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Con le decisioni dell’ABF, spunti di dottrina e segnalazioni di giurisprudenza a cura del Conciliatore BancarioFinanziario 3/2014

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Con le decisioni dell’ABF, spunti di dottrina e segnalazioni di giurisprudenza

a cura del Conciliatore BancarioFinanziario 3/2014

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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO 3/2014

a cura del Conciliatore BancarioFinanziario

Le Disposizioni della Banca d’Italia che disciplinano il funzionamento dell’Arbitro Bancario Finanziario prevedono che le banche e gli intermediari finanziari adottino un’organizzazione interna tale da assicurare che i propri uffici reclami conoscano gli orientamenti dell’ABF, si mantengano costantemente aggiornati sugli stessi e valutino i reclami della clientela anche alla luce di tali orientamenti.

Per supportare gli intermediari Associati nello svolgimento di tale attività e di quella più propriamente legale, Il Conciliatore BancarioFinanziario ha predisposto una nuova collana dal titolo “Quaderni di aggiornamento”.

Ogni Quaderno contiene, nella Parte I, le Massime delle decisioni ABF, elaborate dagli Uffici del Conciliatore BancarioFinanziario selezionando le decisioni ritenute più significative tra quelle in suo possesso, seguite - per una pronta consultazione - dal testo della decisione stessa.

Alla Parte I si affiancano eventuali altre due sezioni dedicate, l’una agli Spunti di dottrina, e l’altra alle Segnalazioni di giurisprudenza.

I Quaderni di aggiornamento, che non hanno alcuna pretesa di completezza ed esaustività, si pongono come obiettivo quello di contribuire - per quanto possibile - all’attività di studio e ricerca dei precedenti ABF, nonché di costituire un agevole strumento di consultazione per consentire una adeguata valutazione delle decisioni da assumere.

QUADERNI DI AGGIORNAMENTO

Con le decisioni dell’ABF, spunti di dottrina e segnalazioni di giurisprudenza

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INDICE

PARTE I Massime di decisioni dell’ABF

Collegio di Coordinamento

- ABF – Collegio di Coordinamento, n. 1875/14 – tasso soglia usura - sommatoria interessi corrispettivi e moratori – esclusione – estensione agli interessi moratori - esclusione

- ABF – Collegio di Coordinamento, n. 1875/14 - interessi di mora - clausola penale - riducibilità ex articolo 1384 c.c. – potere officioso del giudice

Competenza

- ABF – Collegio di Milano, n. 1579/14 – competenza per materia – trasferimento titoli - informativa fiscale - sussistenza

Legittimazione

- ABF – Collegio di Milano, n. 1406/14 – finanziamento – cessione ad altro intermediario – legittimazione passiva concorrente del cedente e del cessionario

Conto corrente

- ABF – Collegio di Napoli, n. 407/14 – conto corrente – richiesta di documentazione ex art. 119 TUB – parziale adempimento – mancato reperimento negli archivi – condanna – esclusione

Bancomat e carte di credito

- ABF – Collegio di Roma, n. 916/14 – bancomat – furto in auto chiusa a chiave – colpa grave – esclusione

Assegno

- ABF – Collegio di Napoli, n. 718/14 – assegno bancario non trasferibile – negoziazione – insoluto – mancato protesto – responsabilità della banca negoziatrice – esclusione

Sistemi di informazioni creditizie e Centrale Rischi

- ABF – Collegio di Napoli, n. 5379/13 – SIC – segnalazione successiva alla sospensione dei termini ex lege 44/1999 – illegittimità per difetto del presupposto oggettivo - cancellazione

- ABF – Collegio di Napoli, n. 185/14 – SIC – segnalazione – preavviso – prova della ricezione – presunzioni – applicabilità

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Finanziamenti

- ABF – Collegio di Milano, n. 300/14 – mutuo fondiario per acquisto quote societarie – estinzione anticipata – penale – applicabilità legge 40/2007 - esclusione

- ABF – Collegio di Napoli, n. 302/14 – prestito finalizzato – usura – sommatoria del tasso di interesse corrispettivo e moratorio – esclusione

PARTE II SPUNTI DI DOTTRINA

GIUSEPPE CARRIERO Giustizia senza giurisdizione: l'arbitro bancario finanziario, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, fascicolo 1, 2014, pag. 161

CLAUDIO FRIGENI Segnalazioni presso le centrali rischi creditizie e tutela dell’interessato: profili evolutivi , in Banca borsa e titoli di credito, fascicolo 4, 2013 pag. 365

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PARTE III SEGNALAZIONI DI GIURISPRUDENZA

ASSEGNO BANCARIO – FALSIFICAZIONE – DILIGENZA DELLA BANCA – LIBERO APPREZZAMENTO DA PARTE DEL GIUDICE

Cassazione Civile. Sezione III, 20 marzo 2014, n. 6513

ATTO DI MESSA IN MORA – INVIO TRAMITE RACCOMANDATA A.R. – PRESUNZIONE DI RICEZIONE E CONOSCENZA DA PARTE DEL DEBITORE – INVERSIONE DELL’ONERE DELLA PROVA

Cassazione Civile. Sezione VI, 13 maggio 2014, ordinanza n. 10388/14

MUTUO – USURA – TASSO DI INTERESSE CORRISPETTIVO E MORATORIO –SOMMATORIA - ESCLUSIONE

Tribunale di Napoli, ordinanza del 14 aprile 2014

Tribunale di Napoli, sentenza del 18 aprile 2014

Tribunale di Verona, sentenza del 30 aprile 2014

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PARTE I

Massime di decisioni dell’ABF

Collegio di Coordinamento

TASSO SOGLIA USURA - SOMMATORIA INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI – ESCLUSIONE - ESTENSIONE AGLI INTERESSI MORATORI - ESCLUSIONE

Il Collegio di Coordinamento, con decisione n. 1875/14 del 28 marzo 2014, ha ritenuto che “gli interessi corrispettivi [siano] alternativi rispetto agli interessi moratori” e che la somma aritmetica proposta dal ricorrente non corrisponde alla individuazione di alcun obbligo di pagamento assunto con il contratto, ma, al contrario, contraddice alle pattuizioni intercorse ed è perciò priva di base giuridica”. Il Collegio ha inoltre statuito che “non possono essere assoggettati alla disciplina relativa agli interessi usurari elementi di costo del credito che non siano contemplati nel calcolo dei tassi soglia” e ciò anche alla luce della sostanziale disomogeneità tra tassi corrispettivi – oggetto di rilevazione ai fini del TAEG – e tassi moratori non contemplati a tale fine.

INTERESSI DI MORA - CLAUSOLA PENALE - RIDUCIBILITÀ EX ARTICOLO 1384 C.C. – POTERE OFFICIOSO DEL GIUDICE

Il Collegio di Coordinamento, con decisione n. 1875/14 del 28 marzo 2014 - nel far proprio l’indirizzo della Corte di legittimità in merito alla riducibilità d’ufficio delle clausole penali stipulate contrattualmente - ha ritenuto che “la riducibilità della penale non è norma di carattere eccezionale, bensì espressione di un più generale potere-dovere del giudice di controllo sulla congruità di qualunque clausola contrattuale atta a predeterminare la pena gravante sulla parte inadempiente, così da garantire la sua proporzionalità e la sua eventuale riconduzione ad un ammontare tale da essere meritevole di tutela e pertanto l’art. 1384 c.c. risulta applicabile agli interessi di mora convenzionalmente stabiliti dalle parti”.

(cfr. decisione di seguito riportata)

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Competenza

COMPETENZA PER MATERIA – TRASFERIMENTO TITOLI – INFORMATIVA FISCALE - SUSSISTENZA

Il Collegio di Milano con decisione n. 1579/14 del 14 marzo 2014 ha ritenuto che la vertenza riguardante gli obblighi di informativa che incombono sull’intermediario in caso di trasferimento di titoli ad altro intermediario (nella fattispecie, le conseguenze fiscali del trasferimento tra rapporti diversamente intestati), rientra nella competenza ABF, essendo incentrata sulla diligenza dell’intermediario nell’esecuzione del rapporto di deposito e di amministrazione e non già sulla prestazione di servizi di investimento.

(cfr. decisione di seguito riportata)

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COLLEGIO DI MILANO

composto dai signori:

(MI) GAMBARO Presidente

(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) RONDINONE Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

(MI) VELLUZZI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti

Relatore (MI) RONDINONE

Nella seduta del 11/02/2014 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione- la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Con ricorso protocollato in data 13.6.2013 il consumatore esponeva che:- poiché nel mese di ottobre 2011 era titolare di un dossier titoli presso un

intermediario finanziario, ed era venuto a conoscenza, tramite messaggi pubblicitari, della possibilità di “trasferire con un semplice clic i titoli a condizioni più favorevoli”, decideva di aprire in data 3 novembre 2011 una posizione tradingpresso l’intermediario odierno convenuto;

- prima di effettuare la richiesta di trasferimento, aveva contattato telefonicamente l’intermediario resistente, specificando che il conto di partenza era cointestato al medesimo e ai figli mentre il conto di arrivo era cointestato al medesimo ricorrente ed alla moglie;

- l’intermediario convenuto aveva rassicurato il cliente che “bastava che un cointestatario fosse comune (cioè il ricorrente) per poter eseguire il trasferimento senza alcuna implicazione”;

- successivamente, nel corso del 2013, l’esponente aveva aperto un conto presso un terzo intermediario, il quale gli aveva fatto notare che i titoli oggetto del suindicato

Decisione N. 1579 del 14 marzo 2014

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trasferimento “erano stati caricati … non al valore originario di acquisto … ma al valore di mercato del momento del passaggio”.

- Il ricorrente aveva contattato immediatamente il servizio trading dell’intermediario convenuto, il quale gli aveva risposto che “il passaggio da banca a banca è sempre a titolo oneroso”.

- il consumatore aveva quindi disposto il trasferimento del dossier titoli dall’intermediario convenuto al nuovo intermediario, “senza variazione del prezzo di carico”;

- a causa del primo trasferimento di titoli, avrebbe subito minusvalenze per quasi 13.000,00 Euro;

- come precisato in sede di integrazione al ricorso, l’intermediario convenuto ha inoltre trasmesso all’intermediario presso cui i titoli sono stati successivamente trasferiti una comunicazione la quale avrebbe “ulteriormente confuso la gestione” dei titoli del cliente.

Il ricorrente ha quindi chiesto all’ABF “in nome del dovuto rispetto della normativa sulla trasparenza, che venga accertata la responsabilità” dell’intermediario convenuto “sulle conseguenze a mio sfavore citate, e che a chiusura di ogni controversia mi venga riconosciuto un adeguato risarcimento per il quale mi rimetto ad una Vs. valutazione di merito”.

L’intermediario presentava le proprie controdeduzioni tramite il Conciliatore Bancario Finanziario il 25.7.2013, rappresentando che:

- in data 24 ottobre 2011 il cliente aveva sottoscritto l’apertura del deposito titoli, disponendo il trasferimento oggetto di contestazione;

- l’operazione richiesta era avvenuta in data 2 novembre 2011;- il dossier titoli presso l’intermediario precedente era intestato al ricorrente e ai due

figli; - il dossier titoli aperto presso l’intermediario convenuto era intestato al ricorrente e

alla di lui moglie; - “Si trattava pertanto del trasferimento titoli tra depositi con intestazione differente”,

regolato dall’art. 6 d.lgs. 461/1997. - il trasferimento in questione era stato effettuato dal primo intermediario mentre

l’intermediario convenuto si era “limitato a caricare i titoli trasferiti al prezzo fiscale trasmesso dalla banca originaria”;

- la resistente non aveva addebitato alcun costo per il trasferimento dei titoli in questione;

- il ricorrente “non ha quantificato la propria richiesta risarcitoria e non ha provveduto a fornire alla banca alcuna evidenza documentale comprovante il danno che ritiene gli sia stato arrecato”.

L’intermediario convenuto ha chiesto al Collegio di “dichiarare inammissibile il ricorso in oggetto ovvero di respingerlo nel merito”, sotto il primo profilo eccependo l’incompetenza dell’ABF sulla controversia in questione, in quanto la domanda del ricorrente attiene ad un presunto danno conseguente al trasferimento di titoli, tale da classificare la controversia come “attinente ai servizi e alle attività di investimento”. Le controdeduzioni sono state trasmesse via mail al ricorrente.Questi ha svolto in data 4 agosto 2013 una prima replica, ove ha specificato che il proprio ricorso ha ad oggetto “l’assoluta mancanza di trasparenza prima, durante e dopo il servizio di trasferimento titoli e nulla ha a che fare con le attività di trading”, e si è augurato che l’intermediario potesse fornire le registrazioni telefoniche delle comunicazione intercorse

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con il call center. Ha, altresì, specificato di aver indicato “chiaramente” nel reclamo “il danno fiscale subito”, pari a Euro 13.000. Infine ha puntualizzato che “la richiesta per il passaggio dei titoli” è stata effettuata tramite l’intermediario convenuto – attraverso la compilazione di moduli prestampati a quest’ultimo intestati – che “pubblicizzava il semplice servizio di trasferimento titoli con un clic”. Nella prima controreplica del 9 agosto 2013, l’intermediario ha ribadito l’inquadramento dell’operazione contestata nella fattispecie di cui all’art. 6 d.lgs. 461/1997 e, inoltre, ha riconfermato la sua fiducia nelle capacità informative del proprio personale. Il convenuto ha ulteriormente eccepito che il trasferimento è stato effettuato dall’intermediario di partenza, mentre la resistente avrebbe meramente caricato i “titoli trasferiti al prezzo fiscale trasmesso dalla banca originaria”.Nella sua seconda replica del 16 ottobre 2013, il ricorrente, ribadendo sostanzialmente quanto già dedotto, ha specificato di non aver “mai ricevuto preventivamente (pur avendole richieste) informazioni adeguate relative alle enormi perdite fiscali” in ordine all’operazione de qua. Ha, altresì, aggiunto che “nemmeno a trasferimento avvenuto” ha ricevuto “alcun documento (contabili o estratti conto)” che indicassero al medesimo “il valore di carico dei titoli”.Nella sua seconda controreplica del 18 dicembre 2013, l’intermediario convenuto ha eccepito che il ricorso sarebbe stato carente circa l’ammontare del danno subito, e integrato sul punto solo successivamente.In sede di terza replica, avvenuta il 22 gennaio 2014, il ricorrente obiettava che “il danno fiscale subito si legge nell’allegato pag. 2 del ricorso” ed inoltre che “la quantificazione del danno fiscale è documentata nell’allegato pag. 5 del ricorso”. Seguiva in data 27 gennaio 2014 un’ultima controreplica dell’intermediario convenuto, in cui questi sostanzialmente ribadiva le tesi difensive svolte nei precedenti scritti.

