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ATTI DELLA CONFERENZA A PIU’ VOCI DEI CITTADINI SUI PROBLEMI PIU’ URGENTI DI ROMA E DEL SUO CENTRO STORICO

E SULLE POSSIBILI SOLUZIONI

ROMA- CAMPIDOGLIO - SALA DEL CARROCCIO

23 GIUGNO 2014

8 domande

per

...8 risposte

LATTANZI GELSOMINI ANNIBALDI VIVALDI LOCHE MANCINELLI SCOTTI SARTOGO

PIRAS SCANDURRA LILLI PALLOTTINO BIANCHI GIANGRANDE

Perché questa Conferenza a più voci, perché questo libro

Il Coordinamento Residenti Città Storica raccoglie associazioni e comitati del vasto ambito urbano caratterizzato da presenze archeologiche, architettoniche e paesistiche di grande rilievo ma anche da problemi gravi che minacciano con aggressività sempre più spudorata sia l’ambiente-Città che la salute psico-fisica dei suoi residenti.

Questa Conferenza nasce con l’intento di raccogliere intorno all’iniziativa del CRCS i migliori sforzi, elaborazioni, proposte maturate all’interno della vasta rete di associazioni con le quali lavoriamo da anni.

Le risorse umane dei cittadini, le loro esperienze e competenze, rappresentano una risorsa preziosa che una Amministrazione accorta non può ignorare o sottovalutare.

Da questa Conferenza a più voci e da questo libro noi ci aspettiamo una risposta da parte del Sindaco e degli Assessori rispetto alla richiesta di una maggiore trasparenza e di una più marcata volontà politica di risolvere tutte le situazioni drammatiche ed altamente problematiche che noi denunciamo. In pratica, con le nostre relazioni e con le sintesi qui proposte noi vogliamo dire: "Queste sono le situazioni critiche analizzate, questo è il quadro normativo, questi sono i possibili strumenti da adottare per iniziare a risolvere strutturalmente le problematicità analizzate e da noi esposte. Chiediamo risposte a queste nostre domande, che sono le domande che i cittadini si pongono.”

Questa Conferenza a più voci è quindi una tribuna dove far parlare delle persone che si occupano professionalmente e nelle associazioni di queste tematiche gravi ed emblematiche riguardanti la città.

Gaia Pallottino

Paolo Gelsomini

Riferimenti:

[email protected]

Gaia Pallottino (presid. CRCS) cell. 3393199516

Paolo Gelsomini (segr. CRCS) cell. 3293791374

INDICE

1. La pressione dei locali di somministrazione, dei camion bar, delle bancarelle, degli artisti di strada, con il corollario dell’abuso di alcol e della movida selvaggia

Cristina Lattanzi CRCS

2. La pressione dell'inquinamento acustico e la necessità di un regolamento

Silvia Annibaldi, Paolo Gelsomini, Alessia Vivaldi CRCS

3. Lo stato del verde a Roma

Paola Loche CARTEINREGOLA Cristiana Mancinelli Scotti RESPIRO VERDE LEGALBERI.

4. La pressione del traffico e le problematiche della mobilità da risolvere

Vittorio Sartogo C.A.L.M.A.

5. Il problema insoluto della produzione, della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti

Massimo Piras ZERO WASTE LAZIO

6. Lo stato di crisi dell'archeologia, il suo rapporto con l'urbanistica anche alla luce del dibattito sul Parco archeologico e del caso via Giulia

Enzo Scandurra docente universitario

Manlio Lilli archeologo – FORUM SALVIAMO IL PAESAGGIO

7. I beni comuni e la vendita del patrimonio culturale e simbolico

Gaia Pallottino CRCS

8. Trasparenza e partecipazione davvero

Anna Maria Bianchi CARTEINREGOLA Alessandro Giangrande docente universitario

1. La pressione dei locali di somministrazione, dei camion bar, delle bancarelle, degli artisti di strada, con il corollario dell’abuso di alcol e della movida selvaggia

La pressione dei locali di somministrazione, dei camion bar, delle bancarelle, degli artisti di strada, con il corollario dell'abuso di alcol e della movida

Cristina Lattanzi

Coordinamento Residenti Città Storica

QUALCHE PREMESSA

In una città oberata da una ventina di miliardi di debito (più o meno quanti hanno causato il default dell’intera Grecia), con quel che ne consegue, e che a livello cittadino deve risolvere molte situazioni gravissime, ha senso che in una rassegna di problemi, ai quali i residenti della Città Storica richiedono all’amministrazione risposte e soluzioni urgenti, compaiano fenomeni che potrebbero apparire a prima vista quasi frivoli, ascrivibili piuttosto alla tipicità e al folklore locale, come i tavolini all’aperto e i dehors di bar e ristoranti, le bancarelle di souvenir, le lenzuolate di borse taroccate, i banchetti di caldarroste, qualche bicchiere di troppo, il baccano della movida?

Ebbene, noi residenti riteniamo che sì, per parlare dei problemi di Roma ha senso cominciare proprio dall’immagine che Roma offre di sé al mondo e descriverla attraverso gli occhi e il cuore di chi Roma la vive proprio nella parte più antica e identitaria.

Ed è opportuno cominciare dalle istanze di decoro e vivibilità, perché la mancanza di decoro dei luoghi di vita e di lavoro e le violazioni costanti e non represse delle regole minime di convivenza civile offrono d’impatto l’immagine e l’essenza della comunità cittadina. Quelle che possono apparire “piccole” illegalità rappresentano peraltro manifestazioni di problematiche più gravi:

· un’illegalità diffusa rafforzata dalla sostanziale impunità di chi non rispetta le regole; un’amministrazione spesso incapace di gestire problemi appena appena complessi e troppo cedevole di fronte agli interessi di pochi a discapito dell’interesse pubblico;

· la mancanza di trasparenza;

· la mancanza di volontà politica di contrastare realmente le cause di fenomeni ben conosciuti e sempre più dilaganti, la cui soluzione richiede però di andare contro qualche lobby;

· i fenomeni di vera e propria corruzione.

Abbiamo quindi costruito questo incontro come occasione per dialogare con franchezza con gli amministratori della città a partire proprio da questi temi. E siamo pronti a respingere l’approccio dei benaltristi di turno, che certamente si faranno avanti, come al solito, per rinfacciare l’inadeguatezza e l’egoismo dei residenti che “non vogliono i tavolini sotto casa loro”, così come – secondo i casi – non vogliono sotto casa i buchi dei parcheggi PUP di cui non sentono alcuna necessità e i cantieri eterni di una metro di assai dubbia utilità. Residenti affetti da sindrome nimby, insomma. Da sempre i residenti del CRCS hanno dimostrato – al contrario – di NON essere pregiudizialmente contro i tavolini, contro gli ambulanti e le attività commerciali;

di essere invece

· contro gli abusi e la mancanza di regole e di sanzioni efficaci;

· contro il dilagare delle attività di somministrazione e dei negozi di souvenir di Roma made in Cina che sostituiscono i negozi di vicinato e le botteghe storiche;

· contro gli arredi indecorosi;

· contro i cartelloni che deturpano il paesaggio urbano e che violano le norme per la sicurezza stradale;

· contro quelle forme di occupazione degli spazi pubblici e di promozione delle attività commerciali che degradano la città e impediscono la libera fruizione dei beni culturali;

· contro il baccano costante e i fenomeni da baraccone dei falsi artisti di strada.

Non solo, quindi, noi intendiamo contrapporre a quella che siamo costretti a vivere in queste condizioni una Roma diversa e proporre uno sviluppo diverso da quello che ci viene costantemente narrato, in un’apoteosi di luoghi comuni, a proposito della città con il centro storico più bello del mondo: più turisti + più shopping + più tavolini + più “vita” = più “sviluppo” .

Ma è questo lo sviluppo?

Chiediamo anche agli amministratori capitolini di rendere conto ai cittadini delle conseguenze di “idea di città” da loro prospettata (che fino a prova contraria sono degrado, invivibilità, impoverimento e collasso di una città la cui parte più preziosa è ridotta ad uno sterminato suk), frutto di scelte politiche sbagliate e di incapacità regolatoria e amministrativa, a cui bisogna finalmente mettere fine.

LA SITUAZIONE ATTUALE

La presenza di tutte le forme possibili di commercio su strada (banchi e bancarelle, apette, chioschi, urtisti, caldarrostari, banchetti di merce taroccata ecc ecc) è sempre più estesa ed aggressiva, con innumerevoli postazioni a ridosso delle aree monumentali e dei tessuti più delicati e frequentati del centro storico. Eclatante la situazione dei camion bar, appostati nei pressi di tutti i principali monumenti. Per la gran parte si tratta di forme sfacciate di abusivismo totale, oppure di banchi e camioncini che pur essendo “autorizzati” occupano due/tre volte lo spazio consentito ed espongono la merce in maniera non regolare. Un’analisi non superficiale di tale fenomeno dimostra che si è in presenza NON di attività “di libero commercio” in un libero mercato contraddistinto da regole bensì del risultato di strategie pianificate tese al completo controllo del territorio più pregiato della città ai fini dell’occupazione, di sempre maggiore estensione, del suolo pubblico più pregiato da parte delle relative organizzazioni, siano esse “regolari” siano esse sommerse o addirittura criminali. Si tratta ormai di migliaia e migliaia di postazioni in tutta Roma, che si riproducono sempre più numerose come cellule di un organismo impazzito, con decine di migliaia di addetti extracomunitari perfettamente organizzati e addestrati. Siamo in presenza di un fenomeno di cui non esiste lontanamente l’eguale in qualsiasi altra città europea e che a Roma sta distruggendo l’intero settore del commercio di numerose categorie di prodotti e insieme sta causando il degrado dei luoghi più belli e preziosi della città, dei quali nessuno è risparmiato. Gran parte di questo tipo di commercio, comunemente definito a “effetto suk”, prospera in violazione delle normative fiscali e costituisce una concorrenza sleale per il resto delle attività commerciali.

Tale situazione del commercio su strada è accompagnata dall’aumento esponenziale e incontrollato delle OSP di bar e ristoranti – sia abusive sia c.d. regolari - che hanno conquistato la maggior parte delle vie e delle piazze, anche nei luoghi più tutelati e vincolati della città (c.d. “tavolino selvaggio”). E’ un dato di fatto che, malgrado i ricorrenti tentativi di regolamentazione, tavolini e dehors continuino ad occupare grandi parti delle piazze di Roma, ostacolando la fruibilità delle stesse, la visione dei monumenti e delle prospettive architettoniche con arredi che hanno trasformato siti tra i più belli al mondo in sgargianti mense a cielo aperto. Non c’è piazza strada o stradina del centro storico al riparo da ombrelloni e arredi di pessimo gusto. Riguardo a questo fenomeno, timida e nel complesso inadeguata è risultata essere l’azione di tutela della Soprintendenza e faticosa ed inefficace la collaborazione tra Stato, Regione e Comune; mentre la congerie di norme regolatorie di livello statale, regionale e comunale (certamente da rivedere) da un lato appesantisce le incombenze delle imprese, dall’altro favorisce le scappatoie dei “furbi” e le possibilità di abuso e irregolarità varie, che non trovano in pratica sanzioni efficaci.

