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“1. L’attività a. persegue i fini determinati dalla l. ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente l. e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario. 1-bis. La P.A., nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la l. disponga diversamente.1-ter. I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrativa assicurano il rispetto dei principi di cui al comma 1…2. La p.a. non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”.Progettare la nuova

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Art. 29 - Applicazione della legge“1. Le disposizioni della presente legge si applicano ai

procedimenti amministrativi che si svolgono nell’ambito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali e, per quanto stabilito in tema di giustizia amministrativa, a tutte le amministrazioni pubbliche.

2. Le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definiti dai principi stabiliti dalla presente legge”.

Attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m) della Cost. le disposizioni della presente legge concernenti gli obblighi per la p.a. di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuare un responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato….”

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ENTI LOCALI

Per quel che concerne regioni ed enti locali, i principi fissati dall’art. 2 in ordine alla tempistica costituiscono parametri vincolanti per le legislazioni regionali nelle materie di competenza regionale ai sensi dell’art. 29, commi 2bis della l. n. 241 del 1990, introdotto dalla l. n. 69 del 2009.

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L’art. 2 vigente“1. Ove il proc. consegua obbligatoriamente

ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la p.a. ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provv. espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.

2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3,4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amm. di competenza delle amm. statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni”.

N.B. prima era di 90 gg.Progettare la nuova amministrazione - 2008 5

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Segue art. 2 vigente3. Con uno o più regolamenti, ai sensi dell’art. 17 l.

n°400/88, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro della pubblica amministrazione, sono stabiliti i termini non superiori a novanta giorni entro i quali i procedimenti delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non sono direttamente previsti per legge. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i proc. di propria competenza.

4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti …i decreti di cui al comma 3 sono adottati…previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l’immigrazione.”

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Art. 2 segue:7 Fatto salvo quanto previsto dall’art. 17, i termini di

cui ai commi 2,3, 4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestanti in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’art. 14, comma 2.

8. La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo, di cui al d.lgs. N. 104 del 2010. Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell’amministrazione sono trasmesse in via telematica alla Corte dei Conti”.

9. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.

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Art. 2 segue:“9-bis. L’organo di governo individua, nell’ambito delle

figure apicali dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione. Per ciascun procedimento, sul sito internet istituzionale dell’amministrazione è pubblicata, in formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, l’indicazione del soggetto a cui è attribuito il potere sostitutivo e a cui l’interessato può rivolgersi ai sensi e per gli effetti del comma 9-ter. Tale soggetto, in caso di ritardo, comunica senza indugio il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell’avvio del procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza alle disposizioni del presente comma, assume la sua medesima responsabilità oltre a quella propria “.

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Art. 2 fine:9-ter. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del

procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.

9-quater. Il responsabile individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ogni anno, comunica all’organo di governo, i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termini di conclusione previsto dalla legge o dai regolamenti. Le amministrazioni provvedono all’attuazione del presente comma, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

9-quinquies. Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte sono espressamente indicati il termine previsto dalla legge o dai regolamenti e quello effettivamente impiegato”.

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Art. 2bis:“1. Le p.a. e i soggetti di cui all’art. 1, comma 1-

ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.

L’art. 30 impone anche in questo caso il rispetto del termine di 120 gg per la proposizione della domanda risarcitoria.

E’ risarcibile il danno da ritardo a prescindere dalla fondatezza della domanda?

Le norme sui termini riguardano interessi strumentali (come la partecipazione) oppure interessi sostanziali?

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Caso n. 1Un’impresa impugna il provvedimento con cui si

considera la domanda di finanziamento non ammissibile, contestando una carenza d’istruttoria sull’accertamento dei requisiti oggettivi e soggettivi.

In particolare, si contesta la motivazione fondata sull’assenza delle schede tecniche del frantoio, quando invece dal preventivo allegato risultavano tutte le caratteristiche tecniche (modello, dimensioni, singole componenti ecc.).

