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A B N°530 / XI 12 Novembre 2019 RIVISTA APERIODICA DIRETTA DA STEFANO BORSELLI d Il Covile f RISORSECONVIVIALI E VARIA UMANIISSN2279–6924 iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Penetriamo nuovamente in epoche che non aspettano dalfilosofo né una spiegazione néuna trasformazione del mondo, ma la costruzione di rifugi contro l’inclemenza del tempo. Nicolás Gómez Dávila Gabriella Rouf LA BEF F A D E I D E S I D E R I Rime, f i ab e e i m m a g i n i d a P e r r a ult a H e l l o 0 a Desid e r i i ns ul s i . (Les souhaits ridicules di Charles Perrault, trad. di G. Rouf) era una volta al mondo un boscaiolo che, stanco duna vita grama e bigia, oblio e riposo saspettava solo dallAcheronte o la palude Stigia, poiché il cielo giammai, dal primo dí, un desiderio uno! gli esaudí. CLes Souhaits ridicules di J. Perrault. Serie di 6 Cartoline pubblicitarie dei Grandi Magazzini «Au Bon Marché» di Parigi ca. 1900. A p .12 Il pescatore e sua moglie dei F.lli Grimm, serie di 6 gurine Liebig ed. belga 1905. Di ciò inveiva ancor nella foresta, quando Giove, brandendo la saetta, gli apparve. Che spavento! La protesta subito smise, a scanso di vendetta: «Pari e patta, pregò, chiedo perdono,non darmi nulla, ma trattieni il tuono!» «Non temere, gli disse il grande Giove, poiché i lamenti tuoi mhanno commosso, del mio favore ti vodar le prove: ti prometto, e lo sai che tutto posso, Il Covile, ISSN 22796924, è una pubblicazione non periodica e non commerci a - l e, ai sensi dell a Legge sullEdi tori a n°62 del 2001. Di rettore: St efano Borsell i . Segret eri a operat i va: Armando Ermini , Gabri el la Rouf. Redazione: Francesco Borselli , Riccardo De Benedetti, Claudi o DEttorre, Pietro De Marco, Armando Ermini , Marisa Fadoni Stri k, Ci ro Lomonte, Et t or e Ma r i a Ma z z o l a , Al ze k Mi s he , Rob e r t o Pe c ch i o l i , Ga b r i e l l a Rou f , Ni ko s A. S a l í n g a r o s , An d r e a G. S c i o , S t e f a n o S e r a n i , S t e f a n o S i l v e s t r i . ☞ © 2018 Stefano Borselli. La rivista è li cenziata sotto Crea tive Commons Attribuzi one. Non commerci ale. Non opere deri vate 3. 0 Itali a Li cens e. Arr e t r at i :www. i l cov i l e . i t . i l . covi l e@gma i l . c om. Ca- r at ter i u t i l i z za t i : pe r l a t e s t a t a i Mo r r i s Ro man d i Di e t e r St e ma n n e g l i Educ at i o n di Ma nf r ed Kl e i n, pe r i l t es t o i Fe l l Type s r ea l i zz at i da Igi no Mari ni , www. i gi nomari ni . com Programmi : impagi nazi one Li - breOffice (con Estensione Patina), trattamento immagini GIMP e FotoSketcher.

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A BN°530 / XI  12 Novembre 2019

RIVISTA APERIODICA

DIRETTA DA

STEFANO BORSELLI dIl Covilef RISORSE CONVIVIALI

E VARIA UMANITÀ

ISSN2279–6924

iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiPenetriamo  nuovamente  in  epoche  che non  aspettano dal filosofo  né una  spiegazione né una  trasformazione del mondo, ma  la costruzione di  rifugi contro  l’inclemenza del  tempo. Nicolás Gómez Dávila

G a b r i e l l a R o u f

L A   B E F F A  DE I  DE S IDER IRime, fiabe e immagini da Perrault a Hello

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a Desideri insulsi.(Les souhaits ridicules di Charles Perrault, trad. di G. Rouf )

era una volta al mondo un boscaioloche, stanco d’una vita grama e bigia,

oblio e riposo s’aspettava solodall’Acheronte o la palude Stigia,poiché il cielo giammai, dal primo dí,un desiderio — uno! — gli esaudí.

C’

Les Souhaits ridicules di J. Perrault. Serie di 6Cartoline pubblicitarie dei Grandi Magazzini

«Au Bon Marché» di Parigi ca. 1900.A p .12 Il pescatore e sua moglie dei F.lli Grimm,

serie di 6 figurine Liebig ed. belga 1905.

