9. LA LIRICA DAL ROMANTICISMO AL...

6
9. LA LIRICA DAL ROMANTICISMO AL DECADENTISMO La lirica rappresenta un genere letterario particolarmente sensibile ai mutamenti cul- turali e ideologici, uno specchio privilegiato in cui si riflettono le novità e le contrad- dizioni delle diverse epoche. Così nell'ambito della cultura romantica trovano com- piuta espressione l'esaltazione del sentimento individuale, la ricerca ansiosa dell'infinito, dell'assoluto, l'affermazione del soggetto e del suo sguardo particolare sulla realtà. Dopo l'Unità d'Italia, mentre il naturalismo impone il primato della pro- sa, con Carducci la lirica ricerca i valori per la nuova società nascente nella classicità e nel mondo medievale. Nel decadentismo alla lirica é affidato il compito di realizza- re l'autonomia dell'arte e di sperimentare nuovi linguaggi, evocativi e simbolici. Romanticismo e poesia In reazione al razionalismo illuminista, il romanticismo predilige le ragioni dello spirito e del sentimento individuale, le passioni nel loro prorompere caotico e tempestoso, le atmosfere che invitano l’individuo a smarrirsi nell’infinito, la natura che misteriosamen- te partecipa dei sentimenti e delle passioni dell’individuo. Questi elementi caratterizza- no tutte le forme artistiche dell’Ottocento in Europa, dalle arti figurative alla musica (in particolare la musica strumentale che, vista ora come “linguaggio assoluto” e non più come forma di imitazione della natura, viene affrancandosi dal canto), alla letteratura. Vedi i protagonisti della prima stagione musicale romantica (caratterizzata dalla ricerca di una difficile conciliazione tra illuminismo e romanticismo, tra ragione e sentimento): Ludwig van Beethoven (1770-1827) e Franz Schubert (1797-1828); mentre alla seconda generazione (in cui il romanticimo, ormai maturo, indaga e sottopone a revisione critica se stesso) appartengono Robert Schumann (1810-1856), Fryderyk Chopin (1810-1849), Franz Liszt (1811-1856). Vedi, per quanto concerne la pittura, sul testo di storia dell’arte, i vari aspetti del naturalismo pittorico romantico, visionario e fantastico, in cui predominano l’emozione, il sentimento, il rapporto tra individuo e infinito; tutte tematiche che emergono dall’opera di William Blake (1757- 1827), Johan Heinrich Füssli (1741-1825), Joseph William Turner (1775-1821), John Constable (1776-1837), Eugène Delacroix (1798-1863), Jean-Auguste Ingres (1780-1867), Francesco Hayez (1791-1882). La letteratura romantica, di fronte alla predilezione illuministica per le forme narrative come il romanzo, privilegia invece la poesia, più adatta all’espressione del sentimento individuale e dei suoi misteriosi legami con l’assoluto. L’estetica romantica ritiene che scopo dell'arte sia cogliere l'infinito, l'assoluto; che la poesia unisca sentimento e rifles- sione; che sia al contempo creazione artistica e autocoscienza critica; che non abbia dunque alcun senso distinguere poesia da poetica, concreto prodotto artistico e riflessio- ne teorica su di esso; esalta inoltre l’individuo, inteso come genio creatore e come “tita- no” che, nella sua tensione all’infinito, viene a scontrarsi senza tregua contro tutto ciò che di “finito” la realtà gli oppone; tale infinito può assumere carattere metafisico e so- prannaturale oppure naturalistico oppure ancora psicologico.

Transcript of 9. LA LIRICA DAL ROMANTICISMO AL...

9. LA LIRICA DAL ROMANTICISMO AL DECADENTISMO

La lirica rappresenta un genere letterario particolarmente sensibile ai mutamenti cul-turali e ideologici, uno specchio privilegiato in cui si riflettono le novità e le contrad-dizioni delle diverse epoche. Così nell'ambito della cultura romantica trovano com-piuta espressione l'esaltazione del sentimento individuale, la ricerca ansiosa dell'infinito, dell'assoluto, l'affermazione del soggetto e del suo sguardo particolare sulla realtà. Dopo l'Unità d'Italia, mentre il naturalismo impone il primato della pro-sa, con Carducci la lirica ricerca i valori per la nuova società nascente nella classicità e nel mondo medievale. Nel decadentismo alla lirica é affidato il compito di realizza-re l'autonomia dell'arte e di sperimentare nuovi linguaggi, evocativi e simbolici.