DIRITTO

La controversia in esame ha per oggetto l’asserita incompletezza delle informazioni ricevute dal ricorrente in relazione ad un’operazione di trasferimento titoli fra dossier aperti presso due diversi intermediari.L’intermediario convenuto ha preliminarmente eccepito l’incompetenza ratione materiaedell’ABF, ma tale eccezione non ha pregio, in quanto, come già precisato in precedenti decisioni (v., fra le altre, Coll. Milano, n. 2206/2013), la vertenza investe tematiche attinenti a contratti di deposito di titoli in amministrazione, che sono annoverati fra i contratti bancari. Il rapporto riguardante la custodia e l’amministrazione di titoli può assumere una connotazione complessa se collegato alla prestazione di servizi di investimento, ma in tal caso trova applicazione il criterio della prevalenza delle finalità previsto dalle Disposizioni sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari emanate dalla Banca d’Italia (cfr. Sez. I, par. 1.1). Tale criterio vale a individuare anche la competenza dell’ABF sui contratti a contenuto misto in virtù di un suo esplicito richiamo contenuto nelle Disposizioni sul funzionamento dell’Arbitro Bancario Finanziario (v. Sez. I, par. 4, nota 2). Ciò premesso, il Collegio ritiene che, nella fattispecie in esame, la vertenza sia incentrata non sulla prestazione di servizi d’investimento, ma sulla diligenza dell’intermediario nell’esecuzione del rapporto di deposito e di amministrazione.Il ricorso è peraltro infondato nel merito. Il consumatore lamenta una scarsa capacità informativa da parte dell’intermediario in ordine agli effetti economici e fiscali dell’operazione che andava ad intraprendere. Tale doglianza viene formulata con riferimento alle informazioni ricevute dal call center dell’intermediario a seguito delle richieste di chiarimenti formulate dal ricorrente, e per la precisione quest’ultimo asserisce

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di avere ricevuto rassicurazioni in ordine alla possibilità di effettuare il trasferimento pubblicizzato senza effetti fiscali nonostante la diversa cointestazione del dossier titoli di partenza rispetto a quello di destinazione. Tuttavia, tale ricostruzione fattuale risulta negata dall’intermediario, il quale sostiene che il suo personale avrebbe fornito informazioni conferenti alla normativa vigente. E neppure dalla documentazione versata in atti constano evidenze di fogli informativi riportanti dati in ipotesi fuorvianti circa gli effetti fiscali delle operazioni di trasferimento.Gli assunti attorei non risultano dunque suffragati da idonea prova, cosicché, in ossequio al principio generale formulato nell’art. 2697 c.c., non può essere dichiarata la responsabilità dell’intermediario, il quale dal canto suo ha dimostrato di avere partecipato all’operazione di trasferimento su ordine del cliente. Ad abundantiam, deve anche osservarsi che la normativa fiscale applicabile al caso in esame (cfr. art. 6 d. lgs.21.11.1997, n. 461), invero di lineare interpretazione sul punto che la sopradescritta operazione configurasse una cessione a titolo oneroso, avrebbe dovuto essere autonomamente conosciuta dal ricorrente; e che quest’ultimo neppure ha fornito elementi sufficienti al fine della quantificazione del danno subito, che non potrebbe comunque essere fatto coincidere con l’importo della minusvalenza dallo stesso indicata.

PER QUESTI MOTIVI

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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Legittimazione

FINANZIAMENTO – CESSIONE AD ALTRO INTERMEDIARIO – LEGITTIMAZIONE PASSIVA CONCORRENTE DEL CEDENTE E DEL CESSIONARIO

Il Collegio di Milano con decisione n. 1406/14 del 12 marzo 2014 – premesso che l’art. 125 septies TUB dispone che tanto nel caso di cessione del credito quanto nel caso di cessione del contratto di credito, il consumatore può eccepire al finanziatore cessionario le stesse eccezioni che potevano essere sollevate al finanziatore cedente - ha respinto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto, cessionario del credito, in considerazione del fatto che il ricorso ha ad oggetto questioni relative al periodo antecedente la cessione.

(cfr. decisione di seguito riportata)

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COLLEGIO DI MILANO

composto dai signori:

(MI) GAMBARO Presidente

(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) CONTINO Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) SANTORO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

(MI) PERICU Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti

Relatore (MI) PERICU

Nella seduta del 26/09/2013 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione- la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Il ricorso riguarda un contratto di finanziamento contro cessione del quinto e, in particolare, la richiesta di sospensione dei pagamenti da parte del ricorrente.

Nel ricorso, protocollato in data 17.12.2012, il ricorrente afferma quanto segue:

- di avere contratto un prestito personale nell’anno 2008, con dovuta cessione del quinto dello stipendio per euro 242,00 mensili. Più precisamente, nel reclamo, si legge che i prestiti sottoscritti sarebbero in realtà due e segnatamente:

1. per una somma di € 7.631,89, rimborsabile in 48 rate da € 239,00;

2. per una somma di €12.92,84, rimborsabile in 120 rate da € 242,00.

- Il secondo negozio sarebbe stato stipulato “dopo aver ricevuto una telefonata da un’altra agenzia non sapendo che [fosse] ancora [quella con cui era già precedentemente legato, la quale gli] ha proposto un’altra somma dicendo che [in relazione al] primo contratto si poteva dare di più.” Il ricorrente addiveniva così alla stipula del contratto in parola – che gli veniva “recapitato a casa un mese dopo

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senza [che lo stesso] lo avesse mai visto” - con contestuale estinzione anticipata del primo finanziamento.

- In seguito, essendo il cliente “pensionato con una modesta pensione, chiedev[a] immediatamente la sospensione del pagamento del [..] prestito avendo riscontrato di aver pagato anticipatamente tutto il dovuto in questi anni.” In tal contesto “ chiedev[a] inoltre di intervenire immediatamente” presso l’Inps al fine di “cancellare” la suddetta cessione.

Con le controdeduzioni l’intermediario precisava le seguenti circostanze di fatto:

- in data 26 giugno 2008 il ricorrente sottoscriveva un contratto di cessione del quinto con la società [omissis], di seguito ceduto alla [resistente] nell'ambito di una operazione di cessione del credito pro-soluto (all. 1). In data 23 agosto 2012 la [convenuta] veniva a conoscenza, mediante la ricezione di apposita lettera di reclamo, della richieste, avanzate da controparte, volte ad ottenere la «sospensione del pagamento» delle rate (all. 2). Il giorno 14 settembre 2012, la banca forniva dovuta nota di riscontro nella quale comunicava al ricorrente l'impossibilità di accogliere la sua richiesta (all. 3).”

In via pregiudiziale la banca convenuta precisa che ”i due contratti di cui fa menzione il ricorrente, [..] sono stati entrambi sottoscritti con la società [omissis] e che, pertanto, sia riguardo gli avvenimenti relativi al contratto recante il numero di pratica n. [..] sia riguardo quelli relativi al contratto n. [..] oggetto del presente ricorso, per il periodo antecedente la cessione [..], [l’intermediario] è in difetto di legittimazione passiva. In virtù di quanto precede e per quanto concerne le allegazioni del ricorrente in merito all'episodio della sottoscrizione del contratto di cui chiede in questa sede la sospensione, avvenuta in sostituzione del contratto n. [..] anticipatamente estinto, [l’intermediario] solleva eccezione preliminare di rito per difetto di legittimazione passiva [..], chiedendo a codesto Spettabile Collegio di non pronunciarsi in merito a tali circostanze”.

Tanto premesso quanto all’eccezione pregiudiziale per difetto di legittimazione passiva

Una volta formulata l’eccezione pregiudiziale di cui sopra, nel merito la resistente eccepiva che:

- “in merito alla natura della domanda di controparte che, pare [..] sostanzi[arsi] in una richiesta di cessazione dei pagamenti delle rate, basata sul presupposto che il finanziamento sarebbe già stato estinto, avendo questi «pagato anticipatamente tutto il dovuto»[..], è appena il caso di sottolineare che il rapporto in essere non è ad oggi [..] stato estinto. Per converso, dall'estratto conto ivi allegato, [risulta che] le rate sono state regolarmente pagate dalla Amministrazione di riferimento fino alla n. 54, relativa al mese di gennaio 2013 e, ad oggi, restano ancora da corrispondere ulteriori 66 (sessantasei) rate, avendo il contratto naturale scadenza il 31 luglio 2018”;

- alla banca “non è pervenuta alcuna richiesta di anticipata estinzione dal ricorrente il quale neppure ha prodotto alcunché a dimostrazione dell'avvenuto pagamento anticipato, a saldo di quanto dovuto”;

- “a voler interpretare la domanda di controparte quale richiesta di sospensione delle rate, occorre rammentare che, essendovi alla base di ogni provvedimento della banca riguardante la concessione o il diniego di sospensioni e/o rinegoziazioni dei propri contratti di mutuo delle valutazioni comunque riguardanti il merito creditizio, queste ultime «costituiscono prerogativa dell'istituto erogante ove una conclusione diversa finirebbe per violare la libertà negoziale dell'intermediario»”;

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- pur avendo “la banca considerato la possibilità alternativa di rinegoziare il prestito per venire incontro alle istanze del ricorrente, non avendo di contro quest'ultimo esibito una dichiarazione della propria Amministrazione di riferimento, attestante la riduzione del minimo cedibile, anche tale possibilità è stata ritenuta non meritevole di accoglimento”.

L’intermediario eccepisce quindi la carenza di poteri di questo Collegio in ordine alle richieste del ricorrente, che comporterebbero l’esercizio di poteri correttivi e/o reinterpretativi del regolamento negoziale dedotto nel ricorso.

Il ricorrente conclude chiedendo al Collegio di ottenere “la sospensione del pagamento del [..] prestito avendo riscontrato di aver pagato anticipatamente tutto il dovuto in questi anni.”

L’intermediario chiede preliminarmente di dichiarare inammissibile la domanda per difetto di legittimazione passiva del convenuto e, in subordine, di dichiarare il rigetto del ricorso, in quanto infondato.

DIRITTO

In via preliminare, questo Collegio ritiene non fondate le eccezioni di carenza di legittimazione passiva sollevate dalla Banca resistente. Si rileva anzitutto che l’art. 125-septies tub dispone che tanto nel caso di cessione del credito quanto nel caso di cessione del contratto di credito, il consumatore possa eccepire al finanziatore cessionario le eccezioni che potevano essere sollevate al finanziatore cedente, così restringendo l’ambito di applicazione della disciplina della cessione del credito di cui all’art. 1248 cod.civ. In questo modo, il legislatore comunitario, e quello domestico che ne ha recepito le indicazioni, ha inteso riconoscere primario rilievo alle esigenze di tutela del consumatore, le quali sono destinate a non subire alcuna conseguenza negativa in caso di modificazione del rapporto tra finanziatore cedente e finanziatore cessionario.In ossequio a tale precipua esigenza di tutela, in sede di trasposizione del principio nell’ordinamento interno si è inteso derogare alla disciplina del codice civile, consentendo così al soggetto ceduto di opporre le eccezioni, proponibili nei confronti del cedente, anche nei confronti del cessionario. Tale principio normativo è stato anche ribadito dalle disposizioni di trasparenza emanate dalla Banca d’Italia (cfr. in particolare par. 5.3.). Ne deriva, dunque, che sussiste la legittimazione passiva della resistente in ordine alla richiesta di restituzione delle commissioni.Nel merito, per quanto riguarda la ripartizione dell’onere probatorio circa l’estinzione del finanziamento, il ricorrente afferma di avere provveduto al pagamento dell’intero importo dovuto. Trova applicazione al riguardo il principio di cui all’art. 2697 c.c., ovvero l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere.Nel caso in esame, non è stata fornita dalle parti copia firmata del contratto relativo al finanziamento, pur non essendo controversa l’effettiva esistenza del contratto in parola. Pertanto, dette circostanze possono essere valutate secondo quanto previsto in materia di ripartizione dell’onere della prova dall’art. 2697 c.c. In merito rilevano i principi enucleati dalla Suprema Corte nel fondamentale arresto Cass. Civ., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in base ai quali spetta al debitore - in virtù del criterio di “vicinanza della prova” - la prova dell’esatto adempimento, ovvero la prova dei fatti estintivi dell’obbligazione dedotta

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in giudizio (conformi: Cass. Civ, sez. I, 25 ottobre 2007, n. 22361; Cass. Civ., sez. I, 3 luglio 2009, n. 15677).Sul punto non può che concludersi che il ricorrente non ha fornito idonea prova dell’avvenuto adempimento integrale al contratto oggetto del ricorso.

