8.Kripke_1213
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Saul Kripke: la teoria del riferimento diretto
[Cfr. W. Lycan,Filosofia del Linguaggio, cap. 3, pp. 44-60; cap. 4, pp. 62-76]
[S. Kripke (1972), Naming and Necessity: lettura di brani selezionati e tradotti in A. Iacona e E.
Paganini (a cura di).,Filosofia del Linguaggio, pp. 151- 176]
Abbiamo visto che, per Frege, sia i nomi propri che le descrizioni definite sono termini
singolari: il loro lavoro quello di contribuire un oggetto alla determinazione del valore di verit
degli enunciati in cui occorrono. Abbiamo anche visto che, invece, per Russelln le descrizioni
definite, n la stragrande maggioranza dei nomi propri sono termini singolari: Russell pensa
infatti che il loro lavoro sia quello di contribuire il valore semantico di espressioni quantificate alla
determinazione del valore di verit degli enunciati in cui occorrono.
Nonostante tale netta divergenza riguardo al contributo semantico di nomi propri e
descrizioni definite, per, Frege e Russell sono daccordo nellaffermare che nomi propri edescrizioni definite funzionano allo stesso modo: tanto per Frege quanto per Russell, infatti, i nomi
propri non sono che abbreviazioni di descrizioni definite(a rigore, bisognerebbe riconoscere che
solo Russell afferma esplicitamente che i nomi propri sono abbreviazioni di descrizioni definite; ma
non sembra del tutto scorretto attribuire tale tesi anche a Frege, dato che egli sostiene che a) il
Senso di un nome proprio il Senso della descrizione ad esso associata; e che b) poich il Senso a
determinare la Denotazione di unespressione, la Denotazione di un nome proprio sar quella, se
c, determinata dal Senso della descrizione ad esso associata). Ad esempio, il nome proprio Alice
Cooper non che una comoda abbreviazione della descrizione definita il famoso cantante shock-
rock. E in virt anche di tale equivalenza che il contributo semantico dei nomi propri il
medesimo di quello delle descrizioni definite (un oggetto per Frege, e una quantificazione
esistenziale per Russell).
Nel sostenere che i nomi propri sono abbreviazioni di descrizioni definite, e che quindi le
descrizioni definite fanno in un certo senso parte del significato dei nomi propri, pur nelle
reciproche divergenze Frege e Russell si opponevano entrambi ad una teoria precedente, ovvero
alla teoria di J. S. Mill. La teoria millianadei nomi proprisosteneva che non c nullaltro nel
significato di un nome proprio a parte loggetto cui il nome si riferisce: il nostro concetto pre -
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teorico di significato, relativamente ai nomi propri, va caratterizzato solo e semplicemente
attraverso la nozione di riferimento. Ad esempio, il nome proprio Galileo Galilei significa (si
riferisce a) lindividuo Galileo Galilei; il nome proprio Londra significa (si riferisce a) loggetto
Londra. Le immediate, ovvie difficolt peruna teoria millianadei nomi propri non sono che un
aspetto dei problemi che, in generale, avevano spinto Frege a postulare la nozione di Senso: il
problema dellinformativit, il problema dei contesti indiretti, il problema dei termini
singolari vuoti.
C un altro modo di caratterizzare la convergenza di vedute di Frege e Russell riguardo al
significato dei nomi propri. Opponendosi al millianesimo, entrambi tali autori abbracciavano una
teoria descrittivista del significato dei nomi propri. Nel prossimo paragrafo ci occuperemo di
delineare pi in dettaglio tale teoria; fare questo ci servir ad apprezzare il pensiero di Saul Kripke
(n. 1941), lautore di cui ci occupiamo in questa dispensa. Kripke, infatti, muove una serie di
obiezioni decisive alle tesi di Frege e Russell secondo cui nomi propri e descrizioni definite
sarebbero espressioni che si comportano, a livello semantico, allo stesso modo. Kripke mostra che
se la teoria milliana dei nomi propri ha gravi difficolt, anche il descrittivismo di Frege e Russell
non naviga certo in acque migliori. Cominciamo allora, come annunciato, con il vedere pi
precisamente in cosa consista il descrittivismo, ovvero il bersaglio polemico di Kripke.
1. Il descrittivismo
Lidea fondamentale che caratterizza il descrittivismo che la relazione tra un nome
proprio e loggetto cui si riferisce non una relazione diretta, bens una relazione mediata,
indiretta: la relazione tra un nome proprio e il suo riferimento sempre mediata, infatti, da una
descrizione definita (o pi di una, come vedremo). In ci, il descrittivismo si oppone al
millianesimo, secondo cui invece la relazione di riferimento una relazione diretta.
Cerchiamo allora di chiarire in che senso, per i descrittivisti, la relazione tra un nome e
loggetto che esso designa una relazione indiretta. Se definiamo il riferimento in questo modo:
Riferimento: la relazione diretta che c tra un nome e loggetto di cui esso nome
e la nozione di soddisfazione in questo modo:
Soddisfazione: la relazione che c tra una descrizione definita e loggetto di cui essa vera
possiamo dire che il descrittivismo coincide con la tesi che la relazione di riferimento non una
relazione primitiva: essa va analizzata nei termini della relazione che c tra una descrizione definita
e loggetto di cui essa vera. In altri termini, la nozione di riferimento per i descrittivisti riducibile
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alla nozione di soddisfazione. Un sostenitore della teoria milliana, invece, affermer che la
relazione di riferimento tra un nome proprio e loggetto che designa una relazione primitiva,
ovvero non analizzabile attraverso la relazione di soddisfazione. Possiamo schematizzare il tutto
cos:
Teoria descrittivista Teoria milliana
Nome proprio Nome proprio
(associato a; abbreviazione di)
Descrizione definita (riferimentoindiretto) (riferimento diretto)
(soddisfazione)
Oggetto Oggetto
Siamo allora gi in grado di vedere perch Frege e Russell sono dei descrittivisti. Per Frege,
la relazione di riferimento esistente tra un nome proprio e loggetto che esso designa una relazione
indiretta: una relazione mediata da quella esistente tra la descrizione definita associata al nome e
loggetto di cui essa vera, cio dalla relazione di soddisfazione. In altre parole, la relazione di
riferimento per Frege mediata dalla relazione esistente tra il Senso del nome espresso mediante
una descrizione definitae loggetto che il nome designa (la Denotazione del nome).