Romanticismo e poesia In reazione al razionalismo illuminista, il romanticismo predilige le ragioni dello spirito e del sentimento individuale, le passioni nel loro prorompere caotico e tempestoso, le atmosfere che invitano l’individuo a smarrirsi nell’infinito, la natura che misteriosamen-te partecipa dei sentimenti e delle passioni dell’individuo. Questi elementi caratterizza-no tutte le forme artistiche dell’Ottocento in Europa, dalle arti figurative alla musica (in particolare la musica strumentale che, vista ora come “linguaggio assoluto” e non più come forma di imitazione della natura, viene affrancandosi dal canto), alla letteratura.

→ Vedi i protagonisti della prima stagione musicale romantica (caratterizzata dalla ricerca di una difficile conciliazione tra illuminismo e romanticismo, tra ragione e sentimento): Ludwig van Beethoven (1770-1827) e Franz Schubert (1797-1828); mentre alla seconda generazione (in cui il romanticimo, ormai maturo, indaga e sottopone a revisione critica se stesso) appartengono Robert Schumann (1810-1856), Fryderyk Chopin (1810-1849), Franz Liszt (1811-1856).

→ Vedi, per quanto concerne la pittura, sul testo di storia dell’arte, i vari aspetti del naturalismo pittorico romantico, visionario e fantastico, in cui predominano l’emozione, il sentimento, il rapporto tra individuo e infinito; tutte tematiche che emergono dall’opera di William Blake (1757-1827), Johan Heinrich Füssli (1741-1825), Joseph William Turner (1775-1821), John Constable (1776-1837), Eugène Delacroix (1798-1863), Jean-Auguste Ingres (1780-1867), Francesco Hayez (1791-1882).

La letteratura romantica, di fronte alla predilezione illuministica per le forme narrative come il romanzo, privilegia invece la poesia, più adatta all’espressione del sentimento individuale e dei suoi misteriosi legami con l’assoluto. L’estetica romantica ritiene che scopo dell'arte sia cogliere l'infinito, l'assoluto; che la poesia unisca sentimento e rifles-sione; che sia al contempo creazione artistica e autocoscienza critica; che non abbia dunque alcun senso distinguere poesia da poetica, concreto prodotto artistico e riflessio-ne teorica su di esso; esalta inoltre l’individuo, inteso come genio creatore e come “tita-no” che, nella sua tensione all’infinito, viene a scontrarsi senza tregua contro tutto ciò che di “finito” la realtà gli oppone; tale infinito può assumere carattere metafisico e so-prannaturale oppure naturalistico oppure ancora psicologico.

2 Percorso 9 - La lirica dal Romanticismo al Decadentismo

→ Vedi, sul testo di filosofia, il contributo di autori come Johann Gottlieb Fichte (1762-1814), Friedrich Wilhelm Schelling (1775-1854) e gli esponenti delle due principali “scuole” del romanticismo tedesco, la scuola di Jena, con Friedrich Schleiermacher (1768-1834) e Friedrich von Schlegel (1772-1829), e la scuola di Weimar, con Friedrich Schiller (1759-1805) e Wolfang Goethe (1749-1832)

Non è possibile operare eccessive generalizzazioni, in virtù del fatto che l’estetica del romanticismo rifiuta l’imitazione in nome dell’innovazione, della creazione, dell’originalità. Si possono dunque solo individuare tendenze generalissime, declinate in modi diversi nei diversi Paesi europei e nell’opera dei diversi autori.

→ Vedi, fra i principali esponenti della poesia romantica europea, in Germania Schiller, Novalis (pseud. di Friedrich Leopold von Hardenberg) (1772-1801), Goethe, Heinrich Heine (1797-1856), in Inghilterra Samuel Taylor Coleridge (1772-1834), William Wordsworth (1770-1850), Percy Bisshe Shelley (1792-1822), John Keats (1795-1821); in Francia Alphonse de Lamartine (1790-18699 e Alfred de Vigny (1797-1863).

