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    Saul Kripke: la teoria del riferimento diretto

    [Cfr. W. Lycan,Filosofia del Linguaggio, cap. 3, pp. 44-60; cap. 4, pp. 62-76]

    [S. Kripke (1972), Naming and Necessity: lettura di brani selezionati e tradotti in A. Iacona e E.

    Paganini (a cura di).,Filosofia del Linguaggio, pp. 151- 176]

    Abbiamo visto che, per Frege, sia i nomi propri che le descrizioni definite sono termini

    singolari: il loro lavoro quello di contribuire un oggetto alla determinazione del valore di verit

    degli enunciati in cui occorrono. Abbiamo anche visto che, invece, per Russelln le descrizioni

    definite, n la stragrande maggioranza dei nomi propri sono termini singolari: Russell pensa

    infatti che il loro lavoro sia quello di contribuire il valore semantico di espressioni quantificate alla

    determinazione del valore di verit degli enunciati in cui occorrono.

    Nonostante tale netta divergenza riguardo al contributo semantico di nomi propri e

    descrizioni definite, per, Frege e Russell sono daccordo nellaffermare che nomi propri edescrizioni definite funzionano allo stesso modo: tanto per Frege quanto per Russell, infatti, i nomi

    propri non sono che abbreviazioni di descrizioni definite(a rigore, bisognerebbe riconoscere che

    solo Russell afferma esplicitamente che i nomi propri sono abbreviazioni di descrizioni definite; ma

    non sembra del tutto scorretto attribuire tale tesi anche a Frege, dato che egli sostiene che a) il

    Senso di un nome proprio il Senso della descrizione ad esso associata; e che b) poich il Senso a

    determinare la Denotazione di unespressione, la Denotazione di un nome proprio sar quella, se

    c, determinata dal Senso della descrizione ad esso associata). Ad esempio, il nome proprio Alice

    Cooper non che una comoda abbreviazione della descrizione definita il famoso cantante shock-

    rock. E in virt anche di tale equivalenza che il contributo semantico dei nomi propri il

    medesimo di quello delle descrizioni definite (un oggetto per Frege, e una quantificazione

    esistenziale per Russell).

    Nel sostenere che i nomi propri sono abbreviazioni di descrizioni definite, e che quindi le

    descrizioni definite fanno in un certo senso parte del significato dei nomi propri, pur nelle

    reciproche divergenze Frege e Russell si opponevano entrambi ad una teoria precedente, ovvero

    alla teoria di J. S. Mill. La teoria millianadei nomi proprisosteneva che non c nullaltro nel

    significato di un nome proprio a parte loggetto cui il nome si riferisce: il nostro concetto pre -

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    teorico di significato, relativamente ai nomi propri, va caratterizzato solo e semplicemente

    attraverso la nozione di riferimento. Ad esempio, il nome proprio Galileo Galilei significa (si

    riferisce a) lindividuo Galileo Galilei; il nome proprio Londra significa (si riferisce a) loggetto

    Londra. Le immediate, ovvie difficolt peruna teoria millianadei nomi propri non sono che un

    aspetto dei problemi che, in generale, avevano spinto Frege a postulare la nozione di Senso: il

    problema dellinformativit, il problema dei contesti indiretti, il problema dei termini

    singolari vuoti.

    C un altro modo di caratterizzare la convergenza di vedute di Frege e Russell riguardo al

    significato dei nomi propri. Opponendosi al millianesimo, entrambi tali autori abbracciavano una

    teoria descrittivista del significato dei nomi propri. Nel prossimo paragrafo ci occuperemo di

    delineare pi in dettaglio tale teoria; fare questo ci servir ad apprezzare il pensiero di Saul Kripke

    (n. 1941), lautore di cui ci occupiamo in questa dispensa. Kripke, infatti, muove una serie di

    obiezioni decisive alle tesi di Frege e Russell secondo cui nomi propri e descrizioni definite

    sarebbero espressioni che si comportano, a livello semantico, allo stesso modo. Kripke mostra che

    se la teoria milliana dei nomi propri ha gravi difficolt, anche il descrittivismo di Frege e Russell

    non naviga certo in acque migliori. Cominciamo allora, come annunciato, con il vedere pi

    precisamente in cosa consista il descrittivismo, ovvero il bersaglio polemico di Kripke.

    1. Il descrittivismo

    Lidea fondamentale che caratterizza il descrittivismo che la relazione tra un nome

    proprio e loggetto cui si riferisce non una relazione diretta, bens una relazione mediata,

    indiretta: la relazione tra un nome proprio e il suo riferimento sempre mediata, infatti, da una

    descrizione definita (o pi di una, come vedremo). In ci, il descrittivismo si oppone al

    millianesimo, secondo cui invece la relazione di riferimento una relazione diretta.

    Cerchiamo allora di chiarire in che senso, per i descrittivisti, la relazione tra un nome e

    loggetto che esso designa una relazione indiretta. Se definiamo il riferimento in questo modo:

    Riferimento: la relazione diretta che c tra un nome e loggetto di cui esso nome

    e la nozione di soddisfazione in questo modo:

    Soddisfazione: la relazione che c tra una descrizione definita e loggetto di cui essa vera

    possiamo dire che il descrittivismo coincide con la tesi che la relazione di riferimento non una

    relazione primitiva: essa va analizzata nei termini della relazione che c tra una descrizione definita

    e loggetto di cui essa vera. In altri termini, la nozione di riferimento per i descrittivisti riducibile

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    alla nozione di soddisfazione. Un sostenitore della teoria milliana, invece, affermer che la

    relazione di riferimento tra un nome proprio e loggetto che designa una relazione primitiva,

    ovvero non analizzabile attraverso la relazione di soddisfazione. Possiamo schematizzare il tutto

    cos:

    Teoria descrittivista Teoria milliana

    Nome proprio Nome proprio

    (associato a; abbreviazione di)

    Descrizione definita (riferimentoindiretto) (riferimento diretto)

    (soddisfazione)

    Oggetto Oggetto

    Siamo allora gi in grado di vedere perch Frege e Russell sono dei descrittivisti. Per Frege,

    la relazione di riferimento esistente tra un nome proprio e loggetto che esso designa una relazione

    indiretta: una relazione mediata da quella esistente tra la descrizione definita associata al nome e

    loggetto di cui essa vera, cio dalla relazione di soddisfazione. In altre parole, la relazione di

    riferimento per Frege mediata dalla relazione esistente tra il Senso del nome espresso mediante

    una descrizione definitae loggetto che il nome designa (la Denotazione del nome).

