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Editoriale

el 2004 l'Accademia Internazionale di ArteModerna ha ottenuto il riconoscimento di Or-ganizzazione internazionale con status con-

sultivo conferito dal Consiglio Economico e Sociale(ECOSOC) presso l’ONU. Lo status consultivo vienericonosciuto alle organizzazioni internazionali rite-nute in grado di apportare contributi specifici rilevanti- nelle rispettive sfere di competenza - per l'attivitàdelle Nazioni Unite.Da oltre quarant’anni, l'Accademia si impegna per lapromozione della cultura e la diffusione della cono-scenza dell’arte, anche fra i meno abbienti, operandoattraverso numerose delegazioni site sul territorio na-zionale e in 12 Paesi nel mondo.Propone, inoltre, un piano di studi e ricerche tendentia migliorare la qualità della vita, soprattutto negli am-bienti più poveri, attraverso lo sviluppo della culturaa mezzo di scambio di attività promozionali, che fa-voriscano lo sviluppo economico e sociale dei popolisecondo i principi di libertà della Carta delle NazioniUnite. Nel 2004, l'AIAM ha, pertanto, accettato comesacra missione la responsabilità di collaborare con ilDipartimento per gli Affari Economici e Sociali del-l'ONU (UN/ DESA) per l'attuazione e promozione deiprincipi adottati nel 1945 dalle Nazioni Unite.La dignità dell'uomo esige la diffusione della culturae l'educazione di tutti, costituisce il perno intorno alquale far ruotare il progresso per ridurre le disugua-

glianze e proteggere quei diritti inalienabili fissatidall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, pochianni dopo gli orrori dei conflitti mondiali. Mossa datali obiettivi, l’Accademia istituisce corsi di istruzionee di perfezionamento, pubblica un periodico trime-strale, bandisce concorsi per l'attribuzione di premiculturali e promuove cenacoli e conferenze di acca-demici italiani e stranieri, nonché conferenze aperteal dialogo e alla partecipazione attiva.Negli ultimi due decenni, le politiche adottate da uncrescente numero di governi hanno apportato un con-siderevole progresso nell’affrontare le problematicherelative alla crescita e allo sviluppo della popolazione.Sono, tuttavia, emerse nuove dinamiche socio-demo-grafiche, che richiedono rinnovate policy e impegnida attuare a livello nazionale e internazionale, per mi-gliorare il benessere di ogni individuo e promuovereuno sviluppo sostenibile. Di questo e di molto altroabbiamo discusso ad aprile durante gli incontri tenu-tisi presso il Dipartimento per gli Affari Economici eSociali dell’ONU a New York, in occasione del 49th

Session of the Commission on Population and Deve-

lopment, rinnovando un impegno preso, oltre qua-rant’anni fa, dall’Accademia attraverso la persona elo spirito del suo fondatore, avv. Francesco De Bene-detta.

L’ACCADEMIA INCONTRA LE NAZIONI UNITE

«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.»

Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 27

Antonella Romano

N

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A r t i v i s i v e F I N A L I S T I

Patricia ABDALA Uruguay

Florencia ÁLVAREZ Spagna

Angelo SALVATORI

Loretta ANTOGNOZZI

Jacqueline BARBIER Francia

Concettina BERNARDONE

Nathalie BLANCHARD Francia

Virginia BLANCO Spagna

Jessica BROWN Regno Unito

Stephane BRUNET Francia

Fabrizio CALABRESE

Dante CIPULLI Uruguay

Vincenzo CONSIGLIO

Walter DALLABRIDA

Elizabeth DAVIS Regno Unito

Alessandra DE LEONI

Davide DE MARTINO

Rosa DELLA MONICA

Katia DI MELLA

Maria Cristina DIAZ DI RISIO Uruguay

Cecile DURAND Francia

Anna Maria FIOR

Pascal GAILLARD Francia

Agueda GÓMEZ Spagna

Marcello LA NEVE

Gabriela MARCOCCIA Uruguay

Claudia MARCONI

Megan MARTINEZ Regno Unito

Giovanni MATTONI

Enriqueta MORENO Spagna

Ester MUNTONI

Gianni MUNTONI

Frank PARADISI

Carol PAVIO Francia

Laura PEDIZZI

Anna PELLEGRINO

Viorica PETROFF

Teodoro QUARTO

Matteo RENDINE

Anna Rita RENZI

Leonardo ROSITO

Daniel ROUCOUX Francia

Gianluca RUSSO

Aniello SARAVO Francia

Mariah SCOTT Regno Unito

Isabella TAGLIAMONTE

Joop VAN DER LINDEN Paesi Bassi

Carmine VEGLIA

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P U

ÁLVAREZ S

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Trofeo “Medusa Aurea” XXXIX Edizione

