,per sempre.

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Scrivereper informare

Creare contenuti (non solo in ottica SEO)per giornalismo e blogging

COSA UN GIORNALISTA PUÒ IMPARAREDA UN BLOGGER

Prefazione di Matteo Flora

Riccardo Esposito

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Scrivere per informareRiccardo Esposito e Cristina MaccarroneCopyright © 2020 by Flacowski di Enrico Flaccoviowww.flacowski.com ~ [email protected] edizione: maggio 2020Stampa: BooksfactoryImpaginazione: Maurizio CiprianoIllustrazione in copertina: Franziska Meiners

Nomi e marchi citati sono generalmente depositati o registrati dalle ri-spettive case produttrici.La fotocopiatura dei libri è un reato.

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Ringraziamenti dell’editore

Questo crowdfunding è stato realizzato grazie al contributo di circa 200persone. Essendo un libro double face, ho deciso per cavalleria di iniziare aringraziarvi all’inizio del libro di Cristina, dividendo i nomi dalla A alla G edalla I alla Z. Ma aggiungo un ringraziamento speciale, unica parte del libroche sarà identica in entrambe le parti, perché questo non è un testo normalené semplice da accettare, specie se sei un giornalista, ma anche se sei blogger,perché purtroppo in questo ambiente, si sa, tutti sanno tutto.

Un noto presidente dell’Ordine dei Giornalisti – non voglio nominarlo pernon scomodarlo – mi ha scritto testualmente:

Personalmente apprezzo – e non poco – la tua iniziativa editoriale ela visione alla quale si ispira. Ho sempre pensato che in quest’era, gior-nalisti e blogger debbano dialogare, ma così non la pensano molti altricon i quali frequentemente mi scontro. Sinceramente parlando, nonme la sento di promuovere, pur condividendola pienamente, questatua iniziativa, perché ormai ho le ossa rotte (davvero!), mi porterebbea parlare per l’ennesima volta con un muro di sordità.

E se lo dice lui... Questo è il motivo per cui ho rinunciato a contattare altriOrdini e per cui ho capito – anche se già lo sapevo, ma adesso di più – che sitrattava di un libro davvero impossibile. Perché non c’è peggior cieco di chinon vuol leggere, e gran parte del mio pubblico (i giornalisti) sono evidente-mente ciechi. Ho sempre sostenuto che è molto meglio avere 200 lettori qua-lificati che 2.000 “lettori qualunque”, ma so con fermezza che Scrivere perinformare avrà lunga vita e vivrà attimi di meritata notorietà.

Tu che hai sostenuto questo progetto editoriale, ma anche tu che lo haicomprato dopo il crowdfunding, sei per me l’eroe dell’informazione italiana.Gli eroi non sono persone qualunque, sono esemplari rari, che tendenzial-mente conoscono molto bene umiltà e sacrificio. Io e te, insieme agli altri 200e agli autori, siamo sicuramente accomunati da queste due qualità. Ecco per-ché sono certo che quando posterai la foto di questo libro sui tuoi canali social,

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lo farai con una fierezza diversa, non da semplice guerriero che torna vincentecon un trofeo in mano, ma da capitano che sta portando nuove reclute nellagiusta direzione, con il giusto obiettivo: fare buona informazione, farla benee farla arrivare a destinazione. Questo è per me il concetto di crowdblishing:la coralità, quello che nel cinema si chiama autore collettivo. Non è banale ri-cordarlo, così come non lo è stato quando Troisi ha messo in scena Il Postinonel 94, quindi, a rischio di risultare sdolcinato, lo faccio: la poesia non è di chila scrive ma è di chi gli serve. Quindi ti nomino coautore di questo libro, ti au-torizzo a dire «questo libro l’ho scritto anche io». Grazie di cuore!

Gli coautori di questo libro dalla I alla ZAntonio Incorvaia, Massimiliano Iuorio, Patrizio Lamontanara, Alida

Littori, Luca Locorotondo, Lombardi Lombardi, Roberto Loreti, SimoneMabellini, Rosario Maccarrone, Jessica Malfatto, Chiara Mandich, AnnaFrancesca Mannai, Dalia Marchesi, Valeria Martalò, Elisa Martini, NathalieMassiot, Fabrizio Melechì, Tony Meraglia, Sofia Merlin, Carlotta Micale,Francesco Modica, Marco Monopoli, Marco Montanari, Gian Paolo Montini,Daniele Moretti, Alberto Morselli, Chiara Muccitelli, Antonio Musarra, MonicaNardella, Massimo Nava, Gabriele Nobili, Alessandro Nolfo, Riccardo Ogliari,Carlo Olivero, Rosanna Paiano, Letizia Palmisano, Elena Panciera, GabrielePanigada, Andrea Paoli, Vincenzo Paparella, Giuseppe Patti, Matteo Pavesi,Antonio Perfido, Leonardo Perronace, Valentina Pettinari, Massimo Pieracini,Valeria Pindilli, Giuseppe Pisciotta, Bonaventura Pizzoferro, VanessaPostacchino, Francesca Potena, Paolo Pozzi, Luca Rallo, Davide Reinato,Barbara Reverberi, Federico Riccardo, Settimia Ricci, Sara Ridolfo, EmilianoRinaldi, Simone Romagnoli, Alessandro Rosadoni, Luisa Rosini, Paola Rota,Chiara Ruggeri, Ilaria Russo, Alessandra Salimbene, Giulia Sambo, NicolettaSantambrogio, Emanuele Sanzone, Floriana Schiano Moriello, LauraScomparin, Simona Scravaglieri, Silvia Sertorio, Massimo Silvestri, WalterSimoncelli, Cristina Simone, Sordillo Sordillo, Sorrentino Sorrentino,Alessandro Spurio, Vanja Stanic, Silvia Stentella, Enrico Tamburrini, GiulioTavoni, Vittorio Tiso, Enrico Maria Tomassi, Martina Tonon, MarisaTrionfante, Laura Turco, Marialuisa Urbano, Angela Vanni, Marta Vendrame,Viola Venturelli, Emanuela Voltattorni, Eleonora Zaccheroni, DomenicoZarra, Enrico Zerbini.