    Per Russell, analogamente, la relazione di riferimento esistente tra un nome proprio e

    loggetto che esso designa una relazione indiretta: il nome proprio ha un valore semantico, che

    quello della descrizione definita che esso abbrevia; tale valore semantico una quantificazione

    esistenziale che soddisfatta dalloggetto che il riferimento del nome. Loggetto che il nome

    designa non quindi un oggetto cui il nome si riferisce direttamente; loggetto che soddisfa la

    descrizione definita che abbrevia il nome. Ad esempio, se il nome proprio Keplero si riferisce a

    Keplero, per Russell, solo perch Keplero abbrevia una descrizione definita quale Lo

    scopritore della forma ellittica dellorbita dei pianeti, e tale descrizione definita ha un valore

    semantico del tipo Esiste uno e un solo oggetto x che lo scopritore della forma ellittica dellorbita

    dei pianeti, il quale soddisfatto da un unico argomento, ovvero loggetto Keplero.

    N.B.Non a caso, per Russell, gli unici nomi propri genuini, ovvero gli unici nomi logicamente

    propri sono quelli che stanno in una relazione di riferimento diretto con loggetto che essi

    designano. Tali nomi logicamente propri sono i dimostrativi questo e quello, quando sono usatiper riferirsi a dati percettivi immediati, ad esempio per riferirsi a un dato percettivo di bianchezza:

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    solo in questi casi, infatti, abbiamo una conoscenza diretta (o acquaintance, direbbe Russell)

    delloggetto designato, ovvero conosciamo loggetto indipendentemente da qualsiasi informazione

    lo riguardi. Il nome logicamente proprio non cio labbreviazione di una descrizi one definita, ma

    un nome che si riferisce direttamente alloggetto di cui nome. Per chiarire questo punto, bene

    marcare il contrasto che per Russell contrappone i nomi propri ordinari (quelli non genuini) ai nomi

    logicamente propri. Nomi propri ordinari come Mario, Keplero, Londra, ecc. sono nomi che

    apprendiamo/usiamo anche se non abbiamo conoscenza diretta delloggetto, cio anche se non

    conosciamo mediante esperienza sensibile loggetto: apprendiamo/usiamo il nome Socrate anche

    se nessuno di noi ha potuto avere esperienza diretta di Socrate. Proprio perch non possiamo avere

    esperienza diretta delloggetto designato, i nomi propri ordinari si riferiscono alloggetto che

    designano solo in quanto quelloggetto cade sotto una determinata descrizione: conosciamo

    loggetto che designano solo in modo indiretto, ovvero per mezzo di una descrizione definita. Nel

    caso dei nomi logicamente propri, invece, conosciamo loggetto (o meglio il dato percettivo) cui si

    riferiscono indipendentemente da qualsiasi informazione lo riguardi: ne abbiamo una conoscenza

    diretta, ovvero non lo conosciamo per mezzo di una descrizione definita. Proprio perch si

    riferiscono direttamente alla cosa stessa, non possiamo apprendere/usare tali nomi senza sapere

    immediatamente a cosa si riferiscono.

    1.1 La teoria descrittivista: Frege e Russell

    Vista lidea fondamentale che anima il descrittivismo, procediamo a darne una

    caratterizzazione pi precisa. Possiamo caratterizzare (una prima versione de) il descrittivismo

    come quella posizione teorica riguardo al significato dei nomi propri che sostiene la congiunzione

    di due tesi, le seguenti:

    Teoria descrittivista

    (i)Ad ogni nome proprio N associata una descrizione definita ingrado di determinare loggetto cuiNsi riferisce

    (ii)Tale descrizione definita il significato di N

    Anche in questo caso possiamo capire perch Frege e Russell sono dei descrittivisti. Tanto per

    Frege quanto per Russell i nomi propri sono abbreviazioni di descrizioni definite: a ciascun nome

    proprio associata una descrizione definita in grado di determinare loggetto cui il nome si

    riferisce. Tanto per Frege quanto per Russell allora vale la tesi (i). Per Frege, inoltre, taledescrizione definita ci restituisce il Senso del nome proprio: dato che il Senso per Frege ci che

    afferriamo di unespressione quando la comprendiamo, possiamo dire che la descrizione definita

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    associata al nome il significato del nome proprio (o meglio: una componente del significato del

    nome proprio; laltra componente la Denotazione). Per Russell, la descrizione definita ci

    restituisce, per cos dire, la reale natura di un nome proprio a livello di forma logica: il valore

    semantico del nome proprio il valore semantico della descrizione definita che abbrevia. Quindi, la

    descrizione definita ci d il significato del nome proprio. Tanto per Frege quanto per Russell allora

    vale la tesi (ii).

    1.2 La teoria descrittivista dei concetti agglomerati

    La versione del descrittivismo delineata sopra non , in realt, la versione del descrittivismo

    su cui Kripke maggiormente si concentra. Tale versione, infatti, fu soppiantata da una teoria pi

    elaborata, nata dallesigenza di superare alcuni problemi cui il descrittivismo a la Frege-Russell

    andava incontro. Stiamo parlando della teoria descrittivista dei concetti agglomerati.

    Vediamo innanzitutto quali sono i problemi cui va incontro la versione semplice del

    descrittivismo. Sono problemi di cui Frege, come abbiamo visto, era consapevole. In primo luogo,

    se affermiamo che a ciascun nome proprio associata una descrizione definita, e quella descrizione

    definita il significato del nome, abbiamo il problema di dire qual questa descrizione. Di fatto,

    parlanti diversi, ma anche uno stesso parlante in tempi diversi, associano varie e diverse descrizioni

    definite allo stesso nome. Il nome proprio Alice Cooper sar ad esempio di volta in volta

    equivalente a Il famoso cantante shock-rock, Lex cantante degli Spiders, Lamico di Frank

    Zappa.. Quale di queste descrizioni dobbiamo considerare come significato di Alice Cooper?

    Se diciamo tutte, allora dovremmo dire che i nomi propri cambiano il loro significato a seconda

    del parlante che li proferisce, o che hanno tanti significati quante sono le descrizioni che di volta in

    volta vengono loro associate. Ma questo implausibile. In secondo luogo, la descrizione definita

    associata al nome dovrebbe essere in grado di determinare loggetto cui il nome si riferisce. Ma

    spesso siamo in grado di descrivere loggetto in molti modi diversi: Mos di volta in volta

    equivalente a Luomo che ha condotto gli Ebrei attraverso il deserto, Luomo che da bambinovisse alla corte del faraone, Luomo che fu salvato dalle acque del Nilo, ecc. Qual allora la

    descrizione definita decisiva per determinare il riferimento del nome? Tutte? La maggioranza, una

    buona parte? Le pi importanti? In realt, come osserva Wittgenstein, ogni possibile descrizione

    definita rilevante, ma nessuna decisiva: se anche scoprissimo che una descrizione non vera

    delloggetto, o che pi descrizioni non sono vere delloggetto, non per questo vorremmo concludere

    che il nome privo di riferimento. Il che per ripropone la domanda precedente, in forma diversa:

    quando esattamente dovremmo concludere che il nome privo di riferimento? Quando scopriamo,ad esempio, che Mos non ha fatto una delle cose che gli attribuiamo, quando non ne ha fatte due,

    tre, 10? Di pi? Le pi importanti?

