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[ovvero la prima guida] Introduzione di Lorenzo Jovanotti una guida completa per un viaggio overland

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E cco da dove tutto è cominciato. È il 1972, Tony e Maureen Wheeler, preso un anno sabbatico, partono da Londra su un malconcio minivan, guidano fi no a Kabul dove lo vendono per continuare

il viaggio verso l’Australia con ogni mezzo possibile, percorrendo tutta l’Asia attraverso l’“hippy trail”. Questo libro è la risposta alle molte curiosità dei loro amici che desideravano partire per la stessa avventura. Ed è di fatto la prima guida Lonely Planet. Tony e Maureen la scrissero, la disegnarono, la misero insieme, la pinzarono e la rifi larono a mano nel loro appartamento di Sydney. Non immaginavano certo che sarebbe stato l’inizio di qualcosa di grande. L’intenzione era spiegare come aff rontare “il” viaggio overland, con quattro soldi e zero scocciature. Across Asia on the cheap è un insieme di annotazioni, suggerimenti, consigli che accompagnano il viaggiatore passo per passo, comunicando soprattutto un grande entusiasmo e un vero coinvolgimento rispetto ai rapporti umani che si creano in un viaggio overland, una delle ragioni principali per partire.

La traduzione di questa prima guida è un modo per celebrare un doppio anniversario. Quarant’anni fa Tony e Maureen aff rontavano il loro primo viaggio e, nel 1992, la casa editrice EDT pubblicava le prime guide Lonely Planet in italiano. È una lettura che contiene già i capisaldi della fi losofi a Lonely Planet e rappresenta un album di ricordi interessante per capire quanto sia cambiato il mondo, per sottolineare ancora una volta il valore del viaggio e la necessità di avere informazioni affi dabili e autorevoli.

[ovvero la prima guida]

Introduzio

ne di

Lorenzo Jovanotti

una guida completa per un viaggio overland

Tutto quello che devi fare è decidere di partire

e la cos a più diffi cile è fatta. Quindi parti.

Tony Wheeler

Titolo originale Across Asia on the cheapa complete guide to making the overland trip with minimum cost and hassles

Attraverso l’Asia con pochi soldiuna guida completa per un viaggio overland con due soldi e zero seccature

Pubblicato nel 1973 da Lonely PlanetLonely Planet e il logo Lonely Planet sono marchi registrati

Scritto da Tony Wheeler (con l’aiuto di Maureen)Composizione tipografi ca Cathy QuinnStampato da Dave Bisset P.O. Box M322, Sydney

Traduzione dall’inglese di Flavia PeinettiStampato nel mese di aprile 2012 da Stampatre, Torino

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo, non è consentita senza la preventiva autorizzazione scritta dell’editore

© 2012 per l’edizione italiana EDT srl17, via Pianezza - 10149 [email protected] 978-88-6040-950-8

www.lonelyplanetitalia.itfacebook.com/lonelyplanetitalia

twitter.com/lonelyplanet_it

Titolo originale Across Asia on the cheapa complete guide to making the overland trip with minimum cost and hassles

Attraverso l’Asia con pochi soldiuna guida completa per un viaggio overland con due soldi e zero seccature

Pubblicato nel 1973 da Lonely PlanetLonely Planet e il logo Lonely Planet sono marchi registrati

Scritto da Tony Wheeler (con l’aiuto di Maureen)Composizione tipografi ca Cathy QuinnStampato da Dave Bisset P.O. Box M322, Sydney

Traduzione dall’inglese di Flavia PeinettiStampato nel mese di aprile 2012 da Stampatre, Torino

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo, non è consentita senza la preventiva autorizzazione scritta dell’editore

© 2012 per l’edizione italiana EDT srl17, via Pianezza - 10149 [email protected] 978-88-6040-950-8

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I

Il viaggio continua di Lorenzo Jovanotti

Non sapevo che la Lonely Planet fosse iniziata così, con questo libretto che sembra un invito a un party underground, un volantino di un’avanguardia artistica, queste poche pagine che hanno l’aria di una ‘fanzine’. Ora mi spiego un sacco di cose, anche, e soprattutto, il grande successo che poi è arrivato e che ha trasformato il nome “Lonely Planet” in una di quelle parole che basta pronunciarle perché ti si apra un mondo.

La ragione mi pare evidente: passione, talento, ricerca, amore. È chiaro sfogliando questa ‘protolonelyplanet’ che all’origine di tutta la storia c’è una passione vera, non un freddo progetto editoriale per entrare in una nicchia di mercato, un gesto creativo, pieno di vitalità, di meravigliosa ingenuità. È un inizio, ma è quel tipo di inizio che genera universi.

Il giovane Tony Wheeler non era un businessman ma un viaggiatore che ha sentito di voler condividere le sue visioni attraverso quello slancio di sana immodestia che, per esempio, porta un giovane musicista che strimpella accordi da solo nella sua stanza a volersi fare ascoltare dagli altri. È la forza delle idee, è da sempre così che funziona.

Non so quanta ce ne sia come me, di gente che ama sfogliare una Lonely Planet anche di paesi dove non prevede di andare. Non è come leggere un manuale di istruzioni di una macchina che non si possiede (c’è qualcuno che lo fa? può darsi), per me è come leggere gli elementi di un racconto per poi trovarmi coinvolto nella storia.

Una volta feci un semplice esperimento per verifi care la qualità delle guide più celebri al mondo. Ero in America e ho comprato la ‘Lonely’ dell’Italia e anche quelle più specifi che della Toscana e di Roma, che sono posti che conosco bene perché ci vivo o ci ho vissuto. Mi è piaciuto un sacco leggerle a 7000 km di distanza e scoprire che erano fatte davvero bene, che è vero che le cose che consigliano sono appropriate, dai ristoranti ai bed and breakfast, ci si può fi dare. Ne avevo la prova.

Ho scaff ali interi di Lonely Planet, molte sono consumate, quelle dei posti visitati, e alcune ancora nuove di zecca, per esempio quella dell’Etiopia e dell’Eritrea dove vorrei andare e quella della Siberia e della Guyana francese.

II

Poi ho i libroni fotografi ci, le guide specifi che per chi va in bici, quelle ‘on a shoestring’ per i viaggiatori a basso budget, e ogni tanto di sera ne prendo una a caso e la leggo come fosse una favola, o un grande romanzo che cambia sempre.Credo nella potenza dei nomi, da sempre, nella musica delle cose, e credo in quella forma di scrittura che si fa camminando per il mondo. Si scrive con la penna sul foglio, con la tastiera sul monitor, con lo spray sul muro, con il dito nella sabbia ma più di ogni altra cosa si scrive attraverso le linee che tracciano i nostri passi, le ruote delle nostre bici e le ali dei nostri aeroplani.

Andare in un paese dove altri sono già stati non vuol dire perdere il senso dell’esplorazione, perché le cose che ci accadono lo fanno sempre per la prima volta. È sicuro che Ernest Shackleton o Walter Bonatti non avevano una Lonely Planet nello zaino, ma è chiaro che per quanto una guida ben fatta possa essere dettagliata, la vita che succede viaggiando con lo spirito giusto è sempre di prima mano ed è sempre una grande scoperta. Ne ho le prove.

Una volta uno mi fece la classica domanda, si parlava di viaggi: “È più importante il viaggio o la meta?”, mi uscì l’unica risposta possibile: “L’importante è perdersi, come è successo ad Ulisse e a Pinocchio, il resto è turismo”.

Una Lonely nello zaino o nel trolley o in valigia o nella borsa costosa o nella 24 ore o nella tasca dello smoking non è uno strumento per non perdersi ma per perdersi per davvero, casomai, quindi per andare a cercare la vita oltre alle infomazioni, ai consigli, alle precauzioni (utilissime), ai nomi delle strade e ai menu turistici dei ristoranti, non senza di essi, ma oltre.

E ora che succede? Nell’era della rete cosa ne sarà delle ‘guide’ di carta?La risposta è nascosta dentro a questo vecchio libretto di un’epoca in cui non esisteva la grande industria dei viaggi e, come sempre succede nei momenti critici, è recuperando quell’emozione iniziale che si può andare oltre, vedere cosa può esserci dopo.

Il viaggio continua, è chiaro.Buon viaggio!

III

Quest’anno ricorrono due anniversari: da vent’anni EDT pubblica l’edizione italiana delle guide Lonely Planet e quarant’anni fa Maureen e io partimmo per il viaggio che ci portò a scrivere Across Asia on the Cheap, la prima guida Lonely Planet. Quando salimmo sul traghetto che dall’Inghilterra ci avrebbe portato in Olanda, non avevamo idea che quello in cui ci stavamo imbarcando non era un viaggio che sarebbe durato i successivi 12 mesi ma il resto delle nostre vite. O che al nostro peregrinare si sarebbero aggregati i milioni di persone che hanno esplorato il mondo con le guide Lonely Planet, quelle persone che consideriamo i nostri compagni di viaggio. Il nostro piano in origine era semplice: avremmo comprato una vecchia macchina a Londra, l’avremmo portata il più lontano possibile in direzione est, avremmo continuato con qualsiasi mezzo di trasporto fosse saltato fuori, saremmo arrivati in Australia dopo sei mesi circa, dopo di che avremmo lavorato qualche mese per risparmiare abbastanza denaro per poter ritornare in Europa in aereo.

Doppio anniversario di Tony Wheeler

IV

Per molti mesi tutto andò benissimo. Attraversammo l’Europa – e un buon pezzo dell’Italia, prima di prendere un traghetto che attraversato l’Adriatico ci portò a Dubrovnik – passammo in Asia a Istanbul, all’epoca in cui per attraversare il Bosforo si doveva prendere un traghetto, perché ancora non c’era il ponte. Quindi guidammo per tutta la Turchia e l’Iran fi no a Kabul, in Afghanistan, dove vendemmo la nostra vecchia macchina (che non ci aveva mai tradito), guadagnandoci anche qualcosa. All’epoca si passava il tempo al ristorante Sigis su Chicken St dove si poteva trovare del vino rosso prodotto da italiani con uve che crescevano sul Khyber Pass. Sono tornato recentemente in Afghanistan: Chicken St c’è ancora, ma Sigis ha chiuso da molto tempo e di certo oggi non si trova più nessun vino di produzione locale. Continuammo poi attraverso Pakistan, India e Nepal e quindi giù per tutto il Sud-est asiatico prima di riuscire a scroccare un passaggio su una barca da diporto da Bali fi no in Australia, dove approdammo sul remoto Northwest Cape in Western Australia. Quindi era andato tutto secondo i piani, eccetto per un unico, grosso problema. Ci eravamo talmente divertiti che non avevamo più intenzione di lavorare solo qualche mese per precipitarci di nuovo a Londra. E così il viaggio che doveva durare un anno si prolungò per altri due e durante i dodici mesi che passammo a lavorare – e a risparmiare per continuare a viaggiare – a Sydney scrivemmo e pubblicammo il nostro primo libro raccontando il viaggio dall’Australia all’Europa. Era primitivo, era dilettantesco, ma era l’inizio della Lonely Planet. È quello che avete in mano ora.

gennaio 2012

V

Vent’anni fa EDT riuscì – con qualche diffi coltà – a rintracciare Tony e Maureen Wheeler in giro per il mondo e a convincerli che eravamo le persone giuste per portare fi nalmente in Italia la straordinaria esperienza delle loro guide. A quell’epoca eravamo sicuramente pionieri in un’impresa del genere nel mercato italiano, ma l’idea di un’avventura così ci aveva letteralmente sedotti: e fu l’inizio del nostro viaggio.La piccola redazione di EDT, fi no ad allora impegnata nell’altra grande passione editoriale, la musica, si trovò tutto a un tratto di fronte a un compito durissimo: non soltanto tradurre fedelmente l’originale inglese, ma arricchirlo di tutte quelle informazioni specifi che e indispensabili per organizzare il nuovo modo di viaggiare degli italiani. Ma un particolare rivoluzionario, su tutta la ricchezza di novità che quelle guide introducevano nel nostro panorama, fu decisivo per la scelta: ogni guida veniva aggiornata al massimo due anni dopo la sua pubblicazione e messa fuori commercio per essere sostituita da una nuova edizione frutto di un nuovo viaggio alla scoperta di nuovi percorsi. Un’autentica rivoluzione per il mondo delle guide, anche di quelle più blasonate.

Dopo mesi di durissimo lavoro, nella primavera del 1992 apparvero nelle librerie le prime due Lonely Planet italiane: Bali e Lombok e Tunisia. Da allora molte cose sono cambiate – la fabbrica artigianale si è trasformata

1992-2012 Vent’anni di Lonely Planet in italiano

L’evoluzione grafi ca del primo titolo in italiano

1a ed. italiana 1992 4a ed. italiana 2001 6a ed. italiana 2006 9a ed. italiana 2012

VI

in un’agguerrita équipe di molte decine di redattori e traduttori, il numero annuale di novità ha raggiunto il centinaio mentre il catalogo è cresciuto fi no a coprire, con i suoi 256 titoli, praticamente tutti i continenti. Nuove collane di libri mirati alla conoscenza del mondo si sono affi ancate alle guide, autori italiani si sono uniti alla squadra, è nato il web con i suoi prodotti digitali: il metodo, la passione, gli obiettivi – a vent’anni dall’inizio di questa avventura – sono rimasti quelli di allora.

Questo piccolo libro, che è stato la prima guida Lonely Planet in lingua inglese – scritta quarant’anni fa da Tony e Maureen Wheeler sulla base degli appunti raccolti durante il loro lungo viaggio, quasi tutto via terra, che da Londra li ha portati in Australia – vuole essere un omaggio ai lettori italiani che potrà ricordare loro quanta strada è stata fatta da allora non solo nella diff usione del marchio australiano (oggi esistono edizioni Lonely Planet anche in francese, spagnolo, tedesco, cinese, russo, giapponese, portoghese) ma soprattutto nella radicale trasformazione del modo di viaggiare. Rifare oggi quel viaggio alla luce dei cambiamenti del costume nostro e degli altri popoli (erano di là da venire, all’inizio degli anni Settanta, i cellulari, il web e i low cost, tanto per dire) potrebbe essere un’esperienza di straordinario interesse, da tentare.Buona lettura

L’editore

essere

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across ASIA on the cheap

PERCHÉ?PERCHÉ?

Il viaggio overland attraverso l’Asia è diventato talmente popolare negli ultimi cinque anni che sembra quasi aver scavato un solco sulle cartine. Pochi sono consapevoli che per il prezzo che si paga a salire su un aereo a Sidney oggi e sbarcare a Londra domani, si possono trascorrere mesi assolutamente piacevoli, osservando una gran parte delle culture esistenti sulla terra e approdare infi ne a Londra! Le autorità afghane hanno citato dei dati statistici incredibili sul numero di visitatori che giungono via terra ai loro confi ni, eppure il viaggio conserva un’aura tra l’avventuroso e il mistico e molti dei paesi che si attraversano sono veramente poco toccati dal turismo.

Per affrontare questo viaggio oggi non è più necessario essere avventurieri pronti a tutto. Se volete evitare inconvenienti e problemi potete unirvi a una delle molte spedizioni overland che garantiscono comfort e sicurezza per tutto il viaggio. Se, però, non vi importa di rinunciare alle comodità, potrete diventare una delle migliaia di persone che si sono liberate dalla trappola di un lavoro fi sso dalle nove alle cinque. Un anno di duro lavoro in Australia basterà tranquillamente a fi nanziare due anni di vagabondaggi attraverso l’Asia.

Tutto quello che dovete fare è decidere di partire e la parte più diffi cile del viaggio sarà alle vostre spalle. Allora, partite e basta.

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COSTICOSTI

Per darvi un’idea dei costi di trasporto totali, indichiamo qui un viaggio diretto dall’Australia all’Europa con i prezzi approssimativi dei biglietti. Se potete ‘provare’ di essere uno studente, in alcuni casi potrete tagliare considerevolmente.

Per quanto è stato possibile abbiamo indicato i prezzi in dollari australiani, ma i prezzi possono salire e scendere a seconda del tasso di cambio – anche del 5%, in realtà. Le compagnie aeree spesso utilizzano tassi sfavorevoli all’utente quando convertono i loro prezzi dal dollaro statunitense ad altre valute.

Darwin – Bali Merpati Airlines $ 88Bali – Surabaja autobus $ 2Surabaja – Djakarta treno $ 2Djakarta – Singapore nave e lancia $ 20Singapore – Penang treno o autobus $ 8Penang – Bangkok treno o autobus $ 6Bangkok – Calcutta Thai International $ 76Calcutta – Delhi treno $ 5Deviazione per Kathmandu autobus $ 3Delhi – Amritsar treno $ 1Amritsar – confi ne – Lahore autobus, taxi ecc. $ 1Lahore – Peshawar treno o autobus $ 1Lahore – Kabul autobus $ 1,50Kabul – Kandahar – Herat autobus $ 3Herat – confi ne iraniano autobus $ 1,50Confi ne iraniano – Mashed autobus $ 1,50Mashed – Teheran autobus o treno $ 3,50Teheran – Tabriz – Erzurum autobus $ 9Erzurum – Istanbul treno $ 6

TOTALE $ 239

Per andare da Istanbul a Londra si possono utilizzare diverse linee di autobus non uffi ciali a un costo di circa A$30. Se notate, la maggior parte dei costi elencati sopra è quella relativa ai due voli aerei; tutti i trasporti da Calcutta fi no in Europa non costano più di $30! Naturalmente, ci sono molti altri modi di arrivare a destinazione – tutti descritti in questa guida. Ai costi del viaggio vanno sommati quelli per dormire, mangiare e per le spese sul posto. Singapore e Bangkok sono forse le uniche due città tra l’Australia e l’Europa in cui due persone che condividono la stanza di un hotel decente dovranno spendere più di un dollaro per notte. Sembra impossibile? Non lo è.

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INDICE

COME? 4 Viaggio organizzato Con un proprio mezzo di trasporto Treni e imbarcazioni e autobus… e autostopPEZZI DI CARTA? 11 Documenti Tessere studentesche Visti Fotografi e AmbasciateSALUTE? 14 Vaccinazioni Medicine Cibo StupefacentiQUANDO E CON CHE COSA? 18 Quando e quanto a lungo Soldi Che cosa portare e come Pellicole e macchine fotografi che Agenti di viaggioON THE ROAD? 24 La gente Ladri Comprare e vendere Posta RigiditàUN PO’ DI CULTURA? 30 Libri Cartine ReligioniSI PARTE! 36 Partire dall’Australia 36 Timor portoghese 37 Indonesia 38 Singapore 47 Malaysia 49 Thailandia 53 Birmania 57 Altri paesi asiatici 60 Nepal 63 India 69 Pakistan 77 Afghanistan 81 Iran 86 Percorsi alternativi dall’Iran 93 Turchia 95 Arrivo in Europa 103

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COME?

VIAGGIO ORGANIZZATOVIAGGIO ORGANIZZATOCi sono molte agenzie che organizzano viaggi overland e con loro potete pianifi care l’intero vostro itinerario prima della partenza. Da Kathmandu a Londra costerà come minimo A$300, esclusi i pasti e alcuni pernottamenti. Quindi, è ovvio che se lo pianifi cate da soli pagherete meno: i vantaggi di un viaggio organizzato sono altri.

Viaggiando in questo modo eviterete gli inevitabili inconvenienti e le scocciature che comporta servirsi dei trasporti pubblici. E non avrete neppure i problemi di un vostro mezzo di trasporto: assicurazione, documenti e il rischio di guasti in qualche posto infelice. Da questo punto di vista avrete il meglio di entrambi i mondi: gli autisti in genere sanno il fatto loro e hanno attraversato l’Asia più spesso di quanto voi siete andati al negozio all’angolo e sapranno sempre cosa sta succedendo e dove conviene fermarsi. Quindi non vi perderete nulla di quello che sta capitando in quel posto e probabilmente vedrete una quantità di cose insolite che chi viaggia da solo si perderebbe.

Anche il viaggio di gruppo ha dei pro e dei contro – non è come un viaggio tutto compreso, ma siete in qualche modo legati. Se scoprite che Herat è una città che cattura tutto il vostro interesse e che vorreste fermarvi qualche giorno (o settimana o mese), beh, peccato, è prevista solo la tappa di una notte. Un altro problema, spesso sottovalutato, sono i compagni di viaggio: sarete costretti a stare a stretto contatto con loro per uno o più mesi e se nel gruppo c’è qualcuno che non sopportate le occasioni in cui non lo sopporterete saranno tantissime.

Uno dei risultati di quel bel gioco che è un viaggio overland, è che fatto una volta, potete giurarci, lo rifarete ancora. E potete sempre unirvi a un gruppo o a un tour organizzato all’andata e poi tornare per conto vostro. Se decidete di partecipare a un tour, ci sono alcune indicazioni da tenere presente. Fate attenzione a che cosa comprende il prezzo richiesto, ad esempio quanti pasti e quanti pernottamenti sono inclusi. In alcuni dei viaggi organizzati, dalla Turchia in poi si dorme in tenda, risparmiando così il costo dell’albergo, e si suddividono le spese del vitto con un sistema di cassa comune e pasti cucinati e consumati tutti insieme. Scoprite quale tipo di veicolo contano di usare in viaggio – cinquanta persone su un autobus diffi cilmente passano inosservate in un piccolo villaggio, senza contare che un gruppo così numeroso è ingovernabile. Dieci o dodici persone su un minibus è senz’altro la soluzione da preferire.

Se scegliete un’agenzia di viaggi poco conosciuta, fate attenzione. Un gran numero di autobus semplicemente non è in grado di portare a termine il viaggio. Giusto due esempi in cui siamo incappati l’anno scorso: in Turchia tutti i partecipanti di un tour su due autobus sono stati costretti a pigiarsi in un mezzo solo. Un autobus aveva avuto un guasto e la società non aveva abbastanza soldi per ripararlo, e anche solo portare l’autobus rimasto fi no

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in India era economicamente un azzardo. A Teheran tre autobus pieni di turisti (per lo più australiani) sono rimasti fermi per tre settimane mentre uno dei mezzi era in riparazione. A parte il fatto che Teheran non è la città più entusiasmante del mondo dove restare per tre settimane, da quel momento in poi il viaggio avrebbe dovuto per forza procedere a tappe forzate e chi aveva prenotato collegamenti aerei con date fi sse li avrebbe senz’altro persi. Quindi state attenti, perché una volta pagata la vostra quota sarete praticamente impotenti; se l’autobus si rompe a metà strada, tutte le vostre precauzioni contano assai poco. Se andate verso ovest, comunque, dovreste essere più tranquilli, perché gli autobus devono per forza tornare al punto di partenza, giusto? In effetti, potreste trovare molto conveniente aspettare a Kathmandu che arrivi un ‘overland tour’ con qualche posto libero. Chi ha poco tempo non si prende la briga di andare in un uffi cio australiano per fare le pratiche del viaggio di ritorno, quindi in genere c’è disponibilità alla contrattazione. Alcuni piccoli operatori turistici sono personaggi interessanti, ma alla lunga è probabilmente più sicuro puntare su un’organizzazione consolidata che debba tenere fede alla propria fama e che garantisca veicoli con la giusta manutenzione.

Principali organizzazioni per il viaggio overland:Principali organizzazioni per il viaggio overland:SUNDOWNERS: I loro viaggi impiegano 72 giorni da Kathmandu a Londra o 8 giorni in più per quelli che, lasciata la Turchia, passano per la Russia. Da Kathmandu i costi vanno da A$345 a A$385 a seconda della stagione o A$425 con la deviazione in Russia. I veicoli usati sono grandi autobus che offrono un po’ di spazio per muoversi perché portano solo 36 passeggeri. Da Sydney aggiungete A$360 ai costi del tour per il trasporto fi no a Kathmandu.

HUGHES OVERLAND: Utilizzando dei Ford Transit o delle Land Rover, Hughes segue un itinerario interessante. Il prezzo include un viaggio via mare da Penang, in Malaysia, a Madras, in India, e poi in direzione nord fi no in Nepal. Lungo l’itinerario previsto, che parte da Sydney e dura 120 giorni, vedrete molte più cose dell’India e del Sud-est asiatico, ma per il tratto da Kathmandu Hughes impiega lo stesso tempo delle altre agenzie. I costi da Singapore vanno da A$700 a A$750 a seconda del periodo dell’anno, a cui si aggiungono A$200 se si parte dalla costa est australiana.

FRONTIER INTERNATIONAL: Un’immagine familiare per chi viaggia overland è quella dei Transit arancioni di questa compagnia. Frontier organizza viaggi da Kathmandu che costano A$310 e durano 60 giorni.

OVERTREK: Anche Overtrek utilizza minibus e per un viaggio di 90 giorni da Kathmandu chiede una cifra tra A$375 e A$400. Organizza anche tour di 120 giorni per A$500 e nei 30 giorni in più si visita l’India in lungo e in largo.

PENN OVERLAND: Penn è una delle agenzie con più esperienza nei viaggi overland e organizza itinerari anche in Africa e in Sud America. Da Kathmandu il loro tour dura 72 giorni e costa A$400, A$500 o anche A$1300: il prezzo varia a seconda di quanto lusso ci si vuole concedere per il pernottamento. La maggior parte dei tour non comprende l’alloggio, a parte la sosta in tenda

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dalla Turchia in poi, mentre il viaggio più costoso della Penn include tutto, anche buoni hotel. Organizzano viaggi simili da Delhi che durano solo 33 giorni, i costi sono A$300, A$400 e A$900.

I costi da aggiungere per il viaggio da Sydney a Kathmandu sono le tariffe del viaggio e la differenza di prezzo fra le agenzie dipende dal mezzo di trasporto utilizzato. Volare da Sydney a Kathmandu con possibili stop-over a Singapore e Bangkok costa intorno ai A$420. Da Darwin o Perth sottraete circa A$60. Se volete risparmiare, prendete una nave da Perth a Singapore, l’eccellente treno che risale fi no a Bangkok e poi volate a Kathmandu: si abbattono di circa A$100 i costi del viaggio dalla costa est. Per un costo simile potete anche passare attraverso l’Indonesia: in aereo da Darwin a Bali, in treno fi no a Jakarta e poi in nave fi no a Singapore. Se non volete occuparvi dei biglietti, una qualsiasi delle agenzie turistiche australiane specializzate in viaggi in Indonesia potrà emettervi tutti i biglietti prima della partenza a un costo approssimativo di A$150 da Darwin a Singapore. Questo è anche pressappoco l’importo del viaggio per mare da Perth a Singapore, ma in più vanno aggiunti visto, vitto e alloggio.

CON UN PROPRIO MEZZO DI TRASPORTOCON UN PROPRIO MEZZO DI TRASPORTOPortare un vostro veicolo ha un certo numero di vantaggi e, naturalmente, un egual numero di svantaggi. Sulle proprie ruote – e con ciò intendo ruote motorizzate, non quelle di un carretto tirato da buoi – sarete liberi di andare dove vi pare e quando vi pare. Non sarete limitati dagli orari di treni e autobus e potrete raggiungere località non servite da alcun mezzo pubblico. Sarete anche molto più comodi ed eviterete di portare sulle spalle tutto il vostro mondo. Gli svantaggi sono le scartoffi e, le lungaggini burocratiche e il rischio di un guasto o di un incidente, una paura che vi accompagnerà per tutto il viaggio.

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È possibile ovviamente portare un proprio veicolo per tutto il percorso dall’Australia all’Europa, ma costa uguale spedire via mare un’auto nel Sud-est asiatico o in India quanto spedirla in Europa. In più le auto in Europa costano meno, se proprio volete una macchina una volta là. Dall’Australia all’India ci vogliono da A$400 a A$550, a seconda del tipo di veicolo. Da Sydney a Singapore (non ci sono servizi di trasporto auto via mare da Freemantle) costa intorno ai A$300. Il tratto da Penang a Madras, in India, fa aggiungere $150 al conto; ogni volta che l’auto sbarca o viene di nuovo imbarcata dovrete pagare tra A$10 e A$20 di tasse portuali.

Il problema principale che dovete affrontare con la vostra auto è il ‘carnet’, un libretto che verrà timbrato in ingresso e in uscita da alcuni paesi – per impedirvi di vendere l’auto. Il carnet è richiesto in India, in Iran e in alcuni paesi del Sud-est asiatico. Ottenerlo è una vera seccatura che implica pagamenti anticipati. In Australia a emettere il carnet è l’Australian Automobile Association a nome delle associazioni automobilistiche dei singoli stati. Costa A$10 per le pratiche più un deposito bancario, o una garanzia simile, pari al 180% del valore della vostra auto! Niente male, eh? Appena avete sistemato tutto in Iran, spedite il carnet timbrato all’AAA e ricevete indietro il deposito cauzionale. Potete avere un carnet del genere anche a Singapore con costi simili, ma in Europa ci sono molte scappatoie per aggirare il problema del carnet, come un’assicurazione in caso di perdita del deposito.

Se trovate un modo per evitare la seccatura del ‘carnet’, o ne acquisite uno lungo la strada, varrà la pena di comprare un’auto da un viaggiatore che stia viaggiando in senso inverso. In questo modo avrete un’automobile registrata in Europa e più tardi potrete rivenderla. A meno che non abbia viaggiato su strade davvero fuori mano, non dovrebbe essere troppo mal messa. I due posti in cui andare in cerca di un mezzo sono Kathmandu e Kabul. In entrambe le città troverete molti viaggiatori alla fi ne della loro avventura in cerca di qualcuno che compri il loro veicolo. Cercateli nei locali più popolari tra i turisti, osservando i cartelli sulle automobili e con il passaparola. A Kabul il ristorante Khyber ha sempre una serie di auto in vendita parcheggiate davanti. Dal punto di vista del venditore voi rappresentate un’opzione migliore rispetto a un acquirente locale per il quale i problemi burocratici potrebbero essere insormontabili.

Quanto vi costerà? Sta a voi: se avete quattrini a disposizione potrete fare dei veri affari, visto che per le auto più nuove potrebbe essere diffi cile trovare un compratore. Abbiamo visto a Kabul un minibus Volkswagen quasi nuovo a US$1500. D’altra parte c’erano molte auto discrete per meno di US$300, tra cui il minivan del ’64 che abbiamo venduto per US$160.

Se avete comprato un’auto e aggirato il problema del carnet, o avete portato il vostro mezzo con voi, le cose si stanno mettendo bene. Potete acquistare l’assicurazione per ognuno dei paesi che attraversate via via che ci arrivate, in genere al confi ne. In Iran abbiamo pagato intorno ai US$3 per una copertura assicurativa di due settimane e in Afghanistan US$5 per un mese. Quando

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si arriva in Europa si può ottenere una ‘carta verde’ che vale per tutti i paesi europei. Le strade in genere sono adeguate e la benzina si trova facilmente, anche se piuttosto bassa in ottani. È una buona idea portare con sé qualche litro di benzina di riserva, in caso da qualche parte abbiano fi nito le scorte e non si aspettino il rifornimento prima di qualche settimana. Una volta l’abbiamo visto in Turchia!

I guasti meccanici possono essere un problema perché i pezzi di ricambio potrebbero essere introvabili o molto costosi. Non abbiate paura, l’inventiva spesso compensa la mancanza di pezzi di ricambio autentici: un amico ha rotto un pezzo dell’albero di trasmissione di una Citroën in una zona remota della Turchia e una piccola offi cina ha letteralmente forgiato il pezzo mancante! Le Volkswagen sembrano essere un’eccezione perché se ne trovano ovunque, così come le Land Rover e i Ford Transit. In India hanno costruito auto simili alle Triumph Heralds, alle 1100 Fiat e alle Morris Oxford degli anni ’50. Se la vostra macchina è in qualche modo simile a una di queste va tutto bene. Il Pakistan ha una varietà di auto europee e giapponesi più qualche vecchia Chevrolet. In Afghanistan circola di tutto; le auto più nuove sono per lo più russe, tutto il resto sembra lasciato lì dai viaggiatori, soprattutto le Opel. L’Iran è sicuramente il paese dove fare un affare perché hanno almeno un esemplare di qualsiasi auto, a Teheran abbiamo perfi no visto una Lotus. La Paykan, costruita su licenza dell’inglese Hillman Hunter, è l’auto nazionale e quindi disponibile ovunque. In Turchia le auto più diffuse sono le 124 Fiat e un modello chiamato Anadol che è una specie di Ford Escort con la carrozzeria in fi bra di vetro.

Guidate con prudenza – la raccomandazione vale ovunque, ma nelle aree meno civilizzate di alcuni paesi un incidente non sarà certamente gestito dalla vostra cortese compagnia assicurativa. ‘Occhio per occhio’ sarà il principio che applicheranno la vittima e i suoi parenti, che siate in torto oppure no. Non state lì a fare domande! Investire una mucca in India potrebbe essere altrettanto disastroso. E non guidate di notte, sulle strade buie ci sono spesso animali e addirittura gente sdraiata che schiaccia un pisolino; inoltre le rapine sulle strade non sono affatto un ricordo del passato. Gli asiatici hanno l’interessante abitudine di impilare delle pietre intorno alla loro auto mentre la stanno riparando sulla strada che poi lasciano lì quando ripartono.

L’AAA pubblica un’utile guida ai viaggi overland e così fa l’NRMA. L’uffi cio di Sydney dell’NRMA ha un affascinante archivio sulle esperienze di viaggi overland dei suoi membri e pubblicazioni di associazioni automobilistiche di altri paesi a cui vale la pena di dare un’occhiata. Anche altre associazioni possono essere d’aiuto. Partendo dall’Australia, le strade sono buone per tutto il Sud-est asiatico tranne che per la Birmania, che non si può attraversare via terra. In India e Pakistan le strade sono piene di animali, carretti e gente. Guidare può essere frustrante e anche pericoloso per l’abitudine dei camionisti di spingere fuori strada qualsiasi cosa sia più piccola di loro. In Afghanistan e in Iran la principale arteria è una strada eccellente con poco traffi co. In Turchia la qualità delle strade è variabile e sono le peggiori che vi

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capiterà di vedere, a meno che non usciate dai sentieri battuti. In nessun altro posto le strade sono brutte come in certe zone dell’Australia!Se volete le ruote, ma non necessariamente quattro, pensate a una motocicletta. Potete spedire per nave una moto da Fremantle a Singapore per un prezzo che è un vero affare: A$30. Oppure potete comprarne una nuova a Singapore per molto meno di quanto paghereste in Australia. Sono molti i motociclisti che fanno il lungo viaggio overland e troverete moto giapponesi praticamente ovunque (tranne che in India e in Turchia). Abbiamo anche visto un ragazzo giapponese in moto in India: era su una buona vecchia Triumph britannica!

Con una motocicletta i problemi relativi ai documenti saranno probabilmente meno e in più potrete raggiungere delle località davvero fuori mano. Ovviamente a volte si possono trovare in vendita anche le moto degli overlander, così come le auto. In Nepal o in Afghanistan, dove si va fuori strada, una moto da trial sarebbe il mezzo ideale, mentre per le grandi strade aperte in Medio Oriente sarebbe preferibile una grande moto da strada.

In bicicletta sono necessari ancora meno documenti e sta diventando un modo abbastanza comune per fare il viaggio. Abbiamo perfi no sentito di un paio di buone bici leggere di fabbricazione europea in vendita a Kabul!

La nostra esperienza? Abbiamo comprato un vecchio minivan che era già passato attraverso molti proprietari a Londra e, a parte l’usuale rifornimento di pezzi di ricambio e un paio di camere d’aria (molto utili), non abbiamo speso praticamente nulla per prepararlo. Si ruppe una volta in Grecia, ma la riparazione ci costò solo A$10. Quando infi ne lo rivendemmo in Afghanistan, intascammo esattamente la stessa somma che avevamo speso 10.000 miglia prima.

TRENI E IMBARCAZIONI E AUTOBUS... E AUTOSTOPTRENI E IMBARCAZIONI E AUTOBUS... E AUTOSTOPSe volete evitare i fastidi di un’auto vostra o le limitazioni di un viaggio overland organizzato, allora affi datevi ai trasporti locali o all’autostop. Il problema maggiore di questo modo di muoversi è che potrà essere scomodo e stancante e molto probabilmente farà perdere molto tempo. Il vantaggio è che è il modo più autentico di viaggiare e assolutamente il più ‘friendly’ di arrivare a destinazione. È anche il più economico.

Secondo me i treni indiani sono un’esperienza da fare almeno una volta nella vita. Non c’è dubbio che altri viaggiatori diranno lo stesso degli autobus afghani. Potete passar sopra alla scomodità che questi mezzi di trasporto occasionali possono comportare. Può diventare un po’ noioso se dovete utilizzarli di frequente e per molti mesi. È anche probabile che arriverete a destinazione a ore impossibili e mai in orario.Il bello però è che siete voi a fi ssare date e tempi del vostro itinerario. Gli autobus e i treni arrivano praticamente ovunque e quindi potrete andare dove volete, purché abbiate pazienza e perseveranza. Probabilmente la

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maggior parte degli ‘overlander’ viaggia in questo modo e quindi avrete anche il vantaggio di un amichevole cameratismo che non c’è se viaggiate con un’auto vostra, senza peraltro essere obbligati a rimanere sempre con le stesse persone, come succede se partecipate a un tour organizzato. In effetti questo è, secondo me, l’aspetto più simpatico di questo modo di viaggiare: incontrerete sicuramente un bel po’ di persone in gamba.

Se vi appassiona l’idea di immergervi nella vita quotidiana di questi paesi, allora non dovete far altro che spostarvi con i mezzi pubblici. In quale altro modo potete entrare in contatto con la gente del posto? E certamente questo succederà: tutti vorranno sapere che cosa vi ha portato su quell’autobus, su quel treno, su quella barca... e tra l’altro, vi andrebbe un po’ di pane, o una fetta di melone? Sarà piacevole. Il prezzo è l’altra grande attrattiva: vi stupirà scoprire quanta strada riuscirete a fare pagando così poco.

Potreste fare autostop per tutto il percorso verso l’Europa, ma in certi posti sarà più diffi cile, più per lo scarso traffi co che per mancanza di ospitalità. Ci hanno detto che in alcune regioni asiatiche dovreste segnalare la vostra presenza ai veicoli con un movimento della mano dall’alto al basso perché non sanno che cosa signifi chi il gesto del pollice alzato che si usa in Occidente. Non è vero: il pollice funziona dappertutto. In alcune zone, gli unici veicoli che possono darvi un passaggio sono camion e i camionisti si aspettano di essere pagati, perciò può capitare che sia più conveniente prendere l’autobus.

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PEZZI DI CARTA?

DOCUMENTIDOCUMENTII due che dovete assolutamente avere sono il passaporto e il libretto sanitario. Potrete ottenere il passaporto australiano al Commonwealth Centre di Chifl ey Square a Sydney o negli uffi ci equivalenti in altre capitali. Costa A$4 ed è valido per quattro anni. I libretti sanitari internazionali vengono rilasciati ovunque si fanno le vaccinazioni. Se avete intenzione di guidare all’estero, soprattutto se volete passare da Bali e noleggiare una motocicletta, procuratevi una patente internazionale di guida. Si può ottenere in uno degli uffi ci del NRMA o ente equivalente e costa A$2. Altri documenti utili sono la International Youth Hostel Card e l’International Student Card, a cui dedichiamo il prossimo paragrafo.

TESSERE STUDENTESCHETESSERE STUDENTESCHELe tessere studentesche sono il documento più contraffatto dell’intero mondo del turismo overland. E, visto che sono così utili, continueranno a esserlo ancora per un po’. Ma prima o poi qualcuno dirà basta, e le prime a farlo saranno probabilmente le compagnie aeree – o, meglio, succederà grazie alle compagnie aeree.

Con le tessere studentesche si risparmia soprattutto sul viaggio. Molti dei voli fanno sconti anche del 25% a chi ha una International Student Card (ISC), per esempio nella tratta tra Bangkok e l’India o il Nepal. Poi ci sono le ferrovie – 40% in meno sulla terza classe in India, così conveniente che diventa interessante, e poi il 50% in Pakistan, il 33% in Indonesia ecc. Mostrate le tessere in ogni museo o galleria d’arte, anche se non sempre funzionerà. Gli studenti hanno diritto a sconti in tutta la Turchia e in gran parte dell’Iran anche se non c’è nessun cartello che lo indichi. Il paradiso per le tessere studentesche è l’Italia. Entrerete praticamente in tutti i musei e gallerie (e ce ne sono molti) con lo sconto studenti. E in città con tanti studenti come Venezia troverete ristoranti che fanno sconti a chi ha la tessera. A Firenze il posto dove costa meno mangiare è la mensa universitaria e ad Amsterdam l’associazione studentesca vicino al Dam: dovete mostrare la tessera studenti per entrare.