PER QUESTI MOTIVI

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO 3/2014

a cura del Conciliatore BancarioFinanziario

Conto corrente

CONTO CORRENTE – RICHIESTA DI DOCUMENTAZIONE EX ART. 119 TUB – PARZIALE ADEMPIMENTO - MANCATO REPERIMENTO NEGLI ARCHIVI - CONDANNA - ESCLUSIONE

Il Collegio di Napoli con decisione n. 407/14 del 23 gennaio 2014 – pronunciandosi su un caso in cui il ricorrente lamentava la mancata consegna della documentazione, richiesta ai sensi dell’art. 119 TUB, non rinvenuta dalla banca nei suoi archivi – ha ritenuto che “la dichiarata impossibilità [dell’intermediario] di tenere esattamente questa condotta, in assenza di ogni altra forma di tutela domandata (in ipotesi: risarcitoria per equivalente monetario dell’eventuale danno o soltanto comminatoria verso il preteso obbligato) non consente di sperimentare soluzione diversa dal rigetto, sotto pena dell’estrapetizione”.

(cfr. decisione di seguito riportata)

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COLLEGIO DI NAPOLI

composto dai signori:

(NA) QUADRI Presidente

(NA) CONTE Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) CARRIERO Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) RISPOLI FARINA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

(NA) BARTOLOMUCCI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti

Relatore RISPOLI FARINA MARILENA

Nella seduta del 10/12/2013 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione- la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Il ricorrente rappresenta di avere richiesto, in qualità di erede legittimo della madre, deceduta in data 10.3.2007, copia della documentazione “relativa al conto corrente e ai titoli intestati” a quest’ultima. Aggiunge di aver provveduto ad ulteriore istanza documentale, una volta esaminati gli allegati messi a disposizione dalla banca (tra i quali, in particolare, gli estratti inerenti al conto corrente bancario, periodo di riferimento 30.6.2006 - 30.6.2007, e copia di una polizza vita), chiedendo “copia del contratto di apertura di conto corrente con relative deleghe, indicazione dell’impiegato addetto alla ratifica ( id est, dell’operazione di chiusura del contratto assicurativo), copia assegno circolare emesso in data 2.3.2007 e copia distinta di prelievo”.Specifica che tale domanda è rimasta parzialmente inevasa, non avendo la banca fornito il richiesto nominativo, in ragione della mancanza della “necessaria autorizzazione della magistratura”, e la copia del contratto di conto corrente, quest’ultima in quanto non rinvenuta dal resistente nei propri archivi. Sottolinea che la “documentazione richiesta è essenziale …[per] fare luce sulla vicenda successoria”.

Decisione N. 407 del 23 gennaio 2014

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Eccepita la irricevibilità ratione temporis della richiesta, per essere stati taluni rapporti intestati alla de cuius, in ordine ai quali il ricorrente avanza le proprie istanze documentali, estinti nel 2007 (e quindi prima della competenza temporale dell’Arbitro), la banca, confermando le circostanze riferite dal ricorrente, evidenzia di aver soddisfatto “tutte le richieste di documentazione” da quest’ultimo avanzate, “ad esclusione della produzione di copia del contratto di conto corrente in quanto il medesimo non è stato rintracciato degli archivi … nonostante le accurate ricerche effettuate”.Con riferimento, poi, alla domanda inerente al nominativo del proprio addetto, ribadisce di non poter fornire tale informazione, “in ottemperanza alle disposizioni aziendali secondo le quali, in caso di contestazione, è la banca che risponde dell’operato dei propri dipendenti e non il singolo operatore”. Afferma, comunque, nuovamente la propria disponibilità a mettere a disposizione tale dato in presenza di una disposizione dell’Autorità giudiziaria.Conclude osservando che, nel caso in esame, sia copia della documentazione contrattuale sia la conoscenza del nominativo del dipendente “risultano superflue e non essenziali per conoscere con chiarezza gli eventi che hanno influito sulla successione e non precludono all’istante di far valere le sue eventuali ragioni nei confronti degli altri eredi”. In conclusione, il ricorrente, senza avanzare istanze in modo esplicito, evidenzia che la documentazione richiesta “è essenziale”, avendo egli “la necessità di fare luce sulla vicenda successoria”. Dal canto suo, “alla luce di quanto sopra esposto, non potendo … fornire copia di una documentazione non rinvenuta”, la banca chiede all’Arbitro di “dichiarare il ricorso inammissibile per competenza temporale e comunque dichiararlo infondato nel merito”.

DIRITTO

Il ricorrente ha adito l’arbitro bancario chiedendo l’esibizione di documentazione bancaria concernente i rapporti intrattenuti con la banca convenuta dalla defunta madre.In particolare, ha rappresentato la propria esigenza di accedere alla documentazione inerente al rapporto di conto corrente, nonché al nominativo del dipendente dell’istituto bancario che ha “ratificato” l’estinzione della polizza vita intestata alla madre defunta, “al fine di ricostruire l’asse ereditario”. In merito a questa richiesta la banca ha replicato di non poterla fornire, se non previa disposizione dell’autorità giudiziaria, e che sia la richiesta di copia del documento contrattuale, che quella del suddetto nominativo sarebbero comunque superflue ai fini della ricostruzione degli eventi che hanno influito sulla successione e non precluderebbero al ricorrente di far valere le sue ragioni nei confronti dei coeredi.Dai documenti prodotti dal convenuto in riscontro alla prima istanza documentale di parte attrice emergerebbero, in effetti, talune disposizioni (di emissione di assegni circolari, uno dei quali invero a nome dello stesso ricorrente, e di prelievo di contanti) impartite da un soggetto (verosimilmente la sorella del ricorrente, attesa l’omonimia del relativo cognome) che avrebbe agito in forza di delega ad operare sul conto. Sul punto, deve rilevarsi che le allegazioni prodotte dalla banca unitamente alle controdeduzioni attestano la sussistenza di tale delega a partire da data successiva (23.2.2004) all’accensione del conto, che data dal 3.12.1999. La banca ha obiettato, in ogni caso, di avere posto riscontro alle richieste del ricorrente, ma di non poter produrre la copia del contratto di conto corrente, in quanto lo stesso non è stato rintracciato negli archivi, nonostante siano state effettuate accurate ricerche. Non ha specificato se tale impossibilità sia dipesa da un fatto organizzativo - eventualmente

Decisione N. 407 del 23 gennaio 2014

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collegabile alle vicende societarie per effetto delle quali lo stesso è subentrato all’intermediario presso il quale il rapporto di conto corrente è stato originariamente acceso - ovvero per ragioni ulteriori, quali quelle connesse ai termini di conservazione delle scritture di cui all’art. 2220 c.c. Circa la sollevata eccezione di irricevibilità ratione temporis, il Collegio ritiene che, dato il petitum e la causa petendi, la considerazione relativa alla collocazione temporale degli atti richiesti non possa essere accolta, per l’interesse del ricorrente che la documentazione può comunque valere a soddisfare (e per collocarsi essa nello spazio temporale entro cui sussiste il diritto del cliente al relativo ottenimento).Questo Collegio ritiene che la domanda intesa alla dichiarazione dell’obbligo attuale dell’intermediario di “rilascio delle informazioni”, quindi, è sì ricevibile, ma non merita, accoglimento. Giustificata convincentemente dall’intermediario il rifiuto di fornire l’informazione relativa al nominativo del proprio addetto, trattandosi effettivamente di notizia concernente la sua organizzazione aziendale, residua la questione relativa alla produzione della copia relativa al contratto di conto corrente. Secondo quanto in precedenza già opinato (e qui pienamente condiviso) da questo Arbitro in una fattispecie sostanzialmente analoga, “premesso che il previo accertamento dell’obbligazione e del relativo inadempimento da parte dell’ intermediario sostanzia l’oggetto di una richiesta che non denota alcuna autonomia e che dunque viene proposta chiaramente in funzione della ‘conseguente’ e sola pretesa alla coazione di un determinato facere dell’intermediario, ritiene il Collegio che la dichiarata impossibilità di tenere esattamente questa condotta, in assenza di ogni altra forma di tutela domandata (in ipotesi: risarcitoria per equivalente monetario dell’eventuale danno o soltanto comminatoria verso il preteso obbligato), non consente di sperimentare una soluzione diversa dal rigetto, sotto pena dell’estrapetizione. In breve, è opinione del Collegio che sia la struttura stessa data al petitum da parte del ricorrente, all’esito del rifiuto della prestazione specificamente e unicamente fatta segno del suo interesse, a relegare al di fuori della ratio decidendi il tema (che il ricorrente viceversa colloca quale antecedente logico-giuridico necessario) della legittimità del rifiuto della prestazione di facere da parte dell’intermediario”.

P.Q.M.

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTEfirma 1

Decisione N. 407 del 23 gennaio 2014

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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO 3/2014

a cura del Conciliatore BancarioFinanziario

Bancomat e carte di credito

BANCOMAT – FURTO DA AUTO CHIUSA A CHIAVE – COLPA GRAVE – INSUSSISTENZA

Il Collegio di Roma con decisione n. 916/14 del 17 febbraio 2014 ha ritenuto insussistente la colpa grave a carico dell’utilizzatore di una carta Bancomat - lasciata per oltre due ore in una borsa all’interno di un’auto chiusa a chiave parcheggiata in un’area di sosta pubblica - rubata ed utilizzata per prelievi e transazioni.

(cfr. decisione di seguito riportata)

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IL COLLEGIO DI ROMA

composto dai Signori:

Avv. Bruno De Carolis Presidente

Prof. Avv. Andrea Gemma Membro designato dalla Banca d'Italia

Dott.ssa Claudia Rossi Membro designato dalla Banca d'Italia

Prof. Massimo Caratelli Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario [Estensore]

Prof. Avv. Marco Marinaro Membro designato dal C.N.C.U.

nella seduta del 14/11/2013 dopo aver esaminato: il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,

FATTO

La controversia verte sulla contestazione di alcuni addebiti relativi a una carta

bancomat rilasciata dalla convenuta. In particolare, sabato 4 maggio 2013 il ricorrente

lasciava l’autovettura chiusa a chiave intorno alle ore 15.15 nell’area di sosta pubblica

dedicata ai visitatori del Parco Archeominerario di San Silvestro, in Provincia di Livorno,

dove si era recato con la moglie. Tornato a recuperare il veicolo alle ore 17.45, il cliente si

avvedeva del furto della borsa, asportata da ignoti malfattori “dopo aver rotto il lunotto

posteriore e procurato una piccola ammaccatura sul [cofano bagagli]” dell’auto in sosta. La

borsa conteneva un portafogli, una carta bancomat e un telefono cellulare. Alle ore 18.13

dello stesso giorno il furto veniva fatto oggetto di denuncia presso la competente Autorità

Giudiziaria. Il ricorrente provvedeva, inoltre, al blocco dello strumento di pagamento alle

ore 18.38, così come risulta nel ricorso. Tale dichiarazione non viene contestata

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dall’istituto di credito. Il successivo lunedì mattina, parte attrice si recava in filiale per

aggiornare l’intermediario su quanto accaduto; contestualmente egli apprendeva dal

personale della resistente che, dopo il furto, tra le ore 17.36 e le ore 23.27, erano state

disposte con la carta sette transazioni fraudolente, che disconosceva, per complessivi

euro 1.208,12. Si tratta, in particolare, di due prelievi di contante e di due operazioni di

pagamento su carta internazionale effettuati a Lucca, oltre a tre acquisti tramite POS

disposti presso una stazione di servizio di Piombino.

In data 9 maggio 2013, il ricorrente provvedeva a integrare la denuncia sporta presso

l’Autorità Giudiziaria con il dettaglio sugli utilizzi fraudolenti, mentre il successivo 13

maggio presentava formale dichiarazione di disconoscimento alla convenuta con istanza

di rimborso delle operazioni contestate. L’istituto di credito riscontrava la richiesta con nota

del 15 maggio 2013. Nella lettera l’intermediario precisava di non poter procedere allo

storno delle somme “in quanto l’assicurazione non prevede rimborsi di operazioni

fraudolente con utilizzo del PIN a seguito di furto o smarrimento della carta”.

Ritenendo non soddisfatte le proprie istanze, con ricorso pervenuto il 26 giugno 2013,

il ricorrente rinnova le lamentele già espresse, e chiede la restituzione di euro 1.208,12,

sottratti attraverso l’utilizzo indebito del bancomat.

Al ricorso replica la convenuta. L’intermediario eccepisce, prima di tutto, l’assenza del

preventivo reclamo. A detta dell’istituto di credito, non si può, infatti, qualificare come tale

la semplice richiesta di rimborso di transazioni fraudolente, giacché priva di qualsivoglia

contestazione in merito a un comportamento o a una omissione posti in essere dalla

controparte. La resistente, pertanto, invoca l’inammissibilità del procedimento. La

convenuta evidenzia, altresì, la condotta gravemente negligente del ricorrente, che ha

lasciato la borsa contenente lo strumento di pagamento in un’autovettura parcheggiata in

un luogo pubblico, fuori dalla propria sfera di controllo per un considerevole lasso di

tempo. Per di più, la rottura del lunotto posteriore, a detto dell’intermediario, indurrebbe a

supporre che la borsa non fosse diligentemente nascosta. Nelle proprie controdeduzioni,

la resistente evidenzia ulteriori elementi che concorrerebbero a configurare un profilo di

grave imprudenza nel comportamento del ricorrente. Le operazioni disconosciute sono

state, ad esempio, tutte effettuate con corretta digitazione del PIN e con l’utilizzo di

tecnologia a “microchip”, secondo l’intermediario non violabile in modo semplice, veloce

ed economico. L’istituto di credito rileva, inoltre, il breve lasso di tempo intercorso tra il

furto della tessera e gli utilizzi indebiti. Tutte queste circostanze, per la convenuta, non

fanno che ritenere verosimile una grave trascuratezza nella custodia del PIN, con tutta

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evidenza facilmente relazionabile alla carta, giacché conservato con essa “ovvero

facilmente rilevabile da altri documenti custoditi nel portafoglio ovvero rintracciabili nel

telefono cellulare, anch’esso oggetto di furto”.

