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ABRAZZA LABASILICA DISANPIETRO IN MINIATURA A PUCISCHIA LO SCULTORE DILETTANTE JOŠKO RADIĆ HA REALIZZATO, RICORRENDO ALLA PIETRA ISOLANA, UN’OPERA CHE HA DELL’INCREDIBILE. IL MODELLINO COMPRENDE LE COLONNE, LE STATUE, I CAPITELLI E I RILIEVI DELLA PRINCIPALE CHIESA DEL MONDO CATTOLICO STORIA Pallacanestro. Dražen Petrović è stato semplicemente il migliore Staffan de Mistura: una guerra senza quartiere a tutte le guerre SPORT PERSONAGGI 2|3 4|5 6|7 L’antico sistema fognario di Ragusa è un autentico gioiello tutto da scoprire Gli scavi archeologici effettuati tra il 1982 e il 2007 hanno portato alla luce la rete di canalizzazione medievale risalente al XIII secolo, costruita per prevenire le frequenti epidemie. Sebenico ha dato i natali al migliore cestista europeo di tutti i tempi, l’indimenticabile Dražen Petrović, un giocatore che dopo aver dominato nel Vecchio continente, ha saputo imporsi anche oltreoceano, nell’NBA. Al pluridecennale funzionario dell’ONU, inviato speciale in Siria dal 2014 al 2018, conferito il premio dell’Istituto per gli studi di politica internazionale. Profondo il suo legame con la Dalmazia. dalmazia l a V oce del popolo www.lavoce.hr Anno 15 • n. 128 sabato, 6 aprile 2019

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A BRAZZA LA BASILICA DI SAN PIETRO IN MINIATURAA PUCISCHIA LO SCULTORE DILETTANTE JOŠKO RADIĆ HA REALIZZATO, RICORRENDO ALLA PIETRA ISOLANA, UN’OPERA CHE HA DELL’INCREDIBILE. IL MODELLINO COMPRENDE LE COLONNE, LE STATUE, I CAPITELLI E I RILIEVI DELLA PRINCIPALE CHIESA DEL MONDO CATTOLICO

STORIAPallacanestro. Dražen Petrović è stato semplicemente il migliore

Staffan de Mistura: una guerra senza quartiere a tutte le guerre

SPORT PERSONAggI

2|3 4|5 6|7L’antico sistema fognario di Ragusa è un autentico gioiello tutto da scoprireGli scavi archeologici effettuati tra il 1982 e il 2007 hanno portato alla luce la rete di canalizzazione medievale risalente al XIII secolo, costruita per prevenire le frequenti epidemie.

Sebenico ha dato i natali al migliore cestista europeo di tutti i tempi, l’indimenticabile Dražen Petrović, un giocatore che dopo aver dominato nel Vecchio continente, ha saputo imporsi anche oltreoceano, nell’NBA.

Al pluridecennale funzionario dell’ONU, inviato speciale in Siria dal 2014 al 2018, conferito il premio dell’Istituto per gli studi di politica internazionale. Profondo il suo legame con la Dalmazia.

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dalmazia2 sabato, 6 aprile 2019 la Vocedel popolo

STORIA di Ivana Precetti

L’ANTICO SISTEMA FOGNARIO DI RAGUSA, UN TESORO TUTTO DA SCOPRIRE

UN CICLO DI SCAVI EFFETTUATI TRA IL 1982 E IL 2007 HA PORTATO AL RINVENIMENTO DEI RESTI DELLA RETE DI CANALIZZAZIONE MEDIEVALE, COSTRUITA VERSO LA FINE DEL XIII SECOLO CON L’OBIETTIVO DI REPRIMERE LA PESTE, IL COLERA E ALTRE MALATTIE INFETTIVE DELL’EPOCA, E MANTENUTASI FINO AD OGGI

Ragusa (Dubrovnik), con la sua affascinante e travagliata storia, è ancora oggi tutta una scoperta.

Sorta agli inizi del VII secolo sotto l’autorità bizantina, fu libero Comune dal XII secolo; dal 1205 al 1358 fu dominata da Venezia, infine fu una libera e prospera Repubblica marinara. La favorevole posizione geografica fece di Ragusa un centro molto attivo nel commercio del Mediterraneo e dei Balcani, favorendo così una rimarchevole attività artistica durante tutto il Medioevo. Nel 1667 la città fu gravemente danneggiata da un forte terremoto, che distrusse vari edifici.Il primo nucleo cittadino fu costituito dai profughi della romana Epitauro (odierna Cavtat) e da altri abitanti in gran parte slavi. La città alla fine del X secolo arrivò a includere all’interno delle mura tutta

| Pavimentazione in mattoni nel Convento di Sant’Andrea

| Qui e a destra, i recenti lavori di depurazione del sistema

Sei secoli dopo...Gli illustri maestri ragusei, a cui si deve lo sviluppo della città, non immaginavano di certo che sei secoli dopo la loro opera, Ragusa (Dubrovnik) avrebbe accolto mediamente all’anno la bellezza di 350.000 persone, tra abitanti locali e turisti provenienti da tutto il mondo, curiosi di conoscere e ammirare le sue bellezze storico-culturali. Una tale concentra-zione di gente in città influisce logicamente anche sul sistema fognario e sulla sua effi-cacia. Un motivo in più per dare vita, circa un anno fa, a un vasto intervento (il primo in assoluto di queste dimensioni) di depu-razione della vecchia canalizzazione, resosi assolutamente necessario, oltre che urgente. Dopo l’OK del Dipartimento per il restauro e la conservazione dei beni del patrimonio storico-culturale, l’investitore, la municipaliz-zata Vodovod, ha ingaggiato per l’esecuzione dei lavori l’azienda spalatina Anafora, i cui operai hanno lavorato per lo più di notte, vista l’affluenza di persone in città nel corso di tutto l’anno. Un’opera portata a termine nel migliore dei modi, che ha contribuito a “rispolverare” la storia dell’antico sistema fo-gnario di Ragusa.

