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A BN°530 / XI 12 Novembre 2019
RIVISTA APERIODICA
DIRETTA DA
STEFANO BORSELLI dIl Covilef RISORSE CONVIVIALI
E VARIA UMANITÀ
ISSN2279–6924
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiPenetriamo nuovamente in epoche che non aspettano dal filosofo né una spiegazione né una trasformazione del mondo, ma la costruzione di rifugi contro l’inclemenza del tempo. Nicolás Gómez Dávila
G a b r i e l l a R o u f
L A B E F F A DE I DE S IDER IRime, fiabe e immagini da Perrault a Hello
0
a Desideri insulsi.(Les souhaits ridicules di Charles Perrault, trad. di G. Rouf )
era una volta al mondo un boscaioloche, stanco d’una vita grama e bigia,
oblio e riposo s’aspettava solodall’Acheronte o la palude Stigia,poiché il cielo giammai, dal primo dí,un desiderio — uno! — gli esaudí.
C’
Les Souhaits ridicules di J. Perrault. Serie di 6Cartoline pubblicitarie dei Grandi Magazzini
«Au Bon Marché» di Parigi ca. 1900.A p .12 Il pescatore e sua moglie dei F.lli Grimm,
serie di 6 figurine Liebig ed. belga 1905.
Di ciò inveiva ancor nella foresta,quando Giove, brandendo la saetta,gli apparve. Che spavento! La protestasubito smise, a scanso di vendetta:«Pari e patta, pregò, chiedo perdono,…non darmi nulla, ma trattieni il tuono!»
«Non temere, gli disse il grande Giove,poiché i lamenti tuoi m’hanno commosso,del mio favore ti vo’ dar le prove:ti prometto, e lo sai che tutto posso,
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d’esaudire i tre primi desideriche tu dirai, qualunque cosa sia,qualunque cosa brami, sogni e speri.Pensaci bene prima, che la miaonnipotenza ti può fare lietoma per tre volte sole, e non ripeto.»
Cosí detto, tornò nell’alta sfera,e il boscaiolo, messasi l’accettain spalla, che mai parve sí leggera,se ne tornava a casa «Niente fretta»tra sé pensando «Biagio, questa è cosada parlarne con calma con la sposa.»«Cecchina» disse entrando nella stanza,«siamo ricchi! Per Giove! Che regalo!Attizza il fuoco, che oggidí si pranzacome signori, con il vino a scialo,ché basta domandare...» e le racconta.
A sentire del fatto, vispa e pronta,figurarsi i progetti della moglie…ma per prudenza tosto messo il frenoall’infinito numero di voglie,«Biagio» gli disse «dai retta a Francesca,
prudenza, rimandiamo per lo menoil primo desiderio a domattina,per decidere bene a mente fresca.»«Perbacco, è vero, e brava la Cecchina,stasera solo festa, spilla il vino...»e steso sulla sedia in santa pace,beveva e si godeva dal caminola vampa delle legna bruciaticce:«Peccato, guarda là che bella brace,ci fosse una bracciata di salsicce...».
Appena disse questo, e a voce bassa,la moglie vide con gran meravigliaun salsicciotto lungo un metro e passache serpentino va verso la griglia.Orribil vista, ohibò, ché quel desíodistrattamente, insulsamente espresso,valeva già per uno, e lo sciupíoera per colpa del marito stesso;sicché Cecchina su tutte le furienon risparmiava strepiti ed ingiurie.
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«Ma come! Si poteva avere quantise ne voleva, scudi, oro, diamanti,perle, vesti di seta e d’ermellinoal primo desiderio, e guarda dovelo spreca, per avere un cotechino!»«Ho fatto sbaglio grave, non ci piove,per via che non istavo tanto sveglio,e la prossima volta farò meglio»«Campa cavallo! Sei rincoglionito?»Batti e ribatti, e dai coi pesci in faccia,vien quasi voglia al povero maritosotto la grandinata di rimbrottidi vedovarsi da quella linguaccia.Finché sbotta: «Accidenti ai salsicciotti,ed accidenti a te, pecora riccia,al naso ti s’attacchi la salsiccia!»