Inoltre, richiede il risarcimento dei danni (pari al contributo richiesto di E. 164.000) anche per il ritardo con cui l’amministrazione ha concluso il procedimento.

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Caso n. 1 segue...La ricorrente, pur contestando la decisione per

cui la domanda presentata è stata dichiarata inammissibile – si astiene del tutto dal fornire concrete ragioni per le quali la stessa – oltre che ammissibile – sarebbe stata finanziata.

La ricorrente non procede ad un’esaustiva ricostruzione della propria posizione soggettiva, non prova che, in caso di corretto comportamento della p.a., avrebbe conseguito il contributo richiesto né produce elementi atti a dimostrare – ai fini della perdita di chance – una probabilità non trascurabile di conseguire il finanziamento richiesto.

Tar Lazio Roma, I sez. 18.9.2012, n. 7840Progettare la nuova amministrazione - 2008 12

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Caso 2Il privato chiede il risarcimento dei danni per

illegittimo esercizio dell’attività amministrativa e per ritardo.

Nell’ambito del giudizio impugna, sia pure tardivamente, un atto della Soprintendenza, nel quale si eccepisce che le costruzioni non si integrano nel contesto, il terreno è di pregevole valore paesaggistico, l’inserimento delle nuove costruzioni comporta grave perdita di valori ambientali e paesaggistici….

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Caso 2 segue… Il comportamento inerte (la mancata adozione del provv. finale nei termini)

è senz’altro illegittimo, ma non è produttivo di danni, in quanto il contenuto negativo che avrebbe avuto l’atto finale comporta che nessuna deminutio patrimonii delle ricorrenti è stata prodotta dal mero ritardo.

E’ da ricordare che dal testo finale dell’art. 2bis l. n. 241 del 90 è stato espunto l’inciso, comparso durante i lavori preparatori, che attribuiva il risarcimento del danno “indipendentemente dalla spettanza del beneficio derivante dal provvedimento richiesto”.

Non c’è alcun elemento per sostenere che l’illecito ex art. 2bis si sia trasformato in un illecito che punisce il mero patema d’animo da incertezza nella definizione del procedimento amm. (a guisa della disposizione dell’art. 2 l. 89/2001 sull’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, che punisce la violazione del termine massimo indipendentemente dalla spettanza della pretesa azionata in giudizio e per il solo fatto del patema d’animo derivante dall’incertezza cui sono soggette le posizioni giuridiche.

La norma in oggetto deve quindi essere interpretata nel solco della giurisprudenza dell’Ad. Pl. N. 7 del 2005, che individua il danno evento nell’utilità finale da conseguire con il provv. emesso in ritardo.

Tar Lombardia Brescia, sez. I, 13.3.2012, n. 405

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Caso n. 3Un imprenditore contesta alla p.a. il rilascio tardivo di un permesso di

costruire in variante chiedendo i danni per aver stipulato in ritardo il contratto definitivo di compravendita e per le patologie psichiche conseguenti.

La p.a. si difende in questo modo:A) nella pratica mancavano gli elaborati grafici;B) si dovevano coordinare 2 pareri della Soprintendenza;C) uno dei parerei era in contrasto con i vincoli sui beni;D) si era reso necessario acquisire un parere legale;E) si doveva attendere l’esito del giudizio sulla concessione;F) si era dovuto sostituire il responsabile del procedimento per

incompatibilità.

L’appellante contesta tali affermazioni, sostenendo che tali elementi non sono idonei ad escludere la colpa della p.a. e non giustificano il ritardo nel rilascio del permesso in variante, quando ormai l’istruttoria era completa.

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Caso 3 segue…Nel caso di specie ricorre l’ipotesi in cui il privato invoca la tutela

risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l’amministrazione ha adottato un provv. favorevole ma emanato con ritardo.

“Il ritardo procedimentale ha, quindi, determinato un ritardo nell’attribuzione del c.d. bene della vita, costituito nel caso di specie dalla possibilità di edificare secondo il progetto richiesto in variante”.

