a cura di Rosalba Negri e Massimo Pirovano · Orari di apertura: martedì, mercoledì, venerdì:...

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In copertina: Corte Castello - Cucciago, 1903 Foto di Giovanni Fossati Le foto degli oggetti esposti sono di Sandro Maggioni e Massimo Pirovano Museo Etnografico dell'Alta Brianza Loc. Camporeso Galbiate (Lecco) 4 ottobre 2009 • 8 marzo 2010 La donna delle classi popolari nella tradizione della Brianza La mostra è frutto di un lavoro collettivo Ideazione: Massimo Pirovano Ricerche e testi: Rosalba Negri e Massimo Pirovano Revisione testi: Maria Giovanna Ravasi Allestimento: Rosalba Negri, Massimo Pirovano Filmati: Giosuè Bolis e Massimo Pirovano Progetto grafico: Daniela Fioroni Collaboratori tecnici: Romano Brambilla, Elena Pirovano, Lella Ravasi, Romeo Riva, Annalisa Sala MUSEO ETNOGRAFICO DELL'ALTA BRIANZA Località Camporeso - 23851 Galbiate (LC) Orari di apertura: martedì, mercoledì, venerdì: 9.00-12.30 sabato e domenica: 9.00-12.30 e 14.00-18.00 Il Museo è chiuso a Natale, Capodanno e Pasqua; è aperto a Santo Stefano e al Lunedì dell'Angelo Per informazioni: 0341/542266 0341/240193 http://meab.parcobarro.it/ L'allestimento si avvale, oltre che delle collezioni del MEAB, dei prestiti di Eugenia Bonacina, Maria Antonia Bonfanti, Giancarla Brambilla, Flavia Buzzi, Luigia Brusadelli, Angela Cappelletti, Elena Colombo, Gaetano Corti, Claudia Crippa, Elisa Crippa, Claudia Dell'Oro, Rina Ghezzi, Giuseppina Longoni, Luigia Maggioni, Sandro Maggioni, Anna Maria Mauri, Bina Mauri, Rosa Mauri, Barbara Molteni, Cristina Melazzi, Luigia Negri, Maria Teresa Negri, Rosalba Negri, Luciana Pagnin, Giorgio Pennati, Gianmario Perego, Natale Perego, Giuseppina Piazza, Rosetta Piazza, Elena Pirovano, Romeo Riva, Piera Sacchi, Annalisa Sala, Marinella Sala, Tarcisio Vergani, oltre che del Centro Italiano Femminile di Galbiate Fonti fotografiche di particolare rilievo: Archivio AIS Paul Scheuermeier, Università di Berna Archivio di Lele Piazza Cucciago: fotogrammi di storia, a cura di Rosanna Moscatelli, Cucciago1992 Echi di un tempo che fu, a cura degli "Amici di Galbiate", Oggiono - Lecco 1984 a cura di Rosalba Negri e Massimo Pirovano a cura di Rosalba Negri e Massimo Pirovano

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In copertina: Corte Castello - Cucciago, 1903Foto di Giovanni Fossati

Le foto degli oggetti esposti sono di Sandro Maggioni eMassimo Pirovano

Museo Etnograficodell'Alta BrianzaLoc. Camporeso Galbiate (Lecco)4 ottobre 2009 • 8 marzo 2010

La donna delle classi popolarinella tradizione della Brianza

La mostra è frutto di un lavoro collettivoIdeazione: Massimo PirovanoRicerche e testi: Rosalba Negri e Massimo PirovanoRevisione testi: Maria Giovanna RavasiAllestimento: Rosalba Negri, Massimo PirovanoFilmati: Giosuè Bolis e Massimo PirovanoProgetto grafico: Daniela FioroniCollaboratori tecnici:Romano Brambilla, Elena Pirovano, Lella Ravasi,Romeo Riva, Annalisa Sala

MUSEO ETNOGRAFICO DELL'ALTA BRIANZALocalità Camporeso - 23851 Galbiate (LC)Orari di apertura:martedì, mercoledì, venerdì: 9.00-12.30sabato e domenica: 9.00-12.30 e 14.00-18.00Il Museo è chiuso a Natale, Capodanno e Pasqua;è aperto a Santo Stefano e al Lunedì dell'AngeloPer informazioni: 0341/542266 0341/240193http://meab.parcobarro.it/