Aveva questo sgarbo appena dettoche al naso della sposa petulantependeva il salsicciotto maledettoa guisa d’appendice di elefante.Lui per primo la cosa non apprezza,perché bisogna dir che di Cecchina
gli era cara la forma e la bellezza,il viso rosa e il naso a patatina.Cionostante valutò il vantaggioche il naso sulla bocca penzolonialla voce impedisse ogni passaggioe pensando a codesti effetti buoniesita e quasi quasi non si sentedi volere né chiedere piú niente.
«Però potrei, con l’ultimo desíoche mi resta, d’un colpo farmi re:sarei di sotto solamente al dio,e gli altri tutti quanti sotto a me.Ma va tenuto conto in tale casodi come soffrirebbe la reginaad esibire quel popò di nasodavanti a tutti, povera Cecchina!Sul trono, nel corteggio delle dame,con nella faccia un metro di salame!
Decida lei se è sorte piú felicelo stare col diadema da regina,ma con in faccia tutta l’appendice,oppure rimanere contadinacol naso regolare e il capo riccio,com’era prima di questo pasticcio.»La cosa fu studiata da ogni verso,perché, si sa, con scettro, trono e mantoanche il piú brutto può sembrar diverso,il basso pare alto, il poco, tanto;e uno, quando ha in capo la corona,ha sempre il naso bello e la persona.
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Dopo penare e pencolar parecchio,chi decise alla fine fu lo specchio:alla corona e il viso sfiguratolei preferí la cuffia e l’esser bella.Il boscaiolo non cambiò di stato,di scudi non riempí la sua scarsella,ma disse: «Il terzo desiderio mioè che ritorni proprio come eri.»e non gli parve vero, grazie al dio!rimediare agl’insulsi desideri.
Perch’è la vita vera, pur modesta,che ci fa ciò che siamo, e ciò che resta. (*)
(*) Questa non è la «morale» di Perrault,che suona cosí:
Gli uomini inquieti, ciechi ed imprudentiè meglio non coltivino illusioni,ché pochi sono poi capaci e attentia coglier la fortuna ed i suoi doni.
a La beffa dei desideri
M Le Fiabe in versi di Perrault.
l modello dichiarato di Perrault sono lefavole di La Fontaine, di lui maggiore disei anni, oggetto di venerazione ed amici-
zia. Charles Perrault, mettendosi a riposo nel1683 dopo una brillante carriera nella burocra-zia di Luigi XIV, godendo altresí di solida sti-ma come Accademico e letterato,1 intese porsial seguito del grande favolista con racconti inversi ispirati agli antichi autori e alla tradizio-ne popolare. Pur non comparabile dal puntodi vista stilistico e poetico al suo grande mo-dello, Perrault ebbe un riscontro positivo conLa marquise de Salusses, ou la patience de Grise-lidis, tratta da Boccaccio, a cui seguí, nel no-vembre dello stesso 1693, Les Souhaits ridicu-les, pubblicata nella rivista Mercure galant, ovela fiaba in versi era cosí presentata:
I
Avete letto svariati lavori di M. Perrault,che hanno mostrato la bellezza del suogenio nei soggetti seri. Eccone uno chevi farà conoscere che quando vuole eglisa piacevolmente scherzare.
In Les Souhaits ridicules riprendeva un sog-getto trattato quindici anni prima con ironia eprofondità da La Fontaine sotto il titolo LesSouhaits,2 combinandolo con una narrazione
1 Perrault fu protagonista all’interno dell’Académiefrançaise della famosa Querelle des Anciens et des Mo-dernes, che — dalla parte dei «moderni» — lo con-trappose a Boileau.