Per Russell, analogamente, la relazione di riferimento esistente tra un nome proprio e
loggetto che esso designa una relazione indiretta: il nome proprio ha un valore semantico, che
quello della descrizione definita che esso abbrevia; tale valore semantico una quantificazione
esistenziale che soddisfatta dalloggetto che il riferimento del nome. Loggetto che il nome
designa non quindi un oggetto cui il nome si riferisce direttamente; loggetto che soddisfa la
descrizione definita che abbrevia il nome. Ad esempio, se il nome proprio Keplero si riferisce a
Keplero, per Russell, solo perch Keplero abbrevia una descrizione definita quale Lo
scopritore della forma ellittica dellorbita dei pianeti, e tale descrizione definita ha un valore
semantico del tipo Esiste uno e un solo oggetto x che lo scopritore della forma ellittica dellorbita
dei pianeti, il quale soddisfatto da un unico argomento, ovvero loggetto Keplero.
N.B.Non a caso, per Russell, gli unici nomi propri genuini, ovvero gli unici nomi logicamente
propri sono quelli che stanno in una relazione di riferimento diretto con loggetto che essi
designano. Tali nomi logicamente propri sono i dimostrativi questo e quello, quando sono usatiper riferirsi a dati percettivi immediati, ad esempio per riferirsi a un dato percettivo di bianchezza:
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solo in questi casi, infatti, abbiamo una conoscenza diretta (o acquaintance, direbbe Russell)
delloggetto designato, ovvero conosciamo loggetto indipendentemente da qualsiasi informazione
lo riguardi. Il nome logicamente proprio non cio labbreviazione di una descrizi one definita, ma
un nome che si riferisce direttamente alloggetto di cui nome. Per chiarire questo punto, bene
marcare il contrasto che per Russell contrappone i nomi propri ordinari (quelli non genuini) ai nomi
logicamente propri. Nomi propri ordinari come Mario, Keplero, Londra, ecc. sono nomi che
apprendiamo/usiamo anche se non abbiamo conoscenza diretta delloggetto, cio anche se non
conosciamo mediante esperienza sensibile loggetto: apprendiamo/usiamo il nome Socrate anche
se nessuno di noi ha potuto avere esperienza diretta di Socrate. Proprio perch non possiamo avere
esperienza diretta delloggetto designato, i nomi propri ordinari si riferiscono alloggetto che
designano solo in quanto quelloggetto cade sotto una determinata descrizione: conosciamo
loggetto che designano solo in modo indiretto, ovvero per mezzo di una descrizione definita. Nel
caso dei nomi logicamente propri, invece, conosciamo loggetto (o meglio il dato percettivo) cui si
riferiscono indipendentemente da qualsiasi informazione lo riguardi: ne abbiamo una conoscenza
diretta, ovvero non lo conosciamo per mezzo di una descrizione definita. Proprio perch si
riferiscono direttamente alla cosa stessa, non possiamo apprendere/usare tali nomi senza sapere
immediatamente a cosa si riferiscono.
1.1 La teoria descrittivista: Frege e Russell
Vista lidea fondamentale che anima il descrittivismo, procediamo a darne una
caratterizzazione pi precisa. Possiamo caratterizzare (una prima versione de) il descrittivismo
come quella posizione teorica riguardo al significato dei nomi propri che sostiene la congiunzione
di due tesi, le seguenti:
Teoria descrittivista
(i)Ad ogni nome proprio N associata una descrizione definita ingrado di determinare loggetto cuiNsi riferisce
(ii)Tale descrizione definita il significato di N
Anche in questo caso possiamo capire perch Frege e Russell sono dei descrittivisti. Tanto per
Frege quanto per Russell i nomi propri sono abbreviazioni di descrizioni definite: a ciascun nome
proprio associata una descrizione definita in grado di determinare loggetto cui il nome si
riferisce. Tanto per Frege quanto per Russell allora vale la tesi (i). Per Frege, inoltre, taledescrizione definita ci restituisce il Senso del nome proprio: dato che il Senso per Frege ci che
afferriamo di unespressione quando la comprendiamo, possiamo dire che la descrizione definita
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associata al nome il significato del nome proprio (o meglio: una componente del significato del
nome proprio; laltra componente la Denotazione). Per Russell, la descrizione definita ci
restituisce, per cos dire, la reale natura di un nome proprio a livello di forma logica: il valore
semantico del nome proprio il valore semantico della descrizione definita che abbrevia. Quindi, la
descrizione definita ci d il significato del nome proprio. Tanto per Frege quanto per Russell allora
vale la tesi (ii).
1.2 La teoria descrittivista dei concetti agglomerati
La versione del descrittivismo delineata sopra non , in realt, la versione del descrittivismo
su cui Kripke maggiormente si concentra. Tale versione, infatti, fu soppiantata da una teoria pi
elaborata, nata dallesigenza di superare alcuni problemi cui il descrittivismo a la Frege-Russell
andava incontro. Stiamo parlando della teoria descrittivista dei concetti agglomerati.
Vediamo innanzitutto quali sono i problemi cui va incontro la versione semplice del
descrittivismo. Sono problemi di cui Frege, come abbiamo visto, era consapevole. In primo luogo,
se affermiamo che a ciascun nome proprio associata una descrizione definita, e quella descrizione
definita il significato del nome, abbiamo il problema di dire qual questa descrizione. Di fatto,
parlanti diversi, ma anche uno stesso parlante in tempi diversi, associano varie e diverse descrizioni
definite allo stesso nome. Il nome proprio Alice Cooper sar ad esempio di volta in volta
equivalente a Il famoso cantante shock-rock, Lex cantante degli Spiders, Lamico di Frank
Zappa.. Quale di queste descrizioni dobbiamo considerare come significato di Alice Cooper?
Se diciamo tutte, allora dovremmo dire che i nomi propri cambiano il loro significato a seconda
del parlante che li proferisce, o che hanno tanti significati quante sono le descrizioni che di volta in
volta vengono loro associate. Ma questo implausibile. In secondo luogo, la descrizione definita
associata al nome dovrebbe essere in grado di determinare loggetto cui il nome si riferisce. Ma
spesso siamo in grado di descrivere loggetto in molti modi diversi: Mos di volta in volta
equivalente a Luomo che ha condotto gli Ebrei attraverso il deserto, Luomo che da bambinovisse alla corte del faraone, Luomo che fu salvato dalle acque del Nilo, ecc. Qual allora la
descrizione definita decisiva per determinare il riferimento del nome? Tutte? La maggioranza, una
buona parte? Le pi importanti? In realt, come osserva Wittgenstein, ogni possibile descrizione
definita rilevante, ma nessuna decisiva: se anche scoprissimo che una descrizione non vera
delloggetto, o che pi descrizioni non sono vere delloggetto, non per questo vorremmo concludere
che il nome privo di riferimento. Il che per ripropone la domanda precedente, in forma diversa:
quando esattamente dovremmo concludere che il nome privo di riferimento? Quando scopriamo,ad esempio, che Mos non ha fatto una delle cose che gli attribuiamo, quando non ne ha fatte due,
tre, 10? Di pi? Le pi importanti?