La poesia romantica in Italia A differenza di altre esperienze europee, il romanticismo italiano si caratterizza per una maggiore adesione al vero della storia e per una tensione civile e patriottica determinata dal diffondersi delle istanze risorgimentali. Fra i principali esponenti della lirica dell’Ottocento vanno annoverati Foscolo e Leopardi. Ugo Foscolo (1778-1827) si colloca a cavallo tra la cultura neoclassica e quella roman-tica, quindi in ambito specificamente “preromantico”.

→ Vedi sul testo di storia dell’arte il contributo di Johann Winckelmann (1717-1768) all’elaborazione dell’estetica neoclassica, che ha come elementi caratterizzanti la ricerca di armonia, equilibrio, perfezione ideale.

Con il termine “preromanticismo” intendiamo l’insieme delle tendenze irrazionalistico - sentimentali diffuse in Europa contemporaneamente al razionalismo illuminista e che, in polemica con la tradizione classicista, fondata sugli ideali estetici di equilibrio e armo-nia, prediligono la raffigurazione del prorompere caotico e tempestoso della passione, oppure di atmosfere “pittoresche” dai tratti sognanti, che invitano l’individuo a smarrirsi nell’infinito. Di questa cultura Foscolo condivide, in particolare, il culto dell’individuo - eroe, l’amore incondizionato per la libertà, la visione competitiva e drammatica della vita sociale, caratterizzata dalla contrapposizione inconciliabile libertà - tirannide, e in-dividuale, caratterizzata dalla contrapposizione tra il vero della ragione e le illusioni del cuore; dal neoclassicismo Foscolo recupera la visione dell’antichità come mondo di per-fezione estetica e morale insuperabile, modello non più raggiungibile di civiltà (e di in-dividuo) in cui cuore e ragione coesistono in perfetta sintesi ed equilibrio.

→ Vedi l’opera del Foscolo. Più dense di temi romantici appaiono, nell’opera del poeta, i sonetti, in particolare Alla sera e In morte del fratello Giovanni (1803); decisamente neoclassiche nell’impianto e nella concezione sono le due odi A Luigia Pallavicini caduta da cavallo (1799) e All’amica risanata (1802); sintesi perfetta di motivi neoclassici e romantici appare infine il capolavoro poetico del Foscolo, il carme Dei sepolcri (1806), riflessione sul senso della vita e della morte, sul rapporto verità - illusione, sul ruolo e la funzione dell’arte.

Una posizione anomala occupa, nella produzione lirica del tempo, l’opera di Giacomo Leopardi (1798-1837); dopo una fase giovanile in cui la sua lirica riprende temi di sapo-re “foscoliano”, come il contrasto realtà - illusione, la poesia di Leopardi si carica sem-

3 Percorso 9 - La lirica dal Romanticismo al Decadentismo

pre più di valenze filosofiche, facendosi vero “pensiero poetante”; e i temi della sua ri-flessione appartengono alla matrice culturale del razionalismo illuminista; la natura, semplice ciclo biologico della vita materiale determinato da leggi meccanic istiche, non è in grado di dare risposta e soddisfazione alle domande di senso e alla richiesta di feli-cità dell’uomo, condannato dunque, una volta cessata l’età giovanile delle illusioni e raggiunta l’età adulta della ragione, all’infelicità e al “tedio”.

→ Vedi sul manuale di letteratura la lirica L’infinito. Si tratta di una delle liriche più note raccolte nei Canti (1831). Essa sviluppa ancora la contrapposizione tra immaginazione e realtà, ripresa in altre celebri poesie, come Il sabato del villaggio. I temi della vanità della vita e del tedio cui l’uomo è condannato emergono con particolare evidenza dal Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, mentre La ginestra , testamento poetico e spirituale di Leopardi, definisce i rapporti tra uomo e natura e proclama l’adesione del poeta ai valori del razionalismo illuminista contro i vuoti entusiasmi dell’ottimismo” romantico.

