A breve il primo Campionato mondiale di calcio in ... · sa una canottiera con im-presso il numero...

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A breve il primo Campionato mondiale di calcio in SudAfrica di Giulio ALBANESE Africa, lo sport un’occasione di riscatto per il continente M agro, allampanato, indos- sa una canottiera con im- presso il numero 11. Fino ad allora ha corso soltanto due ma- ratone ufficiali, ma ha fiato da ven- dere e lo dimostra con straordina- ria disinvoltura e scioltezza atletica. Bikila diventa subito leggenda, se- gno evidente del riscatto dell’ho- mo africanus che l’epopea colonia- le aveva prepotentemente ridotto al rango servile. A cinquant’anni dai Giochi di Roma gli atleti afri- cani sono ormai una realtà consoli- data sulla scena sportiva interna- zionale. Sono in molti a domandar- si quale sia il segreto delle doti strabilianti degli sportivi africani. Le popolazioni afro, poco importa se nelle Americhe o nel continente africano, si impongono per le loro risorse fisiche e psicologiche. Natu- ralmente le difficoltà non manca- no, in quanto in molte discipline sportive l’Africa stenta ad aprirsi un varco sulla scena mondiale a causa soprattutto della mancanza di impianti sportivi e di adeguate risorse finanziarie. Nuoto, pallavo- lo, pallacanestro e tennis sono po- co praticati e solo occasionalmente si registrano campioni di livello in- ternazionale. Il primato comunque nella quasi totalità delle discipline sportive a livello continentale è del Sudafrica, scelto per il primo campionato mondiale di calcio in terra africana. Questo Paese rappresenta un eccezione rispetto al resto dei paesi africani con usi, costumi, e tradizioni marcatamen- te europee. Naturalmente le op- portunità di praticare lo sport in Sudafrica sono rivolte soprattutto ai ceti benestanti, mentre le classi sociali meno abbienti, che costitui- scono la maggioranza della popo- lazione, vivono in condizioni di grande emarginazione. Una cosa è certa: lo sport in Africa sortisce un effetto magico, quasi ine- briante sul pubblico quando una disciplina consente di avere visibi- lità internazionale attraverso i pro- pri campioni. Per il calcio, è il caso di Eto o (Inter), Adiyiah (Milan), Asamoah, Badu (Udinese), Sissoko (Juventus), Diamoutene (Bari), Ghezzal (Siena), Meghni (Lazio), di- ventati famosi militando nel nostro campionato. E laddove il successo riguarda la propria rappresentativa nazionale, impegnata per esempio nei Mondiali, si scatena sugli spalti una scarica adrenalinica di patriot- tismo che nessuna formazione po- litica africana è mai riuscita a inne- scare. Ecco che allora quando il Ca- merun, la Nigeria o la Costa d’Avo- rio scendono in campo contro squadre blasonate come quelle ita- liana, inglese o spagnola, si scatena un tifo indicibile che coagula tutti i gruppi etnici presenti in questo o quel paese africano. Le contrappo- sizioni svaniscono portando alla ri- balta lo spirito istintivo, disarmante e palpabile della négritude, tanto cara a certi intellettuali come il se- negalese Léopold Sédar Senghor. Emblematica è stata la testimo- nianza dell’attaccante del Chelsea, Didier Drogba, che ha avuto un ruolo profetico durante la guerra civile in Costa d’Avorio. Al culmine della crisi ha visitato la città di Bouaké, nella zona del paese in mano ai ribelli, e ha chiesto e otte- nuto di organizzare lì una partita della nazionale. È stato lo sport, in quella circostanza, più della politi- ca, a convincere la popolazione che la Costa d’Avorio era ancora un paese unito. Finora però i cosiddet- ti big match, a parte la Coppa d’A- frica, si sono sempre svolti fuori del continente. Quest’anno invece, l’A- frica vedrà i suoi campioni giocare per il Mondiale di calcio negli stadi di Pretoria, Johannesburg, Rustem- burg, Città del Capo, Durban. L’a- spetto economico è comunque quello che condiziona maggior- mente lo sport africano, non fos- s’altro perché i governi locali sono alle prese con gli effetti della grave crisi finanziaria che ha colpito i mercati internazionali. La riduzio- ne degli aiuti dall’estero determi- nata dalla recessione del Pil nel Pri- mo mondo, oltre alla crescita del debito in molti paesi, ha pratica- mente cancellato i già scarsi inve- stimenti nello sport. Per non parla- re della cronica instabilità di alcune regioni determinata da colpi di sta- to, guerre, inedia e pandemie che penalizzano le stremate popolazio- ni locali. Comunque, la passione di correre e giocare è un qualcosa d’impresso nel cuore e nel corpo della gente per cui, ad esempio, in Costa d’Avorio, su 18 milioni di abi- tanti, ci sono più di 300 accademie del pallone. Il vivaio calcistico più importante in questo paese è quel- lo degli Asec Mimosas, acronimo di Amicale sportive des employés de commerce, ad Abidjan. Il settore giovanile di questa società è consi- derato uno dei gioielli del calcio africano che ha lanciato grandi campioni quali i fratelli Kolo e Olimpiadi di Roma, 10 settembre 1960. I piedi scalzi di Abebe Bikila calpestano il selciato dell’Appia Antica. IL MONDO CAPOVOLTO Anno XI, n. 6 - Giugno 2010 mensile della comunità Ecclesiale N. di registrazione 276 del 7.2.2000 presso il Tribunale di Frosinone. DIRETTORE: Raffaele Tarice IN REDAZIONE: Claudia Fantini Per inviare articoli: Claudia Fantini Via Sanità, 22 03011 Alatri - Tel. 348.3002082 e-mail: [email protected] RESPONSABILE DISTRIBUZIONE Bruno Calicchia AMMINISTRATORE Giovanni Straccamore HANNO COLLABORATO: Giulio Albanese, Giorgio Astrei, Sabrina Atturo, Bruno Battisti, Chiara Campoli, Mauro Camusi, Paolo Fiorenza, Raniero Marucci, Paola Mastracci, Giorgio Alessandro Pacetti, Anna Rita Pica, Federica Romiti, Francesco Sordo EDITORE Diocesi di Anagni-Alatri FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPA Tipografia Editrice Frusinate srl Frosinone Yaya Touré, Aruna Dindane, Salo- mon Kalou, Didier Zokora, Emma- nuel Eboué e Gilles Yapi. Esiste d’altronde un vivissimo interesse nel mondo calcistico occidentale per i vivai africani. Per quanto con- cerne il calcio, come anche l’atleti- ca, nel passato, vi sono state delle polemiche riguardanti una vera e propria tratta operata da talent scout ai danni di giovani africani. La maggior parte di loro ha avuto un’infanzia difficile, dovendo pe- raltro superare non pochi ostacoli per farsi strada. Non c’è da meravi- gliarsi dunque se oggi molti di loro vogliano fare qualcosa per i bambi- ni africani e le giovani promesse. Ad esempio Patrick Vieira (in fo- to), giocatore della nazionale fran- cese nato in Senegal, ha fondato una scuola calcio a Dakar, mentre il capitano della nazionale ghanese Stephen Appiah ne ha fondata una nel suo paese per aiutare i ra- gazzi a sfuggire alla miseria. Le po- tenzialità degli africani in campo sportivo sono indiscutibili. Si tratta di un settore che, se opportuna- mente valorizzato, potrebbe con- tribuire a promuovere il riscatto di un continente che ha decisamente voglia di voltare pagina.

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A breve il primo Campionato mondiale di calcio in SudAfrica

di Giulio ALBANESE

Africa, lo sport un’occasione di riscatto per il continente

Magro, allampanato, indos-sa una canottiera con im-presso il numero 11. Fino

ad allora ha corso soltanto due ma-ratone ufficiali, ma ha fiato da ven-dere e lo dimostra con straordina-ria disinvoltura e scioltezza atletica.Bikila diventa subito leggenda, se-gno evidente del riscatto dell’ho-mo africanus che l’epopea colonia-le aveva prepotentemente ridottoal rango servile. A cinquant’annidai Giochi di Roma gli atleti afri-cani sono ormai una realtà consoli-data sulla scena sportiva interna-zionale. Sono in molti a domandar-si quale sia il segreto delle dotistrabilianti degli sportivi africani.Le popolazioni afro, poco importase nelle Americhe o nel continenteafricano, si impongono per le lororisorse fisiche e psicologiche. Natu-ralmente le difficoltà non manca-no, in quanto in molte disciplinesportive l’Africa stenta ad aprirsiun varco sulla scena mondiale acausa soprattutto della mancanzadi impianti sportivi e di adeguaterisorse finanziarie. Nuoto, pallavo-lo, pallacanestro e tennis sono po-co praticati e solo occasionalmentesi registrano campioni di livello in-ternazionale. Il primato comunquenella quasi totalità delle disciplinesportive a livello continentale è delSudafrica, scelto per il primocampionato mondiale di calcioin terra africana. Questo Paeserappresenta un eccezione rispettoal resto dei paesi africani con usi,costumi, e tradizioni marcatamen-te europee. Naturalmente le op-portunità di praticare lo sport inSudafrica sono rivolte soprattuttoai ceti benestanti, mentre le classisociali meno abbienti, che costitui-scono la maggioranza della popo-lazione, vivono in condizioni digrande emarginazione. Una cosa ècerta: lo sport in Africa sortisceun effetto magico, quasi ine-briante sul pubblico quando unadisciplina consente di avere visibi-lità internazionale attraverso i pro-pri campioni. Per il calcio, è il casodi Eto o (Inter), Adiyiah (Milan),Asamoah, Badu (Udinese), Sissoko(Juventus), Diamoutene (Bari),Ghezzal (Siena), Meghni (Lazio), di-ventati famosi militando nel nostrocampionato. E laddove il successoriguarda la propria rappresentativanazionale, impegnata per esempio

