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Università degli Studi di Napoli “Federico II” Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” Laurea triennale in Ottica e Optometria Analisi statistica sulle ametropie riscontrate in soggetti analizzati mediante Visiotest Relatore interno: Prof. Antonio Sasso Relatore esterno: Prof. Michele Gagliardi Candidata: Valeria Gioia Matricola M44/279 A.A. 2016/2017

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Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Scuola Politecnica e delle Scienze di Base

Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”

Laurea triennale in Ottica e Optometria

Analisi statistica sulle ametropie

riscontrate in soggetti analizzati

mediante Visiotest

Relatore interno: Prof. Antonio Sasso

Relatore esterno: Prof. Michele Gagliardi

Candidata: Valeria Gioia

Matricola M44/279

A.A. 2016/2017

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INDICE

CAPITOLO I ......................................................................................... 4

1.1 Cos’è il Visiotest? ...................................................................................... 4

1.2 Accessori e caratteristiche tecniche .......................................................... 4

1.3 Test visivi................................................................................................... 7

1.3.1 Test per l’acuità visiva ......................................................................... 7

1.3.2 Test per l’ipermetropia ......................................................................... 8

1.3.3 Test per l’astigmatismo ........................................................................ 9

1.3.4 Test per la visione stereoscopica ........................................................ 10

1.3.5 Test bicromatico ................................................................................. 11

1.3.6 Test delle forie ................................................................................... 12

1.3.7 Test di Ishihara ................................................................................... 13

1.4 Scheda di controllo dati ........................................................................... 15

CAPITOLO II ..................................................................................... 16

2.1 Anomalie desumibili dagli screening visivi ............................................ 16

2.1.2 Anomalie di carattere refrattivo ......................................................... 16

2.2.2 Anomalie riguardanti le abilità visive superiori ................................ 18

2.2.3 Correlazione tra ambito refrattivo e non ............................................ 19

CAPITOLO III .................................................................................... 21

3.1 L’obiettivo ............................................................................................... 21

3.2 Soggetti e anamnesi ................................................................................. 21

3.3 Procedura iniziale .................................................................................... 21

3.4 Risultati e discussione ............................................................................. 22

3.4.1 Primo studio: valutazione del visus da lontano correlato alle ametropie22

3.4.2 Secondo studio:valutazione del visus da vicino correlato alle ametropie28

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3.4.3 Terzo studio: valutazione delle eteroforie .......................................... 32

CONCLUSIONI ........................................................................................... 35

Bibliografia: ......................................................................................... 38

Sitografia: ............................................................................................. 39

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CAPITOLO I

1.1 Cos’è il Visiotest?

Il Visiotest è uno strumento ideato per la rapida esplorazione dei principali

parametri visivi in visione da lontano e da vicino. Risulta pratico nella

valutazione delle funzionalità visive ed efficace nel ramo sanitario per i

quotidiani controlli visivi in ambito lavorativo. Questa metodologia risulta

efficace ed è particolarmente utilizzata nell’evidenziare le difficoltà visive nei

dipendenti che svolgono mansioni che prevedono l’utilizzo di videoterminali; ciò

in relazione al fatto che la determinazione della presenza o meno di difficoltà

visive prossimali possano alterare le abilità visive dei lavoratori in questo ambito.

Inoltre, rappresenta uno strumento indispensabile nelle attività di screening visivi

su ampia scala, per la profilassi di probabili fattori di rischio in soggetti

asintomatici.

I test e gli ottotipi utilizzati sono stati opportunamente scelti, poiché da tempo

considerati oggetto d’esame pratico di professionisti della visione. L’apparecchio

è provvisto di una tabella di controllo plastificata, utile all’operatore per guidare

la risposta del soggetto nei vari test ai quali viene sottoposto e, di seguito,

registrare i dati in schede di rilevamento.

1.2 Accessori e caratteristiche tecniche

L’azienda produttrice, Essilor, si assicura di consegnare all’acquirente un kit

completo degli accessori adoperati nell’esecuzione dei test per la visione distale,

mediale e prossimale. Tra questi un flipper di lenti convergenti di 1 diottria e un

accessorio applicabile frontalmente per la visione intermedia (VI), divenuto

ormai uno ‘standard’ nei controlli di sorveglianza sanitaria in sede lavorativa (fig.

1.2a).

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Nel corso del tempo sono stati promossi svariati test nelle attività di screening, in

quanto i Visiotest avevano caratteristiche tecniche ben diverse da quelle odierne.

Basti pensare che, già all’epoca, venivano presi in considerazione determinati

valori relativi ai vizi refrattivi in visione da lontano e in visione da vicino. Negli

attuali dispositivi sono stati presi in considerazione dati test visivi (di cui si

parlerà in maniera dettagliata nel $1.3), ma tali strumenti forniscono anche la

possibilità di presentare protocolli standardizzati e di crearne dei nuovi,

relativamente al tipo di screening da voler effettuare. In questo caso sarebbe stato

anche possibile eseguire test esclusivamente per i vizi refrattivi oppure per la

sensibilità al contrasto come anche per i campi visivi oppure test per il rilascio o

rinnovo patente.

Tra gli ultimi modelli prodotti di recente, ne distinguiamo ben due: il primo è

stato riprodotto in figura 1.2b e viene denominato “Physiologique” con

campimetria orizzontale integrata. Esso, oltre ad essere dotato di un telecomando

per il richiamo in sequenza dei test, presenta un sistema monitorizzato mediante

il quale lo strumento rileva la distanza di presentazione test. Di fatto, il poggia

fronte è munito di un sensore per l’accensione e lo spegnimento dello strumento,

oltre a cartine monouso da utilizzare per ogni screening visivo. Presenta 12 test e

vari ottotipi ed evidenzia anche eventuali disequilibri di carattere oculomotorio.

