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A te che mi hai umiliato in tutte le maniere in cui ti è stato possibile, che mi hai detto che non avevo metodo solo perché non avevo il tuo,

a te che dicevi sempre che ero un genio...‘peccato che’, senza capire che il mio genio era proprio in quel ‘peccato che’...

Grazie a Dio, perché la mia luce ha continuato a splendere

a dispetto del tuo volerla spenta, perché io non farò mai altrettanto con nessuno,

perché ha voluto che io fossi speciale, che io fossi una Dys...

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INTRODUZIONE

CAPITOLO 1 - Analfabetismo digitale in Italia 13CAPITOLO 2 - Le resistenze della scuola italiana 17CAPITOLO 3 - Problemi e possibili soluzioni legati all’introduzione

di nuove tecnologie nella didattica e all’uso della rete internet

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CAPITOLO 4 - Interattività, ipermedialità e connettività. 25CAPITOLO 5 - Non siamo nati per leggere, è stata una conquista 29CAPITOLO 6 - Tecnologie a supporto della didattica: LIM, tablet,

ebook 33

6.1 La lavagna interattiva multimediale 336.2 Il Tablet 366.3 L’Ebook 38

CAPITOLO 7 - Il video digitale interattivo 41CAPITOLO 8 - Come viene realizzato un video interattivo 45

8.1 Processo di realizzazione di un hyperfilm8.2 Tipi di link

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8.3 Come funziona il Player 518.4 Hyperfilm in classe 528.5 Punti di forza 528.6 La costruzione cooperativa della conoscenza 538.7 Punti critici nella costruzione di un video interattivo 53

CAPITOLO 9 - Alcuni esempi di hyperfilm realizzati in ambito didattico

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CAPITOLO 10 - Le TIC nel percorso scuola/formazione 63CONCLUSIONI 67BIBLIOGRAFIA 73SITOGRAFIA 73

Indice

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INTRODUZIONE

I tempi cambiano sempre più velocemente, utilizzare ancora la stessa didattica è una follia. Spesso da parte di alcuni docenti si sente affermare, con una punta d’orgoglio, che da trent’anni usano lo stesso metodo... Trent’anni, appunto! durante i quali i sistemi di trasmissione, diffusione e comunicazione dei saperi sono mutati radicalmente, e con essi il nostro pensiero e le nostre abilità. Come non possiamo pensare qualcosa che non abbiamo mai esperito, così pensiamo molto più facilmente qualcosa che esperiamo continuamente: secondo l’antropologo Hugh Brody1 nella lingua inuktitut vi sono più di 50 vocaboli diversi che esprimono altrettante diverse sfumature per definire ciò che noi chiamiamo solo neve. Oggi i nativi digitali sono bombardati da esperienze comunicative completamente diverse e, piuttosto che lamentarci del fatto che essi non ci seguono più, dovremmo realizzare che siamo noi che non sappiamo tenere il loro passo rispetto alle nuove tecnologie. Chomsky sostiene che ‘‘quel che facciamo e diciamo è solo linguaggio”2 e ancora che ‘‘quello che possiamo dire è che il suono è soltanto una delle forme di esternalizzazione del linguaggio e non sembra essere essenziale della sua natura... il linguaggio (è) primariamente uno strumento del pensiero e la sua esternalizzazione, in una o un’altra modalità, un processo secondario... i segni grafici sono cosa piuttosto recente nella storia dell’uomo, tra l’altro solo in certe culture,

1 Hugh Brody, The Other Side of Eden: Hunter-gatheres, Farmers and the Shaping of the World, North Point Press, 2002.2 Noam Chomsky, Quello che siamo e facciamo è soltanto linguaggio, intervista di F. Capitoni, www.La Repubblica.it, 18/01/ 2014

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e non possono essere collegati all’origine del linguaggio”.Dunque, cambiano i mezzi di espressione del linguaggio, cambia la forma del pensiero e viceversa. Oggi il pensiero non è più solo e strettamente un pensiero per parole e in realtà solo per parole non lo è mai stato, se già Einstein ci diceva ‘‘Non mi sembra che le parole o il linguaggio, scritto o parlato, abbiano alcun ruolo nel meccanismo del mio pensiero. Le entità psichiche che sembrano servire da elementi del pensiero sono piuttosto alcuni segni e immagini più o meno chiare...”3 A sostegno di queste tesi, oggi i moderni studi delle neuroscienze hanno aperto uno spiraglio sul funzionamento di questo incredibile e affascinante mistero che è il nostro cervello. Un mirabile congegno in grado di aumentare le proprie capacità attraverso strumenti che esso stesso elabora e il cui utilizzo, richiedendo sempre nuovi e più complessi circuiti tra le aree cerebrali esistenti, a sua volta ne aumenta la complessità, rendendolo in grado di elaborare ancora nuovi sistemi che ne amplieranno ulteriormente le potenzialità. Oggi il pensiero, grazie a strumenti il cui processo potrebbe essere iniziato con la possibilità di trasmettere le onde sonore via etere (attraverso il telegrafo e poi la radio ed il telefono) e poi ancora di trasmettere le immagini attraverso la televisione, è arrivato a sistemi di comunicazione in grado di connettere ognuno di noi in tempo reale con il mondo intero. Forse ora questo pensiero procede più diffusamente per immagini, suoni, colori, immediatezza di visione, connessioni reticolari piuttosto che lineari. Dunque anche la vecchia guardia della cultura dovrebbe veicolare attraverso i nuovi linguaggi le informazioni, gli antichi saperi, ed utilizzarli per crearne di nuovi. Stiamo assistendo a un cambio culturale epocale grazie a sistemi di comunicazione potentissimi e, se non si può arrestare il progresso, si dovrà allora cavalcarlo.

3 in An essay on the psychology of invention in the mathematical field, Princeton Univ. Press, J.S.Hadamard

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Forse la lezione scolastica di oggi dovrebbe esser tutt’altro che quella di qualche anno fa, forse le capacità attentive dei nostri allievi non sono più tali da consentire loro l’ascolto di fiumi di parole, pronunciate per lo più con un mono-tono esasperante. Questo non vuol dire che oggi i ragazzi siano meno, piuttosto che le loro capacità sono divenute altre. E le nostre, quelle dei docenti, si sono evolute o sono rimaste sostanzialmente quelle dei famosi trent’anni fa? Dunque chi oggi è meno, noi o loro? Purtroppo entrambi, se non riusciremo in questo passaggio, avremo perso entrambi. Mi piace ancora citare Einstein e il suo ammonire che ‘‘follia è fare sempre la stessa cosa aspettandoci risultati diversi’’, come dire che è folle, cambiate le condizioni, aspettarsi gli stessi risultati facendo le stesse cose.

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CAPITOLO 1

Analfabetismo digitale in Italia

Oggi per il nostro paese si parla di analfabetismo digitale. Una recente indagine Istat, Noi-Italia4, ha confermato che l’arretratezza sull’utilizzo del digitale in Italia è ormai da considerarsi un fenomeno niente affatto temporaneo, ma patologico e che, per ottenere un’inversione di tendenza efficace, richiede un intervento su più piani e aree, un vero e proprio sistema di interventi che sia in grado di affrontare le molteplici cause che sono alla sua base. Intanto dovremmo chiarire che per analfabetismo digitale si intende la mancanza di competenze digitali e quindi l’incapacità di saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie di informazione e comunicazione (TIC) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. E’, quindi, l’incapacità di utilizzare le TIC per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni, nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet. Non si tratta, dunque, della semplice capacità di utilizzare un dispositivo (cellulare, smartphone, computer), che rappresenta l’ alfabetizzazione di base, quanto piuttosto di apprendere, produrre, creare attraverso le TIC. Purtroppo la scuola e i docenti rappresentano forse, da noi, uno dei maggiori ostacoli alla diffusione di tali tecnologie per prendere, divulgare e fare informazione/formazione. Sulla base di una visione futura della nostra società, il tema della cultura, dell’istruzione, delle competenze digitali deve diventare una priorità dell’azione politica italiana, che non può che passare 4 Agenda digitale, 21 marzo 2014

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attraverso la scuola, principale agenzia deputata alla produzione e alla trasmissione culturale, nonché unica istituzione presente trasversalmente su tutto il territorio. Oggi ci troviamo di fronte a scenari tecnologici in continua evoluzione, rispetto ai quali non è più possibile concepire l’uso delle tecnologie come una somma di nuove funzioni, bensì come una moltiplicazione di opportunità. Il ruolo della comunicazione resta centrale, sia nello scambio di informazioni, sia nella creazione di ambienti condivisibili (reali e virtuali).L’integrazione tra vecchi e nuovi media ha favorito la nascita di una generazione multischermo che, grazie alla ridondanza dei messaggi, distribuiti su più dispositivi e in diversi formati, ha potenziato l’apprendimento di qualsiasi tipo di informazione, che è inoltre più facilmente reperibile. In questi anni la rete internet ha avuto importanti evoluzioni, tra queste la possibilità di interagire tra siti e utenti, con la facoltà di creare e modificare contenuti multimediali, definita con il termine Web 2.0.Henry Jenkins, esperto di media e comunicazione (ex co-direttore del Comparative Media Studies Program del MIT5) sottolinea questo particolare momento storico che stiamo vivendo, in cui le novità tecnologiche danno una forte spinta alla creazione e alla condivisone e permettono di sviluppare abilità e competenze necessarie per entrare attivamente in una cultura partecipativa. Secondo Jenkins la convergenza non è solo un processo tecnologico che integra più media, ma rappresenta un vero e proprio cambiamento culturale.In quest’ottica la scuola dovrebbe prestarsi a diventare la palestra ideale per sperimentare modalità di apprendimento dinamiche e

5 Il MIT, Massachusetts Institute of Technology, è una delle più importanti Università di ricerca del mondo, con sede a Cambridge, nel Massachusetts (USA).

