90 Delle Barricate 1

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  • 1922 - 2012LE BARRICATE DI PARMA

    Ricordare il passato pu dare origine ad intuizioni pericolose e la societ stabilita sembra te-mere i contenuti sovversivi della memoria

    Herbert Marcuse

    Quando l11 aprile del 1972, il periodico Lotta Continua divenne quotidiano, nella testata comparve unelabora-zione grafica di una fotografia delle barricate di Parma dellagosto del 1922. Siamo convinti che quello che veramente vince il popolo; quindi la lotta di massa e la guerra di popolo, fu la spiegazione che non lasciava dubbi sulla scelta di quella fotografia. Le barricate di Parma, furono un evento che vide la Parma popolare, quella di Oltretorrente, schierarsi contro il fascismo. Unopposizione contro lattacco padronale e fascista vista come lotta di classe. Gli even-ti di Parma, e non solo, dimostrarono limpotenza dei partiti riformisti contro la violenza fascista, contrapposta alla forza del popolo che unito e armato pu vincere qualsiasi nemico. Ricordare le barricate di Parma oggi, per noi, significa far rivivere un simbolo per tutti quelli che di fronte alla possibilit di perdere tutto, compresa la vita, non chinano la testa e agiscono di conseguenza.Vogliamo ringraziare Silvio Antonini, William Gambetta, Alberto Pantaloni, Piermichele (Piero) Pollutri, per i loro preziosi contributi, senza i quali questo speciale non avrebbe visto luce.

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 2012 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA - 2

    1922 - 2012LE BARRICATE DI PARMA

    Supplemento a LOTTA CONTINUA Luglio/Agosto 2012

    Direttore Responsabile Michela Zucca

    Autorizzazione del tribunale di Torino n. 13 del 10/03/2012

    Stampa La Grafica Nuovavia Somalia, 108/32, 10127 Torino

    Sede di Torinoemail: [email protected]

    tel.: 349 3960670Sito web: www.conflittimetropolitani.it

    Centro Studi dInchiesta e Conricerca di Torino

    Sommario

    LAFFERMAZIONE DEL FASCISMO FRA CRISI DELLO STATO LIBERALE, SCONFITTA DELLE LOTTE OPERAIE, LACERAZIONE DELLA SINISTRA

    LAGOSTO DELLOLTRETORRENTE

    GLI ARDITI DEL POPOLO E IL PARTITO COMUNISTA: UNOCCASIONE PERDUTA?

    BASTARDI SENZA STORIA

    LOMICIDIO DI MARIANO LUPO

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    In memoria di:

    Ulisse Corazza, 28 anni (Consigliere comunale, caduto il 4 agosto 1922)

    Giuseppe Mussini, 25 anni (Ardito, caduto il 3 agosto 1922)

    Attilio Zilioli, 34 anni (caduto il 4 agosto 1922)

    Carluccio Mora, 23 anni (Ardito, caduto il 4 agosto 1922)

    Gino Gazzola, 14 anni (caduto il 4 agosto 1922)

    Mario Tomba, 17 anni (caduto il 4 agosto 1922)

    e di tutti coloro che difesero Parma innalzando barricate contro lassalto armato di migliaia di fascisti venuti dalle province e regioni vicine.

    Mariano Lupo, 20 anni (assassinato il 25 agosto 1972)

    In copertina la barricata di via Bixio.

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 20123 - 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA

    LAFFERMAZIONE DEL FASCISMO FRA CRISI DELLOSTATO LIBERALE, SCONFITTA DELLE LOTTE OPERAIE,

    LACERAZIONE DELLA SINISTRADi Alberto Pantaloni

    Alla fine della Prima guerra mondiale, lEuropa fu in-vestita da una grave crisi economica e sociale, tanto da rendere difficile un ritorno agli schemi politici ante 1914. In Italia la crisi fin per travolgere gli assetti pre-bellici e determinare lavvento di quello che si autode-fin regime fascista.Eppure le premesse erano state positive: un lento ma inevitabile processo di maturazione politica di massa era culminato nel 1913 col suffragio universale ma-schile, ma questo inserimento del popolo operaio e contadino nella vita politica venne interrotto dalla guerra, nel corso della quale si accentu il controllo dellesecutivo su tutta lattivit politica. La fine del conflitto produsse un forte ristagno econo-mico e laumento esponenziale della disoccupazione per larghe masse di persone, alle quali peraltro, per le limitazioni imposte dagli Stati Uniti, era ora pre-cluso lantico rimedio dellemigrazione oltreoceano. Questo fenomeno, affiancato dalla proletarizzazione di importanti settori di piccola borghesia, ebbe for-ti conseguenze anche sul piano politico: infatti, sia la Confederazione generale del lavoro, socialista, sia la Confederazione italiana lavoratori, cattolica, co-nobbero un fortissimo afflusso di operai, braccianti, contadini e perfino di impiegati privati e di funzionari dello Stato. Questo forte disagio economico cominci ad esprimersi anche in azioni di forza, con occupazio-ni delle terre e delle fabbriche da parte di braccianti agricoli, contadini ed operai.Alla fine della guerra, con lo sgretolamento della so-ciet e della cultura ottocentesca, basata sulla visio-ne positivistica della sviluppo infinito, oltre che dalle difficolt economiche, i cosiddetti ceti medi furono colpiti da una profonda crisi di valori. Attraverso il mito della vittoria mutilata (la questione di Fiume), i nazionalisti riuscirono parzialmente a coagulare que-sta insofferenza e a darle obiettivi politici. Un proces-so che sfoci nellimpresa fiumana di Gabriele dAn-nunzio e dei suoi legionari, che per 15 mesi (dal 12 settembre 1919 al 24 dicembre 1920) occuparono la citt istriana, salvo poi essere sgomberati dallesercito regio allindomani del Trattato di Rapallo (12 novem-bre 1920) e della dichiarazione di Fiume come Stato indipendente.Le prime elezioni del dopoguerra furono quelle del novembre 1919 e furono le prime col suffragio univer-sale maschile. Ci accrebbe limportanza dei partiti di massa organizzati, soprattutto quelli socialista e catto-lico (allindomani della guerra si era infatti costituito