Il nuovo sistema basculante garantisce un corretto atteggiamento posturale del

soggetto sottoposto all’esame, indipendentemente dall’altezza dello stesso.

Fig. 1.2a: Accessorio montabile per l’analisi della visione intermedia.

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Inoltre, l’apparecchio è progettato per riprodurre la posizione naturale

dell’occhio, rispettando l’angolazione degli assi fisiologici: i test in visione da

lontano (VL) vengono eseguiti ad una distanza di 6 metri e quelli in visione da

vicino (VC) ad una distanza di 33 cm e con un’angolazione di 30° rispetto

all’asse visivo in VL (fig. 1.2c). Ideale per portatori di lenti progressive oppure

lenti con correzione da lontano e/o vicino.

Il modello “Ergovision”, invece, può essere azionato sia automaticamente che

manualmente, scegliendo la manopola superiore per operare sul vicino e la

manopola inferiore per selezionare il tipo di test da eseguire. Anch’esso

finalizzato per la visualizzazione di eventuali squilibri oculomotori. Presenta 6

test automatici di base e 13 test complementari. In aggiunta al modello

precedentemente citato, è fornito di sintesi vocale con annessa presa cuffia audio

e stampante integrata con relativa diagnosi automatica del soggetto.

C’è da dire che questi tipi di strumento risultano essere più pratici per

l’operatore, in quanto collegati a computer o tablet per una migliore

collaborazione tra l’esaminatore e l’esaminato.

Fig. 1.2b-c: Visio Test “Physiologique” con accanto la corretta angolazione dell’asse visivo

in VV rispetto alla VL.

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1.3 Test visivi

L’analisi delle capacità visive comprende una prima fase monoculare

(valutazione delle percezioni visive, facendo agire gli occhi singolarmente) e una

seconda fase binoculare (producendo al contrario un’azione sinergica di

entrambi). Nella valutazione dei test visivi è necessario che il soggetto indossi

l’eventuale correzione in uso, che sia in visione da lontano o in visione da vicino

o con porto di Lac. Nella cosiddetta fase preliminare, nonostante il porto di lenti

a tempiali o porto di Lac, il soggetto può lamentare una visione poco

soddisfacente fornita da un’ipo o ipercorrezione dell’ametropia o, peggio ancora,

trovarsi di fronte casi del tutto anomali: l’obiettivo di tale assistenza è andare a

stimolare la psiche del soggetto, invitandolo a consultare i giusti professionisti

per un’indagine più minuziosa. Oltre alla misurazione dell’acutezza visiva

monoculare e totale (più del doppio rispetto alla visione oculare singola e pari al

240%), ispezioniamo diversi fattori tra cui :

Rilevamento dell’ipermetropia (mono) ;

Rilevamento dell’astigmatismo (mono) ;

Misurazione della capacità stereoscopica (bino) ;

Tendenza ametropia (bino) ;

Rilevamento forie in verticale e/o orizzontale (bino) ;

Rilevamento della percezione cromatica (bino) ;

1.3.1 Test per l’acuità visiva

Il test dell’acuità visiva presenta 6 righe alfanumeriche (con differente difficoltà

di riconoscimento), ad ognuna di esse corrisponde un visus in forma decimale.

Con questo test si distingue un’acutezza visiva che va dai 2/10 ai 12/10. Viene

chiesto al soggetto di leggere le righe presentate, annotando la massima capacità

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visiva ottenuta. Pertanto, come si vede in figura 1.3.1a, viene dato esito positivo

se in una riga si percepiscono corrette 4 lettere/cifre su 5.

Il soggetto viene sottoposto dapprima ad un’analisi monoculare, occludendo

l’occhio sinistro ed analizzando l’occhio destro e viceversa. In questa circostanza

possiamo individuare soggetti anisometropici, ossia con marcata disparità visiva

tra i due occhi.

In seconda analisi il test viene presentato in visione binoculare, in modo da

stimare la collaborazione di entrambi gli occhi; pertanto, ci si aspetta un

maggiore grado di acutezza visiva rispetto alla visione in monoculare.

1.3.2 Test per l’ipermetropia

Il test per l’ipermetropia consiste in un’aggiunta positiva mediante una coppia di

lenti accessorie con potere convergente di 1 diottria (fig. 1.3.2a). Una volta

rilevato il visus dell’esaminato, si antepone questa lente addizionale. Si domanda,

poi, al soggetto se vede in maniera ugualmente chiara o meno. Se la risposta

indicata presume un annebbiamento visivo, la lente positiva altera la nitidezza

dell’immagine. Dunque, l’esaminato non ha bisogno della lente addizionale, in

quanto emmetrope o miope. Al contrario, l’esito positivo del test presuppone la

presenza di un vizio ipermetropico da compensare.

Fig. 1.3.1a: Ottotipo.

per l’acuità visiva

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1.3.3 Test per l’astigmatismo

Il test per astigmatici è costituito da un disegno emisferico (quadrante per

astigmatici), composto da sette aste numerate da 1 a 7 alle loro estremità, come in

figura 1.3.3a. Esso va a valutare l’eventuale differenza di potere diottrico sui

diversi meridiani. Al soggetto viene chiesto: ‘Vede un’asta più nitida o più nera

delle altre?’. Se non vi è la presenza di astigmatismo oppure la sua correzione

cilindrica compensa correttamente il difetto refrattivo, riferirà di vedere le linee

allo stesso modo. Viceversa, se comunicherà all’esaminatore di visualizzare le

linee in maniera differente e/o più o meno nette rispetto alle altre, egli è affetto da

astigmatismo. In questo caso si annotano le direzioni degli assi privilegiate.

