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CAPITOLO 2 LE EQUAZIONI CIRCUITALI 2.1 Introduzione Il quadro del modello circuitale è, almeno per quanto concerne i circuiti di bipoli, a questo punto, completo. Esso è così costituito dai: Concetti fondamentali: - l’intensità della corrente elettrica che attraversa il bipolo; - la tensione elettrica del bipolo; Leggi fondamentali : - legge di Kirchhoff per le correnti; - legge di Kirchhoff per le tensioni; Relazioni caratteristiche. Tutto ciò che d’ora in avanti si dirà sarà stretta conseguenza di questo “quadro”. Nel Capitolo 4 faremo vedere che questo quadro si estende naturalmente, senza alcuna difficoltà e limitazione, ai circuiti che contengono componenti con più di due terminali. In un circuito il funzionamento di ogni singolo bipolo è, in ogni istante, determinato dalla interazione tra il bipolo stesso e il resto del circuito. In altre parole, si può dire che esso è il frutto della interazione tra due diverse esigenze: che il bipolo si comporti in modo compatibile con la sua specifica natura e che

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CAPITOLO 2

LE EQUAZIONI CIRCUITALI

2.1 Introduzione

Il quadro del modello circuitale è, almeno per quanto concerne i circuiti di bipoli,a questo punto, completo. Esso è così costituito dai:

• Concetti fondamentali:

- l’intensità della corrente elettrica che attraversa il bipolo;- la tensione elettrica del bipolo;

• Leggi fondamentali:

- legge di Kirchhoff per le correnti;- legge di Kirchhoff per le tensioni;

• Relazioni caratteristiche.

Tutto ciò che d’ora in avanti si dirà sarà stretta conseguenza di questo “quadro”.Nel Capitolo 4 faremo vedere che questo quadro si estende naturalmente, senzaalcuna difficoltà e limitazione, ai circuiti che contengono componenti con più didue terminali.In un circuito il funzionamento di ogni singolo bipolo è, in ogni istante,determinato dalla interazione tra il bipolo stesso e il resto del circuito. In altreparole, si può dire che esso è il frutto della interazione tra due diverse esigenze:che il bipolo si comporti in modo compatibile con la sua specifica natura e che

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tale comportamento sia a sua volta compatibile con quello di tutti gli altri bipolipresenti nel circuito.Le relazioni caratteristiche descrivono il funzionamento dei singoli bipoli delcircuito e le leggi di Kirchhoff ne regolano l’interazione. Le equazioni che nederivano sono le equazioni circuitali. Esse sono l’oggetto del nostro studio. Inparticolare, studieremo le proprietà fondamentali di queste equazioni e i lorometodi di soluzione.Le equazioni di Kirchhoff, che dipendono solo da come gli elementi circuitalisono collegati tra loro e non dalla loro specifica natura, sono algebriche linearie omogenee.Le equazioni caratteristiche, che dipendono solo dalla natura fisica dei singolielementi del circuito e non da come sono tra loro collegati, possono essere,invece, di diverso tipo, a seconda della natura fisica dei componenti che essedescrivono: ad esempio, algebriche lineari, algebriche non lineari, differenzialilineari, differenziali non lineari. Quindi, la soluzione delle equazioni di uncircuito presenta difficoltà che dipendono non solo dal numero di elementipresenti e dal modo in cui essi sono collegati, ma anche dalla loro natura.I circuiti possono essere classificati in due grandi categorie: circuiti resistivi ecircuiti dinamici.Un circuito si dice resistivo se è costituito da soli generatori e resistori (lineari enon lineari), cioè da elementi adinamici.Un circuito si dice dinamico se, oltre a generatori e a resistori, contiene ancheelementi dinamici come, ad esempio, induttori e condensatori. L’ordine di uncircuito dinamico è, per definizione, il numero di bipoli dinamici presenti nelcircuito. Ad esempio, un circuito dinamico del primo ordine è un circuito conun solo bipolo dinamico, ad esempio, un condensatore o un induttore; uncircuito dinamico del secondo ordine è un circuito con due bipoli dinamici, adesempio un condensatore e un induttore, o due condensatori, o due induttori; ecosì via.Allo scopo di illustrare i possibili tipi di equazioni circuitali, le difficoltà che siincontrano nel loro studio e i metodi di soluzione più importanti, nel prossimoparagrafo studieremo quattro circuiti, topologicamente semplici1, in cui sonopresenti alcuni tra gli elementi circuitali più frequentemente utilizzati nelleapplicazioni: i primi due sono resistivi e i restanti sono circuiti dinamici delprimo ordine. I primi tre circuiti che considereremo sono composti da soli tre

1 La topologia di un circuito concerne le proprietà del circuito di bipoli che dipendono dalmodo in cui i bipoli sono tra loro collegati e non la loro specifica natura fisica.

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bipoli, connessi in serie. L’ultimo caso che analizzeremo è un circuitocomposto da quattro elementi: due bipoli collegati in serie a un parallelocomposto da altri due bipoli.Nella restante parte del capitolo, invece, studieremo le proprietà delle equazionicircuitali derivanti unicamente dalla struttura peculiare delle equazioni diKirchhoff. Attraverso queste proprietà è possibile affrontare e risolvere iproblemi che nascono dalla complessità delle equazioni circuitali dovuta alnumero di bipoli presenti e al modo in cui essi sono tra loro collegati. Inparticolare, faremo vedere come si rappresentano le connessioni di un genericocircuito tramite un grafo. Ciò renderà possibile una trattazione formale delleequazioni di Kirchhoff, delle loro proprietà di indipendenza, del teorema diconservazione delle potenze elettriche e del teorema di Tellegen (questi sonoteoremi fondamentali della teoria dei circuiti). Inoltre, introdurremo il concettodi potenziale di nodo e il concetto di corrente di maglia e le formulazioni delleequazioni circuitali che su di essi si basano .Come faremo vedere nel Capitolo 4, tramite i grafi è possibile trattare glielementi con più di due terminali allo stesso modo in cui si tratta unconvenzionale elemento con due terminali.

2.2 Circuito resistivo lineare “semplice”

In questo paragrafo e nei prossimi tre, attraverso quattro esempi, evidenzieremole tipologie più importanti di equazioni che si incontrano nella soluzione dicircuiti. Ciascuno di essi esemplifica una classe di circuiti di particolareinteresse teorico e applicativo.L’obiettivo principale di questa esemplificazione è sostanzialmente quello dicominciare a familiarizzare con la soluzione delle equazioni circuitali, iniziandoa risolvere circuiti “semplici” (e significativi) e poi, man mano, proseguendocon circuiti sempre più complessi. In questo modo faremo anche una primarassegna dei metodi matematici che si utilizzano per la soluzione delleequazioni circuitali.Considereremo prima un circuito resistivo lineare, poi un circuito resistivo nonlineare, poi un circuito dinamico lineare tempo invariante con generatorecostante, poi lo stesso circuito dinamico con generatore sinusoidale e, infine, uncircuito dinamico tempo invariante non lineare.

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Un circuito resistivo lineare è un circuito costituito da resistori lineari e dageneratori ideali (più in generale da elementi adinamici lineari). Si consideri,ad esempio, il circuito illustrato in Figura 2.1a. Esso è costituito da dueresistori lineari, di resistenze R1 e R2 , connessi in serie. Due bipoli sono

connessi in serie, se sono gli unici bipoli incidenti allo stesso nodo. La serie didue resistori è collegata, a sua volta, a un generatore indipendente di tensione.Questo è l’esempio significativo più semplice di circuito resistivo lineare. Sideterminino le intensità di corrente e le tensioni del circuito e la potenzaelettrica erogata dal generatore di tensione.

aaa

R1

R2

i1 i2

i3

+ v1

+

v2v3 e t( )

1 2

3(a) (b)

R1

R2e t( )

Fig. 2.1 (a) Esempio di circuito resistivo lineare; (b) corrispondente “circuito orientato”.

Il circuito è costituito da tre bipoli e da tre nodi. Le incognite sono le treintensità di corrente i1, i2 , i3 e le tre tensioni v1, v2 , v3. Ricordate, la prima

operazione che bisogna effettuare quando si imposta la soluzione di un circuitoè assegnare i versi di riferimento per le intensità di corrente e le tensioni. È unabuona regola adottare per ciascun bipolo del circuito la stessa convenzione, adesempio, quella dell’utilizzatore. Di conseguenza, una volta stabiliti, adesempio, i versi di riferimento per le intensità di corrente, sonoautomaticamente fissati anche i versi di riferimenti per le tensioni (e viceversa).Si fissino i riferimenti per i versi delle intensità di corrente così come è indicatoin Figura 2.1b, e si adoperi per ciascun bipolo la convenzione dell’utilizzatore.In realtà, la tensione del generatore di tensione, a differenza dell’intensità dicorrente, non è incognita, anche se, almeno formalmente, qualche voltaconviene considerarla come tale.Dopo che sono stati definiti i versi di riferimento, si possono determinare leequazioni del circuito. Si determinino prima le equazioni di Kirchhoff.Applicando la legge di Kirchhoff per le correnti al nodo “1” e al nodo “2”otteniamo:

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i1 − i3 = 0 , (1)−i1 + i2 = 0 . (2)

L’equazione di Kirchhoff per il nodo “3” è −i2 + i3 = 0 , ovvero

i2 − i3 = 0 . (3)

Quest’ultima equazione non contiene ulteriori informazioni oltre a quelle giàcontenute nelle equazioni (1) e (2). Infatti, l’equazione (3) può essere ottenutasommando membro a membro le equazioni (1) e (2). Come si usa dire,l’equazione (3) è una combinazione lineare delle equazioni (1) e (2), ovvero leequazioni (1), (2) e (3) sono linearmente dipendenti 2. Di conseguenza non c’èbisogno di considerare l’equazione (3) nello studio del circuito in esame. Èevidente che non c’è nessun motivo particolare per cui tra le tre equazioni (1),(2) e (3) scegliamo di usare le prime due e ignoriamo la terza. Potremmo,ovviamente, usare la prima e la terza e ignorare la seconda, oppure usare laseconda e la terza e ignorare la prima.Dalle equazioni (1) e (2) abbiamo immediatamente che

i1 = i2 = i3 . (4)

Le intensità di corrente nei tre bipoli sono uguali perché sono collegati in serie(se i versi di riferimento sono quelli scelti in Figura 2.1; otterremmo lo stessorisultato se cambiassimo i versi di riferimento di tutte e tre le intensità dicorrente).

2 L’equazione f x1, x2, ...,xn( ) = b si dice lineare se f x1, x2, ...,xn( ) è una funzione lineare delle

variabili x1, x2 ,..., xn , cioè se f x1, x2, ...,xn( ) = α1x1 +α 2x2 + ... + αn xn , dove α1,α2 ,...,αn sono

coefficienti che non dipendono dalle variabili x1, x2 ,..., xn ; b è una grandezza notaindipendente dalle variabili x1, x2 ,..., xn . Un’equazione lineare è omogenea quando il terminenoto è uguale a zero. Si consideri l’insieme delle m equazioni lineari e omogeneef j x1,x2 ,..., xn( ) = α j1x1 +α j 2x2 + ... + α jn xn = 0, con j = 1,2,...,m . Le equazioni di questo

insieme si dicono linearmente dipendenti se e solo se esiste almeno un insieme di m dicostanti, k1,k2 , ...,km (almeno due di esse devono essere diverse da zero), tali che

k j f j x1, x2 ,..., xn( )j =1

m∑ = 0 per ogni x1, x2 ,..., xn . L’equazioni di questo insieme si dicono si

dicono linearmente indipendenti se e solo se non sono linearmente dipendenti.

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Siccome i tre bipoli del circuito sono collegati in serie, il circuito in esame hauna sola maglia. Orientiamo la maglia in verso orario e applichiamo la legge diKirchhoff per le tensioni. Abbiamo:

v1 + v2 + v3 = 0 . (5)

Ora dobbiamo considerare le equazioni caratteristiche dei bipoli del circuito,facendo attenzione al fatto che abbiamo usato la convenzione dell’utilizzatoreper ciascun bipolo. Esse sono:

v1 − R1i1 = 0, (6)v2 − R2i2 = 0, (7)

v3 = −e . (8)

Nell’equazione caratteristica del generatore di tensione compare il segno menoperché il verso di riferimento della tensione v3 è, per come è stato scelto,

opposto al verso di riferimento della tensione e impressa dal generatore ditensione.Le equazioni (1), (2), (5), (6), (7) e (8) sono le equazioni del circuito in esame:esse sono sei equazioni algebriche lineari, linearmente indipendenti, nelle seiincognite i1, i2 , i3 e v1, v2 , v3. La soluzione di questo sistema è semplice, basta

applicare il metodo della riduzione per sostituzione o metodo di Gauss.Sostituendo le espressioni di v1, v2 e v3 date dalle equazioni (6), (7) e (8)

nell’equazione (5) abbiamo

R1i1 + R2i2 − e = 0. (9)

Utilizzando le relazioni (4), dall’equazione (9) si ha

R1 + R2( )i1 = e . (10)

Questa è un’equazione algebrica lineare 3 nell’incognita i1. La sua soluzione è

3 L’equazione f x( ) = b (b è una grandezza nota, quindi indipendente dalla grandezzaincognita x ) si dice algebrica se f ⋅( ) è una funzione della variabile x . L’equazione algebricaf x( ) = b si dice lineare se f x( ) è una funzione lineare della variabile x , cioè f x( ) = Kx doveK è una costante.

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i1 = eR1 + R2

. (11)

Utilizzando, ora, le (6) e (7), dalla (11) si ha

v1 = R1

R1 + R2

e , v2 = R2

R1 + R2

e . (12)

Per determinare la potenza elettrica erogata dal generatore di tensione, pge( ) ,

consideriamo l’intensità della corrente elettrica ′ i 3 che attraversa il generatore,definita con il verso di riferimento concorde, in base alla convenzione delgeneratore, con quello della tensione v3 . E’ immediato che

′ i 3 = −i3 . (13)

Allora, si ha

pge( ) = ′ i 3v3 = −i3v3 = i3e = e2

R1 + R2

. (14)

Si osservi che i versi di riferimento dell’intensità di corrente e della tensioneimpressa e sono in accordo con la convenzione del generatore. Si assuma che latensione del generatore ideale di tensione sia, ad esempio, periodica,

e t( ) = E0 + Em cos ωt( ) , (15)

e che i valori dei parametri del circuito siano quelli riportati in Tabella 2.1. (Lapulsazione ω è legata alla frequenza f dalla relazione ω = 2πf .)

R1 = 1Ω R2 = 2Ω E0 = 1V Em = 3V f = 1 kHz

Tab. 2.1 Parametri del circuito riportato in Fig. 2.1

Otteniamo

i1 t( ) = i2 t( ) = i3 t( ) = 13

+ cos ωt( ) A , (16)

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v1 t( ) = 13

+ cos ωt( ) V , (17)

v2 t( ) = 23

+ 2cos ωt( ) V, (18)

pge( ) t( ) = 1

31 + 3cosωt( )2 W = 5,5 + 6cosωt + 4,5cos2ωt W, (19)

dove ω = 2π ⋅103 s−1. Si osservi che l’espressione della potenza istantaneaerogata dal generatore contiene un termine costante, uno sinusoidale apulsazione ω e uno a pulsazione 2ω .

Problema

Si determinino le intensità di corrente, le tensioni e la potenza elettrica erogatadal generatore di corrente del circuito resistivo semplice rappresentato in Figura2.2.

aaa

R1 R2j t( )

Fig. 2.2 Esempio di circuito resistivo lineare.

2.3 Circuito resistivo non lineare “semplice”

La soluzione di un circuito resistivo lineare si riduce sempre alla soluzione diun sistema di equazioni algebriche lineari. Un qualsiasi sistema di equazioni diquesto tipo può essere risolto analiticamente, ad esempio, utilizzando il metododella riduzione per sostituzione, come abbiamo appena fatto vedere. Se ilcircuito contiene resistori non lineari bisogna risolvere, invece, un sistema diequazioni costituito, oltre che da equazioni algebriche lineari, anche daequazioni algebriche non lineare, tante quanti sono i bipoli non lineari presentinel circuito. Ad eccezione di pochissimi casi, la soluzione di equazionialgebriche non lineari (o di sistemi) non può essere effettuata per via analitica.

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Questa è la prima complicazione dovuta alla presenza di elementi non lineari.Inoltre, può anche accadere che un circuito resistivo non lineare abbia più diuna soluzione o, addirittura, non abbia soluzioni. I circuiti resistivi linearihanno sempre una sola soluzione (se si escludono casi molto particolari).L’esempio che considereremo consentirà di mettere in evidenza tutto ciò in unmodo estremamente semplice.In questo paragrafo illustreremo due metodi approssimati di soluzione diequazioni algebriche non lineari: il metodo grafico e il metodo di Newton-Raphson.Un circuito resistivo è non lineare se contiene resistori non lineari. Si consideri,ad esempio, il circuito riportato in Figura 2.3a. Esso è costituito da un resistorelineare di resistenza R , da un resistore non lineare e da un generatore ideale ditensione costante. Siccome i tre bipoli sono collegati in serie, l’intensità dellecorrenti elettriche che li attraversano sono uguali, così come abbiamo mostratonel circuito esaminato in precedenza. Per questa ragione nel disegno riportato inFigura 2.3a è riportata solo l’intensità della corrente i , con il corrispondenteverso di riferimento. In conseguenza di ciò non dobbiamo considerare leequazioni di Kirchhoff per le correnti.

aaa

R1

++ v1

+

v2E

ii

v2

i

v2

(a) (b) (c)

Fig. 2.3 (a) Esempio di circuito resistivo non lineare; due esempi di curve caratteristichetipiche di resistori non lineari: (b) diodo a giunzione pn, (c) diodo tunnel .

Studieremo il circuito in esame considerando due tipi di resistori non lineari: ilresistore non lineare con curva caratteristica monotona crescente del tiporiportato in Figura 2.3b (potrebbe essere la curva caratteristica di un diodo agiunzione pn), e il resistore non lineare con curva caratteristica non monotonadel tipo riportato in Figura 2.3c (potrebbe essere la curva caratteristica di undiodo tunnel). Entrambe le curve caratteristiche possono essere descritte da

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un’equazione algebrica non lineare del tipo (in entrambi i casi il resistore nonlineare è controllato in tensione)

i2 = g v2( ) , (20)

dove g v2( ) è una funzione a un solo valore.

Applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni all’unica maglia del circuitoabbiamo (orientiamo la maglia in verso orario)

v1 + v2 − E = 0; (21)

E è il valore della tensione del generatore. Infine dalla relazione caratteristicadel resistore lineare abbiamo l’equazione

v1 − R1i = 0. (22)

Combinando l’equazione (22) con l’equazione (21) si ottiene

R1i + v2 = E . (23)

Siamo giunti, così, al sistema di due equazioni

R1i + v2 = E,

i − g v2( ) = 0,

(24)

nelle due incognite i e v2. Il sistema di equazioni (24) è un particolare sistema

ridotto delle equazioni del circuito in esame. Esso è un sistema di due equazionialgebriche una delle quali è non lineare.Sostituendo l’espressione di i in funzione di v2, che si ottiene dalla prima

equazione del sistema (24), nella seconda equazione, si ha l’equazione algebricanon lineare 4

4 L’equazione f x( ) = b si dice algebrica se f ⋅( ) è una funzione della variabile x . L’equazionealgebrica f x( ) = b si dice non lineare se e solo se f x( ) è una funzione non lineare della

variabile x , come, ad esempio, x2 , x , log x( ), ex .

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v2

R1

+ g v2( ) = E , (25)

nell’incognita v2. Anche se avessimo scelto di ridurre il sistema (24) a una sola

equazione nell’incognita i avremmo ancora ottenuto un’equazione non lineare.Come già abbiamo osservato, solo in casi molto particolari è possibile risolvereesattamente, attraverso metodi analitici, le equazioni algebriche non lineari. Ingenerale bisogna ricorrere a metodi di soluzione approssimati.

2.3.1 Metodo grafico

Il sistema (24) può essere sempre risolto per via grafica.Il metodo per la ricerca della soluzione consiste nel riportare la retta Rdescritta dall’equazione lineare (equazione (23)) sul piano v2 ,i( ) in cui ètracciata la curva caratteristica G del resistore non lineare (equazione (20)),

come illustrato in Figura 2.4.

Osservazione

La retta R , che in letteratura prende il nome di retta di carico, descrive ilfunzionamento del bipolo costituito dalla serie generatore di tensione -resistore: essa è la curva caratteristica di questo bipolo concorde con laconvenzione del generatore.

Al variare del valore della resistenza R1 varia la pendenza della retta di carico

(per fissato valore di E ), mentre al variare della tensione E impressa dalgeneratore la retta trasla parallelamente a se stessa (per fissato valore di R1),

Figura 2.4.Le intersezioni della retta di carico R con la curva caratteristica del resistorenon lineare G individuano dei punti, detti punti di lavoro. I valori di intensitàdi corrente e tensione, che rappresentano le coordinate di questi punti, V2, I( ) ,

sono soluzioni del sistema (24), e quindi, soluzioni del circuito. Infatti, lecoppie di tensione - corrente v2 ,i( ) associate ai punti della retta R sono, per

costruzione, soluzioni della prima equazione del sistema (24); le coppie ditensione - corrente v2 ,i( ) associate ai punti della curva G sono, per costruzione,

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soluzioni della seconda equazione del sistema (24). Di conseguenza, le coppieV2 , I( ) corrispondenti ai punti di lavoro, siccome appartengono a entrambe le

curve, verificano entrambe le equazioni del sistema (24) e, quindi, sonosoluzioni del circuito.In Figura 2.4 sono riportate le soluzioni, ottenute in questo modo, del circuitodi Figura 2.2 corrispondenti alle due curve caratteristiche riportate in Figura2.2b e Figura 2.2c.Nel primo caso la curva caratteristica del resistore non lineare è monotona estrettamente crescente, nel secondo caso la curva caratteristica non è monotonain un tratto limitato, dove presenta un massimo e un minimo relativi.Quando la curva caratteristica è monotona crescente si ha sempre una e una solaintersezione tra la retta di carico e la curva caratteristica del resistore nonlineare, e quindi una e una sola soluzione (Figura 2.4a).Quando la curva caratteristica non è monotona, invece, è anche possibile, peropportuni valori della tensione del generatore, avere tre intersezioni e quindi tresoluzioni (Figura 2.4b). Se la pendenza della retta è, in valore assoluto,sufficientemente elevata, la retta interseca la curva caratteristica sempre in unsolo punto, indipendentemente dal valore di E , anche quando la curvacaratteristica non è monotona, Figura 2.4c.

aaaa

v2

i

v2

(a) (b) (c)

I

V2 v2

E = E1

E = E2

E = E3

GR

G G

ii

R 1

R 2

R 3

E1 < E2 < E3

R 1R 2

R 3

Fig. 2.4 (a) La retta di carico R interseca sempre in un solo punto la curva G ; (b) la rettadi carico può intersecare in tre punti la curva G non monotona; (c) la retta dicarico interseca in un solo punto la curva G non monotona.