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Patricia ABDALA Uruguay

Florencia ÁLVAREZ Spagna

Angelo SALVATORI

Loretta ANTOGNOZZI

Jacqueline BARBIER Francia

Concettina BERNARDONE

Nathalie BLANCHARD Francia

Virginia BLANCO Spagna

Jessica BROWN Regno Unito

Stephane BRUNET Francia

Fabrizio CALABRESE

Dante CIPULLI Uruguay

Vincenzo CONSIGLIO

Walter DALLABRIDA

Elizabeth DAVIS Regno Unito

Alessandra DE LEONI

Davide DE MARTINO

Rosa DELLA MONICA

Katia DI MELLA

Maria Cristina DIAZ DI RISIO Uruguay

Cecile DURAND Francia

Anna Maria FIOR

Pascal GAILLARD Francia

Agueda GÓMEZ Spagna

Marcello LA NEVE

Gabriela MARCOCCIA Uruguay

Claudia MARCONI

Megan MARTINEZ Regno Unito

Giovanni MATTONI

Enriqueta MORENO Spagna

Ester MUNTONI

Gianni MUNTONI

Frank PARADISI

Carol PAVIO Francia

Laura PEDIZZI

Anna PELLEGRINO

Viorica PETROFF

Teodoro QUARTO

Matteo RENDINE

Anna Rita RENZI

Leonardo ROSITO

Daniel ROUCOUX Francia

Gianluca RUSSO

Aniello SARAVO Francia

Mariah SCOTT Regno Unito

Isabella TAGLIAMONTE

Joop VAN DER LINDEN

Carmine VEGLIA

Claudio ALCIATOR Aniello AMATO Evaristo ANDREOLI SEGHETTA Virgilio ATZ Rosario AVENI Anna Maria BALZANO Alessandro BAROCCHI Paolo BARSANTI Federica BERNARDINI Daniela BIANCOTTO Roberto BIGOTTO Ottilia BORDEI DELIA (DELIA DELIU) Davide BORDONI Carmela BRUSCELLA Angelo BRUSCINO Giuseppe CAPUTI Matteo CASALE Luciana CENSI Giacomo COLOSSI Alessandra ANGELO COMNENO Simonetta ANGELO COMNENO Emanuele CORROCHER Domenico D'AMICO Brian DARDANI Stefano DE MATTI Luca DI STEFANO Rosalba DI VONA Ilaria DI ZITTI Guido DORASCENZI Tina EMILIANI Milena ERCOLANI Diego FIGINI Paolo FIORE Monica FIORENTINO Francesca FORTE Piero GAI

Maria Denis GUIDOTTI Ernesto Gioioso GRAZIANO Attilio LANZILLOTTA Oronzo LIMONE David MAGRATZE Salvatore MAIORANA Maria Antonia MANDALÀ Andrea MARCHETTI Gianpaolo G. MASTROPASQUA Paolo MIGGIANO Carmine NATALE Loredana NIGRI Antonio Jerry PALMA Francesco PALMISANO Giuliano PAPINI Fabio Salvatore PASCALE Antonella PERICOLINI Rolando PERRI Riccardo PETRICCA Renzo PICCOLI Fabiano PINI Nicola PIOVESAN Marco PIRRITANO Francesca RIVOLTA Stefania RUTIGLIANO Marco SAPONARO Veniero SCARSELLI Sante SERRA Emir SOKOLOVIC Teodora STANCIU Lucio TARABBORRELLI Laura TONELLI Stefano TONELLI Giuseppe VERRIENTI Stefano ZANGHERI

L i b r o E d i t o F I N A L I S T I

Trofeo “Medusa Aurea” XXXIX Edizione

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Emanuele ALOISI

Anna ANGILERI

Rosario AVENI

Adriana BATTISTA

Roberto BENATTI

Caterina CALDORA

Nazareno CAPORALI

Bernardo CERVIGNI

Giuseppe COSENTINO

Alessandra DE LEONI

Cinthia DE LUCA

Guido DE PAOLIS

Margherita DI FIORE

Irene DUBOEUF

Simone FAVARON

Chiara FERRARA

Matteo FERRARINI

Giuseppe Vittorio FREDDI

Carlo FRONTINI

Antonio GALEAZZI

Giovanni GIANNILIVIGNI

Antonio GIORDANO

Fiorella GOBBINI

Fabio LANDOLINA

Luca LAURENTI

Maddalena LEALI

Franca LITTERA

Anna Maria LOMBARDI

Lidia MALIZIA

Elena MANEO

Marina MARINI

Nicola MOLINO

Michela MONTAGNOLI

Salvatore MUSSO

Marinella PAOLETTI

Catia PUGLIESE

Giancarlo REMORINI

Maria Teresa SACCO

Silvio STRANEO

Massimiliano TESTA

Mario TRICARICO

Sergio TRIPODI

Simone VENTURA

P o e s i a I n e d i t a F I N A L I S T I

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Trofeo “Medusa Aurea” XXXIX Edizione

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a peculiarità di Porto rotondo, rispetto adaltri luoghi di vacanza, è stata quella di «averprivilegiato, sin dall’inizio, un’ottica di svi-

luppo strettamente legata alla cultura e all’arte. […]quella scelta è stata vincente e su questa strada si do-vrebbe continuare». A dirlo è Mario Ceroli, uno deipiù grandi artisti italiani che, insieme ad altri, ha abi-tato con opere di indiscutibile bellezza e originalitàgli spazi e gli edifici di Porto rotondo. Nessun segnodi bellezza ha una ragion d’essere se a guardarlo nonci sono occhi colmi di sensibilità pronti ad impadro-nirsene. Nessun luogo riesce asuperare l’eternità statica dellanatura, evolvendosi e facen-dosi portavoce di una cultura,senza la lungimiranza di uo-mini capaci di andare oltrel’evidenza del presente. Nel 2014 sono stati festeggiatii primi cinquant’anni del vil-laggio di Porto rotondo. Unastoria lunga mezzo secolo, cheha avuto tra i suoi protagonistii più importanti personaggidella scena artistica, politica e culturale mondiale.L'idea dei due fratelli, Nicolò e Luigi Donà dallerose, era tanto ambiziosa negli obiettivi, quanto sem-plice da enunciare: far attraccare artisti ed intellettualidi grande levatura a Porto rotondo, proiettandolasulla scena internazionale e facendola diventare unautentico crocevia culturale ammantato di bellezza.Fu così che le strade del villaggio trovarono un puntod’incontro grazie al genio artistico degli scultori An-drea Cascella, con la splendida Piazzetta San Marco,e Giancarlo Sangregorio, con la piazzetta della dar-sena dei pescatori "Vecchia Darsena". Percorrendo via del Molo, al profumo di salsedine emacchia mediterranea si unisce lo spettacolare per-

corso scultoreo di un’onda di marmo di Orosei in cui,nel 2007, l’artista Emmanuel Chapalain si divertì arealizzare pesci di granito e arenaria gialla, porfidorosso, basalto grigio, con occhi di vetro di Murano.Come se tanta bellezza non bastasse già ad ossigenarelo spirito, nel 1971 - su progetto dello scultore AndreaCascella - venne realizzata la Chiesa di San Lorenzo,successivamente completata, grazie all'impegno dellaFondazione Portorotondo presieduta da Luigi Donàdalle rose, dallo scultore Mario Ceroli. Il progetto venne completato da Ceroli con estrema