Fig. 1.3.2.a: Lente addizionale

aggiunta allo strumento.

Fig. 1.3.3a: Test per

astigmatici.

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1.3.4 Test per la visione stereoscopica

La visione stereoscopica è principalmente legata alla fusione di due immagini

monoculari, trasmesse da due differenti punti di vista. Poiché tra i centri di

rotazione oculari intercorre una distanza di 6-8 cm, la disparità tra le immagini

osservate viene elaborata cerebralmente per dare la visione del rilievo.

Dalla figura 1.3.4a si nota che se un oggetto AB è visto sotto un angolo d

dall’occhio destro e sotto un angolo g (diverso da d) dall’occhio sinistro, si dice

che l’acuità stereoscopica è rappresentata dalla più piccola differenza (d-g)

percettibile.

Come si evince dalla figura, la componente stereoscopica assume un valore

elevato quando la disparità angolare ha un valore basso (nell’ordine del secondo

di grado ").

Il test raffigura una griglia con colonne numerate da 1 a 8 (fig. 1.3.4b). Sotto

ogni colonna è presente una terna di lettere (A, B, C). Il soggetto viene invitato a

riferire se sotto ogni colonna nota una lettera in rilievo o diversa dalle altre.

Fig. 1.3.4a: Rappresentazione della visione del rilievo.

Fig. 1.3.4b: Griglia per la visione stereoscopica.

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Questo test stima una regolare componente stereoscopica dell’ordine di qualche

minuto di grado.

1.3.5 Test bicromatico

Il test bicromatico evidenzia la posizione del fuoco immagine. Questo metodo

sfrutta l’aberrazione cromatica dell’occhio per cui le brevi lunghezze d’onda

formano un fuoco prima del piano retinico e le lunghe convergono su un fuoco

dopo dello stesso in condizioni di emmetropia. Pertanto, le mire nere su sfondo

rosso appaiono più nitide quando il fuoco per tali lunghezze d’onda andrà a

formarsi prima della retina. Viceversa, quando il fuoco per le lunghezze medie si

trova oltre il piano retinico, la visione risulterà più nitida per le mire su sfondo

verde.

Come si può osservare in figura 1.3.5a, il test è caratterizzato da sei cerchi

disposti in due colonne, una su sfondo rosso e l’altra su sfondo verde. Lo

spessore dei cerchi corrisponde ad un’acuità di 2,5/10 - 3,5/10 – 4/10. Inoltre, le

due sensazioni ‘distano’ di circa 0,50 diottrie. Il soggetto è invitato a paragonare

la visione tra le mire su sfondo rosso e quelle su sfondo verde, per riferire su

quale sfondo le immagini sono più definite. La risposta serve a capire se il suo

status gode di una certa emmetropia o di un’adeguata correzione. Altrimenti, è

possibile dedurre diverse informazioni:

Maggiore acutezza su sfondo verde rileva una ipermetropia certa o

sottocorretta o ancora miopia ipercorretta ;

Maggiore acutezza su sfondo rosso rileva una probabile miopia o pseudo

miopia o talvolta ipermetropia ipercorretta o non corretta affatto .

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1.3.6 Test delle forie

Il test è finalizzato a individuare un’eventuale deviazione oculare latente. Esso è

formato da un punto rosso dentro un rettangolo verde su sfondo nero. Il

rettangolo è suddiviso in una griglia fatta da colonne di lettere e righe di numeri,

allo scopo di individuare la posizione del punto che sembra spostarsi (figura

1.3.6a).

L’occhio sinistro, attraverso un filtro verde, vede soltanto il rettangolo verde;

mentre l’occhio destro, attraverso un filtro rosso, vede solo il punto rosso.

Inoltre, il test restituisce una latitudine di 3 diottrie prismatiche in exoforia e di 2

diottrie prismatiche in esoforia per una diottria in altezza.

Poiché nella cosiddetta visione dissociata ciascuna immagine viene vista

indipendentemente dall’altra, gli occhi restano in posizione di riposo fisiologico.

Viene chiesto: ‘Il pallino rientra nel rettangolo o fuoriesce da questo?’.

L’informazione pervenuta dall’esaminato corrisponde ad una condizione

Fig. 1.3.5a: Test bicromatico.

Fig. 1.3.6a: Test per la

valutazione delle forie.

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ortoforica (o foria fisiologica) se il punto è circoscritto all’interno o sul bordo del

rettangolo, ad una condizione eteroforica se il punto esce dal rettangolo.

1.3.7 Test di Ishihara

La visione dei colori si basa sulla teoria tricromatica, la quale si fonda sul

principio che tutti i colori possono essere creati a partire dai tre primari, cioè

rosso, verde e blu. Ciò è dovuto all’esistenza di tre tipi di coni, ognuno dei quali

ha la sua massima sensibilità a uno dei colori fondamentali.

Nel campo delle discromatopsie congenite si distinguono:

Tricromatìe anormali (mal percezione di un colore) ;

Dicromatìe (assenza di un colore) ;

Acromatìe (assenza di tutti i colori) ;

A secondo del colore mancante o alterato si parla di protanopia se si è incapaci

di percepire il colore rosso e deuteranopia se si mal percepisce il verde,

sostituendolo col rosso porpora.