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    Per far fronte a tali problemi, J. Searle propose la Teoria descrittivista dei concetti

    agglomerati. Per Searle, ciascun nome proprio associato non ad una descrizione definita, ma ad

    un agglomeratodi descrizioni definite, ovvero ad un insieme non ben precisabile di descrizioni

    definite. In una data comunit linguistica, ovvero in un dato linguaggio L, ciascun nome proprio

    equivalente non ad una singola descrizione ma ad un agglomerato di descrizioni definite, che a

    livello formale pu essere reso attraverso una disgiunzione di descrizione definite. Ad esempio, il

    nome proprio Aristotele sar equivalente a qualcosa come Il maestro di Alessandro Magno Lo

    scolaro di Platone Il filosofo greco nato a Stagira Lautore della Metafisica, dove

    appunto il simbolo per la disgiunzione.

    Comprendere un nome proprio in quel linguaggio significher associare a quel nome un

    numero sufficiente, ancorch vago e imprecisato, di descrizioni definite facenti parti di

    quellagglomerato. E lagglomerato, e non una singola descrizione, a essere in grado di

    determinare loggetto cui il nome proprio si riferisce. In base a ci, possiamo formulare la Teoria

    descrittivista dei concetti agglomerati come la congiunzione di due tesi, cos:

    Teoria descrittivista dei concetti agglomerati

    (i)Ad ogni nome proprio N associato un agglomerato di descrizioni definite ingrado di determinare loggetto cuiNsi riferisce

    (ii)Tale agglomerato di descrizioni definite il significato di N

    Potrebbe sembrare che, cos riformulato, il descrittivismo risulti meglio equipaggiato contro i

    problemi menzionati sopra. Infatti, non c pi il problema di scegliere quale, tra le varie descrizioni

    definite, sia quella che il significato del nome, o, alternativamente, di dover sostenere che il nome

    ha un significato diverso a seconda del parlante che lo usa; nel linguaggio L, ciascun nome proprio

    significa la disgiunzione delle descrizioni definite che la comunit dei parlanti associa a quel nome.

    Analogamente, non c pi il problema di dire quale sia la descrizione definita deputata a svolgere il

    ruolo di determinante del riferimento; lagglomerato ora ci che svolge quel lavoro.

    In realt, nemmeno cos riformulato, il descrittivismo al riparo da serie obiezioni. Come

    Kripkeha avuto il merito di mostrare, lintera rappresentazione descrittiva dei nomi propri

    ad essere sbagliata. Vediamo, allora, in cosa consistono le critiche di Kripke alla teoria descrittiva.

    2. Gli argomenti di Kripke contro il descrittivismo

    In una serie di tre lezioni tenute a Princeton nel 1970, poi raccolte nel libro Nome e

    Necessit(1972), Kripkesferr una serie di attacchi decisivi contro il descrittivismo. Tali attacchi

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    possono essere raggruppati in tre tipologie: Kripke confuta il descrittivismo attraverso argomenti di

    tipo 1) modale, 2) semantico, e 3) epistemico.

    Gli argomenti di tipo 1) e 3) sono diretti a confutare la tesi (ii) del descrittivismo. A tale

    tesi Kripke oppone la tesi della rigidit dei nomi propri: contrariamente a quanto sostenevano

    Frege e Russell, per Kripke nomi propri e descrizioni definite non si comportano affatto allo

    stesso modo.

    Largomento di tipo 2), invece, serve a confutare la tesi (i)del descrittivismo: a tale tesi

    Kripke risponde con la teoria del riferimento direttoe con la teoria causale del riferimento.

    Per comprendere bene le critiche di Kripke al descrittivismo, abbiamo bisogno di chiarire

    preliminarmente le seguenti distinzioni:

    a) verit necessaria verit contingente

    Verit necessaria. Consideriamo gli enunciati:

    (1) Due pi due fa quattro

    (2) Tutti gli scapoli sono uomini non sposati

    (1) e (2) sono chiaramente enunciati veri. Ora chiediamoci: le cose avrebbero potuto andare in

    maniera tale da far risultare lenunciato (1) falso? Ci sono cio circ ostanze possibili in cui 2+2 non

    faccia 4? E analogamente: potrebbe accadere che gli scapoli siano uomini sposati, ci sono cio

    circostanze possibili in grado di falsificare lenunciato (2)? La risposta, in entrambi i casi,

    negativa: anche se il mondo fosse diverso da come adesso (anche se la storia del mondo avesse

    seguito tuttaltro corso), 2+2 farebbe sempre 4 e gli scapoli sarebbero ancora uomini non sposati.

    Non ci sono, cio, circostanze che possono rendere falsi questi enunciati.Le verit espresse da (1) e (2) sono verit necessarie: (1) e (2) sono necessariamente veri. Se

    un enunciato necessariamente vero, non ci sono circostanze possibili in grado di falsificarlo (e

    analogamente: se un enunciato necessariamente falso, non possibile vi siano circostanze che lo

    rendono vero).

    Kripke esprime la nozione di necessit ricorrendo alla nozione di mondo logicamente

    possibile, o pi semplicemente di mondo possibile. Il mondo cos come lo conosciamo, ovvero il

    mondo attuale(wa) in cui Obama lattuale presidente degli Usa, la Disney fa cartoni animati, la

    Bellucci tanto bella quanto poco portata per la recitazione , di fatto, solo uno dei mondi che

    avrebbero potuto darsi, ovvero solo uno tra i tanti mondi possibili. Un mondo identico allattuale,

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    ma in cui H. Clinton ad essere lattuale presidente degli Usa, un mondo possibile; un mondo

    identico allattuale, ma in cui la Disney produce solo film per adulti e la Bellucci ha vinto un Oscar

    come miglior attrice nel 2009 un altro mondo possibile; un mondo in cui accadono tutte queste

    cose e in pi la Francia attualmente una monarchia che ha ridotto in schiavit Europa ed Asia,

    un altro mondo possibile ancora. Indichiamo i vari mondi possibili con una w(dallinglese world)

    seguita da un numero: w1, w2, w3, In base a tale nozione, dicevamo, Kripke definisce quella di

    necessit in questo modo:

    Verit necessaria: verit che tale non solo nel mondo attuale, ma in tutti i mondi

    logicamente possibili

    Verit contingente. Consideriamo gli enunciati:

    (3) LItalia ha vinto i mondiali nel 2006

    (4) Obama il presidente degli USA

    (3) e (4) sono veri. Ora chiediamoci: le cose avrebbero potuto andare in modo tale da rendere falsi

    questi due enunciati? Sarebbe stato possibile, cio, che lItalia non avesse vinto i mondiali, o che

    qualcun altro, e non Obama, fosse stato eletto presidente degli Usa? La risposta che s, sarebbe

    stato possibile. Nonostante (3) e (4) siano enunciati attualmente veri, nonostante sia vero cio che

    lItalia ha vinto i mondiali nel 2006 e che Obama il presidente degli Usa, non c nessuna

    contraddizione nellammettere che le cose sarebbero potute andare diversamente: la Francia, e non

    lItalia avrebbe potuto vincere i mondiali; la Clinton, e non Obama, avrebbe potuto essere eletta alla

    presidenza degli Usa.