nei Mondiali, si scatena sugli spaltiuna scarica adrenalinica di patriot-tismo che nessuna formazione po-litica africana è mai riuscita a inne-scare. Ecco che allora quando il Ca-merun, la Nigeria o la Costa d’Avo-rio scendono in campo controsquadre blasonate come quelle ita-liana, inglese o spagnola, si scatenaun tifo indicibile che coagula tutti igruppi etnici presenti in questo oquel paese africano. Le contrappo-sizioni svaniscono portando alla ri-balta lo spirito istintivo, disarmantee palpabile della négritude, tantocara a certi intellettuali come il se-negalese Léopold Sédar Senghor.Emblematica è stata la testimo-nianza dell’attaccante del Chelsea,Didier Drogba, che ha avuto unruolo profetico durante la guerracivile in Costa d’Avorio. Al culminedella crisi ha visitato la città diBouaké, nella zona del paese inmano ai ribelli, e ha chiesto e otte-nuto di organizzare lì una partitadella nazionale. È stato lo sport, inquella circostanza, più della politi-ca, a convincere la popolazione chela Costa d’Avorio era ancora unpaese unito. Finora però i cosiddet-ti big match, a parte la Coppa d’A-frica, si sono sempre svolti fuori delcontinente. Quest’anno invece, l’A-frica vedrà i suoi campioni giocare

per il Mondiale di calcio negli stadidi Pretoria, Johannesburg, Rustem-burg, Città del Capo, Durban. L’a-spetto economico è comunquequello che condiziona maggior-mente lo sport africano, non fos-s’altro perché i governi locali sonoalle prese con gli effetti della gravecrisi finanziaria che ha colpito imercati internazionali. La riduzio-ne degli aiuti dall’estero determi-nata dalla recessione del Pil nel Pri-mo mondo, oltre alla crescita deldebito in molti paesi, ha pratica-mente cancellato i già scarsi inve-stimenti nello sport. Per non parla-re della cronica instabilità di alcuneregioni determinata da colpi di sta-to, guerre, inedia e pandemie chepenalizzano le stremate popolazio-ni locali. Comunque, la passione dicorrere e giocare è un qualcosad’impresso nel cuore e nel corpodella gente per cui, ad esempio, inCosta d’Avorio, su 18 milioni di abi-tanti, ci sono più di 300 accademiedel pallone. Il vivaio calcistico piùimportante in questo paese è quel-lo degli Asec Mimosas, acronimo diAmicale sportive des employés decommerce, ad Abidjan. Il settoregiovanile di questa società è consi-derato uno dei gioielli del calcioafricano che ha lanciato grandicampioni quali i fratelli Kolo e

Olimpiadi di Roma, 10 settembre 1960. I piedi scalzi di Abebe Bikila calpestano il selciato dell’Appia Antica.

IILL MMOONNDDOO CCAAPPOOVVOOLLTTOO

Anno XI, n. 6 - Giugno 2010mensile della comunità Ecclesiale

N. di registrazione 276 del 7.2.2000presso il Tribunale di Frosinone.

DIRETTORE: Raffaele TariceIN REDAZIONE:

Claudia Fantini Per inviare articoli:

Claudia Fantini Via Sanità, 22 03011Alatri - Tel. 348.3002082

e-mail: [email protected] DISTRIBUZIONE

Bruno Calicchia AMMINISTRATORE

Giovanni Straccamore HANNO COLLABORATO:

Giulio Albanese, Giorgio Astrei,Sabrina Atturo, Bruno Battisti,Chiara Campoli, Mauro Camusi,Paolo Fiorenza, Raniero Marucci,

Paola Mastracci,Giorgio Alessandro Pacetti,

Anna Rita Pica, Federica Romiti,Francesco Sordo

EDITOREDiocesi di Anagni-Alatri

FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPATipografia Editrice Frusinate srl

Frosinone

Yaya Touré, Aruna Dindane, Salo-mon Kalou, Didier Zokora, Emma-nuel Eboué e Gilles Yapi. Esisted’altronde un vivissimo interessenel mondo calcistico occidentaleper i vivai africani. Per quanto con-cerne il calcio, come anche l’atleti-ca, nel passato, vi sono state dellepolemiche riguardanti una vera epropria tratta operata da talentscout ai danni di giovani africani.La maggior parte di loro ha avutoun’infanzia difficile, dovendo pe-raltro superare non pochi ostacoliper farsi strada. Non c’è da meravi-gliarsi dunque se oggi molti di lorovogliano fare qualcosa per i bambi-ni africani e le giovani promesse.Ad esempio Patrick Vieira (in fo-to), giocatore della nazionale fran-cese nato in Senegal, ha fondatouna scuola calcio a Dakar, mentre ilcapitano della nazionale ghaneseStephen Appiah ne ha fondatauna nel suo paese per aiutare i ra-gazzi a sfuggire alla miseria. Le po-tenzialità degli africani in camposportivo sono indiscutibili. Si trattadi un settore che, se opportuna-mente valorizzato, potrebbe con-tribuire a promuovere il riscatto diun continente che ha decisamentevoglia di voltare pagina.

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Spedizione in a.p. art. 2 comma 20c legge 662/96 filiale Frosinone - Spedito il 24 Maggio 2010 - www.diocesianagnialatri.it

che periodicamente vengo-no diffusi si possono averedue reazioni ben distinte: dauna parte gli scettici e dal-l’altra i catastrofisti. I primi sitrincerano dietro la loro“faccia di bronzo” afferman-do che il nostro pianeta go-de di ottima salute e che icambiamenti climatici sonocompletamente da attribui-re a fenomeni naturali. La vi-sione più fantasiosa arriva aimmaginare che il riscalda-mento sia dovuto all’ondalunga del disgelo dell’ultimaglaciazione, chiamata Würm,terminata però circa 10.000anni fa: la Terra si starebbescaldando da allora e primao poi ricomincerà a raffred-darsi, tanto da portare tutti

Dire “riscaldamento glo-bale” e “surriscalda-mento climatico” non

è la stessa cosa. La prima, in-fatti, indica il movimentoverso l’alto dei termometriper cause naturali, come ciclisolari, moti della Terra e va-riazioni dei gas atmosferici.La seconda invece, chiamatain inglese global warming, èl’innalzamento delle tempe-rature mondiali dovute peròall’intervento dell’uomo. Astudiare questi mutamenti,naturali e innaturali, è l’IPCC(Intergovernmental Panel onClimate Change - Gruppoconsulente intergovernativosul mutamento climatico),formato nel 1988 da due or-ganismi delle Nazioni Unite:WMO (Organizzazione me-tereologica mondiale) eUNEP (Programma delle Na-zioni Unite per l’Ambiente).Dal lavoro di questo gruppodi studio è scaturito l’ama-to/odiato “Protocollo di Kyo-to” (presentato nel 1997 eratificato anche dalla Russianel 2005). Davanti ai dati

dentro una nuova “Era gla-ciale”. La visione catastrofi-sta invece afferma che l’uo-mo è assolutamente colpe-vole di tutto, arrivando adaffermare che l’umanità sicomporta sul pianeta come ivirus si comportano nel cor-po umano: in altre parolequella umana è un’epidemiasu scala mondiale e che por-terà il “sistema naturale” alcollasso e alla distruzione…quindi l’innalzamento delletemperature sarebbe la“febbre” del pianeta checerca di sconfiggere la ma-lattia. Non sprechiamo mol-to tempo a spiegare comeentrambe queste visioni sia-no errate e palesementefuori dalla realtà. Lo abbia-

ANNO XI N. 6GIUGNO 2010

FFOOTTOO NNOOTTIIZZIIAA

PPRRIIMMOO PPIIAANNOO

mo detto all’inizio: fattoriumani e naturali hanno con-corso entrambi a creare la si-tuazione attuale. L’unicoproblema è che se i fenome-ni naturali si integrano auto-maticamente con il “sistemaTerra”, anzi sono generatiproprio dal nostro pianeta ene preservano l’equilibrio,quelli antropici, cioè umani,tendono a “squilibrare” iltutto. Concludiamo con unabuona notizia: il buco dell’o-zono si sta riducendo, e se-condo gli esperti si richiu-derà completamente entro il2075. Alla fine qualcosa persalvaguardare il nostro pia-neta possiamo farlo… tuttiinsieme. Raffaele Tarice

aa ll ll ’ii nn tt ee rr nnoo.. .. ..