2 Les Souhaits (L. VII, fav. VI) è una meravigliosa fa-vola morale, che disinnesca l’inganno e la vanità deidesideri, a cominciare dall’esaudimento del primo.Un elfo benefico, dovendo lasciare la famiglia pres-so cui dimorava, vuole congedarsi col dono di tre de-sideri. Essi chiedono la ricchezza, ma è tale lo scon-volgimento, le preoccupazioni e il fastidio che essaporta nella loro vita, che col secondo chiedono ditornare nella condizione modesta, e col terzo la sag-gezza. Esilarante la descrizione dei guai dell’ab-bondanza (ansia, invidia, parassiti, ladri...), per cuila conclusione appare non predicatoria, anzi natura-
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popolare assai antica, cui Perrault volle dareun tocco classico con l’inserimento di Giove, euno scopo educativo con una «morale» finale,in realtà alquanto riduttiva.
Illustrazione a Les souhaits di Jean de La Fontaine,inc. Aveline, dis. Audry 1755-1759.
Nel 1757 M.me Leprince de Beaumont pub-blicava in prosa la medesima fiaba, Les troisSouhaits, con una fata al posto di Giove, non co-noscendo probabilmente la versione di Per-rault, ma attingendo per altre vie alla tradizio-ne popolare lorenese.
A Les Souhaits ridicules seguí nel 1694Peau d’Ane, vero e proprio racconto di fate inversi, che per il suo grande successo designòall’epoca un tipico genere d’intreccio; ad essovenne ad affiancarsi con superiore riuscita efortuna la successiva produzione in prosa, Lescontes de ma mère l’Oye,3 che dovevano rende-
lissima. La fiaba di Perrault riprende inoltre da LeBucheron et la Mort (L. I, fav. XVI) il lamento delboscaiolo che a causa della sua dura esistenza invocala morte, ma all’atto pratico preferisce «soffrire chemorire».
3 Contes de ma mère l’Oye fu pubblicato anonimo nel1669 col titolo Histoires ou contes du temps passé avecdes moralités, poi l’anno dopo con autore il figlio di-ciannovenne di Perrault, forse a dare atto di un’effet-
re immortale il nome di Perrault in tutto ilmondo e dare il via nel ’700 ad una vera modaletteraria, in cui si cimentarono svariate damearistocratiche.4
Le fiabe in versi caddero invece nel dimenti-catoio, furono «riscoperte» solo nel 1776 edebbero per lo piú una diffusione in adattamen-ti in prosa.
M Les Souhaits ridicules prima di Perrault.
intreccio della fiaba deriva da una tra-dizione assai antica e diffusa nel mondo.
Osserva Charles Deulin:5 «È cosa curiosa vede-L’
tiva collaborazione del ragazzo alla raccolta dellestorie e allo stile del testo. Esso comprende le fiabepiú famose in tutto il mondo, da Cenerentola a la Bel-la addormentata, da Barbablú al Gatto con gli stivali,da Pollicino a Cappuccetto rosso.
4 Le piú famose, ma ben lontane dall’arte di Perrault,sono M.me Leprince de Beaumont (1711-1780), au-trice di La Bella e la Bestia) e M.me D’Aulnoy(1650-1705).
5 Charles Deulin «Les contes de ma mère l’Oye» avantPerrault (Paris, E. Dentu ed. 1879), p. 65. Attingia-mo per questo paragrafo al testo di Deulin, a suavolta autore di fiabe, che conduce un affascinante
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re come questa storiella, assai scabrosa alle ori-gini, si sia depurata poco a poco e abbia finitoper arrivare del tutto inoffensiva nelle mani diLa Fontaine e Perrault.».
La piú antica traccia è nel Pantcha-Tantra,raccolta di storie composte dal dotto braminoVichnou-Sarma per l’educazione del figlio delsuo sovrano. Nella vicenda6 appare il ruolo diperfida o vana consigliera della donna. Que-sto aspetto sarà accentuato in una versione per-
viaggio nell’opera di Perrault, dando conto dei pre-cedenti senza pedanterie ed eccessi interpretativi; siha cosí una specie di labirinto fiabesco, ove le di-verse tradizioni si compenetrano negli enigmatici ri-mandi della trasmissione orale e dei testi letterari,popolari o d’autore.