Tutto ciò premesso, la resistente ritiene che nessuna responsabilità o violazione

possa essergli contestata, e chiede dunque all’ABF il rigetto di ogni pretesa prospettata

dal cliente.

DIRITTO

In via preliminare, deve affermarsi che l’eccezione sollevata dall’intermediario

resistente, in ordine all’improcedibilità del ricorso per mancanza del reclamo, non coglie

nel segno. In più occasioni l’ABF ha avuto modo di sottolineare come le Disposizioni sui

sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie non prevedano, oltre alla forma

scritta, una nozione formale di reclamo (v. tra le altre, Decisione n. 810 del 12 febbraio

2013). Per avviare il procedimento davanti all’Arbitro, è sufficiente che il cliente manifesti

un contrasto rispetto a un comportamento o un’omissione della convenuta. L’istanza deve

essere intesa nel suo contenuto semantico ricostruito in buona fede, al di là della presenza

di un atto di contestazione denominato come tale dal proponente e che abbia le

caratteristiche tipiche di una lagnanza riferita a un misfatto del reclamato (cfr. Dec. n. 510

del 11 giugno 2010). Nel caso di specie, la richiesta di “rimborso per transazioni non

riconosciute” è evidentemente rivolta a sollecitare l’adozione di condotte diverse da quelle

sino a tal momento seguite dall’istituto di credito, e di cui il cliente si duole indicando con

precisione come tali condotte dovrebbero essere modificate. L’istanza ha quindi valore di

reclamo a prescindere dall’esplicita contestazione dell’addebito, peraltro presente nel testo

della lettera del 13 maggio 2013 allegata al ricorso (ivi, “in relazione all’addebito

contestato, non ho mai effettuato la spesa, né ho autorizzato alcuna persona ad utilizzare

la mia carta elettronica […] non ho eseguito il prelievo di contanti tramite ATM”).

L’eccezione pregiudiziale è, pertanto, infondata.

Fatte queste premesse, vanno allora considerate quali siano le eventuali

responsabilità ascrivibili alle parti, alla luce dei criteri indicati dal d.lgs. 27 gennaio 2010, n.

11, che regola la materia dei servizi di pagamento nel mercato interno.

Tale provvedimento dispone all’art. 12, comma 3, che le perdite derivanti da

operazioni che il titolare disconosce vengano poste a carico del cliente qualora

l’intermediario provi che questi abbia agito in modo fraudolento oppure non abbia

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adempiuto, con dolo o colpa grave, a uno degli obblighi a suo carico. Tra questi obblighi

rientrano, secondo quanto previsto dall’art. 7 delle medesime disposizioni di legge, tra

l’altro: la tempestiva comunicazione della perdita del possesso della carta al prestatore di

servizi di pagamento; la diligente custodia dei dispositivi personalizzati che ne consentono

l’utilizzo; il solerte blocco dello strumento in caso di sottrazione.

Applicando la suddetta disciplina al caso in esame, il Collegio rileva che il ricorrente

lasciava l’autovettura chiusa a chiave in un’area di sosta pubblica dedicata a visitatori per

più di due ore, con all’interno la borsa e il bancomat. La convenuta ipotizza che la borsa

non fosse diligentemente nascosta, ma non supporta tale tesi con adeguati riscontri. Un

siffatto comportamento concreta evidentemente una condotta trascurata e incauta, che a

giudizio del Collegio non presenta tuttavia quel grado di disvalore necessario a configurare

i presupposti della colpa grave, che, come noto, consiste in quella “straordinaria ed

inescusabile imprudenza e negligenza” che si ravvisa quando risulti omessa “non solo la

diligenza media del buon padre di famiglia, rapportata alla professionalità del servizio da

svolgere, ma anche quel grado minimo di diligenza osservato da tutti” (Cass., 19

novembre 2001, n. 14456).

La resistente fonda, altresì, la propria difesa su elementi circostanziali, quali: l’utilizzo

di tecnologia a “microchip”; la corretta digitazione dei codici di accesso; l’assenza di indici

di violazione del proprio sistema informatico; il breve lasso di tempo intercorso tra il furto

della tessera e gli utilizzi indebiti.

Rileva anzitutto il Collegio che sulla possibilità di violare carte dotate della tecnologia

microchip gli orientamenti sono contrastanti. Convivono, infatti, convinzioni piuttosto

diverse sulla capacità di tale tecnologia di precludere l’illegittimo impossessamento da

parte di terzi dei codici di utilizzo delle carte (cfr. Dec. n. 3324 del 16 ottobre 2012). In ogni

caso, allo stato delle attuali conoscenze, non risulta comprovato che l’utilizzo di carte

dotate di “microchip” escluda in modo assoluto la possibilità di clonazione (v. tra le altre,

Dec. n. 1139 del 13 aprile 2012), né d’altra parte la convenuta ha fornito elementi di prova

concreti utili a escludere la fraudolenta estrazione dei codici nel caso in esame.

Una volta escluso che anche il corretto utilizzo delle credenziali di accesso possa

assumere rilevanza nel senso indicato dalla resistente - stante la contraria previsione

normativa dell’art. 10, comma 2, del d.lgs. 11/2010 -, le restanti deduzioni (l’assenza di

indici di violazione del sistema informatico e il breve lasso di tempo intercorso tra il furto

della tessera e gli utilizzi indebiti), sprovviste di ulteriori riscontri, non consentono di

ritenere assolto, neppure in via presuntiva, l’onere probatorio a carico dell’intermediario.

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Ne segue l’applicazione dell’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 11/2010, anche per quanto

concerne la franchigia ivi prevista a carico dell’utilizzatore, che si quantifica in euro 150,00.

Il Collegio dispone pertanto che l’intermediario corrisponda al ricorrente l’importo di

euro 1.058,12.

P.Q.M.

Il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso, dispone il rimborso in favore

del ricorrente di euro 1.058,12, oltre interessi al tasso legale dalla data del reclamo.

Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario

corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale

contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00)

quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO 3/2014

a cura del Conciliatore BancarioFinanziario

Assegno

ASSEGNO BANCARIO NON TRASFERIBILE – NEGOZIAZIONE – INSOLUTO - MANCATO PROTESTO – RESPONSABILITA’ DELLA BANCA NEGOZIATRICE - ESCLUSIONE

Il Collegio di Napoli con decisione n. 718/14 del 4 febbraio 2014, avendo rilevato che nel caso di specie la banca negoziatrice ha correttamente svolto l’attività di negoziazione del titolo che consiste nella presentazione dell’assegno in stanza entro i termini e nella rendicontazione dell’esito, ha precisato che alla stessa ”non spetta …… la levata del protesto, la cui iniziativa incombe alla banca trattaria”.

(cfr. decisione di seguito riportata)

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COLLEGIO DI NAPOLI

composto dai signori:

(NA) QUADRI Presidente

(NA) CARRIERO Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) MAIMERI Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) RISPOLI FARINA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

(NA) BARTOLOMUCCI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti

Relatore MAIMERI FABRIZIO

Nella seduta del 07/01/2014 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione- la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Con ricorso presentato il 5 settembre 2013, il ricorrente, assistito da un legale di fiducia, lamenta il mancato protesto dell’assegno non trasferibile di euro 8.000,00 tratto su un intermediario terzo e negoziato il 12 ottobre 2012 da una delegata del ricorrente presso una succursale facente capo alla banca capogruppo della resistente. Lo stesso lamenta di non aver ricevuto informazioni dal personale della banca e di esser stata messa al corrente del mancato buon fine del titolo per carenza di provvista, solo a distanza di due mesi, rimanendo l’assegno privo di protesto perché presentato fuori termine (oltre 8 gg. dall’emissione). Ciò avrebbe determinato, a suo avviso, la responsabilità della negoziatrice per l’omesso protesto e per il comportamento negligente nell’adempimento dell’incasso e nel pagamento, avendo l’intermediario resistente omesso di eseguire le relative comunicazioni al ricorrente. In particolare, quanto al primo aspetto, precisa che, tra le funzioni del protesto, ex art. 45 l. ass., vi è anche quella di “attestare in forma pubblica e ad ogni possibile effetto, il mancato pagamento da parte dell’obbligato ex titulo” , tant’è che lo stesso può essere esercitato anche in assenza di obbligati di regresso per esercitare pressione sull’obbligato cartolare, determinandone un “condizionamento psicologico” (in tal senso cfr. Cass., 10 marzo 2000, n. 2741). La giurisprudenza tende inoltre ad equiparare la levata del protesto all’intimazione in mora con conseguente

Decisione N. 718 del 04 febbraio 2014

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riconoscimento di effetti interruttivi della prescrizione (cfr. Cass., 12 gennaio 1995, n. 329). Evidenzia quindi l’intervenuto inadempimento della banca al mandato di negoziazione dell’assegno, ricevuto in data 12 ottobre 2012 e assolto con un ritardo di oltre otto giorni e con il risultato colpevole di rendere impossibile la levata del protesto. Quanto al secondo punto, contesta che nessuna informativa è stata fornita alla banca circa il mancato incasso e il mancato protesto né per iscritto, né per le vie brevi. Infatti, solo in data 28 novembre 2012, il ricorrente, presentatosi allo sportello, veniva informato del mancato buon fine del titolo, senza ottenere alcuna spiegazione dell’incresciosa situazione creatasi. Il tutto avrebbe determinato una lesione della buona fede del portatore del titolo ed una violazione del dovere di salvaguardia del suo interesse, riveniente dagli obblighi di diligenza professionale rafforzata del banchiere (art. 1710, comma 1 e art. 1176, comma 2, c.c.) e delle regole del mandato ex art. 1856 c.c. Richiama in tema di diligenza professionale qualificata del banchiere Cass., 5 luglio 2000, n. 8983, poi confermata da successivi pronunciamenti (cfr. Cass., 2 aprile 2009, n. 20543), precisando come si tratti di standard da osservare non solo con riferimento all’attività di esecuzione in senso stretto dei contratti bancari, ma in relazione ad ogni atto oggettivamente esplicato presso una struttura bancaria. In particolare, poi, sull’obbligo di comunicare al correntista la notizia relativa alla mancata copertura di un assegno che sia stata incaricata di riscuotere, cita Trib. Roma, 21 dicembre 1979 e Id. 79/1981 e Trib. Verona, 20 marzo 1989 in ordine alla responsabilità per danni dell’intermediario, derivanti dalla negligente esecuzione del mandato. Il mancato avviso nel termine previsto dalla legge assegni determina una responsabilità a carico dell’obbligato, inerte o negligente. Nel caso specifico, trattasi di un soggetto sottoposto a specifiche autorizzazioni ex d.lgs. 385/1993, che avrebbe dovuto, quanto meno informalmente, attivarsi. Il comportamento tenuto dall’intermediario avrebbe fatto scadere il termine di otto giorni e ingenerato un legittimo affidamento in capo alla portatrice circa il buon esito dell’assegno, impedendo un’adeguata e tempestiva tutela legale e ritardando la proposizione dell’azione giudiziale nei confronti del traente, con grave pregiudizio degli interessi del ricorrente. Ciò in quanto tra la data dell’incasso (12 ottobre 2012) e la notizia del mancato pagamento (risalente al 28 novembre 2012), si era generato un affidamento (cfr. la decisione del Collegio ABF di Napoli n. 289/2011).Nelle controdeduzioni l’intermediario convenuto ha pregiudizialmente eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, per non aver mai gestito la posizione intestata al ricorrente, il quale ultimo, infatti, ha indicato in ricorso, come filiale competente, una succursale facente capo alla banca capogruppo. Ha precisato inoltre di aver reso edotta la ricorrente di ciò con propria nota del 24 gennaio 2013 e che alle controdeduzioni ha provveduto l’effettiva capogruppo, legittimata passiva. Nel merito, l’intermediario ricostruisce i fatti come segue:- in data 12 ottobre 2012 veniva negoziato, presso una filiale della banca intervenuta, un assegno di € 8.000,00, tratto all’ordine della ricorrente su altro intermediario;- in data 19 ottobre veniva consegnato il titolo alla trattaria in stanza a Roma;- in data 23 ottobre la trattaria inviava l’impagato (causale 68 “assegno pervenuto oltre i termini per il pretesto”), con conseguente contabilizzazione sul conto del cliente (in data 24 ottobre);- in data 26 ottobre la trattaria restituiva la materialità del titolo in stanza a Roma, con conseguente contabilizzazione da parte della banca delle commissioni e spese;- la banca comunicava al ricorrente il riepilogo delle operazioni contabilizzate al 7 novembre; - più volte il ricorrente si sarebbe recato presso l’agenzia nel corso del mese di ottobre 2012, e sarebbe stata verbalmente informata del mancato buon esito dell’assegno;- successivamente il ricorrente sollecitava la restituzione dell’assegno, che però, a causa

