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1 Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa dei vescovi del Gambia, della Liberia e della Sierra Leone Città del Vaticano, 26-29 aprile 2010 A cura del SeDoc Servizio Documentazione della Radio Vaticana INDICE La Repubblica del Gambia p. 2 La Repubblica della Sierra Leone p. 4 La Repubblica della Liberia (1) p.6 La Conferenza interterritoriale dei Vescovi Cattolici di Gambia e Sierra Leone (ITCABIC) (2) p. 8 Le diocesi del Gambia, della Sierra Leone e della Liberia p. 9 Cronologia della Chiesa p. 10 Intervista a mons. Giorgio Biguzzi, ex Presidente della ITCABIC p. 12 La vita della Chiesa P. 16 La visita di Giovanni Paolo II in Gambia nel 1992 p. 34 Le visite ad limina p. 47 (1) Per un certo tempo la Liberia ha fatto parte dell’ITCABIT

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Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa

dei vescovi del Gambia, della Liberia e della Sierra Leone

Città del Vaticano, 26-29 aprile 2010

A cura del SeDoc – Servizio Documentazione della Radio Vaticana

INDICE

La Repubblica del Gambia p. 2 La Repubblica della Sierra Leone p. 4 La Repubblica della Liberia(1) p.6 La Conferenza interterritoriale dei Vescovi Cattolici di Gambia e Sierra Leone (ITCABIC)(2)

p. 8

Le diocesi del Gambia, della Sierra Leone e della Liberia p. 9 Cronologia della Chiesa p. 10 Intervista a mons. Giorgio Biguzzi, ex Presidente della ITCABIC

p. 12

La vita della Chiesa P. 16 La visita di Giovanni Paolo II in Gambia nel 1992 p. 34 Le visite ad limina p. 47

(1) Per un certo tempo la Liberia ha fatto parte dell’ITCABIT

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Repubblica del Gambia (Republic of the Gambia)

Superficie 11.295 kmq Confini e territorio Il Gambia è il più piccolo paese dell'Africa continentale: di forma stretta ed allungata, ricalca il corso del fiume omonimo. Confina a Nord, a Est e a Sud con il Senegal e si affaccia a Ovest sull‟Oceano Atlantico. Il

territorio è prevalentemente pianeggiante, costituito da depositi

alluvionali. Il clima è tropicale. Capitale Banjul Popolazione 1.593.000 ab. (A.St. della Chiesa 2007) Principali gruppi etnici Mandingo o Mandinka (circa un terzo della popolazione) Fula, Wolof, Jola, Serahuli. Lingua Inglese (ufficiale), Wolof Religione Netta maggioranza musulmana (86,9% secondo il Rapporto 2008 dell‟ACS). Seguono i fedeli delle religioni tradizionali

africane (7,8%) e i cristiani, di cui cattolici 0,2% (42.000 – Annuario Statistico della Chiesa 2007) Forma di Governo Repubblica presidenziale Presidente e Capo del Governo Yayah Jammeh (Alliance for Patriotic Reorientation and Construction - APRC), dal 23 luglio 1994, eletto il 26 settembre 1996, riconfermato nel 2001 e nel 2006. Unità monetaria Dalasi Indice di sviluppo umano 0,479 ( 155 ° posto)

Membro di CEDEAO, Commonwealth, OCI, ONU, UA e WTO, associato UE Cenni storici e quadro socio-politico Gravitante nell'orbita dell'impero Mali, la regione del fiume Gambia venne raggiunta dai portoghesi a fine sec. XV e colonizzata dai negrieri inglesi nel corso del '600. Possedimento inglese dal 1783, quindi colonia autonoma (1888) e protettorato (1935), sotto la guida del leader del Partito Progressista Dawda Jawara nel 1965 il Gambia ottenne

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l'indipendenza, trasformandosi nel 1970 da monarchia costituzionale in repubblica presidenziale. Le fortissime tensioni con la Libia (nel 1981 ispiratrice anche di un fallito golpe) spinsero Jawara a promuovere l'unificazione con il Senegal (1981) dando vita alla Confederazione del Senegambia, discioltasi nel 1989. Rieletto alla presidenza per la sesta volta nel 1992, nel 1994 Jawara fu rovesciato da un golpe militare guidato dal capitano Yayah Jammeh, dell‟”Alliance for Patriotic Reorientation and Construction” (APRC). Dopo che una nuova costituzione pose formalmente fine al regime dittatoriale (1996), Jammeh fu rieletto, praticamente incontrastato, nel 1997, nel 2001 e nel 2006. Nel gennaio 2007 si sono svolte le elezioni legislative vinte dall'APRC. Economia Popolata da poco più di un milione e mezzo di abitanti, di cui quasi la metà ha meno di 18 anni, il Gambia si classifica tra i paesi più poveri del mondo, con quasi l'80% della popolazione attiva occupata nell'agricoltura. Data la sua particolare posizione geografica, ha infatti poche risorse naturali. La principale risorsa economica del Paese è la coltivazione delle arachidi, come per altri Paesi dell'Africa occidentale, praticata su larga scala fin dai primi anni del Novecento. Alcuni progetti di espansione della risicoltura irrigua nelle zone umide del fondovalle, con l'assistenza tecnica e finanziaria di istituzioni internazionali, che avevano come obiettivo quello di aumentare il grado di autosufficienza alimentare, hanno avuto invece scarso successo, per la resistenza che tali iniziative hanno incontrato da parte delle strutture sociali e dei sistemi tradizionali di produzione delle comunità agricole cui erano rivolte. Notevole sviluppo hanno assunto invece l'orticoltura e la frutticoltura commerciale, la cui produzione invernale viene in parte diretta verso i mercati europei e in parte assorbita dalla crescente domanda locale, indotta dal turismo internazionale. Il tasso di malnutrizione sta crescendo di pari passo con l‟aumento del tasso di indigenza (che sfiora il 70%) e della scarsità alimentare, che interessa quasi il 40% della popolazione. Il tasso di analfabetismo si aggira intorno al 61%, mentre la speranza di vita è di 48 anni per gli uomini e 53 per le donne. (Fonti principali: Sapere.it; de Agostini)

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Repubblica della Sierra Leone (Republic of Sierra Leone)

Superficie 71.740 kmq Confini e territorio. Confina a Nord e a Est con la Guinea e a Sud-Est con la Liberia; a Sud e a Ovest si affaccia sull‟Oceano Atlantico. A una costa frastagliata segue una pianura alle cui spalle s‟innalza l‟altopiano culminante nei monti Loma (1948 m). Il clima è tropicale

con temperature elevate e piogge copiose. Capitale Freetown

Popolazione 5.744.000 ab. Gruppi etnici Mende o Mandingo (25% circa) della popolazione, Temne (25% circa), Limba, Kurango, Kono, Fulani, Kissi, altri. Lingua La lingua ufficiale è l'inglese, ma la maggioranza della popolazione parla idiomi sudanesi come il Temne, il Limba e soprattutto il Mandino. Religione Musulmani 45,9% (diffuso soprattutto tra i Mende); fedeli delle religioni tradizionali africane 40,4%; cristiani 11,5% (dati

Rapporto 2008 ACS) di cui cattolici 4,6% (267.000 – Annuario Statistico della Chiesa 2007). Forma di Governo Repubblica presidenziale Presidente e capo del Governo Ahmad Tejan Kabbah (SLPP), eletto il 17 marzo 1996, rieletto il 14 maggio 2002 Unità monetaria Leone Indice di sviluppo umano 0,335 ( 176 ° posto) Membro di CEDEAO, Commonwealth, OCI, ONU, UA e WTO,

associato UE Cenni storici e quadro-socio-politico La Sierra Leone ha il suo nucleo d'origine sulla costa, attorno alla baia di Freetown, che si prestava all'insediamento e alle attività portuali, e dove nel XIX secolo sorse una prospera colonia britannica, popolata da ex schiavi neri rimpatriati dall'America. Da qui prese forma la Sierra Leone, territorialmente estesasi poi verso l'interno fino ai limiti dell'espansione francese. È indipendente 27 aprile 1961 nell'ambito

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del Commonwealth, e il 19 aprile 1971 è diventata una Repubblica. Il Governo formato dal Congresso del popolo (APC) ha mantenuto salda la guida del Paese dal 1968 fino al 1992, quando con un colpo di Stato è salito al potere Valentine Strasser e si è sviluppata la guerriglia del Fronte unito rivoluzionario (RUF). Le elezioni del 1996 sono state vinte da Ahmad Tejan Kabbah, ma la guerra civile è stata sedata solo nel 2001, con l‟intervento delle forze di pace dell‟ONU. L‟ultimo contingente della missione UNAMSIL ha lasciato il Paese il 15 dicembre 2005. La frattura tra i discendenti degli ex schiavi neri rimpatriati dall'America e la popolazione originaria ha diviso il Paese fino ai nostri giorni. Ancor oggi gli ex schiavi, sempre privilegiati dagli inglesi, formano una minoranza occidentalizzata, fortemente conservatrice. Essa continua a dominare la scena interna, benché l'indipendenza del 1961 abbia sensibilmente trasformato la vita leonese, con una partecipazione più ampia che nel passato della parte restante della popolazione alla guida del Paese. Economia Benché non manchi di svariate risorse, specie minerarie (diamanti, minera li di ferro, bauxite ecc.), la Sierra Leone rimane uno dei Paesi più poveri del continente africano. La sua economia è fortemente condizionata dalle potenti società straniere che ne sfruttano i giacimenti minerari, pagando al governo Royalties non certo sufficienti per promuovere investimenti o realizzare infrastrutture di rilievo. L'altro principale settore produttivo, quello agricolo, è sottoposto a un eccessivo carico umano e ha rendimenti del tutto insufficienti. Non sono in effetti mancate, di recente, talune iniziative governative per cercare nuovi sbocchi e dare nuovi impulsi all'economia nazionale. Già nel 1973 la Sierra Leone e la Liberia avevano firmato il cosiddetto Mano River Agreement (Accordo del Fiume Mano), mirante, tra l'altro, a istituire un mercato comune tra i due Paesi. Nel 1980 vi aderì anche la Guinea e l'anno successivo l'unione doganale fra i tre Stati divenne operante. Resta tuttavia come fondamentale ipoteca sull'effettivo decollo economico del Paese il fatto che solo una modestissima percentuale della popolazione è occupata in settori produttivi moderni, dato il persistente prevalere di attività tradizionali di pura sussistenza. (Fonti principali De Agostini; Sapere.it)

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Repubblica di Liberia (Republic of Liberia)

Superficie 111.369 kmq Confini e territorio. Confina a Nord con la Guinea, a Est con la Costa d‟Avorio, a Ovest con la Sierra Leone e si affaccia a Sud sull‟Oceano Atlantico. Il clima è di tipo equatoriale, caldo-umido. Capitale Monrovia Popolazione 3.713.000 ab.

Lingua Inglese (ufficiale), dialetti sudanesi Religione Le religioni più diffuse sono il cristianesimo e quelle tradizionali africane, a cui si aggiunge una minoranza musulmana che rappresentano intorno al 15% della popolazione (dati del Rapporto 2008 dell‟ACS). I cattolici sono l‟8,2% (308.000 – Annuario Statistico della Chiesa 2007). Forma di Governo Repubblica presidenziale Presidente e capo del Governo Ellen Johnson-Sirleaf (UO), dal 16 gennaio 2006

Unità monetaria dollaro liberiano Membro di CEDEAO, ONU e UA, associato UE Cenni storici e quadro socio-politico La Liberia ebbe origine dalla decisione di un consorzio di società filantropiche statunitensi di acquistare nel 1821 un territorio nella Costa del Pepe, dipendente dalla colonia britannica della Sierra Leone, per crearvi un insediamento di schiavi neri americani affrancati (Monrovia, 1822). Benché osteggiata dalle popolazioni indigene, la colonia crebbe rapidamente e si proclamò repubblica indipendente nel 1847. Beneficiati dallo sviluppo dell'economia di piantagione (caucciù) i "libero-americani" monopolizzarono la vita politica con governi stabili (presidenze William Tubman, 1944-71, e William R. Tolbert, 1971-80) fino al 1980, quando un colpo di Stato portò al potere Samuel Kanyon Doe, esponente delle popolazioni locali. Il suo assassinio nel 1990 fu il prologo di una sanguinosa guerra civile a base etnica e politica, presto degenerata in faide tribali e guerre di bande caratterizzate da violenze inaudite (specie nelle regioni di confine con Guinea e Sierra Leone e della capitale Monrovia). Dopo i primi vani tentativi di mediazione della

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Comunità Economica degli Stati Africani e dell'ONU, nel 1996 un loro più deciso intervento impose ai vari "signori della guerra" la deposizione delle armi. Pur nell'incertezza di una pace dopo centinaia di migliaia di vittime e 2 milioni di profughi, nel 1997 la vittoria alle elezioni presidenziali di Charles Taylor (uno dei capi delle maggiori fazioni in lotta) doveva essere il primo atto di un difficile processo di normalizzazione. L‟instaurazione da parte di Taylor di un vero e proprio regime non ha tuttavia favorito, negli anni successivi, il progredire di tale processo e il Paese si è trovato sempre più trascinato in una guerra che ha coinvolto esercito regolare, bande armate interne e gruppi appartenenti a Paesi confinanti (Sierra Leone e Guinea). I rapporti con questi ultimi si sono normalizzati nel febbraio 2002 (Patto per la sicurezza delle frontiere). Nel 2003 la guerra civile tra i ribelli del LURD e le truppe governative è riesplosa, provocando l'intervento della comunità internazionale e il successivo esilio di Taylor. Al suo posto è stato designato Moses Blah che ha firmato un accordo di pace con i ribelli ad Accra. Successivamente i partiti politici, i gruppi ribelli e le organizzazioni civili presenti ad Accra hanno indicato Gyude Bryant alla guida del governo di transizione. Le elezioni presidenziali, svoltesi nel 2005, sono state vinte da Ellen Johnson-Sirleaf, ex Ministro delle Finanze sotto Taylor e prima donna a ricoprire questo ruolo in un Paese africano. Il 7 giugno 2006 ha iniziato la sua attività la Commissione per la verità e la riconciliazione, incaricata di indagare sui massacri della lunga guerra civile, mentre l‟ex dittatore Charles Taylor, accusato di crimini di guerra e contro l‟umanità, è stato trasferito all‟Aia per il processo. Nonostante le pressioni del governo, il 21 ottobre 2006 l‟ONU ha rinnovato di sei mesi l‟embargo sul commercio di diamanti liberiani. La pena di morte è stata abolita il 18 ottobre 2005.

Economia L‟economia della Liberia si caratterizza più ancora di altri Paesi africani per una forte dipendenza estera. Gli investimenti produttivi sono pressoché interamente stranieri, per la quasi totalità statunitensi e le grandi compagnie estere posseggono in pratica le maggiori ricchezze nazionali (caucciù o hevea e minerali ferrosi), mentre la maggioranza della popolazione attiva è dedita ad attività primarie di pura sussistenza. Sono in mano straniera anche le ferrovie e le più importanti infrastrutture portuali e aeroportuali; per finire, la Liberia possiede nominalmente la seconda marina mercantile del mondo, dopo Panamá, ma in effetti si tratta solo di una bandiera di comodo per le compagnie occidentali. (Fonti Sapere.it De Agostini agenzie)

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LA CHIESA IN GAMBIA, SIERRA LEONE E LIBERIA

Struttura

Conferenza episcopale: Inter-territorial Catholic Bishops' Conference of the Gambia and

Sierra Leone - ITCABIC (Conferenza interterritoriale dei vescovi cattolici del Gambia e della

Sierra Leone)

Presidente Mons. Patrick D. KOROMA, vescovo di Kenema

(eletto il 29 gennaio 2010 a succedere Mons. Giorgio BIGUZZI S.X.)

Vice Presidente Edward Tamba CHARLES, arivescovo di Freetown e Bo

Segretario generale Padre Henry ARUNA

Nunzio apostolico:

Mons. George ANTONYSAMY, arciv. tit. di Sulci

L‟ ITCABIC è stata costituita nel 1975 ed era inizialmente composta dai vescovi di tre Paesi: Gambia, Liberia e Sierra Leone. Nel 1998 i tre vescovi della Liberia si sono ritirati per costituire una propria Conferenza episcopale. L‟ultima plenaria si è tenuta dal 26 al 29 gennaio 2010 a Makeni. Tra i principali temi discussi la collaborazione tra i vescovi e i religiosi e la bozza di un documento per la Chiesa sulle politiche di tutela dell‟infanzia in Sierra Leone e Gambia. La Chiesa in Sierra Leone ha un suo sito: http://catholicchurchsl.org/itcabic

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Le diocesi La Chiesa è presente in Sierra Leone con una arcidiocesi metropolitana e due diocesi, mentre il Gambia conta una sola diocesi direttamente soggetta alla Santa Sede: GAMBIA Diocesi di Banjul Mons. Robert Patrick ELLISON, C.S.Sp. SIERRA LEONE Arcidiocesi metr. di Freetown e Bo Mons. Edward Tamba CHARLES Diocesi di Kenema Mons. Patrick Daniel KOROMA Diocesi di Makeni Mons. George BIGUZZI, S.X.