Di ciò inveiva ancor nella foresta,quando Giove, brandendo la saetta,gli apparve. Che spavento! La protestasubito smise, a scanso di vendetta:«Pari e patta, pregò, chiedo perdono,…non darmi nulla, ma trattieni il tuono!»

«Non temere, gli disse il grande Giove,poiché i lamenti tuoi m’hanno commosso,del mio favore ti vo’ dar le prove:ti prometto, e lo sai che tutto posso,

Il Covile, ISSN 2279–6924, è una pubblicazione non periodica e non commercia-le, ai sensi della Legge sull’Editoria n°62 del 2001. ☞Direttore: StefanoBorselli. ☞Segreteria operativa: Armando Ermini, Gabriella Rouf. ☞Redazione: Francesco Borselli, Riccardo De Benedetti, Claudio D’Ettorre, Pietro De Marco, Armando Ermini, Marisa Fadoni Strik, Ciro Lomonte, Ettore  Maria  Mazzo la,  Alzek  Misheff,  Roberto  Pecch iol i,  Gabr iella  Rouf ,  Nikos  A .  Sa l íngaros ,  Andrea  G .  Sc iffo ,  S te fano  Serafin i ,

Stefano  S ilves tr i .  ☞ © 2018 Stefano Borselli. La rivista è licenziata sotto Creative Commons Attribuzione. Non commerciale. Non opere derivate 3.0 Italia

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d’esaudire i tre primi desideriche tu dirai, qualunque cosa sia,qualunque cosa brami, sogni e speri.Pensaci bene prima, che la miaonnipotenza ti può fare lietoma per tre volte sole, e non ripeto.»

Cosí detto, tornò nell’alta sfera,e il boscaiolo, messasi l’accettain spalla, che mai parve sí leggera,se ne tornava a casa «Niente fretta»tra sé pensando «Biagio, questa è cosada parlarne con calma con la sposa.»«Cecchina» disse entrando nella stanza,«siamo ricchi! Per Giove! Che regalo!Attizza il fuoco, che oggidí si pranzacome signori, con il vino a scialo,ché basta domandare...» e le racconta.

A sentire del fatto, vispa e pronta,figurarsi i progetti della moglie…ma per prudenza tosto messo il frenoall’infinito numero di voglie,«Biagio» gli disse «dai retta a Francesca,

prudenza, rimandiamo per lo menoil primo desiderio a domattina,per decidere bene a mente fresca.»«Perbacco, è vero, e brava la Cecchina,stasera solo festa, spilla il vino...»e steso sulla sedia in santa pace,beveva e si godeva dal caminola vampa delle legna bruciaticce:«Peccato, guarda là che bella brace,ci fosse una bracciata di salsicce...».

Appena disse questo, e a voce bassa,la moglie vide con gran meravigliaun salsicciotto lungo un metro e passache serpentino va verso la griglia.Orribil vista, ohibò, ché quel desíodistrattamente, insulsamente espresso,valeva già per uno, e lo sciupíoera per colpa del marito stesso;sicché Cecchina su tutte le furienon risparmiava strepiti ed ingiurie.

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«Ma come! Si poteva avere quantise ne voleva, scudi, oro, diamanti,perle, vesti di seta e d’ermellinoal primo desiderio, e guarda dovelo spreca, per avere un cotechino!»«Ho fatto sbaglio grave, non ci piove,per via che non istavo tanto sveglio,e la prossima volta farò meglio»«Campa cavallo! Sei rincoglionito?»Batti e ribatti, e dai coi pesci in faccia,vien quasi voglia al povero maritosotto la grandinata di rimbrottidi vedovarsi da quella linguaccia.Finché sbotta: «Accidenti ai salsicciotti,ed accidenti a te, pecora riccia,al naso ti s’attacchi la salsiccia!»

Aveva questo sgarbo appena dettoche al naso della sposa petulantependeva il salsicciotto maledettoa guisa d’appendice di elefante.Lui per primo la cosa non apprezza,perché bisogna dir che di Cecchina

gli era cara la forma e la bellezza,il viso rosa e il naso a patatina.Cionostante valutò il vantaggioche il naso sulla bocca penzolonialla voce impedisse ogni passaggioe pensando a codesti effetti buoniesita e quasi quasi non si sentedi volere né chiedere piú niente.

«Però potrei, con l’ultimo desíoche mi resta, d’un colpo farmi re:sarei di sotto solamente al dio,e gli altri tutti quanti sotto a me.Ma va tenuto conto in tale casodi come soffrirebbe la reginaad esibire quel popò di nasodavanti a tutti, povera Cecchina!Sul trono, nel corteggio delle dame,con nella faccia un metro di salame!