A sua volta la crescita esponenziale del commercio su strada e la concentrazione delle attività di ristorazione legate al turismo di massa, allo svago e al divertimento (pub, discobar ecc), che hanno sostituito le attività tradizionali, ha trasformato il centro storico in una sorta di sterminato lunapark, favorendo il fenomeno della degenerazione della movida nei rioni del Centro e in molte altre zone della Città Storica. A causa della mancata regolamentazione degli orari di apertura dei locali e dell’assenza di misure efficaci di contenimento dell’abuso di alcol, a sua volta la movida interferisce pesantemente con le funzioni di residenzialità e con la fruizione dei beni culturali .

DIAGNOSI, PROPOSTE, RICHIESTE

Non abbiamo certo bisogno di descrivere oltre e di dimostrare questa situazione del Centro Storico, con il suo contorno di spazzatura e degrado ambientale, documentata ormai da anni da migliaia di foto, video e articoli di stampa. E’ giudizio unanime che ciò che accade nelle nostre strade, sotto le nostre finestre, accanto ai monumenti simbolo di Roma è gravissimo e intollerabile. Tuttavia gli interessi che sono dietro a tali fenomeni sono evidentemente di dimensioni tali da ostacolare e impedire, finora, interventi efficaci e perfino le possibili limitazioni del danno.

Avevamo quindi letto con interesse quanto era scritto nel programma del Sindaco Marino, proprio a proposito del rilancio delle attività produttive in una Roma che intende essere “vita”. Nel capitolo “una città che attrae” si leggeva il titolo ripartire dal commercio, dall’artigianato [e dall’agricoltura] e dalla necessità di rivedere la relativa normativa. Noi siamo completamente d’accordo su tale necessità e, lo diciamo subito, vogliamo partecipare a tale revisione. Innumerevoli sono già state le proposte in merito del CRCS e del Laboratorio Carteinregola cui il CRCS aderisce. Per brevità ricordiamo solo il documento riassuntivo con il quale sono state presentate le nostre proposte di indirizzo programmatico all’assessore Leonori nel novembre 2013, con il seguente indice di temi da affrontare:

1) T.U. sul commercio che, relativamente al Centro Storico, contenga regolamenti e norme per:

· attività di somministrazione

· orari degli esercizi

· vendita alcolici

· occupazione suolo pubblico

· tutela delle attività tradizionali (botteghe storiche, ecc)

· tutela del decoro

2) difesa e incremento dei PMO; OSP e canoni concessori

3) trasparenza e open data sul commercio a livello municipale

4) regolamentazione del commercio su strada e per il rilancio dei mercati rionali

5) provvedimenti per la movida e suo decentramento

6) medie e grandi strutture di vendita nel centro e trasformazioni urbanistiche collegate

7) piano Regolatore degli Impianti pubblicitari e tariffe affissioni.

Nella stessa direzione vanno le regole proposte da Carteinregola in relazione alle competenze della Regione per superare le criticità attuali determinate a cascata dalla vigente normativa regionale (come il principio della c.d. equivalenza delle postazioni del commercio su strada, la regolazione degli orari, l’abuso di alcol, il rumore) su quelle comunali.

Tutte le nostre proposte sono sempre state nella direzione di recuperare la vivibilità (intesa come complesso di funzioni, servizi, infrastrutture e tutele che migliorano la qualità della vita sia dei residenti sia di chi lavora e frequenta il centro storico) del contesto cittadino.

Abbiamo sempre ribadito che al centro della questione Centro Storico c’è l’obbligo di tutelare i beni culturali, avendo anche presente che tutte le vie e le piazze sono beni culturali ope legis.

“VIVERE A ROMA DOVRA’ ESSERE UN SOGNO COME PER MOLTI GIOVANI E’ OGGI UN SOGNO VIVERE A BERLINO, PARIGI O LONDRA…….”

Lo diceva il Sindaco Marino da candidato.

Un obiettivo fantastico, che esprime la volontà di fare del Centro Storico un incubatore di creatività!

Puntare sul recupero/integrazione della funzione culturale del C.S. in modo da farne un volano di sviluppo economico, investimenti e resa economica ben maggiore dell’attuale fatto di turismo non qualificato, c.d. mordi e fuggi, vero e proprio “consumo di massa” dei luoghi storici e dei monumenti. Invece la città ancora non ha saputo ancora utilizzare le vecchie e le nuove norme statali varate per poter spostare postazioni di commercio su strada e altre situazioni incompatibili con il decoro e la fruizione dei monumenti e degli altri beni culturali.

Ora, non ci possono essere mezze misure nell’affrontare il problema di ridare al Centro Storico di Roma la sua dignità. Tutti i tempi a disposizione sono scaduti.

Vogliamo trasparenza e tempi certi per cambiare la situazione. Ma anche volontà politica e coerenza, discontinuità con il passato e coraggio, sostenibilità e coesistenza pacifica di tutte le attività e le funzioni che interessano il centro storico e non solo. E le funzione più importanti per un centro storico, quelle che rappresentano l’anima del Luogo sono la residenzialità, le botteghe di vicinato, gli artigiani, i luoghi di cultura e d’arte. Ma sono proprio queste funzioni, queste attività e questi luoghi che stanno soffrendo di più, a vantaggio di un’invasione sregolata e prepotente di commerci legali e spesso illegali. Quando sarà invertita la tendenza?

� quali:

incremento della disoccupazione

disparità sociali e ampie sacche di miseria

aumento degli episodi di violenza e vandalismo

fenomeni di criminalità di stampo camorristico/mafioso

sistema dei trasporti e mobilità al collasso

espansione urbanistica fuori controllo

emergenza rifiuti e inquinamenti vari

� Per valutare adeguatamente la situazione occorre tenere presente quanto segue:

fatta eccezione per i camion bar (che rappresentano un fenomeno a se’ stante, come noto ascrivibile prevalentemente alla presenza di un monopolio cittadino delle licenze) e tranne casi ormai rarissimi di operatori ambulanti “tradizionali” qualificati (gli unici in grado di rifornirsi presso i pochi grossisti “tradizionali” ancora esistenti, per lo più al di fuori del territorio laziale), la grandissima parte del commercio su strada oggi si rifornisce/viene rifornito attraverso depositi più o meno regolari (ma talvolta decisamente clandestini e sconosciuti al fisco); i titolari delle licenze utilizzano personale extracomunitario non qualificato, pagato poco e/o in nero; la merce, per la gran parte, se non tutta, è comprata senza fattura e venduta senza scontrino; si tratta per lo più di merce esclusivamente di importazione, di basso costo e di scarsissima qualità quando non pericolosa quanto a materiali, coloranti, componenti ecc. Il numero rilevantissimo di punti vendita, tutti in posizione strategica, assorbe percentuali rilevantissime di mercato. Gli effetti di tutto ciò sono: i negozi di vicinato non possono reggere la concorrenza sleale e chiudono o vengono rilevati da extracomunitari per vendervi merce di importazione di scarsissimo valore, al di fuori dalle regole di mercato, e spesso si tratta di attività di copertura per tutt’altri traffici; per mancanza di clienti (ossia dei negozi “tradizionali”) è stato distrutto l’intero sistema produttivo di piccole e medie imprese italiane di interi settori merceologici; migliaia di dipendenti dei negozi di vicinato (commessi, magazzinieri) hanno perso o stanno per perdere il lavoro. La scomparsa dei negozi di vicinato crea il degrado di intere vie e piazze. Ad essi in centro storico si sostituiscono bar, gelaterie e vendite di paccottiglie.

� mala-movida è l’efficace denominazione che ha assunto in tutta Italia: v. coordinamento nazionale malamovida facebook e � HYPERLINK "http://www.manoiquandosidorme.com" �www.manoiquandosidorme.com� del coordinamento nazionale antimovida selvaggia.

� E’ possibile, anzi dovuto, regolamentare gli orari di apertura delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, bar pub e altri locali del genere. E’ infatti assolutamente falso quanto si sente spesso sostenere al riguardo, ossia che la liberalizzazione degli orari di apertura di tutte le attività commerciali a seguito delle direttive operata dalle normative nazionali non consenta alcuna regolamentazione: già dal 2011 il Ministero dello Sviluppo Economico emanava la circolare esplicativa n. 3644/C con cui precisava che“provvedimenti finalizzati a limitare gli orari di apertura notturna delle attività di somministrazione di alimenti e bevande possono continuare ad essere adottati potendosi legittimamente sostenere che trattasi di vincoli necessari ad evitare danno alla sicurezza e indispensabili per la protezione della salute umana, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale, espressamente richiamati come limiti ammissibili all’attività privata dall’art. 3 comma 1 del D.L. 13.08.2011 convertito con L. 148/2011”.

In attesa di rivedere le leggi regionali in materia di commercio la Regione Lazio con nota del 29.12.2011 indirizzata ai comuni e municipi ribadiva tale argomento, affermando che era possibile dare luogo a limitazione degli orari con provvedimenti motivati da esigenze di tutela della salute dei cittadini, di sicurezza pubblica e di salvaguardia dei beni culturali.

Inoltre il Piano di azione per la riduzione del consumo dannoso di alcol dell’Organizzazione Mondiale della Sanità detta prescrizioni per limitare l’abuso del consumo dannoso di alcol tra cui l’obbligo dei Comuni di adottare dei provvedimenti per ridurre e contenere gli orari e la vendita di bevande alcoliche, in particolare in aree dove si sviluppa un’economia basata su attività notturne e si generano alti livelli di fastidi e molestie legati al consumo di alcol.

� Sono di diverso avviso solo alcuni esponenti delle categorie direttamente interessate allo status quo: alcune associazioni degli esercenti di bar e ristoranti, alcune associazioni di ambulanti, alcuni rappresentanti di sedicenti artisti di strada e coloro che, nascondendosi dietro la rivendicazione del diritto dei giovani al divertimento, voglio urlare ballare e sballarsi fino all’alba senza preoccuparsi di impedire il riposo dei residenti e di imbrattare la città. Certamente una minoranza.

� - “Le attuali norme regolamentari sul commercio e sull’artigianato, comprensive di quelle sulla tutela delle attività del Centro Storico, così come quelle sulla semplificazione amministrativa e sulla gestione dei rifiuti urbani si sono dimostrate nel tempo non solo incapaci di raggiungere gli obiettivi, ma hanno spesso rappresentato un freno alla crescita del tessuto produttivo ed un freno ai processi di modernizzazione e semplificazione della città, oltre che un inutile e dannoso aggravio dei costi d’impresa. La profonda revisione del regolamento sul commercio in aree pubbliche, quello sulla tutela delle attività del centro storico, il regolamento di occupazione sul suolo pubblico, quello sulle insegne, le norme sullo Sportello Unico ed il regolamento sui rifiuti saranno i primi provvedimenti da adottare per semplificare, ridurre gli oneri delle imprese e dare maggiori certezze all’esercizio d’impresa.