Per quanto riguarda le discromatopsie acquisite, esse presentano una distinzione

poco definita:

Anomalia relative alla percezione rosso-verde (solitamente accompagnata

a lesioni del nervo ottico o a fenomeni tossici) ;

Anomalie relative alla percezione giallo-blu (frequentemente associate a

infiammazioni della coroide e della retina) ;

Cromatopsie (visione anomala di oggetti colorati) ;

Acromatopsie (totale incapacità di percepire alcun colore) .

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Il test è del tipo pseudo – isocromatico, come si vede in figura 1.3.7a. Mosaici

di 6 tessere circolari colorate, prelevate dalle tavole di Ishihara e disposte a

maglia regolare. All’interno di queste vi sono dei simboli riconoscibili, in gran

parte numeri. L’obiettivo del test è verificare se l’esaminato riferisce anomalie

riguardanti la percezione rosso-verde. Egli dovrebbe leggere correttamente e in

sequenza i seguenti numeri: 57, 74, 97, 16, nullo, 96. In base alla lettura

possiamo avere una diversa interpretazione dei risultati ottenuti, così come si

ricava dalla seguente tabella:

Fig. 1.3.7a: Test di Ishihara.

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1.4 Scheda di controllo dati

Per ogni screening visivo

effettuato si compila un’apposita

scheda (figura accanto),

annotando le risposte relative

alle capacità visive del soggetto.

Dopo aver appuntato i dati

personali dell’esaminato (è

importante far indossare la

correzione in uso se la si

possiede), segue un’indagine

approfondita prima in visione da

lontano, poi da vicino e infine,

applicando all’apparecchio la

lente accessoria, in visione

intermedia. In tutti e tre i casi si

esplora in primis l’acuità

monoculare, in secundis quella

binoculare.

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CAPITOLO II

2.1 Anomalie desumibili dagli screening visivi

Gli screening visivi, realizzati mediante l’utilizzo del Visiotest, sono

caratterizzati da determinati test selezionati in funzione delle anomalie

riscontrabili nella maggior parte della popolazione. Vista la loro numerosità,

occorre suddividerle in differenti sfere di appartenenza, quali anomalie di

carattere unicamente refrattivo e anomalie riguardanti l’ambito delle abilità

visive superiori, senza poi tralasciare la correlazione tra tali.

2.1.2 Anomalie di carattere refrattivo

In merito alle anomalie di carattere refrattivo, questa indagine visiva dimostra

come, a volte, i soggetti siano inconsapevoli delle conseguenze generate da una

‘buona o cattiva’ capacità visiva. Di fatto, l’idea sbagliata di considerare un visus

di 10/10 il valore massimo percepibile dall’occhio umano indica una concezione

ampiamente radicata nella cultura popolare, giacché l’errata interpretazione

presume un cut-off, o per meglio dire un ‘valore di taglio’ per cui valori superiori

al valore soglia vengono ignorati. Pertanto, nel caso in cui si discrimina sino a

tale acuità, si deve ipotizzare qualche altro fattore che inficia una perfetta visione

oppure che la compensazione ottica in uso non consenta di raggiungere la

massima acutezza possibile.

Perché in un controllo della vista non bisogna tralasciare la performance

monoculare? In condizioni visive ‘normali’ il cervello attua meccanismi psico-

visivi tali da fondere immagini monoculari in una binoculare di grado superiore.

Quando esso non riesce a sovrapporre le due figure (perché diverse in forma,

colore, dimensioni,..) elimina una delle due afferenze oculari, in modo da

elaborarne una sola. Questa strategia compensativa produce un progressivo

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adattamento ad una visione esclusivamente monoculare, dovuto ad una

condizione precaria di binocularità. Quanto detto causa un deficit visivo, capace

di sopprimere completamente la funzione dell’occhio penalizzato, che non sarà

mai l’occhio dominante o cessa di essere tale. Circa il 2 % di tutta la popolazione

è affetta da questa condizione patologica denominata ambliopia.

Così, in risposta alla domanda sopra citata si può dichiarare che in un controllo

della vista complessivo, soprattutto in qualità di pseudo-emmetropia, è

fondamentale ispezionare prima l’attività di un solo occhio, poi quella di

entrambi.

In realtà il Visiotest è stato progettato sulla medesima linea di pensiero: affrontare

l’indagine monoculare per chiarire se in alcune circostanze la natura del

problema risale ad un solo occhio o no.

Analogamente una differenza refrattiva tra i due occhi di entità superiore alle 2

diottrie rappresenta una situazione più evidente rispetto alla precedente, e viene

così definita anisometropia.

Nel momento in cui si antepone la lente addizionale davanti agli occhi

dell’esaminato, ci si può trovare dinnanzi a successive indicazioni: se il soggetto

riferisce di non percepire alcuna alterazione tra il prima e il dopo, possiamo

dedurre uno stato miopico (con scarso visus) o emmetropico; invece un progresso

suggerisce un’ipermetropia lieve. Specialmente in età giovanile, i soggetti

possiedono una potenza accomodativa alta, perciò riescono a compensare il lieve

difetto visivo. Al contrario, se notiamo un marcato avanzamento nella lettura del

visus, siamo di fronte ad una ipermetropia medio-alta, quindi manifesta.

Per quanto riguarda la presenza di casi con bassa entità astigmatica, non si nega

un buon visus; infatti talvolta si raggiungono anche i 12/10. Diversamente accade

per valori alti di astigmatismo, poiché se la componente non viene corretta

l’esaminato ci informa di vedere poche o addirittura una sola delle linee disposte

a raggiera. Ciò indica un importante difetto visivo non corretto o limita una

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compensazione insufficiente. Non dimentichiamo che nella migliore delle

ipotesi, il soggetto può anche essere adeguatamente corretto e non mostrare

alcuna preferenza.