Decida lei se è sorte piú felicelo stare col diadema da regina,ma con in faccia tutta l’appendice,oppure rimanere contadinacol naso regolare e il capo riccio,com’era prima di questo pasticcio.»La cosa fu studiata da ogni verso,perché, si sa, con scettro, trono e mantoanche il piú brutto può sembrar diverso,il basso pare alto, il poco, tanto;e uno, quando ha in capo la corona,ha sempre il naso bello e la persona.

12 Novembre 2019 Anno XI

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Dopo penare e pencolar parecchio,chi decise alla fine fu lo specchio:alla corona e il viso sfiguratolei preferí la cuffia e l’esser bella.Il boscaiolo non cambiò di stato,di scudi non riempí la sua scarsella,ma disse: «Il terzo desiderio mioè che ritorni proprio come eri.»e non gli parve vero, grazie al dio!rimediare agl’insulsi desideri.

Perch’è la vita vera, pur modesta,che ci fa ciò che siamo, e ciò che resta. (*)

(*) Questa  non  è  la  «morale»  di  Perrault,che suona cosí:

Gli uomini inquieti, ciechi ed imprudentiè meglio non coltivino illusioni,ché pochi sono poi capaci e attentia coglier la fortuna ed i suoi doni.

a La beffa dei desideri

M Le Fiabe in versi di Perrault.

l modello dichiarato di Perrault sono lefavole di La Fontaine, di lui maggiore disei anni, oggetto di venerazione ed amici-

zia. Charles Perrault, mettendosi a riposo nel1683 dopo una brillante carriera nella burocra-zia di Luigi XIV, godendo altresí di solida sti-ma come Accademico e letterato,1 intese porsial seguito del grande favolista con racconti inversi ispirati agli antichi autori e alla tradizio-ne popolare. Pur non  comparabile dal puntodi vista  stilistico e poetico al suo grande mo-dello, Perrault ebbe un riscontro positivo conLa marquise de Salusses, ou la patience de Grise-lidis, tratta da Boccaccio, a cui seguí, nel no-vembre dello stesso 1693, Les Souhaits ridicu-les, pubblicata nella rivista Mercure galant, ovela fiaba in versi era cosí presentata:

I

Avete letto svariati lavori di M. Perrault,che  hanno mostrato  la  bellezza del  suogenio nei  soggetti  seri. Eccone uno  chevi farà conoscere che quando vuole eglisa piacevolmente scherzare.

In Les Souhaits ridicules riprendeva un sog-getto trattato quindici anni prima con ironia eprofondità da La Fontaine  sotto  il  titolo  LesSouhaits,2  combinandolo  con  una  narrazione

1 Perrault  fu  protagonista  all’interno  dell’Académiefrançaise della famosa Querelle des Anciens et des Mo-dernes, che — dalla parte dei «moderni» — lo con-trappose a Boileau.

2 Les Souhaits (L. VII, fav. VI) è una meravigliosa fa-vola morale, che disinnesca l’inganno e la vanità deidesideri, a cominciare dall’esaudimento  del primo.Un elfo benefico, dovendo lasciare la famiglia pres-so cui dimorava, vuole congedarsi col dono di tre de-sideri. Essi chiedono la ricchezza, ma è tale lo scon-volgimento,  le preoccupazioni  e  il fastidio che essaporta nella  loro  vita,  che  col  secondo  chiedono  ditornare nella condizione modesta, e col terzo la sag-gezza.  Esilarante  la  descrizione  dei  guai  dell’ab-bondanza  (ansia,  invidia, parassiti,  ladri...), per cuila conclusione appare non predicatoria, anzi natura-

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popolare  assai  antica,  cui  Perrault  volle  dareun tocco classico con l’inserimento di Giove, euno scopo educativo con una «morale» finale,in realtà alquanto riduttiva.

Illustrazione a Les souhaits di Jean de La Fontaine,inc. Aveline, dis. Audry 1755-1759.

Nel 1757 M.me Leprince de Beaumont pub-blicava  in  prosa  la  medesima  fiaba,  Les troisSouhaits, con una fata al posto di Giove, non co-noscendo  probabilmente  la  versione  di  Per-rault, ma attingendo per altre vie alla tradizio-ne popolare lorenese.

A  Les Souhaits ridicules  seguí  nel  1694Peau d’Ane, vero e proprio racconto di fate inversi,  che per  il  suo grande  successo designòall’epoca un tipico genere d’intreccio; ad essovenne  ad  affiancarsi  con  superiore  riuscita  efortuna la successiva produzione in prosa, Lescontes de ma mère l’Oye,3 che dovevano rende-

lissima. La fiaba di Perrault  riprende  inoltre da LeBucheron et la Mort (L. I, fav. XVI)  il lamento delboscaiolo che a causa della sua dura esistenza invocala morte, ma all’atto pratico preferisce «soffrire chemorire».

