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1 LE FRODI ALIMENTARI " A cura di Melania SABIA A.A. 2012-2013 Gli alimenti sono un bene insostituibile e muovono interessi molto importanti, tali da indurre alcuni produttori e/o rivenditori a trarre profitti illeciti tramite azioni, comunemente conosciute come "frodi", che hanno come obiettivo principale quello di rendere "vendibili" prodotti con caratteristiche merceologiche e/o sanitarie non idonee al consumo, ovvero di "migliorare" la qualità degli alimenti con operazioni che traggono in inganno i consumatori. Gli alimenti sono sottoposti a controlli accurati per verificare che siano idonei al consumo La "frode alimentare", in altre parole, racchiude in sé diverse condotte illegali finalizzate ad un guadagno illecito abbattendo i costi di produzione e peggiorando la qualità del prodotto alimentare venduto, quasi sempre, senza alcun riguardo per la salute del consumatore (Fig.1). Tipi di frode Le frodi alimentari possono essere di carattere commerciale e/o di carattere sanitario. Le frodi commerciali producono danni economici in quanto vengono venduti alimenti di valore commerciale inferiore a quello reale mentre le frodi sanitarie possono avere conseguenze sulla salute in quanto possono contenere prodotti di degradazione, sostanze chimiche esogene o contaminanti microbici potenzialmente dannosi. Tracciare un confine netto tra i due tipi di frodi, commerciali e sanitarie, è assai difficile in quanto nella maggior parte dei casi i due fenomeni sono coesistenti. Le sofisticazioni Nel settore alimentare, le frodi vengono distinte in varie categorie. Un primo esempio di frode sono le sofisticazioni che consistono nel modificare un alimento scadente per renderlo simile ad un prodotto di ottima qualità.

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LE FRODI ALIMENTARI "

A cura di Melania SABIA

A.A. 2012-2013

Gli alimenti sono un bene insostituibile e muovono interessi molto

importanti, tali da indurre alcuni produttori e/o rivenditori a trarre profitti

illeciti tramite azioni, comunemente conosciute come "frodi", che hanno

come obiettivo principale quello di rendere "vendibili" prodotti con

caratteristiche merceologiche e/o sanitarie non idonee al consumo, ovvero di

"migliorare" la qualità degli alimenti con operazioni che traggono in inganno i

consumatori.

Gli alimenti sono sottoposti a controlli accurati per

verificare che siano idonei al consumo

La "frode alimentare", in altre parole, racchiude in sé diverse condotte

illegali finalizzate ad un guadagno illecito abbattendo i costi di produzione e

peggiorando la qualità del prodotto alimentare venduto, quasi sempre, senza

alcun riguardo per la salute del consumatore (Fig.1).

Tipi di frode

Le frodi alimentari possono essere di carattere commerciale e/o di

carattere sanitario. Le frodi commerciali producono danni economici in

quanto vengono venduti alimenti di valore commerciale inferiore a quello

reale mentre le frodi sanitarie possono avere conseguenze sulla salute in

quanto possono contenere prodotti di degradazione, sostanze chimiche

esogene o contaminanti microbici potenzialmente dannosi.

Tracciare un confine netto tra i due tipi di frodi, commerciali e sanitarie,

è assai difficile in quanto nella maggior parte dei casi i due fenomeni sono

coesistenti.

Le sofisticazioni

Nel settore alimentare, le frodi vengono distinte in varie categorie. Un

primo esempio di frode sono le sofisticazioni che consistono nel modificare

un alimento scadente per renderlo simile ad un prodotto di ottima qualità.

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La sofisticazione

è una operazione

fraudolenta che

consiste nell'aggiun-

gere all'alimento so-

stanze estranee alla sua

composizione con lo

scopo di migliorarne

l'aspetto o di coprirne i

difetti. Per ottenere

questi risultati si

ricorre spesso all’ag-

giunta di sostanze

chimiche non consen-

tite che mascherano

colori, sapori degli alimenti o mascherano l’utilizzo di materie prime di

cattiva qualità o difetti dei procedimenti produttivi mediante l'impiego di

coloranti o conservanti non autorizzati. Un esempio è l’aggiunta di anidride

solforosa alla carne macinata per renderla di colore rosso.

Colore di carne macinata senza

l’aggiunta di sostanze

Carne macinata ammassata per preparazione ed

eventuale aggiunta di sostanze chimiche che la

rendono di un colore più vivace.

Altro esempio è

l’aggiunta di coloranti alla

pasta per farla sembrare

all’uovo, o di perossido di

benzoile alla mozzarella

per renderla più bianca.

Le adulterazioni

Un altro tipo di frode comprende le adulterazioni, ovvero tutte quelle

operazioni che determinano modificazioni nelle composizioni analitiche del

prodotto alimentare, attuate mediante l'aggiunta o la sottrazione di alcuni

Bistecca prima del tratta-

mento con monossido di

carbonio

Bistecca dopo il tratta-

mento con monossido di

carbonio

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componenti, allo scopo di ottenere un maggior tornaconto economico, senza

che apparentemente il prodotto venga modificato in maniera apprezzabile.

Generalmente modificano la composizione originale di un alimento, con

la conseguente variazione del suo valore nutrizionale quanto le sue

caratteristiche igienico-sanitarie. Queste variazioni possono comportare un

grave pericolo per la salute umana.

Con l’affinamento delle conoscenze in materia di tecnologia alimentare,

è oggi possibile adulterare un alimento anche sottraendo dei nutrienti e

sostituendoli con altri di minore costo, come, ad esempio, produrre formaggi

utilizzando sottoprodotti utilizzando caseine o latte in polvere zootecnico;

sostituire l’alcol etilico nel vino con l’alcol metilico per aumentarne il grado

alcolico; aggiungere acqua al latte o al vino o aggiungere olio di semi all’olio

di oliva per venderlo sul mercato come olio di oliva puro al 100%.

La contraffazione

Altra frode frequente è la contraffazione in cui si verifica la totale

sostituzione di una sostanza alimentare con un'altra di minor pregio in modo

da indurre in inganno il compratore. È il caso dell'olio di semi spacciato per

olio di oliva, o quello della margarina che contiene idrocarburi di origine

minerale e viene spacciata per burro, acqua gassata o bibite analcoliche con

glicerina o con anidride solforosa.

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È una frode che conferisce al prodotto in questione una denominazione

diversa da quella reale, e che può essere molto pericolosa quando, per

sostituire i prodotti originali o naturali, vengono utilizzate sostanze nocive

alla salute.

Le alterazioni.

Le alterazioni si

hanno quando la

composizione di una

sostanza alimentare si

modifica a causa di

fenomeni degenerativi

spontanei, determinati da

errate modalità o

eccessivo prolungamento

dei tempi di conser-

vazione. Questi prodotti

degenerati vengono

spacciati come prodotti

regolari come accade ad

esempio nella modifi-

cazione della data di

scadenza posta sull’eti-

chetta, oppure quando si

effettua il "bonificare" dei

prodotti ammuffiti o deteriorati e quindi metterli in vendita come freschi.

Le falsificazioni

Le falsificazioni invece sono delle frodi

in cui il prodotto viene addirittura sostituito

con un altro, come nel classico esempio della

margarina al posto del burro.

L’agro-pirateria

Infine, per concludere, vi è l’agro-pirateria che può essere considerata

un ulteriore tipo di contraffazione in quanto ad un alimento viene attribuita

illecitamente la denominazione di un altro prodotto alimentare noto per le sue

caratteristiche organolettiche e/o di sicurezza o di origine, pur essendo

diverso. "La frode consiste nell’impiegare nel ciclo produttivo una materia

prima di minore valore commerciale rispetto a quella dichiarata. "

L’Italia, grazie alla sua posizione geografica, al clima e alla maestria

individuale è riuscita ad ottenere, nel corso dei secoli, una straordinaria

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quantità di alimenti ad elevato valore nutrizionale e con caratteristiche

organolettiche uniche ed irripetibili nel sapore, gusto e colore, derivanti

proprio dal territorio di produzione o lavorazione, tanto che molti di questi

prodotti hanno ottenuto dall’Unione europea la certificazione di qualità

attraverso il riconoscimento come DOP (Denominazione di Origine Protetta),

IGP (Indicazione Geografica Protetta) e STG (Specialità Tradizionale

Garantita).

Sono proprio questi prodotti, in quanto espressione di eccellenza

agroalimentare italiana, ad essere "piratati" sui mercati esteri, come Stati

Uniti, Australia, Nuova Zelanda e Cina.

L’agro-pirateria, in altre parole, consiste in una illegale falsificazione

delle indicazioni geografiche tutelate e delle denominazioni protette,

contraffazione che sfrutta qualità, apprezzamento e notorietà dei prodotti

alimentari italiani, traducendosi in un inganno per il consumatore e in un

danno economico per le aziende a causa della violazione del marchio e della

proprietà industriale.

A

B

C

D

E

Immagini relative a

Parmigiano Reggiano (A

e B)

Asiago (C)

e Grana Padano (D ed E

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L’elenco potrebbe

continuare ed

occupare pagine e

pagine considerato

che il fenomeno

della contraffa-

zione alimentare è

cresciuto negli

ultimi anni del

90%.

L’agro-pirate-

ria è un fenomeno

che ha cause e

implicazioni di

diversa natura.

Una di queste cause è l’apprezzamento da parte dei consumatori di tutto

il mondo degli alimenti italiani. L’industria alimentare ha un export molto

importante, all’estero ci sono industrie che riescono a produrre alcuni alimenti

"copia" a tal punto che, in certi casi, non è facile riuscire a distinguere un

prodotto autenticamente italiano da quello straniero.

Ed anche i motivi di questa facilità di "copiare" e "imitare" i prodotti

originali sono molteplici. Uno tra i primi motivi sono le emigrazioni di molti

italiani all’estero i quali emigrando si sono portati dietro i "segreti" della

tradizione alimentare.