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in correlazione con i cambiamenti della rete internet e del mondo esterno. E’, invece, il più coriaceo dei sistemi sociali, capace di resistere a qualsiasi provocazione.

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CAPITOLO 2

Le resistenze della scuola italiana

I preconcetti di tanti di noi sono svariati, alimentatati dalla paura del nuovo, dalla difficoltà di noi immigrati digitali ad integrarci, a fare nostro un mondo che non ci appartiene. Potremmo cominciare con la storica prevalenza, nel nostro Paese, della cultura umanistica su quella scientifica e tecnologica, e parla qualcuno che ha fatto gli studi classici proprio perché più incline a questi, non certo perché riteneva quelli scientifici meno importanti. La parcellizzazione dei saperi ha consentito una sempre maggior specificità e conoscenza delle singole discipline, ma la divisione in settori era ovviamente un processo puramente formale, che mirava a facilitare l’approfondimento degli studi. Non averlo capito ha finito per slegare un sapere che non può essere che unico e quindi altro, poiché l’intero non è mai la semplice somma delle parti. Questa visione classica, che per ragioni storiche, pur se con qualche differenza tra Nord e Sud, ha contribuito a fare del nostro un Paese a due velocità, è squisitamente italiana e ha relegato, e attualmente relega, gli operatori scientifici in un cono d’ombra (economico, di visibilità, di potere), continuando a mortificare la visione e la progettazione dello sviluppo dei servizi sul web in un ambito prettamente tecnico-informatico e non ampiamente progettuale. E’ evidente che la struttura profonda della nostra scuola non è cambiata affatto, che i criteri di verifica delle conoscenze apprese sono rimasti gli stessi, che la maggiore rilevanza viene ancora data alla comprensione della letto-scrittura, secondo un sistema antiquato che non prevede l’uso

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della scrittura digitale o della lettura attraverso il canale uditivo, piuttosto che quello visivo. Accade ancora che esami vengano annullati perché gli scritti sono stati ritenuti incomprensibili, senza che venga data l’opportunità ai disgrafici di utilizzare il PC, oppure che test non si siano potuti eseguire correttamente o al meglio delle proprie capacità perché non si permette l’ uso della sintesi vocale. Le TIC non vengono utilizzate nella pratica didattica, impedendo così all’allievo di usare il sistema che gli risulterebbe più affine. E’ pur vero che le capacità metacognitive in giovane età non permettono tale comprensione: dovrebbero essere infatti i docenti ad aiutare i ragazzi a capire come ciascuno capisce, guidandoli. Non si può permettere che sia una diagnosi e offrire queste possibilità: perché si deve pretendere il bollo di disabilità a quella che è una competenza altra, piuttosto che lasciare la libertà a chiunque di apprendere e utilizzare il sistema che gli è più congeniale? Solo perché quello classico della letto-scrittura è il nostro sistema, utilizzato in modo massivo da più di un secolo, può essere considerato il migliore? E’ tempo di ricongiungere i saperi, di dare pari dignità alle discipline e ai sistemi di apprendimento. Leggere con le orecchie, leggere per immagini, o quel che si voglia, non è da meno che leggere con gli occhi il vecchio codice scritto. E’ tempo di utilizzare sistemi multimediali, multimodali, multisensoriali e dare a tutti le stesse possibilità, al di là dei canali sensoriali o delle tecniche utilizzate. E’ tempo di capire che il diverso non è meno, è altro, che la diversità è ricchezza e, biologicamente, fondamento imprescindibile di vita. Tutte queste resistenze del nostro sistema scolastico sono, ovviamente, direttamente collegate alla scarsa conoscenza delle nuove tecnologie e al ruolo dei media, che rimandano più gli aspetti negativi che positivi della rete. In questa sorta di analfabetismo digitale si finisce per enfatizzare il timore di questo altro sconosciuto, di cui non si comprendono le regole

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e le dinamiche, e quindi si reagisce con ogni sorta di anatema, scudo, esorcismo. Si teme ciò che si ignora, ciò che si teme si realizza. La mancanza di una guida, di un insegnamento specifico può realmente portare ad un uso inconsapevole e indiscriminato di questi mezzi, azzerandone il potenziale positivo. In generale potremmo dire che all’introduzione di nuove tecnologie in ambienti di formazione non ha ancora fatto seguito un uso consapevole del loro potenziale. E’ un problema che va assolutamente risolto, perché la rivoluzione tecnologica, in tutta la sua portata, deve coinvolgere necessariamente anche la scuola. I nativi digitali sono cresciuti con i nuovi media e hanno un approccio diverso al mondo della conoscenza rispetto a quello lineare, tipico delle forme di insegnamento scolastico. Attualmente nella scuola italiana, se da un lato ci sono Istituti che si sono lanciati nella sperimentazione di un uso integrato di nuove tecnologie, dall’altro sono ancora tanti, e sicuramente i più, quelli fossilizzati sulla vecchia didattica cattedratica, con lezioni frontali e discenti passivi, che studiano su libri di testo cartaceo e sono chiamati a svolgere verifiche sulla qualità del loro apprendimento, con uno scarso livello di condivisione con i propri compagni.Solo i primi, numericamente insufficienti, si inseriscono a pieno titolo nell’ottica della cultura convergente6, di cui parla Jenkins. Questa si sviluppa attraverso la costruzione cooperativa della conoscenza, sfruttando le potenzialità di nuove tecnologie e modelli di comunicazione.

6 H. Jenkins, Cultura Convergente, Apogeo, Milano, 2007, pag. 318.

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CAPITOLO 3

Problemi e possibili soluzioni legati all’introduzione di nuove tecnologie nella didattica e all’uso della rete internet

Accade spesso che le tecnologie nascano con scopi ben distanti da quelli educativi e che i primi tentativi di utilizzo negli ambienti di formazione siano accompagnati da enormi pregiudizi. Basti pensare che in passato si riteneva di dover proteggere i minori dalla cattiva influenza di tv, cinema, stampa, fumetti, ecc. Tale atteggiamento persiste ancora oggi in alcuni istituti di formazione, dove si ritiene che videogiochi, social network7 e YouTube8, oltre a influenzare negativamente l’attività di apprendimento, siano responsabili di comportamenti sbagliati.Diversi ricercatori americani hanno invece osservato che un uso equilibrato di videogiochi in età infantile può favorire lo sviluppo di strutture mentali reticolari. Se usati consapevolmente, i social network sono piazze virtuali che espandono la possibilità di comunicare, mentre YouTube, grazie alla condivisione di video, può favorire lo scambio di esperienze e conoscenze. Altra cosa è l’utilizzo aberrante che ne fanno alcuni gruppi di adolescenti per vantarsi dei loro atti di violenza e bullismo. D’altro canto, se la censura da parte di Google, proprietaria della piattaforma, fosse più immediata,

7 Servizio informatico on line che permette la realizzazione di reti sociali virtuali. Si tratta di siti internet o tecnologie che consentono agli utenti di condividere contenuti testuali, immagini, video e audio e di interagire tra loro.8 Piattaforma web nata per il video sharing (condiviso)

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cadrebbero molti pregiudizi relativamente al suo utilizzo costruttivo. Pur facendo salva la libertà dell’insegnamento del singolo docente rispetto ai programmi, l’introduzione delle TIC dovrebbe essere condivisa da tutti, senza lasciare ai singoli la valutazione dei vantaggi e dei benefici di questi strumenti.Anche quando i singoli istituti scolastici si dotano di nuove tecnologie per incentivare le iscrizioni dei ragazzi e li incoraggiano a portare in classe gli stessi strumenti che utilizzano all’esterno, possono continuare a persistere forti resistenze da parte di quegli insegnanti che vedono la scuola letteralmente sotto assedio. Tale disagio é spesso dettato dalla mancanza di competenze in materia di informatica e multimedialità e genera l’aggrapparsi a metodologie ormai obsolete. Per superare il gap delle competenze informatiche tra alunni e professori, il focus dovrebbe spostarsi dalla mera formazione dei docenti ad un ampio dibattito, che li coinvolga direttamente, sui vantaggi di una didattica disciplinare integrata dall’uso di nuovi strumenti. Importantissimo, in questo senso, è il ruolo dell’Università e della Ricerca, che devono supportare il lavoro degli insegnanti, senza mai farli sentire inadeguati rispetto alle esigenze di una scuola al passo coi tempi ed evitare che gli investimenti fatti con l’acquisto di nuove tecnologie vadano persi, poiché le scuole devono sperimentare da sole le potenzialità dei nuovi strumenti. La formazione dei docenti, ad esempio, è uno dei punti di forza della scuola finlandese (considerata tra le migliori al mondo), tenuto conto dell’ottima preparazione universitaria di tutti i docenti, dalla primaria alla secondaria, e del rapporto stretto del forte interscambio tra ricerca universitaria e attività didattica. Il prof. Marco Orsi9 ci sottolinea a tal proposito come ‘‘nella città di Jouensuu, accanto alla facoltà universitaria dove studiano i

9 Marco Orsi è responsabile nazionale ideatore del progetto italiano Senza Zaino. In una sezione di Abitare la Scuola descrive i punti di forza delle scuole finlandesi.