La Chiesa in Liberia conta una arcidiocesi e due diocesi suffraganee LIBERIA Arcidiocesi metr. di Monrovia Mons. Michael Kpakala Francis. Diocesi di Cape Palmas vacante Diocesi di Gbarnga vacante

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Cronologia schematica

della Chiesa in Gambia e Sierra Leone Gambia 1445 Arrivo dei primi missionari portoghesi. Fino al 1931 la storia della Chiesa locale sarà legata a quella del Senegal. 1931 Erezione della Missione di Gambia, staccata dal Vicariato apostolico del Senegambia e affidata ai Padri dello Spirito Santo (Spiritani) della Provincia irlandese. 1951 Erezione della Prefettura Apostolica di Bathurst elevata a diocesi dipendente direttamente dalla Santa Sede nel 1957. Dal 1974 la diocesi si chiama Banjul e comprende tutto il territorio del Gambia 1992 Visita pastorale di Giovanni Paolo II nel Paese. Sierra Leone XVI sec. La prima evangelizzazione della Sierra Leone inizia già nel XVI sec. ad opera di alcuni missionari portoghesi inviati dal Principe Enrico il Navigatore (1510). Nel 1532 viene istituita la diocesi di Santiago, Capo Verde e Alta Guinea che comprende anche i territori degli attuali Sierra Leone e Gambia. XVII-XVIII sec. L‟opera evangelizzatrice dei missionari portoghesi viene proseguita nel XVII secolo dai Gesuiti, il cui apostolato si svolge tra il 1604 e il 1720 e che riescono a convertire diversi re locali. Ad essi si affiancano per un certo periodo, nel XVII secolo, i Cappuccini. XIX secc. L‟opera missionaria riprende dopo quasi due secoli di stallo intorno alla metà del XIX sec. Nel 1843 la Sierra Leone fa parte della Missione delle due Guinee sotto il Vescovo Barron. Nel 1858 Viene eretto il Vicariato Apostolico di Sierra Leone, affidato alla Società delle Missioni Africane di Lione (SMA), ma il fondatore, mons. de Bresillac, insieme ai missionari inviati sul posto trovano la morte al loro arrivo a Freetown nel 1859. Nel 1860 il Vicariato è affidato ai Missionari dello Spirito Santo. 1866 Arrivano le Suore di San Giuseppe di Cluny. 1904-1950 Sotto l‟amministrazione dei vescovi John O'Gorman, Bartholomew Wilson C.S.Sp. e Ambrose Kelly, C.S.Sp., vengono aperte numerose missioni e scuole. 1948 Nel Paese arrivano le suore del Santo Rosario 1950 Erezione della diocesi di Freetown e Bo, affidata a mons. Thomas Brosnahan. 1952 Erezione della Prefettura apostolica di Makeni, elevata a Diocesi nel 1962 e affidata ai Missionari Saveriani. Il suo primo vescovo è mons. Augusto Azzolini. Oggi è retta da mons. Giorgio Biguzzi. Nella diocesi operano diverse Congregazioni religiose tra cui i Fatebenefratelli che

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hanno un ospedale a Lunsar, i Padri Giuseppini, che gestiscono scuole di formazione professionale, gli Agostiniani e le Agostiniane Recollette e le Missionarie della Carità. 1970 La diocesi Freetown e Bo viene elevata al rango di arcidiocesi. Il suo primo arcivescovo, mons. Thomas Brosnahan (1971-1980) e il suo successore, mons. Joseph Ganda (1980-2007), daranno un grande impulso alla promozione dell‟educazione cattolica in Sierra Leone. A mons. Ganda nel 2008 è succeduto mons. Edward Tamba Charles. 1970 Erezione della Diocesi di Kenema con territorio dismembrato dalla nuova arcidiocesi di Freetown and Bo. Attualmente è retta da mons. Patrick Daniel Koroma. (Fonti: catholicchurchsl.org; Guida delle Missioni Cattoliche – l.z.) Liberia Nel 1533 La regione è sotto la giurisdizione di Santiago de Cabo Verde. Sec. XVII La regione dipende dalla Prefettura Apostolica della Guinea Superiore. 1842 Padre Barron, Vicario di Philadelphia (USA) si reca a Cape Palma su richiesta di Propaganda Fide. Nel 1843 è nominato Vicario Apostolico delle due Guinee ed è raggiunto da sette Padri Spiritani 1844 Le condizioni climatiche costringono i missionari a lasciare la missione. 1858 La Liberia è affidata insieme ad altre zone a Melchior de Marion, fondatore della Società per le Missioni Africane (SMA) che muore a Freetown appena arrivato. 1844 Arrivano i Padri dello Spirito Santo (Spiritani) a Monrovia 1886 La missione è abbandonata a causa delle malattie e delle difficoltà con i protestanti. 1903 Erezione della Prefettura Apostolica della Liberia distaccata dal Vicariato di Sierra Leone e affidata ai Padri Monfortani che la abbandonano a causa delle condizioni climatiche. 1906 La Prefettura apostolica è affidata ai Missionari di Lione (SMA) 1934 Elevazione della Prefettura apostolica a Vicariato apostolico 1946 Primo sacerdote liberiano 1950 Erezione della Prefettura apostolica di Cape Palmas elevata a Vicariato apostolico nel 1962. 1972 Ordinazione del primo vescovo liberiano 1981 I Vicariati apostolici di Monrovia e Cape Palmas diventano, rispettivamente, arcidiocesi e diocesi suffraganea. 1986 Erezione della diocesi di Ggbanga, con territorio distaccato dall‟arcidiocesi di Monrovia. (Fonte: Guida alle missioni cattoliche)

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Intervista a mons. Giorgio Biguzzi,

ex Presidente della Conferenza interterritoriale dei

Vescovi Cattolici di Gambia e Sierra Leone

Cosa ci può dire sulla presenza cristiana e cattolica in particolare oggi in Gambia e Sierra Leone? La presenza cristiana e cattolica in queste due nazioni è diversa, nel senso che in Gambia c‟è

una netta prevalenza musulmana, mentre in Sierra Leone i musulmani sono sì in maggioranza, ma in una percentuale minore. (…)

Oggi la presenza cristiana in ambedue i Paesi è numericamente molto minoritaria: credo che nel Gambia non superi il 5 per cento, mentre in Sierra Leone c‟è una percentuale un po‟ più alta. Ma dal punto di vista dell‟impatto sociale è una presenza storicamente molto significativa, riconosciuta e forte (…) La Chiesa è presente su tutto il territorio nazionale, sia del Gambia che della Sierra Leone, attraverso le scuole, le opere sociali, il lavoro delle Caritas diocesane e progetti

di sviluppo. Quindi è una presenza rispettata, significativa e molto superiore al numero dei cristiani. Credo che questi servizi abbiano anche contribuito alla pace religiosa che c‟è in queste due nazioni. Anche se, ripeto, la maggioranza della nostra gente è di fede musulmana, c‟è una pace religiosa che dovrebbe essere presa ad esempio dal resto del mondo (…): c‟è rispetto reciproco (…) c‟è collaborazione nei progetti, nella vita sociale ecc…Ecco questi sono gli aspetti positivi della presenza della nostra Chiesa in queste nazioni. C‟è poi un aumento non vertiginoso, ma costante delle vocazioni locali al sacerdozio che significa che la Chiesa diventa sempre più radicata nella popolazione (…). Lei ha parlato di vocazioni. In che modo la Chiesa locale coinvolge invece i fedeli laici? Direi che sin dall‟inizio i laici sono stati quelli che hanno radicato la Chiesa attraverso l‟evangelizzazione dei villaggi e dei capi delle comunità e anche adesso che c‟è un clero più numeroso, i laici sono quelli che sostengono le nostre parrocchie. Le parrocchie hanno

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organizzazioni laicali molto attive: oltre ad essere presenti nei

Consigli pastorali parrocchiali, molti laici sono impegnati nella catechesi e nell‟aiuto ai poveri. Ad esempio c‟è la Società di San Vincenzo de‟ Paoli che è un‟associazione nata da laici e portata avanti da laici. Anche i giovani sono attivi nelle parrocchie, sia per quello che riguarda la liturgia nei cori, sia per quello che riguarda le manifestazioni pubbliche. (…) Qui non ci sono problemi a manifestare pubblicamente la fede a tutti i livelli (…) Quali sono le altre priorità della Chiesa in Sierra Leone e in

Gambia? Oltre alla pastorale ordinaria nelle parrocchie, le nostre priorità sono l‟evangelizzazione, la catechesi per la formazione dei nostri fedeli e per questo puntiamo sull‟apostolato biblico, sui corsi di formazione e sulla pastorale scolastica e nelle università. Ad esempio, qui a Makeni abbiamo aperto corsi all‟Università cattolica. Puntiamo sulla formazione insistendo sulla Dottrina Sociale della Chiesa. Abbiamo tenuto corsi di buon governo per leader (parlamentari, amministratori eletti nelle province e nei comuni, capi tradizionali) per fare entrare appunto la Dottrina Sociale della Chiesa in coloro

che hanno la responsabilità politica e legislativa. Abbiamo poi la Commissione Giustizia e Pace, diffusa ormai a livello parrocchiale che – e questo è un aspetto interessante – include anche non cattolici, appunto perché il problema della giustizia, della pace e dei diritti umani va oltre alla sfera cattolica. Noi, naturalmente, partiamo dai nostri principi cristiani, ma abbiamo coinvolto anche altri per avere un impatto maggiore nella società (…). Abbiamo anche un‟altra priorità sulla quale stiamo facendo qualche passo avanti ed è quella l‟autosufficienza economica. Sta succedendo che nei villaggi c‟è la disponibilità della gente a dare un contributo: ad esempio, per

costruire una cappella ci sono persone che prestano il loro lavoro gratuitamente (…). [Anche questo] è un passo avanti verso l‟autosufficienza. I soldi non ci sono, purtroppo, ma la gente offre generosamente quello che ha. A livello diocesano abbiamo avuto qualche benefattore illuminato che ci ha aiutato per qualche costruzione che abbiamo poi affittato in modo che la diocesi abbia un piccolo introito regolare per gli anni a venire (…). I benefattori illuminati (…) provvedono anche al futuro con progetti che poi producono localmente un introito per la diocesi.

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La Sierra Leone ha vissuto una storia recente traumatica

segnata da una sanguinosa guerra civile: quale ruolo ha svolto e sta svolgendo la Chiesa nella pace e nella riconciliazione nel Paese? La tragedia della guerra è stata veramente traumatica e penso che qui molto lavoro sia stato fatto dal Consiglio interreligioso, cioè dai capi religiosi musulmani e cristiani che hanno animato il processo di riavvicinamento dei combattenti e hanno anche facilitato il loro incontro fino al trattato di pace (…) [promuovendo poi il processo] di riconciliazione, che dal punto di vista cristiano include anche il

perdono. Questo è avvenuto e oggi ringraziamo il Signore che in Sierra Leone c‟è la pace, la sicurezza, si parla anche apertamente di quello che è successo durante la guerra e nessuno vuole tornare a quei tempi, ma (c‟è la volontà) di lavorare assieme per affrontare i problemi (…) e per il bene comune della Nazione. Tra i drammi della guerra c’è stato quello dei bambini soldato. Sappiamo che la Chiesa e Lei in prima persona si è molto impegnata per il loro recupero e reinserimento sociale. Qual è il bilancio di queste iniziative?

Durante il periodo della guerra e quello immediatamente successivo tutte le istituzioni della Chiesa, dalle parrocchie alle Caritas diocesane ai vescovi hanno sentito come un impegno prioritario quello di essere coinvolti nel processo di riabilitazione degli ex combattenti e in particolare di quelli più vulnerabili, i bambini. Sono stati quindi subito predisposti centri di accoglienza (…) per ricongiungere questi bambini alle loro famiglie e assicurarsi poi che venissero accettati e inseriti come persone normali sia nei villaggi che nelle scuole. E questo è avvenuto (…). Oggi tutti convengono che è stato uno dei programmi

che ha avuto più successo, perché sono stati veramente reinseriti nella società (…) e non ci sono stati nuovi focolai di guerra (…). Oggi si parla [dei bambini soldato in Sierra Leone] come di un fatto del passato, non più attuale, perché questi bambini sono stati reinseriti e reintegrati nelle famiglie, sono cresciuti e oggi sono o a scuola o hanno un mestiere (…). E‟ stato un lavoro impegnativo, costato sacrifici e anche tanti rischi, ma oggi, ringraziando il Signore, possiamo dire che abbiamo ottenuto quello che volevamo e che adesso guardiamo al futuro più che al passato.

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Lei ha parlato di buoni rapporti di collaborazione

interreligiosa. Cosa ci può dire invece delle sette: sono in crescita e rappresentano un problema per la Chiesa nei due Paesi? Sì anche qui c‟è quasi un boom di gruppi religiosi, soprattutto di ispirazione cristiana (evangelici, pentecostali, alcuni di origine prettamente africana, altri importati dall‟estero). Finora noi non li vediamo come un problema, o come una minaccia, anche perché i rapporti ecumenici sono buoni. Difficilmente una setta attacca un altro gruppo cristiano. (…). Anche noi abbiamo qualche nostro fedele

che ci lascia, perché in altri gruppi si sentono forse più accettati, si promette di risolvere i problemi, si predica cioè un cristianesimo del successo (…). Ma non ci sono scontri. Certo è un problema pastorale, perché dobbiamo insistere sull‟evangelizzazione, sulla catechesi (…), l‟inculturazione della nostra fede e della vita ecclesiale (…). Diciamo che finora non c‟è uno scontro e crediamo che manterremo i buoni rapporti che abbiamo adesso.

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LA VITA DELLA CHIESA Nella lettera pastorale per la Quaresima 1995 il vescovo di Kenema si sofferma sulla drammatica situazione in cui vive la Sierra Leone FREETOWN, 25 mar 95 - La preghiera, la solidarietà reciproca, soprattutto verso i poveri, la fede e la speranza in un futuro migliore sono state evocate dal vescovo di Kenema, in Sierra Leone, mons. John O'Riordan, nella sua lettera pastorale per la Quaresima. Nel documento mons. O'Riordan richiama il significato del tempo liturgico che precede la Pasqua e si sofferma sulla drammatica situazione in cui vive il Paese sconvolto dalla guerra civile. "La scena ci e' familiare - scrive il vescovo - più di un milione di abitanti della Sierra Leone sono sfollati o rifugiati (...). la maggior parte delle suore ha lasciato la Sierra Leone e sette sono state prese in ostaggio (...). la maggior parte dei conventi e molte parrocchie sono chiuse (...)". mons. O'Riordan esorta quindi i fedeli ad essere portatori di speranza: "abbiamo tre possibilità per essere portatori di speranza per ognuno: pregando nel silenzio dei nostri cuori ed in comunità (...); essendo solidali con gli altri e con i poveri (...); il soffrire insieme nella fede e nella speranza (...). La Pasqua, conclude il documento, e' "la

stagione della riconciliazione e del cambiamento del cuore (...), in cui si prega, si compiono opere di carita' per ricostruire il paese (...) e si perdona vivendo in pace e in spirito di fraternità. Il cordoglio del Papa per l'uccisione in Sierra Leone del missionario irlandese Edward Senan Kerrigan 12 apr 95 - Con un telegramma al Superiore Generale dei Fratelli Cristiani Jeremiah Columba Keating il Santo Padre ha espresso il proprio cordoglio per l'uccisione del missionario irlandese Edward Senan Kerrigan. Il religioso della Congregazione dei Fratelli Cristiani

è stato ucciso lunedì scorso, 10 aprile, in Sierra Leone dove svolgeva il proprio ministero da pochi mesi. Kerrigan è rimasto vittima di una imboscata tesa dai ribelli del fronte rivoluzionario unito, la stessa organizzazione che il 25 gennaio ha rapito sette suore saveriane liberate poi quasi due mesi dopo. Il religioso era partito dalla città meridionale di Bo, dove operava, per raggiungere la capitale freetown. Fratel Kerrigan, infatti, doveva partecipare al primo capitolo della neonata regione dell'Africa Occidentale dei Fratelli Cristiani. a questo importante capitolo assistono, tra gli altri, lo

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stesso Superiore Generale Keating e il Provinciale della Provincia

inglese Dominic Sassi. Fratel Kerrigan, nato 57 anni fa ad Enniscorthy in Irlanda, era entrato nella congregazione dei fratelli cristiani nel 1954. missionario in africa dal 1990, prima in Liberia e poi in Sierra Leone, egli era impegnato attualmente in un programma vocazionale per giovani. La Congregazione, infatti, cui apparteneva Fratel Kerrigan venne fondata in Irlanda nel 1802 con lo scopo precipuo di istruire e di formare cristianamente i giovani. Nelle 32 comunità esistenti in Africa operano 115 Fratelli Cristiani, 25 dei quali in sierra leone distribuiti in 8 sedi. Un altro missionario cattolico irlandese, Mac Allistar, dei Padri dello Spirito Santo, venne ucciso nel

marzo del '94 dagli stessi ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito in lotta contro la giunta militare presieduta da Valentine Strasser. Sacerdoti in Sierra Leone continuano a ricevere minacce di morte 30 gen 98 - Numerosi sacerdoti della Sierra Leone, paese anglofono dell'africa occidentale, continuano a ricevere telefonicamente minacce anonime di morte. queste minacce sono da mettere in relazione alla crisi di instabilità sociale e politica nel paese. La Sierra Leone è governata, da maggio dell'anno scorso, da una giunta militare, che ha preso il posto del governo civile uscito dalle elezioni

del 1996. I cattolici nel Paese hanno sempre criticato la presa del potere da parte dei militari chiedendo un ritorno delle libertà politiche. i vescovi delle varie diocesi invitano i propri fedeli a pregare per i sacerdoti vittime di minacce di morte. Uno di essi ha dichiarato che quando una volta si sono ricevute queste minacce non si può più neanche dormire. Giovedì scorso, il Consiglio interreligioso della Sierra Leone, che raggruppa le varie denominazioni cristiane, ha accusato il governo militare di ritardare l'esecuzione del piano di pace sottoscritto a Conakry, capitale della Guinea, il 23 ottobre scorso, dai Ministri degli esteri di 16 paesi dell'Africa occidentale e da

un delegazione della giunta militare della sierra leone. Il piano prevede l'instaurazione di un cessate il fuoco tra le truppe nigeriane, chiamate come mediatrici in sierra leone, e i neonati movimenti di guerriglia. Esso fissa al 22 aprile prossimo la data entro cui i militari devono restituire il potere al governo civile. Il presidente del consiglio interreligioso, il sacerdote Lewlyn Rogers Wrigh, ha fatto appello a "tutte le parti", affinché diano prova di "sincerità" nell'applicazione del piano di Conakry.