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Per far fronte a tali problemi, J. Searle propose la Teoria descrittivista dei concetti
agglomerati. Per Searle, ciascun nome proprio associato non ad una descrizione definita, ma ad
un agglomeratodi descrizioni definite, ovvero ad un insieme non ben precisabile di descrizioni
definite. In una data comunit linguistica, ovvero in un dato linguaggio L, ciascun nome proprio
equivalente non ad una singola descrizione ma ad un agglomerato di descrizioni definite, che a
livello formale pu essere reso attraverso una disgiunzione di descrizione definite. Ad esempio, il
nome proprio Aristotele sar equivalente a qualcosa come Il maestro di Alessandro Magno Lo
scolaro di Platone Il filosofo greco nato a Stagira Lautore della Metafisica, dove
appunto il simbolo per la disgiunzione.
Comprendere un nome proprio in quel linguaggio significher associare a quel nome un
numero sufficiente, ancorch vago e imprecisato, di descrizioni definite facenti parti di
quellagglomerato. E lagglomerato, e non una singola descrizione, a essere in grado di
determinare loggetto cui il nome proprio si riferisce. In base a ci, possiamo formulare la Teoria
descrittivista dei concetti agglomerati come la congiunzione di due tesi, cos:
Teoria descrittivista dei concetti agglomerati
(i)Ad ogni nome proprio N associato un agglomerato di descrizioni definite ingrado di determinare loggetto cuiNsi riferisce
(ii)Tale agglomerato di descrizioni definite il significato di N
Potrebbe sembrare che, cos riformulato, il descrittivismo risulti meglio equipaggiato contro i
problemi menzionati sopra. Infatti, non c pi il problema di scegliere quale, tra le varie descrizioni
definite, sia quella che il significato del nome, o, alternativamente, di dover sostenere che il nome
ha un significato diverso a seconda del parlante che lo usa; nel linguaggio L, ciascun nome proprio
significa la disgiunzione delle descrizioni definite che la comunit dei parlanti associa a quel nome.
Analogamente, non c pi il problema di dire quale sia la descrizione definita deputata a svolgere il
ruolo di determinante del riferimento; lagglomerato ora ci che svolge quel lavoro.
In realt, nemmeno cos riformulato, il descrittivismo al riparo da serie obiezioni. Come
Kripkeha avuto il merito di mostrare, lintera rappresentazione descrittiva dei nomi propri
ad essere sbagliata. Vediamo, allora, in cosa consistono le critiche di Kripke alla teoria descrittiva.
2. Gli argomenti di Kripke contro il descrittivismo
In una serie di tre lezioni tenute a Princeton nel 1970, poi raccolte nel libro Nome e
Necessit(1972), Kripkesferr una serie di attacchi decisivi contro il descrittivismo. Tali attacchi
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possono essere raggruppati in tre tipologie: Kripke confuta il descrittivismo attraverso argomenti di
tipo 1) modale, 2) semantico, e 3) epistemico.
Gli argomenti di tipo 1) e 3) sono diretti a confutare la tesi (ii) del descrittivismo. A tale
tesi Kripke oppone la tesi della rigidit dei nomi propri: contrariamente a quanto sostenevano
Frege e Russell, per Kripke nomi propri e descrizioni definite non si comportano affatto allo
stesso modo.
Largomento di tipo 2), invece, serve a confutare la tesi (i)del descrittivismo: a tale tesi
Kripke risponde con la teoria del riferimento direttoe con la teoria causale del riferimento.
Per comprendere bene le critiche di Kripke al descrittivismo, abbiamo bisogno di chiarire
preliminarmente le seguenti distinzioni:
a) verit necessaria verit contingente
Verit necessaria. Consideriamo gli enunciati:
(1) Due pi due fa quattro
(2) Tutti gli scapoli sono uomini non sposati
(1) e (2) sono chiaramente enunciati veri. Ora chiediamoci: le cose avrebbero potuto andare in
maniera tale da far risultare lenunciato (1) falso? Ci sono cio circ ostanze possibili in cui 2+2 non
faccia 4? E analogamente: potrebbe accadere che gli scapoli siano uomini sposati, ci sono cio
circostanze possibili in grado di falsificare lenunciato (2)? La risposta, in entrambi i casi,
negativa: anche se il mondo fosse diverso da come adesso (anche se la storia del mondo avesse
seguito tuttaltro corso), 2+2 farebbe sempre 4 e gli scapoli sarebbero ancora uomini non sposati.
Non ci sono, cio, circostanze che possono rendere falsi questi enunciati.Le verit espresse da (1) e (2) sono verit necessarie: (1) e (2) sono necessariamente veri. Se
un enunciato necessariamente vero, non ci sono circostanze possibili in grado di falsificarlo (e
analogamente: se un enunciato necessariamente falso, non possibile vi siano circostanze che lo
rendono vero).
Kripke esprime la nozione di necessit ricorrendo alla nozione di mondo logicamente
possibile, o pi semplicemente di mondo possibile. Il mondo cos come lo conosciamo, ovvero il
mondo attuale(wa) in cui Obama lattuale presidente degli Usa, la Disney fa cartoni animati, la
Bellucci tanto bella quanto poco portata per la recitazione , di fatto, solo uno dei mondi che
avrebbero potuto darsi, ovvero solo uno tra i tanti mondi possibili. Un mondo identico allattuale,
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ma in cui H. Clinton ad essere lattuale presidente degli Usa, un mondo possibile; un mondo
identico allattuale, ma in cui la Disney produce solo film per adulti e la Bellucci ha vinto un Oscar
come miglior attrice nel 2009 un altro mondo possibile; un mondo in cui accadono tutte queste
cose e in pi la Francia attualmente una monarchia che ha ridotto in schiavit Europa ed Asia,
un altro mondo possibile ancora. Indichiamo i vari mondi possibili con una w(dallinglese world)
seguita da un numero: w1, w2, w3, In base a tale nozione, dicevamo, Kripke definisce quella di
necessit in questo modo:
Verit necessaria: verit che tale non solo nel mondo attuale, ma in tutti i mondi
logicamente possibili
Verit contingente. Consideriamo gli enunciati:
(3) LItalia ha vinto i mondiali nel 2006
(4) Obama il presidente degli USA
(3) e (4) sono veri. Ora chiediamoci: le cose avrebbero potuto andare in modo tale da rendere falsi
questi due enunciati? Sarebbe stato possibile, cio, che lItalia non avesse vinto i mondiali, o che
qualcun altro, e non Obama, fosse stato eletto presidente degli Usa? La risposta che s, sarebbe
stato possibile. Nonostante (3) e (4) siano enunciati attualmente veri, nonostante sia vero cio che
lItalia ha vinto i mondiali nel 2006 e che Obama il presidente degli Usa, non c nessuna
contraddizione nellammettere che le cose sarebbero potute andare diversamente: la Francia, e non
lItalia avrebbe potuto vincere i mondiali; la Clinton, e non Obama, avrebbe potuto essere eletta alla
presidenza degli Usa.