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di difficoltà dei collegamenti navali in quel periodo con le isole minori, subiva dei ritardi. In particolare la filiale riceveva il titolo solo dopo il 20 novembre 2012 e procedeva alla consegna alla ricorrente il 28 novembre.Ciò posto, osservava in diritto che le norme che regolano i servizi di incasso o accettazione di effetti, documenti e assegni ne prevedono l’accreditamento al portatore salvo buon fine e che nessuna violazione delle norme sulla buona fede e trasparenza si era realizzata nella fattispecie, essendo la decisione di inviare il titolo al protesto di pertinenza esclusiva della trattaria. D’altra parte, dalla mancata constatazione ufficiale dell’omesso pagamento, nessun concreto pregiudizio (tra l’altro non provato) era derivato in concreto al ricorrente, anche in relazione alla sua qualità di beneficiario diretto e all’assenza di obbligati di regresso ex art. 45, comma 2, l. ass. (cfr. Cass. 2090/78 e decisione del Collegio ABF di Napoli n. 670/2010).Contesta la banca la richiesta risarcitoria del ricorrente in quanto nessuno specifico danno è stato da questo provato, neanche induttivamente o indirettamente, né come dimostrazione del tentativo di esperimento dell’azione di recupero nei confronti del traente. La richiesta è inoltre indeterminata e contrasta coi rigorosi limiti di risarcibilità del danno (cfr. le decisioni del Collegio di Napoli nn. 2466/11 e 2616/11). Inoltre nessun difetto di diligenza si sarebbe verificato nel caso concreto, essendo il protesto una incombenza di competenza della trattaria. Le comunicazioni circa il mancato buon fine sarebbero state rese, sia verbalmente, sia tramite la nota acclusa agli atti e, comunque, anche la tardiva comunicazione non può considerarsi in alcun modo una rinuncia a far valere la clausola del salvo buon fine ricorrente in ogni caso nell’accettazione degli assegni. Detta clausola (contemplata dall’art. 1829 c.c. e richiamata dall’art. 1857 c.c. per il c/c bancario) prevede che l’operazione di accredito sia soggetta alla condizione sospensiva del buon fine del titolo e che fino a tale momento l’utilizzo delle somme figurativamente accreditate dalla banca da parte del correntista avviene solo per effetto di una decisione di concessione di credito. La mancata successiva soddisfazione del credito rende inefficace l’annotazione a credito del correntista solo provvisoriamente effettuata dalla banca determinando la definitiva indisponibilità della corrispondete somma di danaro (cfr. la decisione del Collegio ABF di Napoli n. 2260/2011).Osserva inoltre come la decisione citata dalla ricorrente (Collegio di Napoli n. 289/2011 riguarda la diversa fattispecie di un titolo negoziato e tratto presso diverse succursali del medesimo intermediario.In sede di repliche, il ricorrente ha posto in evidenza i seguenti punti.1) Mancanza di prova della comunicazione inviata dalla banca - La banca resistente ha affermato di aver comunicato al proprio cliente il mancato pagamento in tempi relativamente brevi presentando come prova (allegato n.8) un “riepilogo operazioni contabilizzate al 07 novembre 2013”, copia per uso interno. Tale documento, tuttavia, è stato redatto con grande ritardo (quasi un mese dopo) rispetto al versamento dell'assegno sul c/c avvenuto in data 12 ottobre 2012, e, inoltre, la banca non ha fornito prova né dell'effettivo invio del riepilogo al cliente, né della relativa ricevuta da parte dello stesso. Inoltre, la delegata ad operare sul conto, apprendeva solo il 28 novembre 2012 del mancato esito positivo del pagamento del titolo, firmando la relativa ricevuta per la restituzione dell’assegno impagato (all. n. 9 alle controdeduzioni.)2) Responsabilità della banca per violazione dei principi di buona fede e di trasparenza bancaria nella gestione dell'assegno e dell'obbligo di avviso del mancato pagamento - Il ricorrente dichiara di non comprendere come la resistente possa affermare la mancata responsabilità per la violazione dei principi di buona fede e di trasparenza bancaria nella gestione dell'assegno, e dell’obbligo di avviso della cliente del mancato pagamento. Infatti, l’art. 1856, comma1, c.c., espressamente prevede che: “la banca risponde secondo le

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regole del mandato per l’esecuzione degli incarichi ricevuti dal correntista o da altro cliente”, utilizzando una formulazione che chiarisce la responsabilità dell'istituto di credito per l’esecuzione dell’incarico ricevuto dal correntista secondo le regole del mandato (Cass., 13 maggio 1991, n. 5325; Cass., 19 maggio1987, n. 4550). Ribadisce dunque il costante orientamento della giurisprudenza in tema di diligenza professionale della banca, ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., che, svolgendo attività professionale, deve adempiere tutte le obbligazioni assunte nei confronti dei propri clienti con la diligenza particolarmente qualificata dell’accorto banchiere, non solo con riguardo all’attività dell'esecuzione dei contratti bancari in senso stretto, ma anche in relazione ad ogni tipo di atto o operazione oggettivamente esplicata e che, pertanto, va considerato negligente il comportamento della banca che non comunichi tempestivamente al cliente il mancato buon fine di un assegno accreditato in conto (cfr. Trib. Verona, 20 marzo 1989, in Giur. it.,1989, I, 2, 936; in Giur. mer., 1990, 30; in Foro pad., 1990, I, 239, con nota di R. Fisson, sul contenuto dell'obbligazione della banca mandataria per l’incasso, così come accaduto nel caso di specie.3) L'importanza del protesto nel suo ruolo fondamentale di attestazione pubblica del mancato pagamento - Insiste sull'importanza del protesto nel suo ruolo fondamentale di attestazione pubblica, ad ogni possibile effetto, del mancato pagamento da parte dell'obbligato “ex titulo”, al fine di esercitare pressione sull’obbligato cartolare. Se l’art. 45 l. ass., indicando il protesto quale presupposto formale dell’azione di regresso nei confronti dei giranti, risponde all’esigenza di rilevare il rifiuto del pagamento del titolo con l’efficacia dell’atto pubblico (art. 2700 c.c.) onde dare a tali soggetti “certezza” circa l’effettivo verificarsi del presupposto sostanziale della loro responsabilità, questa finalità non è tuttavia esclusiva. Infatti, altre disposizioni lasciano intendere che detta formalità è prevista anche nell’interesse del portatore del titolo. È questo il caso dell’art. 64 del citato decreto, il quale prevede che solo con il consenso del portatore del titolo il debitore può sottrarsi agli effetti negativi della pubblicità del protesto, offrendo una forma di attestazione (la dichiarazione sostitutiva firmata dal trattario) parimenti idonea a conservare l’azione di regresso. Considerazioni analoghe valgono per l’art. 3 della l. 12 febbraio 1955, n.77, che fa obbligo ai pubblici ufficiali di trasmettere periodicamente l’elenco dei protesti al Presidente della Camera di Commercio competente per territorio al fine della pubblicazione nel registro informatico dei protesti: trattasi, invero, di un obbligo la cui previsione nulla ha a che vedere con la tutela dell’interesse degli obbligati in via di regresso ad acquisire certezza circa il mancato pagamento del titolo e che appare invece chiaramente finalizzato ad esercitare una pressione psicologica sul debitore per indurlo all’adempimento, onde evitare il discredito derivante dalla pubblicità data al mancato pagamento del titolo. La tutela dell’interesse del portatore del titolo non può dirsi, quindi, estranea alla finalità di tutela delle norme che disciplinano il protesto. Ed è indubbio che la sua levata, in mancanza di giranti obbligati in via di regresso, sia da ritenersi non solo pienamente legittima (Cass., 10 gennaio 2000, n. 2742), ma anche “doverosa” per la banca trattaria - alla stregua dei principi di correttezza e buona fede che gli intermediari sono tenuti ad osservare nelle loro relazioni d'affari (Banca d’Italia, Disposizioni sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, 29 luglio 2009, Sez. I, § 1.3) - tutte le volte che le circostanze del caso concreto facciano ritenere opportuno il ricorso a tale formalità al fine di indurre il debitore al pagamento di quanto dovuto, evitando al portatore del titolo “il disagio e il costo” di doversi attivare per recuperare il suo credito.Alle luce delle argomentazioni addotte, il ricorrente ha chiesto all’ABF:- dichiararsi la responsabilità dell’intermediario resistente ex art. 1856 c.c. e art. 47 l. ass. per violazione dei principi di buona fede e trasparenza bancaria nella gestione dell’incasso dell’assegno e dell’obbligo di avviso del mancato pagamento alla cliente e alla delegata

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sul conto secondo l’orientamento maggioritario seguito dal Collegio di Napoli (cfr. decisione. n. 289 del 10 febbraio 2011);- acclarare la responsabilità contrattuale della banca, condannare la stessa al risarcimento in forma specifica nella misura dell’importo dell’assegno non pagato di euro 8.000,00, oltre interessi, secondo la già citata decisione;- in subordine condannare la resistente ad un risarcimento consono al danno subito;- con vittoria di spese e compensi di causa.La resistente convenuta ha chiesto all’ABF di dichiarare il proprio difetto di legittimazionepassiva e di ritenerla indenne da ogni passività. La resistente intervenuta (capogruppo della convenuta) ha chiesto di ritenere infondato il ricorso e respingere in toto le contestazioni mosse al proprio operato.

DIRITTO

Il Collegio evidenzia come dalla tempistica ricostruita dall’intermediario e comprovata dalla documentazione agli atti, l’assegno sia stato presentato in stanza il 19 ottobre, entro i termini (trattandosi di assegno “su piazza”, con data emissione 12 ottobre). Ne consegue che nessuna responsabilità pare potersi attribuire alla negoziatrice per il mancato buon fine del titolo. In ogni caso, nessun danno concreto viene provato dal ricorrente a sostegno della richiesta risarcitoria.Quanto alla presunta omessa comunicazione dell’esito al ricorrente, si osserva che l’intermediario ha prodotto idonea documentazione agli atti, comprovante la rendicontazione dell’esito, ancorché detta comunicazione sia priva di data.Decisivo, peraltro, ai fini della delibazione del ricorso, appare il fatto che il ricorrente ha chiamato in causa un soggetto non legittimato passivo, in quanto estraneo al rapporto di conto corrente, come legittimamente ha eccepito l’intermediario. È vero che, ancorché non chiamata in causa, è intervenuta volontariamente la banca capogruppo, titolare della filiale (indicata in ricorso) presso la quale era stato negoziato il titolo da parte del ricorrente, e tuttavia tale circostanza non sana il difetto segnalato, poiché l’intervenuta ha pur sempre svolto le argomentazioni proprie del ruolo ricoperto dalla chiamata in causa dal ricorrente, vale a dire quello della negoziatrice del titolo. Alla banca negoziatrice non spetta, infatti, la levata del protesto, la cui iniziativa incombe alla banca trattaria; la prima deve svolgere correttamente l’attività di negoziazione del titolo ed è ciò che documentalmente si riscontra abbia effettuato l’intermediario.Così ricostruita la vicenda, il ricorso non è accoglibile.

P.Q.M.

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO 3/2014

a cura del Conciliatore BancarioFinanziario

Sistemi di informazioni creditizie e Centrale Rischi

SIC – SEGNALAZIONE SUCCESSIVA ALLA SOSPENSIONE DEI TERMINI EX LEGE 44/1999 – ILLEGITTIMITA’ PER DIFETTO DEL PRESUPPOSTO OGGETTIVO – CANCELLAZIONE

Il Collegio di Napoli con decisione n. 5379/13 del 23 ottobre 2013 ha ritenuto illegittima la segnalazione nei SIC “di ritardi di pagamento delle rate del mutuo che divengono esigibili nel periodo di vigenza del decreto prefettizio di ammissione al beneficio della sospensione del termine (a causa della denunciata usura)”. Ciò in quanto “a causa dell’effetto sospensivo dei termini di pagamento delle rate di mutuo in scadenza…non può dirsi ancora maturato il presupposto sostanziale che consente la segnalazione ossia che il debito sia scaduto e non onorato”.