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Indice

Prefazione ...................................................................................................... pag. 11Introduzione.................................................................................................. » 13

1. Come è cambiato il nostro lavoro ................................................. » 15L’ossessione per il click e la velocità ............................................. » 16I social media e la scrittura............................................................... » 18Come i lettori cercano e leggono le notizie ................................. » 19La differenza tra diverse figure ...................................................... » 20Deontologia ed etica: a che punto siamo oggi?.......................... » 21

2. Cosa significa scrivere un articolo ............................................... » 23Dono e scrittura online: cosa significa? ....................................... » 24Devo imparare anche la SEO per scrivere online?..................... » 25

3. Prima di scrivere un articolo .......................................................... » 27Che tipo di articolo scrivere.............................................................. » 31Obiettivi da raggiungere.................................................................... » 33Studia il tuo target............................................................................... » 34Individua un trend............................................................................... » 37Segui i competitor................................................................................ » 41

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Partecipare alla conferenza stampa .............................................. » 43Raccogliere le fonti.............................................................................. » 45L’importanza del fact checking ...................................................... » 52

4. Diversi tipi di contenuto .................................................................. » 57News......................................................................................................... » 58Contenuti evergreen ........................................................................... » 60Inchieste ................................................................................................. » 66Intervista ................................................................................................ » 69Lista puntata ......................................................................................... » 72Native advertising ............................................................................... » 74Branded content e advertising di Francesco Gavello.................. » 78

5. Headline, il centro del mondo........................................................ » 83Cos’è un titolo, perché è fondamentale........................................ » 85Come scrivere una headline sul web.............................................. » 86Modelli che funzionano: come e perché....................................... » 91Elementi di contorno di una headline........................................... » 98Il sottotitolo e la SEO .......................................................................... » 101

6. L’importanza dell’immmagine..................................................... » 103Come scegliere una foto..................................................................... » 105Ottimizzare immagini online .......................................................... » 108

7. Scrivere l’attacco di un articolo..................................................... » 117Prima di scrivere: autore, data, aggiornamenti ........................ » 119Cosa deve fare un attacco.................................................................. » 120La piramide rovesciata....................................................................... » 121Come scrivere un attacco .................................................................. » 125

8. Scrivere e strutturare un articolo ................................................. » 127Identifica gli elementi da approfondire ....................................... » 127Scegli un URL adeguato ..................................................................... » 130Crea una struttura efficace ............................................................... » 132Leggibilità: scrivere per farsi leggere ........................................... » 135Rilettura del testo ................................................................................ » 142

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9. Ottimizzazione SEO e gestione dei contenuti .......................... » 143Lunghezza ideale del testo ............................................................... » 143Gestione dei comunicati stampa .................................................... » 145Buon uso dei tag (tassonomie)........................................................ » 146

10. Come concludere un articolo online............................................ » 151Box autore .............................................................................................. » 152Link verso altri contenuti.................................................................. » 154

11. Prima di pubblicare e dopo che hai pubblicato........................ » 157Social network ...................................................................................... » 157

12. Conclusioni ........................................................................................... » 165

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Prefazione

In una conferenza stampa del 22 Gennaio 2017, l’allora Consigliere delPresidente, Kellyanne Conway, si trovò a dover difendere delle affermazionipalesemente false sull’effettivo numero dei partecipanti al discorso di inse-diamento di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti.

Incalzata da un giornalista sul perché erano state diffuse stime palese-mente false – e di molto gonfiate -, la Conway si difese dicendo che non eranomenzogne ma semplicemente alternative facts, fatti alternativi. Lontani dal-l’idea che fosse semplicemente una battuta o un motto di spirito, il concettodi fatti alternativi e di realtà alternativa ha permeato gli ultimi anni del dibattitosulla rete e sulla creazione o distruzione di consensi utilizzando le fake newse manipolando la percezione della realtà delle persone sulla scorta di pezzi diinformazioni frammentari, manipolati nella sostanza o nella forma, e creaticon artificio per ottenere una creazione di forzoso consenso.

L’utilizzo massivo, quasi endemico, dei motori di ricerca come il primomezzo per rintracciare informazioni e costruirsi una opinione informata, in-sieme alla progressiva perdita di fiducia nei media tradizionali dell’utente

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medio, ha portato a ripensare a come definiamo il concetto stesso di realtàcome “oggetto socialmente negoziato”: le persone non cercano la verità, masi limitano a considerare vere quelle fonti che trovano velocemente, che sonoattraenti e che appaiono nelle loro ricerche. E che, soprattutto, si conformanoai loro pregiudizi.

E l’unica barriera che possiamo pensare di introdurre per fermare questoprogressivo degrado della buona informazione, l’unica speranza per ristabilirel’importanza autentica della informazione di qualità, è quella di imparare aconoscere la rete e le sue dinamiche in modo approfondito, comprendendo imeccanismi che guidano le persone nella loro dieta mediatica: comprendendocome questa sia irrimediabilmente diversa da come abbiamo imparato a pen-sarla sinora e adeguando le proprie professionalità alle mutate esigenze dipubblico, mercato, contenuti e occasioni.

Non è un percorso facile, contrastato dalle dinamiche del click veloce, dauna propensione sempre più bassa a dare lunghi momenti di attenzione edalla presenza di offerte informative di cattiva qualità ma estremamente ac-cattivanti: per creare una strategia di successo bisogna prima comprenderelo scenario, poi riflettere sulle nuove modalità e poi impegnarsi per trasfor-mare la propria professionalità per informare in modo efficace in un contestoaltamente competitivo.

E comprendere che non ci siamo disinnamorati della buona informazione,ci siamo forse solo disaffezionati a una vecchia modalità che ha ancora allesue basi un immenso potenziale, una altissima etica e una fortissima respon-sabilità sociale. Si tratta solamente di ammodernare la nostra Weltanschauung,la nostra concezione del mondo digitale, e adattare le nostre competenze aun rinnovato panorama.