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la penisola su cui sorge, con la cattedrale e la residenza del governatore. L’originario insediamento, tuttora riconoscibile nella zona caratterizzata da uno sviluppo ortogonale del sistema viario, è documentato da uno statuto del 1272. Ed è proprio alla fine del XIII secolo che risale il suo, per quell’epoca, modernissimo sistema fognario, presente tuttora e tornato alla… ribalta durante una serie di scavi archeologici effettuati tra il 1982 e il 2007, con l’ausilio di oltre 180 sonde, nel nucleo storico della città. L’opera era stata resa possibile grazie a un decreto del Dipartimento per il restauro e la conservazione dei beni storico-culturali di Ragusa, il quale aveva stilano una serie di direttive per la ristrutturazione dell’impianto basate sulle precedenti ricerche poggiate in gran parte sui documenti e atti conservati dall’Archivio

di Stato locale. Da questi si evince che Ragusa è stata la prima città medievale europea a curare e promuovere, già nel XIII secolo, l’importanza del codice etico. Nel suo saggio “Il sistema fognario medievale di Ragusa”, l’esperto di restauri e conservazione dei beni storico-culturali, Ivica Žile, descrive con autorevolezza l’ampio intervento effettuato nel corso del suddetto trentennio nel nucleo storico della città, che ha portato a rilevanti scoperte sull’antica civiltà ragusea. Periodo di fiorituraIl medioevo fu per Ragusa un periodo più che fiorente che le portò grandi progressi e sviluppi, soprattutto nel campo ecologico, concetto all’avanguardia per l’epoca di cui stiamo parlando. Il codice etico si manifestò soprattutto nei decreti cittadini relativi alla pavimentazione del centro cittadino, alla giusta inclinazione

dei rivestimenti per favorire il deflusso delle acque di scolo, ma anche nelle disposizioni sulla costruzione e sulla manutenzione delle fosse biologiche e dei canali di drenaggio il cui scopo principale era reprimere la peste, il colera e altre malattie infettive insorte come conseguenza delle scarse condizioni igieniche, che determinarono la loro rapida diffusione con conseguenze disastrose per la civiltà dell’epoca. Lo Statuto di Ragusa codificato nel 1272 e le sue modifiche e integrazioni nei secoli XIV e XV, definiscono pertanto i parametri per la costruzione di una fossa biologica e di canali di drenaggio delle acque impure, da edificare dinanzi o sotto le abitazioni e con obbligo di pulitura ogni dieci anni a carico dei proprietari delle case, al fine di scongiurare il loro straripamento. Come già detto prima, i ragusei del periodo furono inoltre tra i primi a risolvere

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dalmazia 3sabato, 6 aprile 2019la Vocedel popolo

| Pavimentazione in pietra in stile rinascimentale

Una città dal travagliato ma affascinante passatoFondata dai profughi della vicina Epitauro, devastata nel 615 durante le migrazioni di popoli, Ragusa (Dubrovnik), città dalmata multiculturale, fu a lungo sotto la sovranità bizantina. Intorno all’anno 1000 accettò la giurisdizione veneziana, pur continuando formalmente a far parte dell’Impero bizantino. Minacciata dalle realtà statuali circostanti, nel 1192 tornò a Bisanzio e quindi nel 1205 a Venezia, sotto cui rimase sino al 1358, salvo il dominio di Federico II (1232-36). Nel 1358 formalmente passò all’Ungheria, mantenendo di fatto la sua autonomia; dopo la morte di Luigi I il Grande (1382), riuscì quasi a sottrarsi al vincolo di dipendenza, evento che divenne definitivo nel 1410. Roccaforte di una libertà armata, fra il XV e il XVI secolo raggiunse il massimo benessere economico. Nel 1526, dopo la battaglia di Mohács si sottopose alla sovranità dei Turchi. Ma, nonostante il fiorire del commercio, poco dopo cominciò la lenta decadenza della città. Nel 1806 fu

incorporata, con tutta la Dalmazia, al Regno italico. Passata a far parte delle Province Illiriche, il Congresso di Vienna l’attribuì all’Austria, che la tenne sino al 1918, quando entrò a far parte della Jugoslavia. Annessa durante la Seconda guerra mondiale allo Stato croato vassallo delle potenze dell’Asse, nel 1946, con la nascita della Federazione jugoslava divenne parte integrante della Repubblica di Croazia. Durante il confluitto seguito alla dissoluzione dell’ex Jugoslavia subì l’assedio e i bombardamenti dell’Armata federale e dei paramilitari serbi.La sua parte più antica sorge su un’isoletta, separata dalla terraferma da uno stretto canale, poi riempito a formare l’arteria maggiore (lo Stradun o lo Stradone) intersecata ortogonalmente da vie più piccole (calli). Lungo la costa sorgono i quartieri moderni di Gravosa (Gruž), Ploče e Pile. Nel 1667 fu quasi rasa al suolo da un terremoto. Oggi è un importante centro turistico e di cultura.

| Una fossa biologica

canalizzazione di via Andrović, per proseguire sotto la Bunićeva poljana attraverso Porta del Ponte e fino al porto cittadino. Dalla punto più meridionale di Ragusa, in cui si ergono la Cattedrale di Santa Maria e il Collegio dei Gesuiti, i canali di drenaggio si protraggono lungo le mura cittadine meridionali.Tale regolamentazione è stata applicata già nel 1436 e si è mantenuta, con qualche piccola modifica, fino al giorno d’oggi. Il sistema fognario medievale di Ragusa è uno dei più antichi in Europa e per la sua costruzione all’avanguardia

con soluzioni tecniche innovative per l’epoca rientra di diritto nel patrimonio storico della città come uno dei suoi beni più preziosi. Il sistema di canalizzazione odierno poggia, infatti, in gran parte sulla vecchia rete che negli anni, per ovvi motivi, è stata sottoposta a minuziosi interventi di ammodernamento volti a deviare il corso delle acque di scarico facendole uscire dal nucleo storico ed evitando così il loro riversamento nel porto cittadino, ovvero nel mare che circonda il forte Boccale.