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Ancora rapimenti e violenze contro missionari in Sierra Leone

FREETOWN, 16 feb 98 - In Sierra Leone i missionari rapiti nell'ospedale cattolico di Lunsar, circa 80 chilometri dalla capitale Freetown, sono tre religiosi della famiglia dei Fatebenefratelli ed un padre agostiniano dei recolletti. essi sono fratel Gilberto Ugolini, 7 anni, originario delle Marche ed altri due confratelli: uno spagnolo, Fratel Fernando Aguilo, e l'altro austriaco, fratel Joseph Erhard. Il padre agostiniano, José Luis, al momento del rapimento, era degente in ospedale. assieme ai quattro religiosi potrebbe esserci anche un volontario, che prestava servizio nell'ospedale stesso. Di questa quinta persona, però, non si hanno i particolari né, tanto meno, una

conferma ufficiale. i responsabili del sequestro, secondo fonti dell'agenzia di stampa missionaria Misna, sono uomini appartenenti al ruf, il Fronte Rivoluzionario Unito. Questa formazione militare, lo scorso anno, si era alleata con la giunta golpista di Johnny Paull Koroma. Intanto anche il Centro di Makeni, nella Sierra Leone centrale, è stato saccheggiato da gruppi di teppisti. I Missionari Saveriani, che risiedono a Makeni - 9 italiani e uno spagnolo - risultano incolumi. In Sierra Leone la chiesa cattolica - 3 vescovi, 50 sacerdoti autoctoni, 50 missionari e 30 suore - si è sempre schierata contro il regime militare di Koroma. Per questo motivo, tra i missionari, si registra una certa preoccupazione per

eventuali rappresaglie dei militari in fuga. Il movente del rapimento di Lunsar potrebbe essere, dunque, così interpretato. altri, invece, ritengono che i missionari potrebbero essere stati catturati come ostaggi per eventuali trattative con L'Ecomog, la forza militare dei Paesi dell'Africa occidentale. Ancora niente notizie di padre Mario Guerra, il missionario saveriano italiano rapito nella missione di Kamalu MAKENI, 22 dic 98 - Non si hanno ancora notizie di padre Mario Guerra, il missionario saveriano italiano di 64 anni rapito a metà

novembre nella missione di Kamalu, nella Sierra Leone settentrionale. Mons. George Biguzzi, vescovo di Makeni e saveriano anch'egli, ha reiterato, durante la celebrazione della Santa Messa domenica scorsa in cattedrale, l'appello alla liberazione del missionario. Alla celebrazione partecipava anche suor Nirmala Joshi, succeditrice di madre Teresa di Calcutta alla guida delle Missionarie della Carita'. Anche la religiosa ha chiesto ai rapitori di liberare padre Guerra, affinché possa riprendere la propria opera evangelizzatrice tra i poveri. Secondo alcuni, il missionario verrebbe rilasciato dai

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sequestratori in cambio della liberazione di Foley Sanko, il capo del

Fronte dell'Unione Rivoluzionaria, detenuto a Freetown e condannato a morte. Intanto, parte del personale missionario operante a Makeni è stato evacuato "a scopo cautelare". Si tratta di tutte le religiose e di due Saveriani anziani di origine italiana. Al momento nel capoluogo della Provincia del Nord rimangono i missionari piu' giovani e il clero diocesano. Hanno lasciato Makeni anche i fatebenefratelli e i Giuseppini, che sono tornati nella loro sede a Lunsar. Verso questa città si stanno dirigendo migliaia di persone, che cercano un rifugio. "E' straziante - ha commentato mons. Biguzzi - vedere migliaia di donne, di vecchi e di bambini incamminarsi sulla

strada che conduce a Lunsar. E' gente disperata che, per l'ennesima volta, rischia di perdere tutto a causa di questo conflitto". Mons. Giorgio Biguzzi, vescovo di Makeni, tenta una mediazione per la liberazione di due missionari italiani rapiti MAKENI, 11 gen 99 - In Sierra Leone sara' il vescovo di Makeni, il saveriano mons. George Biguzzi, a tentare una mediazione per la liberazione dei due missionari italiani prelevati ieri a Freetown, nella loro comunita'. Lo ha reso noto oggi a Padova Padre Agostino Cornale, Provinciale della Congregazione di San Giuseppe, cui appartengono i due missionari in ostaggio, i Padri Maurizio Boa di 54

anni d'eta' e Giuliano Pini di 45. La mediazione, tramite l'ambasciata italiana a Conakry, verra' tentata nella zona dell'aeroporto di Lungi. "L'episodio - ha commentato Padre Cornale - ci lascia comunque molto preoccupati per la situazione confusa sia sul piano politico che militare, dagli sviluppi imprevedibili ed inquietanti". Oggi pomeriggio, intanto, altre due cittadine italiane sono state evacuate da Fretown a Lungi. La capitale sierraleonese e' tornata quasi completamente nelle mani dell'Ecomog, la Forza di pace dell'Africa Occidentale, mentre i ribelli dell'Afrc e del Ruf si stannoritirando in modo disordinato.

Appello per la liberazione di mons. Joseph Ganda, arcivescovo di Freetown e Bo e dei Missionari Saveriani e delle Missionarie della Carita' rapiti FREETOWN, 20 gen 99 - La liberazione di Mons. Joseph Ganda, arcivescovo di Freetown e Bo, dei Missionari Saveriani e delle Missionarie della Carità è stata invocata dai superiori delle due congregazioni, il padre Eduardo Garcia Mandillo e la madre Mary Nirmala Joshi La loro liberazione sarebbe "un gesto di buona volontà e di riconciliazione", affermano i due superiori, perché i sequestrati

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sono "uomini e donne generosi, che hanno dato la loro vita per il

bene della Chiesa e di tutto il popolo sierraleonese, soprattutto i poveri". L'appello, oltreché ai sequestratori, e' indirizzato "ai governanti, al personale diplomatico e a tutte le istituzioni della Comunità internazionale, che hanno a cuore la Sierra Leone". Un altro appello a tutte le Chiese del mondo, in particolare alla Chiesa italiana, è giunto dal vescovo di Makeni, mons. George Biguzzi, quale presidente della Conferenza episcopale della Sierra Leone. Egli esorta tutti i vescovi a pregare per la Sierra Leone "un paese sconvolto da una grave guerra, che ha seminato morte e distruzione". Mons. Biguzzi descrive una situazione al limite della fame e dell'assenza dei

medicinali. "Occorre fare presto prima che sia troppo tardi!", è l'ammonimento del vescovo. Mons. Joseph Ganda riesce a liberarsi MAKENI, 22 gen 99 - Mons. Joseph Ganda, arcivescovo di Freetown, e' riuscito a sfuggire dalle mani dei rapitori, mercoledi' scorso, insieme a 4 missionari saveriani italiani, rapiti anch'essi. I cinque sono stati intercettati e soccorsi, questa mattina, dalle truppe dell'Ecomog. Adesso si trovano nell'arcivescovado di Freetown. Nelle mani dei gruppi ribelli sierraleonesi rimangono tuttora un altro missionario italiano e 6 suore di Madre Teresa di Calcutta.

Saccheggiata la missione cattolica di Medina, nella diocesi di Makeni MAKEN, 2 feb 99. - Ribelli della Sierra Leone hanno saccheggiato ieri la missione cattolica di Medina, nella diocesi di Makeni, ed hanno ucciso un giovane. L'incursione armata è durata alcune ore. Un saveriano italiano, padre Franco Manganello, è riuscito a nascondersi e a scampare miracolosamente. Mons. George Biguzzi, vescovo di Makeni, ha espresso tuta la propria amrezza per questo ennesimo attentato alla Chiesa sierraleonese. "Chiedo - ha detto - che si

facciano tacere i fucili e si abbia il coraggio di dialogare per riportare pace e riconciliazione". Giustizia e Pace ribadisce accuse su lavoro forzato MONROVIA, 22 feb 99 - La Commissione Giustizia e Pace della Liberia ha ribadito le accuse, formulate in un recente rapporto sul lavoro forzato, circa la presenza nel meridione della Liberia di bambini in stato di schiavitù. In un comunicato Giustizia e Pace rende noto di aver ricevuto la visita di una delegazione governativa per

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appurare la veridicità o meno della denuncia. Nel contempo respinge

le insinuazioni di parte politica che la propria azione tenda a gettare discredito sulle autorità pubbliche e a racimolare fondi internazionali. Mons. Biguzzi visita i profughi della Sierra Leone MAKENI, 14 apr 99 - Mons. George Biguzzi, vescovo di Makeni in Sierra Leone, ha raggiunto oggi, 14 aprile, la prefettura di Forecaria lungo la linea di confine con la Guinea. Qui si trovano una decina di campi di accoglienza, che ospitano 60 mila profughi dalla Sierra Leone. "E' tutta gente della mia diocesi - racconta il presule - fuggita a causa della guerra civile, che ha insanguinato la Sierra Leone".

Mons. Biguzzi ha iniziato in pratica una sorta di visita pastorale tra questi profughi. "Il personale pastorale - aggiunge lo stesso presule -, soprattutto sacerdoti e catechisti, si stanno prodigando da settimane nell'assistenza alla stremata popolazione. In particolare, la Caritas diocesana sta cercando di far fronte all'emergenza umanitaria". Intanto in Guinea, un altro vescovo della Sierra Leone, mons. John O'Riordan, della diocesi di Kenema, sta coordinanado gli aiuti umanitari nel centro di Gueckedou. Qui, il presule ha ordinato, domenica scorsa 11 aprile, un giovane sacerdote. Mons. Biguzzi sfugge a un rapimento

MAKENI 18 ott 99 - "Non è ancora chiaro cosa sia capitato a Mons. Giorgio Biguzzi e ai suoi collaboratori". A parlare è padre Antonio Guiotto, superiore regionale dei missionari saveriani in Sierra Leone. Come è noto, da venerdì 15 ottobre, non si hanno più notizie di mons. Giorgio Biguzzi, vescovo di Makeni in Sierra Leone, di padre Vittorio Bongiovanni missionario saveriano), di don Paul Kabbah Mansuray sacerdote diocesano e di un gruppo di operatori umanitari. Secondo il racconto di un testimone oculare mons. Biguzzi sarebbe stato sequestrato assieme ai suoi collaboratori nella località di Masombo, pochi chilometri a sud di Makeni. Il rapimento sarebbe stato

perpetrato da un gruppo armato fedele all‟ex giunta militare del maggiore Johnny Paul Koroma. "In un primo momento - ha precisato il superiore saveriano- siamo stati informati che il presule era stato catturato assieme ad altri 2 sacerdoti e alcuni operatori umanitari in una località non distante da Makeni. Questo pomeriggio, invece, siamo stati informati da alcune fonti che il gruppo sarebbe stato tratto in salvo da una formazione armata rispettosa degli accordi di pace di Lomé. Al momento non siamo in grado di fornire altri particolari, ci auguriamo solo che la vicenda si risolva per il meglio".

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Intanto, a Roma l'Associazione Cuore Amico esprime il proprio

rammarico per le notizia dalla Sierra Leone. Mons. Giorgio Biguzzi era atteso a Roma domani, 19 ottobre, per ricevere il Premio missionario Cuore Amico, presso la sala del Centro Russia Ecumenica (Vicolo del Farinone 30). Oltre che a Mons. Biguzzi, il premio è stato assegnato a suor Giuseppina Tulino delle Sorelle del Buon Samaritano in Eritrea e a Chiara Lubich fondatrice del movimento dei Focolari. Per il Giubileo dei bambini nel 2000 promossa iniziativa per la liberazione dei bambini-soldato in Sierra Leone

ROMA, 19 gen 00 - “Un sogno di pace. Liberiamo i bambini soldato della Sierra Leone”. E‟ l‟iniziativa che ha l‟obiettivo di liberare i bambini della Sierra Leone rapiti e ridotti in schiavitù dai ribelli durante la guerra civile. L‟iniziativa è stata lanciata durante la giornata dedicata al Giubileo dei bambini e ragazzi il 2 gennaio scorso. Per promuoverla è disponibile un giornalino pensato per ragazzi. Si tratta di 36 pagine a colori con interviste, immagini e pagine interattive per informare, coinvolgere, impegnarsi. Nel sussidio anche i tanti messaggi di gioia arrivati dai bambini di tutto il mondo. E‟ possibile richiederlo inviando un fax alla Segreteria generale bambini e ragazzi per il Giubileo tel. 066864399 fax

0668802088.Le offerte a favore della liberazione dei bambini soldato della diocesi di Makeni, in Sierra Leone vanno versate su ccp n. 16809014 – Azione Cattolica Italiana – Bambini e ragazzi per il Giubileo - Via della Conciliazione 1, 00193. Libero mons. Joseph Ganda, arcivescovo di Freetown già rapito e torturato dai ribelli nel 1999 CONAKRY, 10 mag 00 - E' in salvo a Conakry, in Guinea, l'arcivescovo di Freetown, capitale della Sierra leone, mons. Joseph Ganda, che era già stato rapito e torturato dai ribelli nel gennaio

1999. Nella capitale guineana si sono rifugiati anche 20 missionari e un volontario italiano fuggiti dall'inferno di Freetown. Per l'operazione di salvataggio, organizzata dall'ambasciata italiana con sede ad Abidjan in Costa d‟Avorio – è stato utilizzato un piccolo aereo da 8 posti che ha compiuto tre viaggi tra la capitale sierraleonese e quella della Guinea. Tra i missionari giunti a Conakry ci sono 12 saveriani (11 italiani e uno spagnolo), 5 Giuseppini del Murialdo (tutti italiani), 2 dei Fatebenefratelli (uno spagnolo e un sierralionese) e un salesiano indiano. Il volontario italiano è un cooperante dei

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Giuseppini del Murialdo addetto alla tipografia di uno dei centri

animati dai religiosi. P. Antonio Guiotto, superiore regionale dei saveriani, è tra i missionari che hanno riparato a Conakry. Il religioso, contattato da Fides, ha dichiarato che "oramai i ribelli sono a 38 miglia dalla capitale e non c'è nessuno che gli sbarri la strada". Secondo il missionario "i ribelli si sono notevolmente rafforzati con le armi dei 500 soldati ONU che si sono arresi senza combattere, ed ora hanno a disposizione anche veicoli e autoblindo corazzati". Il religioso racconta che c'è un continuo flusso di profughi dalla Sierra Leone verso Conakry: "arrivano come possono, in barca, a piedi, in bicicletta. Non hanno fiducia nel governo che non sa difenderli, e

neanche nell'ONU, i cui soldati dicono di non essere lì per combattere e si arrendono consegnando le armi ai ribelli". In Sierra Leone sono rimasti meno di 10 missionari stranieri: 2 saveriani e 3 salesiani a Freetown, 2 saveriani a Kabala (nel nord del paese) ed uno spiritano nella diocesi orientale di Kenema. A Kenema è rimasto anche l'unico vescovo, l'irlandese mons. John O'Riordan. Iniziativa dell’Azione cattolica per i bambini-soldato in Sierra Leone ROMA, 19 gen 01 – “In Sierra Leone più di 5 mila bambini e ragazzi, a partire dai 5 anni, hanno combattuto, costretti e reclutati sia dal

Governo che dalle forze di opposizione, guerre per loro inspiegabili. Hanno combattute sotto l'effetto di alcol e di droghe, a volte contro le loro stesse famiglie e i loro coetanei. Altri 5 mila bambini e ragazzi sono stati „reclutati‟ dai ribelli per trasportare merci, cucinare; le ragazze costrette a schiavitù sessuale". Nell'informare di questa sempre tragica situazione l'Azione cattolica italiana annuncia che, oggi 19 gennaio, il vescovo di Makeni in Sierra Leone incontrerà i giornalisti alle ore 12 a Roma, in via della Conciliazione 1. "Dal 7 luglio 1999, - aggiunge l'Ac - da quando cioè è stato firmato l'armistizio, è cominciata l'opera di reinserimento e rieducazione dei

bambini che hanno subito atroci violenze fisiche e psicologiche, per ridonare loro una vita normale". Grazie ai centri di accoglienza "Interim Care Center" della diocesi di Makeni quasi 1000 bambini sono stati accolti nell'anno 2000. 700 bambini sono stati riscattati e liberati. Altri 500 frequentano le scuole primarie e 150 ragazzi sono stati avviati al lavoro". L'Ac in collaborazione con altre associazioni, ha già raccolto oltre un miliardo per contribuire al lavoro dei centri di accoglienza della diocesi di Makeni.