E per queste finalità il volume che hai in mano è una miniera di spunti e dicompetenze che sono a disposizione di chiunque abbia la buona volontà diimparare a essere un informatore migliore.

Matteo FloraFondatore di The Fool

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Introduzione

Una buona introduzione dovrebbe spiegare cosa troverà il lettore nelle pa-gine successive. Io invece voglio usare questo spazio per dare un consiglio sucome leggere questo libro: attraverso gli occhi del miglioramento omogeneo.Pensa al tuo prossimo articolo come una piccola opera d’arte, un meccanismoperfetto, qualcosa che merita di essere trovato e letto.

Nella scrittura del libro (sì, questa introduzione è stata scritta alla finedella stesura) ci sono tanti esempi che prendono in esame articoli di grandiportali che ignorano regole semplici. Ma che possono fare la differenza neltempo.

Motivo? Alcuni colleghi mi hanno suggerito di guardare attraverso gliocchi di chi usa, ogni giorno, i CMS dei quotidiani. Sono lenti, pesanti, incom-pleti, tortuosi, pieni di bizantinismi e cineserie. Ben lontani dalla pulizia edalla linearità di WordPress. Ecco perché i primi a leggere questo libro do-vrebbero essere non dico gli sviluppatori (non ho questa presunzione) ma idirettori responsabili del sito web di un giornale online.

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Così di fronte alla scelta di un CMS proprietario e studiato ad hoc – di baseun valore aggiunto, eh! – potrebbero iniziare a sollevare delle domande sen-sate. Qualche esempio:

In questo caso possiamo cambiare il tag title?Ci sarà la possibilità di curare ogni testo alternative?

Il giornalista può gestire facilmente le immagini?

Ecco, il secondo protagonista è proprio lui: il giornalista. Non nascondol’idea di poter dedicare proprio a questo eroe della comunicazione digitalegran parte del lavoro svolto. OK, a volte i CMS sono vergognosi. Ma anche chiscrive deve prestare la massima attenzione a quei dettagli che, spesso pernoncuranza, vengono dimenticati.

No, oggi se vuoi fare la differenza, non puoi nasconderti dietro a questebandiere: basta un alito di vento per rimanere sguarnito, e per pubblicare unpessimo contenuto. Il web può essere duro con chi dimentica per mesi, e anni,l’importanza del lavoro ben fatto. 

Ma animo, nessun timore. Si può sempre rimediare. Ecco perché oggi seiqui e hai deciso di leggere questo libro. Fare la cosa giusta al momento giusto,il segreto è questo.

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1.Come è cambiatoil nostro lavoro

Ecco, questo è già un buon modo per parlare del blogging. Definirlo unlavoro vuol dire prendere già coscienza di un fatto: c’è una competenza damettere a disposizione di un cliente. E, quindi, non si tratta di passatempo odivertimento. O almeno non solo. Fare blogging è un lavoro che, appunto,cambia. Si muove verso un’evoluzione difficile da prevedere. E chequotidianamente passa attraverso qualche annuncio mortifero.

L’avviso funebre del blogging è sempre in agguato. Con costanza siannuncia la fine di questo strumento a favore di una soluzione che dovrebbeessere adeguata agli sviluppi social del web: «Il blog è morto, largo a Instagram».Non a caso gli influencer sgomitano per avere un profilo su questo social conmigliaia di follower, definendosi blogger. Ecco, forse questa è la principaleevoluzione dell’universo che mi trovo ad affrontare. Il blog non è piùconsiderato solo un CMS, solitamente WordPress, sul quale pubblicare articoli

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da indicizzare su Google e condividere su Facebook o Twitter. Diventa unostrumento per comunicare il proprio punto di vista, l’idea personale, qualcosadi unico. Almeno in linea di principio, è chiaro.

Ed è proprio da questa macro-divisione, una vera e propria scissione trametodo e strumento, che parte la mia riflessione sull’evoluzione della scritturaonline. Una scrittura che appare sempre più combattuta tra dovere e piacere,obiettivi da raggiungere e amore per un’arte dai legami antichi con la cartastampata. Di questo, però, se ne occuperà Cristina. Io voglio dedicare spazioa ciò che succede sul web. E a come si sviluppa quella commistione magica,forse ancora non del tutto espressa, tra scrittura nel mondo del blogging enel giornalismo.

L’ossessione per il click e la velocità

Cosa fa l’utente quando legge un titolo interessante? Clicca. Lo fa sempre,è nelle sue necessità. Ha bisogno di leggere e approfondire quel link chesbraccia. Fa parte del suo repertorio, del bisogno ossessivo di conoscere, diavvicinarsi quanto più possibile alla conoscenza completa, totale. Qualcunopotrebbe trovare un parallelismo tra la mela colta nell’Eden dall’albero dellaconoscenza del bene e del male.

Adamo ed Eva volevano conoscere tutto, avvicinandosi a Dio, e per questosono stati allontanati. Ecco, diciamo bannati per rimanere nel linguaggiovicino al web. Ma perché dico questo? Il nostro bisogno di conoscenza èinsaziabile, e il web ci offre questa soluzione: puoi conoscere tutto, hai adisposizione una marea di dati, notizie e informazioni. Spesso però accogliesoltanto il bisogno di sentirsi informati. E non quello di essere realmente aconoscenza dei fatti.

Quanto leggi veramente? Se c’è un’influenza netta e ben evidente delblogging rispetto al giornalismo è proprio questa: oggi la fruizione delcontenuto è rapida, veloce. E tutto punta al click, dal social o dalla SERP finoalla pagina web, per ovvi motivi economici: più gente arriva, maggiori sonogli introiti pubblicitari. Questa tendenza porta a una serie di derive difficili dadigerire per chi è abituato alla lettura ponderata e onesta di un testo. Peresempio, lo sai che il 59% dei link condivisi sui social non vengono neanchecliccati? Ecco una buona riflessione:

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59 percent of all links shared on social networks aren’t actually clicked onat all, implying the majority of article shares aren’t based on actual read-ing. People are sharing articles without ever getting past the headlines.