In ultima analisi nelle anomalie di carattere refrattivo si può, infine, citare il

metodo bicromatico, in quanto può rappresentare un’ulteriore conferma se si

attribuisce al soggetto una componente ipermetropica, celata dal suo potere

accomodativo. Se, invece, il test con lente convergente mostra esito negativo e

l’esaminato ci comunica una preferenza nel rosso, si può dedurre un caso di

miopia manifesta.

2.2.2 Anomalie riguardanti le abilità visive superiori

Oltre all’ ambito refrattivo, bisogna valutare le anomalie riguardanti le abilità

visive superiori. Alle risposte precedenti, segue il test sulle deviazioni latenti, il

quale riporta una foria elevata o causata da una lente mal centrata o causata dal

vizio refrattivo del soggetto.

Anche una ‘cattiva’ visione del rilievo è frutto di diverse anomalie:

o un’acuità visiva insufficiente di un occhio (<6/10) può compromettere o

alterare le risposte del test ;

o percezioni diverse delle dimensioni dei punti da parte dei due occhi

possono essere sintomo di anisometropia (differenza di origine ottica), da

cui può scaturire aniseiconia (differenza di origine cognitiva) ;

o eteroforie che causano un’insufficiente impiego accomodativo o/e una

convergenza anomala .

Di solito i soggetti affetti da discromatopsia congenita sono generalmente a

conoscenza del proprio difetto visivo prima di entrare nella loro vita attiva,

ragion per cui ci si può limitare alla lettura in visione binoculare. Per ricercare le

discromatopsie cosiddette acquisite, si può effettuare la lettura in visione

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monoculare, alternando l’esame singolo dei due occhi con un altro test generico

per evitare la memorizzazione dei numeri relativi alle tavole pluricromatiche. La

differenza di risultato tra i due occhi è caratteristica delle discromatopsie

acquisite.

2.2.3 Correlazione tra ambito refrattivo e non

In generale l’organismo si adegua e dirige le proprie risorse verso la situazione

che comporta un minimo dispendio di energia unito ad una condizione di minor

disagio, pur di avere massimo confort ed efficienza possibile.

Proprio l’esperienza quotidiana dimostra come i processi di accomodazione e

convergenza siano legati al vizio refrattivo: associamo un’ametropia di natura

miopica ad una exoforia e un’ametropia di natura ipermetropica ad una esoforia.

In una condizione di miopia, il soggetto possiede un potere refrattivo maggiore

rispetto all’emmetrope. Pertanto, in visione prossimale, egli non sfrutta il suo

potere accomodativo, in quanto il vizio refrattivo gli permette di percepire

nitidamente gli oggetti posti a breve distanza. Ragion per cui si presenta uno

stato anomalo nella relazione tra vergenza e accomodazione: nella visione di un

punto prossimo la quantità di vergenza indotta non può essere collegata ad una

determinata quantità di accomodazione. Ciò provoca un’interruzione dello

stimolo fusionale con l’insorgenza di una exoforia, ossia divergenza anomala

degli assi visivi.

Viceversa, per l’ipermetrope che sfrutta la sua riserva accomodativa già da

lontano, a breve distanza necessiterebbe di un potere accomodativo maggiore che

non possiede. Per sopperire a tale mancanza, il sistema visivo attua meccanismi

di vergenza, allo scopo di ricercare un maggior stimolo accomodativo ed avere

visione nitida. Anche in questa circostanza s’interrompe lo stimolo fusionale per

far fronte ad una esoforia, ovvero convergenza anomala degli assi visivi.

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Parte delle anomalie riscontrate in visione distale possono presentarsi in visione

prossimale in maniera più accentuata. O ancora in condizione di emmetropia da

lontano, possiamo avere discordanze nei test da vicino, dovute ad un principio di

presbiopia.

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CAPITOLO III

3.1 L’obiettivo

L’obiettivo della tesi è stato interpretare i risultati raccolti dagli screening visivi,

effettuati nel corso dei vari tirocini proposti dall’Università della Federico II e

avvenuti in diverse manifestazioni site nelle piazze della città. Questo studio

sperimentale è finalizzato a stilare una statistica in relazione alla valutazione di:

a) Efficienza o meno della correzione in uso in visione distale e prossimale ;

b) Condizione emmetropica reale o fittizia del soggetto;

c) Eventuali eteroforie correlate a difetti refrattivi e/o al porto di occhiali ;

d) Ametropia maggiormente presente nella società odierna .

3.2 Soggetti e anamnesi

I soggetti analizzati nell’arco degli anni 2015-2016-2017 sono 1000 e di età

compresa tra i 20 e i 90 anni. È stato ritenuto inopportuno considerare casi aventi

età inferiore ai 20, dato il minor flusso mostratosi agli screening. Il controllo in

visione prossimale è stato circoscritto specialmente agli esaminati aventi un

intervallo di età compreso tra 40 ai 90 anni, vale a dire a coloro che lamentavano

difficoltà da vicino, ad esempio nella lettura. Una successiva divisione dei casi è

stata definita in relazione al sesso e al porto di lenti a tempiali e da lontano e da

vicino.