In termini di mondi possibili, possiamo riformulare quanto appena detto affermando che
nonostante i due enunciati siano veri nel mondo attualewa, ci sono mondi possibili w1, , wi in
cui essi sono falsi. Possiamo allora definire la verit contingente in questo modo:
Verit contingente: verit che tale nel mondo attuale, ma non in tutti i mondi
logicamente possibili
b) verit analitica verit sintetica
Tale distinzione collegata a quella tra verit necessarie e contingenti, ma non
perfettamente sovrapponibile.
Verit analitica. Un enunciato analiticamente verose e solo se vero esclusivamente in virt
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del significato dei suoi costituenti. Ad esempio:
(5) Tutti gli scapoli sono uomini non sposati
Ci basta conoscere il significato di scapolo e degli altri costituenti dellenunciato per sapere che(5) vero. Kant diceva che un enunciato analiticamente vero quando il concetto del predicato
gi contenuto nel concetto del soggetto.
Verit sintetica. Un enunciato sinteticamente vero se e solo se vero nonesclusivamente in
virt del significato dei suoi costituenti. In altre parole, per decidere che lenunciato vero,
dobbiamo andare a vedere cosa succede nel mondo, non ci basta conoscere il significato dei suoi
costituenti. Ad esempio:
(6) Bush era presidente degli USA nel 2006
Non ci basta conoscere il significato di Bush o degli altri costituenti dellenunciato per sapere che
(6) vero. Dobbiamo andare a controllare nel mondo se (6) vero o falso. Kant diceva che un
enunciato sinteticamente vero quando il concetto del predicato non gi contenuto nel concetto
del soggetto.
N.B.Come accennato, potrebbe sembrare che le distinzioni a) e b) siano sovrapponibili. In realt,
mentre sembra non controversoche tutte le verit analitiche siano necessarie, c disputa sulla
questione se tutte le verit necessarie siano anche verit analitiche (ad esempio, Kant riteneva che
2+2=4 fosse un enunciato necessario, manon analitico).
Precisate tali distinzioni, possiamo affrontare le critiche di Kripke al descrittivismo, che per
brevit considereremo direttamente nella sua versione della teoria dei concetti agglomerati (a meno
di esplicite segnalazioni).
2.1 Argomento modale
La modalit di una certa proposizione p il modo in cui p vera: se p vera, pu essere
necessariamente vera, o vera in modo contingente. Il punto generale dellargomento modale che
se accettiamo la tesi descrittivista (ii) secondo cui ciascun nome proprio sinonimo di un
agglomerato di descrizioni definite, finiamo per avere conseguenze inaccettabili dal punto di vista
modale: finiamo per considerare analitici, e quindi necessari, enunciati che non sono tali.
Supponiamo allora, come vogliono i descrittivisti, che il nome proprio Aristotele sia
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loggetto cio che il nome designa, quelloggetto (se c) che soddisfa lagglomerato Il maestro
di Alessandro Magno Lo scolaro di Platone Il filosofo greco nato a Stagira Lautore
della Metafisica. Consideriamo allora il seguente caso:
Caso di Gdel/Schmidt: E noto che Gdel fu il logico che per primo dimostr
lincompletezza della matematica. Per un descrittivista (ragioniamo qui per comodit con la
versione semplice del descrittivismo) loggetto cui il nome proprio Gdel si riferisce sar allora
loggetto che soddisfa la descrizione definita Il logico che ha dimostrato lincompletezza
dellaritmetica. Immaginiamo, per, che improvvisamente si scopra che lincompletezza
dellaritmetica stata dimostrata non da Gdel , ma da un certo Schmidt. Gdel si limitato a
sottrargli il manoscritto e a far passare per sua la dimostrazione. Nello scenario descritto, dice
Kripke, un descrittivista costretto a dire che il nome proprio Gdel si riferisce e si sempre
riferito, allinsaputa dei parlanti allindividuo Schmidt, e non allindividuo Gdel: infatti
Schmidt, e non Gdel, loggetto che soddisfa la descrizione definita Il logico che ha dimostrato
lincompletezza dellaritmetica. Ma questo assurdo: nello scenario descritto vorremmo piuttosto
continuare a usare Gdel per riferirci a Gdel: vorremmo dire non che Gdel non si riferisce
pi a Gdel, ma semplicemente che Gdel non ha fatto le cose che credevamo. Dato che la tesi
descrittivista (i) conduce a conseguenze inaccettabili, cio alla conseguenza che, nello scenario
ipotizzato, Gdel si riferisce a Schmidt anzich a Gdel (come intuitivamente invece vorremmo
dire), la tesi descrittivista (i) va rigettata.
Pi nello specifico, si consideri quanto segue. Una propriet una condizione sufficiente per
unaltra propriet quando tutto ci che ha la prima propriet ha anche la seconda (ad esempio, la
propriet di essere padre condizione sufficiente per avere anche la propriet di essere genitore). Se
cos, il caso di Gdel/Schmidt dimostra che essere loggetto che soddisfa le descrizioni definite
associate al nome proprio non una condizione sufficiente a fare delloggetto il riferimento del
nome proprio: Schmidt quellunico oggetto che soddisfa la descrizione associata al nome Gdel,
eppure non il riferimento di questultimo.