Altro motivo è la delocalizzazione delle produzioni di alcune aziende

alimentari italiane in altri Paesi, dove esiste un’ampia disponibilità di materia

prima ma, soprattutto, il costo della manodopera è significativamente più

basso. In questi casi la "pirateria" diviene molto facile perché si riescono a

produrre degli ottimi alimenti a prezzi estremamente competitivi.

Non sono rari i casi in cui questi prodotti vengono importati anche in

Italia con etichette più o meno equivoche. Il danno maggiore è però arrecato

alle esportazioni perché sui mercati internazionali i consumatori trovano dei

prodotti obiettivamente molto simili, con un buon livello di sicurezza anche se

i sapori sono diversi, ma con prezzi diversi a sfavore di quelli italiani che

rischiano di restare sugli scaffali.

Le reti commerciali della grande distribuzione diffuse in tutto il mondo,

infine, contribuiscono ad incrementare questo fenomeno in quanto non esitano

ad evidenziare la convenienza economica dei prodotti "pirata" che trovano

facile consenso soprattutto tra quei consumatori che dispongono di un budget

ridotto per la spesa alimentare.

Nel settore agro-alimentare, l’espressione "Italian sounding" si usa per

indicare quei prodotti alimentari che "suonano" di italiano nel senso che

Questa immagine del Parmigiano Reggiano ci aiuta a

controllare la sua autenticità

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presentano un mix di nomi

italiani, loghi, immagini,

packaging e slogan ricon-

ducibili in modo evidente

all’Italia. In questo caso non si

tratta di alimenti contraffatti

come nell’agropirateria quanto

piuttosto di imitazioni, copie

low cost di prodotti che si sono impossessati del valore e della qualità dei

prodotti della filiera agroalimentare italiana.

Italian sounding è dunque sinonimo di prodotti che "richiamano"

falsamente l’italianità mediante l’uso di nomi e l’apposizione di etichette con

simboli dell’Italia come il Tricolore, il Colosseo o il Vesuvio, pur non avendo

affatto un’origine italiana.

La fantasia nel coniare o evocare l’italianità dei prodotti è alla base di

questo fenomeno che oltre ad ingannare milioni di

consumatori provoca danni economici al vero "made in

Italy" per miliardi di euro all’anno: e così il parmigiano

reggiano diventa Parmesao (brasiliano), Regianito

(argentino), Parmesan (statunitense), il prosciutto di

Parma diventa "Parma Ham" e "Daniele Prosciutto"

negli Stati Uniti, e poi la "Tinboonzola" dell’Australia,

la "Mortadela" del Brasile, la "Cambozola" in

Germania, Austria e Belgio, la "Robiola" del Canada.

Ma se, da un lato, il richiamo all’italianità è molto importante per

l’industria alimentare nazionale che così riesce ad esportare importanti

quantità di derrate in tutto il mondo, dall’altro lato però favorisce, su molti

mercati esteri, il fenomeno dell’Italian sounding da parte di abili produttori

che vendono per "italiani" prodotti che di italiano hanno poco o niente.

Così, non è difficile trovare nei supermercati di Tallin o di Copenaghen

confezioni di pasta che richiamano l’Italia, salvo poi leggere attentamente le

etichette e scoprire che si tratta di pasta prodotta nella Repubblica Ceca.

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E’ evidente quindi che per il consumatore l’etichetta che richiama l’Italia

è un elemento importante, ma accessorio, in quanto il prodotto "copia" è

realmente molto simile a quello originale.

In pratica, molto spesso dietro un "sounding italian food product" c’è

una vera e propria ricerca scientifica che può consentire di ottenere degli

alimenti con ottime caratteristiche organolettiche e nutrizionali cui la

parvenza di italianità è soltanto un mezzo di espansione commerciale.

Non si può escludere, comunque, che in qualche caso questi prodotti

siano dello stesso livello di quelli originali. In questi casi, però, per

correttezza e trasparenza commerciale nei confronti dei consumatori, e del

mercato più in generale, i produttori stranieri, dopo un periodo di lancio di

"italianità", dovrebbero continuare la commercializzazione di questi prodotti

con il proprio marchio, evitando così ogni pericolo di confusione con il vero

made in Italy.

I prodotti Italian sounding, in fondo, sono il frutto dell’esperienza

maturata nei campi, nelle cucine e nelle botteghe artigianali di una volta dove,

senza saperlo, si svolgevano importanti ricerche scientifiche che hanno reso

possibile la produzione di tanti alimenti tipici presenti oggi sulle nostre

tavole. È però anche vero che ogni alimento tipico può essere migliorato e ne

possono essere creati dei nuovi. Da questo punto di vista, l’Italia ha forse

lasciato uno spazio incredibilmente ampio ai ricercatori di altri Paesi molto

meglio organizzati e capaci di introdurre alimenti innovativi di cui veniamo a

conoscenza attraverso la pubblicità e che ora, per molti aspetti, possono

rappresentare un problema per il settore agroalimentare nazionale e per la

stessa economia interna.

Le adulterazioni e le contraffazioni alimentari sono di diversi tipi e, tra

queste, alcune possono compromettere la sicurezza degli alimenti e, di

conseguenza, la salute dei consumatori.

Frodi alimentari: pericoli per la salute

In linea generale, i principali pericoli per la salute derivano dalla

contaminazione chimica e/o microbiologica degli alimenti come è avvenuto,

ad esempio, nel gravissimo caso del latte in polvere cinese contaminato con

melammina, che ha provocato la morte di alcuni neonati.

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La melammina, o melamina è un composto eterociclico fortemente

azotato, importante come materia prima per la realizzazione di polimeri. La

molecola non viene considerata particolarmente tossica, ma in presenza

di acido cianurico, composto peraltro utilizzato per elevare legalmente il

tenore di azoto nei mangimi animali in molti paesi, forma un composto

pericoloso.

La melammina non è comunque innocua e viene indicata nelle schede

di rischio come pericolosa se ingerita, inalata o assorbita attraverso la pelle.

L'esposizione cronica alle polveri può provocare tumori e danni

riproduttivi.

Il composto, in virtù della presenza del gruppo NH2 nella molecola e del

suo elevato tenore d'azoto, può falsare alcuni metodi di determinazione

analitica della concentrazione di proteine negli alimenti, in quanto le proteine

sono anch'esse formate da polimeri aminoacidici, dotati del gruppo

funzionale.

Il composto come già detto di sopra eleva la quantità di azoto nei

mangimi animali. Alcuni Paesi soggetti a meno controlli, hanno fatto uso di

questa sostanza, negli allevamenti. A questo punto la contaminazione, oltre

che causare direttamente danni all'animale stesso, si può estendere a ogni

derivato della filiera di produzione: carni, latte, uova, e prodotti industriali da

essi derivati come proteine del latte, uova in polvere, mangimi di origine

animale, integratori alimentari, e tanti altri.

Questo caso di presenza di melammina si è avuto in molti paesi oltre alla

Cina. La prima volta nel 2005, in tutto il Nord America, con fatti di evidenza

veterinaria e morte di animali da compagnia, e in seguito, come ho già detto

nel 2008 in Cina, con sofisticazione di latte in polvere. Il fatto ha causato in

primo luogo danni a carico dei reni, migliaia di intossicazioni e persino la

morte di alcuni bambini.

La contaminazione per melammina in Italia, effettivamente accertata

dalle analisi chimiche (dati fino ad ottobre 2008), riguarda esclusivamente tre

casi rilevati a cura dei NAS: due confezioni di latte sequestrate in provincia di

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Bari e una di yogurt in Campania, con concentrazioni dai 3 ai 22 mg/kg di

melammina (contro i 2,5 del limite legale), non letali ma comunque tossiche.

Fino ad ora, altri sequestri di diverse tonnellate di merce non hanno mai

dato esito a conferme analitiche di contaminazione. Sono state tuttavia

sequestrate, agli inizi di dicembre, due container al porto

di Ravenna contenenti proteine di riso provenienti dalla Cina e destinate ad

una società milanese, il cui contenuto, analizzato al laboratorio dell'Asl di

Ravenna, conteneva melammina.

Oltre al latte anche altri tipi di contaminazioni si sono evidenziate e

ancora purtroppo si evidenziano. Un esempio è quello delle "mozzarelle blu",

mozzarelle che, all’apertura della confezione, assumono una colorazione

bluastra a causa della presenza dello Pseudomonas fluorescens, un

microrganismo gram-negativo che in ambienti con carenza di ferro produce

un pigmento solubile fluorescente chiamato fluoresceina. Questo

microrganismo è capace di sottrarre il ferro complessato a proteine presenti

nell'organismo parassitato o sul substrato colturale e veicolarlo nella cellula

batterica.

Questo batterio è ritenuto privo di patogenicità per l’uomo, infettando

più che altro persone debilitate o immunodepresse. Pur non essendo patogeno

per l’uomo un alimento contenente Pseudomonas fluorescens è comunque un

alimento che non deve essere mangiato poiché la colorazione blu è,

comunque, un segno di un sistema di produzione che presenta delle anomalie

ed anche di una conservazione non del tutto adeguata.

Un episodio di mozzarella blu si è verificato in una scuola elementare

milanese che si forniva da Milano Ristorazione. L’azienda Milano

Ristorazione, di fronte a questo evento ritirò l’intero lotto di mozzarelle e il

campione colorato venne portato all’Istituto zooprofilattico per accertamenti.

Esso confermò la presenza di Pseudomonas fluorescens su uno dei sei

bocconcini di mozzarella portati ad analizzare.

Questo evento si verifica quando i latticini in questo caso le mozzarelle

vanno incontro ad alterazione di temperatura. Un periodo da considerare

pericoloso per questi eventi è l’estate. Questa stagione a causa delle alte

temperature favorisce la proliferazione di questi microrganismi.