3.3 Procedura iniziale

I dati interpretati dalle singole schede valutative sono stati tutti raccolti in un

foglio elettronico Excel, che ha contribuito a visualizzare il diverso andamento

dei fattori inseriti al suo interno in funzione dell’età, della frequenza con il quale

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si presentavano e ancora della media soprattutto del visus raggiunto in visione

binoculare sia a breve che a lunga distanza.

3.4 Risultati e discussione

L’indagine effettuata è stata suddivisa in 3 studi principali:

Quantizzazione dello stato refrattivo da lontano con eventuale correzione

in uso ;

Misurazione dello stato refrattivo da vicino con eventuale correzione in

possesso ;

Determinazione dell’effettiva presenza o assenza di deviazioni latenti e

della possibile correlazione con lo stato ametropico .

3.4.1 Primo studio: valutazione del visus da lontano correlato

alle ametropie

Il primo grafico sopra riportato mostra la divisione di soggetti portatori PO e

non portatori di occhiali NP in relazione alla totalità dei casi considerati,

dipendentemente dall’età suddivisa in step di 10 anni. Si può notare come

Grafico 1: I soggetti sono suddivisi in relazione al porto o non porto di lenti a tempiali.

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nell’intervallo di età compresa tra i 20 e 50 anni è presente una netta

maggioranza dei soggetti NP, dovuto o ad una condizione di emmetropia o

presumibilmente ad uno stato ipermetropico dei soggetti in età post-

adolescenziale; qui il difetto refrattivo può nascondersi a causa di una riserva

accomodativa ampia o, almeno, sufficientemente tale da non permettere il

riconoscimento dello stesso. Tra i 50-60 anni si evidenza un’inversione dei

soggetti PO/NP: se a 50 anni abbiamo 105 portatori e 154 non portatori, ai 60

anni risultano portatori 132 e non portatori 94. Il motivo del rovescio di medaglia

è associabile alla manifestazione dell’ipermetropia, in quanto la riserva

accomodativa non riesce a sopperire sia il vizio sia l’impiego accomodativo da

vicino.

Nel grafico 2 sono raggruppati soggetti che hanno la correzione da lontano, ma

che non sono compensati in maniera sufficiente. Allor ché non godendo di

visione nitida da lontano, i risultati dei test alla quale sono stati sottoposti hanno

evinto una porzione miopica non corretta del tutto e per di più, in un maggior

numero di casi, il vizio diventa composto, cioè accompagnato anche da una

componente astigmatica.

Grafico 2: I soggetti portatori di lente correttiva da lontano sono raggruppati in miopi e miopi

astigmatici.

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Nel grafico 3 sono riuniti soggetti che evidenziano un difetto refrattivo di natura

ipermetropica, non adeguatamente compensato dalla correzione in uso. Si deduce

che il tasso dei PO ipermetropi con errata compensazione è nettamente inferiore

rispetto a quello dei miopi PO, pocanzi descritto. Purtroppo il grafico raggiunge

l’apice dai 50 ai 70 anni, intervallo in cui oltre all’evidente avanzamento del

vizio semplice in questione, segue una percentuale astigmatica che, anche in

questo caso, non viene proporzionatamente compensata all’ipermetropia.

Grafico 3: I soggetti portatori di lente correttiva da lontano sono raggruppati in ipermetropi

e ipermetropi astigmatici.

Grafico 4: Rappresentazione grafica del numero di astigmatici portatori di lenti oftalmiche in

visione da lontano.

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Nel quarto grafico si desume che i soggetti, nonostante siano portatori di lenti

oftalmiche, lamentano ancora una parte astigmatica non corretta. In questo caso il

numero degli esaminati è relativamente al di sotto dell’elenco di casi di miopia e

ipermetropia.

Questo grafico (graf.5), in relazione ai dati analizzati precedentemente sulle

ametropie, non corrisponde alle aspettative presupposte: nei vari step riguardanti

l’età si nota una lieve disparità numerica tra i soggetti PO con visus ottimale (AV

Bin.L= 10-12/10) e soggetti PO che, invece, non hanno una correzione

sufficiente (AV Bin.L≤ 8/10), atta a garantire una condizione emmetropica. I vizi

refrattivi che continuano a rimanere tali, nonostante il porto di lenti, sono

principalmente di natura miopica e astigmatica. In particolare, la componente

astigmatica viene o sottocorretta o tralasciata del tutto, come è stato registrata

nella ricerca riportata tra tutti i PO, motivo per cui influisce a contribuire ad una

pessima visione binoculare. Infine, in questo caso, circa la metà degli esaminati

presentano una ‘cattiva’ acutezza visiva, una quantità simile è stata annotata nei

soggetti cosiddetti corretti sufficientemente.

Grafico 5: Relazione tra i soggetti portatori che presentano un visus da lontano sufficiente

(AV>8/10) e insufficiente (AV≤8/10).

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Al contrario dai soggetti non portatori NP, cioè da coloro che non avrebbero

bisogno di una compensazione oftalmica, ci si aspetta una visione binoculare

proficua, dipendentemente ai risultati di esito positivo ottenuti dall’esecuzione

dei test visivi.

Nel grafico 6 si osserva come soggetti non portatori di occhiali NP il numero di

casi esclusivamente miopi è lieve, motivo per cui si deduce che la maggior parte

delle volte il vizio miopico è unito ad una porzione astigmatica; di conseguenza i

miopi astigmatici risultano il doppio rispetto ai miopi semplici.

Grafico 6: I soggetti non portatori di lente correttiva da lontano sono raggruppati in miopi e

miopi astigmatici.

Grafico 7: I soggetti non portatori di lente correttiva da lontano sono raggruppati in ipermetropi

e ipermetropi astigmatici.