Se il caso di Gdel/Schmidt dimostra che non sufficiente, per poter dire che un oggetto il
riferimento di un nome proprio, che quelloggetto abbia la propriet di soddisfare le descrizioni
definite associate al nome proprio, i casi seguenti dimostrano che avere tale propriet non
nemmeno una condizione necessariaperch loggetto sia il riferimento del nome, dove una
propriet condizione necessaria ad unaltra propriet quando tutto ci che non ha la prima
propriet non ha nemmeno la seconda (ad esempio, essere padre condizione necessaria ma non
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sufficienteper essere nonno):
Caso di Richard Feynman e caso di Cicerone: Comunemente, i parlanti ordinari non sono in
grado di associare ai nomi propri Richard Feynman e Cicerone nulla pi che descrizioni come,
rispettivamente, un fisico, un fisico famoso, o un fisico o qualcosa del genere, e un famoso
oratore romano. Come si vede, tali descrizioni non sono nemmeno descrizioni definite: esse sono
certamente soddisfatte da pi di un individuo (di fisici famosi e di oratori romani ce ne sono
diversi). Eppure, sembra proprio che anche il parlante ordinario riesca a riferirsi a Richard Feynman
e a Cicerone quando usa i loro nomi. Possiamo ad esempio immaginare un uomo, che sul conto di
Feynman non saprebbe dire altro che era un famoso fisico, dire al padre Stasera alla tv intervistano
Feynman. In un caso del genere, sembra plausibile dire che, nonostante tutto, il parlante riesce a
riferirsi allindividuo Feynman. Quindi, non necessario che un oggetto soddisfi univocamente le
descrizioni definite associate al nome proprio per essere il riferimento di quel nome: nel caso di
Feynman e in quello di Cicerone, le descrizioni mediamente associate a tali nomi non sono
soddisfatte da un unico individuo, eppure i parlanti riescono lo stesso a riferirsi alloggetto
(allindividuo Feynman, e allindividuo Cicerone).
Ergo, largomento semantico dimostra che la tesi (i) dei descrittivisti non sostenibile. Pi
nello specifico, dimostra che il fatto che un oggetto abbia la propriet di soddisfare alle descrizioni
definite associate ad un nome proprio non una condizione n necessaria n sufficiente affinch
quelloggetto abbia la propriet di essere il riferimento del nome proprio.
2.3 Argomento epistemico
Laggettivo epistemico ci dice che questo argomento concerne lambito della
conoscenza. Per comprenderlo bene, allora, abbiamo bisogno di rivedere la distinzione:
c) verit a priori verit a posteriori
Verit a priori. Sono verit a priori tutte quelle verit conoscibili indipendentemente
dallesperienza. Ad esempio, i seguenti enunciati sono veri a priori:
(5) Tutti gli scapoli sono uomini non sposati
(9) Un oggetto o identico a se stesso
Verit a posteriori. Verit che non sono conoscibili indipendentemente dallesperienza. Ad
esempio, il seguente enunciato vero a posteriori:
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(6) Bush era presidente degli USA nel 2006
La verit di (6), infatti, una verit che posso conoscere solo sapendo come sono andate le cose
(quindi, attraverso lesperienza).
N.B. La distinzione tra verit necessarie e verit contingenti una distinzione metafisica:
riguarda il modo in cui le cose sono, o avrebbero potuto essere, oggettivamente. La distinzione
invece tra verit a priori e verit a posteriori una distinzione epistemica: riguarda il modo in
cui le cose sono o possono essere conosciute da noi. Riguarda cio la nostra conoscenza delle cose,
non come le cose sono in loro stesse, oggettivamente.
Veniamo allora allargomento epistemico. In generale, sembra del tutto plausibile assumere
che se due enunciati hanno lo stesso significato, allora hanno lo stesso profilo epistemico, cio la
loro verit (o falsit) conosciuta esattamente allo stesso modo: se lenunciato e1 ha lo stesso
significato di e2, e se conosciamo la verit di e1a priori, allora anche la verit di e2sar tale da poter
essere conosciuta a priori. Ma, osserva Kripke, se uniamo tale assunzione plausibile alla tesi
descrittivista (ii), abbiamo conseguenze spiacevoli dal punto di vista epistemico. Si consideri,
infatti, il seguente enunciato:
(10) Espero la prima stella visibile la sera
(10) certamente un enunciato vero, e vero a posteriori. Assumiamo ora, come vuole il
descrittivista, che Espero sia sinonimo di La prima stella visibile la sera. Ma se cos, devo
poter sostituire queste espressioni luna allaltra in (10) senza che, per lassunzione di partenza, (10)
cambi il proprio profilo epistemico. Sostituiamo allora La prima stella visibile la sera a Espero
in (10), e vediamo che succede. Otteniamo il seguente enunciato:
(11) La prima stella visibile la sera la prima stella visibile la sera
(11), contrariamente a (10), vero s, ma vero a priori. Dato che (11) non ha lo stesso profilo
epistemico di (10), e dato che lassunzione di partenza sembra non criticabile, ad essere errata deve
essere la tesi descrittivista (ii)cio la tesi che ci ha spinto a considerare come sinonimi (10) e (11).
3. La rigidit dei nomi propri
3.1 Rigidit dei nomi propri vs. non rigidit delle descrizioni definite
Cos che, per Kripke, i descrittivisti non avevano capito? Pensate alla struttura degli
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argomenti modale e epistemico. Il nocciolo di tali argomenti far vedere che la tesi descrittivista
secondo cui ciascun nome proprio sinonimo di una o pi descrizioni definite conduce a
conseguenze inaccettabili sul piano dello statuto modale e epistemico della verit di certi enunciati.
Ci che i descrittivisti non avevano capito, allora, che i nomi propri non si comportano allo
stesso modo delle descrizioni definite. I nomi propri non sono sinonimi di descrizioni definite
perch queste due classi di espressioni funzionano in modo molto diverso luna dallaltra: i nomi
propri, dice Kripke, sono designatori rigidi; le descrizioni definite, invece, sono designatori non
rigidi.
In generale, Kripke definisce designatore rigido qualsiasi espressione che abbia il
medesimo riferimento in tutti i mondi logicamente possibili . Come tutti gli altri nomi propri, il
nome proprio Aristotele un designatore rigido perch si riferisce allindividuo Aristotele in tutti
i mondi possibili, cio al medesimo individuo che, nel mondo attuale, stato chiamato Aristotele.
La descrizione definita il maestro di Alessandro Magno, invece, come tutte le altre descrizioni
definite un designatore non rigido perch non si riferisce al medesimo individuo in tutti i mondi
possibili: nel mondo wa si riferisce ad Aristotele, ma possibile che in w1(mettiamo) si riferisca a
Tizio, in w2a Caio, in w3.. e cos via. Aristotele si riferisce ad Aristotele in tutti i mondi possibili;
il maestro di Alessandro Magno, invece, si riferisce, in ciascun mondo, allindividuo che il
maestro di Alessandro Magno in quel mondo.