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futuri docenti sono state costruite una scuola primaria e una secondaria. Qui i docenti che insegnano alla scuola primaria e secondaria insegnano anche all’università, e gli studenti universitari vanno nelle scuole”. E’ bene ricordare che, secondo i dati dello studio PISA (Programme for International Study Assessment), condotto su 400mila 15enni di 57 Paesi, i ragazzi finlandesi sono risultati i migliori in lingua, matematica e scienze.

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CAPITOLO 4

Interattività, ipermedialità e connettività

Per poter analizzare le potenzialità dell’utilizzo delle TIC nei processi di apprendimento, è necessario definire tre concetti che sono alla base dell’utilizzo di prodotti multimediali e della rete internet, quelli di: interattività, ipermedialità e connettività.Interattività: possibilità di entrare in contatto con un ambiente arricchito di contenuti di informazione per ottenere dei feedback; questo scambio avviene attraverso un’interfaccia che può essere simbolica (parole, icone) o immersiva (ambienti tridimensionali). La comunicazione diventa, così, bidirezionale e l’utente assume un ruolo attivo nell’interscambio e nell’intreccio di domande e risposte. Ipermedialità: unendo i concetti di multimedialità e ipertestualità10 si arriva a quello di ipermedialità, dove testi, video, audio, suoni, ecc. sono collegati tra loro in modo non lineare. L’autore di un prodotto di comunicazione ipermediale costruisce un ambiente dove il fruitore può spostarsi da un media a un altro attraverso i link e personalizzare l’esperienza di navigazione. Se da un lato questo permette arricchimento e flessibilità, dall’altro l’utilizzo di un iper-media può causare problemi di orientamento nella fruizione e/o nella scelta non consapevole di un percorso.

10 Raccolta di informazioni collegate tra loro in maniera non lineare. Il vocabolo fu usato per la prima volta da Ted Nelson, nel 1965 per definire un nuovo sistema per esplorare le informazioni, uscendo dall’uni-dimensionalità del testo analogico.

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Connettività: per definire la connettività telematica basta rifarsi a quella neuronale, che si svolge attraverso le sinapsi del nostro cervello e che è alla base della nostra intelligenza. Allo stesso modo le reti telematiche, grazie all’interattività e all’ipermedialità, permettono uno scambio di comunicazione, un accrescimento delle conoscenze e la trasmissione organizzata del sapere. A un livello più alto potremmo parlare di una vera e propria Intelligenza Connettiva.In questi anni la rete Internet ha avuto importanti evoluzioni, tra queste l’elevato livello di interazione tra siti e utenti, definito appunto con il termine Web 2.0. E’ cambiato l’utilizzo stesso della rete perché i fruitori hanno anche la possibilità di creare e modificare contenuti multimediali, con il conseguente aumento esponenziale della quantità di informazione, purtroppo non sempre corrispondente ad una elevata qualità. C. Infante11 la chiama sindrome di overload: siamo, cioè, sottoposti ad un sovraccarico di dati. Di fatto in questi ultimi anni abbiamo assistito al proliferare di nuove tecnologie e piattaforme per il web che facilitano lo scambio e la condivisione di contenuti di qualunque tipologia. Vedi ad esempio Wikipedia12, YouTube e i vari Social Network.E’ interessante il modo in cui Henry Jenkins usa il termine convergenza non tanto per indicare l’integrazione dei media, quanto per esprimere un’esigenza culturale da parte dei consumatori delle tecnologie, che spostano contenuti da una piattaforma ad un’altra per l’esigenza di raccontare, informare e divertire. Quando l’industria dei media ha intravisto possibilità di guadagno nella costruzione di relazioni durature con i propri consumatori, attraverso la condivisione e lo scambio di contenuti

11 C. Infante, giornalista ed esperto di teatro, nuovi media e tecnologie per l’apprendimento.12 Enciclopedia online, collaborativa e gratuita.

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generati dagli stessi utenti, li ha veicolati attraverso tutti i canali possibili (televisione, cinema, cellulari, tablet).

Figura 1: produttività nell’era del Web 2.0

E’ nata così una generazione multischermo che, grazie alla ridondanza dei messaggi, distribuiti su più dispositivi e in diversi formati, potenzia l’apprendimento di qualsiasi tipo di informazione, tra l’altro più facilmente reperibile. In ambito didattico, l’introduzione di nuove tecnologie rende ancor più delicato il ruolo di un insegnante, che dovrà diventare una sorta di mediatore dell’apprendimento e scegliere accuratamente lo strumento multimediale da utilizzare. Tuttavia, assistiamo spesso da parte degli insegnanti a una scarsa consapevolezza delle enormi potenzialità delle nuove tecnologie e dei modi in cui possono essere impiegate. Oggi i nativi digitali, che sono cresciuti con i nuovi media, hanno bisogno di nuovi stimoli, di

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partecipare attivamente alla costruzione delle lezioni, proprio perché hanno un approccio diverso al mondo della conoscenza rispetto a quello lineare, tipico delle forme di insegnamento scolastiche. Si è creato, quindi, un gap che va assolutamente colmato: ormai la rivoluzione tecnologica, in tutta la sua portata, dovrà necessariamente coinvolgere la scuola. Al contrario di ciò che molti paventano, l’uso combinato di risorse audio-visive e testuali potrebbe offrire il vantaggio di incrementare la rapidità di apprendimento, poiché coinvolge più canali sensoriali e molteplici strategie di memorizzazione. Certo, alcune abilità poco richieste da questi nuovi sistemi andranno man mano affievolendosi, ma altre, maggiormente utilizzate, andranno potenziandosi.Questo il vero nodo, quello che da sempre la storia del pensiero dell’uomo si trova a dover affrontare: quali benefici e quali perdite comportano i nuovi modi di trasmissione del sapere, che divengono ovviamente nuovo sapere?

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CAPITOLO 5

Non siamo nati per leggere, è stata una conquista

Il nostro cervello non è stato progettato per leggere, non esiste una patologia dell’area della lettura, perché semplicemente non esiste un’area cerebrale della lettura: per leggere, il cervello deve realizzare nuovi circuiti che colleghino regioni deputate ad altri scopi. E’ cosi che tutti i tipi di scrittura, dalle prime rappresentazioni simboliche alla corrispondenza suoni-simboli, sino ad arrivare agli alfabeti, hanno modificato nel tempo i circuiti utilizzati dal nostro cervello. I nuovi sistemi di scrittura apparivano più sofisticati e astratti e richiedevano maggiore ricchezza dei circuiti cerebrali utilizzati, mentre il pensiero compiva balzi in avanti. Quello che a molti pare una semplice operazione del nostro cervello ha richiesto secoli e si è conclusa nel passaggio epocale dalla cultura orale a quella scritta. Anche allora, come ora, il nuovo sistema di comunicazione destò non pochi dubbi ed interrogativi. Anche allora, come ora, il primo e più grande dubbio riguardava le capacità mnemoniche. Esse si sarebbero affievolite non dovendo tenere tutto a mente e i greci, quelli che più avevano coltivato queste abilità, le avrebbero perse e, assieme ad esse, molte delle loro capacità esplorative e conoscitive. La scrittura avrebbe favorito la memoria culturale, a discapito di quella individuale. Questo il pericolo che paventava Socrate, a me il più caro dei filosofi greci, e a questo egli reagì con il secco rifiuto di lasciare alcuna traccia scritta dei suoi dialoghi. Per fortuna li trascrisse per lui Platone, altrimenti il mondo sarebbe stato privato di tanta consapevolezza. Rispetto ai

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processi mnemonici che il codice scritto ha nei secoli risparmiato al cervello, ci assicura la Wolf nel suo Proust e il calamaro, storia e scienze del cervello che legge, “questa accresciuta efficienza nella scrittura e la memoria che essa ha liberato hanno contribuito a nuove forme di pensiero... ha liberato il singolo lettore non solo dalle limitazioni della memoria ma anche da quelle del tempo... l’incommensurabile dono del tempo elargito al cervello... (ha consentito di) allocare più tempo cognitivo e più spazio corticale a una più approfondita analisi del pensiero tradotto in segni”.Eppure alcuni timori di Socrate erano reali: la lingua viva, quella che si modifica nel corso del dialogo, quella che come l’acqua prende la forma del recipiente che la contiene, quella che avvolge, quella che secoli dopo Freud avrebbe ritrovato nel suo metodo del flusso di coscienza come via elettiva per il regno dell’inconscio, avrebbe perso questa plasticità proprio nel segno scritto. Ma il vecchio saggio ignorava che la parola scritta avrebbe trovato altre forme di ricerca e non certo meno profonde: ne è un esempio la pratica del diario, l’esplorazione potenzialmente infinita delle epoche di una vita, la sua redazione come cura di sé, come potente strumento di riappropriazione di sé. L’altra preoccupazione di Socrate, ancora una volta così vicina alla nostra, era che la parola scritta potesse essere confusa con la realtà, quasi sancisse nella sua immobilità il Vero, concetto un po’ riassunto nel famoso scripta manent. Che la realtà virtuale possa essere scambiata per quella reale è un problema ancora più sentito in questa nostra epoca. Questo rischio, assieme a quello di un apprendimento indiscriminato, su tutto, ovunque, senza una guida, dovrebbe spingerci ancora di più all’insegnamento sistematico e curricolare di tali mezzi, senza lasciare soli i nostri giovani a cavarsela con essi. C’è qualcosa che più di tutto ci àncora alla realtà: il nostro