6 Un tessitore, per rifare il suo telaio, si accinge a ta-gliare un albero che sorge in riva al mare. Il genioche abita l’albero gli chiede di risparmiarlo, offren-dogli in cambio di esaudire ciò che chiederà. Il bar-biere del villaggio gli consiglia di farsi re, ma la mo-glie lo persuade di restare nel suo stato, chiedendoperò al genio due teste e quattro braccia, per produr-re di piú. Il genio lo esaudisce, ma quando il malca-pitato torna al villaggio viene scambiato per un mo-stro malefico ed ucciso.
siana o araba o siriaca, pervenutaci nelle tra-duzioni greche ed ebraiche. La narrazione è in-serita in una cornice, in cui sette filosofi inten-dono ammaestrare un principe sulle insidiedelle donne, ciascuno con una storiella esem-plare, di cui questa è la settima.7 Tale comples-so di storie mediorientali è caratterizzato dal-l’aspetto grottesco, di oscenità esplicita e forte-mente misogino.
Nella raccolta (XIII sec.) di Marie deFrance, Dou vilain qui prist un folet, i tre desi-deri regalati dal folletto vengono sprecati nelmodo piú sciocco, mentre nell’anonimo delXIV sec. Quatre Souhaits Saint-Martin ritornail motivo cinico e salace. Philippe de Vignelles(inizi XVI sec.) combina in modo brillante gliantichi motivi del Pot au lait e dei Trois Souhai-ts,8 concludendo su una morale di buon senso edi moderazione.
Alla fine del XVI secolo, Philippe le Pi-card, monaco di un’abbazia in Normandia, nelsuo La nouvelle fabrique des excellents trats de
7 Un uomo aveva un genio grazie al quale poteva fareil medico e l’indovino. Un giorno il genio dovettelasciarlo, ma come dono di addio, gli dette tre for-mule magiche con le quali poteva ottenere ciò chechiedesse. Tornato a casa triste e confuso si consi-gliò con la moglie su cosa chiedere. La donna, mali-gna e depravata, gli consigliò di chiedere un molti-plicarsi di organi sessuali. L’uomo sciocco e succubefu esaudito, trovandosi subito inorridito dal suo stes-so corpo. Al che la donna lo indusse a chiedere chetutto gli fosse tolto. Ahimè, tutto!! Il terzo desiderioviene cosí sprecato per tornare allo stato originario.La versione ebraica dà una spiegazione della mali-zia della donna: «Se tu avessi chiesto la ricchezza»confessa «da ricco mi avresti abbandonata e ti sarestipreso un’altra moglie.»
8 Marito e moglie fanno castelli in aria basati su unsecchio di latte da vendere al mercato; gesticolandoinfervorato, il marito rovescia il secchio. Poi, perconsolare la moglie, le racconta la storia di un’altracoppia che avendo ricevuto dal buon Dio i tre deside-ri, li sciupa secondo il solito schema: primo deside-rio sciocco espresso imprudentemente, secondo spre-cato per un’imprecazione, e terzo per riportare lecose alla situazione di prima. Cosí, con un raccontonel racconto, i protagonisti stessi si fanno una mora-le sulla loro vane ambizioni.
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vérité racconta «L’avventura di tre fratelli chedanzarono con le fate».9
In area tedesca compare in una raccolta diRacconti del tempo passato una variante de I tredesideri, in cui si mette a confronto il poveropio e generoso, che sa prender partito saggia-mente dai tre desideri, e la coppia dei ricchivani e irascibili.10 Motivi simili compaiono nel-la versione raccolta dai fratelli Grimm, che ve-dremo piú avanti.