    il Partito Popolare Italiano). Proprio socialisti e cattolici ottennero pi del 50% dei suffragi, sottraendo ai liberali e ai gruppi tradizionali di governo gran parte della loro forza elettorale e del loro predominio politico. Nel frattempo, alla sinistra del partito socialista era invece sorto a Torino, intor-no al periodico Ordine Nuovo, fondato e diretto da Antonio Gramsci, un nuovo movimento politico, espressione dellavanguardia operaia torinese, che do-veva contribuire a dar vita, nel 1921, al Partito Comu-nista dItalia. Gramsci prospettava la possibilit per il proletariato operaio di conquistare il potere attraverso i Consigli di fabbrica e il controllo della produzione nelle fabbriche.Sempre nel 1919 si costituirono a Milano i Fasci di combattimento, destinati a trasformarsi nel 1921 in Partito nazionale fascista. Essi incontrarono subito il favore di studenti ed ex combattenti appartenenti alla piccola borghesia. Il programma originario del fasci-smo si caratterizzava come antiborghese, antisociali-sta, anticlericale e antimonarchico, con una oggettiva e sicuramente strumentale - dose di sinistrismo (la rivendicazione della giornata legale di 8 ore, i mini-mi di paga, la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dellindustria, una forte imposta straordinaria sul capitale a carat-tere progressivo, il sequestro dell85% dei profitti di guerra, il sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose, che comunque si attenu abbastanza in fret-ta, fino a scomparire nel primo congresso del partito del 1921. A capo del movimento era Benito Mussolini, espulso nel 1914 dal PSI per la sua fervente campagna interventista nella Prima guerra mondiale. Accanto al fascismo urbano dei Fasci di combattimento, si ven-ne costituendo anche un fascismo rurale, sovvenzio-nato e diretto dai grandi latifondisti agrari della Bas-sa padana, e utilizzato come braccio armato contro contadini e braccianti poveri.Le agitazioni sociali, infatti, crescevano: nellagosto-settembre 1920, ai moti contro il carovita (esplosi in tutta la penisola) e alle occupazioni delle terre, si aggiunsero le rivolte militari (come quella dei bersa-glieri ad Ancona), e soprattutto le occupazioni delle principali fabbriche da parte degli operai metallur-gici del triangolo industriale (Milano, Genova, Tori-no), che reclamarono la gestione diretta delle aziende, conformemente al programma formulato da Gramsci nellOrdine Nuovo e dietro la suggestione del mo-dello bolscevico dei soviet. Loccupazione operaia, so-stanzialmente incentrata a Torino e nel Nord-Ovest, fu isolata dalle stesse confederazioni sindacali e dal

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 2012 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA - 4

    PSI, e fin sostanzialmente con la sconfitta degli oc-cupanti, anche perch vennero meno le materie prime necessarie e cessarono di giungere nuove commesse. Con la fine delle occupazioni di fatto si esaur il ciclo del cosiddetto Biennio Rosso e svan il pericolo, per lo Stato e la borghesia, di unimminente rivoluzione sociale.Quello che non svan, per, fu la paura che due anni di lotte operaie, contadine, popolari, aveva pervaso le classi dominanti nel Paese. Entr allora in azione lo squadrismo fascista: si ebbero le prime spedizioni punitive, che si concludevano invariabilmente con la distruzione delle organizzazioni sindacali socialiste e cattoliche, delle amministrazioni comunali rosse e bianche, delle cooperative popolari, delle sezioni di partito. Gli organi dello Stato, ancora espressione

    Torino, 1920. Operai armati durante loccupazione delle fabbriche.

    della mentalit e della cultura rea-zionaria legata ai circoli monarchici e militari, erano refrattari ed ostili a qualsiasi prospet-tiva di evoluzione democratica e non vedevano perci negativamente la-zione delle squa-dre fasciste, utili ed opportune da utilizzare contro i sovversivi rossi, salvo poi metterle da parte una volta ristabilito lordine sociale minacciato. Per questo gli in-terventi repressivi contro lo squadri-smo furono rari, fiacchi e tardivi.Lincertezza e la confusione politica che aveva regna-to fra i socialisti durante il Biennio Rosso, produsse diverse scissioni nel PSI: a quella di sinistra, ad opera dei comunisti di Bordiga e di Gramsci (congresso di Livorno, gennaio 1921), corrispose a destra nel 1922 il distacco di Matteotti e dei riformisti, che dettero vita al Partito Socialista Unitario, mentre alla testa del vec-chio PSI, ridotto di forze e di prestigio, si posero Ser-rati e poi Nenni. Se a ci si aggiunge la rottura dellu-nit dazione fra il PSI e la Confederazione generale del lavoro, si pu veramente dire che la frantumazione della sinistra politica apr la strada a una controrivo-luzione di destra.Le difficolt di governo e la mancanza di uneffettiva maggioranza in Parlamento (socialisti e popolari si rendevano indisponibili a governi di coalizione coi liberali), indussero Giolitti nel maggio 1921 a indire nuove elezioni, nella speranza di poter ridurre il numero dei deputati socialisti e cattolici. Il risultato, alla luce di ci che sarebbe successo di l a breve, fu

    disastroso: se, infatti, socialisti e cattolici mantennero le posizioni, grazie allalleanza elettorale fra giolittiani, nazionalisti e fascisti (il cosiddetto blocco nazionale), 35 deputati mussoliniani entrarono in Parlamento. Questa manovra di Giolitti, quindi, dette ai fascisti una patente di rispettabilit che certo non avevano e permise loro di esercitare, con la complicit dei prefetti giolittiani, un vero terrorismo nei confronti degli avversari politici e di perpetrare le pi sfacciate violenze il giorno stesso delle votazioni.Al vecchio Giolitti successero alla guida del governo prima Bonomi e poi Facta, ma ormai il re, il papa Pio XI, le alte burocrazie dello Stato avevano fatto una scelta di campo, sostenendo i fascisti, che nel frattem-po avevano fortemente annacquato lanticlericalismo e il repubblicanesimo della prima ora.

    Il moltiplicarsi del-le violenze fasciste le sinistre reagiro-no con un ultimo disperato tentati-vo, indicendo uno sciopero generale il 31 luglio 1922. Lo sciopero fall miseramente, an-che perch i fasci-sti si scatenarono (senza incontrare resistenze impor-tanti, salvo qual-che eccezione). Essi assaltarono le sedi dellAvanti!, quelle di impor-tanti comuni go-vernati dai sociali-sti (come Milano), e si impadronirono di treni e stazioni

    militari per garantire, in parte, il servizio ferroviario. Di fronte allimmobilismo del governo Facta, i qua-drumviri fascisti (De Vecchi, De Bono, Balbo e Bian-chi), daccordo con Mussolini, organizzarono lassalto decisivo: il 28 ottobre 1922 diedero inizio alla Marcia su Roma. Forse per un sussulto dorgoglio, parte del governo e dello Stato Maggiore dellEsercito (Bado-glio), si dichiararono pronti ad intervenire per spaz-zare via i fascisti; ma Vittorio Emanuele III rifiut di firmare il decreto sottopostogli da Facta, investendo Mussolini dellincarico di formare il nuovo governo. La Corona e la maggior parte della classe politica ita-liano pass definitivamente armi a bagagli dalla parte del fascismo pur di evitare una pericolosissima, quan-to nei fatti improbabile al momento, rivoluzione so-cialista.