| Il canale in Držičeva poljana... | Uno dei canali modificato nel XIX secolo

| Mattoncini anche nei pressi della Colonna di Orlando

| ... prosegue per centinaia di metri

sistematicamente il deflusso delle acque piovane e già verso gli inizi del XIV secolo iniziarono con la pavimentazione delle vie cittadine, in un primo momento con la posa di mattoncini e più tardi di lastre di pietra. I primi tentativi di pavimentazione risalgono all’anno 1328 circa e la ristrutturazione dei rivestimenti al 1390. Quella dello Stradun venne decretata nel 1360, iniziando da Porta Deretana per proseguire verso la Cattedrale, attraversare la Piazza principale e arrivare infine in Porta Pile. L’11 giugno del 1407 il Consiglio cittadino decretò la pavimentazione di tutte le vie della città. Nel 1468 la decisione di rivestire il pavimento della Piazza principale con lastre di pietra quadrangolari. Un impianto all’avanguardiaTornando al sistema fognario medievale di Ragusa, resta tutt’oggi indefinita la data esatta in cui iniziò la sua costruzione, ma il suindicato decreto sull’applicazione di misure rigorose volte ad arginare il problema delle epidemie, parla chiaro della sua antichità. Fonti d’archivio riportano dati secondo i quali risale già al 1399 l’esistenza di un canale sotterraneo che da Porta Deretana porta in Riva, e nel 1407 di un altro che dalla Fonderia di cera raggiunge il mare. Nel 1428 venne costruito il canale che si estende lungo tutta l’odierna via Strossmayer (Gattus vie Sancti Petri) e nel 1436 quello principale attraverso via Prijeko nel quale sfociano le acque di scolo provenienti dalla parte settentrionale della città. Il sistema di canalizzazione centrale, che accoglie sia i corsi settentrionali che quelli meridionali, passa sotto l’intero Stradun, e dirige i flussi in due direzioni, verso oriente e occidente dall’odierna via Celestin Medović, in modo che il corso orientale possa sfociare nel porto cittadino, e quello occidentale in zona Pile nei pressi della Fortezza di Bokar. I

flussi delle acque di scolo provenienti da via Prijeko si separano a loro volta tra le calli diagonali della Dropčeva e della Boškovićeva, nel senso che quello orientale passa sotto la Chiesa di San Nicola e sfocia al lato occidentale dell’odierno edificio della Capitaneria di porto, mentre il corso occidentale attraversa via Celestin Medović entrando nel canale centrale sotto la piazza per finire nel mare che circonda il forte Boccale (Bokar). Il flusso principale delle acque reflue di via Strossmayer investe invece la

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la Vocedel popolo4 sabato, 6 aprile 2019 la Vocedel popolo

DRAŽEN PETROVIĆ

SPORT di Igor Kramarsich

SEBENICO HA DATO I NATALI AL PIÙ GRANDE GIOCATORE DI PALLACANESTRO EUROPEO DI TUTTI I TEMPI. UN CAMPIONISSIMO CHE HA SAPUTO FARSI VALERE ANCHE OLTREOCEANO, NEL CAMPIONATO NBA. LA SUA BREVE VITA, INTERROTTA DA UN TERRIBILE INCIDENTE STRADALE IN BAVIERA, L’HA DEDICATA TUTTA AL BASKET. HA MESSO A SEGNO IN MEDIA UN NUMERO INCREDIBILE DI CANESTRI A PARTITA, LASCIANDO UN SEGNO INDELEBILE NELLA STORIA DI QUESTA DISCIPLINA SPORTIVA

Dražen Petrović è senza ombra di dubbio il miglior cestista di tutti i tempi nato a Sebenico. Una

carriera brillante la sua, interrotta da un terribile incidente stradale. In un certo qual senso è stato un giocatore che ha aperto impensabili scenari a tanti altri cestisti che sono arrivati dopo di lui.Dražen Petrović nasce a Sebenico il 22 ottobre del 1964. Ben presto comincia a giocare a pallacanestro. Dapprima segue il fratello maggiore Aleksandar agli allenamenti. Si limita a passargli i palloni e dopo gli allenamenti prova pure lui a tirare un po’ verso canestro. Il primo allenamento ufficiale, quello con la squadra locale dello Šibenka, risale al 1977. Ha 13 anni. Ben presto comincia ad allenarsi molto di più degli altri compagni di squadra. La pallacanestro diventa la sua vita, tanto che si allena prima della scuola e continua a darsi da fare anche dopo gli allenamenti giornalieri della sua squadra. Il suo talento ben presto è notato da tutti.Infatti dopo appena due anni comincia a giocare per la squadra cadetti, ma di pari passo già si allena con la compagine seniores. Comincia pure a giocare per lo Šibenka e il 29 dicembre del 1979, soltanto due mesi dopo aver festeggiato il 15.esimo compleanno, segna i suoi primi punti per la prima squadra. Va a canestro nella partita di campionato contro l’OKK Beograd di Belgrado. La prima medaglia: un bronzoNel 1980 milita nella squadra della Jugoslavia ai Campionati europei di categoria in Turchia. Per lui arriva la

SEMPLICEMENTE IL MIGLIORE

prima medaglia importante. È un bronzo. Nel 1981 partecipa con la squadra dei cadetti della Jugoslavia ai Campionati dei Balcani dove vince l’oro, nonché ai Campionati europei dove però la nazionale deve accontentarsi del quinto posto. Infine viene proclamato miglior cestista del Campionato jugoslavo. Però nel frattempo diventa ormai un titolare inamovibile della prima squadra dello Šibenka. Interessante notare che in questi primi anni gioca in tutte e tre le sezioni della squadra: sia per i cadetti (la sua categoria per anni di età), sia per gli juniores che per la squadra seniores. Un caso assolutamente raro il suo.Nel 1982 comincia sempre di più a farsi notare pure all’estero. Con il suo Šibenka infatti disputa la Coppa Radivoj Korać. La squadra un po’ a sorpresa arriva in finale. Petrović scende in campo da titolare pure in questa partita; però alla fine la compagine sebenzana esce sconfitta. Il Limoges conquista la Coppa battendo di misura la squadra dalmata. Comunque arriva subito dopo una nuova medaglia. È quella d’oro, conquistata con la nazionale juniores ai Campionati europei in Grecia. Inevitabile la prima convocazione per la nazionale seniores; la prima partita disputata è quella contro l’Italia. La grande delusioneArriva così il turbolento 1983. Lo Šibenka un po’ a sorpresa arriva nella finale play off per lo scudetto. Si tratta di una squadra giovane, di cui lo spavaldo Petrović è in pratica il grande trascinatore. Quella sebenzana è una