(cfr. decisione di seguito riportata)

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IL COLLEGIO DI NAPOLI

composto dai signori:

- Prof. Avv. Enrico Quadri .................................. Presidente

- Prof. Avv. Giuseppe Conte .............................. membro designato dalla Banca d'Italia

- Avv. Leonardo Patroni Griffi............................. membro designato dalla Banca d'Italia

- Avv. Giuseppe Russo ...................................... membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario (estensore)

- Prof. Avv. Giuseppe Guizzi.............................. membro designato da Confindustria, di concerto con Confcommercio, Confagricoltura e Confartigianato

Nella seduta del 26.9.2013, dopo aver esaminato:

� il ricorso e la documentazione allegata;

� le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;

� la relazione istruttoria della Segreteria tecnica

FATTO

Il ricorrente, imprenditore edile, esponeva nell’atto introduttivo del presente procedimento quanto segue:- nel febbraio 2011, riceveva un prestito personale dalla resistente di € 3.500,00 (n. 18 rate; periodo di ammortamento febbraio 2011-giugno 2012), regolarmente pagato fino all’agosto 2011; - successivamente, denunciava all’Autorità giudiziaria di essere stato vittima di usura e estorsione da parte di un esponente mafioso;- per tali motivi, nel febbraio 2012, otteneva il beneficio della sospensione dei termini ai sensi della L. 44/99, e nel marzo 2012 apriva un c/c presso la resistente “con vincolo Consap”;- nel maggio 2012, in occasione del rifiuto di un prestito di € 7.000,00 da parte di altro intermediario, apprendeva di essere stato segnalato nelle centrali di rischio private (CRIF e Experian) senza aver ricevuto alcun preavviso;

Decisione N. 5379 del 23 ottobre 2013

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- per ottenere la cancellazione delle segnalazioni, nel giugno 2012, pagava il debito residuo, rinunciando al beneficio della sospensione, e chiedeva l’estinzione anticipata del finanziamento;- ciò posto, la banca si rifiutava di sostituire la carta bancomat smagnetizzata e di consegnare un nuovo carnet di assegni a causa della “segnalazione nel sistema di un assegno bancario come ancora in circolazione”, eseguendo il “blocco della convenzione di assegni senza avviso e senza giustificato motivo”;- nel dicembre 2012, la filiale negava l’esecuzione di n. 5 bonifici, a causa della mancanza di liquidità sul conto, “facendo perdere la fiducia dei fornitori”; - la direzione generale dell’intermediario giustificava tale comportamento a causa di un “errore” nell’apertura del c/c al quale sarebbero state applicate condizioni economiche non previste per i c/c Consap; - nel gennaio 2013, gli veniva rifiutata l’apertura di un c/c presso la resistente e per tali motivi gli diveniva impossibile operare con i fornitori della società di cui era amministratore;- nel medesimo mese di gennaio, denunciava tutti questi fatti al Presidente del Consiglio dei Ministri, alla Procura della Repubblica e a numerose altre istituzioni; la Procura avviava indagini preliminari per il reato di truffa a carico della resistente (640 cp); - nel febbraio 2013, la D.G. riconosceva il diritto del ricorrente a ricevere il carnet di assegni e la carta bancomat che tuttavia la filiale non consegnava al ricorrente; correggeva le spese di tenuta conto e dava esecuzione ai bonifici; “rettificava” le segnalazioni in CRIF; - permaneva peraltro la segnalazione a sofferenza in Experian a causa della quale il ricorrente si vedeva rifiutare un prestito di € 600,00 da altro intermediario; a seguito della richiesta di cancellazione proveniente dal ricorrente, l’Experian provvedeva allo ”oscuramento del prestito”;Stante quanto sopra, il ricorrente domandava il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per i suddetti comportamenti della banca.In particolare, ravvisava un danno esistenziale a causa degli illegittimi comportamenti dell’intermediario e per il discredito sopportato come imprenditore, a causa dell’iscrizione del proprio nominativo nelle centrali dei rischi, e un danno “morale” per il “turbamento”, “lo stress, la sofferenza e le ingiustizie e le illegittimità velleitarie” subite a causa del comportamento colpevole della resistente.A riprova del danno non patrimoniale allega certificazioni mediche provenienti da strutture pubbliche, risalenti al maggio 2012, e una perizia medico legale, presentata alla Procura della Repubblica, dalle quali risulterebbe una “invalidità permanente”.In merito alla quantificazione del danno, chiede:-- per l’illegittima segnalazione nei SIC, circa € 40.000,00, considerando € 1.000,00 per ogni mese di iscrizione nei SIC, durata 13 mesi dal febbraio 2012 al marzo 2013, e i prestiti personali che gli sono stati rifiutati (€ 3.500, € 1.500, € 600);-- per un danno “biologico”, € 41.000,00 circa, applicando i canoni utilizzati dalla giurisprudenza di merito (€ 1.000,00 al mese) e considerando il rapporto tra l’invalidità permanente (del 35% a ottobre 2012; del 50% a maggio 2013) ed il reddito dichiarato nei medesimi anni, tenuto conto dell’età del ricorrente (54 anni). Il ricorrente ha conclusivamente chiesto all’Arbitro di condannare il convenuto:- alla rettifica della segnalazione in Experian affinché il prestito risulti come regolarmente pagato;- al risarcimento del danno quantificato complessivamente in € 98.500,00; in particolare:- € 13.000,00 per danni non patrimoniali, per illegittima iscrizione nelle centrali di rischio (per la durata di 13 mesi);

Decisione N. 5379 del 23 ottobre 2013

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- € 17.908,33 per danni patrimoniali, per illegittima iscrizione nelle centrali di rischio (per la durata di 13 mesi);- € 2.000,00 per segnalazione nel sistema di un assegno bancario “come in circolazione”;- € 2.000,00 per “blocco della convenzione di assegni senza avviso e senza giustificato motivo”;- € 2.000,00 per “mancata sostituzione della carta di debito”;- € 40.984,12 per danni biologici subiti per il comportamento della filiale;- € 10.000,00 per impossibilità di accesso al credito per segnalazioni nelle centrali di rischio;- € 1.000,00 per danno all’immagine e dignità, per l’intervento delle Forze dell’Ordine;- € 10.000,00 perché i torti subiti sono stati fatti ad una vittima di usura e estorsione.Si costitutiva nel presente procedimento l’intermediario resistente che precisava quanto segue.In merito alla mancata apertura di un c/c in nome della società di cui il ricorrente è amministratore, eccepiva l’autonomia delle parti nella conclusione dei contratti e l’assenza di un nesso con il danno biologico lamentato dal ricorrente.Riguardo alla segnalazione nei SIC, affermava che nel contratto di finanziamento era presente una clausola per la quale il ricorrente accettava la comunicazione dei dati nelle centrali di rischio; sostiene, inoltre, di essere venuto a conoscenza dell’ammissione del cliente ai benefici della L.44/99 soltanto “in tempi recenti” con la consegna del decreto prefettizio da parte del ricorrente e che nel giugno 2012 tale obbligo sarebbe venuto meno, dal momento in cui il ricorrente aveva rinunciato a tali benefici per chiedere l’estinzione anticipata del finanziamento.In ogni caso, dopo la denuncia-esposto del gennaio 2013, la banca si sarebbe attivata per l’”oscuramento” dei dati negativi nei SIC.Quanto alle condizioni applicate al c/c Consap, rilevava che, trattandosi di un conto che non consente una gestione automatizzata, la banca era costretta a gestire manualmente le singole operazioni bancarie che generano spese e competenze spesso non stornabili al momento dell’esecuzione. Ciò posto precisava il proprio impegno affinchè la filiale rimborsasse le condizioni illegittimamente applicate.In merito ai bonifici eseguiti dopo vari giorni dalla richiesta del ricorrente, la resistente sottolinea che gli stessi sono stati eseguiti non appena ricevuta l’autorizzazione della concessionaria, e soltanto l’ultimo bonifico è stato eseguito qualche giorno dopo, a motivo di una “carenza di fondi” sul c/c; a causa di tale carenza di fondi, la concessionaria avrebbe richiesto, nel febbraio 2013, l’estinzione del c/c.Riguardo al mancato rilascio di carnet di assegni e il mancato rinnovo della carta di debito, la banca ha “valutato non opportuno” dotare il ricorrente di tali strumenti di pagamento, a causa di un protesto a suo carico e di un richiamo di un assegno per mancanza di copertura nonché per la presenza di un saldo a debito sul conto non affidato.In ordine infine, al mancato risarcimento di quanto spettante, a seguito di un incidente stradale, in virtù della polizza assicurativa accessoria al prestito personale, la resistente eccepisce la propria carenza di legittimazione passiva in quanto mero distributore della polizza.Il ricorrente replicava alle controdeduzioni, contestando le difese della banca ritenendole prive di riscontro.In particolare deduceva che la questione vertente su un conto della di altro intermediario, che non avrebbe consentito l’emissione di carnet di assegni, bancomat e quant’altro era totalmente disconosciuto.Infatti il Ricorrente affermava che tale conto avrebbe potuto portare un saldo negativo solo per spese di chiusura e non per altri motivi di sforamento e che la passività poteva

Decisione N. 5379 del 23 ottobre 2013

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considerarsi solo “tecnica” in quanto ammontante ad euro 100,00 circa e che su impegno del direttore della filiale sarebbe stata estinta senza nessuna posta debitoria. La prova di ciò sarebbe rinvenibile nella interrogazione alla centrale rischi di quel periodo perché alcun tipo di sofferenza per quegli anni sarebbe ascrivibile al ricorrente.Ha replicato poi sostenendo che l’infondatezza delle controdeduzioni in merito alle iscrizioni pregiudizievoli in crif ed experian sono infondate perchè la denucia della cosche mafiose costituiva circostanza notoria e comunque l’intermediario era stato informato con una comunicazione ad esso indirizzata.Rilevava inoltre che EXPERIA ancora attende l’autorizzazione dell’intermediario per ripristinare le segnalazioni a favore del ricorrente mentre in CRIF sono state eseguite solo in concomitanza degli esposti all’autorità giudiziaria.Contestava, infine tutte le altre circostanze, addossando all’intermediario il voluto ritardo nella disposizione dei bonifici e il sostenere a carico del ricorrente un protesto che però non è mai stato registrato nel Registro informatico dei protesti, unica banca dati ufficiale. L’assegno in questione fu rubato, protestato e sequestrato dall’autorità giudiziaria che ha disposto anche la cancellazione dal registro protesti.

DIRITTO

Il ricorso è parzialmente fondato.Attesa la molteplicità delle questioni sottoposte alla cognizione dell’ABF, si rappresenta quanto segue.In primo luogo, nel caso di specie si deve tener conto dei procedimenti pendenti davanti all’Autorità Giudiziaria in quanto dal certificato di iscrizione nel Registro degli indagati, prodotto dal ricorrente stesso (datato 8.3.2013), risulta un procedimento in istruttoria ex art. 640 c.p. (truffa) del gennaio 2013, e una richiesta di archiviazione del dicembre 2011 per un procedimento per appropriazione indebita a carico della resistente.Da quanto si evince dagli atti, il procedimento penale in istruttoria si riferisce ad un presunto anomalo comportamento della banca che avrebbe negato il rilascio di un carnet di assegni e il rinnovo della carta bancomat e avrebbe applicato illegittimamente condizioni economiche al c/c con convenzione Consap (cfr Fatti affermati dal ricorrente).Tali questioni, in quanto oggetto di un procedimento innanzi all’autorità giudiziaria non possono, quindi, essere oggetto di cognizione da parte dell’ABF ai sensi del regolamento di procedura.Ciò posto, quanto alle altre questioni poste dal ricorrente, si rappresenta quanto segue.In merito alla segnalazione nei SIC, il Collegio rileva che il divieto di effettuare la segnalazione di ritardi di pagamento delle rate del mutuo che divengono esigibili nel periodo di vigenza del decreto prefettizio di ammissione al beneficio della sospensione del termine (a causa della denunciata usura), e il cui termine di scadenza è appunto sospeso, non trova la sua fonte diretta e immediata nel decreto del Prefetto, ma è solo conseguenza della circostanza che, a causa dell’effetto sospensivo dei termini di pagamento delle rate di mutuo in scadenza, rispetto a queste ultime non può dirsi ancora maturato il presupposto sostanziale che consente la segnalazione ossia che il debito sia scaduto e non onorato (Collegio di Napoli, decisione n. 1462/2010).Nel caso di specie, per il prestito personale, le rate pagate in ritardo sono quelle successive all’ammissione al beneficio della sospensione e pertanto non andavano segnalate nei SIC.

Decisione N. 5379 del 23 ottobre 2013

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È emerso che dal più recente prospetto CRIF allegato non risulta nessuna rata pagata in ritardo; invece, dal prospetto Experian, a marzo 2013, risultano ancora pagamenti eseguiti in ritardo.Va pertanto disposta la cancellazione delle segnalazioni pregiudizievoli in Experian e disposto un risarcimento del conseguente danno non patrimoniale per il ricorrente che viene liquidato da codesto Collegio – alla luce delle circostanze e, in particolare, della relativa durata – in via equitativa pari ad euro 1300,00, non ritenendo adeguatamente provata la richiesta risarcitoria nella misura formulata da parte istante.Quanto al mancato rilascio di un carnet di assegni, alla carta bancomat, e alle relative eccezioni sollevate, oltre a rilevare che il rilascio degli stessi deve avvenire secondo prudenza, in ogni caso sulla fattispecie pende un accertamento dell’autorità giudiziaria e per ragioni di litispendenza questo collegio non può emettere alcun giudicato in merito.Con riferimento alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale, è da rilevare la carenza di adeguata documentazione, in particolare sotto il profilo del nesso causale; quanto al danno non patrimoniale di carattere biologico lo stesso esula dalle competenze dell’ABF e come tale, la domanda è, almeno in questa sede, inammissibile.

P.Q.M.

In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara l’intermediario tenuto a rettificare segnalazione in Experian nei sensi di cui in motivazione; dichiara, inoltre, l’intermediario tenuto al risarcimento del danno non patrimoniale liquidatoequitativamente nella somma di € 1.300,00.Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTEfirma 1

Decisione N. 5379 del 23 ottobre 2013

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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO 3/2014

a cura del Conciliatore BancarioFinanziario

SIC – SEGNALAZIONE – PREAVVISO – PROVA DELLA RICEZIONE – PRESUNZIONI – APPLICABILITA’

Il Collegio di Napoli con decisione n. 185/14 del 15 gennaio 2014 ha ritenuto che l’invio di vari solleciti di pagamento e la ricezione da parte del ricorrente della comunicazione di decadenza dal beneficio del termine, inviata per raccomandata con ricevuta di ritorno, siano elementi tali che, apprezzati nel loro complesso, possono indurre a ritenere che il ricorrente fosse stato reso edotto della consistenza della sua esposizione debitorie e dell’imminente segnalazione; di talché la segnalazione è legittima anche in mancanza di prova della ricezione del relativo preavviso.