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 20125 - 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA

    LAGOSTO DELLOLTRETORRENTEDi William Gambetta

    Alla fine del luglio 1922, in seguito allinasprirsi del-le violenze fasciste contro le organizzazioni del mo-vimento operaio, lAlleanza del lavoro proclam per il primo agosto uno sciopero generale in difesa delle libert politiche e sindacali. Contro quella mobilita-zione il Partito nazionale fascista prepar una risposta armata in grande stile: con la connivenza di esercito e pubblica sicurezza, le squadre nere ebbero mano libe-ra (quando non addirittura aiuto logistico e militare) nel reprimere la protesta dei lavoratori. Cos, i capi socialisti e i leader dellAlleanza del lavoro tornarono immediatamen-te sui propri passi e dichiararono la fine della mobili-tazione, dando il via a nuove e pi cruente violenze e aggressioni. Lo sciopero legali-tario, dunque, pur andando incontro alla volont di lotta di ampi settori del proletariato italia-no, fall misera-mente per il tattici-smo e lindecisione dei dirigenti socia-listi. Dal 3 agosto, tuttavia, in alcune zone la mobilita-zione si trasform in una disperata resistenza contro le camicie nere di Mussolini. Scontri si ebbero nei quartieri popolari di Ancona, Brescia, Milano, Bari, Genova, Livorno e, soprattutto, Parma. In tutte le cit-t, salvo questultima, le spedizioni punitive termina-rono con devastazioni di circoli, cooperative, sindaca-ti e giornali operai, con dimissioni di amministrazioni comunali e pestaggi e uccisioni di esponenti e dirigen-ti dellantifascismo. Nella citt emiliana, invece, i fasci-sti si scontrarono per tre giorni con gli operai armati dei rioni dellOltretorrente e del Naviglio e dopo duri combattimenti la loro sconfitta fu completa.I lavoratori di Parma avevano risposto compatti allo sciopero generale, e forti delle tradizioni locali del sindacalismo rivoluzionario, mostrarono ancora una volta una grande combattivit. Dal giugno 1921, poi, nei rioni del capoluogo e nei paesi della sua cintura, operava la rete armata degli Arditi del popolo, animata dal deputato socialista Guido Picelli, in contatto

    Guido Picelli.

    con lorganizzazione nazionale tramite Giuseppe Mingrino. Per oltre un anno le squadre di arditi respinsero gli attacchi dei fascisti e ogni loro tentativo di radicarsi nel tessuto sociale della citt popolare. Di fatto, nei rioni operai, gli arditi di Picelli finirono per costituire una sorta di contropotere armato tanto verso le forze dellordine della monarchia quanto verso gli uomini di Mussolini. Lorganizzazione arruolava operai e contadini ex-combattenti della Grande guerra ma anche giovani lavoratori con alle spalle lesperienza delle guardie rosse del 1919-20 e tutti coloro che, senza distinzione di partito, fossero disposti a combattere risolutamente le orde avversarie e osservassero la pi stretta disciplina (art. 2 dello Statuto degli Arditi del popolo di Parma). Nellagosto 1922, dunque, entrambe le parti erano pronte: da un lato i fascisti, che finirono per mobili-tare nella spedizione sulla citt emiliana quasi 10 mila uomini, organizzati e diretti da Italo Balbo, arrivato a Parma da Ferrara per ordine della Direzione naziona-le del Partito fascista; dallaltro i lavoratori e le famiglie dei quartieri pi poveri della citt, che sostennero sen-za riserve la resistenza degli Arditi del popolo. Sono convinto rifletteva Balbo durante i giorni dei com-battimenti che la partita che si sta per giocare supe-ra come importanza tutte le precedenti. Per la prima volta il fascismo si trova di fronte un nemico agguer-rito e organizzato, armato ed equipaggiato e deciso a resistere a oltranza (Diario 1922, Mondadori, 1932).Gli scontri durarono tre giorni. La popolazione dellOltretorrente e del Naviglio asserragliata dietro le barricate respinse, uno dopo laltro, gli attacchi del-le truppe fasciste che occuparono il centro borghe-se della citt, compiendo devastazioni e saccheggi ai danni di notabili democratici. Dietro le fortificazioni improvvisate, agli ordini di Picelli, resistettero, fianco a fianco, socialisti e comunisti, anarchici e sindacalisti rivoluzionari, repubblicani e giovani cattolici in dis-senso dalle direttive del Partito popolare che li invita-va a rimanere neutrali. Nel corso degli scontri mori-rono cinque uomini tra i popolani e numerosi furono i feriti su entrambi i fronti.Dopo un ennesimo tentativo di sfondare le trincee dellOltretorrente, fallito, allalba del 6 agosto il comando militare di Balbo decise di abbandonare la citt. La smobilitazione fu attuata frettolosamente dopo un compromesso con le autorit militari, che si impegnavano a dichiarare lo stato dassedio. Tale soluzione mostrava levidente sconfitta delloperazione repressiva del fascismo, incapace di penetrare nei quartieri controllati dagli insorti. Simbolo di questo esito politico e militare, fondato su una strategia non solo difensiva ma anche aggressiva, i colpi di pistola indirizzati a Balbo nel momento in cui lasciava Parma: I sovversivi scrisse il comandante fascista

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 2012 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA - 6

    mi hanno dato il saluto delle armi sparando colpi di rivoltella contro la mia automobile davanti allalbergo. Ci siamo lanciati allinseguimento, ma gli sparatori sono riusciti facilmente a dileguarsi.Una volta partiti i fascisti, i soldati vennero accolti nei borghi popolari al grido di Viva lesercito proletario!, vino venne versato ai militari che si erano rifiutati di aiutare la repressione e la gioia e lentusiasmo esplose

    Campanile della Chiesa Santa Maria in strada DAzeglio.