2. La pressione dell'inquinamento acustico e la necessità di un regolamento

La pressione dell’inquinamento acustico e la

necessità di un regolamento

Silvia Annibaldi, Paolo Gelsomini, Alessia Vivaldi

Coordinamento Residenti Città Storica

IL PROBLEMA INSOLUTO DEL RUMORE AMBIENTALE

Proprio in questi giorni il Coordinamento Residenti Città Storica, sta collaborando alla campagna “Spegni il rumore accendi il divertimento” promossa da Legambiente Lazio e, contemporaneamente, sta proseguendo con molte altre associazioni romane alla raccolta di 5000 firme per una delibera di iniziativa popolare per un regolamento acustico comunale che il Comune di Roma Capitale non ha mai avuto nella sua organicità e sistematicità concettuale e normativa come strumento di prevenzione, gestione, sanzione e risanamento acustico territoriale e locale.

In effetti, così come si parla di ciclo dei rifiuti si dovrebbe parlare di ciclo del rumore, intendendo con ciò un percorso del rumore dal suo generarsi, al suo sommarsi con altri rumori ambientali fino al suo esito finale che, come succede in una discarica inquinante, arriva a determinare danni ambientali gravissimi ed attacchi all’equilibrio psico-fisico delle persone.

Secondo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nell'Unione Europea nove cittadini su dieci sono esposti a rumori superiori ai 65 decibel (dB), un livello questo che disturba il sonno e il riposo. In Italia, il 45% degli abitanti deve sopportare quotidianamente un livello di inquinamento acustico compreso tra i 70 e i 75 decibel, che mette a rischio l'udito, l'apparato cardio-circolatorio e aumenta il rischio di infarto. Recenti studi confermano inoltre i danni causati dall'inquinamento acustico al sistema immunitario e ormonale. Sempre per quanto riguarda l’Italia, secondo il database NOISE, i dati sono disponibili per le città di Firenze, Milano e Roma, per un totale di 4,2 milioni di abitanti. Il 65% dei cittadini di queste tre città, oltre 2,7 milioni di persone, sono esposti a livelli di rumore superiori alla soglia diurna di 55 dB, percentuale che scende al 18% (740mila persone) per la soglia notturna di 50 dB. Eclatante il risultato del Lazio, ricavato dai dati ambientali dell’Annuario ISTAT 2009, dove ben il 47% delle famiglie interpellate dichiara la presenza di problemi relativi al rumore nella zona in cui abita.

Da uno studio svolto dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “La Sapienza” di Roma, tenendo conto che la soglia del dolore si colloca per l’orecchio umano intorno ai 120 dB si evincono gli effetti deleteri che il rumore può avere sull’uomo. Solo fino a 35 decibel di pressione sonora corrispondenti alle onde del mare mosso non c’è nessun danno. Tra i 35 ed i 65 dB corrispondenti a passaggio auto a bassa velocità e a conversazione normale si possono cominciare ad avere fastidi e disturbi nel sonno. Intorno ai 70 dB corrispondenti a strade di traffico intenso o conversazioni a voce alta, si possono cominciare ad avere tachicardia, palpitazioni, aumento della pressione arteriosa.

A 90 – 100 dB corrispondenti a passaggio di traffico pesante e di treni in superficie si ha nel tempo una diminuzione dell’acuità visiva e un restringimento del campo visivo. Una tromba di automobile si aggira sui 120 dB e la pressione esercitata sull’orecchio umano dal frastuono di una discoteca può arrivare in casi gravi fino a 110 dB. A questo livello stiamo a disturbi gravi ed irreversibili.

IL QUADRO NORMATIVO

Il Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Roma disciplina al Capo II l’ordine e la quiete pubblica facendo riferimento al T.U. di P.S. 18 giugno 1931 n. 773 e al relativo Regolamento per l’esecuzione contenuto nel Regio Decreto 6 maggio 1940, n. 635.

Essendo un regolamento di Polizia Urbana si limita a sanzionare grida, schiamazzi, abuso di mezzi acustici, attività rumorose moleste, apparecchiature disturbanti.

L’attuale contesto normativo di settore che impone a Roma Capitale l’adozione del regolamento in epigrafe, è il seguente:

-Legge Quadro sull’Inquinamento Acustico n.447 del 1995;

-D.P.C.M. del 14.11.97 contenente la “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”;

-D.P.C.M. del 16.03.98 contenete la “Tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico”;

-Legge Regione Lazio n.18 del 2001: “Disposizioni in materia di inquinamento acustico per la pianificazione ed il risanamento del territorio”;

-Delibera C.C. del Comune di Roma n.60 del 2002, “Piano di Zonizzazione Acustica del territorio del Comune di Roma. Approvazione in attuazione della legge n. 447/95. Classificazione acustica del territorio comunale”; contenente, inoltre, le “Norme tecniche di attuazione” del Piano di Zonizzazione Acustica;

-Delibera C.C. del Comune di Roma n.12 del 2004, "Piano di Zonizzazione del territorio del Comune di Roma. Adozione definitiva in attuazione della legge regionale 3 agosto 2001, n. 18 e della legge quadro n. 447/95. Classificazione Acustica del territorio Comunale.";

-Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 194, contenente “Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale".

I RITARDI E LE INSUFFICIENZE NELLA LOTTA AI RUMORI AMBIENTALI

L’Amministrazione Comunale di Roma Capitale è in gravissimo ritardo nell’attuazione dei principi, norme e direttive contenute nelle disposizioni sopra richiamate, nonché nell’adozione di uno strumento regolamentare che governi la complessa materia e le problematiche connesse al rumore ambientale ed all’inquinamento acustico.

E’ importante ribadire come detta questione sia stata finora completamente sottovalutata dall’amministrazione, se non del tutto ignorata, giacché considerata –riduttivamente- e delimitata nell’ambito del controllo dell’ordine pubblico (fenomeno della movida) o del traffico, mentre in realtà tutta la normativa comunitaria, nazionale e regionale si fonda sui principi di tutela dell’ambiente di vita e di lavoro, e di tutela della salute dei cittadini, come interessi prioritari e costituzionalmente garantiti, non suscettibili di compromissione alcuna.

Infatti, le finalità sia della Legge Quadro 447/95, sia del DLgs.vo 194/2005 reso in attuazione della Direttiva comunitaria 2002/49/CE, sono indirizzati verso il conseguimento di “un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente ed uno degli obiettivi da perseguire in tale contesto è la protezione dall’inquinamento acustico” (cfr Direttiva Comunitaria citata).

Pertanto, in questa prospettiva ed in questo senso è improntata ed indirizzata la ratio dello strumento attuativo oggetto della proposta di delibera di iniziativa popolare condotta dal CRCS.

In tema di inquinamento acustico l’operato delle amministrazioni cittadine che si sono succedute dal 2002 e fino ad oggi, è stato del tutto insufficiente. Allo stato attuale mancano del tutto:

- i piani comunali di risanamento acustico previsti dalla Legge Quadro 447/95 e dal Piano di Zonizzazione Acustica di cui alla delibera C.C. 60/2002;

- la mappatura acustica e le mappe acustiche strategiche previste dal DLgs.vo 194/2005 (con Delibera n.663/2007 la Giunta della Regione Lazio ha indicato il Comune di Roma come ente delegato agli adempimenti previsti dal DLgs.vo 194/2005 e dalla Direttiva Comunitaria del 2002);

- i piani d’azione conseguenti della mappatura pure previsti dal DLgs.vo 194/2005;

- i piani e le azioni per il monitoraggio dei livelli di inquinamento acustico;

- l’aggiornamento dello strumento attuativo della Zonizzazione Acustica;

- le norme, i procedimenti e le sanzioni, a livello comunale, per il governo del

rumore ambientale, per la prevenzione dell’inquinamento acustico e per la

repressione dei fenomeni dannosi.

Ed in particolare, è proprio la mancata redazione ed adozione dei piani d’azione e di quanto altro previsto dalla Direttiva Comunitaria 2002/49/CE e dal DLgs.vo 194/2005, che ha determinato l’apertura di un procedimento d’infrazione presso la UE (articoli 258 e 260 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea - art. 14, lett. c, della legge 24 dicembre 2012, n. 234) n.2022/2013 del 24.04.2013.

Il “Rapporto sulla gestione dell’inquinamento acustico nelle aree metropolitane”, reso dall’APAT - Dipartimento Stato dell’Ambiente e Metrologia Ambientale, Servizio Agenti Fisici, ha certificato che lo stato di attuazione della normativa per la città di Roma è fermo al 2004.

LA MOVIDA, L’IMPLICAZIONE DEI LOCALI DI SOMMINISTRAZIONE, IL TRAFFICO

Una particolare attenzione nella redazione del testo di delibera di iniziativa popolare per un regolamento sul rumore ambientale, è stata posta in relazione all’inquinamento acustico derivato dal cosiddetto fenomeno della “movida” che si svolge in alcuni ambiti territoriali ben definiti, sia nel centro che in altre aree della città comunque limitrofe al centro storico.

Infatti, l’elevatissima concentrazione di attività commerciali dedicate alla ristorazione ed al divertimento notturno, nonché la mancanza di regolamentazione sugli orari di apertura dei detti locali che si protrae per tutta la notte senza soluzione di continuità, comporta nelle zone interessate un abnorme aumento del traffico veicolare e della frequentazione antropica tali che il livello di attenzione delle emissioni acustiche come definito dal DCPM del 1997 e che segnala l’emergere di gravi rischi per la salute, viene sistematicamente superato.

I monitoraggi eseguiti dall’Arpa Lazio su richiesta del Municipio Centro Storico negli anni 2008, 2009 e 2010, hanno rilevato nei rioni del centro cittadino valori fra i 70 e gli 80 db nelle ore dalle 22.00 alle 03.00 della notte, livelli che avrebbero dovuto imporre l’emissione da parte del Sindaco o dell’amministrazione comunale, di provvedimenti urgenti e contingibili a tutela della salute della collettività e che però sono stati sempre omessi.

L’assoluta mancanza di controlli e di un regime sanzionatorio valido ed efficace con riguardo alle emissioni acustiche dei locali che svolgono intrattenimento musicale o spettacolo dal vivo, nonché sulle discoteche e su tutte le attività di intrattenimento che si svolgono all’aperto nel periodo estivo e primaverile, hanno aggravato la situazione già precaria.