La ISC è un documento bianco e verde, di solito fornito in una bustina di plastica trasparente, con la vostra fotografi a. Le tessere contraffatte sono in genere di ottima qualità – spesso migliori delle originali! In genere si tradiscono in un paio di cose: la prima è il numero di serie; se comprate una tessera falsa state attenti che non abbia un numero stupido come 000001. Il secondo punto debole è la riga che dice ‘emessa da’: scarabocchiare con la mano sinistra ‘Gundagai Student Travel Centre’ riuscirà a ingannare ben poca gente. Con altrettanto sospetto vengono trattate le tessere con un timbro uffi ciale con su scritto Singapore, Bangkok o Atene, a meno che non si possa dimostrarne l’autenticità. Questi sono i tre centri del business delle tessere studentesche, anche se è facile trovarle praticamente dappertutto. Non preoccupatevi troppo, però: alcune delle compagnie aeree sono così ansiose di avervi a bordo che probabilmente vi daranno esse stesse una tessera, se non ne avete una.

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In ogni locale frequentato dai freak c’è sempre qualcuno che vende tessere studentesche o che conosce qualcuno che lo fa; anche le agenzie di viaggi sono buone fonti d’informazione. Quanto al prezzo, supponendo che non siate realmente un onesto studente, costano circa A$5 a Kabul, Kathmandu e Singapore e sono di buona qualità. Se per caso siete uno studente universitario vi costerà circa $1 – e fate la tessera prima della partenza. A Singapore per lo stesso prezzo includono anche una tessera stampa (International Press Card). Appena avete la tessera fatene qualche fotocopia da portare con voi perché a volte acquistando un biglietto aereo vi chiederanno di includere la copia del documento e in alcuni posti le fotocopiatrici sono poche e lontane fra loro.

Sempre a proposito di studenti, se il vostro passaporto prevede una riga in cui scrivere la professione – non è il caso di quelli australiani – è una buona idea mettere ‘studente’. È molto meglio di fotografo o giornalista, per esempio. In India a volte vi consigliano di portare con voi una lettera dell’ambasciata che attesti che siete davvero uno studente – non preoccupatevi, vi fanno pagare per averla ma probabilmente non la userete mai.

VISTIVISTIQuando e dove ottenerli è una questione controversa. Naturalmente alcuni visti dovrete procurarveli strada facendo, perché la loro validità – il periodo prima che scadano – è tale che sarebbero inutili prima dell’arrivo nel paese in questione. Un’altra ragione per cercare di ottenere i visti durante il viaggio è perché in genere costano meno (i costi dei visti non hanno nessuna giustifi cazione) nei paesi confi nanti piuttosto che in posti lontani. Spesso le ambasciate lungo il percorso non sono così rigorose nel richiedere la prova della vostra autosuffi cienza economica. Poche ambasciate in realtà chiedono di vedere il vostro contante, anche se molte potrebbero minacciare di farlo. Se insistono nel volere qualcosa di più dell’estratto conto e non avete abbastanza denaro con voi, in genere si riesce a trovare un’anima buona disposta a rimpinguare il vostro portafoglio per un’azione ‘dimostrativa’. Potete anche farlo con i travellers’ cheques. Scrivete sempre i numeri che vogliono vedere sui formulari.

Farsi fare tutti i visti prima della partenza ha un vantaggio: è molto più probabile avere dei soldi prima della partenza. In più non siete ancora così malmessi e storditi come dopo qualche mese di viaggio. E, cosa ancora più importante, farsi emettere i visti in città straniere vuol dire perdere un sacco di tempo. Le ambasciate sembrano essere sempre nelle periferie più sperdute e irraggiungibili e per ottenere un visto servono quasi sempre due viaggi – il che signifi ca buttar via soldi e tempo. A casa invece potere fare tutto all’uffi cio postale, giusto?Se avete qualche diffi coltà a ottenere un visto, andate da un’altra parte a procurarvelo. Magari nella città vicina la situazione sarà completamente diversa. Per esempio, se andate verso est, ottenere il visto indonesiano è più facile a Singapore che in Malaysia. Chi arriva in aereo può sempre ottenere il visto all’aeroporto d’arrivo, quindi per i visti diffi cili il volo può essere una soluzione.

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C’è un volo che dura dieci minuti che oltrepassa il confi ne dal Pakistan all’India, sempre pieno di americani che non sono riusciti a ottenere il visto indiano.

FOTOGRAFIEFOTOGRAFIESaccheggiate il salvadanaio, fi ondatevi alla prima cabina di foto istantanee e fatevene decine. Una trentina di foto forse non basteranno neanche, perché per ogni visto sembra che ne servano due o tre e in più ce ne vogliono altre per la carta d’identità, il passaporto, la patente e la tessera studenti. Gli asiatici sono fanatici e potreste sentirvi obbligati a regalare una foto della vostra bella faccina a qualcuno che è stato particolarmente gentile con voi. Quindi fatevi fare un mucchio di foto, costano meno prima che dopo.

AMBASCIATEAMBASCIATEServono davvero a poco: non vi tireranno fuori dai guai, nel caso dovessero capitarvi, la maggior parte si rifi uta di conservare la posta per voi e anche i quotidiani che troverete nelle ambasciate possono essere vecchi di mesi. Naturalmente c’è qualche eccezione, l’ambasciata britannica a Jakarta ha perfi no riviste di motociclismo e in quella americana a Kathmandu c’è un’eccellente biblioteca, mentre a Kabul gli americani hanno una simpatica bacheca con una lista di quello che si deve o non si deve fare e dettagli truculenti su quello che può capitare a coloro che fanno quello che non si deve.

L’unica cosa che dovreste aver cura di fare nelle ambasciate è fi rmare il libro dei ‘passaggi’ di tanto in tanto. In questo modo, se mai doveste scomparire nel nulla, sapranno da dove cominciare a cercarvi. In genere da Kabul, con tutti gli annunci di persone scomparse che ci sono! A volte si sentono delle storie simpatiche sulle ambasciate, come quella di un tizio la cui auto irrimediabilmente kaput venne riparata dal meccanico interno dell’ambasciata – probabilmente più abituato alle limousine.

E queste sono le ambasciate del vostro paese, ma che dire delle altre? Beh, c’è una gran varietà e, visto che nel corso del viaggio dovrete visitarne un certo numero per ottenere i visti, cercate di scegliere quelle giuste. Purtroppo quelle buone cambiano da un anno all’altro, quindi sarà meglio stare all’erta su quel che si dice in giro. In tutta l’Asia lo scorso anno quasi ogni ambasciata sembrava prenderci gusto a tartassare i ragazzi giapponesi, i loro ‘overlander’ sembrano detenere il record del mondo dei più tartassati. Le ambasciate indiane assillano gli americani per principio, visto che l’amministrazione Nixon non appoggia le rivendicazioni sul Bangladesh. Vi siete mai chiesti perché i canadesi sono così patriottici da cucire ovunque la loro foglia d’acero? Non vogliono che li si scambi per statunitensi!

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SALUTE?

Sono così tanti i viaggiatori che arrivano a Londra con qualcosa che si sono presi in viaggio, che una rivista medica britannica ha pubblicato un articolo dedicato alla ‘sindrome dell’overlander’. Uno dei sintomi sembrerebbe essere una propensione per l’abbigliamento orientale. Non vi preoccupate, tutti gli aspetti di questa sindrome sono facilmente curabili.

VACCINAZIONIVACCINAZIONIDovete programmare le vaccinazioni con un po’ di anticipo. Le più importanti sono quelle contro il vaiolo e il colera. L’antivaiolosa è un graffi etto innocuo e dura tre anni. L’iniezione dell’anticolera dura solo sei mesi quindi cercate di farla il più vicino possibile alla partenza ma non troppo: sono necessarie infatti due punture a distanza di un mese. Inoltre, se le due iniezioni sono una specie di anteprima della malattia, il colera è qualcosa che volete di sicuro evitarvi. La vaccinazione in genere avviene insieme alla cosiddetta TAB (contro tetano, tifo e paratifo), un’ulteriore utile protezione.

La vaccinazione contro la febbre gialla è necessaria solo se viaggiate in Africa e vale addirittura dieci anni. Se pensate di rimanere a lungo in Nepal, forse vale la pena di fare la vaccinazione di gammaglobuline contro l’epatite. È probabile che sia possibile farla a Kathmandu presso i Peace Corps o all’American Hospital. Le controindicazioni sono il costo e il fatto che non si è del tutto certi che funzioni davvero. In effetti c’è gente che dice che è più probabile prendere l’epatite quando il periodo di immunizzazione è fi nito che se non si fosse mai fatta la vaccinazione. Le infezioni da epatite non sono affatto rare, non solo a Kathmandu, e l’esperienza non è mai piacevole. A Kathmandu l’acqua non è per niente sicura ed è meglio lasciar perdere qualunque cibo di dubbia origine. Come prova che vi siete sottoposti a tutte queste iniezioni preventive dovrete avere un libretto sanitario internazionale (International Health Certifi cate) in cui risultino i timbri con le date delle vaccinazioni fatte. Non perdetelo perché è più facile farsi rifare un passaporto che un libretto sanitario. Le vaccinazioni contro il vaiolo e il colera possono essere somministrate dal vostro medico o anche nel centro sanitario dell’aeroporto – qualunque compagnia aerea internazionale vi sa dire dove trovarlo.

MEDICINEMEDICINEPer le malattie più comuni, e le inevitabili Kabul Trots, Rangoon Runs o Bangkok Belly (i soliti mal di pancia e diarrea), qualche medicina portata da casa vi aiuterà. Enterovioform o le pastiglie di Oletron servono per disturbi di stomaco leggeri, ma se vi viene qualcosa di più forte dovrete prendere qualcosa di altrettanto forte per combatterlo. Un normale mal di stomaco si cura con il Lomotil – 2 pastiglie 3 volte al giorno per due giorni. Nel caso, meno usuale, che non basti, avrete bisogno di qualche rimedio potente. Un antibiotico generico come tetraciclina o penicillina annienterà le infezioni intestinali e praticamente qualunque altra cosa con cui siate venuti a contatto

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(a parte le prostitute di Bangkok). Usate gli antibiotici solo in casi di emergenza e rispettate l’intero ciclo come prescritto. Noi abbiamo dovuto far ricorso alle nostre pastiglie di penicillina una volta per uccidere le ultime tracce dell’India quando già l’avevamo lasciata. Le compresse di Lomotil costano A$1,75 per una confezione da 20 e la tetraciclina A$2,50 per una da 25. Dovete avere una prescrizione medica.

Da quando lasciate l’Australia fi n oltre il Pakistan vi trovate in paesi a rischio malarico; dovreste prendere un antimalarico della famiglia della clorochina, come il Nivaquine o il Resochin. A seconda del tipo, dovete prenderlo una o due volte la settimana e ha un gusto orribile, non è suffi ciente inghiottirlo in fretta, avrà sempre un gusto pessimo. Se riuscite a trovare un antimalarico rivestito di una patina dolce, prendetelo. Assumete le compresse per un mese prima di entrare nell’area a rischio e per un mese dopo che l’avrete lasciata. Se vi prendete la malaria, le stesse pastiglie, prese a intervalli più ravvicinati, la cureranno. I costi vanno da A$3 a A$3,50 e anche per questi medicinali c’è bisogno della ricetta del medico.

Da quando lasciate l’Australia fi no in Grecia non azzardatevi a bere l’acqua del rubinetto, eccetto che a Singapore, nelle maggiori città malesi e in alcune zone di Teheran. Le tavolette di Halazone o Sterotabs sciolte nell’acqua uccideranno la maggior parte dei germi, ma non tutti. Se proprio non vi fi date dell’acqua che trovate, bollitela o fatene a meno, l’Afghanistan è uno dei posti in cui dovrete farlo. In realtà queste tavolette per purifi care l’acqua sono solo amuchina, quindi se siete tipi attenti al quattrino potete anche portarvene una bottiglia. Abituatevi a bere l’acqua delle piscine e fatevela piacere prima della partenza.

Vi potrà servire qualche altro rimedio casalingo, come aspirina, cerotti, repellenti per insetti; gli integratori di sali sono una buona idea se avete intenzione di viaggiare molto in autostop. In tutte le grandi città asiatiche le strutture mediche sono perfettamente adeguate e in genere è disponibile un’ampia varietà di medicinali, quindi non preoccupatevi se avete dimenticato qualcosa. In India la qualità dei farmaci è considerata piuttosto bassa, quindi le ricette tendono a indicare quantitativi esagerati perché il medicinale faccia effetto. Vale la pena di stipulare una qualche assicurazione medica, qualunque agenzia di viaggi dovrebbe potervi raccomandare qualche buona polizza.

CIBOCIBOMangiate tutto quello che volete, è assolutamente inevitabile che da qualche parte lungo il viaggio ingerirete qualcosa che vi farà male, quindi perché farsene un problema? Le bancarelle in strada in genere sono sicure e certamente economiche, soprattutto nel Sud-est asiatico e in Turchia. Date sempre un’occhiata al proprietario, se sembra sano e pulito anche il suo cibo lo sarà. Se invece sembra che stia per cadere a terra morto stecchito, mangiate da qualche altra parte! Le cose da evitare sono l’acqua, a meno che non sappiate per certo che è stata bollita, e le verdure fresche. Non serve

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un granché evitare di bere l’acqua se poi mangiate le verdure lavate con quell’acqua. Dopo aver visto come lavano le verdure nelle fogne a cielo aperto che si trovano nella maggior parte delle città mediorientali, per un po’ non vorrete più mangiare cibo crudo!

Il mio consiglio personale è di non farsi troppi problemi e concedersi ogni tanto un pasto in qualche trappola per turisti di tipo americano. Un pasto in quel tipo di locale può compensare settimane di cibo del posto. Potete anche mangiar bene a ogni pasto e lottare strenuamente contro gli assalti al vostro sistema digestivo: fi nirete comunque con il perdere peso. In effetti un viaggio ‘overland’ batte alla grande qualsiasi tipo di dieta. Purtroppo riprenderete i chili persi appena avrete fi nito il vostro viaggio! In caso di un attacco di mal di stomaco, se non siete convinti dell’effi cacia della medicina convenzionale seguite l’antico rimedio: fate la fame. Gli adepti di questo metodo affermano che tre giorni di dieta a base di tè ucciderà qualsiasi cosa – probabilmente anche voi.

Mangiate sempre usando la mano destra, perché la sinistra è usata in genere per tutt’altre faccende e, nei paesi dove non vengono fornite le posate, pescare nella ciotola del riso con la mano sinistra signifi cherebbe ben più che ostentare cattive maniere. Il taglio della mano destra ai ladri signifi cava infatti non soltanto renderli disabili ma bandirli dalla tavola comune.

Se tutto questo vi ha reso diffi denti nei confronti del cibo asiatico, abbiate fede – aspettate di provare la macedonia di frutta a Bali, il khao phat a Bangkok, la torta di mele a Kabul, il melone in Iran e quegli involtini piccanti in Turchia...

STUPEFACENTISTUPEFACENTISe è questo che volete, state andando nei posti giusti! Qualcuno sembra considerare il percorso overland come una scusa per un lungo ‘viaggio’. Naturalmente c’è ben di più in questi paesi e ve ne perderete un bel po’ se osserverete tutto come foste 15 metri sollevati da terra. D’altra parte se la roba è a buon mercato, buona e facile da trovare...

Esiste un solo paese tra quelli che attraverserete dove tutto ciò è completamente legale e anche lì, si suppone, le cose stanno cambiando. Quel paese è il Nepal e nel 1972 i negozi di hashish statali stavano ancora facendo grandi affari. Hanno perfi no dei cartelli su cui elencano i vari tipi e i prezzi relativi: avreste mai immaginato di pagare A$1,50 all’oncia? Da tutte le altre parti se anche non è rigorosamente legalizzato è il classico caso in cui si fi nge di non vedere. In Afghanistan in particolare potete sballare anche solo facendo un respiro profondo per la strada.

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Partendo dall’Australia, l’erba è facile da trovare in Indonesia (l’erba di Sumatra in particolare ha una buona reputazione). A Bali vanno alla grande i funghi e i ristoranti vi prepareranno un’omelette interessante se porterete voi i funghi. Dopo di che potete camminare dolcemente fi no alla spiaggia e godervi un tramonto realmente incredibile. Nel resto del Sud-est asiatico si è un po’ più nervosi al riguardo, anche se c’è tutto quello che potreste desiderare. A Singapore ogni tanto scelgono qualcuno a cui fare il test delle urine, ma Singapore ha problemi di droga già di suo.

In India, Pakistan e Nepal l’hashish (ganga) e l’erba si trovano ovunque. Gli intenditori dicono che la qualità in Nepal non è delle migliori, ma impazziscono per l’erba del Kashmir. Comunque, è l’Afghanistan il paradiso della marijuana. Sia lì che in Nepal troverete anche biscotti e torte e tè all’hashish. In certi ristoranti frequentati da ‘alternativi’ potrete perfi no avere uno spinello dopo pranzo! Anche l’oppio è ampiamente disponibile, se siete per qualcosa di più pesante. Sono in circolazione anche prodotti chimici illegali, probabilmente importati. Di sicuro tutti quelli che abbiamo visto farsi un acido erano americani.

Dopo l’Afghanistan, scordatevi tutto: girano voci che ogni tentativo di comprare un grande quantitativo in Afghanistan per portarlo in Iran causi l’arresto in dogana. Mashed, la prima città iraniana al di là del confi ne, ha una nuova prigione, grande e poco piacevole, soprattutto per gli stranieri. Gli iraniani rischiano la fucilazione per il solo possesso e asseriscono di avere già eseguito centinaia di condanne a morte per questo. Se vi sentite di animo caritatevole, fate un salto alla prigione di Mashed e offrite un po’ di conforto. Le pene sono altrettanto severe in Turchia e le loro prigioni davvero spiacevoli. Se fate il percorso più meridionale e passate attraverso i paesi arabi, dicono che l’erba in Libano sia buona.

In Europa scordatevelo proprio. Venendo da quel tipo di paesi, apparirete naturalmente alquanto sospetti agli occhi della dogana. Qualche anno fa c’era perfi no una coniglietta ‘playmate del mese’ che languiva in una prigione di Corfù con l’accusa di possesso di droga. Non vi preoccupate perché quasi ovunque in Europa costa meno che in Australia. Per quelli che viaggiano in direzione opposta, ricordate che i doganieri australiani sono senza dubbio i più paranoici al mondo in fatto di droga, è più facile far passare il proverbiale cammello attraverso la cruna dell’ago piuttosto che far entrare in Australia qualche grammo di droga.

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QUANDO E CON CHE COSA?

QUANDO E QUANTO A LUNGOQUANDO E QUANTO A LUNGOVi perderete del tutto il senso dell’andare in giro senza uno scopo se avete fretta, ma se proprio volete fare il viaggio overland rapidamente penso che possiate farcela in meno di 6 settimane. Se non avete fretta, è più ragionevole pensare a un periodo da 3 a 6 mesi, di più se riuscite a organizzarvi. Se avete il tempo e i soldi per mantenervi potreste tranquillamente passare un anno (o anche degli anni) in viaggio senza pericolo d’annoiarvi. Molta gente lo fa.

Probabilmente il periodo migliore per partire per un viaggio overland di sei mesi fi no in Europa è la fi ne di novembre o l’inizio di dicembre. Lascerete l’Australia all’inizio della stagione delle piogge nel nord e potrete passare il Natale a Bali. Sarete ancora per un po’ dentro al periodo piovoso in Indonesia, ma arriverete nel Sud-est asiatico quando la stagione umida sarà ormai fi nita e il clima ancora piacevolmente fresco. Se arrivate in India a gennaio o febbraio avrete un paio di mesi prima che il caldo cominci davvero a farsi sentire, e a quel punto potrete già essere usciti dalla zona di pianura e approdati in Afghanistan. Intorno a marzo/aprile la neve dovrebbe essersi sciolta e il caldo estivo non ancora arrivato mentre attraversate l’Iran e la Turchia in direzione dell’Europa. Con un po’ di fortuna arriverete in tarda primavera o all’inizio dell’estate – chi potrebbe chiedere di più?

Facendo il percorso al contrario, il periodo migliore per lasciare l’Europa (di nuovo ipotizzando un viaggio di sei mesi), è tra l’inizio e la metà di agosto. Attraverserete la Turchia e l’Iran quando arriva il fresco autunnale e con un po’ di pianifi cazione arriverete in India proprio quando la stagione dei monsoni fi nisce, in ottobre, e tutto è verde e fresco. Per il resto del tragitto starete tra la fi ne di una stagione umida e l’inizio di un’altra a sud dell’equatore.

A meno che non partiate proprio nel momento giusto e viaggiate sempre tenendo il passo (e chi ne ha voglia?) è inevitabile che arriviate da qualche parte nel momento sbagliato. Se arrivate in Afghanistan prima potreste capitare nel mezzo di una tempesta. Se arrivate in India dopo potreste nuotare o cuocere, a seconda. Quindi non state troppo a preoccuparvi, andate quando vi sentite in vena di farlo, da qualche parte tutto sarà perfetto.

SOLDISOLDISono davvero una cosa utile da avere con sé e nel viaggio troverete molti modi per usarli! Ognuno ha una propria idea su quanto denaro sia necessario, ma il minimo per un viaggio di tre o quattro mesi è US$500. Viaggiando verso ovest si ha il vantaggio di attraversare i paesi rigidi e convenzionali del Sud-est asiatico, in particolare Singapore, quando si hanno ancora abbastanza soldi. Chi arriva a Singapore alla fi ne del viaggio in genere ha quasi esaurito le risorse, e senza palate di dollari e yen nessuno vorrà avere a che fare con voi.

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Noi abbiamo viaggiato in due per cinque mesi e mezzo con US$1200 in tutto, ma siamo arrivati a Sydney con 27 centesimi! Potrebbe non essere così piacevole se doveste arrivare in Inghilterra e trovarvi a poter contare su una cifra del genere per sopravvivere. Un budget più ragionevole sarebbe US$800 a testa per viaggiare sei mesi o giù di lì. È davvero deludente arrivare in posti che probabilmente non vedrete mai più e non poter fare un’esperienza o comprare qualcosa perché vi mancano i soldi. Ed è ancora meno piacevole non avere più i soldi nemmeno per il pane.

Se a causa di qualche evento sfortunato rimanete senza soldi, la cosa migliore è avere qualcuno a casa che possa darvi una mano o spedirvi la riserva di soldi che avete lasciato. Potete ricevere i soldi tramite una lettera di credito – la vostra banca trasferirà i soldi a una determinata banca in qualunque città scegliate. L’unico problema è che riceverete i soldi in valuta locale al cambio uffi ciale – e se questo va bene in posti come Singapore che ha una moneta forte, diventa costoso in nazioni come l’India dove il tasso uffi ciale di cambio è ben al di sotto di quello del libero mercato. Il pensiero di una lettera di credito in Birmania... Se dovete farvi spedire dei soldi in un paese con una valuta locale debole, usate American Express e avrete il denaro nei cari e vecchi dollari o in travellers’ cheque, ma pagherete a caro prezzo la commissione per il privilegio.

Il che ci porta a pensare al modo migliore per portare con sé quanto occorre: parte in contanti e parte in travellers’ cheque. I dollari americani sono la valuta più conosciuta e facile da cambiare ma hanno gli svantaggi di una valuta instabile come la sterlina. Magari gli yen? In tutta l’Asia centrale scoprirete che anche i marchi tedeschi sono ampiamente conosciuti e hanno un cambio perfi no più stabile del dollaro. Un buon modo per risolvere il problema di trovare una valuta stabile facilmente convertibile potrebbe essere portare la maggior parte dei contanti nella buona vecchia valuta di casa, sicuramente dal corso stabile: i dollari australiani. Ogni tanto cambiatene un po’ in una valuta più facilmente convertibile (dollari o sterline) in un uffi cio dell’American Express o in banca. In questo modo avrete denaro convertibile ma senza temere il collasso del cambio.

L’American Express è conosciuta ovunque e noi non parleremo mai abbastanza in suo favore: siamo stati ripuliti di tutto a Roma e l’American Express in un minuto ci ha restituito i nostri travellers’ cheque senza fare una piega. Tuttavia, altri dicono che sono poco onesti e in alcuni posti il rimpiazzo degli cheques rubati non è stato così immediato come promesso. Tra i vantaggi dell’American Express c’è anche un pratico sistema di posta e diffi cilmente vi verrà chiesto di dare prova di essere un loro cliente prima di ritirare le vostre lettere. I travellers’ cheque della First National City Bank e della Bank of America sono anch’essi riconosciuti quasi dappertutto. Prendete la maggior degli cheques in piccolo taglio, sono più pratici e il costo extra è molto basso.

Non portate solo travellers’ cheques, perché per accedere al mercato nero in India, Nepal e Birmania avrete bisogno di contanti. In altri posti è talmente

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problematico cambiare gli cheques che preferirete la semplicità di pagare cash. In più allungare qualche dollaro fa miracoli in certi posti! I tassi di cambio (sia quelli uffi ciali sia quelli del libero mercato) sono pubblicati ogni settimana su Newsweek, che troverete praticamente ovunque. Ricordate però che i tassi del mercato libero variano da città a città.

Servirsi del mercato nero non è così rischioso come sembra e di sicuro farà ‘rendere’ di più i vostri soldi. Andando verso ovest, il primo posto che incontrerete in cui vorrete servirvi del mercato nero è la Birmania. Il tasso del mercato nero è anche quattro volte quello uffi ciale, quindi le multe sono severe. All’entrata e all’uscita vi chiederanno ragione di ogni moneta che avete cambiato: la semplice soluzione è tenere con voi il denaro cambiato al mercato nero. La moneta birmana è accettata liberamente a Singapore e Bangkok e, a meno che non sembriate tipi strani, nessuno vi frugherà a fondo.

In India e in Nepal nelle città più grandi è facile trovare il denaro al mercato nero. I tassi migliori li abbiamo trovati a Delhi dove cambiano anche i travellers’ cheque a un tasso favorevole. Forse avrete dei tassi migliori nel Sud-est asiatico, quindi prima di partire per l’India chiedete a qualche viaggiatore che ci è appena stato a quale tasso gli hanno cambiato il denaro. Il modo più sicuro per cambiare i soldi è per mezzo di un intermediario che abbia un negozio, in genere un’agenzia di viaggi o una sartoria. Evitate di cambiare soldi da qualcuno che ve li offre per strada: potrebbe essere una rapina o anche la polizia. In Nepal probabilmente fareste meglio a fare un doppio scambio: dollari in cambio di rupie indiane e poi, in un cambio uffi ciale, rupie nepalesi. In altre parole, in Nepal il mercato nero presenta qualche diffi coltà in più.

Al confi ne indiano vi verrà chiesto di compilare un modulo in cui dichiarate l’ammontare della somma in contanti e in travellers’ cheque che portate con voi. Dichiarate meno di quanto possedete realmente per lasciare spazio a qualche eventuale transazione illegale. Teoricamente quel modulo dovrà essere timbrato ogni volta che cambierete soldi e controllato quando lascerete il paese – dovreste quindi cambiare un po’ di soldi a un corso uffi ciale per salvare le apparenze. In realtà non viene mai richiesto e, se lo fosse, mettiamo al confi ne pakistano, potreste sempre affermare che è stato ritirato quando siete usciti dal paese per entrare in Nepal o che avevate la dichiarazione

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insieme alla vostra ragazza da cui vi siete poi separati o qualcos’altro, improvvisate.

Un tranello di cui dovete essere a conoscenza è che nei paesi con un vivace mercato nero per le spese maggiori possono chiedervi la ricevuta della banca come prova che avete cambiato a un tasso uffi ciale e potrebbero addirittura chiedervi di pagare in valuta straniera. Sarebbe un problema avere un mucchio di soldi in valuta locale e scoprire che la compagnia aerea non li accetta per pagare il vostro volo. Naturalmente, dove c’è il mercato nero ci sono anche false ricevute della banca! È diffi cile che vi diano banconote false, ma state attenti che siano quelle attualmente in uso: spesso infatti cercano di rifi lare banconote fuori corso. Soprattutto in India, ma anche altrove, assicuratevi che le banconote siano pulite e non strappate. Per qualche ragione una banconota rotta non vale praticamente nulla.

Nella maggior parte degli altri paesi la valuta locale è suffi cientemente forte da rendere superfl uo il mercato nero. In molti di questi cambiare i contanti è piuttosto semplice. In Afghanistan, per esempio, cambiare i travellers’ cheque è un processo complicato mentre i contanti li cambiano a ogni angolo. Probabilmente ci sarà un cambiavalute anche nel vostro albergo. In Turchia ci sono banche a ogni angolo, ma solo una su dieci accetta di cambiare i travellers’ cheque (e non c’è modo di sapere quale sarà a farlo), quindi i contanti possono essere più comodi.

Come portare con voi tutto quei contanti? Il posto più sicuro è a contatto con la pelle. Comprate una cintura portasoldi o cucite una tasca supplementare interna nei jeans. In India e in Afghanistan troverete rozze cinture con taschine in pelle dove potrete mettere soldi, travellers’ cheque e documenti. Ricordatevi che se perdete i soldi li avete persi per sempre, quindi considerate attentamente la convenienza degli cheques. In genere potete cambiare gli cheques in dollari negli uffi ci dell’American Express o in agenzie simili ma ci potrebbe essere un limite all’ammontare complessivo.

Anche se il supposto vantaggio dell’avere i travellers’ cheques è che si possono rimpiazzare se si perdono, cercate di non avere la necessità di farlo. Davvero troppa gente ha cercato di perdere deliberatamente i propri cheque per ottenere qualche soldo in più per le dogane, come quella di Singapore, che chiedono di vedere i contanti.

CHE COSA PORTARE E COMECHE COSA PORTARE E COMEIl messaggio base è: il meno possibile. Siete destinati a comprare delle cose per la strada perciò il vostro bagaglio diventerà sempre più pesante. Uno zaino con una struttura rigida è probabilmente il contenitore più pratico per il bagaglio. È una seccatura caricarlo e scaricarlo dai treni – si impiglia nelle porte e tende a marchiarvi come indesiderato negli scompartimenti, ma è molto più facile da portare. Se proprio volete stare leggeri una borsa non troppo grande è anche meglio.

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Nel vostro zaino cercate di mettete meno vestiti possibili – praticamente tutto quello di cui avete bisogno è: biancheria intima, jeans, pantaloncini corti, magliette e un pullover per le notti fredde. Avere qualche capo di abbigliamento più formale per attraversare i confi ni o andare in un’ambasciata può essere senz’altro una buona idea. Lungo la strada probabilmente comprerete dei vestiti, quindi tutto quello che vi serve è un semplice cambio d’abito. Sembra superfl uo ricordare che nei paesi musulmani le donne devono vestire in modo sobrio – ci sono già abbastanza palpeggiamenti senza provocazioni extra.

Un sacco a pelo non è strettamente necessario, ma è molto utile e non solo per dormirci dentro. Ci passerete molte ore seduti sopra nelle stazioni ferroviarie indiane! Altri articoli indispensabili sono: un coltellino da tasca, il necessario per cucire, una piccola torcia e gli occhiali da sole. Abbiamo scoperto che avere una piccola radio transistor in certi posti è piacevole, in più si può vendere bene in molti paesi, quindi potrebbe essere l’ultima carta da giocare se si rimane senza soldi. La maggior parte degli articoli da toilette, sapone e dentifricio, sono facili da trovare ma portatevi sempre un rotolo di carta igienica – a meno che non vogliate adattarvi all’usanza orientale per pulirvi il sedere: con la canna dell’acqua nella mano destra e usando la sinistra come spugna!

PELLICOLE E MACCHINE FOTOGRAFICHEPELLICOLE E MACCHINE FOTOGRAFICHESe siete un fanatico della fotografi a, portate con voi quante più pellicole potete. È incredibile quanti metri ne consumerete in un viaggio come questo e tra il Sud-est asiatico e l’Europa e le pellicole sono invariabilmente costose. Se state viaggiando dall’Australia la cosa migliore da fare è prenderne a suffi cienza per arrivare a Singapore o a Penang e poi fare rifornimento nei negozi duty free. Noi abbiamo usato cinque rullini da 36 pose e se ne avessimo avuti di più li avremmo senz’altro usati. Se li fi nite non preoccupatevi perché troverete le maggiori marche in tutta l’Asia e il Medio Oriente ma, come detto, a caro prezzo.

Fate attenzione a chi inquadrate: se qualcuno sembra non gradire, non scattate. Siate cauti soprattutto nel fotografare le donne nei paesi musulmani più rigorosi – la macchina fotografi ca è una delle principali cause di problemi. Ma in genere scoprirete che alla gente piace – in Afghanistan ho scattato la foto di un piccolo e affascinante forno per il pane all’aperto e tutto il personale si è alzato e messo in posa per noi.

Vi consigliamo di portare con voi le pellicole per farle sviluppare in Europa, o a Singapore, dove il servizio è sicuramente veloce e di buona qualità. Se invece decidete di spedire per posta le pellicole da sviluppare nel luogo di arrivo o a casa state attenti perché i pacchetti piccoli, soprattutto in posti come l’Afghanistan, vengono guardati con sospetto alla dogana, e radiografare una pellicola per vedere cosa c’è dentro il pacco non fa certo granché bene alle immagini.

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AGENTI DI VIAGGIOAGENTI DI VIAGGIONon fi datevi del tutto di loro, scoprirete che non sanno assolutamente nulla di quel volo o di quel servizio di spedizioni che voi conoscete benissimo. O vi diranno che l’unico modo per fare una certa cosa è A e poi scoprirete che B sarebbe stato molto meglio. Per esempio, a Jakarta è del tutto impossibile ottenere un biglietto sui voli TAA da Timor a Darwin benché sia del tutto impossibile ottenere un visto per Timor a meno che prima non troviate quel biglietto a Jakarta! Lo stesso succede a Singapore dove agenti di viaggio e compagnie aeree non solo potrebbero non essere in grado di trovarvi biglietti aerei per voli interni o dall’Indonesia ma neanche di dirvi il prezzo o la frequenza. Neppure gli agenti della linea aerea conoscono i prezzi dei loro voli! Le linee marittime Pelni non sapevano neppure a che ora partivano le loro navi! C’è da divertirsi con gli agenti di viaggio.

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ON THE ROAD?

LA GENTELA GENTEIncontrare la gente è una delle ragioni principali per fare questo viaggio. Lungo tutto il percorso scoprirete che per loro voi siete interessanti esattamente come loro lo sono per voi. Al confi ne tra la Malaysia e la Thailandia un autobus pieno di turisti malesi si è fermato per fotografarci! Suppongo che abbiano pensato che noi facessimo parte di quella invasione di autostoppisti occidentali degenerati di cui avevano tanto sentito parlare. Ci fecero un segno di pace, il che sembrava incoraggiante – almeno sembrava un segno di pace…

Scoprirete che ovunque la gente si darà da fare per esservi d’aiuto. Vi aiuteranno a ordinare al ristorante, a trovare un hotel e vi porteranno anche in giro per la città. In generale, se voi vi comportate in modo naturale e siete amichevoli nei loro confronti riceverete lo stesso trattamento. L’unica eccezione sono gli uomini che molestano le donne nei paesi musulmani, che possono essere un vero problema. È divertente il fatto che in Afghanistan, dove le donne sono coperte dalla testa ai piedi, più che in ogni altro paese, gli uomini non danno così tanti problemi. L’idea di fondo è che se una donna non è coperta dalla testa ai piedi, come una brava musulmana, deve essere per forza un tipo facile, che quindi desidera essere toccata. Non consiglio certo di indossare un chador – sembrano davvero scomodi – ma dovete averne uno da indossare in caso serva. Quanto più le norme religiose sono rigorose, tanto più il problema è grave, il che rende il Pakistan il paese peggiore. Non c’è davvero modo di evitare la mano che tasta, può arrivare dal fi nestrino di un treno o mentre siete sedute in stazione ad aspettare il treno. Abbiamo perfi no visto un ciclista ambidestro che riusciva a toccare le due ragazze sul retro del risciò senza cadere dalla bicicletta! E sarà scomparso tra la folla prima che riusciate a voltarvi. È umiliante per le donne e frustrante per gli uomini che vorrebbero proteggerle. Quindi se riuscite a mettere le mani su uno di quei bastardi strapazzatelo un po’. Sarete di certo di una taglia doppia rispetto a lui e scoprirete immancabilmente che tutti i passanti saranno dalla vostra parte. Ma, anche se tutti gli uomini nella folla raccolta daranno al povero sfortunato tutti i tipi di appellativi ignominiosi, tutti loro farebbero esattamente la stessa cosa se ne avessero l’opportunità.

A parte questo problema troverete brava gente ovunque andrete. E lo stesso si può dire dei viaggiatori che incontrerete, per motivi forse ovvi, cioè che la media statistica degli overlander sembra essere molto più interessante di quella della popolazione complessiva a cui appartengono. E intorno a voi troverete sempre gente simpatica e intelligente – personalmente penso che gli amici che ci si fa on the road siano uno dei veri piaceri di un viaggio del genere. Vi troverete spesso a far parte di un gruppo che viaggia verso la vostra stessa destinazione. Non preoccupatevi, quindi, se partite da soli perché non rimarrete tali a lungo, a meno che siate un anti-sociale. Essere in due è forse la soluzione migliore per un viaggio dall’inizio alla fi ne, ma un gruppo più numeroso è spesso un vantaggio. Negli hotel, ad esempio, potete contrattare

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un prezzo migliore se siete in tanti, e spesso ci si può accampare in cinque o sei in una stanza. Nelle stazioni ferroviarie o nei viaggi via mare far parte di un gruppo assicura che ci sia sempre qualcuno che può andare a fare la coda agli sportelli o a far la guardia all’attrezzatura.

LADRILADRISfortunatamente è una delle reali seccature di questo tipo di viaggio. In genere a rubare non è la gente del posto ma i vostri amichevoli compagni di viaggio. Spesso vi troverete a dividere la stanza con gente appena conosciuta – a Birgunj, al confi ne nepalese, ci siamo ammassati in cinque in una piccola stanza sporca. Normalmente si rivelano tutti ottime persone ma capita che un mattino voi (o qualche altro sfortunato) vi svegliate per scoprire che il passaporto, i travellers’ cheque o altro sono scomparsi. Quindi, anche se sembrano deliziosi, trattate gli altri occidentali con un minimo di cautela, almeno fi no a quando non li conoscerete meglio viaggiando per un po’ con loro. Naturalmente ci sono anche proprietari di hotel poco onesti che sfruttano il fatto che in alcune località i viaggiatori hanno poche possibilità di chiamare la polizia, quindi tenete sempre d’occhio i vostri bagagli.

Ovviamente i primi a sparire sono il passaporto e i travellers’ cheque. Abbiamo incontrato un tedesco a cui erano stati rubati tutti gli cheque e il passaporto in una stanza d’albergo a Kabul mentre era fatto di oppio, una coppia americana che aveva perso i passaporti facendo autostop in Thailandia, una ragazza inglese a cui avevano rubato i travellers’ cheque nella sua camera d’albergo a Jakarta, un australiano che era stato derubato di macchina fotografi ca, soldi, cheque e passaporto da un borsaiolo a Kuta Beach a Bali, due americani che erano stati vittime del furto dei passaporti e degli cheque da parte di altri viaggiatori con cui avevano condiviso la camera e, meglio di tutti, un australiano rimasto letteralmente in mutande mentre si trovava in un bordello a Istanbul! Abbiamo anche incontrato un ragazzo inglese che era stato minacciato con una pistola nella Turchia orientale e un canadese che era stato derubato della borsa, contenente non solo i beni personali ma anche gioielli appena comprati, mentre dormiva in una sala d’aspetto indiana. Anche gli ostelli della gioventù possono non essere così sicuri: a un australiano è stata rubata mentre dormiva in un ostello europeo la borsa che usava come CUSCINO. Noi per fortuna abbiamo subito solo il furto dei travellers’ cheque a Roma.

Il messaggio è di portare il bagaglio sempre con voi, ovunque andiate – ed è un’altra ragione per cui conviene viaggiare leggeri. Le cose realmente di valore (come passaporto, documenti, travellers’ cheque e denaro) dovreste sempre averle addosso, mentre tutto il resto deve essere tenuto d’occhio. Le stazioni ferroviarie indiane sono famose per i borseggiatori ‘mano lesta’ e per lo stesso motivo diffi date degli amichevoli compagni di viaggio francesi. L’unica eccezione piacevole a tutto questo interesse per il denaro è la Grecia. Sembra che i greci abbiano fama di onestà, soprattutto nelle isole. Noi abbiamo trascorso due settimane sull’isola di Lesbo. Abbiamo dormito sulla

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spiaggia e quando andavamo in giro lasciavamo lì tutto il nostro bagaglio e non è mai stato toccato nulla.

