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In alcune meduse, ad esempio nella Aequorea victoria mostrata nella fotografia, è presente una particolare proteina, la GFP, dall’inglese Green Fluorescent Protein, che consente loro di emettere luce nell’intervallo del visibile. Questa proteina ha una notevole importanza in campo medico, perché può essere utilizzata come marcatore, ed essendo una proteina naturale è totalmente biocompatibile, non è tossica ed è facilmente smaltibile dall’organismo. In questo capitolo esamineremo le conoscenze attuali sulla struttura dell’atomo, grazie alle quali siamo in grado di spiegare non solo il fenomeno della fluorescenza, ma anche le proprietà chimiche degli elementi e la generazione della luce laser. O ggi si dà per scontato che siamo fatti di atomi, e come noi anche ogni altra cosa sulla Terra. Anche se a prima vista può sembrare sorprendente, la fede negli atomi non è stata sempre così salda. Agli inizi del ventesimo secolo, quindi in un’epoca relativamente recente, la controversia sulla natura microscopica della materia era ancora molto accesa. Con l’avvento della nascita della fisica quantistica, tuttavia, e con la conoscenza sempre più approfondita della struttura atomica, il dibattito volse rapidamente al termine. In questo capitolo analizzeremo anzitutto il modello quantistico del più semplice degli atomi, l’atomo di idrogeno. In seguito mostreremo come le proprietà fondamentali dell’idrogeno valgano anche per atomi più complessi, e come ciò ci consenta di capire in maniera dettagliata la disposizione degli elementi nella tavola periodica. La capacità della meccanica quantistica di descrivere la struttura di un atomo e di spiegare le caratteristiche dei vari elementi è uno dei più grandi successi della scienza moderna. Contenuti 1. I primi modelli di atomo 1081 2. Lo spettro dell’atomo di idrogeno 1082 3. Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno 1085 4. Le onde di de Broglie e il modello di Bohr 1092 5. L’atomo di idrogeno quantistico 1094 6. Gli atomi con più elettroni e la Tavola Periodica 1097 7. La radiazione atomica 1102 CAPITOLO 31 Fisica atomica

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In alcune meduse, ad esempio nellaAequorea victoria mostrata nella

fotografia, è presente una particolareproteina, la GFP, dall’inglese GreenFluorescent Protein, che consente

loro di emettere luce nell’intervallodel visibile. Questa proteina ha una

notevole importanza in campomedico, perché può essere

utilizzata come marcatore, edessendo una proteina naturale è

totalmente biocompatibile, non è tossica ed è facilmente

smaltibile dall’organismo. In questo capitolo esamineremo

le conoscenze attuali sulla strutturadell’atomo, grazie alle quali siamo in grado

di spiegare non solo il fenomeno della fluorescenza, ma anche le proprietà

chimiche degli elementi e la generazione della luce laser.

Oggi si dà per scontato chesiamo fatti di atomi, e comenoi anche ogni altra cosa

sulla Terra. Anche se a prima vista puòsembrare sorprendente, la fede negliatomi non è stata sempre così salda.Agli inizi del ventesimo secolo, quindi in un’epoca relativamente recente, lacontroversia sulla natura microscopicadella materia era ancora molto accesa.

Con l’avvento della nascita dellafisica quantistica, tuttavia, e con laconoscenza sempre più approfonditadella struttura atomica, il dibattito volserapidamente al termine.

In questo capitolo analizzeremoanzitutto il modello quantistico del piùsemplice degli atomi, l’atomo diidrogeno. In seguito mostreremo comele proprietà fondamentali dell’idrogenovalgano anche per atomi più complessi,e come ciò ci consenta di capire inmaniera dettagliata la disposizione deglielementi nella tavola periodica.

La capacità della meccanica quantistica di descrivere la struttura di un atomo e di spiegare lecaratteristiche dei vari elementi è uno dei più grandi successi dellascienza moderna.