(cfr. decisione di seguito riportata)

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COLLEGIO DI NAPOLI

composto dai signori:

(NA) QUADRI Presidente

(NA) CARRIERO Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) CONTE Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) PICARDI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

(NA) BARTOLOMUCCI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti

Relatore CONTE GIUSEPPE

Nella seduta del 05/12/2013 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione- la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Con ricorso presentato il 27 agosto 2013, il ricorrente ha riferito che, all’epoca dei fatti contestati, era intestatario, presso la banca resistente, di un prestito personale e di una carta di credito revolving. Il ricorrente ha lamentato l’illegittimità, formale e sostanziale, della segnalazione a sofferenza del proprio nominativo presso i sistemi privati di informazioni creditizie e presso la Centrale dei Rischi tenuta dalla Banca d’Italia, avendo lui saldato l’intero debito e non essendo stato, in ogni caso, preavvertito delle segnalazioni effettuate.Il ricorrente ha inoltre lamentato la mancata consegna del piano di ammortamento relativo a entrambi i finanziamenti, “con indicazione dei pagamenti effettuati, le spese e commissioni pagate ed il Taeg relativo raggiunto”.Dopo avere premesso quanto sopra, il ricorrente ha rassegnato le proprie conclusioni chiedendo all’Arbitro: la cancellazione del suo nominativo da tutti gli archivi di informazioni creditizie privati e dalla Centrale dei Rischi tenuta dalla Banca d’Italia; il risarcimento dei danni patrimoniali, quantificati nella misura di euro 5.000,00 come da fattura allegata e dei danni biologici, morali ed esistenziali, quantificati in euro 20.000,00.

Decisione N. 185 del 15 gennaio 2014

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L’intermediario si è difeso eccependo l’inammissibilità del ricorso per mancanza di corrispondenza tra quanto esposto in sede di reclamo e quanto contenuto nel ricorso.L’intermediario ha inoltre affermato di avere soddisfatto le richieste del cliente avente a oggetto la consegna dei documenti, avendo prodotto copia del piano di ammortamento relativo al finanziamento e copia dell’estratto conto della linea di credito revolving.Quanto al merito delle richieste di parte ricorrente, l’intermediario ha rimarcato la legittimità delle segnalazioni, sussistendone i presupposti formali e sostanziali. In particolare, l’intermediario ha affermato che - a fronte dei ripetuti ritardi del ricorrente nel pagamento delle rate mensili - più volte provvedeva a sollecitare la controparte per telefono. Appurata “la finalità dilatoria” dei riscontri verbali forniti, l’intermediario inviava al cliente solleciti scritti, recanti altrettanti preavvisi di segnalazione (datati: 15 novembre 2007, 15 giugno 2009 e 15 settembre 2013), nonché la comunicazione di decadenza dal beneficio del termine e di contestuale messa in mora, ricevuta dal ricorrente il 25 gennaio 2011, alla quale seguiva la segnalazione presso la Centrale dei Rischi. Una volta ripianata l’esposizione debitoria, l’intermediario provvedeva alla regolarizzazione delle segnalazioni effettuate nel mese di aprile 2012, come confermato dai prospetti relativi agli archivi al Crif e alla Centrale dei Rischi prodotti dal ricorrente.L’intermediario resistente ha comunque reso noto di aver provveduto, in data 20 settembre 2013, alla cancellazione delle segnalazioni risultanti a carico del ricorrente.Quanto alle pretese risarcitorie di parte ricorrente, l’intermediario ha contestato la richiesta riguardante i danni biologico, morale ed esistenziale per l’assenza di qualsivoglia supporto probatorio e di più precise indicazioni circa il criterio adottato per la quantificazione degli stessi. Con specifico riguardo al danno patrimoniale, l’intermediario ha obiettato che sarebbe stato necessario produrre la prova dell’avvenuto pagamento dell’importo di euro 5.000,00, non limitandosi a produrre la semplice notula, peraltro emessa da un soggetto diverso da colui che, in fase di reclamo e di successivo ricorso, ha realmente rappresentato il ricorrente.Dopo avere eccepito e controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha rassegnato le proprie conclusioni chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, sia rigettato perché infondato.Il ricorrente ha presentato delle note per replicare alle controdeduzioni di parte resistente, con le quali ha dato atto della intervenuta cancellazione delle segnalazioni del suo nominativo presso gli archivi Crif, CTC, Experia e presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia. In merito a quest’ultima il ricorrente ha però contestato la persistenza - desumibile dal prospetto aggiornato al mese di settembre 2013 - di una segnalazione “Sofferenza -Passaggio a perdita”, riferita al mese di maggio 2012. In particolare, ha obiettato che la mancata segnalazione del “passaggio a sofferenza” sarebbe di impedimento per la segnalazione del “passaggio a perdita”. Ha inoltre lamentato di non essere stato “chiaramente informato del fatto che la chiusura a stralcio avrebbe comunque prodotto una segnalazione negativa per tutta la vita”. Per queste ragioni il ricorrente ha insistito nelle proprie richieste.

DIRITTO

Il Collegio ritiene di dover preliminarmente vagliare l’eccezione sollevata dall’intermediario resistente riguardante la mancata identità di contenuti tra l’atto di reclamo e l’atto di ricorso, con conseguente violazione della previsione contenuta nel paragrafo 1, sezione VI, delle Disposizioni della Banca d’Italia, sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari.

Decisione N. 185 del 15 gennaio 2014

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L’eccezione va però respinta, perché priva di pregio. L’attenta disamina dei due atti attesta, infatti, come le richieste formulate dal ricorrente nell’atto di ricorso corrispondano sostanzialmente alle richieste, ancora più articolate, avanzate nell’atto di reclamo.Venendo al merito delle richieste di parte ricorrente, il Collegio prende atto dell’avvenuta consegna al ricorrente, da parte dell’intermediario, delle copie del piano di ammortamento relativo al finanziamento e dell’estratto conto della linea di credito revolving.Quanto alla denunciata illegittimità delle segnalazioni del nominativo del ricorrente negli archivi dei sistemi privati di informazioni creditizie e nella Centrale dei Rischi tenuta dalla Banca d’Italia, il Collegio rileva che il ricorrente, nelle note in replica, ha dato atto della intervenuta cancellazione delle stesse.L’intervenuta cancellazione delle segnalazioni assunte dal ricorrente come pregiudizievoli e la relativa presa d’atto contenuta nelle note in replica inducono il Collegio a ritenere superata la corrispondente domanda contenuta nel ricorso, potendo senz’altro ragionarsi -a tale riguardo - di cessazione della materia del contendere.A dire il vero, per quel che concerne la segnalazione nella Centrale dei Rischi, il ricorrente ha lamentato, nelle note in replica, la persistenza della segnalazione “passaggio a perdita”, riferita al mese di maggio 2012. Occorre tenere presente che tale residua segnalazione consegue, dal punto di vista tecnico, allo stralcio contabile della posizione in seguito al giudizio di irrecuperabilità del credito formulata a suo tempo dall’intermediario.Rimangono da apprezzare le pretese risarcitorie del ricorrente.Il ricorrente ha sollecitato questo Collegio a formulare un giudizio di responsabilità a carico dell’intermediario, che presuppone - evidentemente - una valutazione in termini di illiceità della condotta del medesimo intermediario.Dalla documentazione versata in atti e dalle prospettazioni rispettivamente formulate dalle parti, non sembra potersi sostenere che l’intermediario abbia assunto le sue iniziative di segnalazione in difetto dei presupposti sostanziali. I ripetuti ritardi nel pagamento delle rate mensili appaiono incontestabili, tant’è che l’intermediario, dopo ripetuti solleciti, è stato costretto a comunicare al ricorrente la decadenza dal beneficio del termine, con contestuale messa in mora.Rimane da valutare l’esistenza dei presupposti formali delle segnalazioni, tenuto conto che le doglianze del ricorrente si concentrano soprattutto sul mancato ricevimento del preavviso di segnalazione.In questa prospettiva, conviene chiarire che il Collegio, pur consapevole della diversità di regolamentazione e di funzione che hanno le segnalazioni nei sistemi privati di informazioni creditizie rispetto alle segnalazioni nella Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, ritiene di potere condurre un ragionamento unitario, sul punto, in vista della risoluzione della presente controversia.Rileva il Collegio che l’intermediario ha dichiarato di avere inviato al ricorrente vari solleciti di pagamento (nelle date 15 novembre 2007, 15 giugno 2009, 15 settembre 2013), anche se non è riuscito a fornire, a stretto rigore, la prova dell’effettiva ricezione di questi preavvisi da parte del ricorrente. Il ricorrente ha inoltre attestato di avere inviato al ricorrente la comunicazione di decadenza dal beneficio del termine e contestuale messa in mora (ricevuta dal destinatario il 15 gennaio 2011).Tutti questi elementi, apprezzati nel loro complesso e alla luce delle concrete circostanze che caratterizzano il caso di specie, inducono il Collegio a ritenere che il ricorrente sia stato edotto della consistenza della sua esposizione debitoria e dell’imminente segnalazione, con la conseguenza di essere stato posto in condizione di scongiurare l’eventuale pregiudizio da ricollegare a tale segnalazione (per un caso assimilabile a quello di specie, cfr. decisione ABF, Collegio di Napoli, n. 3816/2013).

Decisione N. 185 del 15 gennaio 2014

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Ma ove pure si voglia ritenere non pienamente raggiunta la prova della ricezione, da parte del ricorrente, del preavviso di segnalazione, rimane assorbente, ai fini della reiezione delle relative pretese, il fatto che le domande risarcitorie avanzate dal ricorrente risultino prive di adeguati supporti probatori, non avendo il ricorrente prodotto elementi decisivi ai fini dell’accertamento dell’esistenza dei pregiudizi asseritamente subiti.Questo vale senz’altro per il danno non patrimoniale, considerato che questo Arbitro si è da tempo uniformato al più rigoroso indirizzo ermeneutico (cfr., in particolare, la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, 11 novembre 2008, n. 26972), che esclude che il danno non patrimoniale possa essere configurato come in re ipsa, in corrispondenza della prova del mero evento lesivo e a prescindere dall’accertamento delle effettive conseguenze pregiudizievoli.Il Collegio di Coordinamento di questo Arbitro (decisione n. 3500 del 26 ottobre 2012) ha, inoltre, chiarito che, proprio perché “nel vigente ordinamento, il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive, ma in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso ..., la scorrettezza della condotta del convenuto non è sufficiente a fondare un credito risarcitorio, il quale può costituire giusta causa di uno spostamento patrimoniale solo quando l’attribuzione al danneggiato di una somma di denaro sia diretta ad eliminare le conseguenze del danno subito”; inoltre, ha proseguito il Collegio di Coordinamento “non può essere invocata la lesione della reputazione di buon pagatore quando in atti non esistono elementi atti a convincere che la ricorrente sia tale”.Dalla documentazione versata in atti, in effetti, non emergono elementi tali da poter configurare un danno non patrimoniale risarcibile, quale pregiudizio all’immagine di corretto pagatore, proprio perché le segnalazioni - per quanto sopra accertato - sono state effettuate in presenza dei relativi presupposti sostanziali.La medesima conclusione va propugnata anche per il danno patrimoniale, atteso che non può essere considerata “conseguenza diretta e immediata” (ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2056 e 1223 c.c.) della (presunta) condotta lesiva della controparte la somma di denaro eventualmente versata, a titolo di corrispettivo, a un professionista, che non è intervenuto ad assistere il ricorrente nel procedimento dinanzi a questo Arbitro, ma si è limitato a fornire indicazioni preliminari al ricorrente stesso, essendo stato incaricato dello “studio della problematica” e della “gestione della problematica” in esame, nonché della valutazione dell’esistenza di una eventuale “ipotesi di usura sopravvenuta” in relazione alla carta revolving. Si aggiunga che nella notula allegata al ricorso è contenuto un riferimento al diniego di finanziamenti, circostanza questa che parrebbe suggerire un più specifico danno patrimoniale subito dal ricorrente, un danno che, tuttavia, è rimasto anch’esso totalmente privo di riscontri probatori.

P.Q.M.

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

Decisione N. 185 del 15 gennaio 2014

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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO 3/2014

a cura del Conciliatore BancarioFinanziario

Finanziamenti

MUTUO FONDIARIO PER ACQUISTO QUOTE SOCIETARIE – ESTINZIONE ANTICIPATA – PENALE – APPLICABILITA’ LEGGE 40/2007 - ESCLUSIONE

Il Collegio di Milano con decisione n. 300/14 del 17 gennaio 2014 ha ritenuto legittima la clausola che prevede l’applicazione di una commissione omnicomprensiva per l’estinzione anticipata di un contratto di mutuo fondiario finalizzato all’acquisto di quote societarie, perché detta clausola è estranea al perimetro di applicazione della disposizione normativa di cui alla legge n. 40/2007 (c.d. legge Bersani) che nel prevedere il divieto di penali per l’estinzione anticipata, totale o parziale, dei mutui stipulati dopo il 2 febbraio 2007 fa riferimento ai soli mutui “per l’acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche”.