Soffermiamoci sul caso in cui ci sono più soluzioni. Cosa significa che uncircuito ha più soluzioni? Dal punto di vista matematico è un fatto normale cheun’equazione non lineare ammetta più di una soluzione (oppure nessuna

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soluzione); quando una equazione non lineare ammette una e una sola soluzioneè, in realtà, un caso molto particolare. Dal punto di vista fisico, invece, è unassurdo. Infatti, il circuito che potremmo realizzare in laboratorio, collegandoin serie un generatore di tensione, un resistore e un diodo tunnel avrà uncomportamento deterministico. Il fatto è che il circuito rappresentato in Figura2.3a è solo un modello approssimato del corrispondente “circuito fisico”. Ilcircuito fisico, a parità di tensione impressa dal generatore, può raggiungereuno stato di equilibrio invece che un altro a seconda della sua storia, per lapresenza di fenomeni dinamici di natura capacitiva nel diodo tunnel, fenomeniche sono assenti nel modello del diodo considerato nel circuito di Figura 2.3. Inconclusione, per poter determinare quale soluzione si realizza effettivamente neicircuiti resistivi che ammettono più di un punto di lavoro, non si possonoignorare i fenomeni dinamici presenti nei resistori non lineari con curvecaratteristiche non monotone. Ritorneremo su questa questione nell’esempiosviluppato nel § 2.5.I circuiti con più punti di lavoro sono molto importanti nelle applicazioni, essisono alla base dei circuiti bistabili.

2.3.2 Metodo di Newton Raphson

Il metodo grafico che abbiamo appena illustrato può fornire soltanto soluzionimolto approssimate (l’errore, ad esempio, introdotto dallo spessore della puntadella matita con cui tracciamo la curva caratteristica e la retta di carico). Perottenere soluzioni accurate è necessario ricorrere a metodi approssimati di tiponumerico.Il metodo di Newton-Raphson rappresenta il metodo approssimato piùcomunemente usato per risolvere le equazioni di circuiti resistivi non lineari econsente di raggiungere elevati gradi di precisione. Di seguito sono riportati iconcetti essenziali di questo metodo applicandolo al circuito in esame nel casoin cui esso ha una sola soluzione.Riscriviamo l’equazione (25) come

F v2( ) = 0 , (26)

dove

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F v2( ) ≡ g(v2 ) + v2 − ER1

. (27)

Si consideri la curva F nel piano v2 , y( ) definita dall’equazione

y = F v2( ) . (28)

La soluzione dell’equazione (26) è l’ascissa V2 del punto di intersezione tra la

curva F e l’asse delle ascisse, Figura 2.5.Il metodo di Newton-Raphson è un metodo iterativo 5. Si sceglie un valoreiniziale arbitrario v2

0( ) e si genera una successione di valori v21( ) , v2

2( ) , v23( ) ,... che,

come vedremo, tende alla soluzione V2 . La regola con cui questa successione

viene generata è illustrata graficamente in Figura 2.5. Il valore iniziale v20( )

potrebbe essere, ad esempio, la soluzione dell’equazione ottenuta ignorando itermini non lineari nell’equazione (26).

aaaa

y

v2V2 v2

0( )v21( )v2

2( )

F

R 0

R 1

R 2

Fig. 2.5 Descrizione grafica del metodo di Newton-Raphson.

Una volta scelto il valore di v20( ) , si tracci, prima, la retta R 0 tangente alla

curva F nel punto v20( ) ,F v2

0( )( )( ), poi si determini l’intersezione di questa retta

con l’asse delle ascisse, e infine, si assuma l’ascissa di questo punto come valoreper v2

1( ) . Si ripeta tale procedimento, tracciando la retta R 1 tangente alla curva

5 Isac Newton introduce l’idea (1666) per risolvere l’equazione: x3 −2x − 5 = 0 ; l’idea è resa“più” algoritmica da Raphson (1690).

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F nel punto v21( ) ,F v2

1( )( )( ) , determinando poi l’ascissa del punto di intersezione

di questa retta con l’asse delle ascisse e assumendo infine questa ascissa comevalore per v2

2( ) , e così via. In Figura 2.5 è riportata una sequenza

v21( ) , v2

2( ) , v23( ) ,... generata attraverso questa procedura. È evidente come essa

converga naturalmente verso la soluzione V2 dell’equazione (26).

Quale è il significato di questa procedura dal punto di vista matematico?Al passo h + 1 ( h = 0,1,2,...) dell’algoritmo di Newton-Raphson si approssima

la curva F con la retta R h tangente alla curva F nel punto v2h( ) ,F v2

h( )( )( ), che è

descritta dall’equazione

y h+1( ) = ′ F v2h( )( ) v2

h+1( ) − v2h( )( ) + F v2

h( )( ) ; (29)

con il simbolo ′ F indichiamo la derivata prima della funzione F v2( ) rispetto a

v2. La soluzione (di tentativo) v2h+1( ) si ottiene imponendo che

y h+1( ) = 0 ; (30)

v2h+1( ) è l’ascissa del punto di intersezione della retta R h con l’asse delle ascisse

(ricordiamo che la soluzione esatta è l’ascissa del punto di intersezione dellacurva F con l’asse delle ascisse). Ciò equivale a sostituire, al generico passo hdella procedura, l’equazione non lineare (26) con l’equazione lineare

′ F v2h( )( ) v2

h+1( ) − v2h( )( ) + F v2

h( )( ) = 0 , (31)

la cui soluzione è

v2h+1( ) = v2

h( ) − F(v2h( ) )

′ F (v2h( ) )

; (32)

La formula (32) è la formula iterativa dell’algoritmo di Newton-Raphson. Essa

è applicata ripetutamente finché la grandezza F v2n( )( ) , detto residuo

dell’equazione (26), non diventi più piccola (o al limite uguale) di un valoreprefissato che sta a indicare l’errore massimo ammissibile nella soluzione delproblema in esame. In principio, l’iterazione dovrebbe essere continuata fino a

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Page 16: Capitolo 2 - unina.it

120

quando il residuo si annulla; in pratica ciò è irrealizzabile perché sononecessarie un numero infinito di iterazioni. Anche se ciò fosse possibile, nonavrebbe, ovviamente, nessun importanza dal punto di vista fisico, perché non èpossibile misurare e controllare le grandezze fisiche con una precisioneillimitata.

n v2h( )

F v2n( )( )

0 1/3 1/3

1 5/18 0.0262...

2 0.272616... 0.0001985...

3 0.272577... 0.000000011...

Tab. 2.2 Metodo di Newton-Raphson applicato all’equazione 9v23 + 3v2 −1 = 0 .

Si consideri il caso in cui il circuito di Figura 2.3a abbia R1 = 1Ω , E = 1V eg(v2 ) = 2v2 + 9v2

3. La funzione F v2( ) vale

F v2( ) = 9v23 + 3v2 − 1. (33)

Si scelga v20( ) = 1/3; questo valore è la soluzione dell’equazione che si ottiene

ignorando il termine non lineare nell’equazione (33), cioè è la soluzionedell’equazione 3v2 −1 = 0 . I risultati dell’iterazione, che converge rapidamente

verso la soluzione, sono riportati in Tabella 2.2.

aaaa

y

V2

v2V∗

F

Fig. 2.6 Il metodo di Newton-Raphson non converge se V∗ è il valore iniziale di tentativo.

La convergenza del metodo di Newton-Raphson è sempre assicurata quando lafunzione F v2( ) è strettamente crescente. Nel caso illustrato in Figura 2.6, caso

che si verifica quando la curva caratteristica del resistore non lineare è non

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121

monotona, la convergenza dipende dal valore che si sceglie per il tentativoiniziale. Se si scegliesse V * come valore iniziale si avrebbe una sequenzaoscillante, e quindi la procedura non convergerebbe verso la soluzione V2 . Si

osservi che anche in questo caso l’equazione ha una sola soluzione.

2.4 Circuiti dinamici del primo ordine “semplici”, lineari e tempoinvarianti

Abbiamo già detto che i circuiti che contengono resistori, generatori e bipolidinamici, come induttori e condensatori, prendono il nome di circuiti dinamici.I circuiti dinamici costituiti da un solo elemento dinamico - un induttore o uncondensatore - prendono il nome di circuiti dinamici del primo ordine.Ricordiamo che l’ordine sta a indicare il numero di elementi dinamici presentinel circuito.In questo paragrafo vengono studiati i due circuiti del primo ordine illustrati inFigura 2.7; sia l’induttore che il condensatore sono lineari e tempo invarianti.Questi sono i circuiti del primo ordine più semplici.Le equazioni che descrivono i due circuiti hanno la forma di un’equazionedifferenziale di primo ordine lineare. Come vedremo nel Capitolo 3 eapprofonditamente nel Capitolo 5 un generico circuito del primo ordine linearepuò essere sempre ricondotto allo studio di un circuito del tipo illustrato inFigura 2.7.

aaa

R

++ v1

+

v2e

i

L

R

++ v1

+

v2e

i

C

(a) (b)

Fig. 2.7 (a) Un circuito dinamico del primo ordine con condensatore; (b) un circuitodinamico del primo ordine con induttore.

In entrambi i circuiti i bipoli sono in serie, e quindi, le intensità di corrente cheli attraversano sono uguali, così come abbiamo già visto nei due circuitiresistivi esaminati precedentemente. Per questa ragione negli schemi riportati in

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Page 18: Capitolo 2 - unina.it

122

Figura 2.7 è indicata solo l’intensità della corrente i , con il corrispondenteverso di riferimento. In conseguenza di ciò, anche questa volta non dobbiamoconsiderare le equazioni di Kirchhoff per le correnti.Consideriamo il circuito di Figura 2.7a. Applicando la legge di Kirchhoff per letensioni all’unica maglia del circuito otteniamo (la maglia è orientata in versoorario)

v1 + v2 − e t( ) = 0 . (34)

Ora dobbiamo utilizzare le equazioni caratteristiche del resistore e delcondensatore. Dalla relazione caratteristica del resistore lineare abbiamol’equazione

v1 − R1i = 0, (35)

mentre dall’equazione caratteristica del condensatore lineare tempo invarianteabbiamo l’equazione

i − Cdv2

dt= 0 . (36)

All’equazione differenziale (36) bisogna affiancare, per una descrizionecompleta del comportamento del condensatore, e quindi del circuito, il valoredella tensione del condensatore, che è la grandezza di stato del circuito,all’istante iniziale,

v2 t = 0( ) = V0 . (37)

Le equazioni (34)-(36), insieme alla condizione iniziale (37), descrivonocompletamente la dinamica del circuito in esame; le grandezze incognite sonotre, v1, v2 e i . Queste equazioni sono tutte lineari, ma una di esse è

un’equazione differenziale. Questa è la difficoltà introdotta dalla presenza di unelemento dinamico, come il condensatore.Il sistema di equazioni (34)-(36) può essere ridotto ad una sola equazionedifferenziale in cui l’incognita è la grandezza di stato v2 . Questa è la procedura

di riduzione più semplice, perché la grandezza di stato è la grandezza cheappare sotto l’operazione di derivata nell’unica equazione differenziale delsistema di equazioni del circuito.

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123

Sostituendo nell’equazione (35) l’espressione di i data dall’equazione (36), el’espressione di v1, così ottenuta, nell’equazione (34), si ha l’equazione per la

tensione del condensatore

RCdv2

dt+ v2 = e t( ) . (38)

Questa è un’equazione differenziale del primo ordine, lineare, a coefficienticostanti: “differenziale” significa che la funzione incognita v2 compare anche

sotto l’operatore di derivata; “di ordine uno” significa che compare un termineproporzionale alla derivata prima di v2 e che non compaiono termini

proporzionali alle derivate di ordine superiore; “lineare” perché l’espressione aprimo membro dipende linearmente dalla funzione incognita v2 t( ) ; “a

coefficienti costanti” perché i coefficienti che moltiplicano la derivata primadella funzione v2 e la funzione v2 non derivata (rispettivamente, RC e 1) sonoindipendenti dal tempo. Il termine indipendente da v2 t( ) , a secondo membro

dell’equazione (38), è il termine noto. In questo caso coincide con la tensioneimpressa dal generatore e, in generale, può variare nel tempo.L’equazione (38) ha infinite soluzioni. Per determinare quella cheeffettivamente si ha nel circuito in esame bisogna imporre che la soluzioneverifichi anche la condizione iniziale (37).Il prodotto RC ha le dimensioni di un tempo e, quindi, i tre terminidell’equazione (38) sono tutti omogenei dimensionalmente con una tensione 6.

Osservazione

Anche per le altre grandezze del circuito è possibile determinare le equazioniche esse devono verificare. L’equazione per la tensione v1 è

RCdv1

dt+ v1 = RC

dedt

. (39)

Questa equazione può essere ottenuta a partire dall’equazione (38) utilizzandola relazione (34).

6 La derivata di una funzione omogenea dimensionalmente con una tensione è una grandezzaomogenea dimensionalmente con V ⋅s−1 .

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Page 20: Capitolo 2 - unina.it

124

Utilizzando la relazione (35), dall’equazione (39) si ottiene immediatamentel’equazione per l’intensità della corrente i ,

RCdidt

+ i = Cdedt

. (40)

Le equazioni (38), (39) e (40) differiscono solo per il termine noto (e perl’incognita): i termini a sinistra di queste equazioni hanno tutti la stessa forma esono moltiplicati per gli stessi coefficienti. Questo fatto non è casuale, ma è unaproprietà generale dei circuiti lineari. Essa è una diretta conseguenza del fattoche, pur essendo le grandezze incognite diverse, esse sono grandezze elettrichedi bipoli che interagiscono perché appartengono allo stesso circuito.Anche le equazioni (39) e (40) devono essere risolte con opportune condizioniiniziali. Come facciamo a determinarle ?E’ molto semplice. L’equazione (34) vale per ogni istante di tempo e, quindi,anche all’istante t = 0. Di conseguenza si ha

v1 0( ) = e 0( ) − v2 0( ) . (41)

Utilizzando la condizione iniziale (38) si ottiene

v1 0( ) = e 0( ) − V0 . (42)

Questo è il valore della tensione del resistore all’istante iniziale.Per determinare il valore iniziale dell’intensità della corrente elettrica, i 0( ) ,

utilizziamo l’equazione (35), anche essa vale per ogni istante di tempo e,quindi, anche all’istante t = 0. Si ha

i 0( ) = v1 0( )R

. (43)

Utilizzando la (42), si ottiene per i 0( )

i 0( ) = e 0( ) − V0

R. (44)

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Page 21: Capitolo 2 - unina.it

125

Non possiamo utilizzare l’equazione (36) perché non conosciamo il valore delladerivata prima della tensione del condensatore all’istante iniziale !!!L’equazione (36) consente di valutare proprio dv2 /dt all’istante iniziale una

volta noto il valore iniziale dell’intensità di corrente. Abbiamo trovato unrisultato molto interessante: i valori di tutte le grandezze del circuito all’istantet = 0 dipendono solo dal valore della tensione del generatore (che è nota) edalla condizione iniziale della tensione del condensatore (della grandezza distato, che è nota). Le relazioni che esprimono le grandezze elettriche delcircuito all’istante t = 0 in funzione del valore iniziale della tensione delgeneratore e del valore iniziale della grandezza di stato del circuito sono tutte ditipo algebrico. Questa è una proprietà generale e vale per ogni istante di tempo.Comunque una volta determinata la soluzione dell’equazione (38) che verificala condizione iniziale (37) non c’è bisogno di risolvere le equazioni (39) e (40)con le condizioni iniziali (42) e (44), rispettivamente, per determinare latensione v1 e l’intensità della corrente i . Una volta nota la tensione v2 ,attraverso le relazioni (34) e (35) si determinano direttamente la tensione v1 e

l’intensità della corrente i .♦

Esercizio

Si verifichi che l’intensità della corrente elettrica i , che attraversa l’induttorenel circuito di Figura 2.7b, è soluzione dell’equazione

Ldidt

+ Ri = e t( ) . (45)

Questa equazione deve essere risolta con la condizione iniziale

i t = 0( ) = I0. (46)

L’intensità della corrente i è la grandezza di stato del circuito. Per le altregrandezze del circuito valgono considerazioni simili a quelle appena svolte perl’altro circuito. Lasciamo al lettore lo sviluppo di queste considerazioni.

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126

2.4.1 Evoluzione libera e scarica del condensatore (dell’induttore)

Ora analizzeremo in dettaglio due tipi di evoluzioni, estremamente importantisia dal punto di vista concettuale che da quello applicativo.Cominciamo ad analizzare una situazione estremamente interessante, cioè quellain cui (il generatore di tensione è spento)

e t( ) = 0 . (47)

A differenza di quanto accade nei circuiti resistivi, nei circuiti dinamici, come,ad esempio, quelli di Figura 2.7, le tensioni e le intensità delle correnti sonodiverse da zero anche quando i generatori sono spenti, o sono assenti, se lecondizioni iniziali sono diverse da zero.

aaa

(a) (b)

R

+ v1

+

v2

i

CR

+ v1

+

v2

i

L

Fig. 2.8 (a) Circuito RC in evoluzione libera; (b) circuito RL in evoluzione libera.

Un circuito dinamico si dice che è in evoluzione libera se è privo di generatori,o se i generatori che contiene sono tutti spenti, Figura 2.8. Nei circuiti inevoluzione libera l’energia immagazzinata all’istante iniziale nei bipoliconservativi (condensatore, induttore) produce le correnti del circuito.L’energia elettrica dissipata dai resistori è, in questi casi, proprio quellaimmagazzinata inizialmente nei bipoli conservativi.L’evoluzione libera del circuito di Figura 2.7a (cioè l’evoluzione del circuitoRC di Figura 2.8a) è descritta dall’equazione differenziale omogenea

RCdv2

dt+ v2 = 0 ; (48)

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Page 23: Capitolo 2 - unina.it

127

“omogenea” significa che il termine noto è uguale a zero. Essa deve essererisolta con la condizione iniziale (37). Riscriviamo l’equazione (48) nellaforma:

dv2

dt= − v2

RC. (49)

Le soluzioni dell’equazione (49) sono tutte quelle funzioni le cui derivate sono,a meno del fattore costante −1/ RC , che ha le dimensioni di s−1 , uguali allafunzione stessa. Quali sono queste funzioni?Dal corso di Analisi Matematica sappiamo che la funzione esponenziale

g x( ) = e x (50)

ha una proprietà di questo tipo. Infatti, si ha

ddx

e x = ex . (51)

È evidente che e t non è la soluzione dell’equazione (49), perché la derivata die t è proprio uguale a se stessa. Questo non è un problema, basta modificarlasemplicemente. Si consideri la funzione f t( ) così definita:

f t( ) = eλt , (52)

dove λ è un parametro per il momento arbitrario, dimensionalmente omogeneocon l’inverso di un tempo 7. Per questa funzione si ha che

ddt

eλt = λeλt . (53)

Allora, se si sceglie

λ = − 1RC

, (54)

7 L’argomento di una qualsiasi funzione del tempo, ad eccezione di quelle di tipo lineare olineare affine, deve essere necessariamente un numero puro, quindi la grandezza fisica cheesso rappresenta deve essere adimensionale.

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Page 24: Capitolo 2 - unina.it

128

si ottiene

ddt

eλt = − 1RC

eλt , ovvero, dfdt

= − 1RC

f . (55)

Allora, se è verificata la condizione (54) la funzione (52) è soluzionedell’equazione (49). A questo punto osserviamo che, se la funzione f t( ) è unasoluzione dell’equazione (49), anche la funzione Af t( ) , dove A è una costante

arbitraria, è soluzione della stessa equazione. Questa proprietà è soloconseguenza del fatto che l’equazione (48) è lineare e omogenea.Al parametro λ , dimensionalmente omogeneo con l’inverso di un tempo, si dàil nome di “frequenza naturale” del circuito. L’aggettivo naturale sta a indicareil fatto che il valore di λ dipende solo dai parametri R e C del circuito.Siccome sia R che C sono positivi, la frequenza naturale del circuito RC ènegativa.In conclusione, l’espressione dell’integrale generale dell’equazione (48) è

v2 t( ) = Aexp −t / τ( ) , (56)dove

τ = − 1λ

= RC . (57)

Il parametro τ è dimensionalmente omogeneo con un tempo e prende il nomedi costante di tempo del circuito; la costante arbitraria A prende il nome dicostante di integrazione.L’espressione (56) al variare del valore della costante A nell’intervallo−∞,+∞( ) descrive la famiglia di funzioni che verificano l’equazione (48).

Questa famiglia rappresenta la soluzione generale dell’equazione (48). Tra tuttele possibili soluzioni descritte dalla (57) quella compatibile con la condizioneiniziale (37) è la soluzione del circuito. Per determinarla basta imporre che lafunzione (57) all’istante t = 0 verifichi la condizione iniziale (37). Imponendola condizione (37) si ottiene per la costante A

A = V0 . (58)

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Page 25: Capitolo 2 - unina.it

129

Infine, sostituendo la (58) nella (57) si ottiene la soluzione effettiva del circuitoin esame

v2 t( ) = V0 exp −t /τ( ) . (59)

L’andamento dell’intensità della corrente elettrica è

i t( ) = V0

Rexp −t /τ( ) . (60)

Siccome la costante di tempo τ è positiva sia la tensione del condensatore chel’intensità della corrente elettrica tendono esponenzialmente a zero, qualunquesia il valore di V0 . Il condensatore, dunque, si scarica.

Esercizio

Il lettore verifichi che l’energia inizialmente immagazzinata nel condensatoreviene trasformata interamente in calore durante il processo di scarica,

12

CV02 = v2

2 t( )R

dt0

∫ . (61)

Si consideri il grafico della tensione del condensatore. In Figura 2.9 vieneriportato la curva per il caso in cui V0 = 1V , R = 1Ω e C = 1mF; la costante di

tempo è τ = 1ms . Valgono le seguenti proprietà:

- La retta passante per i due punti 0,V0( ) e τ,0( ) del piano t, v2( ) è tangente

alla curva della tensione v2 t( ) nel punto 0,V0( ) .

- Dopo un intervallo di tempo pari a una costante di tempo τ il valore dellatensione è, approssimativamente, il 63% del valore iniziale V0 ,

v2 τ( ) ≅ 63100

V0 . (62)

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Page 26: Capitolo 2 - unina.it

130

- Dopo un intervallo pari a cinque costanti di tempo, il valore della tensioneè, approssimativamente, il 7‰ del valore iniziale V0 ,

v2 5τ( ) ≅ 71000

V0 . (63)

- Dopo un intervallo pari a dieci costanti di tempo, il valore della tensione è,approssimativamente, 45 /1000000 volte il valore iniziale V0 ,

v2 10τ( ) ≅ 451000000

V0 . (64)

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

0 1 2 3 4 5 6τ=1ms

t [ms]

V0 = 1 V

V2 [V]

Fig. 2.9 Tensione del condensatore durante la scarica di un circuito RC.

È evidente, allora, il significato fisico della costante di tempo τ . Essa dà unamisura dell’intervallo di tempo necessario affinché il condensatore si scarichi.In principio è richiesto un tempo infinito per la scarica completa delcondensatore. In realtà, dopo un intervallo di tempo pari a un numero finito maelevato di costanti di tempo (ad esempio, cinque o dieci) il condensatore si puòritenere “praticamente” scarico. Anche se la tensione è diversa da zero, adesempio, dopo cinque costanti di tempo, nell’applicazione di interesse puòessere ritenuta praticamente uguale a zero, perché, ad esempio, è molto piùpiccola della tensione associata al rumore termico o del valore minimo ditensione che lo strumento di misura è in grado di rilevare.