La distinzione tra designatori rigidi (i nomi propri) e designatori non rigidi (le descrizioni
definite) permette allora di spiegare in modo adeguato il contrasto tra lenunciato:
(1) Aristotele il maestro di Alessandro Magno
e lenunciato:
(2) Il maestro di Alessandro Magno il maestro di Alessandro Magno
Certamente vogliamo ancora dire che (2) analitico, e necessario: in ogni mondo possibile
lindividuo che il maestro di A. Magno in quel mondo, lindividuo che il maestro di A. Magno
in quel mondo. Ma (1) risulta ora, come desiderato, sintetico e contingente: sintetico perch non c
nulla nel significato di Aristotele che ci dica che Aristotele il maestro di A. Magno;
contingente, perch se Aristotele si riferisce ad Aristotele in tutti i mondi, non in tutti i mondi la
descrizione definita il maestro di Alessandro Magno si riferisce ad Aristotele: non in tutti i mondi,
cio, Aristotele il maestro di A. Magno. Vale a dire, ci sono mondi wi in cui Aristotele non il
maestro di A. Magno, i.e. mondi in cui (1) falso. Ma se cos, (1) contingente.
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N.B. Quando Kripke dice che Aristotele si riferisce ad Aristotele in tutti i mondi, non
vuole dire che il nome proprio Aristotele non avrebbe potuto essere usato per riferirsi ad un
individuo diverso da Aristotele; vuole dire soltanto che, una volta chiamato lindividuo Aristotele
col nome Aristotele nel mondo attuale wa, quellindividuo rimane Aristotele in tutti i mondi.
Usiamo cio il nome Aristotele per riferirci al medesimo individuo sia quando parliamo del
mondo attuale, sia quando parliamo di altri mondi possibili (ovvero, di situazioni contro-fattuali).
Kripke scrive che i mondi possibili sono stipulati, non scoperti con potenti telescopi (p.
160). Con ci egli sottolinea il fatto che non dobbiamo pensare ai mondi possibili in termini
qualitativi, cio nei termini delle propriet e relazioni che descrivono gli oggetti che stanno in quei
mondi, come se i mondi possibili fossero appunto dei pianeti che noi osserviamo di lontano e poi
descriviamo: altrimenti quando parliamo di situazioni contro-fattuali che riguardano, ad esempio,
Aristotele, saremo costretti ad andare a cercare, in ciascun mondo possibile, non Aristotele ma per
cos dire lindividuo che, in quel mondo, pi gli somiglia. Quando ci chiediamo se Aristotele
avrebbe potuto non essere il maestro di Alessandro Magno, non ci stiamo chiedendo se
avrebbe potuto non essere il maestro di A. Magno un individuo simile ad Aristotele (altrimenti
la nostra domanda avrebbe risposte diverse a seconda che annoverassimo o no lessere stato il
maestro di A. Magno fra le propriet rilevanti per decidere chi, in questo o quel mondo, assomigli di
pi ad Aristotele): ce lo stiamo chiedendo di Aristotele, ovvero dellindividuo che chiamiamo
Aristotele nel mondo attuale. In poche parole, gli individui che si trovano nei mondi possibili
sono esattamente quelli che ci mettiamo noi quando facciamo le nostre ipotesi contro -fattuali.
3.2 Enunciati necessari a posteriori
La tesi della rigidit dei nomi propri ha conseguenze importanti per quanto riguarda i
rapporti tra verit necessarie e verit a priori. Prima di Kripke, la tendenza diffusa era quella di
pensare che tutte le verit necessarie fossero anche verit a priori. Il ragionamento che si faceva pu
essere ricostruito come segue:
Argomento tradizionale per la tesi: enecessariamente vero evero a priori
(1)Se un enunciato necessariamente vero, allora vero in tutti i mondi logicamentepossibili
(2)Ma se vero in tutti i mondi, allora vero indipendentemente dalle caratteristicheempiriche di ciascun mondo, compreso il mondo attuale
(3)Ma allora, la verit di quellenunciato sar conoscibile indipendentemente dallecaratteristiche empiriche di ciascun mondo, compreso il mondo attuale
(4)Ma se la verit di quellenunciato conoscibile indipendentemente dalle caratteristiche
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empiriche di ogni mondo, allora essa conoscibile a priori________________
(5)Quindi, se un enunciato necessariamente vero, esso anche vero a priori
Kripke confuta tale argomento facendo vedere che, in realt, ci sono enunciatiche pur essendo
necessariamente veri, sono veria posteriori. Il ragionamento di Kripke il seguente. Siano NeM
nomi propri. Supponiamo, inoltre, che N M sia vero: se cos, allora Nsi riferisce allo stesso
oggetto cui si riferisceM, diciamox. Data la tesi della rigidit dei nomi propri ,Nsi riferir adx
in tutti i mondi possibili; analogamente, Msi riferir ad xin tutti i mondi possibili. Ma allora N
M oltre ad essere vero necessariamente vero. Nonostante ci, lenunciato sar a posteriori:
abbiamo infatti bisogno di vedere come stanno le cose nel mondo per sapere che loggetto cui Nsi
riferisce il medesimo cui si riferisceM.
Chiariamo tale ragionamento con un esempio. Sia Nil nome proprio Espero, e Mil nome
proprio Fosforo. Consideriamo allora il seguente enunciato:
(12) Espero Fosforo
Sappiamo, a posteriori, che (12) un enunciato vero: lastronomia ci dice che, in effetti, loggetto
cui i due nomi si riferiscono lo stesso, ovvero il pianeta Venere. Data la tesi della rigidit dei nomi
propri, per, Espero si riferisce al pianeta Venere in tutti i mondi possibili, e lo stesso vale per
Fosforo. Ma se Espero e Fosforo si riferiscono al pianeta Venere in tutti i mondi possibili,
allora (12) vero in tutti i mondi possibili, vale a dire, (12) necessariamente vero. (12) quindi un
enunciatonecessario a posteriori: esprime unaverit che tale in tutti i mondi, anche se non c
modo di conoscere tale verit se non attraverso lesperienza.
4. La teoria del riferimento diretto
Abbiamo detto che lidea fondamentale che caratterizza il descrittivismo che la relazione
tra un nomeproprio e loggetto cui si riferisce non una relazione diretta, bens una relazione
mediata, indiretta: la relazione tra un nome proprio e il suo riferimento sempre mediata, infatti, da
una descrizione definita. Equivalentemente, possiamo dire che lidea fondamentale che caratterizza
il descrittivismo che la relazione di riferimento non una relazione primitiva: essa va analizzata
nei termini della relazione che c tra una descrizione definita e loggetto di cui essa vera, ovvero
nei termini della relazione di soddisfazione.