3 Contes de ma mère l’Oye fu pubblicato anonimo nel1669 col titolo Histoires ou contes du temps passé avecdes moralités, poi l’anno dopo con autore il figlio di-ciannovenne di Perrault, forse a dare atto di un’effet-

re  immortale  il  nome  di  Perrault  in  tutto  ilmondo e dare il via nel ’700 ad una vera modaletteraria, in cui si cimentarono svariate damearistocratiche.4

Le fiabe in versi caddero invece nel dimenti-catoio, furono  «riscoperte»  solo nel  1776  edebbero per lo piú una diffusione in adattamen-ti in prosa.

M Les Souhaits ridicules prima di Perrault.

intreccio della fiaba deriva da una tra-dizione assai antica e diffusa nel mondo.

Osserva Charles Deulin:5 «È cosa curiosa vede-L’

tiva  collaborazione del  ragazzo  alla  raccolta  dellestorie e allo stile del testo. Esso comprende le fiabepiú famose in tutto il mondo, da Cenerentola a la Bel-la addormentata, da Barbablú al Gatto con gli stivali,da Pollicino a Cappuccetto rosso.

4 Le piú famose, ma ben lontane dall’arte di Perrault,sono M.me Leprince de Beaumont (1711-1780), au-trice  di  La Bella e la Bestia)  e  M.me  D’Aulnoy(1650-1705).

5 Charles Deulin «Les contes de ma mère l’Oye» avantPerrault (Paris, E. Dentu ed. 1879), p. 65. Attingia-mo  per  questo  paragrafo  al  testo  di Deulin,  a  suavolta  autore  di  fiabe,  che  conduce  un  affascinante

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re come questa storiella, assai scabrosa alle ori-gini, si sia depurata poco a poco e abbia finitoper arrivare del tutto inoffensiva nelle mani diLa Fontaine e Perrault.».

La piú antica traccia è nel Pantcha-Tantra,raccolta di storie composte dal dotto braminoVichnou-Sarma per l’educazione del figlio delsuo sovrano. Nella vicenda6 appare il ruolo diperfida o vana consigliera della donna. Que-sto aspetto sarà accentuato in una versione per-

viaggio nell’opera di Perrault, dando conto dei pre-cedenti senza pedanterie ed eccessi interpretativi; siha  cosí  una  specie  di  labirinto fiabesco,  ove  le  di-verse tradizioni si compenetrano negli enigmatici ri-mandi  della  trasmissione  orale  e dei  testi  letterari,popolari o d’autore.

6 Un tessitore, per rifare il suo telaio, si accinge a ta-gliare un albero che  sorge  in riva al mare. Il genioche abita l’albero gli chiede di risparmiarlo, offren-dogli in cambio di esaudire ciò che chiederà. Il bar-biere del villaggio gli consiglia di farsi re, ma la mo-glie  lo persuade di  restare nel  suo  stato, chiedendoperò al genio due teste e quattro braccia, per produr-re di piú. Il genio lo esaudisce, ma quando il malca-pitato torna al villaggio viene scambiato per un mo-stro malefico ed ucciso.

siana o araba o siriaca, pervenutaci nelle  tra-duzioni greche ed ebraiche. La narrazione è in-serita in una cornice, in cui sette filosofi inten-dono  ammaestrare  un  principe  sulle  insidiedelle donne, ciascuno con una storiella esem-plare, di cui questa è la settima.7 Tale comples-so di storie mediorientali è caratterizzato dal-l’aspetto grottesco, di oscenità esplicita e forte-mente misogino.

Nella   raccolta  (XIII  sec.)  di  Marie  deFrance, Dou vilain qui prist un folet, i tre desi-deri  regalati dal  folletto vengono  sprecati nelmodo  piú  sciocco,  mentre  nell’anonimo  delXIV sec. Quatre Souhaits Saint-Martin ritornail motivo cinico e salace. Philippe de Vignelles(inizi XVI sec.) combina  in modo brillante gliantichi motivi del Pot au lait e dei Trois Souhai-ts,8 concludendo su una morale di buon senso edi moderazione.