    In termini di mondi possibili, possiamo riformulare quanto appena detto affermando che

    nonostante i due enunciati siano veri nel mondo attualewa, ci sono mondi possibili w1, , wi in

    cui essi sono falsi. Possiamo allora definire la verit contingente in questo modo:

    Verit contingente: verit che tale nel mondo attuale, ma non in tutti i mondi

    logicamente possibili

    b) verit analitica verit sintetica

    Tale distinzione collegata a quella tra verit necessarie e contingenti, ma non

    perfettamente sovrapponibile.

    Verit analitica. Un enunciato analiticamente verose e solo se vero esclusivamente in virt

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    del significato dei suoi costituenti. Ad esempio:

    (5) Tutti gli scapoli sono uomini non sposati

    Ci basta conoscere il significato di scapolo e degli altri costituenti dellenunciato per sapere che(5) vero. Kant diceva che un enunciato analiticamente vero quando il concetto del predicato

    gi contenuto nel concetto del soggetto.

    Verit sintetica. Un enunciato sinteticamente vero se e solo se vero nonesclusivamente in

    virt del significato dei suoi costituenti. In altre parole, per decidere che lenunciato vero,

    dobbiamo andare a vedere cosa succede nel mondo, non ci basta conoscere il significato dei suoi

    costituenti. Ad esempio:

    (6) Bush era presidente degli USA nel 2006

    Non ci basta conoscere il significato di Bush o degli altri costituenti dellenunciato per sapere che

    (6) vero. Dobbiamo andare a controllare nel mondo se (6) vero o falso. Kant diceva che un

    enunciato sinteticamente vero quando il concetto del predicato non gi contenuto nel concetto

    del soggetto.

    N.B.Come accennato, potrebbe sembrare che le distinzioni a) e b) siano sovrapponibili. In realt,

    mentre sembra non controversoche tutte le verit analitiche siano necessarie, c disputa sulla

    questione se tutte le verit necessarie siano anche verit analitiche (ad esempio, Kant riteneva che

    2+2=4 fosse un enunciato necessario, manon analitico).

    Precisate tali distinzioni, possiamo affrontare le critiche di Kripke al descrittivismo, che per

    brevit considereremo direttamente nella sua versione della teoria dei concetti agglomerati (a meno

    di esplicite segnalazioni).

    2.1 Argomento modale

    La modalit di una certa proposizione p il modo in cui p vera: se p vera, pu essere

    necessariamente vera, o vera in modo contingente. Il punto generale dellargomento modale che

    se accettiamo la tesi descrittivista (ii) secondo cui ciascun nome proprio sinonimo di un

    agglomerato di descrizioni definite, finiamo per avere conseguenze inaccettabili dal punto di vista

    modale: finiamo per considerare analitici, e quindi necessari, enunciati che non sono tali.

    Supponiamo allora, come vogliono i descrittivisti, che il nome proprio Aristotele sia

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    loggetto cio che il nome designa, quelloggetto (se c) che soddisfa lagglomerato Il maestro

    di Alessandro Magno Lo scolaro di Platone Il filosofo greco nato a Stagira Lautore

    della Metafisica. Consideriamo allora il seguente caso:

    Caso di Gdel/Schmidt: E noto che Gdel fu il logico che per primo dimostr

    lincompletezza della matematica. Per un descrittivista (ragioniamo qui per comodit con la

    versione semplice del descrittivismo) loggetto cui il nome proprio Gdel si riferisce sar allora

    loggetto che soddisfa la descrizione definita Il logico che ha dimostrato lincompletezza

    dellaritmetica. Immaginiamo, per, che improvvisamente si scopra che lincompletezza

    dellaritmetica stata dimostrata non da Gdel , ma da un certo Schmidt. Gdel si limitato a

    sottrargli il manoscritto e a far passare per sua la dimostrazione. Nello scenario descritto, dice

    Kripke, un descrittivista costretto a dire che il nome proprio Gdel si riferisce e si sempre

    riferito, allinsaputa dei parlanti allindividuo Schmidt, e non allindividuo Gdel: infatti

    Schmidt, e non Gdel, loggetto che soddisfa la descrizione definita Il logico che ha dimostrato

    lincompletezza dellaritmetica. Ma questo assurdo: nello scenario descritto vorremmo piuttosto

    continuare a usare Gdel per riferirci a Gdel: vorremmo dire non che Gdel non si riferisce

    pi a Gdel, ma semplicemente che Gdel non ha fatto le cose che credevamo. Dato che la tesi

    descrittivista (i) conduce a conseguenze inaccettabili, cio alla conseguenza che, nello scenario

    ipotizzato, Gdel si riferisce a Schmidt anzich a Gdel (come intuitivamente invece vorremmo

    dire), la tesi descrittivista (i) va rigettata.

    Pi nello specifico, si consideri quanto segue. Una propriet una condizione sufficiente per

    unaltra propriet quando tutto ci che ha la prima propriet ha anche la seconda (ad esempio, la

    propriet di essere padre condizione sufficiente per avere anche la propriet di essere genitore). Se

    cos, il caso di Gdel/Schmidt dimostra che essere loggetto che soddisfa le descrizioni definite

    associate al nome proprio non una condizione sufficiente a fare delloggetto il riferimento del

    nome proprio: Schmidt quellunico oggetto che soddisfa la descrizione associata al nome Gdel,

    eppure non il riferimento di questultimo.