Confutando, mediante largomento semantico, la validit della tesi descrittivista (i), Kripke
confuta alla radice la viabilit di tale idea descrittivista. Se infatti le descrizioni definite associate ad
un nome proprio non sono condizioni n necessarie n sufficienti a determinare loggetto cui il
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nome si riferisce (se, cio, la relazione di riferimento tra il nome e loggetto che esso designa non
pu e non deve essere analizzata attraverso la relazione di soddisfazione), allora il nome proprio si
riferisce alloggetto che esso designa in maniera diretta, immediata. Ecco perch chiamiamo la
teoria di Kripke Teoria del Riferimento Diretto.
5. La teoria causale del riferimento
In realt, la tesi di Kripke del riferimento diretto, ovvero la tesi secondo cui le descrizioni
definite non servono a fissare il riferimento di un nome proprio, ammette delle eccezioni. Per
vedere quali sono queste eccezioni, dobbiamo passare per quella che Kripke chiama la teoria
causale del riferimento.
5.1 La catena causale
Chiediamoci allora: se il riferimento di un nome proprio non fissato tramite descrizioni
definite, come viene fissato? Seppur problematico, il descrittivismo aveva almeno il merito di
offrirci una spiegazione sul modo in cui il riferimento viene fissato, sul modo, cio, in cui riusciamo
a riferirci ad oggetti tramite i nomi propri: riusciamo a riferirci ad oggetti perch associamo a
ciascun nome proprio alcune conoscenze circa loggetto che designa, e queste conoscenze sono
esplicitate da descrizioni definite. Ma ora che Kripke, mediante largomento semantico, ha demolito
la sostenibilit di tale tesi descrittivista (la (i)), come possiamo spiegare come avviene il fissaggio
del riferimento?
Kripke risponde a tale domanda con la Teoria Causale del Riferimento. Per comprendere
in cosa consista tale teoria, andiamo alle pp. 169-170 diNome e Necessit, e leggiamo il brano che
va da Nasce qualcuno, un bambino; i suoi genitori lo chiamano con un certo nome fino a riferirsi
a Feynman anche se non sa identificarlo in maniera univoca. Cosa ci dice Kripke in questi
paragrafi? In primo luogo, egli afferma che il fatto che un certo nome proprio N abbia un certo
riferimento presuppone lesistenza di una catena causaleche collega il riferimento al parlante. Ci
che fissa o determina il riferimento per Kripke, allora, non il fatto che loggetto che il nome
designa soddisfa un certo agglomerato di descrizioni definite associate al nome proprio; piuttosto
lesistenza di una catena causale che va dalloggetto al parlante che usa il nome proprio in quel
momento. Vediamo allora com fatta tale catena causale:
a) il primissimo anello rappresentato dal battesimo iniziale, cio dalla primissima
assegnazione del nome proprio allindividuo. Come avviene tale battesimo? Kripke ce lo dice un
po pi in l nel testo, a p. 171:
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Ha luogo un battesimo iniziale. In questo caso un oggetto pu essere denominato
mediante unostensione, oppure il riferimento del nome pu essere fissato mediante
una descrizione.
Il battesimo pu dunque avvenire mediante ostensione, ovvero mostrando/indicando loggetto e
assegnandogli un nome, oppure mediante descrizione definita. In questultimo caso, il nome
introdotto per designare qualunque oggetto soddisfi quella descrizione definita. Pensate al caso di
Jack lo Squartatore: questo nome fu introdotto dalla polizia di Londra per designare lindividuo,
chiunque egli fosse, che era lautore di certi efferati omicidi seriali. Plausibilmente, il battesimo per
descrizione utilizzato ogni qualvolta non possiamo essere in contatto diretto con loggetto, ogni
volta cio che il battesimo non pu avvenire per ostensione: quando abbiamo a che fare con oggetti
astratti, futuri, ipotetici, o la cui effettiva identit ci sfugge, come nel caso di Jack lo Squartatore.
Torneremo pi in l su questo punto, dato che questo il luogo dove cercare le eccezioni alla tesi
generale di Kripke secondo cui le descrizioni definite associate ad un nome proprio non ne
determinano il riferimento.
b) Dopo il battesimo, gli anelli ulteriori della catena sono costituiti dai vari eventi
comunicativi attraverso cuiil nome, o meglio, luso del nome, viene trasmesso da un parlante
allaltro. Pensate al caso della nascita di un bambino. Latto del battesimo Kripkiano coincide con
la primissima assegnazione del nome al bambino da parte dei genitori. Gli anelli successivi sono i
vari atti comunicativi con cui il nome comincia a diffondersi: un anello pu essere la conversazione
tra i genitori e le infermiere che scriveranno il nome del bimbo sul suo braccialetto; un altro anello
pu essere la conversazione con i nonni, che apprendono il nome; un altro anello ancora la
comunicazione ufficiale della nascita del bimbo allanagrafe, fatta dai nonni; e cos via.
c) N.B.Se un parlante, ad un certo punto della catena, non pi in grado di caratterizzare
descrittivamente la persona o la cosa cui il nome stato attribuito attraverso il battesimo, ci non
significa che la catena si sia interrotta: in bocca a quel parlante, il nome continua ad avere lo stesso
riferimento che aveva allorigine. Ed chiaro che debba essere cos, pena u n ritorno al
descrittivismo.
Ora, Kripke precisa pi volte nel testo (un esempio per tutti, in fondo a p. 170) che la sua
teoria causale pi limmagine di una teoria che non una teoria vera e propria del modo in cui il
riferimento di un nome proprio viene fissato. Per essere una teoria vera e propria, dovrebbespecificare una serie di condizioni necessarie e sufficienti che la catena causale deve soddisfare per
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essere una catena che effettivamente fissa o determina il riferimento, cio una catena che riesce a
compiere il lavoro che stata chiamata a fare. Si veda, a questo proposito, quanto Kripke dice a p.
170, nel brano che va da il nome viene trasmesso da un anello allaltro ma naturalmente non
baster, per effettuar un riferimento, una catena causale di tipo qualunque a per poter rendere
questa teoria una teoria del riferimento davvero rigorosa.
Affinch dunque la catena causale riesca effettivamente ad assicurare la trasmissione
corretta di un nome, affinch cio essa riesca ad assicurare che il parlante p usi N con il suo
riferimento originario, tale catena dovr soddisfare certe condizioni. Lunica, importante
condizione (necessaria, ma non sufficiente) che Kripke fornisce in tal senso la seguente: chi
riceve il nome proprio, in qualsiasi punto della catena egli si trovi, deve avere lintenzione di
usarlo con lo stesso riferimentocon cui lo usava la persona da cui lha appreso. Kripke specifica
tale condizione a p. 171, in fondo (brano che va da Quando il nome passa.. a non soddisfo
questa condizione). E chiaro infatti che se ad un certo punto un parlante non rispetta pi tale
condizione, e comincia ad usare e quindi a trasmettere un uso del nome in cui questultimo non ha
pi il riferimento originario, la catena si spezza e il riferimento corretto non pi assicurato.