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Page 27: Capitolo 2 - unina.it

131

Esercizio

Si verifichi che l’intensità della corrente elettrica i che attraversa l’induttoredel circuito di Figura 2.7b in evoluzione libera (del circuito RL di Figura 2.8b)è

i t( ) = I0 exp −t / τ( ) , (65)

dove

τ = LR

(66)

è la costante di tempo del circuito RL. In un circuito RL in evoluzione liberal’induttore si scarica con la costante di tempo data dall’espressione (66).Il lettore verifichi, anche, che l’energia inizialmente immagazzinatanell’induttore viene trasformata interamente in calore nel resistore durante ilprocesso di scarica,

12

LI02 = Ri 2 t( )dt

0

∫ . (67)

2.4.2 Evoluzione generica ed evoluzione forzata

Si consideri, ora, la situazione più generale in cui la tensione del generatore delcircuito di Figura 2.7a è diversa da zero. Bisogna, ora, determinare la soluzionegenerale dell’equazione differenziale (38), che è non omogenea.La soluzione generale di un’equazione differenziale è l’espressione cherappresenta tutte le possibili soluzioni dell’equazione. Siccome l’equazione (38)è lineare, la sua soluzione generale v2 t( ) può essere sempre rappresentata

attraverso la somma,

v2 t( ) = v0 t( ) + vp t( ) , (68)

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Page 28: Capitolo 2 - unina.it

132

di una qualsiasi soluzione vp t( ) dell’equazione (38), che denomineremo

soluzione particolare dell’equazione (38), e della soluzione generale v0 t( )dell’equazione omogenea associata,

RCdv0

dt+ v0 = 0. (69)

È immediato verificare che l’espressione (68) è soluzione dell’equazione (38),basta sostituirla in essa.La soluzione particolare vp t( ) dell’equazione (38) dipende dal termine noto

dell’equazione e, quindi, non può essere determinata se non si specifica lafunzione e t( ).La soluzione generale dell’equazione omogenea associata (69) la conosciamo:l’abbiamo determinata quando abbiamo studiato l’evoluzione libera del circuitoRC. Essa è

v0 t( ) = Aexp −t / τ( ) , (70)

dove τ è la costante di tempo del circuito RC, la cui espressione è data dalla(57), e A è una costante arbitraria (la costante di integrazione). Pertanto,l’espressione dell’integrale generale dell’equazione (37) è

v2 t( ) = Aexp −t / τ( ) + vp t( ) . (71)

Al variare della costante di integrazione A si hanno tutte le possibili soluzionidel circuito in esame. Tra tutte le possibili soluzioni descritte dalla (71) quellache effettivamente si ha nel circuito in esame è quella compatibile con lacondizione iniziale (37). Per determinarla basta imporre che la funzione datadall’espressione (71) all’istante t = 0 verifichi la condizione iniziale (37).Imponendo la condizione (37) si ottiene per la costante A

A = V0 − vp t = 0( ) . (72)

Infine, sostituendo la (72) nella (71) si ottiene la soluzione effettiva del circuitoin esame

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 29: Capitolo 2 - unina.it

133

v t( ) = V0 − vp t = 0( )[ ]exp −t /τ( ) + vp t( ) . (73)

In presenza di generatori l’espressione della soluzione è costituita da duetermini. Il primo termine tende esponenzialmente a zero, qualunque sia ilvalore iniziale della tensione, con la costante di tempo τ . Pertanto, per t → ∞la tensione del condensatore tende asintoticamente all’andamento descritto dallasoluzione particolare.Si dice che un circuito è in evoluzione forzata se le grandezze di stato delcircuito all’istante iniziale sono tutte nulle (la tensione del condensatore el’intensità di corrente dell’induttore) e, quindi, l’energia inizialmenteimmagazzinata in essi è uguale a zero. In evoluzione forzata le intensità dicorrente del circuito vengono prodotte solo attraverso l’azione dei generatori.Allora, per definizione, la soluzione del circuito di Figura 2.7a in evoluzioneforzata è

v t( ) = −vp t = 0( )exp −t / τ( ) + vp t( ) . (74)

In questo caso la costante di integrazione dipende solo dal valore dellasoluzione particolare all’istante t = 0.

Esercizio

Si verifichi che l’espressione dell’intensità della corrente elettrica i cheattraversa l’induttore del circuito di Figura 2.7b è, in generale,

i t( ) = I0 − ip t = 0( )[ ]exp −t /τ( ) + ip t( ) , (75)

dove la costante di tempo τ data dalla relazione (66), ip t( ) è una soluzione

particolare dell’equazione (45) e I0 è il valore iniziale dell’intensità della

corrente elettrica che attraversa l’induttore. La soluzione in evoluzione forzata è

i t( ) = −ip t = 0( )exp −t / τ( ) + ip t( ) . (76)

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Page 30: Capitolo 2 - unina.it

134

Resta ancora da determinare una soluzione particolare dell’equazione (38).Come abbiamo già fatto notare, per determinare una soluzione particolare c’èbisogno di specificare la tensione impressa dal generatore di tensione.Diciamo subito che, in generale, non è possibile determinare analiticamente unasoluzione particolare per qualsiasi andamento temporale della tensione e t( ) del

generatore. Qui di seguito studieremo due casi, come poi vedremo sono moltoimportanti nelle applicazioni, in cui è possibile determinare analiticamente unasoluzione particolare: prima il caso in cui e t( ) è una funzione costante e poi

quello in cui è una funzione sinusoidale.

2.4.3 Generatore stazionario e carica del condensatore (dell’induttore)

Si consideri, prima, il caso in cui la tensione del generatore di tensione siacostante,

e t( ) = E0 . (77)

Bisogna determinare una soluzione particolare dell’equazione

RCdv2

dt+ v2 = E0 . (78)

Essendo il termine noto e i coefficienti dell’equazione (78) costanti nel tempo èpresumibile che essa abbia una soluzione costante nel tempo,

vp t( ) = V . (79)

Sostituendo la (79) nella (78) e ricordando che la derivata di una costante èuguale a zero, si ottiene

vp t( ) = E0 . (80)

Questa è la soluzione stazionaria del circuito. In conclusione, la soluzionegenerale dell’equazione (78) è

v2 t( ) = Aexp −t / τ( ) + E0 . (81)

Imponendo la condizione iniziale (37) si ha la soluzione effettiva del circuito,

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135

v2 t( ) = V0 − E( )e−t τ + E0 . (82)

Questa è la soluzione del circuito nel caso di generatore stazionario. Qualunquesia il valore della condizione iniziale abbiamo

v2 t( ) → E0 per t → ∞ . (83)

Il primo termine dell’espressione (82) tende esponenzialmente a zero,qualunque sia il valore iniziale della tensione, con la costante di tempo τ . Adesso si dà il nome di termine transitorio. Dopo che il transitorio si è estinto, lasoluzione del circuito è quella stazionaria. Per tale ragione alla soluzionestazionaria (80) si dà il nome di soluzione di regime stazionario del circuito. Siosservi che il termine transitorio dipende dalla condizione iniziale, mentrequello di regime è indipendente dalla condizione iniziale.In Figura 2.10 sono riportati gli andamenti della tensione del condensatore perdue valori diversi della condizione iniziale (e per lo stesso valore della tensionedel generatore): E0 = 1V , R = 1Ω e C = 1 mF ; la costante di tempo è τ = 1ms eil valore di regime della tensione è E0 = 1 V .

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

0 1 2 3 4 5 6

v2 [V]

τ=1 ms

t [ms]

V0=0

V0=0,5 V

Fig. 2.10 Andamenti della tensione del condensatore corrispondenti a due condizioniiniziali diverse.

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136

E0

v2

τ t

Fig. 2.11 Carica di un circuito RC.

L’evoluzione forzata del circuito di Figura 2.7a con generatore costantedescrive il processo di carica di un condensatore. L’andamento nel tempo dellatensione del condensatore durante la carica è descritta dalla funzione

v2 t( ) = E0 1 − e−t / τ( ) ; (84)

il grafico è rappresentato in Figura 2.11.

La retta passante per i due punti 0,0( ) e τ,E0( ) del piano t, v2( ) è tangente allacurva della tensione nel punto 0,0( ) . Dopo un intervallo di tempo pari, ad

esempio, a cinque volte la costante di tempo, possiamo ritenere praticamentecarico il condensatore. La differenza, in valore assoluto, tra il valore dellatensione all’istante t = 5τ e il valore di regime stazionario è,approssimativamente, il 7‰ rispetto al valore di regime,

v2 5τ( ) − E0 ≅ 71000

E0 . (85)

L’intensità della corrente elettrica che attraversa il circuito è data da

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137

i t( ) = E0

Re−t /τ . (86)

L’intensità della corrente elettrica tende a zero esponenzialmente per t → ∞ ; ilmassimo valore, che assume all’istante t = 0, vale

Imax = E0

R. (87)

Per assegnata capacità, il processo di carica è tanto più veloce quanto piùpiccola è il valore della resistenza. Di conseguenza i processi di carica velocisono caratterizzati da elevate intensità di corrente nella parte iniziale delprocesso. Nelle applicazioni il tempo di carica di un condensatore èdeterminato, per fissato valore della capacità, proprio dal valore massimodell’intensità di corrente elettrica che può attraversare il circuito senza siadanneggiato.L’energia elettrica assorbita dal resistore durante il processo di carica è

wR 0,∞( ) = Ri2 t( )dt0

∫ = E02

2Rτ = CE0

2

2. (88)

Di conseguenza l’energia erogata dal generatore di tensione ideale durantel’intero processo di carica è

we 0,∞( ) = wR 0,∞( ) + wC 0,∞( ) = CE02

2+ CE0

2

2= CE0

2 . (89)

Quindi metà dell’energia erogata dal generatore è dissipata sotto forma dicalore e metà è immagazzinata nel condensatore. Questo è un risultato generale,indipendente dai valori effettivi dei parametri del circuito.

Esercizio

L’evoluzione forzata del circuito di Figura 2.7b con generatore stazionariodescrive il processo di carica di un induttore. Si verifichi che l’andamento nel

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Page 34: Capitolo 2 - unina.it

138

tempo dell’intensità della corrente elettrica che attraversa l’induttore è descrittadalla funzione

i t( ) = E0

R1 − e−t / τ( ) , (90)

dove la costante di tempo τ è data dalla relazione (66). Valgono considerazionisimili a quelle appena svolte per la carica del condensatore. Lasciamo al lettoreil loro sviluppo.

2.4.4 Generatore sinusoidale

Si consideri, ora, il caso in cui la tensione impressa dal generatore di tensionesia sinusoidale nel tempo con pulsazione ω (ω = 2πf dove f è la frequenza),ampiezza massima E e fase iniziale ϕ ,

e t( ) = E cos ωt +ϕ( ) . (91)

In questo caso bisogna risolvere l’equazione

RCdv2

dt+ v2 = Ecos ωt + ϕ( ). (92)

Essendo l’equazione (92) lineare, il termine noto sinusoidale e i suoicoefficienti costanti nel tempo, è presumibile che essa abbia una soluzionesinusoidale nel tempo con la stessa pulsazione del termine noto,

vp t( ) = V cos ωt + α( ) . (93)

L’ampiezza massima V e la fase iniziale α sono incognite e devono esseredeterminate imponendo che la (93) verifichi l’equazione (92). Sostituendo la(93) nella (92) si ottiene l’equazione trigonometrica

−ωRCV sin ωt + α( ) + V cos ωt + α( ) = E cos ωt + ϕ( ) . (94)

La funzione (91) è soluzione dell’equazione (92) se esistono dei valori di V eα per i quali l’equazione (94) è verificata per ogni t .

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Page 35: Capitolo 2 - unina.it

139

Questi valori esistono e possono essere determinati nel seguente modo. Siccomele incognite sono due, V e α , basta imporre che la (94) sia verificata in dueistanti di tempo diversi, t1 e t2 , che non differiscano per un multiplo intero delperiodo T = 2π /ω . Conviene scegliere gli istanti t1 e t2 in modo tale che

ωt1 + α = 0, (95)

e

ωt2 + α = π / 2 . (96)

Così facendo si ottiene il sistema di equazioni trigonometriche

V = E cos ϕ − α( ) , (97)ωRCV = Esin ϕ − α( ) . (98)

Dalle (97) e (98) si ha immediatamente

V = E

ωτ( )2 +1, (99)

α = ϕ − arctg ωτ( ) , (100)

dove τ è la costante di tempo data dall’espressione (57).

Esercizio

Si dimostri che l’equazione (94) è verificata in ogni istante di tempo se V e αsono dati dalle espressioni (99) e (100), rispettivamente.

La funzione

vp t( ) = E

ωτ( )2 +1cos ωt + ϕ − arctg ωτ( )[ ] (101)

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Page 36: Capitolo 2 - unina.it

140

è la soluzione sinusoidale del circuito. Allora, la soluzione generaledell’equazione (92) è

v2 t( ) = Aexp −t / τ( ) + E

ωτ( )2 +1cos ωt + ϕ − arctg ωτ( )[ ]. (102)

L’espressione (102) rappresenta, al variare della costante di integrazione Atutte le possibili soluzioni del circuito in esame quando la tensione impressa èsinusoidale. Imponendo la condizione iniziale (37), in questo caso si ottiene

A = V0 − V cosα . (103)

La soluzione effettiva del circuito è

v2 t( ) = V0 − V cosα( )e−t τ + E

ωτ( )2 +1cos ωt + ϕ − arctg ωτ( )[ ] . (104)

Questa è la soluzione del circuito nel caso di generatore sinusoidale. Qualunquesia la condizione iniziale si ha che

v2 t( ) → E

ωτ( )2 + 1cos ωt + ϕ − arctg ωτ( )[ ] per t → ∞ . (105)

-0,8

-0,6

-0,4

-0,2

0

0,2

0,4

0,6

0,8

0 0,005 0,01 0,015 0,02

t s( )5τ

v 2 [V]

Fig. 2.12 Evoluzione forzata della tensione del condensatore nel caso per un generatoresinusoidale.

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Page 37: Capitolo 2 - unina.it

141

Il primo termine dell’espressione (104), che è il termine transitorio, tendeesponenzialmente a zero, qualunque sia il valore iniziale della tensione, con lacostante di tempo τ . Dopo che il termine transitorio si è estinto, la soluzionedel circuito è sinusoidale nel tempo con la stessa pulsazione del generatore. Pertale ragione alla soluzione particolare (101) si dà il nome di soluzione di regimesinusoidale. Anche in questo caso il termine transitorio dipende dallacondizione iniziale, mentre quello di regime non dipendente dalla condizioneiniziale.Si osservi che anche in questo caso il termine transitorio dipende dallacondizione iniziale, mentre quello di regime non dipende dalla condizioneiniziale.La soluzione del circuito in evoluzione forzata è

v2 t( ) = −Ecosαe−t τ + E

ωτ( )2 +1cos ωt + ϕ − arctg ωτ( )[ ] . (106)

In Figura 2.12 viene riportato il grafico della tensione v2 t( ) in evoluzioneforzata (in funzione del tempo), per E = 1V , ω = 103 rad /s , ϕ = 0 , R = 1Ω e

L = 1 mF ; la costante di tempo è τ = 1ms , l’ampiezza massima e la fase inizialedella soluzione sinusoidale di regime sono V =1/ 2 V ≅ 0,707 V e ϕ = π / 4 . Il

periodo del regime sinusoidale è T = 2π /ω ≅ 6.28 ms.

Esercizio

Si verifichi che l’espressione dell’intensità della corrente elettrica i cheattraversa l’induttore del circuito di Figura 2.7b è

i t( ) = I0 − I cosα( )e−t τ + ER

1

ωτ( )2 +1cos ωt + ϕ − arctg ωτ( )[ ] , (107)

dove la costante di tempo τ è data dalla relazione (66) e I0 è il valore iniziale

dell’intensità della corrente elettrica che attraversa l’induttore. La soluzione inevoluzione forzata è

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 38: Capitolo 2 - unina.it

142

i t( ) = −I cosαe−t τ + ER

1

ωτ( )2 +1cos ωt + ϕ − arctg ωτ( )[ ] . (108)

Esercizio

Si determini la tensione del condensatore per il circuito di Figura 2.7a inevoluzione forzata quando la tensione impressa dal generatore èe t( ) = E0 + E1 cos ωt( ) ; si assuma: E0 = E1 = 1V , ω = 103 rad /s , R = 1Ω eC = 1 mF .

♦Esercizio

In Figura 2.13 sono illustrati due circuiti del primo ordine alimentati da ungeneratore di corrente. In entrambi i circuiti i bipoli sono collegati in parallelo.Due bipoli sono connessi in parallelo, se i loro terminali sono connessi allastessa coppia di nodi. Si determini: a) l’evoluzione forzata del circuito RCillustrato in Figura 2.13a per j t( ) = J0 = 1 A, R = 1Ω e C = 0,5 mF ; b)

l’evoluzione forzata del circuito RL illustrato in Figura 2.13b perj t( ) = J sinωt , J = 1 A, ω = 103 rad /s , R = 1Ω e L = 1 mH . Infine, si

determinino le potenze istantanee erogate dai due generatori di corrente.

aaa

LR C

(a) (b)

j(t) Rj(t)

Fig. 2.13 Esempi di circuiti dinamici del primo ordine.

2.5 Circuito dinamico non lineare del primo ordine

Si consideri, ora, il circuito illustrato in Figura 2.14. Il generatore di tensioneè stazionario, il condensatore è lineare e tempo invariante, un resistore è lineare

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Page 39: Capitolo 2 - unina.it

143

e l’altro è non lineare. Analizzeremo le dinamiche di questo circuito facendoriferimento alle due curve caratteristiche che abbiamo già considerato,precedentemente, nello studio del circuito resistivo non lineare riportato inFigura 2.3.Il circuito di Figura 2.14 può essere ottenuto da quello di Figura 2.3 collegandoin parallelo al resistore non lineare un condensatore di capacità C . Due bipolisono connessi in parallelo, se i loro terminali sono connessi alla stessa coppia dinodi. Il condensatore potrebbe essere anche il modello di effetti capacitiviparassiti esistenti all’interno del resistore non lineare (ad, esempio, la capacitàdi giunzione di un diodo).Il resistore non lineare è collegato in parallelo al condensatore, e quindi, le lorotensioni sono uguali. Questo risultato è immediato e lo si ottiene applicando lalegge di Kirchhoff per le tensioni alla maglia costituita dal resistore non linearee dal condensatore. Per questa ragione nel disegno riportato in Figura 2.14a èindicata solo la tensione v .La tensione del condensatore v è la grandezza di stato del circuito. In questocircuito il resistore non lineare non è in serie con il resistore lineare a causadella presenza del condensatore in parallelo.

aaa

(a) (b) (c)

i2

v

i2

v

R1

++ v1

E

+

v

i1i2 i3

C

“1”

“2”

Fig. 2.14 (a) Circuito dinamico non lineare; curve caratteristiche tipiche di resistori nonlineari: (b) diodo a giunzione pn, (c) diodo tunnel.

Determiniamo, ora, le equazioni circuitali. Applicando la legge di Kirchhoffper le correnti al nodo “1” abbiamo

i1 − i2 − i3 = 0 . (109)

Applicando, ora, la legge di Kirchhoff per la tensione alla maglia definita dalgeneratore di tensione, dal resistore lineare e dal resistore non lineare (o dalcondensatore) abbiamo l’equazione

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144

v + v1 − E = 0. (110)

Dalle relazioni caratteristiche del resistore lineare, del resistore non lineare e delcondensatore abbiamo le equazioni

v1 − R1i1 = 0, (111)i2 − g v( ) = 0, (112)

i3 − Cdvdt

= 0 . (113)

All’equazione differenziale (113) bisogna affiancare, per una descrizionecompleta del condensatore, e quindi del circuito, il valore della tensione delcondensatore all’istante iniziale,

v t = 0( ) = V0 . (114)

L’insieme delle equazioni (109)-(113) sono un sistema di 5 equazioni nellealtrettante incognite i1, i2 , i3, v1 e v . È evidente che le difficoltà nella

soluzione di questo problema sono superiori alle difficoltà che abbiamoincontrato sia nello studio del circuito resistivo non lineare, sia nello studio delcircuito dinamico lineare, perché bisogna risolvere, come tra poco faremovedere, un’equazione differenziale non lineare.Anche in questo caso è opportuno ridurre l’intero sistema di equazioni ad unasola equazione differenziale in una sola incognita, e conviene scegliere comeincognita la tensione del condensatore. Questa è anche la grandezza che apparesotto l’operazione di derivata nell’unica equazione differenziale (equazione(113)) del sistema di equazioni del circuito.Sostituendo l’espressione di v1 data dall’equazione (110) nell’equazione (111)

si ha

i1 = E − vR1

. (115)

Ora, sostituendo nell’equazione (109) l’espressione di i1 data dalla (115),l’espressione di i2 data dalla (112) e l’espressione di i3 data dalla (113), si

ottiene l’equazione cercata

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145

Cdvdt

+ vR

+ g v( ) = ER

. (116)

Questa è un’equazione differenziale del primo ordine, non lineare e con terminenoto costante. Anche essa ha infinite soluzioni. Per determinarne una sola,quella che si realizza nel circuito, bisogna imporre che la soluzione verifichianche la condizione iniziale (114). Una volta determinata la tensione delcondensatore, utilizzando le equazioni algebriche (109)-(112) possiamodeterminare tutte le altre grandezze del circuito.Anche se in questo caso particolare l’equazione (116) potrebbe essere risoltaanaliticamente attraverso la tecnica della separazione delle variabili (lasciamo allettore volenteroso la sua soluzione), nella maggior parte dei casi ciò non èpossibile. E’ necessario ricorrere, in generale, a metodi approssimati di tiponumerico per la soluzione di equazioni differenziali non lineari.Questo corso introduttivo alla teoria dei circuiti tratta, sostanzialmente, dicircuiti lineari. L’insegnamento di metodi di soluzione di equazionidifferenziali non lineari attraverso metodi numerici esula dagli obiettivi delcorso. Noi, qui, ci limiteremo solo a descrivere le proprietà qualitative piùimportanti delle soluzioni dell’equazione (116) utilizzando di nuovo un metodo“grafico”. Riscriviamo l’equazione (116) nel modo seguente

Cdvdt

= E − vR

− g v( ) . (117)

aaaa

(a) (b)

y

v

I

GR

V0 V V0

y

vV1 V2 V3

I1I2I3

GR

V0V0

Fig. 2.15 Discussione grafica del comportamento della soluzione del circuito di Figura2.9 per i due casi in esame.

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Page 42: Capitolo 2 - unina.it

146

Si riporti sul piano v, y( ) , Figura 2.15, la curva caratteristica G del resistore

non lineare definita dall’equazione

yG = g v( ) . (118)

Poi sullo stesso piano si riporti la retta R definita dall’equazione

yR =E − v

R. (119)

Allora, l’equazione differenziale (117) può essere scritta come

Cdvdt

= yR v( ) − yG v( ) . (120)

In corrispondenza dei punti di intersezione tra la retta R e la curva G si ha che

yR V( ) = yG V( ) , (121)

e quindi

Cdvdt v=V = yR V( ) − yG V( ) = 0 . (122)

Dunque, i valori di tensione V corrispondenti ai punti di intersezione tra laretta R e la curva G sono le soluzioni stazionarie del circuito 8.