In questi casi la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il danno da ritardo e l’intervenuto art. 2bis della l. n. 241 del 1990…presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo , dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica”

Nel caso di specie non rileva la questione della risarcibilità del danno da ritardo in caso di non spettanza del cd. bene della vita, e della compatibilità dei principi affermati dalla decisone dell’ad. Pl. N. 7 del 2005”. Ma occorre la prova del danno……

Cfr. Cds sez. v, 28.2.2011, n. 1271.16

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La violazione del termineTale violazione, nonostante le tesi dell’Ad. Pl. N. 7 del

2005, sembra incidere su un bene della vita, ovvero su un interesse sostanziale.

L’affidamento del privato nella certezza dei tempi dell’azione amministrativa sembra rappresentare un interesse meritevole di tutela in se considerato, non essendo sufficiente relegare tale tutela all’uso delle forme processuali, il tempo infatti è esso stesso bene della vita, la cui lesione può dar luogo a risarcimento.

Si distinguono pertanto 2 beni: l’oggetto dell’istanza e l’evasione tempestiva dell’istanza.

La violazione del ritardo “puro” potrebbe non richiedere neppure il previo esperimento del ricorso avverso il silenzio ai sensi dell’art. 1227 c.c., considerato che esso non mira al bene della vita e neppure sarebbe necessario dimostrare l’illegittimità atteso che essa deriva dalla violazione del termine.

In quest’ultimo caso si ottiene un risarcimento secondo il parametro precontrattuale dell’interesse negativo (occasioni perse).

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Il Silenzio-rifiuto - NozioneIl termine “silenzio” nel diritto amministrativo si

riferisce tradizionalmente agli istituti preposti alla rimozione o alla prevenzione degli effetti negativi dell’inerzia della P.A. per la tutela dei soggetti interessati all’adozione di un atto amministrativo.

Nei casi in cui l’inerzia della p.a. non è diversamente disciplinata da una norma positiva viene in considerazione l’istituto del silenzio-rifiuto: si tratta di un rimedio di origine giurisprudenziale che presuppone l’interesse qualificato di un soggetto all’emanazione di un atto.

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Silenzio rifiuto: segue…La concezione del silenzio rifiuto come “atto

di rifiuto tacito” è stata sostituita da una concezione dell’inerzia come “mero comportamento omissivo” della p.a.

A favore di tale conclusione, che ha superato la precedente concezione, ha deposto la difficoltà di estendere nel mondo della p.a., caratterizzato da un agire formalizzato e procedimentale, le figure privatistiche imperniate sulle manifestazioni tacite di volontà.

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Presupposti silenzio - rifiutoNon tutte le istanze del privato generano

l’obbligo di provvedere.Tale obbligo sussiste in primo luogo in presenza

di una norma che attribuisca espressamente al privato il potere di presentare una istanza; in tali casi infatti il legislatore prende atto della titolarità da parte del richiedente di una posizione giuridica differenziata.

La giurisprudenza riconosce l’obbligo di provvedere anche sulla base dei doveri di ragionevolezza e buona fede, quando ad es. il privato possiede una posizione differenziata.

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Il presupposto generale è l’obbligo di provvedere della p.a.

Tale presupposto mancherebbe nelle seguenti ipotesi:

1) richieste del privato palesemente infondate (contro si è osservato che è impossibile senza entrare nel merito valutare l’infondatezza dell’istanza);

2) richieste di riesame di atti illegittimi (contro si è evidenziato la disparità tra le ipotesi in cui la p.a. si pronuncia e le ipotesi di silenzio);

3) richiesta di estensione, ultra partes, dell’efficacia del giudicato (contro si è rilevato che per ragioni di giustizia sostanziale la p.a. dovrebbe eliminare un atto identico ad un altro riconosciuto illegittimo dal giudice).

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Eccezioni all’obbligo di provvedere:

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Sopravvive il potere amministrativo alla scadenza del termine per provvedere?In genere lo spirare del termine di legge non

implica la definitiva consumazione del potere amministrativo, ma accentua il dovere della p.a. di concludere il procedimento (onde porre fine all’illecito produttivo di danno da ritardo).