M Desideri insulsi sempre.a messa in scena delle passioni umanenelle fiabe e nei racconti tradizionali ha
nel desiderio11 una delle ricorrenti molle psico-logiche. L’abnorme capacità immaginativa del-la specie proietta bisogni e fantasie sugli ogget-ti materiali, anticipandone il possesso, simu-landone il godimento; essi acquistano una par-venza piú reale del reale, fino ad attrarre il sog-getto stesso in una sfera illusoria e coattiva.L’ansia del desiderio mai appagato segnala l’a-lienazione nei rapporti umani e con le cose,entrambi oggetti di consumo.
L
Le due sponde del desiderio sono perciò dauna parte, la ricorrente delusione e disincan-to, dall’altra la lusinga di un intervento magi-co, che sostenga il desiderio calante e gli pro-metta un’inesauribile rigoglio estetico: il desi-
9 Le fate per ricompensa concedono a ciascuno un de-siderio: il primo ne formula uno osceno, il secondoarrabbiato lo fa diventare orbo, e il terzo infuriatofa diventare cieco il secondo. La conclusione è reci-sa: Les danses ne sont rien que peines / Et souhaits quechoses vaines.
10 Il povero porta una pietra per la costruzione di unachiesa e viene premiato da un misterioso omino contre desideri: ponderatamente, chiede il paradiso, maanche una bella casa e un cofanetto d’oro inesauribi-le; i ricchi che per avidità lo imitano, finiscono perpunirsi l’un l’altro, secondo il consueto schema distupidità e ripicche.
11 La stessa etimologia del termine italiano «desiderio»è inquietante e ambigua: dal latino de-, e sidera, «stel-le», letteralmente, «cessare di contemplare le stelle»,allude forse alla distanza tra soggetto e oggetto di de-siderio, che resta remoto e irraggiungibile.
derio di Tristano e Isotta è alimentato dal-l’artificio del filtro.
La macchina desiderante deve girare avuoto; ciò che la rende attiva è la non soddi-sfazione del desiderio, ovvero lo sfacelo dellostesso in innumerevoli atti di possesso di infimanatura, nell’abbrutimento del consumo.
Le fiabe popolari segnalano la vanità dei de-sideri non con intento moralistico, ma come ti-pico motivo anarchico, bizzarro e dissolutorio,sfogo di svagatezza e bestialità; tengono alta latensione, il flusso del racconto, fanno entrarein gioco l’intervento magico, per premio o perarbitrio, a doppiare l’assurdo. Vi appare sem-pre il concetto di limite (il numero), di preca-rietà, di unilateralità della concessione.
Le varianti precedenti e coeve della fiaba diPerrault ne percorrono tutte le possibilità,dall’osceno al patetico; ma via via — con giàun vertice in La Fontaine — la natura ambi-gua del desiderio viene svelata in una moralepiú esplicita: il soddisfacimento di un desideriopuò essere una ricompensa, ma non bisognaabusarne, diventare incontentabili o montarein superbia. Come il desiderio provvisoria-mente appagato produce disincanto e noia, cosíla frenesia del possesso trova in sé la sua puni-zione. Qui il precedente è filosofico, in Epi-curo, nella I Satira di Orazio, ed è argomenta-to teologicamente dall’annuncio cristiano, il-luminando la stessa narrazione popolare (v. Ilricco e il povero dei F.lli Grimm).
A sua volta la sottospecie narrativa ironica,quella dei «desideri insulsi», coglie alla radicela questione: il desiderio è manipolato, aizzatoda chi promette di esaudirlo, ma è un conteni-tore vuoto, sottoposto a bizzarre regole, chepuò essere occupato casualmente e dissipato:perfetta immagine dei desideri del consumi-smo, impulsi indotti, vuoti e ripetitivi, il cuicontenuto (oggetti, anche sessuali) ha esistenzamisera ed effimera, e deve istantaneamente per-dere d’interesse perché si riattivi l’impulso. Èinfatti solo l’accumulo, la quantità, che puòalimentare l’amaro godimento del possesso,
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fino alla patologia dell’avidità di moneta, sim-bolo e mezzo di ogni possesso.