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corpo. E’ nel corpo la prima intelligenza, sono nel corpo i primi orientamenti spazio-temporali, requisiti indispensabili alla letto-scrittura, è ad esso che bisogna tornare quando nuovi apprendimenti appaiono troppo ostici, quando la loro eccessiva astrattezza richiede di nuovo un aggancio alla matrice corporea. Sono nel corpo i nostri primi ricordi, scritti nei gesti, negli sguardi, negli odori di un periodo che non conosceva parola, sono nel corpo le nostre emozioni. Un motivo in più per utilizzare tutti insieme, in uno spazio comune, le TIC. Le scuole finlandesi ci fanno ancora da maestre: l’alternanza di lezioni con sistemi digitali a laboratori di ogni tipo (da quelli di ceramica a quelli di cucina, da quelli agricoli a quelli teatrali), purché prevedano l’uso del corpo, è sistematica nei loro curricoli scolastici. Sta a noi continuare a leggere ai nostri bambini le fiabe antiche e moderne, magari da un ebook, piuttosto che parcheggiarli da soli davanti ad un monitor. La nostra presenza resta quello che un piccolo ama di più, il contatto corporeo resta un bisogno primario per i cuccioli d’uomo. E poi c’è la fantasia, il sogno, la fiducia, sono questi che da sempre hanno permesso all’uomo di oltrepassare il muro, di disegnare macchine a vapore o volanti quando ancora si andava a dorso di mulo, di narrare di sommergibili e capitani Nemo e viaggi al centro della terra. Gli antesignani del volo furono i fratelli Wright o Icaro? Il primo uomo che andò sulla luna fu davvero Armstrong o fu invece Astolfo? O quali ancora prima di lui?Nulla può esistere senza che sia stato sognato almeno una volta.

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CAPITOLO 6

Tecnologie a supporto della didattica: LIM, tablet, ebook

In questo capitolo si farà una breve disamina di questi strumenti, su cui già tanto è stato scritto. Per un approfondimento si rimanda ai testi già in uso sul mercato.

6.1 | La lavagna interattiva multimediale

La LIM è un dispositivo informatico connesso a un computer e a un proiettore; ha la forma di un enorme schermo bianco, dotato di tecnologia touch sensitive (sensibile al tatto) grazie alla quale studenti e docenti, utilizzando speciali stilo, possono scrivere, disegnare ma, soprattutto, possono usufruire di contenuti digitali, presenti sul computer o scaricabili da internet.

Figura 2: lavagna interattiva, collegata a un computer e ad un proiettore

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La LIM sostituisce la classica lavagna di ardesia, cambiando profondamente il setting didattico.A differenza di un computer, offre la possibilità di manipolare il contenuto visualizzato, che diventa, così un oggetto interattivo. Attingendo all’archivio preinstallato nella LIM, una volta che le immagini vengono trascinate sullo schermo con la penna in dotazione, possono essere ruotate, ingrandite, rimpicciolite, clonate oppure utilizzate come contenuto di mappe concettuali. La lavagna interattiva integra tre modalità di accesso alle conoscenze: visiva, uditiva e tattile, cambiado il normale rapporto uomo-macchina attraverso il coinvolgimento corporeo di chi la utilizza. La LIM, inoltre, è dotata di una suite di programmi che ne esaltano tutte le potenzialità, in particolare la possibilità di utilizzare in maniera diversa tutti i software presenti sul computer (elaboratori di testo, software per disegnare, browser per la navigazione in internet, ecc.).

Figura 3: Studio interattivo del Sistema solare

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Nelle nuove aule multimediali, l’uso combinato di una LIM e di prodotti audiovisivi interattivi dà luogo, inoltre, ad un doppio livello di interattività. L’efficacia didattica della LIM non dipende dalla sua tecnologia, ma dalla flessibilità delle metodologie utilizzate dal docente e dalla capacità di utilizzare, reperire e organizzare le risorse digitali. La convergenza digitale di materiali e la possibilità di utilizzare periferiche diverse e software di simulazione consentono di contestualizzare in un unico ambiente contenuti che prima richiedevano strumentazioni specifiche e ambienti dedicati. Rispetto alla classica lezione cattedratica, si può aumentare il livello di attenzione degli studenti, aiutarli a focalizzare su ciò che è importante, evitando dispersioni, stimolarli nelle risposte, nelle osservazioni, nella partecipazione. Potremmo dire che con la LIM si passa da un approccio manualistico ad uno più laboratoriale. Tuttavia non è possibile pensare che uno strumento come questo possa risolvere tutti i fattori che entrano in gioco nel complesso processo di apprendimento (cognitivi, contenutistici, pedagogici, ecc.), errore che si verifica tutte le volte che viene adottata una nuova tecnologia. Insegnanti inesperti, ad esempio, potrebbere tendere a creare lezioni sempre più spettacolari a discapito del processo di interazione con la classe. Il rapporto con gli alunni, invece, è molto più importante del tempo dedicato alla costruzione di una lezione per la LIM. In queste nuove classi multimediali la bravura di un insegnate si misura con la capacità di spostare l’attenzione dalla lavagna all’aula e da questa alla riflessione personale, con il coinvolgimento dell’alunno sul piano cognitivo e non solo su quello percettivo ed emozionale.

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6.2 | Il Tablet

E’ una tavoletta interattiva, che spesso viene proposta come tecnologia complementare alla LIM. Consente agli studenti il controllo della lavagna direttamente dal proprio posto, aggiungendo annotazioni e/o evidenziando concetti. Ha una penna attiva per scrivere ed evidenziare; viene riconosciuta dal software in dotazione con la lavagna interattiva. Alcuni modelli possono riprodurre il suo contenuto tramite il monitor touch screen (schermo tattile).In classe, l’utilità dei tablet è di favorire attività collaborative e interattive, come avviene, ad esempio, in tutte le classi dell’Istituto Frejus di Bardonecchia, in provincia di Torino, che sta sperimentando il progetto Total tablet.

Figura 4: una classe dell’Istituto Frejus durante una lezione con uso integrato di LIM e Tablet

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In queste classi le lezioni si fanno solo con LIM e tablet ed esse vengono messe in rete tramite cloud computing13 (nuvola informatica), così da poter esser seguite anche da chi fisicamente non è in aula. Scompaiono i registri cartacei, ma per gli allievi il compito diventa più difficile. I genitori possono accedere con la password al registro elettronico, controllare i voti e persino verificare se il figlio è in classe. Invece l’insegnante, tramite speciali software, può controllare se l’allievo copia da un altro compagno o se usa la rete per altre attività. La vera innovazione sta nel fatto che l’insegnante crea delle lezioni che poi ciascun ragazzo può autonomamente integrare con altre immagini, suoni, cartine audio e, il giorno dopo, condividere in classe con tutti.In questo Istituto, che è anche uno ski college per sciatori agonistici, il progetto è nato sia per sopperire alle numerose assenze degli alunni partecipanti a gare agonistiche su sci, che rischierebbero di restare troppo indietro rispetto al programma scolastico, sia perché ormai i ragazzi sono più abituati ad usare lo schermo che la carta. Il progetto è stato voluto da un preside di ben 68 anni che crede nel grande contributo che l’innovazione tecnologica può apportare alla didattica. Sono stati appositamente scelti insegnanti di età inferire ai 35 anni, con competenze informatiche, istruiti poi all’uso combinato di LIM e Tablet. E’ risultato un vantaggio anche per i genitori, che risparmiano comprando solo il tablet su cui potranno scaricare i libri elettronici (ebook).

13 E’ un insieme di tecnologie che permette, sotto forma di un tipico servizio offerto da un provider al cliente, di memorizzare, archiviare e/o elaborare dati (tramite CPU o software) grazie all’utilizzo di risorse hardware/software distribuite e virtualizzate in rete, in una tipica architettura client-server.

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6.3 | L’Ebook

E’ un file (i cui formati più diffusi sono il pdf14 o l’epub15) che contiene un libro digitale cui si può accedere mediante computer e dispositivi mobili, come smartphone16, tablet, PC e dispositivi appositamente ideati per la lettura di testi lunghi in digitale, detti ebook reader (lettori di libri elettronici). Questi ultimi possono avere una memoria tale da portare con sé una vera e propria biblioteca.Tutti i contenuti di questa tipologia di libri sono aggiornabili on line dall’editore, con grandi risparmi sulla stampa della copertina. E’ stata Amazon ad aprire la strada a soluzioni di editoria digitale che hanno reinterpretato i ruoli di autore, lettore ed editore.