    in ogni strada. Nei gior-ni successivi le barricate vennero rimosse e la si-tuazione torn alla nor-malit. Ma anche quan-do alla fine di ottobre, con la marcia su Roma e lincarico a Mussolini di formare il governo regio, finiva lepoca dello stato liberale e iniziava quella del ventennio fascista, gli arditi di Parma non smo-bilitarono ma continua-rono la vigilanza armata tentando di mettere a frutto sul piano nazionale lesperienza vittoriosa.Alla base del successo antifascista vi furono nu-merose ragioni, sociali e politiche, ma sicuramente tre furono determinanti. Innanzitutto i fatti della-gosto 1922 si inserivano in una radicata tradizione di lotte dei quartieri po-polari della citt che, per la stessa conformazione urbanistica, erano qui pi compatti e isolati che altrove. Parma, infatti, attraversata da un torrente che la divide in due parti. Almeno fino agli Trenta, il corso dacqua non era solo un confine topografico, ma sociale, culturale e politico: a est del torrente si ergeva la Parma nuova, la citt storica, centro economico e finanziario, abitata dalla media e alta borghesia in si-gnorili palazzi con strade larghe ed eleganti; viceversa verso ovest, nella Parma vecchia, la citt si mostrava degradata e miserevole, qui trovavano sede le case e le osterie buie e strette degli operai, dei lavoratori a giornata, dei piccoli artigiani e del sottoproletariato. In Oltretorrente, cos come nel Naviglio (che sorge-va a ridosso dello scalo merci ferroviario e della na-scente zona industriale), il movimento operaio aveva gettato forti radici. La popolazione di questi borghi aveva partecipato al grande sciopero bracciantile del 1908, ma gi nella seconda met dellOttocento ave-va mostrato un indomabile spirito di ribellione verso lautorit statale, con numerosi tumulti e sommosse. Uno dei metodi di lotta, quasi abituale, della gen-te dellOltretorrente, infatti, era la difesa del proprio quartiere con lo sbarramento dei borghi stretti e torti,

    con il lancio di pietre nelle strade e di tegole dai tet-ti: una naturale autodifesa dallesercito regio e dalle forze di polizia, visti come corpi estranei e ostili alla comunit. La rete degli Arditi del popolo era anche espressione di questa cultura popolare: per i lavoratori dei borghi, insomma, costruire sbarramenti e trincee nel 1922 signific ripetere un consueto gesto di difesa dagli sgherri a protezione della propria comunit.

    Peraltro, nel dopoguer-ra, sotto limpulso della Rivoluzione dottobre e dopo i sacrifici nelle trin-cee del grande conflitto mondiale, le masse prole-tarie nutrivano profonde speranze per la propria emancipazione. Sta qui la seconda ragione della vittoria antifascista. Nella rivolta di Parma lespe-rienza tecnico-militare della guerra trov un ampio utilizzo nella dife-sa operaia. Le fotografie di quei giorni mostrano numerosi lavoratori con gli elmetti e le decorazio-ni conquistate in trincea, i borghi sono chiusi con tecniche militari, filo spi-nato e picchetti, fossati e parapetti, le armi sono quelle portate a casa dal fronte. In poche ore scrisse Picelli anni pi tardi i rioni popolari della citt presentarono laspetto di un campo trin-cerato. La zona occupata

    dagli insorti fu divisa in quattro settori Ad ogni set-tore corrispose un numero di squadre in proporzione alla sua estensione Ogni squadra era composta di otto-dieci uomini Tutte le imboccature delle piazze, delle strade, dei vicoli, vennero sbarrate da costruzioni difensive. Nei punti ritenuti tatticamente pi impor-tanti i trinceramenti furono rafforzati da vari ordini di reticolato e il sottosuolo venne minato. I campanili, trasformati in osservatori numerati. Per tutta la zona fortificata i poteri passarono nelle mani del comando degli Arditi del popolo, costituito da un ristretto numero di operai, in precedenza eletto dalle squadre, fra i quali fu ripartita la direzione delle branche di servizio: dife-sa e ordinamento interno, approvvigionamenti, sanit (La rivolta di Parma, lo Stato Operaio, ottobre 1934). Dallesperienza della guerra, dunque, gli operai acqui-sirono la scienza bellica borghese e la trasformarono in arma contro le forze della reazione.La terza ragione della vittoria parmigiana sta nella linea politica espressa da Picelli e dagli uomini a lui vicini. Nato e cresciuto nellOltretorrente, durante il conflitto Picelli era stato decorato al valor militare e,

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 20127 - 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA

    nel dopoguerra, aveva assunto la carica di segretario della Lega proletaria dei reduci, vicina al Psi. Grazie ai voti del quartiere era diventato deputato nelle elezioni del 1921 e cos aveva lasciato il carcere, dove era dete-nuto da quasi un anno per una manifestazione contro linvio di granatieri italiani in Albania. Anche da ono-revole continu a vivere e frequentare i rioni proleta-ri, le osterie e le sedi politiche e sindacali di Parma vecchia. Picelli divenne il dirigente conosciuto in tutti i borghi, rispettato per la coerenza e il coraggio, ap-prezzato soprattutto per la sua proposta di unit del movimento operaio contro il fascismo.In quel periodo, nella citt emiliana, vi erano tre cen-trali sindacali, in polemica luna con laltra, e le for-ze politiche erano in altrettanto dissidio tra sociali-sti e comunisti, anarchici e corridoniani, popolari e

    repubblicani, divisi sia nellanalisi del fascismo che nel metodo per combatterlo. In questo contesto, Picelli propose una strategia di lotta unitaria: Al fronte uni-co borghese, bisogna opporre quello proletario. Solo con lunit avremo il sopravvento, poich indiscutibile che noi siamo una forza, forza che non simpone oggi, solo perch divisa in tanti piccoli raggruppamenti in disac-cordo fra di loro. Ma lunit propriamente detta, non si ottiene certo nel campo politico, n si pu pretendere che, chi segue un determinato indirizzo, faccia rinuncia delle proprie idee. No. Ognuno rimanga quello che , fedele ai propri principii. sul terreno economico che si deve scendere. Creare lunione di tutte le forze divise e disperse, sulla base di un accordo, che miri ad un solo obiettivo e per quel fine che a tutti comune: libert e difesa della vita. Quando la reazione infuria e fa stra-ge, quando il delitto elevato a sistema ammesso dalla complicit del governo e dalla magistratura, quando la miseria costringe alla fame famiglie intere, quando le galere rigurgitano di proletari innocenti, quando ogni diritto calpestato e tutti indistintamente, socialisti,

    comunisti, sindacalisti ed anarchici, sono sotto il con-tinuo, incessante martellamento e sottoposti allo stesso martirio, colpiti dallo stesso bastone, occorre far tace-re le passioni di parte, finirla con le accademie e le di-scussioni inutili, su questo o quellindirizzo politico La borghesia non si divide e non discute, uccide senza piet (Unit e riscossa proletaria, Tipografia Pelati, 1922).Il dirigente degli arditi parmensi era consapevole che il fenomeno fascista rappresentava lo strumento repressivo del padronato, cos come era certo che il movimento operaio avrebbe potuto salvarsi dalla re-azione solo rispondendo colpo su colpo. Era la fase storica della lotta di classe che necessitava di una tale organizzazione: Al proletariato occorre un nuovo or-gano di difesa e di battaglia: il suo esercito. Le nostre