Contenuti1. I primi modelli di atomo 1081

2. Lo spettro dell’atomo di idrogeno 1082

3. Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno 1085

4. Le onde di de Broglie e il modello di Bohr 1092

5. L’atomo di idrogeno quantistico 1094

6. Gli atomi con più elettroni e la Tavola Periodica 1097

7. La radiazione atomica 1102

CAPITOLO

31 Fisica atomica

1 . I p r i m i m o d e l l i d i a t o m o 1081

1. I primi modelli di atomoLe ipotesi sulla struttura microscopica della materia hanno affascinato il genereuma no per migliaia di anni. I filosofi greci dell’antichità, come Leucippo e Demo-crito, si erano chiesti che cosa sarebbe successo se si fosse preso un oggetto di pic-cole dimensioni, come un blocco di rame, e lo si fosse diviso a metà, poi ancora ametà, e ancora a metà per tante volte di seguito. La loro conclusione fu che alla fi-ne il blocco si sarebbe ridotto a un pezzettino di rame indivisibile. Questa unitàfondamentale di elemento fu chiamata atomo, che significa letteralmente “non di-visibile”.Fu solo alla fine del diciannovesimo secolo, tuttavia, che la questione degli atomidivenne oggetto di ricerche scientifiche. Analizzeremo ora lo sviluppo dei primimodelli atomici, evidenziando l’importanza che ebbero per raggiungere la cono-scenza che oggi abbiamo sull’argomento.

Il modello di Thomson: il “panettone”Nel 1897 il fisico inglese J.J. Thomson (1856-1940) scoprì una “particella” più piccolae migliaia di volte più leggera dell’atomo più leggero. Si scoprì anche che l’elettro-ne, così fu battezzata la particella, aveva una carica negativa, a differenza degli ato-mi che sono elettricamente neutri. Perciò Thomson ipotizzò che gli atomi avesserouna struttura interna e che questa comprendesse, oltre agli elettroni, una certaquantità di materia carica positivamente. Quest’ultima avrebbe rappresentato lamaggior parte della massa dell’atomo e avrebbe dovuto possedere una caricauguale in valore assoluto alla carica degli elettroni.L’idea di atomo elaborata da Thomson è quella che lui stesso chiamò “modello aplum-cake” (o “a panettone”). In questo modello gli elettroni sono dispersi in unadistribuzione più o meno uniforme di carica positiva, come l’uvetta nel panettone.Il modello è illustrato nella figura 1. Sebbene fosse in accordo con tutto ciò che aquel tempo Thomson conosceva sugli atomi, il suo modello fu messo ben presto indifficoltà da nuovi esperimenti e fu sostituito con un altro che somigliava più al si-stema solare che a un panettone.

Il modello di Rutherford: un sistema solare in miniaturaIspirati dalle scoperte e dalle ipotesi di Thomson, altri fisici iniziarono a studiare lastruttura atomica. Ernest Rutherford (1871-1937) e i suoi collaboratori Hans Geiger(1882-1945) e Ernest Marsden (1889-1970) (quest’ultimo, all’epoca, ventenne e nonancora laureato) decisero di effettuare un test sul modello di Thomson, inviandoun fascio di particelle cariche positivamente, note come particelle alfa, su un sot-tile foglio d’oro. Le particelle alfa, che in seguito furono identificate come nuclei diatomi di elio, sono cariche positivamente e quindi dovrebbero essere deflesse nel-l’attraversare il “panettone” positivo costituito dagli atomi del foglio d’oro. Questadeflessione dovrebbe avere le proprietà seguenti:

• essere relativamente piccola, poiché le particelle alfa posseggono una massa nonindifferente e la carica all’interno degli atomi è distribuita in modo omogeneo;

• tutte le particelle alfa dovrebbero essere deflesse più o meno allo stesso modo,poiché il panettone positivo riempie virtualmente tutto lo spazio.

Quando Geiger e Marsden effettuarono l’esperimento si accorsero che i loro ri-sultati non erano in accordo con le previsioni: la maggior parte delle particelle at-traversavano il foglio d’oro come se questo non ci fosse stato. Era come se gli ato-mi nel foglio fossero costituiti per lo più da spazio vuoto. Dato che i risultatierano piuttosto sorprendenti, Rutherford suggerì di modificare l’esperimentoper cercare non solo le particelle alfa con piccoli angoli di deflessione, come ci siaspettava inizialmente che fossero, ma anche quelle con grandi angoli di defles-sione.Il suggerimento si rivelò un’intuizione felice. Non solo si osservarono grandi ango-li di deflessione, ma si scoprì addirittura che alcune particelle alfa venivano prati-camente rimandate indietro. Rutherford rimase sbalordito e commentò: “Fu incre-

Carica positiva

Carica negativa

▲ FIGURA 1 Il modello atomico “a panettone”Il modello di atomo proposto daJ.J.Thomson consiste di una carica positivauniforme, responsabile della maggior partedella massa dell’atomo, all’interno dellaquale gli elettroni, piccoli e carichinegativamente, sono distribuiti comel’uvetta nel panettone.