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Il dramma dei bambini soldato raccontato da uno dei responsabili della Casa Don Bosco di Freetown FREETOWN, 19 aopr 01 - "Arrivano in condizioni pietose e ci prendiamo cura di loro": così parla Samuel Bojon, uno dei responsabili della Casa Don Bosco di Freetown, in Sierra Leone, che è gestita dai Salesiani e si occupa del recupero dei ragazzi senza famiglia o che sono stati arruolati come giovanissimi soldati. Negli ultimi mesi il governo della Guinea sta procedendo al rimpatrio dei profughi fuggiti dalla guerra e molti di loro sono donne ma soprattutto bambini senza più una famiglia, sbandati e in condizioni

sanitarie difficili. Così la Casa don Bosco, con l'aiuto dell'Unicef (organismo dell‟ONU per l'infanzia), svolge un prezioso compito di assistenza in vista del reinserimento sociale. "I ragazzi sono alienati dai loro compagni", spiega Samuel Bojon e aggiunge che lo sforzo dei religiosi "è cercare di reintegrare i bambini soldato nella società" fornendo loro conoscenze e competenze adatte a cercarsi un lavoro. I salesiani hanno attualmente due case nella capitale della Sierra Leone, che però sono "congestionate" di ragazzi. Tra i religiosi, poi, è molto attivo e conosciuto a livello internazionale anche mons. Biguzzi, italiano, saveriano, vescovo di Makeni, che da anni conduce una infaticabile campagna per far rientrare nella normalità i bambini

soldato che la guerriglia rapisce alle famiglie per addestrarli alla guerra. Il Natale 2001 nella diocesi di Makeni MAKENI, 19 dic 01 Quasi 1.500 fedeli hanno partecipato, il 25 dicembre scorso, alla Messa di Natale celebrata nella cattedrale di Makeni, nella Provincia del Nord della Sierra Leone) dal vescovo, mons. George Biguzzi. Lo ha detto lo stesso presule precisando che, data questa alta affluenza, quasi il doppio della capienza della cattedrale, molti fedeli hanno potuto prendere parte alla liturgia

dall'esterno mentre i bambini hanno trovato posto ovunque. Mons. Biguzzi ha ricordato come, il 20 dicembre di tre anni fa, l'ennesimo infuriare della guerra civile avesse provocato l'abbandono di Makeni da parte della popolazione. Si tratta di circa 100mila abitanti rientrati omai in gran numero e che stanno via via riprendendo le consuete attività quotidiane. Proprio per promuovere la pace e la riconciliazione, ha proseguito mons. Biguzzi, la Caritas diocesana di Makeni ha organizzato un pranzo di Natale per oltre mille bambini. Tra i giovanissimi ospiti, ha precisato il vescovo, vi erano gli ex

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bambini soldato attualmente in via di reinserimento che hanno

mangiato fianco a fianco coi loro coetanei senza che nulla turbasse la grande festa. Un altro segno molto positivo registrato in occasione del Natale, ha continuato il presule, è stato il rientro a Makeni del "Paramount chief", il grande capo tradizionale Bai Seborà Kasangnagh. Di fede cattolica, Bai Seborà Kasangnagh ha preso parte ai riti della vigilia celebrati dal vescovo sempre nella cattedrale. Sono inoltre già tornati ad operare nella diocesi molti missionari e, tra questi, i Giuseppini dl Murialdo che a Lunsar curano la reintegrazione di 150 ex combattenti, i Fratelli cristiani e i Saveriani. In effetti la messa natalizia è stata celebrata in tutte le parrocchie

grazie all'impegno del clero, dei religiosi e dei missionari. Tra questi vi sono due veri e propri veterani dell'evangelizzazione "Ad gentes": il quasi 83enne padre Saveriano Giuseppe Rabito e un suo confratello 77enne, padre Nazzareno Bramati. Quest'ultimo, reduce da una serie di operazioni chirurgiche, ha celebrato la sera della vigilia a partire dalle 22:00 e la mattina del 25 dalle 9:00 nella sua parrocchia di Makeni. È poi partito per un villaggio dove, alle 11:00 in punto, ha dato il via ad un'altra Messa di Natale. Gioia per la nomina di don Patrick Daniel Koroma a vescovo di Kenema

KENEMA, 30 apr 02 - Ha suscitato grande gioia in Sierra Leone la nomina, annunciata ufficialmente venerdì scorso, di don Patrick Daniel Koroma, a vescovo di Kenema. Nato il 4 maggio 1950 a Jenneh, in una famiglia musulmana, il nuovo vescovo ha conseguito il baccellierato in filosofia e teologia al Seminario Maggiore „St. Peter and Paul‟ di Ibadan, in Nigeria. Ha anche ottenuto un diploma in educazione presso l‟università di Sierra Leone. Ordinato sacerdote il 18 dicembre 1977, si è incardinato nell‟arcidiocesi di Freetown-Bo, dove è stato vicario cooperatore e poi parroco in diverse parrocchie (1978-84). Segretario generale dell‟educazione cattolica del Paese,

dal 1998 è responsabile della Caritas nazionale e primo consigliere dell‟arcivescovo di Freetown-Bo. Profonda gratitudine è stata manifestata dai fedeli di Kenema nei confronti di monsignor John C. O‟Riordan (C.S.Sp), predecessore di monsignor Koroma, che in questi anni di guerra è sempre stato al fianco della popolazione civile, anche nei momenti più difficili, rivelando uno straordinario zelo missionario. Nuova missione saveriana in Sierra Leone

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MAKENI, 28 dic 02 - Nonostante i suoi 82 anni, il saveriano italiano

padre Domenico Nicoliello ha accettato di avviare una nuova missione in Sierra Leone. Il religioso si è proposto anche l‟ambizioso progetto di realizzare un santuario in onore del fondatore dei saveriani, il beato Guido Conforti. "Vogliamo costruire a Makeni una 'chiesa-santuario' in onore del beato Guido Conforti, fondatore del mio istituto – scrive il religioso sulla rivista “Missionari saveriani” - È da tempo che ci pensiamo. Ma la lunga crudele guerra aveva cancellato ogni pensiero. Ora è tornata la pace e si ricomincia”. L‟anziano religioso fa sapere anche che la situazione generale è buona. “Qui c'è una piccola chiesa restaurata dopo il saccheggio –

annota il missionario -. Abbiamo cominciato a radunare i primi cristiani della nuova missione. Ma già dalla prima domenica la chiesa era gremita. Può contenere solo fino a duecento persone, ben pigiate. I cristiani stanno aumentando. Anche molti, che non sono ancora cristiani, vengono nella piccola chiesa del beato Conforti per ringraziare, pregare, sperare. Che fare con tanta gente? Il sogno è di costruire una bella 'chiesa-santuario', una scuola, un centro per i giovani ed altre opere per il bene della gente”. I Saveriani festeggiano 53 anni di presenza in Sierra Leone MAKENI 9 ago 03 - Festa di famiglia oggi per la comunità saveriana

in Sierra Leone. L'istituto del Beato Conforti festeggia infatti il 53mo di presenza nel Paese dell'Africa occidentale. In questi anni sono stati oltre 130 i saveriani che hanno prestato servizio nell'ex protettorato britannico. I primi quattro: padre Camillo Olivani, padre Pietro Serafino Calza, padre Attilio Stefani e monsignor Augusto Azzolini giunsero a Freetown l'8 luglio del 1950. D'allora molti avvenimenti hanno caratterizzato la presenza saveriana in Sierra Leone. Di particolare significato è stata la fondazione della diocesi di Makeni, guidata attualmente da monsignor Giorgio Biguzzi, vescovo saveriano. "I figli del Conforti continuano ad essere solidali con le

comunità cristiane locali e l'intera nazione, soprattutto in questo delicato periodo di ricostruzione del tessuto sociale, dopo 10 anni di guerra civile", ha detto monsignor Biguzzi alla Misna. La crescente influenza dell’Islam in Sierra Leone e Guinea al centro della plenaria del 2004 dei vescovi locali KENEMA, 18 feb 04 - Dal 13 al 15 febbraio si è tenuta a Kenema, in Sierra Leone, la riunione dei vescovi della Sierra Leone e della Gambia. Erano presenti i monsignori Joseph Henry Ganda

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arcivescovo di Freetown, Patrick Daniel Koroma vescovo di Kenema,

Giorgio Biguzzi vescovo di Makeni e Michael J. Cleary vescovo di Banjul. I pastori hanno affrontato alcune problematiche relative alla vita della Chiesa locale, tra le quali lo spostamento di sede del Seminario Maggiore della Sierra Leone. I vescovi si sono anche soffermati sulla crescente influenza nella regione di un Islam integralista portato da alcuni predicatori provenienti da paesi stranieri, che promuovono una vIsione delle religione islamica estranea alle tradizioni locali. I Saveriani promuovono un programma di recupero per i non

vedenti e non udenti a Freetown FREETOWN, 18 giu 04 – Un programma di recupero per i non vedenti e non udenti a Freetown. Lo hanno promosso i salesiani della Sierra Leone che vivono ogni giorno con i ragazzi di strada della capitale. “Sono le fasce deboli della società che vengono emarginati a causa dei loro gravi handicap” ha spiegato il direttore della comunità salesiana di Freetown, don John Thompson. Otto per ora sono i giovani coinvolti anche se è previsto un prossimo ampliamento. Inaugurata nel 1999, in pieno conflitto civile, l‟opera salesiana si è sempre preoccupata dei minori che vivono ai margini. “Abbiamo studiato da vicino la situazione delle nuove generazioni e ci siamo

resi conto che la nostra attenzione doveva concentrarsi soprattutto su coloro che vivevano di stenti” ha raccontato don John. Attualmente sono cinque i religiosi impegnati nel programma. “Qui i ragazzi imparano a cucire, a confezionare scarpe e a diventare buoni carpentieri. Al termine del tirocinio hanno appreso un mestiere ed hanno guadagnato un po‟ di soldi per avviare una loro attività” ha aggiunto il religioso. "È finita la guerra in Sierra Leone ma non si è ancora cominciato a salire la scala dello sviluppo" afferma alla Misna

monsignor Biguzzi MAKENI, 16 lug 04 - La Sierra Leone risulta ancora agli ultimi posti per sviluppo umano nell‟annuale classifica stilata dal rapporto dell‟Undp (Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite). Nel documento intitolato „Indice dello sviluppo umano 2004‟ - che sarà diffuso oggi a Bruxelles e che prende in considerazione 175 Paesi, più Hong Kong e i Territori palestinesi - gli Stati in fondo alla classifica sono Guinea Bissau, Burundi, Mali, Burkina Faso, Niger e, appunto, Sierra Leone. "È finita la guerra in Sierra Leone ma non si è ancora

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cominciato a salire la scala dello sviluppo" è il commento rilasciato

alla Misna da monsignor Biguzzi, vescovo saveriano di Makeni. "Nonostante gli sforzi per la ricostruzione - prosegue il presule riferendosi al conflitto svoltosi dal 1991 al 2001, di cui sono stati protagonisti i ribelli del Ruf (Fronte unito rivoluzionario) - gran parte della popolazione non ha ancora accesso all‟acqua potabile, all‟elettricità, all‟istruzione, alle comunicazioni e in generale ai servizi essenziali". Monsignor Buguzzi invita comunque il popolo sierraleonese e i suoi dirigenti "a non lasciarsi abbattere dai dati forniti dall‟Undp", ma anzi a considerarli "uno stimolo e un motivo di incoraggiamento per sviluppare le potenzialità del territorio e cercare

di fare sempre meglio. Non abbandoniamo la Sierra Leone – è l‟appello conclusivo del vescovo – soltanto perché da qualche anno non si spara più". "Christian Monitor" unico giornale cattolico della Sierra Leone FREETOWN, 2 giu 05 - "Christian Monitor" è l'unico giornale cattolico della Sierra Leone ed è "il più autorevole, il più rispettato e il più letto del Paese". Lo dice lo stesso direttore editoriale del giornale, Charles Davies, in una intervista a Fides. "Christian Monitor" è oggi un bisettimanale con una tiratura di 3 mila copie, ma vuole diventare - come dice Davies, un quotidiano. Come la maggior parte delle altre

pubblicazioni, il bisettimanale cattolico viene pubblicato nella capitale Freetown, che conta 2 milioni di abitanti, metà dei quali musulmani. L'alto tasso di analfabetismo, le situazioni di guerra rendono la vita difficile a tutti i giornali, 25 in tutto, di cui 15 quotidiani e settimanali. Così è accaduto che "Christian Monitor", nato nel 1996, abbia dovuto sospendere proprio per la guerra le pubblicazioni dopo neanche un anno. Il bisettimanale è tornato nelle edicole soltanto cinque anni dopo, nel 2002 sempre - come spiega il direttore editoriale - con "la missione di informare, di educare le persone e di aiutare il processo di evangelizzazione". Nonostante le difficoltà, anche di ordine pratico

come la cronica mancanza di energia elettrica, il giornale punta ad aumentare la diffusione e vuole essere affiancato da una radio cattolica estesa a tutta la Sierra Leone. I 100 anni di evangelizzazione di Serabu, nell’arcidiocesi di Freetown SERABU, 25 ott 05 - In Sierra Leone, la cittadina di Serabu, che fa parte della arcidicesi di Freetown, ha voluto festeggiare il centenario di evangelizzazione. L'evangelizzazione di quella regione venne

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avviata, nel 1905, dai padri irlandesi della Congregazione dell Spirito

Santo. I fedeli hanno partecipato numerosi alla Santa Messa di ringraziamento nell'unica parrocchia del Sacro Cuore. L'Eucarestia Þ stata allietata dalla celebrazione di diversi matrimoni. "Diverse coppie ha detto il parroco, domenica scorsa hanno voluto sposarsi in questo giorno cosý importante per la comunitÓ cattolica". Serabu, che ha subito le rovine e le umiliazioni della guerra di quindici anni fa, fa oggi dono alla Chiesa di numerose vocazioni al sacerdozio e religiose. Lo stesso arcivescovo di Freetown, mons. Joseph Henri Ganda, è originario di Serabu.

Appello dei vescovi irlandesi per la Liberia DUBLINO, 14 ott ‟06 - Un appello per la Liberia, paese africano segnato da una grave crisi umanitaria, è stato lanciato dalla Conferenza episcopale irlandese nel corso della sua recente assemblea plenaria. In Liberia dal 2003 operano 450 militari irlandesi all'interno del contingente Onu chiamato a ripristinare pace e stabilità dopo circa 15 anni di guerra civile che ha provocato oltre un milione di sfollati su una popolazione di poco più di tre. "Il contributo dei nostri soldati - ha detto mons. Raymond Field, presidente della Commissione Giustizia e affari sociali della Conferenza episcopale - è riconosciuto, ma serve fare di più,

ampliando il numero dei progetti umanitari gestiti da organismi di aiuto come Trocaire e Concern". Il vescovo ha ricordato la disastrata situazione delle infrastrutture di comunicazione, ma anche che le principali emergenze si registrano nel campo sanitario e dell'istruzione: “La Liberia ha un'altissima percentuale di mortalità infantile, gli analfabeti raggiungono il 75 per cento. Le scuole sono state in gran parte distrutte nel conflitto. Il Paese è totalmente dipendente dall'aiuto estero e in special modo dalle ong". Per questo mons. Field ha lanciato un appello al Governo irlandese perché metta la Liberia tra i Paesi più bisognosi di aiuto".

Dichiarazione dei vescovi della Sierra Leone in vista del ballottaggio per la presidenza FREETOWN, 7 set 07 - Secondo turno, domani, delle elezioni presidenziali in Sierra Leone. Dopo il primo turno dell'11 agosto, si contendono l'elezione il candidato dell'opposizione Ernest Bai Koroma ed il vicepresidente uscente Solomon Berewa. In vista del ballottaggio, i vescovi della Sierra Leone hanno diffuso una dichiarazione nella quale auspicano prima di tutto che esso si

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svolga "nella pace e nella stabilità". "I ricordi del nostro recente

passato - aggiungono - impone a tutti noi la responsabilità di rispettare il processo democratico in atto in Sierra Leone". i vescovi hanno sotto gli occhi ancora gli scontri, le tensioni e le polemiche manifestatesi al primo turno elettorale. Essi, perciò, rinnovano la condanna forte di "ogni forma di violenza tra i sostenitori dei partiti politici". "Azioni riottose di indisciplina - aggiungono - rappresaglia, distruzione, violenza e mancanza di rispetto per il ruolo della legge sono pratiche peccaminose ed inammissibili". La condanna dei vescovi coinvolge anche "tutte quelle persone che con i loro atti e con la loro condotta fomentano sentimenti di tribalismo e di

regionalismo come mezzi per conquistare il potere politico". Da qui l'esortazione dei vescovi a tutti i sierraleonesi: ad essere sottomessi a Dio e a pregare per la pace e per il mutuo rispetto, a mantenere la legge e l'ordine, a rispettare il processo elettorale in corso, a votare in pace, in libertà e secondo coscienza. L'auspicio, infine, che la Sierra Leone si mantenga unita, bandisca tribalismi e regionalismi e che prevalga il bene comune per costruire un futuro migliore. Visita di una delegazione Consiglio ecumenico delle Chiese (COE) in Sierra Leone

FREETOWN, 28 ott 08 - Due delegazioni del Consiglio ecumenico delle Chiese (COE) in Africa. Fino all‟8 novembre 4 delegati visiteranno la Liberia e la Sierra Leone, Paesi devastati da guerre civili negli anni novanta, mentre fino al 12 novembre 5 pastori ed un rappresentante della Chiesa ortodossa saranno in Sudafrica. La Liberia ha ritrovato la pace e la stabilità dopo la destituzione del presidente Charles Taylor, nel 2003, e l‟elezione a capo dello Stato, nel 2005, di Ellen Johnson Sirleaf; in Sierra Leone invece la guerra civile è cessata 6 anni fa. Il COE ha seguito da vicino la situazione in Sierra Leone e in Liberia, sostenendo le Chiese ed altri organismi

ecumenici, partecipando alle operazioni di soccorso ed offrendo aiuti. La visita delle “Lettere viventi” in questi due Paesi vuole essere un modo per comprendere in che modo vengono affrontate le difficoltà scaturite dalle guerre civili. Le delegazioni si informeranno sulle iniziative di pace nelle quali i consigli nazionali delle Chiese sono impegnati in collaborazione con altre comunitÓ religiose, in Sierra Leone per lo pi¨ musulmane. La visita del COE in Sierra Leone prevede anche un incontro con il presidente Ernest Bai Koroma ed altri rappresentanti del governo. ôLa visita delle “Lettere viventi” in

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Sudafrica è importante per il ruolo giocato dalle Chiese e dai loro

consigli nazionali dinanzi alla violenza dell‟ideologia e del sistema dell‟apartheid”: si legge in un comunicato del Consiglio ecumenico delle Chiese pubblicato sul sito www.oikoumene.org a proposito della visita in Sudafrica, Paese che ha ispirato il programma del COE “Vincere la violenza” per una società giusta e pacifica. Il programma dei delegati prevede colloqui con i responsabili delle Chiese e delle comunità che lavorano per la giustizia e la pace, come l‟organizzazione “Love in Action”, che a Mabopane si occupa degli emarginati ed organizza programmi di insegnamento per i bambini che vivono in strada e i carcerati.