L'allestimento si avvale, oltre che delle collezionidel MEAB, dei prestiti di Eugenia Bonacina, MariaAntonia Bonfanti, Giancarla Brambilla, Flavia Buzzi,Luigia Brusadelli, Angela Cappelletti, Elena Colombo,Gaetano Corti, Claudia Crippa, Elisa Crippa, ClaudiaDell'Oro, Rina Ghezzi, Giuseppina Longoni, LuigiaMaggioni, Sandro Maggioni, Anna Maria Mauri, BinaMauri, Rosa Mauri, Barbara Molteni, Cristina Melazzi,Luigia Negri, Maria Teresa Negri, Rosalba Negri,Luciana Pagnin, Giorgio Pennati, Gianmario Perego,Natale Perego, Giuseppina Piazza, Rosetta Piazza,Elena Pirovano, Romeo Riva, Piera Sacchi, AnnalisaSala, Marinella Sala, Tarcisio Vergani, oltre che delCentro Italiano Femminile di Galbiate

Fonti fotografiche di particolare rilievo:Archivio AIS Paul Scheuermeier, Università di BernaArchivio di Lele PiazzaCucciago: fotogrammi di storia, a cura di RosannaMoscatelli, Cucciago1992Echi di un tempo che fu, a cura degli "Amici diGalbiate", Oggiono - Lecco 1984

a cura di Rosalba Negrie Massimo Pirovanoa cura di Rosalba Negrie Massimo Pirovano

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Cucciago, 1935

Il Museo Etnografico dell'Alta Brianza è fatto diambienti suggestivi ma anche di oggetti,di voci e suoni, di fotografie e di filmati.Tramite un allestimento innovativo fa parlare personee ci parla di persone: i loro gesti e i loro raccontiillustrano la vita quotidiana dall'Ottocento ad oggiin Brianza e nel Lecchese, sollecitando nel visitatoreun confronto e una riflessione sulle culture e lerelazioni sociali del passato e del presente.Il MEAB si caratterizza inoltre come museo disocietà sia perché la società, di ieri e di oggi, è ilsuo oggetto di documentazione e di studio siaperché una parte significativa di società lo fa viveree lo anima. É infatti grazie alla passione e all'impegnodei volontari, che si affiancano agli studiosi e agliamministratori nel tutelare e nel valorizzare unpatrimonio culturale prezioso come quello a cui sidedica la ricerca demoetnoantropologica, che ilmuseo può perseguire gli obiettivi specifici dellasua missione.La mostra sui Saperi femminili, curata da RosalbaNegri e Massimo Pirovano, utilizzando materialidonati o prestati per l'occasione al museo, proponeuna scelta di oggetti, di strumenti di lavoro, dimanufatti, di fotografie e di riprese filmate, chefanno conoscere i vari aspetti delle culture femminilidella tradizione.In particolare essa focalizza l'attenzione sulle attivitàdomestiche e sui compiti connessi con le diversenecessità familiari e sociali, che fino a pochi decennifa spettavano solo alle donne.

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La distinzione delle atti-vità tra uomini e donnecompare molto prestonella storia.Nei siti meglio conservatidi abitazioni del Paleo-litico superiore (da circa35.000 a 8.000 anni fa)i focolari di destra e disinistra di ogni abitazioneerano circondati da oggetti differenti: vicino all'unostatuette femminili, punteruoli per cucire, raschiatoiper lavorare le pelli; vicino all'altro statuette di uccelli,zagaglie, coltelli, grossi punteruoli. Anche in societàetnologiche molto lontane tra loro, caratterizzate daeconomie primitive, come i boscimani e gli eschimesi,l'organizzazione spaziale e la divisione sociale predo-minanti dipendevano dalle funzioni tecnoeconomichedella coppia (A. Leroi-Gourhan).

Per i Greci lo spaziodomestico, chiuso,provvisto di un tetto(protetto), era desti-nato e pensato comespazio femminile, alcontrario di quelloesterno, all'aria aper-ta, che aveva con-notazione maschile.In casa la donna eraal suo posto e, inlinea di principio,

non doveva uscirne. L'uomo rappresentava, invece,nell'ambiente domestico, l'elemento centrifugo: spet-tava a lui lasciare il recinto rassicurante del focolareper affrontare le fatiche, i pericoli, gli imprevisti incaso di lavoro, di guerra, di affari e di relazioni,nell'amicizia o nella vita pubblica, sui campi, nella