1082 C A P I T O L O 3 1 F i s i c a a t o m i c a

dibile, quasi come se avessi sparato una granata contro un foglio di carta e questa fosse tor-nata indietro, colpendomi”.Per tener conto dei risultati di questi esperimenti, Rutherford propose che l’atomoavesse una struttura simile a un sistema solare, come è illustrato nella figura 2. Inparticolare, egli immaginò che gli elettroni, leggeri e negativi, orbitassero intorno aun piccolo nucleo positivo nel quale fosse concentrata quasi tutta la massa dell’a-tomo. In questo modello nucleare, l’atomo è costituito quasi interamente da spaziovuoto e ciò permette alla maggior parte delle particelle alfa di passare indisturba-te. Inoltre la carica positiva dell’atomo è concentrata in un piccolo nucleo, anzichéessere distribuita in tutto l’atomo. Ciò significa che una particella alfa che urtafrontalmente con un nucleo può realmente essere respinta nella direzione inciden-te, come era stato osservato negli esperimenti.Per calcolare quanto dovesse essere piccolo il nucleo del suo modello, Rutherfordcombinò i dati sperimentali con calcoli teorici dettagliati. Il risultato fu che il raggiodel nucleo doveva essere inferiore al raggio dell’atomo di un fattore 10 000. Percomprendere meglio le proporzioni, immaginiamo di ingrandire un atomo in mo-do che il suo nucleo sia grande come il Sole. A quale distanza orbiterebbe un elet-trone in questo sistema solare “atomico”? Utilizzando il fattore dato da Rutherford,si trova che l’orbita dell’elettrone dovrebbe avere un raggio simile a quello dell’or-bita di Plutone; all’interno di quest’orbita ci sarebbero solo il nucleo e lo spaziovuoto. Perciò la frazione di spazio vuoto in un atomo è persino più grande di quel-la del sistema solare!Per quanto verosimile, il modello di atomo nucleare di Rutherford presenta deigravi difetti. In primo luogo, un elettrone che orbita è soggetto a un’accelerazionecentripeta verso il nucleo: come sappiamo dal capitolo 29, qualsiasi carica elettricaaccelerata emette energia sotto forma di radiazione elettromagnetica. Un elettroneche irraggia energia mentre percorre un’orbita è simile a un satellite che perdeenergia a causa della resistenza dell’aria quando la sua orbita è troppo vicina all’at-mosfera terrestre. Come nel caso del satellite, anche l’elettrone dovrebbe percorre-re una spirale e finire per cadere sul nucleo. Dato che l’intero processo di collassodovrebbe avvenire in una frazione di secondo (circa 10�9 s), gli atomi del modelloatomico di Rutherford non dovrebbero essere stabili, in aperto contrasto con la sta-bilità degli atomi che si osserva in natura.Anche ignorando per un momento il problema della stabilità, c’è un’altra impor-tante discrepanza tra il modello di Rutherford e le evidenze sperimentali. Le equa-zioni di Maxwell stabiliscono che la frequenza della radiazione di un elettrone orbitante deve essere uguale alla frequenza della sua orbita. Nel caso di un elet-trone che cade a spirale, la frequenza dovrebbe aumentare continuamente: osser-vando la luce emessa da un atomo, quindi, secondo il modello di Rutherford do-vremmo vedere uno spettro continuo di frequenze. La previsione è in fortecontrasto con gli esperimenti, in cui si vede che la luce proveniente da un atomo hasoltanto determinate frequenze e lunghezze d’onda discrete, come vedremo nelprossimo paragrafo.