5.2 Le eccezioni alla falsit della tesi descrittivista (i)
Esaminata la teoria causale del riferimento di Kripke, siamo ora in grado di comprendere
meglio quali siano le eccezioni che Kripke ammette alla falsit della tesi descrittivista (i). Infatti,
abbiamo gi incontrato queste eccezioni quando abbiamo trattato del battesimo per descrizione: gli
unici casi in cui vera la tesi descrittivista (i) , secondo cui a determinare il riferimento di un
nome proprio sono le descrizioni definite associate a quel nome, ovvero gli unici casi in cui il
riferimento indiretto, sono i casi di battesimo mediante descrizione definita.
Come avevamo accennato sopra, il battesimo per descrizione si ha quando non possibile
procedere per ostensione: quando abbiamo bisogno, cio, di assegnare nomi propri ad oggetti di cui
per non possiamo avere esperienza sensibile diretta, come ad esempio si verifica nel caso dioggetti astratti, futuri, o ipotetici. Non essendo in contatto sensibile con questi oggetti, abbiamo
bisogno, se vogliamo battezzarli, di individuare una certa loro propriet che ne consenta
lindividuazione in maniera univoca. Tale propriet sar naturalmente espressa mediante una
descrizione definita.
Pensate al nome proprio Nettuno. Nettuno fu, in origine, un oggetto puramente ipotetico:
la sua esistenza venne ipotizzata per spiegare certe perturbazioni nellorbita di Mercurio. Il
battesimo di Nettuno fu allora un battesimo per descrizione, cio un battesimo che ebbe luogoquando lo scienziato che lo ipotizz disse qualcosa come Chiamo Nettuno il pianeta che perturba
lorbita di Mercurio: Nettuno il nome proprio, la propriet di essere il pianeta che perturba
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lorbita di Mercurio la propriet che ci serve ad individuare loggetto che vogliamo battezzare, e
la descrizione definita il pianeta che perturba lorbita di Mercurio sar quindi la descrizione
definita che loggetto, qualunque esso sia, dovr soddisfare per essere il riferimento di Nettuno.
5.3 Enunciati contingenti a priori
Ammettere i casi di battesimo per descrizione come eccezioni alla falsit della tesi descrittivista (i)
porta con s una conseguenza rilevante sul piano dei rapporti tra la distinzione verit
necessarie/contingenti da un lato, e la distinzione verit a priori/a posteriori dallaltro.
Abbiamo gi visto come Kripke dimostri lesistenza di enunciati che, pur essendo a
posteriori, sono necessari. Parallelamente, egli mostra anche che vi sono enunciati che, pur
essendo a priori, sono contingenti. Come la precedente, anche questa conclusione cui Kripke
perviene andava contro il modo di pensare comune allepoca: si pensava, infatti, che tutte le verit a
priori dovessero essere per forza di cose verit necessarie. Il ragionamento che si faceva era il
seguente:
Argomento tradizionale per la tesi: evero a priori enecessariamente vero
(1)Se un enunciato vero a priori, allora la sua verit conosciuta indipendentementedallesperienza, ovvero indipendentemente da come fatto il mondo attuale
(2)Ma se una verit conosciuta indipendentemente da come fatto il mondo attuale, sarconosciuta indipendentemente da come fatto qualsiasi altro mondo logicamente
possibile
(3)Ma allora, se conosco una verit a priori conosco una verit che tale in tutti i mondipossibili
(4)Ma se una verit tale in tutti i mondi possibili, allora essa necessaria_______(5)Quindi, se un enunciato vero a priori, esso anche necessariamente vero
Kripke dimostra la non correttezza di tale inferenza opponendo dei contro-esempi alla conclusione
cui essa perviene: facendo vedere, cio, che si danno casi di enunciati che, pur essendo veri a priori,
sono contingentemente veri. Tali casi coincidono con i casi di battesimo per descrizione, che si ha,
come abbiamo detto sopra, con oggetti con cui non possiamo essere in contatto diretto, causale:
oggetti ipotetici, futuri, entit astratte.
Prendiamo il caso del metro (ma possiamo fare lo stesso ragionamento con oggetti futuri
ad esempio la cometa che si trover pi vicina alla Terra nel 3010 o con oggetti ipotetici comeNettuno, ovvero il pianeta che perturba lorbita di Mercurio). Un metro un oggetto astratto: una
lunghezza, una unit di misura. Supponiamo di essere colui che per primo ha introdotto il nome
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proprio metro nel linguaggio, ovvero colui che ha battezzato una certa lunghezza col nome
metro. Poich una lunghezza un oggetto astratto, non possiamo ricorrere ad unoperazione
battesimale per ostensione (non possiamo dire La vedi quella lunghezza? La chiamo metro).
Per individuarla, abbiamo bisogno di ricorrere ad una propriet (anche non necessaria) di
quellentit, propriet che verr espressa mediante una descrizione definita. Sia allora tale propriet
la propriet contingente di essere la lunghezza della sbarra Sa t0. Il battesimo avverr mediante una
definizione di questo genere:
(13) metro =(per definizione)la lunghezza della sbarra Sa t0
N.B.Con ci non stiamo dicendo che metro sinonimo della descrizione definita la lunghezza
della sbarra S a t0. Stiamo solo fissando il riferimento del nome proprio metro: metro si
riferisce, per definizione, a quelloggetto astratto che ha la propriet di essere la lunghezza della
sbarra Sa t0.
Esplicitiamo ora la stipulazione in cui consiste latto di battesimo attraverso lenunciato:
(14) La lunghezza della sbarra Sa t0 un metro
Ora, tale enunciato contingente: ci sono mondi possibili in cui Sa t0 pi lunga o pi corta di
quel che nel mondo attuale; era perfettamente possibile che la sbarra S, a t0, fosse stata di
lunghezza diversa da quella che di fatto . Nonostante ci(e qui sta la forza del contro-esempio),
per lo stipulatoresi badi bene, solo per lui - (14) vero a priori: colui che ha introdotto il nome
metro conosce lenunciato a priori perch non ha bisogno di andare a vedere com fatto il mondo
per sapere che (14) vero; che la lunghezza di Sa t0sia un metro qualcosa che egli sa gi, e per la
semplice ragione che stato lui a deciderlo. In questo modo, quindi, Kripke dimostra che non vero
che tutte le verit a priori sono anche verit necessarie: ci sono infatti enunciati, come ad esempio
(14), che pur essendo a priori sono contingenti.