La lirica dell’Italia unita Esaurita l’età risorgimentale con l’unità d’Italia (1861), sulla scorta dell’evoluzione e-conomica, sociale e culturale europea anche in Italia si sviluppa una stagione artistica caratterizzata dal realismo, che si traduce in particolare nella narrativa verista di Gio-vanni Verga (1840-1922), Luigi Capuana (1839-1915), Federico De Roberto (1861-1927).

→ Vedi questi autori nel testo di letteratura; inoltre rileggi nel testo di storia i caratteri del contesto socio - politico dell’epoca.

La poesia rivendica un suo spazio autonomo sviluppando ancora temi romantici o cer-cando vie nuove, come quella proposta da Giosuè Carducci (1835-1907), la personalità poetica di maggior rilievo del tempo. Carducci si presenta come un anti-romantico e come un difensore dei classici; poeta civile e maestro di civiltà, al sentimentalismo ro-mantico oppone una visione eroica della vita cui l’antichità può offrire ancora modelli validi, così da porre un argine alla mediocrità dilagante. L’opera di Carducci appare e-rede di motivi “forti” della cultura romantica come l’adesione al vero e alla storia, l’aspirazione alla libertà, la concezione del poeta come “vate”, maestro e guida morale e civile

Il richiamo ai valori etici, prima che estetici, della classicità, unito ad una vigorosa po-lemica contro la mediocrità borghese del suo tempo, sono gli aspetti dominanti delle prime raccolte, in particolare Giambi ed epodi (1882), opera che già nel titolo rimanda alla tradizione ellenica di una poesia caratterizzata da violenta aggressività. Più riflessi-va nei toni, la poesia della maturità è legata in particolare alle raccolte Rime nuove (1887), Odi barbare (1889) e Rime e ritmi (1889) in cui alla riproposizione di modelli classici e medievali (cfr. in particolare Il comune rustico) si affiancano la riflessione au-tobiografica, in particolare dedicata alla funzione civile del poeta (Congedo) e la descri-zione paesaggistica (Primavere elleniche); di particolare rilievo è lo sperimentalismo metrico - ritmico della poesia “barbara”, che tenta di rinnovare la tradizione lirica italia-na attraverso la rievocazione di ritmi classici.

La lirica del decadentismo Anche il decadentismo, come il romanticismo, ha influenzato profondamente tutte le forme dell’arte europea nella delicata età di passaggio fra Otto e Novecento, determi-

4 Percorso 9 - La lirica dal Romanticismo al Decadentismo

nando una rivoluzione radicale nei linguaggi e nei temi, ma anche nella concezione stes-sa del fatto artistico e della funzione “sociale” del letterato.

→ Vedi, nel testo di storia dell’arte, le più significative espressioni figurative della nuova estetica decadente: in particolare il movimento simbolista con Paul Gauguin (1848-1903), Vincent Van Gogh (1853-1890), Gustave Moreau (1826-1898), e i postimpressionisti con Paul Cézanne (1839-1906), Henri de Tolouse Lautrec ( 1864-1901), Georges Seurat (1859-1891), Gaetano Previati (1852-1920), Giovanni Segantini (1858-1899). Ma approfondisci anche gli aspetti filosofici dell’epoca, andando a rivedere nel manuale di filosofia il peso che hanno avuto, nel determinare i nuovi orientamenti culturali, pensatori come Søren Kierkegaard (1813-1855) e Arthur Schopenhauer (1788-1860), e in particolare Friedrich Nietzsche (1844-1900), Sigmund Freud (1856-1939), Henri Bergson (1859-1941).