Ad eccezione dell’ipotesi di cui all’art. 19 della l. n. 241 del 1990 nella quale lo spirare del termine preclude l’esercizio del potere di divieto.

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Qual è il termine per proporre il ricorso avverso il silenzio-rifiuto?La giurisprudenza prevalente riteneva che il

ricorso giurisdizionale contro il silenzio-rifiuto dovesse essere proposto entro l’ordinario termine di decadenza di sessanta giorni, considerato che quando si fa valere in giudizio un interesse legittimo, a prescindere dal contenuto dichiarativo o costitutivo dell’azione, il rimedio è soggetto per un’esigenza di certezza dei rapporti amministrativi al termine di decadenza che il legislatore ha previsto per l’azione di annullamento.

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La tesi della prescrizione.Secondo una tesi minoritaria, invece, al

ricorso contro il silenzio-rifiuto non si può applicare il termine di decadenza perché finchè dura l’inadempimento determinerebbe il rinnovo del termine d’impugnazione de die in diem, evitando la consumazione del diritto all’azione davanti al giudice amministrativo.

Secondo un’altra tesi in questo caso bisognerebbe applicare il termine di prescrizione decennale, in quanto con esso si fa valere un diritto soggettivo e non un interesse legittimo.

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Procedimento d’impugnazione del silenzio previa diffida

In passato per impugnare il silenzio-rifiuto della p.a. occorreva applicare la procedura prevista dall’art. 25 del T.U. n°3/57, in base alla quale presentata l’istanza, si doveva aspettare che l’inadempimento perdurasse per 60 gg, e successivamente trascorsi 30 gg. dalla presentazione di una diffida e messa in mora, il privato poteva finalmente impugnare il silenzio – inadempimento.

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Art. 2 – Il ricorso avverso il silenzio“5. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i

termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 21-bis della l. n°1034/71, può essere proposto anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti co. 2 o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza. E’ fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.”

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L’impugnazione del silenzio – dopo l. n°241/90

Dopo la l. n°241/90 una parte della dottrina considerò superata la necessità di presentare la diffida (tesi dell’Ad. Pl. n°10/78), ritenuto che scaduto il termine il silenzio della p.a. era ormai formato;

Tuttavia, la giurisprudenza continuava a richiedere la previa diffida e quando l’amministrazione doveva procedere d’ufficio riconosceva la possibilità di fare a meno dell’istanza iniziale, reputandosi, infatti, in questo caso sufficiente la proposizione della diffida (cfr. Tar Bari n°344/97).

Soltanto dopo l’introduzione della l. n°205/2000 la giurisprudenza cominciò a sostenere che non era più necessario che l’impugnazione del silenzio fosse preceduta dall’applicazione della procedura della diffida e messa in mora di cui all’art. 25 T.U. n°3/57.

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L’impugnazione del silenzio segue…

La nuova discilina consente di impugnare il comportamento omissivo protrattosi oltre il termine conclusivo senza la necessità di diffida alla amministrazione inadempiente fin tanto che perdura l’inadempimento e comunque entro un anno dalla scadenza del termine finale del procedimento.

Il termine di un anno, in sostituzione dei precedenti 60 gg, consente dunque al privato un tempo più congruo per procedere all’impugnazione, senza che tuttavia si tratti di un termine di tipo decadenziale, poiché la norma precisa che trascorso l’anno, l’interessato può ripresentare l’istanza di avvio del procedimento.

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La disciplina vigente del c.p.a. d.lgs. n. 104/2010“Decorsi i termini per la conclusione del

procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere.

L’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. E’ fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.

Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione” (cfr. art. 31 c.p.a. 1 co. modificato dall’art. 1, co. 1, lettera g), del d.lgs. 15.11.2011, n. 195).

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Segue C.p.a.“Il ricorso avverso il silenzio è proposto, anche

senza previa diffida, con atto notificato all’amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di cui all’art. 31, comma 2.

Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni.

Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario…”

(cfr. art. 117 c.p.a.)Progettare la nuova amministrazione - 2008 30

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Segue art. 117 c.p.a.“Se nel corso del giudizio sopravviene il

provvedimento espresso, o un atto connesso con l’oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento, e l’intero giudizio prosegue con tale rito.

Se l’azione di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 30, co. 4, è proposta congiuntamente a quella di cui al presente articolo, il giudice può definire con il rito camerale l’azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria.

Le disposizioni di cui ai commi 2,3,4 e 6, si applicano anche ai giudizi di impugnazione” (quest’ultimo comma è stato aggiunto dall’art. 1, co.1 lett. f), del d.lgs. 15.11.2011, n. 195).

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L’eliminazione della diffidaIn un sistema in cui ormai è l’amministrazione a

prestabilire i termini entro i quali concludere i procedimenti amministrativi risultava ormai del tutto anacronistico continuare ad esigere la previa diffida per una presunta esigenza di certezza.

Tale onere, del resto, limitando il diritto costituzionale alla difesa, costringeva il privato ad offrire alla p.a. una possibilità di sanare l’illegittimità con un provvedimento tardivo.

Non sembra inoltre estensibile lo schema dell’art. 25 del T.U. n. 3 del 1957, che concerne una domanda risarcitoria nei confronti dell’impiegato che ha omesso atti o comportamenti dovuti, sulla falsa riga dell’art. 1457 c.c.

Inoltre in quel modo si dilatavano eccessivamente i tempi, considerato che dovevano trascorrere 60 gg. dalla domanda e 30 dalla diffida. E si modificavano i termini previsti dalle fonti.

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Silenzio- assenso

Costituisce una qualificazione giuridica formale del silenzio, nel senso che decorso il termine per provvedere, senza che la p.a. si sia pronunciata, l’istanza s’intende accolta.

In questo caso a differenza del silenzio-rifiuto, l’ordinamento ricollega all’inerzia il venir in essere di quell’assetto di interessi concretamente voluto dal privato con la presentazione dell’istanza.

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L’art. 20 l. n. 241 del 90:“1. Fatta salva l’applicazione dell’art. 19, nei

procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’art. 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.

2. L’amministrazione competente può indire, entro il termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati.

3. Nei casi in cui il silenzio dell’amm. equivale ad accoglimento della domanda, l’amm. competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21nonies.”

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Art. 20 segue:4. Le disposizioni del presente articolo non si

applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provv. amm. formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amm. come rigetto dell’istanza, nonché gli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

5. Si applicano gli artt. 2, comma 7, e 10bis.”Progettare la nuova amministrazione - 2008 35

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Nozione silenzio-assenso art. 20

L’art. 20 a differenza dell’art. 19 non incide sul regime autorizzatorio, che rimane inalterato, ma introduce una modalità semplificata di conseguimento dell’autorizzazione.

Il silenzio assenso grazie a questa norma è destinato a diventare la regola in caso di inerzia della p.a., salvo alcune deroghe tassativamente individuate dallo stesso art. 20.

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Eccezioni art. 20La prima deroga riguarda le materie espressamente

elencate che hanno rilievo costituzionale (ambiente patrimonio culturale e paesaggistico, difesa nazionale ecc.), nell’ambito delle quali per la delicatezza degli interessi coinvolti si ritiene che occorra un provvedimento espresso.

La seconda ipotesi è connessa ai casi in cui la disciplina comunitaria richiede dei provvedimenti espressi, o comuqnue impone elle acquisizioni istruttorie che non sono compatibili con il regime del silenzio.

Si cfr. ad es. la decisione 28.2.1991 n. 360/87 in cui la C.d.E. ha osservato che in materia di autorizzazione agli scarichi: “il rifiuto, la concessione o la revoca delle autorizzazioni devono risultare da un provvedimento esplicito .

Terza eccezione riguarda i casi individuati con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nelle materie indicate dall’art. 20 o nei casi in cui occorrono valutazioni complesse anche se relative alla comparazione tra interessi pubblici e privati.