Eppure, è principio ormai pacifico e ribadito da numerosi pronunciamenti giurisprudenziali, nonché dalla Circolare 06.09.2004 “Interpretazione in materia di inquinamento acustico” del Ministero dell’ambiente” (GU n.217 del 15.09.2004), quello secondo il quale i limiti acustici si applicano alle attività e comportamenti connessi alle attività commerciali, fra i quali vanno inclusi gli avventori dei locali, in specie laddove la particolare concentrazione degli stessi in una via con più locali, diviene fonte di inquinamento acustico da riconoscere come soggetta alle norme sul rumore.

In realtà, l’amministrazione comunale non ha mai attuato politiche di decentramento delle attività legate al divertimento ed alla ristorazione –che ben potevano far parte di piani di risanamento acustico previsti dalla normativa vigente e mai adottati- né ha posto in essere provvedimenti di regolazione degli orari dei apertura degli esercizi commerciali, pure attuabili e legittimi secondo l’indicazione che veniva dalla Circolare Esplicativa del Ministero dello Sviluppo Economico n.3644/C del 2011: “provvedimenti finalizzati a limitari gli orari di apertura notturna delle attività di somministrazione di alimenti e bevande possono continuare ad essere adottati potendosi legittimamente sostenere che trattasi di vincoli necessari ad evitare danno alla sicurezza, e indispensabili per la protezione della salute umana, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale, espressamente richiamati come limiti ammissibili all’attività privata dall’Art.3 comma 1 del D.L.13.08.2011 convertito in Legge n.148/2011”.

Ed ancora, il sistema di limitazione della circolazione veicolare in specie nelle ore notturne, da attuare con isole pedonali e Zone Traffico Limitato, è stato finora del tutto insufficiente ed il nuovo Piano Generale del Traffico Urbano che sta per essere varato, pur immettendo novità come le isole ambientali e la ridefinizione delle ZTL presenta soluzioni che potrebbero essere vanificate da scelte discutibili fatte a monte sulle reti di viabilità principale e sui parcheggi, scelte che di fatto hanno poca rilevanza sia sull’aumento di trasporto pubblico che sulla diminuzione di trasporto privato in tutta la città ed in particolare nel suo centro storico che dovrebbe essere gradualmente pedonalizzato.

GLI ARTISTI DI STRADA

Sta per andare alla discussione dell’Assemblea capitolina una nuova delibera che disciplina l’arte di strada attualmente regolata dalla delibera 24/2012.

Senza entrare nel merito dei contenuti di questa bozza di delibera, vorremmo far notare che i limiti sonori imposti dalla zonizzazione acustica del Comune verrebbero superati da qualsiasi strumento a fiato o a percussione amplificato.

Una delibera di questa materia dovrebbe predisporre tutti gli strumenti necessari per un controllo severo sulle caratteristiche tecniche degli amplificatori (watt) e sulle emissioni sonore (decibel) in conformità alla normativa vigente. Per questo delicato compito l’ARPA è assolutamente insufficiente ed occorre pensare ad un coinvolgimento diretto e responsabile di altri soggetti.

Occorre inoltre un parere obbligatorio del Dipartimento Ambiente in relazione alla tutela dell’inquinamento acustico ed alla normativa di settore, giacché alcuni articoli della proposta di delibera sul regolamento dell’arte in strada contengono disposizioni relative all’uso di strumenti e orari per emissioni acustiche;

Infatti, l’eventuale superamento dei livelli previsti dalla zonizzazione acustica del Comune di Roma e dei livelli di attenzione così come definiti dall’Art.2, comma 1, lettera g della Legge 447/95, i cui valori sono fissati dall’Art.6, lettera a) del DCPM 14.11.97, è inteso dalle suddette norme come un grave potenziale rischio per la salute umana o per l'ambiente, obbligando il Sindaco ad attuare i provvedimenti urgenti e contingibili di cui all’Art.50 comma 3 della Legge 267/2000, nonché ai sensi dell’Art.6 comma 2 del DPCM 14.11.97, a predisporre i piani di risanamento acustico, poiché la tutela della salute dei cittadini –costituzionalmente garantita- è prioritaria rispetto ad ogni altro interesse o considerazione.

IL MOTIVO DELLA NOSTRA RACCOLTA FIRME PER UNA DELIBERA DI INIZIATIVA POPOLARE SULLA GESTIONE E PREVENZIONE DEL RUMORE AMBIENTALE

Vogliamo che Roma Capitale si doti finalmente di un regolamento acustico che sia in grado di andare oltre la semplice zonizzazione acustica che fissa i limiti dei decibel diurni e notturni per ogni zona a seconda della sua caratteristica funzionale mutuata dalla destinazione d’uso assegnata dal Piano Regolatore Generale. Andare oltre la zonizzazione vuol dire disegnare le mappe acustiche, cioè le rappresentazioni di dati relativi ad una situazione di rumore esistente o prevista in una zona, relativa ad una determinata sorgente, in funzione di un descrittore acustico che indichi il superamento di pertinenti valori limite vigenti, il numero di persone esposte in una determinata area o il numero di abitazioni esposte a determinati valori di un descrittore acustico in una certa zona.

Dopo la rappresentazione delle situazioni reali dei rumori e della individuazione delle cause occorre predisporre dei piani di risanamento acustico che possono coinvolgere soggetti sia pubblici che privati. Questa è la strada per arrivare ad applicare finalmente delle norme che non si fermino alle semplici sanzioni ma che arrivino ad eliminare le cause stesse della produzione di rumori al di sopra delle soglie consentite. I gestori di pub e discoteche, i proprietari di officine, i rappresentanti di aziende di servizio, i responsabili dei cantieri temporanei e mobili, debbono sentirsi coinvolti in prima persona nella gestione del rumore ambientale.

3. Lo stato del verde a Roma

Verde Urbano

Paola Loche

Botanico- Carteinregola

Il sistema ambientale di Roma occupa 86.000 ettari di territorio, poco più del 67% della superficie dell’intero territorio comunale. E’ un patrimonio immenso di vegetazione naturale, seminaturale e di impianto artificiale rappresentato dalle aree naturali protette, dal verde urbano, dalle aree golenali e dalle aree agricole.

Nel cosiddetto verde urbano sono inclusi lembi residui di superfici agricole, spazi naturali, incolti, alberate, viali, giardini e parchi di ville, ville comunali, orti, aree ripariali, boschetti, aree boscate di superficie spesso limitata e frammentata, fasce di rispetto stradali e ferroviarie, sponde di corsi d’acqua, incolti, e così via. Tali superfici comprendono spazi aperti a componente naturale di grado più o meno elevato e rappresentano una vera e propria risorsa multifunzionale per la città e per i suoi abitanti

All’interno del G.R.A., sono presenti numerosi habitat naturali, che determinano, per la città, una grande ricchezza floristica e vegetazionale, nonostante le difficili condizioni di vita dovute a numerosi fattori limitanti quali:

clima cittadino più caldo e secco rispetto alla campagna circostante;

abbassamento della falda idrica;

alterazione dei suoli originari per la realizzazione dei fabbricati;

inquinamento di aria, acqua, suolo e grande produzione di rifiuti solidi.

Gli habitat presenti, sebbene diffusi in tutta l’area urbana, si distribuiscono lungo un asse preferenziale, un corridoio ecologico, in direzione SE-NW che dal parco dell’Appia Antica prosegue con le aree archeologiche del centro e culmina con i lembi di boschi di Valle dell’Inferno e dell’Insugherata. Lo spessore di tale asse si riduce procedendo dal G.R.A. verso il centro della città dando luogo a due cunei verdi con l’apice rivolto verso il centro.

La presenza di lembi residui di boschi sopravvissuti alla espansione edilizia per motivi storici e morfologici valorizza e caratterizza la città dal punto di vista vegetazionale.

Le entità vegetali censite nell’area urbana sono circa 1300 e costituiscono più di un quinto della flora nazionale. L’elevato numero di specie è strettamente correlato ai numerosi habitat presenti nella città.

Forme di tutela e di gestione

Le disposizioni applicabili alla tutela e gestione del verde urbano in genere sono definite dalle norme tecniche di attuazione dei piani regolatori generali o dagli altri strumenti urbanistici attuativi del piano regolatore, nonché dai regolamenti edilizi. Gli aspetti relativi alla realizzazione e manutenzione del verde sono, peraltro, soltanto incidentalmente affrontati. Mancano sempre le norme di carattere botanico-agronomico-forestale, le regole per l’elaborazione progettuale degli interventi e le disposizioni per la tutela del patrimonio verde esistente in occasione degli interventi di ristrutturazioni, demolizioni, scavi, nuove urbanizzazioni, realizzazioni di aree verdi e relative manutenzioni.

Il verde urbano ha assunto nel corso dei secoli una valenza qualitativamente e quantitativamente diversa, ma è sempre rimasto elemento importantissimo nelle strategie di sviluppo urbano di piccole e grandi città: a partire dagli orti di sostentamento entro le mura di cinta, passando per gli spazi verdi ornamentali privati tipici dei parchi e giardini, fino al verde pubblico con funzione architettonica, estetica , sociale e di miglioramento ambientale.

Nel nostro Paese lo sviluppo delle aree urbane non è sempre stato organico e rispettoso di quelli che oggi sono definiti “standard della qualità della vita” e scarsa è stata l'attenzione nei confronti del verde dal punto di vista quantitativo oltre che qualitativo.

Verso la metà del secolo scorso iniziò a strutturarsi la disciplina della composizione urbanistica e il verde urbano entrò ufficialmente fra i suoi elementi costitutivi. L'approccio funzionalistico ha acquistato sempre più importanza rispetto all'approccio estetico nella definizione del ruolo che il verde deve assumere nel disegno dell'ambiente urbano. In molti casi, il rispetto dello standard è stato garantito destinando a verde pubblico le aree più periferiche e meno appetibili. Sia il verde urbano che quello periurbano sono stati spesso utilizzati come spazi in attesa di edificazione senza l’attribuzione di valori propri. Il verde non può più essere concepito come il non costruito, perchè considerato "aspetto residuale" della progettazione urbana.

La casualità degli interventi sul verde può essere superata solo con l’adozione di atti e norme specifiche che consentano di promuovere il coordinamento unitario dell’azione amministrativa nei vari settori della gestione del verde.

Per migliorare le condizioni del verde urbano l’amministrazione dovrebbe assumere una serie di iniziative organiche e strumenti con valenza urbanistica assimilabili con la redazione di un Piano per il Verde urbano.

Il piano del verde è uno strumento di pianificazione integrativo al PRG che consente di determinare un programma organico di interventi per quanto concerne lo sviluppo quantitativo e qualitativo del Verde Urbano, oltre che la sua manutenzione e gestione, in relazione agli obiettivi e alle esigenze specifici dell’area urbana.