I decadenti proclamano infatti l’autonomia dell’arte, che ha il proprio fine in se stessa; cadono dunque le pretese di dare all’arte una funzione etica e magistrale: il poeta non è più maestro e guida, la sua opera non ha più un scopo pratico ed educativo, e ciò per-mette al linguaggio poetico di rinunciare alla comprensibilità immediata per farsi evo-cazione e suggestione. Ciò comporta anche il tramonto dell’ideale classico di arte come “imitazione” della realtà; l’arte, piuttosto, deve esprimere la verità attraverso il linguag-gio oscuro dei simboli e delle analogie. Ma quale verità? Per i letterati, che vivono l’età di passaggio tra l’Ottocento e il Novecento, la realtà è principalmente quella della crisi di un’epoca; l’immagine della decadenza e della caduta dell’impero romano anima l’immaginario collettivo degli intellettuali decadenti, che percepiscono in tutta la sua profondità e vastità la crisi e la decadenza della civiltà contemporanea; nel naufragio generale degli ideali e dei valori etici, naufragio che abbandona l’uomo alla solitudine e all’irrazionalità, è l’estetismo (inteso come culto della sensazione e religione della bel-lezza) a prendere il sopravvento come nuova regola di vita; anche eredità romantiche, come la centralità dell’eroe e dell’analisi interiore, vengono rilette e adeguate al nuovo clima culturale: la figura dell’eroe oscilla fra gli estremi del superuomo dannunziano e dell’inetto di Svevo, mentre all’espressione del sentimento si sostituisce l’analisi dell’inconscio.

→ Vedi, per quanto riguarda la diffusione della lirica decadente in Europa, e più precisamente la Francia dove essa nasce, la “scuola” simbolista di Paul Verlaine (1844-1896), Arthur Rimbaud (1854-1891)e Stéphane Mallarmé (1842-1898); e successivamente si sviluppa in particolare in area tedesca con Rainer Maria Rilke (1875-1926) e russa con Vjaèeslav Ivanov (1866-1949) e Aleksandr Blok (1880-1921).

La poesia decadente in Italia In Italia i principali esponenti della poesia decadente sono D’Annunzio e Pascoli. I principi fondamentali della poesia di Gabriele D’Annunzio (1863-1938) possono esse-re sintetizzati in:

1) una fortissima componente estetizzante, per cui la vita va trasformata in un’opera d’arte e l'arte perfetta è il piacere; la parola stessa è chiamata a produrre non più cono-scenza, ma godimento; così pure, in campo etico, il senso morale deve cedere al senso estetico, come la volontà all'istinto;

2) una marcata predilezione per l’analisi e l’autoanalisi degli aspetti inconsci della psi-che;

5 Percorso 9 - La lirica dal Romanticismo al Decadentismo

3) una forte componente “superomistica”, dovuta all’influsso del pensiero nietzschiano: ad alcuni individui, privilegiati per sensibilità, intelligenza e grandezza d'animo, è con-cesso e quasi imposto di vivere liberi da ogni freno morale.

Già la raccolta Canto novo (1882) evidenzia, al di là degli influssi carducciani, i caratte-ri tipici della produzione dannunziana matura: un violento vitalismo, un’istintiva capaci-tà di contatto diretto, immediato e sensuale con la natura; un superamento deciso del na-turalismo classicista per un'immersione “primitiva e barbarica” negli elementi; già si avverte inoltre una preziosa e raffinata ricerca linguistica ed espressiva. Un deciso passo in avanti si ha con il Poema paradisiaco (1893): trovano qui espressione stati d'animo vaghi e sensuali, delicati e sfuggenti; forte si avverte l’influsso dei simbolisti francesi. Il poeta rinuncia alla costruzione d'un discorso coerente e si abbandona al libero accava l-larsi e fluire delle immagini e delle sensazioni. Raffinatissima è la ricerca stilistica e metrico-ritmica, tesa a rendere i mezzi toni e le sfumature più delicate e ambigue del sentimento.

Il capolavoro poetico di D’Annunzio è costituito dalle Laudi del cielo, del mare, della terra, degli eroi; il I libro, Maia (1903), ha come protagonista Ulisse, simbolo della po-esia e del suo potere; il motivo centrale è l'esaltazione dello slancio superumano di con-quista, espresso in toni di intenso lirismo evocativo, con grande ricchezza di immagini simboliche; il II libro (1904), Elettra, sviluppa temi eroico-patriottici, mentre il III, Al-cyone (1904), comprende 88 liriche dedicate all'estate, simbolo di vitalità primitiva e superumana, carica di significati simbolici, espressi in ritmi ora orgiastici, ora densa-mente evocativi; dominano i temi della metamorfosi e del dissolvimento dell'uomo nella natura.