originalità, realizzando unatorre campanaria intera-mente in legno, un lucenteportale in cristallo e unamagnifica vetrata raffigu-rante la deposizione di Cri-sto, oltre a uno spettacolarerosone di vetro di Murano.Ma è lo spazio internodella Chiesa a farsi testi-mone e custode del veroestro artistico dello scul-tore. Sulle pareti, in ogni

angolo dell’edificio, si possono leggere tutte le speri-mentazioni e le evoluzioni che hanno segnato la car-riera di Ceroli. Silenziose statue di legno abitano unospazio intriso di sacralità, in cui la condensazione dibellezza è tale da riuscire ad azzerare quella distanzache da sempre separa gli uomini dalle stelle. Allo scultore fu commissionato anche il Teatro MarioCeroli, interamente in granito, realizzato con l'aiutodegli architetti Gianfranco Fini e Marina Sotgiu. A Luigi Donà dalle rose vanno riconosciuti il meritoe il coraggio di chi non si ferma al presente, per guar-dare oltre l’eternità e poter dire con certezza che«Porto rotondo resterà nella storia culturale del-l’umanità».

LUIGI DONÀ DALLE ROSE:

TUTTA L’ARTE DI PORTO ROTONDO

Nato dalla volontà e dalla lungimiranza di Luigi Donà dalle Rose, il villaggio di Porto Rotondo

ha una storia lunga mezzo secolo e ha avuto tra i suoi protagonisti i più importanti personaggi

della scena artistica, politica e culturale mondiale.

ChIESA DI SAN LOrENzO - INTErNO

Antonella Romano

Storie dell’Arte

L

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roma, nel quartiere Eur, sul Palazzo della

Civiltà Italiana - il cosiddetto “Colosseo

quadrato” - è riportata questa frase: «Un po-

polo [quello italiano] di poeti, di artisti, di eroi, di

santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di tra-

smigratori». Oggi, all'opposto, sono gli italiani stessi

a screditare la loro storia e il loro presente, non di

rado associando all'immagine dell'italianità aspetti

di inefficienza, inaffidabilità e mancanza di corret-

tezza.

Tale riflessione ha spinto Pierluigi Cascioli - giorna-

lista, studioso di storia e letteratura italiana, già diri-

gente ministeriale e rappresentante dell'Italia in

diversi organismi internazionali - a condurre un'ap-

profondita riflessione su quali

fossero state le cause di un così

profondo cambiamento di co-

scienza nell'identità del popolo

italiano, passato in pochi de-

cenni dal riconoscersi nel defor-

mante nazionalismo fascista a

smantellare il concetto di italia-

nità, perdendo dunque quella

percezione delle sue origini

forse mai davvero consapevol-

mente posseduta. Ne emerge

un'indagine politica, sociolo-

gica, letteraria ed artistica con-

densata nel volume dal titolo

"Perché dobbiamo essere orgo-

gliosi di essere italiani", edito da Aracne, in cui Ca-

scioli si interroga sulle radici della Civiltà

Euroccidentale, sull'impatto del cristianesimo e della

globalizzazione sulle identità nazionali e su quali

siano stati i movimenti politici e filosofici che, più

di altri, sono stati responsabili dei cambiamenti sto-

rici che sino ad oggi hanno determinato il profilo del-

l'Europa e dell'Occidente, sino ad indagare gli aspetti

che caratterizzano l'identità nazionale italiana.

Le riflessioni dell'autore sono accompagnate dalle

idee di trentacinque studiosi, i cui contributi, con pa-

rallelismi e divergenze, costituiscono tasselli di com-

pletamento alla lunga e complessa indagine

articolata nelle pagine del libro, in cui Cascioli si

propone di giungere all'ambiziosa meta di cogliere

lo Spirito degli italiani, nella sua attualità e nelle sue

radici.

Il lavoro di ricerca di Pierluigi Cascioli, ripercor-

rendo eventi storici e analizzando espressioni lette-

rarie e artistiche, lascerà emergere che l'identità degli

Italici - il nome deriva da Vituli, antico popolo inse-

diato nel VI secolo a.C. nel-

l'odierna Calabria - costituisce

la vertebra di base dell'identità

degli italiani e che elemento

caratterizzante di questo po-

polo fu il realismo, cui lo spi-

rito bizantino si sovrappose

dopo quasi un millennio.

Gli italici diedero, infatti, un

contributo fondamentale al-

l'arte dell'antichità sino al II se-

colo d.C., conferendo, peraltro,

una chiara impronta realistica

ai ritratti, che non trova fonda-

mento nel pathos e nelle sem-

bianze eroiche di ispirazione

ellenistica, ma ha carattere autoctono e rappresenta

la tradizione italica.

Ad avvalorare questa tesi, Cascioli cita opere esposte

al Museo Nazionale romano di Palazzo Massimo,

statue di stupendo realismo. Tra queste, un "ritratto

virile", risalente al I secolo a.C., di un uomo in là con

gli anni: «[...] Era sdentato, lo si vede chiaramente.

DAGLI ITALICI AI GIORNI NOSTRI,

L’ARTE E L’IDENTITÀ DEGLI ITALIANI

«Perché dobbiamo essere orgogliosi di essere italiani»: trentacinque studiosi, guidati dal

prof. Pierluigi Cascioli, si interrogano sulle origini della nostra identità nazionale.

Emiliano Locuratolo

A

Storie dell’Arte

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Sulla fronte le rughe non sono nascoste. Un ritratto

non trasfigurato e idealizzato (alla greca) ma somi-

gliante, realistico (alla italica). Questo volto testimo-

nia il realismo dello Spirito italico, ereditato da noi

Italiani, che siamo realisti come i nostri antenati, gli

Italici».