Il piano del verde deve prevedere il rispetto di tutte le normative esistenti:

Nazionale (lg. 10/2013)

Normativa regionale (bioedilizia-L.R. 27.05.2008 n.6, gestione delle risorse forestali, PTPR)

Standard urbanistici e normative edilizie

Codice dei beni culturali e del paesaggio a tutela degli alberi monumentali - � HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Decreto_legislativo" \o "Decreto legislativo" ��decreto legislativo� del 22 gennaio � HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/2004" \o "2004" ��2004� n. 42 e successive modifiche  � HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Decreto_legislativo" \o "Decreto legislativo" ��d. lgs.� 24 marzo � HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/2006" \o "2006" ��2006�, n. 156,  � HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Decreto_legislativo" \o "Decreto legislativo" ��d. lgs.� 24 marzo 2006, n. 157, � HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Decreto_legislativo" \o "Decreto legislativo" ��d. lgs.� 26 marzo 2008, n. 62, � HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Decreto_legislativo" \o "Decreto legislativo" ��d. lgs.� 26 marzo� HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/2008" \o "2008" ��2008�, n. 63.

Norme in materia di risparmio energetico - � HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Decreto_legislativo_n._311/2006&action=edit&redlink=1" \o "Decreto legislativo n. 311/2006 (la pagina non esiste)" ��decreto legislativo n. 311/2006� (Disposizioni correttive ed integrative al � HYPERLINK "http://it.wikipedia.org/wiki/Decreto_legislativo_192/2005" \o "Decreto legislativo 192/2005" ��decreto legislativo 192/2005�) progettazione di aree verdi ad elevata capacità di mitigazione dell’inquinamento dell’aria, valutazione del potenziale risparmio energetico fornito dal verde urbano

Norme sulle distanze per gli alberi contenute nel codice civile

La normativa che a vario titolo interessa il verde, in ambito urbano e periurbano è allo stato attuale complessa e assai frammentata.

Un discorso particolare meritano parchi e giardini di antica costituzione, sia pubblici che privati, assoggettati al vincolo paesistico e storico-artistico, il cui principale strumento legislativo di tutela è attualmente il Codice dei beni culturali e del paesaggio che contempla quanto già sancito dalle precedenti leggi di tutela (L. 1.6.1939 n.1089 Tutela delle cose di interesse storico e artistico, L. 29.6.1939 n.1497 Protezione delle bellezze naturali e il relativo regolamento di attuazione, L. 4.8.1985 n. 431 Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale).

A tutt’ora, però, sono molti i parchi e i giardini, annessi spesso a ville storiche sottoposti a vincoli, a tutela paesistica e storico artistica che però spesso risentono di scarsa manutenzione e di gestione non adeguata.

Negli indirizzi generali di pianificazione devono essere previsti:

Progettazione e valorizzazione delle aree verdi e di pertinenza.

Tra l’altro tutti gli interventi devono prevedere la progettazione delle opere a verde come parte integrante del progetto edilizio.

Deve essere privilegiato, inoltre, l’uso della vegetazione ai fini del risparmio energetico e della riduzione degli effetti negativi del clima (riduzione dell’effetto isola di calore negli spazi urbani) e dell’inquinamento atmosferico ed acustico (orientamento, barriere verdi, raffrescamento, ombreggiamento, ecc..).

Devono essere perseguiti:

la conservazione e valorizzazione di vegetazione di pregio, architetture verdi, ecc.;

l’utilizzo di specie autoctone idonee alle condizioni pedoclimatiche locali;

la protezione della vegetazione e in particolare degli alberi e dell’apparato radicale;

la permeabilità del terreno all’acqua e all’ossigeno;

un sistema di irrigazione idoneo;

la manutenzione post- impianto;

la protezione degli alberi presenti in cantiere, computando eventuali oneri per eventuale sostituzione delle piante danneggiate.

Nel Piano del Verde devono essere compresi i seguenti elementi fondamentali:

il censimento del patrimonio verde, organizzato in un sistema informativo,

il Piano di gestione,

il Piano di riqualificazione

il Piano per le nuove realizzazioni.

il Regolamento del verde che norma sotto il profilo tecnico e procedurale la gestione del verde pubblico e privato

Situazione attuale del Verde Urbano

In analogia a quanto riscontrato a livello nazionale anche nel territorio della città di Roma, la situazione del verde urbano è piuttosto complessa, articolata e caratterizzata dai seguenti elementi:

• assenza di un quadro di informazioni adeguate in merito a quantità e qualità del verde pubblico e privato;

• presenza di aree naturali in zone limitrofe alle città e necessità di garantire un collegamento tra le aree verdi urbane e quelle extraurbane;

• presenza di zone di espansione edilizia in cui, all’interno dei nuovi quartieri, sono stati inglobati lembi di paesaggio agro-forestale determinando una compenetrazione tra diversi tipi di uso del suolo, urbano e rurale e necessità di guidare un processo di riqualificazione di questi spazi;

• presenza rilevante di elementi di paesaggio storico e relativa necessità di tutela e conservazione;

• sviluppo progressivo di una cultura ambientale nell’utenza, sempre più consapevole dell’importanza del verde urbano per migliorare le condizioni della qualità della vita;

• mancanza di un dialogo efficiente tra pubblica amministrazione ed utenti;

• mancanza di politiche rivolte alla qualificazione degli spazi verdi sia pubblici che privati.

Una strategia di manutenzione del verde urbano e periurbano non deve essere priva del processo di partecipazione da parte della cittadinanza sulle politiche perseguite. Su questo aspetto è necessario fare grandi investimenti. L’assunzione di precise responsabilità da parte dei diversi organi decisionali pubblici (Stato, Regione, Provincia, Città metropolitana e Municipi) è determinante e improrogabile per potere finalmente conseguire una politica seria per il verde urbano.

Dai diritti fondamentali del verde alla sua reale gestione e manutenzione

Cristiana Mancinelli Scotti

Respiro Verde Legalberi

Stralcio da “Il regolamento del verde e del paesaggio urbano di Roma” (a cura del coordinamento dei comitati e delle associazioni per il Regolamento del Verde e del Paesaggio Urbano della Città di Roma)

Art. 4.1. - I diritti fondamentali del verde: La vegetazione – in ogni sua manifestazione – è elemento essenziale per la mitigazione dell’inquinamento atmosferico e acustico, per la difesa del suolo, per la conservazione della biodiversità, per miglioramento dell’estetica e del paesaggio urbano, per lo sviluppo della cultura storico-sociale e ambientale e per le funzioni ricreative e sportive offerte. Deve essere rispettata come ogni altro organismo vivente, e quindi deve essere:

a) salvaguardata come elemento d’identità del territorio locale e come fattore determinante per la qualità della vita degli abitanti;

b) conosciuta, censita e monitorata nel suo sviluppo e mantenuta quanto più possibile integra;

c) considerata nelle scelte di trasformazione territoriale;

d) incrementata nel rispetto delle specie che caratterizzano il contesto locale, siano esse autoctone o naturalizzate;

e) curata con le migliori tecniche fitosanitarie disponibili.

Del deterioramento di Parchi e Ville Storiche e di Beni Culturali e Ambientali

Da troppo tempo ormai, i parchi e le ville storiche sono utilizzati per permettere ingenti profitti a iniziative private; il Parco del Celio è un caso eclatante, con la cosiddetta “estate romana” per lo più svuotata del senso cui mirava Renato Nicolini.

Villa Borghese è utilizzata spesso per ospitare grandi eventi invasivi come è successo ai tempi della Giunta Alemanno per i Mondiali di Calcio e un Concorso Ippico che non è più quello storico, ma si è trasformato in una grande fiera commerciale. Per questa Villa in particolare, ogni decisione per gli eventi è potere del gabinetto del sindaco.

Questi eventi sono decisi spesso senza rispettare le conferenze dei servizi e sono variamente ignorati i pareri della sovrintendenza comunale e purtroppo le sovrintendenze statali non intervengono a proibirli.

Sappiamo infatti che la soprintendenza per Roma e la direzione regionale del MIBACT potrebbero impedire questa situazione di continuo degrado e in alcuni casi addirittura di deterioramento del verde e delle strutture. Data la mancanza di volontà o di possibilità di intervenire in questo campo, si verifica l'assurda situazione di scarico delle responsabilità. 

Che significa questo ? Che i nostri beni culturali subiscono dei danni? Ma non solo.

Pensiamo sempre in termini di oggetti e materia, mentre anche questi delicatissimi beni culturali sono abitati da esseri viventi quali alberi, animali, insetti, erbe: quale grado di resilienza possono avere questi luoghi speciali, macro dispensatori di ossigeno, stoccatori di carbonio, assorbitori di acqua dopo questi veri e propri assalti alla baionetta?

Pertanto è necessario che il Sindaco intervenga e stabilisca che sia redatto un regolamento particolare per le ville e i parchi storici che, con la consulenza di altissimi livelli di competenze, magari disinteressate, non preveda più deroghe di nessun tipo: finalmente si potrà intervenire con piani di tutela e restauro che riportino questi meravigliosi siti al loro valore originario.

La sottrazione delle “utilità” di questi beni collettivi ha un costo enorme per la cittadinanza che nessuno vuole calcolare e, quando sentiamo dire che non ci sono i soldi, ci chiediamo perché allora si possa sostenere una costosissima operazione portando la Metro C a Piazza Venezia senza nemmeno tentare di pensare a una alternativa, stremando comunque aspetti fondanti del paesaggio storico, ricco di capitale naturale funzionale e indispensabile per il benessere sociale e per la salute dei cittadini.

Dell’impermeabilizzazione delle superfici naturali dei condomini della città di Roma.

Questione da considerarsi di pari gravità se non maggiore : è stato citato un aspetto del nostro verde e paesaggio che merita addirittura un regolamento a sé stante ed è sotto gli occhi di tutti; questo secondo e purtroppo misconosciuto argomento è completamente disatteso anche dai piani regolatori della città. Si tratta dell’impermeabilizzazione delle aree verdi all’interno di condomini privati.

Il capo 4.3 dell’articolo 4 già enunciato, “Diritti fondamentali del verde”, recita :

“L'escavazione in profondità, la modifica delle quote, la costipazione e l'impermeabilizzazione delle superfici naturali non pavimentate di estensione maggiore di 50 mq costituiscono modificazioni dei luoghi e come tali sono soggette a preventiva autorizzazione amministrativa e a conseguente mitigazione dell’impatto ambientale”.

Pare incredibile, ma l’impermeabilizzazione del suolo, qui definito superficie naturale, nei condomini privati della nostra città in questo momento non è regolamentata in alcun modo.

Come è possibile che anche qui la città sia in continua perdita ? Perdiamo milioni di centimetri quadrati di preziosissimo suolo senza che nemmeno lo si sappia, e questo suolo lo stesso valore di bene collettivo per le sue qualità fondamentali.

E’ questo un gravissimo e sottovalutato aspetto della mancanza di un Regolamento del Verde e del Paeaggio in una capitale come Roma, funestata da una cementificazione selvaggia.