Quarta eccezione quando il legislatore ha individuato delle ipotesi di silenzio-rigetto. 37

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Giurisprudenza Corte cost. n. 393/92 La Corte ha dichiarato incostituzionale il

procedimento di formazione per silenzio-assenso del programma integrato di intervento di cui all’art. 16 l. 179 del 1992, osservando che la semplificazione non può incidere sul contenuto essenziale dell’attività amministrativa e che il silenzio-assenso non è estendibile a piacere, ma vi sono dei limiti rappresentati dall’esigenza che la p.a. eserciti il potere discrezionale affidatole dalla legge e svolga le opportune indagini .

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Regime silenzio - assensoI questo caso si applica il medesimo regime

previsto per i provvedimenti autorizzativi espressi (responsabile proc., partecipazione, accesso).

La differenza principale consiste nel fatto che da una situazione di dovere (di provvedere) si passa ad una situazione di onere (di provvedere).

In altri termini l’amministrazione è tenuta ad intervenire solo quando vuole impedire che si formi l’assetto d’interessi richiesto dal privato.

Se, dunque, si tratta solo di un onere, allora non sarà ammissibile l’adozione di un provvedimento tardivo né di diniego, né di accoglimento.

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Provvedimento tardivoSecondo un primo orientamento il provvedimento

tardivo è nullo perché emesso in carenza di potere (consumato dalla scadenza del termine per la formazione del silenzio-assenso). Il privato, pertanto, in questo caso potrebbe rivolgersi al G.O. per far accertare il diritto soggettivo non affievolito dal diniego adottato in carenza di potere (o al G.A. in sede esclusiva).

La p.a. conserva il potere di rimuovere il silenzio-assenso solo mediante un atto di autotutela con i limiti di cui agli artt. 21-quinquies e 21-nonies.

Secondo un’altra tesi lo spirare del termine determina la mera illegittimità/annullabilità del provvedimento tardivo, con la necessità di impugnarlo entro il termine di decadenza.

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Silenzio-diniegoTale terza figura di silenzio è riscontrabile

quando la legge equipara a diniego il silenzio serbato sulla domanda.

Ad es. l’art. 36 d.p.r. n. 380 del 2001 “sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta s’intende rifiutata”.

Oppure l’art. 24 della l. n. 241 del 90 in materia di accesso.

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Silenzio – diniego: quale regime?Secondo una tesi si tratterebbe di mero

silenzio - rifiuto ovvero inadempimento che legittimerebbe il privato a rivolgersi al g.a. senza la previa diffida.

In base ad un diverso orientamento invece si tratterebbe di un silenzio significativo al quale la legge assegna il valore di rigetto dell’istanza presentata dal privato.

Del resto atteso che in nessun caso occorre più la diffida o le norme sul silenzio – diniego sono diventate inutili o il silenzio – diniego è ontologicamente diverso.

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Silenzio-rigetto:L’espressione in oggetto è utilizzata per

qualificare le ipotesi in cui sia mancata la pronuncia su un ricorso gerarchico avverso atti non definitivi, con la conseguenza che il silenzio in questo caso fa acquisire carattere definitivo all’atto impugnato.

La giurisprudenza ha considerato questo tipo di silenzio come un mero inadempimento che funge da presupposto processuale.

L’istituto ha un carattere recessivo, considerato che ormai non è più richiesta la definitività dell’atto per agire in giudizio.

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Silenzio - facoltativo“2. In caso di decorrenza del termine senza che

sia stato comunicato il parere obbligatorio o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, è in facoltà dell’amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall’espressione del parere. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere facoltativo o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, l’amministrazione richiedente procede indipendentemente dall’espressione del parere.”

Cfr. art. 16, comma 2, l. n. 241 del 1990. Progettare la nuova amministrazione - 2013

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Silenzio devolutivo:“1. Ove per disposizione espressa di legge o di

regolamento sia previsto che per l’adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi ed enti non provvedano o non rappresentino esigenze istruttorie di competenza dell’amministrazione procedente nei termini prefissati dalla disposizione stessa o, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve chiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi dell’amministrazione pubblica ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari”.