Alla  fine  del  XVI  secolo,  Philippe  le  Pi-card, monaco di un’abbazia in Normandia, nelsuo La nouvelle fabrique des excellents trats de

7 Un uomo aveva un genio grazie al quale poteva fareil medico e  l’indovino. Un giorno  il genio dovettelasciarlo, ma come dono di addio, gli dette tre for-mule magiche con  le quali poteva ottenere ciò chechiedesse. Tornato a casa  triste e confuso  si  consi-gliò con la moglie su cosa chiedere. La donna, mali-gna e depravata, gli consigliò di chiedere un molti-plicarsi di organi sessuali. L’uomo sciocco e succubefu esaudito, trovandosi subito inorridito dal suo stes-so corpo. Al che la donna lo indusse a chiedere chetutto gli fosse tolto. Ahimè, tutto!! Il terzo desiderioviene cosí sprecato per tornare allo stato originario.La versione ebraica dà una spiegazione della mali-zia della donna: «Se  tu avessi chiesto  la ricchezza»confessa «da ricco mi avresti abbandonata e ti sarestipreso un’altra moglie.»

8 Marito  e moglie  fanno castelli  in  aria basati  su  unsecchio di latte da vendere al mercato; gesticolandoinfervorato,   il marito  rovescia  il  secchio.  Poi,  perconsolare la moglie, le racconta la storia di un’altracoppia che avendo ricevuto dal buon Dio i tre deside-ri, li sciupa secondo il solito schema: primo deside-rio sciocco espresso imprudentemente, secondo spre-cato  per  un’imprecazione,  e  terzo  per  riportare  lecose alla situazione di prima. Cosí, con un raccontonel racconto, i protagonisti stessi si fanno una mora-le sulla loro vane ambizioni.

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vérité racconta «L’avventura di tre fratelli chedanzarono con le fate».9

In area  tedesca compare  in una raccolta diRacconti del tempo passato una variante de I tredesideri,  in  cui  si mette  a  confronto  il poveropio  e generoso, che  sa prender partito  saggia-mente  dai  tre  desideri,  e  la  coppia  dei  ricchivani e irascibili.10 Motivi simili compaiono nel-la versione raccolta dai fratelli Grimm, che ve-dremo piú avanti.

M Desideri insulsi sempre.a  messa  in  scena  delle  passioni  umanenelle fiabe e nei racconti tradizionali ha

nel desiderio11 una delle ricorrenti molle psico-logiche. L’abnorme capacità immaginativa del-la specie proietta bisogni e fantasie sugli ogget-ti  materiali,  anticipandone  il  possesso,  simu-landone il godimento; essi acquistano una par-venza piú reale del reale, fino ad attrarre il sog-getto  stesso  in  una  sfera  illusoria  e  coattiva.L’ansia del desiderio mai appagato segnala l’a-lienazione  nei  rapporti  umani  e  con  le  cose,entrambi oggetti di consumo.

L

Le due sponde del desiderio sono perciò dauna parte,  la ricorrente delusione e disincan-to, dall’altra la lusinga di un intervento magi-co, che sostenga il desiderio calante e gli pro-metta un’inesauribile rigoglio estetico: il desi-

9 Le fate per ricompensa concedono a ciascuno un de-siderio:  il primo ne formula uno osceno,  il secondoarrabbiato  lo  fa diventare orbo, e  il  terzo  infuriatofa diventare cieco il secondo. La conclusione è reci-sa: Les danses ne sont rien que peines / Et souhaits quechoses vaines.

10 Il povero porta una pietra per la costruzione di unachiesa e viene premiato da un misterioso omino contre desideri: ponderatamente, chiede il paradiso, maanche una bella casa e un cofanetto d’oro inesauribi-le; i ricchi che per avidità lo imitano, finiscono perpunirsi  l’un  l’altro,  secondo  il  consueto  schema distupidità e ripicche.

11 La stessa etimologia del termine italiano «desiderio»è inquietante e ambigua: dal latino de-, e sidera, «stel-le», letteralmente, «cessare di contemplare le stelle»,allude forse alla distanza tra soggetto e oggetto di de-siderio, che resta remoto e irraggiungibile.

derio  di Tristano  e  Isotta  è  alimentato  dal-l’artificio del filtro.

La  macchina  desiderante  deve  girare  avuoto; ciò che  la  rende attiva è  la non  soddi-sfazione  del  desiderio, ovvero  lo  sfacelo dellostesso in innumerevoli atti di possesso di infimanatura, nell’abbrutimento del consumo.

Le fiabe popolari segnalano la vanità dei de-sideri non con intento moralistico, ma come ti-pico motivo anarchico, bizzarro e dissolutorio,sfogo di svagatezza e bestialità; tengono alta latensione,  il flusso del racconto,  fanno entrarein gioco l’intervento magico, per premio o perarbitrio,  a doppiare  l’assurdo. Vi  appare  sem-pre il concetto di limite (il numero), di preca-rietà, di unilateralità della concessione.