In questo caso, l’impermeabilizzazione del suolo di giardini privati e in condomini è lasciata alla discrezione del privato e ci dà la misura dell’urgenza di un Regolamento del Verde e del Paesaggio per Roma che vogliamo al più presto in vigore.

Nella bozza di regolamento del 2011, giunta precedente, 27 misere pagine a fronte di un regolamento del verde di Viareggio di 30, si lasciava libertà di impermeabilizzare fino a 70mq ! Come un appartamento per tre persone !

Alcuni emendamenti su questa bozza elaborati del gruppo di lavoro di tecnici e competenze organizzato da reti di cittadini sono stati presi in considerazione durante le Commissioni Ambiente preposte e nella nuova bozza è stato accettato di abbassare questa soglia a 50 mq. Ma alla luce dei disastri causati dalle bombe d’acqua che si stanno abbattendo sulla nostra città, al disfacimento di equilibri climatici ormai compromessi e a una pesante trasformazione anche dei suoli, si dovrà tutelare a tutti i costi la permeabilità del suolo rimasto della città, e per questo capo del regolamento non si potranno superare i 30mq di pavimentazione di suolo, oltre i quali il permesso deve essere obbligatorio.

Moltiplichiamo 50mq per dodicimila condomini con superfici naturali e scopriamo il risultato : 600.000mq impermeabilizzati. Non è accettabile.

Della responsabilizzazione dei privati e della salvaguardia del territorio

Negli ultimi anni da molte parti del mondo politico e scientifico si avverte la necessità di una maggiore responsabilizzazione dei privati cittadini nella corretta localizzazione dei manufatti da inserire nel territorio. A tal fine si auspica l'introduzione di prescrizioni assicurative a salvaguardia dei beni e degli strumenti di servizio presenti nelle aree a maggior rischio. Questo tipo di approccio a un problema tanto gravoso potrebbe portare, oltre che a un'effettiva mitigazione delle condizioni di rischio che attualmente si registrano nel nostro paese, anche ad un recupero da parte delle comunità locali della coscienza civile e ambientale, che porti ogni privato cittadino ad acquisire la consapevolezza dei naturali processi che guidano l'evoluzione del territorio, requisito fondamentale per convivere correttamente anche con condizioni di rischio e per rendere efficace qualsiasi politica in favore dell'ambiente.

Domanda

La domanda è la seguente: ci ritroviamo con un debito sempre maggiore per una qualità della vita peggiore, abbiamo un tesoro che una volta distrutto nessuno ci restituirà, migliaia di alberi perduti e biodiversità di ogni specie cancellata, migliaia di metri quadri di suolo compromesso, aumento delle zone a rischio, anche nel territorio urbanizzato, per dissesto idrogeologico. Quando prenderà, Signor Sindaco, la decisione di tutelare il verde e il suolo fra i più importanti del mondo ?

4. La pressione del traffico e le problematiche della mobilità da risolvere

La pressione del traffico e le problematiche della mobilità da risolvere

Vittorio Sartogo

Coordinamento Associazioni Lazio Mobilità Alternativa (C.A.L.M.A.)

LA FOTOGRAFIA DELLA MOBILITA’ OGGI

Che la mobilità soffochi ormai il centro della città e tutta Roma è un dato di fatto unanimemente riconosciuto. Addirittura è diventato un tema ricorrente negli interventi degli organismi degli operatori economici, per i riflessi negativi che riverbera sulla “competitività” della città.

Del resto, nel recente Piano generale del traffico urbano si certifica che la congestione annualmente produce la perdita di 125 milioni di ore, per un costo di 1 miliardo e mezzo di euro, cui si aggiunge un costo sociale degli incidenti pari a 2 miliardi di euro. In queste indicazioni sono poi evitate quelle riguardanti la corrosione dei monumenti, ovvero la distruzione della nostra storia e di un inestimabile patrimonio dell’umanità. Tra piogge acide, ossidi di zolfo e di azoto, polveri sottili, la corrosione raggiunge ormai i 5,7/6,3 millesimi di millimetro all’anno, vicinissima agli 8 millesimi previsti dalla Unione Europea come “accettabili”. Quale cinismo e incultura appaia nel dire “accettabile” la corrosione, ciascuno può giudicare. Cosicché addirittura l’ACI, l’associazione degli automobilisti, in un suo documento, presentato l’anno scorso al nuovo Parlamento e al Governo, chiedeva “più metro, bus e tram per rinunciare all’auto in città”. Ovviamente con una buona dose di ambiguità, perché ne seguiva la richiesta di una maggiore concorrenza nel settore, ritenuta la medicina in grado di curare un “sistema di trasporto pubblico obsoleto e inefficiente, i cui ricavi coprono solo il 30% dei costi e in cui l’età media dei bus è di 10 anni, a scapito dell’ambiente, della sicurezza stradale e del comfort dei passeggeri”. Dati che per Roma risultano ancora più gravi di questa media nazionale, stante la corruzione e il clientelismo che si sommano all’inefficienza e ne rendono intollerabile il peso, impedendo di fatto che le persone riducano in modo significativo l’utilizzo dell’auto (peraltro diminuito a seguito della crisi economica). L’uso del trasporto pubblico resta fermo al 27% dei viaggi, pur essendo aumentato considerevolmente il pendolarismo, cioè la dispersione della città nell’hinterland, e pur in presenza della diminuzione complessiva degli spostamenti.

LE CONTRADDIZIONI TRA PIANO E REALTA’ NEL CENTRO STORICO

La situazione è indubbiamente migliore nel centro storico, parte privilegiata del trasporto pubblico, anche se gli spostamenti in uscita dall’area racchiusa dall’anello ferroviario, nell’ora di punta del mattino, restano effettuati ancora per il 48% con l’auto e per il 9 % con le moto, ovvero la maggioranza degli spostamenti dei residenti usa il mezzo privato, mentre in entrata questa percentuale si contrae all’incirca al 40%. Ma la situazione è destinata a peggiorare se teniamo presenti le errate decisioni del Comune riguardanti i pullman turistici e la soppressione, recentissima, di 17 linee, specie periferiche e notturne, per circa 3,5 milioni di km.

E’ significativa, a proposito di contraddizioni che si riflettono negativamente sulle politiche del trasporto, l’incoerenza presente negli intenti indicati nel PGTU citato. L’obiettivo principale nel centro storico si dichiara essere la massima riduzione del traffico veicolare privato sia di attraversamento che di destinazione, nonché l’uso quasi esclusivo di mobilità pedonale, ciclabile e del TPL. Da raggiungersi con azioni quali l’istituzione di ZTL passeggeri e merci su tutta la zona attraverso varchi elettronici; la sosta tariffata integrale (a valore elevato);l’individuazione di itinerari pedonali e ciclabili; l’articolazione in isole ambientali; l’individuazione di zone a emissione 0; parcheggi sostitutivi della sosta su strada ai margini del centro storico medesimo (?); la riduzione del traffico moto veicolare. Ognuna di queste azioni che potrebbe essere condivisibile in sé, lo diventa meno quando risulta, per esempio, che “la tariffazione della sosta rappresenta uno dei principali strumenti di regolazione e gestione della domanda di spostamento nelle zone servite dal trasporto pubblico”; anzi che “per tutta l’area centrale e semicentrale (prima e seconda zona PGTU) la regolazione della domanda avviene attraverso il sistema di tariffazione della sosta su strada”. O quando si scopre che per i ciclomotori ci si limita alla futura elaborazione di un piano per il riordino dell’offerta di sosta in tutto il territorio comunale e d’enforcement per il rispetto delle regole da parte di motocicli in sosta d’intralcio. Campa cavallo ! è il meno che si possa commentare. Per non dire che le isole ambientali, giustamente definite come ambiti a “misura d’uomo”, vengono poi interpretate come aree pedonali o poco più.

UN DISEGNO COMPLESSIVO SULLA MOBILITA’ DI PERSONE E MERCI

Sullo stato del trasporto pubblico e sulla disastrosa via crucis quotidiana di tanti cittadini, nel PGTU si dicono le cose che in questi casi si dicono immancabilmente per prefigurare un futuro appena decente, ma non si accenna neppure allo stato delle aziende, ai debiti accumulati per cattive gestioni, per clientele e corruzioni, né al fatto che proprio l’assenza di politiche della mobilità, ovvero l’assenza di un disegno complessivo della mobilità delle persone e delle merci, determina il caos che vediamo sulle strade e l’impossibilità per i bus soprattutto, ma per le stesse metro e le tratte ferroviarie di determinare un qualche sollievo. La velocità e puntualità di un bus è direttamente proporzionale a ciò che trova sulla strada, diretta conseguenza di scelte sbagliate di politiche della mobilità e dell’urbanistica. La mancanza di un piano approda allora al placebo della “liberalizzazione” e dell’aumento del costo dei biglietti, con effetti sempre più incerti e di corta durata. Peraltro, l’urbanizzazione selvaggia è insieme madre e figlia di infrastrutture squilibrate. Lo sanno, bisogna dargliene atto, gli estensori del PGTU, quando scrivono che “ la pianificazione del territorio, delle infrastrutture e dei servizi di trasporto è una prerogativa specifica dell’Amministrazione Pubblica che per definizione opera con la finalità di massimizzare il beneficio collettivo. Le valutazioni trasportistiche – scrivono ancora - dovrebbero essere prerogativa dell’Amministrazione Capitolina (i dati per le necessarie simulazioni sono infatti disponibili solo presso l’Agenzia della mobilità)” Fa malinconia quel “dovrebbero essere”, ma almeno siamo consapevoli che qui sta il punto nodale: riportare le decisioni al dibattito pubblico, nello spazio pubblico che deve essere ricostruito.

LA RICOSTRUZIONE DI UNO SPAZIO PUBBLICO DI DISCUSSIONE SUL DEBITO

Cominciando con la discussione pubblica sul debito del Comune e delle aziende partecipate, tra cui il Gruppo Atac. In questi giorni, in previsione della scadenza del 4 luglio prossimo, data entro cui il Governo deve approvare il piano di rientro predisposto dal Comune di Roma, veniamo a sapere qualcosa sul dissesto del bilancio comunale, senza però che si sia aperto un discorso trasparente su come si sia formate questo immane buco (oltre 22 miliardi complessivamente) e come si voglia porvi rimedio. Anzi, a leggere la relazione dell’Organismo di revisione economica e finanziaria sul rendiconto 2013 del Comune di Roma (aprile 2014) ci si imbatte in frasi inquietanti come questa. “LOref di Roma Capitale non è in grado allo stato di riferire sui livelli di indebitamento dell’Ente Roma Capitale, ex artt.202,203,204 e 207 del TUEL, occorre una seria verifica e ricognizione dei livelli effettivi del debito in essere correlato con il costo dell’indebitamento sia diretto che di quello conseguito in forza di accolli di debito derivanti da operazioni con società partecipate di cui si parlerà diffusamente nel paragrafo, ecc. ecc.…”(pag.38). L’analisi dell’Organo di controllo è impietosa nel mettere a nudo espedienti contabili che sembrano limitati a posticipare quello che va inteso come un assai rilevante disastro delle finanze capitoline, che incombe pesantemente sulle politiche sociali possibili, e tra queste sul trasporto pubblico e in generale sulle iniziative per migliorare l’attuale situazione intollerabile della mobilità, o anche solo della circolazione. Non per caso nel PGTU non vi è alcun cenno alle risorse finanziarie necessarie per dar vita alle sia pure limitate azioni suggerite. Mentre nel cosiddetto piano di rientro – sganciato appunto da un argomentato dibattito nel merito – campeggia l’ostinazione a elargire soldi per le cosiddette incompiute, tra le quali primeggia la volontà di continuare in quell’opera mangia soldi e poco utile, nonché disastrosa per la qualità del paesaggio romano che è la metro C nel tratto da San Giovanni a Piazza Venezia.