Figura 5: un ebook reader

14 Il Portable Document Form (formato dei documenti portatile/trasportabile) è un formato di file basato su un linguaggio di descrizione di pagina, sviluppato da Adobe Systems nel 1993 per rappresentare documenti in modo indipendente dall’hardware e dal software utilizzati per generarli o per visualizzarli.15 L’ electronic publication, (pubblicazione elettronica), è uno standard aperto, specifico per la pubblicazione di libri digitali (eBook). Si adatta a ogni schermo (e-reader, tablet, smartphone, computer) e consente di modificare il carattere del testo a piacimento.16 E’ un telefono cellulare basato su un sistema operativo per dispositivi mobili.

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La legge 133/2008 prevede che, a partire dall’anno scolastico 2008-2009, una parte dei libri di testo venga offerta in forma digitale, mentre dall’anno scolastico 2011-2012, “il collegio docenti adotta esclusivamente libri utilizzabili nelle versioni on line scaricabili da internet o mista”.Per essere usato a scuola, il l’ebook reader deve essere leggero, avere un’autonomia adeguata, consentire di sottolineare e prendere appunti, avere una memoria virtuale sufficiente a contenere tutti i libri di testo dell’anno scolastico. Ci sono due tipi di ebook: la versione elettronica del libro di lettura o di testo e il libro interattivo. Quest’ultimo consente di effettuare integrazioni al testo, utilizzando campi dedicati, di navigare fra le pagine, impiegare risorse multimediali (file audio e video, simulazioni in flash), effettuare esercizi di ricollocamento di immagini e/o etichette. E’ necessario aggiornare i software del lettore per comprare e scaricare on line le versioni aggiornate degli ebook. Se si usa un e-reader, è necessario avere anche un PC collegato alla rete. In termini di tempo questo può essere un problema, se pensiamo al digital devide, ovvero al fatto che ancora oggi scuole e case di molti comuni italiani non sono ancora raggiunti dalla banda larga.Bisogna considerare che gli ebook sono molto delicati, per cui una caduta accidentale potrebbe comportarne la rottura e la perdita di tutti i file caricati. Inoltre, solo una piccola parte di libri di testo sono stati caricati on line, e questo limita molto gli insegnanti nella scelta.

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CAPITOLO 7

La sperimentazione: Il video digitale interattivo

Se i dispositivi citati sin qui sono piuttosto conosciuti, pur se poco utilizzati nell’ottica di una didattica davvero inclusiva, vorrei ora invece approfondire la tematica dell’utilizzo di alcune tecniche integrate basate sugli audiovisivi, che hanno dato vita a sperimentazioni in ambito scolastico e formativo.Da diverso tempo è stato introdotto nella didattica l’uso dell’audiovisivo, perché è stato dimostrato che la qualità dei processi di apprendimento aumenta con l’utilizzo di materiale che per sua natura integra una pluralità di codici (visivo, iconico, orale, sonoro, ecc.), proprio come avviene nella vita quotidiana. In questi ultimi anni abbiamo assistito alla diffusione sul mercato di dispositivi sempre più accattivanti per la fruizione di materiale audiovisivo. Tuttavia non è cambiata l’organizzazione lineare dei suoi contenuti. Oggi l’evoluzione della rete internet e la diffusione della banda larga (terrestre, wireless17, satellitare), con la conseguente possibilità di fruire più velocemente di materiale video in modalità streaming18 o download progressivo19, ha sicuramente dato una

17 In informatica e nelle telecomunicazioni il termine wireless (dall’inglese “senza fili”) indica una comunicazione tra dispositivi elettronici che non fa uso di cavi.18 E’ il termine utilizzato per definire il trasferimento di file multimediali, tipicamente attraverso l’http, da un server ad un client e quest’ultimo può avviare la riproduzione prima che il download dell’intero file sia completato.19 Il termine identifica un flusso di dati audio/video trasmessi da una sorgente a una o più destinazioni tramite una rete telematica. Questi dati vengono riprodotti man mano che arrivano a destinazione.

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spinta alla sperimentazione di nuove strutture comunicative, dove il video occupa una posizione più centrale. Un esempio di questo nuovo tipo di prodotto audiovisivo che sfrutta la valenza del concetto ipermediale (ove testo, grafica, video e audio sono collegati in modo non lineare) ci viene dato da un’azienda italiana che ha prodotto l’hyperfilm, un video interattivo usato con successo in una sperimentazione che ha coinvolto diverse scuole del torinese. Costituito da un filmato di riferimento di breve durata, al quale viene collegato un set di contenuti digitali di diversa natura che permetteranno l’espansione o l’approfondimento degli argomenti trattati nel filmato stesso, Hyperfilm è cioè una struttura aperta ed implementabile, che consente l’utilizzo di codici espressivi diversi e in cui prevale l’elemento visivo-intuitivo. Il set di contenuti è proposto in modo graduale, attraverso collegamenti ipermediali, che compaiono sul video in momenti (o tempi) precisi della narrazione.

Figura 6: il concetto di Hyperfilm

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Gli sviluppatori del software sono riusciti a far perdere al video il ruolo di componente accessorio nei prodotti multimediali distribuiti su CD o in strutture tipiche del web (portali, siti, blog, mediateche, ecc.), per cui non viene considerato come elemento interattivo in sé, ma piuttosto proposto quale destinazione ultima di collegamenti ipertestuali.L’hyperfilm é stato pensato e sperimentato per gli ambienti di apprendimento, al fine di alleggerire il carico informativo di un video di eccessiva durata costruendone uno di durata breve cui sono linkate le informazioni non direttamente essenziali allo sviluppo della narrazione: un video agile e di impatto immediato, proprio grazie alla sua sintesi e concisione.L’esperienza Hyperfilm è stata sperimentata per la prima volta all’interno del progetto Crescere nella città di Torino 2000, in cui sono stati coinvolti circa cinquecento docenti e settanta enti - fra scuole e laboratori della città - dotati di connessione a banda larga, con il risultato di valorizzare le potenzialità didattiche di un modello comunicativo aperto, implementabile, cooperativo.In seguito è stato realizzato un progetto europeo, HYPER-FILM (Video Hyper-Media Production), che ha permesso un ulteriore approfondimento di questo prodotto multimediale, sia dal punto di vista pedagogico (con la realizzazione di video interattivi in diversi ambiti - promozionale, documentaristico e tecnologico) e la sperimentazione sul campo. Il progetto ha ottenuto un co-finanziamento dalla Commissione Europea nell’ambito del programma IST - Information Society Technologies, nella linea III.2.1. Sistemi d’autore e di design; è stato gestito dal CSP di Torino e ha avuto la durata di due anni (settembre 2000-agosto 2001). In questo contesto è stata accertata l’efficacia, la completezza comunicativa ed il valore aggiunto degli iper-video prodotti.Inoltre Hyperfilm è stato scelto come ambiente didattico

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nell’ambito del programma regionale D-schola, la comunità dei Centri di Servizio, Animazione e Sperimentazione del Piemonte, un progetto promosso da una convenzione tra Ministero della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca e Pubblica Amministrazione, nato per aiutare il processo di diffusione delle TIC nella scuola a tutti i livelli.

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CAPITOLO 8

Come viene realizzato un video interattivo

Figura 7: schema delle fasi di realizzazione di un hyper-film

8.1 | Processo di realizzazione di un Hyperfilm

Il processo che porta alla realizzazione di un hyperfilm si articola in tre fasi:1. creazione di un video principale: in questa fase vengono stabiliti rapporti d’aspetto e durata. Preferibilmente il video ha una durata non superiore ai quattro

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minuti e deve possedere dei keyframes (fotogrammi chiave)20 almeno ogni sei fotogrammi;2. popolamento del documento XML21, che associa i dati per i link iper-filmici al video. La struttura di un documento iper-filmico è ad albero ed è formata dal nodo radice hyperfilm e tre nodi subordinati di primo livello: info, media e hyperlinks;3. creazione dei contenuti dei link di approfondimento (pdf, slideshow, pagine web, ecc.).Lo strumento che consente la distribuzione attraverso il canale desiderato (Web, CD/DVD-ROM) è l’Hyperfilm Player.Qualora il video sia fruito dalla rete, è necessaria l’installazione del plug-in22 Adobe Shockwave.

Figura 8: fotogramma dello spot aziendale, sul sito www.hyperfil.eu

20 E’ un tipo di fotogramma che definisce lo stato iniziale, finale o intermedio, di un’animazione computerizzata, ed in generale nella creazione di filmati.21 L’eXtensible Markup Language (linguaggio marcatore estensibile) è basato su un meccanismo sintattico che consente di definire e controllare il significato degli elementi contenuti in un documento o in un testo.22 Programma non autonomo che interagisce con un altro programma per ampliarne le funzioni.