La formazione di questo batterio e quindi il cambiamento di colorazione

del latticino in questione si forma più facilmente anche quando la mozzarella

viene aperta e consumata solo in parte. La rimanente quota lasciata in

frigorifero può colorarsi con più facilità. Un altro fattore da considerare è la

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temperatura del frigorifero. Quando il termometro segna + 8°C il colore si

può formare dopo una settimana di conservazione, se invece il formaggio

rimane a temperatura ambiente +20°C il colore anomalo si forma dopo 48

ore.

Dal punto di vista legislativo non esistono norme che prevedano un

limite per la presenza di Pseudomonas negli alimenti. Per quanto riguarda la

fonte di contaminazione, si ipotizza che possa arrivare alla mozzarella nella

fase produttiva, tramite l’acqua con cui viene raffreddata la pasta filata, nel

contesto di impianti di lavorazione non puliti correttamente, così che si forma

un biofilm, cioè una pellicola di microrganismi, difficile da eliminare. Quindi,

più che per la pericolosità del microrganismo in sé, la presenza di

Pseudomonas è preoccupante perché denota una non corretta igiene degli

impianti e del processo di lavorazione, il che potrebbe aumentare il rischio di

altre contaminazioni, anche più rischiose.

Il problema della presenza di questo batterio, ad oggi, è stato riscontrato

non solo su mozzarelle ma anche su altre tipologie di formaggi che, in alcuni

casi, hanno presentato colorazioni anomale, comprendenti anche il rosso.

Questo tipo di episodio si evidenzia comunque molto facilmente ogni

qualvolta che l’alimento o non viene conservato bene o le strutture non sono

pulite in modo giusto. Infatti l’episodio di mozzarella blu oltre che a Milano,

si è verificato anche a Frosinone, in Piemonte, Valle D’Aosta, diciamo che si

evidenzia spesso e ha toccato quasi ogni regione italiana.

Purtroppo questi casi continueranno ad esserci soprattutto su prodotti

come i latticini che devono essere conservati in opportune temperature e che

sono alimenti molto delicati.

Bisogna non comprare prodotti che arrivano dall’estero perché vanno

incontro a troppi sbalzi di temperatura quindi è buona abitudine soprattutto

per chi è italiano comprare tutte marche che sappiamo provengono dall’ Italia

quindi quando andiamo al supermercato è buona abitudine leggere anche la

provenienza del prodotto.

Le frodi commerciali e sanitarie purtroppo continuano a verificarsi in

tutto il mondo anche se è strano accendere la televisione e ascoltare ancora

cose a dir poco sconvolgenti. Vi sono molti casi molto recenti, uno tra questi è

il caso del ritrovamento di carne di cavallo non dichiarata in molti alimenti

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come tortellini, ragù pronto in barattolo, lasagne e tanti altri che di seguito

elencherò.

Uno tra i primi prodotti sequestrati sono state le lasagne Findus. Il

sequestro è avvenuto in Gran Bretagna. In Irlanda e Inghilterra il consumo di

carne equina è considerato un tabù. Purtroppo dalle analisi effettuate dalle

Autorità britanniche della sicurezza alimentare (Fsa) molte partite di lasagne

erano fatte di carne di cavallo invece che di manzo (all'insaputa dei

consumatori). Dalle analisi risulta che ben il 60% della carne contenuta nel

piatto surgelato era equina (in alcuni casi addirittura fino al 100%). Lo

scandalo ha colpito anche la Svezia, dove sono state ritirate ventimila

confezioni di lasagne surgelate.

La Findus Uk di fronte a tale situazione ha confermato con un

comunicato che le lasagne prodotte dall’industria francese Comigel

presentavano carne di cavallo, quindi la società di produzione ha subito detto

che i consumatori che avevano acquistato il prodotto andavano incontro a

risarcimento.

I controlli sono stati effettuati dopo che a metà gennaio le autorità

irlandesi avevano scoperto che hamburger venduti in catene della grande

distribuzione in Gran Bretagna e Irlanda, tra cui la Tesco, contenevano carne

di cavallo.

La Findus ha cominciato un ritiro delle sue lasagne. Anche i

supermercati Tesco e Aldi hanno ritirato una serie di piatti preparati dalla

Comigel. Il problema in Gran Bretagna al momento non è quindi di salute, ma

di tipo etico perché il cavallo è molto amato e rispettato.

Dopo le lasagne è toccato il sequestro di ravioli e tortellini della Nestlè

perché dalle analisi sono state rinvenute tracce di Dna di carne di cavallo pari

all'1%. Quindi dopo averlo fatto in Italia e Spagna, Nestlè ha deciso di ritirare

anche dagli scaffali di Francia e Portagallo i ravioli e tortellini di manzo

Buitoni, società che fa capo al colosso alimentare. In particolare i "Ravioli di

Brasato Buitoni" e "I Tortellini di Carne".

Poi c’è stato il sequestro delle polpettine di carne che venivano date nei

fast food ikea.

Questa scoperta è avvenuta nella Repubblica Ceca che ha allertato i

sistemi di controllo.

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Dopo questa scoperta i Nas hanno sequestrato e sospeso la vendita di

questo composto in 13 paesi Europei compresa l’Italia e infine per concludere

dopo le lasagne Findus, i ravioli e i tortellini Buitoni e le polpette dell'Ikea, è

stato sequestrato anche il Ragù Star. Anche lì è stata trovata carne di cavallo

non dichiarata in etichetta.

Sono state sequestrate 300mila confezioni. L'azienda si forniva di carne

macinata congelata proveniente dalla Romania e acquistata in Francia.

Si tratta di quattro sughi in particolare: il Gran Ragù con verdure (lotto

LH 044 - scadenza 13.02.2016), il Ragù Bolognese (lotto LH 045 - scadenza

14.02.2016), il Gran Ragù Classico (lotto LH 035 - scadenza 04.02.2016) e il

Gran Ragù Classico (lotto LH 032 - scadenza 01.02.2016).

Tutti prodotti dalla Star Stabilimento Alimentare Spa di Agrate Brianza.

I carabinieri del Nas hanno sequestrato 300mila confezioni per violazione

dell'articolo 515 del c.p. (frode commerciale) e stanno procedendo agli

accertamenti sulla filiera. Nei Ragù sotto accusa sono state utilizzate partite di

carne macinata congelata proveniente dalla Romania e acquistate dal fornitore

francese Gel Alpes di Saint Maurice - Manosque, già posto sotto attenzione

da parte delle autorità transalpine.

Le analisi effettuate non hanno dato un esito per quanto riguarda la

salute dell’uomo.

Il problema non è la carne di cavallo ma il vero problema è che queste

carni non sono state dichiarate e quindi non essendo state dichiarate non sono

rintracciabili e quindi noi consumatori fino all’altro giorno che abbiamo

acquistato questi prodotti sapevamo cosa compravamo ma non cosa

mangiavamo.

Da tempo la carne di cavallo è una carne pregiata perché si distingue per

la sua magrezza e per una caratteristica sapidità dalle sfumature dolciastre. Ha

un ridotto contenuto lipidico e un elevato contenuto in ferro. Considerata un

alimento nobile, viene spesso consigliata agli sportivi, ai bambini in crescita,

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in gravidanza e alle persone anemiche. In ogni 100 grammi di carne di cavallo

troviamo infatti 4 mg di ferro (più del doppio rispetto ai tagli bovini). Al

contrario di quello presente nei vegetali (primi tra tutti gli spinaci), il ferro

contenuto nella carne di cavallo risulta altamente biodisponibile e può essere

assorbito in proporzioni tre volte maggiori. Ha un colorito simile a quello

della carne bufalina ed è uniforme, privo di venature per la mancanza di

grasso adiposo. Il colesterolo è presente in proporzioni di circa 60 mg/100

grammi di carne - un quantitativo sicuramente non trascurabile ma

sovrapponibile a quello delle altre carni magre (bovino, maiale leggero e petto

di pollo).

A differenza delle altre, la carne di cavallo si distingue per un modesto

contenuto in glicogeno (0,5-1 grammi) che contribuisce a conferirle il tipico

sapore dolciastro.

Carne di: Acqua Glucidi Proteine Grassi Colesterolo Ferro Calorie

Bovino adulto (tagli p.)

74,0 0 21,5 3,4 52-68 1,6 117

Vitello 76,9 0 20,7 2,7 71 2,3 107

Maiale leggero (lombo)

70,7 0 20,7 7,0 62 1,3 146

Maiale pesante (lombo)

68,0 0 20,8 9,9 88 1,4 172

Coniglio (coscio) 72,0 0 21 5,9 60 1,0 137

Pollo (petto) 74,9 0 23,3 0,8 60 0,4 100

Cavallo 74,9 0,6 19,8 6,8 g 61 3,9 143

Il problema che si è verificato sul ritrovamento della carne di cavallo in

questi alimenti che ho descritto nelle righe precedenti sta nel fatto che come

detto in precedenza il composto non era etichettato cioè non è stato

menzionato negli ingredienti, quindi ovviamente non è carne rintracciabile

quindi non sappiamo da quale allevamento arriva e se questo allevamento o

animali utilizzati stavano in perfetta salute.

Purtroppo oltre alla carne di cavallo ci sono stati altri ritrovamenti che

riguardavano un topo morto all’interno di un

barattolo di fagiolini verdi, la presenza di cadmio

in una partita di cappesante e, infine, del veleno

per topi in una partita di insalata spedita dall’Italia

e destinata al mercato tedesco.

Il topo trovato morto è un episodio avvenuto

in Francia in un prodotto del supermercato

Carrefour, il gigante della distribuzione francese.