    Se il caso di Gdel/Schmidt dimostra che non sufficiente, per poter dire che un oggetto il

    riferimento di un nome proprio, che quelloggetto abbia la propriet di soddisfare le descrizioni

    definite associate al nome proprio, i casi seguenti dimostrano che avere tale propriet non

    nemmeno una condizione necessariaperch loggetto sia il riferimento del nome, dove una

    propriet condizione necessaria ad unaltra propriet quando tutto ci che non ha la prima

    propriet non ha nemmeno la seconda (ad esempio, essere padre condizione necessaria ma non

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    sufficienteper essere nonno):

    Caso di Richard Feynman e caso di Cicerone: Comunemente, i parlanti ordinari non sono in

    grado di associare ai nomi propri Richard Feynman e Cicerone nulla pi che descrizioni come,

    rispettivamente, un fisico, un fisico famoso, o un fisico o qualcosa del genere, e un famoso

    oratore romano. Come si vede, tali descrizioni non sono nemmeno descrizioni definite: esse sono

    certamente soddisfatte da pi di un individuo (di fisici famosi e di oratori romani ce ne sono

    diversi). Eppure, sembra proprio che anche il parlante ordinario riesca a riferirsi a Richard Feynman

    e a Cicerone quando usa i loro nomi. Possiamo ad esempio immaginare un uomo, che sul conto di

    Feynman non saprebbe dire altro che era un famoso fisico, dire al padre Stasera alla tv intervistano

    Feynman. In un caso del genere, sembra plausibile dire che, nonostante tutto, il parlante riesce a

    riferirsi allindividuo Feynman. Quindi, non necessario che un oggetto soddisfi univocamente le

    descrizioni definite associate al nome proprio per essere il riferimento di quel nome: nel caso di

    Feynman e in quello di Cicerone, le descrizioni mediamente associate a tali nomi non sono

    soddisfatte da un unico individuo, eppure i parlanti riescono lo stesso a riferirsi alloggetto

    (allindividuo Feynman, e allindividuo Cicerone).

    Ergo, largomento semantico dimostra che la tesi (i) dei descrittivisti non sostenibile. Pi

    nello specifico, dimostra che il fatto che un oggetto abbia la propriet di soddisfare alle descrizioni

    definite associate ad un nome proprio non una condizione n necessaria n sufficiente affinch

    quelloggetto abbia la propriet di essere il riferimento del nome proprio.

    2.3 Argomento epistemico

    Laggettivo epistemico ci dice che questo argomento concerne lambito della

    conoscenza. Per comprenderlo bene, allora, abbiamo bisogno di rivedere la distinzione:

    c) verit a priori verit a posteriori

    Verit a priori. Sono verit a priori tutte quelle verit conoscibili indipendentemente

    dallesperienza. Ad esempio, i seguenti enunciati sono veri a priori:

    (5) Tutti gli scapoli sono uomini non sposati

    (9) Un oggetto o identico a se stesso

    Verit a posteriori. Verit che non sono conoscibili indipendentemente dallesperienza. Ad

    esempio, il seguente enunciato vero a posteriori:

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    (6) Bush era presidente degli USA nel 2006

    La verit di (6), infatti, una verit che posso conoscere solo sapendo come sono andate le cose

    (quindi, attraverso lesperienza).

    N.B. La distinzione tra verit necessarie e verit contingenti una distinzione metafisica:

    riguarda il modo in cui le cose sono, o avrebbero potuto essere, oggettivamente. La distinzione

    invece tra verit a priori e verit a posteriori una distinzione epistemica: riguarda il modo in

    cui le cose sono o possono essere conosciute da noi. Riguarda cio la nostra conoscenza delle cose,

    non come le cose sono in loro stesse, oggettivamente.

    Veniamo allora allargomento epistemico. In generale, sembra del tutto plausibile assumere

    che se due enunciati hanno lo stesso significato, allora hanno lo stesso profilo epistemico, cio la

    loro verit (o falsit) conosciuta esattamente allo stesso modo: se lenunciato e1 ha lo stesso

    significato di e2, e se conosciamo la verit di e1a priori, allora anche la verit di e2sar tale da poter

    essere conosciuta a priori. Ma, osserva Kripke, se uniamo tale assunzione plausibile alla tesi

    descrittivista (ii), abbiamo conseguenze spiacevoli dal punto di vista epistemico. Si consideri,

    infatti, il seguente enunciato:

    (10) Espero la prima stella visibile la sera

    (10) certamente un enunciato vero, e vero a posteriori. Assumiamo ora, come vuole il

    descrittivista, che Espero sia sinonimo di La prima stella visibile la sera. Ma se cos, devo

    poter sostituire queste espressioni luna allaltra in (10) senza che, per lassunzione di partenza, (10)

    cambi il proprio profilo epistemico. Sostituiamo allora La prima stella visibile la sera a Espero

    in (10), e vediamo che succede. Otteniamo il seguente enunciato:

    (11) La prima stella visibile la sera la prima stella visibile la sera

    (11), contrariamente a (10), vero s, ma vero a priori. Dato che (11) non ha lo stesso profilo

    epistemico di (10), e dato che lassunzione di partenza sembra non criticabile, ad essere errata deve

    essere la tesi descrittivista (ii)cio la tesi che ci ha spinto a considerare come sinonimi (10) e (11).

    3. La rigidit dei nomi propri

    3.1 Rigidit dei nomi propri vs. non rigidit delle descrizioni definite

    Cos che, per Kripke, i descrittivisti non avevano capito? Pensate alla struttura degli

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    argomenti modale e epistemico. Il nocciolo di tali argomenti far vedere che la tesi descrittivista

    secondo cui ciascun nome proprio sinonimo di una o pi descrizioni definite conduce a

    conseguenze inaccettabili sul piano dello statuto modale e epistemico della verit di certi enunciati.

    Ci che i descrittivisti non avevano capito, allora, che i nomi propri non si comportano allo

    stesso modo delle descrizioni definite. I nomi propri non sono sinonimi di descrizioni definite

    perch queste due classi di espressioni funzionano in modo molto diverso luna dallaltra: i nomi

    propri, dice Kripke, sono designatori rigidi; le descrizioni definite, invece, sono designatori non

    rigidi.

    In generale, Kripke definisce designatore rigido qualsiasi espressione che abbia il

    medesimo riferimento in tutti i mondi logicamente possibili . Come tutti gli altri nomi propri, il

    nome proprio Aristotele un designatore rigido perch si riferisce allindividuo Aristotele in tutti

    i mondi possibili, cio al medesimo individuo che, nel mondo attuale, stato chiamato Aristotele.

    La descrizione definita il maestro di Alessandro Magno, invece, come tutte le altre descrizioni

    definite un designatore non rigido perch non si riferisce al medesimo individuo in tutti i mondi

    possibili: nel mondo wa si riferisce ad Aristotele, ma possibile che in w1(mettiamo) si riferisca a

    Tizio, in w2a Caio, in w3.. e cos via. Aristotele si riferisce ad Aristotele in tutti i mondi possibili;

    il maestro di Alessandro Magno, invece, si riferisce, in ciascun mondo, allindividuo che il

    maestro di Alessandro Magno in quel mondo.