In condizioni stazionarie il condensatore si comporta come se fosse un circuitoaperto, perché essendo la tensione costante nel tempo l’intensità della correnteelettrica che lo attraversa è nulla. Di conseguenza in condizioni stazionarie lesoluzioni del circuito in esame coincidono con quelle del circuito resistivo nonlineare analizzato nel paragrafo 2.3 e rappresentato in Figura 2.3.In accordo a quanto già visto nel paragrafo 2.3, il circuito in esame ha una solasoluzione stazionaria se la curva caratteristica del resistore non lineare è

8 A partire dalla (116) si può dimostrare che, oltre a dv / dt v =V = 0 , si ha anche

d2 v /dt 2v =V = 0, d3v / dt3

v =V = 0, e così via. Ciò implica che v = V è una soluzionestazionaria del circuito.

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Page 43: Capitolo 2 - unina.it

147

monotona crescente, Figura 2.15a. Invece, se la curva caratteristica è nonmonotona le soluzioni stazionarie possono essere più di una, Figura 2.15b.Se il valore iniziale della tensione del condensatore è uguale al valorestazionario, V0 = V , il circuito si trova fin dall’istante iniziale in regimestazionario. Cosa accade se V0 ≠ V ?

Quando v ≠ V si ha dv / dt ≠ 0 e la soluzione del circuito non è stazionaria, mavaria nel tempo. Il comportamento dinamico del circuito dipende dal segno deldv / dt .Analizziamo, prima, il caso in cui la curva caratteristica del resistore nonlineare è monotona crescente, Figura 2.15a. A sinistra della retta (verticale)v = V il punto appartenente alla retta R corrispondente a un dato valore ditensione v (v < V ) è sempre al di sopra del corrispondente punto appartenentealla curva G , mentre a destra della retta v = V , cioè per v > V , accade il

contrario. Quando il punto di R corrispondente al valore di tensione v è al disopra del corrispondente punto di G , si ha yR v( ) − yG v( ) > 0 e quindi dv / dt > 0

perché C > 0. Invece, quando il punto di R corrispondente al valore ditensione v è al di sotto del corrispondente punto di G , si ha yR v( ) − yG v( ) < 0

e quindi dv / dt < 0 ( C > 0). I risultati che abbiamo appena ottenuto sonoriassunti dalla relazione

dvdt

> 0 v > V,

= 0 v = V,

< 0 v < V.

(123)

Da queste considerazioni si ha che, se il valore iniziale della tensione, V0 , èmaggiore di V , la tensione v t( ) decresce fino a quando non raggiunge il valorestazionario V , invece se V0 è minore di V , v t( ) cresce fino a quando nonraggiunge il valore stazionario V , Figura 2.15a. Infine, se V0 = V si hav t( ) = V . Comunque siano le condizioni iniziali, la soluzione tende

asintoticamente alla soluzione v = V , che è l’unica soluzione stazionaria delcircuito.In questo caso si dice che la soluzione stazionaria v = V è stabile: comunque siscelga un intorno di v = V e per ogni condizione iniziale appartenente a taleintorno, il circuito evolve in modo tale da raggiungere l’unico regimestazionario v = V . In questo caso si dice anche che il regime stazionario v = V èl’attrattore di tutte le soluzioni del circuito.

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

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148

Si consideri, ora, il caso in cui la caratteristica G è non monotona (Figura

2.15b), e interseca la retta R in tre punti. I valori di tensione corrispondenti aquesti tre punti, V1, V2 , V3 , sono le soluzioni stazionarie del circuito. (Se laretta R intersecasse la curva G in un solo punto la dinamica avrebbe le stesse

caratteristiche che sono state descritte nel caso precedente.)I punti di R corrispondenti a valori di v inferiori a V1 sono sempre al di sopradei corrispondenti punti di G ; pertanto si ha yR v( ) − yG v( ) > 0 per v < V1 .

I punti di R corrispondenti a valori di v compresi tra le due soluzionistazionarie v = V1 e v = V2 sono sempre al di sotto dei corrispondenti punti di

G , quindi yR v( ) − yG v( ) < 0 per V1 < v < V2 .

I punti di R corrispondenti a valori di v compresi tra le due soluzionistazionarie v = V2 e v = V3 sono sempre al di sopra dei corrispondenti punti di

G , quindi yR v( ) − yG v( ) > 0 per V2 < v < V3 .Infine, i punti di R corrispondenti a valori di v superiori a V3 sono sempre aldi sotto dei corrispondenti punti di G , quindi yR v( ) − yG v( ) < 0 per V3 < v .

Essendo C > 0, si ha allora

dvdt

> 0 v < V1 o V2 < v < V3,

= 0 v = V1 o v = V2 o v = V3,

< 0 V1 < v < V2 o v < V3 .

(124)

Condizione iniziale Segno di dv / dt Comportamento di v t( ) per t → ∞V0 < V1 dv / dt > 0 v t( ) → V1

V0 = V1 dv / dt = 0 v t( ) = V1

V1 < V0 < V2 dv / dt < 0 v t( ) → V1

V0 = V2 dv / dt = 0 v t( ) = V2

V2 < V0 < V3 dv / dt > 0 v t( ) → V3

V0 = V3 dv / dt = 0 v t( ) = V3

V0 > V3 dv / dt < 0 v t( ) → V3

Tab. 2.3 Riassunto del comportamento asintotico della tensione del condensatore nelcaso riportato in Figura 2.15b.

In questo caso il regime stazionario che il circuito raggiunge dipende dallacondizione iniziale del condensatore. I possibili comportamenti asintotici dellatensione del condensatore (cioè i comportamenti per t → ∞ ) sono riportati inFigura 2.15b e riassunti in Tabella 2.3. Le due soluzioni stazionarie v t( ) = V1 e

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149

v t( ) = V3 sono soluzioni stazionarie stabili, mentre la soluzione stazionariav t( ) = V2 è instabile: comunque si scelga il valore della condizione iniziale V0

prossimo al valore della soluzione stazionaria V2 il circuito evolve sempre inmaniera tale da raggiungere la soluzione stazionaria v t( ) = V1 o la soluzionestazionaria v t( ) = V3 , cioè tende sempre ad allontanarsi dalla soluzionestazionaria v t( ) = V2 . Le soluzioni stazionarie v t( ) = V1 e v t( ) = V3 sono gli

attrattori delle soluzioni del circuito: quale di questi due viene raggiuntodipende solo dalla condizione iniziale. Attraverso circuiti di questo tipo èpossibile realizzare circuiti bistabili e memorie binarie.

2.6 Grafo di un circuito

Dal modo stesso in cui sono state enunciate le leggi di Kirchhoff, discende cheesse non fanno alcun riferimento alla struttura “interna” dei diversi componenti.Le equazioni che si ottengono imponendo le leggi di Kirchhoff, equazioni diKirchhoff, dipendono solo da come gli elementi circuitali sono connessi tra loroe non dalla loro natura fisica.

a

(a) (b)2

“1” “2”

“3”“4”

13

4

5

6−

“1” “2”

“3”“4”

13

4

5

6

2

Fig. 2.16 Due circuiti con lo stesso grafo.

Si considerino i due esempi di circuito, riportati in Figura 2.16. Benché sianocostituiti da bipoli diversi, essi hanno due cose in comune:

(i) il numero di nodi e di bipoli;(ii) il modo in cui i bipoli sono tra loro collegati.

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150

Nei due circuiti i valori delle grandezze incognite sono, ovviamente, diverse,ma le relazioni tra di esse che si ottengono applicando le leggi di Kirchhoffsono le stesse. In conseguenza di ciò le equazioni di Kirchhoff per le intensitàdi corrente e le tensioni del circuito illustrato in Figura 2.16a sono uguali alleequazioni di Kirchhoff per le intensità di corrente e le tensioni del circuitoillustrato in Figura 2.16b.Da questa semplice constatazione deriva che, per scrivere le equazioni diKirchhoff di un determinato circuito non occorre fare riferimentospecificamente al sistema fisico che lo costituisce, ma è sufficiente riferirsi auna struttura astratta di tipo “geometrico” (in realtà non occorre neppure questacaratteristica) che contenga soltanto:

(a) i nodi (tutti) del circuito;(b) i collegamenti tra questi realizzati tramite i bipoli.

Alle equazioni di Kirchhoff ci si riferisce a volte usando l’espressione“equazioni topologiche” per evidenziare il fatto che esse dipendono solo dallecaratteristiche topologiche del circuito.

a

5

2

“1” “2”

“3”“4”

“1” “2”

“3”“4”

1

2

3 4

5

6

(a) (b) (c) (d)

5

2

“1” “2”

“3”“4”

“1” “2”

“3”“4”

1

2

3 4

5

6

Fig. 2.17 (a) Circuito; (b) grafo corrispondente; (c) circuito orientato; (d) grafo orientatocorrispondente.

Si consideri il circuito di bipoli disegnata in Figura 2.17a e il corrispondenteschema “geometrico” di Figura 2.17b. Questo schema è un esempio di grafo 9.Come si vede, nel grafo, i bipoli sono “scomparsi”, mentre tutti i nodi sonopresenti: al posto dei bipoli, sono stati semplicemente indicati delle linee detti

9 Eulero scrisse il primo lavoro sulla teoria dei grafi nel 1736; in questo lavoro Eulero trattò ilproblema del ponte di Königsberg. Nel 1847 Kirchhoff ha fondato la teoria dei grafi, cosìcome è nota oggi, nei suoi studi sui circuiti elettrici. La maggior parte delle proprietàtopologiche dei circuiti elettrici sono state trovate da Kirchhoff e da Maxwell (1892).L’applicazione sistematica dei grafi allo studio dei circuiti elettrici è più recente (1957).

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

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151

“lati”, che collegano fra loro i nodi allo stesso modo che nel circuito dipartenza. I due circuiti riportati in Figura 2.16 hanno lo stesso grafo.Ora, è immediato constatare che, se i bipoli di Figura 2.17a vengono orientatiin base ai versi di riferimento delle intensità di corrente, scelti in modoqualsiasi (come, ad esempio, in Figura 2.17c), e, allo stesso tempo, lo schemacorrispondente è orientato, lato per lato, allo stesso modo (Figura 2.17d), perscrivere le equazioni di Kirchhoff per le correnti è sufficiente riferirsi al grafoorientato, piuttosto che al circuito di partenza.È, inoltre, evidente che, anche la scrittura delle equazioni esprimenti le leggi diKirchhoff per le tensioni può essere effettuata basandosi esclusivamente sulgrafo orientato (senza bisogno di ricorrere al circuito di partenza). La cosa è diper sé ovvia quando si stabilisca, una volte per tutte, di fare per ogni bipolo delcircuito, ad esempio, la convenzione dell’utilizzatore. Quando si fa questascelta, non occorre orientare ulteriormente il grafo (per le tensioni): èsufficiente averlo orientato per le intensità di corrente.Si noti che, se in luogo del grafo di Figura 2.17b se ne sceglie un altro chedifferisca dal primo per il fatto che ciascuno dei lati sia stato deformato adarbitrio (purché senza “lacerazione”), le equazioni di Kirchhoff per le correnti eper le tensioni conservano ancora la stessa forma. Per questo motivo, si è solitidire che il grafo di una rete non ha significato geometrico (il che implicherebbela conservazione di distanze e angoli rispetto al circuito di partenza), bensìsoltanto significato “topologico” (il che implica soltanto la conservazione deicollegamenti fra i diversi nodi).In conclusione, il modo in cui i bipoli di un circuito sono collegati tra loro puòessere rappresentato tramite un oggetto astratto: il grafo del circuito. Questooggetto è “formato” dall’insieme dei nodi e dei lati del circuito e dallarelazione, detta relazione di incidenza, che a ogni lato fa corrispondere lacoppia di nodi nei quali quel lato (bipolo) incide. Di solito, il grafo èrappresentato graficamente attraverso elementi geometrici: il nodo èrappresentato da un punto e il lato da un arco di linea.

2.7 Elementi di topologia dei circuiti: albero, coalbero, maglia, anello

Per studiare le proprietà dei circuiti che dipendono solo dalle caratteristichedelle connessioni c’è bisogno di alcuni elementi di base della teoria dei grafi.Nel riportarli useremo dei termini che è importante definire subito.

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

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152

Definizioni: grafo, grafo orientato, sottografo

• Un grafo G(N,L) è costituito dall’insieme di n nodi, che indicheremo con

N = “1”,“2”,...,“n” , dall’insieme di l lati (bipoli), che indicheremo con

L = 1,2,...,l , e dalla relazione di incidenza che a ogni lato (bipolo) fa

corrispondere la coppia di nodi nei quali quel lato incide. Per convenzione,ciascun lato del grafo di un circuito è orientato con la freccia che indica ilverso di riferimento dell’intensità della corrente che attraversa ilcorrispondente bipolo.

• Se ogni lato (bipolo) del grafo è orientato il grafo si dice orientato.

• Si consideri un grafo G(N,L) . Il grafo G1(N,L) si dice sottografo di

G(N,L) , se N 1 è un sottoinsieme di N , L1 è sottoinsieme di L e larelazione di incidenza tra i nodi di N 1 e i lati di L1 è la stessa relazioneche si ha nel grafo G(N,L) .

In Figura 2.18a è illustrato un grafo non orientato, e in Figura 2.18b è illustratolo stesso grafo ma orientato. In Figura 2.19 un grafo orientato, insieme con tresottografi, è illustrato. Un sottografo è una parte di un grafo, e quindicorrisponde a una parte del circuito.

a

“1”

1 2

3

45

6

“2” “3”

“4”“5”

“6” “7”78

9

“1”

1 2

3

45

6

“2” “3”

“4”“5”

“6” “7”78

9

(a) (b)Fig. 2.18 (a) un grafo G(N,L) : N = “1”,“2”, ...,“6” , L = 1,2,...,9 ; (b) una possibile

orientazione del grafo G(N,L) .

Un concetto fondamentale nella teoria dei grafi è quello di grafo connesso.

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 49: Capitolo 2 - unina.it

153

Definizione: grafo connesso

Un grafo si dice connesso se ogni nodo è collegato a qualsiasi altro nodoattraverso uno o più lati.

In Figura 2.20a è illustrato un grafo connesso e in Figura 2.20b è illustrato unesempio di grafo non connesso: ad esempio, il nodo “1” non è collegato al nodo“5”.

aaa

“1”

1

2

3

4 “4”

“3”“2”

5

“1”

3

4 “4”

“3”

5

“1”

1

2

3

“4”

“3”“2”

“1”

2

4

“3”“2”

G G1 G2 G3

Fig. 2.19 Grafo e alcuni suoi sottografi (orientati).

a

2

“5” 5 “6”

“7”

7

“1”

1

2

3

“4”

“3”“2”

4

6

(a) (b)

“1”

1 3

4 “4”

“3”“2”

5

Fig. 2.20 (a) grafo connesso; (b) grafo non connesso.

I circuiti di bipoli di interesse nelle applicazioni sono tutti connessi, e quindiconsidereremo solo grafi connessi. Un grafo connesso può contenere sottografinon connessi (si consideri, ad esempio, il grafo G illustrato in Figura 2.19 e ilsottografo G3 ). Circuiti di interesse con grafi non connessi sono i circuiti che

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 50: Capitolo 2 - unina.it

154

contengono elementi con più di due terminali, come, ad esempio, doppi bipoli.Analizzeremo nel Capitolo 4 queste situazioni.Il concetto di maglia, che è stato introdotto nel precedente capitolo, quandoabbiamo formulato la legge di Kirchhoff per le tensioni, è anche un concettofondamentale della teoria dei grafi.

Definizione: maglia

Sia dato un grafo connesso G . Una maglia di G è un sottografo connessoin cui in ciascun nodo incidono due e solo due lati.

aaa

“1”

1 3

4 “4”

“3”“2”

5

G2

“1” 4 “4”

“3”

53

M2

“1”

1

2 “3”“2”

M3

5

“1”

1

2

3

“4”

“3”“2”

4

M1

Fig. 2.21 Le maglie del grafo G .

aaa

“1”

1 3

4 “4”

“3”“2”

5

G2

“1” 4 “4”

“3”

53

“1”

1

2

“4”

“3”“2”

4

G 4

1

G 5

Fig. 2.22 Esempi di sottografi di G che non sono maglie di G .

Ogni maglia forma un percorso chiuso, perché essa deve essere un sottografoconnesso in cui in ogni nodo incidono due e due soli lati: percorrendo la magliaciascun lato e ciascun nodo vengono incontrati una e una sola volta. Questa è laproprietà fondamentale di ogni maglia. Una maglia orientata è una maglia a cuiè associata un verso di percorrenza.

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 51: Capitolo 2 - unina.it

155

In generale, in un grafo ci sono più maglie. In Figura 2.21 sono riportate tuttele possibili maglie del grafo G di Figura 2.19. I sottografi G4 e G5 dello stessografo G , riportati in Figura 2.22, non sono maglie perché nei nodi “3” e “4” di

G4 incide solo un lato e nel nodo “1” di G5 incidono tre lati.

Oltre alle maglie, ci sono altri sottografi che hanno proprietà interessanti e chesaranno utilizzati nella teoria dei circuiti: essi sono gli alberi e i coalberi di ungrafo.

Definizioni: albero, coalbero

• Sia dato un grafo connesso G . Un albero A di G è un suo sottografo

connesso costituito da tutti i nodi del grafo e che non contiene maglie.• Il coalbero CA di G , corrispondente all’albero A , è l’insieme dei lati

complementare a quelli dell’albero: l’unione dei lati dell’albero e delcoalbero coincide con l’insieme di tutti i lati di G .

aaa

“1”

1 3

4 “4”

“3”“2”

5

G2

“1” 4 “4”

“3”

5

“1”

1

2

“4”

“3”“2”

4

A 1

1

A 2

35

CA1 CA2

3

2

Fig. 2.23 Esempi di alberi, A1, A2 , e coalberi, CA1 , CA2 , del grafo G .

In generale un grafo possiede più di un albero. Due alberi, A1, A2 e i relativicoalberi, CA1, CA2 del grafo G riportato in Figura 2.19, sono illustrati in Figura2.23. Il sottografo G3 del grafo G riportato in Figura 2.24 non è un albero

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 52: Capitolo 2 - unina.it

156

perché contiene una maglia, e così, anche il sottografo G4 non è un albero

perché non è connesso.

aaa

“1”

1 3

4 “4”

“3”“2”

5

G2

“1”

1

2

“4”

“3”“2”

4 “1”

2

“4”

“3”“2”

4

G 4G 3

5

Fig. 2.24 Esempi di sottografi di G che non sono alberi di G .

Proprietà fondamentale degli alberi di un grafo connesso

Si consideri un grafo connesso G con n nodi e l lati. Ciascun albero del grafo

G è costituito da n −1( ) lati (indipendentemente dal numero di lati del grafo e

dalla relazione di incidenza).

La dimostrazione di questa proprietà è semplice. Si parta da un qualsiasi nododell’albero. È possibile raggiungere, percorrendo l’albero, qualsiasi altro nodo.Ogni volta che si raggiunge un altro nodo si percorre un nuovo lato; pertanto ilnumero totale di lati distinti che bisogna percorrere per raggiungere tutti i nodiè n −1( ) , cioè è uguale al numero di nodi meno uno (quello di partenza).

Da questa proprietà segue anche che, per ogni grafo connesso con n nodi e llati (bipoli) deve essere necessariamente l > n −1( ).

Proprietà fondamentale del coalbero di un grafo connesso

Si consideri un grafo connesso G con n nodi e l lati. Ciascun coalbero delgrafo G è costituiti da l − n − 1( )[ ] lati (indipendentemente dalla relazione di

incidenza del grafo).

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 53: Capitolo 2 - unina.it

157

Questa proprietà deriva direttamente dal fatto che il coalbero è il complementoall’albero, cioè la somma dei lati dell’albero e del coalbero deve essere ugualeal numero dei lati del grafo.

Tra tutte le possibili maglie di un grafo c’è ne sono alcune che hanno unaproprietà molto interessante: attraverso queste maglie, che ora individueremo, èpossibile rappresentare tutte le possibili maglie del grafo.Si consideri un grafo connesso G con n nodi e l lati. Si scelga un albero A .

Per ciascun lato del coalbero CA (corrispondente all’albero scelto) esiste una euna sola maglia costituita dal suddetto lato di coalbero e da rami dell’albero.

aaa

“1”

1 3

4 “4”

“3”“2”

5

G2

“1”

1

“4”

“2”

4

5

A2

3

CA

“1”

1 3

“4”

“3”“2”

5

M2

“1”

1

“2”

5

2 “3”

“1” 4

5 3

“3”

“4”

MF1 MF2

Fig. 2.25 Grafo G , un albero A e corrispondente coalbero CA ; l’insieme delle magliefondamentali del coalbero CA ; la maglia M è “unione” delle magliefondamentali MF1 e MF2 .

Definizione: maglia fondamentale

• Si consideri il sottografo che si ottiene aggiungendo all’albero A un sololato del coalbero CA : esso contiene una e una sola maglia, che si ottieneeliminando tutti i lati “appesi”, cioè tutti quei lati che non appartengono al

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 54: Capitolo 2 - unina.it

158

percorso chiuso. Una maglia ottenuta in questo modo prende il nome dimaglia fondamentale del coalbero CA .

È evidente, allora, che aggiungendo un lato di coalbero per volta è possibilecostruire l − n − 1( )[ ] maglie fondamentali distinte. Questo insieme di maglie

prende il nome di insieme delle maglie fondamentali del coalbero CA del grafo

G . A ciascun coalbero corrisponde un diverso insieme di maglie fondamentali.La proprietà dell’insieme delle maglie fondamentali di un coalbero è che ognilato di coalbero appartiene a una e una sola maglia fondamentale dell’insieme e,quindi, ogni maglia dell’insieme delle maglie fondamentali ha almeno un latoin esclusiva. In questo senso possiamo allora dire che l’insieme delle magliefondamentali di un coalbero sono tra loro indipendenti.Si consideri ora l’insieme di maglie fondamentali di un coalbero del grafo G .Si può verificare che una qualsiasi altra maglia del grafo può essererappresentata tramite “l’unione” di maglie fondamentali. La regola dell’unionedeve prevedere che:

(i) le maglie abbiano almeno un lato in comune ;(ii) i lati in comune si elidano a vicenda.

In Figura 2.25 è illustrato un grafo e un possibile insieme di magliefondamentali ( MF1 è la maglia fondamentale ottenuta aggiungendo all’albero

A il lato 2 e MF2 è quella ottenuta aggiungendo il lato 3; la maglia M èottenuta “unendo” MF1 a MF2 ).

aaa

“1”

1 3

4 “4”

“3”“2”

5

G2

6

“1”

1

“2”

5

2 “3”

“1” 4

5 3

“3”

“4”

AN1 AN2

“1”

1

“2”AN3

6

Fig. 2.26 Grafo planare e anelli corrispondenti.

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 55: Capitolo 2 - unina.it

159

Tutti i circuiti che vengono considerati in questo corso hanno grafi planari.Fino ad ora abbiamo considerato solo grafi di questo tipo.