2. Lo spettro dell’atomo di idrogenoUn pezzo di metallo incandescente brilla di una luce rossastra che rappresenta so-lo una piccola frazione di tutta la radiazione emessa. Come abbiamo visto nel capi-tolo 30, il metallo emette una radiazione di corpo nero che si estende con una di-stribuzione continua su tutte le frequenze possibili. La distribuzione, o spettro, dicorpo nero di tale radiazione è caratteristica dell’insieme di atomi di cui è fatto ilmetallo, ma non dello spettro emesso da un singolo atomo di metallo.Per vedere la luce prodotta da un atomo isolato, spostiamo la nostra attenzione daun solido, dove gli atomi sono vicini e interagiscono fortemente, a un gas a bassapressione, dove gli atomi sono distanti e interagiscono debolmente. Consideriamoquindi un esperimento in cui un gas a bassa pressione viene chiuso in un tubo. Seapplichiamo agli estremi di quest’ultimo una tensione elevata, il gas emetterà una

Elettrone

Nucleo

+

▲ FIGURA 2 Il modello dell’atomo a sistema solareErnest Rutherford propose un modelloatomico simile a un sistema solare, con unnucleo pesante carico positivamente intornoal quale orbitano gli elettroni, leggeri ecarichi negativamente.

▲ Le nebulose a emissione, come laNebulosa Laguna nella costellazione delSagittario qui raffigurata, sono masseluminose di gas interstellare. Il gas è eccitato dalla radiazione di alta energiaproveniente dalle stelle vicine ed emetteluce con una lunghezza d’onda tipica degliatomi presenti, primo fra tutti l’idrogeno.Molta della luce visibile proveniente daqueste nebulose è formata dalla riga rossa di Balmer dell’idrogeno, nota anche comeH-alfa, con una lunghezza d’onda di 656,3 nm.

2 . L o s p e t t r o d e l l ’ a t o m o d i i d r o g e n o 1083

FIGURA 3 Lo spettro a righe di un atomoLa luce emessa dai singoli atomi, come nel caso di un gas a bassa pressione,consiste di una serie di lunghezze d’ondadiscrete corrispondenti a colori diversi.

Differenza di potenziale elevata

Reticolo didiffrazione

Spettro a righe

Gas a bassa pressione

V

n = 5

400 500 600 700

� (nm)

400 500 600 700

� (nm)

n = 4 n = 3

n = 5 n = 4 n = 3

a) Spettro di emissione dell’idrogeno

b) Spettro di assorbimento dell’idrogeno

▲ FIGURA 4 Lo spettro a righe dell’idrogenoGli spettri di emissione (a) e assorbimento(b) dell’idrogeno. Si noti che le lunghezzed’onda assorbite dall’idrogeno (righe nere)coincidono con quelle emesse (righecolorate). La posizione delle righe è quellaprevista dalla formula di Balmer con ivalori appropriati di n.

AT TENZIONE

Calcolare le lunghezze d’onda delle serie di Balmer

La formula delle serie di Balmer forniscel’inverso della lunghezza d’onda e non lalunghezza d’onda.

radiazione elettromagnetica caratteristica dei singoli atomi di quel gas. Facendopassare tale radiazione attraverso un reticolo di diffrazione se ne ottiene la scom-posizione nelle sue diverse lunghezze d’onda, come è indicato nella figura 3. Il risultato dell’esperimento è una serie di “righe” luminose, che ricordano i codi-ci a barre utilizzati nei supermercati. Le lunghezze d’onda esatte associate a ognu-na di queste righe costituiscono una sorta di “impronta digitale” che identifica unparticolare tipo di atomo, proprio come ciascun prodotto in un supermercato haun suo codice a barre univoco.Questo tipo di spettro, con le sue righe luminose di diversi colori, è detto spettro arighe. La figura 4a ci mostra l’esempio della parte visibile dello spettro a righe del-l’idrogeno atomico. L’idrogeno produce ulteriori righe nelle parti infrarossa e ul-travioletta dello spettro elettromagnetico.Lo spettro a righe mostrato della figura 4a è uno spettro di emissione poiché mostrale righe che sono emesse dagli atomi di idrogeno. Analogamente, se una luce con-tenente tutti i colori dello spettro visibile attraversa un tubo di idrogeno gassoso,alcune lunghezze d’onda vengono assorbite dagli atomi, dando origine a uno spet-tro di assorbimento formato da righe nere (là dove gli atomi assorbono la radiazione)su uno sfondo luminoso. Le righe di assorbimento corrispondono esattamente al-le lunghezze d’onda delle righe di emissione. La figura 4b mostra lo spettro di as-sorbimento dell’idrogeno.Il primo passo verso l’interpretazione quantitativa dello spettro dell’idrogeno ven-ne compiuto nel 1885, quando Johann Jakob Balmer (1825-1898), un insegnantesvizzero, giunse per tentativi alla semplice formula che fornisce la lunghezza d’on-da delle righe visibili dello spettro:

(serie di Balmer) [1]

La costante R presente in questa espressione è detta costante di Rydberg. Il suo va-lore è:

R � 1,097 � 107 m�1

Ogni valore intero di n (3, 4, 5, …) nella formula di Balmer corrisponde alla lun-ghezza d’onda l di una riga spettrale ben precisa. Ad esempio, se poniamo n � 5nell’equazione [1] otteniamo:

Risolvendo in funzione della lunghezza d’onda abbiamo:

che corrisponde alla riga bluastra (la seconda da sinistra) nella figura 4a.L’insieme di tutte le righe previste dalla formula di Balmer è chiamato serie di Balmer. Nell’esempio svolto seguente analizziamo in dettaglio la serie di Balmer.

l = 4,341 � 10-7 m = 434,1 nm

1

l= 11,097 � 107 m-12a 1

22-

1

52b

n = 3, 4, 5, Á1

l= Ra 1

22-

1

n2b

L ABORATORIO

Laboratorio 61Spettro dell’atomo di idrogeno

1084 C A P I T O L O 3 1 F i s i c a a t o m i c a

1 . E S E M P I O S V O L T O La serie di Balmer

Determina la lunghezza d’onda massima e quella minima nella serie delle righe spettrali di Balmer.

D E S C R I Z I O N E D E L P R O B L E M ALa figura rappresenta le prime righe della serie di Balmer con i lorocolori, utilizzando come riferimento i risultati riportati nella figura 4. La serie di Balmer contiene un numero infinito di righe, indicate daipuntini di sospensione a destra della riga corrispondente a n : q.

ST R AT E G I ASostituendo i valori n � 3, n � 4 ed n � 5 nella formula di Balmer, tro-viamo che la lunghezza d’onda diminuisce al crescere di n. Perciò lalunghezza d’onda massima corrisponde a n � 3 e quella minima a n:q.

S O L U Z I O N E

Per determinare la lunghezza d’onda massima nella serie di Balmersostituiamo n � 3 nell’equazione [1]:

Invertendo il risultato si ottiene la lunghezza d’onda l corrispondente:

La lunghezza d’onda minima si ottiene facendo tendere n a infinito

o, in modo equivalente, : 0. Operando questa sostituzione nel-l’equazione [1] si ha:

Invertendo il risultato si ottiene la lunghezza d’onda l corrispondente:

O S S E R VA Z I O N ILa lunghezza d’onda massima corrisponde a una luce visibile rossastra, mentre la lunghezza d’onda minima è decisamente nel-la zona ultravioletta dello spettro elettromagnetico ed è quindi invisibile ai nostri occhi.

P R O VA T UQuale valore di n corrisponde a una lunghezza d’onda di 377,1 nm nella serie di Balmer? [n � 11]

Problemi simili: 5 e 6.

a 1

n2b

n ∞

364,6 434,1 486,2 656,3

Lunghezza d’onda, � (nm)

n = 5 n = 4 n = 3

l =4

(1,097 � 107 m-1)= 364,6 nm

1

l= Ra 1

22- 0b = (1,097 � 107 m-1)a 1

4b

l =36

5(1,097 � 107 m-1)= 656,3 nm

1

l= Ra 1

22-

1

32b = (1,097 � 107 m-1)a 5

36b

TABELLA 1 Le principali serie spettralidell’idrogeno

n� Nome della serie

1

2

3

4

5

Lyman

Balmer

Paschen

Brackett

Pfund

AT TENZIONE

Applichiamo correttamente l’equazione [2]

Osserviamo che nell’equazione [2] n ed n� so-no interi e che l’intero n deve essere sempremaggiore di n�.