Il topo si trovava nei fagiolini Grand Jury,

prodotto premiato dal gruppo Carrefour, secondo

un'informazione de Le Parisien, confermata dall'azienda, che ha aperto

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un'indagine e ritirato grandi quantità del prodotto. Dopo il topo ritrovato in

Francia, c’è stato il momento delle cappesante al cadmio. Le capesante in

questione presentavano tracce di cadmio, in percentuale piuttosto alta. Il

ritrovamento è avvenuto a Chioggia (Venezia). Questi molluschi sono stati

pescati in acque vietate, ma venduti come se provenienti da acque sane. Una

frode, questa, messa in atto da 10 pescherecci chioggiotti e scoperta quando i

prodotti erano già arrivati sulle tavole dei consumatori. Purtroppo la cosa in

questo caso riguarda oltre alle capesante anche ad altri molluschi. Il cadmio è

un metallo pesante altamente tossico, il quale si lega principalmente alla

metallotioneina, una proteina plasmatica contenenti diversi gruppi sulfidrilici;

la proteina contenente cadmio viene eliminata attraverso la filtrazione

glomerulare per poi essere riassorbita dalle cellule del tubulo prossimale,

nelle quali provoca tossicità. La larga quota riassorbita spiega perché nelle

fasi iniziali dell'esposizione il cadmio venga debolmente escreto con le urine.

Successive e durature esposizioni fanno sì che la tossicità sulle cellule

tubulari porti all'incapacità da parte del rene di riassorbire il cadmio escreto,

con cadmiuria rilevante. Per la tipica patogenesi, il bersaglio principale del

cadmio è il rene. La malattia derivante è una glomerulopatia e una tubulopatia

e conseguente proteinuria. Con il tempo si instaura anche aminoaciduria,

glicosuria, iperfosfaturia e calciuria. Quest'ultimo elemento è il principale

responsabile dei quadri di osteoporosi, osteomalacia e calcolosi delle vie

urinarie presenti nei soggetti cronicamente esposti al cadmio. Le polveri e i

fumi di cadmio sono inoltre chiamati in causa come induttori di enfisema

polmonare e carcinoma polmonare. Altri quadri caratteristici sono l'atrofia

delle mucose nasali e conseguente anosmia. Vi può inoltre essere anemia da

carenza di ferro per riduzione dell'assorbimento del ferro, epatopatia e

colorazione giallognola dello smalto dentale.

Questo composto è altamente presente nell’ambiente infatti circa 25.000

tonnellate di cadmio sono scaricate nell'ambiente. Circa la metà di questo

cadmio è scaricata nei fiumi attraverso l'erosione delle rocce e un po' di

cadmio è scaricato in aria attraverso incendi boschivi e vulcani. Il resto del

cadmio è liberato attraverso le attività umane. I canali di scarico di cadmio

dalle industrie finiscono principalmente sui terreni.

Le cause di questi flussi residui sono per esempio

la produzione di zinco, l'implicazione di minerali

di fosfato e bio- concimi industriali. I canali residui

di cadmio possono anche entrare nell'aria

attraverso la combustione (domestica) dei rifiuti e

la combustione dei combustibili fossili. Grazie ad

alcune leggi soltanto poco cadmio ora entra nell'acqua attraverso

l'eliminazione di acqua di scarico da case o industrie.

La scoperta di questa truffa da parte dei pescatori è avvenuta mediante

tracciati radar dei viaggi delle barche dei pescatori, che pescavano nelle acque

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inquinate e vietate vicine al Delta del Po anziché nella zona di laguna di

competenza dell’Asl di San Donà di Piave.

I militari dell'Arma, scoprendo il raggiro dei molluschi pescati in acque

vietate, ma marchiati come se il prelievo fosse avvenuto in acque sane, hanno

potuto risalire alla frode da parte dei 10 pescherecci chioggiotti quando questa

era già avvenuta.

Queste sostanze chimiche che vengono scaricate in mare, sono molto

pericolose e purtroppo sono sostanze che si accumulano nei tessuti dei pesci e

costituiscono un grave pericolo per chi se ne ciba. Fra tutte le sostanze

chimiche che raggiungono il mare, oltre al cadmio, vi è anche lo zinco, il

piombo e il mercurio.

Si tratta di inquinanti molto resistenti alla degradazione che si

accumulano prevalentemente nei tessuti grassi degli animali marini e che

penetrano nella catena alimentare, con possibili conseguenze per la salute

umana. Il mercurio, ad esempio, è una sostanza estremamente tossica che, in

concentrazioni elevate, provoca danni al sistema nervoso. Il cadmio invece,

come già detto in precedenza, se accumulato nel corpo umano, può

comportare disfunzioni renali, decalcificazione dello scheletro e carenze

dell’apparato riproduttivo, senza escludere effetti cancerogeni. La IARC

(Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), lo classifica come

Cancerogeno per l’uomo di PRIMO GRUPPO.

Uno studio del MEDPOL (Programma dell’ONU per controllare e

ridurre l’inquinamento nel Mediterraneo riporta concentrazioni di mercurio

nelle triglie (Mullus barbatus) fino a 1 mg per pesci di un 1 etto prelevati

sulle coste nordafricane (dati dal rapporto "Transboundary Diagnostic

Analysis ", 2005).

In pesci della stessa specie e stesso peso sono stati rilevati 0.8 mg di

mercurio nel Tirreno, 0.2 mg nel golfo del Leone e nell’Egeo e inferiore a 0.1

mg nel Canale di Sicilia. I dati del MEDPOL riferiscono che nell’ Adriatico i

livelli di concentrazione di cadmio nei tessuti molli delle cozze, hanno subito

un’impennata tra il 2000-2003 raggiungendo i 0.4 – 1.2 mg per chilo di peso,

superando di 8 volte i livelli registrati negli ultimi 20 anni. Lo stesso vale per

lo zinco, le cui concentrazioni nel Mediterraneo sono aumentate notevolmente

negli ultimi 20 anni, fino a raggiungere i 210 mg/l nelle aree costiere

maggiormente inquinate. Pur essendo meno tossico per l’uomo degli altri

metalli pesanti, lo zinco può causare, però, danni al sistema riproduttivo di

molte specie marine. Nell’uomo l’eccessiva esposizione allo zinco può avere

effetti sulla circolazione, sull’apparato digerente, su reni, polmoni, pancreas e

sistema riproduttivo.

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Il piombo, invece, può ostacolare lo sviluppo del processo cognitivo e

delle prestazioni intellettuali nei bambini, nonché aumentare la pressione

sanguigna e le malattie cardiovascolari negli adulti. Inoltre il piombo viene

classificato dalla IARC come " possibile cancerogeno " per polmoni, stomaco

e cervello. I metalli pesanti scaricati in mare si accumulano nei tessuti dei

pesci e costituiscono un grave pericolo anche per la salute di chi se ne ciba.

Altro problema che in questi giorni si è verificato è il ritrovamento in

Germania di una partita di insalata romana importata dall'Italia contaminata

da veleno per topi. L'insalata fa parte di un gruppo di 110 cassette vendute

nella regione di Reno-Meno: 105 sono state distrutte mentre delle cinque che

mancano all'appello una sarebbe già stata venduta.

Delle cinque cassette mancanti, una è stata venduta in un mercato della

cittadina di Offenbach, mentre altre quattro sono già state smerciate ai

consumatori da venditori ambulanti. Per ora non si hanno notizie di

avvelenamenti. L'agenzia Dpa scrive che il commerciante tedesco all'ingrosso

Oezdemir di Francoforte ha ritirato tutte le insalate del produttore

"Ortofrutticola La Trasparenza". L'azienda produttrice della "insalata al

topicida" è Campana.

Queste sostanze anche se noi non ce ne rendiamo conto possono andare a

intaccare il nostro patrimonio genetico e creare delle gravi malattie.

A causa di queste frodi avvenute si è verificata una diminuzione del 30

per cento degli acquisti in Italia perché secondo una stima della Coldiretti sei

italiani su dieci hanno paura a tavola. Sempre secondo la Coldiretti, dopo la

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scoperta di un giro vorticoso di partite di carne che si spostano da un capo

all’altro dell’Europa attraverso intermediazioni poco trasparenti che

favoriscono il verificarsi di frodi ed inganni, a danno delle imprese e dei

consumatori, la situazione non può essere affrontata semplicemente con un

aumento momentaneo dei controlli, perché è ormai chiaro che si tratta di

una truffa non occasionale ma sistematica che ha coinvolto piccole aziende

ma anche i grandi marchi dell’agroalimentare mondiale, dalla Buitoni alla

Star fino alla Findus.

Per evitare il ripetersi in futuro di altre emergenze e di chiarire ogni

dubbio sulle effettive caratteristiche del cibo che si porta a tavola occorrono

interventi strutturali come l’obbligo di indicare la provenienza degli alimenti

in etichetta per farla conoscere ai consumatori e scoraggiare il proliferare di

passaggi che favoriscono le truffe. Ma per evitare danni economici e

occupazionali, le piccole e le grandi aziende multinazionali soprattutto se

titolari di marchi prestigiosi dovrebbero anche valutare concretamente

l’opportunita’ di evitare forniture di prodotti di dubbia qualita’ e di

origine incerta per acquistare invece al giusto prezzo prodotti locali e

certificati che non devono percorrere lunghe distanze con mezzi inquinanti.

Ma come ben sappiamo noi possediamo già un ampio sistema normativo

ed organizzativo per la tutela della sicurezza degli alimenti finalizzato a

prevenire e a ridurre al minimo i pericoli per la salute dei consumatori, sia in

ambito europeo che nazionale, ma purtroppo anche con questo sistema a

quanto pare ci sono ancora dei problemi.