Le varianti precedenti e coeve della fiaba diPerrault  ne  percorrono  tutte  le  possibilità,dall’osceno al patetico; ma via via — con giàun vertice  in La Fontaine —  la natura  ambi-gua del desiderio  viene  svelata  in  una moralepiú esplicita: il soddisfacimento di un desideriopuò  essere  una  ricompensa,  ma  non  bisognaabusarne,  diventare  incontentabili  o  montarein  superbia.  Come  il  desiderio  provvisoria-mente appagato produce disincanto e noia, cosíla frenesia del possesso trova in sé la sua puni-zione. Qui  il  precedente  è  filosofico,  in Epi-curo, nella I Satira di Orazio, ed è argomenta-to  teologicamente  dall’annuncio  cristiano,  il-luminando  la stessa narrazione popolare (v. Ilricco e il povero dei F.lli Grimm).

A sua volta la sottospecie narrativa  ironica,quella dei «desideri  insulsi», coglie alla radicela questione: il desiderio è manipolato, aizzatoda chi promette di esaudirlo, ma è un conteni-tore  vuoto,  sottoposto  a  bizzarre  regole,  chepuò  essere  occupato  casualmente  e  dissipato:perfetta  immagine  dei  desideri  del  consumi-smo,  impulsi  indotti,  vuoti  e  ripetitivi,  il  cuicontenuto (oggetti, anche sessuali) ha esistenzamisera ed effimera, e deve istantaneamente per-dere d’interesse perché  si  riattivi  l’impulso. Èinfatti  solo  l’accumulo,  la  quantità,  che  puòalimentare  l’amaro  godimento  del  possesso,

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fino alla patologia dell’avidità di moneta, sim-bolo e mezzo di ogni possesso.

Illustrazione di Harry Clarke (1889-1931) a «Les Souhaits ri-dicules» in Fairy Tales of Perrault, Londra 1922.

M Perrault, Grimm, Puškin.

a fiaba di Perrault va al di là dello stessointento  moraleggiante  dell’autore,   che

ammonisce chi,  ignorante e  impulsivo, non  saimpiegare i doni della sorte: s’accontenti quin-di del proprio stato, e non se ne lamenti.

L

Ma  lo  sconforto di Biagio non  viene dallasua condizione sociale e di vita, bensí dal fattoche nessun  desiderio  gli  è mai  stato  esaudito.Forse proprio questo attira l’attenzione di Gio-ve, piú che un’improbabile pietà? Si desidera didesiderare, e  la soddisfazione viene  sempre daaltrui, da chi, per suo interesse o capriccio, l’hasuscitato: Biagio e Cecchina sono due burattinicon cui la divinità si diverte, sapendo in antici-po che ben poco sarà attinto ai suoi pretesi im-mensi poteri. L’idea del desiderio inutile, ridi-colo,  insulso, è quindi piú radicale, perché nesvela  l’assenza di  libertà,  la manipolabilità:  ildesiderio  indotto ha già  in sé un’oscura ango-scia, una rabbia impotente, pronta a farsi inimi-cizia.  È  inutile  e  beffardo  che  Giove  dica«Pensaci bene», il desiderio «scappa», si combi-na  con  immaginazioni grossolane:  l’occasione

sprecata prende la forma dell’osceno boudin, ilsanguinaccio. L’unico desiderio su cui c’è rifles-sione e discussione è il terzo, che non serve adaltro che ad annullare i due precedenti; il nul-la ritorna nel nulla, ma resta l’atto di amore diBiagio per la sua Cecchina.

La  versione  di  M.me  LePrince  de  Bau-mont,12 è già in partenza meno solenne e dram-matica, con una fata che mette a cimento i duesposi forse a fin di bene. È la stessa moglie chetrae la morale dal fatto:

La fata si è burlata di noi ed ha avuto ra-gione. Forse saremmo stati piú infelici es-sendo  ricchi di quanto  lo  siamo  al pre-sente. Credimi, amico mio, non deside-riamo niente, e prendiamo le cose comevengono;  in attesa, gustiamoci  il nostroboudin, dato che è la sola cosa che ci re-sta dei nostri desideri.

Sogni di ricchezza: illustrazione di Arturo Bonfanti (1905-78) a I tre desideri, versione anonima della fiaba, con protago-nisti due vecchi e, al posto della fata, un diavoletto rosso di-

spettoso. Ed. Ist. Geogr. De Agostini 1951.

12 La fiaba ha un tono domestico e tutto sommato sere-no;  la giovane  coppia davanti  al  caminetto  si dà  afantasticherie su un’improbabile ricchezza; una fatali esaudisce con i tre desideri; segue la sequenza de-gli «incidenti» (col solito sanguinaccio), con due de-sideri  sprecati per pura  sbadataggine,  e  il  terzo perrimediare.