Il primato del dono

Pag. 3

SpecialeTornare ai volti

Pagg. 6-7

Immigrati, voce del verbo

accoglierePag. 9

NNOONN EESSIISSTTOONNOO PPIIÙÙ LLEE MMEEZZZZEE SSTTAAGGIIOONNIITra indifferenza e allarmismo

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110000 NNOOTTIIZZIIEE 110000 NNOOTTIIZZIIEE Giugno 20102222

LL’AAGGEENNDDAA GGIIUUGGNNOO

Venerdì 4 giugnoFiuggi, Centro Pastorale,

ore 18.30CONSIGLIO PASTORALE

DIOCESANO

Domenica 6 giugnoConcattedrale, ore 18.00

SOLENNITA’ DEL SS. CORPO ESANGUE DEL SIGNORE

Processione EucaristicaPresiede il Vescovo

Mercoledì 16 giugnoFiuggi, Centro pastorale,

ore 18.00INCONTRIAMO IL VESCOVOA cura dell’Ufficio diocesano per

la Pastorale Scolastica e l’IRC

Giovedì 17 giugnoCarpineto Romano, ore 9.00 FESTA DEL PRESBITERIO

con il Vescovo

IL CORPO DI SAN BERNARDINO DA SIENAA FILETTINO dal 25 luglio al 15 agosto 2010

DOMENICA 25 LUGLIO 2010Ore 16.30 suono a festa di tutte le campane delle Chiese di

Filettino con sparo di colpi scuri.Ore 17.30 presso il Campo Sportivo, “dal cielo” a bordo del-

l’elicottero del Corpo Forestale dello Stato, arrivoa Filettino del Santo “terremotato”: San Bernar-dino da Siena

Ore 18.15: SOLENNE PONTIFICALE in Parrocchia, presiedutodal Cardinale CANIZARES LLOVERA. Al termineBENEDIZIONE PAPALE

DOMENICA 1 AGOSTO: Santa messa solenne in Parrocchia

MERCOLEDI’ 4 AGOSTO: 5° Anniversario dell’Incoronazionedella Vergine Immacolata. Ore 10.45 accoglienza in Piazza Caraffa di S.Ecc.za Mons.

Lorenzo LOPPA.Ore 11.00 Esposizione pubblica, dopo 5 anni, dell’immagi-

ne della Madonna e SOLENNE PONTIFICALE nellaChiesa Parrocchiale di Filettino presieduto dal Ve-scovo. Anima la liturgia il Coro Parrocchiale di Af-file (Roma). Al termine del Sacro Rito, come sta-bilito dal Santo Padre, si potrà lucrare l’INDUL-GENZA PLENARIA.

GIOVEDI’ 5 AGOSTO: “Nevicata di Roma”. Ore 10.45 le Autorità civili, militari e religiose, accoglieran-

no in Piazza Caraffa il PATRIARCA LATINO Emeri-to di GERUSALEMME: Sua Beatitudine MichelSABBAH.

Ore 11.00 Santa messa solenne in Parrocchia presieduta dalPatriarca. L’introito ed il Congedo vedranno al-l’organo il maestro Andrea MONCADA. Anima laliturgia il “Coro Hernicus” di Alatri. Al terminedel sacro rito si potrà lucrare l’INDULGENZA PLE-NARIA

DOMENICA 8 AGOSTO: Santa messa solenne in Parrocchia

DOMENICA 15 AGOSTO: Solennità della SS. Vergine Assuntain Cielo. Ore 10.30 il paese accoglierà in piazza Caraffa S. Eminenza

il Cardinale Silvano PIOVANELLI, Arcivescovo Em.di Firenze. Il Coro Monte Viglio di Filettino diret-to dal M° G. Antonucci animerà la Santa Messa.Introito e congedo del M° A. Moncada.

Ore 11.00 solenne PONTIFICALE in Parrocchia presiedutodal Cardinale. Al termine del sacro rito si potràlucrare l’indulgenza Plenaria.

P I G L I OA Piglio nasce un organo di informazione

“All’Ombra del Convento”Ad opera dell’Associazione Culturale città di Piglio, Presi-dente il giornalista Danilo Ambrosetti, ha visto la luce un“foglio” informativo dal titolo “All’Ombra del Convento”,un trimestrale che si ripromette di mettere in evidenza tuttele potenzialità del complesso francescano di San Lorenzo inPiglio. Si spazierà quindi dalla storia del convento, fondatoda San Francesco nel 1200, alla cultura e all’ambiente. Già64 anni fa, nel Giugno 1946, era uscito il 1° periodico di cul-tura civile-religiosa e storico-archeologica, edito dalla tipo-grafia vaticana, dal titolo “Capitulum Hernicorum”, Diretto-re Responsabile Mons. Adelmo Loreti, che trattava tutti gliargomenti, con un occhio di riguardo alle tradizioni religio-se locali. Da allora a far rivivere quella testata che durò soloun numero, si adoperò il Centro Culturale e Musicale Bene-detto da Piglio nel 1996, per opera del giornalista-pubblici-sta Giorgio Alessandro Pacetti, con una serie di scritti (in fo-tocopia) che era più o meno una “rassegna” di articoli ri-guardanti Piglio apparsi sulle varie testate giornalistiche.Quello che Mons. Loreti aveva tanto a cuore e successiva-mente da Giorgio Alessandro Pacetti che si era prefisso dicontinuare con il “Centro Culturale e Musicale Benedetto daPiglio”, sarà oggi ripreso dal collega Danilo Ambrosetti con“All’Ombra del Convento” per continuare nell’opera di con-servazione e divulgazione della memoria storica del nostroPaese. Auguriamo a questo “Foglio informativo” una lungae fortunata vita nell’interesse della nostra comunità.

La stele che doveva ricordare la visita delpapa Wojtila a Piglio sui prati di Santo Bia-gio è solo un miraggio.La stampa nazionale aveva riportato con grande enfasi diuna gita a sorpresa ed in incognito che il Pontefice GiovanniPaolo II aveva effettuato il 15 Aprile 2004 nel territorio di Pi-glio in località Santo Biagio in un momento di relax. Il SantoPadre, accompagnato dal segretario, Arcivescovo ora Cardi-nale Stanislao Dzwisz, dal medico personale Renato Buzzo-netti, dalla guardia del corpo Camillo Cibin e da un limitatogruppo di agenti di scorta aveva lasciato la Città del Vatica-no per raggiungere Piglio. Papa Vojtila, dopo aver pranzatocon i suoi collaboratori e riposato in una tenda verde, allesti-ta appositamente dai collaboratori, in assoluta tranquillità,si era messo a pregare mentre tutta la zona circostante erastata presidiata da pattuglie di poliziotti che avevano impe-dito alle autorità e ai curiosi accorsi sul posto in moltitudinedopo che si era diffusa la notizia della presenza del Papa aPiglio. Nel 2005, ad un anno della venuta a Piglio di Giovanni PaoloII, la civica amministrazione, con una delibera di giunta, ave-va deciso di installare una stele sui prati di Santo Biagio perricordare ai posteri lo storico evento. Purtroppo a distanzadi cinque anni della stele sui prati di Santo Biagio non c’ètraccia. Per la cronaca, oltre a dare i natali a Benedetto dePileo, umanista del sec. XV e a custodire le spoglie del BeatoAndrea Conti, ideatore del I Giubileo del 1300 e parente diquattro Papi, la ridente cittadina di Piglio è stata visitata nelpassato da illustri personaggi religiosi e precisamente: daSan Francesco di Assisi, da San Massimiliano Kolbe, da Mons.Montini (Paolo VI), per inaugurare la Cappellina in loc. Lapil-lo dedicata a Papa Pio XII, dal Cardinale Tonini, ed ora, dapapa Wojtila, in odore di Santità insieme a padre Quirico Pi-gnalberi ofm., amico fraterno di San Massimiliano Kolbe.

Giorgio Alessandro PACETTI

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LLAA CCAATTTTEEDDRRAA DDEELL VVEESSCCOOVVOOAnno XINumero 6 3333