Questo sistema normativo nasce il 1° gennaio 2005, sistema introdotto

dall’Unione Europea in tutti i Paesi membri, e quindi anche in Italia. Il

sistema consiste nella "tracciabilità" degli alimenti "dal campo alla tavola"

per garantire cibi sani e sicuri lungo tutta la filiera produttiva fino al

consumatore. Questo sistema impone a tutti gli operatori del settore

alimentare, dalla produzione agricola primaria fino alla distribuzione finale, di

predisporre procedure che consentano di identificare ogni singola fase del

processo produttivo in maniera tale da poter risalire alla causa di un eventuale

rischio sanitario e, di conseguenza, disporre l’immediato ritiro dal mercato e

dal consumo del cibo pericoloso, individuando anche eventuali responsabilità

individuali.

Fino al 2005 erano rintracciabili solo alcuni prodotti, quali carni, pesce e

uova, quelli cioè più a rischio per la salute del consumatore. Dal 1° gennaio

2006, con l’entrata in vigore di una serie di nuovi Regolamenti europei in

materia di sicurezza alimentare noti come "Pacchetto Igiene", l’obbligo della

rintracciabilità è stato esteso a tutti i prodotti agroalimentari, il che consente

di individuare qualsiasi prodotto in ognuna delle fasi del ciclo produttivo.

Oltre alla tracciabilità è stato istituito, a livello europeo, anche il Sistema di

Allerta Rapido per gli alimenti e i mangimi (RASFF), sotto forma di rete, a

cui partecipano la Commissione Europea, l’EFSA (Autorità per la Sicurezza

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Alimentare) e gli Stati membri dell’Unione, per la notifica in tempo reale dei

rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti

o mangimi. In caso di frode tossica o di prodotti nocivi o pericolosi per la

salute pubblica il Sistema di Allerta Rapido prevede il ritiro dal mercato dei

prodotti pericolosi da parte del produttore e degli altri operatori economici

della catena alimentare (grossisti, trasformatori, negozianti, ristoratori ecc...);

nel caso di "rischio grave ed immediato" (es. tossina botulinica), oltre a

disporre immediatamente il sequestro dei prodotti tramite l’intervento del

Comando Carabinieri della Sanità e degli Assessorati Regionali, la procedura

di emergenza può essere integrata con comunicati stampa con informazioni

dirette ai cittadini sul rischio legato al consumo di quel determinato prodotto e

sulle modalità di riconsegna dell’alimento alla ASL territorialmente

competente.

Nella gestione del rischio alimentare, è di fondamentale importanza

l’organizzazione dei controlli che coinvolge le aziende produttrici degli

alimenti e, a cascata, le strutture pubbliche di controllo. Ma anche la

responsabilizzazione delle industrie alimentari ha un ruolo fondamentale nel

garantire la sicurezza dei prodotti e, per questo, è stato previsto un sistema di

autocontrollo obbligatorio (HACCP e Manuali GHP) molto rigoroso per tutti

gli operatori che, a qualunque livello, facciano parte della filiera alimentare

nelle fasi della produzione, lavorazione, confezionamento, distribuzione,

deposito, vendita e somministrazione, in modo da garantire il rispetto dei

requisiti igienico-sanitari degli alimenti previsti dalle normative vigenti.

Naturalmente, questo sistema ufficiale destinato a garantire la sicurezza

dei prodotti alimentari e la salute dei consumatori può operare concretamente

solo in un contesto di normalità e legalità, mentre nel caso di alimenti

contraffatti o "pirata" è facile supporre che le regole di produzione non

vengano rispettate e, quindi, il rischio di consumare prodotti potenzialmente

pericolosi per la salute sono consistenti.

Questo rischio può avverarsi anche quando l’obiettivo truffaldino è

soltanto merceologico. Così, ad esempio, se si intende mettere in vendita un

formaggio o un salume "copia" di un prodotto tipico, non si fa molta

attenzione alle caratteristiche qualitative delle materie prime impiegate e nella

filiera produttiva potrebbero essere impiegati additivi alimentari o altre

sostanze utili per perseguire questo obiettivo truffaldino. Si tratta di

operazioni che non sempre sono facilmente rintracciabili nel prodotto finito.

Infatti, se ad esempio una materia prima impiegata contiene contaminanti

chimici e/o microbiologici, durante i processi di lavorazione questi

contaminanti vengono "diluiti" per cui una loro identificazione nel prodotto

finito diventa molto difficile. Gli additivi alimentari che possono essere

impiegati nella lavorazione o trasformazione sono dell’ordine delle centinaia

e le norme vigenti indicano con precisione le quantità che possono essere

aggiunte. Se però non esiste una chiara e veritiera indicazione nelle etichette,

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gli organi di controllo per risalire alla presenza di una sostanza presente a

concentrazione di qualche mg per chilo di prodotto dovrebbero lavorare per

dei giorni prima di arrivare ad un risultato concreto. Di questa difficoltà dei

controlli ne è perfettamente consapevole chi produce illegalmente ed

approfitta della situazione per agire spesso indisturbato.

Un esempio per tutti è l’olio extravergine di oliva che si trova in

commercio in bottiglie ad un prezzo estremamente basso. In mancanza di

un’etichetta chiara, è molto probabile che queste

bottiglie siano state riempite con olio di oliva di

importazione da altri Paesi, il consumatore non può

conoscere l’origine dell’olio e ovviamente non sa

in quale modo sono state coltivate le olive e se sono

stati utilizzati dei fitofarmaci per combattere le

malattie delle piante. L’unico fatto certo è che la

produzione, la trasformazione e la distribuzione degli alimenti garantisce ai

consumatori un ottimo livello di sicurezza solo se sono effettuate nel rispetto

delle norme di legge.

Le frodi alimentari non costituiscono solo un pericolo per la sicurezza e

la salute dei consumatori, ma rappresentano anche un grave problema

economico per le imprese e per il settore agroalimentare italiano

particolarmente ricco di prodotti di eccellenza, con elevati standard produttivi

e certificazioni di qualità.

Il fenomeno dell’agropirateria e soprattutto l’Italian sounding, secondo

le stime più recenti delle principali organizzazioni di categoria dei produttori

agricoli, colpisce fortemente l’Italia, la quale detiene oltre il 22% dei prodotti

certificati registrati complessivamente a livello europeo. A questi vanno

aggiunti gli oltre 400 vini DOC, DOCG e IGT e gli oltre 4.000 prodotti

tradizionali censiti dalle Regioni e inseriti nell’Albo nazionale.

Una lunghissima lista di prodotti che ogni giorno, però, rischia il

"taroccamento" con un enorme volume d’affari illegale che provoca danni

altrettanto ingenti all’agricoltura, andando a colpire l’intera filiera italiana

impegnata in produzioni di qualità.

Si tratta, infatti, di un settore, quello dell’agricoltura, che rappresenta il

15% del PIL e il 10% dell’occupazione nazionale e che subisce senza tregua

un vero e proprio assalto: solo il business dell’agropirateria nei confronti del

Made in Italy viene stimato in 7 milioni di euro l’ora e in 60 miliardi di euro

l’anno.

Il fenomeno riguarda tutte le denominazioni d’origine, con alcuni

prodotti più colpiti rispetto ad altri, che poi sono quelli che costituiscono

l’80% del fatturato DOP e IGP: parmigiano reggiano, grana padano, asiago,

pecorino, fontina, prosciutti e poi vini, oli, conserve di pomodoro, pasta,

aceti.

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Dal punto di vista delle imprese, la contraffazione svilisce anche la

funzione tipica del marchio che è quella della riconoscibilità di un prodotto da

parte del consumatore: attraverso di esso, infatti, il consumatore individua

immediatamente le caratteristiche e la qualità di quel determinato prodotto,

mentre il "tarocco", ovvero il falso prodotto, provoca sicuramente una perdita

di fiducia a causa dell’incertezza dell’origine e della sicurezza delle materie

prime utilizzate.

E così, da una parte i consumatori sono truffati e dall’altra i produttori

derubati: sono circa 50.000, infatti, le aziende agricole italiane che hanno

chiuso nel 2011 a causa dei danni provocati dall’agropirateria. Le aziende

oneste, di fronte a questa situazione non possono sostenere una concorrenza

sleale messa in atto, con minori costi di produzione e di manodopera, da chi

commercializza prodotti contraffatti, in quanto la produzione di qualità

richiede innovazione, investimenti, dispendio di risorse umane ed economiche

laddove, dietro le truffe alimentari si tende invece, aggirando le regole,

all’abbattimento dei costi immettendo sul mercato prodotti di scarsa qualità e

a prezzi assai inferiori.

L’impresa che agisce nella legalità subisce danni enormi in termini di

mancate vendite, perdita di immagine e di credibilità del marchio, spese per la

tutela legale, con forti ripercussioni anche sull’occupazione non solo in

termini di perdita di posti di lavoro, ma anche di sfruttamento e minore

sicurezza delle stesse condizioni dei lavoratori, quasi sempre extracomunitari,

che vengono impiegati nelle produzioni alimentari "pirata".

Ogni anno, il bilancio dei danni provocati dall’agropirateria alle imprese,

ai consumatori ed anche all’erario attraverso l’evasione fiscale, diventa

sempre più grave: nel 2011, la lotta alla contraffazione dell’agroalimentare

Made in Italy ha fatto registrare circa 37 milioni di euro di prodotti

sequestrati, con un totale di 8.700 sanzioni amministrative e 1.300 persone

segnalate all’Autorità giudiziaria, frutto di oltre 79.000 controlli.

Oggi, i controlli contro l’agropirateria sono effettuati dagli organi

ufficiali ai quali si affiancano quelli dei Consorzi di tutela dei prodotti di

qualità certificati, ma la loro azione non è sufficiente di fronte ad un

fenomeno dalle enormi proporzioni, che non dà tregua e che, per questo,

richiederebbe una tutela dei prodotti anche al di fuori del territorio

dell’Unione europea, cosa che ridurrebbe sicuramente il fenomeno,

rappresenterebbe una maggiore sicurezza per tutti i consumatori ed un

considerevole aumento della ricchezza nazionale, anche attraverso nuova

occupazione.