In vista del Sinodo africano i vescovi della Sierra Leone lanciano un appello per la riconciliazione, la giustizia e la pace FREETOWN, 07 set 09 – Un appello alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace, sulla linea dell‟imminente Assemblea Speciale per l‟Africa del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre proprio su questi temi: lo ha lanciato, nei giorni scorsi, mons. Edward Tamba Charles, arcivescovo di Freetown e Bo, in Sierra Leone. Il presule è intervenuto ad un seminario tenutosi nella città dal 31 agosto al 4 settembre ed intitolato “Ricordi, verità

e giustizia: confrontarsi con il peso del passato”. L‟evento, che ha visto la presenza di partecipanti provenienti dall‟Africa, dall‟Europa, dal Sud America e dall‟Asia, è stato organizzato dall‟Associazione tedesca per la Cooperazione allo sviluppo, in collaborazione con la Commissione “Giustizia e pace” tedesca e l‟arcidiocesi di Freetown e Bo. Sottolineando l‟importanza dell‟incontro in vista del Sinodo dei Vescovi, mons. Tamba Charles ha ricordato che molte regioni dell‟Africa Occidentale hanno vissuto esperienze di violenza e conflitti. “Ad esempio – ha continuato il presule – la Liberia, la Sierra Leone e la Costa d‟Avorio hanno vissuto una terribile guerra

civile che ha causato perdite incalcolabili di vite umane e di beni”. “Le ferite delle guerre – ha aggiunto l‟arcivescovo di Freetown e Bo - sono sotto gli occhi di tutti e i ricordi dolorosi delle pene e delle sofferenze che esse hanno causato sono ancora freschi nella memoria”. Poi, mons. Tamba ha espresso preoccupazione per il fatto che simili conflitti si possano ripetere, dato che i fattori che li hanno scatenati sussistono ancora, come la disoccupazione giovanile, il mancato rispetto della legge, la corruzione e l‟ingiustizia. “Sembrerebbe – ha concluso il presule – che molti di

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noi non abbiano imparato niente dalle esperienze delle guerre civili

e siano tornati sui loro passi”. L’arcivescovo di Freetown parla della ricostruzione in Sierra Leone a otto anni dalla fine della guerra civile WASHINGTON, 29 set 09 - A otto anni dalla fine della feroce guerra civile che per più di un decennio ha insanguinato la Sierra Leone, il Paese sta lentamente tornando a una forma di normalità, anche se deve fare i conti con un‟economia disastrata. Ad affermarlo è mons. Charles Edward Tamba, arcivescovo di Freetown e Bo in visita nei giorni scorsi a Washington insieme al Nunzio apostolico nel Paese,

su invito di una fondazione cattolica statunitense. In un‟intervista all‟agenzia CNS il presule sierraleonese descrive un Paese avviato a una difficile ricostruzione, dopo una guerra che ha causato decine di migliaia di morti e centinaia di migliaia di profughi, oltre che profonde ferite sociali. Tra gli effetti positivi della fine del conflitto, di cui sono stati protagonisti dal 1991 al 2001 i ribelli del Ruf (Fronte Unito Rivoluzionario), l‟arcivescovo segnala la crescita della Chiesa: questo sia per il rientro degli sfollati, sia per l‟aumento delle conversioni al cattolicesimo. “La Chiesa - spiega - è stata sempre vicina alla popolazione durante la guerra e quella difficile esperienza ha avvicinato alcune persone alla fede”. Sembrano quindi lontani gli

anni in cui la comunità cattolica - che costituisce circa l‟8 per cento della popolazione - era presa di mira soprattutto dai ribelli. Nel conflitto diversi sacerdoti e religiosi furono espulsi o uccisi e proprietà ecclesiastiche e strutture cattoliche saccheggiati o distrutti. Tra le priorità nella ricostruzione della società sierraleonesem mons. Charles segnala quella del recupero e del reinserimento sociale dei bambini-soldato e delle donne vittime del tratta: “Cominceremo dall‟educazione – ha detto il presule - perché sappiamo che l‟istruzione è l‟unica via sicura per uscire dal circolo vizioso della povertà”.

Migliaia di fedeli gambiani e senegalesi al tradizionale pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora Regina della Pace di Kunkujang Mariama, in Gambia 12 dic 09 - Migliaia di fedeli gambiani e senegalesi hanno partecipato nei giorni scorsi al tradizionale pellegrinaggio annuale al Santuario di Nostra Signora Regina della Pace di Kunkujang Mariama, nel Gambia occidentale. A presiedere il solenne evento, giunto alla sua 23.ma edizione, è stato mons. Robert Patrick Ellison,

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arcivescovo di Banjul. Nell‟omelia - riferisce la stampa locale ripresa

dall‟agenzia Apic - il presule di origine irlandese ha espresso parole di elogio per il Gambia che – ha detto – è attualmente uno dei paesi più pacifici dell‟Africa Occidentale. Egli ha quindi esortato i fedeli a continuare a pregare con un fervore “ancora più grande”, esprimendo l‟auspicio di potere vedere la pace e la stabilità consolidarsi nel Paese. “Il prezzo di questa pace - ha sottolineato - è una società giusta: nessuno può ignorare questa realtà”. Già colonia britannica divenuta indipendente nel 1965 e unita al Senegal dal 1981 al 1989, il Gambia è uno dei paesi più poveri dell‟Africa, con quasi l'80% della popolazione attiva occupata

nell'agricoltura. A partire dal 1997 ha avviato un sia pur timido processo di democratizzazione. La religione più diffusa è l‟Islam, seguito dalla religione tradizionale africana e dal cristianesimo. I cattolici rappresentano appena lo 0,2% della popolazione.

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La visita di Giovanni Paolo II in Gambia nel 1992 Giovanni Paolo II ha visitato il Gambia dal 23 al 24 febbraio 1992 in occasione del suo 54° viaggio internazionale in Senegal, Gambia e Guinea (19 -26 febbraio 1992). Non ha mai visitato invece la Sierra Leone e la Liberia. Di seguito gli estratti da alcuni suoi discorsi.

DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II CERIMONIA DI BENVENUTO

Aeroporto internazionale «Yundum» di Banjul (Gambia)

23 febbraio 1992 (…) Posso solo incoraggiare i responsabili per il benessere della società gambiana a continuare a farsi guidare da una visione coerente del bene comune So che sono giunto in un paese che ha una fiera tradizione di coesistenza pacifica tra le sue genti, un paese nel quale gli ideali di tolleranza, giustizia e libertà sono tenuti nella massima considerazione. Vi siete impegnati nel compito difficile ma vitalmente necessario dello sviluppo sociale ed economico per il bene di tutto il vostro popolo. Prego per il successo di questi sforzi, fiducioso che i Gambiani sapranno affrontare le sfide del presente con la saggezza e la determinazione che segnano la loro eredità culturale e spirituale. Io posso solo incoraggiare i responsabili per il benessere della società gambiana a continuare a farsi guidare da una visione coerente del bene comune, che in definitiva implica una viva consapevolezza della dignità e dei diritti della persona: di tutti gli individui senza discriminazione, con particolare sensibilità per le necessità dei membri più deboli della società (cf. Centesimus annus, 47). Il rispetto per la persona umana, per i diritti e le libertà dell‟individuo, è al centro del sistema di governo democratico multipartitico al quale siete profondamente legati. Come risultato, tutti i cittadini possono sentirsi veramente a casa nella propria terra, e possono contribuire effettivamente al benessere del loro paese e lavorare per il suo buon nome nella comunità internazionale. Possono appoggiare gli sforzi della nazione nell‟allacciare migliori relazioni con altri paesi vicini e lontani. A questo proposito, Signor Presidente, desidero riconoscere il pregio dei suoi risoluti tentativi per trovare una soluzione al triste conflitto in Liberia. Dio porti pace e giustizia in quella terra così duramente provata!

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Desidero rafforzare i fedeli cattolici nella fedeltà al Vangelo Naturalmente, la mia visita ha un significato particolare per la comunità cattolica della Gambia. Come Papa, il Successore di San Pietro, devo essere per la Chiesa intera un “principio e fondamento perpetuo e visibile dell‟unità di fede e di comunione” (Lumen gentium, 18). Desidero molto pregare con il Vescovo Cleary e tutti i miei fratelli e sorelle nella fede. Desidero rafforzarvi nella fedeltà al Vangelo di Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, nelle loro salde tradizioni di servizio alla società gambiana. I cattolici nella Gambia si reputano veri figli e figlie di questa terra, parte integrante di quella famiglia che è la nazione gambiana. Si uniscono orgogliosamente ai loro fratelli e sorelle nell‟intonare il vostro Inno Nazionale: “Che la giustizia guidi le nostre azioni verso il bene comune, e unisca i nostri diversi popoli per provare la fratellanza umana”. La fratellanza fra tutti i cittadini di un paese è veramente una condizione essenziale per il benessere e lo sviluppo di quel paese. Una politica di giustizia, solidarietà e servizio del bene comune è il cammino lungo il quale la società gambiana può muovere con fiducia verso una prosperità sempre più diffusa e una pace stabile. La comunità cattolica continuerà a fare tutto il possibile per promuovere uno sviluppo che sia vantaggioso per tutti e porti a una società veramente degna dell‟uomo. La nostra fede in Cristo ci induce a portare la testimonianza del “vangelo della pace” (Ef 6, 15), obbedendo a colui che ha detto: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9). La stima per la comunità musulmana: pur essendo diversi in molti aspetti, ci sono elementi importanti delle nostre rispettive fedi che possono servire come basi di un dialogo fruttuoso In questo momento di felice incontro con la Gambia, desidero rivolgere una speciale parola di stima e amicizia a tutti i membri della comunità musulmana. Vi sono grato per la presenza così numerosa a questo incontro di oggi, e so che ciò riflette le buone relazioni esistenti qui fra le due tradizioni. La Chiesa Cattolica ovunque, anche qui in Gambia, accoglie favorevolmente le occasioni per cristiani e musulmani di conoscersi meglio, di condividere la loro venerazione a Dio, e di cooperare al servizio della famiglia umana. I cattolici gioiscono per la libertà religiosa che distingue la vostra società, e che fa sì che la maggioritaria comunità musulmana e la comunità cristiana possano vivere insieme con rispetto e armonia. Come il Patriarca Abramo, noi siamo tutti pellegrini in cammino che cercano di fare la volontà di Dio in tutto. Pur essendo diversi in molti aspetti, ci sono elementi importanti delle nostre rispettive fedi che possono servire come basi di un dialogo

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fruttuoso e rafforzare lo spirito di tolleranza e aiuto reciproco. (…) La Santa Sede coglie ogni occasione per ricordare alla comunità internazionale che non deve essere distratta al punto da trascurare i suoi doveri verso questo continente Il mondo sta attraversando un periodo di cambiamenti economici e di rapporti politici, un periodo non privo di gravi problemi e persino di timori per il futuro. Di conseguenza, e nonostante le sue immense risorse umane e naturali, l‟Africa si trova in difficoltà nell‟affrontare le vecchie sfide della povertà, la fame e le rivalità etniche, e le nuove sfide del materialismo, la tragica diffusione dell‟AIDS e l‟attacco mortale della cultura della droga. La Santa Sede coglie ogni occasione per ricordare alla comunità internazionale che non deve essere distratta al punto da trascurare i suoi doveri verso questo continente. Per questa ragione, durante la mia visita in Senegal, ho richiamato nuovamente l‟attenzione sulle necessità urgenti della Regione del Sahel. Chiedo ai paesi sviluppati di dare assistenza dove sia necessaria, ma anche di condividere le loro capacità, tecnologia e esperienza, in modo che gli stessi Africani possano essere i principali artefici del loro progresso. Chiedo ai leader dell‟Africa di promuovere l‟istruzione a ogni livello, affinché la loro gente possa avere la conoscenza e la competenza tecnica necessarie ad assicurare un vero progresso. DALL’OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II ALLA CONCELEBRAZIONE

EUCARISTICA PER I FEDELI DELLA DIOCESI NELL’«INDEPENDENCE STADIUM»

Banjul (Gambia) 23 febbraio 1992

(…) L’oscura immagine del colonialismo è stata in parte illuminata da eminenti esempi di uomini e donne cristiani che avevano il vero amore di Dio nei loro cuori Prima di tutto ringraziamo per il modo in cui Dio ha fondato e edificato la sua Chiesa, prima alle sorgenti del fiume Gambia e poi lungo le sue sponde. È vero che dal quindicesimo secolo fino a tempi recenti, l‟interesse dall‟esterno per l‟Africa Occidentale è stato spesso motivato da ambizioni commerciali e politiche, quando non ha comportato il terribile flagello e l‟iniquità del commercio degli schiavi. Comunque, questa oscura immagine è stata in parte illuminata da eminenti esempi di uomini e donne cristiani che avevano il vero amore di Dio nei loro cuori e che desideravano solo porsi al servizio delle necessità e del

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benessere dei popoli di questa regione. Ricordo un esempio significativo: la Beata Anne-Marie Javouhey, che giunse a Saint Mary‟s Island con tre compagne nel 1821 per prendersi cura dei malati, poiché nella loro sofferenza avrebbero conosciuto la tenera compassione di Cristo. Ringraziamo per i missionari che per primi hanno portato il Vangelo in questa terra. Obbedendo alla chiamata di Cristo, questi uomini e donne coraggiosi lasciarono le loro terre e giunsero in Gambia, per far conoscere il mistero della salvezza, per portare testimonianza delle verità e dei valori del Vangelo, per educare i giovani e per prendersi cura dei bisognosi. A tutti coloro che stanno ascoltando la mia voce desidero dire che l‟epoca delle missioni non è finita; Cristo ha ancora bisogno di uomini e di donne generosi perché diventino messaggeri della Buona Novella fino ai confini del mondo. Non abbiate paura di seguirlo. Condividete liberamente con gli altri la fede che avete ricevuto! “Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli” (Redemptoris missio, 3). Ringraziamo Dio poiché, dal piccolo seme che i primi missionari hanno piantato, la Chiesa in Gambia è cresciuta In questa messa ringraziamo Dio poiché, dal piccolo seme che i primi missionari hanno piantato, la Chiesa in Gambia è cresciuta e sta producendo abbondanti frutti di fede, speranza e amore. Saluto con affetto tutti i preti e i seminaristi nativi della Gambia, tutti i religiosi figli di questa terra. Con amore saluto i laici, giovani e anziani, padri e madri di famiglia, i bambini, i catecumeni e, specialmente, i catechisti e i membri delle varie associazioni cattoliche. Saluto la gente di Bakau, Lamin, Banjul e Serrekunda qui all‟Ovest, e anche quelli che vengono dall‟interno: da Brikama, Bwiam e Soma; da Farafenni, Kuntaur, Bansang e Basse. (…) Come Cristo, anche noi dobbiamo essere il sale per la terra, la luce per il mondo intero Siccome noi siamo morti nel peccato e siamo risorti alla vita di Dio, dobbiamo camminare sempre in questa vita nuova (cf. Rm 6, 4-11). Questa nuova vita, che è cominciata col battesimo, si sviluppa in noi mentre noi cresciamo a immagine di Cristo che “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 8). Essendo stati trasformati da figli del vecchio Adamo in fratelli e sorelle del nuovo Adamo, siamo ricolmi della sua essenza e brilliamo della sua luce. Come Cristo, anche noi dobbiamo essere il sale per la terra, la luce per il mondo intero. Il sale dà sapore e conserva. La luce ci

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permette di camminare senza inciampare. Essere il sale e la luce significa realizzare le opere dell‟amore evangelico, opere per cui la compassione di Cristo tocca quelli che sono tormentati nello spirito o afflitti nel corpo, opere che trasformano l‟attività umana in una rivelazione splendente della presenza di Dio e del suo amore misericordioso. Dall‟inizio, la comunità cattolica in Gambia ha seguito l‟esempio indicato nelle Letture da Isaia che noi abbiamo ascoltato oggi: le sue opere di amore hanno dato origine a una grande luce per brillare su questa terra (cf. Is 58, 7-10). Proprio perché continuate ad agire come indica il Profeta, fate sì che la luce di Cristo risplenda sulle sponde del fiume Gambia. Quando venite incontro alle necessità dei poveri, quando soccorrete quelli che sopportano il giogo dell‟oppressione e vi battete contro la malvagità (cf. Is 58, 7-9b-10), lo stesso Signore Gesù è al lavoro in voi, per rischiarare l‟oscurità del peccato e diradare le tenebre della disperazione. L’Africa ha bisogno di questo sapore e di questo fuoco per salvare ciò che è buono e giusto nella sua cultura… Oggi il nostro mondo reclama il sale e la luce di Dio. L‟Africa ha bisogno di questo sapore e di questo fuoco per salvare ciò che è buono e giusto nella sua cultura e nei suoi valori tradizionali; per indirizzare la sua ricerca di soluzioni ai suoi problemi pressanti; per illuminare e guidare con saggezza i suoi sforzi al fine di ottenere un maggiore sviluppo e una vita migliore per il suo popolo. Siate sale, siate luce, per aiutare la Gambia ad affrontare queste sfide! … a cominciare dal valore della famiglia In particolar modo, la vostra nazione ha bisogno della testimonianza di una forte vita familiare cristiana, poiché è proprio nell‟ambito di una famiglia unita e amorevole che i giovani apprendono i valori essenziali e l‟atteggiamento cristiano verso le realtà e i rapporti attraverso i quali andiamo verso il nostro destino trascendente. “La famiglia è la prima e fondamentale scuola di socialità” (Familiaris consortio, 37). Essa insegna il valore della dignità umana. Insegna il rispetto per i diritti di ognuno. Insegna la vera giustizia e solidarietà. La comunione e la partecipazione costante alla vita familiare quotidiana è l‟esercizio migliore per una partecipazione attiva e responsabile nella vita più ampia della società. La verità sulla famiglia viene prontamente accettata nei cuori degli uomini e delle donne africani, perché la forza dell‟Africa è sempre stata la famiglia. La vostra società è stata edificata sui legami che si estendono dall‟amore di marito e moglie fino ad abbracciare i figli e tutti quelli che formano la famiglia. Il rispetto della vostra cultura per la famiglia mostra come voi avete sempre apprezzato