L'arte italica denota, inoltre, una sensibilità verso la

sessualità molto differente da quella imposta dal cri-

stianesimo, in cui il corpo maschile per secoli non è

stato raffigurato nudo, ma con i genitali coperti dalla

nota foglia di fico. Al contrario, alcune statue italiche

presentano i genitali maschili scoperti, dimostrando

quanto questo popoli non si vergognassero di mo-

strare l'organo generante e avessero uno «spirito più

aperto e sereno nei confronti dell'eros».

Lo sfaldamento dell'impero romano provocò un par-

ziale oscuramento dello spirito realista a vantaggio

dell'affermazione di quello bizantino, in campo arti-

stico, letterario e architettonico, Nella seconda metà

del XIII secolo, tuttavia, lo spirito realistico italico

riemerse gradualmente e superò l'influenza bizantina

grazie all'affermazione delle scuole pittoriche ro-

mane di Pietro Cavallini, Jacopo Torriti e Filippo ru-

suti, sino allo spartiacque che definitivamente

interruppe la lunga parentesi dello spiritualismo bi-

zantino: l'arte giottesca.

Con Giotto, ricompare la «rappresentazione degli

Stati psicologici dei personaggi». Egli conferisce

corporeità, emozione e umanità ai suoi soggetti, la-

sciando riemergere quello spirito realista rimasto in

letargo per alcuni secoli, proprio nel periodo storico

in cui - con l'affermazione del "volgare" - nasce la

prima identità nazionale degli italiani.

Lo studio del prof. Cascioli ricorda, inoltre, come il

realismo e la razionalità degli antichi italici siano

stati trasposti anche nell'impianto urbanistico delle

città rinascimentali, che ritrova ordine e razionalità

a seguito della confusione architettonica sperimen-

tata nel Medioevo, nonché nella scienza che scopre

e sfrutta elementi di realtà, con Leonardo da Vinci,

Niccolò Machiavelli e Galileo Galilei.

Nel suo libro, Pierluigi Cascioli affronta, dunque,

temi di grande complessità e, al contempo, straordi-

naria attualità, ribaltando gli approcci di analisi più

classici e diffusi, e stimolando nel lettore la necessità

di costruirsi una propria visione personale, alla luce

dei nuovi, numerosi elementi posti in risalto nel

testo. Ne emergerà, al termine della lettura, quanto,

al pari di altri popoli, anche il popolo italiano abbia

difetti, ma che il principale consista nel fatto che tut-

tora ignori il proprio grande valore.

rITrATTO VIrILE, I SEC. A.C.rOMA, MUSEO NAzIONALE rOMANO

rITrATTO, III-II SEC. A.C.MUSEO NAzIONALE rOMANO

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emore di un passato di sacrifici e diffi-

coltà, di perdite affettive e grandi respon-

sabilità, il Maestro Benedetto robazza

incarna il profilo dell'artista che si è fatto da sé par-

tendo dal nulla, marcando una carriera artistica di

oltre sessant’anni, sino all’imminente apertura del

Museo Civico di rocca Priora, interamente dedicato

alle sue opere.

Orfano del padre da giovanissimo, robazza vive la

sua infanzia nell'Italia del secondo dopoguerra, mo-

dellando personaggi

di creta del presepe e

vendendoli per pochi

spiccioli a piazza Na-

vona, poi dipingendo

per guadagnarsi da vi-

vere. La sua carriera

artistica lambisce il

Belgio, ove il Maestro

apprende la lavora-

zione delle pietre pre-

ziose, poi la

Germania, infine gli

Stati Uniti, ove la sua

notorietà cresce espo-

nenzialmente, sino al-

l'importante mostra

personale ad Albany, capitale dello stato di New

York, e all'apertura di una galleria a Manhattan, la

"Benedetto Gallery".

richiesto dai maggiori esponenti politici, ecclesia-

stici e dello spettacolo della seconda metà del Nove-

cento, il Maestro realizzerà numerose effigi di

personaggi di fama internazionale. Tra queste: un

busto bronzeo del Presidente statunitense ronald

reagan, ad ora custodito nella Casa Bianca; due ri-

tratti del Papa Giovanni Paolo II, uno dei quali in Va-

ticano; i bronzi di re Bhumidol rama IX e della re-

gina Sirikit di Thailandia, nel palazzo reale di Ban-

gkok. Vi si affiancano opere di incalcolabile valore

artistico: dai nudi femminili che riscossero tanto suc-

cesso negli Stati Uniti alle sculture in memoria delle

vittime del terrorismo in Italia; dal bassorilievo della

Sacra Sindone ai candelabri a sette braccia destinati

ai Musei dell'Ebraismo di roma e Gerusalemme,

fino alla raffigurazione di quell'elemento della forza

fisica così ben espresso nella scultura "Esaspera-

zione", una copia

della quale è parte

della collezione del-

l'AIAM. Sopra tutte,

spicca tuttavia la

creazione scultorea

che costituisce

l'apice del suo estro

creativo: l'Inferno

della Divina Com-

media.

Profondamente se-

gnato dalle forti

esperienze di solitu-

dine e dolore della

sua giovinezza, Be-

nedetto robazza ri-

volge la sua attenzione alla genialità dell'opera

dantesca, tremenda metafora di quei dissidi del-

l'animo umano che lo stesso artista vide declinati in

diverse esperienze della sua vita.

I trentaquattro canti dell'Inferno prendono vita nei

bozzetti che egli disegna ascoltandone i versi e si tra-

ducono in 18 pannelli di marmo-resina in altorilievo,

forse la tecnica più congeniale all'espressione arti-

stica robazziana, che costituiscono un nastro della

lunghezza di quarantacinque metri e restituiscono al

DENTRO L’AIAM, DENTRO L’ARTE.

IL MAESTRO ROBAZZA SI RACCONTA

Artista di straordinaria completezza, Benedetto Robazza è scultore

di amore e dolore, di denuncia e giustizia, di grande trasporto e passione.

Redazione

M

Storie dell’Arte

IL MAESTrO rOBAzzA NEL SUO STUDIO A rOMA

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fruitore dell'opera l'intero universo immaginifico

dantesco, caricando di forte realismo volti e azioni

di quegli ospiti delle bolge infernali di cui canta il

Sommo Poeta.