Con la globalizzazione dei mercati agroalimentari, i rischi per i

consumatori di imbattersi in prodotti contraffatti, adulterati, sofisticati, a volte

addirittura nocivi per la salute, sono elevati e all’ordine del giorno. Il settore

alimentare è sicuramente quello nel quale l’esigenza di tutela dei consumatori

è più forte, innanzitutto per la stretta connessione tra corretta nutrizione e

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salute, ma anche perché la spesa alimentare incide sempre più fortemente sul

bilancio domestico. Di fronte alle frodi alimentari è allora indispensabile per i

consumatori conoscere quali strumenti di tutela hanno a disposizione in modo

da esser certi di non essere ingannati nelle proprie scelte e danneggiati sotto il

profilo economico.

Lo strumento di tutela più importante è rappresentato sicuramente

dall’Etichettatura.

Nell’etichetta e sulla confezione sono racchiuse, infatti, tutte le

indicazioni di legge che rappresentano e descrivono un prodotto alimentare.

L’etichetta rappresenta, infatti, una sorta di carta d’identità del prodotto,

il principale collegamento tra produttore e consumatore e per questa sua

funzione deve essere obbligatoriamente redatta in modo chiaro ed esaustivo,

oltre che veritiero.

Il 22 novembre 2011 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale

dell’Unione Europea il Regolamento (UE) N. 1169/2011 che ridefinisce la

normativa sull’etichettatura alimentare introducendo rilevanti novità sia per la

sicurezza dei milioni di consumatori europei, che potranno compiere scelte

più salutari e mirate nell’acquisto di cibi, sia per la piena trasparenza della

filiera e una maggiore tutela della qualità dei prodotti anche contro

l’agropirateria e l’Italian sounding.

Il Regolamento prevede, infatti, l’obbligo di fornire precise informazioni

nutrizionali sui prodotti alimentari, di inserire avvertenze sulla presenza negli

alimenti di eventuali sostanze potenzialmente pericolose per la salute nonché

di evidenziare la presenza di allergeni. Viene introdotto, inoltre, il divieto di

indicazioni fuorvianti per il consumatore ed una migliore leggibilità dei testi,

essendo stata definita la dimensione minima dei caratteri. Per quanto riguarda,

invece, l’indicazione dell’origine degli alimenti, la sua obbligatorietà viene

estesa ad alcune categorie di prodotti, mentre per altre, purtroppo, il

Regolamento prevede tempi più lunghi. In ogni caso, il nuovo Regolamento

non è entrato subito in vigore poiché i singoli Stati, compresa l’Italia, devono

recepire le nuove misure entro tre anni e cinque anni per le informazioni

nutrizionali.

L’uomo ha il diritto al cibo è anche diritto a saper cosa mangia ed in tal

senso il regolamento 1169 dell’Unione Europea inizia evidenziando che: "La

legislazione alimentare si prefigge di consentire ai consumatori di compiere

scelte consapevoli in relazione agli alimenti che consumano e di prevenire

qualunque pratica in grado di indurre in errore il consumatore". In tutte le

forme di comunicazione pubblicitaria dovrà essere rispettata la garanzia di

trasparenza e la lealtà dell’informazione e le etichette dovranno riportare gli

allergeni presenti, i valori nutrizionali, indicazione del paese di origine,

scadenza e in più è richiesta per gli alimenti che le etichette siano leggibili e

con il divieto da parte delle industrie di indicazioni fuorvianti per i

consumatori.

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Gli allergeni sono dei composti molto importanti da essere riportate sulle

etichette poiché le allergie a determinati composti o alimenti stanno

aumentando in modo vertiginoso. Gli allergeni sono delle sostanze

solitamente innocue per la maggior parte delle persone, ma che in taluni

individui (i soggetti allergici) sono in grado di produrre

manifestazioni allergiche di varia natura (asma, orticaria, etc.). Una persona

allergica può entrare in contatto con gli allergeni in molti modi, uno tra questi

è anche il cibo.

Categoria Classificazione: E Allergeni chimici

Coloranti da E 100 a E 199 Giallo crinolina, giallo-arancio S, azorubina, amaranto, eritrosina, Ponceau 4R, blue patent, indigo carminio, nero brillante, ossido di ferro rosso, cocciniglia, tartrazina

Preservanti da E 200 a E 299 Acido sorbico, Benzoato di sodio, Metabisolfito di sodio, Nitrato di sodio

Antiossidanti da E 300 a E 321

Butilidrossianisolo (BHA), propil-gallate, butilidrossitoluolo (BHT), tocoferolo

Esaltatori di sapore

E621 Glutammato monosodico

Sostanze naturali

Vari Acido salicilico, ammine biogene, acido p-idrossi-benzoico, esteri acidi, fragranze

La maggioranza degli allergeni alimentari finora studiata mostra

caratteristiche comuni: si tratta di glicoproteine solubili in acqua, di basso

peso molecolare (10-70 kd) e stabili all’azione del calore, delle proteasi e in

ambienti acidi. Le reazioni allergiche sono dose-indipendenti e sono quindi

sufficienti piccole quantità dell’alimento contenente l’allergene per

determinare la risposta del sistema immunitario e provocare i relativi sintomi.

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La Commissione per il Codex Alimentarius, la Commissione Europea e altre

organizzazioni internazionali hanno definito i criteri scientifici per la

selezione degli alimenti allergizzanti da indicare nelle etichette alimentari. Le

etichette di tutti gli alimenti sono regolate, infatti, dalla Direttiva 2003/89/CE

e successive modifiche. L’individuo allergico ha, grazie a questa normativa,

la possibilità, leggendo attentamente le etichette, di essere informato e

prevenire le eventuali allergie alimentari da alimenti a lui proibiti.

L'allergia alimentare è una rapida ed esagerata reazione patologica del

sistema immunitario nei confronti di un alimento ingerito. Spesso è scambiata

erroneamente con l'intolleranza alimentare.

L’allergia alimentare è una reazione immunoimmediata alle proteine

degli alimenti mentre l’intolleranza è la capacità dell’organismo di essere

intollerante ad un determinato alimento come per esempio il lattosio, ovvero

l’organismo non riesce a digerirlo quindi la reazione non è immunologica

come accade per le allergie.

Questa patologia, se pur

raramente, può manifestarsi con

quadri clinici pericolosi per la

vita come lo shock anafilattico.

Le allergie alimentari causa di

anafilassi potenzialmente fatale,

sono dovute per l'80% dei casi

ad arachidi e nocciole. La reazione allergica determinata dagli alimenti è

causa di una variegata sintomatologia che può manifestarsi su vari organi ed

apparati come la pelle, l'apparato gastrointestinale, l'apparato respiratorio. Le

reazioni allergiche comportano un coinvolgimento di meccanismi immunitari,

IgE mediati e cellulo-mediati, che in termini fisiopatologici fanno parte delle

ipersensibilità immediata di tipo I.

Quando si manifesta una reazione allergica l’organismo agisce mediante

allergia per scacciare in questo caso la proteina ingerita che risulta

all’organismo come antigene. Tra gli alimenti maggiormente coinvolti nelle

allergie alimentari vi sono il latte, le uova, la soia, le arachidi, le nocciole, il

pesce, i crostacei e molti altri alimenti capaci di far degranulare i mastociti

liberando l'istamina in essi contenuta. Oltre agli allergeni alimentari abbiamo

anche allergie da alimenti che derivano dai componenti ultimi degli alimenti

ossia i così detti allergeni chimici.

Altra cosa importante è il valore energetico (Kcal) e la quantità di grassi

saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale devono essere indicati in una

tabella comprensibile al consumatore, riportata sull’imballaggio, insieme e nel

medesimo campo visivo. Tutte le informazioni devono essere espresse per

100 g o per 100 ml e possono, inoltre, essere espresse anche in porzioni.

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Poi abbiamo come altro

componente di etichetta la provenienza

cioè il Paese dove il prodotto è stato

fabbricato, è una nota importante non

solo per i prodotti confezionati ma

anche per le carni fresche bovine,

suine, ovine, caprine e avicole. Questa

nota non è ancora prevista, invece,

come obbligatoria su altre categorie di

cibo, come latte e carne impiegati

come ingredienti, alimenti non

trasformati, alimenti mono-ingrediente

e ingredienti che rappresentano più del

50% dell’alimento.

Altre due cosa che ci possono

sembrare futile ma che hanno una grossa importanza sono la leggibilità e il

divieto di indicazioni fuorviante per i consumatori. Tutte le informazioni del

prodotto devono essere riportate sulle etichette in modo chiaro, trasparente,

facilmente identificabile e comprensibile dal consumatore.

In base alle nuove regole sulla dimensione

minima dei caratteri, per le diciture

obbligatorie, le etichette dovranno avere

caratteri tipografici minimi non inferiori a 1,2

mm (prendendo come riferimento la "x"

minuscola), oppure 0,9 mm se le confezioni

presentano una superficie inferiore a 80 cm².

Per la superficie inferiore a 10 cm²,

l’etichetta potrà riportare solo le informazioni

principali (denominazione di vendita, allergeni, peso netto, termine minimo di

conservazione, ecc.) disponendole nella posizione più favorevole. Se avviene

all’interno dell’alimento da parte della fabbrica la sostituzione di un

ingrediente con un altro deve essere indicata a caratteri ben visibili sulla parte

frontale dell’imballaggio accanto alla marca l’avvenuta sostituzione. Inoltre,

gli alimenti che imitano altri prodotti, ma che hanno ingredienti diversi,

dovranno essere immediatamente identificati, come nel caso dei simil-

formaggi. Altra cosa riguarda la carne e il pesce ottenuti da combinazioni di

più parti che devono essere indicati come "carne ricomposta" e "pesce

ricomposto".