verso la restituzione del primato a Dio e alla Sua Parola, ripor-tando al centro la persona, da generare o rigenerare in Cristo; daformare, responsabilizzare, attrezzare alla testimonianza. Intravedia-mo il volto della parrocchia che si fa più umano, più accogliente, piùmobile e dinamico, più evangelizzante. La Visita pastorale segnala eprende atto di molti miglioramenti rispetto al passato, ma fa perce-pire anche la meta per il prosieguo del cammino comunitario.Penso alla formazione degli Animatori della pastorale parroc-chiale (catechesi, liturgia, caritas). In tante parrocchie gli organismipastorali di animazione non sono meglio definiti. Dietro ogni opera-tore pastorale c’è una vocazione. Ho, a volte, l’impressione che lenostre parrocchie siamo piene di tante persone di buona vo-lontà, ma che si muovono in un clima di improvvisazione. Intante comunità non esistono il Consiglio pastorale parrocchiale e ilCAE che è obbligatorio (c. 537). La pastorale giovanile e familiare vie-ne affidata a iniziative sporadiche e intermittenti. Dobbiamo faremeglio. Abbiamo molte persone, anche provenienti da aggregazio-ni, che si prestano per il catechismo, per animare la liturgia o la cari-tas. Bisogna insistere di più sulla formazione di questi Animatori, inorganismi di animazione più definiti e strutturati. La formazione nelgruppo di riferimento o appartenenza non basta per animare la vitacomunitaria. Formare un Animatore, armonizzare la sua responsabi-lità in una dinamica di comunione è un po’ diverso. Penso sia neces-saria una cura maggiore anche per gli organismi di partecipazione ecorresponsabilità. Come pure è importante uno sforzo maggiore perla pastorale di insieme, soprattutto riguardo la pastorale familiare ela pastorale giovanile. Siamo davanti al decennio che ci farà dedicarein modo particolare alla formazione delle giovani generazioni…A tale riguardo, d’accordo con i Vicari episcopali e il Consiglio presbi-terale, ho pensato di mettere insieme il Centro Diocesano Voca-zioni e la Pastorale giovanile, affidandoli a Don Bruno Duran-te come unico responsabile, alla cui discrezione è affidata la sceltadei collaboratori.L’Assemblea diocesana 2009 aveva come tema la sfida educativa ingenerale. Adesso dobbiamo scegliere strade e strategie particolariper raccoglierla. Quest’anno puntiamo lo sguardo sulle fami-glie giovani, per l’educazione alla fede dei piccolissimi. È unprimo modo di porre mano a quel “capolavoro della speranza” che èl’educazione alla fede. La prossima Assemblea diocesana considereràle giovani famiglie come il polo più importante di una necessaria al-leanza per l’educazione.L’Anno sacerdotale vive nella messa crismale un approdo e una ri-partenza molto significativi, specialmente per la dimensione educati-va dell’essere pastore. Questo è tanto più importante quanto più sia-mo in un momento di sofferenza per una campagna di stam-pa; per un discredito generalizzato, continuo, diffuso con in-solita malizia e con inusitata perfidia che, facendo leva su alcuniepisodi del passato, tende a presentare i ministri della Chiesa comecoloro che tradiscono il patto educativo. È un’occasione d’oro pernoi sacerdoti, di rientrare in noi stessi, per restituire slancio e bril-lantezza alla nostra vocazione, per ritrovare la bellezza e il fascinodell’amicizia con Gesù; il gusto del vivere ecclesiale, all’interno delpresbiterio e fuori; per riscoprire lo spessore umano della nostra vo-cazione e missione. Non siamo dei disagiati o dei disadattati.Siamo delle persone fortunate che vogliono ricordare a sestesse e agli altri perché vivono, perché amano, perché esisto-

La celebrazione cui stiamodando vita costituisce unmomento denso e significa-

tivo del nostro cammino diChiesa. La messa crismale èuna straordinaria epifaniadella Chiesa come comunioneintorno al vescovo e al presbite-rio, e come realtà a servizio del-la trasfigurazione pasquale de-gli uomini e del mondo. È que-sta la festa di un popolo tuttosacerdotale, consacrato per te-stimoniare l’Alleanza tra Dio el’umanità, un popolo servitodal sacerdozio ministeriale.La benedizione degli oli ca-ratterizza questa liturgia e pre-para la notte sacramentale pereccellenza: quella della vegliapasquale. Benediciamo gli oli aridosso del Triduo pasquale,cuore e centro di tutta la storiadella salvezza, sorgente vivadella luce e della forza che pro-mana dai sacramenti. Benedi-ciamo gli oli all’interno dell’Eu-caristia, a cui tendono tutti glialtri sacramenti, e che trasfor-ma la grazia degli stessi in ca-pacità di servizio gratuito e di-sinteressato. Avremo tra pocoin dono l’olio della forza e del-la vittoria contro il male (oliodei catecumeni); l’olio dellasperanza e del coraggio nellamalattia, perché essa sia elabo-rata e vissuta in termini di sen-so (olio degli infermi); l’olio cri-sma, che consacra e dispone alservizio e alla dedizione gratui-ta di sé stessi.L’olio appartiene all’apparatosimbolico di più di un sacra-mento. Pensiamo all’unzionecon il crisma nel battesimo, nel-la cresima, nell’ordinazionepresbiterale, in quella episcopa-le. È l’unzione con lo stesso olioche sta a significare l’unicitàdella missione; con una pre-ghiera diversa, per dire e sotto-lineare la differenza di respon-sabilità con cui la si vive nellaChiesa.Sta per concludersi il decenniocaratterizzato da “Comunicareil Vangelo in un mondo checambia”. È tempo, forse, di fa-re una verifica sul nostro per-corso di Chiesa, anche nell’otti-ca della Visita pastorale che staper avere termine. Mentre ciprepariamo a raccogliere la sfi-da dell’educazione nel prossi-mo decennio, quello che si con-clude è stato il decennio dellaconversione della pastorale insenso missionario, con la par-rocchia al centro. Abbiamocompreso meglio che il rinno-vamento della comunità cri-stiana deve passare attra-

Messa Crismale 2010 no. Siamo portatori del do-no grande di connettere lacomunità cristiana attuale aGesù Cristo Risorto e allaChiesa apostolica a garanziadella sua unità. Siamo deposi-tari del dono della comunionein senso storico, con la Chiesadi tutti i tempi; e in senso at-tuale, per la comunione all’in-terno della parrocchia, delle al-tre parrocchie e realtà ecclesia-li, nella forania, nella Diocesi.Siamo titolari anche del cari-sma dell’animazione comunita-ria, per la ricerca, la valorizza-zione, l’incoraggiamento, l’ar-monizzazione dei doni in unadinamica di responsabilità.L’augurio che faccio a tuttoil presbiterio è quello di unadedizione sempre limpida egenerosa al bene autenticodella persona, a cominciaredai bambini e dai ragazzi.Il brano dell’Apocalisse, che ci èstato offerto come seconda let-tura (1,5-8), vuole rivelare ai cri-stiani, perseguitati e oppressi, ilsenso della loro drammaticaesistenza. Il veggente vuole rin-giovanire la speranza dei suoifratelli che vivono il travagliodella prova. E lo fa comunican-do la propria esperienza del Vi-vente. Un uomo, Gesù Cristo,che rappresenta tutti gli uomi-ni, è passato per la prova che ilmondo riserva agli amici di Dio.Egli è il primogenito di un’u-manità che rinascerà al di làdella morte. Egli, in comunioneprofonda con tutti noi, indicaagli esseri umani lo scopo dellaloro esistenza: diventare sacer-doti del mondo e famiglia diDio. Nel testo domina l’imma-gine del “Trafitto” sulla croce:“Ecco viene sulle nubi e ognu-no lo vedrà; anche quelli che lotrafissero e tutte e tutte le na-zioni della terra si batterannoper il lui il petto” (1,7). A noitutti l’augurio di diminuire ladistanza dal “Trafitto”, dall’A-more che “trafigge” il nostroorgoglio, la nostra presunzio-ne, il desiderio di essere da piùe di imporci, la tentazione di“farci vedere”. Guardare in di-rezione del “Trafitto” significaaccettare la logica dell’amore,la logica della Pasqua, benefi-ciare di una misericordia senzaconfini e di una comunione divita che ci liberi dai fantasmidel passato e del presente, perrestituirci ad un futuro intattonel quale sarà sempre più im-portante la vittoria della vitasulla morte.Buona Pasqua!

+ Lorenzo Loppa

Il primatodel dono“Non voi avete scelto me,

ma io ho scelto voi” (Gv 15,16)

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VVIITTAA DDII CCOOMMUUNNIITTAA,, Giugno

20104444

La grave crisi che sta at-tanagliando la provin-cia di Frosinone, e in

special modo l’area nord,sta facendo nascere dellegravissime complicazioni dicui la società sembra far fin-ta di niente. Molte personeche oggi hanno un lavoroprecario, o non ce l’hannoaffatto, trovano rifugio nel-l’illusione del gioco, dissi-pando in poco tempo i ri-sparmi di una vita e distrug-gendo definitivamente lapropria vita e la propria fa-miglia. La perdita del lavo-ro e la conseguente dege-nerazione del gioco sono,inoltre, una della primecause di depressione. Noinon possiamo far finta diniente, non possiamo rima-nere a guardare mentre al-tre famiglie vengono rovi-nate. Come tante volte èsuccesso nella storia il “la”dobbiamo darlo noi Chiesa,sia come istituzione che co-me laici. Dobbiamo coordi-narci come associazione chefondano il loro vivere ed illoro operare nella dottrinasociale della Chiesa (in altriposti già lo fanno) per farin modo che la nostra vocedi minoranza diventi unarealtà forte che al servizio

IIll nnuuoovvoopprroobblleemmaaddeell GGiiooccoo

Oltre il lavoro che non c’è

di Mauro CAMUSI*

Come impedire la rovina di tante famiglie

“Ti auguro di prendere la Lourdite”Il vero miracolo è la pace in tutti e l’abbandono degli affanni quotidiani