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Nel settimo grafico si evince che, a differenza del grafico precedente dove la

miopia è associata quasi sempre ad astigmatismo, emerge al contrario un tasso

più alto di ipermetropia semplice. Non dimentichiamo che la porzione

astigmatica è comunque sempre presente.

Il grafico 8 denota una quantità di soggetti unicamente astigmatici NP non

elevata rapportata al numero di soggetti miopi e ipermetropi NP, riscontrati in

precedenza.

Grafico 8: Rappresentazione grafica del numero di astigmatici non portatori di lenti oftalmiche

in visione da lontano.

Grafico 9: Relazione tra i soggetti non portatori che presentano un visus da lontano sufficiente

(AV>8/10) e insufficiente (AV≤8/10).

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Il grafico 9 mostra due aspetti importanti:

1. Tra i non portatori ci sono soggetti che hanno una visione presso ché

nitida, nonostante siano presenti vizi refrattivi di lieve entità ;

2. Esiste un numero cospicuo di NP che hanno una condizione visiva

deficitaria .

Nel grafico sopra riportato, nell’intervallo di età compreso tra i 20 e i 50 anni il

numero dei soggetti NP che godono di un’acutezza visiva ‘normale’ sono in

numero maggiore. Ciò può essere dovuto non solo ad una condizione

emmetropica effettiva, ma anche a basse entità di miopia e astigmatismo e ancora

a ipermetropia corretta mediante l’uso di impiego accomodativo. Nell’età

compresa tra i 50 e i 90 anni il numero di soggetti con visione nitida diminuisce a

tal punto da uguagliare la quantità di esaminati con scarse capacità visive. Il calo

di possibili emmetropi è da correlare presumibilmente alla diminuzione della

riserva accomodativa, alla quale si manifesta l’insorgenza di ipermetropia.

3.4.2 Secondo studio: valutazione del visus da vicino correlato

alle ametropie

Nel secondo studio si prende in considerazione la classe di soggetti con età

maggiore o uguale ai 40 anni, questo perché proprio in quest’arco di vita di

manifesta un principio di carenza accomodativa, causato da un irrigidimento del

cristallino e/o dall’indebolimento del muscolo che regola l’accomodazione;

conseguenza di ciò è la perdita del suo carattere dinamico.

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Nel grafico sopra riportato (graf.10) è stata realizzata una suddivisione tra

presbiti che indossano l’occhiale per visione prossimale e coloro che, invece, non

portano una correzione da vicino; però questo non esclude il fatto che non ne

abbiano bisogno. Soprattutto intorno all’età dei 40 anni, i soggetti che presentano

il bisogno di portare una lente addizionale sono ben pochi, infatti dal grafico si

intravede un rapporto tra 126 presbiti non corretti contro i 6 corretti. Questa

condizione può essere attribuita ad un vizio miopico da lontano, poiché spesso

questi soggetti usano l’eccesso di potere diottrico oculare per sopperire ad una

mancanza accomodativa. Tra i soggetti NP in questa fascia di età troviamo anche

emmetropi e ipermetropi di lievi entità, dove la riserva accomodativa è ancora

sufficiente per l’attività da vicino. Inoltre nell’istogramma se si confronta la

quantità di soggetti presbiti corretti e non corretti in ordine crescente ai gradi

d’età, si osserva che le due colonne presentano una disparità massima intorno ai

50 anni per poi diminuire fino a diventare equi. Pertanto gli emmetropi, così

come gli ametropi, con l’avanzare dell’età hanno bisogno anch’essi di una lente

addizionale per vicino.

Grafico 10: I soggetti analizzati in visione prossimale si dividono in presbiti corretti e presbiti

non corretti.

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Come si osserva dai grafici 10-11-12, la maggior parte dei presbiti non corretti è

formata da soggetti che presentano un vizio miopico da lontano, mentre al

contrario, per i presbiti corretti, abbiamo casi con vizio ipermetropico e soggetti

con un vizio miopico medio-alto.

Grafici 11-12: I due istogrammi presentano il numero di soggetti presbiti miopi e presbiti

ipermetropi in possesso o in mancanza di correzione.

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Come mostra il grafico 13, i soggetti presbiti non portatori evidenziano

un’acutezza visiva precaria: coloro che hanno un buon visus sono raggruppati

solo nelle fasce di età tra 40-50 anni. Essi fanno parte della categoria dei miopi,

ipermetropi lievi o emmetropi con impiego accomodativo sufficiente. Nelle

successive classi di età, si osserva che la quasi totalità dei soggetti presenta una

visione prossimale carente. Questo a causa di esaminati aventi ipermetropia o

miopia medio-elevata senza correzione prossimale, o ancora dovuto ad

emmetropi divenuti presbiti effettivi.

Grafico 13: Valutazione del visus in soggetti presbiti non corretti.

Grafico 14: Valutazione del visus in soggetti presbiti corretti.

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Nel grafico 14, a confronto con il grafico 13, i risultati non combaciano con le

previsioni, cioè tra i presbiti corretti sufficientemente o meno non si riscontra

purtroppo una differenza marcata a favore dei soggetti presbiti corretti ma con

buon visus. Dunque tra i soggetti che usano una lente addizionale, solo circa la

metà dei casi riferisce di vedere nitidamente. Gli altri potrebbero essere o

soggetti ipocorretti o provvisti di una mancata correzione della componente

astigmatica.