Definizione: grafo planare

• Un grafo si dice planare se può essere tracciato su di un piano senza chenessuna coppia di lati si intersechi in un punto che non sia un nodo.

In Figura 2.26 è riportato un esempio di grafo planare. In Figura 2.27a èriportato un esempio di grafo non planare. Se si prova a distendere questo grafosu di un piano, il lato 1, che collega il nodo “5” al nodo “8”, interseca almenoun altro lato in un punto diverso dai nodi (Figura 2.27b).

a

“2”“1”

“3”“4”

“6”“5”

“8”“7”

1

(a) (b)

“1”

“5”

“2”

“3”“4”

“6”

“8”“7”

1

Fig. 2.27 (a) Esempio di grafo non planare; (b) lo stesso grafo disteso su di un piano.

Per i grafi planari ogni maglia partiziona il piano in due regioni, quella internaal cammino chiuso e quella esterna. Tra tutte le possibili maglie di un grafoplanare, rivestono particolare interesse quelle che non contengono nessun lato alloro interno.

Definizione: anello

• Un anello è una maglia di un grafo planare che non contiene lati al suointerno.

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 56: Capitolo 2 - unina.it

160

Proprietà fondamentale degli anelli di un grafo planare

Si consideri un grafo planare connesso G con n nodi e l lati. Il grafo G hal − n − 1( )[ ] anelli.

Gli anelli di un grafo planare sono maglie tra loro indipendenti. Qui il concettodi indipendenza sta a significare che non è possibile ottenere uno qualsiasi deglil − n − 1( )[ ] anelli dall’unione, secondo la regola che abbiamo appena enunciato,

degli l − n −1( )[ ]−1 anelli restanti. Questa nuova accezione del concetto di

indipendenza comprende quello che abbiamo appena introdotto quandoabbiamo considerato l’insieme delle maglie fondamentale di un coalbero. Nondimostreremo questa proprietà. Può essere facilmente verificata per induzione.L’insieme di tutti gli anelli di un grafo planare ha la stessa proprietà di uninsieme di maglie fondamentali: qualsiasi altra maglia del grafo planare puòessere ottenuta dall’unione di due o più anelli. In Figura 2.26 sono riportatitutti gli anelli, AN 1, AN 2 e AN 2 del grafo planare G .

A differenza dell’insieme di maglie fondamentali, che dipende dalla sceltadell’albero, l’insieme degli anelli di un grafo planare è unico.

aaa

AN 1

(a) (b)

Fig. 2.28 (a) Gli anelli di questo grafo sono un insieme di maglie fondamentali; (b) gli

anelli di questo grafo non sono un insieme di maglie fondamentali.

Osservazione

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 57: Capitolo 2 - unina.it

161

In generale, gli anelli di un grafo planare non costituiscono un insieme dimaglie fondamentali. Gli anelli del grafo planare di Figura 2.28a sono anche uninsieme di maglie fondamentali. Il lettore lo dimostri individuando l’albero e,quindi, il coalbero a cui tale insieme corrisponde. Invece, gli anelli del grafoplanare di Figura 2.28b non sono un insieme di maglie fondamentali. Laragione è molto semplice: l’anello interno AN 1 non ha nessun lato in esclusiva

pur essendo indipendente da tutti gli altri anelli del grafo.

2.8 Insiemi di taglio

Un altro importante concetto della teoria dei grafi (e quindi della teoria deicircuiti) è l’insieme di taglio.

Definizione: insieme di taglio

• Si consideri un grafo connesso G(N,L) . Un sottoinsieme T dei lati L del

grafo, si dice insieme di taglio se:

(a) la rimozione dal grafo di tutti i lati dell’insieme di taglio conduce a ungrafo non connesso;

(b) il ripristino di uno qualsiasi dei lati dell’insieme di taglio riconnette i duesottografi.

Se il grafo è orientato, l’insieme di taglio si dice orientato.♦

In Figura 2.29 è illustrato un grafo e i possibili insiemi di taglio, T1, T2 , T3 e

T4 . I lati di T2 sono tutti quelli che incidono nel nodo “2” e i lati di T3 sonotutti quelli che incidono nel nodo “3”; invece i lati degli insiemi T1 e T4 non

incidono in uno stesso nodo.Ciascun insieme di taglio crea una partizione dell’insieme dei nodi N del grafo

G(N,L) in due sotto insiemi, uno che denomineremo sottoinsieme N + e l’altroche denomineremo sottoinsieme N − . Di conseguenza, ciascun insieme di taglio

può essere orientato scegliendo arbitrariamente un verso, ad esempio, quelloche va dal sottoinsieme di nodi N + al sottoinsieme N − .

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 58: Capitolo 2 - unina.it

162

La legge di Kirchhoff per le correnti, per come è stata formulata, impone unlegame alle intensità di corrente dei bipoli (lati) che incidono in uno stessonodo. È possibile formularla anche per le intensità di corrente dei bipoli (lati)di un insieme di taglio che, in generale, non incidono in uno stesso nodo.

Equazioni di Kirchhoff per gli insiemi di taglio

La somma algebrica delle intensità di corrente dei bipoli che formano uninsieme di taglio è uguale a zero in ogni istante.

aaa

“1”

1 3

4 “4”

“3”“2”

5

G2

4

5

2

3

4

35

2

1 35

1

4

51

2T1 T2 T3

T4 T5 T6

Fig. 2.29 Possibili insiemi di taglio del grafo G .

In Figura 2.29 è illustrato un grafo e i possibili insiemi di taglio, T1, T2 , T3 e

T4 . I lati di T2 sono tutti quelli che incidono nel nodo “2” e i lati di T3 sonotutti quelli che incidono nel nodo “3”; invece i lati degli insiemi T1 e T4 non

incidono in uno stesso nodo.Ciascun insieme di taglio crea una partizione dell’insieme dei nodi N del grafo

G(N,L) in due sotto insiemi, uno che denomineremo sottoinsieme N + e l’altroche denomineremo sottoinsieme N − . Di conseguenza, ciascun insieme di taglio

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 59: Capitolo 2 - unina.it

163

può essere orientato scegliendo arbitrariamente un verso, ad esempio, quelloche va dal sottoinsieme di nodi N + al sottoinsieme N − .

La legge di Kirchhoff per le correnti, per come è stata formulata, impone unlegame alle intensità di corrente dei bipoli (lati) che incidono in uno stessonodo. È possibile formularla anche per le intensità di corrente dei bipoli (lati)di un insieme di taglio che, in generale, non incidono in uno stesso nodo.

Equazioni di Kirchhoff per gli insiemi di taglio

La somma algebrica delle intensità di corrente dei bipoli che formano uninsieme di taglio è uguale a zero in ogni istante.

Nella legge per l’insieme di taglio intervengono con lo stesso segno le intensitàdi corrente il cui riferimento per il verso è concorde con l’orientazionedell’insieme di taglio e con il segno contrario le intensità di corrente conriferimento opposto. Ad esempio, l’intensità di corrente ik deve essere sommatacon il segno + se il suo verso di riferimento per va dal sottoinsieme di nodi N +

al sottoinsieme N − e con il segno − nel caso contrario.

La dimostrazione di questa nuova formulazione della legge di Kirchhoff per lecorrenti è semplice. Ogni insieme di taglio partiziona l’insieme di nodi nei duesotto insiemi N + e N − . Scrivendo le equazioni di Kirchhoff per le correnti perciascun nodo del sottoinsieme N + e sommandole membro a membro si ottiene

l’equazione dell’insieme di taglio. Nella somma si eliminano tutte le intensità dicorrente relative ai lati che collegano i nodi del sottoinsieme N + e restano solole intensità di corrente relative ai lati che collegano i nodi di N + ai nodi di

N − . Tutte le intensità di corrente i cui riferimenti per i versi vanno dalsottoinsieme N + al sottoinsieme N − intervengono nella somma con lo stesso

segno e con il segno contrario le intensità di corrente con riferimento opposto.(Si noti che quando N + contiene un solo nodo e ciò accade quando i lati

dell’insieme di taglio incidono tutti in un solo nodo, l’equazione per l’insiemedi taglio si riduce a quella per il nodo).Le equazioni per le intensità di corrente degli insiemi di taglio illustrati inFigura 2.29 sono riportate in Tabella 2.4.

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 60: Capitolo 2 - unina.it

164

insieme di taglio equazione per le intensità dicorrente

T1 −i2 + i4 + i5 = 0

T2 i1 + i4 + i5 = 0

T3 i1 + i2 = 0

T4 i3 − i4 = 0

T5 −i2 + i3 + i5 = 0

T6 i1 + i3 + i5 = 0

Tab. 2.4 Equazioni per gli insiemi di taglio riportati in Figura 2.29

2.9 Matrice di incidenza, matrice di maglia ed equazioni di Kirchhoff

Fino a questo momento la relazione di incidenza di un grafo orientato, cioè lalegge di corrispondenza che associa i lati ai nodi, è stata rappresentatagraficamente attraverso elementi geometrici.

2.9.1 Matrice di incidenza

Si consideri un grafo orientato G costituito da n nodi e l lati. È possibileassegnare la relazione di incidenza del grafo G utilizzando una tabella ordinata

costituita da n righe, quanto sono i nodi, e l colonne, quanti sono i lati, cioèuna matrice rettangolare n × l (in un grafo connesso è sempre l ≥ n −1). Aquesta matrice si dà il nome di matrice di incidenza del grafo (circuito) ed èindicata con Aa . Essa è così definita.

Si ordinino i nodi e i lati del grafo orientato associando a ciascuno di essi unnumero naturale: da 1 a n per i nodi e da 1 a l per i lati. La i −esima riga dellamatrice di incidenza corrisponda al i −esimo nodo del grafo e lo j − esimoelemento di questa riga corrisponda al j − esimo lato del grafo. L’elemento aij

di Aa (appartenente alla riga i e alla colonna j ), è così definito:

aij =+1 se il lato j esce dal nodo “i”;

−1 se il lato j entra nel nodo “i”;

0 se il lato j non incide nel nodo “i”.

i = 1,2, ..., n

j =1,2, ..., l (125)

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 61: Capitolo 2 - unina.it

165

Gli elementi +1 e −1 della i −esima riga di Aa indicano quali sono i lati che

incidono nell’ i −esimo nodo del grafo; essi possono essere due o più di due, ingenerale. Gli elementi +1 e −1 della j − esima colonna indicano quali sono idue nodi nei quali incide il lato “ j ”.Si consideri il circuito illustrato in Figura 2.30a; il corrispondente grafoorientato è illustrato in Figura 2.30b. Costruiamo la matrice di incidenza. Inquesto caso essa ha 4 righe (4 sono i nodi del circuito) e 5 colonne (5 sono ibipoli del circuito). La matrice di incidenza è:

Aa =

1 1 0 0 −1

−1 0 0 1 0

0 0 −1 −1 1

0 −1 1 0 0

(⇐ nodo “1”)

(⇐ nodo “2”)

(⇐ nodo “3”)

(⇐ nodo “4”)

(126)

C’è una corrispondenza biunivoca tra il “disegno” illustrato in Figura 2.30a,che rappresenta il modo in cui i bipoli sono collegati tra loro nel circuito inesame, il disegno del corrispondente grafo orientato riportato in Figura 2.30b ela matrice di incidenza (126): essi sono una diversa rappresentazione dellarelazione di incidenza che descrive come i bipoli del circuito incidono nei nodie, quindi, come sono collegati tra loro.

aa

“1”

1 3

2 “4”

“3”“2”

5

4

2

4

“1” “4”

“3”“2”

(a) (b)Fig. 2.30 (a) Circuito di bipoli orientato; (b) grafo orientato corrispondente.

Siccome ogni lato è collegato a due soli nodi, solo due elementi di ciascunacolonna della matrice di incidenza sono diversi da zero: uno di essi vale +1(corrisponde al nodo dal quale la punta della freccia del lato orientato esce) el’altro vale −1 (corrisponde al nodo nel quale la punta della freccia del latoorientato entra). Dunque, in ciascuna colonna della matrice di incidenzaabbiamo un solo +1, un solo −1 e gli altri elementi sono tutti nulli. Ne

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 62: Capitolo 2 - unina.it

166

consegue che la somma di tutte le righe della matrice di incidenza è la rigaidenticamente nulla (cioè una riga con tutti zeri) e quindi le righe di Aa sonolinearmente dipendenti: di conseguenza il rango di Aa è minore di n 10. Ad

esempio, l’ultima riga della matrice (126) può essere ottenuta, senza ispezionareil grafo, a partire dalle altre tre righe, imponendo che la somma di tutte equattro le righe dia una riga identicamente nulla.

Osservazione

La matrice di incidenza ha una proprietà molto interessante che enunceremo manon dimostreremo: n −1( ) lati corrispondenti a n −1( ) colonne di Aa

linearmente indipendenti (ogni colonna è associata a un lato) formano un albero(un albero è definito univocamente se si assegnano gli n −1( ) lati che lo

compongono). Questa proprietà può essere utilizzata per realizzare procedureautomatiche al calcolatore per individuare gli alberi e, quindi, i coalberi di ungrafo. Ciò consente di individuare automaticamente un insieme di magliefondamentali e, quindi, tutte le maglie di un grafo.

La matrice di incidenza è importante, non solo perché attraverso di essa èpossibile rappresentare in maniera estremamente semplice e sintetica larelazione di incidenza del grafo di un circuito (particolarmente adatta ad essereassemblata ed elaborata attraverso algoritmi automatici realizzati utilizzandocalcolatori elettronici), ma soprattutto perché attraverso di essa è possibilescrivere automaticamente le equazioni di Kirchhoff per le correnti. Comevedremo, in seguito, attraverso la matrice di incidenza è possibile imporre, inmodo estremamente semplice, elegante ed efficiente, anche le equazioni diKirchhoff per le tensioni. La matrice di incidenza di un circuito contiene tuttele informazioni di cui c’è bisogno per imporre le leggi di Kirchhoff.Si consideri il circuito di bipoli riportato in Figura 2.30. Applicando la legge diKirchhoff per le correnti ai nodi del circuito si ha l’insieme di equazioni

10 Le righe di una matrice sono linearmente dipendenti se almeno una riga della matrice puòessere espressa come combinazione lineare delle altre. Il rango di una matrice può esseredefinito come l’ordine massimo dei minori non nulli della matrice. Di conseguenza, il rangodi una matrice rappresenta il massimo numero di colonne e, quindi, di righe linearmenteindipendenti.

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 63: Capitolo 2 - unina.it

167

nodo “1”

nodo “2”

nodo “3”

nodo “4”

i1 + i2 + 0 ⋅ i3 + 0 ⋅ i4 + −i5 = 0,

−i1 + 0 ⋅ i2 + 0 ⋅ i3 + i4 + 0 ⋅ i5 = 0,

0 ⋅ i1 + 0 ⋅ i2 + −i3 + −i4 + i5 = 0,

0 ⋅ i1 + −i2 + i3 + 0 ⋅ i4 + 0 ⋅ i5 = 0.

(127)

Questo insieme di equazioni può essere riscritto, utilizzando il prodotto riga percolonna tra una matrice e un vettore colonna, nella seguente forma

1 1 0 0 −1

−1 0 0 1 0

0 0 −1 −1 1

0 −1 1 0 0

i1i2i3i4i5

=

0

0

0

0

0

. (128)

La prima equazione del sistema (127) è ottenuta moltiplicando la prima rigadella matrice rettangolare 4 × 5 per il vettore colonna con 5 righe (matricerettangolare 5 ×1), e imponendo, poi, che tale prodotto sia zero; la secondaequazione è ottenuta moltiplicando la seconda riga della matrice rettangolare4 × 5 per il vettore colonna, e imponendo, ancora, che il prodotto sia zero, ecosì via.La matrice 4 × 5 che compare nell’equazione matriciale (128) è proprio lamatrice di incidenza del grafo orientato del circuito riportato in Figura 2.30b,la cui espressione è data dalla (126). Se si introduce il vettore colonnarappresentativo delle intensità di corrente del circuito 11,

i = i1,i2 ,i3, i4, i5

T

, (129)

e il vettore colonna nullo

0 = 0,0,0,0,0T, (130)

il sistema di equazioni (128) può essere riscritto, in forma sintetica, come:

11 Per ridurre l’ingombro rappresenteremo i vettori colonna come vettori riga trasposti. Ingenerale, con il simbolo C

T si intende la matrice trasposta della matrice C . Nel casoparticolare in cui C è un vettore riga, cioè una matrice con una sola riga, la trasposta è unvettore colonna, cioè una matrice con una sola colonna.

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168

Aai = 0 . (131)

In conclusione, l’insieme di tutte le equazioni di Kirchhoff per le correnti(equazioni per i nodi) del circuito possono essere ottenute moltiplicando lamatrice di incidenza del circuito per il vettore colonna rappresentativo delleintensità di corrente del circuito e imponendo che tale prodotto sia il vettorecolonna identicamente nullo.Questo risultato è del tutto generale, non vale solo per l’esempio che abbiamoappena considerato. Si consideri un generico circuito con l lati e n nodi eutilizzando i numeri naturali si ordinino i nodi da 1 a n e i lati da 1 a l .Introduciamo il vettore colonna rappresentativo delle intensità di corrente delcircuito,

i = i1,i2 ,...,il−1, il

T

; (132)

esso ha l righe. Siccome gli elementi +1 e −1 di una riga di Aa indicano i lati

orientati che incidono nel nodo corrispondente, il prodotto scalare della riga peril vettore colonna i coincide con la somma algebrica delle intensità di correnteincidenti il nodo. Allora, il prodotto, riga per colonna, tra la prima riga di Aa e

il vettore i è uguale alla somma algebrica delle intensità di corrente incidentinel nodo “1”; il prodotto, riga per colonna, tra la seconda riga della matrice Aa

e il vettore i è uguale alla somma algebrica delle intensità di corrente incidentinel nodo “2”; e così via, fino al prodotto dell’ennesima riga della matrice Aa

per il vettore colonna i . Siccome per la legge di Kirchhoff delle correnti lasomma algebrica delle intensità di corrente incidenti in ciascun nodo deveessere uguale a zero, si ottiene di nuovo l’equazione (131) (in generale, 0 è ilvettore colonna identicamente nullo di dimensione l ). Dunque la conoscenzadella matrice di incidenza consente di determinare immediatamente le equazionidi Kirchhoff per le correnti per tutti i nodi del circuito.

Osservazione: matrici sparse

La metà degli elementi della matrice di incidenza (126) sono nulli. In generale,il numero di elementi diversi da zero di una matrice di incidenza è uguale a 2l ,mentre il numero totale degli elementi è n × l , quindi il numero degli elementiuguali a zero è n − 2( ) × l . Se n >> 1, la maggior parte degli elementi della

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169

matrice sono nulli, e quindi sono in un certo senso “ridondanti”. Le matrici incui la maggior parte degli elementi sono nulli prendono il nome di matricisparse. Quale sia la percentuale di elementi necessaria per fare ritenere unamatrice sparsa, dipende, ovviamente dal contesto.Lavorare con matrici sparse è un notevole vantaggio nell’elaborazioneautomatica delle equazioni circuitali tramite calcolatori, dal momento chememorizzando solo gli elementi diversi da zero, si possono ottenere notevolirisparmi di memoria e di operazioni e, quindi, di tempo.

2.9.2 Matrice delle maglie

Le maglie orientate di un grafo possono essere descritte attraverso una relazioneanaloga a quella di incidenza, che associa a ciascuna maglia i lati che lacompongono. Questa relazione, così come quella di incidenza, può essererappresentata attraverso una matrice, detta matrice delle maglie: le righe sonoassociate alle maglie (e sono tante quante sono le maglie distinte del grafo; lecolonne sono associate ai lati e sono tante quante sono i lati del grafo). Siindichi con m il numero di maglie distinte del grafo (sarà sempre m < l), le siordinino associando a ciascuna di esse un numero naturale e le si orientinoassegnando (in maniera arbitraria) un verso di percorrenza. La i −esima riga èassociata alla i −esima maglia e la j − esima colonna è associata al j − esimolato. Il generico elemento bij della matrice delle maglie è così definito

( i = 1,m; j = 1, l):

bij =+1 lato j appartiene alla maglia i e i versi sono concordi;

−1 lato j appartiene alla maglia i e i versi sono discordi;

0 se il lato j non appartiene alla maglia i.

(133)

Si consideri di nuovo il circuito illustrato in Figura 2.30a e si costruisca lamatrice delle maglie. Prima di tutto bisogna individuare le maglie. In questocaso le possibili maglie sono 3 e sono riportate in Figura 2.31. Quindi, lamatrice delle maglie ha 3 righe (quante sono le maglie distinte) e 5 colonne(quanti sono i lati). Essa vale

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Page 66: Capitolo 2 - unina.it

170

Ba =−1 1 1 +1 0

0 0 1 1 −1

−1 1 0 0 1

maglia M1,

maglia M2,

maglia M3.

(134)

Le righe della matrice delle maglie sono linearmente dipendenti tra loro.Infatti, se si sottrae alla prima riga della matrice (134) la seconda e la terza siottiene la riga identicamente nulla. Dunque, anche la matrice delle maglie non èa rango massimo. Ciò è una proprietà generale ed è conseguenza del fatto che,se si considerano tutte le maglie di un grafo, esse non sono tutte indipendentitra loro: solo l − n −1( ) sono indipendenti (un insieme di maglie fondamentali o

l’insieme degli anelli).

aaa

“1” 4 “4”

“3”

53

M2

“1”

1

2 “3”“2”

M3

5

“1”

1

2

3

“4”

“3”“2”

4

M1

Fig. 2.31 Maglie (orientate) del circuito riportato in Figura 2.30a.

Così come la matrice di incidenza consente di esprime le equazioni di Kirchhoffper le correnti per tutti i nodi del circuito, la matrice delle maglie consente diesprimere le equazioni di Kirchhoff per le tensioni per tutte le maglie delcircuito. Si consideri, ora, l’insieme delle equazioni ottenute applicando lalegge di Kirchhoff per le tensioni alle maglie riportate in Figura 2.31,

maglia M1

maglia M2

maglia M3

−v1 + v2 + v3 + v4 + 0 ⋅v5 = 0,

0 ⋅ v1 + 0 ⋅v2 + v3 + v4 − v5 = 0,

−v1 + v2 + 0 ⋅v3 + 0 ⋅v4 + v5 = 0.

(135)

È evidente che il sistema di equazioni (135) può essere riscritto nella forma

B av = 0, (136)

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171

dove Ba è la matrice delle maglie (134), v è il vettore colonna rappresentativo

delle tensioni

v = v1, v2, v3 , v4 , v5

T

, (137)

e 0 è il vettore colonna identicamente nullo di dimensione 5.Ovviamente, questo modo di rappresentare le equazioni di Kirchhoff per letensioni è del tutto generale e non dipende dal particolare circuito in esame.Tuttavia, facciamo subito notare che per costruire la matrice delle magliebisogna prima determinare tutte le maglie del grafo. Come abbiamo appenaaccennato esiste una procedura generale per fare questo. Essa si basa sullaricerca automatica di un albero del circuito, ma è molto onerosa dal punto divista “computazionale” già per circuiti con poche decine di nodi e di lati.