(cfr. decisione di seguito riportata)

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COLLEGIO DI MILANO

composto dai signori:

(MI) GAMBARO Presidente

(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) SANTORO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

(MI) VELLUZZI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti

Relatore VELLUZZI

Nella seduta del 19/12/2013 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione- la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Il ricorrente riferisce di aver stipulato con l’intermediario un contratto di mutuo fondiario in data 09.09.2008 che veniva estinto anticipatamente il 28.10.2011.In sede di estinzione anticipata “veniva addebitata e prelevata dal conto del [cliente] la somma di € 11.738,34 quale penale per l’estinzione anticipata”.Lo stesso ricorrente ha contestato “tale addebito, che a norma della L. n. 40/07 è illegittimo in quanto riferito ad una clausola contrattuale nulla ex lege” e ha affermato che“l’intermediario non rispondeva all’ultima diffida di restituzione della somma in questione”.Con le controdeduzioni l’Intermediario ha replicato che:

– le parti hanno stipulato in data 09.09.2008 “un Contratto di Mutuo Fondiario ai sensi dell' Art. 38 e seguenti del decreto legislativo 01/09/1993 n. 385 [..] della durata di anni 20, rate mensili posticipate, dell'importo di euro 140.000,00 al tasso fisso, per tutta la durata del finanziamento, del 6,20%”;

– il mutuo “è stato concesso per l'acquisto di quote aziendali e l'azienda in oggetto era di proprietà del genitori del [cliente] per il 60%. [Trattandosi quindi] di un mutuo di natura

Decisione N. 300 del 17 gennaio 2014

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finanziaria, quindi al di fuori il perimetro di applicazione dalla legge Bersani [stante quanto previsto] dall'art 7 comma 1.”

– Il contratto di mutuo è stato “stipulato in epoca successiva all'entrata in vigore della predetta ‘Legge Bersani’ che all'articolo 2, comma secondo, specificatamente prevede: ‘in caso di accoglimento della domanda di anticipato rimborso, sarà dovuta alla Banca, a norma dell' art 40, comma 1, del T. U. B, una commissione omnicomprensiva corrispondente allo 0,50% per anno o frazione di anno di durata residua del mutuo; la formula esemplificativa di calcolo di detta commissione è riportata all'art. 16 del capitolato’.

– La penale di estinzione anticipata pari ad euro 11.738,34 è stata calcolata nel modo seguente:debito residuo euro 130.425,20 per 0,50% per anni o frazioni di anni di vita residua del mutuo;scadenza effettiva del mutuo 30/09/2028;estinzione anticipata avvenuta il 13/04/2011 da cui deriva un periodo utile per il computo del tempo di anni 18;pertanto 130.425,2 0 x 0,50 = 652,13 per anno, che per 18 anni corrispondono a 11.738,34”;

– all'art. 9 il contratto di mutuo recita testualmente: “ la parte mutuataria dichiara sotto la sua personale responsabilità e con esonero della Banca da ogni responsabilità che il presente mutuo: è stato richiesto e stipulato per scopi diversidall' acquisto/costruzione/ristrutturazione di casa d'abitazione”;

– Il notaio che ha redatto l’atto “non ha opposto alcuna eccezione all’inserimento” della clausola contrattuale che prevede la penale.Il ricorrente chiede che “l’intermediario provveda alla ripetizione dell’importo di € 11.738,34oltre rivalutazione, interessi legali e al pagamento del compenso legale pari ad € 3.000,00 oltre accessori di legge”.L’intermediario chiede che il ricorso venga rigettato perché infondato.

DIRITTO

Le parti controvertono in merito all’applicazione di una commissione omnicomprensiva per estinzione anticipata relativa ad un contratto di mutuo fondiario a tasso fisso, stipulato nel 2008 ed estinto il 28.10.2011. La commissione (sovente qualificata dalle parti medesime nel corso del procedimento come “penale”) è stata addebitata al cliente per un importo di€ 11.738,34. Il contratto di mutuo prevede la commissione per l’estinzione all’art. 2, articolo che a sua volta rinvia all’art. 16 del capitolato parimenti allegato e sottoscritto dalle parti.È pacifico che il contratto sia stato stipulato dopo l’entrata in vigore della più volte citata “Legge Bersani” n. 40 del 2007. Ai fini del presente giudizio si tratta di stabilire se la legge in questione sia applicabile al caso di specie per ciò che concerne la seguente disposizione in essa contenuta: “è nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, ivi incluse le clausole penali, con cui si convenga che il

Decisione N. 300 del 17 gennaio 2014

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mutuatario, che richieda l'estinzione anticipata o parziale di un contratto di mutuo per l'acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche”.Che il contratto di mutuo non fosse destinato all’acquisto o alla ristrutturazione di unità immobiliare adibita ad abitazione è acclarato, stante la presenza nel regolamento contrattuale dell’art. 9, il quale esclude espressamente tale destinazione. Ciò rilevato, il Collegio nota che, in ragione di quanto allegato agli atti, non può ritenersi provato da parte del ricorrente nemmeno che il mutuo fosse destinato all’acquisto o alla ristrutturazione di unità immobiliari necessarie “allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche”. La clausola contrattuale si sottrae, quindi, al campo d’applicazione della citata disposizione normativa della legge 40 del 2007, disposizione la cui portata non può essere estesa “ad altre situazioni, diverse da quelle specificamente indicate nella legge” (ABF Roma 876 del 2012).

P.Q.M.

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

Decisione N. 300 del 17 gennaio 2014

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QUADERNI DI AGGIORNAMENTO 3/2014

a cura del Conciliatore BancarioFinanziario

PRESTITO FINALIZZATO – USURA - SOMMATORIA DEL TASSO DI INTERESSE CORRISPETTIVO E MORATORIO – ESCLUSIONE

Il Collegio di Napoli con decisione n. 302/14 del 17 gennaio 2014 ha respinto la richiesta del ricorrente di accertamento della usurarietà del tasso applicato al prestito finalizzato erogatogli, avendo rilevato che i singoli tassi – corrispettivo e moratorio – relativi a detto prestito non superano il tasso soglia del periodo di riferimento. Il Collegio ha precisato, infatti, che la domanda del ricorrente riposa sul presupposto che la sommatoria del tasso contrattuale degli interessi corrispettivi e di quelli moratori ecceda il limite fissato imperativamente dal tasso soglia anti usura, ma tale presupposto è palesemente smentito dalle prescrizioni contrattuali secondo le quali l’interesse moratorio si presenta come sostitutivo e non additivo all’interesse corrispettivo.

(cfr. decisione di seguito riportata)

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COLLEGIO DI NAPOLI

composto dai signori:

(NA) QUADRI Presidente

(NA) CARRIERO Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) CONTE Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) RISPOLI FARINA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

(NA) BARTOLOMUCCI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti

Relatore CARRIERO GIUSEPPE LEONARDO

Nella seduta del 10/12/2013 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione- la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Titolare di un prestito finalizzato concluso nel marzo 2012, il cliente prima nel reclamo e poi nel ricorso adombra che la sommatoria del tasso d’interesse corrispettivo e di quello moratorio previsti nell’accordo ecceda il tasso soglia anti usura. Chiede, pertanto, l’accertamento del denunciato vizio genetico del contratto con conseguente restituzione delle somme versate e degli interessi.Costituitosi, il resistente precisa che il finanziamento in oggetto è stato anticipatamente estinto nel luglio 2013. Osserva nel merito che, diversamente dalla prospettazione del ricorrente, nell’accordo non è previsto alcun meccanismo di sommatoria tra interessi corrispettivi e interessi moratori, atteso che i due tassi hanno diversa natura giuridica e diverse modalità di computo. Precisa che i due diversi indicatori di costo non hanno in alcun modo superato il tasso soglia anti usura. Conclude per il rigetto del ricorso.

Decisione N. 302 del 17 gennaio 2014

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DIRITTO

Dalla documentazione versata in atti, non consta che i singoli tassi – corrispettivo e moratorio – relativi al rapporto in contestazione risultino superiori al tasso soglia relativo al periodo in riferimento, né che il resistente abbia mai applicato interessi moratori. La domanda (quale riveniente dalla combinazione di causa petendi e petitum) riposa sul presupposto che il convenuto abbia fatto applicazione del tasso dell’interesse attraverso la sommatoria del tasso contrattuale degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, così eccedendo il limite fissato imperativamente dal tasso soglia anti usura. Tale circostanza è, tuttavia, palesemente smentita tanto dalle prescrizioni contrattuali, dove l’applicazione dell’interesse moratorio (peraltro espressamente ricondotto, se superiore, ai limiti del tasso soglia anti usura) si presenta come sostitutivo e non additivo all’interesse corrispettivo, quanto dalla documentazione allegata alle controdeduzioni. L’accertamento di tali elementi in fatto, in uno col principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c. p. c.), conducono conseguentemente al rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

Decisione N. 302 del 17 gennaio 2014

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PARTE II

Spunti di dottrina

GIUSEPPE CARRIERO Giustizia senza giurisdizione: l'arbitro bancario finanziario, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, fascicolo 1, 2014, pag. 161

GIUSEPPE CARRIERO Giustizia senza giurisdizione: l'arbitro bancario finanziario, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, fascicolo 1, 2014, pag. 161

Dopo una sintetica ricostruzione storica dell’evoluzione degli ADR in Italia, dall’Ombudsman-Giurì bancario all’Arbitro Bancario Finanziario, si passa ad una comparazione di tali istituti con quelli esistenti in altri Paesi, per giungere a ricondurre l’ABF non già nell’ambito del procedimento amministrativo o di quello arbitrale, quanto piuttosto tra quelle attività preventive di supporto al giudice ordinario, come per esempio la valutazione preliminare (“early neutral evaluation”) o il miniprocesso (“mini trial”).

CLAUDIO FRIGENI Segnalazioni presso le centrali rischi creditizie e tutela dell’interessato: profili evolutivi , in Banca borsa e titoli di credito, fascicolo 4, 2013 pag. 365

Contrariamente a quanto sostenuto in plurime decisioni dell’ABF, quest’ultimo non può ritenersi legittimato a valutare il rispetto del preavviso previsto dal Codice Deontologico dei SIC, aspetto che rimane infatti riservato, oltre che alla cognizione del giudice ordinario, al solo Garante privacy. Ciò non significa che la materia sfugga in toto alla competenza dell’ABF, ben potendo tale organismo pronunciarsi sull’obbligo di comunicazione preventiva che gli intermediari sono chiamati a rispettare nei confronti dei propri clienti ai fini della corretta attuazione del rapporto di credito.

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PARTE III

Segnalazioni di giurisprudenza

ASSEGNO BANCARIO – FALSIFICAZIONE – DILIGENZA DELLA BANCA – LIBERO APPREZZAMENTO DA PARTE DEL GIUDICE

Cassazione Civile. Sezione III, 20 marzo 2014, n. 6513

La misura della diligenza richiesta alla banca nel rilevare la falsificazione della firma di traenza di un assegno bancario è quella dell'accorto banchiere, avuto riguardo alla natura dell'attività esercitata, alla stregua del paradigma di cui al secondo comma dell'art. 1176 c.c.. Ne consegue che spetta al giudice valutare la rispondenza al predetto paradigma della condotta richiesta alla banca in quel dato contesto storico e rispetto a quella determinata falsificazione. Il giudice è pertanto chiamato a saggiare, in concreto e caso per caso, il grado di esigibilità della diligenza stessa e quindi a verificare se la falsificazione è, o meno, riscontrabile attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, dell'assegno da parte dell'impiegato addetto, in possesso di comuni cognizioni teorico/tecniche, ovvero pure in forza di mezzi e strumenti presenti sui normali canali del mercato di consumo e di agevole utilizzo, o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia, invece, riscontrabile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento e/o utilizzo o tramite particolari cognizioni teoriche e/o tecniche.

(cfr. sentenza di seguito riportata)

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ATTO DI MESSA IN MORA – INVIO TRAMITE RACCOMANDATA A.R. – PRESUNZIONE DI RICEZIONE E CONOSCENZA DA PARTE DEL DEBITORE – INVERSIONE DELL’ONERE DELLA PROVA

Cassazione Civile. Sezione VI, 13 maggio 2014, ordinanza n. 10388/14

L’atto stragiudiziale di costituzione in mora del debitore, anche al fine dell’Interruzione della prescrizione, inviato al debitore con raccomandata a mezzo del servizio postale, si presume giunto a destinazione – sulla base della attestazione della spedizione da parte dell’ufficio postale, pur in mancanza dell’avviso di ricevimento - e spetta al destinatario l’onere di dimostrare che il plico non contiene alcuna lettera al suo interno, ovvero contiene una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente

(cfr. ordinanza di seguito riportata)

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MUTUO – USURA – TASSO DI INTERESSE CORRISPETTIVO E MORATORIO – SOMMATORIA - ESCLUSIONE

Tribunale di Napoli, ordinanza del 14 aprile 2014

Procedere addizionando il tasso moratorio al tasso corrispettivo e sottoponendo al vaglio del superamento del tasso soglia il dato derivante dalla detta somma aritmetica significa non cogliere la differente natura delle due previsioni pattizie che restano autonome l’un l’altra e solo occasionalmente interdipendenti.

Tribunale di Napoli, sentenza del 18 aprile 2014

Dalla nota sentenza della Corte di Cassazione n. 350/13 non può desumersi il principio secondo cui interessi moratori e corrispettivi vadano sempre sommati tra loro al fine di verificare il superamento della soglia dell’usura. Invero tale sentenza ha solo chiarito che si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi, o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi di mora, senza peraltro affermare che la verifica dell’usurarietà comporti la necessità di sommare tra di loro interessi moratori e corrispettivi.

Tribunale di Verona, sentenza del 30 aprile 2014

La verifica del superamento del tasso soglia effettuata prendendo in considerazione il “tasso creativo”, ovvero la sommatoria del tasso corrispettivo e di quello moratorio, è il precipitato di una comparazione artificiosa di dati del tutto disomogenei ed è pertanto suscettibile di censura di irrazionalità.

(cfr. ordinanza e sentenze di seguito riportate)

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