Questi dati, presentati da un articolo di Forbes (bit.ly/persone-non-leggono), possono far riflettere se si accompagnano al grafico di Tony Haile(bit.ly/leggere-condividere) che sottolinea: «There is no correlation betweensocial shares and people actually reading».

La relazione tra basso tempo di lettura di un contenuto e attività sui socialfa pensare a un consumo sempre più frettoloso del web (leggi la conversazionedi Tony Haile su Twitter, bit.ly/social-shere-lettura), complice anche ladiffusione del mobile e di un’abitudine votata alla lettura distratta. Incastratatra un’attività e l’altra. Si legge quando si può, in metropolitana o sull’autobus.Magari si rosicchia tempo da altre attività, per esempio la chiacchierata durantela colazione: tutti chini sul proprio smartphone alla ricerca di quella notiziasu Facebook o nella SERP di Google.

Blog e quotidiano online puntano verso la stessa direzione, si incrocianoe si fondono. Sembrano quasi uguali nel creare titoli sensazionalistici in gradodi lavorare sulla soglia di attenzione per attirare lo sguardo con un titoloefficace e portare l’utente dal primo paragrafo al resto del contenuto.

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Magari fino a raggiungere la fine: sarebbe un gran risultato. La velocità ècentrale oggi, la gente ha fretta, e chi produce contenuti fa di tutto permantenere il pubblico sulla pagina.

I social media e la scrittura

Altro fronte che registra grande cambiamento: quello che fa coincidere lascrittura con i social media. Un settore che abbraccia diversi strumenti, tutti quelliche consentono di fondere produzione di contenuti e feedback del pubblico. Oggic’è la possibilità di rispondere all’autore e non solo di subire un’informazionenata dalla necessità di raggiungere una audience. Si potrebbe parlare dei millepunti di contatto tra scrittura online e influenza dei social media. Nelle prossimepagine lo farò con maggior attenzione, ma adesso ciò che mi interessa è un aspettoculturale che ha rivoluzionato (almeno dal mio punto di vista) la produzione dicontenuti online: l’influenza del pubblico. Che si divide in due punti.

In primo luogo la necessità dell’autore di scrivere per le persone emodificare il proprio stile in base ai commenti ricevuti e moderati conattenzione. Non avviene sempre e in qualche caso c’è stato chi ha modificatola natura social dei media proprio per evitare l’influenza e le intromissioni. Èil caso del blog di Seth Godin. Qui lo storico esperto di marketing ha scritto(bit.ly/commenti-seth):

I think comments are terrific, and they are the key attraction for someblogs and some bloggers. Not for me, though. First, I feel compelled toclarify or to answer every objection or to point out every flaw inreasoning. Second, it takes way too much of my time to even thinkabout them, never mind curate them. And finally, and most importantfor you, it permanently changes the way I write. Instead of writing foreveryone, I find myself writing in anticipation of the commenters.

Ci vuole tempo per moderare i commenti, è chiaro, ma soprattuttorischiano di modificare il modo di scrivere. Quindi si crea per rispondere allepersone e non per mettere nero su bianco le proprie idee. In effetti una dellegrandi influenze dei social media sulla scrittura per il blog è proprio questa:non creiamo più (o almeno non solo) per inseguire le nostre idee ma perapparire, dare risposte, creare interesse e traffico legato alla situazione.

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Il secondo punto è collegato al primo e riguarda la capacità di crearecontenuto grazie ai commenti. Che possono influenzare (in negativo opositivo) la scrittura ma hanno un merito: se moderati, possono creare valore.E arricchire il contenuto con domande. E poi le risposte saranno un passo inavanti verso il miglioramento sostanziale del post. Soprattutto perraggiungere un grande obiettivo: creare qualcosa di unico.

Il blog, dal mio punto di vista, non può prescindere da questo passaggioche segna la differenza rispetto al classico contenuto giornalistico. Non acaso, oggi, i quotidiani online assimilano il concetto base dei social media erendono disponibile lo strumento per lasciare i commenti. La vera pecca restail concetto base che muove quest’operazione: le interazioni nei giornali onlineservono veramente ad arricchire il contenuto o solo a lasciare l’illusione dipoter dare la propria opinione? Forse la vera sfida è: trasformare il feedbackin valore aggiunto per i contenuti.

Come i lettori cercano e leggono le notizie

Il contatto tra scrittura online e tendenze inclusive dei social mediariguarda anche il comportamento del pubblico, sia nel cercare che nel fruirele informazioni. Ecco, dove cercano le persone nel momento in cui decidonodi informarsi?

I social media sono la base, le persone si fidano di questo strumento comesuggerisce la ricerca IPG’s agency Golin (bit.ly/social-news-online) del 2017.Questa è una prospettiva interessante che deve essere letta insieme ad altridati che possono aiutare a capire come le persone cercano nel web. Uno deipunti più interessanti è la penetrazione del mobile e dei social network nelleabitudini delle persone.

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Come suggerisce la ricerca di We Are Social (bit.ly/we-are-social-dati), inItalia la crescita degli utenti su piattaforme social, ora 35 milioni, segna un+2,9% rispetto all’anno precedente. Questo avviene attraverso il mobile: 31milioni di persone sono attive su queste piattaforme da dispositivi mobili. Lasintesi? Non puoi e non devi accontentarti: quando scrivi un testo per il web,è importante valorizzare la capacità di creare un contenuto ben fatto, linearee pulito dal punto di vista della grammatica e della sintassi. Ma non basta,devi dare di più.

La differenza tra diverse figure

Perché credo che sia corretto affrontare questo discorso – quello dellacreazione dei contenuti online – citando diverse figure? Chi scrive deve fare ilsuo lavoro, giusto? Il giornalista racconta i fatti, conosce lo strumentocomunicativo e usa le parole per raccontare ciò che succede nel mondo. È così?Anche il blogger fa qualcosa di simile, oggi c’è un fronte diverso all’orizzonteche avanza. E in questo frangente chi nasce come curatore di un diario onlineha (o dovrebbe) avere una possibilità in più. Perché chi scrive per il web nondeve saper solo usare le parole. Non può neanche accontentarsi del propriosaper raccontare i fatti con verve e spirito narrativo. No, oggi chi si occupa ditesti da pubblicare su internet ha competenze di figure diverse.