2.10 Equazioni di Kirchhoff indipendenti

Le equazioni circuitali sono costituite dalle equazioni di Kirchhoff e dalleequazioni caratteristiche degli elementi circuitali. Le equazioni di Kirchhoffsono algebriche lineari e omogenee. Invece, le equazioni caratteristiche possonoessere, in generale, algebriche o differenziali, lineari o non lineari, tempo-invarianti o tempo-varianti, omogenee o non omogenee.Il sistema di equazioni circuitali è, in generale, ben posto?Un sistema di equazioni si dice ben posto se ammette una e una sola soluzione,per assegnati termini noti e condizioni iniziali. Condizione necessaria, affinchéun sistema sia ben posto, è che le equazioni indipendenti siano tante quantesono le incognite del problema, né di più e né di meno.Le equazioni (algebriche, differenziali, integrali, ...) di un sistema di equazioni sonodipendenti se almeno una di esse può essere ottenuta combinando le altre oalmeno una parte. Invece, le equazioni del sistema sono indipendenti se e solo setutte le equazioni non sono tra loro dipendenti. Inoltre, affinché un problema siaben posto non deve mai accadere che due o più equazioni siano tra loroincompatibili ( x + y( ) = 1 e −x − y( ) = 0 sono un esempio di due equazioni

incompatibili).Se il sistema di equazioni circuitali è costituito da un numero di equazioniindipendenti più grande del numero di incognite o da equazioni incompatibili,il problema in generale non ammette soluzioni. Invece il sistema ha infinite

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172

soluzioni se il numero di equazioni indipendenti (tra loro compatibili) è piùpiccolo del numero di incognite.Le equazioni caratteristiche sono certamente indipendenti e compatibili tra loro(ogni equazione caratteristica ha due incognite in esclusiva). Le equazioniottenute applicando le leggi di Kirchhoff sono indipendenti? Sono tra lorocompatibili?

2.10.1 Indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le correnti

Si considerino le equazioni di Kirchhoff per le correnti. Analizziamo, comeesempio concreto, le equazioni ottenute applicando la legge di Kirchhoff per lecorrenti al circuito rappresentato in Figura 2.30a,

nodo “1”

nodo “2”

nodo “3”

nodo “4”

i1 + i2 − i5 = 0,

−i1 + i4 = 0,

−i3 − i4 + i5 = 0,

−i2 + i3 = 0.

(138)

Esse sono linearmente dipendenti. Infatti, sommando membro a membro le 4equazioni del sistema (138) si ottiene l’identità 0 = 0 (non più un’equazione)12.Ciò è un’immediata conseguenza del fatto che la somma di tutte le righe dellamatrice di incidenza è la riga identicamente nulla: il rango della matrice diincidenza Aa del circuito di Figura 2.30, data dalla (128), è minore di 4 .

Pertanto la quarta (o qualsiasi altra) equazione del sistema (138) è unacombinazione lineare delle altre tre. Essa può essere ottenuta, prima sommandomembro a membro le altre tre, e poi cambiando il segno di entrambi i membri.Dunque tutte le “informazioni” contenute nella quarta (o in qualsiasi altra)equazione del sistema (138) sono già presenti nelle altre tre e, quindi, essa èridondante.Questo risultato è del tutto generale. Le n equazioni di Kirchhoff per lecorrenti (n è il numero di nodi),

Aai = 0, (139)

12 L’uguaglianza f x1, x2, ...,xn( ) = 0 è un’identità se essa verificata per qualsiasi ennupla

x1, x2 ,..., xn ; invece, se è verificata solo per alcuni valori di x1, x2 ,..., xn (l’insieme di questivalori può essere finito oppure infinito), allora essa è un’equazione.

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173

di un circuito con grafo connesso sono linearmente dipendenti, qualunque sia ilgrafo del circuito (se si sommano membro a membro le n equazioni del sistema(139), si ottiene sempre l’identità 0 = 0 ). Ciò è sempre conseguenza del fattoche la somma di tutte le righe della matrice di incidenza è la riga identicamentenulla. Questo risultato è in accordo con il fatto che il rango della matrice diincidenza Aa è minore di n . È ovvio, a questo punto, che una qualsiasi

equazione del sistema (139), o del sistema (138), può essere eliminata, senzache l’informazione contenuta nel sistema ne risenta in alcun modo.Quante e quali sono le equazioni di Kirchhoff per le correnti linearmenteindipendenti?

Proprietà di indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le correnti

Per un circuito con grafo connesso con n nodi, n − 1 equazioni di Kirchhoffper le correnti, scelte in maniera arbitraria tra le possibili n , sono linearmenteindipendenti.

Analizziamo di nuovo, come esempio concreto, le equazioni di Kirchhoff per lecorrenti del circuito di Figura 2.30a, il sistema (138). Un insieme costituito datre equazioni del sistema (138), scelte in modo qualsiasi, ad esempio, dalleprime tre equazioni, è un insieme di equazioni linearmente indipendenti. Infatti,le prime due equazioni del sistema (138) non possono essere dipendenti tra loroperché, ad esempio, i5 compare solo nella prima e non nella seconda.

Condizione sufficiente affinché una equazione di un certo insieme siaindipendente dalle altre, è che nell’equazione vi sia almeno una incognita inesclusiva. Ciò può essere dedotto sia ispezionando direttamente le dueequazioni, sia osservando che, se si considera l’insieme dei nodi “1” e “2” el’insieme dei restanti nodi, cioè “3” e “4”, il lato 5 collega un nodo del primoinsieme a un nodo del secondo (il grafo è connesso). Di conseguenza l’intensitàdi corrente di quel lato comparirà soltanto in una sola delle prime dueequazioni. Lo stesso ragionamento vale per l’insieme costituito dalla prima edalla terza equazione e per l’insieme costituito dalla seconda e dalla terzaequazione. Inoltre, bisogna mostrare, anche, che la prima equazione èindipendente dalla seconda e dalla terza. Il lato 2 collega il nodo “1” al nodo“4” e quindi l’intensità di corrente di quel lato comparirà soltanto in una sola

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174

delle prime tre equazioni del sistema (138), di conseguenza l’equazione relativaal nodo “1” è indipendente dalle equazioni relative al nodo “2” e “3”. Lo stessoragionamento possiamo ripeterlo per gli altri possibili sotto insiemi. Inconclusione, comunque si scelgano tre equazioni del sistema (138) esse sonosempre tra loro linearmente indipendenti.

Osservazione

La proprietà di indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le correnti puòessere dimostrata per un generico circuito connesso, con n nodi e l bipoli,procedendo in questo modo. Si parte negando la tesi e si dimostra che ciò dàluogo a un risultato che contraddice l’ipotesi. Questa è la classica dimostrazioneper assurdo.

a

parte restante del circuito

. . . .“1”

“2”“h”“h−1”

Fig. 2.32 Grafo usato per illustrare che n −1 equazioni di Kirchhoff per le correnti sonoindipendenti.

Si assuma, senza perdere di generalità, che le prime h equazioni, conh ≤ n −1( ),

nodo “1” f1(i1, i2, ...,il ) = 0,

nodo “2” f2 (i1,i2 ,...,il ) = 0,

.......................

nodo “h” fh (i1,i2 ,...,il ) = 0,

(140)

di n − 1 equazioni ottenute applicando la legge di Kirchhoff per le correnti an − 1 nodi siano linearmente dipendenti; con il simbolo f j i1,i2,...,il( ) indichiamo

la somma algebrica delle intensità delle correnti che incidono nel nodo “ j ”.

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Page 71: Capitolo 2 - unina.it

175

Inoltre, indichiamo l’insieme dei nodi “1”, “2”, ..., “h” con N h e con N n−h

l’insieme dei restanti nodi. Poiché il grafo è connesso, esiste almeno un bipoloche collega un nodo dell’insieme N h a un nodo dell’insieme N n−h , Figura

2.32. Pertanto l’intensità di corrente di quel lato compare in una e una solaequazione dell’insieme (140), e quell’equazione, quindi, non può mai essereespressa come combinazione lineare delle restanti equazioni dell’insieme (140).Tale contraddizione si ha per ogni insieme di h nodi con h ≤ n −1( ). Quindi le

n − 1 equazioni di Kirchhoff per le correnti sono linearmente indipendenti.

2.10.2 Matrice di incidenza ridotta

Si considerino, senza perdere di generalità, le equazioni ottenute applicando lalegge di Kirchhoff per le correnti ai nodi “1”, “2”, ..., “n − 1”. Essecostituiscono un insieme massimale di equazioni di Kirchhoff per le correntilinearmente indipendenti. Si elimini dalla matrice di incidenza A a la riga

corrispondente al nodo “n”, il nodo per il quale non si considera l’equazione diKirchhoff per le correnti. Si ottiene, così, la matrice di incidenza ridotta A ;essa ha n − 1 righe e l lati.Le equazioni di Kirchhoff per le correnti relative ai nodi “1”, “2”, ..., “n − 1”possono essere espresse in forma matriciale come

Ai = 0 . (141)

Il rango di A è n − 1, cioè essa è una matrice a rango massimo. Analizziamo dinuovo, come esempio concreto, le equazioni di Kirchhoff per le correnti delcircuito di Figura 2.30a. Per questo circuito un insieme massimale di equazionidi Kirchhoff per le correnti linearmente indipendenti è

nodo “1”

nodo “2”

nodo “3”

i1 + i2 − i5 = 0,

−i1 + i4 = 0,

−i3 − i4 + i5 = 0,

(142)

e la corrispondente matrice di incidenza ridotta è

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176

A =1 1 0 0 −1

−1 0 0 1 0

0 −1 1 0 0

(⇐ nodo “1”)

(⇐ nodo “2”)

(⇐ nodo “3”)

. (143)

2.10.3 Indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le tensioni

Si considerino, ora, le equazioni di Kirchhoff per le tensioni. Analizziamo,come esempio concreto, le equazioni ottenute applicando la legge di Kirchhoffper le tensioni al circuito rappresentato in Figura 2.30a,

maglia M1

maglia M2

maglia M3

−v1 + v2 + v3 + v4 = 0,

v3 + v4 − v5 = 0,

−v1 + v2 + v5 = 0.

(144)

Queste equazioni non sono tra loro linearmente indipendenti. Ad esempio, laterza equazione (o una qualsiasi altra equazione) è combinazione lineare dellerestanti due equazioni. La terza equazione può essere ottenuta sottraendomembro a membro le prime due, quindi tutte le “informazioni” contenute inessa sono già presenti nelle prime due. Ciò è un’immediata conseguenza delfatto che la somma della seconda e terza riga della matrice (134) è uguale allaprima riga: il rango della matrice di maglia (134) è minore di 3. Invece, leprime due equazioni del sistema (144) sono linearmente indipendenti, cosìcome sono linearmente indipendenti la prima e la terza equazione, e la secondae la terza equazione. Infatti, le maglie M1 e M2 costituiscono un insieme di

maglie fondamentali del circuito (vedi Figura 2.31): ognuna di esse ha almenoun lato in esclusiva, quindi le relative equazioni per le tensioni hanno almenouna tensione incognita in esclusiva e di conseguenza sono linearmenteindipendenti. Lo stesso ragionamento vale per gli altri insiemi di magliefondamentali.È ovvio, a questo punto, che una qualsiasi equazione del sistema (144) puòessere eliminata, senza alterare il contenuto di informazione del sistema stessoe, quindi, due sono le equazioni linearmente indipendenti di Kirchhoff per letensioni.Si consideri, ora, un generico circuito con m maglie distinte. Le m equazionidi Kirchhoff per le tensioni corrispondenti

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

Page 73: Capitolo 2 - unina.it

177

B av = 0, (145)

sono linearmente dipendenti. In generale, quante e quali sono le equazioni diKirchhoff alle tensioni linearmente indipendenti?

Proprietà di indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le tensioni

Per un circuito con grafo connesso con n nodi e l lati, le l − n − 1( ) equazioni

di Kirchhoff per le tensioni relative a un insieme di maglie fondamentali sonolinearmente indipendenti. Le equazioni di Kirchhoff per le altre maglie delcircuito possono essere espresse come combinazioni lineari delle equazioni perle maglie fondamentali.

La proprietà di indipendenza può essere dimostrata semplicemente, anche nelcaso generale, ricordando che ogni maglia di un insieme di maglie fondamentaliha almeno un lato in esclusiva. Di conseguenza, ogni equazione dell’insiemedelle equazioni di Kirchhoff per un insieme di maglie fondamentali ha almenouna tensione incognita in esclusiva, e quindi le l − n − 1( ) equazioni per le

maglie di un insieme di maglie fondamentali sono linearmente indipendenti.L’insieme delle equazioni per le tensioni ottenute applicando la legge diKirchhoff a un insieme di maglie fondamentali è il più grande insieme diequazioni linearmente indipendenti per le tensioni (cioè un sottoinsiememassimale e linearmente indipendente delle equazioni (145))?La risposta è si. Tali equazioni contengono tutte le informazioni concernenti ivincoli imposti dalle equazioni di Kirchhoff per le tensioni. Infatti, se siconsidera una maglia non fondamentale, essa può essere sempre ottenutaattraverso “l’unione” di almeno due maglie fondamentali. Si consideri, adesempio, il circuito illustrato in Figura 2.30a: la maglia M3 si può ottenereunendo le due maglie fondamentali M1 e M2 , vedi Figura 2.31. Pertanto,l’equazione per la maglia M3 si può ottenere combinando linearmente leequazioni relative alle maglie fondamentali M1 e M2 delle quali M3 è l’unione

(si noti che le tensioni relative ai lati in comune delle maglie fondamentalivengono eliminate).

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

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178

Osservazione

Nel caso in cui il grafo è planare, un sottoinsieme massimale e linearmenteindipendente di equazioni indipendenti per le tensioni può essere ottenutoapplicando la legge di Kirchhoff per le tensioni agli anelli del grafo. Le maglie

M2 e M3 riportate in Figura 2.31 sono i due anelli del circuito di Figura 2.30a.Gli anelli in un grafo planare con n nodi e l lati sono l − n − 1( ) .

2.10.4 Matrice di un insieme di maglie fondamentali

Si considerino, senza perdere di generalità, le equazioni ottenute applicando lalegge di Kirchhoff per le tensioni a un insieme di maglie fondamentali. Essecostituiscono un insieme massimale di equazioni di Kirchhoff per le tensionilinearmente indipendenti. Si elimini dalla matrice delle maglie Ba le righe

corrispondenti alle altre maglie del circuito. Si ottiene, in questo modo, lamatrice di un insieme di maglie fondamentali B ; essa ha l − n − 1( ) righe e l

colonne. Allora, le equazioni di Kirchhoff per le tensioni relative a un insiemedi maglie fondamentali possono essere espresse in forma matriciale come

Bv = 0. (146)

Il rango di B è l − n − 1( ) , cioè essa è una matrice a rango massimo.

Analizziamo di nuovo, come esempio concreto, le equazioni di Kirchhoff per letensioni del circuito di Figura 2.30a. Per questo circuito un insieme massimaledi equazioni di Kirchhoff per le tensioni linearmente indipendenti è

maglia M1

maglia M2

−v1 + v2 + v3 − v4 = 0

v3 + v4 − v5 = 0 (147)

e la matrice dell’insieme delle maglie fondamentali corrispondente è

B =

−1 1 1 −1 0

0 0 1 1 −1. (148)

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179

Esistono procedure generali per costruire le matrici degli insiemi delle magliefondamentali di un assegnato circuito. Esse si basano sulla ricerca automatica diun albero del circuito secondo la procedura descritta al termine del § 2.8.1.Come abbiamo avuto modo di osservare, queste procedure sono molto onerosedal punto di vista “computazionale” già per circuiti con poche decine di nodi edi lati.

2.11 Il sistema di equazioni fondamentali

Si consideri un circuito connesso con n nodi e l bipoli. Le incognite delcircuito sono le intensità di corrente e le tensioni di ciascun bipolo, quindi sonol intensità di corrente e l tensioni.Le equazioni circuitali fondamentali sono costituite da:

(a) n − 1 equazioni linearmente indipendenti per le intensità di corrente,

Ai = 0 , ottenute applicando la legge di Kirchhoff per le correnti a n − 1nodi qualsiasi del circuito;

(b) l − n − 1( ) equazioni linearmente indipendenti alle tensioni, Bv = 0,ottenute applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni a l − n − 1( )maglie fondamentali del circuito (agli l − n − 1( ) anelli se il grafo del

circuito è planare); (c) l equazioni caratteristiche indipendenti.

Pertanto, le equazioni linearmente indipendenti che si ottengonodall’applicazione delle leggi di Kirchhoff sono l ,

n −1( )↑

LKC

+ l − n − 1( )[ ]↑

LKV

= l . (149)

A queste equazioni diamo il nome di equazioni di interconnessione perchédipendono solo da come gli elementi circuitali sono tra loro collegati. Esse sonoalgebriche, lineari e omogenee; inoltre, sono tutte linearmente indipendentiperché nelle equazioni Ai = 0 compaiono solo le intensità di corrente e nelleequazioni Bv = 0 compaiono solo le tensioni (e quindi sono anche compatibilitra loro).

G. Miano, Introduzione ai Circuiti

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180

Le equazioni caratteristiche possono essere sia di tipo algebrico che di tipodifferenziale, a seconda della natura del bipolo. Se il circuito è costituito da solielementi resistivi e generatori, le equazioni circuitali sono di tipo algebrico. Senel circuito ci sono anche elementi dinamici, allora le equazioni circuitali sonodi tipo algebrico-differenziale.In conclusione, l’insieme delle equazioni di interconnessione e delle equazionicaratteristiche è un sistema di 2l equazioni in 2l incognite. Esso è un insiemedi equazioni indipendenti ? 13 Le equazioni di interconnessione sonocompatibili con le equazioni caratteristiche? Fatta eccezione di pochi casi,molto particolari, le equazioni di interconnessione e le equazioni caratteristichesono tra loro indipendenti e compatibili.

Esempio

Ora applicheremo i risultati che abbiamo appena ottenuto a un circuito diresistori lineari e generatori ideali. Si consideri il circuito illustrato in Figura2.33. Esso è costituito da tre resistori lineari e da due generatori indipendentiuno di tensione sinusoidale, e t( ) = Em sin 2πft( ) e uno di corrente stazionario,j t( ) = I 0. I parametri del circuito sono riportati in Tabella 2.5. Si determinino

le intensità di corrente e le tensioni del circuito.

R1 = 1 Ω R2 = 2 Ω R3 = 2 f = 1 kHz Em = 1 V I0 = 1 A

Tab. 2.5 Parametri del circuito di Figura 2.33

Il circuito è costituito da 5 bipoli. Si fissino i riferimenti per i versi delleintensità di corrente, come è indicato in Figura 2.33b, e si assuma per ciascunbipolo la convenzione dell’utilizzatore. Di conseguenza sono fissati anche iversi di riferimento per le tensioni. La prima operazione che bisogna farequando si imposta la soluzione di un circuito è assegnare i versi di riferimentidelle intensità di corrente e tensioni.Le incognite del problema sono le 5 intensità di corrente i1, i2 , ..., i5 e le 5tensioni v1, v2 , ..., v5 . In realtà la tensione del generatore di tensione e

13 Siano E1 ed E2 due insiemi di equazioni, ciascuno dei quali costituito da sole equazionicompatibili e indipendenti. In generale, le equazioni ottenute dall’unione di E1 ed E2

possono essere incompatibili e/o dipendenti.

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181

l’intensità di corrente del generatore di corrente non sono delle vere incognite,anche se formalmente e per il momento conviene considerarle come tali.

Fig. 2.33 Circuito resistivo lineare (a), circuito orientato (b) e grafo orientato

corrispondente (c).

Fig. 2.34 Un albero del grafo di Figura 2.33c, coalbero e insieme di maglie fondamentalicorrispondenti.

Ora bisogna cercare le equazioni di interconnessione indipendenti. A tale scopoè utile riferirsi al grafo orientato riportato in Figura 2.33c.Il circuito in questione ha tre nodi (i nodi “1”, “2” e “3”), quindi è possibilescrivere solo due equazioni di Kirchhoff per le correnti linearmenteindipendenti (si scelgano le equazioni relative ai nodi “1” e “2”)

nodo “1” i1 − i5 = 0,

nodo “2” i1 − i2 − i3 + i4 = 0.(150)

Ora bisogna determinare le equazioni di Kirchhoff indipendenti per le tensioni.A tale scopo si costruisca un insieme di maglie fondamentali. In Figura 2.34 è

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182

illustrato un albero del grafo di Figura 2.33c, insieme ai lati del coalbero e alletre maglie fondamentali relative all’albero che è stato scelto. Applicando lalegge di Kirchhoff per le tensioni alle maglie fondamentali M1, M2 e M3 si

ottiene l’insieme di equazioni linearmente indipendenti

maglia M1 v1 + v2 + v5 = 0,

maglia M2 − v2 + v3 = 0,

maglia M3 − v2 − v4 = 0.

(151)

Il grafo del circuito in esame è planare e le tre maglie M1, M2 e M3 sono anche

gli anelli del circuito.Utilizzando le relazioni caratteristiche degli elementi del circuito si ottiene unaltro insieme di equazioni linearmente indipendenti, costituito dalle 5 equazioni

resistore “1” v1 − R1i1 = 0,

resistore “2” v2 − R2i2 = 0,

resistore “3” v3 − R3i3 = 0,

geneneratore corrente i4 = j,

generatore tensione v5 = −e.

(152)

Unendo i sistemi di equazioni fondamentali (150), (151) e (152) si ottiene ilsistema delle equazioni circuitali relative al circuito in esame. Esso è costituitoda 10 equazioni e in 10 incognite,

i1 − i5 = 0,

i1 − i2 − i3 + i4 = 0.

v1 + v2 + v5 = 0,

−v2 + v3 = 0,

−v2 − v4 = 0,

v1 − i1 = 0,

v2 − 2i2 = 0,

v3 − 2i3 = 0,

i4 = 1,

v5 = −sin 2π1000t( ).

(153)

Osservazione

Si introduca il vettore x così definito, x = i1, i2 ,...,i5, v1, v2 ,...,v5( )T; allora il

sistema (153) può essere rappresentato sinteticamente attraverso l’equazionevettoriale lineare

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183

Lx = d , (154)

dove L è una matrice quadrata 10 ×10 e d è un vettore noto di dimensione 10dipendente solo dalle sorgenti. La maggior parte degli elementi della matrice Lsono nulli, e quindi è sparsa.Le equazioni di un qualsiasi circuito, costituito da soli resistori lineari egeneratori indipendenti (e più in generale da elementi lineari di tipo resistivo),possono essere sempre poste nella forma (154): L è una matrice quadrata2l × 2l ( l sono i bipoli del circuito), x e d sono due vettori di dimensione 2l .Pertanto il modello matematico di un circuito resistivo lineare (con questaespressione intendiamo un circuito di resistori lineari e generatori indipendenti)è costituito da un sistema di equazioni algebriche lineari.Il sistema (154) ha una e una sola soluzione se e solo se il sistema omogeneoassociato

Lx = 0 (155)

che descrive il funzionamento del circuito quando i generatori sono spenti, hasolo la soluzione x = 0. Questa condizione è verificata se e solo se le equazionidel sistema omogeneo associato sono linearmente indipendenti, cioè se il rangodella matrice L è uguale a 2l . Ciò accade se e solo se le equazioni del sistemacompleto (154) sono indipendenti e compatibili tra loro. Nel caso in esamequesta condizione è verificata (anche se non è immediato provarlo).I metodi di soluzione per i sistemi algebrici lineari vengono, usualmente, divisiin due gruppi.I metodi diretti sono i metodi che in assenza di errori di arrotondamento dannola soluzione esatta in un numero finito di operazioni. I metodi iterativi sonometodi in cui la soluzione è ottenuta come limite di una successione di soluzionidi problemi più semplici. Nel seguito faremo un breve accenno ai soli metodidiretti.I metodi diretti classici sono: la regola di Cramer, mediante la quale lesoluzioni vengono espresse come quozienti di determinanti di ordine 2l , e ilmetodo di eliminazione di Gauss 14 (o metodo della riduzione per sostituzione).Per valutare il costo computazionale richiesto dai due metodi si considera il

14 Questo metodo è attribuito comunemente a Gauss, anche se nel libro di ValerianoComincioli, Analisi Numerica edito dalla McGraw-Hill (1990), si accenna a un esempio 3×3contenuto in un manoscritto cinese datato più di 2000 anni.