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Una buona progettazione può essere fatta con delle mappe concettuali, che costituiscono un valido supporto alla progettazione di tutti gli ipermedia, per decidere il percorso di indagine da effettuare e come collegare tutte le informazioni raccolte. Le mappe concettuali, teorizzate già alcuni anni fa da Joseph Novak, acquisiscono nell’ Hyperfilm un potenziale maggiore rispetto a qualsiasi altro ipertesto. L’introduzione della variabile tempo consente infatti di narrare e argomentare processi piuttosto che prodotti. In questi nuovi percorsi l’oralità prende a dialogare con la scrittura, assumendo nella didattica un ruolo molto diverso dagli audiovisivi in uso sinora. Non più sussidi per migliorare la comunicazione dei vari contenuti, quindi, ma essi stessi contenuto altro. Utilizzando il canale visivo, le nuove tecnologie intervengono su struttura e organizzazione logiche della comunicazione orale, creando uno spazio dialettico nella comunicazione scritta. L’hyperfilm è uno strumento grafico per rappresentare informazione e conoscenza. Due gli elementi principali: • i nodi concettuali, che sono i concetti primari e secondari. Essi sono rappresentati da un’etichetta che ne identifica il significato.• le relazioni associative, che sono le frecce che collegano i nodi concettuali. Anch’esse possono essere dotate di un’etichetta che spiega il collegamento tra i diversi concetti.

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Figura 9: esempio di una mappa concettuale per realizzare un hypervideo

8.2 | Tipi di link

I concetti di collegamento ipertestuale e ipermediale sono alla base del modello iper-filmico, opportunamente adattati ad un media dinamico come il video. Diversamente dal testo e dalla immagine statica, il video ha una dimensione ulteriore, il tempo, in funzione del quale vengono esposti in rapida successione i suoi elementi interni: i fotogrammi. In questo nuovo modello di comunicazione ci possono essere due tipi di link:• link sincronizzato semplice: contenuti di diversa natura (file, immagini, suoni, testo presentazioni, filmati ecc.) possono essere associati a un particolare momento della linea narrativa del filmato;

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Figura 10: struttura di un video interattivo

• fotogramma interattivo: vengono utilizzati porzioni di singoli fotogrammi del filmato (anch’essi legati ad un tempo preciso) come riferimento ad altre informazioni.

Figura 11: il fotogramma interattivo con i link associati

L’autore può creare da uno ad otto elementi grafici cliccabili, detti hot spot (aree geometriche parzialmente o totalmente opache), sovraimpressi sul fotogramma, a ciascuno dei quali è collegato il relativo approfondimento. In entrambi i casi, quando un contenuto specifico viene linkato ad un particolare tempo del video, si crea un nodo concettuale. Ogni nodo corrisponde ad uno degli argomenti trattati nel video. Il momento della comparsa di un link è sempre contestuale a una sequenza di immagini pertinenti o evocative del video e in accordo a quanto narrato dalla voce. Per costruire un messaggio

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di senso compiuto, ogni nodo deve essere sviluppato a sufficienza, in modo che tutte le informazioni essenziali vengano incluse. Il nodo è rappresentato graficamente da un pallino opaco, che diventa colorato quando, nella sequenza audiovisiva che lo contiene, il cursore della barra del tempo arriva nel punto ove è stato posizionato; contemporaneamente un rettangolo colorato (àncora iper-filmica) si sposta dal centro del video e va a depositarsi nella lista delle connessioni, che è un elenco di tutto ciò che è disponibile per sviluppare il tema affrontato nel video di riferimento.

Figura 12: struttura generale del collegamento iper-filmico

Il rettangolo contiene anche una miniatura del fotogramma corrispondente al tempo della comparsa del link e il titolo dell’approfondimento proposto.

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Figura 13: interfaccia grafica di un hyperfilm.

8.3 | Come funziona il Player

L’Hyperfilm Player consente di leggere un documento iper-filmico e gestire l’elemento video posizionato a sinistra e la lista delle connessioni a destra, distinti ma non indipendenti. Inizialmente la lista è vuota, ma viene popolata di elementi man mano che il video, scorrendo, raggiunge i nodi concettuali che sono stati individuati dall’autore, ovvero i contenuti del filmato principale che vengono ritenuti più interessanti. La distribuzione dei nodi non è casuale. È possibile omettere il meccanismo sincronico e generare l’intera lista dei link dopo la comparsa del primo, ma è proprio la progressiva manifestazione dei nodi concettuali a far comprendere ai fruitori quali e quanti sono gli elementi d’informazione enucleabili e fissare più agevolmente il tipo di relazione logica che c’è tra nodo ed informazione esterna aggiuntiva. La relazione stessa diventa esplicita ed evidente nel momento cruciale in cui

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il nodo concettuale si manifesta nella narrazione. Diversamente, il motivo per cui esistono linee narrative esterne al video deve essere desunto o ricavato con sforzi molto più onerosi sul piano logico.

8.4 | Hyperfilm in classe

Quando il docente inserisce un prodotto multimediale nella lezione deve anche decidere come usarlo, affinché sia un valido ausilio. Il prodotto deve a sua volta essere privo di barriere di utilizzo e senza obblighi metodologici nella gestione dei contenuti.La sua introduzione produce dei cambiamenti: dalla forma docente-allievo si passa a quella più complessa docente-prodotto multimediale-allievo, il che permette di vedere le cose da diversi punti di vista, compreso quello dell’allievo stesso. Il docente diventa, cioè, un mediatore dei media, in quanto avrà il compito di aiutare l’allievo nella corretta decodifica dei linguaggi e messaggi trasmessi.

8.5 | Punti di forza

Un hyperfilm contribuisce alla diversificazione dei linguaggi nel processo di apprendimento.E’ intuitivo e facile da comprendere, grazie alla sua struttura gerarchica semplice.L’uso combinato di un prodotto come Hyperfilm con la LIM produce ottimi risultati, perché stimola la capacità associativa degli studenti con un doppio livello di interattività. In aula il filmato è gestito dall’insegnante, che lo avvia o lo sospende, scegliendo anche quali contenuti aggiuntivi presentare, quali rivedere e in che ordine. La condivisione di questa esperienza tra

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docente e classe consente di modulare lo sviluppo delle lezioni successive e i futuri approfondimenti sulla base delle reazioni degli alunni, che presentano bisogni diversi e diversi canali preferenziali.Con Hyperfilm gli insegnanti creano lezioni uniche per spiegare un concetto: la navigazione tra i suoi approfondimenti fa emergere spunti di riflessione e suscita grande interesse tra gli allievi, che percepiscono positivamente la possibilità di interagire con la materia. La buona progettazione dei contenuti e le modalità interattive di utilizzo di questo prodotto di comunicazione multimediale danno un forte impulso alla realizzazione di esperienze di apprendimento partecipate. Ogni prodotto è unico e al tempo stesso modificabile ed aggiornabile, perché la struttura è aperta.Per realizzare un prodotto iper-filmico efficace ed efficiente bisogna evitare di rimanere imbrigliati nella molteplicità dei percorsi che si dischiudono, nella complessità dell’intreccio dei linguaggi, nella suggestione delle libere associazioni, nella ridondanza delle informazioni di rete.

8.6 | La costruzione cooperativa della conoscenza

Se il lavoro viene svolto tra classi a distanza, può essere molto utile costruire un archivio condiviso, utilizzare forum che possono attivare un processo di costruzione cooperativa della conoscenza ed essere linkati agli hot spot dei singoli fotogrammi.

8.7 | Punti critici nella costruzione di un video interattivo

Un buon hyperfilm deve avere un video principale estremamente conciso ed efficace e contenuti qualitativamente validi da

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associare. La difficoltà principale dell’autore consiste proprio nel dosare le due parti nel giusto modo, evitando quindi di creare video troppo lunghi o eccedere nella quantità di approfondimenti. D’altronde non è facile far incontrare in più linee narrative linguaggi differenti per codici espressivi, natura cognitiva e canali sensoriali, né creare un prodotto strutturato che le faccia diventare coerenti, senza alcuna dispersione del senso del discorso. Il numero dei nodi, così come il numero e la complessità dei materiali multimediali da associare ad ogni singolo link, vanno infatti stabiliti in base al destinatario e alle sue capacità cognitive.

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CAPITOLO 9

Alcuni esempi di hyperfilm realizzati in ambito didattico

Hyperfilm è stato sperimentato in ambito didattico ed utilizzato anche in altri settori, come la video-manualistica, la divulgazione scientifica, i video-notiziari, i documentari, i video-congressi, il turismo, gli spot pubblicitari, i film-trailers, la formazione a distanza.Il recente sviluppo in XML lo rende compatibile con altre tecnologie.Presentiamo, ora, alcuni esempi di hyperfilm, usati come ausilio didattico.

IL TEMPIO DI GERUSALEMME

Destinatari: alunni della scuola secondaria. Finalità: insegnamento della Religione Cattolica.Per questo hyperfilm è stata realizzata una sceneggiatura che ha previsto la presenza di una voce ritmica fuoricampo, che facilita la comprensione dei contenuti. Il linguaggio è semplice e adatto all’uditorio. La scelta della grafica tridimensionale è particolarmente indicata ai destinatari: spesso gli insegnanti hanno difficoltà a stimolare gli studenti e i materiali audiovisivi risultano sicuramente più interessanti, se calati nel mondo dei ragazzi. In questo caso, per il video principale e per quello secondario, gli autori hanno scelto qualcosa di molto simile ai videogiochi.