compagine che miete successi uno dopo l’altro, disputa grandi partite destinate a passare alla storia. In quell’aprile del 1983 a sorpresa si arriva alla terza e decisiva partita nell’ambito della finalissima. Una partita storica contro un avversario blasonato che parte con i favori del pronostico, il Bosna di Sarajevo. Si tratta di una partita equilibrata con Dražen Petrović che si conferma ancora una volta stella di prima grandezza. A due secondi dal termine gli ospiti sono in vantaggio per 82-81. Un po’ a sorpresa l’arbitro vede un fallo proprio su Petrović e concece i due tiri liberi. Le sorti della partita sono tutte nelle sue mani. Il giovane prodigio non sbaglia e trasforma entrambi i tiri. È scudetto! I dalmati sono i campioni di Jugoslavia. Parte la grande festa per le strade di Sebenico con Petrović nei panni dell’eroe indiscusso. Però la festa non dura nemmeno un giorno. Quasi subito arriva la doccia fredda. Già il giorno seguente la Federbasket decide di annullare la partita e impone di disputarne una nuova in campo neutro, nel capoluogo della Vojvodina. I giocatori e la squadra, con tanto di coppa e medaglie ormai nel carnet, decidono di non partire per Novi Sad. Si ritengono i vincitori morali, sono convinti di aver meritato il successo, a prescindere dal verdetto dal sapore politico della Federbasket. Alla fine il titolo viene tolto allo Šibenka. Subito dopo arriva un’altra sconfitta, questa volta però sul campo di gioco, con tutti i crismi della legittimità. I dalmati stavolta

vengono battuti nella finale di Coppa Radivoj Korać, di nuovo dal Limoges. Da Sebenico a ZagabriaPer la squadra di Sebenico Petrović gioca ancora poche partite. L’ultimo incontro è quello del 31 maggio ad Almissa (Omiš). Poi viene chiamato a prestare il servizio militare.Ancor prima di indossare la divisa ha la possibilità di cambiare casacca. Tutte le più forti e blasonate squadre della Jugoslavia da tempo gli fanno una corte spietata, lo invitano a gareggiare per loro. In primis a farsi avanti sono il Bosna di Sarajevo, nonché la Crvena Zvezda e il Partizan di Belgrado. Alla fine però la scelta cade sullo Cibona di Zagabria. Una scelta semplice in quanto già dal 1979 qui gioca suo fratello Aleksandar. Nell’estate del 1984, prima di passare tra le file della compagine zagabrese, Dražen Petrović partecipa con la nazionale ai Giochi olimpici di Los Angeles: la Jugoslavia vince la finale per il terzo posto e conquista la medaglia di bronzo.Il campionissimo sebenzano indossa subito dopo la maglia dello Cibona; per lui e per la squadra della capitale croata inizia un periodo fantastico. In quattro anni vincono praticamente tutto, sia in Jugoslavia che all’estero. Nei primi due anni lo Cibona non perde praticamente una partita. Batte uno dietro l’altro tutti gli avversari, anche quelli più blasonati d’oltreconfine. Un successo dopo l’altroA notare l’estro di Petrović è pure il fortissimo Real Madrid che in questi anni esce sconfitto in tutti e cinque gli incontri disputati con la squadra zagabrese.

Dražen PetrovićNato: 22 ottobre 1964 a SebenicoMorto: 7 giugno 1993 vicino a Denkendorf, GermaniaAlto: 196 cm

Carriera:1979 – 1983 Šibenka1984 – 1988 Cibona1988 – 1989 Real Madrid1989 - 1991 Portland Trail Blazers1991 – 1993 New Jersey Nets

I PIÙ GRANDI SUCCESSI:Giochi olimpici:1984, Los Angeles, bronzo con la Jugoslavia1988, Seul, argento con la Jugoslavia1992, Barcellona, argento con la CroaziaCampionati mondiali:1986, Madrid, bronzo con la Jugoslavia1990, Buenos Aires, oro con la JugoslaviaCampionati europei:1987, Atena, bronzo con la Jugoslavia1989, Zagabria, oro con la Jugoslavia

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la Vocedel popolodalmazia 5sabato, 6 aprile 2019

| Con lo Cibona e la Coppa del campioni

| La rinascita con il New Jersey Nets

Dražen comincia a segnare punti su punti e a mietere successi. Segnare 40 punti a partita diventa quasi un’abitudine. E proprio grazie ai suoi 36 punti che 1985 lo Cibona vince la Coppa dei campioni contro il Real Madrid per 87-78. Vince poi il campionato jugoslavo, sconfiggendo la Crvena Zvezda di Belgrado: Petrović segna ben 32 punti nella partita decisiva. Una passeggiata pure la finale di Coppa nella quale lo Cibona s’impone sulla Jugoplastika di Spalato per 104-83. Petrović mette a segno 39 punti. Da ricordare pure la famosa prima partita di campionato contro lo SMELT Olimpija di Lubiana quando Dražen segna la bellezza di 112 punti! È il 6 ottobre del 1985: l’incontro finisce 158-77.Non per niente in questi primi anni allo Cibona il campionissimo dalmata riceve i suoi ormai famosi sopranomi: Mr 40, Amadeus e Mozart della pallacanestro.Petrović è inarrestabile pure nel 1986. Lo Cibona vince per la seconda volta, trascinato sempre da lui, la Coppa dei campioni. Questa volta a cadere è lo Žalgiris di Kaunas. Gli zagabresi vincono poi la Coppa nazionale contro il Bosna di Sarajevo per 110-98 con ben 46 punti segnati da Dražen. L’unica delusione è il campionato. Dopo aver vinto ben 21 delle 22 partite nella stagione regolare lo Cibona è costretto ad arrendersi nella terza partita della finale play off contro lo Zadar. Infine d’estate si svolgono i Campionati del mondo. La Jugoslavia conquista il terzo posto.A questo punto anche tante squadra straniere hanno messo gli occhi addosso a Petrović. Il Real Madrid, che ha perso tutti gli incontri nei primi due anni contro lo Cibona, vuole a tutti i costi che il giocatore dalmata passi tra le sue file. I soldi non sono un problema. La rescissione del contratto non è una questione di prezzo, né tantomeno i dirigenti del club di Madrid fanno problemi per quanto concerne la firma del futuro contratto con il giocatore. L’unico ostacolo è la legge in vigore in Jugoslavia che vieta ai giocatori di recarsi a giocare all’estero prima di aver compiuto i 28 anni d’età. Alla fine per Petrović si fa un’eccezione alla regola. Il campionissimo dalmata sottoscrive il contratto con la compagine spagnola nel 1986, però rimane allo Cibona fino al 1988. Un contratto milionario, rarissimo all’epoca.Va rilevato che pure negli Stati Uniti c’è chi avrebbe voglia d’ingaggiarlo. Basti dire che nel 1986 il campionissimo sebenzano è la terza scelta del Portland Trail Blazers. La 60.esima del mercato.Nel 1987 lo Cibona vince tutte le partite di campionato nella stagione regolare e poi esce a sorpresa nella semifinale play off perdendo complessivamente per 2-1 contro la Crvena Zvezda di Belgrado. A mitigare la delusione giunge la vittoria nella Coppa delle Coppe contro la Scavolini di Pesaro per 89-74, con 28 punti messi a segno da Petrović. Infine ai Campionati europei in Grecia la Jugoslavia vince la medaglia di bronzo. Il passaggio al Real MadridNel 1988 lo Cibona conquista ancora una Coppa nazionale contro la Jugoplastika, però perde la finale della Coppa Radivoj Korać contro il Real Madrid. Nell’estate, con la nazionale jugoslava, Dražen Petrović perde la finale ai Giochi Olimpici di Seul.Infine arriva il tanto agognato passaggio al Real Madrid. Con lui in campo la squadra madrilena vince quasi tutto. Conquista la Coppa nazionale contro il Barcellona, però perde contro lo stesso avversario la quinta e decisiva partita della finale di campionato. Alla fine il campione dalmata porta il suo Real a vincere la Coppa della Coppe ad Atene contro la Snaidero di Caserta. Il Real s’impone per 117-113 e Petrović segna la bellezza di 62 canestri!A Madrid rimane soltanto 10 mesi, ma riesce a conquistare il pubblico ed è ormai considerato il miglior giocatore europeo. Nel Real indossa la maglia numero 5. Nelle 47 partite ufficiali disputate con la compagine spagnola mette a segno complessivamente 1.062 punti, ossia 28,3 in media. Ancora nel 1989 con la nazionale vince il Campionato europeo proprio a Zagabria. E viene proclamato miglior giocatore del torneo. L’avventura negli StatesNell’autunno del 1989 comincia la sua avventura nella pallacanestro americana. All’epoca era una rarità vedere un giocatore europeo gareggiare nel Campionato dell’NBA. Per Dražen Petrović si tratta di una sfida. In Europa ha vinto tutto e può soltanto ripetere le imprese già compiute. Se vuole mettersi ulteriormente alla prova deve recarsi oltreoceano. La scelta, o meglio la volontà di andare negli Stati