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il ruolo fondamentale della famiglia nel disegno di Dio. In quanto famiglie cristiane, siete chiamate a trasmettere alle generazioni future questa grande eredità, e a rinsaldarla e nobilitarla con la grazia del sacramento del matrimonio. L‟amore fedele, esclusivo e duraturo tra marito e moglie è un dono da chiedere in preghiera. La preghiera rinsalda l‟unione di tutti i membri della famiglia. La preghiera è una parte fondamentale del ruolo della famiglia come “Chiesa domestica”, quando genitori e figli insieme umili e fiduciosi chiedono la grazia e l‟aiuto di Dio (cf. Familiaris consortio, 59). La mia esortazione a tutti voi è di rinsaldare la vita familiare, per la vostra stessa felicità, per il bene della Chiesa, per il benessere dell‟intera società. Siamo felici che siano presenti così tanti amici musulmani (…)Non preoccupatevi per il fatto di essere un “piccolo gregge” (cf. Lc 12, 32). Un po‟ di sale può esaltare tutti gli altri ingredienti di un piatto. Una piccola candela può dare luce a tutti in una stanza. C‟è un‟altra ragione per cui questa messa è una preghiera gioiosa di ringraziamento. Fianco a fianco con i cristiani oggi sono qui molti seguaci dell‟Islam. Siamo felici che siano presenti così tanti amici musulmani. Cari amici, la rivelazione che noi cristiani abbiamo ricevuto è il “vangelo della pace” (Ef 6, 15). È un messaggio di riconciliazione con Dio e tra tutti i figli di Dio. Lungi dall‟essere fonte di rivalità o divisione, esso ci induce alla solidarietà e al rispetto reciproco. La sua stessa proclamazione deve essere un atto di pace, un‟espressione di estremo rispetto per la dignità e la coscienza dei nostri ascoltatori. La Chiesa Cattolica è grata per il vostro apprezzamento di questa verità. Prego perché i cristiani e i musulmani di questa nazione continuino a edificare sul bene che trovano negli altri e quindi assicurare lo sviluppo e il progresso della Gambia come una società giusta e illuminata nella quale tutti i suoi membri possono sostenere la loro giusta parte. (…) DAL DISCORSO DI DURANTE L’INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO

II CON I GIOVANI NELLA «ST. AUGUSTINE’S HIGH SCHOOL»

Banjul, 23 febbraio 1992

(…) Giovani della Gambia “Siate il sale della terra; siate la luce del mondo!”: Gesù vi sta chiamando a un incontro di fede Prima di venire qui, ho cercato di informarmi il più possibile su di voi.

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Volevo capire le vostre speranze, le vostre paure, le vostre aspirazioni e le difficoltà che affrontate mentre crescete e prendete il vostro posto nella società. Ero interessato soprattutto a conoscere come vivete la vostra fede cristiana, fino a che punto seguite gli insegnamenti di Gesù, come i giovani Cristiani e Musulmani della Gambia condividono le medesime preoccupazioni e sono aperti gli uni verso gli altri alla ricerca del bene del vostro paese e del suo popolo. Adesso vedo i vostri volti sorridenti e ascolto le vostre voci gioiose. Siete veramente una grande speranza per il futuro! Vi siete preparati a questo incontro meditando sul tema della Visita Pontificia: “Siate il sale della terra; siate la luce del mondo!”. Riflettiamo insieme su alcune implicazioni di questo invito evangelico. Il sale è utile se dà sapore al cibo; la luce è utile se caccia le tenebre. Gesù era molto energico quando diceva: “Se il sale perdesse il sapore... a null‟altro serve che ad essere gettato via” (Mt 5, 13). Quindi dice che la gente non accende la lampada per nasconderla sotto il moggio. Ciò ne annullerebbe lo scopo. Anzi, la mettono su un “lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa” (Mt 5, 15). Sia il sale che la luce devono contribuire a migliorare le cose. È ciò che ci si aspetta dai giovani della Gambia. Molto dovete fare per voi stessi, per la Chiesa, per il vostro paese. Ma dove troverete la forza e lo stimolo per lavorare per il benessere e l‟autentica felicità degli altri, senza mai arrendervi alle difficoltà e allo scoraggiamento? Il Vangelo di San Giovanni ci narra il meraviglioso racconto di quel che Gesù ha fatto per una persona che ha incontrato nelle strade di Gerusalemme: un “uomo cieco dalla nascita” (cf. Gv 9, 1-41). Gesù spalma di fango le palpebre dell‟uomo e lo manda a lavarsi nella vicina piscina di Siloe. Tutta la storia del miracolo vuole offrirci un insegnamento su Gesù stesso. Lui dice: “Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo” (cf. Gv 9, 5). Gesù dà all‟uomo la vista affinché noi possiamo comprendere che soltanto Lui può darci la luce di cui abbiamo bisogno per vedere le cose come realmente sono, per comprendere la piena verità su noi stessi e sugli altri, sulla nostra vita e il suo destino. Gesù è veramente la nostra luce. (….) Un falso “vangelo” di materialismo viene “predicato” ai giovani oggi Come i giovani di tutto il mondo, i giovani della Gambia hanno molti problemi. Siete preoccupati per il vostro futuro. Talvolta siete tentati da false promesse di felicità nell‟abuso di droga e alcol, o al cattivo uso del meraviglioso dono divino della sessualità umana. Queste sirene illusorie di una liberazione e di un progresso presunti hanno già tradito milioni di giovani come voi in altre parti del mondo. Rubandogli i loro ideali

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giovanili e il loro senso di responsabilità e di sfida, questi pericolosi modelli di felicità hanno portato molti giovani uomini e donne in un terribile stato di frustrazione e alienazione. Soprattutto, un falso “vangelo” di materialismo viene “predicato” ai giovani a gran voce. Esso afferma che la felicità dipende dall‟avere un numero sempre maggiore di cose materiali e che il benessere materiale, comunque lo si ottenga, è la misura del valore di una persona. Niente potrebbe essere più lontano dal vero! La vera felicità riguarda l‟“essere”, non l‟“avere”! Il Papa vi invita ad essere quello che siete Qual è dunque il messaggio del Papa per voi? Che siate quello che siete! Siete tutti figli di Dio, e ciascuno di voi ha un compito da assolvere per la Chiesa e la società. Dio vi ha dotati di molti doni e talenti, che dovete sviluppare per la sua gloria e per il bene della Gambia. Devo qui ricordarvi di approfittare di ogni opportunità di studiare bene e di educare voi stessi per il compito che la vita vi riserverà. So che alcuni di voi potrebbero dover abbandonare il paese alla ricerca di impiego e di opportunità altrove, ma è anche vero che, per quanto possibile, la vostra vitalità e la vostra preparazione professionale sono necessarie qui, nel vostro paese natio, a servizio della vostra patria. Ad alcuni di voi il Signore può offrire il dono tutto particolare di una vocazione al sacerdozio o alla vita religiosa. Ascoltate la sua voce! Una tale chiamata esige grande sacrificio e assoluta generosità. Ma ricordate la promessa che Gesù ha fatto a Pietro e agli altri discepoli: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19, 29). Che il Signore conceda a molti di voi la luce di scoprire questa grazia unica nelle vostre vite! Nessuno deve pensare di non aver nulla da offrire. Tutti voi, Cristiani e Musulmani, siete chiamati a fare delle vostre famiglie e della stessa società, luoghi in cui Dio sia veramente presente, dove la giustizia e la pace esistano veramente, e dove le persone siano mosse da uno spirito di amore e di mutuo rispetto. Il mio messaggio ai giovani della Gambia è questo: Siate il sale della terra! Siate la luce del mondo! Siate per la Gambia il segno che il rispetto per la legge di Dio è l‟unico autentico cammino di pace e prosperità per il suo popolo. Questo è quel che il Papa e la Chiesa si attendono da voi. Questo è quello di cui il vostro paese ha bisogno da voi. Dio benedica ciascuno di voi.

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Dio benedica i vostri genitori, le vostre famiglie, i vostri insegnanti, e quanti hanno a cuore il vostro benessere. Dio benedica la Gambia.

DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II DURANTE L’INCONTRO INCONTRO CON I SACERDOTI, I RELIGIOSI, I SEMINARISTI E I

LAICI NELLA CATTEDRALE DELL’ASSUNTA

Banjul (Gambia), 23 febbraio 1992 La devozione alla parola di salvezza ha spinto i primi missionari a portare il Vangelo alla Gambia (…)Quanti accolgono la parola di Dio riconoscono di avere l‟obbligo di trasmettere questa parola agli altri. Il più grande dei missionari, l‟Apostolo Paolo, ha dato voce a questa “legge” della vita cristiana quando ha spiegato che, nel predicare ai Corinzi, egli ha dato loro ciò che egli stesso aveva ricevuto (cf. 1 Cor 11, 23; 15, 3). Avendo accolto la Buona Novella, anche voi dovete trasmettere questo tesoro dei vostri cuori agli altri. Questa devozione alla parola di salvezza ha spinto i primi missionari a portare il Vangelo alla Gambia nonostante le sofferenze e i pericoli che ciò comportava. I vostri predecessori nella missione avrebbero potuto unirsi a San Paolo nell‟enumerare le prove e le difficoltà, la fame e la sete, i pericoli sul mare e i pericoli nel deserto (cf. 2 Cor 11, 23-27) che hanno dovuto soffrire per poter portare la parola di Dio ai loro fratelli e alle loro sorelle gambiani. L‟amore li ha spinti ad assumersi il compito dell‟evangelizzazione. Il loro modo di rendere grazie per questo dono prezioso era di condividerlo. Lo stesso amore ardente deve essere la forza che motiva tutti i vostri sforzi per far conoscere Cristo. (…) Cari sacerdoti non cessate mai di essere grati a Dio per il sacerdozio Cari fratelli Sacerdoti: avete dedicato le vostre vite al servizio del Vangelo in questo paese. Ciascuno di voi porta in questa preghiera serale di lode e di ringraziamento i propri ricordi delle volte in cui è stato lo strumento perché la parola di Dio fosse accolta nei cuori degli altri, soprattutto attraverso l‟offerta del Sacrificio Eucaristico e la celebrazione del Sacramento della Penitenza. Non cessate mai di essere grati a Dio per il sacerdozio e non scoraggiatevi mai di fronte agli ostacoli. Certo, la messe è molta, e il presbiterio di Banjul è un piccolo gruppo. C‟è così tanto da fare per il Maestro, molto di più di quanto non possiate fare da soli. Ma quando avrete pregato il Signore della messe

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di mandare più operai, e quando vi sarete affidati alla sua cura, andate avanti con fiducia. L‟opera è di Cristo. È lui che farà crescere i frutti (cf. 2 Cor 9, 10). Vivendo con speranza, noncuranti della via che il mondo giudica come successo o fallimento, rimarrete fedeli all‟eredità dei sacerdoti che hanno servito qui prima di voi. Anche loro erano pochi di numero, le loro risorse erano scarse, e grandi le difficoltà che dovevano affrontare; e così diventa più che mai evidente che quanto loro hanno fatto veniva da Dio, non da loro stessi. Ai sacerdoti che sono i figli nativi della Gambia rivolgo un saluto particolarmente cordiale. Nella vostra predicazione e nella vostra celebrazione dei sacramenti, nella vostra istruzione ed esortazione, l‟unico Vangelo predicato dalla Chiesa universale ha assunto un “accento” spiccatamente gambiano. Quando il Signore si rivolge ai vostri compatrioti attraverso di voi, essi trovano più facile riconoscere che il suo invito non è qualcosa di strano o di alieno. Essi odono più chiaramente di essere chiamati a una vita che è il compimento e la perfezione di tutto ciò che è nobile e degno nella vita gambiana. Cari Seminaristi, la vita a cui aspirate è quella di essere araldi di Cristo Cari Seminaristi: da tutto quello che ho detto ai sacerdoti, avete chiaramente compreso che la vita a cui aspirate è quella di essere araldi di Cristo, predicatori del suo Vangelo e ministri dei suoi sacramenti (cf. Presbyterorum ordinis, 4-5). Il vostro servizio al Regno di Dio in questo tempo si misura con la devozione e lo zelo che mettete nella preghiera, negli studi e nella formazione pastorale che costituiscono il programma del seminario. Diventerete pastori sulle orme di Cristo, il Buon Pastore, solo se subordinerete i vostri progetti alle responsabilità che la Chiesa vi affiderà, e solo se tutte le vostre parole e azioni saranno dirette a portare gli altri al nostro Eterno Padre. Cari religiosi e religiose vi ringrazio tutti a nome della Chiesa per la testimonianza della vostra consacrazione e il vostro generoso apostolato È una gioia particolare per me rivolgere una parola di profonda stima e incoraggiamento ai religiosi e alle religiose: ai sacerdoti e ai fratelli della Congregazione dello Spirito Santo, che è presente nella Gambia fin dal 1848, ai fratelli cristiani che sono giunti più di recente; alle figlie spirituali della Beata Anne-Marie Javouhey, le Suore di San Giuseppe di Cluny, che continuano a lavorare qui sull‟esempio della loro Fondatrice; alle Suore della Presentazione di Maria, le Suore di San Giuseppe di Annecy, le Suore Mariste e le Suore Scolastiche di Nostra Signora. Non

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posso fare a meno di menzionare con gratitudine i molti missionari che adesso e in passato sono giunti dall‟Irlanda, tra cui il primo Vescovo di Banjul, Michael Maloney, recentemente scomparso e ricordato con affetto. Vi ringrazio tutti a nome della Chiesa per la testimonianza della vostra consacrazione e il vostro generoso apostolato. In seno alla Chiesa, i religiosi rendono una speciale testimonianza a Cristo attraverso il loro esempio di castità, povertà e obbedienza per amore del Regno. I consigli evangelici rivelano il cuore del Vangelo: la Buona Novella che Dio ci ama e che ci invita a corrispondere il suo amore con il dono totale di noi stessi. La vita religiosa è quindi, per sua vera natura, apostolica. I diversi compiti pastorali e apostolici che assolvete, il vostro insegnamento, le vostre opere di carità e di cristiano servizio, sono espressioni di questo amore. Tutte le vostre attività quindi devono scaturire dalla preghiera e dalla contemplazione. San Giovanni ci ricorda che quanti vengono inviati ad annunziare la parola di vita, lo fanno testimoniando ciò che sono giunti a conoscere personalmente e intimamente. Egli dice: “Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi” (1 Gv 1, 3). Cari religiosi, sappiate che occupate un posto speciale nel cuore del Papa. Forse quanti di voi sono venuti nella Gambia da molto lontano talvolta si chiedono se valga la pena di fare quel che stanno facendo. Cari missionari: posso solo assicurarvi che il vostro sacrificio è assai gradito agli occhi del Signore. Voi siete stati messi da parte perché tutti fossero salvati e conoscessero la verità (cf. 1 Tm 2, 4). Abbiate fiducia nella vostra speciale vocazione! (cf. Ad gentes, 23). Ogni giorno prego sinceramente che Dio sostenga con la sua misericordiosa presenza gli uomini e le donne “in missione”, spesso in situazioni difficili, remote, esigenti. Il Figlio di Dio, che ha accettato generosamente la sua missione di venire in mezzo a noi, non vi lascerà senza “la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano” (Gc 1, 12). Inestimabile anche il lavoro dei catechisti Il Papa è venuto da voi, catechisti della Gambia, per affermare il valore inestimabile di tutto ciò che fate per diffondere la conoscenza della fede. In molti casi voi siete i primi messaggeri del Vangelo a quanti non sono cristiani. Da voi essi ricevono la loro prima impressione di ciò che significa essere cristiani. È con il vostro esempio che il Signore parla in modo chiaro e persuasivo. È mia speranza che una ferma convinzione dell‟importanza dell‟aiuto che date alla Chiesa vi porti a studiare il suo insegnamento in modo sempre più diligente, affinché possiate offrire a chi chiede, ai catecumeni e ai battezzati la piena ricchezza della vostra fede apostolica. Prendete nuovo coraggio; siate forti contro ogni forma di abbattimento. Grazie per la vostra indefettibile fedeltà alla Chiesa!

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Indispensabile nella Chiesa in Gambia il ruolo dei laici Alcuni membri del Corpo di Cristo sono esclusivamente dediti alla predicazione della parola (cf. At 13, 2), ma ogni cristiano è “testimonio e insieme vivo strumento della stessa missione della Chiesa” (Lumen gentium, 33). Ciò significa che i dirigenti laici di questa Chiesa locale hanno il loro indispensabile ruolo da assolvere nel proclamare la parola di Dio nella Gambia. Così - con le parole del Concilio Vaticano II - faccio appello a voi, membri del laicato, perché siate “davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo” (Lumen gentium, 38). Nell‟impegnarvi al fine di ordinare le cose nei vari settori della società della Gambia secondo la Nuova Legge di Cristo, voi portate i vostri concittadini faccia a faccia col Vangelo. La rivelazione di Dio, così come risplende nelle vostre case e attività lavorative, scuole e fattorie, eserciterà il potere che le è proprio di attrarre i cuori che sono ben disposti. Tutti i membri della Chiesa sono chiamati a vivere in comunione, poiché nonostante siamo molti, noi formiamo un unico corpo in Cristo (cf. 1 Cor 12, 12-27). Restate uniti nell‟amore e cercate di superarvi l‟un l‟altro solo nell‟umile servizio. (….)

DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II ALLA CERIMONIA DI CONGEDO

Aeroporto internazionale «Yundum» di Banjul (Gambia)

24 febbraio 1992 (…) Qui in Gambia LA Chiesa si sente a casa, così come in ogni altra parte del mondo. Il mio incontro con la comunità cattolica è stata una gioiosa celebrazione della nostra fede. Abbiamo pregato insieme, ringraziando Dio per le sue benedizioni e affidando le nostre necessità alla sua amorevole misericordia. La Chiesa è cattolica perché è aperta a popoli di ogni razza, lingua e condizione sociale. Qui in Gambia si sente a casa, così come in ogni altra parte del mondo. Il suo desiderio e il suo impegno sono quelli di promuovere la vita spirituale dei suoi figli e di cooperare con tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà nel servizio al bene della famiglia umana. Rendo grazie a Dio per la vitalità della comunità cattolica e la fedeltà alla Sua parola. Confido che i miei fratelli e sorelle nella fede continuino a meditare sull‟immagine

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della prima comunità cristiana, quando tutti “erano assidui nell‟ascoltare l‟insegnamento degli Apostoli e nell‟unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42). Il Successore di Pietro vi porterà sempre nel suo cuore. Un pensiero alla vicina Liberia sconvolta da una guerra fratricida Nel salutare questo paese amante della pace, il mio pensiero si rivolge con preoccupazione a un‟altra parte dell‟Africa occidentale. Avrei desiderato visitare la vicina nazione della Liberia, ma una terribile guerra fratricida ha sconvolto il paese e causato indicibili sofferenze tra la sua popolazione. Prego per le vittime di questo conflitto. Sono profondamente rattristato dalla piaga rappresentata dalle centinaia di migliaia di rifugiati, da tanti senzatetto e affamati. Oltre alle morti, ai ferimenti e alle sofferenze che la violenza armata porta sempre con sé, non possiamo fare a meno di osservare che una tale situazione distrugge ogni possibilità di sviluppo economico e di stabilità politica per le popolazioni coinvolte. L‟interdipendenza di tutti i Paesi dell‟Africa occidentale ha trovato espressione in sforzi concertati per giungere a una soluzione di questa difficile situazione. È mia speranza che i capi della regione intendano perseverare in questo impegno e che le parti in conflitto vogliano anteporre l‟autentico bene delle popolazioni locali a ogni altra considerazione. Mentre incoraggio tutti coloro che potrebbero influenzare situazioni di conflitto a intraprendere il compito urgente di pacificazione, invito anche tutti quanti credono nel dominio e nella provvidenza di Dio Onnipotente sugli affari degli uomini, a pregare incessantemente per il grande dono della pace. Supplichiamo il Signore della Vita e della Storia affinché trasformi l‟odio in amore, la rivalità in solidarietà. Preghiamo affinché l‟Africa non cada in una spirale di conflitti e di lotte di potere, ma perché si avvii decisamente lungo il cammino di rispondere alle necessità delle sue popolazioni e di creare condizioni che favoriscano la crescita e la prosperità. È evidente che la comunità internazionale ha il grave dovere morale di promuovere politiche giuste e utili per questo continente. È necessaria una nuova era di solidarietà con l‟Africa. A nome della nostra comune umanità, e a nome di quanti non hanno voce, rinnovo i miei appelli a quei governi che sono in condizione di aiutare, e alle organizzazioni internazionali che si stanno occupando di assistenza ai paesi in via di sviluppo, affinché accorrano a fianco dell‟Africa in quest‟ora decisiva. (…)

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LE VISITE AD LIMINA

Di seguito alcuni estratti dai discorsi di Giovanni Paolo in occasione delle precedenti viste ad limina dei vescovi dei tre Paesi

5 ottobre 1981

(…)

Proclamate incessantemente il mistero di Cristo e della sua Chiesa, secondo l’alto insegnamento del Concilio Vaticano II,

Poiché Cristo è la nostra redenzione e il nostro tutto, il vostro ministero è posto sotto il segno della speranza. Voi sperate nella parola di Dio; voi avete fiducia in ciò che Egli ha promesso. Voi fate assegnamento sul suo aiuto ogni giorno, proprio come fecero i vostri predecessori prima di voi. I vostri sentimenti sono dunque identici con quelli dell‟apostolo Paolo: “Noi infatti ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1Tm 4,10). Con questa fede apostolica, cari fratelli, proseguite zelantemente nel vostro compito pastorale. Proclamate incessantemente il mistero di Cristo e della sua Chiesa, secondo l‟alto insegnamento del Concilio Vaticano II, e nella fedeltà a tutte le sue direttive.

Continuate nel vostro ministero di formare a Cristo le giovani generazioni e di offrire loro la sfida completa contenuta nel suo Discorso della Montagna. Dio ricompenserà certamente voi e tutti coloro che hanno lavorato con voi nel costituire scuole cattoliche e i molti servizi che queste scuole rendono alla comunità cattolica e alla società in generale.

Non stancatevi mai di offrire l‟insegnamento di Cristo sulla giustizia e l‟amore fraterno a tutti gli uomini e donne di buona volontà a qualsiasi livello sociale essi appartengano. Così facendo voi sarete promotori dell‟armonia e del benessere delle nazioni stesse di cui fate parte.

Continuate ad esercitare il vostro zelo pastorale nel promuovere le vocazioni

In modo del tutto particolare continuate ad esercitare il vostro zelo pastorale nel promuovere le vocazioni sacerdotali e religiose a Cristo. “Gettate in lui ogni vostra preoccupazione” (1Pt 5,7), e pregate “il Padrone della messe che mandi operai nella sua messe” (Mt 9,37). Fate

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appello alla vostra gente perché si capisca come ciò sia vitalmente necessario per la comunità e come sia importante il contributo della famiglia cristiana nel promuovere le vocazioni ecclesiastiche. Fate appello specialmente agli ammalati ed agli infermi perché offrano le loro sofferenze, in unione con quelle del Salvatore, per questa santa intenzione.

(…)

8 gennaio 1987

Evangelizzare tutti gli uomini: questa la missione della Chiesa

Negli anni che hanno seguito la vostra ultima visita, le vostre giovani Chiese hanno sperimentato una crescita e uno sviluppo continui. (…)

Prego con fervore affinché voi rinnoviate ancora una volta i vostri sforzi nel grande compito di evangelizzazione che è la missione essenziale della Chiesa. La mia lode va alle molte coraggiose iniziative che avete già intrapreso per la diffusione del Vangelo. E colgo l'occasione per ripetere le parole di Papa Paolo VI nella sua esortazione apostolica sulla evangelizzazione nel mondo contemporaneo: "Evangelizzazione, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare e insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio e perpetuare il sacrificio di Cristo nella santa Messa, che è il memoriale della sua morte e della sua gioiosa risurrezione" (EN 14).

Nel proclamare la buona novella a quelli che non hanno ancora conosciuto Cristo, dovete affrontare considerevoli difficoltà. Siete chiamati a testimoniarlo quotidianamente in una società con più religioni, dove la maggioranza della popolazione è musulmana e dove molti aderiscono alle religioni tradizionali dell'Africa. La verità della nostra fede, il cui piano di salvezza include tutti coloro che conoscono il Creatore, certamente ci offre una base per il dialogo e la pacifica coesistenza con i credenti non-cristiani. L'insegnamento del Concilio Vaticano II nella sua dichiarazione sui rapporti della Chiesa con i non-cristiani incoraggia tutti i cristiani e i musulmani a superare le difficoltà del passato e "ad impegnarsi sinceramente per una reciproca comprensione.

Occorre evangelizzare con una testimonianza di una vita cristiana esemplare

Nei vostri paesi dell'Africa occidentale il Vangelo deve essere diffuso

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soprattutto con la testimonianza di una vita cristiana esemplare. Tale testimonianza è già un atto iniziale di evangelizzazione, sebbene si debba aggiungere che la testimonianza personale cristiana negli avvenimenti ordinari della vita quotidiana deve essere accompagnata dalla proclamazione pubblica del regno di Dio e della persona di Gesù Cristo nostro salvatore. Poiché al centro di tutti gli sforzi della Chiesa a favore dell'evangelizzazione è il chiaro messaggio della vita eterna offerto a tutti i popoli in Cristo come dono gratuito della grazia e della misericordia di Dio.

L’impegno della Chiesa in Gambia, Sierra Leone e Liberia nel campo dell’assistenza sanitaria e dell’educazione

Nei campi dell'istruzione e dell'assistenza sanitaria le vostre Chiese locali stanno dando un notevole contributo per l'opera di evangelizzazione. Mi è stato detto che le scuole cattoliche del vostro personale godono la reputazione di essere tra le migliori, specialmente quelle di grado secondario. Nello stesso tempo so che il ruolo della Chiesa nel campo dell'assistenza sanitaria è profondamente stimolato dai vostri governi e da tutta la popolazione. Possiamo vedere chiaramente che in questi due settori di amorevole dedizione i membri delle vostre Chiese locali esercitano un'influenza che va molto al di là del loro numero limitato, così da consentire allo stile di vita cristiano di essere meglio conosciuto e accettato. La presenza della Chiesa nella sfera della salute e dell'educazione è portata avanti principalmente dai membri dei vari istituti religiosi. So che vi unite volentieri a me nell'esprimere gratitudine a Dio onnipotente per tutti i religiosi e le religiose che per molti anni hanno lavorato nonostante le grandi difficoltà per fondare la Chiesa nella vostra regione. Con una vita veramente evangelica essi hanno dato testimonianza a Dio e generato abbondante frutto. Inoltre lodo e ringrazio Dio per la dedizione del clero locale, che sta gradualmente aumentando di numero.

Il ruolo crescente dei laici

Ho appreso con speciale soddisfazione del ruolo sempre più crescente dei laici nelle attività della Chiesa nei vostri tre paesi. La vocazione particolare del laicato è di agire come il lievito nel mondo e di esercitare un ruolo vitale nel grande lavoro dell'evangelizzazione. Il loro specifico campo di diffusione del Vangelo comprende il lavoro professionale, e in caso di matrimonio, il loro ruolo di genitori li impegna nella primaria responsabilità dell'educazione cristiana dei loro figli (cfr. GE 3). La vostra conferenza ha posto l'accento sulla formazione dei laici,

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particolarmente attraverso l'istituzione di centri pastorali nazionali e diocesi per la loro istruzione e per la formazione dei catechisti. La stretta collaborazione di questi centri con l'Interritorial Pastoral and Social Development Centre di Kenema, Sierra Leone, sta dando un importante contributo non soltanto alla vostra conferenza ma anche all'opera dell'intera Chiesa in Africa. La vostra lodevole iniziativa di esigere questi centri pastorali dà una chiara risposta all'appello del Concilio Vaticano II: "Ci dovrebbe essere un aumento del numero delle scuole, sia a livello diocesano che a livello regionale, nelle quali i futuri catechisti possono studiare la dottrina cattolica, specialmente nei campi della Scrittura e della liturgia, come metodo di catechesi e di pratica pastorale. Facciamo in modo che ci siano più scuole nelle quali essi possono sviluppare le abitudini cristiane e possono dedicarsi instancabilmente a coltivare la pietà e la santità di vita" (AGD 17).

Non c'è separazione od opposizione tra la catechesi e l'evangelizzazione

Nella struttura ecclesiale delle vostre comunità locali i catechisti laici hanno il compito fondamentale di dedicare la loro vita all'educazione dei bambini e degli adulti nella fede cristiana. La crescita di queste comunità è in larga parte il risultato delle loro fatiche. Allo stesso tempo occorre chiarire il ruolo specifico dei catechisti e il loro posto nella missione evangelizzatrice della Chiesa. Grande cura dovrebbe essere data alla loro formazione di maestri della fede, e testimoni del Vangelo.

Riguardo al loro ruolo nell'intero processo di evangelizzazione desidero ripetere "che non c'è separazione od opposizione tra la catechesi e l'evangelizzazione. Non possono essere semplicemente identificati l'uno con l'altro. Hanno stretti legami nei quali si integrano e si completano a vicenda" (CTR 18). In breve, la catechesi è uno dei momenti essenziali della evangelizzazione e può essere definita come "un'educazione dei bambini, dei giovani e degli adulti nella fede, che comprende specialmente l'insegnamento della dottrina impartita, generalmente parlando, in modo sistematico e organico avendo cura di iniziare gli ascoltatori alla pienezza della vita cristiana" (CTR 18).

(…)

9 luglio 1992

Il ricordo del viaggio apostolico in Gambia

(…) Vorrei iniziare ricordando la visita da me compiuta nel febbraio

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scorso in Gambia, ove sono stato calorosamente accolto non solo dal Vescovo Cleary e dai membri della Chiesa, ma anche dal Governo e da tutta la popolazione. Sono grato a tutti loro. Sono stato profondamente colpito dal loro impegno per il progresso del paese e dalla loro consapevolezza che tale progresso dipende dal porre la persona umana al centro degli sforzi sociali giuridici e politici. Avevo anche desiderato visitare la Liberia, ma ciò è stato reso impossibile dalla tragica guerra che ha quasi distrutto questa nazione e ha avuto gravi conseguenze anche sulla Sierra Leone.

Dopo la vostra ultima visita “ad limina” nuovi e pesanti fardelli sono stati aggiunti alla vostra già difficile missione pastorale: la siccità e la guerra in Liberia e Sierra Leone

Dopo la vostra ultima visita “ad limina” nuovi e pesanti fardelli sono stati aggiunti alla vostra già difficile missione pastorale. Lo spettro della siccità è apparso all‟orizzonte con conseguenze drammatiche per il benessere e addirittura per la sopravvivenza di alcune popolazioni dell‟Africa occidentale. Una guerra fratricida ha portato devastazione causando molte morti e danni incalcolabili, lasciando dietro di sé centinaia di migliaia di profughi e di senzatetto, innumerevoli orfani e feriti, divisioni e odi che potranno essere superati solamente dalle prossime generazioni. Ho seguito questi avvenimenti con grande dispiacere e spero fortemente in una soluzione che ponga fine alla violenza, che favorisca la riconciliazione e permetta ai vostri popoli di tornare alle loro case e di ricostruire le loro vite. La comunità cattolica è stata profondamente colpita. Voi siete i tristi testimoni di come una indicibile ondata di violenza abbia distrutto chiese e missioni, scuole e centri di assistenza sanitaria e reso praticamente impossibile qualsiasi altra attività per le popolazioni locali. Per la Chiesa questa terribile guerra in molti casi ha annullato anni di sforzi e di lavoro. E ciononostante in mezzo a tutte queste sofferenze la luce della fede e l‟amore cristiano non si sono spenti. La Chiesa in Sierra Leone in particolar modo merita un riconoscimento per l‟assistenza offerta ai rifugiati liberiani e ai propri cittadini costretti a lasciare i loro villaggi e ad abbandonare le loro proprietà già limitate dinanzi agli attacchi dei gruppi armati in conflitto. Con preoccupazione ho pregato per voi, Vescovi Liberiani, chiedendo a Dio di donarvi molta fede e coraggio poiché compivate il vostro ministero per il vostro popolo afflitto e tentavate di mantenere vivo, in circostanze tanto difficili, il messaggio evangelico di speranza e fede nella Divina Provvidenza.

Faccio appello alle congregazioni missionarie impegnate

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affinché prestino la propria collaborazione e siano tanto generose quanto è consentito dalla situazione attuale

Quali Pastori, con profonda conoscenza degli insegnamenti di Cristo del valore sublime dell‟amore fino all‟amore eroico per i propri nemici, voi dovete continuare ad esortare il vostro popolo alla riconciliazione, all‟osservanza del diritto legittimo e dell‟ordine, all‟amore per la pace e al rispetto per i diritti umani tanto crudelmente calpestati in questo tragico conflitto. Dobbiamo sperare e pregare che queste situazioni migliorino cosicché la vita normale della Chiesa possa ricominciare e soprattutto che i Missionari, sacerdoti, religiosi e religiose possano al più presto ritornare al loro apostolato. Essi fanno pienamente parte delle vostre Chiese locali poiché in Cristo tutti sono fratelli e sorelle, e nell‟amore di Dio che è stato riversato nei cuori dallo Spirito Santo (cf. Rm 5, 5), le differenze di razza, cultura e lingua vengono superate. Faccio appello alle congregazioni missionarie impegnate affinché prestino la propria collaborazione e siano tanto generose quanto è consentito dalla situazione attuale. Questa è una situazione che ha richiesto e continua a richiedere quel profondo amore e la dedizione caratteristici dei sacerdoti missionari, religiosi e volontari laici.

Il ruolo della Chiesa in queste circostanze non è di schierarsi

Il ruolo della Chiesa in queste circostanze non è di schierarsi da una parte ma di servire le esigenze spirituali di tutti senza discriminazioni. Il compito del Vescovo è di portare la testimonianza del messaggio di pace del Vangelo e di invocare e comunicare la grazia di Dio della guarigione. Egli deve rivolgere un‟attenzione particolare alla fondamentale crisi morale della società: l‟indebolirsi dei legami familiari e delle tradizioni che garantivano la solidarietà fra individui e gruppi, la mancanza di giustizia sociale, il degrado di verità e onestà nei rapporti umani. Egli deve pronunciarsi contro la corruzione che distrugge il tessuto della vita civile e deve inoltre tentare di formare le coscienze dei fedeli, in particolar modo dei capi politici ed economici, con principi e valori con i quali si possa organizzare una società veramente umana e giusta per il bene comune. Vi incoraggio, quando rispondete a questioni di natura politica e sociale, a mantenere grande armonia tra di voi e a parlare sempre con la voce chiara del Buon Pastore che conosce le sue pecore (cf. Gv 10, 27).