Ne emerge una potenza narrativa di sconcertante

semplicità e, perciò, di grande impatto evocativo,

tanto per coloro che già hanno conoscenza dei versi

danteschi, quanto per chi vi si avvicina per la prima

volta, al punto da travalicare i confini del gusto arti-

stico occidentale e giungere ad affascinare universi

culturali ben lontani da quello italiano.

In particolare, la critica e il pubblico della Cina

hanno lasciato emergere uno straordinario interesse

all'opera del Maestro, affollando le sale del Museo

di Arte Comtemporanea Art Center Seven di Wen-

zhou, nel sud-est del Paese, prima tappa di un calen-

dario itinerante su scala mondiale iniziato ad agosto

del 2011.

La completezza del profilo artistico del Maestro ro-

bazza si estrinseca anche nel suo impegno in ambito

politico e sociale, entro i cui confini l'opera "re-

venge" costituisce una chiara denuncia contro il po-

tere e l'ingiustizia subìta, intesa come mancanza di

libertà e sottomissione. L'arte diviene, qui, chiave di

interpretazione politica, ponendo domande unanime-

mente condivise da coloro che nei confronti della po-

litica stessa nutrono disaffezione e, al contempo,

fornendo una personale risposta dell'artista all'op-

pressione materiale e morale conseguente all’eserci-

zio del potere.

Artista di straordinaria completezza, Benedetto ro-

bazza è scultore di amore e dolore, di denuncia e giu-

stizia, di grande trasporto e passione. Il suo legame

emozionale con l'arte supera la tecnica, elevandolo

all'Olimpo dei grandi artisti contemporanei e, al con-

tempo, sottolineandone una passionalità assoluta-

mente terrena, al punto da fargli ironicamente

pronunciare, nel ripercorrere i versi della Divina

Commedia: «[...] perché io non andrò in Paradiso,

ma all'Inferno. È lì che ho da fare». Quasi come se

gli angeli danteschi non fossero di sufficiente ispira-

zione per il suo focoso estro artistico.INFErNO, pannello (dettaglio)

2 m x 2,50 m

rOBAzzA CON L’OPErA rEVENGE

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nch’io ho ben presente il castello arago-

nese, per qualche anno dimora di Vittoria

Colonna, la gentile poetessa platonica-

mente amata dal grande Michelangelo. Alcuni anni

or sono (era il 2004) ero stato invitato dal direttore

artistico di “Ischia musica festival”, il M.° Paolo

Ponziano Ciardi, perché in tre serate di luglio (7, 14

e 21) completassi i concerti di musica da camera con

la poesia, affinché gli spettatori (quasi tutti stranieri,

e anglofoni) se ne tornassero in patria con negli occhi

e nel cuore lo spettacolo meraviglioso del golfo par-

tenopeo e la musica secentesca di alcuni tra i più

grandi compositori. Così, tra un’esecuzione e l’altra

dell’ensemble (otto archi e due soprani), io intratte-

nevo il pubblico in italiano e in inglese parlando di

poesia e leggendo poesie. Volutamente non dichia-

ravo il nome dell’autore, che – invece – diventava

oggetto di domanda diretta alla fine della serata!

«Could anyone tell me who is the poet whom I’ve

recited?» (qualcuno mi sa dire chi è il poeta di cui

vi ho recitato alcune poesie?). Nel quasi generale si-

lenzio, qualche risposta timida era: Tennyson, oppure

Kipling.

Altri, avendo colto l’asciutta efficacia musicale del

verseggiare, arrischiava Masters, oppure Eliot o

Pound o Auden. Solo allora io rispondevo: «Gentile

pubblico, il poeta è Karol Wojtyla; sì il papa, e i versi

sono stati tutti da me tratti e tradotti in inglese dalla

sua raccolta più bella e significativa: “Canto del Dio

nascosto”.

Aveva 26 anni quando la completò: lo stesso anno in

cui fu ordinato sacerdote. Secondo il futuro santo, la

poesia è saldamente ancorata alle certezze sopranna-

turali però non deve ignorare il dramma delle vi-

cende umane.

Da qui la commossa, empatica partecipazione del

giovane autore (e sacerdote), consapevole del pro-

prio “vuoto”, ed estenuato da tante vessazioni cui il

suo popolo era stato sottoposto dall’invasione nazista

con relative deportazioni e stermini di massa.

IL “CANTO DEL DIO NASCOSTO”

DI KAROL WOJTYLAL’opera del giovane poeta Wojtyla compie 70 anni

A

Cultura e Lettura

“Ancora, o Ischia, il tuo castello vedo

alto sull’onde e sulle sabbie,

come un veliero sommerso…”

(henry W. Longfellow)Prof. Aldo Jatosti

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L’uomo – tuttavia – deve proseguire il pel-

legrinaggio (viene in mente il coro verdiano Na-

bucco), senza lasciarsi sbigottire, anzi cercando di

trasformare «le acque oscure della notte […] in pa-

role di preghiera».

Perché – è sempre la poetica wojtyliana – anche se

l’uomo non è in grado di penetrare l’interezza del-

l’Essere, “sente” la presenza dell’Unico che possa

dargli amichevolmente, paternamente, maternamente

(ora aggiungo: misericordiosamente!) una mano.

Il “Canto del Dio nascosto” – presentato

anonimo – era stato preceduto da un’altra raccolta di

liriche: “Salmo rinascimentale / Libro Slavo”.

Lolek (diminutivo di Karol) era da anni

molto impegnato, quasi conquistato dalla cultura,

dalle lettere, dal teatro, dagli studi universitari. Per

fare fronte a tutto ciò lavorava duramente come ope-

raio all’insaputa dei suoi padroni, spesso aiutato dai

colleghi che lo “coprono”, anzi lavorano anche per

lui. Scrisse poi Karol che quella fu una scuola di vita,

anzi «imparai nuovamente il vangelo», avendo ac-

canto tanti buoni samaritani. L’elemento umano, per-

ciò, è uno dei due cardini della sua weltanschauung

e l’altro è “il divino”.