La prima esperienza di una volontaria sul treno bianco

Non so spiegare come mi si sia scatenata la voglia improvvisa diaffrontare il viaggio con il tanto famoso “treno bianco”organiz-zato dall’UNITALSI: è stata così irrefrenabile che mi è venuto da

pensare che si trattava di una chiamata. Certo era che il mio viaggio aLourdes non lo immaginavo per me stessa, ma il mio desiderio era an-darci per accompagnare chi non poteva andare in maniera autono-ma. La paura mi è venuta il giorno prima di partire, quando stiravo ladivisa che avrei indossato in quei giorni di permanenza e di servizio aLourdes. La mia paura era quella di non riuscire a fare bene quelloper cui ero stata chiamata, e mi rassicuravo dicendomi che non sarei stata sola e che avreisempre avuto l’umiltà di chiedere ciò che dovevo fare a chi era più esperto di me. Quellapaura che attanagliava il mio stomaco è durata fino a che non ho incontrato lo sguardo delmio primo malato da accudire ed è stato così semplice farlo che non ho dovuto nemmenochiedere consiglio, era tanto naturale e semplice che mi veniva spontaneo muovermi comese già avessi anni di esperienza sulle spalle. Arrivati a Lourdes si respira subito un’aria di pacee di serenità che non credo si possano trovare altrove. L’unica cosa che ti tiene ancorata allarealtà sono i volti sofferenti di quelle persone che sono state meno fortunate di te, ma nono-stante tutto accompagni quei tuoi fratelli con le tue gambe davanti alla Grotta con senti-menti di sofferenza e di speranza e quei grazie che ti vengono detti da quei tuoi amici sonola ricompensa per la fatica che ogni giorno affronti. E pensi che alla fine sono loro che aiuta-no te ad andare avanti con il loro sorriso e la loro serenità. Davanti alla Grotta Santa tutti,ma proprio tutti si inchinano davanti all’imponenza e alla semplicità di quel luogo così San-to. Regna un silenzio dove ti senti così tranquillo di pregare, e tutto intorno a te tace, si am-mutolisce il torrente, il rumore del vento e le anatre si alzano in volo ma in silenzio, come seanche la natura si inchinasse per rispettare quel posto privilegiato da Maria. A Lourdes sonoavvenute tante guarigioni inspiegabili, ma per me il vero miracolo è che tutti anche le perso-ne sofferenti lasciano dietro di se affanni, preoccupazioni e sofferenza. Anche se i motivi del-la partenza sono diversi in ciascuno di noi, la cosa comune quando torniamo a casa è averenel nostro cuore una fede diversa che ci rende sereni nell’anima. L’augurio più bello che mi èstato fatto al momento della partenza da una “Dama” con alle spalle innumerevoli viaggi aLourdes, è stato questo: “Cara, spero che anche a te venga la Lourdite, questa è una malattiadi cui non ci si può liberare”. Paola Mastracci

L’ECONOMIA DELL’AZZARDO IN ITALIA

QUANTO SPENDONO GLI ITALIANI PER GIOCARE?

500 Euro l’anno: la spesa di ogni italiano per i giochi; è ilprimato mondiale. 20 euro a settimana è quanto spendeun italiano su tre. Nei casi più gravi, c’è chi tali cifre lespende nel giro di soli cinque minuti arrivando ad indebi-tarsi per dare spazio ad una vera propria dipendenza cheva curata. Oltre 47,5 miliardi di euro sono stati spesi nel2008 tra giochi, concorsi, lotterie e scommesse. Una cifracresciuta del 14,4% nel 2009, toccando i 54,4 miliardi.Negli ultimi anni il settore è cresciuto del 348%. I giochida tabaccheria sono quelli più diffusi: oltre la Lottomati-ca, l’impennata di vendite è registrata dai Gratta&Vinci..Più di 16 mila le ricevitorie, i “corner” e le sale scommes-se (superano il numero degli uffici postali). Il gioco rap-presenta una delle più importanti voci in entrata nel bi-lancio dello Stato. Piuttosto che prelevare molto da po-chi, si preleva poco da molti, soprattutto dalle fasce eco-nomicamente più deboli della popolazione. Il fisco trat-tiene il 5,5% in media su ogni puntata, a cui vanno ag-giunte le tasse sull’indotto.

della società e dei più de-boli. Chiediamo anche alleistituzioni di prendere co-

scienza del problema e far-sene carico, perché esso mi-nerà ancora di più la fami-

glia, fulcro e base portantedella società. * presidente provinciale del MCL (Mo-vimento Cristiano Lavoratori)

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VVIITTAA DDII CCOOMMUUNNIITTAA,,Anno XI

Numero 6 5555

Trecentosessantacinquegiorni e più. A volte misembra che siano sci-

volati, passati davanti e at-traverso me come vento; al-tre volte, invece, ho paurache se le giornate continue-ranno ad essere così lentearriverò a stancarmi di vive-re. Dipende dai periodi,dalle sensazioni, dalla tri-stezza, dalla gioia. La veritàè che il tempo è “incorrutti-bilmente inesorabile”. Va così come deve andare enoi siamo in balia di esso,incapaci, inetti. Allora, ten-tiamo di fare qualcosa, fin-giamo di stare bene e di ac-contentarci di quello cheLui ci pone davanti. Arrivia-mo ad auto-convincerci diessere paghi ma in realtàanche la felicità è gestita daLui. “La felicità appartiene altempo, non al luogo” dice-va Jim Morrison e aggiun-geva: “Se sei triste non tor-nare dove sei stato felice”.Così il primo maggio diquest’anno sono andato,insieme ad altri trenta amici(“amici” è nell’accezionevera del termine), sul Mon-te Rotonaria. C’ero già stato, ma essere lìnel giorno del primo anni-versario è stato diverso. Piùdoloroso per la ricorrenza,ma sarebbe stato amaroovunque. L’ho fatto peravere un po’ di quel maleche mi manca. Dovevo farlaanch’io la “fondamentalepasseggiata in montagna”di un anno fa, ma uno sipuò alzare presto il primo

Dopo un anno Giorgio torna a parlare del padre

di Giorgio ASTREI

maggio? Quante volte lorimpiango. Forse non sarebbe successoniente o forse sarebbe suc-cesso a me o sarebbe anda-to tutto alla stessa maniera;però ci sarei stato.Lì, nel mezzo di un boscocosì fitto capace di impedi-re un anno prima all’elicot-tero di atterrare o di farscendere qualcuno, mi sonoseduto, solo, affianco allacroce di legno. Avevo giàgettato abbastanza lacrime,ero più tranquillo, per ri-pensare ai momenti passatiinsieme. Lo faccio spesso,

ma desideravo veramentefarlo lì. Ho iniziato a ricor-dare: gioia, sorrisi, paure elacrime. La gioia era quelladi stare insieme; il sorrisoera strettamente collegatoalla gioia, poteva venir pri-ma o dopo di essa; paurane avevo quando mi guar-dava dall’alto in basso conquell’espressione che sololui sapeva fare... ne avevoquando sapevo di aver fat-to qualcosa che non anda-va, e anche se parlavamo ditutt’altro in me c’era sem-pre il terrore che scoprissequalcosa, fino a quando

non mi “costituivo”; ne hoavuta nel pomeriggio delprimo maggio. Poi solo lacrime. Lacrimeche ogni tanto tornano,fanno male, ma ricordano:gioie, sorrisi, momenti feli-ci, pensieri felici, amore,scherzi, baci, anche dueschiaffi, che vorrei riavere,vorrei averne altri perchène ho ancora bisogno. Manon si può. Posso ricordareperò: chiudere gli occhi,pensare alla gioia di stareinsieme, poi al suo sorriso,ed al mio dopo il suo.Adesso ho paura… lacrime.

GGiiaannnnii AAssttrreeii::nneell rriiccoorrddooddeell ffiigglliioo “Gioia, sorrisi, paure e lacrime”

Si è svolto a S. Benedetto del Tronto (AP) adaprile, il 34° Convegno Nazionale delle CaritasDiocesane dal titolo: “EDUCATI ALLA CARITÀNELLA VERITÀ - Animare parrocchie e ter-ritori attraverso l’accompagnamento edu-cativo”. Presenti 180 Diocesi da tutta Italiacon circa 600 delegati partecipanti. Il convegnoha portato a sintesi un cammino di riflessionee confronto di questo anno pastorale ed è sta-to occasione per individuare e costruire alcunelinee e progettualità attraverso il contributodei relatori. Tra questi S.E. Mons. Franco GiulioBrambilla, che si è occupato dei “GESTI di amo-re per l’uomo di oggi”, Salvatore Currò che in-vece ha trattato le “PAROLE di amore per l’uo-mo di oggi”, Goffredo Boselli, monaco di Boseche ci ha guidati a riflettere sui “SEGNI di amo-re per l’uomo di oggi”. Punto di sintesi è statala dimensione educativa riferita alle tre com-ponenti della Carità, della Catechesi e della Li-turgia. Il convegno, ha assunto anche caratterepratico-operativo, ha previsto momenti di ri-flessione, confronto e dibattito su tematiche diattualità che interpellano il cristiano. Agire nelquotidiano, sporcarsi le mani con i poveri, pro-

gettare insieme le risposte e riflettere sul sensodi quello che si fa, di che cosa cambia nella vitadegli ultimi e della comunità che li accoglie: so-no orizzonti che si aprono percorrendo la viadella prossimità del servizio e del dono di sé.La “PEDAGOGIA DEI FATTI” ci può e deve gui-dare nel nostro “impegno di Carità”: l’atten-zione educativo si pone come obiettivo per lacrescita di ogni persona e dell’intera comunitàcristiana attraverso esperienze concrete e si-gnificative. I testimoni considerati nei giorni diconvegno sono stati: Mons. Oscar Romero, donCarlo Gnocchi, don Lorenzo Milani, don PinoPuglisi e don Primo Mazzolari. Una frase diquest’ultimo può ben definire il nostro compi-to nella Chiesa di oggi: “… dove è la tempestadelle idee, delle passioni, della libertà, dove simatura l’umanità di oggi e dove si preparaquella di domani, la Chiesa non può mancare”.Grazie a S.E. Mons. Giuseppe Merisi, Presiden-te di Caritas Italiana, per la sua presenza conti-nua ed assidua e un grazie speciale a don Vit-torio Nozza, Direttore di Caritas Italiana, per lecapacità e l’entusiasmo che ogni volta riesce atrasmetterci nell’essere Caritas.