COMPRARE E VENDERECOMPRARE E VENDERESe avete portato troppa roba con voi, potete sempre disfarvene. In India e in Nepal gli apparecchi elettrici, radio e registratori, si vendono bene. Assicuratevi però che al confi ne non li registrino sul vostro passaporto. Anche in Turchia la domanda di transistor è alta. In Indonesia e in Afghanistan le cose da vendere sono i capi d’abbigliamento, soprattutto jeans e quelli in tessuti sintetici. In Afghanistan praticamente qualsiasi cosa portiate con voi ha una domanda e un prezzo; anche se non la desiderano, non ne hanno bisogno oppure non riescono neanche ad affrontare la spesa vogliono comunque sapere quanto costa. Il baratto è la cosa migliore: scambiate la vostra attrezzatura con prodotti d’artigianato o abbigliamento locale.

Se davvero non avete nulla di valore da vendere e siete al verde, potete sempre sottoporvi a un prelievo. In certi paesi pagano bene il sangue per le trasfusioni, soprattutto in Kuwait e a Thessaloniki in Grecia. Anche a Mashed, in Iran. Si può fare, ma le condizioni in cui si fanno i prelievi sono terribili.

I due paesi dove davvero abbiamo sentito l’esigenza di comprare qualcosa (ma non abbiamo potuto perché eravamo a corto di denaro) sono stati Bali e l’Afghanistan. A Bali i prodotti artigianali sono fantastici, anche se l’intaglio del legno è peggiorato, almeno secondo la gente che ricorda i vecchi tempi... Potete anche barattare qualcosa: l’unico problema è che quegli oggetti in legno pesano molto di più di quanto vorreste se dovete portarli con voi a lungo. Le camicie di batik, invece, non pesano niente nello zaino.

Gli afghani sono esperti nel ricamo e davvero non dovreste perdervi le loro camicie, le gonne e i vestiti ricamati. Noi abbiamo comprato qualche copricuscino ricamato con specchietti, secondo uno stile tipico del luogo. Anche i cappotti afghani e quelli di pelliccia sono ottimi acquisti, come pure gli oggetti in pelle come le borsette, i portafogli, le cinture e i sandali, e perfi no i cappelli. Ognuno di questi capi può essere rivenduto nei paesi occidentali con un guadagno. Una cosa da evitare è comprare i turchesi di Mashed: andate e controllate voi stessi, ma non comprate a meno che non siate assolutamente sicuri di che cosa stanno vendendovi.

Per tutto il percorso verso l’Europa dovrete contrattare. Incluso il cibo nei chioschi, i trasporti (perfi no gli autobus, in Turchia), i risciò sempre e ovunque, e le camere in hotel in molti posti. Quanto più il venditore e le sue merci sono poco raffi nate, tanto più bassa deve essere la vostra prima offerta. Per apparecchi elettrici e macchine fotografi che a Singapore potete cominciare con circa tre quarti in meno del prezzo, ma guardatevi in giro per capire come sono gli altri prezzi prima di cominciare a contrattare. A Bali per l’artigianato e i vestiti potete offrire inizialmente tra un quinto e un quarto del prezzo. Naturalmente questi consigli sono solo approssimativi, siete voi a dover

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sentire com’è la situazione. Il paese in cui è un vero divertimento contrattare è senza alcun dubbio l’Afghanistan. È assolutamente indispensabile passare attraverso tutta l’insulsa pantomima in cui prima denigrate la merce, al che il venditore risponde facendo notare quanto sia povero, poi quando siete riusciti ad abbassare il prezzo richiesto, lasciate il negozio o il banco e incamminatevi prima di essere richiamati per arrivare al prezzo fi nale. È abbastanza divertente scoprire che il prezzo giusto è sempre esattamente un terzo di quello iniziale!

POSTA POSTA Se passate molti mesi in viaggio, vi farà piacere avere notizie da casa. Noi abbiamo fatto due errori: non abbiamo organizzato abbastanza caselle postali e abbiamo sbagliato i tempi. Guardate sulla cartina, due città possono sembrare abbastanza vicine, ma possono passare mesi prima che andiate dall’una all’altra – mesi senza ricevere posta – quindi organizzatevi con molte caselle postali. Assicuratevi anche che ci sia tutto il tempo perché la posta arrivi. Se chiedete alla gente di scrivervi a Kathmandu perché contate di essere lì a ottobre, assicuratevi che spediscano la loro posta già a settembre perché per qualche ragione ci vogliono molte più settimane perché la posta arrivi in Nepal piuttosto che a Delhi – una distanza che un aereo copre in poche ore.

Un tempo le ambasciate avrebbero conservato la posta diretta ai loro connazionali in viaggio, ma di questi tempi le più grandi – UK e USA – non si sporcano le mani: troppo occupati a giocare a bridge. L’ambasciata canadese è ancora suffi cientemente amichevole e conserva la posta dei connazionali, quindi forse lo farà anche quella australiana. Le ambasciate in genere hanno le loro sedi in quartieri periferici, quindi raggiungerle può richiedere degli spostamenti complicati, meglio scegliere delle alternative.

Quasi tutte le grandi città hanno un uffi cio ‘fermo posta’ e in genere sono abbastanza effi cienti. Spesso vi chiedono di pagare qualcosa per il servizio, ma si tratta in genere di pochi cent. Un’alternativa è l’American Express: teoricamente dovreste essere un loro cliente per usare il servizio ‘clients mail’, ma in pratica raramente controllano se lo siete realmente. L’American Express conserva la posta soltanto per un mese e chiede A$2 per inoltrarvela. Non accettano pacchetti. Prendete un loro opuscolo e leggete dove sono gli uffi ci in tutto il mondo. Non preoccupatevi se accanto a qualche nome c’è scritto che non conservano la posta, lo fanno tutti. L’unica cosa che si deve davvero evitare con l’American Express sono le città turistiche nella stagione turistica. Per esempio Atene in estate, è inutile provarci, passereste ore in coda e il mucchio di posta sarà immenso.

Anche la posta spedita nell’altro senso di marcia, ha i suoi alti e bassi. La posta aerea sarà meno costosa e più veloce delle cartoline. In Afghanistan, Nepal, India e Indonesia dovete rispettare le abitudini locali e far timbrare i francobolli delle vostre lettere prima di spedirle. Se non lo fate, qualcuno ruberà i francobolli della vostra lettera, che in questo modo non verrà mai

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spedita. Se dovete mandare un pacchetto, non fatelo dall’India. Per qualche oscura ragione qui i pacchetti devono essere avvolti nella stoffa (anche a Teheran è la stessa cosa). In ogni modo sarete morti di vecchiaia prima che arrivino a destinazione.

RIGIDITÀRIGIDITÀÈ tutto sommato triste che nel momento in cui i lunghi viaggi overland per il continente asiatico diventano più facili grazie al miglioramento delle condizioni delle strade e delle comunicazioni, in realtà si complicano a causa degli ostacoli posti dalle autorità. Vi capiterà di sicuro di incorrere in qualche problema del genere, quindi è meglio sapere come cercare di risolverli e come evitare che peggiorino. I principali problemi in genere sono i soldi e l’aspetto: vi possono impedire l’ingresso in alcuni paesi se non dimostrate di avere una minima autosuffi cienza fi nanziaria o potreste non essere i benvenuti se il vostro aspetto, in particolare la lunghezza dei capelli dei maschi, offende qualche norma di comportamento locale. I paesi peggiori da questo punto di vista sono quelli del Sud-est asiatico, Singapore per primo.

Se siete a corto di quattrini l’unico modo per cavarvela è mettervi insieme ad amici che hanno qualche risparmio in più e sperare che non vi facciano un controllo personale. Spesso, in realtà, non esiste un minimo stipulato per legge e se riuscite a dimostrare che quello che avete è suffi ciente per continuare il vostro viaggio, tutto si sistema. Se viaggiate da est a ovest avete il vantaggio di arrivare nei paesi più fi scali quando avete ancora suffi cientemente denaro per accontentarli, mentre chi fa la strada inversa e ha i soldi contati passa proprio quando stanno per fi nire.

Naturalmente i soldi e l’aspetto vanno di pari passo. Se avete proprio l’aspetto di un freak il minimo richiesto sarà indubbiamente più alto di quello preteso da chi appare relativamente convenzionale. Quindi cercate di sembrare civili, anche solo per attraversare i confi ni o alle ambasciate. Potreste anche indossare una cravatta o un vestito, a seconda del sesso. Vale la pena di portare con sé qualche abito più formale solo per queste occasioni.

Le limitazioni di viaggio sono un altro inconveniente, soprattutto i ‘biglietti di uscita’: prima che vi permettano di entrare dovrete dimostrare di avere un biglietto per uscire dal paese. Questo tipo di richiesta può essere davvero una scocciatura se non sapete ancora quale sarà il vostro percorso una volta lasciato quel paese o se il tipo di biglietto che volete è disponibile solo nel punto di confi ne. Per esempio, ai viaggiatori che vanno verso est potrebbero chiedere un biglietto aereo in uscita da Bali prima di poter ottenere il visto indonesiano, il che è un problema se, lasciata Bali, volete passare da un’isola all’altra andando verso l’Australia. Ancor peggio, possono addirittura pretendere che il biglietto sia di quelli non rimborsabili, il che vi lega mani e piedi. Per risolvere un problema del genere non resta che cercare qualche via dove l’ingresso non sia così diffi cile o di cercare i biglietti che sia più facile farsi rimborsare. Spesso due ambasciate possono comportarsi in modo

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enormemente diverso e solo il passaparola vi garantirà le informazioni sulla sede da evitare assolutamente.

Ma perché questi paesi sono così severi al riguardo? Ebbene, voi, miei cari viaggiatori, siete la risposta. Nel momento stesso in cui stanno cercando di istillare nei loro concittadini i principi del ‘materialistico progresso occidentale’, ecco che arrivano questi occidentali che seguono un credo opposto. Quindi, se non volete che la situazione peggiori, state calmi. Tenetevi le vostre opinioni ma cercate di apparire ragionevolmente per bene. E, soprattutto, rispettate le usanze locali – nessuno, spero, è così cafone da camminare in un tempio con le scarpe ai piedi, ma adattarsi ai comportamenti del luogo va ben oltre. I freak imbottiti di droga e di spiritualità indiana che mendicano a Delhi chiedendo soldi a gente che sa cos’è la vera povertà fanno un danno enorme a tutti gli overlander ed è ovvio che i paesi più orientali temono che la stessa cosa cominci anche da loro. Fate a voi stessi e agli altri un piacere: siate sobri.

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UN PO’ DI CULTURA?

LIBRILIBRIQuante più cose leggerete prima di partire, tanto più apprezzerete quello che vedrete lungo il cammino. Quindi leggete tutto quello su cui riuscite a mettere le mani. Gli uffi ci turistici dei paesi che attraverserete sono sempre pronti ad aiutarvi con brochure e cartine, così come le linee aeree, soprattutto la compagnia di bandiera del paese. La biblioteca vicina a casa vostra di sicuro avrà molte pubblicazioni; il National Geographic è sempre un buon punto di partenza per uno sguardo su paesi e luoghi naturali. Dà fastidio scoprire in ritardo che a soli 5 chilometri di distanza c’era qualcosa che non avreste dovuto perdervi – quindi evitatelo.

Sfortunatamente, ci sono pochi libri che trattano del viaggio overland e la maggior parte dei testi disponibili considerano che si arrivi e si parta in aereo. E questa è la ragione per cui abbiamo scritto questa nostra guida. Se riuscite a trovarlo, il libro di Mik Schultz Asia for the Hitchiker vale la pena. Il fatto è che è diffi cile trovarlo: provate a mandare A$2,50 all’editore danese Multivers, Sølvgade 34, DK-1307, Copenhagen K, Denmark che potrebbe mandarvene una copia. È in inglese ed è una miniera di informazioni per tutto il percorso dall’Europa al Giappone. Esiste anche un libro canadese di Douglas Brown intitolato Overland to India, che ha alcuni divertenti aneddoti storici divisi per paese e una buona sezione di frasario, ma tende a essere un po’ confuso! Il centro informativo underground londinese B.I.T. pubblica un’eccellente guida overland aggiornata di frequente. È spedita per posta aerea da B.I.T., 146 Great Western Road, London W.11, England, per US$3,75 o l’equivalente in altra valuta. Sono davvero dei tipi in gamba quelli del B.I.T. e si precipiteranno a inviarvi la copia che avete richiesto, ma per favore pagateli con un vaglia internazionale. Il B.I.T. pubblica anche quella che deve essere l’unica guida per viaggiare spendendo poco attraverso l’Africa, utile anche solo se visitate il Nord Africa. Pensata per i viaggi di livello più alto, ma un ‘must’ è la Golden Guide to South and East Asia: è l’unico libro che è più facile comprare in Australia che in Europa. La ABC Guide to International Travel, disponibile al 33-40 Bowling Green Lane, London, EC1, England, è una guida per sapere tutto su visti, passaporto e disposizioni sanitarie. Se pensate di viaggiare in località fuorimano potrebbe esservi utile; viene aggiornata ogni tre mesi e in Inghilterra costa £0,50. Per l’Indonesia un certo Bill Dalton ha pubblicato un opuscolo intitolato Indonesia – a Traveller’s Notes che si dovrebbe trovare nelle maggior librerie al prezzo di 50c. La fonte più utile per ottenere informazioni saranno comunque i vostri colleghi viaggiatori. Chi sta facendo il viaggio nella direzione opposta di sicuro avrà le ultime notizie su tutto ciò cui andrete incontro!

Avrete molte opportunità di leggere, ad esempio seduti in treno o nelle sale d’aspetto. Quindi prendete qualche tascabile con voi, potrete scambiarli con altri viaggiatori. Un libro davvero bello è Full Tilt di Dervla Murphy: dall’Irlanda all’India su una bicicletta nel 1963, un’impresa nient’affatto facile all’epoca.

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C’è un gran numero di libri di memorie di viaggio che possono solleticare il vostro appetito o scoraggiarvi completamente – come Road to Kathmandu di Patrick Marnham che è un po’ troppo ‘siamo troppo in gamba!’, ma che ha una bellissima descrizione di quanto possa essere divertente cambiare i travellers’ cheque in Afghanistan. Aldous Huxley scrisse un resoconto di viaggi in India e nel Sud-est asiatico negli anni ’20 intitolato Jesting Pilate – interessante notare quante poche cose siano cambiate da allora. Per l’Afghanistan dovete proprio leggere Caravans di James Michener, ma prendetelo con ironia! Persian Lions, Persian Lambs è un interessante resoconto della Tabriz moderna scritto da un professore americano durante il suo periodo in quell’università. Per quelle sensazioni legate al puro e semplice viaggio su strada nulla batte On the road di Kerouac.

CARTINECARTINENon avrete realmente bisogno di cartine, ma è piacevole guardarne una di tanto in tanto, per vedere dove state andando e da dove siete venuti. Una cartina a una scala ragionevole con il planisfero o di Asia ed Europa ve lo mostrerà molto bene. Se volete più dettagli, la Bartholomew fa ottime cartine, ma abbastanza care in Australia. Tre cartine – Sud-est asiatico, India e Pakistan, e Medio Oriente – vi indicheranno tutto il percorso fi no all’Europa. Gli uffi ci del turismo nazionale regalano volentieri le cartine dei loro paesi: questo è utile soprattutto in Turchia dove si stanno costruendo molte strade e il percorso consigliato può cambiare da un anno all’altro. Gli uffi ci turistici locali sono utili per le cartine delle città, richiedetele appena arrivate. Un avvertimento: certi paesi sono molto sensibili alle informazioni sulle cartine. In Pakistan potrebbero arrivare a confi scarvela se include la zona dell’East Bengal denominandola Bangladesh invece che Pakistan orientale. Senza alcun dubbio qualcosa del genere succede anche nei paesi arabi se si indica Israele. In tal caso tenetele ben nascoste!

RELIGIONIRELIGIONIIl viaggio overland passa attraverso un tale quantità di religioni con un peso nella storia e con un’enorme infl uenza sulla situazione politica attuale dei paesi interessati, che ci si può fare un’opinione delle nazioni solo se prima si comprende la loro religione. Naturalmente, il credo dei vari paesi asiatici non è sempre stato quello che oggi prevale e certamente può modifi carsi nel futuro. Lo zoroastrismo, per esempio, a un certo punto si estendeva fi no al Mediterraneo, ma venne ricacciato indietro dall’avvento del cristianesimo da Occidente e del buddhismo da Est, prima che i musulmani si espandessero nei tre continenti. Oggi sopravvive solo in alcune parti dell’Iran e dell’India. La religione asiatica che conta più fedeli è quella hindu, anche se soltanto a Bali, in India e in Nepal coinvolge la maggior parte della popolazione.

La religione hindu sembra quasi un libro di fumetti, una messinscena disneyana, così è diffi cile prenderla sul serio. È in realtà una delle religioni più antiche del mondo, dato che le sue origini risalgono a prima del 1000 a.C. Ma

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se si guarda al simbolismo delle rappresentazioni degli dèi, come fanno gli hindu, allora le cose acquistano un signifi cato.

L’unico dio onnipresente, Brahm, ha in genere tre rappresentazioni fi siche: Brahma, il creatore, Vishnu, colui che preserva, e Shiva, il distruttore e il motore della riproduzione. Tutti e tre in genere sono rappresentati con quattro braccia, ma Brahma ha il vantaggio aggiuntivo di avere quattro teste, a dimostrare che tutto può vedere. Vishnu in genere è rappresentato in una delle vesti con cui visitò la terra: nove apparizioni fi no ad ora, ma se ne aspetta una decima. Nelle sue prime visite prese forme animali ma nella settima venne come Rama, visto perciò come la rappresentazione di un uomo ideale. Rama si fa accompagnare da un certo numero di dèi minori, come il suo alleato e aiutante Hanuman, il dio scimmia. La sua natura fedele è dimostrata dal fatto che spesso una statua di Hanuman è posta a guardia delle entrate delle fortezze. Rama ebbe due fi gli: Kartikkaya, dio della guerra e Ganesh, dio della sapienza, facilmente riconoscibile per la testa d’elefante.

Nella sua ottava apparizione sulla terra Vishnu venne come Krishna e fu cresciuto da contadini e per questo motivo è il favorito delle classi inferiori. La più recente incarnazione di Vishnu fu come Buddha: ma questo è probabilmente un complotto messo in atto per riportare nel grembo dell’hinduismo il gruppo che se ne distaccò, i buddhisti appunto.

Il ruolo creativo di Shiva è simbolizzato in modo fallico dalla sua rappresentazione come lingam. Il suo aspetto distruttivo è in genere gestito da sua moglie, Kali la terribile. Anch’essa ha però un lato piacevole, come Parvati la bella. Nella sua incarnazione distruttiva Kali richiede sacrifi ci e i suoi templi possono ospitare riti sanguinolenti.

Una gran quantità di altri dèi minori, mogli e creature animali associate affollano la scena. La vacca, naturalmente, è l’animale sacro, ma ci sono altri personaggi, come Garuda, un essere mezzo uomo e mezzo uccello (e oggi anche una compagnia aerea indonesiana) che secondo la tradizione trasporta sulla sua schiena Vishnu. I libri sacri agli hindu sono molti, dal Bhagadavgita – il più noto, attribuito a Krishna – al Mahabharata e al Ramayana che narra la storia di Rama.

All’inizio un ramo dell’hinduismo e in seguito diffuso in tutta l’Asia fi no in Iran, il buddhismo è oggi ristretto al Sud-est asiatico ed è la religione dominante in Thailandia e in Birmania. Nato nel 642 a.C. nei pressi dell’attuale confi ne tra India e Nepal, Gautama, Buddha, rinunciò a tutti i suoi beni materiali intorno al 595 ma, a differenza di altri profeti, scoprì che soffrire la fame non portava l’illuminazione. Di conseguenza, elaborò la sua regola della ‘via di mezzo’, la moderazione in ogni cosa. Il principio base del buddhismo è che tutte le sofferenze della vita provengano dall’indulgere troppo sull’appagamento dei propri desideri. La soppressione dei nostri desideri sensuali porterà alla fi ne a uno stato di nirvana, dove non abbiamo più desideri e quindi non soffriamo più della delusione se non si realizzano. Per chi vive in un mondo occidentale

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iper-consumistico, che comincia a mettere in dubbio l’onnipotenza dello stile di vita materialistico, il buddhismo esercita senz’altro un gran fascino.

Buddha, che non solo non era un dio, ma che non pretese mai di essere l’unico Buddha – l’illuminato – sentì che la strada per il nirvana stava nella capacità del nostro karma, spirito centrale, di seguire l’ottuplice sentiero del giusto pensiero, del giusto comportamento e così via. A parte il fatto che sembra essere assolutamente appropriato anche nella vita moderna, il buddhismo è interessante per la sua espansione e per la sua contrazione. In alcuni luoghi, come l’Afghanistan, venne cancellato dalla conquista da parte dei musulmani, in altri, come l’India, fu riassorbito nell’hinduismo. In tutti i paesi in cui era o è forte la sua presenza, fantastiche strutture attestano il potere che possedeva un tempo. Quelli più conosciuti sono i templi di Borobodur a Java, di Angkor Wat in Cambogia, la molteplicità dei templi di Pagan in Birmania e i mastodontici Buddha in piedi a Bamiyan, in Afghanistan. Andateci!

La più recente, ma la più diffusa, tra le religioni asiatiche è l’islam, anche detto la religione maomettana o musulmana. È predominante in Bangladesh, Pakistan, Afghanistan, Iran, Turchia e in tutti i paesi arabi. Si è anche spinto più a est, in Malaysia e Indonesia, e a occidente, dove vedete ancora delle moschee in Iugoslavia.

Il fondatore, il profeta Mohammed (Maometto) nacque nel 570 d.C. alla Mecca. Ebbe la sua prima rivelazione da Allah nel 610 e questa e le successive visioni andarono a comporre il libro sacro dei musulmani, il Corano. Quando il suo scopo nella vita gli fu rivelato, Maometto cominciò a predicare contro l’idolatria che imperava alla Mecca, una sorta di Città del Vaticano odierna. I musulmani credono che la ricerca di Dio attraverso le immagini sia peccato. Alla fi ne questi attacchi al commercio locale fecero cacciare dalla città Maometto e i suoi seguaci nel 622. Essi si rifugiarono a Medina, città del profeta, e nel 630 si erano rafforzati a suffi cienza per far ritorno alla Mecca. Nel giro di due decenni la maggior parte delle nazioni arabe si era convertita all’islam, ma Maometto nel frattempo era morto, nel 632.

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La fede nell’islam era più di una religione, era un richiamo ai suoi seguaci perché diffondessero la parola – se necessario anche con la spada. Era appunto il grido di raccolta che gli arabi aspettavano e nei secoli seguenti l’islam si diffuse in tre continenti. Dal momento che gli arabi, che per primi propagarono la loro fede, si fecero la reputazione di essere combattenti infaticabili ma governanti giusti, spesso le popolazioni pensarono fosse consigliabile arrendersi. In questo modo i musulmani si mossero attraverso il morente impero bizantino, i cui sudditi non sentivano alcun desiderio di continuare a servire un imperatore così distante da loro.

Se verso ovest la marcia dell’islam continuò solo un centinaio d’anni prima di essere ricacciata indietro dalla battaglia di Poitiers nel 732, verso est proseguì per secoli. Grazie all’infl uenza dei musulmani riprese vita l’Impero Persiano che, per colpa dei confl itti protratti con i bizantini, era quasi allo sfacelo. Questo diede inizio al grande periodo dell’arte e della letteratura persiane, contraddistinte da personalità del calibro di Omar Khayyam, nel suo paese più noto come matematico che come poeta. Gli arabi risalirono il corso dell’Indo nel 711 (lo stesso anno in cui arrivarono in Spagna), ma fu più una spedizione casuale che una vera e propria invasione. Fu da Ghazni, in Afghanistan, che partirono i tentativi di sottomissione dell’India. Nell’XI secolo Mahmud di Ghazni più volte fece spedizioni alla conquista dell’India e nel XIII secolo tutta la pianura del Gange era nelle mani dei musulmani; nel XVI secolo l’impero moghul controllava gran parte del subcontinente indiano. Poi furono i commercianti indiani a divulgare il Corano in tutto il Sud-est asiatico, dove l’islam è tuttora forte in malaysia e in Indonesia dove, con l’eccezione di Bali, ha rimpiazzato la religione hindu-buddhista.

Proprio agli inizi della sua storia l’islam soffrì di una scissione totale tra due fazioni, provocando una divisione che persiste ancora oggi. Il terzo califfo, successore di Maometto, venne ucciso e a lui nel 656 successe Ali, genero del profeta. Ali fu assassinato nel 661 dal governatore della Siria che impose se stesso come califfo al posto dei discendenti di Ali. Oggi il 90% dei musulmani è sunnita, ovvero seguaci dei discendenti del califfo, mentre il restante 10% si dichiara sciita, discendenti di Ali. Oggi l’unico stato a maggioranza sciita è l’Iran.

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Mentre si viaggia nei paesi musulmani, non si può non notare con sorpresa che la religione, che un tempo diede tanto slancio ai paesi che la abbracciarono, oggi in molti casi li frena e impedisce il progresso. Nei paesi mediorientali dove le donne, pur non essendo cittadini di seconda classe sono un secondo tipo di cittadino, l’islam ha un’infl uenza limitante che il profeta non avrebbe mai potuto prevedere. Anche il fatalismo – tutto è nelle mani di Allah – ha un effetto inerziale. A parte la mano islamica sulle femmine occidentali, l’altro tratto islamico che noterete è durante il digiuno del Ramadan. I musulmani non possono né mangiare né bere nulla dall’alba al tramonto per tutto un mese intorno a ottobre-novembre e vi troverete vostro malgrado a digiunare con loro! Gli stati d’animo tendono a essere piuttosto infi ammabili in quel periodo e nei giorni che celebrano la fi ne del Ramadan ci si abbandona a festeggiamenti sfrenati, durante i quali scordatevi di poter oltrepassare i confi ni.

Oltre alle comunità appartenenti alle tre religioni maggiori (hindu, buddhisti e musulmani) in Asia esiste un certo numero di gruppi o sette. Quelli di tradizione più antica sono i farsi, i seguaci di Zoroastro. Zoroastro nacque a Mazar-i-Sharif, oggi in Afghanistan, intorno al 550 a.C. A un certo punto lo zoroastrismo era diffuso dall’India fi n sulle coste del Mediterraneo, mentre oggi è limitato a Bombay, in India e alla città di Shiraz, in Iran. Lo zoroastrismo fu una delle prime religioni a postulare un Dio onnipotente e invisibile. Nei templi farsi tengono sempre accesi dei fuochi, veneravano il fuoco come simbolo di Dio, non come fosse esso stesso un dio. Dal momento che credevano nella purezza degli elementi i farsi non seppellivano i loro morti, perché avrebbero contaminato la terra, né li bruciavano perché avrebbero inquinato l’aria. I loro morti venivano invece esposti sulle ‘torri del silenzio’ dove gli avvoltoi non ci mettevano molto a farne scomparire le tracce.

I giainisti sono più un ordine religioso che una religione e credono nella sacralità di tutte le forme di vita: non ammazzerebbero neppure una mosca. I giainisti si trovano qua e là in tutta l’India e i loro complessi di templi sono noti per il gran numero di edifi ci tutti uguali tra loro.

I sikh sono una setta di hindu riformati, fondati da Namak, che nacque nel 1469. I fondamenti della religione sikh sono simili a quelli degli hindu, con la differenza che i sikh sono contrari alla divisione in caste e ai ‘pellegrinaggi ai fi umi’. I sikh si oppongono anche all’abitudine di cremare le vedove insieme ai loro mariti senza curarsi del fatto che siano o meno defunte! Questa pratica, detta suttee, è stata abbandonata dagli hindu, anche se in Nepal è rimasta in uso fi no al 1923. Dal momento che la fondazione della religione sikh si deve in parte al tentativo di costruire un ponte tra i musulmani dominanti e gli hindu, numericamente superiori, è tutto sommato ironico che ai tempi della partizione India/Pakistan del 1948 siano stati in molti casi i sikh a guidare la carnefi cina che seguì. I sikh sono la religione dominante nel Punjab, una delle regioni più delicate e problematiche. La capitale è Amritsar, dove un’altra delle loro regole, il dovere dell’ospitalità, può essere sperimentato al Golden Temple. Si possono riconoscere i sikh dai loro cinque ‘kakkar’, di cui il più noto è il ‘kesh’ ovvero il divieto di tagliare i capelli: i sikh adulti indossano tutti un turbante.

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SI PARTE!

PARTIRE DALL’AUSTRALIAPARTIRE DALL’AUSTRALIAFare il viaggio per mare costa sempre di più di quello via terra, quindi il tratto fi no a Singapore dall’Australia sarà più costoso del viaggio fi no in Europa. Se venisse riaperto il transito attraverso la Birmania, da Singapore in poi tutto il percorso sarebbe via terra.

Se non avete intenzione di attraversare l’Indonesia, potete prendere un volo diretto dalle maggiori città australiane. Questi alcuni esempi di tariffe a prezzo pieno: Sydney – Singapore A$267 Sydney – Bangkok A$344 Sydney – Delhi A$422 Perth – Singapore A$221 Darwin – Singapore A$194

Viaggiare per mare può essere molto più economico di un volo aereo, ma le tariffe dipendono dal tipo di cuccetta. Quelle meno costose tendono ovviamente a essere prenotate molto in anticipo; i prezzi indicati sotto vanno da una cabina con sei cuccette a una singola con la compagnia di navigazione Chandris Line. Altre compagnie marittime potrebbero essere la Centaur e la Singapore Australia Shipping e ci possono anche essere navi charter senza un orario prestabilito. Sydney – Singapore da A$192 a A$256 Fremantle – Singapore da A$120 a A$184

Il volo diretto meno costoso per l’Indonesia è quello da Darwin a Bali con la compagnia aerea indonesiana Merpati. Il problema è che ce n’è uno solo la settimana ed è quasi sempre tutto prenotato, anche tre mesi prima. TAA è l’agente generale per Merpati in Australia, quindi organizzatevi per tempo. La scarsità di voli Merpati potrebbe essere dovuta alla politica restrittiva imposta dall’Indonesia sul numero di voli internazionali a cui è concesso atterrare a Bali – il che è una buona cosa. È più che possibile che anche ad altre linee aeree verrà permesso in futuro di atterrare solo a Jakarta, limitando ancora di più i voli per Bali. Darwin – Bali A$88 Sydney – Bali A$219 Sydney – Jakarta A$194

Occasionalmente ci sono navi che collegano i porti dell’Australia con l’Indonesia; dovete solo scoprire da dove partono e quando chiedendo un po’ in giro. Una tariffa media, giusto per fare un esempio, potrebbe essere A$80 per andare da Sydney a Surabaja, sull’isola di Java.

Partire da Darwin è forse il modo migliore per fare il viaggio verso l’Indonesia e vi dà modo di vedere un bel pezzo di Australia. Se ci pensate con molto anticipo, la cosa più semplice e anche la meno costosa è volare direttamente con Merpati a Bali, o a Kupang, da dove un volo di collegamento vi porterà a Bali. Un volo ancora più comodo è quello della TAA che tre volte la settimana con Aeros de Timor collega Darwin con il Timor portoghese. Se

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è abbastanza facile arrivare a Timor, grazie alla scarsa affi dabilità dei trasporti locali potrebbe essere un bel po’ problematico andarsene. Darwin – Bacau, Timor portoghese A$45

Dunque ce l’avete fatta a fuggire, e ora?

TIMOR PORTOGHESETIMOR PORTOGHESETimor portoghese è la nazione più vicina all’Australia, ma è incredibilmente poco conosciuta, forse perché è facile arrivarci ma diffi cile lasciarla. In effetti le comunicazioni sono più facili tra il Timor portoghese e l’Australia piuttosto che con la parte indonesiana di Timor. Inoltre, storie spaventose sulla poca cortesia degli abitanti intimoriscono i possibili visitatori, che lasciano perdere. Sospetto che la maggior parte di queste storie abbia a che fare con le innegabili diffi coltà di trasporto. L’uffi cio turistico dei Northern Territories è un’utile fonte di informazioni su Timor.

STORIA: Timor è un altro degli ultimi avamposti del colonialismo portoghese. Il governo di Lisbona governava Timor mentre gli olandesi controllavano il resto dell’Indonesia. Le due potenze coloniali erano continuamente coinvolte in scaramucce e per un certo periodo Timor fu governata da altre colonie portoghesi in Asia – Goa in India o Macau, vicino a Hong Kong. Naturalmente gli indonesiani non sono affatto contenti della presenza portoghese a Timor, ma come in altre parti del mondo, come in Angola, i portoghesi sono riluttanti ad andarsene. Gli indiani sono riusciti a cacciarli da Goa molto più facilmente.

TRASPORTI: L’aeroporto in cui si arriva da Darwin è a Baucau, la seconda città del Timor portoghese. Da lì il viaggio per la capitale Dili si fa in autobus (dura un giorno e costa A$1) o in aereo con un De Havilland Dove: il volo è breve e costa intorno ai US$10, ma può imbarcare solo dieci passeggeri per volta. È a Dili che cominciano i problemi. Se le linee Zamrud sono in attività, siete fortunati e potete volare con un Douglas DC-3 fi no a Kupang pagando pressappoco US$18, o direttamente a Bali, con molte fermate intermedie, a un prezzo complessivo di US$50. Se non riuscite, vi aspetta un duro viaggio. Di tanto in tanto ci sono navi, e anche aerei, che collegano con Okussi, una piccola enclave portoghese nel Timor indonesiano. Se non riuscite a prenderli, si può tentare di mettere insieme un passaggio sui camion con tratti in autobus e arrivare fi n lì. In ogni caso è possibile che lungo il percorso dobbiate a un certo punto mettervi lo zaino in spalla e camminare per qualche tratto. Se siete fortunati saranno solo pochi chilometri, ma un mucchio di gente torna a casa raccontando di marce lunghe anche 50 chilometri. È qui che cominciano i guai: la scarsità di trasporti fa salire i prezzi e la lunga marcia può fi nire in un’estorsione al confi ne, quando chiedete di attraversarlo. Se siete preoccupati di tutto questo, tagliate corto e, prenotando per tempo, prendete il volo diretto da Darwin a Kupang. Senza alcun dubbio il viaggio attraverso Timor è il percorso più duro che farete dall’Australia all’Europa.

PERNOTTAMENTO E PASTI: La forte presenza cinese a Timor assicura una buona scelta di hotel e ristoranti poco costosi. Se volete stare per un po’ a Dili potete prendere una casa sulla spiaggia per circa un dollaro la settimana

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compreso un guardiano. Dategli qualcosa in più perché faccia realmente la guardia. Buona birra portoghese.

CLIMA: Come nel nord dell’Australia; nella stagione umida, da novembre a marzo, è veramente umido.

MONETA: 31 escudo = A$1. Niente mercato nero.VISTI: Fate domanda all’ambasciata portoghese, i visti costano A$3,20 –

potete anche farveli emettere a Darwin. Quando oltrepassate il confi ne con il Timor indonesiano è responsabilità vostra farvi fare il timbro d’entrata. Se no avrete problemi più avanti.

INDONESIAINDONESIAL’Indonesia potrebbe essere uno dei paesi più interessanti che attraverserete e Bali sarà davvero un caso in cui non lasciare il meglio per ultimo. Le isole dell’arcipelago sono una diversa dall’altra e ognuna ha le proprie attrattive. Le isole meridionali sono in genere più secche e meno tropicali di Bali e di quelle settentrionali. Alfred Russel Wallace, un predecessore di Darwin, tracciò la cosiddetta ‘linea Wallace’ attraverso Bali, dividendo in questo modo l’Asia dall’Australasia. La più nota tra le isole meridionali è Komodo, abitata dai celebri varani, in realtà gigantesche lucertole.

Bali è ancora la principale meta turistica dell’Indonesia e non potreste chiedere un avvio migliore a quel tipo di vita frugale che vi aspetta per tutto il viaggio fi no in Europa. Andateci subito, però: la bellezza di Bali mostra segnali evidenti del fatto che presto sarà compromessa dal turismo. Ogni cittadina ha qualche specializzazione artistica, ma vale la pena di visitare soprattutto Mas, il centro delle sculture in legno, e Ubud, la colonia dove lavorano artisti locali e stranieri. E poi c’è Trunyan, che si dice sia il villaggio più antico di Bali, e i vulcani nei dintorni. Potete arrampicarvi in cima al Batur o all’Agung, che sono alti più di 3000 metri, e la cui ultima eruzione risale al 1963. A sud di Kuta si trova Uluwatu con un tempio fantastico arroccato in cima a una scogliera un centinaio di metri a picco sul mare. Ci sono templi su tutta l’isola e Gua Gadjah (la grotta dell’elefante) è un antico monastero situato in una grotta vicino a Denpassar.

Se volete sperimentare Bali nella sua totalità, dovete trovare il modo di assistere da qualche parte a una delle danze balinesi. La più nota è la ketchak, che racconta una storia del Ramayana in cui Rama salva la sposa rapita con l’aiuto di Hanuman e il suo esercito di scimmie, da cui deriva il nome di ‘danza delle scimmie’. È un modo per ricordarsi che Bali è pur sempre un paese hindu e che l’infl uenza dell’islamismo non ha mai oltrepassato lo stretto di Java. L’aspetto migliore di una ketchak è la folla che vi assiste, che offre un accompagnamento sonoro ‘sincronizzato’ in modo fantastico con le azioni raccontate con la danza.

La tjalonarang è un confronto spettacolare tra il bene, il comico leone Barong, e il male, la strega Rangda. All’interno della danza c’è la danza dei kris, dove i seguaci di Barong, che non riescono a pugnalare Rangda, attaccano se stessi in uno stato di trance. La legong è una danza eseguita da ragazze accompagnata dalla tradizionale orchestra balinese, il gamelan. Altri

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spettacoli di intrattenimento tipici dell’isola sono i wayangs, il teatro delle ombre, e, naturalmente, i combattimenti tra galli. Molti balinesi posseggono galli da combattimento e li vedete spesso seduti al bordo della strada mentre osservano i passanti – per non annoiarsi tra un combattimento e l’altro. Vedrete spesso il proprietario di un gallo fare la respirazione ‘bocca a becco’ per far riprendere il pennuto fra un round e l’altro.

Java è l’isola più popolosa e sviluppata dell’Indonesia e la regione centrale ha vulcani spettacolari e bei paesaggi. Surabaj, il porto meridionale di Java, non è interessante, ma lo è il monte Bromo nei pressi. Jogjakarta, o Jogja, è stata il centro della resistenza contro gli olandesi nel XIX secolo. Il palazzo costruito per il sultano di Jogja merita una visita, ma la cosa più interessante da vedere è a 30 chilometri a nord-ovest, a Borobodur. Uno dei grandi templi buddhisti del Sud-est asiatico, Borobodur venne iniziato nell’VIII secolo e ci volle un secolo perché fosse completato. Lo stupa centrale consiste in quattro terrazze quadrate sormontate da altre tre circolari e dallo stupa principale. I rilievi incisi nelle gallerie delle terrazze raccontano la vita di Buddha e dei suoi seguaci. Percorrete le gallerie in senso orario, se lo fate in senso inverso potreste evocare gli spiriti malvagi. A est del tempio principale si trovano due monumenti funebri. Costruito un secolo più tardi e dedicato alle divinità hindu, Prambanana si trova 15 chilometri a est di Jogja. I vari templi contengono statue di Shiva, Durga e Ganesh mentre i rilievi raccontano la storia del Ramayana.

Jakarta, la capitale, non è una città molto piacevole. Distrutta dagli olandesi e ricostruita come Batavia, mostra ancora segni del suo passato coloniale, soprattutto nei suoi luridi canali costruiti a imitazione di quelli di Amsterdam. Ancora più evidente si mostra la mano di Suharno nei viali monumentali, nella gigantesca moschea mai fi nita e nelle statue in stile sovietico. Potete comunque passare un piacevole pomeriggio nell’eccellente museo e l’area del vecchio porto è interessante. I cento ettari dei giardini botanici di Bogar, creati nel 1817, posseggono una fantastica varietà di piante; si trovano a circa 50 chilometri da Jakarta.

Sumatra, l’isola più grande, meno popolata e più primitiva dell’arcipelago, è anche la meno sfruttata. Forse il fatto che sia stata in parte dimenticata è dovuto al clima, infatti è diffi cile viaggiare quando è umido, ed è impossibile farlo se è umidissimo. Potete arrivarci direttamente passando per Medan e prendendo una barca per la Malaysia. Da Telukbetung è possibile prendere un’imbarcazione per Krakatoa, a metà strada tra Sumatra e Java. Durante l’eruzione del 1883 il vulcano Krakatoa fece 30.000 vittime. Palembang e Djambi non sono così entusiasmanti, ma Bukittingi è una bella località montana con un’interessante società matrilineare dove a comandare in famiglia sono le donne più anziane. Nei pressi cresce la raffl esia, il fi ore più largo del mondo (più di un cavolo), il cui nome viene da Sir Stamford Raffl es, protagonista della storia di Singapore. La città di Bengkulu, a sud di Padang sulla costa, fu il suo quartier generale durante il breve periodo del governo britannico in Indonesia e di quell’epoca rimane ancora un vecchio forte.