Il filosofo tedesco Ernst Bloch (di cui Karol

Wojtyla non ignorava il pensiero) aveva parlato

dell’umanità concreta delle creature di Dio, come si

può vedere e toccare con mano nell’esperienza quo-

tidiana: homo editus lo aveva chiamato, che incon-

trando l’altro, il simile, diventa persona e così si

accorge di essere depositario dei diritti inalienabili

della dignità. Parlandoci del Padre, Gesù ci addita

quella particolare dignità che perviene all’uomo dal

lavoro: togliere il lavoro all’uomo significa “privarlo

dell’onore” (Laborem exercens, enciclica del

14.09.1981) nella quale scriverà a chiare note, me-

more del suo periodo di operaio: «Quando il lavoro

aliena l’uomo senza farlo crescere, è un lavoro con-

tro l’uomo, che ne viene reso schiavo». Non è Karl

Marx: è Karol Wojtyla!

Dio non può volere il male se non in vista di un bene

più grande, proprio come dalla morte sboccia una

nuova vita: “Sulla tua bianca tomba / sbocciano i

fiori bianchi della vita / […] sulla tua bianca tomba

/ qualcosa sembra sollevarsi / inesplicabile come la

morte”. Sono versi del Salmo rinascimentale che ho

già citato, che contiene anche un Magnificat (1939).

Il giovanissimo poeta canta il Signore e lo ringrazia

di tutto: delle stagioni, della natura, delle gioie, dei

dolori, delle fatiche quotidiane. C’è contiguità con i

testi biblici, mentre la sua ricerca scolastica sembra

tendere a un incontro tra realismo e simbolismo esi-

stenziale, non diversamente da ciò che capiterà ad

un altro giovane prete-poeta: David Maria Turoldo,

che nel 1948 pubblicò la raccolta di liriche (la prima)

“Io non ho mani”.

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mily Jane Brontë (Thornton, 30 luglio 1818– haworth, 19 dicembre 1848) fa parte dellaschiera di autori inglesi che chiunque, almeno

una volta nella vita, ha sentito nominare. Allo stessomodo il suo unico romanzo, Wuthering heights, èuniversalmente considerato un capolavoro letterario.Ma per quanto possa essere considerato opera di fan-tasia di un’autrice geniale, Wuthering heights per-mette di varcare la soglia di un mondo reale a noigeograficamente distante e apparentemente inospi-tale, l’universo dellemoors inglesi. È nellesconfinate distese delloYorkshire, infatti, che laBrontë decide di am-bientare il suo unico ro-manzo descrivendone –come il più abile deipaesaggisti – colori eimpressioni, asprezza edesolazione. Ma in Wutheringheights c’è dell’altro: èla rappresentazione diun mondo interioriz-zato, cupo e malinco-nico, tanto passionalequanto intenso. È l’esternazione diquello che potremmodefinire “il mondo se-greto di Emily Brontë”.Nei loro momenti di maggior pathos, i personaggi diWuthering heights riflettono sul potere della mortee della memoria, sul senso di prigionia e sul deside-rio di evasione.Temi, questi, che Emily aveva già sviscerato nel suodiario segreto, a cui – sotto forma di poesia - affida

la sua parte più intima e tormentata.Le confidenze che la Brontë rivela al suo muto ascol-tatore riguardano l’impossibilità di gioire, su questaterra, di ciò che la vita offre aspirando alla felicitàeterna nel glorioso regno (“glorious world” nelle pa-role della scrittrice) dell’aldilà. In parole più semplicipotremmo affermare che la scrittrice medita sulladrammaticità della vita terrena, esalta il grande mi-stero della morte a cui tutti siamo destinati e, soprat-tutto, parla di se stessa come di un’anima

imprigionata in un corpocarnale che aspetta solo diessere liberata. Da chi ocosa voglia essere liberatal’autrice non è dato saperlo.Ciò che è certo è che la vitanon è stata generosa neisuoi confronti (ricordiamoche la Brontë perde lamadre e due sorelle quandoè ancora una bambina) e,dunque, non dobbiamo stu-pirci se la fanciulla cerca al-trove la felicità, né chequesto altrove sia l’aldilà incui crede fermamente inquanto figlia di reverendo.Ed è proprio per questa suaparticolare visione dellavita che le è stata attribuital’etichetta di death-oriented

poet, così come quella di poet of loss, ovvero poe-tessa della perdita. Un appunto, tuttavia, sembra do-veroso: se la morte è percepita come la possibilità diun nuovo ed entusiasmante inizio, non sarebbe piùopportuno, nel caso di Emily Brontë, parlare di con-quista piuttosto che di perdita?

IL MONDO SEGRETO DI EMILY BRONTË

“La libertà come conquista”.

Laura Piserà

E

Cultura e Lettura

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o partecipato come ospite anche all'ultima

centoduesima edizione della storica rasse-

gna d'arte appena conclusa. Attendo sempre

con commozione e fibrillazione ogni edizione.

La mostra si ripete con la formula attuale sin dal

1970 anche se è dal 1956 che via Margutta ha as-

sunto il titolo di strada dell'arte di roma. Si espone

per quattro giorni di seguito, all'aperto, protetti da

romantici ombrelloni. La notte tutelano i quadri dei

guardiani. Nonostante si stia all'aperto si vive in una

strana atmosfera emotiva, come se il tempo non sia

mai trascorso, come se Fellini ancora vivesse li,

come se le storiche gallerie fossero ancora attive,

come se Novella Parigini ancora mi potesse cocco-

lare bambina. I problemi quoti-

diani fuori.

Passa tutto il mondo per via

Margutta durante la mostra, tu-

risti, romani, curiosi, intenditori

d'arte, fidanzatini, poveri, critici

d'arte, giornalisti, cafoni con

macchine gigantesche, un calei-

doscopio di umanità varia, ma

avvinta dall'interesse per l'arte.