Cfr. art. 17, comma 1, l. n. 241 del 1990Progettare la nuova amministrazione - 2008 45

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Art. 19 l. n. 241 del 1990Questa norma ha sostituito il regime delle

autorizzazioni per le attività economiche, con apposite dichiarazioni sostitutive dei soggetti interessati.

Essa ha inciso sul piano delle posizioni soggettive, attribuendo al privato una posizione connotata da originarietà, in forza della quale il soggetto è abilitato direttamente dalla legge allo svolgimento dell’attività, senza l’intermediazione del potere amministrativo.

Il potere di verifica di cui dispone la p.a. non è finalizzato all’emanazione dell’atto di consenso, ma al controllo privo di discrezionalità, della corrispondenza di quanto dichiarato all’interessato ai canoni normativi stabiliti.

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Art. 19 prima versioneLa norma demandava ad un successivo

intervento regolamentare l’indicazione tassativa dei casi in cui l’istituto poteva trovare applicazione.

E la D.I.A. era comunque esclusa quando:A) era previsto un limite quantitativo o un

contigente complessivo;B) dall’attività poteva derivare un

pregiudizio ai valori storico-artistici, o alla tutela dei lavoratori;

C) era previsto l’esperimento di prove.

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Art. 19 modificato dall’art. art. 2 l. n. 537 del 93

Con questa modifica la D.I.A. è diventata la REGOLA in tutti i casi di titoli autorizzativi vincolati, ed alla norma regolamentare viene affidato il compito di individuare le eccezioni in cui l’istituto non può trovare applicazione.

Di conseguenza la D.I.A. diventava applicabile in tutto l’ambito dell’ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA vincolata: ovvero quando il rilascio del titolo dipende esclusivamente dall’accertamento, privo di discrezionalità, in ordine ai requisiti di legge ovvero al mero accertamento di presupposti di carattere tecnico (no alle valutazioni tecnico-discrezionali).

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Art. 19 modificato dalla l. n. 80/2005

Con tale modifica si è esteso il campo di applicazione dell’istituto anche agli atti abilitativi connotati da DISCREZIONALITA’ TECNICA, ma l’attività non poteva cominciare se non erano trascorsi trenta giorni, durante il quale l’amministrazione poteva esercitare il potere di verifica/inibizione.

Inoltre, la disciplina richiamava espressamente il potere di agire in autotutela anche dopo la scadenza del termine suddetto.

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L’art. 19 modificato dalla l. n. 69/2009 e dalla l. n. 59/2010

Si elimina il termine dei trenta giorni per l’esercizio dell’attività, conservando però l’esercizio del potere sanzionatorio/inibitorio nell’ambito dello stesso periodo di tempo.

Al rispetto del termine erano già stati sottratti le dichiarazioni aventi ad oggetto l’esercizio di attività di impianti produttivi di beni e di servizi, ovvero di prestazioni di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE.

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L’art. 19 modif. con i d.l. n. 78/2001 e n. 5/2012Il d.l. n. 78 ha introdotto la S.C.I.A.

(segnalazione certificata di inizio attività), con cui l’attività può essere IMMEDIATAMENTE AVVIATA, ma la p.a. ha un termine di 60 gg. per intervenire ed inibirne la prosecuzione e prevedere la rimozione degli effetti prodotti.

La norma prevede di verificare se l’attività può essere CONFORMATA al rispetto della legge.

Trascorso il termine di 60 gg. l’amministrazione può intervenire solo se vi è un PERICOLO di danno per il PATRIMONIO ARTISTICO CULTURALE, per l’AMBIENTE, la SALUTE …sempre che sia impossibile conformare l’attività alla normativa vigente.

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La S.C.I.A. riguarda anche la discrezionalità tecnica?

Dal testo della norma già dal 2005 non compare più la formula che richiedeva che l’accertamento dei presupposti dell’autorizzazione avvenga senza “prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecnico discrezionali”.