Prapat, sulla sponda del lago Toba, ha delle buone spiagge e da qui potete prendere una barca per Tomok sull’isola di Somosir, al centro del lago. Le tribù batak sull’isola sono note per la loro ospitalità e le loro case caratteristiche, con i larghi tetti che si estendono oltre la facciata.

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STORIA: Verso la fi ne del VII secolo a Java e Sumatra cominciarono a nascere regni potenti. Alcuni di essi arrivarono al potere in diverse parti dell’arcipelago, allargarono la loro sfera d’infl uenza fi no alla penisola malese e fondarono Singapore. Le aree di religione hindu e buddhista prosperarono, ma la diffusione dell’islam, che arrivò a metà del XIV secolo, indebolì l’ultima dinastia hindu-buddhista e il paese si frammentò in piccoli staterelli musulmani retti da sultani. L’islam arrivò in Indonesia in un secondo tempo, portato dai mercanti indiani con toni più morbidi rispetto alla crociata religiosa perseguita dagli arabi. Un potente stato islamico con base a Malacca, nella penisola malese, acquisì il controllo di gran parte di Sumatra, che però nel 1511 cadde nelle mani dei portoghesi.

Questi furono i primi europei ad arrivare in zona cercando di impiantare il commercio delle spezie, seguiti dagli spagnoli, dai britannici e dagli olandesi. Da questa massa confusa di interessi emersero infi ne gli olandesi, il cui controllo sull’area non fu però affatto così pacifi co come quello dei primi sovrani hindu, buddhisti e musulmani. La Compagnia Olandese delle Indie Orientali distrusse Jakarta pensando che il principe che vi regnava fosse un alleato degli inglesi. Facendo della città da loro ricostruita, chiamata Batavia, la base del loro potere, gli olandesi gradualmente allargarono il loro controllo, conquistandolo con la forza, su tutta Java e sulla Sumatra meridionale e lo tennero fi no alla fi ne del XVIII secolo. A seguito della caduta di Napoleone in Europa, gli inglesi ebbero per breve tempo il dominio sul paese e il favore che raccolsero riuscì a esacerbare ancor più gli indonesiani contro gli olandesi. La resistenza giavanese si fece di nuovo sentire nel 1825 e gli olandesi riuscirono infi ne a debellarla ed esiliarono i capi della guerriglia che avevano acconsentito a presentarsi a un incontro di negoziazione. La Compagnia Olandese non riuscì mai a conquistare Bali, con cui nel 1849 fi rmò un patto. Nel 1871 i britannici lasciarono la parte settentrionale di Sumatra e gli olandesi impiegarono quanto rimaneva del XIX secolo a cercare di farla diventare parte del loro Impero. Nel 1899 il governo dei Paesi Bassi subentrò infi ne alla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, che era ormai nel caos, e nel giro di un decennio aveva assunto il pieno controllo di Sumatra e di Bali.

Gli indonesiani mostrarono scarsa affezione per il governo olandese così come l’avevano avuta per la Compagna delle Indie e nacquero qua e là molti movimenti indipendentisti. Verso la fi ne dell’occupazione giapponese durante la seconda guerra mondiale, Sukarno, che al momento dell’invasione nipponica era stato imprigionato dagli olandesi, dichiarò l’indipendenza dell’Indonesia. Sarebbero seguiti quattro anni di lotta contro gli olandesi prima che l’indipendenza fosse fi nalmente riconosciuta nel 1949. Indebolita dalla guerra e dal confl itto successivo e priva di una struttura governativa come quella che i britannici avevano lasciato in India, l’Indonesia indipendente non ebbe vita facile.

Sukarno, inizialmente considerato il salvatore dell’Indonesia, quasi portò alla bancarotta il paese a causa di una serie di piani grandiosi e progetti di sviluppo, e anche per il ‘confronto’ con la Malaysia, per cui seguì consigli che si dimostrarono sbagliati. La sua deposizione nel 1965, seguita dagli omicidi di massa di chiunque fosse un sospetto comunista, segnarono il punto più basso della storia indonesiana del dopoguerra. Tuttavia, oggi la situazione è

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migliorata ed esiste un certo grado di stabilità politica ed economica. Ma c’è ancora molta strada da fare.TRASPORTI: Da Kupang a Bali: Da Kupang avete a disposizione diversi modi per andare a nord, verso Bali. Tutte e tre le linee aeree indonesiane – Garuda, Merpati e Zamrud – volano lungo questa tratta, ma i posti nei loro aerei tendono ad essere quasi sempre tutti prenotati. Zamrud è forse la più interessante, ma la meno affi dabile: i suoi aerei hanno la sfortunata abitudine di smettere di funzionare piuttosto spesso. Non pensate di essere riusciti a prendere un volo fi nché l’aereo non si è davvero staccato dal suolo!

Garuda – Da Kupang a Bali, tre volte la settimana con un Fokker F-28 Fellowship per US$38Merpati – Da Kupang a Bali quattro volte la settimana per circa US$36. Uno di questi è il volo Vanguard da Darwin, quasi sempre tutto

prenotatoZamrud – Un numero non ben precisato di voli ogni settimana con vecchi DC-3 che fanno almeno tre fermate lungo il percorso. Prendere un volo Zamrud è un divertimento di per sé e non costa di più di uno di quei jet luccicanti!

Se avete pazienza e siete fortunati è possibile fare il viaggio per nave da Kupang a Lombok, da cui un traghetto vi porta rapidamente a Bali, oppure fi no a Surabaja, da dove potete tornare indietro a Bali. Il servizio marittimo è irregolare e la traversata può durare anche due settimane ma è un viaggio abbastanza divertente – e costa US$12. Si parla dell’inizio di un regolare servizio diretto a Bali che passi per Komodo, per vedere i varani.

Di isola in isola fi no a Bali: Se avete tempo e la disposizione d’animo giusta potete risalire di isola in isola fi no a Bali. Con circa 800-900 rupie potete andare da Kupang a Ende sull’isola di Flores. Flores ha un gran numero di vulcani, estinti e ancora in attività. Il monte Keli Mutu ha tre laghi nel cratere e le componenti chimiche del terreno hanno dato a ognuno dei laghi un colore diverso. Attraversate via terra Flores o noleggiate una barca e risalite la costa. Da Labuhan, alla fi ne di Flores, la traversata con una barca a noleggio fi no a Komodo, dove vivono i famosi varani, è un percorso breve. Un altro breve tratto in mare vi porta a Sumbawa, dove potrete di nuovo attraversare via terra l’isola da un capo all’altro. Un viaggio in barca ancora più breve vi porta a Lombok, da dove ogni giorno parte un ferry che fa la traversata di quattro ore per Pedang Bai, a Bali, al costo di 500 rupie.

Da Bali a Surabaja: Un percorso in autobus di dodici ore costa 1000 rupie, compreso un traghetto da Bali a Java. Alcuni degli autobus viaggiano di notte, altri di giorno; il viaggio è bello e interessante, quindi fatelo con la luce del giorno. Gli autobus partono molto presto la mattina e sarete probabilmente più comodi se prenderete uno dei piccoli minibus, più moderni.

Da Surabaja a Jakarta: Per questo tratto del percorso si aprono molte possibilità. Potete prendere il treno diretto a Jakarta per US$2 o 3, a seconda degli sconti che praticano agli studenti. Il treno ha la fama di essere lento e scomodo, di certo, quando lo prendemmo noi, il treno era più sporco di qualsiasi altra cosa in India e riuscì ad arrivare a destinazione con dieci ore di ritardo! Quindi è meglio che passiate per Jogjakarta, che è una città

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che non dovete perdervi in ogni caso. Il costo totale del viaggio passando per Jogja sarà di poco superiore a quello del viaggio diretto da Surabaja. Se progettate di viaggiare su ferrovia più avanti, in India, potreste preferire di evitare l’esperienza con i treni indonesiani. Il servizio di autobus è in genere buono e poco costoso, anche se lo stile di guida a volte fa rizzare i capelli in testa.

Da Jakarta a Singapore: Si può fare in aereo o in nave; i voli di linea costano intorno ai US$80. Una volta la settimana c’è un volo charter per circa US$60 che è quello che prende la maggior parte dei freak. Le informazioni sui biglietti si possono ottenere all’ostello della gioventù di Jakarta. Pelni è la compagnia marittima che gestisce quasi tutti i trasporti per Singapore; hanno degli uffi ci a Jakarta e le agenzie di viaggi vendono i loro biglietti. Ci sono traghetti che fanno servizio in modo irregolare direttamente per Singapore da Jakarta e da vari porti di Sumatra. Il percorso solito è quello della nave che va ogni settimana fi no a Tandjunpinang, un’isola a circa 70 chilometri a sud di Singapore. Il viaggio dura 36 ore e costa 4700 rupie per un passaggio ponte: basta srotolare il sacco a pelo sul ponte e fare come se si fosse a casa propria. Su tutte le navi della compagnia Pelni il biglietto comprende i pasti – una bella cosa se ce la fate a sopravvivere con teste e code di pesce – diversamente, portate del cibo con voi. Da Tandjunpinang diverse lance fanno servizio per Singapore a circa A$12. Il costo totale del viaggio a Singapore è di circa US$30 – più o meno lo stesso prezzo delle imbarcazioni che fanno servizio diretto. Se state viaggiando verso est andate a Tandjunping il giorno prima che la nave salpi per Jakarta. Benché a volte sia possibile arrivare da Singapore in tempo per prendere la nave prima che lasci il porto nel pomeriggio, se la perdete dovrete aspettare una settimana per quella successiva.

Altri voli: L’Indonesia ha una rete di voli interni abbastanza estesa. Ecco alcune tariffe:

Bali – Surabaja 5700 rupie Bali – Jogjakarta 7400 Bali – Jakarta 16000

Da Jakarta a Medan: L’alternativa al viaggio diretto da Jakarta a Singapore è risalire fi no a Medan attraversando Sumatra. Attraversare la più grande e la meno popolata delle isole dell’arcipelago indonesiano può essere un viaggio lento e poco confortevole ma che dà grande soddisfazione. Contate almeno una settimana per il viaggio, di più nella stagione delle piogge. Come a Java, potete ottenere, con un po’ di sforzo, degli sconti studenti su alcuni autobus e treni. Da Jakarta, Pelni offre un viaggio per mare una volta la settimana che risale la costa fi no a Medan e costa 4000 o 6000 rupie, a seconda della persona a cui chiedete. Sull’altra costa c’è un servizio marittimo decisamente meno costoso che va fi no a Pedang.

Se viaggiate via terra, la prima tappa sarà Pandjang, dopo un viaggio in treno di 22 ore che costa US$2 compreso il ferry tra Java e Sumatra. Da lì avete una gran varietà di percorsi possibili – qualunque strada scegliate il costo totale fi no a Medan dovrebbe essere intorno ai US$10-15. L’itinerario più classico è quello da Pandjang a Palembang, circa 10 ore di treno per

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grosso modo US$2, poi treno o autobus fi no a Djambi e quindi l’autobus per Bukittinggi. Un’alternativa potrebbe essere scendere dal treno di Palembang a Perabumulih qualche ora prima di Palembang e prendere un treno per Lubujlingan (US$1 e circa 8 ore). Un lungo viaggio in autobus vi porta a Padang e Bukittinggi risalendo la costa. Da Bukittinggi si prende di nuovo un autobus fi no al bel lago Toba e poi a Medan. Medan è famosa per i borseggiatori, quindi tenete stretti i soldi. Tre imbarcazioni la settimana collegano a Belawan, il porto nei pressi di Medan, con Penang in Malaysia; il costo è US$7.

Trasporti locali: A Bali il mezzo di trasporto ideale è la motocicletta. Ce ne sono molte alla spiaggia di Kuta a circa US$2 al giorno – costano meno se si prendono per una settimana, ma dovete contrattare. Le moto sono delle Honda 90 o 100 cavalli e dovete avere una patente di guida internazionale valida per l’Indonesia. I bemo, piccoli pick-up a tre ruote, sono comodi e convenienti in tutta l’Indonesia. Il bemo per la spiaggia di Kuta da Denpassar costa 50 rupie ma assicuratevi di essere in uno di quelli con la licenza in regola e di non doverlo guidare di persona! Noleggiare un bemo è senz’altro il mezzo di trasporto più economico per un gruppo: da US$ 5 a 10 al giorno.

Nel resto dell’Indonesia il modo più comodo di spostarsi in città sono i risciò – stabilite sempre il prezzo prima di salire. A Jakarta sono più comuni i betjek, una via di mezzo tra uno scooter e un risciò, anche qui dovete fi ssare il prezzo prima. A Jakarta usate gli autobus, le corse sono frequenti e costano sempre la stessa cifra qualunque sia la distanza.

PERNOTTAMENTO: Con l’eccezione di Jakarta potete ottenere una bella camera doppia pulita per 400 rupie o meno in tutta l’Indonesia.

Timor – Kupang: Wisma Selma, ma attenzione ai ladri.Bali – Denpassar: Adi Yasa è veramente carino, con una bella posizione

proprio dall’altra parte della strada rispetto al ristorante Three Sisters e gestito da un giovane simpatico.

Spiaggia di Kuta: Non potete perderla, praticamente ogni posto è amichevole, piacevole e allo stesso prezzo. Forse non ci sarà la luce elettrica ma avrete gratuitamente banane e tè due volte al giorno.

Java – Surabaja: L’Hotel Transito, conosciuto anche come il Bamboo Den, è piacevole e ha un buon ristorante, ma un po’ caro. Oppure potete provare al centro studentesco cristiano che è anche più a buon mercato e ha pochi cristiani di cui ci si debba preoccupare.

Solo: il Central Hotel.Jogjakarta: L’Hotel Jogja costa circa 300 rupie per una doppia;

400 costa invece l’Asiatic. Altri hotel di Jogja sono il Rachmat, il Kota e l’Indonesia.

Jakarta: Trovare da dormire in posti di buona qualità e a un prezzo economico a Jakarta è praticamente impossibile, ma l’Hotel Wisma Deluxe al 5 Djalan Djaksa è un ostello della gioventù da 300 rupie per persona, serve cibo buono e che costa poco ed è anche utile per ottenere informazioni sui trasporti. Vicino alla stazione di Koti provate lo Hai Kok o su Djalan Djatibaru il Losman Sudi Mampir. Noi ci siamo fermati all’Hotel Pharmi in Djatibaru per 1000 rupie per una doppia – niente di speciale.

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Sumatra – Palembang: Hotel Segram, Amar o Aziani Padang: Tega Tega Hotel o Hotel 33 Bukittinggi: Hotel Grand Prapat: Pago Pago Inn o Losman Sudi Mampir Medan: Irama Hotel

In tutto il paese potrete fermarvi nei villaggi, a volte gratuitamente a volte a un costo simbolico. Se non vi invitano a rimanere ancor prima che vi siate fermati chiedete di parlare con il ‘kapala desa’, il capo del villaggio.

C’è una cosa che dovete cominciare ad abituarvi a fare in Indonesia (perché vi servirà per tutto il percorso fi no in Europa), ed è come usare il gabinetto. Ovunque è alla turca, ovvero consiste in un buco nel pavimento. Non preoccupatevi, vi abituerete subito ad accucciarvi ed è comunque meglio da un punto di vista fi siologico: gran parte dei problemi di stitichezza della civiltà occidentale sono dovuti all’abitudine di dar corso alle necessità corporee da seduti. Vi abituerete anche a cosa usano per lavarsi: un grande serbatoio d’acqua e un mestolo di plastica. Dovete tirar su l’acqua con il mestolo e versarvela sulla testa, non entrare nel serbatoio come fosse una vasca!

PASTI: La cucina è molto buona, soprattutto a Bali. Sulla spiaggia di Kuta basta seguire la gente, da Mamas per i suoi stuzzichini, per esempio. Non perdetevi le granite alla frutta, ho ancora l’acquolina in bocca al solo pensiero. A Denpassar provate Three Sisters e il ristorante Delicious. A Jogja il Colombo è buono. La maggior parte delle città più grandi ha ristoranti cinesi, e comprare alle bancarelle del mercato in genere è sicuro, poco costoso e il cibo è appetitoso.

Il piatto forte è il nasi goreng (riso saltato in padella) e il nasi tchampur (piatto misto con riso). La mia preferenza va al tjap tjhay (verdure saltate in padella) – pronunciatelo ‘chop chai’. Gado gado è un’insalata servita con una salsa di arachidi e il satay è una sorta di kebab. Il re della tavola in Indonesia è il rijstaffel che consiste in un vasto assortimento di ingredienti diversi accompagnati dal riso. Provatelo.

MONETA: 580 rupie = A$1. Di mercato nero non si parla da quando il governo ha reso stabile la valuta. Le banconote che risalgono a prima del 1960 non valgono più. Troverete il tasso di cambio migliore di tutto il paese a Jakarta – ma state attenti ai borsaioli. L’Indonesia è uno di quei paesi dove i dollari australiani sono riconosciuti e ben volentieri accettati.

VISTI: I visti per l’Indonesia si ottengono facilmente in Australia per A$2,60 ma ricordate che le estensioni dopo un mese sono soggette a una tassa detta ‘landing fee’ di circa US$20. Potete chiedere l’estensione a Bali, ma se rimanete lì per più di un mese, e dovreste farlo, è più semplice pagare subito. Se state viaggiando verso est fatevi emettere i visti a Singapore. A Kuala Lumpur, in Malaysia, vi mettono di fronte a un mucchio di ostacoli: una somma minima obbligatoria, i capelli corti, i biglietti d’uscita non rimborsabili ecc. Le stesse regole dovrebbero valere anche a Singapore, ma hanno così tanto da fare che non hanno il tempo per farle rispettare.

CLIMA: La stagione dei monsoni in Indonesia è tra novembre e febbraio, comincia e fi nisce più tardi man mano che andate più a sud. Dal punto di vista climatico il periodo migliore è aprile o maggio, quando i monsoni sono appena fi niti e il clima è caldo e secco.

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CHE COSA COMPRARE: L’unico altro posto dove troverete cose più belle da comprare è l’Afghanistan. I batik sono belli ovunque sia a Bali sia a Java, i migliori vengono probabilmente da Solo e Jogja. Alcuni dicono che Solo, che tradizionalmente era al secondo posto tra le città note per i batik, ha adesso prodotti migliori/meno cari di Jogja. Le magliette di batik sono davvero carine ma dovete controllare la qualità perché varia tantissimo. A Bali sono belle anche le sculture in legno e i dipinti, anche se molti oggi vengono raffazzonati giusto per venderli a qualche turista che non ne capisce niente.

LINGUA: Si sta insistendo molto perché la lingua nazionale, il bahasa indonesia, vada a sostituire i tanti dialetti locali. È una lingua abbastanza semplice, facile da afferrare, ma l’inglese è parlato abbastanza diffusamente.

buongiorno selamat pigi pollo ajarbuon pomeriggio selamat siang uova telumbuona sera selamat sore pane rotiquanto costa? berapa hargo? zucchero guladove? Dimana? latte sususì ja caffè kopigrazie terima kasih acqua bollita air minimmi scusi permisi noodles bakminon capisco tidak mengerti zuppa sop

Mentre noi inglesi aggiungiamo la ‘s’ per fare il plurale, gli indonesiani scrivono due volte la parola. Gado gado in effetti signifi ca insalata insalata o insalate. Vedrete spesso delle parole con il segno matematico che indica ‘al quadrato’ – gado2.

uno satu sei enamdue dua sette tudjuhtre tiga otto delapanquattro empat nove sembilancinque lima dieci sepuluh

Il viaggio in treno da Jakarta a Surabaja è stata un’esperienza scomoda e lunghissima. Perfi no i treni indiani non riescono a viaggiare così lontani dall’orario previsto. Lasciammo la stazione piuttosto giù di morale e incappammo nella consueta orda di conducenti di risciò. L’autobus per Bali sembrava essere l’unica informazione nella loro mente, ma dopo un’interminabile consultazione trovammo un conducente che aveva capito che: A. non volevamo l’autobus per Bali, B. volevamo andare in un hotel e C. sapeva dove si trovava l’hotel?… e quindi ci portò dritto fi lato alla stazione degli autobus.

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SINGAPORESINGAPOREUn posto simpatico, quando siete riusciti a capirlo. C’è qualunque cosa, dai travestiti dell’incredibile Bugis Street alle macchine fotografi che a prezzi stracciati, dai pazzeschi giardini del Balasamo di Tigre a quei fi lm cinesi violenti. Singapore, il cui nome signifi ca città del leone, cominciò la sua storia moderna nel 1819 quando sir Stamford Raffl es, un tipo davvero astuto, riuscì a far fi rmare un accordo per istitituire un avamposto commerciale. Oggi tra i paesi asiatici il suo reddito pro capite è secondo solo a quello del Giappone. Gran parte delle sue entrate viene proprio dalle opportunità che Raffl es vide quando venne a Singapore: il commercio. Singapore è il luogo dove si compra e si vende praticamente di tutto – e a prezzi scontati. Anche il turismo è un grosso affare, più di un milione di turisti all’anno arrivano a Singapore via mare o con l’aereo.

Sfortunatamente l’atteggiamento di Singapore nei confronti del turismo è ambivalente. La campagna ‘Singapore pulita’ ha datto eccellenti risultati, visto che la città è praticamente l’unico posto tra l’Australia e la Grecia in cui sia possibile bere l’acqua del rubinetto e le strade sono così pulite che potreste prendere la multa se vi azzardaste a gettare la cicca di una sigaretta per terra. Signifi ca anche, però, ripulita da alcuni tipi di stranieri – Singapore vuole che i turisti arrivino in aereo, con le loro belle valigie Samsonite e le tasche piene di soldi. E, la cosa più importante, devono avere i capelli tagliati corti. Se la vostra capigliatura può essere anche solo lontanamente descritta come lunga probabilmente vorranno vedere la prova della vostra autosuffi cienza fi nanziaria e/o il biglietto di un aereo in uscita da Singapore – possibilmente in partenza quel pomeriggio stesso! Sfortunatamente questo tipo di atteggiamento sembra essere contagioso nel Sud-est asiatico, quindi la politica evita-le-complicazioni signifi ca taglio dei capelli – o una parrucca di capelli corti, che qualcuno ha sperimentato con successo.

Una volta che siete riusciti a entrare, Singapore si presenta come un luogo piacevole e, come ovunque, la gente è fantastica. Non perdetevi i giardini del Balsamo di Tigre, detti anche Haw Paw Villa; sono in effetti una pubblicità cinese per uno di quei rimedi che sembrano curare tutti i mali. Proprio dall’altra parte della strada rispetto ai giardini c’è uno spettacolo quotidiano detto Instant Asia che presenta di tutto, da un incantatore di serpenti indiano alla thai boxe e un interessante, anche se poco approfondito, sguardo collettivo su tutte le culture che incontrerete sulla vostra strada. Lo spettacolo di Bugis Street è un po’ come un locale notturno all’aperto, in genere pieno di reduci ubriachi. I prezzi sono gonfi ati, quindi guardate soltanto e non comprate nulla, a mezzanotte avete un mucchio di cose da vedere. A parte questo, il vero fascino di Singapore è la sua gente poliglotta, e la mescolanza di cinesi, indiani, malesi e di altri paesi ancora.

TRASPORTI: Quando siete pronti ad andarvene, prendete un autobus che percorre la strada che porta in Malaysia. Oppure prendete un autobus o un treno per Kuala Lumpur o per Penang, le corse sono regolari e il servizio è buono e a un prezzo ragionevolmente basso – potete anche prendere un treno diretto per Bangkok. Se volete volare fi no a Bangkok prendete un biglietto per Calcutta o Kathmandu e fate uno stopover a Bangkok, risparmierete circa US$20. Potreste anche prendere una nave per Ceylon per circa US$100 o per

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Madras, in India, via Penang. Questi servizi marittimi non sono regolari, quindi dovete informarvi in loco.

In città gli autobus passano di frequente ma non sono economici come in altre città dell’Oriente, chiedete una cartina dei mezzi pubblici all’uffi cio turistico. I taxi hanno un prezzo ragionevole, ma, come ovunque, controllate che il tassametro sia azzerato. A Singapore oggi i risciò li usano solo turisti.

PERNOTTAMENTO: Un po’ più caro dei normali standard orientali, l’hotel più frequentato è il Racecourse Hotel al 138 di Racecourse Road. Non esiste insegna o una qualsiasi cosa fuori, ma alla porta accanto c’è un’agenzia di viaggi specializzata con l’Australia e che tratta anche il volo charter settimanale per Jakarta. A nostro parere il Racecourse era un po’ scadente ma poco costoso, $S4 per una doppia.

La zona di Jalan Besar è un buon posto per cercare hotel cinesi più graziosi e ha anche ottimi ristoranti. Praticano quasi tutti gli stessi prezzi, ma il Palace Hotel al 407 di Jalan Besar è quello che ha il miglior rapporto qualità-prezzo, $S7,50 per una doppia.

PASTI: Il cibo è eccellente praticamente ovunque; tutti i ristorantini vi offriranno dei buoni piatti di riso saltato in padella per circa $S1. Le bevande alla frutta vendute nei chioschi in tutta la città sono eccellenti e davvero necessari nelle lunghe giornate calde. Le piccole borsette in polietilene in cui servono le bibite ci hanno intrigato per tutto il Sud-est asiatico.

MONETA: $S3,25 = A$1. C’è un eccellente mercato di scambio dietro il Raffl es Palace – lo chiamano il ‘vicolo del cambio’, Change Alley; potete ottenere tutte le valute che volete a un tasso davvero buono. Questo è il posto dove comprare i kyat birmani o le rupie indiane.

VISTI: Non sono richiesti per i visitatori del Commonwealth o degli Stati Uniti ma se siete uno di quegli ‘hippies’ indesiderati potreste trovare diversi ostacoli sul vostro cammino in merito alla lunghezza del vostro soggiorno. Molto spesso si può chiedere in seguito l’estensione del visto dimostrando di avere soldi da spendere o un biglietto aereo per una destinazione lontana.

CLIMA: Nonostante la sua vicinanza all’Equatore, Singapore non ha un clima così spiacevolmente umido come altre città – Bangkok, ad esempio. Il periodo più piovoso dell’anno è novembre, dicembre e gennaio, anche se non è insopportabile.

CHE COSA COMPRARE: A Singapore potete comprare praticamente di tutto ma non sovraccaricatevi di cose che potrete acquistare nei paesi che attraverserete più avanti. I prodotti tecnologici sono quelli che dovete comprare – soprattutto le macchine fotografi che giapponesi e gli apparecchi elettrici. Fate la provvista di pellicole fotografi che per l’intero viaggio (potete ottenere sconti da ingrosso) e fate sviluppare le foto che avete scattato fi n qui. Se volete comprare una macchina fotografi ca o altri prodotti costosi, guardatevi attorno e non abbiate paura di contrattare sul prezzo. Anche i vestiti sono poco costosi, ma non avrete mica l’intenzione di portate con voi per tutto il percorso fi no in Europa un completo nuovo, no? Raffl es Place è un po’ una trappola per turisti.

Le ragazze possono guadagnare qualcosa lavorando come accompagnatrici – è un lavoro del tutto rispettabile. Ricordate che tutte le telefonate locali a Singapore sono gratuite.

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LINGUA: L’inglese è la lingua di comunicazione con tutte le nazionalità che abitano Singapore ed è molto diffuso.

Su Jalan Besar c’era un negozio di motociclette gestito da uno di quei milionari cinesi. È possibile che avesse interessi economici ovunque a Singapore ma la sua vera passione era quella concessionaria di motociclette. Ogni giorno della settimana si presentava con una lussuosa macchina italiana, sempre di tipo diverso. Potevamo sporgerci dal balcone e dire: ‘Hmm, Lamborghini, dev’essere martedì’.

MALAYSIAMALAYSIALa Malaysia è uno dei paesi più belli tra quelli che attraverserete e la gente è incredibilmente amichevole. È anche notevolmente avanzato e motorizzato, dovreste attraversare la penisola malese con l’autostop anche solo per conoscere la gente del posto.

Kuala Lumpur è una città moderna senza alcuna caratteristica particolare a parte la sua pazzesca stazione ferroviaria – un pezzo di barocco vittoriano con tocchi orientali, il più elegante che potrete trovare al mondo. Tra Singapore e Kuala Lumpur si trova Port Dickson, una piacevole località balneare, e Malacca, la città malese che mostra i maggiori segni della sua storia. Ogni potenza europea che ha controllato in passato Malacca ha lasciato in eredità qualche traccia architettonica del suo passaggio. C’è un municipio in stile olandese e i resti di una chiesa e di una fortezza costruite dai portoghesi.

Penang, l’isola nella parte nord-orientale dove si trova la seconda città della Malaysia, Georgetown, ha alcune delle più belle spiagge del mondo. Si raggiunge con un traghetto da Butterworth sulla terraferma. Salite in cima alla collina di Penang per una vista su tutta l’isola e per visitare il tempio del serpente. Proprio nei pressi del confi ne thailandese, a nord di Penang, le isole di Langwaki sono un’interessante area di resort. Le stazioni climatiche montane dell’altopiano centrale sono affascinanti e molto apprezzate quando l’estate si fa calda; la più nota è Cameron Highlands.

La costa orientale è molto meno sviluppata di quella occidentale e l’infl uenza cinese, che si sente molto a ovest, qui non ha praticamente toccato il tradizionale stile di vita malese. I trasporti sono mal organizzati e al momento non è possibile da Penang attraversare il centro della penisola. Potete risalire da sud tutta la costa orientale da Kuala Lumour a Kuantan. Le attrazioni della costa sono le belle spiagge e la vita rilassata. Da maggio a settembre, a sud di Kuala Trengganu le tartarughe giganti vengono a riva di notte per deporre le uova sulla spiaggia.

STORIA: La Malaysia è quasi sempre stata l’appendice di un governo straniero. Gli imperi buddhisti e hindu delle isole indonesiane hanno esteso la loro infl uenza sulla Malaysia e in seguito anche i thai hanno messo le mani sulla torta. La conversione all’islam dell’arcipelago indonesiano raggiunse anche la Malaysia, ma nel 1511 Malacca, il principale tra i regni malesi, cadde nelle mani dei portoghesi. Nel 1641 fu conquistata dagli olandesi e nel 1795 cambiò nuovamente padrone, questa volta a favore degli inglesi. Non fu che

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alla fi ne dello scorso secolo che il resto degli stati malesi, governati da sultani, cadde sotto il controllo dell’impero britannico.

Durante l’epoca del protettorato britannico arrivarono molti indiani e cinesi, cambiando il mix razziale del paese. Nel 1957 arrivò infi ne l’indipendenza e nel 1963 venne istituita la Federazione della Malaysia, comprendente la penisola malese, Sabah e Sarawak nel Borneo settentrionale e Singapore. Nel 1966 Singapore si ritirò dalla federazione riconoscendo di avere un’opinione assai diversa sugli scopi di quell’unione. Per gran parte degli anni ’60, l’orizzonte storico fu oscurato dal confl itto con l’Indonesia, in parte a causa delle mire di quest’ultima sul Borneo Settentrionale. La caduta di Sukarno mise fi ne a quella rivendicazione, anche se sporadicamente nei pressi del confi ne thailandese ancora avvengono azioni di guerriglia di gruppi armati comunisti.

TRASPORTI: Per lasciare la Malaysia potete prendere un treno diretto da Penang a Bangkok. Se fate l’autostop fi nirete nei guai, a meno che non troviate un passaggio proprio per attraversare il confi ne, perché tra i due paesi c’è un ampio tratto di terra di nessuno. Esiste un servizio marittimo abbastanza frequente da Penang a Madras, in India, e il battello che fa la traversata fi no a Medan, a Sumatra, è il mezzo più economico per giungere in Indonesia. Ci sono anche battelli che fanno servizio da Malacca a Sumatra. Se volete visitare la Malaysia orientale potete pagare un passaggio ponte per Kuching da Singapore a circa US$10.

La facilità con cui si viaggia all’interno della Malaysia è un vero sollievo. Esiste un’eccellente rete di servizi pubblici, treni e autobus, comodi e poco costosi. Per collegare le maggiori città ci sono anche taxi che percorrono le lunghe distanze che costano pressapoco come un autobus. Da Kuala Lumpur a Singapore, ad esempio, pagherete da $M10 a 15, a seconda del livello di comodità offerte dal taxi o dall’autobus di vostra scelta. È quasi un peccato sprecare questi comodi mezzi pubblici, ma fare l’autostop in Malaysia è davvero un’esperienza da non perdere. È infatti uno dei paesi migliori al mondo per fare autostop, un modo eccezionale per incontrare la gente.

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Nelle città, il servizio di taxi e betchak è buono, così come lo è quello di autobus. Esiste un traghetto gratuito che funziona 24 ore su 24 e collega Butterworth e Penang. Raggiungere le isolette al largo della costa da entrambi i lati della penisola è abbastanza semplice. Per fare un esempio, un traghetto giornaliero parte ogni mattina da Kuala Kedar nei pressi di Alor Setar e va a Langkawi.

PERNOTTAMENTO: In genere si trovano hotel poco costosi che chiedono da $M3 a 5 per una doppia. Come in Thailandia, gli alberghi delle piccole città che costano meno possono essere rumorosi, perché hanno un secondo uso come bordelli, ma sono puliti e abitabili. In tutta la Malaysia si trovano ostelli YHA che costano a notte circa $M1 per persona. Ci sono ostelli a Cameron Highlands, Koto Bahru, Kuala Lumpur, Kuantan, Malacca, Penang e Port Dickson.

Il New China Hotel in Leith Street, a Georgetown, è il locale preferito dai freak per Penang e il ‘collo di bottiglia’ attraverso cui tutti passano in Malaysia: costa da $M4 a 6 per una doppia. Potete fermarvi una notte gratuitamente nei templi sikh; ce n’è uno alla svolta per Cameron Highlands.

Se state facendo l’autostop, capita spesso che chi vi offre un passaggio vi offra anche un tetto per trascorrere la notte – sono delle brave persone.

PASTI: In Malaysia la cucina è più o meno quella dell’Indonesia. Il satay-kebab accompagnato da salse alle arachidi o al peperoncino è il piatto locale più apprezzato. Tutto considerato, comunque, il cibo cinese sarà probabilmente la scelta migliore, visto che ovunque è buono e poco costoso.

MONETA: $M3,25 = A$1. I dollari malesi si possono sostituire alla pari con quelli di Singapore. La Malaysia è l’unico paese al mondo dove ho avuto diffi coltà a utilizzare i dollari statunitensi.

CLIMA: La stagione dei monsoni va da novembre a febbraio: comincia prima sulla costa occidentale ma dura di più su quella orientale. La Malaysia è piuttosto umida tutto l’anno.

VISTI: Come a Singapore, non avete bisogno di un visto, ma il vostro soggiorno potrebbe essere limitato se vi considerano indesiderabile.

CHE COSA COMPRARE: Il batik malese è di buona qualità, ma non così tanto se arrivate dall’Indonesia. Penang è un porto franco e qualcuno dice che i prezzi siano inferiori a quelli di Singapore o di Hong Kong, anche se l’assortimento non sembra essere così ampio.

LINGUA: Il malese è abbastanza facile da afferrare e strettamente imparentato all’indonesiano; scoprirete che l’inglese è parlato quasi ovunque.

buon giorno selamat pagi no tidakbuon pomeriggio selamat tengah haru dove? Di mana?buona sera selamat petang non capisco saya tidak fahambuona notte selamat malam buono baikquanto costa? berapa harga? cattivo tidak baiktroppo costoso mahal sangat riso nasigrazie terima kasih tè tehsì ya bevande minuman

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Facendo l’autostop in Malaysia, passammo una giornata in una Land Rover con un ingegnere minerario indonesiano di nome Golden Hodd. Golden era un tipo davvero a posto e il nostro viaggio malese divenne un vero e proprio itinerario culinario, visto che assaggiammo tutte le specialità locali offerte lungo la strada. Pensammo che Golden Hoff fosse un nome davvero poco convenzionale – fi nché arrivammo nell’uffi cio di una compagnia aerea di Jakarta e parlammo con qualcuno il cui nome, secondo la targhetta di riconoscimento sulla scrivania, era ‘Wham Bang Valihali’.

THAILANDIATHAILANDIAUn paese piacevole, tranquillo, con gente amichevole – di certo per noi è stato così. Grazie alla fertilità del suolo e alla relativa mancanza di pressione demografi ca, la Thailandia è anche un paese dove il cibo non manca. È composto praticamente di un’unica grande città e molta natura incontaminata – Chiang Mai, la seconda città del paese, è un villaggio se confrontata con Bangkok.

Vedere Bangkok signifi ca principalmente vedere statue di Buddha – in piedi, seduto, di smeraldo, di pietra e anche di oro puro. Indubbiamente il Buddha che ispira più timore reverenziale è quello sdraiato su un fi anco che si trova al Wat Po. Come una balena spiaggiata riempie completamente l’edifi cio, da nessuna parte potete stare a più di cinque metri dalla statua. E chi altro conoscete che abbia madreperla incastonato sulla pianta dei piedi? Il bot principale – l’edifi cio più importante in un wat – a Wat Po è circondato da 394 Buddha seduti.

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Vale la pena di vedere tutti i templi di Bangkok, ma non potete proprio perdervi il Wat Phra Keo, il tempio del Buddha di smeraldo. Il cortile del wat ha un immenso affresco dipinto sui muri. Il Wat Arun, il maestoso tempio dell’alba, è dall’altra parte del fi ume. Il Wat Benchamborpit fu costruito dal re Chulalongkorn (ricordate il fi lm Il re ed io?) ed è nuovo fi ammante e pieno di statue di Buddha in bronzo; dall’altro lato della strada c’è il giardino zoologico Dusit. Al Wat Indra si trova un Buddha in piedi e il Buddha in oro massiccio si può vedere al Wat Tramit.

La principale attrazione di Bangkok è diventata proprio un’attrazione e poco altro e il mercato galleggiante ormai è praticamente solo per i turisti. È ancora piacevole dare un’occhiata in giro, ma evitate la visita guidata – praticamente un furto. Raccogliete un gruppo di 10 o 12 persone e noleggiate un’imbarcazione, oppure prendete un ‘water bus’ che costa due baht dal capolinea dell’autobus numero 25. Se volete noleggiare una barca tutta per voi andate all’attracco dell’Oriental Hotel, l’hotel più antico di Bangkok e l’unico che sia davvero sul fi ume. Dovreste riuscire a ottenere una barca per meno di US$10 – il costo di una visita guidata per due persone.

Andate a visitare Chiang Mai nel nord del paese per osservare quanto diversa sia da Bangkok e per la cultura mon. Sulla strada per il nord visitate le rovine di Ayunthya, l’antica capitale del Siam. A occidente, in direzione del confi ne birmano, si trova il ponte sul fi ume Kwai reso famoso dal fi lm. Mentre andate lì, fermatevi a Nakorn Pathom, a soli 50 chilometri da Bangkok – il Pra Pathom Chedi è uno stupa assolutamente mastodontico. A est di Bangkok, ogni anno a Surin si tiene in novembre il raduno degli elefanti, con corse, tiro alla fune e anche fi nte battaglie.

STORIA: I thai discesero verso sud dalla Cina e giunsero in Thailandia circa un migliaio di anni fa. I primi a cadere sotto il loro dominio furono i mon, che si erano spostati a est partendo dal delta dell’Irrawaddy, e quindi dovettero cedere il potere ai khmer, che erano giunti da occidente, dal Mekong. All’epoca la civilizzazione khmer aveva già raggiunto l’acme e dopo ripetute scaramucce con i thai la loro capitale, Angkor, nel XIV secolo fu abbandonata alla giungla, che l’avrebbe nascosta praticamente fi no ai giorni nostri.

I thai, a quel punto l’etnia dominante, costruirono la loro capitale a Ayunthya, a nord della moderna Bangkok. Per diversi secoli la storia dei thai consistette essenzialmente di scaramucce e confl itti armati con la vicina Birmania – spesso in base ai più futili dei pretesti. Nel 1548 i birmani dichiararono guerra al re del Siam semplicemente per appropriarsi di alcuni dei suoi elefanti bianchi! Il confl itto fi nale avvenne nel 1767, quando i birmani saccheggiarono Ayunthya e Chiang Mai. I thai radunarono le forze, sconfi ssero i birmani e ricostruirono la loro capitale a Thonburi. Solo alcuni anni dopo, nel 1782, la spostarono dall’altra parte del fi ume, dove si trova oggi Bangkok.