Civello, 1932Foto di Paul Scheuermeier

Vaprio d’Adda, 1927Foto di Paul Scheuermeier

Spazi di vitae funzionisociali

piazza, in mare o incammino (J-P. Ver-nant).Questa bipartizionespaziale si ritrovaanche nelle societàagropastorali medi-terranee fino all'etàcontemporanea.Qui la donna lavorae presiede alla vitadi relazione neglispazi domestici in-terni (la cucina, la stanza da letto), mentre l'uomosovrintende alle attività che si compiono fuori dalvillaggio, in campagna o nel bosco. Anche l'aia, doveavviene l'allevamento degli animali di piccola taglia,e l'orto, seppur posti all'aperto, sono pensati comespazi recintati e chiusi che richiedono il lavoro delladonna. La stalla, invece, cui si dedicano i maschi, puòessere considerata uno spazio accessorio agli ambientiaperti dove di norma si svolge l'allevamento (B. Fiore).Tutti questi 'luoghi femminili' creano una serie dilegami tra la donna e alcuni compiti.Stare in casa, infatti, significa occuparsi della curadella prole, della preparazione degli alimenti, dellacustodia del focolare, della cura del corpo dei familiari,sovrintendendo alla pulizia degli ambienti, al riscal-damento, all'igiene degli indumenti, alla preparazionedegli abiti, filando e cucendo.Ciò spiega come maile donne utilizzava-no in maniera quasiesclusiva oggetti estrumenti come mol-le e palette da fuo-co, pentole e terra-glie da cucina, baci-nelle e tinozze, cesteper i panni, rocchee fusi, filatoi e aspi,aghi e tessuti.

Corte Castello - Cucciago, 1902Foto di Giovanni Fossati

Civello, 1932. Foto di Paul Scheuermeier

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Nutrire,conservare,cucinare

La donna è nutrice pernatura poiché in tutte lesocietà tradizionali sipratica l'allattamento alseno, anche per più di unanno, sia dei figli pro-creati sia dei bambinipresi a balia. Solo in que-sto modo le donne pote-vano mantenere in vita iloro piccoli, ma talora anche procurare un reddito perla famiglia. Nella nostra zona Sant’Agata e San Mamete,oltre alla Madonna del Latte, erano invocati per laprotezione del seno e per favorire l'allattamento.Le bambine in ambiente rurale, partecipavano allaraccolta dei frutti del campo, dell'orto e talora anchedel bosco, e soprattutto le ragazze collaboravano altrasporto dell'acqua e dei prodotti della campagnaverso casa.Le donne, in genere, aiutavano a rivoltare il fieno, perl'essicazione del foraggio necessario alle bestie. Sioccupavano delle galline e dei conigli oltre che dell'al-levamento dei bachi da seta. Alcune poi erano addettealla castrazione dei polli (capunà).

Dal secondo '800 lamanodopera femmi-nile è stata semprepiù richiesta nellefabbriche del settoretessile, e, specialmen-te nel '900 lo è stataanche nelle aziendedella produzione ali-mentare. Alle donneera pagato un salarioinferiore, rispetto a

quello degli uomini, nonostante dimostrassero una mag-gior abilità nelle lavorazioni in cui erano necessari riflessi

Galbiate, primo ‘900

Ditta Vismara - Casatenovo, primi anni ‘60

pronti e agilità delle mani.Da sempre, comunque, ledonne si sono occupate diprocurare alimenti e poidi trattarli e conservarlifino a cucinarli. Si pensialla preparazione del paneda cuocere nel forno dellacascina, laddove nonesistevano o erano troppolontani i panettieri. Nellefamiglie contadine toccavaper lo più alle donne sgra-nare il mais, essiccare ilegumi, preparare i for-maggi freschi.Erano le donne ad acqui-stare nel negozio del pae-

se riso, pasta, formaggi stagionati, zucchero, olio,sale, caffè e - in molte famiglie, per un uso scarso enon consueto - la carne dal macellaio. Una volta allasettimana le provviste potevano essere fatte al mercatoo dai pescivendoli ambulanti (anche donne), chegiravano di casa in casa vendendo il pesce d'acquadolce, fresco o essiccato.Da una generazione all'altra le donne si trasmettevanole tecniche per preparare gli alimenti e per cucinarei piatti ricorrenti, fissati in ricette spesso conservatea memoria: la preparazione del lardo, condimentoprincipe della cucina tradizionale, o del burro fatto incasa, e poi la cottura della polenta e delle sue varianti(come la puult) e delle minestre con le verdure dell'orto,più spesso associate al riso. Verdure e carne, general-mente di poco prezzo, erano cucinate in umido, dopo

essere state rosolate nel condimento perpreparare gli spezzatini con cipolle, pata-

te e salsa di pomodoro.