    La distinzione tra designatori rigidi (i nomi propri) e designatori non rigidi (le descrizioni

    definite) permette allora di spiegare in modo adeguato il contrasto tra lenunciato:

    (1) Aristotele il maestro di Alessandro Magno

    e lenunciato:

    (2) Il maestro di Alessandro Magno il maestro di Alessandro Magno

    Certamente vogliamo ancora dire che (2) analitico, e necessario: in ogni mondo possibile

    lindividuo che il maestro di A. Magno in quel mondo, lindividuo che il maestro di A. Magno

    in quel mondo. Ma (1) risulta ora, come desiderato, sintetico e contingente: sintetico perch non c

    nulla nel significato di Aristotele che ci dica che Aristotele il maestro di A. Magno;

    contingente, perch se Aristotele si riferisce ad Aristotele in tutti i mondi, non in tutti i mondi la

    descrizione definita il maestro di Alessandro Magno si riferisce ad Aristotele: non in tutti i mondi,

    cio, Aristotele il maestro di A. Magno. Vale a dire, ci sono mondi wi in cui Aristotele non il

    maestro di A. Magno, i.e. mondi in cui (1) falso. Ma se cos, (1) contingente.

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    N.B. Quando Kripke dice che Aristotele si riferisce ad Aristotele in tutti i mondi, non

    vuole dire che il nome proprio Aristotele non avrebbe potuto essere usato per riferirsi ad un

    individuo diverso da Aristotele; vuole dire soltanto che, una volta chiamato lindividuo Aristotele

    col nome Aristotele nel mondo attuale wa, quellindividuo rimane Aristotele in tutti i mondi.

    Usiamo cio il nome Aristotele per riferirci al medesimo individuo sia quando parliamo del

    mondo attuale, sia quando parliamo di altri mondi possibili (ovvero, di situazioni contro-fattuali).

    Kripke scrive che i mondi possibili sono stipulati, non scoperti con potenti telescopi (p.

    160). Con ci egli sottolinea il fatto che non dobbiamo pensare ai mondi possibili in termini

    qualitativi, cio nei termini delle propriet e relazioni che descrivono gli oggetti che stanno in quei

    mondi, come se i mondi possibili fossero appunto dei pianeti che noi osserviamo di lontano e poi

    descriviamo: altrimenti quando parliamo di situazioni contro-fattuali che riguardano, ad esempio,

    Aristotele, saremo costretti ad andare a cercare, in ciascun mondo possibile, non Aristotele ma per

    cos dire lindividuo che, in quel mondo, pi gli somiglia. Quando ci chiediamo se Aristotele

    avrebbe potuto non essere il maestro di Alessandro Magno, non ci stiamo chiedendo se

    avrebbe potuto non essere il maestro di A. Magno un individuo simile ad Aristotele (altrimenti

    la nostra domanda avrebbe risposte diverse a seconda che annoverassimo o no lessere stato il

    maestro di A. Magno fra le propriet rilevanti per decidere chi, in questo o quel mondo, assomigli di

    pi ad Aristotele): ce lo stiamo chiedendo di Aristotele, ovvero dellindividuo che chiamiamo

    Aristotele nel mondo attuale. In poche parole, gli individui che si trovano nei mondi possibili

    sono esattamente quelli che ci mettiamo noi quando facciamo le nostre ipotesi contro -fattuali.

    3.2 Enunciati necessari a posteriori

    La tesi della rigidit dei nomi propri ha conseguenze importanti per quanto riguarda i

    rapporti tra verit necessarie e verit a priori. Prima di Kripke, la tendenza diffusa era quella di

    pensare che tutte le verit necessarie fossero anche verit a priori. Il ragionamento che si faceva pu

    essere ricostruito come segue:

    Argomento tradizionale per la tesi: enecessariamente vero evero a priori

    (1)Se un enunciato necessariamente vero, allora vero in tutti i mondi logicamentepossibili

    (2)Ma se vero in tutti i mondi, allora vero indipendentemente dalle caratteristicheempiriche di ciascun mondo, compreso il mondo attuale

    (3)Ma allora, la verit di quellenunciato sar conoscibile indipendentemente dallecaratteristiche empiriche di ciascun mondo, compreso il mondo attuale

    (4)Ma se la verit di quellenunciato conoscibile indipendentemente dalle caratteristiche

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    empiriche di ogni mondo, allora essa conoscibile a priori________________

    (5)Quindi, se un enunciato necessariamente vero, esso anche vero a priori

    Kripke confuta tale argomento facendo vedere che, in realt, ci sono enunciatiche pur essendo

    necessariamente veri, sono veria posteriori. Il ragionamento di Kripke il seguente. Siano NeM

    nomi propri. Supponiamo, inoltre, che N M sia vero: se cos, allora Nsi riferisce allo stesso

    oggetto cui si riferisceM, diciamox. Data la tesi della rigidit dei nomi propri ,Nsi riferir adx

    in tutti i mondi possibili; analogamente, Msi riferir ad xin tutti i mondi possibili. Ma allora N

    M oltre ad essere vero necessariamente vero. Nonostante ci, lenunciato sar a posteriori:

    abbiamo infatti bisogno di vedere come stanno le cose nel mondo per sapere che loggetto cui Nsi

    riferisce il medesimo cui si riferisceM.

    Chiariamo tale ragionamento con un esempio. Sia Nil nome proprio Espero, e Mil nome

    proprio Fosforo. Consideriamo allora il seguente enunciato:

    (12) Espero Fosforo

    Sappiamo, a posteriori, che (12) un enunciato vero: lastronomia ci dice che, in effetti, loggetto

    cui i due nomi si riferiscono lo stesso, ovvero il pianeta Venere. Data la tesi della rigidit dei nomi

    propri, per, Espero si riferisce al pianeta Venere in tutti i mondi possibili, e lo stesso vale per

    Fosforo. Ma se Espero e Fosforo si riferiscono al pianeta Venere in tutti i mondi possibili,

    allora (12) vero in tutti i mondi possibili, vale a dire, (12) necessariamente vero. (12) quindi un

    enunciatonecessario a posteriori: esprime unaverit che tale in tutti i mondi, anche se non c

    modo di conoscere tale verit se non attraverso lesperienza.

    4. La teoria del riferimento diretto

    Abbiamo detto che lidea fondamentale che caratterizza il descrittivismo che la relazione

    tra un nomeproprio e loggetto cui si riferisce non una relazione diretta, bens una relazione

    mediata, indiretta: la relazione tra un nome proprio e il suo riferimento sempre mediata, infatti, da

    una descrizione definita. Equivalentemente, possiamo dire che lidea fondamentale che caratterizza

    il descrittivismo che la relazione di riferimento non una relazione primitiva: essa va analizzata

    nei termini della relazione che c tra una descrizione definita e loggetto di cui essa vera, ovvero

    nei termini della relazione di soddisfazione.