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La medesima fiaba è stato via via riprodottain tante versioni, sia con diavoletti al posto diGiove o della fata, sia con protagonisti vecchi,ove  scompare  il motivo  tenero della bellezzadella moglie, ma si accentua  l’aspetto grotte-sco: nemmeno l’età dà la saggezza, anzi scattadi  fronte all’insperato  prodigio una brama dirivalsa, di avere ciò che non si è avuto.

Proprio in questo senso, ma in diverso conte-sto,  Il pescatore e sua moglie  dei  F.lli Grimm,svolge all’altro estremo — dal domestico al co-smico —  la  sequenza dei desideri  sul filo del-l’incontentabilità e della sfida, in un crescendodrammatico.

Ilustrazione di Anne Anderson (1874-1952) a «Il pescatore esua moglie» dei F.lli Grimm, in The Mammoth Wonder Book

for Children, Odhams Press, 1935.

La moglie del pescatore, resasi conto che ilrombo  prodigioso,  grato  al marito  per  averloliberato, può concederle tutto quello che desi-dera, non trova sazietà nei beni materiali, ma èpresa dalla vertigine del potere: essere  re, poiimperatore, poi papa, e alla fine Dio. Desideritutt’altro che ridicoli, quindi, ma tragicamentesregolati, dai quali ripiomberà nel nulla.

La stessa narrazione si  trova  tra  le fiabe  inversi di Puškin nella Fiaba del pescatore e del pe-

sciolino  (1833),  la cui grande popolarità  fece  síche la storia fosse poi compresa (n.39) nella rac-colta  di  A.N.  Afanasjev  (Antiche fiabe russe1855-64).

In  Puškin,  che  fa  piú  «russa»  la  fiaba  deiGrimm, la moglie del pescatore vuol diventarezarina, poi «Dominatrice del mare», per avereai suoi comandi anche il prodigioso pesciolinod’oro. Ma cosí il limite è superato: il pescatoreal ritorno ritroverà la stamberga, ove «sulla so-glia siede la sua vecchia, che ha davanti a sé  ilmastello rotto», come all’inizio.

Illustrazione di Ivan Bilibin (1876-1942) a Fiaba delpescatore e del pesciolino di Alexander Puškin.

Tornando  alla  raccolta  dei  F.lli  Grimm,  èinvece d’armoniosa e serena moralità la fiaba Ilricco e il povero, nella quale il povero, che il Si-gnore da  lui generosamente ospitato vuol pre-miare con tre doni, non sa nemmeno cosa con-cretamente  desiderare,  se non  la  salvezza del-l’anima e  la tranquillità di vita. È Dio stesso asuggerirgli di chiedere per lo meno una casa piúcomoda. Al ricco che aveva rifiutato l’ospitalitàe ora opportunisticamente viene a offrirla, il Si-gnore promette il soddisfacimento dei tre desi-deri, ma gli fa presente che «non gli conveniva,che era meglio che non desiderasse nulla». In-fatti il ricco va incontro all’inesorabile beffardaconcatenazione dei desideri espressi inavvertita-

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mente  e  con  cattiveria  (prima  per  impazienzafa morire  il cavallo, poi per rabbia fa attaccarela moglie alla sella) e deve sprecare il terzo perrimediare  ai  danni  dei  precedenti,  come nellafiaba di Perrault. La morale è però piú profon-da: non è questione di opportunità o di modera-zione,   quanto  d’inaffidabilità  del  desiderioumano quanto a discernimento del Bene. Il po-vero  infatti  possiede  la  piú  grande  ricchezza,tutto ciò a cui poteva aspirare (la bontà, la sal-vezza, la concordia familiare), mentre il ricco èincapace  di  cogliere  la  gratuità  del  dono, mavede solo l’occasione di uno scambio da cui trar-re il massimo profitto.

M Fiabe d’autore.o splendido racconto di Andersen Le so-prascarpe della felicità, 1838, gioca  intor-

no ad un motivo che ricorre piú volte nel filonedelle fiabe sui desideri: l’invidia verso gli altri,il voler essere «al posto di». La fata della Feli-cità immette nella catena delle relazioni uma-ne l’occulto e casuale elemento magico delle so-prascarpe che  trasportano chi  le  indossa nella

L

situazione di chi e dove vorrebbe essere. Unagalleria di personaggi e una sequenza di deside-ri, uno dopo l’altro delusi, perché nessuno tro-va ciò che si aspettava, e tutti finiscono per tor-nare volentieri «nei propri panni». Il raccontoè affollato e visionario, ed  insieme  ironico; li-brandosi via via dal livello delle piccole invidiesociali  a  quello  dell’inquietudine  esistenziale,si giunge  allo  studente  angosciato,  che  aspiraalla  pace  nel  nulla.  Messe  le  soprascarpe,   latroverà nella morte. Ma la fata della Pena, mi-sericordiosa   questa  volta,  gliele  toglie  resti-tuendolo alla vita, ad una realtà di lotta spiri-tuale, e portandosi via le soprascarpe, rivelate-si un dono avvelenato: «forse ella le ha ritenutedi sua proprietà».