LLEE CCAARRIITTAASS IITTAALLIIAANNEE SSII SSOONNOO DDAATTEE AAPPPPUUNNTTAAMMEENNTTOO NNEELLLLEE MMAARRCCHHEEdi Anna Rita PICA - Chiara CAMPOLI - Bruno BATTISTI

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Il 24 aprile 2010, nell’Aula Paolo VI, il Santo Pa-dre Benedetto XVI ha incontrato i partecipantial Convegno nazionale “Testimoni digitali. Volti

e linguaggi nell’era crossmediale”, promosso dal-la Conferenza Episcopale Italiana. Pubblichiamodi seguito il discorso che il Papa rivolge ai presen-ti.

Eminenza,Venerati Confratelli nell’episcopato,cari amici,

sono lieto di questa occasione per incontrarvi e conclu-dere il vostro convegno, dal titolo quanto mai evocati-vo: “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era cros-smediale”. Ringrazio il Presidente della Conferenza Epi-scopale Italiana, Cardinale Angelo Bagnasco, per le cor-diali parole di benvenuto, con le quali, ancora una vol-ta, ha voluto esprimere l’affetto e la vicinanza dellaChiesa che è in Italia al mio servizio apostolico. Nellesue parole, Signor Cardinale, si rispecchia la fedele ade-sione a Pietro di tutti i cattolici di questa amata Nazio-ne e la stima di tanti uomini e donne animati dal desi-derio di cercare la verità.Il tempo che viviamo conosce un enorme allargamentodelle frontiere della comunicazione, realizza un’ineditaconvergenza tra i diversi media e rende possibile l’inte-rattività. La rete manifesta, dunque, una vocazioneaperta, tendenzialmente egualitaria e pluralista, manel contempo segna un nuovo fossato: si parla, infatti,di digital divide. Esso separa gli inclusi dagli esclusi e vaad aggiungersi agli altri divari, che già allontanano lenazioni tra loro e anche al loro interno. Aumentanopure i pericoli di omologazione e di controllo, di relati-vismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nellaflessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gio-

co delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado edi umiliazione dell’intimità della persona. Si assiste al-lora a un “inquinamento dello spirito, quello che rendei nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta anon salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia…”(Discorso in Piazza di Spagna, 8 Dicembre 2009). Que-sto Convegno, invece, punta proprio a riconoscere i vol-ti, quindi a superare quelle dinamiche collettive chepossono farci smarrire la percezione della profonditàdelle persone e appiattirci sulla loro superficie: quandociò accade, esse restano corpi senz’anima, oggetti discambio e di consumo.Come è possibile, oggi, tornare ai volti? Ho cercato diindicarne la strada anche nella mia terza Enciclica. Essapassa per quella caritas in veritate, che rifulge nel voltodi Cristo. L’amore nella verità costituisce “una grandesfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e perva-siva globalizzazione” (n. 9). I media possono diventarefattori di umanizzazione “non solo quando, grazie allosviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità dicomunicazione e di informazione, ma soprattuttoquando sono organizzati e orientati alla luce di un’im-magine della persona e del bene comune che ne rispet-ti le valenze universali” (n. 73). Ciò richiede che “essi

Il discorso di Papa Benedetto

TToorrnnaarreeaaii vvoollttii

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siano centrati sulla promozione della dignità delle per-sone e dei popoli, siano espressamente animati dallacarità e siano posti al servizio della verità, del bene edella fraternità naturale e soprannaturale” (ibid.). Sola-mente a tali condizioni il passaggio epocale che stiamoattraversando può rivelarsi ricco e fecondo di nuoveopportunità. Senza timori vogliamo prendere il largonel mare digitale, affrontando la navigazione apertacon la stessa passione che da duemila anni governa labarca della Chiesa. Più che per le risorse tecniche, purnecessarie, vogliamo qualificarci abitando anche que-sto universo con un cuore credente, che contribuisca adare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo dellarete.È questa la nostra missione, la missione irrinunciabiledella Chiesa: il compito di ogni credente che opera neimedia è quello di “spianare la strada a nuovi incontri,assicurando sempre la qualità del contatto umano el’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali;offrendo agli uomini che vivono questo tempo «digita-le» i segni necessari per riconoscere il Signore” (Mes-

saggio per la 44a Giornata mondiale delle comunica-zioni sociali, 16 maggio 2010). Cari amici, anche nellarete siete chiamati acollocarvi come “animatori di co-

munità”, attenti a “preparare cammini che conducanoalla Parola di Dio”, e ad esprimere una particolare sen-sibilità per quanti “sono sfiduciati ed hanno nel cuoredesideri di assoluto e di verità non caduche” (ibid.). Larete potrà così diventare una sorta di “portico dei gen-tili”, dove “fare spazio anche a coloro per i quali Dio èancora uno sconosciuto” (ibid.).Quali animatori della cultura e della comunicazione,voi siete segno vivo di quanto “i moderni mezzi di co-municazione siano entrati da tempo a far parte deglistrumenti ordinari, attraverso i quali le comunità eccle-siali si esprimono, entrando in contatto con il proprioterritorio ed instaurando, molto spesso, forme di dialo-go a più vasto raggio” (ibid.). Le voci, in questo campo,in Italia non mancano: basti qui ricordare il quotidianoAvvenire, l’emittente televisiva TV2000, il circuito ra-diofonico inBlu e l’agenzia di stampa SIR, accanto aiperiodici cattolici, alla rete capillare dei settimanali dio-cesani e agli ormai numerosi siti internet di ispirazionecattolica. Esorto tutti i professionisti della comunicazio-ne a non stancarsi di nutrire nel proprio cuore quellasana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvi-cinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto.Vi aiuterà in questo una solida preparazione teologicae soprattutto una profonda e gioiosa passione per Dio,alimentata nel continuo dialogo con il Signore. Le Chie-se particolari e gli istituti religiosi, dal canto loro, nonesitino a valorizzare i percorsi formativi proposti dalleUniversità Pontificie, dall’Università Cattolica del SacroCuore e dalle altre Università cattoliche ed ecclesiasti-che, destinandovi con lungimiranza persone e risorse. Ilmondo della comunicazione sociale entri a pieno titolonella programmazione pastorale.Mentre vi ringrazio del servizio che rendete alla Chiesae quindi alla causa dell’uomo, vi esorto a percorrere,animati dal coraggio dello Spirito Santo, le strade delcontinente digitale. La nostra fiducia non è acritica-mente riposta in alcuno strumento della tecnica. La no-stra forza sta nell’essere Chiesa, comunità credente, ca-pace di testimoniare a tutti la perenne novità del Risor-to, con una vita che fiorisce in pienezza nella misura incui si apre, entra in relazione, si dona con gratuità.Vi affido alla protezione di Maria Santissima e deigrandi Santi della comunicazione e di cuore tutti vi be-nedico.(www.vatican.va)

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Giugno 20108888 VVIITTAA DDII CCOOMMUUNNIITTAA

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La comunità religiosa del-le Suore Cistercensidella Carità, fondata

nel Settecento da MadreClaudia De Angelis in Ana-gni, ha il piacere di condivi-dere con la Chiesa e la so-cietà civile uno dei suoi ulti-mi impegni missionari, rea-lizzatosi il 10 aprile scorsocon l’inaugurazione dellaScuola Primaria in Ugan-da, nel villaggio di Rwenko-be vicino alla città di Hoima.In questi 12 anni di presen-za in Africa si è cercato didare risposte significative al-le necessità formative e reli-giose anche grazie alla vo-cazione e al lavoro di unadecina di suore ugandesi,che continuano a fiorire digiorno in giorno. In tuttoquesto il Signore ha manife-stato le sue meraviglie. Unaparte della foresta diRwenkobe, abitata un tem-po solo da scimmie, si è tra-sformata in un’oasi di pacespirituale e vigore umanoper contribuire al progressoe alla crescita dell’uomo edella donna di oggi, ed è di-ventata il bellissimo “St. Jo-seph’s Centre for HumanDevelopment ”. La suorapioniera, che ha dato inizioalla missione, è sr. Maria En-rica Rinaldi la quale, con ilsostegno della sua Congre-gazione e di molti benefat-tori, ha costruito tutto pianpiano con severo gusto econ il fine essenziale dell’u-tilità concreta: la casa dellesuore, due ostelli per gliospiti con efficienti servizi euna stupenda Chiesa. La fi-

Grazie alle suore cistercensi di Anagni inaugurata unascuola primaria in Uganda

di Federica ROMITI

nalità principale delle SuoreCistercensi della Carità è sta-ta e resta però l’attività edu-cativa condotta attraversola Scuola Materna “MotherClaudia”, che ogni mattinaè frequentata da 170 bimbicon ottimi risultati formati-

vi. Ora con l’apertura dellaScuola Primaria i bambinidella materna potrannocontinuare il loro percorsoeducativo nello stesso com-plesso missionario con unastruttura confortevole sottoogni punto di vista. La rea-lizzazione della scuola ele-mentare è stata possibilegrazie alla generosità e allabontà di cuore dell’inse-gnante Teresa Piemontesedi Monte Sant’Angelo (Fog-gia), che con la sua donazio-ne vuole rendere gloria aDio sotto l’azione dello Spi-rito d’Amore in ricordo disuo fratello sacerdote Mat-teo Piemontese e dei suoiamati genitori, dotati di un

alto valore cristiano, radica-to nell’amore di Dio e delprossimo. La cerimonia di inaugura-zione è stata concelebratada sette sacerdoti ugandesie presieduta dal vicario ge-nerale diocesano Gnaccatu-ra di Hoima. Sr. Carmela Ro-stirolla, Consigliera Genera-le, era presente in rappre-sentanza di Madre EugeniaPavanetto, superiora gene-rale delle Suore Cistercensidella Carità. Vi erano ancheuna rappresentanza delgruppo missionario “SanMichele” di Monte Sant’An-gelo e del gruppo missiona-rio di Manfredonia (Foggia).