Nel XIX secolo, quando il resto del Sud-est asiatico veniva colonizzato da francesi, britannici e olandesi, la Thailandia riuscì a rimanere indipendente. Facendo astutamente giocare l’una contro l’altra le potenze europee, i thailandesi riuscirono anche a benefi ciare della maggior parte dei vantaggi portati dalla colonizzazione: ferrovie e industrie. Nel 1932 un colpo di stato senza spargimento di sangue trasformò il paese in una monarchia

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costituzionale e nel 1939 il nome Siam venne cambiato in Thailandia, che signifi ca la ‘terra dei liberi’. Durante la guerra la Thailandia aprì i suoi confi ni ai giapponesi, ma non prese parte attiva ai combattimenti per nessuna delle due parti in causa.

Dal dopoguerra in poi la Thailandia è diventata una specie di satellite americano, anche se oggi cerca in tutti i modi di dissociarsi. Come altri paesi del Sud-est asiatico la Thailandia ha qualche problema con azioni di guerriglia di gruppi armati comunisti.

TRASPORTI: È possibile fare l’autostop in Thailandia, ma in certe zone il traffi co è molto ridotto e ciò può comportare lunghe attese. Se provenite dal confi ne malese e volete andare a Bangkok sarà molto diffi cile che riusciate a spendere meno facendo l’autostop di quanto spendereste in treno: dovrete pagare l’equivalente del biglietto in cibo e albergo.

Il servizio ferroviario è economico, effi ciente e confortevole. Ci sono treni in partenza tre volte la settimana da Butterworth a Bangkok per A$6 circa, un dollaro in meno da Haadyai, la prima città sul lato thailandese del confi ne. Una corsa in autobus allo stesso prezzo impiega molto di più dei 30 minuti del viaggio in treno. Le città più grandi sono collegate tra loro da autobus e da altri mezzi coperti. Noi abbiamo fatto l’autostop per tutta la Thailandia, usando gli autobus locali quando era diffi cile trovare un passaggio. Altre parti del paese sono collegate da treni; ad esempio si va a Chiang Mai per 90 baht. Tornando da Chiang Mai si può prendere un battello fl uviale per Bangkok ad Ayuthya.

A Bangkok gli autobus cittadini costano poco – c’è un unico prezzo per qualsiasi destinazione, il servizio è frequente e i percorsi che coprono ben tracciati. Chiedete una cartina dei trasporti all’uffi cio turistico o al punto informazioni delle ferrovie. I taxi sono costosi.

Per lasciare il paese non restano che le ali. Il percorso solito è un aereo per Calcutta e/o Kathmandu, con l’opzione di una fermata intermedia in Birmania. Se volete visitare il Bangladesh potete volare fi no a Dacca al prezzo dell’aereo per Calcutta. Se avete meno di 26 anni e possedete una tessera ISC avrete diritto al 25% di sconto in quanto studenti. La maggior parte dei viaggiatori sceglie la Thai International (meravigliosa compagnia aerea!) o, se desiderano uno stopover a Rangoon, Union of Burma Airlines.

Bangkok – Calcutta (via Rangoon) US$107 – US$80 con lo sconto studentiBangkok – Kathmandu (via Calcutta) US$145 – US$105 con lo sconto studenti

PERNOTTAMENTO: Bangkok è una delle città più costose tra quelle in cui capiterete, ma potete lo stesso trovare abbastanza facilmente hotel a un prezzo ragionevole. Nei pressi della stazione ferroviaria c’è il Thai Song Greet, che costa solo 30 baht per una doppia, ma che è incredibilmente rumoroso per il traffi co. Il buon ristorante al piano di sotto è il punto di ritrovo di Bangkok per tutti gli overlander. Potrebbero cercare di far lievitare il vostro conto con dei veri talenti locali (se siete un uomo); state attenti però: a Bangkok circolano dei ceppi resistenti di malattie veneree.

Un alloggio migliore è lo Starlight Hotel a Soi 22 Sukumvit: Soi 22 è la 22ma strada dalla via Sukumvit. Aria condizionata e bagno privato a 40 baht è un prezzo ragionevole, ma durante l’ora di punta può essere un viaggio lungo

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se si arriva dal centro. Gli autobus costano talmente poco che il prezzo dei trasporti non incide nulla sul budget. L’Atlanta a Soi 2 Sukumvit è pressapoco allo stesso livello, anche se abbiamo sentito che a volte accadono cose poco piacevoli che coinvolgono la polizia. Anche intorno alla stazione ferroviaria c’è un certo numero di alberghi economici.

Noi trascorremmo una notte a Bangkok in un hotel di ben altra classe: Il Malaysia, un posto dall’aspetto davvero sgargiante, che faceva una qualche politica di sconti, per cui potemmo avere la prima notte a 40 baht e le restanti a 60. La nostra teoria a riguardo è che visto che sta scomparendo il business legato alle licenze dei soldati americani impegnati in Viet Nam molti hotel di Bangkok stanno cercando altri modi di attirare i clienti.

Nelle altre località thailandesi potete in genere trovare alloggi discreti per circa 20 baht per una doppia e posti molto buoni per un prezzo da 40 a 60 baht. Come in Malaysia gli hotel economici possono essere davvero rumorosi nella notte. Spesso potete fermarvi, senza pagare nulla, nei wat buddhisti, basta che facciate fare un po’ esercizio di inglese ai monaci. Tanto lo fareste comunque!

PASTI: Se arrivate qui dopo esser stati in Indonesia, Singapore e Malaysia, la cucina thailandese non vi sembrerà così notevole, ma se ci arrivate provenendo dall’India sarà davvero un’esperienza gastronomica esaltante. Il pasto migliore per noi fu quello condiviso con un gruppo di studenti thailandesi, con una vasta scelta di piatti di cucina cinese: l’ottima zuppa arrivò in tavola in una zuppiera unica con otto cucchiai! Quindi, se davvero volete mangiare bene cercate qualcuno che se ne intenda di cucina. Se non lo trovate, basta guardare e scegliere perché in genere i piatti sono esposti.

Il khao pat è per i thailandesi quello che i fi sh and chips sono per gli inglesi, gli hamburger per gli americani e i pasticci di carne per gli australiani. Pronunciato ‘cow pat’ è riso saltato in padella con peperoni e qualche tipo di carne ed è sempre buono. Il mee che si trova ovunque sazia tantissimo e ha diverse varianti locali, come il mee krob.

Se siete uno di quei tipi sempre affamati, le strade di Bangkok sono una tragedia, perché ovunque c’è gente che vende qualcosa da mangiare. Provate bocconi di ananas freddo serviti su una foglia con uno stuzzicadenti, banane fritte o al forno, deliziose piccole torte e ogni sorta di frutta selvatica meravigliosa. Due di questi sono i mangostani, polpa bianca in una buccia rossa della dimensione di una piccola mela, e il deprecato durian. I durian hanno un buon gusto ma un pessimo odore di marcio. Potete intuire quando è la stagione dei durian dall’odore.

MONETA: 28 baht = A$1. Come a Singapore c’è un mercato libero della valuta piuttosto vivace.

VISTI: Validi per un mese al costo di A$3,50; cercate di avere un aspetto accettabile quando fate la domanda, e questo vale anche per le foto.

CLIMA: La Thailandia ha tre stagioni, come tutti gli altri paesi di questa parte del mondo. La stagione calda va da marzo a maggio, quella piovosa da maggio a ottobre e quella fresca da novembre a febbraio. Il periodo migliore per una visita è tra dicembre e gennaio ma a Bangkok fa molto caldo tutto l’anno e la temperatura raramente scende sotto i 30°C. In genere è molto più

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caldo qui che a Singapore, che pure si trova oltre mille chilometri più a sud. Anche Chiang Mai, nel nord, è parecchio calda, ma l’altitudine e la minore umidità la rendono una località più piacevole.

CHE COSA COMPRARE: Le riproduzioni dei dipinti e degli affreschi dei templi che potete comprare in molte località, come Wat Po, sono ben fatte. Rappresentano elefanti in battaglia, mostri leggendari e cose simili. Costano meno di 10 baht se sono realizzati su carta di riso e parecchio di più se sono colorati su seta. Si possono piegare e più tardi stirare. Il mercato che si tiene il weekend accanto al Palazzo Reale è un buon posto per trovare oggetti curiosi.

LINGUA: Fuori Bangkok, l’inglese non è molto parlato – con l’eccezione dei monaci – il che può essere una vera iattura, visto che il thailandese è una lingua diffi cile, e non solo per il suo alfabeto completamente diverso. Le parole in thai possono avere signifi cati diversi a seconda del tono secondo cui vengono pronunciate. Un esempio spesso citato è la parola thai per ‘vicino’: la stessa identica parola pronunciata con un tono leggermente diverso vuol dire ‘lontano’!

sì cha non capisco chun mai kao chaino mai plao quanto costa? nee tawrai?buongiorno sawat dee sta scherzando kun poot lenarrivederci lar korn tutto ok mai pen raigrazie kob koon per favore proadmi scusi kho tose

uno hung sei hockdue song sette jedtre sarn otto padquattro see nove kowcinque hah dieci sib

Sempre facendo l’autostop, in Thailandia centrale ci caricò un camionista e salimmo sul cassone che trasportava canna da zucchero e cinguettanti ragazze thailandesi. Visto che non riuscivamo a masticare la canna da zucchero nel modo giusto, le nostre compagne di viaggio interruppero le chiacchiere e ci diedero una dimostrazione molto teatrale di come si deve strappare un pezzetto di canna con i denti e poi sputare le fi bre fuori dal camion!

BIRMANIABIRMANIAFino a poco tempo fa la Birmania era un paese totalmente isolato, dopo aver conquistato l’indipendenza nel 1948, il paese seguì infatti una politica di non allineamento fi no alle estreme conseguenze. Il rifi uto di aiuti economici da parte di entrambi gli schieramenti politici ha infatti generato un’economia

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asfi ttica e una crescita lenta. Paese essenzialmente agricolo, la Birmania ancora non ha raggiunto i livelli di produzione anteguerra di riso e altri cereali. Contando su ben poche esportazioni, può permettersi altrettanto pochi beni d’importazione e la maggior parte delle auto risalgono a prima della guerra! È facile immaginare che i contrabbandieri che portano oltre confi ne l’oppio prodotto nel paese introducano altrettanto illegalmente i pezzi di ricambio necessari. La strada che fu costruita durante la guerra per facilitare le comunicazioni tra l’India e la Birmania è stata sfortunatamente abbandonata a se stessa e ora non è più percorribile.

La capitale Rangoon ha un gran numero di edifi ci interessanti e di templi, il più importante dei quali è l’enorme pagoda Shwe Dagon. Quattro gradinate conducono a una piattaforma superiore e alla guglia che i fedeli buddhisti stanno a poco a poco ricoprendo di foglia d’oro. La campana nell’angolo della pagoda pesa 25 tonnellate e fi nì nel fi ume Rangoon mentre gli inglesi cercavano di portarla via. I britannici non riuscirono a ripescarla e la ‘restituirono’ ai birmani. Lavorando sott’acqua, i birmani riuscirono a intrecciare intorno alla campana il bambù per farla infi ne riaffi orare; restaurata, fu poi riportata al luogo a cui apparteneva. Meritano una visita mentre siete a Rangoon anche le pagode Shule e Bo-ta-taung.

Pegu, a nord di Rangoon, era un tempo il maggior porto marittimo del paese; possiede la pagoda Shwemawdaw e un Buddha sdraiato molto bello, lungo più di 50 metri. Da Pegu continuate fi no a Mandalay, a circa 700 chilometri da Rangoon. Nella vicina Mingun si trova la campana più grande del mondo – a parte una a Mosca, ma non è integra – e le rovine di una pagoda che non fu mai completata ma che avrebbe dovuto essere la più grande del mondo. La pagoda Kyaunghmudaw è stata costruita seguendo il modello del seno di una regina, ma il bel palazzo reale di Mandalay fu distrutto durante l’ultima guerra. Mandalay è anche il posto giusto per assistere a un ‘pwe’, il tradizionale spettacolo teatrale birmano.

Da Mandalay si piega verso sud, verso Rangoon e Pagan, le località più interessanti della Birmania. Famose non tanto per la qualità intrinseca dei suoi templi e pagode, quanto per l’enorme quantità di questi edifi ci religiosi. Come ad Angkor, ogni re che succedeva a un altro cercava di superare il

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predecessore, facendo edifi care strutture più grandi e più maestose di quelle già costruite: si possono ancora vedere le rovine di più di 5000 pagode. Come in Angkor, i costi esorbitanti dell’impresa contribuirono al declino fi nale della loro civilizzazione. Il vasto tempio Ananda è il meglio conservato e si diceva contenesse un dente di Buddha. Buffo come Buddha sembra aver viaggiato in lungo e in largo lasciando un dente qui e un capello là! La pagoda Thatbyinny e quella Gawdawpawlin sono altri interessanti edifi ci a Pagan. Proseguendo a valle lungo l’Irrawaddy si trova Prome, dove un enorme Buddha seduto osserva la giungla circostante. Da qui il treno vi riporterà a Rangoon.

STORIA: I mon, noti anche come talaing, sono il primo popolo di cui si abbia traccia in Birmania. Tra l’800 e il 1000 d.C. i birmani – che oggi rappresentano i due terzi della popolazione – giunsero da nord e si fusero con i mon, fondando la città sacra di Pagan. Nel 1044 salì al trono Aniruddha e si lanciò in conquiste che compresero gran parte dell’odierna Birmania e della Thailandia, diffuse il buddhismo (i mon erano hindu) e sviluppò l’alfabeto birmano. Oggi quasi il 90% della popolazione è buddhista, ma alcune delle popolazioni primitive delle montagne credono ancora nei nat, gli spiriti guida.

Nonostante questi sforzi culturali, intorno al XIII secolo la civiltà birmana era in decadenza, anche a causa del re Narathihapta che spese un’enorme quantità di denaro per costruire le pagode di Pagan e nel 1287 perse una guerra contro Kublai Khan. Pagan, che fu saccheggiata dalle truppe di Kublai Khan, pare avesse all’epoca 13.000 pagode. Per un lungo lasso di tempo la storia birmana fu un susseguirsi di piccoli confl itti tribali e di guerre con i vicini regni del Siam. L’arrivo degli europei in oriente non signifi cò molto per la Birmania, dove tutti erano troppo occupati a combattersi tra loro per curarsi dei commerci.

Sfortunatamente, i problemi interni dei birmani alla fi ne incrociarono gli interessi del Raj britannico nel vicino Bengala e gli inglesi arrivarono nel paese per pacifi care la situazione ai loro confi ni. In tre successive ondate (1824, 1852 e 1883) i britannici presero possesso di tutta la Birmania. Come in India costruirono le ferrovie e iniziarono un servizio di navi a vapore lungo l’Irrawaddy. Sotto il dominio inglese la Birmania divenne il maggior esportatore di riso del mondo e sviluppò anche un grande mercato di tek. Insieme arrivarono anche gli indiani e cinesi che sfruttarono l’ingenuità dei birmani per impossessarsi di gran parte degli affari economici del paese.

Come successe in altri paesi della regione, la seconda guerra mondiale fu vista inizialmente come un dono di Dio mandato per liberarli, un’idea che i giapponesi – come in Indonesia – non impiegarono molto a smentire. L’indipendenza venne infi ne promessa nel 1948, ma ci vollero diversi anni prima che il governo riuscisse ad acquisire nuovamente il controllo sul paese. Esistono ancora delle fazioni in lotta, ma sono soprattutto confl itti di natura tribale, non ideologica. Nel nord del paese i kachin e gli shan sono ancora oggi gruppi con una forte identità tribale, spesso in opposizione ai birmani.

TRASPORTI: Non è consentito né fattibile entrare in Birmania via terra, anche se forse è ancora possibile prendere una nave da Singapore e Penang. Per fortuna arrivarci con l’aereo è abbastanza facile: Union of Burma Airlines vi permette uno stopover a Rangoon sulla rotta per Calcutta e Kathmandu e

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anche altre compagnie aeree fanno scalo a Rangoon. È possibile prendere un volo da Rangoon per Mosca gestito da Aerofl ot per un prezzo davvero basso.

I visti limitati e non estendibili limitano gli spostamenti all’interno del paese. La maggior parte dei visitatori segue l’itinerario circolare ben rodato da Rangoon a Mandalay e ritorno, passando per Pagan. Se potete ottenere i biglietti senza dover comprovare un cambio di valuta le linee aeree interne vi offriranno tariffe molto convenienti (85 kyat per Mandalay), ma in genere il viaggio avviene in treno e in battello. Da Rangoon prendete il treno (17 kyat) verso nord per Mandalay, poi navigate sul’Irrawaddy con un battello a vapore (26 kyat) a Pagan e oltre ancora, fi no a Prome. Da Prome potete tornare a Rangoon in ferrovia. Se avete fretta potete fare tutto il giro in sette giorni.

MONETA: Il tasso di cambio uffi ciale della valuta birmana è 4,8 kyat per un dollaro americano. Il tasso al mercato libero è 15,7 kyat per US$1, così si capisce il perché del mercato nero e perché le pene per chi trasgredisce sono così severe. Non rischiate, portate la vostra valuta con voi e cambiate il minimo necessario per salvare le apparenze. Ricordate che le spese più corpose, come i biglietti aerei, devono essere effettuate con moneta straniera o con la prova del cambio di moneta uffi ciale. Se viaggiate verso ovest potrete cambiare i kyat a Singapore o a Bangkok: il tasso di Singapore è probabilmente del 20% più conveniente rispetto a quello di Bangkok. Se fate il viaggio in senso inverso potete cambiare a Kabul o a Kathmandu.

VISTI: Per il prezzo esorbitante di US$7 potete ottenere il visto per soli 7 giorni e senza alcuna estensione possibile. Potete anche richiedere un visto più economico valido per 24 ore, ma anche solo i tempi tecnici per volare nel paese e poi uscirne non permettono di utilizzarlo.

CLIMA: Quando piove cadono tonnellate d’acqua e quando fa caldo è peggio di un forno. Dicembre e gennaio sono i mesi migliori. Da marzo all’inizio di maggio cuocete e da metà maggio a metà ottobre nuotate. Il capodanno birmano cade il 13 aprile, a metà della stagione calda, ed è celebrato soprattutto schiaffandosi addosso acqua fredda.

CHE COSA COMPRARE: Belle borsette e oggetti laccati di Pagan.LINGUA: Una delle cose più simpatiche quando si visitano i paesi dove gli

inglesi in passato hanno messo le mani è che anche se si parla una mezza dozzina di lingue, quindi sapere qualcosa solo di una lingua non serve a niente, l’inglese è comunque la seconda lingua ovunque. Questo succede anche in Birmania, l’inglese più tutto il resto: dall’arakanese al kachin.

ALTRI PAESI ASIATICIALTRI PAESI ASIATICIA causa degli effetti sul lungo periodo del comportamento degli Stati Uniti nel Sud-est asiatico, viaggiare in altri paesi dell’area è o molto diffi cile o non consigliato oppure del tutto impossibile. Il rammarico maggiore è non poter andare in Cambogia, visto che Angkor Wat è davvero una delle meraviglie del mondo. La situazione è sempre sul piunto di cambiare, forse presto certe porte si apriranno di nuovo.Vietnam del Sud: Il costo della tratta aerea di sola andata da Bangkok è di circa US$86; assicuratevi che il visto e il passaporto siano in regola

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prima di organizzarlo. Il governo sudvietnamita è molto sensibile a tutto ciò che ha a che fare con i comunisti, quindi potrebbe rifi utarvi l’ammissione se avete già visitato paesi ‘sbagliati’. La capitale Saigon è la località più visitata, ma è cara. Altri luoghi interessanti sono la località di villeggiatura montana di Dalat e le belle spiagge, ad esempio a Nhatrang. L’antica capitale imperiale di Hue, vicino al confi ne con il Viet Nam del Nord, fu in gran parte distrutta durante la guerra. Quando la situazione è tranquilla potete raggiungere Saigon via terra da Bangkok. Le strade sono buone per tutto il percorso verso la Cambogia.Laos: La più visitata tra le ‘altre’ nazioni è il Laos. I visti si possono ottenere a Bangkok ma vestitevi bene: il Laos è anti-hippy, inoltre potreste aver bisogno di un visto d’uscita. La maggior parte dei visitatori non va molto oltre Vientiane, spesso solo per il gusto di calpestare il suolo laotiano, dal momento che il viaggio su strada può essere rischioso. Il paese, la gente e la cultura sono simili a quelli della Thailandia e la visita in Laos si adatta bene ai piani di viaggio di chi vuol vedere il nord della Thailandia. Come in tutti gli altri paesi dell’area, il francese è la seconda lingua più diffusa. I cinesi gestiscono un mercato nero di valuta a Vientiane. Per trovare soggiorno e pasti provate all’International Voluntary Service dove i volontari forniscono informazioni. Vicino all’ostello dell’IVS c’è una mensa per uffi ciali francesi e un ristorante.

Vientiane è abbastanza interessante, ma Luang Prabang è il centro della cultura laotiana; la maggiore attrazione è il grande Buddha d’oro, da cui la città prende il nome. Il percorso più comune per entrare in Laos è prendere un autobus thailandese fi no a Nong Kai, dove basta mezzo dollaro per attraversare il Mekong con un traghetto e trovarsi in Laos; di lì in taxi si arriva a Vientiane. È possibile attraversare il confi ne via terra da Chiang Mai in nord Thailandia e andare direttamente a Luang Prabang. Come in Cambogia, il regime sovvenzionato dagli americani controlla solo una piccola parte del paese, mentre la forza rivoluzionaria di sinistra, il Pathet Lao, tiene in pugno gran parte dell’area rurale. In tempi tranquilli potete viaggiare verso sud in autobus o in barca da Vientiane fi no alla Cambogia lungo il possente Mekong, che segna il confi ne tra la Thailandia e il Laos.Cambogia: Un tempo sede della grande civiltà khmer, la Cambogia perse importanza a causa delle guerre continue contro i suoi vicini, i thai. L’abbandono di Angkor nel 1432 segnò la fi ne del periodo khmer e da quel momento la capitale cambogiana divenne Phnom Penh. Il principe Sihanouk, a capo del suo paese sin dalla partenza dei francesi nel 1953, mantenne la Cambogia neutrale per i quasi vent’anni del confl itto indo-cinese fi nché l’inevitabile intervento americano lo destituì. A Phnom Penh sono degni di una visita il palazzo reale e il museo nazionale. Il museo ospita un’eccellente collezione di arte khmer. Dopo aver raggiunto l’apice durante il regno di Suryavarman nel XII secolo, Angkor fu coperta dalla giungla per quattro secoli, fi nché fu riscoperta dai francesi nel 1860. Dopo un secolo di restauri accurati sta ora nuovamente scomparendo, sommersa dalla giungla. All’acme della potenza khmer Angkor era il centro di un impero che comprendeva gli odierni Laos, Thailandia, Vietnam e arrivava fi no alla Malaysia. Angkor Wat è soltanto una piccola parte del sito antico, che in totale comprendeva più di 100 kmq e includeva Bayon, Angkor stessa e Angkor Thom. Siem Reap è la città da cui di

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solito si parte per visitare Angkor: qui potete noleggiare biciclette per girare in mezzo alle rovine. Forse l’anno prossimo...

Al di fuori del Sud-est asiatico la situazione non è così diffi cile, ma diversi paesi sono ancora inaccessibili o poco visitati.Bangladesh: Pianeggiante, verde e umido: non visitate il Bangladesh durante la stagione delle piogge. Le cose sono ancora abbastanza caotiche, da quando si è separato dal Pakistan, quindi i trasporti possono essere molto lenti e disorganizzati. Lenti nella migliore delle ipotesi, per i rischi dovuti all’attraversamento di fi umi e zone alluvionate. Chittagong è una cittadina portuale abbastanza poco interessante; è Dacca, la capitale e città delle mille moschee, l’unica a essere di solito visitata. Il modo più semplice per fare una breve visita in Bangladesh è prendere un volo da Bangkok a Calcutta via Dacca. Fate uno stop-over a Dacca o proseguite in treno da qui per l’India. I costi sono uguali da Dacca o da Calcutta, per cui non si risparmia fi nendo il viaggio a Dacca. Ricordate che le relazioni diplomatiche con il Pakistan sono ancora tutt’altro che buone e se avrete il timbro del Bangladesh sul passaporto dovrete farvene rilasciare un altro a Delhi per entrare in Pakistan.Sri Lanka (Ceylon): Spiagge e buddhismo – il fascino di Ceylon è dovuto al fatto che è come l’India ma senza seccature. Per arrivarci c’è un comodo traghetto che parte due volte la settimana da Rameswaram, il viaggio dura quattro ore. Un biglietto cumulativo traghetto/treno per Kandy costa US$2. Non sono richiesti visti ed esiste un mercato nero della valuta – state attenti quando cambiate i soldi. Kandy, nell’altopiano centrale, è la città più interessante, mentre la capitale Colombo ha poco da offrire. Anuradhapura, che si incontra lungo il percorso dal punto di attracco del traghetto a Kandy, ha delle rovine buddhiste che sono rimaste nascoste dalla giungla ancora più a lungo di quelle di Angkor. Fondata nel 437 a.C., venne abbandonata nel IX secolo e riscoperta solo nel 1845. Sfortunatamente i lavori di scavo e restauro sono stati effettuati con assai minor cura di quelli messi in opera senza risparmi dai francesi ad Angkor. La cucina e i trasporti sono simili a quelli indiani e c’è anche una rete di linee di autobus. Il clima è interessante perché i monsoni giungono in stagioni opposte sui due versanti dell’isola, divisa a metà da una catena montuosa. Per stare all’asciutto basta andare dall’altra parte.Sikkim e Bhutan: Questi piccoli protettorati indiani nella regione himalayana, schiacciati come in un sandwich tra l’India e la Cina, sono diffi cili da visitare. L’India è molto sensibile a qualsiasi cosa abbia a che fare con la Cina e il confi ne cinese, quindi per ottenere un permesso per questi paesi in genere occorre un legame di consanguineità con un maragià locale o qualcosa di altrettanto convincente. Informatevi a Calcutta per il Bhutan, a Darjeeling per il Sikkim e a Delhi per entrambi, pronti ad affrontare una lunga attesa.

NEPALNEPALIl Nepal è diventato così famoso come paradiso degli hippy che la gente realizza a stento il fatto che in realtà ha molto altro da offrire. Ci si avvicina a Kathmandu percorrendo colline verdi e lussureggianti come le Alpi svizzere, ma ci sono le scimmie sugli alberi e si intravedono a sprazzi le cime himalayane. In sé Kathmandu deve essere considerato uno dei buchi più

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sporchi dell’Asia – ma un buco affascinante e poco costoso. Un edifi cio su due è un tempio e un giorno su due è festa.

Per essere una piccola vallata, c’è un’incredibile varietà di cose da vedere – a parte la facilità con cui si riesce a fumare spendendo poco o niente. In genere a Kathmandu tutto comincia nella piazza centrale Durbar, un posto perfetto anche solo per sedersi a guardare il mondo che passa. La maggior parte degli hotel e dei ristoranti che costano poco, dei negozietti che vendono hashish e dei posti che affi ttano biciclette sono vicini alla piazza. Il vecchio palazzo reale è dietro la piazza e qui nel 1846 un confl itto all’interno della famiglia Rana portò a un alquanto spiacevole massacro di alcuni tra i più infl uenti uomini del regno. All’esterno della porta d’ingresso, la Hanuman Dhoka, su un piedistallo siede il dio scimmia vestito di una tunica rossa.

Se guardate verso Hanuman, alla vostra destra avrete il tempio della Kumari Devi, la dea vivente. In realtà è una ragazzina scelta come dea per la sua purezza eccezionale che viene rimpiazzata appena giunge alla pubertà. Essere per un po’ una dea non è poi un grande affare, perché nessuno vuole sposare una ex dea e la vita può essere solitaria dopo il ritiro dalle scene. Se arrivate nel momento giusto della giornata, potrete forse osservarla mentre appare al balcone. La stazione di polizia è dall’altra parte della strada – il che potrebbe spiegare il perché della presenza di un Khailo Bhairab, o dio del terrore.

C’è un piccolo santuario sulla strada che porta al Camp Hotel che, a giudicare dalla quantità di tracce di sangue sul terreno tutt’intorno, deve essere un tempio di Shiva. Dovreste essere sfortunati (o fortunati!) se in una settimana passata a Kathmandu non doveste essere testimoni in strada di almeno un sacrifi cio di animali. A circa dieci metri dal santuario si trova il Barber Temple. I barbieri stanno seduti tutt’intorno pronti a fare barba e capelli. Basta che la mano scivoli un po’ e siete pronti per l’altra parte della strada...

Al di là del fi ume si trova Swayambhunath, il posto più strano di tutta la valle. Swayambhunath è uno stupa buddhista con il tipico terrapieno circolare sormontato da una guglia. Si pensa che abbia più di duemila anni e ci sono tracce dell’imperatore buddhista Ashoka (che si dice sia stato qui nel 250 a.C.), ma è evidente che in gran parte è di epoca più recente. Secondo la leggenda un tempo la valle era un lago che si dice sia stato prosciugato a partire da qui.

Parcheggiate la vostra bicicletta alla base della collina e risalite la scalinata. Capirete subito perché si chiama ‘tempio delle scimmie’. Nel centro della scalinata c’è un mancorrente metallico che le scimmie usano come uno scivolo: scendono giù una alla volta, a testa in giù e anche in gruppo. Il miglior divertimento gratuito di tutta la vallata. Lo stupa si trova in cima alla collina, insieme a un guazzabuglio di negozi e templi. Gli occhi dipinti ai quattro lati della guglia dovrebbero osservare la valle e garantire che tutti si comportino bene – a giudicare dagli sguardi che lanciano sembrerebbero più interessati a chi si comporta male. Il tempio principale ha al suo interno una gigantesca ruota di preghiera, un paio di giri e il nirvana è garantito.

Dall’altro lato della valle rispetto a Kathmandu si trova Patan; durante la sua vista Ashoka fece costruire quattro stupa agli angoli della città – tumuli ricoperti d’erba segnano il punto in cui furono eretti. Come a Kathmandu, il

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centro cittadino è la piazza Durbar, che ha un vasto assortimento di templi ed edifi ci. Uno è dedicato al patrono della valle, Machendra, qui si trova il Machendra rosso, a Kathmandu il Machendra bianco (Seto).

La terza città della valle è Bhatgaon: a 15 chilometri da Kathmandu è la più primitiva e non ha l’elettricità. La piazza principale, stipata di templi, ne comprende uno con una serie di incisioni erotiche sulle travi. Il punto di maggior interesse di Bhatgaon è la pagoda Nyatpola, con cinque piani su una base di cinque piani è la più alta della valle. Ognuno dei basamenti ha un paio di bestie mitiche dieci volte più forti del paio sotto di esse; i due giganti sulla piattaforma inferiore sono dieci volte più forti di qualunque mortale.

Sul fi ume Bagmati, che è per il Nepal quello che il Gange è per l’India, si trova Pashupatinah, il più sacro tra i templi hindu della valle. Dedicato a Shiva, contiene un famoso lingam; sfortunatamente chi non è hindu non può entrare nel tempio, ma potete sempre sedervi dall’altra parte del fi ume e guardarlo. Saltate di nuovo sulla vostra bicicletta e pedalate fi no a Bodnath, uno stupa di grandi dimensioni sormontato da una guglia con gli occhi come quello di Swayambhunath. Intorno allo stupa piccoli negozi vendono oggetti d’artigianato prodotti dai tibetani che, costretti a lasciare il Tibet, hanno trovato rifugio in gran numero in Nepal. Un po’ più avanti si trovano le bellissime cascate di Sundarijal, un vecchio sadhu che vive lì vicino a volte fa il bagno nelle acque gelide. Andate a Changu Narayan, appena oltre Bhatgaon, per vedere il bel tempio a due tetti che ha interessanti incisioni ed è ben conservato. Kirtipur è un villaggio molto antico e sonnolento: qui un Rana particolarmente dispotico fece tagliare le labbra e il naso a ogni maschio sopra i 12 anni con l’eccezione di quelli che suonavano strumenti a fi ato. Poi c’è Buddha Nil Kantha, dove una statua di Vishnu giace su un letto di serpenti, e la gita fi no al confi ne tibetano, anche solo per dire di averlo visto.

Quello che a Kathmandu è assolutamente da vedere non è prodotto dalla mano dell’uomo. Torreggiante sulle colline che circondano la valle c’è la catena himalayana. Se siete ricchi, o anche se non lo siete ma potete tirare fuori i soldi in qualche modo, prendete un volo della Royal Nepal Airlines intorno all’Everest. Parte molto presto la mattina perché durante la giornata le nuvole si addensano intorno alle cime, dura circa un’ora e costa US$20.

Un’altra cosa che potete fare qui è camminare, la camminata che sale a Nagarkot mette insieme il piacere dell’esercizio fi sico con il panorama sull’Himalaya. Nagarkot si trova a circa 15 chilometri da Bhatgaon (e molte migliaia di metri più in alto) e la salita fi n qui dura da tre a cinque ore, dipende dalla vostra forma fi sica. Fermatevi per la notte e all’alba avrete una fantastica vista che spazia su tutte le montagne intorno. L’uffi cio del turismo può fornirvi una cartina con il profi lo delle varie montagne, così potrete identifi care le cime. L’Everest è parecchio distante e senza una cartina non riuscireste mai a capire qual è.

Il Trek Shop Restaurant di Tashi ha un grande libro per le annotazioni in cui potete descrivere il vostro trekking, o lasciarvi sconcertare dai racconti degli altri mentre mangiate un boccone. Una mezz’ora spesa a leggere storie su come staccare le sanguisughe dalle vostre caviglie o come sopravvivere con solo un pugno di riso freddo basterà a farvi restare in città. Se la vostra piccola passeggiata a Nagarkot vi ha stuzzicato l’appetito, ma non amate troppo

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l’avventura l’uffi cio turistico può suggerire qualche sentiero. Un trekking di tre settimane vi porterà al campo base per l’Everest.

STORIA: La storia nepalese, a dir la verità, è una non-storia. Quando altrove succedeva qualcosa, in Nepal non succedeva nulla, il che spiega come mai oggi il paese è quello che è! Anche se il Nepal ha legami culturali e religiosi con l’India, curiosamente è isolato anche da essa. La diffusione della religione islamica in India non ha valicato le montagne per approdare in Nepal. Ancora oggi l’hinduismo nepalese contiene elementi buddhisti che non ci sono in quello indiano. Neanche l’impero britannico estese il suo dominio sul Nepal, anche se il sostegno dato dai nepalesi all’esercito inglese durante la rivolta indiana condusse al duraturo legame dei reggimenti gurkha con i britannici.

Di certo i nepalesi non tentarono in alcun modo di modifi care il proprio isolamento. Perfi no Marco Polo riferì lo scarso desiderio di far entrare degli stranieri nelle loro terre. Ci volle una rivoluzione e la costruzione della strada del Rajpath proveniente dall’India nel 1954 per aprire ai turisti quello che è ancora per molti versi un paese medievale. La storia moderna del Nepal comincia quando arrivarono gli indiani, costretti a fuggire dal loro paese all’avanzata dei musulmani nel XVI secolo. Essi conquistarono a poco a poco il controllo sull’intero paese e la dinastia regnante di allora è ancora al potere oggi. Per più di un secolo il re fu poco di più che un fantoccio nelle mani della famiglia Rana, che deteneva il potere usando mezzi repressivi ed era poco incline al progresso. Nel 1951 una rivoluzione silenziosa riconquistò al re un potere reale sulle decisioni politiche anche se i Rana sono ancora molto potenti.

Un’indicazione di quanto arretrato sia il Nepal è la questione della schiavitù, che fu abolita soltanto nel 1926! E il suttee, l’usanza di immolare sulla pira funebre del marito la sua vedova ancora vivente, fu proibito solo cento anni dopo l’India. Oggi il Nepal è al centro di un boom del turismo – sfortunatamente. La sua posizione cuscinetto tra la Cina e l’India lo rende molto prezioso agli occhi di quest’ultima, ma i nepalesi giocano anche la carta della Cina con gli americani per ottenere aiuti economici.

TRASPORTI: Se venite dalla Thailandia potete volare direttamente su Kathmandu e risparmiarvi il viaggio in autobus fi no al confi ne e poi un bel po’ di treni indiani. Il che non è una cattiva idea. Potete anche prendere un aereo da e per molte località indiane: Patna, per esempio. Per quelli che amano stare attaccati alla terra: si può prendere un autobus o un camion da Birgunj, un viaggio scomodo, con curve, tornanti, salite e discese per più di 200 chilometri. Se siete stati per dodici ore su un’altalena conoscete già l’effetto che fa! Assicuratevi di ottenere i posti ‘deluxe’, costano 24 rupie invece delle 20 per i posti normali, ma ‘deluxe’ signifi ca che sono al centro del bus, e il costo è più che giustifi cato. Se vi stancate del rumore infernale potete sempre sedervi sul tetto per un po’.

A Kathmandu, il mezzo di trasporto per eccellenza è la bicicletta. La valle è suffi cientemente piatta e compatta e pedalare è veramente un piacere, ma andate a prendere la bici presto la mattina perché i mezzi migliori vanno via subito, lasciando ai dormiglioni solo dei ferrivecchi. Ci sono negozi di bici in tutta la città: costano da 2,50 a 3 rupie al giorno. Potete anche

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noleggiare delle motociclette ma solo a ore e non è per nulla un affare come lo è a Bali. Per raggiungere una località fuori dalla valle si può solo prendere un aereo o camminare. Pokhara dista una settimana di cammino o un volo da US$12; dovrebbe essere ormai aperta una strada che va a Pokhara e da lì sarà possibile continuare per l’India come alternativa alla strada usuale.

PERNOTTAMENTO: Ci sono molti hotel che costano poco a Kathmandu, quindi di certo troverete qualcosa che vi piace. Il Camp è un po’ meglio e più caro di altri, a 20 rupie per una doppia. Shresta Lodge, Kathmandu Lodge, City Lodge e G.C. Lodge sono tutti nella fascia da 10 a 14 rupie per una doppia – qualche camera ha anche la doccia calda! Quo Vadis ha una camerata e ci sono molti altri alberghi economici, ancora più spartani. Potete trovare posti che chiedono solo tra le 4 e le 6 rupie per una doppia. Se vi fermate per più tempo potete trovare camere davvero economiche, e anche un’intera casa, al villaggio di Swayambhunath o a Bodnath.

Per un soggiorno di tutt’altro livello date almeno un’occhiata all’hotel Royal, gestito da Boris, che è uno dei personaggi più conosciuti di Kathmandu. Costoso con la C maiuscola, ma dovreste essere in grado di permettervi un drink al bar Yak and Yeti. Se siete vicino all’hotel Annapurna (ma non vi soggiornate, spero), date un’occhiata agli alberi dall’altra parte della strada. Quegli oggetti scuri che pendono dai rami non sono degli strani frutti nepalesi. Sono pipistrelli e quando è l’ora giusta si alzano tutti in volo.

Le altre due città della valle non sono proprio da raccomandare per il pernottamento. Se camminate fi no a Nagarkot per vedere sorgere il sole potete prenotare un letto in camerata all’Everest Lodge per 5 rupie. A Pokhara c’è una guesthouse gestita dallo stato o l’Annapurna Hotel. Birgunj, la cittadina al confi ne indiano dove tutti, sembra, si fermano una notte aspettando l’autobus che sale o quello che scende, è talmente squallida che non mi sento di consigliare nulla. Mi hanno servito un pasto così cattivo che l’ho vomitato (mentre ancora il resto era nel piatto) sul pavimento della cucina e nessuno si è sorpreso più di tanto.

PASTI: I menu a Kathmandu promettono molto di più di quello che la cucina locale è in grado di provvedere; è molto meglio dell’India ma bisogna fare attenzione perché il Nepal è a rischio epatite. Non fi datevi assolutamente dell’acqua: purtroppo il classico sostituto, la Coca-Cola, è importata dall’India ed è cara. Quello che i nepalesi chiamano tè, altro sostituto dell’acqua, è, credo, il peggiore del mondo. Alcuni posti buoni sono: Il Camp Hotel – il loro ristorante è abbastanza buono, provate

soprattutto la zuppa di pomodoro; alla porta accanto c’è un ristorantino di buona qualità.

Il Chi and Pie – proseguite per la sudicia strada che dal Camp va verso il fi ume per trovare dolci e torte incredibili. Una meringata al limone sembra in qualche modo strana e meravigliosa a Kathmandu!

Il Mandarin – deve essere il miglior ristorante economico della valle; con un’eccellente cucina cinese, anche se un costo tra le 17 e le 20 rupie per due persone è alto rispetto agli altri

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Aunt Jane’s – anche questo leggermente più costoso, ma il cibo ha la reputazione di essere particolarmente sicuro; in giro ci sono un paio di locali Aunt Jane’s.