    Confutando, mediante largomento semantico, la validit della tesi descrittivista (i), Kripke

    confuta alla radice la viabilit di tale idea descrittivista. Se infatti le descrizioni definite associate ad

    un nome proprio non sono condizioni n necessarie n sufficienti a determinare loggetto cui il

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    nome si riferisce (se, cio, la relazione di riferimento tra il nome e loggetto che esso designa non

    pu e non deve essere analizzata attraverso la relazione di soddisfazione), allora il nome proprio si

    riferisce alloggetto che esso designa in maniera diretta, immediata. Ecco perch chiamiamo la

    teoria di Kripke Teoria del Riferimento Diretto.

    5. La teoria causale del riferimento

    In realt, la tesi di Kripke del riferimento diretto, ovvero la tesi secondo cui le descrizioni

    definite non servono a fissare il riferimento di un nome proprio, ammette delle eccezioni. Per

    vedere quali sono queste eccezioni, dobbiamo passare per quella che Kripke chiama la teoria

    causale del riferimento.

    5.1 La catena causale

    Chiediamoci allora: se il riferimento di un nome proprio non fissato tramite descrizioni

    definite, come viene fissato? Seppur problematico, il descrittivismo aveva almeno il merito di

    offrirci una spiegazione sul modo in cui il riferimento viene fissato, sul modo, cio, in cui riusciamo

    a riferirci ad oggetti tramite i nomi propri: riusciamo a riferirci ad oggetti perch associamo a

    ciascun nome proprio alcune conoscenze circa loggetto che designa, e queste conoscenze sono

    esplicitate da descrizioni definite. Ma ora che Kripke, mediante largomento semantico, ha demolito

    la sostenibilit di tale tesi descrittivista (la (i)), come possiamo spiegare come avviene il fissaggio

    del riferimento?

    Kripke risponde a tale domanda con la Teoria Causale del Riferimento. Per comprendere

    in cosa consista tale teoria, andiamo alle pp. 169-170 diNome e Necessit, e leggiamo il brano che

    va da Nasce qualcuno, un bambino; i suoi genitori lo chiamano con un certo nome fino a riferirsi

    a Feynman anche se non sa identificarlo in maniera univoca. Cosa ci dice Kripke in questi

    paragrafi? In primo luogo, egli afferma che il fatto che un certo nome proprio N abbia un certo

    riferimento presuppone lesistenza di una catena causaleche collega il riferimento al parlante. Ci

    che fissa o determina il riferimento per Kripke, allora, non il fatto che loggetto che il nome

    designa soddisfa un certo agglomerato di descrizioni definite associate al nome proprio; piuttosto

    lesistenza di una catena causale che va dalloggetto al parlante che usa il nome proprio in quel

    momento. Vediamo allora com fatta tale catena causale:

    a) il primissimo anello rappresentato dal battesimo iniziale, cio dalla primissima

    assegnazione del nome proprio allindividuo. Come avviene tale battesimo? Kripke ce lo dice un

    po pi in l nel testo, a p. 171:

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    Ha luogo un battesimo iniziale. In questo caso un oggetto pu essere denominato

    mediante unostensione, oppure il riferimento del nome pu essere fissato mediante

    una descrizione.

    Il battesimo pu dunque avvenire mediante ostensione, ovvero mostrando/indicando loggetto e

    assegnandogli un nome, oppure mediante descrizione definita. In questultimo caso, il nome

    introdotto per designare qualunque oggetto soddisfi quella descrizione definita. Pensate al caso di

    Jack lo Squartatore: questo nome fu introdotto dalla polizia di Londra per designare lindividuo,

    chiunque egli fosse, che era lautore di certi efferati omicidi seriali. Plausibilmente, il battesimo per

    descrizione utilizzato ogni qualvolta non possiamo essere in contatto diretto con loggetto, ogni

    volta cio che il battesimo non pu avvenire per ostensione: quando abbiamo a che fare con oggetti

    astratti, futuri, ipotetici, o la cui effettiva identit ci sfugge, come nel caso di Jack lo Squartatore.

    Torneremo pi in l su questo punto, dato che questo il luogo dove cercare le eccezioni alla tesi

    generale di Kripke secondo cui le descrizioni definite associate ad un nome proprio non ne

    determinano il riferimento.

    b) Dopo il battesimo, gli anelli ulteriori della catena sono costituiti dai vari eventi

    comunicativi attraverso cuiil nome, o meglio, luso del nome, viene trasmesso da un parlante

    allaltro. Pensate al caso della nascita di un bambino. Latto del battesimo Kripkiano coincide con

    la primissima assegnazione del nome al bambino da parte dei genitori. Gli anelli successivi sono i

    vari atti comunicativi con cui il nome comincia a diffondersi: un anello pu essere la conversazione

    tra i genitori e le infermiere che scriveranno il nome del bimbo sul suo braccialetto; un altro anello

    pu essere la conversazione con i nonni, che apprendono il nome; un altro anello ancora la

    comunicazione ufficiale della nascita del bimbo allanagrafe, fatta dai nonni; e cos via.

    c) N.B.Se un parlante, ad un certo punto della catena, non pi in grado di caratterizzare

    descrittivamente la persona o la cosa cui il nome stato attribuito attraverso il battesimo, ci non

    significa che la catena si sia interrotta: in bocca a quel parlante, il nome continua ad avere lo stesso

    riferimento che aveva allorigine. Ed chiaro che debba essere cos, pena u n ritorno al

    descrittivismo.

    Ora, Kripke precisa pi volte nel testo (un esempio per tutti, in fondo a p. 170) che la sua

    teoria causale pi limmagine di una teoria che non una teoria vera e propria del modo in cui il

    riferimento di un nome proprio viene fissato. Per essere una teoria vera e propria, dovrebbespecificare una serie di condizioni necessarie e sufficienti che la catena causale deve soddisfare per

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    essere una catena che effettivamente fissa o determina il riferimento, cio una catena che riesce a

    compiere il lavoro che stata chiamata a fare. Si veda, a questo proposito, quanto Kripke dice a p.

    170, nel brano che va da il nome viene trasmesso da un anello allaltro ma naturalmente non

    baster, per effettuar un riferimento, una catena causale di tipo qualunque a per poter rendere

    questa teoria una teoria del riferimento davvero rigorosa.

    Affinch dunque la catena causale riesca effettivamente ad assicurare la trasmissione

    corretta di un nome, affinch cio essa riesca ad assicurare che il parlante p usi N con il suo

    riferimento originario, tale catena dovr soddisfare certe condizioni. Lunica, importante

    condizione (necessaria, ma non sufficiente) che Kripke fornisce in tal senso la seguente: chi

    riceve il nome proprio, in qualsiasi punto della catena egli si trovi, deve avere lintenzione di

    usarlo con lo stesso riferimentocon cui lo usava la persona da cui lha appreso. Kripke specifica

    tale condizione a p. 171, in fondo (brano che va da Quando il nome passa.. a non soddisfo

    questa condizione). E chiaro infatti che se ad un certo punto un parlante non rispetta pi tale

    condizione, e comincia ad usare e quindi a trasmettere un uso del nome in cui questultimo non ha

    pi il riferimento originario, la catena si spezza e il riferimento corretto non pi assicurato.