    forze devono inquadrarsi e disciplinarsi volontariamen-te. Loperaio deve trasformarsi in soldato, soldato prole-tario, ma soldato. La proposta di un antifascismo unitario aveva in Picel-li una chiara connotazione di classe e veniva accom-pagnata da una durissima critica ai dirigenti riformi-sti: Chi oggi crede ancora o vuol far credere di poter trovare la via duscita con la semplice azione morale o si illude o tradisce. E ancora: Collaborare con la bor-ghesia offrire la testa al boia. Sappia quindi il popolo martoriato trovare in s solamente le forze per difen-dersi, poich non rimane ad esso altra via. Con que-sta politica gli operai dellOltretorrente e del Naviglio trovarono lunit e vinsero, ma lesperienza dellagosto di Parma arriv troppo tardi. Poche settimane dopo il fascismo sal al potere. Tuttavia, nel buio del regime, quella vittoria divent presto un racconto epico, una leggenda popolare densa di alterit e di antagonismo pronta a riemergere.

    La barricata di piazzale Inzani.

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 2012 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA - 8

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  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 20129 - 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA

    GLI ARDITI DEL POPOLO E IL PARTITOCOMUNISTA: UNOCCASIONE PERDUTA?

    Di Alberto Pantaloni

    Nellestate del 1921 gli episodi di violenza fascista erano tuttaltro che scomparsi, in particolar modo in Emilia, in Piemonte, a Civitavecchia, ma un fatto nuo-vo sembrava poter rivitalizzare la resistenza di massa e rompere lisolamento politico sofferto dai comunisti allindomani del Patto di pacificazione tra socialisti e Mussolini del 3 agosto: gli Arditi del Popolo.

    Il numero unico de LArdito del popolo.

    Il giuramento degli Arditi del popolo di Parma.

    Gli Arditi del Popolo possono essere definiti come una meteora allinterno della guerra civile di quegli anni: essi apparvero improvvisamente, calamitan-do speranze ed adesioni popolari, e quasi altrettanto rapidamente salvo che per qualche nucleo locale sparirono. Una parabola che per certi versi si potreb-be definire sintomatica del dramma del movimento operaio italiano del dopoguerra, la grande occasione mancata dellantifascismo militante prima della mar-cia su Roma.La ricostruzione del movimento che se ne pu fare ora forse non fuga tutte le ombre che a torto o a ragione furono posate su di esso (basti pensare ad alcuni giu-dizi espressi sullanarchico Argo Secondari, uno dei capi del movimento nonch ex tenente pluridecorato degli Arditi assaltatori, dipinto come un personaggio torbido, un provocatore), ma mette in evidenza due punti fondamentali:il carattere assolutamente popolare e spontaneo che il movimento tese fin dal primo momento ad assumere;lerrore madornale che il partito comunista commise

    nei suoi confronti, accecato dal settarismo, da pregiu-dizi dottrinari, da una diffidenza sospettosa per tutto ci che non proveniva direttamente dalla sua organiz-zazione.Il nome Arditi del Popolo non fu preso in contrappo-sizione agli Arditi di guerra, bens in continuit con quella esperienza, alimentata dagli stessi Arditi che si misero a capo di quella che fu una vera e propria guerra civile a difesa della libert contro lo squadri-smo fascista. LAssociazione degli Arditi del Popolo fu quindi fondata a partire da vari ex Arditi di guerra, quasi tutti ufficiali o sottufficiali, fra i quali, oltre ad Argo Secondari, cerano Luigi Piccioni, repubblicano rivoluzionario, Attilio Paolinelli, anarchico, ed altri elementi comunisti rivoluzionari. Il movimento ebbe subito uneco eccezionale, unau-tentica risonanza popolare. A Roma, il 6 luglio 1921, allOrto Botanico, gli Arditi del Popolo erano gi in grado di tenere un grande raduno: 2.000 uomini in-quadrati militarmente in centurie, al comando di Argo Secondari, sfilarono con randelli, pugnali ed an-che pistole e bombe a mano, fra migliaia e migliaia di persone che erano accorse per acclamarli.In un primo momento nel gruppo dirigente del Par-tito Comunista dItalia ci fu esitazione, mentre la for-mazione veniva invece accolta con enorme simpatia

    anzitutto fra i suoi militanti come fra quelli del PSI. Questultimo precedette il PCd'I nel dichiararsi estra-neo al movimento e nel Patto di pacificazione coi fa-scisti, citato precedentemente, tale estraneit fu sanci-ta formalmente.

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 2012 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA - 10

    Nel frattempo, ladesione del deputato socialista Giu-seppe Mingrino, segretario della Camera del Lavoro di Pisa, ed anche di un parlamentare repubblicano, dava al movimento un carattere pi politico, e soprattutto la costituzione delle sezioni locali del movimento mo-strava che gli Arditi del Popolo puntava a diventare una formazione armata tipicamente proletaria, diffusa e radicata sul territorio. A Torino, per esempio, fin dal primo annuncio della formazione, si proclamarono Arditi del Popolo i componenti delle Squadre delle Guardie Rosse, fondate nel 19, permettendo cos la costituzione di un primo battaglione di 300 armati. Percorsi analoghi si diedero anche a Parma, Livorno, Firenze, Terni, Perugia, Bologna, Genova, con una maggioritaria affluenza di comunisti, socialisti, anar-chici.Il carattere unitario e spontaneo dellorganizzazione testimoniava un ampio sforzo popolare per costruire una resistenza armata. Ovunque, in piccoli e grandi centri, si raccoglievano fondi attraverso sottoscrizioni popolari, si cercavano e si compravano armi.Il Patto di pacificazione dellagosto 21 fu indub-biamente un grande colpo inferto al movimento e,

    Il simbolo degli Arditi del Popolo, la scure che rompe il fascio littorio.