La legge cosiddetta “salva Roma” chiede di adottare modelli innovativi per la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale anche ricorrendo alla liberalizzazione; di procedere a fusioni di partecipate che svolgono funzioni omogenee e alla dismissione o messa in liquidazione di quelle che non risultino avere un fine sociale, di valorizzare e dismettere quote di patrimonio immobiliare, di verificare i costi unitari di fornitura dei servizi pubblici per portarli a livelli standard. Dove non sembra che sia propriamente una grande innovazione cedere a privati dei beni comuni, quando ci si dovrebbe invece cimentare finalmente nell’attuazione della nostra Costituzione che prevede che lavoratori e utenti di una azienda, produttrice di un determinato servizio, la possano condurre. Secondo la lista inviata dal Sindaco al Governo, rispondendo all’input negativo di segnalare le opere pubbliche bloccate, omologate come effetto di inefficienza e burocrazia, sembrano esserci 16 grandi opere (supercantieri li definisce la stampa) senza che vi sia una meditata ricognizione sull’impatto ambientale e il peso urbanistico complessivo di esse e nessuna valutazione sul fatto che alcune condizioneranno, se realizzate, la possibilità stessa di alternative più efficaci. Com’è noto il passaggio al tram, alla bici, il gusto di potersi muovere a piedi sarà impossibile se non si fermerà il flusso imponente dei pullman turistici e i movimenti delle auto e moto alimentato da molte di tali supposte priorità.

NUOVE FORME DI MOBILITA’ SOSTENIBILE

Perciò il dibattito e le analisi debbono spostarsi da questo ambito a quello più proprio della valutazione delle iniziative che altre capitali europee prendono per la riduzione drastica dell’uso delle auto e per dar vita a forme di mobilità sostenibile. Una maggiore attenzione dovrebbe essere posta sia ai differenti modelli di organizzazione urbana che alla struttura del trasporto pubblico, per tener conto di specifiche condizioni. Nel nostro caso esse sono il peso del pendolarismo e del turismo e lo studio delle discontinuità in atto nei comportamenti di consumo della città e della mobilità. Insomma, la priorità deve tornare ad essere l’abitare la città, di cui il circolare è corollario, ribaltando l’impostazione corrente, ossia la priorità della circolazione ad ogni costo, che conduce agli esiti tragici cui stiamo assistendo. Prima la morte della città che si disperde nell’hinterland, poi la morte della stessa automobile che si immobilizza nella congestione, infine i costi per cui si lavora buona parte del tempo per potersela pagare. Ovvero per poter andare a lavorare. In questo senso anche le isole ambientali tornerebbero ad essere veramente a misura di persona, modellate sulle attività umane e non semplicemente una nicchia accerchiata da strade di grande scorrimento o, come si dice eufemisticamente, da maglie di rete viaria principale.

NUOVE FORME DI COORDINAMENTO NELLA GESTIONE DI UNA MOBILITA’ SOSTENIBILE

E’ possibile e urgente intervenire subito, prefigurando quel disegno complessivo di cui c’è grandissimo bisogno. Intanto decidendo che i mezzi Atac, Cotral, FS e Ferrovie concesse,ecc. si coordinino, integrino i percorsi e le rispettive informazioni agli utenti, in modo da avviare la costruzione di un sistema integrato, a rete, a ragnatela; che vi sia un sistema di infomobilità comune e diffuso e conseguentemente tariffe unitarie con adeguate agevolazioni ed esenzioni; che le stazioni ferroviarie e metropolitane diventino nodi dell’intermodalità e si amplino le ore di trasporto delle bici; che i pullman si fermino all’esterno del Gra nei nodi di scambio. Analogamente, all’interno dei Gra e nel Centro della città interventi immediati possono essere la dissuasione della sosta alle fermate dei bus, l’accessibilità ai mezzi pubblici; la continuità da capolinea a capolinea delle corsie preferenziali; la liberazione dei marciapiedi; il disegno di percorsi ciclabili dove le strade lo permettono e in occasione della loro manutenzione; la realizzazione di parcheggi per biciclette nei condomini, davanti alle scuole, ai servizi pubblici, nelle strade commerciali, l’avvio di car pooling e sharing seri e ben impostati con facilitazioni e incentivi. Nel medio periodo si potrà migliorare l’offerta su ferro, e lo stato dei bus, ampliare le corsie preferenziali, dare attuazione integrale al Piano della ciclabilità, curare orari e modalità di viaggio attenti alla differenza di genere e alle difficoltà di muoversi di tante persone, riordinare il sistema taxi per farne elemento flessibile e terminale del trasporto pubblico, organizzare la distribuzione delle merci di notte. E iniziare la progettazione partecipata di importanti strutture di base come la tramvia sul lungotevere di sinistra o il nodo di San Giovanni. Le idee ci sono e sono note, l’amministrazione comunale ha la responsabilità di darvi seguito

5. Il problema insoluto della produzione, della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti

Il problema insoluto della produzione, della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti

dal “sistema Malagrotta” al traguardo Rifiuti Zero 2020

Massimo Piras

Presidente Ass. Zero Waste Lazio

PREMESSA

Tuttora vige nel Lazio la Legge regionale n. 27/1998, una normativa superata dal Dl Lgs. n. 36/2003 e dal T.U. ambiente n. 152/2006, che testimonia l’illegittimità in cui opera da anni la Regione Lazio e l’anomalia giuridica con cui è stato costruito l’attuale Piano Rifiuti Regionale che fa riferimento alle norme nazionali e non a quelle regionali, che dovrebbero essere il quadro normativo di riferimento al Piano rifiuti regionale stesso a cui RomaCapitale apporta circa il 60% in termini di produzione annua di rifiuti urbani ed assimilati.

Negli ultimi anni si riscontrano infatti i seguenti passaggi istituzionali:

La decadenza del Piano rifiuti Marrazzo e dello stesso ex presidente di centrosinistra che, dopo proclamazione della fine del commissariamento decennale del Lazio, lascia una situazione di raccolta differenziata pari al 15%,

La ascesa al potere della giunta di centrodestra di Renata Polverini che, dopo due anni di inerzia totale sulla gestione della discarica di Malagrotta e nonostante i proclamati annunci a favore della raccolta differenziata, si limita ad emettere uno studio preliminare con annessa ordinanza per l’individuazione di tre discariche in sostituzione della ripetutamente annunciata chiusura di quella di Malagrotta, individuando aree nei Comuni di Fiumicino, Riano, Roma Mun8 – Corcolle;

La approvazione nel 2011 del nuovo Piano rifiuti regionale della giunta Polverini, elaborato nella prima parte come progetto di riallineamento alla gerarchia europea in vigore anche se privo di specifiche linee guida industriali e finanziarie, stabilisce finalmente che la tipologia di raccolta dei rifiuti a Roma e nei Comuni laziali della fascia A (sopra i 30mila abitanti) è quella di tipo “domiciliare” o “porta a porta” supportata da Ecocentri a servizio dei rifiuti ingombranti ed urbani pericolosi non previsti in forma domiciliare;

La stipula nel 2012 del cosiddetto “Patto per Roma” tra il ministro Clini, il commissario straordinario Sottile, il sindaco Alemanno, il presidente della provincia Zingaretti e la presidente della regione Polverini in cui si fissano risorse aggiuntive da parte del Ministero ambiente (pari a circa 10 milioni euro/annui sino al 2016), risorse messa a disposizione dal CONAI per il ritiro di materiali differenziati (pari ad almeno 30milioni di euro/annui) legate al raggiungimento degli obiettivi R.D. del 30% al 2012 – 40% al 2013 – 50% al 2014 – 60% al 2015 e 65% al 2016.

L’elezione del sindaco Ignazio Marino nel 2013, che eredita una situazione di cronica emergenza, dovuta a molti fattori diversi che si sono intrecciati perversamente nel tempo, e che ne condiziona per oltre un anno l’attività amministrativa nel settore tra cui i principali sono:

il nodo irrisolto con la C.E. per la presenza della megadiscarica di Malagrotta e di un “sistema” monopolistico bloccato dalla gestione di Cerroni e co. sulla raccolta e conferimento di rifiuti “talquale” per alimentare la filiera TMB x produrre CDR – Inceneritori di Colleferro e S. Vittore - discarica di Malagrotta, lasciando la raccolta differenziata a livelli sotto il 15% sia a Roma che nel Lazio con decine di società collegate (Pontina Ambiente per la discarica di Albano laziale / Eco Italia 87 per la discarica di Guidonia / Ecoambiente srl per la discarica di Borgo Montello LT / Ecologia Viterbo per la discarica di Viterbo);

mancato avvio di una profonda operazione di risanamento aziendale di AMA Spa, che oggi presenta una situazione pre-fallimentare accumulata nel tempo con un bilancio pesantissimo in termini di esposizione bancaria per investimenti sbagliati e strategie di management fallite, una dotazione di personale molto esuberante a seguito di decenni di assunzioni clientelari, una cronica mancanza di impiantistica dedicata al trattamento dei rifiuti indifferenziati e specialmente al recupero della frazione organica con il ricorso perenne agli impianti del CO.LA.RI di Cerroni od a gare di appalto esterne a costi proibitivi;

la assoluta dipendenza politica delle giunte precedenti dalle esigenze e dai piani del “sistema” Cerroni, che ha di fatto gestito tutte le scelte industriali ed impiantistiche di Roma legandole ai suoi interessi, e la assenza del ruolo di indirizzo politico della giunta capitolina nelle scelte imprenditoriali di AMA Spa. Si è assistito negli ultimi anni alla sperimentazione di sistemi di raccolta del tutto contraddittori, con l’effetto di far apparire la Raccolta differenziata come una pratica difficile ed inutile sino a far rimpiangere il pessimo cassonetto, in cui AMA ha sperimentato ben sei diverse modalità di gestione per la raccolta differenziata, scelte su cui ha pesato l’ipoteca lasciata dalla precedente gestione con l’acquisto di 45mila nuovi cassonetti stradali e di decine di autocompattatori a caricamento laterale.