Nella fiaba  Il Natale di Fortunato,  GuidoGozzano inverte la consueta narrazione: il po-vero pio e caritatevole, ricompensato da Gesú,acquista  un’improvvisa  prosperità, ma  la  ric-chezza lo rende avaro, avido, e tutto sommatoinfelice: Gesú  lo  riporta  al precedente  stato e«Fortunato sentí ripalpitare in cuore una tene-rezza  pietosa  e  riprese  la  via  della  salvezza  edella povertà».

dIl Covilef N° 530

Paul Hey (1867-1952) Il ricco e il povero deiF.lli Grimm. Künstlerpostkarten (cartolinad’artista) Ed. Ottmar Zieher inizi ‘900.

H.C. Andersen Le soprascarpe della felicità,Edizione 1948 dell’Istituto d’Arte di Urbinodisegnata, incisa e composta dall’allievo Giu-liano Rubini con la collaborazione di compa-

gni del II corso di perfezionamento.

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Anche Antonio Baldini,  in Broccolo,  svolgela fiaba  sul filo  del  paradosso,  intorno  ad  ungiovanotto babbeo ma  tenero di cuore;  le  fatenon  sanno  come  premiarlo  della  sua  bontà,dato ch’è cosí scemo che non saprebbe nemme-no  cosa  chiedere.  Si  affidano  quindi  al  caso:«Qualunque  cosa  egli  dica  issofatto  gli  si  av-veri».  Seguono  strambe  avventure,  finché  lafiglia del re, avvedutasi del privilegio di Broc-colo, gli fa chiedere di diventare bello e intelli-gente. Segue lieto fine.

L’isolamento quasi clinico del desiderio, nel-la sua natura ostinata e coatta (quindi tutt’altroche impulsiva e liberatoria) è realizzato da Er-nest Hello, in una sorta di fiaba nera, la «Sim-ple histoire»  in Contes extraordinaires, 1879. Visi narra in un apologo terrificante la vanità e ilsadismo  del  desiderio  pretestuoso,   che  si  ali-menta e si compiace nella sua ossessività, e si ri-volge  ferocemente verso gli altri,  tutti respon-sabili di non  intuirlo e soddisfarlo. Se ne svelala natura dispotica, che scarica la sua eterna fru-strazione sugli altri, sicché proprio l’inimiciziaappare il motore della macchina desiderante.

Una  ragazza  ricca,  bella  e  circondata  dal-l’affetto dei suoi, si macera segretamente fino amorirne  nel  desiderio  di  un  bouquet  di  rarimughetti  rosa,  per  farsi  vittima  della  pretesaincomprensione altrui. Quando  il fidanzato  loscopre e disperatamente le porta i fiori deside-rati, li respinge:

È troppo tardi; non posso piú essere fe-lice, ho aspettato troppo. Perché non miavete portato questo bouquet un anno fa?Perché, disgraziato,  avete prolungato  lamia  agonia? Era  due  anni  fa  che mi  sidoveva dare  i mughetti  rosa,  e  poi,  ag-giunse piangendo di rabbia, e poi li vole-vo screziati!

Il capriccio si situa al limite estremo del de-siderio, oltre  lo  stesso oggetto, oltre  la  stessatensione desiderante, per farsi figura del nulla.

Sarà del resto Hello,  in «Ludovic», ancorain Contes extraordinaires, a dare  il quadro dellabrama piú atroce e piú insulsa: quella dell’ava-ro, che tutto dissolve e inaridisce intorno a sé,nell’inesausto accumulo della moneta, non piúmezzo per esaudire desideri, ma  idolo brutale,iperbole quantitativa e dissolutiva della realtà.

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Broccolo, stanco di portare la legna, desiderache sia la legna a portare lui e viene subito esau-dito. Illustrazione di Vittorio Accornero (1896-1982) a «Broccolo» in La strada delle meraviglie

di Antonio Baldini, ed. Mondadori 1943.

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dIl Covilef N° 530Wehrlos, doch in nichts vernichtet / Inerme, ma in niente annientato (Konrad Weiß Der christliche Epimetheus)