DDaa AAnnaaggnnii aadd HHooiimmaappaassssaannddoo ppeerr ll’’aammoorree

ee llaa ccuullttuurraaTanti i benefattori che hanno reso possibile l’evento

• FEDE E RAGIONE - 6 •

GENESI - Il paradiso terrestre: significati e simbolismi di Paolo FIORENZA

Con l’articolo di questo mese siamo giunti al terzo punto fondamentale dei primi libridella genesi. Dopo la creazione del mondo e la creazione dell’uomo, affrontiamo ora un

tema che ci introdurrà a capire meglio il concetto del peccato originale, che sarà l’argo-mento conclusivo di questa nostra prima serie di articoli sul rapporto fede e ragione incen-trato sulla Genesi. Voglio solo per inciso comunicare che questa serie di articoli sarannoraccolti in una dispensa che ne approfondirà i temi - qui trattati più rapidamente per ra-gioni di spazio - e che verrà messa gratuitamente a disposizione di chi ne fosse interessato.Perché - dicevo - trattare il concetto di paradiso terrestre ci porta a meglio compren-dere poi il tema del peccato originale: perché esso è come lo sfondo di questa rappre-sentazione drammatica, è la scena non solo entro la quale il dramma si svolge ma che neprecisa i contorni. Intanto cos’è questo paradiso terrestre di cui si parla. La cultura biblicanon è stato un monolite impermeabile alle culture vicine, anzi - soprattutto nella Genesi -molto ha tratto da esse pur trasfigurandone il significato. Nell’antica Persia il termine “pa-radiso” stava ad indicare il giardino nel quale il re ammetteva solamente i suoi intimi edera un luogo di delizie di cui il re offriva il godimento ai suoi amici. Per Adamo ed Eva (l’u-manità) dunque essere nel paradiso terrestre significava avere intimità con Dio, godere del-la sua presenza e della sua amicizia. In senso traslato possiamo anche dire che il paradiso -così inteso - era anche e soprattutto un luogo dell’anima, uno stato di grazia dell’umanitàprimitiva in armonia con Dio e con il cosmo. La cacciata dal paradiso - a seguito del peccato- significa dunque la perdita di questa armonia e di questa grazia.È quello che vedremo nell’ultimo appuntamento.

6 - continua -

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Anno XINumero 6 9999VVIITTAA DDII CCOOMMUUNNIITTAA

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IImmmmiiggrraattii,, vvooccee ddeell vveerrbboo

aaccccoogglliieerree

Al Leoniano una tavola rotonda nella Settimana Sociale

di Francesco SORDO

Solo l’esperienza della precarietà ci aiuta a comprendere chi è straniero

Accoglienza, conoscen-za, zero pregiudizi masoprattutto capacità di

relazioni nuove. Sono questialcuni dei temi che l’AzioneCattolica di Anagni-Alatriha affrontato in occasionedell’annuale convegno perla Settimana Sociale, orga-nizzato in collaborazionecon l’ufficio diocesano per lapastorale sociale e il gruppoper il Progetto Culturale. Unappuntamento che è andatoin scena Sabato 10 Aprile alcollegio Leoniano di Anagnie che ha avuto come rifles-sione uno dei fenomeni piùscottanti della società italia-na contemporanea, l’immi-grazione. Una tavola roton-da a più voci, guidata dalnostro vescovo S.E. LorenzoLoppa e da mons. Dome-nico Pompili, sottosegreta-rio della CEI, che ha presospunto dal detto evangelico“Ero forestiero e mi aveteaccolto”.Due ore di confronto serratoe di dibattito che ha interes-sato l’assemblea dei presen-ti, intorno ad un tema spino-so socialmente che interrogala Chiesa e i cristiani “spessoaccusati di buonismo su que-sto tema” ha esordito mon-signor Pompili, ma la cui po-sizione non può che essererivolta all’atteggiamento in-teriore dell’accoglienza e deldialogo. Un dialogo nonteorico però, ha ricordato ilVescovo Loppa, ma “un in-contro improntato al fare”,ovvero che passi attraversola concreta capacità di incon-tro delle comunità cristianecon persone che provengo-no da mondi e culture diver-se. Sull’“autenticità di rela-zioni nuove da costruire in

questo mondo ormai globa-le” ha insistito con efficaciamons. Giancarlo Perego,direttore della fondazioneMigrantes, che ha tracciatoalcune linee verso cui puòprocedere il dialogo conqueste persone che proven-gono da paesi lontani, e lacui mobilità non è evitabilema è un fenomeno storicoepocale: “Esercitarsi nella ca-pacità di costruire luoghi au-tentici di relazioni nuove è lamiglior forma di dialogo perla comprensione dell’altro”.È una sfida certo, che sem-bra enorme in questa faseche viviamo.Ma è la sfida che dal conve-gno l’AC diocesana ha intesoraccogliere e lanciare allaChiesa locale e alla società!“Non si possono comprende-re e accogliere le ragioni dichi non si conosce”. È statoquesto invece il leit motiv diun altro intervento autore-vole, quello del dottor Fran-co Pittau, direttore del Dos-sier sull’immigrazione, cheha snocciolato dati economi-ci e sociali che hanno dise-gnato il mondo, quello del-l’immigrazione in Italia, viva-ce economicamente e checontribuisce alla ricchezzanazionale e dei paesi di pro-venienza. Toccante anchel’intervento del professorLuigi Vari, sacerdote docen-te di Sacra Scrittura che haripercorso l’idea di forestierosecondo la Bibbia, eviden-ziando come solo l’espe-rienza della precarietà edella migrazione fa com-prendere realmente chi èlo straniero. Successe così alpopolo Ebraico nell’AnticoTestamento ma è successocosì anche per molti italiani,come ricordava Papa Leone

XIII in un suo scritto dedicatoai migranti italiani che parti-vano per le Americhe in cer-ca di un futuro. Superaredunque i pregiudizi che lasocietà spesso ci consegnasugli immigrati con la cono-scenza personale e sociale

del fenomeno e con lo stileche è stato di Gesù, il qualeha promesso il Regno pro-prio a chi saprà riconoscerloed accoglierlo in chi parlauna lingua diversa, ha unadiversa religione e aspira adun futuro migliore per sé e ipropri figli.

In, con, tra: tre propo-sizioni semplici che ser-vono a mettere in rela-zione altre parole perarticolare un discorso,tra paroline che insiemeci restituiscono il sensopieno di ogni relazione:l’INCONTRO. Ragazzi,giovani, adulti dell’A-zione Cattolica di Ana-gni-Alatri il 2 giugnoad Anagni, tutti insie-me per un incontro spe-ciale, una festa per tuttidove l’INCONTRO è po-sto al centro di ogni at-tività perché colora lavita di ciascuno!Una festa colorata e arricchita dall’incontro dei ragazzi del-l’ACR con i loro coetanei, dall’incontro dei giovani con gliabitanti della città, dall’incontro degli adulti con le bellezzeartistico-culturali di Anagni, dall’incontro con la “Bulli e PupiMusic Band” di Fumone, dall’incontro tra le diverse realtà as-sociative della nostra diocesi, dall’incontro con un testimonedi speranza: Vittorio Bachelet, dall’incontro con il Signoreche rende speciale la vita di ciascuno. Quante relazioni oggirimangono superficiali, vuote o addirittura false perché, purincrociandoci non ci si incontra, non si è disposti a mettersi ingioco con e per l’altro, non ci si smuove dal proprio guscioper andare verso l’altro e accoglierlo così com’è. Una festa al-lora, quella della Famiglia dell’AC che vuole ricordare di usa-re le preposizioni giuste “IN CON TRA”per stare gli uni ac-canto agli altri e dar vita ad una relazione che dia un senso alnostro stare insieme, scelto o causale che sia.