Biglio - Valgreghentino, 1998Foto di Lele Piazza

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Nelle famiglie popolari il pasto era costitui-to da un solo piatto. La parte più consistentedi ciò che si era cucinato toccava al capo-famiglia e agli uomini impegnati neilavori più pesanti.Le donne, i bambini e i vecchi si di-videvano il resto del pasto.Solo a Natale, a Pasqua ed inoccasione dei matrimoni siconsumavano diverse portate,codificate in menu ricorrenti.Le conoscenze gastronomiche delledonne di casa erano talora arric-chite dall'esperienza fatta nellecase di famiglie benestanti comeserve o cuoche.

Lì si usavano i ricet-tari, lì si incontra-vano i professionistidella cucina, lì sigustavano pietanzemolto più varie, lì simangiava di più.

Cucciago, 1904. Foto di Giovanni Fossati

Tutte le donne dellegenerazioni passateapprendevano, affi-navano ed eserci-tavano le abilità e letecniche per la fat-tura, la confezione ela decorazione dellabiancheria, personalee della casa, e degliabiti. Filare, cucire,rammendare, rattop-pare, ricamare, lavorare a maglia, realizzare pizzi arete, all'uncinetto, al tombolo erano, nella famiglia,operazioni di competenza femminile.Femminile era anche la manodopera delle filande edelle tessiture, che hanno reso possibile la moderniz-zazione della Brianza. L'uso della rocca e del fuso haun significato particolarmente importante per definirele funzioni ed il ruolo della donna nelle società tra-dizionali.Con la rocca e il fuso, infatti, la donna opera una tra-sformazione su un materia-le naturale animale (lana)o vegetale (lino, canapa)- e realizza il filo necessarioa vestire la nudità. La na-tura viene 'addomesticata'secondo le necessità socia-li, come avviene anche neiprocessi culinari, dove ildeperibile - pericoloso di-venta conservato e il crudodiviene cotto.La donna è dunque l'agentedella trasformazione dallanatura alla cultura (M. Turci/M. Segalen).

Vestire,tessere legami,procreare

Galbiate, primo ‘900

Sirone, 1925

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I momenti in cui le donneproducevano e utilizza-vano filati erano moltoimportanti per il grupposociale: di sera e d'in-verno, specie nelle stalle,si filava e si cuciva per lapreparazione della dote(la schìrpa), necessaria almatrimonio, cui dovevaseguire la riproduzione.Le veglie in stalla rappre-sentavano l'occasioneprivilegiata di incontro edi corteggiamento tra idue sessi. In queste riu-nioni la rocca serviva alla

filatura ma, almeno fino al primo '800, ornata connastri colorati, veniva donata alla ragazza dal giovane,per dichiarare il suo amore (G. Tassoni). Dunque, oltrealla fondamentale utilità pratica, la coppia di attrezziindispensabile per la produzione di filati presentavaun importante valore simbolico, che troviamo espressoanche nelle fiabe.Ne La bella addormentata nel bosco, ad esempio, lapuntura del fuso, che provoca l'interruzione della vitadi una ragazza, e la seguente 'rinascita' grazie all'in-tervento di un innamorato, alludono ad un'iniziazionesessuale femminile (M. Segalen).Il ricamo del proprio monogramma (le cifre) con il

Sala al Barro - Galbiate, anni ‘30

filo rosso sulla bianche-ria da portare in dote -che, in genere, le ragazze,realizzavano a partire dallapubertà - segnala l'evolu-zione della femminilità conla comparsa del sangue me-struale (Y. Verdier).L'importanza sociale dellaunione sessuale e della fer-tilità nelle comunità tra-dizionali è sottolineataanche dalla diffusione deirituali abbinati alle nozze,attestati nel Lecchesenell'800 e oltre.La gioventù del villaggiocercava di opporsi all'allontanamento della sposa dallacomunità di origine ad opera dei maschi forestieritenendo un nastro di seta all’uscita del paese, ma anchecon vere e proprie barricate fatte di tronchi, cui si pote-va sfuggire solo pagando un riscatto con vino o cibi.Le zitelle e i vedovi, nei casi di nozze mancate o dinuove nozze considerate anomale (ad es. per vecchivedovi con giovani ragazze) invece erano bersagliatida pesanti scherzi, spesso accompagnati da frastuonoe scampanate.

Camporeso - Galbiate, 1968Foto di Aldo Tagliabue

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La salute del corpo,la salvezza dell’anima

La donna aveva unrapporto privilegiatocon l'acqua, che di-pendeva da compitiquali il trasporto el'uso di questa risor-sa necessaria alla pre-parazione del cibo,alla pulizia delle per-sone e degli ambien-ti. Nella Brianza ru-rale, il bucato, ad

esempio, attività fondamentale per una corretta condu-zione della casa e della famiglia, era di competenzaquasi esclusivamente femminile.