→ Vedi l’opera di D’Annunzio. I temi metamorfici predominano in componimenti come La sera fiesolana, La pioggia nel pineto. Nel 1912 d’Annunzio pubblicò un IV libro delle Laudi, dal titolo Canzoni delle gesta d'oltremare, in cui è celebrata la conquista della Libia; al mito del superuomo si affianca quello della "supernazione" italiana, chiamata dal destino alla conquista di un impero.

Giovanni Pascoli (1855-1912) offre, rispetto a D’Annunzio, uno sguardo sulla realtà di carattere completamente diverso. Il suo approccio al mondo non è quello di un supe-ruomo, ma quello di un “fanciullino”: per Pascoli, infatti, la realtà spaventa chi si acco-sta ad essa con sguardo adulto, "sintetico", cercando un ordine e un senso ulteriore; per sottrarsi a tale paura non c'è che rifarsi fanciulli, giacché il bimbo, di fronte alle cose, prova solo curiosità: il suo sguardo sul mondo è ingenuo, stupito, "primitivo" e soprat-tutto analitico, non coglie i rapporti ma solo immagini distaccate e belle e interessanti per sé sole. Questa concezione estetica si traduce nel ricorso frequente a mezzi stilistici come:

1. l'onomatopea, che permette di nominare gli oggetti in modo spontaneo, senza la pre-tesa di capire, di spiegare;

2. una forte dominante impressionistica, che procede per immagini slegate e rinuncia al-l'interpretazione dei dati, per operare una riduzione al puro stadio sensoriale, attraverso accostamenti violenti di macchie di colore;

3. il ricorso sistematico al simbolo per rendere ragione a sé e agli altri dei barlumi di re-altà colti dal poeta;

4. il ricorso sistematico alla sinestesia, come sintesi di dati sensoriali diversi nella mede-sima immagine, per renderne più corposo il valore simbolico e riprodurre la facoltà per-

6 Percorso 9 - La lirica dal Romanticismo al Decadentismo

cettiva del bambino, che non distingue tra senso e senso, ma sovraccarica gli oggetti di valori, emotivi e fisici, differenti e contraddittori.

Attraverso simili risorse espressive Pascoli, specie nelle prime raccolte, sviluppa temati-che caratteristiche: il nido come rifugio contro un mondo inconoscibile e minaccioso, in cui le cose appaiono attraenti quanto inquietanti; la figura-mito-simbolo della madre, che si confonde con quella della natura, universale respiro che vivifica le cose e riassu-me in sé la vita e la morte.

I temi fondamentali della poesia pascoliana sono già presenti in Myrìcae (1891): vi tro-viamo poesie per lo più brevi che sviluppano, in forma di diario, impressioni e notazioni quotidiane senza (apparentemente) un preciso disegno; a poesie giovanili d'impronta carducciana seguono, per lo più, quadri di natura (idilli) sentita come elemento vivo ma assieme inquietante; il presente è solitudine e pericolo, la felicità è un ricordo o un so-gno. La poesia di Myricae è poesia delle cose, solide e concrete, avvolte però in un'at-mosfera inquieta e angosciosa: la realtà non basta a se stessa, il senso ultimo delle cose non sta nelle cose ma in qualcosa d'altro, misterioso, inconoscibile, pericoloso (in que-sto, Pascoli rispecchia perfettamente la crisi del positivismo). Più omogenea e compatta appare la raccolta Poemetti (1897), in cui predominano i quadri di vita agreste: la natura diviene il rifugio contro l’inquietudine della vita. Del 1903 sono i Canti di Castelvec-chio, che sviluppano ancora temi come il dolore, il ricordo, la morte, temuta e attesa con rassegnazione; il poeta sembra guardare la vita di lontano, dall'esterno, quasi l'osservas-se già da oltre la morte.

→ Vedi, per ritrovare una diversa dimensione della poesia pascoliana, sul manuale di letteratura, i Poemi conviviali (1904). In quest'opera vengono sviluppati i temi poetici tratti dalla tradizione antica e dominati dal contrasto amore - morte. Il primo, visto come aspirazione alla quiete; la seconda, come mezzo concesso all'uomo per innalzarsi verso un ignoto "oltre". L’ultima raccolta, Odi e inni (1906), comprende infine componimenti di ispirazione storica, civile e patriottica.