    5.2 Le eccezioni alla falsit della tesi descrittivista (i)

    Esaminata la teoria causale del riferimento di Kripke, siamo ora in grado di comprendere

    meglio quali siano le eccezioni che Kripke ammette alla falsit della tesi descrittivista (i). Infatti,

    abbiamo gi incontrato queste eccezioni quando abbiamo trattato del battesimo per descrizione: gli

    unici casi in cui vera la tesi descrittivista (i) , secondo cui a determinare il riferimento di un

    nome proprio sono le descrizioni definite associate a quel nome, ovvero gli unici casi in cui il

    riferimento indiretto, sono i casi di battesimo mediante descrizione definita.

    Come avevamo accennato sopra, il battesimo per descrizione si ha quando non possibile

    procedere per ostensione: quando abbiamo bisogno, cio, di assegnare nomi propri ad oggetti di cui

    per non possiamo avere esperienza sensibile diretta, come ad esempio si verifica nel caso dioggetti astratti, futuri, o ipotetici. Non essendo in contatto sensibile con questi oggetti, abbiamo

    bisogno, se vogliamo battezzarli, di individuare una certa loro propriet che ne consenta

    lindividuazione in maniera univoca. Tale propriet sar naturalmente espressa mediante una

    descrizione definita.

    Pensate al nome proprio Nettuno. Nettuno fu, in origine, un oggetto puramente ipotetico:

    la sua esistenza venne ipotizzata per spiegare certe perturbazioni nellorbita di Mercurio. Il

    battesimo di Nettuno fu allora un battesimo per descrizione, cio un battesimo che ebbe luogoquando lo scienziato che lo ipotizz disse qualcosa come Chiamo Nettuno il pianeta che perturba

    lorbita di Mercurio: Nettuno il nome proprio, la propriet di essere il pianeta che perturba

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    lorbita di Mercurio la propriet che ci serve ad individuare loggetto che vogliamo battezzare, e

    la descrizione definita il pianeta che perturba lorbita di Mercurio sar quindi la descrizione

    definita che loggetto, qualunque esso sia, dovr soddisfare per essere il riferimento di Nettuno.

    5.3 Enunciati contingenti a priori

    Ammettere i casi di battesimo per descrizione come eccezioni alla falsit della tesi descrittivista (i)

    porta con s una conseguenza rilevante sul piano dei rapporti tra la distinzione verit

    necessarie/contingenti da un lato, e la distinzione verit a priori/a posteriori dallaltro.

    Abbiamo gi visto come Kripke dimostri lesistenza di enunciati che, pur essendo a

    posteriori, sono necessari. Parallelamente, egli mostra anche che vi sono enunciati che, pur

    essendo a priori, sono contingenti. Come la precedente, anche questa conclusione cui Kripke

    perviene andava contro il modo di pensare comune allepoca: si pensava, infatti, che tutte le verit a

    priori dovessero essere per forza di cose verit necessarie. Il ragionamento che si faceva era il

    seguente:

    Argomento tradizionale per la tesi: evero a priori enecessariamente vero

    (1)Se un enunciato vero a priori, allora la sua verit conosciuta indipendentementedallesperienza, ovvero indipendentemente da come fatto il mondo attuale

    (2)Ma se una verit conosciuta indipendentemente da come fatto il mondo attuale, sarconosciuta indipendentemente da come fatto qualsiasi altro mondo logicamente

    possibile

    (3)Ma allora, se conosco una verit a priori conosco una verit che tale in tutti i mondipossibili

    (4)Ma se una verit tale in tutti i mondi possibili, allora essa necessaria_______(5)Quindi, se un enunciato vero a priori, esso anche necessariamente vero

    Kripke dimostra la non correttezza di tale inferenza opponendo dei contro-esempi alla conclusione

    cui essa perviene: facendo vedere, cio, che si danno casi di enunciati che, pur essendo veri a priori,

    sono contingentemente veri. Tali casi coincidono con i casi di battesimo per descrizione, che si ha,

    come abbiamo detto sopra, con oggetti con cui non possiamo essere in contatto diretto, causale:

    oggetti ipotetici, futuri, entit astratte.

    Prendiamo il caso del metro (ma possiamo fare lo stesso ragionamento con oggetti futuri

    ad esempio la cometa che si trover pi vicina alla Terra nel 3010 o con oggetti ipotetici comeNettuno, ovvero il pianeta che perturba lorbita di Mercurio). Un metro un oggetto astratto: una

    lunghezza, una unit di misura. Supponiamo di essere colui che per primo ha introdotto il nome

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    proprio metro nel linguaggio, ovvero colui che ha battezzato una certa lunghezza col nome

    metro. Poich una lunghezza un oggetto astratto, non possiamo ricorrere ad unoperazione

    battesimale per ostensione (non possiamo dire La vedi quella lunghezza? La chiamo metro).

    Per individuarla, abbiamo bisogno di ricorrere ad una propriet (anche non necessaria) di

    quellentit, propriet che verr espressa mediante una descrizione definita. Sia allora tale propriet

    la propriet contingente di essere la lunghezza della sbarra Sa t0. Il battesimo avverr mediante una

    definizione di questo genere:

    (13) metro =(per definizione)la lunghezza della sbarra Sa t0

    N.B.Con ci non stiamo dicendo che metro sinonimo della descrizione definita la lunghezza

    della sbarra S a t0. Stiamo solo fissando il riferimento del nome proprio metro: metro si

    riferisce, per definizione, a quelloggetto astratto che ha la propriet di essere la lunghezza della

    sbarra Sa t0.

    Esplicitiamo ora la stipulazione in cui consiste latto di battesimo attraverso lenunciato:

    (14) La lunghezza della sbarra Sa t0 un metro

    Ora, tale enunciato contingente: ci sono mondi possibili in cui Sa t0 pi lunga o pi corta di

    quel che nel mondo attuale; era perfettamente possibile che la sbarra S, a t0, fosse stata di

    lunghezza diversa da quella che di fatto . Nonostante ci(e qui sta la forza del contro-esempio),

    per lo stipulatoresi badi bene, solo per lui - (14) vero a priori: colui che ha introdotto il nome

    metro conosce lenunciato a priori perch non ha bisogno di andare a vedere com fatto il mondo

    per sapere che (14) vero; che la lunghezza di Sa t0sia un metro qualcosa che egli sa gi, e per la

    semplice ragione che stato lui a deciderlo. In questo modo, quindi, Kripke dimostra che non vero

    che tutte le verit a priori sono anche verit necessarie: ci sono infatti enunciati, come ad esempio

    (14), che pur essendo a priori sono contingenti.