Lavare al mastello (ulsegión), al lavatoio(la funtàna) o sullarive del torrente o dellago era un compitofaticoso e laborioso:richiedeva energia etempo.Richiedeva pure ilrispetto di regole etecniche specifiche,che, nel caso de labügada, il grande

bucato mensile o stagionale, dava all'operazione unavalenza cerimoniale. La pratica del bucato creava unodei rari momenti di vita collettiva femminile fuoridall'ambito domestico. Il lavatoio era l'equivalentedell'osteria per gli uomini: lì regnava uno spiritocorporativo e lì si esercitava un potere di giudizio edi controllo sulla comunità. I panni sciorinati in acqua,infatti, possono facilmente svelare l'intimità dellepersone - le malattie, i cicli mestruali, i parti... - eper la lavandaia non è difficile passare "dalla sporcizia

Cascina Cappelletti - Monza, 1892

Località Fornace - Rovagnate, 1985Foto Sandro Maggioni

del corpo a quella del-l’anima" (Y. Verdier).Le varie operazioniigieniche svolte dalledonne erano desti-nate a tutelare la sa-lute del corpo.Erano spesso donneanche le protagoni-ste delle pratichecurative di tradizio-ne popolare sia peri disturbi più comuni, trattati in famiglia, sia per lepatologie più complesse per cui si ricorreva a terapeutidotati di particolari conoscenze. Le donne diagno-sticavano ed intervenivano per il fuoco di Sant'Antonio,l'herpes labialis, i vermi, la sciatica, le scottature. Laloro attrezzatura materiale era estremamente limitatao addirittura nulla. Usavano elementi di origine ve-getale, come petali di rosa, giunchi di lago, filo dicotone, o minerale (il piombo, la lega di una moneta)e soprattutto le 'loro' facoltà ereditate per via familiare.

Spesso nella terapia siintrecciavano principi dimedicina empirica e attidevozionali quali il segnodi croce, l'uso di oggettisacri, ad esempio la coro-na del rosario o una can-dela benedetta, e la recitadi preghiere. Altre voltela risoluzione di situazionicritiche era demandataunicamente al rito religio-so. Così durante i momen-ti rischiosi quali la gravi-danza e, in particolare, ilparto, che di solito avve-niva in casa con l’assistenzadella levatrice (la cumàa),

le donne invocavano in primis la Madonna, in quantoa lei era ed è affidato il compito di sovrintendere allamaternità.Altri intercessori chiamati in causa per le nasciteerano Santa Liberata, pregata per 'liberarsi' cioè per

Cucciago, 1899. Foto di Giovanni Fossati

Imberido - Oggiono, 1991Foto di Lele Piazza

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Cucciago, 1916. Foto di Giovanni Fossati

partorire, Santa Valeria, Santa Guglielma, Santa Rita,come pure l'Angelo Custode e i Morti della peste. Perla protezione dei bambini, le mamme si rivolgevano asanti 'esperti' come Girolamo Miani, patrono degli orfanie della gioventù abbandonata, a cui il piccolo sofferenteera dedicato facendogli indossare un abitino nero.

Le donne avevano una co-noscenza approfondita deifondamenti della fede edelle pratiche della reli-gione. Essa si era andatacostruendo a partire dallaprima infanzia sia attra-verso l'esempio dei fami-liari sia, soprattutto, at-traverso la partecipazionealla vita parrocchiale: fun-zioni quotidiane, celebra-zioni di ricorrenze, inse-gnamento della dottrina,oratorio e associazioniquali le Figlie di Maria el'Azione Cattolica.Nella famiglia era compito

della donna tenere il legame con il sacro e con l'aldilà.Ciò si manifestava in un culto domestico comprendentel'insegnamento ai figli delle preghiere e dei rudimentidella dottrina cristiana e la cura della devozione quo-tidiana. In casa la donna guidava la recita del rosario,faceva rispettare il precetto del magro e del digiuno,ricordava le ricorrenze con gesti e cibi significativi -ad es. il pane di San Biagio o le castagne dei morti -

interveniva con riti particolariin situazioni di emergenza - ades. esposizione dell'ulivo bene-detto contro la grandine - esollecitava la partecipazione di

adulti e bambini alle fun-zioni e alla pratica

dei sacra-menti.

Galbiate, 1968Foto di Aldo Tagliabue