E infine vi è la data di scadenza che deve essere presente sempre anche

sui prodotti confezionati singolarmente.

Esempio di etichetta alimentare

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A governare questi scambi economici e

contraffazioni c’è la criminalità organizzata, dalle

quali ricava ingenti quantità di denaro.

Secondo un rapporto sulla sicurezza alimentare

pubblicato recentemente, le autorità italiane hanno

effettuato oltre un milione di controlli in tutta la

filiera alimentare. Sono stati confiscati così 24

milioni di chilogrammi di merci per un valore di circa 850 milioni di Euro.

Sono stati sequestrati soprattutto quei prodotti commercializzati con successo

anche all’estero con l’etichetta “Made in Italy”, come mostra l’ultimo studio

dell’associazione italiana “Legambiente” e dell’associazione di consumatori

“Movimento per il Cittadino”. Tra le specialità enogastronomiche

maggiormente contraffatte figurano, insieme alla mozzarella e all’olio d’oliva,

anche i pomodori San Marzano provenienti da Paesi esotici, vino annacquato

e cozze coltivate in acque inquinate.

La criminalità organizzata si nasconde dietro il fiorente commercio

illegale. La cosiddetta Agromafia costituisce solo una minima parte dei

guadagni miliardari registrati ogni anno dalle organizzazioni criminali

italiane. Cosa Nostra in Sicilia, la ‘Ndrangheta calabrese e la Camorra dalla

Campania sono infiltrate in quasi ogni settore economico. Esponenti mafiosi e

intermediari provenienti dall’industria e dalla politica tutelano anche in questi

ambiti gli interessi commerciali delle organizzazioni criminali. Nel settore

alimentare sono coinvolti quasi 50 diversi clan mafiosi.

La Coldiretti stima in almeno 12,5 miliardi di Euro il giro d’affari annuo

per le agromafie. Le organizzazioni criminali operano in tutta la filiera

alimentare, dalla raccolta alla produzione sino all’imballaggio e alla

commercializzazione. Anche ai varchi di frontiera e nei porti italiani, come

confermano anche la Polizia di Frontiera e la Guardia Costiera, queste

organizzazioni sono molto attive nell’Import-Export. Nell’ultimo anno le

autorità hanno confiscato un gran numero di prodotti di provenienza cinese.

Sono state sequestrate anche merci contraffatte o contaminate che da India,

Turchia e Germania giungevano in Italia.

Secondo Legambiente il commercio di alimenti contraffatti è diventato

negli ultimi anni particolarmente redditizio poiché la crisi economica

internazionale ha portato ad una crescente domanda di specialità "Made in

Italy" a basso prezzo sia in Italia che all’estero. Prodotti molto amati come il

Parmigiano o il prosciutto di Parma, un tempo tra gli alimenti più cari, sono

disponibili anche a prezzi stracciati. A tal proposito diverse associazioni di

consumatori hanno lanciato l’allarme. Con prodotti low cost il rischio che

siano contraffatti o adulterati è davvero alto.

I consumatori dovrebbero fare sempre più attenzione al rapporto

qualità/prezzo e leggere attentamente le etichette sulle confezioni. Il

Presidente di Legambiente Vittorio Cogliatti Dezza si è detto favorevole a

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pene più severe per reati legati alla contraffazione alimentare, poiché alimenti

contraffatti o contaminati metterebbero in serio pericolo la salute dei

consumatori.

Eppure nel grande business alimentare non si nascondono solo rischi per

la salute. Il commercio illegale ha effetti negativi anche sull’economia

italiana. Il danno economico che ne deriva ammonta nell’ultimo anno a più di

113 milioni di Euro. Le conseguenze oltrepassano anche i confini nazionali.

Per i prodotti Made in Italy, conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, il danno

di immagine in conseguenza dei vari scandali è notevole. Le violazioni dei

diritti umani, insieme alla produzione alimentare, sono ulteriore motivo di

preoccupazione. Nell’ultimo anno i media e le organizzazioni no-profit hanno

riferito di migranti africani inseriti e sfruttati come braccianti agricoli nel Sud

Italia dalla criminalità organizzata.

Questo cibo contraffatto e anche quello che appare a noi buono ma in

realtà magari contaminato nelle acque e nella terra da agenti chimici sempre

in maggiori quantità nell’ambiente ci portano allo stato di malattie croniche

come i tumori. In realtà le malattie che assalgono il nostro organismo

derivano la maggior parte da ciò che assumiamo ogni giorno, un esempio

semplice che mi viene da spiegare è quello di una qualsiasi macchina, nella

quale, se viene introdotta materia prima di scarsa qualità o materia prima

estranea a quel tipo di macchinario, la macchina va incontro a dei problemi e

dopo qualche anno si rompe e deve essere rottamata. La stessa cosa accade

per noi umani. Il nostro organismo è una macchina perfetta, una macchina che

assumendo ogni giorno cibi che contengono al di là della nostra conoscenza

sostanze nocive che ci creano quelle malattie molto temute che sono i tumori.

Un numero crescente di studi sta dimostrando l'importanza di una sana

alimentazione nella prevenzione del cancro. Non è facile fare calcoli precisi,

ma l’American Institute for Cancer Research ha calcolato che le cattive

abitudini alimentari sono responsabili di circa 3 tumori su 10.

In alcuni casi ciò dipende dalla presenza in alcuni cibi di sostanze che

favoriscono lo sviluppo della malattia:

i nitriti e i nitrati utilizzati per la conservazione dei salumi, per esempio,

facilitano la comparsa del tumore dello stomaco, tanto che in Italia questa

malattia è più diffusa nelle regioni in cui il consumo di questi prodotti è

maggiore. Più in generale gli studi epidemiologici hanno dimostrato che

un'alimentazione ricca di grassi e proteine animali favorisce la comparsa della

malattia, mentre la preferenza per gli alimenti ricchi di fibre, vitamine e

oligoelementi, come cereali integrali, legumi e verdure, sembra avere un

effetto protettivo.

Ci sono ormai molte prove che una sana alimentazione vada adottata fin

dalla più tenera età, ma non è mai troppo tardi per cambiare menu e, secondo

alcune ricerche, anche le persone alle quali è stato già diagnosticato il cancro

possono trarre vantaggio da una dieta più sana.

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La conferma viene da alcuni grandi studi, principalmente l'European

Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC), che ha indagato

sulle conseguenze per la salute delle abitudini alimentari degli europei; allo

studio EPIC hanno contribuito diversi scienziati italiani, sostenuti da AIRC.

Tra quelli che risentono di più della quantità e della qualità dei cibi ci

sono ovviamente i tumori dell'apparato gastrointestinale, e in particolare

quelli dell'esofago, dello stomaco e del colon-retto: si calcola che fino a tre

quarti di questi tumori si potrebbero prevenire mangiando meglio a tavola.

Importante è la scelta dei cibi anche per il tumore del fegato, organo

attraverso cui passano tutte le sostanze assorbite dall'intestino, e quindi

particolarmente esposto ai danni provocati da eventuali elementi cancerogeni.

L'azione locale di alcune sostanze (come ad esempio l'etanolo contenuto nelle

bevande alcoliche) può favorire lo sviluppo di tumori della bocca o della gola.

Gli studi più recenti hanno però messo in evidenza che l'azione del cibo

sul rischio di cancro è molto più estesa: il tipo di alimentazione influisce

infatti sullo stato di infiammazione che può predisporre a ogni forma di

cancro e sull'equilibrio ormonale che può favorire od ostacolare lo sviluppo

dei tumori della prostata nell'uomo e del seno, dell'ovaio e della superficie

interna dell'utero, l'endometrio, nella donna.

Purtroppo nei cibi che mangiamo ormai ci sono sostanze chimiche,

niente più è naturale come lo era molto tempo fa, quando si mangiavano non

come adesso molte cose genuine e che non facevano male.

Ѐ importante allontanare dalla propria dieta molti cibi spazzatura come

hamburger, hot dog, patatine fritte, soft drink come coca-cola e aranciata o

biscotti e tanti stuzzichini che pensiamo facciano bene al nostro metabolismo.

Le aranciate, le coca-cola, le gassose e tanti altri simili, apportano tante

calorie sotto forma di zucchero tanto che ci sono persone obese solo perché

che ne bevono grandi quantità. Sono inoltre gasate più o meno fortemente,

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favorendo l’insorgenza di una malattia seria come

la gastrite. Praticamente sempre contengono

conservanti che vanno ad intaccare la nostra flora

batterica intestinale (fanno il contrario dello

yogurt). Fino a pochi anni fa contenevano coloranti

cancerogeni, mentre adesso la cosa è migliorata,

anche se alcuni tipi sono considerati sospetti da

molti scienziati.

Poi abbiamo le merendine, i biscotti, i grissini, i

salatini e simili che sono tutti alimenti prodotti dalla moderna industria

alimentare. Sono quasi sempre alimenti pessimi. Tanto per incominciare

possiamo dire che il termine merendina ci porta alla mente qualcosa di dolce,

che associamo allo zucchero. Nelle merendine e simili, però, non è lo

zucchero il male peggiore, ma i pessimi grassi che vi sono presenti, non solo

saturi, ma spesso anche idrogenati, che alcuni dei maggiori esperti

internazionali reputano farmaci di membrana. Abbiamo quasi paura a

mangiare i grassi del pesce, della frutta secca e dell’olio extravergine d’oliva

che sono grassi miracolosi, della salute, che ci fanno vivere meglio e più a

lungo, mentre mangiano spesso senza neanche saperlo, grandi quantità di

margarine nascoste nelle merendine. Quando si guardano le etichette, i

prodotti con la scritta grassi idrogenati vanno lasciati sugli scaffali e magari i

dolci se vengono fatti in casa è meglio perché è meglio non mangiare nulla di

quello che è dolce o salato preconfezionato.