Vi esorto a perseverare e, se possibile, ad accrescere i vostri sforzi nel campo dell’educazione

Nonostante difficoltà di vario tipo la Chiesa nei vostri Paesi è stata e

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continua ad essere attivamente impegnata nell‟istruzione. I risultati positivi di questo impegno ecclesiale possono essere facilmente riscontrati. L‟istruzione è un‟attività a cui la Chiesa dà molto valore come si rileva attraverso la sua storia. Nell‟attuale situazione in Africa l‟istruzione costituisce una condizione indispensabile per la stabilità e il progresso. Poiché gli africani stessi devono essere i principali agenti del proprio sviluppo, il ruolo dell‟educazione è fondamentale. Come è noto, per la maggior parte dell‟opinione pubblica nei vostri paesi, la Chiesa è quasi sinonimo di istruzione e assistenza sanitaria. Anche in ambienti chiusi all‟annuncio diretto del Vangelo, questi centri e queste istituzioni che servono l‟intera comunità, hanno sempre offerto una notevole testimonianza dello spirito cristiano di amore e di servizio. Oggi sono ancor più essenziali in quanto le esigenze del popolo sono enormemente cresciute. Desidero quindi esortarvi a perseverare e, se possibile, ad accrescere i vostri sforzi in questo campo con il costante aiuto dei Religiosi e dei laici impegnati delle vostre diocesi.

(…)

Un attento programma di sviluppo delle missioni deve costituire un aspetto essenziale della cura delle Chiese a voi affidate.

Lungi dall‟essere spaventato dalle molte difficoltà sulla via della missione “ad gentes”, credo che stiamo scorgendo l‟alba di una nuova era missionaria favorita dalla crescente presenza di persone provenienti dalle Chiese più giovani (cf. Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale, 17 giugno 1992, nn. 2-5). Un attento programma di sviluppo delle missioni deve costituire un aspetto essenziale della cura delle Chiese a voi affidate. Per svolgere questo compito prego il Signore della messe affinché vi dia forza e vi sostenga insieme ai vostri sacerdoti, religiosi e catechisti!

L’armonia e l’azione concertata dei vari gruppi e organizzazioni delle Chiese sono più che mai necessarie.

Data la situazione minoritaria della Chiesa nei vostri rispettivi paesi, in cui i cattolici costituiscono solo il 2% circa della popolazione, la testimonianza e la guida di sacerdoti e religiosi, l‟armonia e l‟azione concertata dei vari gruppi e organizzazioni delle Chiese sono più che mai necessarie. La liturgia, che costituisce il cuore di tutta la vita e il dinamismo della Chiesa, è anche il più forte fattore di unione fra i membri del Corpo di Cristo. Avete già fatto molto per garantire la celebrazione della Messa e dei sacramenti nelle principali lingue locali.

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Un’inculturazione teologicamente corretta

Spero che possiate continuare quest‟opera essenziale per una saggia e teologicamente corretta inculturazione del messaggio cristiano. Il vostro obiettivo in questo campo deve essere di “evangelizzare” alla radice la cultura e le tradizioni dei fedeli. Il risultato finale di un‟autentica inculturazione della fede è di conservare tutto ciò che vi è di buono e nobile nel modo di vivere di un popolo impregnando e “informando” tutti gli avvenimenti e i rapporti significativi con la grazia di Cristo. Quindi momenti importanti come la nascita, l‟avvicinarsi alla maturità, il fidanzamento, il matrimonio, il lavoro, la malattia e la morte, le gioie e i dispiaceri della vita familiare e gli avvenimenti che riguardano l‟intera comunità, saranno segnati dallo spirito cristiano e dal rito della Chiesa. La prospettiva e i comportamenti di persone, famiglie e comunità verranno così sempre più identificati con la verità rivelata in Gesù Cristo e manifestata attraverso lo Spirito Santo in ogni epoca e a ogni popolo (cf. Gv 14, 26). Così anche la legge di Cristo e, soprattutto, il supremo comandamento dell‟amore, chiariranno le scelte morali e renderanno possibile la libertà che conduce alla vita eterna (cf. Gv 8, 32-51). Una profonda inculturazione della fede è anche alla base di un fruttuoso dialogo interreligioso con le maggioranze musulmane nei vostri paesi, poiché permette ai cristiani e ai musulmani di comprendere meglio i reciproci punti di vista, per individuare questioni di interesse comune e aree di possibile cooperazione nella soluzione di problemi locali o nazionali e nella costruzione di una società più giusta e tollerante. Durante la mia visita in Africa Occidentale nel febbraio scorso, sono stato profondamente colpito dalla qualità del rispetto reciproco fra cristiani e musulmani. Questa reciproca apertura fa nascere quel “dialogo della vita quotidiana” che rende possibile a cittadini dello stesso paese di sostenersi l‟un l‟altro servendo il bene comune (cf. Udienza generale, 4 marzo 1992, n. 3).

L’aumento delle vocazioni

L‟aumento delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata da voi rilevato, costituisce un segno inequivocabile dell‟amore di Dio per il suo popolo e della vitalità delle vostre comunità. Il sacerdozio come la configurazione sacramentale a Cristo Sommo Sacerdote è un ministero di servizio e una missione, un inviare a testimoniare e a perpetuare “la carità di Cristo, il Buon Pastore” (Pastores dabo vobis, n. 57). Per questa ragione il seminario “si fa carico di una vera e propria iniziazione alla sensibilità del pastore, all‟assunzione consapevole e matura delle sue responsabilità, all‟abitudine interiore di valutare i problemi e di stabilire le priorità e i mezzi di soluzione, sempre in base a limpide

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motivazioni di fede e secondo le esigenze teologiche della pastorale stessa” (Ivi, 58). Sono certo che continuerete a far sì che i vostri seminaristi acquisiscano il profondo senso di amore per il prossimo, richiesto dalla loro vocazione cosicché vengano spinti dall‟amore sincero per Cristo e per il suo Corpo, la Chiesa. I vostri giovani sacerdoti hanno anche bisogno della vostra profonda amicizia e della vostra guida per poter superare le particolari difficoltà del primo anno del loro ministero. Vi chiedo di rassicurare tutti i vostri sacerdoti e i religiosi, uomini e donne, della vostra diocesi delle mie preghiere quotidiane per la loro fedeltà e perseveranza. In nome di Cristo li ringrazio per la loro testimonianza e per il loro generoso servizio verso il popolo di Dio. In particolar modo desidero incoraggiare le sorelle religiose, sapendo quanto sia importante la loro presenza per garantire che la verità e l‟amore di Cristo prevalgano in situazioni e circostanze difficili. Con una attenta selezione dei candidati e un‟adeguata guida spirituale da parte di religiosi esperti anche le nuove congregazioni diocesane svolgeranno un ruolo sempre più importante nell‟incarnare i valori del Regno di Cristo nelle vite dei fedeli. Raccomando in particolar modo alla vostra cura la crescita e la formazione di questi Istituti.

Anche un laicato impegnato e bene istruito è una grande speranza

Anche un laicato impegnato e bene istruito è una grande speranza delle vostre comunità ecclesiali per un futuro più luminoso. Non solo la piena e attiva partecipazione dei laici alla liturgia ma anche la chiara testimonianza dei valori cristiani che essi portano nella famiglia e nella società, sono i mattoni per costruire una presenza cristiana intensa e penetrante. Nei vostri resoconti sulla situazione delle vostre diocesi, siete giustamente generosi nel lodare la preziosa collaborazione dei vostri catechisti e responsabili laici. Spesso essi sono il vero nucleo vitale delle loro comunità e il futuro della Chiesa dipende molto dalla loro fedeltà. Possa Dio ricompensarli con forza e gioia! Vi ringrazio per la particolare attenzione che rivolgete ai giovani. La vita di tanti giovani è stata sconvolta e trasformata dalla violenza che hanno visto intorno a loro. Per quanto possibile occorre compiere degli sforzi per aiutarli a trovare nuova speranza e serenità. Si può fare molto sia incoraggiando gruppi e associazioni giovanili, sia attraverso le scuole cattoliche e i programmi di educazione religiosa.

L’urgenza di promuovere il matrimonio cristiano contro i divorzi

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e la poligamia

Condivido anche la vostra profonda preoccupazione riguardo le particolari difficoltà concernenti il matrimonio cristiano in tutte le vostre regioni. I diffusi comportamenti morali e la legalizzata e diffusa pratica del divorzio e della poligamia sfidano le coppie cristiane ad avere un alto grado di santità e di fedeltà. Le persone sposate hanno bisogno del solido appoggio della Chiesa e le famiglie dovrebbero essere incoraggiate ad aiutarsi reciprocamente attraverso associazioni e attività che tendano a promuovere la spiritualità, la formazione e l‟apostolato e a favorire un modo di vita ispirato al Vangelo e alla fede della Chiesa (cf. Familiaris consortio, 72). In tal modo mariti e mogli mostreranno la profondità del loro reciproco amore e – con le parole della lettera agli Efesini – il loro amore splenderà come “un grande mistero”, cioè come un segno del vincolo che unisce Cristo alla sua Chiesa (cf. Ef 5, 32).

(…)

15 febbraio 2003

(…)

L'obbedienza alla Parola di Dio, così come è proclamata in modo autentico dalla Chiesa, deve costituire la base del vostro rapporto con altre comunità cristiane

Nel corso della Storia, le minoranze ecclesiali si sono trovate nella posizione unica di trasmettere il messaggio di Cristo ai loro fratelli e alle loro sorelle che ancora non lo conoscono. L'obbedienza alla Parola di Dio, così come è proclamata in modo autentico dalla Chiesa, deve costituire la base del vostro rapporto con altre comunità cristiane. Come sapete, questa stessa Parola di Dio può fungere da punto di partenza fondamentale per un dialogo essenziale con i seguaci delle religioni tradizionali africane e dell'Islam. Avete il compito di continuare a promuovere un atteggiamento di rispetto reciproco che eviti sia l'indifferenza religiosa sia il fondamentalismo militante.Dovete restare vigili per garantire che la verità non venga mai ridotta al silenzio. Questa forma di guida sociale richiede sforzi volti a tutelare una libertà religiosa fondamentale che non deve mai essere sfruttata a fini politici. Mai nessuno deve essere punito o criticato per aver detto la verità.

La necessità di un impegno rinnovato per la formazione dei

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giovani e dei laici

Sottolineo la necessità di un impegno rinnovato per la formazione dei giovani e dei laici. La seduzione delle cose materiali e la pericolosa attrazione di culti e società segrete che promettono ricchezza e potere, possono esercitare un grande fascino, in particolare sui giovani. Queste tendenze preoccupanti possono mutare soltanto se si aiutano i giovani a comprendere che formano veramente "una nuova generazione di costruttori", chiamata a operare per una "civiltà dell'amore" caratterizzata da libertà e pace (cfr Veglia di Preghiera in occasione della Giornata Mondiale della Pace presso Downside Park, Toronto, Canada, 27 luglio 2002, n. 4). Dovete aiutare i giovani a rifiutare "le tentazioni di scorciatoie illegali verso falsi miraggi di successo o di ricchezza...". Infatti, è solo con la giustizia, spesso raggiunta mediante sacrifici, che si può ottenere la pace autentica (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, n. 7).

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Difendere la santità della famiglia

Un elemento fondamentale della cultura e della civiltà africane è sempre stato quello della famiglia. "L'unione feconda e fedele fra uomo e donna, benedetta dalla grazia di Cristo, è un genuino Vangelo di vita e di speranza per l'umanità" (cfr Osservazioni conclusive in occasione del IV Incontro Mondiale delle Famiglie, 26 gennaio 2003, n. 1). Purtroppo, questo Vangelo di vita, fonte di speranza e di stabilità, viene minacciato nei vostri Paesi dalla diffusione della poligamia, del divorzio, dell'aborto, della prostituzione, del traffico di esseri umani e da un mentalità a favore della contraccezione. Questi stessi fattori contribuiscono a un'attività sessuale irresponsabile e immorale che porta alla diffusione dell'AIDS, una pandemia che non può essere ignorata. Non solo questa malattia distrugge innumerevoli vite, ma minaccia anche la stabilità sociale ed economica del continente africano.

Poiché la Chiesa in Africa fa quanto è in suo potere per difendere la santità della famiglia e il suo ruolo preminente nella società africana, è chiamata soprattutto a proclamare ad alta voce e con chiarezza il messaggio liberatore dell'amore cristiano autentico. Ogni programma educativo, sia cristiano sia secolare, deve sottolineare che l'amore autentico è amore casto e che la castità ci offre la speranza fondata di superare le forze che minacciano l'istituzione della famiglia e al contempo di liberare l'umanità dalla devastazione causata da flagelli quali l'HIV e l'AIDS. "L'affetto, la gioia, la felicità e la pace procurati dal matrimonio cristiano e dalla fedeltà, così come la sicurezza data dalla

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castità, devono essere continuamente presentati ai fedeli, soprattutto ai giovani" (Ecclesia in Africa, n. 116). Questo compito non solo include l'incoraggiamento e l'educazione dei giovani, ma richiede anche che la Chiesa funga da guida nello sforzo notevole di promuovere programmi a favore del rispetto autentico per la dignità e i diritti delle donne.

Vi esorto a operare instancabilmente per la riconciliazione

Sebbene i vostri Paesi continuino ad affrontare sfide umanitarie, mi unisco a voi nel rendere grazie a Dio per i grandi progressi compiuti al fine di ripristinare la pace in Liberia e in Sierra Leone. Al contempo, tuttavia, sono turbato da avvenimenti recenti nell'area immediata che potrebbero minacciare gli sforzi costanti per ripristinare la stabilità. Il cammino verso la pace è sempre difficile. Ciononostante, sono certo del fatto che l'impegno e la buona volontà di quanti sono coinvolti in tale processo possano contribuire alla creazione di una cultura di rispetto e dignità. La Chiesa, che ha sofferto enormemente a causa di questi conflitti, deve mantenere la sua posizione forte per tutelare quanti non hanno voce. Vi esorto, miei Fratelli Vescovi, a operare instancabilmente per la riconciliazione e a rendere una testimonianza autentica di unità con gesti di solidarietà e sostegno verso le vittime di decenni di violenza.

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L'attenzione pastorale alla vita spirituale degli uomini e delle donne consacrate nelle vostre Diocesi

Un'altra priorità del vostro ministero è l'attenzione pastorale alla vita spirituale degli uomini e delle donne consacrate nelle vostre Diocesi. Questo è particolarmente vero per le fondazioni più nuove, che necessitano della vostra guida per essere sempre più impegnate nel proprio apostolato e nella ricerca della santità. Molti religiosi dei vostri Paesi hanno seguito alla lettera l'esortazione a "lasciare tutto e, dunque, a rischiare tutto per Cristo" (Vita consecrata, n. 40), avendo condiviso pienamente la sorte del vostro popolo durante la guerra e la violenza che hanno devastato la regione. Alcuni sono stati uccisi, altri imprigionati o resi rifugiati. Questa presenza costante fra i loro fratelli e le loro sorelle che soffrono per il medesimo destino rende testimonianza di un Dio che non abbandona il suo popolo.

Lodo voi e i vostri sforzi per l'istituzione di programmi per una formazione salda.

È edificante osservare che persino in mezzo al tumulto e alla guerra

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uomini e donne hanno continuato a rispondere alla chiamata di Dio con generosità. Il compito già arduo di una formazione corretta diviene più difficile quando i requisiti fondamentali di quest'opera non sono disponibili.

Lodo voi e i vostri sforzi per l'istituzione di programmi per una formazione salda. I Vescovi, in quanto primi responsabili della vita ecclesiale, devono garantire che tutti i candidati al sacerdozio siano selezionati con cura e formati in un modo che li prepari a donarsi totalmente alla loro missione nella Chiesa. Tutti i consacrati in questo modo speciale a Cristo, Capo della Chiesa, dovrebbero anelare a condurre una vita di autentica povertà evangelica. In un mondo pieno di tentazioni, i sacerdoti sono chiamati a distaccarsi dalle cose materiali, e a dedicarsi al servizio degli altri attraverso il dono totale di sé nel celibato. I comportamenti scandalosi devono essere affrontati, esaminati e corretti.

La formazione dei sacerdoti

Data la grave carenza di sacerdoti nelle vostre Diocesi, potreste sentirvi obbligati a collocare sacerdoti ordinati da poco in posizioni che comportano l'assunzione immediata di gravi responsabilità pastorali. Anche se a volte è inevitabile, è necessario prestare molta attenzione affinché ai giovani sacerdoti venga dato il tempo necessario per alimentare e sviluppare la loro vita spirituale. Tutti i sacerdoti devono avere a disposizione strutture di sostegno sacerdotale. Tali strutture includono una formazione permanente spirituale e intellettuale e ritiri e giorni di raccoglimento che riuniscano la fraternità dei sacerdoti nelle parole e nei Sacramenti. "I presbiteri, in virtù della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai Vescovi, sono promossi al servizio di Cristo maestro, sacerdote e re" (Presbyterorum ordinis, n. 1). I membri del clero sono i vostri più stretti collaboratori poiché il loro ministero è un riflesso dell'amore di Cristo, il Buon Pastore, per il suo gregge. Impegnati sempre in attività pastorali, hanno bisogno della vostra guida per mantenere un corretto equilibrio fra la loro opera e la loro vita spirituale. La vita sacerdotale deve incentrarsi sul rinnovamento costante della grazia ricevuta negli Ordini Sacri. Il vostro esempio e la vostra guida possono fare molto per incoraggiare la crescita di questa grazia, in particolare mediante la consultazione e la collaborazione in questioni amministrative e nell'opera pastorale. Questo è infatti essenziale per un ministero veramente efficace.

(…)