3.4.3 Terzo studio: valutazione delle eteroforie

Questo terzo studio offre una statistica dei soggetti che sono affetti da eteroforie

evidenti, tralasciando coloro che, invece, hanno riferito una deviazione latente di

minor grado, definita fisiologica. Su 1000 soggetti esaminati, solo 289 sono eso-

o exoforici con una foria maggiore o uguale a 3 diottrie prismatiche. Dal grafico

15 si deduce come, in quasi tutte le fasce d’età, i soggetti esoforici raggiungono

una soglia più alta rispetto agli exoforici.

Grafico 15: Frequenza del numero di soggetti aventi eteroforie relativamente all’età.

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Comparando i due grafici 16-17, per le forie abbiamo un andamento differente in

base alla natura del vizio refrattivo: i soggetti con un difetto miopico hanno

mostrato una deviazione latente di carattere leggermente exoforico. Quindi la

correlazione miopia-exoforia non assume un aspetto rilevante nell’ambito

statistico. Dal secondo istogramma si desume come il vizio refrattivo

ipermetropico sia strettamente legato ad una esoforia. Dunque gli ipermetropi per

sopperire ad una riserva accomodativa insufficiente manifestano una vergenza

Grafico 16-17: I due istogrammi presentano il numero di soggetti miopi e ipermetropi

affetti da esoforie ed exoforie.

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positiva. Solo in 17 casi si è riscontrata exoforia, ovviamente distribuita nelle

diverse fasce d’età.

L’ultimo istogramma (graf.18) associa la foria, che sia eso- o exo-, al visus che il

soggetto ha mostrato di avere in visione binoculare da lontano. In particolare tra i

20 e i 50 anni compresi si evidenzia come la deviazione latente non è legata ad

una bassa acuità visiva, in senso opposto verge il grafico dai 60 anni in poi. In

ogni caso si può concludere affermando che le forie sono una delle componenti

che va senz’altro ad inficiare sulla visione binoculare.

Grafico 18: I soggetti eteroforici sono raggruppati in coloro che possiedono un visus da lontano

sufficiente e insufficiente.

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CONCLUSIONI

I risultati ottenuti dagli screening visivi effettuati mediante l’uso del Visiotest

hanno evidenziato non poche anomalie delle capacità visive all’interno della

società. Dal primo studio si evince come la componente miopica, non solo

rappresenta l’ametropia maggiormente riscontrata, ma quasi sempre è associata

ad astigmatismo. D’altro canto non si può affermare lo stesso per l’ipermetropia:

nonostante si verifica meno frequentemente rispetto alla miopia, non ha una

correlazione forte con l’astigmatismo. Tra i 1000 casi analizzati, si denota una

lieve disparità tra i portatori di occhiali e i non portatori, ma il dato allarmante è

che, nella maggior parte dei soggetti, la correzione oftalmica è risultata errata.

Infatti molti esaminati sono in possesso di un’acutezza visiva sotto la norma.

Come possiamo osservare dalla figura sopra riportata, si può notare come in

visione distale l’acutezza visiva mediamente riscontrata tra i portatori, ossia di

88/100, sia inferiore rispetto a quella dei non portatori, ovvero 94/100. Benché

l’acuità visiva media dei non portatori sia al di sotto della norma, l’informazione

rilevante scaturita dall’esecuzione dei test visivi mostra come i portatori siano in

possesso di una correzione oftalmica errata. Questo errore è attribuibile ad una

ipocorrezione del vizio refrattivo e ad una non correzione della componente

astigmatica.

Nel secondo studio sono stati raggruppati i dati che, invece, appartengono alla

visione prossimale. Dall’analisi dei dati si denota come un numero alto di

soggetti miopi non porta correzione da vicino. Essi sfruttano l’eccesso potere

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refrattivo in visione prossimale. Al contrario molti ipermetropi, nonostante il loro

deficit in visione prossimale, non presentano una correzione presbiopica.

Come si evince dalla figura in alto, tutti i soggetti presbiti presentano un quadro

deficitario: per i presbiti corretti si ha un’acutezza visiva media di 85/100, per i

presbiti non corretti il valore diminuisce a 64/100. Comparando l’acutezza media

da lontano e da vicino, è evidente una diminuzione significativa del visus. Da

questa condizione si deduce che, se in visione distale non è presente una corretta

analisi optometrica, probabilmente in visione prossimale la situazione potrebbe

peggiorare ulteriormente.

Il terzo studio sperimentale è legato alla ricerca della presenza o assenza di forie,

correlate anche ad ametropie. Dai risultati ottenuti non si evince una diretta

connessione tra miopia ed exoforia, cosa che invece accade tra ipermetropia ed

esoforia. Fino ai 50 anni le eteroforie non inficiano il visus del soggetto, dai 60 in

poi si può supporre che la presenza di foria sia una delle possibili cause atte a

compromettere la visione binoculare.

Infine da questo studio sperimentale sono emerse ben due conclusioni: la prima

relativa all’importante svolgimento degli screening di massa, poiché evidenzia

come l’azione di prevenzione e controllo qualitativo su larga scala sia efficace

nell’indicare la presenza di superficialità e trascuratezza nei confronti di una

corretta visione binoculare anche a livello generale e non solo in casi specifici,

come in ambito lavorativo.

Il secondo aspetto ricade sul fatto che nella popolazione si presentano molti casi

che hanno capacità visiva precaria, anche se indossano occhiali. Dunque è

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opportuno agire sulla psiche del soggetto, qualora già in una fase preliminare

(come lo è sottoporsi a questi test) presentassero delle marcate anomalie, al fine

di incitarli ad approfondire la loro condizione visiva, rivolgendosi ad uno

specialista della visione.

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