Illustrazione di Harry Clarke (1889-1931) a «Les Souhaits ri-dicules» in Fairy Tales of Perrault, Londra 1922.
M Perrault, Grimm, Puškin.
a fiaba di Perrault va al di là dello stessointento moraleggiante dell’autore, che
ammonisce chi, ignorante e impulsivo, non saimpiegare i doni della sorte: s’accontenti quin-di del proprio stato, e non se ne lamenti.
L
Ma lo sconforto di Biagio non viene dallasua condizione sociale e di vita, bensí dal fattoche nessun desiderio gli è mai stato esaudito.Forse proprio questo attira l’attenzione di Gio-ve, piú che un’improbabile pietà? Si desidera didesiderare, e la soddisfazione viene sempre daaltrui, da chi, per suo interesse o capriccio, l’hasuscitato: Biagio e Cecchina sono due burattinicon cui la divinità si diverte, sapendo in antici-po che ben poco sarà attinto ai suoi pretesi im-mensi poteri. L’idea del desiderio inutile, ridi-colo, insulso, è quindi piú radicale, perché nesvela l’assenza di libertà, la manipolabilità: ildesiderio indotto ha già in sé un’oscura ango-scia, una rabbia impotente, pronta a farsi inimi-cizia. È inutile e beffardo che Giove dica«Pensaci bene», il desiderio «scappa», si combi-na con immaginazioni grossolane: l’occasione
sprecata prende la forma dell’osceno boudin, ilsanguinaccio. L’unico desiderio su cui c’è rifles-sione e discussione è il terzo, che non serve adaltro che ad annullare i due precedenti; il nul-la ritorna nel nulla, ma resta l’atto di amore diBiagio per la sua Cecchina.
La versione di M.me LePrince de Bau-mont,12 è già in partenza meno solenne e dram-matica, con una fata che mette a cimento i duesposi forse a fin di bene. È la stessa moglie chetrae la morale dal fatto:
La fata si è burlata di noi ed ha avuto ra-gione. Forse saremmo stati piú infelici es-sendo ricchi di quanto lo siamo al pre-sente. Credimi, amico mio, non deside-riamo niente, e prendiamo le cose comevengono; in attesa, gustiamoci il nostroboudin, dato che è la sola cosa che ci re-sta dei nostri desideri.
Sogni di ricchezza: illustrazione di Arturo Bonfanti (1905-78) a I tre desideri, versione anonima della fiaba, con protago-nisti due vecchi e, al posto della fata, un diavoletto rosso di-
spettoso. Ed. Ist. Geogr. De Agostini 1951.
12 La fiaba ha un tono domestico e tutto sommato sere-no; la giovane coppia davanti al caminetto si dà afantasticherie su un’improbabile ricchezza; una fatali esaudisce con i tre desideri; segue la sequenza de-gli «incidenti» (col solito sanguinaccio), con due de-sideri sprecati per pura sbadataggine, e il terzo perrimediare.
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La medesima fiaba è stato via via riprodottain tante versioni, sia con diavoletti al posto diGiove o della fata, sia con protagonisti vecchi,ove scompare il motivo tenero della bellezzadella moglie, ma si accentua l’aspetto grotte-sco: nemmeno l’età dà la saggezza, anzi scattadi fronte all’insperato prodigio una brama dirivalsa, di avere ciò che non si è avuto.
Proprio in questo senso, ma in diverso conte-sto, Il pescatore e sua moglie dei F.lli Grimm,svolge all’altro estremo — dal domestico al co-smico — la sequenza dei desideri sul filo del-l’incontentabilità e della sfida, in un crescendodrammatico.
Ilustrazione di Anne Anderson (1874-1952) a «Il pescatore esua moglie» dei F.lli Grimm, in The Mammoth Wonder Book
for Children, Odhams Press, 1935.