Di contro anche la cosiddetta società civile nel tempo ha fatto le sue mosse:

la vertenza aperta dagli amici del Comitato Malagrotta che con fasi alterne a visto numerosissime iniziative sia di protesta pacifica e determinata che azioni molto significative nell’attivare le procedure di infrazione presso la C.E. e la Corte di giustizia europea che hanno portato dopo anni al risultato della condanna e delle relative sanzioni al governo italiano per la plateale illegalità nel conferimento di rifiuti “talquali” su una superfice di circa 240 ettari di ex cave di sabbia della Valle Galeria dagli anni 60 sino alla sua chiusura finale alla fine del 2013 ad opera della giunta Marino;

l’avvio nel 2007 del progetto “sperimentale” di raccolta “porta a porta” in tre quartieri di Roma (Decima – Colli Aniene – Massimina) che consegue un successo forse inaspettato per AMA spa e che costringe al suo allargamento nel 2009 ad altri tre quartieri di (Trastevere – Villagio Olimpico – Torrino) ma che complessivamente ha interessato solo 70.000 abitanti su 2,5 milioni totali = il 2,8 % delle utenze con oltre il 65% di obiettivo di differenziazione raggiunta in pochi mesi;

Il lavoro partito nel 2011 di elaborazione di una Delibera di iniziativa popolare denominata “Roma verso Rifiuti Zero” con un documento allegato di Linee guida elaborato da Zero Waste Lazio e l’organizzazione di un Comitato promotore Diamocidafare che ha supportato una Campagna di sei mesi di raccolta firme in tutta la città conclusa con il deposito della Delibera a giugno 2012 in Campidoglio con oltre undicimila firme di romani.

la istituzione ad ottobre 2013 del Tavolo tecnico di confronto con la delegazione guidata da Zero Waste Lazio e quella di RomaCapitale guidata dall’assessore ambiente e rifiuti Estella Marino, con il risultato di approvare ad aprile 2014 una bozza condivisa di Delibera di giunta municipale che ha raccolto lo spirito e gli obiettivi della Delibera di iniziativa popolare pur aggiornandone le normative, le tempistiche e concordando limitate modifiche al testo depositato.

LA SITUAZIONE ATTUALE A ROMA

Il progetto sperimentale di R.D. porta a porta finalmente stà passando da progetto di nicchia, che ha visto dal 2007 impegnati pochi quartieri pur avendo conseguito ottimi risultati, ad una fase nuova derivata dalla firma nel 2012 del cosiddetto “Patto per Roma”. Un atto che stanzia risorse aggiuntive per Roma ed insieme fissa il raggiungimento degli obiettivi di RD, prevedendo quello del 65% al 2016, e sulla base del quale è stato predisposto uno studio di fattibilità, redatto dal Dipartimento Ambiente / AMA Spa / CONAI. Tale progetto però prevede la suddivisione in 155 Zone Territoriali Ottimali, i cui i criteri sono oggi incompatibili con gli obiettivi della Delibera “Roma verso Rifiuti Zero” e debbono essere oggetto di profonda revisione, dal momento che si è stabilito che il sistema di raccolta generalizzato a regime nel 2020 debba essere quello domiciliare o “porta a porta”. E’ evidente quindi che oggi permane ancora, nonostante i continui aggiornamenti da parte della giunta Marino, la previsione preponderante del sistema di raccolta stradale è ancora prevista per il 60% circa degli utenti mentre il sistema domiciliare è rimasto limitato ad un 40% degli utenti. Si sottolinea come tali previsioni fossero già in contrasto nel 2012 con quelle del Piano di gestione regionale dei rifiuti vigente, laddove al punto 9.3.1. della sezione Rifiuti urbani si prevede per Roma la esclusiva tipologia di “raccolta domiciliare”.

Il sindaco Ignazio Marino ha preso un impegno in campagna elettorale per sostenere il percorso Rifiuti Zero e lo stesso impegno è riconfermato dal lavoro del suo assessore all’ambiente Estella Marino nel tavolo tecnico di confronto con Zero Waste Lazio a supporto delle “Linee guida” allegate alla delibera stessa. Tale impegno potrebbe vedere finalmente una larghissima maggioranza se non l’unanimità dell’Aula Capitolina votare per questo percorso di “rivoluzione pacifica”, visto che anche il precedente sindaco Gianni Alemanno e la sua maggioranza si erano già impegnati pubblicamente ad aderire alla Strategia Rifiuti Zero durante la presenza a Roma nel 2011 di Jack Macy - responsabile commerciale della città di S. Francisco U.S.A.

Ricordiamo che la città di S. Francisco oggi ha raggiunto circa l’80% di R.D. con un bacino di 6 milioni di abitanti compreso l’hinterland – metropoli in cui le metodiche di R.D. porta a porta sono applicate sia ai grattacieli che alle villette a schiera, a conferma dalla flessibile attuabilità del sistema in ambito metropolitano, in cui sono state adottate le tecnologie impiantistiche di selezione e trattamento “a freddo” dei rifiuti sia della frazione secca che di quella umida.

Ritenuto che Roma Capitale ed AMA siano orientate verso una scelta alternativa convinta di riconversione dell’attuale ciclo di gestione dei rifiuti, anche per la dicotomia tra il contenuto del Piano regionale ed i programmi attuali dell’AMA, e tenendo presente che oggi Roma produce 1,87milioni di tonnellate annue di rifiuti urbani e rifiuti speciali assimilati agli urbani si debbono affrontare i seguenti nodi:

1. La situazione dell’impiantistica di selezione di AMA Spa per il riciclo di multimateriale stradale differenziato è tuttora del tutto inadeguata rispetto perfino alla situazione attuale. Sono in esercizio soltanto due impianti di selezione per il riciclo del multimateriale (uno a Rocca Cencia da 100 ton/gg e l’altro a via Laurentina – Pomezia 70 ton/gg), quindi con una capacità complessiva dichiarata di circa 60mila ton/anno contro le oltre 500mila ton/anno teoriche di frazione secca differenziata, in base ad un annunciato 40% di R.D a fine 2013. Quasi tutto il quantitativo di questi materiali differenziati ed ingombranti infatti viene affidata in sub-appalto ad una catena di piattaforme private convenzionate con i Consorzi di riciclo con ulteriori costi che gravano sul bilancio interno.

2. Stessa situazione rispetto all’impiantistica per il trattamento del rifiuto indifferenziato con produzione C.D.R., in quanto sono attualmente in esercizio due impianti AMA (uno a Rocca Cencia e l’altro a via Salaria entrambi con capacità dichiarata da 750 ton/gg) che risultano autorizzati a trattare sino a 468mila ton/anno. Tenendo conto che alla capacità specifica di AMA si aggiungano anche i due impianti di Co.La.Ri. a Malagrotta per un totale autorizzato di 467mila ton/anno, si arriva a determinare una capacità totale per Roma pari a 935mila ton/anno che sembra sia pari ai rifiuti indifferenziati “talquale” da trattare pari a circa un milione di ton/anno. L’inserimento nella Delibera “Roma verso Rifiuti Zero” dell’attuazione del principio di “recupero di materia” pone oggi il tema impellente di iniziare la riconversione di questi impianti per interrompere con la necessaria gradualità la produzione di CDR destinata all’incenerimento che è incompatibile con la direzione indicata e con l’obiettivo di tutelare la salute e l’ambiente attraverso trattamenti “a freddo”.

La piena attivazione di tali impianti di trattamento del “talquale”, contestuale alla loro riconversione “leggera” per trasformare le linee di lavorazione della frazione secca da linee di produzione del CDR in linee per il recupero di materiali, assume centralità nella strategia a breve termine per garantire la minimizzazione degli impatti dello smaltimento, dato che ricordiamo che il CDR rappresenta solo un terzo mentre i due terzi dei rifiuti trattati finiscono comunque in discarica come scarti o Frazione Organica Stabilizzata.

3. Ultimo annoso capitolo è quello dell’impiantistica di compostaggio per la frazione umida, che è oltre un terzo del totale dei rifiuti urbani, di cui Roma produce oggi oltre 200mila ton/anno con la prospettiva a regime di oltre il doppio. Se questi impianti dovessero trattare la frazione umida differenziata e la frazione verde e stando al solo dato di R.D. del 2013 dovremmo avere impianti oggi per almeno 200mila ton/anno compresa la dichiarata raccolta dell’umido avviata dall’anno scorso presso bar e ristoranti. A fronte di questa quantità abbiamo un solo impianto di compostaggio in esercizio, quello di Maccarese (Fiumicino) per una capacità autorizzata di appena 31mila ton/anno !!! Quindi oggi è trattato solo il 15% della frazione organica differenziata mentre il resto viene avviato con costi salati di trasporto e trattamento in Emilia ed in Veneto.

In altre parole si tratta di potenziare notevolmente un rapporto con le aziende-Piattaforme CONAI esistenti a Roma e nel Lazio o nelle regioni limitrofe al fine di programmare un flusso di materiali riciclabili che configurino un’attività commerciale che al raggiungimento dell’obiettivo del 65% di R.D. a regime avrebbe, solo per la città di Roma, una portata di circa 3.000 ton/giorno pari ad 1 milione di ton/anno, da movimentare e da commercializzare, con introiti quantificabili in circa 70 €/ton in media cioè circa 60 milioni di euro annui di ricavi (Dati Accordo ANCI-CONAI 2014).

Si dimostra facilmente che con la riconversione della raccolta dei rifiuti urbani da modalità stradale al porta a porta si consegue come effetto immediato una Riduzione della quantità di rifiuti speciali abusivamente conferiti (inerti da ristrutturazione, imballaggi di attività commerciali, scarti di lavorazione artigianale, ecc.) normalmente oscillanti tra il 13% ed il 25% del R.U. totale. Prudenzialmente abbiamo inserito nel diagramma di flusso sottostante il valore minimo del 13%, oltre un 2% aggiuntivo derivato dalle buone pratiche connesse all’avvio della campagna di sensibilizzazione che precede l’avvio del porta a porta stesso (riduzione di imballaggi, bottiglie in plastica, pannolini usa e getta, organico compostato in casa, etc.). Il valore della Riduzione da buone pratiche è del tutto prudenziale, potendo conseguire valori oscillanti tra il 10 ed il 15% in fase di piena applicazione di un apposito programma di Riduzione attiva che rappresenta un punto fondamentale del presente Piano.

LA FASE TRANSITORIA DI RICONVERSIONE

Premesso che a Roma si è sperimentata da sette anni ed accertata la validità del sistema porta a porta in quartieri con diverse tipologie edilizie e con connotazioni urbane sia centrali ch