Un giornalista dovrebbe essere anche SEO o web writer? No, assolutamente.Ma ha una marcia in più se conosce alcune regole dell’ottimizzazione per ilmotore di ricerca. E ha bisogno della manualità che contraddistingue chi lavoraogni giorno sulle pagine web. C’è grande differenza tra le figure professionali, èchiaro. Ma blogger e web journalist condividono un destino: devono comunicare.Anzi, scrivere per comunicare. Il blogger ha tanto da insegnare a un giornalistache deve pubblicare articoli sul sito web del quotidiano, e chi si occupa dicomunicazione giornalistica può dare molto al lettore abituale dei post e degliarticoli pubblicati su piattaforme indipendenti.

Da un lato c’è la competenza di chi condivide un codice istituzionale,dall’altro la capacità di una figura che ha imparato in modo indipendente - avolte creativo, fuori dagli schemi - la comunicazione online. Tutto questo,insieme, può dare molto.

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Deontologia ed etica: a che punto siamo oggi?

L’importanza di questo contatto, del legame tra blogging e giornalismo,si intravede anche e soprattutto quando si chiamano in causa le regole. Comequelle di un’ipotetica deontologia. Vale a dire principi e regolamenti chedovrebbero guidare il professionista, proteggendo chi opera e i soggetti chepotrebbero essere sfiorati (o investiti) dalla comunicazione. Sai già come sidice in questi casi?

Ne uccide più la penna che la spada.

Chi scrive dovrebbe essere consapevole della responsabilità legata allapropria attività. Il giornalista ha già una base solida su questo punto: conosceil diritto di cronaca e l’obbligo di rettifica. Deve raccontare i fatti, proteggendole fonti, ma ha il dovere di correggere quanto scritto se sono state comunicateinesattezze. Non è facile scrivere bene, nessuno è esente dall’errore. Ma quantiblogger si comportano allo stesso modo? Domanda scomoda che potrei girareai giornalisti rivoltando il concetto da una prospettiva diversa: quando siscrivono articoli online vengono sempre citate le fonti? Con un linkipertestuale?

E ancora, cosa hanno fatto i giornali online per assecondare un sistemaeconomico basato solo ed esclusivamente sulla vendita degli spazi pubblicitari?Tutto si fonda sulle visite, che devono aumentare per portare introiti. Il passoverso il click baiting è breve, ma chi lavora con gli strumenti del web sa che lareputazione online è un bene prezioso e scarso. Credo che questa guida serviràun po’ a tutti. Il blogger ha bisogno di comprendere le tecniche che hannoportato i professionisti della comunicazione a diventare portavoce del QuartoPotere (i primi tre sono Legislativo, Esecutivo e Giudiziario).

Ma, al tempo stesso, il giornalista deve comprendere gli strumenti cheoggi permettono di ottenere il massimo sul web. Scrivere un articolo digiornale (approfondisci qui bit.ly/scrivere-articolo-giornale) pubblicarlo su unportale, un blog, un sito web: come fare? Volta pagina, qui inizia il tuopercorso.

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2.Cosa significa

scrivere un articolo

Siamo qui per un motivo: aiutarci a vicenda. Il blogger dovrebbe leggerela sezione di Cristina per capire come lavora un giornalista e viceversa.Ovvero, chi opera con la stampa e scrive contenuti per testate online puòleggere il mio contenuto e ottenere indicazioni utili rispetto al come creareuna pagina web ben fatta.

Quindi inizio la mia parte pratica di questo libro con una domanda: cosasignifica scrivere un articolo? Per chi si muove come web writer la rispostadeve tener presente forze immense: in primo luogo bisogna soddisfarel’utente ma c’è anche Google ad aver bisogno di attenzioni. L’aspettofondamentale è questo: creare e pubblicare un contenuto su una pagina websignifica aprire le porte ai potenziali clienti e intercettare persone utiliall’obiettivo finale. Che potrebbe essere vendere o creare lead.

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Questo è il concetto di inbound marketing (immagine presa da hubspot.com),e si basa sull’idea di poter abbandonare la pubblicità che interrompe ilcontenuto per diventare utili, necessari, imprescindibili. Scrivere un articolovuol dire, sostanzialmente, fare in modo che il tuo nome venga intercettatosu Google e attraverso i social, regalando qualcosa di utile. Il processo èquesto:

1. Il sito web statico ha un numero di pagine limitato.2. Blog, magazine e giornali online pubblicano nuovi post.3. Ogni risorsa che pubblichi è una porta aperta per i tuoi clienti.

Ti renderai conto che questa situazione è delicata per chi inizia a scrivereonline. Creare un articolo non vuol dire solo pubblicare qualcosa per tenerevivo un portale, significa aumentare le probabilità di farsi trovare. Pubblicarevuol dire esserci. Tu vuoi questo?

Dono e scrittura online: cosa significa?

Il lavoro di chi scrive articoli per un blog personale o aziendale si basa,forse a sua insaputa, sul fatto che il dono contempla sempre una contropartita.Questa concezione è stata estrapolata dall’antropologo francese MarcellMauss che, nel celebre Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nellesocietà arcaiche, arriva a una conclusione: non esiste un dono gratuito,attraverso questi scambi si basano intere comunità.

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Scrivere articoli per il web vuol dire regalare qualcosa. Chiaro, chi lavoraper un cliente deve essere retribuito ma chi investe in content marketing(la creazione di articoli rientra in questa sfera) non fa pagare la letturadell’articolo del blog. Almeno non direttamente. Infatti chiede un altrobene altrettanto importante: l’attenzione verso messaggi e link di conversione,esche lasciate nella pagina web per trasformare il lettore in contatto utile.O in cliente.