Uniti d’America, è praticamente l’unica opzione che gli rimane. Anche se ci sono regole capestro che frenano il passaggio nei club statunitensi di giocatori europei, in primis quelli che non hanno mai giocato nei college, Petrović alla fine trova il suo posto nel campionato NBA. Gioca la sua prima partita il 3 novembre del 1989. Il suo Portland s’impone contro il Sacramento. Per Dražen soltanto sette punti, cinque salti e un’assistenza in 10 minuti di gioco. Il campione dalmata si ritrova ad affrontare una stagione dura, in cui spesso viene relegato in panchina. Il Portland a quei tempi è una squadra fortissima; per di più a giocare nello stesso ruolo del campione dalmata, ci sono cestisti di spicco come Terry Porter e Clyde Drexler. Petrović pertanto si ritrova con pochi minuti a disposizione per dimostrare le sue qualità, in primo luogo quelli finali. L’allenatore Rick Adelman semplicemente non gli concede spazio a sufficienza. In questa prima stagione il campione dalmata arriva con il Portland a vincere la West Conference e a essere il primo europeo a disputare la finale per il titolo (persa poi contro il Detroit 1-4). Nulla cambia nemmeno all’inizio della stagione successiva. Pur militando in una squadra vincente, Dražen vuole a tutti i costi giocare, scendere in campo, per cui riesce a passare il 23 gennaio del 1991 in un altro club, il New Jersey Nets.Tirando le somme, il campione dalmata, alla fine con il Portland ha giocato 77

partite e segnato 583 punti con una media di 7,6 canestri a partita. Troppo pochi per lui. Nel frattempo con la Jugoslavia vince nel 1990 il Campionato del mondo in Argentina.Nell’ultimo scorcio di stagione nel 1991 con il New Jersey Nets, Dražen riesce finalmente a imporsi, a mostrare tutte le sue doti. All’epoca questa squadra è una delle più deboli. Ormai da un decennio è assente dai play off. Alla fine della stagione il giocatore sebenzano si ritrova ad aver collezionato 62 partite e 623 punti, con una media di presenze in campo di 16,6 minuti a partita e 10,2 canestri a ogni incontro. Grazie al giocatore dalmata però il New Jersey Nets risorge. Nella stagione 1991/92 Dražen Petrović disputa 82 incontri con una media di 20,6 punti a partita. Alla fine della stagione con il New Jersey Nets gioca finalmente pure nei play off. Questa volta Dražen viene proclamato miglior giocatore della stagione. Fa ancora meglio nella stagione 1992/93. Gioca 70 partite mettendo a segno in media 22,3 punti. Però quello che conta, è che si ritrova a essere il miglior marcatore del New Jersey Nets e viene inserito nella terza squadra dell’NBA. In questa stagione stabilisce il proprio record nell’NBA con ben 44 punti segnati contro lo Houston il 24 gennaio.Nel frattempo nel 1992 scende in campo con la maglia della nazionale croata ai Giochi olimpici di Barcellona. La squadra arriva in finale, ma perde contro il Dream Team americano.

La nazionale croataLa sua carriera nell’NBA è in piena ascesa, ma Petrović comunque non perde occasione per giocare il più possibile per la sua nazionale, quella della Croazia. Non manca all’appuntamento nemmeno nel giugno del 1993 quando in Germania si svolgono i Campionato europei. Per arrivare alla fase finale però bisogna superare le qualificazioni a Breslavia in Polonia. Dražen è reduce da un lieve infortunio al piede, ma nonostante ciò vuole partecipare al torneo. Gioca come sempre ad altissimi livelli. Nelle sei partite disputate mette a segno 168 punti ossia 33,6 in media. Alla fine viene proclamato miglior giocatore del torneo, miglior marcatore e miglior assistente. Un trionfo. Nell’ultima partita contro la Slovenia il 6 giugno del 1993 segna il suo ultimo canestro, un tiro libero: alla fine i punti sono 30; supera così quota mille canestri segnati per la nazionale. La triste notiziaPoche ore dopo arriva la triste notizia. In un incidente stradale, sull’autostrada nei pressi di Denkendorf in Baviera, muore Dražen Petrović. Sono le 17.20 del 7 giugno del 1993. Dražen non è alla guida della Golf coinvolta nell’incidente, ma muore sul colpo. Ha appena 29 anni. La sua carriera è in piena ascesa pure nel fortissimo campionato dell’NBA. Il mondo del basket perde un campionissimo, il cui nome è destinato a rimanere impresso a caratteri cubitali nella storia di questa disciplina.Dopo la sua prematura scomparsa riceve tantissimi riconoscimenti. La sua squadra, il New Jersey Nets, archivia la maglia con il numero tre l’11 novembre 1993. Si tratta appena della quarta maglia archiviata da questa società.Già in precedenza nel 1992 il campionissimo dalmata ha vinto il premio Franjo Bučar come miglior sportivo. Poi lo stesso premio, dedicato alla carriera, gli viene conferito nel 2002. Nello stesso 2002 entra nella Hall of fame, la “casa” dei migliori cestisti al mondo. Statua e museo a SebenicoNel 2006 è stato aperto a Zagabria il museo a lui dedicato accanto al Palazzetto dello sport che porta il suo nome.Nel 2011, il 22 ottobre, il giorno del suo compleanno, accanto al Palasport di Sebenico, il Baldekin, è stata eretta una statua in suo ricordo. Lo stesso giorno è stato aperto pure un museo a Sebenico nella sua casa natale nel quartiere di Buale. Ai Campionati europei del 2013 è stato proclamato miglior cestista europeo di tutti i tempi. (4 e continua)