    sebbene il PCdI avesse preso una netta posizione contro di esso, anchesso non lesin il suo ostracismo agli Arditi del Popolo.Quattro giorni dopo il Patto di pacificazione, il 7 agosto 1921, un comunicato dellEsecutivo del PCdI

    recava, infatti, una solenne diffida ai propri militanti, minacciando anche i pi severi provvedimenti con-tro quelli che avessero voluto entrare negli Arditi. La giustificazione addotta si basava su una presunta posi-zione di principio, secondo cui i comunisti avrebbero dovuto inquadrarsi soltanto in formazioni militari del Partito. A questa, i dirigenti del partito aggiungevano una differenza, diciamo cos, programmatica: il fine degli Arditi sarebbe stato soltanto quello di difendersi dal fascismo, mentre la lotta proletaria andava rivolta verso la vittoria rivoluzionaria. difficile oggi decidere se, al declino di questa orga-nizzazione di resistenza, contribu pi la firma del Pat-to da parte dei socialisti oppure la diffida comunista; quello che va notato che a partire da quel momento la repressione da parte degli organi di polizia fu pi dura ed efficace perch si avvantaggi di un certo iso-lamento politico del movimento. Certo che proprio in quel momento in cui la violenza fascista stava di nuovo accelerando (poco pi di un anno dopo il Patto di pacificazione ci sarebbe stata la Marcia su Roma), il movimento operaio e popolare si sarebbe trovato di-sarmato e scoraggiato. Qualche nucleo degli Arditi si attest qua e l, assumendo forme locali assolutamen-te autonome (come ad esempio a Parma), cos come alcune organizzazioni comuniste sfidarono per mesi la diffida dellEsecutivo, ma con lautunno del 21 il movimento appariva gi stroncato.A nulla valsero gli ammonimenti coi quali Nikolai Bu-charin, a nome dellEsecutivo della III Internazionale, invit vivamente Ruggero Grieco, uno dei massimi dirigenti del Partito Comunista d'Italia, a non intral-ciare la fondazione dell'organizzazione antifascista, anche se questa non era alle dipendenze dirette del Partito comunista d'Italia:

    chiaro che agli inizi si aveva a che fare con unorga-nizzazione di massa proletaria e in parte piccolo-bor-ghese che si ribellava spontaneamente contro il terro-rismo []. Dove erano in quel momento i comunisti? Erano occupati ad esaminare con una lente dingrandi-mento il movimento per decidere se era sufficientemen-te marxista e conforme al programma?

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 201211 - 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA

    Valerio Gentili

    BASTARDI SENZA STORIADagli Arditi del popolo ai Combattenti rossi di prima linea: la storia rimossa dellantifascismo europeoRoma, Castelvecchi, 2011, pp. 185, 16,00

    Di Silvio Antonini

    La copertina del libro.

    Quando assistiamo alle parate fasciste, non abbiamo, forse, nel profondo di noi stessi una sensazione di tri-stezza? Quando vediamo sfilare a ranghi serrati que-sti ragazzi, non abbiamo il cuore triste a pensare che se il nostro partito avesse avuto un po di dinamismo rivoluzionario e si fosse preoccupato meglio di questa giovent, al posto di trasformare le nostre sezioni in co-mitati elettorali, questa giovent sarebbe stata al nostro fianco?. Nella citazione di Marceau Pivert, esponente della sinistra socialista francese e animatore del Front rouge negli anni Trenta, la sostanza di questa prege-vole pubblicazione. Lautore, romano, appena tren-taquattrenne, con gi allattivo due monografie: La Legione romana degli Arditi del popolo (Purple press, 2009) e Roma combattente (Castelvecchi, 2010), allar-ga la prospettiva verso il terreno, per noi inesplorato o quasi, dello squadrismo proletario e delle organizza-zioni paramilitari antifasciste nellEuropa occidentale degli anni Venti-Trenta, con unappendice relativa alla Resistenza romana. Dinanzi alle organizzazioni fasciste europee, tutte animate dal proposito di bloccare armi in pugno lemancipazione della classe lavoratrice, si formarono gruppi speculari che, superando il mero rifiuto morale del fascismo, intesero combatterle usando

    Germania, le Schutzformationen, o Schufos, della Reichsban-ner, prestano giuramento con il pugno chiuso (pag. 47 del libro).

    gli stessi strumenti e inferendo loro duri colpi. Gi temprati nel fuoco della Grande guerra, giovani anarchici, comunisti, socialisti, in polemica con il riformismo legalitario dei propri dirigenti, e senza partito, promossero questi gruppi o vi confluirono, in Austria, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia. Una galassia di sigle con in comune alcuni elementi che, probabilmente, contribuiranno

    alloblio presso la storiografia ufficiale. Innanzitutto la composizione sociale: i gruppi in questione non si basavano, quantomeno esclusivamente, sulla figura delloperaio-massa; vedevano infatti una consistente presenza di soldati, al fianco di elementi ascrivibili alla devianza sociale del sottoproletariato, non di rado con trascorsi nella criminalit comune. A ci si aggiungano gli atteggiamenti marziali che ad occhio potrebbero fare equivocare queste formazioni con quelle avversarie. Nella guerriglia urbana, infine, le casematte da conquistare non sono tanto le fabbriche quanto, come nel caso tedesco, le birrerie, fulcro della vita sociale. Proprio alla Germania di Weimar, dove spicca lesempio della Roter Frontkmpferbund (Lega dei combattenti rossi di prima linea), dedicata maggiore attenzione. Nella nazione in cui pi che altrove la scintilla rivoluzionaria sembrava dovesse incendiare la prateria, il paramilitarismo proletario

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 2012 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA - 12

    I leader comunisti Ernst Thlmann (sinistra) e Willy Leow (destra) in testa alla parata dei militanti del Rotfrontkmpferbund durante il raduno nazionale di Berlino del Giugno 1927.

    ha avuto una lunga e articolata vita, un carattere meno spontaneistico e la possibilit di legarsi con le avanguardie artistiche sul versante stampa e propaganda. proprio nel turbine di questi conflitti che si vanno difatti ad affermare segni destinati a divenire patrimonio comune del movimento operaio mondiale. Allampollosit e alle movenze parolaie, caratteristiche del linguaggio socialista, si sostituiscono slogan sintetici, taglienti ed efficaci. Nella guerra dei simboli si affermano immagini come il pugno chiuso e le tre frecce, la cui semiologia nel libro ampiamente trattata. Non mancano, disseminati nel testo, cenni a quelle re-alt che, pi o meno consapevolmente, hanno ripreso le gesta dei gruppi qui narrati, soprattutto a partire da-gli anni Ottanta, con gli Antifa tedeschi e i Cacciatori

    di nazisti in Francia. Anche in Italia, negli ultimi tem-pi, quelli della crisi dellAntifascismo, per citare il celebre pamphlet di Sergio Luzzatto, c un recupe-ro fattivo di questa storia. La Rash (Red & anarchist skinheads), raggruppamento in cui si riconoscono, a livello mondiale, gli skins di orientamento marxista e libertario e che ha assunto come simbolo proprio le tre frecce, assieme ad altre realt soprattutto dellItalia centrale, come Patria Socialista e Primi della strada, organizza da qualche anno marce di carattere com-memorativo, con un inquadramento e delle modalit estranee alle consuetudini della sinistra antagonista, apparentemente.