Dalla figura 5 a pagina seguente si vede che la serie di Balmer non è l’unica seriedi righe prodotta dall’atomo di idrogeno. La serie con le lunghezze d’onda piùcorte è la serie di Lyman, nella quale tutte le righe sono nell’ultravioletto. Analo-gamente, la serie con le lunghezze d’onda appena maggiori di quelle della serie diBalmer è la serie di Paschen. Le righe di questa serie sono tutte nell’infrarosso. La formula che fornisce la lunghezza d’onda per tutte le serie dell’idrogeno è:

[2]

Facendo riferimento all’equazione [1], vediamo che la serie di Balmer corrispondealla scelta n�� 2. Analogamente, la serie di Lyman è data dalla scelta n� � 1 e quel-la di Paschen corrisponde a n� � 3. Come vedremo nel corso del capitolo, le serie dilinee dell’idrogeno sono infinite, e ognuna di queste corrisponde a una diversascelta di n�. I nomi delle più comuni serie spettrali dell’idrogeno sono elencati nel-la tabella 1.

n = n¿ + 1, n¿ + 2, n¿ + 3, Á

1

l= Ra 1

n¿2-

1

n2b n¿ = 1, 2, 3, Á

3 . I l m o d e l l o d i B o h r d e l l ’ a t o m o d i i d r o g e n o 1085

E S E R C I Z I O

1 Calcola:

a) la lunghezza d’onda più corta nella serie di Lyman;

b) la lunghezza d’onda più lunga nella serie di Paschen.

[a) sostituiamo n� � 1 e n 0 :q nell’equazione [2]:

:b) sostituiamo n� � 3 e n � 4 nell’equazione [2]:

: l� 1875 nm]

Per quanto l’equazione [2] riesca a fornire con successo le varie lunghezze d’ondadella radiazione prodotta dall’idrogeno, essa è ancora una formula empirica equindi non fornisce alcuna informazione sul perché siano prodotte tali lunghezzed’onda e non altre. I fisici atomici del primo periodo del secolo scorso cercaronoproprio di derivare l’equazione [2] dai principi fisici fondamentali. Il primo passosignificativo in questa direzione costituirà l’argomento principale del prossimo paragrafo.

3. Il modello di Bohr dell’atomo di idrogenoLe conoscenze scientifiche sull’atomo di idrogeno fecero un gigantesco salto inavanti nel 1913, quando Niels Bohr (1885-1962), un fisico danese che aveva conse-guito il dottorato appena due anni prima, elaborò un modello che gli permettevadi ottenere l’equazione [2]. Il modello di Bohr coniugava elementi di fisica classicacon le idee della fisica quantistica introdotte da Planck e da Einstein circa dieci anni prima. Si trattava, di fatto, di un modello ibrido che consentì di passare dallafisica classica di Newton e Maxwell alla nascente fisica quantistica.

Le ipotesi di partenza del modello di BohrIl modello di Bohr dell’atomo di idrogeno si basa su quattro ipotesi. Due sono spe-cifiche del suo modello e non si applicano alla visione totalmente quantistica del-l’idrogeno che verrà presentata nel paragrafo 5. Le altre due ipotesi sono del tuttogenerali e non si applicano solo all’idrogeno ma a tutti gli atomi.Le due ipotesi specifiche del modello di Bohr sono le seguenti:

• In un atomo di idrogeno l’elettrone si muove su un’orbita circolare intorno alnucleo.

1

l= Ra 1

32-

1

42b = 11,097 � 107 m-12a 7

144b

1

l= Ra 1

12- 0b = 11,097 � 107 m-12 l = 91,16 nm

FIGURA 5 Serie di righe spettrali di Lyman, Balmer e PaschenLe prime tre serie di righe spettrali nellospettro dell’idrogeno. Le lunghezze d’ondapiù corte sono nella serie di Lyman. Non c’è un limite superiore al numero di seriedell’idrogeno o al numero di lunghezzed’onda che possono essere emesse.

100

Ultravioletto Lucevisibile

Infrarosso

Serie diLyman

Serie diBalmer

Serie diPaschen

400 1000 � (nm)

▲ Niels Bohr insieme ad Albert Einstein,in una foto del 1930.