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dalmazia6 sabato, 6 aprile 2019 la Vocedel popolo

personaggi di Giovanna Herzeg

STAFFAN DE MISTURA, una lotta senza quartiere a tutte le guerre

al pluriDeCennale Funzionario Delle nazioni unite, inViato speCiale in siria Dal 2014 al 2018, È stato assegnato il preMio Dell’istituto per gli stuDi Di politiCa internazionale. il suo È stato seMpre un legaMe sentiMentale proFonDo Con la DalMazia, CaratteristiCo Dei Figli Della Diaspora

Un dalmata tra i grandi personaggi della vita politica italiana dell’ultimo decennio? È mai

possibile? Sì. Si tratta di una realtà di cui la componente italiana dell’Adriatico orientale può andare giustamente orgogliosa. Di chi potremmo parlare se non di Staffan De Mistura, inviato speciale dell’ONU in Siria dal 2014 al 2018, al quale è stato consegnato di recente il premio annuale per il 2018 dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. Un riconoscimento andato in precedenza a nomi del calibro di Giorgio Napolitano, Emma Bonino, Paolo Gentiloni... Un segno ulteriore dell’importanza del premio sta nel fatto che alla cerimonia di consegna a a Palazzo Giustiniani è intervenuta anche la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Impegno per la paceIl Premio dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale per il 2018 è stato assegnato a Staffan de Mistura, già inviato dell’ONU in Iraq, in Afghanistan, in Libano e, da ultimo, in Siria (2014-2018), per il suo lungo impegno al servizio della pace presso le Nazioni Unite. Il Premio, destinato a personalità che hanno contribuito a rafforzare l’immagine dell’Italia nel mondo, è stato istituito in ricordo dell’Ambasciatore Boris Biancheri (presidente dell’ISPI 1997 - 2011) ed è stato consegnato presso la Sala Zuccari del Senato della Repubblica. In occasione della consegna del premio è intervenuta, come rilevato, la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, mentre Staffan de Mistura ha tenuto la Lectio Magistralis introdotta da Giampiero Massolo, presidente dell’ISPI. Nel suo intervento Maria Elisabetta Alberti Casellati ha definito Staffan De Mistura ”una risorsa preziosa per la comunità internazionale”, “un protagonista di missioni internazionali che lo hanno visto ricoprire ruoli di vertice in tutte le aree più controverse del pianeta”, un uomo che ”ha speso la sua vita perseguendo il dialogo tra i popoli e dando lustro all’Italia nel mondo” e ha sottolineato infine il suo lungo e continuativo impegno al servizio della pace.Nelle precedenti edizioni il premio ISPI era stato conferito all’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (2013), all’Onorevole Enrico Letta (2014), all’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Federica Mogherini (2015), all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi (2016), a Emma Bonino (2017) e a Paolo Gentiloni (2018). Un Premio dedicato alle donne”Quella della Siria è stata una delle crisi più complesse della storia recente che ha coinvolto Usa e Russia ma, in alcuni momenti, fino ad oltre 11 Paesi. Oggi il conflitto è quasi terminato ma sarà necessario che il Governo siriano sia capace di inclusione, di dare al Paese una Costituzione ed elezioni che possano far girare la pace”, ha rilevato nel suo discorso alla cerimonia a Palazzo Giustiniani l’ex inviato ONU. Nella lectio magistralis, de Mistura ha ricordato un episodio del

| la cerimonia di consegna del premio a palazzo giustiniani

| staffan de Mistura

Repubblica dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce, dopo essere stato insignito di quelle di Grande Ufficiale e Commendatore della Repubblica. La sua è stata una lunga carriera dedicata, per 48 anni, principalmente al servizio delle Nazioni Unite, con incarichi che lo hanno portato a confrontarsi con 22 teatri di crisi, anche nei luoghi più problematici ed instabili del mondo, tra cui Siria, Afghanistan, Iraq, Libano, Ruanda, Somalia, Sudan ed ex Jugoslavia (nel Kosovo è stato consigliere dell’Alto commissariato ONU per i rifugiati e amministratore regionale delle Nazioni Unite di Kosovska Mitrovica), ma con un’esperienza anche alla Farnesina, dove ha coperto l’incarico di sottosegretario agli Affari Esteri. Ed è proprio quando ha ricoperto questa funzione che la Comunità nazionale italiana in Croazia e Slovenia ha avuto l’occasione di conoscerlo da vicino. Originario di SebenicoStaffan de Mistura nasce a Stoccolma nel 1947 da madre svedese e padre italiano originario di una famiglia nobile di Sebenico. Trascorre l’infanzia a Capri e l’adolescenza a Roma, dove frequenta il liceo classico presso l’Istituto Massimo dei padri gesuiti. È cittadino italiano dal 1999

per decisione del Consiglio dei ministri: “Per essersi distinto per la determinazione, l’impegno e l’elevata professionalità”.Nell’ultima biografia ufficiale delle Nazioni Unite viene riportato che l’alto diplomatico parla sette lingue: svedese, francese, inglese, italiano, spagnolo, tedesco e arabo.