Il Frosty Yak – gelato.E poi: l’Amber per la cucina indiana, il Royal per quella tibetana e altri

ancora. In molti posti servono un cibo pseudo-europeo – chi vuole una bistecca di bufalo? – ma alcune cose sono davvero buone. Un porridge in quelle fredde mattine himalayane è paradisiaco! Fuori dalla valle la scelta è molto limitata: riso, riso o riso.

MONETA: Uffi cialmente 15 rupie nepalesi = A$1. In passato c’era un mercato nero facilmente disponibile, ma il governo l’ha represso. Oggi probabilmente non esiste che una rupia di differenza tra il tasso sul mercato nero rispetto a quello uffi ciale. L’affare migliore che abbiamo fatto è stato un doppio cambio di valuta, convertendo al confi ne tra i due paesi rupie indiane comprate al mercato nero per rupie nepalesi al tasso uffi ciale. Fate attenzione ai cambiavalute al confi ne perché il loro sistema di conto è davvero sorprendente ed è facile immaginare chi farà l’affare migliore alla fi ne della trattativa. Fate il conto da soli prima di dar loro la moneta da cambiare. Potete anche ottenere delle rupie indiane in Nepal a un buon prezzo.

VISTI: A$2 per un visto di due settimane, facilmente prolungabile; i visti si possono ottenere all’arrivo all’aeroporto. La maggior parte della gente che giunge via terra ottiene i visti a Calcutta o Delhi. Ricordate che i visti valgono solo per le vallate di Kathmandu, Pokhara e Chitwan ma se volete fare trekking in posti fuori mano dovete fare domanda a Kathmandu per il permesso. Non esiste ambasciata nepalese in Australia e, se volete un visto prima della vostra partenza, dovete passare attraverso l’ambasciata nepalese in Giappone.

CLIMA: Il momento giusto è la stagione fresca dopo il passaggio dei monsoni, da ottobre a febbraio. In quel momento il tempo è pressoché perfetto, caldo durante il giorno, fresco la notte e la valle è meravigliosamente verde. Giugno, luglio e agosto sono i mesi più umidi.

CHE COSA COMPRARE: In genere si trovano facilmente oggetti d’artigianato tibetano e nepalese ma noi non ne siamo stati così impressionati – un po’ grezzi. Potreste sempre comprarvi una ruota da preghiera.

LINGUA: La lingua locale è il nepali, ma l’inglese è parlato diffusamente.

Il Camp Hotel era descritto in una rivista come ‘hippy di classe’, il che probabilmente è vero, visto che costa 20 rupie invece della tariffa normale (da 10 a 14 rupie). Certamente non costa i 5 dollari americani che l’uffi cio del turismo dichiarava nel suo elenco di hotel e che due americani di mezza età, non hippy, volevano pagare. Così, quando chiesero se potevano avere la camera da 5 dollari, il proprietario spiegò che non potevano.

Uno dei nostri amici stava parlando con un americano più anziano sull’aereo in partenza da Kathmandu. Era proprio vero che c’era gente che fumava marijuana per tutta la città? chiese al mio amico. L’americano trovava diffi cile crederci, perché non aveva visto proprio nessuno di quei freak strafatti con gli occhi a palla! Davvero strano, deve signifi care qualcosa: una gran parte degli overlander a Kathmandu sono in uno stato ‘fumato’ permanente.

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Mentre stavamo salendo a piedi a Nagarkot ci imbattemmo in una coppia di americani che avevamo visto sull’autobus in partenza da Kabul. Erano un po’ fuori di testa, la ragazza a Benares aveva scambiato la sua macchina fotografi ca per un sitar – non proprio facile da trasportare. ‘A che ora siete partiti da Bhatgoan?’, chiedemmo, risposero che si erano messi in marcia alle 10 del mattino... del giorno prima. Erano così ‘fuori’ che avevano passato il primo giorno a vagare tra le piantagioni di riso senza trovare la strada.

INDIAINDIAL’India può essere deprimente: enorme, affollata e caotica, la totale disperazione distoglie l’attenzione dalle cose incredibili che ci sono. I problemi sembrano irrisolvibili ed è un paese che è meglio vedere con il contagocce.

Mettete nel conto Benares, oggi rinominata Varanasi, il centro religioso dell’India sin dall’età preistorica e la città più interessante. Noleggiate una barca, una rupia o due a testa per un’imbarcazione per cinque-sei persone, e lasciatevi portare dalla corrente del Gange all’alba. Una gran bella vista, con i bagnanti che scendono le scalinate che portano all’acqua, i ghat, per immergersi nell’acqua santa. Una cosa davvero bizzarra, se si pensa che bruciano i loro morti sulle stesse sponde del fi ume.

Il Durga, o tempio delle scimmie, macchiato di rosso con tocchi d’ocra – dal momento che Durga è un altro nome della dea Kali, la distruttrice moglie di Shiva – si erge sulle mura e guarda verso l’interno. L’altro tempio di Benares noto a tutti, il tempio d’oro, si trova vicino al Gange. Buddha tenne il suo primo sermone nella vicina Sarnath. I templi eretti in quella città sono stati abbandonati sin dalla decadenza del buddhismo indiano un migliaio di anni fa.

Benares è anche il centro della tessitura della seta e della produzione dei sitar. Ogni tessitore di seta ha fatto/sta facendo/farà un sari per la regina d’Inghilterra e ogni costruttore di sitar ha personalmente ricevuto le dritte da/ha imparato con/ha insegnato a Ravi Shankar!

Viaggiando verso Agra, fate una deviazione a Khajuraho, dove c’è un insieme di templi, uno dei quali con statue e rilievi che solleverebbero le ire della censura in Australia. Il Taj Mahal di Agra venne iniziato nel 1630 dallo Shah Jahan, con il cuore spezzato per la perdita di sua moglie Mumtaz Mahal. Ci vollero 22 anni per costruirlo, quindi datevi il tempo di vederlo con tutte le condizioni di luce. Una delle prospettive migliori è osservarlo dall’altra sponda del fi ume. L’incredibile dettaglio di ogni particolare, come i fi ori intarsiati nel marmo, è spettacolare. Il massiccio forte di Agra è stata un’altra costruzione voluta dallo Shah Jahn. Suo fi glio Aurangzeb, ben più spilorcio, lo fece imprigionare nel 1652 – forse per mettere fi ne alle sue bizzarrie architettoniche? Morì nel 1665 in una stanza da cui poteva vedere il Taj.

La città abbandonata di Fatehpur Sikri, perfetto esempio di una città moghul in buono stato di conservazione, si trova a circa 30 chilometri da Agra. Costruita da Akbar, l’illustre predecessore dello Shah Jahan, venne abbandonata a causa della diffi coltà di approvvigionamento di acqua. Sulla strada per Delhi incontrerete l’impressionante tomba di Akbar.

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Delhi fu conquistata dai musulmani nel 1192 e Babur, il primo dei Moghul, in seguito spostò la capitale del suo regno ad Agra e quindi a Lahore. Lo Shah Jahn la riportò a Delhi, ma i britannici preferirono governare da Calcutta, dopo la fi ne dell’impero moghul nel 1857. Dal 1911 Delhi è tornata di nuovo ad essere la capitale. Le cose da vedere a Delhi e a New Delhi sono molto lontane le une dalle altre, quindi prendete l’autobus organizzato dall’uffi cio turistico.

Un’altra ‘specialità’ dello Shah Jahn è il Red Fort di Delhi, che un tempo ospitava il Trono del Pavone, rimosso da Nadir Shah, che nel 1739 lo portò in Persia. L’iscrizione in alto nel Diwan-i-Kas, la sala delle udienze private, dove un tempo si trovava il trono, riporta un famoso distico persiano:

‘If on Earth there is a Garden of BlissIt is this, it is this, it is this’Lo spettacolo di ‘son et lumière’ al Red Fort fornisce un’introduzione non

traumatica alla storia indiana – pubblico in delirio per l’accattivante motivo alla fi ne! Dall’altra parte del Red Fort, nel cuore della vecchia Delhi, si trova la mastodontica moschea Jami Masjid, indovinate un po’ chi l’ha fatta costruire?

Una capitale pianifi cata e fatta costruire dai britannici, New Delhi è stata inaugurata uffi cialmente nel 1931. Al centro di New Delhi, accanto a Connaught Place, si trova il Janta Mantar. L’imperatore-astronomo Jai Singh costruì cinque di questi complessi osservatori all’inizio del Settecento. Il Lakshmi Narayan è un nuovo tempio hindu pieno di statue a grandezza naturale e colori pastello. Andate a vedere la tomba di Humuyan nel sud, prima di visitare Agra, ha la stessa forma, tipica delle tombe moghul, del Taj, ma risale a una generazione prima.

Il Qutab Minar, iniziato nel 1193 per commemorare la cattura di Delhi, è una torre alta 80 metri che si erge sulle rovine di quella che un tempo era la moschea Quwwat al Islam, la cui cupola crollò dopo un terremoto, nel 1803. La base dell’Alai Minar, proprio accanto, doveva avere esattamente il doppio della dimensione del Qutab. Quando il governante che la stava facendo costruire morì nel 1312, con lui morì anche quell’idea pazzesca. Nel cortile c’è un pilastro di ferro, il materiale è così puro che non si è mai arrugginito. Ha almeno mille anni (forse anche duemila) e gli scienziati non sanno spiegare come sia stato possibile forgiare un ferro così con la tecnologia dell’epoca.

Tra le altre città da vedere c’è Jaipur, a sud-ovest. Fondato sempre da quell’imperatore-astronomo, è famosa per i suoi edifi ci di color rosa, soprattutto per lo Harva Mahal, il palazzo dei venti. Proseguendo a sud c’è il principale porto indiano e centro industriale, Bombay. E ancora oltre Goa, con i suoi interessanti edifi ci e chiese, tra cui quella del Bom Jesus, che contiene la tomba di san Francesco Saverio. Ogni anno a Natale le spiagge di Goa diventano il centro di raduno di tutti i freak del mondo. Nell’India del Nord sono da vedere anche le grotte buddhiste scavate nella roccia ad Aurangabad, Ellora e Ajanta, il palazzo sull’acqua di Udaipur e il tempio d’oro dei sikh ad Amritsar.

Sull’altra costa, 500 chilometri a sud di Calcutta, si trova il centro della cultura hindu nell’Orissa, prima che i musulmani moghul conquistassero l’area. A Puri e Bhubaneswar si trovano templi costruiti dall’VIII al XIII secolo, ma è Konorak che dovete visitare. Una striscia solitaria di sabbia ospita la

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massiccia pagoda nera, o tempio del sole. A forma di carro per il dio del sole, questo edifi cio grandioso è solo un piccolo frammento del complesso d’origine, il resto è andato perduto. Come in tutti i più belli tra i templi hindu le sculture erotiche sono molto esplicite. Il profondo sud dell’India è hinduista fi no al midollo – in questa remota parte del paese l’infl uenza musulmana non si è mai fatta sentire in modo signifi cativo.

Profondamente infl uenzate dai britannici nell’era coloniale sono invece le stazioni climatiche o ‘hill stations’. In località come Darjeeling, a nord di Calcutta, i funzionari del Raj si rifugiavano nei caldi giorni estivi per sfuggire al caldo delle pianure. In Kashmir, a occidente, furono i Moghul i primi a costruire stazioni climatiche a questo scopo, e i britannici continuarono. Il Kashmir, ancora in maggioranza musulmano, è la pietra dello scandalo delle relazioni tra India e Pakistan. Srinigar, ‘la Venezia d’Oriente’, è la principale città del Kashmir – il maragià del luogo, durante l’epoca coloniale, non permise agli inglesi di comprare terreni edifi cabili, così i visitatori che venivano d’estate adottarono la soluzione perfettamente ‘british’ di dormire nelle houseboat su laghi e fi umi. E sono ancora lì oggi, poco costose e confortevoli in un piacevole modo tutto vittoriano. Il Kashmir è un bel territorio montano con affascinanti viste sull’Himalaya. A Srinagar ci sono anche gli eleganti giardini Shalimar, voluti dagli imperatori moghul che venivano qui a trascorrere i mesi estivi.

STORIA: L’importanza storica dell’India è testimoniata dalle due grandi religioni che qui sono nate. È una sfortuna che proprio la religione sembri oggi ostacolare in molti modi quel progresso di cui l’India ha disperatamente bisogno per sopravvivere ed è il punto di frizione delle relazioni tra India e Pakistan.

L’effetto inerziale della religione si nota al massimo nella questione delle vacche sacre che diffondono malattie, occupano spazio in città già sovraffollate, consumano un cibo già scarso per gli esseri umani (e distruggono carta) e non danno nulla in cambio. L’unità dell’India è ostacolata anche dalla quantità delle lingue parlate, ma il problema principale continua a essere semplicemente il numero degli indiani.

Il primo imperatore che unifi cò la maggior parte del subcontinente fu il grande Ashoka, che regnò nel III secolo a.C. e diffuse il buddhismo tra la sua gente. Il suo impero cadde a pezzi dopo la sua morte e non fu che mille anni dopo che il paese tornò a riunirsi, questa volta sotto una potenza musulmana. Il primo contatto degli indiani con la religione islamica avvenne nell’VIII secolo, ma solo tra il XIII e il XIV il grande impero dei Moghul portò all’apice una dinastia islamica. L’acme del potere moghul, quando il governo era esteso praticamente a tutta l’India, si ebbe tra il 1556 e il 1605, con l’imperatore Akbar. Nel momento in cui la potenza indiana aveva raggiunto il climax, all’orizzonte apparvero i primi europei, che ne sarebbero stati la nemesi storica. Per primi giunsero i portoghesi: nel 1510 occuparono Goa, che si rifi utarono di abbandonare fi no al 1962, quando infi ne furono cacciati dall’India.

Durante il Seicento i britannici, con la copertura della Compagnia delle Indie Orientali, si insinuarono gradualmente nel tessuto del paese mettendo un governante locale contro l’altro. Aurangzeb, l’ultimo potente imperatore moghul, morì nel 1707 e intorno alla metà del XIX secolo gli inglesi

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controllavano ormai la maggior parte del paese. La rivolta indiana del 1857 convinse il governo britannico ad esautorare la Compagnia delle Indie e a prendere direttamente il controllo.

In questo secolo molta della storia indiana ha avuto a che fare con il cammino per rendersi indipendente dalla Gran Bretagna. Guidata dal Mahatma Gandhi, la politica indiana di resistenza pacifi ca portò infi ne all’indipendenza, siglata nel 1948. Anche se gli inglesi lasciarono l’India con una struttura governativa ben sviluppata e un’effi ciente rete di comunicazione – il sistema ferroviario più vasto e più antiquato del mondo, per esempio – lasciarono agli indiani anche un infelice gusto per la burocrazia. Gli indiani detengono il record mondiale di burocrazia inutile, timbri e formulari in quadruplice copia.

Sin dall’indipendenza la storia dell’India è sempre stata un camminare sul fi lo evitando la morte in massa per inedia. Di anno in anno il progresso è pregare perché il monsone sia generoso e porti dei buoni raccolti. Il programma di controllo delle nascite varato dal governo, i cartelloni pubblicitari che propagandano le famiglie con due soli fi gli sono ovunque, ha un impatto ancora minimo nei piccoli villaggi che sono la base principale della popolazione indiana. Inoltre, i periodici confronti armati con il Pakistan drenano forze necessarie in ben altre direzioni. Ancora si devono risolvere i problemi derivanti dal confl itto del Bangladesh. Il rifi uto dei musulmani, un tempo religione dominante, di accettare un ruolo secondario nell’India indipendente portò alla partizione del 1948 e alla formazione di due stati distinti, l’India e il Pakistan. Una cospicua minoranza di musulmani vive ancora in India.

TRASPORTI: Treni, ragazzi. Il ‘vero’ viaggiatore sceglie la terza classe, ma una volta sola, grazie! La prossima volta che torno in India ho intenzione di non vedere neanche una stazione ferroviaria. I treni sono lenti, pieni di gente, sporchi, scomodi e ogni altro aggettivo spiacevole vogliate aggiungere. I vostri problemi cominciano con l’emissione del biglietto, soprattutto se volete lo sconto studenti che lo rende al 50% – superconveniente. In una stazione piccola fate domanda per lo sconto al capostazione, in quella di una città più grande ci dovrebbe essere un uffi cio apposito solo per rilasciare l’autorizzazione allo sconto.

In possesso della certifi cazione che siete studenti, dovete andare alla biglietteria, dove vi unirete a una coda interminabile e comincerete ad aspettare. Dopo aver ottenuto il biglietto dovrete passare in un altro uffi cio per prenotare un sedile o una cuccetta. La prenotazione è fondamentale anche se non vi garantisce al cento per cento, aumenta le vostre possibilità di ottenere un posto a sedere.

Quando arriva il vostro treno, comincia il vero divertimento. Correte avanti e indietro lungo il binario cercando il vostro nome scritto su un pezzo di carta appiccicato al fi nestrino del vostro posto. È del tutto permesso mulinare le braccia, urlare e chiamare ad alta voce, tutti intorno lo fanno quindi tanto vale partecipare allo spettacolo. Sembra pazzesco? Lo è.

Naturalmente il treno sarà arrivato con ore di ritardo e altrettanto in ritardo partirà, arrivando con un ritardo enorme alla destinazione fi nale. Le coincidenze che stupidamente avevate programmato di prendere, saranno inevitabilmente perse. Arriverete alla meta ricoperti di polvere di carbone, un’esperienza da fare una sola volta.

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Alcuni esempi di tariffe e prevista durata del viaggio (senza sconto studenti):

Delhi – Agra 07 Rps 03 oreDelhi – Amritsar 16 Rps 12 oreAgra – Lucknow 12 Rps 10 oreLucknow – Raxaul 22 Rps 22 oreDelhi – Benares – Raxaul 35 Rps 36 ore

Tirate fuori 4 rupie in più e prenotate una cuccetta per la notte, con un po’ di fortuna sarete soltanto scomodi e non molto scomodi. Nel viaggio di andata a Calcutta in realtà noi trovammo i posti confortevoli, quindi non tutto è negativo. A Delhi c’è un uffi cio a Baroda Houde dove potete prenotare i posti e ottenere gli sconti tutto in una volta, un raro esempio di effi cienza. La cosa positiva è che i tabelloni degli orari sono chiari e concisi in ogni stazione.

Esiste anche una rete di linee aeree interne abbastanza economiche, con biglietti scontati per studenti. Sono a disposizione anche alcuni servizi autobus, soprattutto da Delhi in direzione delle hill stations nel nord. È possibile fare l’autostop e potete spesso viaggiare in modo confortevole e pagando poco nei pulmini di altri viaggiatori che hanno posti liberi.

Uno degli aspetti interessanti del viaggio in India sono i sikh; un tempo una casta di guerrieri, i sikh si sono trasformati in taxisti e autisti di autobus, di cui hanno praticamente il monopolio. Lo spirito marziale è ancora ben presente, a giudicare da come sgusciano tra la massa di biciclette e risciò.

Nelle città i taxi, i risciò e i mototaxi sono tutti poco costosi. I taxi e i mototaxi hanno il tassametro, ma assicuratevi che sia azzerato – fatelo voi, se necessario. Se il taxista dice che il tassametro è rotto, rispondete che cercherete un altro taxi. Lo riparerà all’istante.

Bombay è il porto principale sulla costa occidentale e da qui potete viaggiare fi no al Kuwait via Abadan e da lì raggiungere l’Iran. Il viaggio dura circa 10 giorni e costa meno di US$100. Qualche nave ogni tanto va a Mombasa, in Kenya, per circa US$40, ma chiedono la prova di prenotazioni per il proseguimento del viaggio o la documentazione di un cospicuo conto in banca. A un prezzo simile potete andare a Jeddah, in Arabia Saudita, ma non in inverno, quando le navi sono piene di pellegrini che vanno alla Mecca. Un servizio lungo la costa da Bombay va fi no a Goa e potrebbe essere migliore dei treni.

Confi ne India/Pakistan: Esiste un solo punto di attraversamento del confi ne tra i due paesi, tra Amritsar e Lahore. Armatevi di coraggio e attraversate a piedi combattendo la vostra battaglia in mezzo a una giungla di scartoffi e che può prendere anche una giornata intera. Nel 1972 il confi ne era aperto solo il giovedì mattina, tre ore la settimana; nel frattempo le cose dovrebbero essere migliorate. Per attraversare il confi ne avete bisogno di un ‘permesso di transito’, ottenibile sia dall’ambasciata pakistana sia dall’ambasciata svizzera a New Delhi, a seconda di come sono in quel momento le relazioni internazionali. Andando a est potete ottenerlo a Lahore o a Kabul; io consiglio Lahore perché abbiamo visto della gente con il permesso ottenuto a Kabul respinta alla frontiera. In modo più anticonvenzionale, volate attraverso il confi ne con Afghan Airways – circa US$15 per un volo di 10 minuti su un 707.

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PERNOTTAMENTO: Come per qualsiasi altra cosa, in India le stazioni ferroviarie sono un buon punto di partenza. Le camere degli alberghi diurni delle stazioni in genere sono a posto, ma sono riservate ai passeggeri. I bungalow dell’ente del turismo statale, le pensioni a gestione statale e i dak bungalows sono diffusi un po’ ovunque e gli uffi ci del turismo possono fornirvene un elenco. Questi hanno le loro origini ai tempi del Raj, quando erano utilizzati dai funzionari britannici che andavano a ispezionare il paese; il livello di qualità va da discreto a buono. I ‘procacciatori’ di turisti mandati dagli hotel vi adocchieranno ad ogni stazione appena arrivate, quindi non avrete mai il problema di trovare un alloggio per la notte. Chiedete sempre se hanno optional come ventilatori e zanzariere.Calcutta – L’ostello dell’Esercito della Salvezza al n. 2 di Sutter Street è pulito, confortevole e, visto che la prima colazione è compresa, il prezzo per una doppia (da 16 a 20 Rps) è buono. Il Modern Lodge appena dietro l’angolo costa meno ma è spento.Benares – Un bungalow dell’ente del turismo vicino alla stazione dell’ex accantonamento militare costa 8 rupie per una doppia, ma la stazione è piuttosto lontana dal centro. A 10 rupie per una doppia con bagno privato (!) l’hotel KMM è una buona scelta ed è centrale. Meno costoso è il Sri Vienkatswar; l’alloggio che costa meno a Benares è una houseboat sul Gange.Delhi – New Delhi non è un buon posto per trovare da dormire: ci sono molti privati che affi ttano camere a prezzi esorbitanti nel lato sud di Connaught Place, da 8 a 10 Rps per un letto in camerata. L’uffi cio turistico sul JanPath può fornirvi un elenco e anche l’ambasciata britannica ha un archivio con gli indirizzi dei pernottamenti più economici. Gli hotel che si trovano sul lato nord di Connaught Place hanno di gran lunga un miglior rapporto qualità-prezzo. Nei pressi della stazione ferroviaria di Old Delhi si trovano diversi hotel economici, soprattutto su Chandi Chowk.Agra – Un bungalow turistico oppure provate l’hotel Kailash vicino alla stazione dell’accantonamento militare o il Taj Cafe al Taj Mahal.Goa – Cottage turistici a Colva Beach o diversi posti intorno all’uffi cio postale.

PASTI: Il cibo può essere deprimente e l’India è, tra i paesi che attraverserete, quello dove certamente perderete peso. Bisogna stare attenti al cibo che si compra alle bancarelle e nei ristorantini perché possono essere posti poco puliti. Uffi cialmente gli hindu sono vegetariani, ma in effetti non sono molto rigorosi su questo e dopo aver visto le mosche sui tagli di carne di una macelleria capirete il fascino del vegetarianesimo. La cucina propone ovunque curry accompagnato da pane non lievitato (chappati) e zuppa di fagioli o lenticchie (dahl). I dolci e le torte costano poco e sono buoni. I dessert sono serviti con uno strato sottile di vero argento che si può mangiare.

Nell’India del nord provate i piatti tandoori, cotti nei tradizionali forni d’argilla, andate al Mahoti Mahal di Delhi. La caffetteria indiana sul lato sud di Connaught Place è buona ed è il posto in cui passano tutti i freak a Delhi. A Benares, il Mandarin, dall’altro lato della strada rispetto alla stazione ferroviaria, e il ristorante della stazione sono buoni. L’igiene dei ristoranti delle stazioni è lievemente migliore di quella degli altri locali, anche se costano un po’ di più. Il cibo non è molto più buono ma almeno il vostro stomaco lo

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digerirà! Ricordiamo una fantastica prima colazione alla stazione di Raxaul: arrivammo in tarda mattinata e scoprimmo che erano rimasti solo toast. E toast fu. Eravamo in dodici (tutti incontrati sul treno) e divorammo piatti su piatti di toast. Ognuno sembrava essere l’ultimo e ogni volta spariva nel giro di un secondo.

MONETA: 10,6 rupie indiane = A$1. Al mercato nero sono anche 16 le rupie per ogni dollaro: Delhi ha il tasso migliore. Sono stati fatti dei tentativi per reprimere il mercato nero e ogni cosa oggi deve avere un documento che provi il cambio di valuta o deve essere pagato in moneta forte. Ci hanno detto che questo include anche i conti dell’albergo. I ladri di travellers’ cheques sono una piaga comune a Delhi, sia del genere afferra la borsa e corri sia il borsaiolo manolesta; lo scherzetto preferito è dare 1 rupia come fossero 10. Non cambiate mai soldi per la strada.

CLIMA: La stagione dei monsoni fi nisce all’inizio di ottobre a occidente e un po’ più tardi a est. Per i successivi due mesi il tempo è estremamente piacevole; in dicembre e gennaio a nord può fare parecchio freddo. In aprile-maggio il clima diventa assai poco piacevole, soprattutto in pianura; durante questo periodo le località migliori sono le hill station in montagna e il Kashmir. Da luglio a settembre pregherete per un po’ di pioggia.

CHE COSA COMPRARE: Stranamente sapevamo già che le nostre aspettative sui prodotti indiani sarebbero state deluse. Gli abiti indiani, come la cucina, sembrano più belli in Occidente. Se riuscite a trovare dei begli abiti, questi saranno davvero molto economici. Gli oggetti in stagno sono belli ma diffi cili da trasportare, e i sandali in cuoio sono poco costosi, ma lo sono ancora di più in Afghanistan. Naturalmente avrete il desiderio di comprare seta e sari a Benares, che è anche il posto per acquistare un sitar a poco. Le miniature dipinte sono piacevoli oggetti ricordo, ma quelle erotiche sono estremamente ‘non erotiche’. Nel Kashmir, i sarti vengono fi n nella vostra houseboat per prendere le misure e cucirvi abiti su misura molto economici. A New Delhi esistono negozi gestiti dallo stato nei pressi di Connaught Place che hanno una gran varietà di merci, ma i prezzi per gli stessi tipi di oggetti sono più bassi in Old Delhi. Ci sono mucchi di gioielli, sculture d’avorio, pipe ad acqua, chillum e altro bric à brac.

VISTI: Attualmente non sono richiesti ai cittadini del Commonwealth, anche se ci sono voci allarmanti che dicono possano venire introdotti in futuro. Gli americani ne hanno assolutamente bisogno e possono aspettarsi un po’ di problemi prima di riuscire a ottenerli.

LINGUA: Ci sono attualmente diverse centinaia di lingue in India, ma il 95% della popolazione parla una delle 14 lingue principali e quasi il 50% parla hindi. L’inglese è ancora la lingua nazionale uffi ciale, ma quando non ci saranno più pregiudizi nei confronti dell’hindi, quest’ultima diventerà probabilmente la lingua uffi ciale.

tè chai per favore meharbani semangiare khao grazie dhaniavad o shukriaquanto costa? kiitnan? arrivederci namaste

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quando? kab? sì jiidove? kahan? autobus basbuono acha treno gharrilevati di torno! jow stazione isteshan

uno ek sei chaidue doo sette saattre tiin otto aathquattro char nove naucinque pauch dieci das

il lakh è un’unità di misura molto diffusa – pari a 100.000.

A Delhi una sera andammo fuori a cena con un amico indiano che era tornato da Londra appena una settimana prima, dopo cinque anni. Il giorno successivo ci contattò per scusarsi profusamente sulla qualità del cibo. ‘Perché?’, gli chiedemmo. ‘Ma come, voi non state male?’, replicò. Noi stavamo entrambi bene, quindi immagino che il nostro stomaco si fosse nel frattempo assuefatto a cose che il corpo di Ashok, abituato al regime alimentare occidentale, non poteva ancora tollerare!

La nostra vita a Delhi è stata veramente all’insegna del lusso sfrenato, infatti stavamo a casa di un amico di famiglia, ben rifornita di ciò che era usuale ai tempi del Raj: la servitù. Ne eravamo assolutamente intimiditi. Una sera il nostro ospite era fuori e quindi cenammo da soli. Dopo cena il maggiordomo ci portò il caffè in salotto, noi prendemmo la nostra tazzina dal vassoio che ci veniva porto e la panna e lo zucchero furono riportate immediatamente in cucina lasciando solo il caffè nero. Solo il mattino dopo capimmo che avremmo dovuto aggiungerli prima di prendere la tazzina dal vassoio.

Per passare la serata in India, andate al cinema. Teoricamente sarebbe meglio avere un interprete, ma anche senza i fi lm si capiscono abbastanza bene. I fi lm indiani sono spettacolari ed esagerati, con un pizzico di violenza, di risate, di canzoni, di mistero e di romanticismo, ma assolutamente NO sesso. Tutti gli elementi sono mescolati e presenti abbondantemente in ogni fi lm, che tende quindi a essere piuttosto lungo. In un paese dove la morte per fame è davvero dietro a ogni angolo, non c’è gloria alcuna ad essere magro, quindi un manifesto di un fi lm indiano sembra la metà ‘prima della cura’ della pubblicità di una dieta. I fi lm sono irritantemente divertenti per un occidentale cinefi lo raffi nato. In una pellicola uscita nel 1972, oltre a tutti gli altri elementi soliti si notava un forte richiamo a donare sangue. Praticamente ogni personaggio nel fi lm a un certo punto della vicenda aveva bisogno di un paio di pinte di liquido rosso; un leggero svenimento e l’eroina si precipitava a ricevere una trasfusione.

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PAKISTANPAKISTANEssendo stato fi no al 1948 parte dell’India, il Pakistan è visto spesso come una versione meno interessante di quel paese, da attraversare il più in fretta possibile. In realtà ha molte cose interessanti da vedere – una di queste è Lahore, la seconda città per dimensioni e un tempo la capitale dell’impero dei Moghul. La moschea Badshahi di Lahore, costruita da Aurangzeb, era la punta di diamante dell’architettura moghul. A Lahore c’è uno dei forti moghul meglio preservati e i vasti giardini Shalimar fatti progettare dallo scià Jahan. Un ricordo dell’impero è il cannone Zamzama, descritto da Kipling in Kim. Si trova sul Mall, accanto agli uffi ci governativi dove i viaggiatori diretti a est devono chiedere il permesso a proseguire il loro viaggio overland verso l’India.

La capitale del Pakistan è Islamabad che, come Canberra, Washington D.C. e Brasilia è una capitale ‘costruita’. Fino al completamento dei lavori la capitale era ospitata nella vicina Rawalpindi – una comoda tappa obbligata sulla strada per Peshawar. Peshawar è la città dei pathan, la fi era tribù che un tempo assaliva i viaggiatori al passo Khyber. Oggi sono l’attrazione numero uno di Peshawar; se ne vanno in giro con le loro carabine vecchio stile, con la cintura con le munizioni. Oggi il passo è un luogo pacifi co, anche se ai passeggeri sull’autobus viene chiesto di pagare una specie di ‘road tax’, che romanticamente penso vada a placare le tribù pathan. Landi Kotal, vicino al confi ne, è un centro dove si smistano i beni portati illegalmente qui dall’Afghanistan – soprattutto le batterie per le radio a transistor.

Nella parte settentrionale del paese si trova la porzione del Kashmir controllata dai pakistani e alcune delle più spettacolari cime himalayane. Il vallone di Swat è una delle aree più belle del Kashmir, mentre poco più a nord si trova Gilgit, circondato dalle montagne e raggiunto dal volo più terrifi cante che possiate immaginare.

Pochi overlander si spingono nel sud del Pakistan, caldo e secco in estate, perché signifi ca rinunciare ai posti più interessanti dell’Afghanistan. Il percorso alternativo meridionale per l’Iran vi porterà a Quetta, di sicuro non la più affascinante tra le città. Si trova infatti in una zona sismica che fu spazzata via da un terremoto nel 1935. Karachi si trova sulla costa, porto principale del Pakistan, è uno scalo per le navi che fanno servizio con l’Africa o il Golfo Persico. Capitale dalla separazione dall’India fi nché subentrò Rawalpindi nel 1960, Karachi è il centro economico e industriale del paese.

STORIA: Fino al 1948 la storia del Pakistan fu parte di quella dell’India e da quel momento in poi è stata bloccata dalla sua opposizione all’India. Il motivo del confl itto tra i due paesi è sempre stato il Kashmir, il quale non è solo a maggioranza musulmana, e questa è la base su cui era fondata l’idea di appartenenza, ma è anche collegato geografi camente al Pakistan e non all’India. Inoltre, possiede risorse naturali che sarebbero di grande utilità al Pakistan ma sono superfl ue e inaccessibili all’India. Se fosse stato indetto il referendum promesso al momento della divisione l’esito sarebbe stato facilmente prevedibile.

La posizione del Pakistan come nazione un tempo divisa in due, ha causato non pochi problemi. Il Pakistan occidentale era il centro della vita politica mentre quello orientale aveva la maggioranza della popolazione, compressa in un territorio più piccolo, gran parte del quale vittima di periodiche inondazioni,

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e forniva una fetta di introiti stranieri superiore a quella che le sarebbe toccata in proporzione. La sensazione di essere trascurato, enfatizzata dalla vergognosa mancanza di sostegno da parte del Pakistan occidentale dopo la disastrosa inondazione provocata da un ciclone, spinse la popolazione del Pakistan orientale alla rivolta e ha portato alla proclamazione di indipendenza del Bangladesh. Il Pakistan non si è ancora fatto una ragione della perdita della sua metà orientale.

TRASPORTI: Dal confi ne indiano a Lahore l’autobus dovrebbe costare meno di una rupia. Se prendete un minibus o un taxi il prezzo dipende dalla vostra abilità nella contrattazione, che potrebbe anche non essere al massimo dopo una giornata spesa in inutili pratiche doganali.

Il treno che collega Lahore con Peshawar dovrebbe impiegare dodici ore, ma di questi tempi non dovreste sorprendervi se il viaggio in realtà durasse molto di più. Costa circa 14 rupie ma c’è uno sconto studenti. Costa veramente poco di più fermarsi a Rawalpindi e il tempo totale di viaggio è perfi no inferiore, perché il treno diretto sembra cambiare binario e si ferma per diverse ore in stazione. Una corsa in autobus per Peshawar costa un po’ di più di un biglietto ferroviario di terza classe. Potete prendere un ‘Magic Bus’ da Lahore diretto a Kabul – informatevi nei locali freak.

Gli autobus statali del Pakistan e quelli postali afghani da Peshawar a Kabul sono una soluzione ragionevole e non sono così affollati – paragonati al servizio di autobus in Afghanistan sono assolutamente stupendi! Costano poco più di un dollaro per un viaggio che dura tutto un giorno. Se è troppo lungo o volete fare qualcosa di diverso dagli altri prendete un autobus locale per Landi Kotal, un taxi fi no al confi ne e poi un altro autobus locale per Jalalabad in Afghanistan. Non dura di più perché tra Peshawar e Kabul si impiega la maggior parte del tempo al confi ne e negli uffi ci della dogana – non immaginereste mai quante cose possono portare quei taxi fi no al passo Khyber (e oltre)!

Se si sceglie l’itinerario meridionale per l’Iran, il primo passo sarà un viaggio in treno di 24 ore da Lahore a Quetta. Il costo è di circa 30 rupie, ma ci sono sconti per studenti. A Quetta si può arrivare anche da Kandahar,

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in Afghanistan, o con un treno notturno da Karachi. Se volete evitare l’Afghanistan, ad esempio in situazioni poco piacevoli come l’epidemia di colera che si verifi cò qualche anno fa, questo è il percorso che dovete scegliere. Da Quetta esiste un treno che una volta la settimana va a Zahedan, in Iran. Da Zahedan a Teheran ci sono servizi di autobus e anche dalla capitale ne esiste probabilmente uno per Mashed e per Shiraz.

PERNOTTAMENTO: Come in India, c’è una gran varietà di alberghi diurni nelle stazioni e di pensioni gestite dallo stato. Gli ostelli della gioventù nelle aree turistiche in genere sono più cari dei piccoli hotel. A Lahore provate il YMCA vicino al punto estremo del Mall. Dovrebbe costare 4 rupie per persona ma più riuscite a stare in una camera e meno costa: noi eravamo cinque e abbiamo pagato 2,50 rupie a testa, punto e basta. Nella zona della stazione ci sono molti hotel economici. A Peshawar, la guesthouse Rainbow, l’hotel Khyber e il Green costano tutti poco e ne parlano bene.

PASTI: come in India.MONETA: 14 rupie pakistane = A$1. Un tempo c’era un mercato nero in

Pakistan, ma oggi il tasso di cambio uffi ciale sembra essere allineato a quello del mercato dei cambi. All’arrivo dovete compilare una dichiarazione della valuta che portate con voi, chiaramente per evitare che vi serviate di uffi ci di cambio non uffi ciali. Come sempre la soluzione è dichiarare meno. C’è un limite minimo di disponibilità fi nanziaria, sotto il quale vi possono negare l’entrata, quindi assicuratevi di dichiarare quanto basta.

VISTI: non richiesti.CLIMA: Il clima in Pakistan è estremo in entrambi i sensi: caldissimo in

estate e freddo in inverno, umido durante i monsoni. Da metà aprile a metà luglio può fare davvero caldo, soprattutto nelle pianure meridionali; quindi non prendete in considerazione l’itinerario a sud in estate. La stagione dei monsoni va da metà luglio a metà settembre, ma non è così esagerata come in India o nel Sud-est asiatico. Le zone di pianura sono molto secche. Dicembre, gennaio e febbraio possono essere freddi, soprattutto nelle zone montane settentrionali.

CHE COSA COMPRARE: I tappeti pakistani sono di buona qualità, anche se manca il fascino del ‘nome’ che altri paesi possono offrire. Se vi serve una nuova mazza da cricket, il Pakistan è il posto giusto.

LINGUA: Come in India l’inglese è la lingua uffi ciale e potete parlarlo praticamente ovunque. Anche qui c’è una gran quantità di lingue locali di cui il punjabi è probabilmente il più parlato, anche se l’urdu è più utile e infatti le parole che elenchiamo qui sono in quella lingua. Si parla l’urdu anche in alcune aree dell’India del Nord. Vicino al confi ne con l’Afghanistan si parla pashtu. Trovate alcune parole in pashtu nel paragrafo sull’Afghanistan.

tè chai quanto costa? kytnaacqua pani costoso mahngapane roti dove? kehanautobus motor quello vohsì han grazie teshikoor

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no nahin salve salaamuno ek sei chedue do sette sattre tin otto athquattro char nove havcinque panch dieci das

Camminando vicino alla moschea Badshahi a Lahore una sera abbiamo incontrato un gruppo di giovani pakistani che stavano studiando. Il Corano? No, il prontuario Pitman per stenografare in inglese. Per l’ora seguente abbiamo dettato lentamente: ‘further to your letter of the 7th inst’ (facendo seguito alla Sua lettera del 7 ultimo scorso…) perché si esercitassero in vista degli imminenti esami!

AFGHANISTANAFGHANISTANUn paese meraviglioso e pazzesco – vaste aree desertiche disabitate, vecchie città immerse nella storia e gli orgogliosi e nobili afghani, la cosa più affascinante di tutte. In quale altro modo li potreste descrivere? Chiaramente pensano che nessuna ricchezza materiale potrà mai supplire alla sfortuna di non essere nati nel loro bel paese. E anche un paese in cui occorre molta cautela, perché il banditismo scorre ancora in molte vene.

Sull’autobus, potreste anche non fermarvi nella prima città oltre confi ne, Jalalabad. Kabul, la capitale, è diventata un trappola per turisti per le belle cose in vendita. Pensatela come un posto dove passeggiare, chiacchierare e riposarsi – i parchi a occidente sono una meta perfetta per una gita in giornata.

La valle di Bamyan dista circa 250 chilometri ed è un altro dei grandi monumenti buddhisti che attesta la forte presenza di questa cultura nella zona. A dispetto dei danni infl itti dal clima, dai conquistatori e dalle religioni ostili, due enormi Buddha in piedi dominano la valle. Il più grande è alto 60 metri e fu costruito tra il IV e il VII secolo d.C. Venite a vederli all’alba, osservandoli prima dall’altra parte della valle. Più a occidente si trovano i bei laghi di Band-i-Amir. Dovrete accamparvi lì e, vista l’altitudine, di sera farà piuttosto freddo.