La moglie del pescatore, resasi conto che ilrombo prodigioso, grato al marito per averloliberato, può concederle tutto quello che desi-dera, non trova sazietà nei beni materiali, ma èpresa dalla vertigine del potere: essere re, poiimperatore, poi papa, e alla fine Dio. Desideritutt’altro che ridicoli, quindi, ma tragicamentesregolati, dai quali ripiomberà nel nulla.
La stessa narrazione si trova tra le fiabe inversi di Puškin nella Fiaba del pescatore e del pe-
sciolino (1833), la cui grande popolarità fece síche la storia fosse poi compresa (n.39) nella rac-colta di A.N. Afanasjev (Antiche fiabe russe1855-64).
In Puškin, che fa piú «russa» la fiaba deiGrimm, la moglie del pescatore vuol diventarezarina, poi «Dominatrice del mare», per avereai suoi comandi anche il prodigioso pesciolinod’oro. Ma cosí il limite è superato: il pescatoreal ritorno ritroverà la stamberga, ove «sulla so-glia siede la sua vecchia, che ha davanti a sé ilmastello rotto», come all’inizio.
Illustrazione di Ivan Bilibin (1876-1942) a Fiaba delpescatore e del pesciolino di Alexander Puškin.
Tornando alla raccolta dei F.lli Grimm, èinvece d’armoniosa e serena moralità la fiaba Ilricco e il povero, nella quale il povero, che il Si-gnore da lui generosamente ospitato vuol pre-miare con tre doni, non sa nemmeno cosa con-cretamente desiderare, se non la salvezza del-l’anima e la tranquillità di vita. È Dio stesso asuggerirgli di chiedere per lo meno una casa piúcomoda. Al ricco che aveva rifiutato l’ospitalitàe ora opportunisticamente viene a offrirla, il Si-gnore promette il soddisfacimento dei tre desi-deri, ma gli fa presente che «non gli conveniva,che era meglio che non desiderasse nulla». In-fatti il ricco va incontro all’inesorabile beffardaconcatenazione dei desideri espressi inavvertita-
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mente e con cattiveria (prima per impazienzafa morire il cavallo, poi per rabbia fa attaccarela moglie alla sella) e deve sprecare il terzo perrimediare ai danni dei precedenti, come nellafiaba di Perrault. La morale è però piú profon-da: non è questione di opportunità o di modera-zione, quanto d’inaffidabilità del desiderioumano quanto a discernimento del Bene. Il po-vero infatti possiede la piú grande ricchezza,tutto ciò a cui poteva aspirare (la bontà, la sal-vezza, la concordia familiare), mentre il ricco èincapace di cogliere la gratuità del dono, mavede solo l’occasione di uno scambio da cui trar-re il massimo profitto.
M Fiabe d’autore.o splendido racconto di Andersen Le so-prascarpe della felicità, 1838, gioca intor-
no ad un motivo che ricorre piú volte nel filonedelle fiabe sui desideri: l’invidia verso gli altri,il voler essere «al posto di». La fata della Feli-cità immette nella catena delle relazioni uma-ne l’occulto e casuale elemento magico delle so-prascarpe che trasportano chi le indossa nella
L
situazione di chi e dove vorrebbe essere. Unagalleria di personaggi e una sequenza di deside-ri, uno dopo l’altro delusi, perché nessuno tro-va ciò che si aspettava, e tutti finiscono per tor-nare volentieri «nei propri panni». Il raccontoè affollato e visionario, ed insieme ironico; li-brandosi via via dal livello delle piccole invidiesociali a quello dell’inquietudine esistenziale,si giunge allo studente angosciato, che aspiraalla pace nel nulla. Messe le soprascarpe, latroverà nella morte. Ma la fata della Pena, mi-sericordiosa questa volta, gliele toglie resti-tuendolo alla vita, ad una realtà di lotta spiri-tuale, e portandosi via le soprascarpe, rivelate-si un dono avvelenato: «forse ella le ha ritenutedi sua proprietà».