Secondo una tesi tale scelta deriverebbe dalla volontà di estendere il regime dell’istituto anche alle attività sottoposte a valutazione tecnico-dicrezionali.

Per un altro indirizzo, invece, poiché la norma fa riferimento all’attività di “accertamento”, essa fa riferimento non alla discrezionalità tecnica ma soltanto all’accertamento tecnico, resterebbe pertanto escluse le valutazioni discrezionali.

In base ad un indirizzo intermedio se non si estendesse l’istituto anche alle ipotesi concernenti la discrezionalità tecnica non si comprenderebbe perché il legislatore ha introdotto tutte quelle eccezioni espressamente individuate (paesaggio, difesa, pubblica sicurezza, giustizia, immigrazione, salute, pubblica incolumità, gli atti imposti dalla disciplina comunitaria). 52

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Natura giuridica della SCIASecondo una prima tesi la SCIA è un atto

oggettivamente e soggettivamente privato. Considerata, infatti, l’assenza di poteri amministrativi autorizzativi, l’attività privata sarebbe liberalizzata e condizionata al possesso dei requisiti di legge, con onere del privato d’informare la p.a.

La natura di ATTO PRIVATO della p.a. escluderebbe l’impugnabilità diretta della stessa da parte di terzi controinteressati, i quali potrebbero solo sollecitare la p.a. ad adottare i provvedimenti sanzionatori, facendo ricorso in caso di inerzia alla procedura del silenzio-inadempimento.

In questo caso l’esercizio del potere di AUTOTUTELA non RIGUARDEREBBE l’ESERCIZIO di un POTERE di INIBIZIONE dell’attività e di rimozione dei suoi effetti.

Cfr. Cons. st., sez. VI, 9.2.2009, n. 717 e Cons. st., sez. VI, 15.4.2010, n. 2139. 53

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Natura giuridica SCIASecondo un’altra tesi, invece, l’esercizio del

potere di autotutela dimostra che la scia comporta un PROVVEDIMENTO AUTORIZZATORIO TACITO.

In altri termini il decorso del termine previsto per l’esercizio del potere inibitorio, da luogo ad una “autorizzazione implicita di natura provvedimentale”, consegue che il terzo deve impugnare il provvedimento tacito formatosi nell’ordinario termine di decadenza di 60 gg. Decorrenti dall’avvenuta conoscenza dell’esistenza del titolo implicito.

Detta soluzione, tuttavia, è stato evidenziato elimina ogni distinzione tra l’art. 19 e l’art. 20.

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Tesi dell’Ad. Pl. n. 15 del 2011Secondo la Plenaria le tesi sul silenzio – rifiuto non

sono adeguate, perché: 1) scaduto il termine perentorio il potere di inibire l’attività non sopravvive; 2) perché l’autotutela è un’attività discrezionale; 3) il potere sanzionatorio di cui all’art. 21 può comportare anche soltanto delle sanzioni pecuniarie.

La Pl. perviene, dunque, ad affermare che nel caso di specie il decorso del termine comporta un’ipotesi di “SILENZIO-DINIEGO” di esercizio del POTERE INIBITORIO, da impugnare nel termine di 60 gg, chiedendo contestualmente anche la condanna della p.a. all’adozione dell’atto, considerato che il potere in esame non è discrezionale.

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Ad. Pl. n. 15 del 2011

Nella fase antecedente alla scadenza del termine previsto per l’esercizio del potere di inibizione , è secondo la Plenaria ammissibile anche “l’azione di accertamento tesa ad ottenere una pronuncia che verifichi l’insussistenza dei presupposti di legge per l’esercizio dell’attività oggetto della denuncia, con i conseguenti effetti conformativi in ordine ai provvedimenti spettanti all’autorità amministrativa”.

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d.l. n. 138 del 2011 conv. In l. n. 148 del 2011“6ter. La segnalazione certificata di inizio

attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazioni e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1,2 e 3, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.

Comma aggiunto all’art. 19 l. n. 241 del 1990.

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PROGETTARE L’AMMINISTRAZIONE

2013

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