E infine abbiamo hamburger, hot dog, le patatine fritte e i kebab che,

anche se fatti in casa non sono un cibo sano ma se mangiati nei fast-food

fanno ancor più male.

Sono soprattutto ai ragazzi che spesso si trovano a scegliere tra mangiare

un Kebab o un panino al Mc Donald’s. Tra i due, forse il male peggiore è

sicuramente il panino di un qualsiasi fast food.

Il kebab è un misto di carne impilate su un pilastro di ferro. Le carni

utilizzate spaziano dal manzo, agnello montone. In Italia, paese non

mussulmano, spesso mettono anche il maiale. La carne radunata e compressa

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contro il pilastro viene immersa nel grasso. Durante la cottura il grasso viene

messo sulla cima, questo per non far bruciare il già instabile prodotto,

venendo poi letteralmente raschiato via dalla pila e riutilizzato. Degli

ingredienti non si sa mai nulla; la cosa sconvolgente è che quella carne può

essere vecchia e di pessima qualità; a nascondere il cattivo gusto ci sono le

tante spezie ed il grasso che vanno a coprire i sapori ed ad ingannare il palato.

Purtroppo i metodi di produzione del Kebab non rispettano le Norme

Igieniche. Il kebab non è a norma igienica. Molti utilizzano prodotti surgelati

importati dalla

Germania, con carne

proveniente da paesi

esteri extra UE. In

Europa le regole per

maneggiare la carne

sono rigide per

garantirne la qualità e

la sicurezza

.Il pollame, il

manzo, il maiale

devono essere divisi in

modo appropriato o

almeno segnalati, non

ci si può limitare a

gettare tutto insieme e

farlo cuocere. Il kebab,

se presenta carne non cotta bene può causare avvelenamento o di ammalarsi

di salmonellosi se la carne non è igienicamente controllata ed è contaminata

da Salmonella.

Senza contare che la cottura eccessiva e prolungata aumenta la

produzione di sostanze cancerogene all’ interno della carne stessa.

Su questi panini sono stati fatti degli studi da dei nutrizionisti inglesi di

LACORS (Local Authority Coordinators of Regulatory Services).

Lo studio LACORS è stato condotto su 494 panini acquistati in 76 aree

della Gran Bretagna e del nord dell’Irlanda. Di ogni panino sono stati

catalogati composizione della carne attraverso il DNA e valori nutrizionali.

Il 35 per cento dei panini conteneva carni diverse da quelle dichiarate, la

composizione del kebab variava da esercente ad esercente. Nella maggior

parte dei casi si trattava di carne di pecora o di un miscuglio di manzo e

pecora. Ma spesso si è scoperto che vengono aggiunti tacchino o pollo in

composizioni varie. Raramente ci si può imbattere in kebab di solo pollo

(5,1% dei casi) o in kebab composto in parte da carne di maiale (1,2% dei

casi). Questa, seppure un’eventualità rara, è una truffa ai danni degli ignari

consumatori musulmani per i quali la carne di maiale è tabù e per chi compra

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questi prodotti con la consapevolezza che siano composti dagli alimenti che

dicono.

In conclusione, per gli oltre 300 campioni valutati, nell’ 8,7% non è stato

possibile valutare il tipo di carne contenuta e la composizione è risultata a

rischio per la salute per contenuto di grassi, contenuto di grassi saturi e

contenuto di sale, in oltre il 90% degli oltre 300 campioni valutati (escluse le

salse e i condimenti).

E infine per concludere ci sono i Fast-food, anche se sarebbe più

opportuno chiamarli "killer-food". Essi vendono panini spesso pieni di

zucchero nell’impasto del pane per aumentare la sensazione di piacevolezza

nei giovani, con carne rossa ricca di grassi e pure della peggiore qualità, con

magari una foglia d’insalata verde giusto per acquietare la coscienza, patatine

fritte e il tutto condito con salse di vario tipo e per concludere e saziare ancora

di più, essi sono accompagnati anche a mezzo litro di una qualche bevanda

gassata.

Purtroppo questi panini hanno invaso anche l’Italia e quindi ora non sono

solo gli americani a mangiare questa roba ma anche noi italiani.

La cosa veramente grave è che questi fast-food truffano i consumatori

senza che essi se ne rendano nemmeno conto, attraverso pubblicità che

dichiarano anche il falso; quindi molte persone si fanno convincere dalle belle

immagini ed ecco che escono con i propri figli a mangiare fuori in uno di

questi fast-food. Uno tra i più famosi è ovviamente il Mc Donald’s, che

fornisce cibi sulla cui sicurezza ci sarebbe da dubitare.

Le malattie più comuni

verso cui conduce l'uso dei

cibi spazzatura sono l'obesità,

il diabete, malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro, depressione e tante

altre ancora non diagnosticate. Il cibo spazzatura è un cibo considerato

malsano a causa del suo bassissimo valore nutrizionale e la ricchezza di grassi

o zuccheri.

Un’azione legale contro i due colossi americani del fast-food,

McDonald’s e Burger King, li porterà, probabilmente, ad essere obbligati ad

apporre sui loro alimenti-spazzatura l’etichetta di avvertenza: può causare il

cancro.

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Gli alimenti prodotti da questi due grandi fast-food contengono

l’acrilamide che è una sostanza chimica prodotta dai cibi ricchi di carboidrati,

quali "french fries" o "potato chips", le famose "patatine fritte", le quali

vengono scaldate a elevate temperature. La presenza di questa sostanza fu

scoperta nel 2002 da alcuni ricercatori svedesi, la quale si presentava in alti

dosaggi e secondo le loro ricerche anche causa di cancro e danneggiamenti

agli organi riproduttivi. Quindi questa sostanza è vista da molti scienziati

inglesi, svizzeri e giapponesi con particolare "preoccupazione".

L’acrilamide è stata trovata in gran quantità sia nei punti vendita

McDonalds che Burger King, tale sostanza chimica si sviluppa quando

l’alimento si cucina su entrambi i lati a elevate temperature, naturalmente

finché non raggiunga quel tanto desiderato "effetto croccante". Il problema è

che più è alta la temperatura, più l’alimento diventa croccante e più

acrilamide si sviluppa.

Secondo un articolo pubblicato sul quotidiano inglese The Guardian, “gli

americani oggigiorno mangiano in media più di 13 kg di fritto per anno e 35

microgrammi di acrilamide per giorno.” La percentuale risulta di molto

superiore del livello che l’Organizzazione Mondiale della Sanità giudica

sicura. Questi risultati, e l’azione legale in corso cerca di pubblicizzare al

meglio queste scoperte tanto da preoccupare i giganti del fast-food tanto da

far calare le vendite dei loro prodotti.

Uno studio condotto da Paul Johnson e Paul Kenny dello Scripps

Research Institute nel 2008 hanno ipotizzato che il consumo di cibo

spazzatura possa alterare l'attività cerebrale in modo simile a quello provocato

dalle sostanze stupefacenti quali la cocaina o l'eroina.

Dopo molte settimane di uso abbondante di cibo spazzatura si è notato

che la parte del cervello di ratto destinata alle stimolazioni del piacere è

diventato insensibile richiedendo quantità sempre maggiori di cibo per

ritornare sensibile.

Nel 2007 il British Journal of Nutrition ha pubblicato uno studio secondo

il quale le madri che mangiano cibo spazzatura durante la gravidanza

aumentano la probabilità di malattie nei figli. Un articolo simile del 2008

suggerisce che le madri che mangiano cibo spazzatura durante la gravidanza o

in allattamento hanno figli che sono più inclini all'obesità. I bambini sono

anche più inclini a diabete, a colesterolemia e problematiche riguardanti la

circolazione.

Quindi è bene stare lontani da questi tipi di cibi perché anche se nel

momento in cui li mangiamo ci danno quel senso del piacere sono un tipo di

frode nascosta, che solo dopo varie esposizioni e dopo anni mostra i suoi veri

effetti quando ormai i danni all’organismo si saranno ormai stati manifestati,

spesso anche in modo grave: ricordiamo che questi cibi possono anche essere

causa di tumori.

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Purtroppo più andiamo avanti e più c’è la possibilità di ammalarci per il

cibo che introduciamo nel nostro organismo. Una causa di tutto ciò è l’uomo

affamato di denaro e quindi è lo stesso uomo che porta all’autodistruzione di

sé stesso.

Troppe sostanze nocive circondano uomini e animali e, a causa della

produzione di cibi a livello industriale e a spesso poco controllata dal punto di

vista della sicurezza, molte di queste sostanze vengono assunte con gli

alimenti e i risultati cominciano già ad essere sotto gli occhi di tutti.

Bibliografia

1) Wikipedia, l’enciclopedia libera

2) Il fatto alimentare

Art. pubbl. il 3 maggio 2011 Dario Dongo

Art. pubbl. il 9 gennaio 2012 Roberto la Pira

3) La Repubblica

Art. pubbl. il 10 maggio 2012 Tiziana de Giorgio

4) Altro consumo-news 10 maggio 2012

5) BBC-news 11 febbraio 2013-03-22

6) Proconsumo 25 febbraio 2013-03-22

7) MTV news 25 febbraio 2013-03-22

8) Virgilio Expo 6 marzo 2013 "Qualità alimentare"

9) Corriere della sera Nutrizione

Art. pubbl. 6 marzo 2013

Art. pubbl. 8 febbraio 2013

Art. pubbl. 18 febbraio 2013

Art. pubbl.25 febbraio 2013

10) Quotidiano

net 7 marzo 2013 Fonte Agi

Ultime notizie flash 8 marzo 2013 Assunta de Rosa

Italia dall’estero pubbl. in Svizzera

25 novembre 2012 Romina Spina

Satya Benessere natura 27 ottobre 2008 Satya Di Coste

Guida alla pirateria Unione Nazionale Consumatori