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184

numero di moltiplicazioni coinvolte nei rispettivi algoritmi. Naturalmente, visono anche altri tipi di operazioni, come le addizioni, ma solitamente ci siriferisce alle moltiplicazioni, in quanto, in generale, più onerose per quantoriguarda l’aspetto computazionale. Il numero di moltiplicazioni necessarie perrisolvere il sistema attraverso la regola di Cramer è 2l + 1( ) 2l − 1( )2l!, mentre

nel metodo di Gauss il numero di moltiplicazioni è dell’ordine di 8l3. Per l = 5(l’ordine del sistema (110) è 10) il metodo di Gauss richiede all’incirca millemoltiplicazioni, mentre la regola di Cramer ha bisogno all’incirca di 3.6 106

moltiplicazioni; per l = 10 il metodo di Gauss ha bisogno di circa 8000moltiplicazioni mentre la regola di Cramer richiede all’incirca 2.4 1018

moltiplicazioni. Usando un calcolatore in grado di realizzare 109

moltiplicazioni al secondo si hanno i seguenti tempi di calcolo:

Regola di Cramer ≅ 3⋅104 anni;Metodo di Gauss ≅ 8⋅10−6 secondi.

Anche per sistemi di modeste dimensioni il metodo di Cramer si rivela, quindi,impraticabile. Al contrario, il metodo di Gauss permette di risolvere in tempiragionevoli sistemi di grosse dimensioni. Sfruttando la natura particolare dellematrici, quali ad esempio la sparsità e la simmetria, è possibile ridurreulteriormente sia la quantità di memoria richiesta, sia il numero di operazioni.

Il sistema (153) sarà risolto utilizzando il metodo di Gauss. L’idea centrale delmetodo di Gauss è la riduzione della dimensione del sistema, cioè del numerodi equazioni, per eliminazione. Essa consiste nel ricavare da una fissata delle 10equazioni una particolare incognita e nella sua sostituzione nelle equazionirimanenti (eliminazione in avanti). La sostituzione fa così diminuire di paripasso sia il numero di equazioni che il numero di incognite e quindi diminuiscela dimensione del problema. Iterando il procedimento, si riduce il problemaoriginario a un problema a una sola equazione in una sola incognita.Determinata tale incognita, le altre incognite sono successivamente ottenutemediante una procedura di sostituzione all’indietro.Operando in questo modo, dopo l’eliminazione in avanti, il sistema (153) ètrasformato nel sistema

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185

i4 = 1,

v5 = − sin 2πft( ),v1 = i1,

v2 = 2i2 ,

v3 = 2i3 ,

i5 = i1,

i3 = i2 ,

2i2 = sinsin 2πft( ) − i1 ,

2i1 = sinsin 2πft( ) −1.

(156)

La soluzione del circuito si ottiene dal sistema (156) attraverso l’eliminazioneall’indietro. Così facendo si ottiene

i1 = 0.5 sin 2π1000t( ) − 1[ ], i2 = 0.5 sin 2π1000t( ) +1[ ]i3 = 0.5 sin 2π1000t( ) + 1[ ], i4 = 1, i5 = 0.5 sin 2π1000t( ) − 1[ ],v1 = 0.5 sin 2π1000t( ) − 1[ ], v2 = sin 2π1000t( ) + 1,

v3 = sin 2π1000t( ) +1, v4 = − sin 2π1000t( ) − 1, v5 = − sin 2π1000t( ).

(157)

Osservazione

È interessante fare qualche considerazione sull’esistenza e unicità dellasoluzione di un circuito di resistori lineari e generatori indipendenti. A questoscopo si considerino i due circuiti illustrati in Figura 2.35 e si scrivano lerispettive equazioni, (il sistema (158) per il circuito di Figura 2.35a e il sistema(159) per il circuito di Figura 2.35b),

i1 + i2 + i3 = 0,

v1 − v3 = 0,

v1 − v2 = 0,

v1 = E1,

v2 = E2 ,

v3 − Ri3 = 0,

(158)

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186

e

i1 + i4 = 0,

i2 + i3 − i4 = 0,

v2 − v3 = 0,

v1 − v3 − v4 = 0,

v1 = E,

i2 = −J,

v3 − Ri3 = 0,

v4 + Ri4 = 0.

(159)

Fig. 2.35 Due esempi di modelli circuitali “mal posti”.

Nel primo circuito (Figura 2.35a) abbiamo un resistore e due generatori ditensione in parallelo; nel secondo circuito (Figura 2.35b) abbiamo un resistorecon resistenza negativa −R e uno con resistenza positiva R .Nel sistema di equazioni (158) la terza equazione è incompatibile con la quartae la quinta (le equazioni del sistema omogeneo associato non sono tutteindipendenti). Nel sistema di equazioni (159) la seconda equazione èincompatibile con le ultime cinque (anche in questo caso le equazioni delsistema omogeneo associato non sono tutte indipendenti). Quindi, entrambi isistemi, in generale, non ammettono soluzioni. Nel primo caso si hanno infinitesoluzioni se E1 = E2 (le equazioni del sistema completo sono compatibili ma

non sono più indipendenti), mentre nel secondo caso si hanno infinite soluzionise E = 0 e J = 0.Queste situazioni “patologiche” non si verificano se si assume che: (a) tutte leresistenze sono positive; (b) non esistono maglie costituite da soli generatori ditensione e corto circuiti; (c) non esistono insiemi di tagli costituiti da soligeneratori di corrente e circuiti aperti. Comunque, qualora si verificassero

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187

queste situazioni patologiche, basta introdurre degli opportuni resistori perottenere un modello circuitale “ben posto”. Ad esempio, se nel circuito diFigura 2.35a si introduce un resistore in serie a uno dei due generatori, ilproblema non è più mal posto (bisogna sempre tenere presente che il modellocircuitale che si sta analizzando è un modello dell'oggetto fisico, ma non èl’oggetto fisico). Un modello è mal posto quando non rappresenta in manieraadeguata l’oggetto fisico, perché sono stati trascurati effetti di fenomeni chenon possono esserlo.

Esercizio

Si determini il sistema di equazioni fondamentali del circuito riportato inFigura 2.36, e se ne determini la soluzione applicando il metodo di Gauss. Iparametri del circuito sono riportati in Tabella 2.6.

aaaa

R1R2

R1

R2

R3

E J

Fig. 2.36 Circuito di resistori e generatori stazionari.

R1 = 1 Ω R2 = 2 Ω R3 = 4 E = 1 V J = 1 A

Tab. 2.6 Parametri del circuito di Figura 2.35

Osservazione

Abbiamo, solo per semplicità, considerato circuiti di resistori e generatori.L’analisi svolta si applica senza alcuna difficoltà ai circuiti che contengonoanche elementi dinamici. Per questi circuiti il sistema di equazioni fondamentali

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188

è misto: esso è costituito da equazioni algebriche e da equazioni differenziali. Ilsistema di equazioni fondamentali può essere ridotto a un sistema di soleequazioni differenziali del primo ordine, tante quanti sono i bipoli dinamici, incui le incognite sono le grandezze di stato del circuito, utilizzando ancora ilmetodo di Gauss. Ritorneremo su questa questione nel Capitolo 6, dove saràapprofondita.

2.12 Potenziali di nodo

Le equazioni di interconnessione di un circuito possono essere riformulateattraverso l’introduzione dei potenziali di nodo e delle correnti di maglia.Queste grandezze ausiliarie sono alla base di due metodi classici di analisicircuitale: il metodo dei potenziali di nodo e il metodo delle correnti di maglia.Il metodo dei potenziali di nodo consiste nell’esprimere le tensioni di ciascunlato attraverso delle opportune grandezze ausiliarie in maniera tale da imporreche la legge di Kirchhoff per le tensioni sia verificata automaticamente per ognimaglia del circuito. Dualmente, il metodo delle correnti di maglia consistenell’esprimere le intensità di corrente di ciascun lato attraverso delle opportunegrandezze ausiliarie in maniera tale da imporre che la legge di Kirchhoff per lecorrenti sia verificata automaticamente per ogni nodo del circuito.In queste note presenteremo in dettaglio il metodo dei potenziali di nodo,perché, come tra poco faremo vedere, attraverso questo metodo si pone rimedioalla difficoltà derivante dall’elevato costo computazionale necessario perindividuare un insieme di maglie fondamentali del circuito. Invece, per quantoriguarda il metodo delle correnti di maglia ci limiteremo a descriverne gliaspetti fondamentali. L’applicazione del metodo delle correnti di magliarichiede la determinazione di un insieme di maglie fondamentali, quindi. ingenerale, il costo computazionale richiesto è molto elevato.Si consideri un generico circuito, con n nodi e l bipoli, si assegnino i versi diriferimento per le intensità di corrente e si faccia su ciascun bipolo laconvenzione dell’utilizzatore. Si associ a ciascun nodo del circuito unpotenziale di nodo: al generico nodo “ i ” ( i = 1,2,...,n ) si associ il potenziale dinodo ei . Per esemplificare, faremo riferimento a un circuito con un grafo del

tipo illustrato in Figura 2.36a.

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189

Si assuma, ora, che sia possibile esprimere la tensione di ciascun bipolo delcircuito in funzione dei potenziali dei due nodi nei quali il lato incide secondola seguente regola (vedi Figura 2.36b): la tensione vs del generico lato s

(s = 1,2,...,l ) del circuito è espressa come differenza tra il potenziale del nodomarcato con il segno “+ ” (da cui esce la freccia che indica il verso diriferimento dell’intensità di corrente) e il potenziale del nodo marcato con ilsegno “− ” (in cui entra la freccia che indica il verso di riferimentodell’intensità di corrente),

vs = ep − eq per s = 1,2,...,l . (160)

aa

vs

Fig. 2.36 Potenziali di nodo.

Osservazione

È evidente che, una volta stabilita la stessa convenzione per tutti i bipoli, adesempio, quella dell’utilizzatore, per scrivere le relazioni (160), con i segnicorretti, sono sufficienti i versi di riferimento delle sole intensità di corrente: latensione vs del generico lato s ( s = 1,2,...,l ) del circuito è espressa come

differenza tra il potenziale del nodo da cui esce la freccia che indica il verso diriferimento dell’intensità di corrente is (il verso con cui è stato orientato il lato

del grafo corrispondente), e il potenziale del nodo in cui entra la freccia cheindica il verso di riferimento dell’intensità di corrente.

Le tensioni espresse attraverso la (160) verificano automaticamente la secondalegge di Kirchhoff qualunque siano i valori dei potenziali di nodo e1, e2 , ...,en .

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190

Verifichiamo subito questa affermazione riferendoci, ad esempio, al circuito ilcui grafo è riportato in Figura 2.36a. Si consideri, ad esempio, la magliacostituita dai lati 1, 2, 3, 4 e 7, riportata in Figura 2.37 e si determini lacorrispondente equazione di Kirchhoff per le tensioni. Si ottiene l’equazione

v1 + v2 − v3 − v4 − v7 = 0. (161)

Si esprimano le tensioni dei lati 1, 2, 3, 4 e 7 attraverso i potenziali di nodosecondo la (160),

v1 = e5 − e1, v2 = e1 − e2 , v3 = e3 − e2 , v4 = e4 − e3, v7 = e5 − e4 . (162)

Sostituendo le (162) nella (161) si ottiene:

(e5 − e1) + (e1 − e2 ) − (e3 − e2 ) − (e4 − e3 ) − (e5 − e4 ) = 0 . (163)

L’uguaglianza (163) è l’identità 0 = 0 , cioè essa è sempre verificata,indipendentemente da valori dei potenziali di nodo e1, e2 , ..., e5 . Diconseguenza le tensioni v1, v2 , v3 ,v4 e v7 espresse attraverso le (162) verificano

automaticamente l’equazione di Kirchhoff (161), indipendentemente dai valoridei potenziali di nodo e1, e2 , ..., e5 .

Questa è una proprietà generale, indipendente dal circuito e dalla magliaconsiderata nel circuito. Essa deriva dal fatto che ogni maglia definisce uncammino chiuso, pertanto nella somma algebrica delle tensioni il potenziale diogni nodo appartenente alla maglia compare due volte, una volta con il segno +e una volta con il segno −.

Proprietà

Se le tensioni di un circuito sono espresse in termini di potenziali di nodoattraverso la relazione (160), allora esse verificano automaticamente la legge diKirchhoff per le tensioni.

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191

Osservazione

Questo risultato è importante solo se le tensioni del circuito possono esseresempre effettivamente rappresentate come differenza tra due potenziali secondola relazione (160). La questione può essere formalizzata nel modo seguente: sisupponga che siano note le tensioni v1, v2 ,...,vl del circuito in esame. È possibiledeterminare n potenziali di nodo e1,e2, ...,en in modo tale che per ogni bipolo

sia verificata la (160) ?

Fig. 2.38 Un albero e corrispondente coalbero del grafo rappresentato in Figura 2.36a.

Con riferimento all’esempio riportato in Figura 2.36b ciò si traduce nellaseguente questione: il sistema di equazioni

e5 − e1 = v1, e1 − e2 = v2 , e3 − e2 = v3, e4 − e3 = v4 ,

e5 − e4 = v5 , e5 − e4 = v6 , e5 − e4 = v7,(164)

in cui le tensioni sono da considerarsi come termini noti, ammette sempre unasoluzione? Questo sistema potrebbe non ammettere soluzioni se alcuneequazioni fossero tra loro incompatibili. Come ora faremo vedere, il sistema(164) ammette sempre soluzioni e il numero di esse è infinito se le tensioniverificano la legge di Kirchhoff per le tensioni.Conviene affrontare questo problema utilizzando la teoria dei grafi piuttostoche risolvere direttamente il sistema (164). L’insieme dei potenziali di nodoe1,e2, ...,e5 corrispondente a un generico insieme di tensioni v1, v2 ,...,v7

compatibili con la legge di Kirchhoff può essere determinato in questo modo.Si consideri un albero del grafo di Figura 2.36a, ad esempio quellorappresentato in Figura 2.38a e il corrispondente coalbero, Figura 2.38b. Si

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192

assuma, per il momento, che sia possibile assegnare un valore arbitrario, cheindichiamo con e0 (potenziale di riferimento), per esempio, al potenziale del

nodo “5” (nodo di riferimento),

e5 = e0; (165)

si passi al nodo “4”, contiguo al nodo “5” e si scelga il potenziale e4 in modo

tale che sia verificata la (160),

e4 = e0 − v7 ; (166)

si considerino ora i nodi contigui al nodo “4” e si scelgano i potenziali e1, e2

ed e3 in modo tale che sia verificata ancora la (160),

e1 = e4 − v6 ,

e2 = v5 − e4 ,

e3 = e4 − v4 .

(167)

Abbiamo già un primo risultato notevole: i potenziali di nodo, a meno di unacostante additiva rappresentata dal potenziale di riferimento, sonocompletamente determinati dalle tensioni dei bipoli corrispondenti ai latidell’albero.Questo risultato non dipende dal particolare circuito in esame. Esso è soloconseguenza del fatto che due lati distinti di un qualsiasi albero incidonoalmeno in due nodi diversi (se ciò non fosse ci sarebbero delle maglienell’albero).Se si sceglie un altro nodo come nodo di riferimento o un altro albero si ottieneun altro insieme di potenziali di nodo che differisce da quello che abbiamoappena ottenuto solo per una costante additiva. Il lettore verifichi tale proprietà.Tutte le tensioni dei lati di coalbero sono esprimibili attraverso le relazioni(160) in funzione dei potenziali di nodo dati dalle espressioni (165)-(167).Infatti, applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni alle magliefondamentali corrispondenti al coalbero di Figura 2.38b si ottengono lerelazioni

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193

v1 = v6 + v7 = (e4 − e1 ) + (e5 − e4 ) = e5 − e1,

v2 = v5 − v6 = (e4 − e2 ) − (e4 − e1 ) = e1 − e2 ,

v3 = v5 − v4 = (e4 − e2 ) − (e4 − e3) = e3 − e2.

(168)

Anche questo risultato è generale e non dipende dal particolare circuito inesame. Applicando la legge di Kirchhoff alle l − n − 1( ) maglie fondamentali

del circuito è possibile esprimere sempre tutte le tensioni di coalbero infunzione delle sole tensioni di albero. Ora se si esprimono queste ultime intermini di potenziali di nodo attraverso la relazione (160), si haimmediatamente che anche ogni tensione di coalbero verifica la relazione(160). Infatti ogni maglia fondamentale è costituita da un solo lato di coalberoe i restanti lati sono solo di albero. Inoltre, nella somma algebrica delle tensionidi albero di una qualsiasi maglia fondamentale, i potenziali dei due nodi neiquali il lato di coalbero incide compaiono una sola volta, mentre i potenzialidegli altri nodi compaiono due volte, una volta con il segno + e una volta conil segno − .

♦Osservazione

C’è un profondo legame tra la rappresentazione delle tensioni di un circuitoattraverso i potenziali di nodo e la rappresentazione del campo elettrico nelmodello quasi-stazionario elettrico attraverso il gradiente di una funzionepotenziale scalare. In entrambi i casi introducendo una grandezza ausiliaria siriesce a imporre automaticamente la conservazione di una “circuitazione”: nelmodello quasi-stazionario elettrico, esprimendo il campo elettrico attraverso ilgradiente del potenziale elettrico scalare, si impone naturalmente che il camposia conservativo rispetto alla circuitazione. In realtà c’è un legame ancora piùprofondo tra questi due rappresentazioni: il potenziale di ogni nodo di uncircuito coincide, a meno di una costante additiva arbitraria, con il potenzialescalare elettrico della giunzione metallica che il nodo rappresenta.

La relazione tra le tensioni e i potenziali di nodo di un circuito può essereespressa, in generale, attraverso la matrice di incidenza. Si introduca a questoproposito il vettore dei potenziali di nodo ea = e1, e2 ,...,en( )T

. La relazione tra ilvettore delle tensioni v ed ea è data da

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194

v = AaTea (169)

dove AaT è la matrice trasposta della matrice di incidenza. La j − esima riga

( j = 1,2, ...,l) di AaT corrisponde al j − esimo lato del grafo e coincide con la

j − esima colonna di Aa . Essa contiene le informazioni sui nodi nei quali ilj − esimo lato incide: l’elemento della riga corrispondente al nodo da cui ilj − esimo lato orientato esce è uguale a +1, l’elemento della rigacorrispondente al nodo in cui il j − esimo lato orientato entra è uguale a −1 egli altri elementi sono tutti nulli. Pertanto il prodotto della j − esima riga di

AaT con il vettore colonna ea è uguale alla differenza tra il potenziale del

nodo da cui il lato j (orientato concordemente con il verso di riferimento perla corrispondente intensità di corrente), esce e il potenziale del nodo in cui lostesso lato entra. Ad esempio, la tensione v1 del lato 1 del circuito il cui grafo è

riportato in Figura 2.36a è data dalla differenza tra il potenziale del nodo “5” eil potenziale del nodo “1”, v1 = e5 − e1 . Quindi, essa può essere ottenuta,

considerando il vettore riga che si ottiene trasponendo il primo vettore colonnadella matrice di incidenza, −1 0 0 0 +1 , e moltiplicandolo per il vettore

colonna rappresentativo dei potenziali di nodo del circuito,

e1 e2 e3 e4 e5

T.

Esercizio

Il lettore verifichi la relazione (169) per il circuito il cui grafo è riportato inFigura 2.36a.

Si assuma come riferimento per il potenziale quello del nodo “n ”, lo si pongauguale a zero, en = 0 , e si introduca il vettore dei potenziali ridotto

e = e1, e2 ,...,en−1( )T. In termini del vettore e la (169) diventa

v = ATe (170)

dove A è la matrice di incidenza ridotta ottenuta eliminando dalla matrice diincidenza Aa la riga corrispondente al n − esimo nodo (cioè l’ultima). Le

tensioni espresse attraverso la (170) verificano automaticamente le equazioni di

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195

Kirchhoff per le tensioni indipendentemente dai valori dei potenziali di nodo.Pertanto, imporre la (170) è del tutto equivalente a imporre le equazioni diKirchhoff per le tensioni. Quindi, le equazioni di interconnessione possonoessere così riformulate

Ai = 0,

v − ATe = 0.

(171)

Il sistema costituito dalle equazioni di interconnessione (171) e dalle equazionicaratteristiche prende il nome di sistema di equazioni di tableau (esse sono2l + n −1( ) equazioni in altrettante incognite). La caratteristica fondamentale

delle equazioni di tableau è che le equazioni di interconnessione sono formulateutilizzando la sola matrice di incidenza ridotta, non c’è bisogno di costruire unamatrice di un insieme di maglie fondamentali. Le equazioni di tableau sono allabase di numerosi simulatori numerici per circuiti.

Esercizio

Si determinino le equazioni di interconnessione (171) per il circuitorappresentato in Figura 2.36a.

In molti casi (ora vedremo quali) le equazioni di tableau possono essere ridotte,tramite eliminazione per sostituzione, a un sistema di equazioni di dimensionenotevolmente più bassa in cui le incognite sono solo i potenziali di nodo. Ipotenziali di nodo incogniti sono n −1( ) mentre le equazioni di tableau sono2l + n −1( ) . Per ridurre si può procedere in questa maniera. Il primo passo nella

procedura di riduzione consiste nel rappresentare tutte le tensioni attraverso ipotenziali di nodo, poi sostituirle nelle equazioni costitutive e infine imporre leequazioni di Kirchhoff per le correnti. Ricordiamoci sempre che quando siapplica il metodo dei potenziali bisogna imporre esplicitamente le equazioni diKirchhoff per le correnti (le equazioni di Kirchhoff per le tensioni non devonoessere imposte).

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196

Esercizio

Per mostrare una applicazione del metodo dei potenziali di nodo e la proceduradi riduzione delle equazioni di tableau, si consideri il circuito di resistori linearie di generatori indipendenti illustrato in Figura 2.39; si assumano per iparametri del circuito i valori riportati in Tabella 2.7.Il circuito in esame ha 3 nodi e 5 lati. Costruiamo il sistema di equazioni ditableau del circuito. Assumiamo come nodo di riferimento il nodo “3”, pertantoponiamo e3 = 0 . Le equazioni di Kirchhoff per le correnti per i nodi “1” e “2”

sono

i1 + i4 = 0 , (172)−i1 + i2 + i3 − i5 = 0 . (173)

Questo é un insieme massimale di equazioni di Kirchhoff per le correntilinearmente indipendenti.