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Figura 14: Interfaccia grafica; un fotogramma di “Il tempio di Gerusalemme”

Nella maggior parte dei casi, gli approfondimenti sono costituiti da gallerie fotografiche. Con un giusto equilibrio tra reale e virtuale, ciò che si apprende in una forma quasi ludica viene poi contestualizzato in uno scenario autentico, realmente esistente.Quando il cursore avanza e tocca un puntino, questo da trasparente diventa colorato e, contemporaneamente, il sistema genera un’etichetta animata (titolo) dello stesso colore, che dal centro del video principale (posizionato a sinistra nell’interfaccia grafica) va a posizionarsi nella lista degli approfondimenti (a destra dello schermo).L’utente può interagire con gli elementi dell’interfaccia grafica:• se decide di trascinare il cursore del video nei punti che precedono i pallini, provoca la comparsa della connessione corrispondente; • se decide di guardare subito l’approfondimento, il click sul titolo ferma il video, lo riavvolge al tempo stabilito e provoca l’apertura del contenuto associato. Il simbolo della X (Figura 14) consente di

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chiuderlo: solo dopo la chiusura, possiamo ritornare indietro per continuare la visione del filmato o proseguire nell’esplorazione della lista. E’ consigliabile la visione totale del video e che le relative connessioni compaiano solo quando è necessario.In questo hyperfilm i primi tre nodi sono linkati a gallerie di foto e immagini, accompagnate da un testo, che è possibile decidere se ascoltare o meno: l’utente deve avere il controllo del contenuto informativo. La stessa informazione, proposta a due canali sensoriali diversi, ne rafforza la comprensione e il ricordo nel tempo.

Figura 15: uno degli approfondimenti proposti (galleria fotografica)

I pulsanti + e – posti in basso a sx (Figura 15) consentono un ulteriore livello di interattività: è possibile ingrandire (+) il contenuto proposto e spostarlo a proprio piacimento, per poi tornare ad una visualizzazione normale (-).Una volta aperti, tutti gli approfondimenti sono in primo piano, mentre il video resta opaco, sullo sfondo, per evitare che l’utente si distragga o si confonda (Figure 16 e 17).

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Figura 16 e 17: approfondimenti proposti per LIM (quiz interattivi)

Il quarto nodo è un video (Figura 18) e potrebbe essere considerato secondario, perché ad esso non è linkato altro contenuto, in perfetta coerenza con la tipologia di struttura gerarchica che si ripete, quindi, per tutte le unità di informazione.

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Figura 18: uno degli approfondimenti (filmato con grafica 3D)

Le istruzioni per la fruizione del video sono sempre le stesse e ben visibili. Il quinto e ultimo link (Figura 19) presenta un doppio livello di interattività, in quanto la funzione Impariamo giocando permette la fruizione dell’iper-video su LIM, con domande a risposta multipla che verificano l’apprendimento dell’allunno/alunni in ben dieci esercizi, corredati da immagini statiche. Una delle possibili risposte deve essere trascinata negli spazi che completano la frase o, dove previsto, sulle immagini stesse. Solo la risposta esatta sarà seguita da applausi (feedback per l’utente).Una volta finite le esercitazioni (chiusura con pulsante X), si può tornare alla visione del video. Se il video è finito, ci sono due scelte possibili per ripetere tutto il percorso: • riavvolgere l’intera sequenza, con il pulsante freccia vs sinistra;

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• navigare tra le connessioni iper-filmiche, con il pulsante freccia vs il basso.Quando l’utente vede i pallini colorati (Figura 19), sa che quell’oggetto è un link e sa dove lo porta.

Figura 19: a sinistra etichetta di testo sul video, a destra rettangolo corrispondente nella lista

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Ovviamente vi sono delle differenze tra gli hyperfilm prodotti per gli alunni delle scuole secondarie e quelli per le scuole primarie: cambia il numero di nodi concettuali, che è minore nel secondo caso, in quanto, pur considerando che la gestione dei nodi concettuali venga lasciata agli insegnanti, diventerebbe difficile anche per loro mantenere costante il livello di attenzione degli studenti più piccoli. Vediamo ora un esempio di iper-video destinato a questi ultimi.

IL GIROTONDO DEL TEMPO Destinatari: alunni della scuola primariaCome possiamo notare (Figura 20), in questo caso i nodi concettuali sono solo tre e, anche negli approfondimenti, è stato privilegiato il linguaggio audiovisivo, per permettere ai piccoli fruitori una più facile comprensione di quanto esposto.

Figura 20: un fotogramma dell’hyperfilm “Il girotondo del tempo”.

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Sia per il filmato principale che per quelli secondari sono state realizzate delle animazioni 2D, accompagnate da una voce fuori campo.Aumentano le attività della LIM, che passano a due nel terzo nodo:Nelle attività ci sono alcuni strumenti tipici della LIM: il pennello, la matita, l’evidenziatore, la gomma e le loro varianti di colore.Come nel video interattivo analizzato prima, l’ultimo nodo è un esercizio di verifica, pertanto:• trascinando una risposta sull’immagine corrispondente, il meccanismo creato dagli autori consente di avere un feedback uditivo, grazie a suoni che sottolineano l’errore e applausi per la risposta esatta; • in questo nodo vengono riproposti gli strumenti della LIM per le esercitazioni.Anche in questo iper-video è presente una musica di sottofondo.

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CAPITOLO 10

Le TIC nel percorso scuola/formazione

In Svizzera, altro paese la cui scuola è considerata di qualità, sono state adottate le potenzialità del video arricchito di link ipertestuali, per realizzare il progetto Scuolavisione. L’ambito è quello della formazione professionale, in un paese in cui il 65% degli allievi della scuola secondaria sono indotti ad alternare giornate di scuola con altre in azienda. I settori sono variegati e non cambia la formula, che è quella dell’apprendistato. Per questi allievi sono stati realizzati degli ipervideo che mostrano situazioni professionali concrete, con l’obiettivo di contribuire a diminuire il gap fra luoghi di apprendimento e mondo del lavoro. Sia Hyperfim che Scuolavisione sono stati pensati come supporto per lo svolgimento di una o più lezioni frontali e prevedono delle sessioni di studio a distanza. Quello svizzero è un progetto legato alla formazione professionale e riservato a docenti attivi in tale ambito e, mentre Hyperfilm è un’idea sviluppata da un’azienda privata, in questo progetto sono invece coinvolti la Divisione della Formazione Professionale, l’Istituto Universitario Federale per la Formazione Professionale e la Radiotelevisione Svizzera. Scuolavisione è stato realizzato con il sostegno della Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRI) e presentato ufficialmente il 25 febbraio 2011. Inoltre è stato creato un portale, www.scuolavisione.eu, per aiutare i docenti nella realizzazione di video interattivi da condividere sul portale stesso.Considerando quanto sia difficile reperire materiale audiovisivo

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perfettamente calzante alle esigenze degli insegnanti, Scuolavisione nasce per dare loro una breve ma continua formazione nella realizzazione di video interattivi, ovvero di video personalizzabili a seconda delle finalità didattiche, con l’arricchimento di materiale di qualunque tipologia. Il docente può produrre autonomamente un filmato riprendendo situazioni vere o simulate, chiedere ai propri allievi di registrare sequenze con l’utilizzo di telecamere, utilizzare materiali già esistenti sul portale o usufruire del collegamento diretto con le teche della Radiotelevisione svizzera, un patrimonio culturale vastissimo (100.000 ore di produzione, che si incrementano notevolmente ogni anno) che rappresenta una testimonianza autentica della società attuale e della sua recente evoluzione. A volte si ricorre anche a riprese professionali realizzate dallo IUFFP (Istituto Universitario Federale per la Formazione Professionale) per ricostruire una situazione particolare. Grazie allo sviluppo di un software di facile utilizzo, che guida il docente passo dopo passo nella realizzazione di un iper-video, non sono necessarie particolari competenze informatiche. Il docente può lavorare anche da casa, offline, e poi pubblicare sul portale Scuolavisione l’elaborato, che sarà quindi pronto per essere utilizzato con gli allievi secondo la classica lezione frontale, oppure essere visionato dagli studenti in autonomia, interagendo col filmato e seguendo i propri ritmi di approfondimento. I ragazzi, inoltre, possono prendere appunti sull’interfaccia del video, salvarli in pdf e condividerli, interagendo tra di loro e con il docente: per tutto il tempo che, con il video on line, il docente crea una sessione di studio a distanza, gli allievi possono commentare il video direttamente sul portale, possono taggarlo, ovvero aggiungere dei punti attivi nella forma di post, come avviene nei blog. A differenza di questi ultimi, il post è collegato ad un elemento visivo ed esplicito all’interno del video; i ragazzi possono scrivere degli appunti, salvarli con le

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immagini cui si riferiscono e condividerli.Essi vengono inoltre coinvolti direttamente nella produzione di immagini, utilizzando microcamere. Tutto ciò rende più facile creare un dibattito durante la visualizzazione collettiva del filmato in classe.Il progetto Scuolavisione, la cui banca dati M-museo ha postazioni distribuite su tutto il territorio della Svizzera Italiana nella scuole e nella biblioteche, è riuscito a far entrare a scuola il mondo del lavoro, con immagini autentiche o simulazioni di situazioni realmente vissute dagli apprendisti, riscontrando pareri molto positivi da parte degli insegnanti che vi hanno aderito. Esso, però, resta ristretto all’area geografica del Ticino e alla formazione professionale. Il livello di condivisione tra docenti e tra questi e gli allievi è sicuramente molto alto, ma resta un’esperienza racchiusa nel contesto in cui nasce, attraverso un portale cui solo loro hanno accesso. Sarebbe interessante, invece, vedere cosa accadrebbe se gli apprendisti taggassero i loro video sul web o si aggiungessero le potenzialità dei social network e dei forum di settore alla piattaforma esistente. Il materiale prodotto verrebbe così commentato anche da altri professionisti che, seppure non direttamente coinvolti nei progetti di apprendistato, potrebbero comunque apportare il loro contributo, testimoniando la loro esperienza sul campo.