Da decenni la storica rassegna è

presieduta dal Maestro Alberto

Vespaziani, coadiuvato tra gli

altri anche da mio padre Franco

Fragale, finché non è volato nei

verdi pascoli. Insieme hanno

fondato la corrente pittorica dell''Effettismo' (sull’Ef-

fettismo si segnala l’approfondimento al numero 82

del Notiziario dell’AIAM, p. 15).

Ogni pittore esprime il suo mondo con onestà intel-

lettuale. Grandi espressioni del figurativo, del naïf,

dell'astrattismo moderato, della scultura, di tecniche

innovative. Talmente tante opere che persino per chi

la vive rimane difficile intenderle tutte. Sembra un

miracolo che si ripeta questa rassegna anacronistica

e moderna allo stesso tempo, nonostante la scarsa at-

tenzione delle istituzioni, come ha recentemente ri-

ferito il Presidente in una intervista alla tivù. Per

entrare a far parte del gruppo dei Cento o tra gli

ospiti occorre dare prova di abilità pittorica e di di-

segno, ci sono selezioni aspre, lunghe gavette e di

edizione in edizione si allunga il numero di do-

mande.

Un microcosmo di Arte, un piccolo paese di artisti,

una complicatissima e faticosa organizzazione che

consente che si ripeta la manifestazione più volte

l'anno.

Per il centenario ha inaugurato Vittorio Sgarbi, come

ha detto lui, perché «il Papa era troppo impegnato ed

il Sindaco dimissionario».

ricordo quella poesia di quadri sin da bambina,

quando trotterellavo con le mie sorelle tra i cavalletti.

Era un tempo migliore, ma ancora oggi non posso

non percepire il valore ed il calore della rassegna.

100 PITTORI DI VIA MARGUTTA: LA STORIA

Un microcosmo di Arte, un piccolo paese di artisti, una complicatissima e faticosa

organizzazione che consente che si ripeta la manifestazione più volte l'anno.

Francesca Romana Fragale

H

Arte a roma

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ita e sogno, vita e teatro: nell’andamento si-

nuoso e barocco del “Calderon” secondo

Pier Paolo Pasolini si annodano trame e li-

velli differenti, interrogazioni sul senso d’identità e

sul potere disperso ed occulto dell’oggi.

Un intricato sistema di relazioni lega vita, sogno e

teatro al gran teatro del mondo messo in scena nel

1635 da Pedro Calderon de la Barca nel suo famoso

La vita è sogno, da cui è tratta la tragicommedia pa-

soliniana. Il dramma di Calderon – diceva ronconi,

che all’opera dedicò più di uno spettacolo – è «mo-

dello, paradigma, archetipo, summa ed origine di in-

finite riscritture parziali o totali più o meno larvate».

La libera riscrittura di Pasolini messa in scena da Fe-

derico Tiezzi, prodotta dal Teatro di roma e dalla

Fondazione Teatro della Toscana, si basa sul sogno

freudianamente inteso come soddisfacimento di de-

sideri che non si possono avverare nella realtà. La

tesa ed audace regia di Tiezzi, coadiuvata da una sce-

nografia essenziale e funzionale, permette agli attori

– fra cui si segnalano Francesca Benedetti e Sandro

Lombardi – di esprimersi al meglio.

La labirintica opera in versi scandita in stasimi ed

episodi come una tragedia greca, parte dunque dal

testo di Calderon de La Barca da cui riprende i per-

sonaggi principali, Basilio, Sigismondo, rosaura per

esporre episodi che hanno in comune la situazione

del sogno inteso come desiderio di situazioni esisten-

ziali diverse dalla realtà e in una prospettiva che con-

sidera il Potere come forza determinante, irriducibile

al cambiamento se non in forme mimetiche atte a

renderlo sempre uguale a se stesso e da cui non si

può assolutamente uscire.

Di grande attualità il tema del volto nuovo del dispo-

tismo, frutto malvagio e insidioso delle democrazie,

peggiore del fascismo perché assume un aspetto

mite, irriconoscibile. «Bloccati in una storia e una

società cui non vogliono appartenere, i protagonisti

di Calderon vivono nello spazio doloroso fra la rab-

bia e la nostalgia, l’amore per il mondo e il rancore

verso gli adulti, i padroni della storia», spiega Fede-

rico Tiezzi. Uno degli assi portanti di Calderon è la

sua dimensione edipica e incestuosa: Basilio, re e

padre, è il simbolo del potere, della realtà, ben di-

versa dal sogno dell’individuo, vana ricerca di

un’espressione di sé, di un’identità che non è con-

cessa.

L’amore incestuoso di rosaura per Sigismondo o per

il giovane Paulo non è che un rifugio, una via di fuga

dalla realtà. In questa grottesca parabola, la protago-

nista rosaura si risveglia sempre estranea a se stessa:

solo nel sogno si può identificare ogni volta in una

persona diversa, ventenne aristocratica che si con-

giunge con il vero padre Sigismondo, prostituta che

si innamora del proprio figlio sedicenne, donna ma-

tura che sogna di Enrique, il giovane rivoluzionario.

Ma il processo di identificazione, identificazioni im-

maginarie s’intende, che spesso si apparentano alla

follia, è cosa diversa dall’identità, possiamo pensare

siano un appiglio irrinunciabile, un significante sotto

cui collocarsi anche senza essere in grado di interro-

garlo.

TEATRI DI POESIA: ALL’ARGENTINA CALDERON

DI PIER PAOLO PASOLINI

Un intricato sistema di relazioni lega vita, sogno e teatro al gran teatro del mondo messo in

scena da Pedro Calderon de la Barca, da cui è tratta la tragicommedia pasoliniana.

Francesca Graziano

V

Spettacolo

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erceiving colors is an activity we undertake

every day. Colors activate about half our

brains. We experience joy

and pleasure in color. Sometimes we notice that

unexpected emotional reactions are invoked, when a

pastel artwork is stripped of its protective glass sheet.