Premio Tommaseo 2009Come sottolineato Staffan de Mistura è dalmata per parte di padre. Non sorprende quindi il fatto che i Dalmati italiani nel mondo gli abbiano conferito nel 2009 il loro riconoscimento più prestigioso, il Premio Tommaseo. Forse l’istante di maggior spessore culturale nella settimana del LVI Raduno dei Dalmati nel mondo, lo si era toccato quando c’era stato il conferimento del Premio Tommaseo a Staffan de Mistura. Non erano stati di certo pochi allora i problemi che l’Associazione dei dalmati nel mondo aveva dovuto risolvere per poter contattare de Mistura. Essendo personaggio di spicco e con grosse responsabilità, le barriere burocratiche e di sicurezza che si erano dovute abbassare erano state molte. Tuttavia la sua disponibilità si era rivelata eccezionale.

suo lavoro di mediazione come inviato in Siria, quando nel settembre 2016 si stava per raggiungere un accordo tra Usa e Russia ”che – ha detto – avrebbe potuto risparmiare molte vite umane”. C’erano le condizioni migliori perché la Russia si impegnasse affinchè le forze aeree siriane rimanessero a terra – ha spiegato – mentre gli americani si sarebbero spesi per isolare Al Qaida dalle forze più moderate. “Per motivi inspiegabili la firma dell’accordo slittò di sette giorni. Nel frattempo l’aviazione americana per errore bombardò una caserma siriana uccidendo 70 militari e dopo poco un convoglio delle Nazioni Unite con aiuti umanitari fu colpito e distrutto. Era finita la magia e quel momento propizio all’avvio della pace sfumò inesorabilmente”. Staffan de Mistura ha dedicato il premio “alle donne afghane e siriane e a tutte quelle che resistono nei Paesi in conflitto” e “ai giornalisti che rischiano la vita per raccontare la realtà della guerra. Numerosi i riconoscimentiL’ex Segretario Generale aggiunto dell’ONU, Staffan de Mistura, non è nuovo a riconoscimenti importanti. È già stato insignito motu proprio dal Presidente della

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STAFFAN DE MISTURA, una lotta senza quartiere a tutte le Guerre

al PluriDeCennale Funzionario Delle nazioni unite, inViato sPeCiale in siria Dal 2014 al 2018, È stato asseGnato il PreMio Dell’istituto Per Gli stuDi Di PolitiCa internazionale. il suo È stato seMPre un leGaMe sentiMentale ProFonDo Con la DalMazia, CaratteristiCo Dei FiGli Della DiasPora

| la cerimonia di consegna del premio a Palazzo Giustiniani

| il riconoscimento assegnato a staffan de Mistura

| il momento della consegna del premio a staffan de Mistura

| l’incontro con la presidente del senato. tra i presenti anche emma Bonino

Come tutti i dalmati sparsi nel mondo, anche de’ Mistura sente la sua identità come una patria di cui andare fieri. “Per me è un onore esser presente oggi tra di voi”, aveva esordito il titolare del Premio Tommaseo 2009 alla cerimonia di consegna del riconoscimento nella sala del Consiglio comunale di Trieste, come riporta la stampa dell’epoca: “Un paio di mesi fa, quando ero nel mio bunker a Baghdad, mi arrivò una telefonata dell’amico Renzo de’ Vidovich che mi disse che avevano pensato a me come Premio Tommaseo. Il mio pensiero da subito fu quello di provare grande orgoglio per questo conferimento. Sono le mie radici, quelle che non posso scordare, il dialetto di mio padre e le sue storie dalmate”. Fierezza e orgoglio“Quello che vorrei dirvi, il messaggio che mi sento di portare, è che la dalmaticità

è un qualcosa di importante, che lo senti e lo percepisci nella fermezza, nella capacità di scegliere con decisione e per il meglio. In Albania parecchi anni fa accoglievamo i profughi – esuli anche loro – in un campo allestito da italiani. C’erano cecchini che sparavano e difficoltà logistiche d’ogni tipo. Quando arrivavano nelle tende li rifocillavamo con del tè, coperte e quant’altro. La mia guardia del corpo, un dalmata anch’egli, mi fece notare che non erano gli alimenti che mancavano bensì l’affetto, l’amore e l’importanza di un abbraccio. Così mi misi ad attendere le colonne di profughi in mezzo alla strada con le braccia aperte. Il primo che mi vedeva e che mi abbracciava faceva da tramite per tutti. Era una dimostrazione d’affetto e nell’insieme una capacità di scegliere il meglio per quella gente. Come solo noi dalmati sappiamo fare”, aveva

evidenziato all’epoca Staffan de Mistura, aggiungendo: “Accolgo con molta fierezza e orgoglio il riconoscimento che l’Associazione dei dalmati italiani nel mondo ha voluto assegnarmi; le vicende della famiglia di mio padre, costretto all’esilio da Sebenico, hanno avuto una parte importante nelle motivazioni che mi hanno spinto a impegnarmi in una sorta di guerra alle guerre in ogni parte del mondo”. Staffan de Mistura aveva ribadito: “Sono sempre stato molto legato alle mie origini anche perché ho letto e mi sono documentato tanto su questa terra nel corso degli anni. Io sono nato subito dopo la guerra, quando mio padre lasciò la Dalmazia, ma d’altronde un mio zio è stato tra le vittime delle foibe”.Ma i collegamenti tra la Dalmazia e il funzionario internazionale, veterano di tante missioni di pace o diplomatiche dell’Onu come la memorabile Operation Lifeline Sudan a cui diede impulso contro la carestia nella nazione africana a fine anni Ottanta, non si esauriscono qui, sono anche più recenti e palpabili. “Durante la guerra in Croazia – ha dichiarato a suo tempo alla stampa – fui chiamato a intervenire a difesa della popolazione di Ragusa/Dubrovnik, con la quale condividetti per molti giorni rischi e pericoli, tanto che alla fine mi attribuirono la cittadinanza onoraria. Che accettai, ovviamente, e di buon grado, consapevole del diritto di ogni gente a decidere del proprio destino e a vivere pacificamente nei suoi territori”. Cosmopoliti e poliglottiMa riguardo a nazionalità e cittadinanze, Staffan de Mistura ha sempre amato evidenziare di essere nato apolide, come lo fu suo padre prima di trasferirsi in Svezia, dove a Stoccolma incontrò durante una cena la futura moglie, appartenente a una famiglia nobile locale, come la sebenzana paterna. Però la concessione della cittadinanza italiana gli fece comunque grande piacere: “Avevo sempre desiderato acquisire anche la cittadinanza italiana e mentre lavoravo a Mitrovica, forse anche per i risultati raggiunti, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ‘motu proprio’, me la concesse. Ne fui molto felice”.Come dichiarato sempre alla stampa, l’essere di origine dalmata ha contribuito in maniera sostanziale non solo a fargli intraprendere la carriera nelle Nazioni Unite, ma anche a ottenere successo e a trovare una soluzione a diverse situazioni difficili che ha dovuto affrontare nella militanza a favore della pace e della convivenza. “Sì, perché i dalmati – come ha spiegato a suo tempo de Mistura – sono molto cosmopoliti e in genere poliglotti. Parlano almeno tre lingue, poiché storicamente la regione ha visto la prevalenza di etnie diverse. Secondariamente, ho sempre avuto scolpito nella mente quanto mio padre ha sofferto per la perdita dell’identità e della sua terra come conseguenza di una guerra, sviluppando una particolare repulsione verso la violenza, compresa ovviamente quella tra nazioni”.