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 201213 - 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA

    LOMICIDIO DI MARIANO LUPODi Piermichele Pollutri (Piero)

    Sono le dieci di sera del 25 agosto del 1972, una calda serata di agosto. Mariano Lupo, detto Mario, con altri suoi compagni, si avvia verso il cinema Roma, dove aveva un appuntamento. Mario non solo ma va con fare non spensierato perch gi dal pomeriggio era stato minacciato da alcuni neofascisti che militavano nella locale sezione del Msi-Dn di Parma. Allimprovviso, da una siepe del lungo viale, una squa-dra di fascisti si scaglia violentemente contro il picco-lo gruppetto. Mario cade sullasfalto ancora bollente raggiunto da una coltellata al cuore. riverso al suolo e la sua camicia bianca risalta tra il nero dei lunghi capelli e il rosso del suo sangue.Ha ventanni Mario. Immigrato dalla Sicilia approda a Parma dopo aver lavorato in Ger-mania.Di lavoro fa il piastrellista e milita in Lotta Continua che rispecchia le sue passioni e la voglia di cam-biamento ed emancipazione che in quegli anni anima la vita e le spe-ranze di tanti coetanei.

    Da tempo Lotta Continua di Par-ma denunciava la pericolosit di un gruppo ben coeso e organizzato di neofascisti gravitanti attorno alla sede missina locale ma con rappor-ti con il gruppo veneto di Ordine Nuovo. Il gruppo di destra, pochi giorni prima dellomicidio, aveva deciso di occupare la locale sede del Msi da loro ritenuta troppo morbida nella linea politica e deci-samente volta a conquistare lelet-torato moderato. Un occhio allor-dinovismo e laltro rivolto al capo Almirante nella sua versione legge ed ordine, quella di Firenze dove nellinfuocata campagna elettorale per le politiche del 1972 invitava i neofascisti a surrogare lo Stato se questo non fosse stato in grado di fermare le proteste che dilagavano da nord a sud dellItalia. Pro-teste di studenti, operai, femministe per laffermazio-ne dei diritti civili e dei diritti sul lavoro e allo studio.

    A Parma tra il 1969 e il 1972 si form un gruppo di fascisti preparato e unito protagonista di numero-se azioni violente verso simboli della Resistenza e dellantifascismo. Non esitarono a ferire alcuni operai che protestavano per le condizioni lavorative preca-rie e le minacce e le aggressioni ripetute a militanti della sinistra e dellarea sindacale furono riportate da molti giornalisti e soprattutto in un piccolo dossier

    ciclostilato redatto da Lotta Continua dove vennero elencate cronologicamente le azioni squadriste che vedevano coinvolte il solito gruppo di Parma che si distingueva anche fuori la citt ducale.Unescalation di azioni che sfuggiva solamente alla fe-derazione del Pci locale, sezione Problemi dello Stato, che di contro teneva un diario sui fatti violenti dove su un centinaio di pagine ben ottanta erano dedicate alla sinistra extraparlamentare. Sottovalutazione di un fenomeno con conseguenze ben precise in una citt dove il potere politico-amministrativo era saldamente nelle mani del Pci-Psi.

    Dopo tanti campanelli dallarme suonati a denuncia-re il pericolo neofascista che faceva palestra politi-ca in una citt rossa e antifascista che aveva visto,

    anni prima, arretrare i fascisti di Balbo, sotto i colpi dellOltretorrente barricadiero, arriv il morto. Siamo nellanno cruciale per il Msi che vede dalla fine del 1971, assorbito il piccolo partito monarchico, con un seguito di quasi tre milioni di voti, pari all8,7%, con 55 deputati e 26 senatori, la sua forza crescere. Con Almirante si schierarono lammiraglio Gino Birindel-li, gi comandante della Nato nel Mediterraneo, e il generale Giovanni De Lorenzo. Per i missini di Parma larrivo di fondi disponibili per non meglio precisate azioni a suon di manganellate da Londra, dove risiedeva un noto camerata della provincia. Cerano anche i soldi del Soccorso Tricolo-re che venivano raccolti dal settimanale Il Borghese, diretto da Mario Tedeschi, apertamente vicino alla ga-lassia dellestrema destra, per essere inviati alle vittime

    Il funerale di Mariano Lupo.

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 2012 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA - 14

    della violenza rossa quale risarcimento di presunti danni subiti. Dei soldi furono consegnati a chi accom-pagn il commando nero che assal a Colorno, nella bassa parmense, con tute mimetiche, pistole lancia-razzi, caschi e armi improprie, gli studenti di Medici-na che occupavano il locale manicomio per protestare contro linternazione dei malati psichiatrici seguendo le teorie del prof. Basaglia che svariate volte collabor con Parma.

    Pur non essendosi distinto in modo particolare nella militanza, Mario Lupo era comunque noto agli squadristi che quella sera dagosto, a mezzo secolo esatto dallinsurrezione antifascista di Parma, dove si erano appena concluse le celebrazioni dello storico anniversario, lo avevano riconosciuto e aggredito, nellormai consolidata prassi del branco contro uno.Lomicidio, di chiara matrice politica, bench la stam-pa, soprattutto locale, tent depistaggi e falsificazio-ni, lasci la citt sbigottita e commossa, ma al tempo

    stesso suscit un profondo sentimento di rabbia e di sdegno. Parma, teatro di molte lotte contro il nemico nazifascista, stava rivivendo tristi ricordi e ritornava-no alla mente le azioni delle squadracce fasciste, che, respinte dai padri e dai nonni, tornavano ora dram-maticamente a colpire i figli.Il giorno successivo allassassinio, presso il Palazzo Comunale, venne allestita la camera ardente dove migliaia di cittadini, militanti, ex partigiani e delegazioni ufficiali resero omaggio al militante comunista.Intanto telegrammi e riconoscimenti pubblici arriva-rono da tutta Italia soprattutto dai consigli di fabbrica, dalle Anpi, dai partiti antifascisti. In molte realt loca-li vennero indetti scioperi spontanei come a Genova dove i portuali si fermarono per un ora in segno di lutto. Cordoglio e striscioni alla Breda e alla Pirelli.