Ritornate sulla strada principale e proseguite verso nord, verso Mazar-i-Sharif. Passerete attraverso il possente Hindu Kush, o Koh-i-Baba, ovvero il padre delle montagne. A Mazar si trova la Moschea Blu che si dice sia la tomba del califfo Ali ed è un luogo sacro ai musulmani sciiti. Come in molti paesi islamici, l’Afghanistan è prevalentemente sunnita. Vicino a Mazar si trovano le rovine di Balkh, che per due secoli fu abitata da greci che avevano seguito Alessandro Magno nella sua spedizione verso oriente.

A sud di Kabul, sulla strada che si percorre normalmente per attraversare il paese, si passa per Ghazni, un tempo il centro di un impero, ora una cittadina sporca e malandata. Le rovine che si vedono qui e là ne ricordano il passato splendore. Kandahar, che ospita la ‘Moschea della Sacra Tunica’, si trova 500 chilometri a sud di Kabul. Kandahar è al centro del progetto che riguarda il fi ume Helmand, che dovrebbe irrigare nuovamente gran parte di questa

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regione e invertire il processo di desertifi cazione in atto sin da quando Gengis Khan distrusse il sistema di irrigazione sotterraneo Karez. Fuori città, a Chilil Zina, quaranta gradini scavati sul fi anco di una collina conducono a una camera dove è conservata un’iscrizione a memoria delle conquiste di Babur, fondatore dell’impero Moghul, e offrono la vista sulla campagna circostante.

Da Kandahar girate verso nord e dopo 500 chilometri attraverso il Dasht-i-Dargo, il deserto della morte, arriverete a Herat. Per qualche ragione tutti amano Herat, una città piccola, provinciale, relativamente verde, è un posto piacevole per fermarsi a oziare un po’. La Masjid-i-Jami, la moschea del venerdì, è stata distrutta molte volte, tra l’altro anche dal buon vecchio Gengis; la struttura attuale risale al XIII secolo. Herat possiede anche una cittadella e miglia di bazar all’aperto. Ai limiti della cittadina quattro minareti spezzati sorgono nel luogo dove un tempo sorgeva una grande moschea e un grande minareto ancora più danneggiato segna il sito di una antica madrassa, una scuola di teologia. Nel piccolo parco nei pressi si trova la tomba a forma di alveare di un grande poeta e fi losofo afghano, mentre l’architetto che l’ha costruita riposa nella tomba a forma di cane proprio di fronte.

STORIA: La storia dell’Afghanistan come paese a se stante non ha più di duecento anni, ma in passato il paese è stato parte, o addirittura il centro, di grandi imperi. Come succede in tutti i paesi dell’Oriente, l’ascesa e il declino politico sono sempre stati inestricabilmente legati all’ascesa e al declino delle religioni. Fu in Afghanistan che nacque lo zoroastrismo nel VI secolo a.C. e fu sempre in Afghanistan che Alessandro Magno fondò la città di Bactria, un nome che poi identifi cò tutta la regione.

Nel IV e V secolo d.C. il buddhismo si diffuse in Afghanistan proveniente dall’India, ed ebbe il suo centro nella valle di Bamyan, dove rimase fortemente radicato fi no al X secolo. L’espansione verso est dell’islam raggiunse l’Afghanistan nel VII secolo e l’intero paese è oggi di fede musulmana. Dall’Afghanistan Mahmud di Ghazni compì ripetute incursioni nelle ricche pianure indiane durante tutto l’XI secolo, ma nei secoli successivi il paese fu preda di invasori stranieri.

Tra il 1220 e il 1223 Gengis Khan mise a ferro e fuoco l’Afghanistan, distruggendo tutto. Balkh, Herat, Ghazni e Bamiyan furono ridotte in macerie e il paese non si riprese mai più pienamente dal danno operato ai suoi sistemi di irrigazione. Nel 1398 anche Tamerlano condusse le sue truppe in Afghanistan ma nessun conquistatore eguagliò mai più la ferocia di Gengis e il suo nome è ancora oggi pronunciato con sacro terrore.

L’ascesa del grande impero dei Moghul in India riportò di nuovo l’Afghanistan al centro del potere. Nel 1512 l’imperatore Babur fi ssò la sua capitale a Kabul, ma quando i Moghul dispiegarono tutta la loro potenza in India, l’Afghanistan divenne la periferia dell’impero. Nel 1747, mentre gli europei diventavano una minaccia per il declinante impero moghul, l’Afghanistan divenne un regno indipendente. Il XIX secolo fu un secolo di confronto con l’impero britannico che temeva gli effetti sulla loro grande colonia indiana dei vicini indomabili (come gli afghani e i birmani). Oltretutto erano preoccupati dell’infl uenza che avrebbe potuto avere la Russia su questa parte del mondo. Il risultato fu una serie di guerre preventive zelantemente provocate, che però non ebbero il risultato sperato, negli anni 1839-42 e 1878-80.

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Nonostante i britannici e i russi avessero fi rmato un trattato, nel 1919 gli inglesi tornarono di nuovo alla carica – e dire che i britannici hanno fama di essere persone ragionevoli! Naturalmente l’infl uenza dei russi si sente ancora oggi, ma ormai sono gli americani a preoccuparsene.

La società afghana è ancora fortemente tribale e le relazioni con il Pakistan sono spesso spigolose a causa delle rivendicazioni afghane sui pathan che vivono lì. Fino a metà del 1973 il paese era governato autocraticamente da un re di etnia pathan, la cui etnia controllava il governo e il Khyber Pass. Uno studente afghano mi ha indicato l’ampia strada che scorre di fronte al palazzo prima di perdersi in un sentiero chiamandola ‘la scappatoia del re’. Non ha mai dovuto utilizzarla perché la rivolta militare è avvenuta mentre era in Europa!

TRASPORTI: Non esistono ferrovie in Afghanistan, così il viaggio è tutto ‘on the road’, a meno che non siate ricchi e possiate volare. L’Afghanistan è uno di quei paesi ‘non allineati’, un angolo del mondo che entrambi gli schieramenti vogliono portare dalla loro parte – il risultato fi nale è una piacevole strada costruita grazie ai fi nanziamenti russi e americani a metà degli anni ’60. Collega Kabul con Kandahar e Herat e oltre fi no in Iran; una buona strada si dirige anche a nord, a Mazar-i-Sharif. Le strade sono praticamente deserte e quasi noiose – tra una città e l’altra non c’è molto da vedere tranne ampi spazi vuoti e a volte gruppi di nomadi con i loro cammelli. Gli abiti tradizionali dei nomadi hanno colori vivaci, le donne sono molto diverse dalle altre afghane che in genere sono coperte dalla testa ai piedi.

Le strade sono a pagamento, ma se vi immaginate caselli automatici dove buttare le monetine sarete delusi, in genere infatti il casello è segnalato da un soldato mezzo addormentato che fa la guardia a una sbarra posta di traverso sulla strada. Dopo aver parcheggiato, in un capanno troverete un bigliettaio altrettanto addormentato. Svegliatelo e vi scriverà a mano il biglietto – ed è probabile che valga la pena di contrattare sul prezzo!

Kabul/Kandahar e Kandahar/Herat sono tragitti che durano una giornata intera, quindi se dovete andare con l’autobus svegliatevi presto e rivendicate con forza il posto che avete pagato. Gli afghani sono capaci di rimanere per dodici ore accucciati sul tetto o attaccati al retro. Da Kabul a Herat dovrebbero bastare US$3; teoricamente non potete fare tutto il percorso senza tappe, quindi dovrete fermarvi a Kandahar.

Andare fi no a Bamyan non è il tragitto più semplice. L’uffi cio del turismo afghano organizza un autobus ma è costoso – con lo stesso prezzo potreste quasi prendere un volo. La corsa in un autobus normale costa poco, ma parte alle 2 di notte e impiega oltre dodici ore. Il modo migliore per arrivarci è probabilmente prendere parte a un tour in minibus, pubblicizzati nei ritrovi freak. Oppure aggregarvi a un gruppo che ha noleggiato delle Land Rover – non andate da soli, a meno che anche voi non guidiate una jeep.

Se vi sentite avventurosi potete sempre tentare il percorso settentrionale che passa da Mazar-i-Sharif, da lì a Herat basta seguire le indicazioni. C’è un servizio di autobus, ma se pensate di farlo con un vostro mezzo fate che sia uno affi dabile. Noi abbiamo lasciato Herat sulla strada meridionale nello stesso momento in cui un gruppo in Land Rover e Microbus volkswagen stava andando a nord. Li abbiamo ritrovati a Kabul ma avevano percorso gli ultimi 300 chilometri con il VW a rimorchio e percorrendo non più di 70 chilometri

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al giorno. Il percorso centrale da Kabul a Herat è adatto solo alle carovane di cammelli e richiede sei settimane di cammino.

L’ultimo tratto da Herat al confi ne iraniano a Islam Q’Ala è un viaggio in autobus di tre ore e costa 30 Afs. Se state uscendo dal paese facendo la via pakistana verso l’Iran potrete andare da Kandahar al confi ne pakistano su un camion pagando circa 20 Afs.

PERNOTTAMENTO: Trovare un albergo in Afghanistan è facile; l’affl usso degli overlander ha reso necessaria la costruzione di hotel poco costosi.

Kabul – Il nostro preferito è il Mustafa, nuovo e costruito intorno a un cortile centrale, più un pensionato studentesco che un hotel. Per gli standard afghani è un po’ costoso, a 60 Afs per una doppia. Altri hotel sono l’Olfat, il Noor, il Bamian o il Super Bezhad. Come al solito i bambini vi aspetteranno alla fermata dell’autobus per trascinarvi al loro hotel; i meno costosi potrebbero chiedere solo 20 Afs per una doppia.

Kandahar – Il Peace Hotel è la moda del momento e offre pasti decenti; altri sono il Kandahar o il Khyber.

Herat – Il Pardees, il Jami o il Kair sono tutti civili; il cibo migliore (non ho detto ‘buono’…) si trova al Bezahd o al Super Bezahd.

Camping – In Afghanistan potete piantare la vostra tenda nei giardini degli hotel, è comodo e costa poco, probabilmente non più di 10 Afs. A Kabul molti hotel, compreso il Noor, hanno bei giardini e, se volete andare fuori città, potete accamparvi alla diga. A Kandahar, tra tutti gli hotel con giardino quello dello Spoz Mhay è particolarmente carino: tè sulla veranda e bagni pazzeschi. A Herat il Niagara era il preferito tra gli hotel con camping.

PASTI: L’Afghanistan è uno di quei posti dove il cibo quasi certamente avrà la meglio su di voi. Noi andammo a dormire la nostra ultima notte in Afghanistan congratulandoci con noi stessi per aver evitato i problemi di salute, solo per svegliarci la mattina dopo stando male da cani. Ed era stato l’ultimo pasto a distruggerci! Il viaggio in autobus su per il Khyber Pass non è raccomandabile a chi ha lo stomaco in disordine.

Le delizie culinarie non sono una delle specialità per cui l’Afghanistan è noto, ma Kabul ha un certo numero di posti interessanti. Tra questi il numero uno è il famoso ristorante Khyber. Si trova dietro la porta accanto all’uffi cio della dogana sulla piazza principale ed è gestito dallo stato, che probabilmente ci guadagna un mucchio di soldi. Un buon pasto per due persone costa comunque meno di A$1,50. Andateci anche solo per provare la loro celebre torta di mele, non perché sia qualcosa di speciale, ma solo per la stranezza di mangiare una torta di mele in Afghanistan!

Il ristorante Sigi costa meno e ha molta più personalità, una musica terribile, un tè alla menta veramente delizioso che viene dato gratuitamente e una gigantesca scacchiera nel cortile centrale, per i Bobby Fisher in trasferta. Anche se non venite per mangiare, è un’occasione per incontrare qualcuno e sedersi a chiacchierare. Anche il ristorante Helal è buono e poco costoso.

Con il resto del cibo afghano state molto attenti. Non mangiate frutta senza averla prima lavata e poi pelatela. La frutta qui può essere deliziosa, soprattutto i meloni. L’igiene dei fornai afghani non è proprio quella che potreste desiderare, ma molti di loro possono fornirvi qualche extra, come i

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dolcetti all’hashish; provate Your Bakery a Kandahar. Il tè afghano è sempre delizioso e la coca-cola locale è buona e costa poco. L’Afghanistan sarà il primo posto in cui vedrete le terribili insegne della Coca-Cola in arabo – capirete cosa dicono comunque!

Osservate come fanno il pane (naan), un’esperienza da non perdere. Compratelo direttamente dal fornaio, se arrivate presto sarà ancora caldo, appena uscito dal forno. Il panifi cio avrà cinque o sei uomini, ognuno con un compito preciso. Il forno è un buco circolare nel pavimento, più stretto in uscita che alla base. Il pane, come una frittella piatta lunga circa mezzo metro, è appiccicata a un lato del forno. Quando è pronta si tira fuori e si impila sulla strada di fronte al negozio. Se sono particolarmente attenti all’igiene ci sarà un tappeto tra il primo strato di pane e la strada. Qualche pezzetto di carbone fi nito nel pane ne attesta tutta la genuinità. Costo: un paio di Afs.

MONETA: circa 100 Afs = A$1. Non esiste mercato nero, ma se andate a est Kabul è il posto giusto per le valute che vi serviranno più avanti, sia negli uffi ci di cambio sia direttamente in banca. Il cambio non è più favorevole di quello che otterrete al mercato nero quando arrivate in quei paesi, ma avrete bisogno di contanti ben prima di raggiungere le principali città. Cambiare la valuta in Afghanistan è un ‘viaggio’ di per sé. Prima di cambiare i vostri travellers’ cheque devono confrontarli con i modelli in loro possesso e siccome sono spesso vecchi di anni, talvolta vi vedrete restituire i vostri cheque come falsi. Per questo motivo potrete trovare più semplice cambiare i contanti, anche se nelle banche può essere una considerevole perdita di tempo; si trova sempre però per strada qualcuno che vi cambia i soldi allo stesso tasso che vi farebbe la banca in metà del tempo.

VISTI: I visti sono gratuiti e validi per un mese; richiedono 3 o 4 foto a seconda del posto in cui li fate. Non esistono ambasciate afghane in Australia.

CLIMA: Molto caldo in estate (giugno, luglio e agosto) e molto freddo in inverno (gennaio, febbraio e marzo). Non dimenticate che Kabul si trova a grande altitudine (oltre 2000 metri) e durante l’inverno potete trovare la neve. Arrivare a Kabul dalle calde pianure indiane o pakistane può essere uno choc.

CHE COSA COMPRARE: L’Afghanistan, tra tutti quelli che attraverserete, è uno dei luoghi migliori per comprare prodotti artigianali, soprattutto vestiti. I ricami degli afghani sono imbattibili, ma controllate la qualità. Potete comprare dei tagli di stoffa ricamata che si possano trasformare in seguito in camicie o vestiti. A Kabul si trova tutto l’immaginabile, ma i prezzi sono più bassi in altre città. I vestiti ricamati sono migliori a Kandahar e si dice che per i famosi cappotti afghani si debba andare a Ghazni. I sandali sono robusti e costano poco e, se non avete scrupoli animalisti, potrete comprare anche pellicce a un prezzo incredibilmente basso. Ad Herat potete farvi fare un completo giacca e pantaloni, in colori brillanti invece del grigio-bianco che usano gli uomini afghani, e con i pantaloni tagliati all’occidentale. Costano tra i 150 e i 200 Afs e tengono caldo. Un tedesco alto e simpatico si era fatto fare un completo tutto rosso e in hotel lo ha indossato per farcelo ammirare. Tutti gli afghani che bighellonavano lì vicino si sono piegati in due dalle risate fi nché uno ci ha detto che nessun ‘uomo’ si sarebbe mai vestito di rosso!

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Se vi piacciono i gioielli, l’Afghanistan è celebre per i lapislazzuli. C’è anche un mucchio di paccottiglia antica, tra cui fucili dall’aspetto particolarmente vetusto, probabilmente fatti ieri. L’erba, naturalmente, è il prodotto che va per la maggiore in Afghanistan; fi no a quando ne comprate piccole quantità è estremamente diffi cile che incorriate nei rigori della legge. Fatevi l’ultimo tiro prima di avvicinarvi al confi ne iraniano.

LINGUA: L’Afghanistan ha due lingue principali, un dialetto persiano molto simile al farsi parlato in Iran e il pashtu, che è la lingua usata anche nelle regioni pathan del Pakistan. Il persiano è la lingua uffi ciale del governo e dell’amministrazione ma nell’Afghanistan orientale la lingua più parlata dalla gente è il pashtu. Le seguenti parole sono in pashtu:

pane naan sì ?tè tshai no yahashish charees quanto costa? tsumra?marijuana ganja costoso ddeercamera khuma dove? tsheeri?acqua oobe quando? kayla?

e la parola più importante in Afghanistan, straniero – farangi.Vale la pena di spendere dieci minuti a imparare i numeri arabi, o non

sarete neppure in grado di capire il valore delle monetine che avete in tasca in Afghanistan e in Iran.

uno yaw sei shpazz

due dwa sette uwe

tre dree otto ate

quattro tsar nove ne

cinque pindze dieci las

Arrivammo al confi ne afghano a Islam Q’ala e non c’era traccia alcuna di una qualche autorità. Alla fi ne trovammo un gruppo di americani piuttosto ‘fatti’ seduti sul pavimento in uno degli edifi ci. ‘Dove sono andati tutti?’, ovvia la risposta: ‘Fuori a pranzo’. ‘Da quanto tempo siete qui?’, ‘Circa sei ore’. ‘Accidenti! Che cosa avete fatto tutto questo tempo?’. ‘Abbiamo fumato con quelli della dogana’. Ovviamente.

IRANIRANUn altro paese intermedio. I viaggiatori lo attraversano per andare da qualche altra parte e, nella maggior parte dei casi, a malapena fanno una sosta per osservare quello che offre. Benché gran parte del paese sia primitivo esattamente come il resto dell’Oriente, in Iran si respira un’inequivocabile aria di progresso. Le decisioni politiche dello scià potranno essere discutibili,

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ma con la sua ‘rivoluzione bianca’ sta inesorabilmente spingendo il paese in avanti.

Mashed, la prima città che trovate, è la città sacra dei musulmani sciiti. Gli sciiti venerano Ali, il genero di Maometto, allo stesso modo del profeta. L’imam Reza, discendente di Ali, ha un santuario impressionante a Mashed, che è considerato secondo soltanto a quello della Mecca per importanza e quindi la sostituisce degnamente come meta di pellegrinaggio. Sfortunatamente, scoprirete che a Mashed la vostra presenza, in quanto infedele, non sarà gradita. La colpa è in parte del governo, che ha promosso la città come meta turistica, riuscendo solo a rendere più intransigenti i fanatici ortodossi. Quindi, nonostante i dépliant che decantano le bellezze del santuario, tutto quello che riuscirete a vedere è la cupola e la punta dei minareti dorati – a meno che non vi travestiate da musulmani. Ogni tentativo di sbirciare nel cortile o attraverso il bazar verrà bloccato con fermezza.

Teheran è una capitale incongrua, occidentalizzata, polverosa, assetata – con alcuni dei peggiori automobilisti del mondo scatenati sulle strade. Piena di auto europee e anche di supermercati che vendono ogni marca di prodotti occidentali – basta pagare. Non c’è molto di interessante, a parte la Melli Bank e alcune nuove moschee. Un tempo, i gioielli della corona persiana custoditi alla Melli Bank servivano come garanzia per la sua valuta; forse ancora lo fanno. Tra tutti i tesori conservati, tra cui varie corone e perfi no un mappamondo tempestato di pietre, spicca il Trono del Pavone, portato sin qui dall’India da Nadir Shah.

A un giorno di distanza da Teheran, in direzione sud, si trova Isfahan, la più bella città dell’Iran e sicuramente una delle più belle del mondo. Durante l’epoca safavide, nel XVI e XVII secolo, Isfahan, allora la capitale, era l’orgoglio del paese e attualmente c’è un grande impegno per restaurarla. Il centro cittadino è la vasta piazza detta Maidan-e-Naash-e-Jahan, seconda per dimensioni soltanto alla Piazza Rossa di Mosca. Molti dei begli edifi ci sulla piazza furono commissionati dallo scià Abbas il Grande e tra questi anche la Moschea del Re, la Masjid-e-Shah. Considerato il più perfetto degli edifi ci dell’era safavide, è ricoperto esternamente e internamente dalle tipiche piastrelle blu di Isfahan e ha una cupola sfalsata su due piani. Il portale d’ingresso alla moschea è il completamento della piazza, mentre la moschea stessa è posta a un’angolazione tale da essere in direzione della Mecca.

Da un lato della piazza si trova la moschea dello sceicco Lotfollah, costruito per lo scià Abbas per i riti religiosi privati e che deve il suo nome a un consigliere spirituale dello scià (il Billy Graham dell’epoca). È interessante per le sue piastrelle color crema e per l’assenza di minareti. Visto che era stato costruito soltanto per il culto privato, non c’era bisogno di chiamare i fedeli a raccolta! Dall’altro lato si trova un padiglione da cui si poteva assistere alle varie attività che avevano luogo sulla piazza – a un certo punto fu perfi no allestito un campo di polo al centro della piazza. Tutt’intorno alla piazza si trovano negozi e attività commerciali, molti dei quali specializzati nella lavorazione dell’ottone per cui Isfahan è famosa, e al limite estremo si apre l’entrata al bazar coperto.

La più antica Masjid-e-Jama (o Moschea del Venerdì) ha sotterranei affascinanti – un servizievole addetto vi farà da guida. Da vedere sono anche

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la scuola teologica e i ponti a più arcate che attraversano il fi ume. In un parco ci sono diversi edifi ci interessanti, tra cui il padiglione Chechel Sooton. Visto che il nome signifca quaranta colonne e ce ne sono solo venti, si è provveduto a creare uno stagno il cui rifl esso crea le venti colonne mancanti! Una spiegazione più prosaica asserisce che il termine ‘quaranta’ indica in persiano una quantità imprecisata, come noi diremmo ‘milioni’.

Per il soggiorno a Isfahan andate allo Shah Abbas Hotel, un bell’edifi cio che un tempo era un caravanserraglio – ha un ‘cantastorie’ persiano che vale la pena di ascoltare. Isfahan ha così tante cose da vedere che farete meglio ad acquistare una guida turistica.

A un’altra giornata di viaggio, sempre andando verso sud, si trova Shiraz, come Isfahan piena di moschee e centro della fi orente industria vinicola persiana. Nonostante mille anni di islam, che predica l’astensione dall’alcol, qui ci sono alcuni vini deliziosi. Una sessantina di chilometri a nord di qui si trova Persepoli, dove di recente lo scià ha celebrato i 2500 anni dell’impero

persiano. Fondata nel 518 a.C. da Dario I, di questa città centro dell’impero rimangono rovine imponenti. Il palazzo e la tomba di Ciro il Grande è a nord di Persepoli: quando sarete arrivati fi n qui l’Iran certamente non vi sembrerà più un paese soltanto da attraversare per andare altrove.

STORIA: Dopo aver celebrato nel 1971 i 2500 anni di vita, l’Iran può pretendere di avere una delle storie più longeve del pianeta. Ciro il Grande, nel VI secolo a.C., fu il primo grande sovrano persiano. Durante il regno dei suoi successori, Dario I e Serse, l’impero persiano si estendeva dall’India all’Europa e includeva anche l’Egitto. È durante questo periodo che fu costruito il magnifi co complesso di Persepoli, nell’Iran meridionale.

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I tentativi di Dario e Serse, sconfi tti dai greci a Maratona, di allargare i confi ni del loro impero fi no a includere il Mediterraneo segnarono l’acme della potenza persiana. Presto toccò alle potenze europee il ruolo dei conquistatori e nel IV secolo a.C. Alessandro Magno invase la Persia e distrusse ‘incidentalmente’ Persepoli. L’infl usso della cultura greca svanì rapidamente dopo la morte di Alessandro ma nei secoli seguenti la storia persiana fu quella di un stato belligerante perenne con i romani e più tardi con l’impero bizantino. Indeboliti da questi interminabili confl itti, i persiani seguaci di Zoroastro caddero facilmente preda della conquista islamica nel 641 d.C.

I musulmani tennero il controllo della Persia per quasi seicento anni, ma nell’ultimo periodo della loro dominazione gli arabi furono sostituiti dai turchi della dinastia selgiuchide, all’epoca ancora in espansione verso occidente a spese degli ultimi regni rimasti dell’impero bizantino. I Selgiuchidi patrocinarono una nuova epoca d’oro dell’arte e della letteratura persiana e in quest’epoca visse e lavorò il poeta e matematico Omar Khayyam. Nel 1220 la dominazione selgiuchide fi nì improvvisamente per mano dei mongoli di Gengis Khan e per duecento anni lui e i suoi successori devastarono senza pietà l’intero paese.

Il declino del potere mongolo diede inizio all’era safavide, durante la quale (dal 1587 al 1629) lo scià Abbas il Grande commissionò le meraviglie architettoniche di Isfahan perché si ricordasse in eterno la sua potenza. Sfortunatamente l’era dei safavidi fu seguita da un’altra invasione distruttiva, questa volta proveniente dall’Afghanistan. Nel 1736 Nadir Shah, un ‘ragazzo di campagna’ persiano, depose l’ultimo degli scià safavidi e cominciò a combattere contro afghani, russi e turchi in tutte le direzioni. Non ancora stanco di combattere si lanciò allora in un’azione di conquista personale e tornò dall’India carico di tesori, ma dopo aver quasi esaurito le risorse del paese con le sue guerre continue. I periodi Zand e Qajar che seguirono alla sua morte non furono i periodi più positivi della storia persiana e nel 1926 il padre dell’attuale scià diede vita al dominio da parte della dinastia dei Pahlavi.

Quel che successe dopo, nel corso di questo secolo, è stata la storia di successive interferenze straniere, di russi, inglesi, tedeschi e americani. Nella seconda guerra mondiale, anche se il paese era uffi cialmente neutrale, il gran numero di tedeschi residenti in Iran spinse la Russia a invaderlo. Solo al termine della guerra i sovietici accettarono (tra molte diffi coltà e grazie all’apoggio degli americani) di lasciare il paese. Oggi l’Iran è schierata a favore dell’Occidente e governata da un governo repressivo ma orientato alla modernizzazione. L’Iran ha subito una vera e propria rivoluzione nel settore manifatturiero e in agricoltura, ma le squadre d’assalto sembrano rimanere lo strumento preferito dal potere per far prevalere la giustizia.

TRASPORTI: Gli autobus costano poco, passano di frequente e sono comodi – soprattutto se paragonati a quelli afghani! Se per uscire dal paese prendete la strada meno battuta, quella per il Golfo Persico e l’Iraq, scoprirete che la qualità degli autobus peggiora man mano che si va verso sud. Ma anche la qualità delle strade peggiora. Le tre principali compagnie di autobus sono Mihan Bus Tours, Iran Peyma e TBT Iraniana – quest’ultima in genere è la più cara.

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Dal confi ne afghano a Mashed il percorso è diviso in due parti: prima un percorso di circa mezz’ora che costa 30 rial fi no a Tayband, dove sono situate la dogana iraniana e la postazione di quarantena. Non prendete neanche in considerazione l’idea di introdurre droga in Iran: le pene sono molto severe e Mashed ha un nuovo carcere assai poco piacevole costruito per ospitare chi ci prova. Da Taybad ci vogliono 3 o 4 ore di autobus per arrivare a Mashed; il viaggio costa circa 70 rial.

Per percorrere il tratto tra Mashed e Teheran potete scegliere tra autobus e treno. Sul treno avete diritto a uno sconto studenti, sull’autobus no. L’autobus della Mihan parte ogni giorno; il viaggio, che dura tra le 15 e le 20 ore, costa intorno ai 300 rial, mentre il treno costa un dollaro in più. Alcuni degli autobus da Mashed seguono la strada settentrionale: se viaggiate con un’auto vostra, fate anche voi così. Il percorso è più lungo di 150 chilometri ma la strada è in condizioni molto migliori, in più sulla pianura costiera del Caspio si viaggia in mezzo a una campagna verde, il che è piuttosto diverso dal paesaggio che vedete nel resto del paese. Girando a sud verso Teheran si attraversa la spettacolare catena degli Elburz e si passa accanto al monte Damavand, la montagna più alta dell’Asia occidentale. L’altra strada per Teheran corre a sud della catena montuosa e per la maggior parte del percorso attraversa la grande pianura salata, priva di qualunque cosa notevole. Il vantaggio è che si passa da Nishapur e potete visitare la tomba di Omar Khayyam.

Da Teheran a Tabriz c’è di nuovo la scelta tra autobus e treno. Le biglietterie delle compagnie di autobus si trovano nella zona intorno al viale Amir Kabir. Il costo fi no a Tabriz è di circa 300 rial; Mihan ha anche un autobus che va direttamente a Erzerum in Turchia, facendo la sosta di una notte a Tabriz; costa circa 1000 rial. Visto che ci sono tante compagnie di autobus è meglio dare un’occhiata in giro. Un mucchio di gente prende un treno diretto da Teheran a Istanbul, US$410 e tre giorni di viaggio. Io lo sconsiglio, in questo modo si perde completamente la Turchia – un grande paese – inoltre, da quello che si sente dire, è un viaggio che nasconde molte insidie. Se comunque volete saltare la Turchia c’è un autobus Mihan che fa tutto il viaggio.

Per chi decide per i normali itinerari per uscire o entrare in Iran gli autobus sono l’unica opzione disponibile. Se entrate via Zahedan, un autobus Mihan fi no a Teheran dura 36 ore e costa 600 rial. Se volete lasciare l’Iran e proseguire nei paesi arabi dovete andare a sud fi no a Shiraz. Da Teheran a Isfahan costa 130 rial e da Isfahan a Persepoli altri 100 rial, 20 rial ancora e siete a Shiraz. Da lì un autobus che costa 250 rial vi porta ad Abadan, sul Golfo Persico, in circa 11 ore. Da Abadan o dalla vicina Karemshaar per il Kuwait c’è un viaggio in mare di 24 ore; da lì raggiungere Baghdad è semplice. Il Golfo Persico può essere agitato ma il prezzo dei biglietti può scendere fi no a US$3.

Se viaggiate con la vostra auto, attraversare l’Iran non comporterà nessun problema oltre a quello legato alla burocrazia. Le strade sono in buone condizioni quasi ovunque, l’unico tratto brutto, quello dal confi ne afghano alla Turchia, sarà asfaltato a breve. Da Teheran una strada ben tenuta va verso sud, fi no a Shiraz. Altre strade – da Teheran o Mashed a Zahedan, per esempio – sono poco più che piste nel deserto. La benzina, monopolio di stato, è uguale ovunque e, a un prezzo di 6 rial al litro, è quella che costa meno in tutta l’Asia.

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Se siete sfortunati e la macchina si rompe, Teheran è la città giusta dove farla aggiustare perché, visto l’ampio parco macchine di marche europee, non c’è problema a ottenere parti di ricambio.PERNOTTAMENTO: Camping – Tentando di attrarre anche turisti del nostro genere, il governo iraniano ha aperto un certo numero di eccellenti campeggi a gestione statale. Non avete neanche bisogno di avere la tenda, perché nella maggior parte ci sono già le tende con i letti. Sono un po’ cari – costano più o meno come un hotel economico – ma sono puliti, hanno le docce calde (!) e a volte fornelli su cui cucinare.

Ce n’è uno a Mashed molto ben indicato, nella parte orientale della città. Teheran ha un campeggio privato con un’eccellente piscina – impagabile in estate –, ma è un po’ lontano dalla città, nella parte meridionale, sulla strada per Isfahan. A Tabriz c’è anche un buon campeggio a gestione statale in una bella posizione nella zona est della città. È stato molto diffi cile trovarlo, ma l’amichevole gestore – ci ha insegnato i numeri in arabo e ci ha offerto numerosi bicchierini di tè nel suo uffi cio – ha promesso che entro il prossimo anno ci saranno i cartelli.

Isfahan ha due siti dove si può piantare la tenda – uno è un piacevole e centrale ostello della gioventù con campeggio in giardino. Ma ha un costo esorbitante, tipo US$1,50 per notte per due persone. L’altro costa poco ed è usato anche da ragazzi e ragazze, ma è molto lontano dalla città in direzione Shiraz. In Shiraz c’è un campeggio statale. Ci avevano parlato di diversi campeggi sulle sponde del Mar Caspio ma non siamo riusciti a trovarli.

Hotel – Non sono troppo convinto degli hotel in Iran ma so che il posto giusto a Teheran è intorno a Amir Kabir. L’Amir Kabir è il posto in cui si incontrano tutti i freak e lo è da parecchi anni; costa circa 75 rial per notte. Questa è anche la zona dove tutte le compagnie iraniane di autobus hanno i loro uffi ci – in Iran gli hotel che costano meno sono tutti intorno alle stazioni degli autobus, così come in altri paesi sono nei pressi della stazione.

PASTI: Dovete imparare una parola in Iran ed è ‘chello kebab’. È il piatto nazionale e consiste di pezzetti di carne dal sapore insipido su un altrettanto insipido letto di riso. Tagliate un pezzettino di burro e insaporite il riso, mentre i contorni con yogurt, cipolle crude e cetriolo ravvivano un po’ il gusto. Un po’ più esotico è il fesanjan, pollo o anatra in succo di melagrana con granella di noci. Il doogh è una bevanda che mescola yogurt e acqua minerale. Come in Afghanistan state molto attenti alle verdure fresche – me ne sono reso conto con un’insalata che stupidamente ho mangiato a Isfahan! I meloni iraniani sono una cosa dell’altro mondo, ce n’è una grande varietà, tutti deliziosi e unici. Il grande overlander Marco Polo pensava che in questa parte del mondo i meloni fossero una cosa davvero eccezionale. Le bancarelle di meloni vi offriranno un assaggio di tutte le varietà disponibili e vi aiuteranno a prendere una decisione. Il pane è spesso venduto a peso e perfi no migliore di quello afghano. Il tè è una bevanda iraniana che imparerete ad amare. Lo trovate ovunque, servito in piccoli bicchierini che costano 1 o 2 rial a seconda della qualità del locale. È sempre rinfrescante e molte ‘tea house’ forniscono anche il divertimento extra del narghilè. Il rituale di preparazione è fantastico e una casa da tè nel bazar lo preparerà per tutte

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le bancarelle del mercato, con dei ragazzini che corrono avanti e indietro a portarlo ai commercianti. Se tutto il resto non funziona, a Teheran prendetevi un tè.

MONETA: Circa 100 rial = A$1. Il mercato nero a Teheran deve avere sicuramente dei grandi vantaggi, ma non abbastanza perché valga la pena di provarci. Spesso trovate i prezzi quotati in toman, che equivale a 10 rial. Come in Afghanistan dovete ricordare come si scrivono i numeri in arabo oppure non sarete in grado di distinguere un 5 da un 10 (o da qualunque altro).

VISTI: Costano solo un dollaro e, in confronto alla maggior parte degli altri posti, sono facili da ottenere – nbiente fatiche che durano due giorni – ma valgono solo per 15 giorni. Un prolungamento per altri 90 giorni costa intorno a A$5, non esiste ambasciata iraniana in Australia.

CLIMA: Un paese desertico asciutto e caldo in estate e asciutto e freddo in inverno. Al sud in estate, luglio e agosto in particolare, il caldo è tremendo. Pochi sanno che a meno di un’ora a nord di Teheran in inverno si può sciare splendidamente – è freddo. Una volta in Svizzera incontrai alcuni ricchi iraniani – venivano a sciare lì solo per essere chic.

CHE COSA COMPRARE: I tappeti naturalmente sono la prima cosa che viene in mente quando si pensa alla Persia. Se volete farvi tentare andate a Ferdowski Avenue, il centro del business dei tappeti a Teheran. Esiste un negozio statale dove i prodotti sono di buona qualità a un prezzo onesto – se non il più basso. Se il prezzo è la cosa più importante, ci sono occasioni migliori in qualche città di provincia come Tabriz o Isfahan.

Se state cercando un tappeto il fi lato migliore è quello di lana e la lana migliore quella persiana – evitate le fi bre sintetiche. La scarsa disponibilità di lana persiana e la sua sostituzione con fi bre meno pregiate è un’altra delle ragioni per cui il settore sta declinando. Le vecchie tinture fatte con i vegetali erano di buona qualità, ma sono ormai rare; quelle moderne fatte con il cromo sono ugualmente adatte, ma dovreste evitare le tinture all’anilina. Un tappeto di qualità normale avrà meno di 200 nodi per pollice quadrato, uno di qualità normale tra 200 e 300 e uno di alta qualità da 300 a 400. Per quelli super raffi nati non c’è limite, ma sono comunque solo decorativi, non fatti per starci sopra. Attenzione ai falsi nodi attorcigliati intorno a quattro, e non a due, fi li dell’ordito. Allargate ogni tappeto che state osservando e cercate bitorzoli o pieghe. Con il tempo si presentano sempre piccole protuberanze o grinze perché in fondo è un prodotto fatto a mano e non si può pretendere la perfezione, ma se ha una piega più accentuata meglio lasciar stare.

Altre cose simpatiche da comprare sono i prodotti in ottone fatti a Isfahan o i dipinti miniati, che abbiamo visto sempre a Isfahan. I bazar hanno anche narghilè e tessuti stampati. Per il vostro asino o il vostro cammello ci sono anche pacchiani accessori per addobbarli. Potete anche ravvivare un po’ la vostra tenda con degli accessori. Una cosa che non dovete assolutamente comprare sono le turchesi di Mashed, non state neanche a sentire tutte le storie che vi racconteranno su quanto valgono sul mercato occidentale.

LINGUA: Il farsi, ovvero la lingua persiana, è diffuso in tutto l’Iran ed è la lingua dell’amministrazione dello stato in Afghanistan, oltre che la lingua più parlata a Herat. L’inglese sta cominciando a soppiantare il francese e il tedesco come seconda lingua in Iran.

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pane nan quanto costa? chan dai?tè chai costoso na arzanacqua ab poco costoso arzanburro karay dove? kochas?sì balee salve shalamno na arrivederci alvidaautobus autobus grazie mutashakkir

‘Merci’, come in francese, è l’espressione che si usa in genere per dire grazie.

uno yeg sei sheeshdue do sette haftre say otto hashquattro char nove nocinque panj dieci da

PERCORSI ALTERNATIVI DALL’IRANPERCORSI ALTERNATIVI DALL’IRANL’itinerario più usuale dall’Iran è quello che attraversa la Turchia, ma ci sono diverse alternative molto interessanti. In macchina, o in treno, potete passare per la Russia. Tra Tabriz e il confi ne turco c’è un bivio in cui le macchine sono caricate su un treno e trasportate oltre confi ne – per qualche motivo non potete attraversarlo guidando. Da quel momento potete attraversare la Russia e arrivare in Europa. Sfortunatamente l’impresa richiede un bel po’ di pianifi cazione, i visitatori in Russia devono programmare il loro itinerario giorno per giorno e prenotare tutti i pernottamenti prima di richiedere il visto. Intourist ha la spiacevole abitudine di dire che tutti i loro campeggi sono occupati e sembra divertirsi a dire che l’unica alternativa possibile sono gli hotel molto costosi. A meno che non siate in grado di affrontare questo tipo di scocciature, è meglio non percorrere l’itinerario attraverso la Russia per andare a occidente. Per chi si dirige a oriente potrebbe non essere così male, visto che è più probabile che la vostra pianifi cazione vi si adatti.

La strada alternativa è a sud, passa attraverso i paesi arabi fi no al Mediterraneo.Kuwait: Un porto franco, un paese ricco di petrolio. Qui potete fare scorta praticamente di tutto a prezzi davvero convenienti e ricevere cure mediche gratuite. Il prezzo del sangue in Kuwait è forse il più alto del mondo; vendete una pinta o due se siete al verde. L’unico inghippo è che se siete al verde non riuscite neanche ad entrare, dato che i visti possono essere diffi cili da ottenere, preparatevi una bella storia e dite che siete uno studente di storia delle religioni o delle culture. In estate il Kuwait può essere estremamente caldo ma l’ostello della gioventù costa poco e ha l’aria condizionata. Se state andando verso est potete ottenere i visti in Siria o in Iraq. Molti camion viaggiano verso nord fi no a Baghdad in Iraq, quindi fare l’autostop è abbastanza facile.