+−

Fig. 2.39 Il potenziale del nodo “3” è posto uguale a zero.

E = 10 V J = 1 A R1 = 1 Ω R2 = 1 Ω R2 = 2 Ω

Tab. 2.7 Parametri del circuito di Figura 2.39

Le equazioni che esprimono le tensioni in funzione dei potenziali di nodo sono

v1 = e1 − e2 , (174)v2 = e2 , (175)v3 = e2 , (176)v4 = e1, (177)v5 = e2 . (178)

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197

Infine, le equazioni caratteristiche dei singoli bipoli sono

v1 − R1i1 = 0, (179)v2 − R2i2 = 0, (180)v3 − R3i3 = 0 , (181)

v4 = E , (182)i5 = J . (183)

Questo sistema di equazioni è algebrico lineare ed è costituito da 13 equazioniin 13 incognite. Questo sistema può essere risolto utilizzando la tecnica diriduzione per sostituzione (metodo di eliminazione di Gauss).La strategia di riduzione ottima la si ottiene sfruttando le proprietà diconnessione del circuito in esame. Risolveremo il problema della riduzione inquesto modo. Osserviamo, innanzi tutto, che il potenziale e1 non è una vera

incognita del problema perché esso è imposto dal generatore di tensione(avendo scelto e3 = 0 ); quindi abbiamo

e1 = E . (184)

Pertanto, l’unico potenziale di nodo effettivamente incognito è e2 . L’equazioneper il potenziale di nodo e2 può essere determinata procedendo in questo modo.

Per ogni bipolo collegato al nodo “2” è possibile esprimere l’intensità dicorrente in funzione della tensione e quindi in funzione dei soli potenziali dinodo (l’intensità di corrente del generatore ideale di corrente è nota, ilpotenziale e1 è noto),

i1 = E − e2

R1

, i2 = e2

R2

, i3 = e2

R3

. (185)

Imponendo, ora, la legge di Kirchhoff per le intensità di corrente al nodo “2” siottiene l’equazione per e2

−i1 + i2 + i3 − J = 0 ⇒ − E − e2

R1

+ e2

R2

+ e2

R3

− J = 0 . (186)

Risolvendo l’equazione (1186) si ottiene

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198

e2 = E + J1

R1

+ 1

R2

+ 1

R3

.(187)

Sostituendo in questa espressione i valori riportati in Tabella. 2.7 si ha

e2 = 4,4 V . (188)

Ora siamo in grado di determinare tutte le altre grandezze incognite. Bastasostituire il valore di e2 appena determinato nelle espressioni (185) perdeterminare le intensità di corrente i1, i2 e i3. Utilizzando, poi, l’equazione diKirchhoff (173) si determina l’intensità di corrente i4 . Infine, le tensioni di

ciascun bipolo si determinano utilizzando le equazioni (174)-(178), cheesprimono le tensioni in funzione dei potenziali.

Osservazione

Nella procedura di riduzione, l’equazione di Kirchhoff per le correnti al nodo“1” non può essere utilizzata per determinare l’equazione per il potenziale e2

perché in essa compare l’intensità di corrente i4 del generatore ideale di

tensione. L’equazione caratteristica del generatore ideale di tensione nonimpone alcun legame tra l’intensità di corrente del generatore e la tensione (ilgeneratore ideale di tensione è controllato solo in corrente). L’equazione diKirchhoff al nodo “1” (o quella al nodo “3”) serve solo per determinarel’intensità di corrente i4 nel generatore ideale di tensione, una volta note le

altre intensità di corrente.Come si procede nella riduzione se nel circuito ci sono più generatoriindipendenti di tensione? Ad esempio, a ciascun nodo del circuito è connessoalmeno un generatore ideali di tensione. Si consideri il circuito di Figura 2.40(i parametri sono gli stessi che abbiamo riportato in Tabella 2.7).Ovviamente, possiamo scrivere le equazioni di tableau del circuito, e risolverle,poi, con il metodo della riduzione per sostituzione. Noi, ora, risolveremoquesto circuito senza scrivere l’intero sistema di equazioni di tableau. Anche inquesto circuito il valore del potenziale e1 è noto, perché il generatore ideale di

tensione impone la tensione (abbiamo di nuovo scelto il nodo “3” come nodo diriferimento e, quindi, e3 = 0 ),

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Page 95: Capitolo 2 - unina.it

199

e1 = E . (189)

Inoltre, siccome i nodi “2” e “3” sono collegati direttamente attraverso ungeneratore ideale di tensione si ha

e4 − e2 = E . (190)

+−

Fig. 2.40 In questo circuito ad ogni nodo è collegato un generatore di tensione.

I potenziali incogniti sono tre, manca ancora un’equazione. Questa equazione, adifferenza del caso esaminato in precedenza, non può essere ottenutadirettamente applicando la legge di Kirchhoff per le correnti a un nodo delcircuito, perché ad ogni nodo è collegato un generatore ideale di tensione.Ricordatevi che non è possibile esprimere l’intensità di corrente di ungeneratore ideale di tensione in funzione della tensione utilizzando l’equazionecaratteristica. L’equazione mancante deve essere una equazione che deriva dallalegge di Kirchhoff per le correnti, in cui non devono comparire le intensità dicorrente dei generatori di tensione. Questa equazione può essere ottenutaconsiderando un insieme di taglio del circuito privo di generatori di tensione.Nel caso in esame un insieme di taglio di questo tipo è costituito dai resistori“1”, “2” e “3” e dal generatore di corrente. Per questo insieme di tagliol’equazione per le correnti è

i1 − i2 − i3 + J = 0. (191)

Osserviamo che l’equazione (191) può essere ottenuta attraverso un’opportunacombinazione lineare delle equazioni di Kirchhoff ai nodi “2” e “4”,

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Page 96: Capitolo 2 - unina.it

200

−i1 + i2 + i5 = 0,

i3 − i5 − J = 0.(192)

Dall’equazione (191), utilizzando le equazioni caratteristiche dei resistori e lerelazioni che esprimono le tensioni in funzione dei potenziali, otteniamol’equazione mancante per i potenziali di nodo,

ER1

− e2

R2

− e4

R3

+ J = 0. (193)

Sostituendo in questa equazione l’espressione di e4 che si ottiene dall’equazione(190) si ha per e2 l’espressione

e2 = J1

R2

+ 1

R3

+ E

1

R1

− 1

R3

1

R2

+ 1

R3

. (194)

La difficoltà che abbiamo appena incontrato nasce perché vogliamo ridurre ilsistema di equazioni di tableau alle sole equazioni per i potenziali di nodo; serisolvessimo direttamente le equazioni di tableau non incontreremmo nessunadifficoltà di questo tipo.Per risolvere questo problema non bisogna ricorrere necessariamente agliinsiemi di taglio. E’ sufficiente, nella procedura di riduzione, conservare comeincognite, oltre ai potenziali di nodo, anche tutte le intensità di corrente deigeneratori ideali di tensione. In questo modo otteniamo un sistema din −1( ) + p equazioni ( p è il numero generatori ideali di tensione) nellen −1( ) + p incognite costituite dagli n −1( ) potenziali di nodo e dalle p

intensità di corrente che attraversano i generatori ideali di tensione. Leequazioni sono ottenute aggiungendo alle n −1( ) equazioni di Kirchhoff per lecorrenti le p equazioni costitutive dei generatori ideali di tensione. Questaprocedura di riduzione prende il nome di metodo dei potenziali di nodomodificati.

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201

2.13 Correnti di maglia

Le equazioni circuitali possono essere riformulate in modo tale che le leggi diKirchhoff per le correnti siano imposte naturalmente. Il metodo si fondasull’introduzione di b − n + 1( ) variabili ausiliarie, dette correnti di maglia. Si

consideri un circuito, il grafo corrispondente e un insieme di magliefondamentali orientate (arbitrariamente), Figura 2.41. A ogni magliafondamentale orientata del circuito si associ una corrente di maglia e a ciascunacorrente di maglia si assegni un verso di riferimento concorde conl’orientazione scelta per la maglia.

Fig. 2.41 Un grafo, un albero (lati a tratto spesso) e le correnti di maglia corrispondentialle maglie fondamentali associate all'albero scelto.

Innanzi tutto stabiliamo che una data corrente di maglia “circola” in un datolato se il lato appartiene alla maglia fondamentale a cui la corrente di maglia èassociata. E’ evidente che, in generale, più di una corrente di maglia circola inun dato lato, perché il lato può appartenere a più di una maglia fondamentale.Si assuma, ora, che l’intensità di corrente del lato possa essere espressa comesomma algebrica di tutte le correnti di maglia che “circolano” in quel lato,prendendo con il segno + tutte le correnti di maglia con versi di riferimentoconcordi con quello dell’intensità di corrente di lato e con il segno − tutte lecorrenti di maglia che hanno versi di riferimento discordi,

ik = ±( )Jhh∑ . (195)

Si consideri, ad esempio, il circuito il cui grafo orientato (concordemente con iversi di riferimento delle intensità di corrente) è riportato in Figura 2.41. Èstato scelto un albero (lati a tratto spesso) e sono indicate le correnti di magliaJ1, J2 e J3 associate alle maglie fondamentali corrispondenti all’albero scelto.

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202

Le intensità di corrente di lato sono espresse tramite le correnti di maglia nelseguente modo

i1 = J1, i2 = J2 , i3 = J3, i4 = J3,

i5 = −J2 −J 3, i6 = −J1 + J2, i7 = J1.(196)

È immediato verificare che le intensità delle correnti espresse attraverso le(196) verificano la prima legge di Kirchhoff, indipendentemente dai valoridelle correnti di maglia.A ogni nodo sono collegati due lati di ogni maglia fondamentale a cui il nodoappartiene e ogni intensità di corrente ausiliaria “circola” nella magliafondamentale corrispondente. Di conseguenza ogni corrente di maglia comparedue e due sole volte in ogni equazione di Kirchhoff per le correnti, una voltacon il segno positivo e una volta con il segno negativo. Pertanto le intensitàdelle correnti espresse attraverso le (196) verificano automaticamente la leggedi Kirchhoff per le correnti indipendentemente dai valori delle correnti dimaglia J1, J2 e J3.

Si consideri, ad esempio, l’equazione di Kirchhoff per il nodo “1” del circuitoil cui grafo è riportato in Figura 2.41, a cui sono collegati i lati 1, 6 e 2. Lacorrente di maglia J1 è “entrante” nel nodo quando circola nel lato 1, mentre è“uscente” quando circola nel lato 6; la corrente di maglia J2 è “entrante”

quando circola nel lato 6 ed è “uscente” quando circola nel lato 2. L’equazionedi Kirchhoff per il nodo “1”,

−i1 + i2 − i6 = 0 (197)

diventa l’identità

J1 − J2 + −J1 + J2( ) = 0 , (198)

una volta che le intensità di corrente dei lati sono state espresse tramite lecorrenti di maglia.La formulazione basata sulle correnti di maglia è poco vantaggiosa rispetto aquella basata sui potenziali di nodo, a causa dell’elevato costo computazionalerichiesto per determinazione di un insieme di maglie fondamentali.

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203

Osservazione

Le correnti di maglia, nel caso di un grafo planare, possono essere definiteanche per i (l − n +1) anelli. L’intensità di corrente di ciascun lato può essereespressa attraverso la somma algebrica delle correnti di anello che “circolano”nel lato (lambiscono il lato).

Anche per le correnti di maglia si pone la questione fondamentale (che si èposta per i potenziali di nodo), riguardante la possibilità di poter semprerappresentare tutte le intensità di corrente di lato di un circuito attraverso lecorrenti di maglia. Siccome le intensità di corrente di lato devono verificarel’equazione di Kirchhoff per le correnti, esiste sempre un insieme di correnti dimaglia attraverso le quali è possibile esprimere le intensità di corrente di latodel circuito secondo la regola che prima abbiamo definito. Lasciamo al lettorela dimostrazione di questa proprietà. Si osservi, inoltre, che in un dato circuitoesistono diversi insiemi di maglie fondamentali e, quindi, esistono diversiinsiemi di correnti di maglia in grado di rappresentare un dato insieme diintensità di corrente di lato.Una volta scelto un insieme di correnti di maglia, per determinarle bisognaprima esprimere tutte le intensità di corrente di lato in funzione delle correntidi maglia, poi esprimere le tensioni dei bipoli controllati in corrente infunzione delle correnti di maglia e infine imporre le leggi di Kirchhoff per letensioni. Questa è la procedura duale a quella che abbiamo descritto quandoabbiamo trattato il problema del calcolo dei potenziali di nodo.

Problema

Si risolva il circuito riportato in Figura 2.39 e il circuito riportato in Figura2.40 con il metodo delle correnti di maglia.

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204

2.14 Conservazione delle potenze elettriche

Ora illustreremo una importante proprietà dei circuiti: la conservazione dellepotenze elettriche. Si consideri un circuito C con l bipoli e siano i1, i2 ,...,il leintensità delle correnti e v1, v2 ,...,vl le tensioni; per ogni bipolo i riferimenti per

i versi dell’intensità di corrente e della tensione siano scelti, ad esempio, in basealla convenzione dell’utilizzatore (Figura 2.42a). La potenza elettrica assorbitadal k − esimo bipolo (k = 1,2,...,l ) del circuito è

pk t( ) = ik t( )vk t( ) . (199)

aaa

circuito dibipoli

vk

ik

circuito dibipoli

vk

ik

(a) (b)

Fig. 2.42 (a) Convenzione dell'utilizzatore e (b) convenzione del generatore.

Conservazione delle potenze elettriche

La somma delle potenze elettriche assorbite dai bipoli di un circuito è istanteper istante uguale a zero,

pk t( )k =1

l

∑ = ik t( )vk t( )k=1

l

∑ = 0 . (200)

Questa proprietà, come ora faremo vedere, è solo conseguenza del fatto che leintensità di corrente e le tensioni del circuito devono verificare le leggi di

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205

Kirchhoff. Essa, quindi, non dipende in alcun modo dalla natura specifica deisingoli elementi circuitali, e quindi, dalle relazioni caratteristiche dei singolielementi.

Dimostrazione

Questa proprietà può essere dimostrata in modo semplice utilizzando ipotenziali di nodo. Si introduca il vettore colonna i = i1,i2 ,...,il( )T

rappresentativo di tutte le intensità di corrente del circuito, il vettore colonnav = v1, v2 ,...,vl( )T

rappresentativo di tutte le tensioni del circuito e il vettore

colonna e = e1, e2 ,...,en−1( )T rappresentativo dei potenziali di nodo del circuito,

avendo scelto come potenziale di riferimento quello del nodo “n ”, en = 0.

L’espressione della somma delle potenze assorbite dai bipoli del circuito puòessere così rappresentata:

vkk =1

b

∑ ik = v1i1 + v2i2 + ...+ vnin = vTi . (201)

Dunque, la somma delle potenze elettriche assorbite è uguale al prodotto delvettore riga v

T con il vettore colonna i , secondo la regola “righe× colonne”.Le tensioni del circuito possono essere rappresentate attraverso i potenziali dinodo:

v = ATe , (202)

dove A è la matrice di incidenza ridotta del circuito (ottenuta non riportando lariga corrispondente al nodo “n ”). Sostituendo la (202) nella (201) si ha:

vk

k =1

b

∑ ik = vT i = ATe( )Ti . (203)

Ricordiamo che: vale l’identità

Pa( )T = aTPT , 204)

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206

dove P e a sono, rispettivamente, una generica matrice p × m e un genericovettore colonna con m righe; per definizione di trasposta di una matrice si hache

QT( )T

= Q; (205)

vale la proprietà associativa del prodotto riga× colonna,

aTQ( )b = aT Qb( ) . (206)

Utilizzando queste proprietà si ha che la (203) può essere così riscritta come

vk

k =1

b

∑ ik = vT i = eT Ai( ) . (207)

Siccome la legge di Kirchhoff per le correnti impone che Ai = 0 , dalla (207) siha

vkk =1

b

∑ ik = vT i = 0. (208)

♦Esempio

Si consideri il circuito di Figura 2.43 (per ogni bipolo è stata fatta laconvenzione dell’utilizzatore Figura 2.43a) e si scriva la conservazione dellepotenze. Si ha

v1i1 + v2i2 + v3i3 + v4i4 + v5i5 = 0. (209)

È evidente che i termini a primo membro nella (209) non possono avere lostesso segno (a meno che non siano tutti nulli; ciò è certamente impossibile senel circuito non esistono correnti). Quindi, alcuni termini sono positivi e altrisono negativi nell’espressione (209). In ogni circuito la potenza assorbita daalcuni bipoli è positiva e da altri è negativa.

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207

aaa

i1 i2 i3i4

i5

+ v1 + v2

v3v4v5

i1 i2 i3i4

i5

+

v5

+

v3

+ v1

+

v4

+ v2

(a) (b)

Fig. 2.43 (a) Per tutti i bipoli è stata fatta la convenzione dell’utilizzatore; (b) per alcunibipoli è stata fatta la convenzione del generatore.

Se per tutti i bipoli del circuito si adotta la convenzione del generatore (Figura2.43b) abbiamo che la somma delle potenze elettriche generate da tutti i bipolidella rete è uguale a zero.È possibile scrivere la conservazione delle potenze elettriche anche quando peralcuni bipoli si fa la convenzione dell’utilizzatore e per altri, invece, laconvenzione del generatore, Figura 2.43b. Partendo dalla (209) e osservandoche

ˆ v 3 = −v3 , ˆ v 4 = −v4 e ˆ v 5 = −v5, (210)

si perviene a

v1i1 + v2i2 = ˆ v 3i3 + ˆ v 4i4 + ˆ v 5i5 ⇒ p1 + p2 = ˆ p 3 + ˆ p 4 + ˆ p 5 . (211)

La somma delle potenze assorbite dal resistore e dal condensatore è uguale allasomma delle potenze erogate dal generatore ideale di tensione, dall’induttore edal diodo; con il simbolo ˆ p abbiamo indicato la potenza generata.In generale, in ogni circuito la somma delle potenze assorbite da un certoinsieme di bipoli è uguale, istante per istante, alla somma delle potenze erogatedalla restante parte dei bipoli, cioè

pii=1

α

∑ = ˆ p jj=α+1

b

∑ . (212)

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208

2.15 Teorema di Tellegen

La proprietà della conservazione delle potenze elettriche, discussa nelprecedente paragrafo, è una diretta conseguenza delle solo leggi di Kirchhoff.In conseguenza di ciò, come ora mostreremo, questa proprietà vale anchequando, invece, della potenza elettrica si considera la potenza virtuale. Comevedremo la potenza elettrica è un caso particolare di potenza virtuale.

aaaa

circuito dibipoli

′vk

′ik

′Ccircuito dibipoli

′′ik

′′vk

′′C

Fig. 2.44 Due circuiti diversi che hanno lo stesso grafo

Si considerino due circuiti che hanno lo stesso grafo orientato e, in generale,elementi diversi; siano l i lati del grafo; i lati sono stati orientaticoncordemente con i versi di riferimenti delle intensità di corrente, Figura 2.44.Per esemplificare, si faccia riferimento all’esempio concreto illustrato in Figura2.45.Il primo circuito è indicato con ′ C e il secondo con ′ ′ C . Si usi per entrambi icircuiti e per ciascun lato la convenzione dell’utilizzatore. Siano ′ i 1, ′ i 2 ,..., ′ i l leintensità di corrente e ′ v 1, ′ v 2 ,..., ′ v l le tensioni del circuito ′ C e ′ ′ i 1, ′ ′ i 2 ,..., ′ ′ i l leintensità di corrente e ′ ′ v 1, ′ ′ v 2 ,..., ′ ′ v l le tensioni del circuito ′ ′ C . Le matrici di

incidenza dei due circuiti sono uguali perché hanno lo stesso grafo e le siindichi con A .Si considerino, ora, le intensità di corrente del circuito ′ C e le tensioni delcircuito ′ ′ C (o viceversa). Per il k − esimo lato ( k = 1,2,...,l ) del grafo dei duecircuiti si definisce la potenza virtuale assorbita dal lato come

Pk = ′ i k ′ ′ v k . (213)

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209

Alla grandezza così definita si dà il nome di “potenza” perché essa èdimensionalmente omogenea con una potenza. L’aggettivo “virtuale” sta aindicare che la grandezza definita non ha nessun significato fisico, perché leintensità di corrente sono del circuito ′ C e le tensioni sono del circuito ′ ′ C (oviceversa) e tra esse non intercorre alcuna relazione; l’aggettivo “assorbita” staa indicare che il prodotto è tra una tensione e un’intensità di corrente i cuiriferimenti per i versi sono scelti con la convenzione dell’utilizzatore.

aaa

(a) (b)

+

+

+

+

+

′v5

′v1′v2

′v3′v4

′i1

′i5

′i3′i2′i4

+ +

′′i1

′′i5

′′i4 ′′i2′′i3

′′v1 ′′v2

′′v5 ′′v4 ′′v3

1

5

2

43

(c)Fig. 2.45 Un esempio di due circuiti diversi che hanno lo stesso grafo.

Teorema di Tellegen (o teorema della conservazione delle potenze virtuali)

Si considerino due circuiti ′ C e ′ ′ C che hanno lo stesso grafo orientato. Lasomma delle potenze virtuali assorbite (erogate) da ciascun lato del grafo èuguale a zero, cioè

′ i k ′ ′ v kk =1

b

∑ = 0 . (214)

La dimostrazione di questa proprietà è diretta conseguenza delle sole leggi diKirchhoff ed è simile a quella viene presentata nel precedente paragrafo per

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210

dimostrare la conservazione delle potenze elettriche. La lasciamo al lettorecome esercizio.È evidente che quando gli elementi dei due circuiti ′ C e ′ ′ C sono uguali e glielementi dinamici hanno le stesse condizioni iniziali, la potenza virtualecoincide con la potenza elettrica.

Osservazione

L’equazione (214) è di particolare interesse: tra le intensità di corrente′ i 1, ′ i 2 ,..., ′ i l e le tensioni ′ ′ v 1, ′ ′ v 2 ,..., ′ ′ v l non sussiste alcuna relazione, se non quella

di fare riferimento allo stesso grafo orientato e soddisfare indipendentemente leleggi di Kirchhoff. Il teorema di Tellegen discende unicamente dalle leggi diKirchhoff. È interessante notare che una delle due leggi di Kirchhoff, unita alteorema di Tellegen, implica l’altra legge. Si può dimostrare che:

- se per ogni insieme delle tensioni del circuito che verificano le leggi diKirchhoff è verificata la conservazione delle potenze virtuali, allora leintensità di corrente del circuito verificano naturalmente le leggi diKirchhoff;

- se per ogni insieme delle intensità di corrente del circuito che verificano leleggi di Kirchhoff è verificata la conservazione delle potenze virtuali,allora le tensioni del circuito verificano naturalmente le leggi di Kirchhoff.

Se si usa la convenzione del generatore, allora al prodotto tra la tensione el’intensità della corrente

ˆ P k = ′ i k ′ ′ ˆ v k , (215)

dove ′ ′ ˆ v k = − ′ ′ v k , si dà il nome di potenza virtuale erogata.

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