    Alluccisione del giovane Lupo due manifestazioni in un certo senso si contrapposero. La prima dei partiti

    e delle istituzioni cittadine organizza-ta il 26 agosto e la seconda indetta dai gruppi della Nuova Sinistra. Secondo Lotta Continua antifascismo militante significava eliminare i fasci-sti da Parma, non solo togliere loro spa-zio politico ma anche spazio fisico.Con queste parole dordine veniva in-detto un comizio per la sera del 27 agosto, al quale aderirono Il Manife-sto, il PcdI(m-l), il Pc(m-l), la sezione Gramsci del Pci e, a titolo personale, tanti militanti comunisti, socialisti e appartenenti al sindacato.Era evidente che le parole e i richiami ad un antifascismo puramente verbale non erano sufficienti ad arginare un fe-nomeno che, con la complicit di appa-rati dello Stato e di settori politici, sta-va dilagando. Solo la mobilitazione e lorganizzazione sapr vendicare il com-pagno Lupo era il richiamo condiviso dalla piazza.A tenere lorazione Gino Vermicelli, gi commissario politico della Briga-ta Garibaldi, comandante partigiano e membro del direttivo nazionale del Manifesto. Le sue parole non lasciano dubbi: ci hanno ucciso un compagno, un altro, non ricordiamo pi tutti quel-li che sono caduti. Il questore dice che Lupo era un delinquente: Lupo era un operaio, un piastrellista e non ci sono delinquenti operai piastrellisti, i delin-quenti fanno altri mestieri, frequentano altri ambienti, hanno altri protettori il fascismo rialza la testa perch gli si la-scia spazio. Almirante serve al governo per la teoria degli opposti estremisti, per la repressione contro la lotta operaia. Lo Stato neutrale una balla, avanza in

  • Supplemento a Lotta Continua - Maggio-Giugno 201215 - 1922-2012 LE BARRICATE DI PARMA

    realt una involuzione autoritaria di cui Almirante lo strumento: questo il segno del delitto di Parma. Il fascismo un fatto di classe, non di teppismo. In questa piazza ci sono centinaia e centinaia di operai e lavora-tori, militanti del Pci, del Psi, delle forze della sinistra tradizionale. Hanno fatto bene, hanno scelto giusto: hanno sbagliato i loro dirigenti a venirci con la Dc. Noi non amiamo la violenza, ma respingiamo la violenza dellavversario di classe, dei padroni e dei fascisti e la respingiamo con la lotta e quindi con la forza. A Parma, a combattere le squadracce, sono stati lasciati gruppi di giovani: dietro la parola dordine -isolare lultrasinistra- passata la condiscendenza, linerzia di fronte ai fasci-sti. S, dunque, allunit antifascista, e la pi larga pos-sibile, ma lunit di classe, di lotta, e di combattimento.

    Il corteo rabbioso pass per le vie del centro e un im-ponente servizio dordine raggiunse e distrusse la sede del Msi. Le forze dellordine non opposero resistenza sia per la determinatezza del corteo che per un pro-babile calcolo della Questura volto a circoscrivere gli scontri in un ambito certo e determinato.Dagli slogan gridati per tutto il corteo chiaramen-te emerge la lettura della sinistra extraparlamentare, Lotta Continua in testa, circa il clima di forte tensio-ne sociale e di continui attacchi squadristi su tutto il territorio nazionale: Andreotti il mandante/ il killer Almirante e Compagno Lupo sarai vendicato/ dal-la giustizia del proletariato, saranno gridati e scrit-ti su molti manifesti e volantini affissi per la citt ad indicare il complice atteggiamento della Democrazia Cristiana nel reprimere energicamente i movimenti di studenti e lavoratori mentre numerose squadre fa-sciste, sotto la regia pi o meno palese di Almirante, agivano indisturbate.Parma era scossa e il funerale si tenne in forma uffi-ciale il 28 agosto con un oceanico corteo di migliaia di persone che da piazza Garibaldi si mosse, attraverso il popolare quartiere Oltretorrente, verso piazzale Pi-celli dove a tenere lorazione funebre fu il comandan-te partigiano e vecchio sindaco comunista Giacomo Ferrari. La bara fu portata in spalla dai compagni del giovane e da operai comunali del Pci in un commosso silenzio che ferm laria. A seguire il feretro migliaia di persone. La citt era ferma, silenziosa, e dalle fine-stre e dai lati della strada centinaia di pugni chiusi e bandiere rosse al vento si alzarono al cielo a salutare per lultima volta Mariano.

    Le parole di Giacomo Ferrari, il partigiano Arta, fu-rono chiare e immediate: ... la storia non ha avuto la sua conclusione, le forze potenti lhanno deviata su un binario di interessi non leciti e non onesti, la Car-ta Costituzionale stata fermata, svuotata di spirito e di sostanza. Non si voluto e non si vuole mettere al bando forze malvagie che hanno compiuto i pi orrendi misfatti e le pi atroci crudelt ....Le vicende processuali si conclusero con la sentenza del 1976 quando a decidere spetter alla Corte dAs-sise dAppello di Ancona, citt nella quale il processo fu spostato per legittima suspicione, come richiesto

    e ottenuto dalla difesa durante le udienze di rito del 1974. Dopo un lungo e minuzioso lavoro di ricostru-zione storica delle vicende e dopo un primo giudizio che escluse la volontariet dellomicidio che suscit grande esultanza delle compagini neofasciste, la Cor-te ritenne che lomicidio fu volontario e preordinato. A testimonianza dellimportanza del processo gran-di nomi del foro e della politica italiana si schiera-rono sia con la difesa che con laccusa. Ad affiancare

    linfaticabile avvocato Decio Bozzini, per la parte di Lupo e della sua famiglia, arriv Umberto Terracini, senatore del Pci e padre costituente. Dalla parte della difesa lavvocato Marcantonio Bezicheri, notabile mis-sino e difensore di Franco Freda.

    Una lapide posta di fianco al cinema Roma nel luo-go dellattentato, tuttoggi luogo di commemorazione e passaggio obbligato di cortei celebrativi e di protesta, lo ricorda con queste parole:

    Mario operaio immigrato comunista, ucciso dallo-dio e dalla violenza dei fascisti. La giustizia proleta-ria ti vendicher. 25 agosto 1972.

    La lapide, pi di una volta fatta oggetto di sfregi e in-giurie da parte di ignoti, fu voluta dal Comitato Anti-fascista M. Lupo, sorto dopo lomicidio, a pochi mesi dalla morte, in occasione della ricorrenza del 25 aprile del 1973.Soprattutto dal 2001, anno dellassassinio di Carlo Giuliani, e non un caso, dopo un certo silenzio negli anni ottanta, tanti giovani e meno giovani si trovano li davanti a ricordare Mario Lupo e tenere vivo il ricor-do e lattualit dellantifascismo militante. In citt, in particolar modo negli anni pi bui per la memoria collettiva, il nome di Mario Lupo risult le-gato al Centro Sociale che prese il suo nome, sgombe-rato nel 2007 dalla prima giunta di destra che Parma ebbe dal dopoguerra.

    La lapide in ricordo di Mariano Lupo.