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Iraq: È un paese arabo socialista dalla linea dura, quindi state attenti a quello che dite e non menzionate mai i nemici storici, Iran e Israele. Nonostante la passata interferenza dell’impero inglese negli affari interni del paese, i visitatori angloparlanti sembrano essere bene accetti. Ovviamente l’estate in Iraq è molto calda e la maggior parte del paese vive in condizioni di povertà. Baghdad ha un nome che suona più piacevole di quanto sia la città, moderna e poco interessante. Potete soggiornare negli ostelli della gioventù e ottenere biglietti scontati sui treni e sugli autobus che vanno ad Amman in Giordania e a Damasco in Siria. Fare l’autostop sulla strada che attraversa il deserto verso la Giordania è possibile, ma è un’impresa dura e si muore di caldo. Se avete un timbro sul passaporto che attesta che siete stati in Iran potreste avere problemi a ottenere il visto iracheno.Giordania: La gente sembra trovare la Giordania un posto interessante da visitare e accogliente. La bizzarria dei servizi di autobus non importa molto, visto che fare l’autostop è facile. Ci sono molte cose da vedere, soprattutto Aqaba, sul Mar Rosso, che deve la sua fama a Lawrence d’Arabia. I visti si ottengono al confi ne e siate pronti a contrattare sul prezzo e sul periodo di validità. Dalla Giordania potete proseguire o per la Siria o per Israele. Beh, non esattamente Israele, ma ‘la West Bank del Giordano’. Fate domanda per ottenere un lasciapassare al Ministero degli Interni ad Amman, con un po’ di ingegnosità e di perseveranza lo otterrete. Appena raggiungerete la Cisgiordania non ci sarà nulla che vi fermerà e potrete percorrere tutto Israele e quindi salpare via Cipro o direttamente verso la Grecia. Anche se Israele non dovesse timbrare il vostro passaporto, un lasciapassare per la West Bank seguito da un soggiorno a Cipro renderà praticamente impossibile per voi chiedere di entrare in un paese arabo. Da Israele potete tornare indietro in Giordania, anche se il vostro visto dovesse nel frattempo essere scaduto.Israele: Ne hanno scritto molto ed è ormai è invaso dai turisti. Viaggiare nel paese è facile, l’autostop si può fare senza problemi. Lavorare in un kibbutz è un modo per conoscere il paese, ma quanto lo troverete piacevole dipende dal punto di vista da cui intendete osservarlo, se come ebreo o come non ebreo. Le zone turistiche come Gerusalemme possono essere costose.

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Siria: Un altro paese arabo dalla linea dura, poco toccato dal turismo, quindi poco costoso e semplice. Gli autobus costano poco e come in Giordania ci sono dei taxi tipo dolmus che coprono anche lunghe distanze e fanno salire la gente lungo il percorso. Si può ottenere un passaggio dai camion, ma il viaggio sarà piuttosto lento. Gli ostelli della gioventù sono di nuovo la soluzione in Siria; prendete una guida YHA per i paesi arabi.Libano: È estremamente facile fare l’autostop in tutto il Libano, anche se la situazione è un po’ tesa a sud, nei pressi del confi ne israeliano. Il Libano è forse il più turistico, tra i paesi arabi, e gli ostelli non sono così buoni. È molto utile avere una tessera studentesca per trovare sistemazioni poco costose. I Manoscritti del Mar Morto sono conservati al Museo Nazionale di Beirut. Per venire in Libano dalla Siria è meglio che prendiate l’autobus invece del treno, per lasciare il paese basta una passeggiata per trovarsi in Turchia.

TURCHIATURCHIAUn paese che scatena sentimenti opposti – alcuni la amano (come noi), altri la odiano. È certamente affascinante, anche se pochi conoscono l’antichissima storia turca. Una civiltà dopo l’altra ha marciato sul paese e lasciato tracce del suo passaggio. Ci sono talmente tanti siti storici, che i turchi non riescono a tenerli tutti in ordine e spesso vi troverete a vagare da soli in un sito che in qualsiasi altro paese attirerebbe migliaia di turisti.

Quello che vedrete dipende dall’itinerario che deciderete di seguire. Certamente, se viaggiate direttamente con l’autobus o con il treno da Teheran a Istanbul non vedrete nulla fi nché non sarete arrivati a destinazione. Se utilizzate i mezzi pubblici turchi avete tre scelte. Il percorso settentrionale è il più semplice e su strade migliori, mentre quello centrale è il più corto e il più veloce. Quello meridionale è probabilmente il più interessante, ma non c’è motivo perché non possiate combinare tratti di ognuno dei tre percorsi.

Qualunque strada scegliate di percorrere, la vostra prima tappa provenendo dall’Iran sarà Dogubayzit. Una bella cittadina in una posizione fantastica, vicinissima al monte Ararat, dove approdò Noè. L’Ararat non è spettacolare solo per le dimensioni, ma per il fatto che la sua cima incappucciata di neve si eleva sopra una pianura piattissima. Domina la città un antico palazzo del sultano detto Ishak Pasha; si può camminare tra le rovine e salire sul minareto.

Se prendete il percorso meridionale, dovrete girare intorno al lago Van prima di raggiungere Erzurum, la prima cittadina di un qualche rilievo in Turchia. In città ci sono alcuni edifi ci interessanti, tra cui la Clifte Minare Madresse con i suoi minareti gemelli, costruita nel XII secolo, ma qui il vento soffi a impietoso proveniente dalle steppe russe e pochi si fermano a lungo. Da Dogubayzit a Erzurum il viaggio dura una giornata, ma il tratto di strada non asfaltata è piuttosto malmesso.

Pochi chilometri dopo Erzurum i due itinerari, quello centrale e quello settentrionale, si dividono. Il percorso centrale punta a occidente e va ad Ankara passando per Sivas – due giorni circa di viaggio. Il percorso settentrionale si fa strada tra le colline attraverso alcuni dei paesaggi rurali più

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belli della Turchia, fi no al Mar Nero. Circa 80 chilometri prima di raggiungere la costa c’è un vecchio monastero abbarbicato su una parete rocciosa; è molto facile non notare la deviazione. Sulla costa si trova Trabzon, una città-stato greca fi no al 1406, che riuscì a sopravvivere grazie al suo ruolo di centro mercantile per Persia e Baghdad. Da Trabzon la strada corre lungo la costa fi no a Samsun, l’altro porto importante sul Mar Nero. Un percorso alternativo da Trabzon consiste nel prendere il battello Ege (che parte ogni settimana) per Istanbul. Dura circa due giorni e dovete fermarvi a Samsun abbastanza a lungo per dare una rapida occhiata intorno.

A Samsun il percorso migliore piega a sud verso Ankara perché la strada fi no a Istanbul lungo la costa è molto malmessa. A metà strada tra Samsun e Ankara una svolta porta al piccolo villaggio di Bogazkoy, accanto all’antica capitale degli ittiti, Hattatusa. Le rovine delle mura di cinta corrono per oltre 10 chilometri e cinque delle porte d’entrata sono ancora visibili. All’interno, solo le massicce fondamenta degli edifi ci e qualche pecora. Yazilokaya, un tempio ittita scavato tra le rocce e inciso con bassorilievi, si trova a un paio di chilometri di distanza e Alavahoyuk ha un piccolo museo con manufatti di epoca ittita e altri resti archeologici, tra cui la Porta della Sfi nge. Se nel frattempo sviluppate una vera passione per questa antica cultura, il museo di Ankara ha la miglior collezione di reperti del mondo. Da Samsun ad Ankara il viaggio dura un giorno e rimane tempo a suffi cienza per visitare Hattusa; a Bogazkoy si può trovare un letto o un posto dove campeggiare.

Ad Ankara il percorso centrale e quello settentrionale che attraversano la Turchia si incontrano di nuovo e da qui a Istanbul e all’Europa è di nuovo un giorno di viaggio in macchina. Ankara è la tipica capitale moderna non molto interessante, ma non precipitatevi verso Istanbul, girate verso sud e andate a visitare Goreme.

Ora ripartiamo da Erzurum, e parliamo del percorso meridionale. Ad Agri, meno di un centinaio di chilometri da Dogubazit, si prende la deviazione verso sud che porta al lago Van. Il lago e la città di Van si trovano nella regione più desolata della Turchia. Era in questa regione che si trovavano i campi di papaveri da oppio fi nché gli americani non fecero pressione perché venissero trasformati in altre coltivazioni meno redditizie. Visto che non deve più raccogliere papaveri, la gente del posto si dedica ad altri passatempi, come gettare pietre sulle auto che passano. Se da Van vi dirigete verso ovest alla fi ne arriverete a Kayseri, la romana Cesarea. Ci sono due moschee, distanti solo un centinaio di metri l’una dall’altra: una fu costruita nell’epoca selgiuchide nel 1136, e l’altra durante l’impero ottomano nel 1580 – interessante il confronto tra le due.

Meno di cento chilometri a ovest di Kayseri si trova il luogo più interessante di tutta la Turchia: Goreme. Qui rimasero in vita forti centri cristiani anche molto dopo l’arrivo dei musulmani. Questo villaggio è in un’area ad attività vulcanica, e le eruzioni hanno catapultato nella zona rocce dalla forma incredibile, anche per l’erosione degli agenti atmosferici, e in queste strane rocce i cristiani costruirono le loro chiese e le loro case. La roccia era morbida e poteva essere scavata con legni appuntiti.

All’interno le chiese hanno affreschi fantastici che, non essendo stati sottoposti alla luce per centinaia di anni, non si sono deteriorati come, ad

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esempio, quelli di Pompei. L’unico danno l’hanno subito a causa dei vandali che hanno inciso le loro iniziali sui dipinti. Nella piccola valle di Goreme ci sono diverse decine di chiese, un monastero e un convento di suore.

Avcilar, un piccolo villaggio nei pressi, ha delle case scavate nella roccia simili a quelle di Goreme dove ancora vive la gente del posto. A Ortahisar in una cima particolarmente imponente è stata scavata una maestosa cittadella. Potete farvi strada attraverso il labirinto di sale fi no in cima e guardare dall’alto tutta la campagna circostante. La descrizione che più si adatta alla zona di Goreme è ultraterrena. In diversi siti ci sono i resti di città sotterranee: una a Ozkonok ha un tunnel d’accesso lungo diversi chilometri. Qui i cristiani perseguitati per la loro fede potevano nascondersi. Sulla strada da Nevsehir, a Aciksary, c’è un intero palazzo scavato nella stessa roccia morbida.

Quando partite, prendete la strada che va verso Konya, un tempo il centro dei dervisci danzanti; prima della strada che collega Adana ad Ankara passerete davanti alle rovine di tre caravanserragli di epoca medievale. Uno è ancora molto ben conservato e mostra gli stalli per i cammelli e tutto il resto. I caravanserragli erano costruiti alla distanza di un giorno di viaggio con il cammello. Voi passserete dall’uno all’altro nello spazio di un’ora, il che dimostra che non viaggiavano molto veloci, all’epoca.

L’itinerario più interessante da qui è quello che va verso la costa e poi a nord. La costa è piena di rovine greche e romane, castelli dei crociati, e così via. Una volta la settimana da Adana parte una nave per Istanbul. Ci sono frequenti collegamenti marittimi lungo tutto la costa con le isole greche e con Cipro. Una serie di rovine greco-romane si trova anche nei pressi di Antalya e a Pammukale, oltre a un anfi teatro e ad altre rovine, ci sono sorgenti termali calde di origine vulcanica. Il sito della città greca di Efeso si trova sulla costa nei pressi di Izmir (Smirne) e più a nord si arriva al sito in cui sorgeva l’antica Troia – oggi poco più di un campo aperto.

Istanbul, un tempo capitale dell’impero bizantino, poi di quelli dei Selgiuchidi e degli Ottomani, ha adottato il nome attuale nel 1923. La città è molto opportunamente divisa in tre parti – quella asiatica da una parte del Bosforo e dall’altra parte la nuova e la vecchia Istanbul europea, divise a loro volta dal Corno d’Oro. Le cose più interessanti da vedere in città sono l’una vicina all’altra nella città vecchia.

Il monumento più antico e più impressionante è Aya Sophia (Santa Sofi a). Costruita nel 532 d.C. fu la principale chiesa dell’impero bizantino per circa mille anni, ma nel 1453 fu trasformata in moschea. Nel 1935 divenne un museo, permettendo di vedere da vicino gli affreschi, perfettamente conservati, che erano rimasti coperti per 500 anni. Nei pressi si trova la moschea blu del sultano Ahmet, non è blu all’esterno, ma entrate e guardate con i vostri occhi. L’unica moschea al mondo con sei minareti.

Il serraglio di Topkapi, iniziato nel 1453, è un conglomerato di edifi ci, molti dei quali oggi sono diventati un museo. C’è di tutto, dai gioielli alle armi all’inevitabile capello del profeta – e anche il braccio destro di Giovanni il Battista. Partecipate alla visita guidata all’harem e godetevi la spettacolare vista sul Bosforo.

Il Kapali Carsi, il bazar coperto, risale al Medioevo ed è uno dei bazar coperti più grandi del mondo. Dategli un’occhiata – un bazar in più non fa

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male a nessuno. Passeggiando nel labirinto delle stradine capiterete di sicuro al Bazar delle Spezie, un piccolo mercato all’aperto, fragrante di profumi invitanti. Prendete un traghetto e andate sull’altra sponda del Bosforo, attraversate il Corno d’Oro a piedi passando sotto il ponte di Galata che collega la vecchia e la nuova Istanbul, e non lasciate Istanbul senza aver visto la grande cinta muraria che circonda la città vecchia.

STORIA: Un vero e proprio crocevia storico, la Turchia ha tracce di presenza umana che datano al 6000 a.C. La prima civiltà fu quella degli ittiti, che si ritenne a lungo fossero solo un mito; in realtà il loro dominio si estese per la maggior parte dell’Anatolia dal 2000 al 1200 a.C. Le impressionanti dimensioni delle rovine della capitale Hattatusa dimostrano l’importanza della cultura ittita.

Dopo il declino della civiltà ittita la Turchia si divise in tanti piccoli stati fi nché il periodo greco-romano riunì alcune regioni del paese. I primi cristiani si mossero per tutta la Turchia – Paolo diffuse il Vangelo partendo da Tarsus, nella Turchia meridionale. Nel 330 d.C. l’imperatore Costantino trasferì la capitale dell’impero romano a Bisanzio, che si chiamò da allora in poi Costantinopoli e per più di mille anni l’impero bizantino ebbe qui il suo centro di potere.

La nascita degli stati arabi musulmani, aggiunta all’arrivo dalle steppe orientali delle popolazioni turche, decretò la fi ne del decrepito impero bizantino. Convertendosi all’islam intanto che procedeva verso ovest, il primo grande impero turco, quello dei Selgiuchidi, conquistò Costantinopoli nel 1452. Nel giro di un secolo l’impero si allargò verso l’Europa con il comando di Solimano il Magnifi co.

All’epoca, l’impero turco era moderno e aggressivo, soprattutto se confrontato con l’Europa feudale. I giannizzeri, il primo esercito di professione della storia moderna, diedero alla Turchia una forza militare sconosciuta alle altre nazioni europee. I turchi trattavano con rispetto i gruppi minoritari del loro impero, come i cristiani e gli ebrei, ma il loro successo si basava sull’espansione armata, non sull’industria o sull’agricoltura. Quando la conquista turca dell’Occidente fu fermata a Vienna nel 1683, l’impero cominciò a declinare e presto la Turchia venne considerata ‘il malato d’Europa’. Quando a seguito della Rivoluzione francese gli ideali nazionalisti si diffusero per tutta Europa, la Turchia si ritrovò a dover gestire dei territori irrequieti, come i Balcani e la Grecia. Il tentativo di reprimere con la forza le rivolte popolari riuscì solo ad accelerare il declino. Nella prima guerra mondiale i turchi scelsero la parte sbagliata e si ritrovarono alla fi ne con i confi ni odierni.

Nel punto più basso mai raggiunto dalla storia turca, si fece avanti Mustafa Kemal. Ataturk, come volle farsi chiamare, doveva la sua fama alla battaglia di Gallipoli, quando le truppe turche respinsero gli attacchi dell’Anzac. Dopo la sconfi tta egli radunò dietro di sé l’esercito e spazzò via quel che restava degli Ottomani, rintuzzando le forze alleate che si preparavano a dividersi le spoglie dei vinti. Ataturk si gettò poi in un processo di modernizzazione del paese, alla cui base stavano la separazione tra la religione e la politica, l’introduzione dell’alfabeto latino e la libertà nell’abbigliamento; infi ne, spostò la capitale dall’europea Istanbul all’asiatica Ankara.

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Naturalmente questi cambiamenti così vasti e rapidi non furono facili, il progresso si avviò lentamente e ancora oggi gran parte del paese è disperatamente povero. Coccolata a causa della sua posizione cruciale nella guerra fredda, la Turchia è ancora ben lontana dall’aver raggiunto la stabilità politica. C’è stato qualche tentativo di marcia indietro sulle restrizioni religiose, ma Ataturk rimane ancora il vero simbolo della moderna Turchia.

TRASPORTI: A meno che non prendiate un autobus o un treno che attraversa senza fermarsi tutto il paese, spostarsi in Turchia è facile solo da un centro all’altro. Potete anche contrattare sul prezzo dei biglietti dell’autobus e i servizi su strada in genere sono abbastanza buoni. Fare l’autostop è possibile ma in certe zone il traffi co è quasi inesistente, lo stile di guida in genere è terrifi cante e gli autisti dei camion si aspettano di essere pagati. Per ottenere uno sconto studenti occorre mostrare la tessera studentesca e quella internazionale; se possedete quest’ultima è facile ottenerne una turca dalle organizzazioni studentesche di Istanbul ma nel resto del paese tutto ciò potrebbe essere piuttosto diffi cile. Istanbul è estremamente severa sulle tessere studentesche che sospetta essere false, quindi se la vostra non è autentica non porgetela mai a qualcuno che potrebbe non restituirvela.

Alcuni esempi di tariffe: Confi ne iraniano – Digubayzit – Agri – Erzurum autobus 35 lira Erzurum – Istanbul treno 120 lira Trabzon – Istanbul nave 80 lira Antalya – Istanbul nave 197 lira

PERNOTTAMENTOHotel – Gli alberghi poco costosi in Turchia in genere non hanno un buon

rapporto qualità-prezzo come hanno invece in altri paesi. I posti davvero economici sembrano prevedere dodici persone per ogni camera! A Istanbul provate nella zona della Moschea Blu – dietro la moschea c’è ostello per studenti che chiede 6 lira a testa, il Golden Hotel costa da 10 a 15 lira per una doppia; altri hotel sono il Gulhane, l’Aya Sofi a e lo Stop. Chiedete in giro al Pudding Shop. Ad Ankara c’è un buon ostello della gioventù e anche l’Hotel Euzurum è poco costoso.

Camping – Il campeggio è ottimo ovunque, il che è un bene visto che gli hotel spesso lasciano molto a desiderare. BP gestisce una catena di Mocamp che sono andati ad aggiungersi ai camping già presenti; BP può spedire, su richiesta, una cartina dove sono indicate le località. Purtroppo i loro campeggi sono cari in modo assurdo e dovrebbero essere evitati proprio per questo motivo. A Dogubayzit, la vostra prima tappa in Turchia, potete accamparvi al Motel Kent. Erzurum ha un campeggio BP meno caro di un Mocamp.

Se seguite l’itinerario del Mar Nero troverete diversi campeggi per tutta la strada. Giusto nell’entroterra di Trabzon potete accamparvi dietro la stazione della Shell, il gestore è un tipo divertente, cercateci sul libro degli ospiti. Lungo la costa ci sono posti che vanno bene per il campeggio, il migliore è appena a ovest di Unye dove potete stare sulla spiaggia. C’è un eccellente ristorante e un motel economico, pieno di coniglietti quando ci siamo stati noi. Poche miglia a est di Samsun c’è un garage/ristorante dove campeggiare.

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In tutta la Turchia, se non riuscite a trovare un posto dove piantare la tenda e volete avere gente intorno, chiedete ai garage: in genere trovano un posticino, offrono una tazza di tè e non chiedono soldi.

Il miglior posto ad Ankara è alla diga, a circa 8 chilometri fuori dalla città, sulla strada che porta a Siva e al Mar Nero. Un posto piacevole dove stare e riposarsi un paio di giorni. Potete anche accamparvi alla piscina comunale o al Mocamp della BP sulla strada per Istanbul. Se andate a Goreme c’è una gran varietà di campeggi nelle vicinanze, ma quello di Urgup è il migliore.

Istanbul ha molti posti ma tutti piuttosto lontano dalla città. A soli 100 metri di distanza dal Mocamp della BP si trova il Camping Londra che ha gli stessi servizi ma costa la metà. Molta gente con microbus si sistema semplicemente nel parcheggio centrale accanto alla moschea blu – qualche lira al posteggiatore bastano a convincerlo a dare un’occhiata al vostro veicolo.

PASTI: In Turchia improvvisamente il cibo torna a essere buono. Uno dei piaceri del mangiare in Turchia è l’invito ad andare in cucina a vedere cosa bolle in pentola. Date un’occhiata e poi scegliete cosa mangiare, tutto buono e poco costoso. I turchi sono specializzati soprattutto in verdure ripiene, provate i peperoni e le melanzane. Gli stufati e i kebab sono buoni ma i budini sono la fi ne del mondo. Anche se di solito odiate i budini di riso, provatene uno in Turchia. Per budini davvero buoni andate al Pudding Shop a Istanbul, vicino alla Moschea Blu. È ancora pieno di gente, ma la recente escalation di prezzi rende poco economico venirci a mangiare spesso.

Anche il cibo dei chioschi per strada è buono. I panini in Turchia sembrano consistere in mezza pagnotta con peperoni, carne e pomodori. Per pochi centesimi dappertutto a Istanbul si trovano delle specie di pancake o di tortillas messicane. Anche se la Turchia è un paese musulmano a Istanbul c’è un birrifi cio della Tuborg. La birra costa poco ed è buona, ma provate il raki se volete davvero mettervi alla prova.

MONETA: 20 lira = A$1. Non c’è mercato nero ma siate cauti se qualcuno vi offre di cambiare denaro a Istanbul – per la stessa ragione dovreste essere diffi denti se qualcuno vi accosta offrendovi droga.

VISTI: Non richiesti.CLIMA: Un clima mediterraneo a occidente e centroasiatico all’est, dove le

precipitazioni arrivano direttamente dalla Siberia e, se combinate all’altitudine, possono essere estremamente spiacevoli! State attenti alle strade di montagna perché d’inverno possono essere coperte di neve. Le estati non sono mai così calde come nei paesi più a oriente ma la primavera – aprile, maggio – e l’autunno – settembre, ottobre – sono i mesi più piacevoli per visitare la Turchia.

CHE COSA COMPRARE: Pelletteria, abiti, artigianato, tappeti, anche se la qualità non è così elevata come nei paesi più orientali. Il gran bazar di Istanbul ha un’infi nita sere di articoli ma è una trappola per turisti; troverete prezzi più bassi fuori dal bazar o in altre località del paese.

LINGUA: L’inglese è diffuso, così come lo sono il francese e il tedesco – qua e là viene fuori qualcuno che conosce molto bene una lingua straniera. Noi abbiamo avuto una conversazione molto istruttiva in un piccolo e sporco villaggio della Turchia centrale con un piccolo e sporco urchin che parlava un francese eccellente – molto al di sopra delle mie limitate conoscenze.

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pane ekmek salve merhubahburro tereyaki arrivederci gule-guleacqua soo grazie teshekoortè chai quanto costa? ne kadar?autobus otobus dove? neredesì evet costoso pahahno hayir quello shuhotel otel

uno bir sei altidue iki sette yeditre ush otto sekizquattro dort nove dokuzcinque besh dieci on

A Kayseri abbiamo comprato un favo con il miele al mercato e il mattino dopo ci siamo fermati per la strada a far colazione. Come sempre, anche se non c’era segno di presenza umana, sono saltati fuori nove bambini che si sono seduti vicino a noi per guardarci. Sono rimasti stupiti quando li abbiamo invitati a dividere con noi il pane e miele e hanno insistito per farci provare le biciclette. Quando è arrivato il momento di partire due di loro sono schizzati via mentre gli altri cercavano di non lasciarci andare. Un paio di minuti dopo i due che se ne erano andati sono tornati portando con sé giganteschi girasoli. Abbiamo pilluzzicato semi di girasole per tutta la strada fi no in Iran.

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ARRIVO IN EUROPAARRIVO IN EUROPAUna volta entrati nella Turchia europea ci sono moltissimi modi per attraversare l’Europa. La via più semplice e più veloce è quella che attraverso la Bulgaria o la Iugoslavia arriva in Austria o in Germania. Ma, se si vogliono evitare guai legati alla lunghezza dei capelli dei maschi in Bulgaria, allungate il viaggio di qualche chilometro e passate per la Iugoslavia. A meno che non abbiate proprio fretta o siate molto a corto di denaro non prendete la strada diretta che passa per la Iugoslavia centrale – piatta e mortalmente noiosa – ma viaggiate lungo la costa. La strada che da Skopje taglia verso il mare una volta era molto dissestata, ma sembra che sia stata ripavimentata. La costa adriatica iugoslava è uno spettacolo e ha molte cose interessanti da vedere. Visitate l’antica città circondata da mura di Dubrovnik, il luogo in cui ebbe inizio la prima guerra mondiale a Sarajevo e i bei laghi di Plitvice. Se la attraversate in estate prendetevi una pausa tintarella in una delle molte spiagge nudiste del paese.

L’altra strada per arrivare in Europa prevede di scendere verso Atene, in Grecia, fermandosi a Thessaloniki lungo il percorso. La Grecia è un altro di quei paesi di cui si è scritto molto: costa poco, è interessante e l’atmosfera è molto amichevole. Da Atene potete prendere un traghetto via Igoumenitsa e Corfù per l’Italia. Il traghetto che costa meno va ad Otranto, quello più caro a Brindisi. In Italia potete spostarvi con il treno, l’autobus o l’autostop e raggiungere Roma e da lì la Francia o la Svizzera. Oppure attraversare lo stivale dalla punta del tacco alla punta dell’alluce, traghettare in Sicilia e da lì raggiungere il Nord Africa. La strada che percorre tutta la costa nord-africana attraverso la Tunisia e l’Algeria fi no in Marocco è in buone condizioni. Dal Marocco un breve viaggio in traghetto vi porta in Spagna. Naturalmente il Mediterraneo offre moltissime possibilità di viaggiare via mare.

Ad Atene si arriva anche viaggiando via mare di isola in isola dalla Turchia. Da qualunque porto del Mediterraneo vi faccia comodo potete trovare un’imbarcazione che va in un’isola greca e da lì utilizzare i capillari servizi marittimi interni greci e raggiungere Atene. Un esempio tipico è il traghetto che da Izmir raggiunge Lesbo: le relazioni greco-turche non sono delle migliori, il che signifi ca che i pochi chilometri dalla linea costiera turca vi costeranno più delle centinaia di miglia fi no ad Atene. È comunque ancora economico: da Lesbo ad Atene costa meno di US$4 per un viaggio di 16 ore. Le isole greche sono molto affollate durante i mesi estivi. Se volete pace e solitudine dovrete provare posti ignoti ai più evitando quelli più popolari nei mesi di giugno, luglio e agosto.

Ci sono buoni campeggi in tutta Europa e questa è sicuramente la scelta meno costosa. Servitevi degli eccellenti uffi ci turistici che quasi ogni nazione europea ha. In genere hanno cartine e opuscoli gratuiti che elencano tutti i campeggi. In Grecia anche la Polizia Turistica è a disposizione per aiutarvi a trovare una sistemazione per la notte.

Quindi, avete visto: la parte più diffi cile del viaggio era decidere di partire, vero?

Ancora più diffi cile sarà combattere la voglia di ripartire.

Catalogo Lonely Planet in italiano*

GUIDE Afghanistan, 1ª € 23,50Alaska, 1ª € 25,00Algeria, 1ª € 23,50Amsterdam, 8ª € 19,50Amsterdam Incontri, 2ª € 13,50Andalusia, 6ª € 23,50Argentina, 5ª € 28,00Asia centrale, 5ª € 30,00Atene Incontri, 1ª € 13,50Australia, 6ª € 35,00Austria, 5ª € 25,00Bahamas, Turks e Caicos, 1ª € 22,00Bahrain, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita, 4ª € 25,00Balcani occidentali, 2ª € 22,00Bali e Lombok, 9ª € 25,00Bangkok Incontri, 3ª € 13,50Barcellona, 7ª € 19,50Barcellona Incontri, 2ª € 13,50Belgio e Lussemburgo, 1ª € 23,50Belize, 2ª € 23,50Berlino, 7ª € 19,50Berlino Incontri, 2ª € 13,50Bhutan, 4ª € 25,00Bolivia, 5ª € 26,50Boston Incontri, 1ª € 13,50Botswana, 6ª € 20,00Brasile, 5ª € 32,00Bretagna e Normandia, 2ª € 20,00Bruxelles, Bruges, Anversa e Gand Incontri, 1ª € 13,50Budapest, 5ª € 19,50Buenos Aires, 1ª € 19,50Bulgaria, 1ª € 23,50California, 4ª € 30,00Cambogia, 7ª € 23,50Canada occidentale, 5ª € 26,50Canada orientale, 6ª € 28,00Caraibi, 2ª € 35,00Chicago Incontri, 1ª € 13,50Cile e Isola di Pasqua, 6ª € 25,00Cina, 5ª € 35,00Cipro, 3ª € 21,00Colombia, 4ª € 23,50Copenaghen Incontri, 2ª € 13,50Corsica, 6ª € 22,00Costa d’Avorio, Ghana, Togo, Benin, Nigeria, Camerun, 4ª € 25,00

Costa Rica, 8ª € 25,00Cracovia Incontri, 1ª € 13,50Creta, 3ª € 20,00Croazia, 6ª € 22,00Cuba, 6ª € 23,50Danimarca, 4ª € 23,50Dubai Incontri, 2ª € 13,50Dublino, 4ª € 19,50Dublino Incontri, 2ª € 13,50Ecuador e Galápagos, 5ª € 25,00Edimburgo Incontri, 2ª € 13,50Egitto, 6ª € 26,50Estonia, Lettonia e Lituania, 3ª € 23,50Etiopia e Eritrea, 4ª € 25,00Finlandia, 4ª € 22,00Firenze Incontri, 2ª € 13,50Florida, 2ª € 25,00Francia in bicicletta, 1ª € 23,50Francia meridionale, 8ª € 26,50Francia settentr. e centr., 8ª € 26,50Galles, 3ª € 23,50Georgia, Armenia e Azerbaigian, 3ª € 26,50Germania, 5ª € 28,00Giamaica, 6ª € 23,50Giappone, 5ª € 35,00Giordania, 6ª € 23,50Grecia continentale, 8ª € 23,50Isole della Grecia, 9ª € 23,50Guatemala, 7ª € 22,00Hawaii, 1ª € 26,50Honduras e le Islas de la Bahía, 2ª € 20,00Hong Kong Incontri, 3ª € 13,50India del Nord, 9ª € 32,00India del Sud, 8ª € 28,00Indonesia, 6ª € 32,00Inghilterra, 6ª € 30,00Iran, 5ª € 25,00Irlanda, 8ª € 28,00Islanda, 6ª € 25,00Isole Canarie, 4ª € 23,50Isole Vergini, americane e britanniche, 1ª € 23,50Israele e i Territori Palestinesi, 4ª € 23,50Istanbul, 5ª € 19,50Istanbul Incontri, 3ª € 13,50Italia in bicicletta, 1ª € 23,50Camminare in Italia, 1ª € 23,50Kenya, 6ª € 23,50Languedoc-Roussillon, 1ª € 22,00

Laos, 6ª € 23,50 Las Vegas Incontri, 2ª € 13,50Libia, 4ª € 20,00Lisbona Incontri, 1ª € 13,50Londra, 8ª € 22,00Londra Incontri, 2ª € 13,50Los Angeles Incontri, 1ª € 13,50Madagascar e Comore, 5ª € 25,00Madrid, 5ª € 19,50Madrid Incontri, 2ª € 13,50Malaysia, Singapore e Brunei, 6ª € 26,50Maldive, 6ª € 20,00Malta e Gozo, 3ª € 20,00Marocco, 9ª € 26,50Marrakech Incontri, 2ª € 13,50Mauritius e Réunion, 5ª € 23,50Messico, 9 ª € 35,00Miami e le Keys, 3ª € 21,00Milano Incontri, 1ª € 13,50Monaco, la Baviera e la Selva Nera, 2ª € 20,00Mongolia, 4ª € 25,00Montenegro, 1ª € 19,00Mosca, 5ª € 19,50Mozambico, 3ª € 22,00Myanmar [Birmania], 7ª € 23,50Namibia, 6ª € 22,00Napoli e la Costiera Amalfitana, 3ª € 22,00Nepal, 7ª € 22,00Trekking in Nepal, 3ª € 25,00New England, 1ª € 25,00New Orleans Incontri, 1ª € 13,50New York City, 7ª € 22,00New York Incontri, 3ª € 13,50Nicaragua, 2ª € 22,00Niger e Mali, Mauritania, Burkina Faso, 6ª € 23,50Nord Italia. La regione dei laghi 1ª € 20,00Norvegia, 5ª € 25,00Nuova Zelanda, 6ª € 35,00Olanda, 3ª € 23,50Oman, Yemen, EAU, 4ª € 25,00Paesi Baschi, francesi e spagnoli, 1ª € 25,00Palermo Incontri, 1ª € 13,50Panamá, 2ª € 25,00Parigi, 9ª € 22,00Parigi Incontri, 2ª € 13,50Trekking in Patagonia, 2ª € 23,50Pechino Incontri, 2ª € 13,50Perú, 5ª € 25,00Polonia, 2ª € 25,00Portogallo, 8ª € 26,50Praga, 9ª € 19,50Praga Incontri, 2ª € 13,50Provenza e Costa Azzurra, 6ª € 23,50

Puglia e Basilicata, 2ª € 20,00Rajasthan, Delhi e Agra, 3ª € 25,00Rep. Ceca e Slovacchia, 4ª € 26,50Rep. Dominicana e Haiti, 4ª € 23,50Rio de Janeiro, 1ª € 19,50Roma, 6ª € 19,50Roma Incontri, 2ª € 13,50Romania, 3ª € 23,50Russia asiatica, 3ª € 23,50Russia europea, 3ª € 25,00San Francisco Incontri, 2ª € 13,50San Pietroburgo, 3ª € 19,50Sardegna, 3ª € 20,00Scozia, 7ª € 26,50Senegal, Capo Verde, Gambia, Guinea, G. Bissau, Sierra Leone, Liberia, 6ª € 23,50Seychelles, 5ª € 20,00Shanghai Incontri, 2ª € 13,50Sicilia, 4ª € 22,00Singapore Incontri, 2ª € 13,50Siria e Libano, 1ª € 22,00Slovenia, 6ª € 22,00Spagna centrale e meridionale, 8ª € 26,50Spagna settentrionale, 8ª € 26,50Sri Lanka, 7ª € 22,00Stati Uniti occidentali, 6ª € 28,00Stati Uniti orientali, 6ª € 28,00Stati Uniti on the road, 1ª € 28,00Stati Uniti. I Grandi Parchi, 1ª € 28,00Stoccolma Incontri, 2ª € 13,50Sud Pacifico, 2ª € 32,00Sudafrica, Lesotho e Swaziland, 6ª € 28,00Svezia, 4ª € 22,00Svizzera, 3ª € 22,00Tahiti e la Polinesia francese, 5ª € 23,50Tanzania, 6ª € 25,00Thailandia, 8ª € 28,00Isole e spiagge della Thailandia, 3ª € 23,50Tibet, 7ª € 25,00Tokyo Incontri, 3ª € 13,50Torino Incontri, 1ª € 13,50Toscana, 6ª € 22,00Transiberiana, 3ª € 25,00Tunisia, 7ª € 22,00Turchia, 9ª € 28,00Ucraina, 2ª € 23,50Ungheria, 3ª € 23,50Valencia Incontri, 1ª € 13,50Venezia, 4ª € 19,50Venezia Incontri, 2ª € 13,50Venezuela, 6ª € 23,50Vienna, 5ª € 19,50Vienna Incontri, 1ª € 13,50Vietnam, 8ª € 25,00

Washington, DC, Incontri, 1ª € 13,50Yucatán e Chiapas, 8ª € 22,00Zambia e Malawi, 1ª € 23,50

Viaggiare con i bambini, 3ª € 19,50

ITINERARI D’AUTOREBerlino, 1ª € 16,50Bruxelles, 1ª € 16,50Firenze, 1ª € 16,50Marrakech, 1ª € 16,50New York, 1ª € 16,50Praga, 1ª € 16,50Roma, 1ª € 16,50

I FRASARI per capire e farsi capire inalbanese, bulgaro, macedone, romeno € 9,00arabo € 10,00birmano, khmer, lao, vietnamita € 9,00ceco, polacco, slovacco, sloveno, ungherese € 9,00cinese € 9,00coreano € 10,00croato € 9,00ebraico € 10,00filippino € 9,00francese, 2ª € 10,00giapponese € 9,00greco, 2ª € 10,00hindi e urdu € 9,00inglese, 2ª € 10,00olandese € 10,00portoghese € 9,00russo € 9,00

spagnolo € 9,00spagnolo latino americano € 10,00tedesco, 2ª € 10,00thailandese, 2ª € 10,00turco € 9,00ucraino € 10,00

I PICCOLI FRASARIfrancese € 4,00inglese € 4,00spagnolo € 4,00tedesco € 4,00

VIAGGI E SALUTEAfrica, 1ª € 15,00Asia, 1ª € 15,00America centrale e meridionale, 1ª € 15,00

VIETATO AI GENITORILondra, 1ª € 13,50New York City, 1ª € 13,50Parigi, 1ª € 13,50Roma, 1ª € 13,50

FOTOGRAFICI E ALTRO1000 luoghi da vedere nel mondo € 25,001000 viaggi straordinari € 25,00Il libro dell’Africa € 39,00Il libro dell’Asia € 39,00Il libro dei Viaggi € 49,00Il libro delle Città € 49,00Un solo popolo. Tanti viaggi € 40,00

Taccuino di viaggio € 5,50

*AGGIORNATO AL GIUGNO 2012

E cco da dove tutto è cominciato. È il 1972, Tony e Maureen Wheeler, preso un anno sabbatico, partono da Londra su un malconcio minivan, guidano fi no a Kabul dove lo vendono per continuare

il viaggio verso l’Australia con ogni mezzo possibile, percorrendo tutta l’Asia attraverso l’“hippy trail”. Questo libro è la risposta alle molte curiosità dei loro amici che desideravano partire per la stessa avventura. Ed è di fatto la prima guida Lonely Planet. Tony e Maureen la scrissero, la disegnarono, la misero insieme, la pinzarono e la rifi larono a mano nel loro appartamento di Sydney. Non immaginavano certo che sarebbe stato l’inizio di qualcosa di grande. L’intenzione era spiegare come aff rontare “il” viaggio overland, con quattro soldi e zero scocciature. Across Asia on the cheap è un insieme di annotazioni, suggerimenti, consigli che accompagnano il viaggiatore passo per passo, comunicando soprattutto un grande entusiasmo e un vero coinvolgimento rispetto ai rapporti umani che si creano in un viaggio overland, una delle ragioni principali per partire.

La traduzione di questa prima guida è un modo per celebrare un doppio anniversario. Quarant’anni fa Tony e Maureen aff rontavano il loro primo viaggio e, nel 1992, la casa editrice EDT pubblicava le prime guide Lonely Planet in italiano. È una lettura che contiene già i capisaldi della fi losofi a Lonely Planet e rappresenta un album di ricordi interessante per capire quanto sia cambiato il mondo, per sottolineare ancora una volta il valore del viaggio e la necessità di avere informazioni affi dabili e autorevoli.

[ovvero la prima guida]

Introduzio

ne di

Lorenzo Jovanotti

una guida completa per un viaggio overland

Tutto quello che devi fare è decidere di partire

e la cos a più diffi cile è fatta. Quindi parti.

Tony Wheeler

Titolo originale Across Asia on the cheapa complete guide to making the overland trip with minimum cost and hassles

Attraverso l’Asia con pochi soldiuna guida completa per un viaggio overland con due soldi e zero seccature

Pubblicato nel 1973 da Lonely PlanetLonely Planet e il logo Lonely Planet sono marchi registrati

Scritto da Tony Wheeler (con l’aiuto di Maureen)Composizione tipografi ca Cathy QuinnStampato da Dave Bisset P.O. Box M322, Sydney

Traduzione dall’inglese di Flavia PeinettiStampato nel mese di aprile 2012 da Stampatre, Torino

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo, non è consentita senza la preventiva autorizzazione scritta dell’editore

© 2012 per l’edizione italiana EDT srl17, via Pianezza - 10149 [email protected] 978-88-6040-950-8

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