Sabrina ATTURO

IN CON TRA Ci Anagni, 2 giugno 2010 - Festa della famiglia di Azione Cattolica

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Giugno 2010

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Offrono opportunità straordinariedi accesso a nuove informazioni,

ma hanno un costo sociale e cultu-rale troppo alto: insieme alla lettura,trasformano il nostro modo di ana-lizzare le cose, i meccanismi dell’ap-prendimento. Passando dalla paginadi carta allo schermo perdiamo lacapacità di concentrazione, svilup-piamo un modo di ragionare più su-perficiale, diventiamo dei pancakepeople, come dice il commediografoRichard Foreman: larghi e sottili co-me una frittella perché, saltandocontinuamente da un pezzo d’infor-mazione all’altra grazie ai link, arri-viamo ovunque vogliamo, ma altempo stesso perdiamo spessoreperché non abbiamo più tempo perriflettere, contemplare. NicholasCarr due anni fa scrisse un suo sag-gio col provocatorio titolo «Googleci sta rendendo stupidi?». JaronLanier, il genio dell’intelligen-za artificiale ha messo in guardiadal collettivismo di Internet che ucci-de la creatività individuale. «Le nuo-ve tecnologie influenzano la struttu-ra del nostro cervello perfino a livel-lo cellulare». La scuola dovrebbeinsegnare a usare con saggez-za le nuove tecnologie. Inrealtà, però, gli educatori e perfino ibibliotecari si stanno abituando all’i-dea che tutta l’informazione e il ma-teriale di studio possano essere di-stribuiti agli studenti in forma digita-le. Dal punto di vista economico hacertamente senso: costa meno. Malimitarsi a riempire le stanze di siste-mi elettronici è miope. Senza librinon solo è più difficile concentrarsi,ma si è spinti a cercare di volta involta su Internet le nozioni fin quiapprese e archiviate nella nostramemoria profonda. La perdita dellamemoria di lungo periodo è il rischiopiù grosso.

“Le Fraschette di Alatri, da campo di concentramento a centroraccolta rifugiati e profughi”, è il titolo del volume di Mario

Costantini e Marilinda Figliozzi a cura dell’A.N.P.C. e realizzato an-che grazie al contributo della Regione Lazio. Il testo ripercorre levicende delle “Fraschette” di Alatri, luogo che dal 1942 al 1944 èstato per migliaia di persone Campo di concentramento organiz-zato dal governo fascista e che, nel dopoguerra, per circa trent’an-ni, fu utilizzato come Centro raccolta profughi per ospitare centi-naia di persone che chiedevano all’Italia un’abitazione e un lavoroper ricominciare a vivere. Una memoria dimenticata non occulteràmai il passato di un luogo ancora vivo: sono proprio quei posti araccontare, ancora oggi, più di 50 anni di storia. Una storia italia-na, certamente, ma anche mondiale: il campo è stato a lungo luo-go di passaggio, uomini delle più diverse nazionalità hanno calpe-stato il territorio nostrano, alla ricerca e nella speranza di ritrovareuna vita migliore, lontana da guerre e sofferenze. Il campo, nato il1° ottobre 1942 come campo di concentramento per civili sloveni,dalmati, croati e anglomaltesi, ha visto il succedersi di altre due fa-si: nel 1946 venne ricostruito e riconvertito in campo di interna-mento per “stranieri indesiderabili”, rifugiati e profughi. Dagli an-ni ’60, prima dell’abbandono totale alle incurie del tempo, vennenuovamente riadattato, diventò un Centro di Raccolta Profughiper gli italiani fino ad allora residenti in Tunisia, Egitto e Libia chedovettero far ritorno in Italia a causa delle nazionalizzazioni intro-dotte dai paesi nordafricani. Il 1976 è stato l’anno in cui, con undecreto ufficiale della Regione Lazio, si sono ufficialmente chiusele porte del campo. Il libro rappresenta un sudato lavoro di ricer-che, affinché il tempo non ingiallisca le pagine di una storia anco-ra vicina.

Il viaggio di istruzione in Sicilia della Scuola Cattolica è finito dapiù di due settimane e ancora non ha smesso di parlare: la forza

della natura e la forza dell’uomo unite insieme sono state unagrande fonte di ispirazione. L’Etna con la sua lava e le sue boccheci ha tolto il respiro. Arrivati sul bordo di questo cono rovesciato ciha chiuso lo stomaco con la bellezza del paesaggio e il pensierosconvolgente che tanta bellezza era stata causa di tanta distruzio-ne. Ci siamo soffermati, allora, a pensare a quanta fatica esso rap-presenti per gli abitanti del luogo e come per loro il concetto dicasa sia diverso dal nostro. Per noi una casa è per sempre, è la si-curezza, è terra ferma. Per loro è… fino a quando non è più. È laterra che trema e scompare per una lingua di lava capricciosa chesoffoca tutto… e allora sono pronti a lasciare ciò che non si puòpiù tenere e a ripartire costruendo una nuova strada per le comu-nicazioni minime e una nuova casa. Per i catanesi vivere con que-sto pensiero è la norma: loro hanno la casa in tasca.Una emozione non minore ci ha causato la vista della valle deitempli di Agrigento. Il pensiero del desiderio dell’uomo di miglio-rarsi, di lasciare traccia di sé, la sua paura di svanire nel nulla e,quindi, la sua tenacia nell’erigere costruzioni sempre più ricche esempre più alte - un po’ come accade ora - mi ha riempito il cuore.Mi ha fatto pensare che siamo piccoli e che il progresso ci ha datomezzi diversi dal passato ma ci ha lasciato le stesse paure e glistessi desideri.Lo stretto di Messina, a mezzanotte, ha poi racchiuso in sé tutte leemozioni: natura e uomo insieme perché il viaggio abbia luogo econ esso la comunicazione e l’incontro tra le terre e tra i popoli.

LE “FRASCHETTE”DI ALATRI

VIAGGIO DIISTRUZIONE INSICILIA

AttualitàII NN TT EE RR NN EE TT C u l tC u l t

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Anno XINumero 6 11111111

ESTATE RAGAZZI

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Se il festival di Cannes ha scelto la pellicola angloamericana Ro-bin Hood per inaugurare la sua edizione del 2010 in realtà le

prime immagini a scorrere sul grande schermo la sera della prémie-re hanno avuto una matrice italiana: l’animazione che apre il filmdi Ridley Scott è stata infatti realizzata da Gianluigi Toccafondo,pittore, illustratore ed animatore dallo straordinario talento, chenegli ultimi anni si è fatto apprezzare con cortometraggi, con pub-blicità e sigle. Le brevi immagini che aprono la nuova versione del-le avventure dell’eroe popolare inglese, per trovare poi spazio piùampio nei titoli di coda, sono state realizzate da Toccafondo in col-laborazione con la società americana di Kyle Cooper, un altro ge-nio nel suo genere, che ha realizzato alcuni dei prologhi più spet-tacolari e immaginifici di Hollywood, dai tempi di Seven fino adAcross the Universe e compreso il logo animato dei film della Mar-vel Comics. La sua idea è basata soprattutto sulla reinterpretazionepittorica, con uno stile di colori iperreali, di alcune sequenze chiavedel film che permettono allo spettatore di rivisitare l’intera vicen-da. Gli arcieri schierati sulle bianche scogliere di Dover, i cavalierialla carica sui destrieri, le lame sguainate e insanguinate e i lupiche si aggirano tra i cadaveri, girati da Ridley Scott, sono stati cosìreinterpretati dalle pennellate di Toccafondo, che li ha trasformatiin momenti di pura poesia.

AttualitàAA MM BB II EE NN TT EE

ROBIN HOOD

Sembrano tele d’arte con-temporanea, invece sono le

immagini satellitari dello sver-samento di petrolio nel Golfodel Messico seguito all’esplo-sione della piattaforma petro-lifera offshore “Deep WaterHorizon”. Fotogrammi che,diffusi dai gestori dei sistemisatellitari, hanno fatto prestoil giro del web. Stiamo aven-do come mai prima d’ora lapossibilità di assistere e valu-tare in tempo reale la portatadi questo scempio (portatache va tristemente aumentan-do, mano a mano che passa iltempo, dagli iniziali 1.000 ba-rili al giorno agli attuali 5.000stimati, e con le falle da tap-pare che sono diventate tre,mentre la marea nera ha giàraggiunto la costa: e aumen-tano le preoccupazioni, vistele difficoltà “tecniche” per ri-solvere la “questione” in tem-pi brevi. BP ha detto che civorranno 90 giorni: un’eter-nità. Una domanda è nellebocche di tutti: è possibile chela tecnologia, così evoluta daportarci il mondo in casa tuttii giorni, sia al tempo stessocosì limitata da non riuscire atappare tre buchi in fondo al-l’oceano? O forse il problemaè solo umano, di chi la tecno-logia non la sa gestire, o la sagestire solo in funzione deiprofitti, senza porsi troppiproblemi sui rischi collegati?In futuro però ai rischi si do-vrà prestare un po’ più di at-tenzione, se non altro vistoche il conto da pagare perquesto “contrattempo” saràpiuttosto elevato, la stima at-tuale del danno solo per ilcomparto pesca ammonta apiù di 2 miliardi di dollari.

DDDDIIIISSSSAAAASSSSTTTTRRRROOOOAAAAMMMMBBBBIIIIEEEENNNNTTTTAAAALLLLEEEEIIIINNNN AAAAMMMMEEEERRRRIIIICCCCAAAA

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