Nella fiaba Il Natale di Fortunato, GuidoGozzano inverte la consueta narrazione: il po-vero pio e caritatevole, ricompensato da Gesú,acquista un’improvvisa prosperità, ma la ric-chezza lo rende avaro, avido, e tutto sommatoinfelice: Gesú lo riporta al precedente stato e«Fortunato sentí ripalpitare in cuore una tene-rezza pietosa e riprese la via della salvezza edella povertà».
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Paul Hey (1867-1952) Il ricco e il povero deiF.lli Grimm. Künstlerpostkarten (cartolinad’artista) Ed. Ottmar Zieher inizi ‘900.
H.C. Andersen Le soprascarpe della felicità,Edizione 1948 dell’Istituto d’Arte di Urbinodisegnata, incisa e composta dall’allievo Giu-liano Rubini con la collaborazione di compa-
gni del II corso di perfezionamento.
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Anche Antonio Baldini, in Broccolo, svolgela fiaba sul filo del paradosso, intorno ad ungiovanotto babbeo ma tenero di cuore; le fatenon sanno come premiarlo della sua bontà,dato ch’è cosí scemo che non saprebbe nemme-no cosa chiedere. Si affidano quindi al caso:«Qualunque cosa egli dica issofatto gli si av-veri». Seguono strambe avventure, finché lafiglia del re, avvedutasi del privilegio di Broc-colo, gli fa chiedere di diventare bello e intelli-gente. Segue lieto fine.
L’isolamento quasi clinico del desiderio, nel-la sua natura ostinata e coatta (quindi tutt’altroche impulsiva e liberatoria) è realizzato da Er-nest Hello, in una sorta di fiaba nera, la «Sim-ple histoire» in Contes extraordinaires, 1879. Visi narra in un apologo terrificante la vanità e ilsadismo del desiderio pretestuoso, che si ali-menta e si compiace nella sua ossessività, e si ri-volge ferocemente verso gli altri, tutti respon-sabili di non intuirlo e soddisfarlo. Se ne svelala natura dispotica, che scarica la sua eterna fru-strazione sugli altri, sicché proprio l’inimiciziaappare il motore della macchina desiderante.
Una ragazza ricca, bella e circondata dal-l’affetto dei suoi, si macera segretamente fino amorirne nel desiderio di un bouquet di rarimughetti rosa, per farsi vittima della pretesaincomprensione altrui. Quando il fidanzato loscopre e disperatamente le porta i fiori deside-rati, li respinge:
È troppo tardi; non posso piú essere fe-lice, ho aspettato troppo. Perché non miavete portato questo bouquet un anno fa?Perché, disgraziato, avete prolungato lamia agonia? Era due anni fa che mi sidoveva dare i mughetti rosa, e poi, ag-giunse piangendo di rabbia, e poi li vole-vo screziati!
Il capriccio si situa al limite estremo del de-siderio, oltre lo stesso oggetto, oltre la stessatensione desiderante, per farsi figura del nulla.
Sarà del resto Hello, in «Ludovic», ancorain Contes extraordinaires, a dare il quadro dellabrama piú atroce e piú insulsa: quella dell’ava-ro, che tutto dissolve e inaridisce intorno a sé,nell’inesausto accumulo della moneta, non piúmezzo per esaudire desideri, ma idolo brutale,iperbole quantitativa e dissolutiva della realtà.
12 Novembre 2019 Anno XI
Broccolo, stanco di portare la legna, desiderache sia la legna a portare lui e viene subito esau-dito. Illustrazione di Vittorio Accornero (1896-1982) a «Broccolo» in La strada delle meraviglie
di Antonio Baldini, ed. Mondadori 1943.
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dIl Covilef N° 530Wehrlos, doch in nichts vernichtet / Inerme, ma in niente annientato (Konrad Weiß Der christliche Epimetheus)