La definizione teorica dedicata a cosa significa scrivere un articolo per ilweb si riduce a questo? Bisogna solo regalare e donare per ricevere visite,attenzione, click e risultati? Fermi tutti, le regole del saper vivere si trasferisconosul web. E ti aiutano a raccogliere buoni risultati. Tu cosa fai quando regaliqualcosa a una persona cara? Pensi solo al volume del bene per fare scena epresentarti con una scatola appariscente? Forse sarà un oggetto inutile,addirittura fastidioso da tenere in casa. I regali devono essere pensati,acquistati e donati pensando alla reale utilità per chi lo riceve. Lo stessodiscorso lo puoi portare avanti con i tuoi articoli.

Devo imparare anche la SEO per scrivereonline?

Il dubbio dei giornalisti che devono pubblicare un articolo per il webpassa da questa domanda: per creare dei contenuti validi devo conoscere idettagli della SEO? La search engine optimization – l’ottimizzazione per imotori di ricerca – è l’arte di migliorare un sito web e relative sezioni perottenere buoni posizionamenti nella pagina dei risultati. Vale a dire la SERP.Ovviamente valutando degli obiettivi chiari. Spesso posizionarsi per unadeterminata keyword non ha alcun senso, anche se porta molto traffico. Perquesto la SEO (approfondisci la mia guida bit.ly/SEOguida) è soprattuttostrategia. Il giornalista che scrive articoli per il portale online, ripeto ladomanda, deve avere queste competenze?

No, per scrivere sul web non hai bisogno di essere un SEO expert mabisogna avere delle competenze in questo settore. Google ama contenutifreschi, ben scritti e capaci di rispondere a esigenze specifiche. Questo nonsignifica avere una conoscenza completa della SEO ma ci sono alcuni puntida chiarire. Perché si fondono con la buona scrittura online e possono aiutare

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il giornalista a creare un articolo di qualità, utile per i lettori ma ancheallineato con le principali regole di una buona ottimizzazione SEO on-page.

La base da studiare può arrivare dalla guida ufficiale di Google (la troviqui bit.ly/guida-seo-di-google), il resto si trova nelle prossime pagine diquesto libro: ho raccolto le mie conoscenze di blogger e le ho adattate a chideve lavorare in una redazione online. Allora, vuoi regalare qualcosa di utilea quelli che potrebbero diventare i tuoi potenziali clienti? Ecco la guida daapprofondire per avere risultati.

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3.Prima di scrivere

un articolo

Scrivere articoli, battere le dita sulla tastiera, non è l’unico lavoro chesvolge il giornalista. Prima di arrivare alla scrittura di un pezzo c’è uncompito titanico da svolgere. Be’, non sempre è così: ci saranno articoli piùsemplici da confezionare e altri che impegnano il giornalista per settimane.Prima di scrivere c’è bisogno di studiare, analizzare, preparare materiale eraccogliere fonti.

Questo è vero anche per la scrittura online. Il blogger ha il dovere diinformarsi prima di creare. E il giornalista che si accinge a scrivere per il webdeve partire da una serie di punti che incrociano aspetti tecnici. Ma siripercuotono anche su scelte stilistiche. Primo punto della fase preparatoria:elimina qualsiasi idea di poter pubblicare contenuti duplicati. Vale a direpagine o corpose stringhe di testo che si ritrovano su altre risorse online.Google (bit.ly/ContDupli) ha un’idea chiara sul tema:

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Cerca di indicizzare e visualizzare pagine contenenti informazionidistinte. Questo filtro significa, ad esempio, che se sul tuo sito èdisponibile per ogni articolo una versione “standard” e una versione“per la stampa” e nessuna delle due è bloccata con un meta tagnoindex, la scelta ricadrà su una di quelle.

Significa che il motore di ricerca tende a visualizzare pagine uniche e aescludere contenuti duplicati. Prediligendo la versione, a suo parere, piùattendibile. Questo vale sia per i contenuti duplicati all’interno del sito sia tradomini differenti. Il passaggio mi ricorda una discussione avuta con deigiornalisti molto tempo fa e che mi ha spinto a scrivere questo libro. Duranteuna giornata di formazione a giornalisti, ho fatto notare che pubblicare uncomunicato stampa sul sito del quotidiano, senza elaborazione e creazionedi un articolo ex novo, può essere un problema.

In primo luogo si genera un danno stilistico. Il comunicato stampa nonè pensato per l’utente finale, si presenta come testo per informare igiornalisti rispetto a una serie di informazioni che serviranno a scriverel’articolo. Ma poi arrivano i problemi tecnici. La pubblicazione sfrenata delcomunicato stampa è una pratica diffusa, lo fanno in molti. Ciò significache si avranno decine di siti web con lo stesso comunicato sulle propriepagine. Risultato? Tanti contenuti duplicati. Google sceglierà il sito piùautorevole per i risultati di ricerca. Il resto sarà dimenticato. Un portalegestito in questo modo, ignorando l’importanza di avere solo contenutiunici sulle pagine, è destinato a collezionare risorse che non si posizionanoe che non ricevono neanche visite, condivisioni, commenti o link in ingresso.In pratica sono solo un peso. La regola di base, espressa sempre dalla guidadi Google, è questa:

Se pubblichi i tuoi contenuti su altri siti, Google visualizzerà sempre laversione ritenuta più appropriata per gli utenti in ciascuna ricerca.Tale versione può essere o meno quella da te preferita.

Meglio evitare un testo duplicato che appare già su altri siti. In realtàGoogle suggerisce anche di limitare le duplicazioni interne, quelle cheriguardano il testo che appare su più pagine dello stesso sito. Questo significaridurre le ripetizioni all’interno del proprio dominio, come quelle che

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affrontano eventi ridondanti a distanza di un anno. Ma anche la gestione deltesto boilerplate (breve testo standard che non cambia) fa parte di questolavoro:

Anziché inserire un lungo testo sul copyright nella parte inferiore diogni pagina, includi un breve riepilogo, quindi inserisci un link a unapagina contenente ulteriori dettagli.