Suddenly, the true magnificence of the color palette

is visible as it was chosen by the artist. The glass

makes the work less vibrant it seems. how come,

there is such a difference between the perception of

a pastel work with and without glass, and what is the

effect of the properties of the light that hit the ar-

twork, the angles at which the work is viewed and

the properties of the eye itself. Integrally connected

to the medium "pastel", there are other amazing vi-

sual color effects available. The lack of gloss is one

of them. There is also the phenomenon of “retro re-

flection”, which is the effect that the incident light is

reflected back to the direction of the light source.

The use of protective glass sheets, affects a pastel

work in more ways. To make a virtue of necessity in

this regard, it is possible to make use of scalloped ar-

tists glass. The human eye is most sensitive to the

color green. This fact does have a remarkable in-

fluence on portrait painting. In the portraits of Vin-

cent van Gogh green is present. Perhaps this

indicates an unstable state of mind of the artist or the

sitter. remember that a camera has a set of glass len-

ses with certain properties that modifies the image.

And, the digital processing executed in modern ca-

meras will also contribute to changing picture colors.

A camera looks with just "one eye". Effects of color,

form and line, experienced with two eyes, are filtered

out. An energy source, such as the sun, a lamp or a

candle, produce a set of different types of radiations.

Light, is one of these radiations. Colors that are not

present in the incident light, cannot be reflected and

are therefore also not detectable by the eye. human

eyes have the ability to distinguish ten million colors.

On the sensitive part of the eye, are 7 line pairs per

millimeter distinguishable. One hundred years ago,

the majority of the population lived with natural

light, in the open air. Now our work and life is mo-

stly located indoors. We have thereby become accu-

stomed to artificial light. The artist too. Daylight of

proper quality is no longer sought by the artist. Art

is now “produced” by electric light. In an exhibition,

therefore, preferably all natural light has to be bloc-

ked out. Artificial light, usually of poor quality, is

switched on, to copy the studio conditions. Artificial

light is shabby light, when compared to natural light.

Natural light has a full color spectrum, is soft in na-

ture, it reflects the colors correctly and it has no vi-

brations, characteristic to the use of alternate current.

Good artificial light makes a visit to a museum or an

exhibition pleasant, where poor lighting makes the

visit tiring.

TECHNICAL NOTES FROM THE PASTEL CLASSROOM

The human eye is most sensitive to the color green. In the portraits of Vincent van Gogh green

is present. Perhaps this indicates an unstable state of mind of the artist or the sitter.

Joop van der Linden

P

Studi e scoperte

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Gli Artisti dell’AIAM Pubblicazioni

’85° anniversario è untraguardo di tutto ri-spetto; un momento dibilanci nel quale affio-

rano i ricordi. Le esperienzepiù importanti, che hanno cu-cito la vita di mio Padre, sonole basi sulle quali Lui costrui-sce il Suo futuro. Egli ha lamente occupata da nuovi edentusiasmanti progetti creativi, curiosità per l’inesploratoed un infinito desiderio di apprendere. Tutte le Sue scelteprecedenti hanno costruito l’uomo che oggi rappresenta unesempio di qualità umane ed artistiche.Oggi celebro mio Padre; nel farlo non posso evitare di sot-tolineare gli aspetti della Sua personalità che, a mio avviso,lo definiscono. Egli è un uomo curioso, creativo e testardo,qualità che in Lui sono esaltate perché dispone di una dut-tile funzionalità intellettuale. Egli è versatile e ha una vo-lontà di conoscere in modo completo ed approfondito tuttociò che affronta. Il Suo passato è una collana di moltepliciesperienze artistiche e professionali che hanno costruitol’uomo che oggi rispetto. Il totale disprezzo per risultatimediocri e la Sua autostima, gli hanno permesso in gio-ventù di eccellere nelle discipline sportive ottenendo im-portanti risultati alla portata di pochi eletti. raggiungeregli obbiettivi è la condizione per crearne di nuovi. Questaimportante realtà ha permesso a mio Padre di cucire tuttoil Suo percorso con naturale coerenza, diventando un vir-tuoso delle molteplici discipline con le quali si è confron-tato. Parlando di Lui, non posso esimermi dal definire lamia stima per il Suo animo artistico e la sua capacità direndere vive le Sue opere. La manifestazione più evidentedi questo mio pensiero sono forse le complesse opere nelperiodo di lancio dell’arte monumentale. Mio Padre è un inventore, divenuto tale per rispondere allanecessità di scoprire nuove tecniche, strumenti e possibi-lità adatte a realizzare le fantasie della Sua mente, in uncodice di concreta condivisione con il Suo pubblico.

sito web: www.look-mi.com

L'UOMO, L'ARTIGIANO E L'ARTISTA85° anniversario di Viktor Starzhevsky

Tatiana Starzhevska

LViktor Starzhevsky è Nato a Cimckent, Kazakistan il 25 aprile 1931. IlSuo percorso ebbe inizio nello sport come ginnasta, rappresentandoa livello internazionale il suo paese d’origine. Il bisogno di esprimersi,lo vide per più di 50 anni dedicarsi alla lavorazione artistica del VETROe del METALLO. Vide il culmine del Suo lavoro negli anni ‘70-‘80 conle grandi e importanti opere di cui fu protagonista. Negli anni ‘90 concretizzò un’intuizione avuta molti anni prima, rea-lizzando un nuovo ed incredibile sistema di lavorazione del LEGNO. Recentemente nella PITTURA ha trovato nuovi modelli espressivi.

Vetrata “PRIMAVERA”( 20 m.q. - cristallo, metallo e cemento) Tiraspol, Moldavia

“TRITTICO” in stabilimento metallurgico (198m.q alluminio cesellato realizzata con il collaboratore)

Moldavia

“SERENITA” - acrilico sul legno

“SAMURAI” pero, vetro

LA MATERIA DEI SOGNI”mogano

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Gli Artisti dell’AIAM Pubblicazioni

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Gli Artisti dell’AIAM Pubblicazioni

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Gli Artisti dell’AIAM Pubblicazioni

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Gli Artisti dell’AIAM Pubblicazioni

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