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dalmazia8 sabato, 6 aprile 2019 la Vocedel popolo

Anno 15 / n. 128 / sabato, 6 aprile 2019

Caporedattore responsabile Roberto Palisca

Redattore esecutivoDario SaftichImpaginazioneŽeljka Kovačić

la Vocedel popolo

IN PIÙ Supplementi è a cura di Errol Superina

Edizione DALMAZIA

CollaboratoriGiovanna Herzeg, Igor Kramarsich, Ivana Precetti e Moreno VrancichFoto Hina, Pixsell e archivio

[email protected]

ARtE di Moreno Vrancich

LA BASILICA DI SAN PIETRO SPLENDIDA ANCHE IN MINIAtURA

A PUCISCHIA LO SCULtORE DILEttANtE JOŠKO RADIĆ HA REALIZZAtO RICORRENDO ALLA PIEtRA DI BRAZZA UN’OPERA CHE HA DELL’INCREDIBILE. IL MODELLINO COMPRENDE LE COLONNE, LE StAtUE, I CAPItELLI E I RILIEVI DELLA PRINCIPALE CHIESA DEL MONDO CAttOLICO, REALIZZAtI tUttI RIGOROSAMENtE A MANO

La riproduzione in miniatura della Basilica di San Pietro, realizzata da Joško Radić in pietra di Brazza, è quasi

pronta. La presentazione dell’opera, alla quale l’artigiano sta lavorando ormai da cinque anni, dovrebbe avvenire prossima-mente, quando verranno aggiunti gli ultimi elementi mancanti, delle croci d’oro che andranno a campeggiare sulle due cupole laterali e sulla navata centrale.“Ho impiegato un anno intero soltanto per analizzare il progetto originale. Ma dopo molte notti in bianco e 8.400 ore di lavoro, posso dire di aver di essere vicinis-simo alla conclusione”, ha affermato Radić, il quale ha iniziato a occuparsi di scultura nel 1997, dopo essere andato in pensione anticipata, a causa del morbo di Crohn. “Improvvisamente mi sono ritrovato con molto tempo libero a disposizione e così ho chiesto a un vicino di prestarmi gli attrezzi del mestiere. Ho iniziato scolpendo delle semplici casette di pietra, ma subito dopo ho scoperto la passione per le chiese. Fino ad oggi ho costruito i modellini di 53 luoghi di culto, fra i quali quelli della Cattedrale di San Doimo a Spalato e della basilica di San Nikola Tavelić a Tomislavgrad“, ha dichia-rato Radić. L’aiuto del VaticanoL’idea di riprodurre in miniatura la Basilica di San Pietro nacque una decina d’anni fa, quando Radić vide le fotografie di un model-lino in gesso realizzato nel 1920 che a causa

del deteriorarsi delle sue condizioni era stato ritirato da un’esposizione. “Ne rimasi colpito e immaginai subito una versione in pietra di Brazza del principale edificio di culto del cattolicesimo. Monsignor Nikola Eterović mi aiutò a mettermi in contatto con gli Uffici vaticani, i cui archivisti mi diedero una copia del progetto originale nel rapporto di 1:200. Durante quell’incontro erano tutti convinti che un’opera del genere fosse impossibile da realizzare, perché altrimenti qualcun altro l’avrebbe già fatto”, ha affermato Radić.La base della riproduzione in miniatura è un blocco di pietra di 90 chilogrammi do-nato dalla Jadrankamen, mentre il resto è realizzato con tecniche di vario tipo, ma che si basano quasi sempre sull’utilizzo della pie-tra. In totale il 99,9 per cento dell’opera è realizzato in pietra di Brazza, per un peso complessivo compreso fra i 200 e i 220 chi-logrammi. Il resto è stato realizzato usando del vetro per una parte del tetto, l’ottone per le campane, e l’oro per le croci, che sono state offerte dalla parrocchia di San Girolamo. Il modellino comprende tutte le colonne, le statue, i capitelli e i rilievi, grazie a poco meno di cinquemila pezzi di pietra, lavorati tutti rigorosamente a mano. Le di-mensioni sono di 90x66x66 centimetri, ossia esattamente 200 volte inferiori all’originale. Il lavoro finale verrà presentato in occasione del Lunedì dell’Angelo ovvero di Pasquetta, ma la mini Basilica ha già fatto parlare di sè non soltanto in Dalmazia, attirando l’atten-zione anche di molti turisti.

Numerosi i visitatoriLe fotografie dell’opera in costruzione sono state esposte nella chiesa della Beata Vergine Maria di Pucischie (Pučišća), dove la scorsa estate, nell’arco di due mesi e mezzo, si sono soffermati turisti prove-

nienti da 28 diversi Paesi, dalla Finlandia al Sudafrica, passando per Israele e Australia. Parole di apprezzamento per l’impegno profuso e i risultati conseguiti sono state pronunciate sia dai visitatori occasionali che dagli esperti del settore, con varie città che hanno richiesto di poter esporre l’opera. In base alle richieste attuali la raf-figurazione in miniatura della Basilica di San Pietro potrebbe essere in giro per l’Eu-ropa per i prossimi tre anni. Dopo questo periodo Radić si augura che la sua opera possa trovare una collocazione permanente all’interno dei Musei Vaticani.“È stupenda e mi rilasso guardarla. A volta mi ritrovo ad ammirarla per più di un’ora, ancora incredulo d’essere riuscito a realiz-zare alcuni dettagli. L’ho costruita pezzo dopo pezzo non appena sono riuscito a im-maginarmi il tutto. Ora non vedo l’ora che sia finita, anche se non sarà facile separarmi da essa”, ha concluso Radić.

HINA

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