Penserai che tutto ciò si traduce in maggior lavoro e impegno. In realtà ècosì: se vuoi scrivere tanto e bene per il web, devi seguire sempre il discorsodel dono. Regaleresti qualcosa che il destinatario ha già? O che magari hairegalato ad altre persone? Insomma, non puoi comportarti in questo modocon un lettore.

Seconda regola fondamentale per affrontare la fase preparatoria con lagiusta carica: il contenuto che stai pubblicando sul tuo quotidiano online deveessere utile a chi legge. Quindi interessante, degno di considerazione. Ilconcetto si avvicina all’idea di notiziabilità che ha già attenzione nel giornalismo.C’è un altro punto da seguire per chi deve pubblicare un articolo sul web: quelcontenuto sarà cercato su Google? L’argomento che sto affrontando interessaa qualcuno? E in che misura? Quali sono le tendenze nel tempo?

Spesso si sente dire che non bisogna scrivere per i motori di ricerca e chel’unico destinatario dei testi è il pubblico. Ovvero l’essere umano. Ma è anchevero che attraverso le ricerche su Google l’individuo esprime le sue preferenze.

Di conseguenza, se vuoi scrivere qualcosa di utile per le persone, devisapere cosa cercano e desiderano. Devi avere un’idea chiara di cosa amano,odiano, temono e auspicano. Questo si ottiene grazie a una parte del lavoroSEO che si chiama keyword research.

Mi riferisco alla ricerca delle parole chiave che serve a individuare nonsolo i termini usati dalle persone nella query (parole digitate nel campo diricerca) ma l’intento di ricerca. Vale a dire quello che si trova dietro le parole,le necessità reali delle persone che vuoi raggiungere. Questo lavoro consentedi scegliere gli argomenti da affrontare in un singolo articolo e i temi datrattare in un progetto editoriale. Un lavoro del genere ha tanti vantaggi siaper il blogger che per chi lavora nel mondo dell’informazione. Giornalista ecaporedattore possono trovare benefit strategici in un’opera del genere.

Puoi scoprire nuovi temi da trattare, hai le giuste idee per sviluppare unarticolo e raccogli informazioni utili rispetto a quando le persone cercano

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determinati argomenti. Inoltre individui i punti di forza dei competitor enuove nicchie profittevoli che puoi sfruttare nella ricerca del traffico virtuoso.Per un giornale online questo è utile: pensa a tutte le rubriche stagionali chesuggeriscono, per esempio, i bollini neri per le partenze.

Qual è il momento in cui l’attenzione su questo tema sale? E come cambianel tempo quest’interesse? Google Trends (ecco la guida bit.ly/google-trends-guida), strumento SEO gratuito messo a disposizione da Mountain Viewall’indirizzo trends.google.it, te lo dice con chiarezza. E consente di mettere aconfronto più termini indagando anche la diffusione locale.

Questa è solo una parte delle possibilità che ha chi si occupa della scritturanel momento in cui abbandona l’illusione di essere, da solo, sufficiente allacreazione di un contenuto utile. Riprendo la metafora del regalo: per fare undono realmente gradito, devi chiedere a chi ne sa più di te quali sono i gusti

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della persona interessata. Pensi di sapere tutto e di poter improvvisare tantohai già la risposta ai dubbi? Sbagliato, tu non sai niente. Proprio come direbbeYgritte a Jon Snow in una delle favolose puntate del Trono di Spade.

Per rimediare a questa falla, devi studiare e trovare le tue fonti. Se sei unbuon giornalista, sai già qual è il lavoro da fare: ascolta testimoni, raccogli leversioni ufficiali delle istituzioni, fai ricerche bibliografiche, vai alla fontereale e non ad altre notizie riportate, cita sempre. Per scrivere un articolo ingrado di raccogliere l’interesse sul web devi andare oltre. Ed è quello chevoglio fare nelle prossime pagine del libro.

Che tipo di articolo scrivere?

Ci sono diversi contenuti che puoi usare per aggiornare il pubblico online.Il primo errore che può fare un giornalista nel momento in cui decide discrivere un articolo per il web: riportare ciò che è stato fatto sul giornalecartaceo nel portale online. Questo è un problema perché è noto che lepersone sul web leggono in modo differente. E vanno alla ricerca di articolispecifici, capaci di soddisfare esigenze precise. Quindi, è chiaro che nellaversione online del giornale bisogna valutare con attenzione quali articoli

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scrivere, che tipo di contenuti presentare. Ciò si riassume nel concetto dipiano editoriale, un documento capace di comprendere tutte le regole perraggiungere determinati obiettivi avendo come riferimento il target daintercettare. Quali contenuti creare sul web?

Oltre ai classici articoli giornalistici – cronaca, analisi politica, opinioneche affronteremo più avanti – voglio suggerire una prospettiva strategicache può dare buoni risultati alla tua attività di web writing. Che tipo diaggiornamento scrivere? Credo che, a prescindere dalla natura dell’articolo,un contenuto del web debba avere determinate caratteristiche.

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Esiste una tendenza chiara ad abbandonare i contenuti di un sito a causadi elementi che potrebbero rovinare definitivamente il tuo lavoro. Comel’incapacità di mettere in evidenza ciò che serve. La ricerca di Dejan SEO(Here’s Why Nobody Reads Your Content) che puoi leggere all’indirizzodejanseo.com.au/web-content mostra che solo una persona su cinque affrontail contenuto web parola per parola. La maggior parte scansiona, salta e leggesolo gli elementi interessanti o che reputa tali. Per questo i ricercatori hannochiesto spiegazioni a un gruppo di utenti che ha dichiaratamente espresso dinon leggere i contenuti per intero. Risultato?

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Le persone sono impazienti di ottenere la ciccia. Il tuo compito non è soloquello di scrivere articoli in grado di dare subito la risposta (o di guidare almeglio l’utente verso la soluzione). Devi capire cosa vuole il tuo target, eccoperché suggerisco di leggere il prossimo paragrafo.