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CONCLUSIONI

La classe inclusiva, quella con un personal computer per ognuno, che utilizza le TIC per fare lezione, è dunque un regalo fatto ai DSA o ricevuto dai DSA?I DSA per primi hanno indotto la scuola italiana ad adoperare le tecnologie digitali, spesso però la possibilità dell’utilizzo dei cosiddetti strumenti compensativi viene interpretata dai ragazzi con un disturbo specifico di apprendimento come discriminante e dai compagni quale ingiusta facilitazione, mentre gli stessi insegnanti finiscono per valutare diversamente i risultati ottenuti dagli allievi che li utilizzano.Innumerevoli le occasioni in cui i ragazzi, per timore di essere sottoposti a ludibrio, rifiutano l’ausilio degli strumenti compensativi, innumerevoli le volte in cui gli insegnanti lamentano la difficoltà di dover utilizzare metodologie didattiche diverse in tempi ristretti e in aule sempre più affollate di bisogni diversi. A nulla vale il suggerimento di adottare questi sistemi per tutti, a nulla vale sostenere che una scuola inclusiva non è quella che utilizza determinate metodologie per particolari gruppi di allievi, bensì quella capace di offrire una didattica davvero individualizzata. Una scuola, dunque, che non pone barriere all’apprendimento e alla partecipazione, una scuola per tutti. Se solo utilizzate in modo mirato, se solo utilizzate massivamente e non sporadicamente e da pochi docenti, le TIC potranno offrire questa possibilità di individualizzazione dei percorsi e di riconoscimento delle differenze individuali. La loro introduzione non può essere, però, interpretata semplicemente come l’utilizzo di tecniche innovative, piuttosto deve cogliere le

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stesse come possibilità di innovazione sul piano metodologico-didattico, quale profonda evoluzione del fare scuola, dei processi di insegnamento/apprendimento, delle modalità di gestione dell’aula. Va da sé che un utilizzo forzato delle TIC non favorirebbe la creazione di setting di apprendimento innovativi, inoltre questi strumenti non possono essere considerati come risolutori di tutte le problematiche che interessano il complesso processo dell’apprendimento.La tecnologia è un valore aggiunto solo se è di aiuto alla didattica stessa, mentre l’insegnante diventa anche un mediatore dei media. Se un qualsiasi prodotto multimediale interferisse con il suo ruolo in aula, risulterebbe più difficile armonizzare i contenuti proposti al suo interno con gli obbiettivi didattici da raggiungere.Per questo motivo la fase della decisione dello strumento multimediale da utilizzare e se utilizzarlo è molto delicata e precede quella del come adoperarlo in modo efficace. Soprattutto, per poter far ciò il docente deve essere messo nella condizione di conoscere le svariate TIC nelle reali possibilità che esse offrono.Concedetemi di concludere con una considerazione personale riguardo alla memoria e a come esercitarla. Nel tempo mi sono convinta che tutti coloro che ritengono che essa non sia un dono, ma vada solo esercitata, sono quelli che meno necessitano di esercitarla, avendola già in dono. A molti di loro basta ripetere il testo un paio di volte ad alta voce, neppure sanno cosa voglia dire sforzarsi per ore, per giorni, per mesi, per anni e si permettono di pensare che gli altri non si esercitino abbastanza. Magari gli altri si impegnano ad escogitare strategie, sistemi, stratagemmi per tenere a mente nozioni che, invece, scorrono come fotogrammi nella pellicola del loro cervello, pregne di odori, suoni, colori, sensazioni e che ferme non vogliono stare. Io sono dys, il mio pensiero è reticolare, mi oriento diversamente dagli altri nel

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mondo delle parole. Quando in uno dei miei percorsi universitari dovetti sostenere l’esame di storia della filosofia antica, materia che dai tempi del mio liceo ho imparato ad amare più di tutte, riassunsi in tre quaderni i tre tomi di Giovanni Reale, all’incirca di 600 pagine l’uno (già, per memorizzare io devo scrivere!), imparando a mie spese che solo su carta io posso fermare quei fotogrammi. Un’infinità di nomi, di filosofi, di città, di scuole, un’infinità di date, quanto di più ostico vi sia per me. Ne feci infine un unico schema, una sorta di albero genealogico costituito solo da nomi, date, città, alla cui vista interiorizzata io ricordavo tutto. Presi 30, lode e la stretta di mano del professore. Mi dicano quanti ritengono basti esercitare la memoria: come esercizio poteva bastare? Dopo un mese non ricordavo più nulla di quei particolari, solo l’amore per il contenuto profondo di quegli studi è rimasto, ma in vero quello c’era già prima.Per fortuna, durante le prove dei loro percorsi scolastici ed universitari, ai dys di oggi è concesso l’utilizzo delle mappe concettuali, a quelli che hanno altri tipi di differenze nell’apprendimento è consentito l’uso del PC. Ancora una volta i bisogni speciali, le diversità, divengono una risorsa, lo sforzo compiuto per il singolo diviene ricchezza per la comunità. La diffusione degli strumenti compensativi, l’utilizzo delle TIC concesso a tutti nella scuola risulterà, probabilmente, la strategia vincente contro il nostro analfabetismo digitale. Restano aperte le riflessioni sul nostro cervello, un organo che più studiamo, più si nutre delle indagini che noi facciamo su di esso e dei sistemi di comunicazione che esso stesso elabora. Un organo che, incredibile sistema autopoietico, ridefinisce continuamente la propria natura in una rete di connessioni che sempre creano, trasformano, distruggono, rigenerando continuamente il sistema. E’ così che anche quando saremo digitali scolarizzati, c’è qualcosa che al di sopra di ogni cosa dovremo tenere bene a mente:

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noi siamo innanzitutto esseri umani, la nostra umanità dovrà sempre guidarci. Con le nuove tecnologie le nostre possibilità aumenteranno in modo esponenziale, nel bene e nel male, e mai come in questa epoca sarà importante il nostro essere etici, orientati al bene comune. C’è ancora una cosa, sempre valida, che vorrei sottolineare: la molla dell’universo, del nostro universo, è il piacere. Per poterlo ottenere i fusti degli alberi lungo i corsi d’acqua si flettono verso di essi, o ancora, nei boschi ruotano verso la luce, se ne ricevono poca. Gli animali corrono verso un odore che li attira, rifuggono da quello sgradevole o che li spaventa. Per paura, se si può, si scappa, mentre per amore si resta sempre: per questo lo studio deve essere amato e dobbiamo attrarre verso di esso i nostri studenti, mostrando loro il piacere di imparare, senza spaventarli con la paura delle conseguenze. Al massimo, remare contro corrente ci consente di restar fermi, sfruttare la corrente ci permetterà, invece, di veleggiare veloci. Il nostro sorriso, il nostro ben vivere, saranno sempre la comunicazione più efficace per dire sì, una vita di studio è una vita ben spesa. Ci saranno tra i nostri bambini quelli meno adatti all’utilizzo delle tecnologie e noi dovremo mostrare di aver imparato che ogni sistema di circuiti cerebrali attivati ha in sé doni e difetti, che la diversità è ricchezza: lo dobbiamo ai tanti dys, ai tanti Leonardo, Edison, Einstein, che abbiamo martoriato, mentre contribuivano al raggiungimento di conoscenze più alte per tutti.La scuola non deve essere una gara ad ostacoli, ma un viaggio entusiasmante.

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BIBLIOGRAFIA

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www.youtube.com/watch?v=r0jKoUZ1YEk#t=16

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Per la loro preziosa collaborazione ringrazio Mariangela Schettino e le mie amiche, tutte ovviamente, ma in particolare Rossella Grenci, Marcella Santoro, Antonella Spota e Franca Crocetto, che ho costretto a leggere in tempo record. Ringrazio ancora Alessandro D’angelo e infine mia madre, la prima dei miei lettori, qualsiasi cosa io scriva.

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FRANCESCA ANTONELLA AMODIO, psicologa, psicoterapeuta, pedagogista, formatrice nazionale DSA, docente presso la facoltà di logopedia, attivata al S. Carlo di Potenza dall’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, e presso il Liceo scientifico G. Galilei della sua città. Da sempre si spende nell’area del disagio infantile e giovanile, compreso quello scolastico. Ha contribuito alla stesura di vari testi riguardanti i disturbi specifici di apprendimento e nel 2005 ha pubblicato su questo argomento il romanzo autobiografico ‘il laribinto, il mio viaggio nella dislessia’. Nel 2013 affronta la difficile tematica delle condotte di dipendenza, in particolare quelle affettive, nel romanzo psicologico ‘lo zoo al piano di sopra, quando al piano di sotto l’amore fa male’.

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