Obiettivi da raggiungere

Prima di iniziare un articolo, ricorda sempre di avere ben chiaro questopunto: qual è lo scopo ultimo per l’utente? Se scrivi un pezzo di cronaca, deviinformare, se invece si tratta di un articolo di critica, puoi infondere unpensiero e veicolare un’opinione. I tutorial aiutano le persone a risolvere unproblema e le liste offrono soluzioni. In sintesi, ci possono essere diversi tipidi post con obiettivi differenti. Ecco uno specchietto da avere sempre aportata di mano quando si scrive un contenuto:

Notizia: dare subito informazioni per capire chi, cosa, come, quando,perché.

Approfondimento: andare oltre la notizia e sviscerare il tema da piùpunti.

Evergreen: un articolo valido sempre, in ogni occasione e tempo. Inchiesta: mira a far emergere fatti inediti ed esclusivi relativi a un

tema. Opinione: parlare a un pubblico, mettendo in risalto un pensiero

rilevante. Intervista: far emergere il contributo che può dare una figura autorevole

su un tema. Guida: aiutare le persone a prendere una decisione o fare qualcosa. Lista: suggerire una serie di risorse che possono supportare il pubblico. Pamphlet: contenuto satirico e pungente, ironico ma capace di far

riflettere. Costume: informa il pubblico su un tema legato a un contesto sociale. Gossip: contenuto che lavora su ipotesi e condizionali, alimenta

curiosità.

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Ce ne possono essere altri, l'importante è iniziare un articolo tenendoben presente qual è il suo compito nei confronti del pubblico. Sembra strano,ma accontentare le persone è anche il miglior modo per ottenere buonirisultati su Google. Non esistono trucchi, basta l’empatia verso la propriaaudience.

Studia il tuo target

Per avere un’idea chiara del tipo di articolo da scrivere devi individuare estudiare a fondo le esigenze del pubblico. Una buona attività rispetto aquesto punto si ottiene con la famosa keyword research, vale a dire l’analisidelle parole chiave che le persone inseriscono nel motore di ricerca perottenere informazioni. Qual è la correlazione tra keyword e scrittura?Attraverso le ricerche svolte dal pubblico sul motore di ricerca posso capirequali sono gli argomenti utili al mio lettore ideale. Ma individuo anche lesfumature da affrontare all’interno di un articolo. Questo, per me, significastudiare il target. In primo luogo puoi usare un SEO tool molto interessantee gratuito per iniziare la tua analisi: Ubersuggest. Si usa per scoprire, nelcaso specifico, gli interessi del pubblico per un determinato topic da affrontarein un articolo.

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Vuoi un esempio? Devi scrivere un pezzo sulla depressione, quindi inserisciquesto temine su Ubersuggest e premi invio. Il risultato è abbastanza sempliceda leggere: hai il volume di ricerca (quante persone cercano quel termine almese) e il costo per click. Vale a dire quanto si paga per ricevere una visitaattraverso le pubblicità di Google Ads (puoi approfondire qui, bit.ly/guida-ubersuggest). Ricorda che in passato Ubersuggest era un SEO tool italiano.Questo strumento, infatti, è stato creato da Alessandro Martin e per diversianni è stato il compagno di viaggio di tanti professionisti della scrittura SEOoriented e dell’ottimizzazione SEO on-page. Poi sono arrivati i competitor einfine è stato acquistato da Neil Patel.

Le schermate successive, che trovi sempre su Ubersuggest, sono degne diun SEO tool avanzato. Per esempio hai le fasce di età relative al pubblico cheeffettua quella ricerca e che possono aiutarti a delineare con maggior precisioneil tuo target.

Poi ci sono le percentuali di pubblico che preferiscono abbandonare laSERP o cliccare su risultati organici e a pagamento. Dai uno sguardo allachiarezza di queste presentazioni, difficile trovare qualcosa di qualitativamentesimile a costo zero.

Questi valori, letti insieme, ti possono dare indicazioni significativesull’interesse del pubblico per quell’argomento. Le correlazioni dirette, itermini che seguono, aiutano a comprendere cosa inserire nell’articolo perrenderlo più interessante.

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Vuoi raffinare le ricerche? Ti consiglio un altro SEO tool gratuito e moltoefficace: Answer The Public (dai un’occhiata alla guida bit.ly/answer-tp). Valea dire uno strumento capace di recuperare i suggerimenti di Google rispettoa una query. Un lavoro simile (ma non uguale) viene restituito da alsoasked.com.Questo tool ti mostra quali sono le domande che le persone fanno rispetto aun topic mostrando un’evoluzione dell’argomento attraverso una mappatura.Ecco un esempio:

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Alsoasked.com non è uguale ad Answer The Public, ci sono degli aspettiche permettono dei risultati differenti. I risultati del primo tool colgono piùsfumature che consentono di capire quali sono le necessità del pubblicorispetto a un argomento. Un lavoro che fa anche Keyword Everywhere. Perusarlo basta installare un comodo add-on sul browser mostrando Related (lecorrelate alla fine della pagina risultati) e People Also Search For keyword (ilbox che racchiude le domande tipiche nella SERP).

Queste sono le ricerche che le persone fanno intorno a una determinataesigenza e possono aiutarti a individuare sfumature diverse. A volte piùapprofondite. Tutto questo è fondamentale. Per completare l’opera puoi dareuno sguardo a Google Trends per capire se l’argomento è in crescita o meno.E magari se c’è un periodo di picco con un interesse particolare per il topic.

Quest’ultimo aspetto può sembrare un dettaglio, invece è un’areafondamentale del lavoro da svolgere su un giornale online. Ecco perché hodeciso di dedicare al buon uso dei trend un intero paragrafo, il prossimo.

Individua un trendQuello che puoi fare prima di iniziare a scrivere un articolo: definire un

tema e seguire ciò che sta avendo successo. E che potrebbe essere ben accoltoda una fetta di lettori. In primo luogo bisogna dividere i trend (ovvero gliargomenti di tendenza) in:

ricorrenti in crescita improvvisi.

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