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Asciuga, Bambino Gesù,

le lacrime dei fanciulli!

Accarezza il malato e l’anziano!

Spingi gli uomini a deporre le armi

e a stringersi in un universale

abbraccio di pace!

Invita i popoli,

misericordioso Gesù,

ad abbattere i muri

creati dalla miseria

e dalla disoccupazione,

dall’ignoranza

e dall’indifferenza,

dalla discriminazione e dall’intolleranza.

Sei tu, Divino Bambino di Betlemme,

che ci salvi,

liberandoci dal peccato.

Sei tu il vero e unico Salvatore,

che l’umanità spesso cerca a tentoni.

Dio della pace, dono di pace

per l’intera umanità, vieni a vivere

nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia.

Sii tu la nostra pace

e la nostra gioia!

Poesia

BAMBINO GESÙ,

ASCIUGA OGNI LACRIMA

di Giovanni Paolo II

2 3

È Natale ogni volta

che sorridi a un fratello

e gli tendi la mano.

È Natale ogni volta

che rimani in silenzio

per ascoltare l’altro.

È Natale ogni volta

che non accetti quei principi

che relegano gli oppressi

ai margini della società.

È Natale ogni volta

che speri con quelli che disperano

È Natale ogni volta

che riconosci con umiltà

i tuoi limiti e la tua debolezza.

È Natale ogni volta

che permetti al Signore

di rinascere per donarlo agli altri.

Poesia

E’ NATALE

di Madre Teresa di Calcutta

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Così  la  liturgia  di  questa  Santa  notte  di  Natale  ci  pre-­

senta  la  nascita  del  Salvatore:  come  luce  che  penetra  

e  dissolve  la  più  densa  oscurità.  La  presenza  del  Si-­

gnore  in  mezzo  al  suo  popolo  cancella  il  peso  della  

fede  che  illumina  i  nostri  passi  e    animati  dalla  speran-­

aspettava.  Dio  aspettava.  Egli  ha  atteso  talmente  a  

nuato  ad  aspettare  con  pazienza  di  fronte  alla  corru-­

zione  di  uomini  e  popoli.  La  pazienza  di  Dio.  Quanto  è  

     La  profezia  di  Isaia  annuncia  il  sorgere  di  una  im-­

Quando  gli  angeli  annunciarono  ai  pastori  la  nascita  

nerezza  di  Dio:  Dio  che  ci  guarda  con  occhi  colmi  di  

della  nostra  piccolezza.

ci  pone  con  la  sua  sola  presenza:  permetto  a  Dio  di  

quella  che  Dio  dà  alla  nostra  piccolezza.  La  vita  va  

rendiamo  conto  che  Dio  è   innamorato  della  nostra  

donami   la   grazia   della   tenerezza   nelle   circostanze  

«Il Popolo che Camminava nelle Tenebre ha Visto una Grande Luce;

su Coloro che Abitavano in Terra Tenebrosa una Luce Rifulse» (Is!9,1).

«un Angelo del Signore si Presentò [ai Pastori] e la Gloria del Signore

li Avvolse di Luce» (Lc 2,9).

Di  seguito  vi  presentiamo  l’omelia  di                Papa  Francesco  della  notte  di  Natale  2014

È di!icile per noi adulti ascoltare quando i bambini ci segnalano le loro paure, per-ché ci risulta di!icile identificarci davvero con le situazioni da cui loro sono spaven-tati. Quando proviamo a rispondere, ten-diamo a:-o!rire consolazioni (“stai tranquillo...”);-dare soluzioni (“fai così...”);-distrarre (“non ci pensare più, pensa ad altro!”);-spiegare razionalmente (“quello che dici non esiste!”);-colpevolizzare (“non fare il bambino pic-colo!”).Segnaliamo così che anche noi abbiamo “paura della paura” e che è molto impor-tante per noi nascondere il nostro disagio. Non siamo consapevoli, ma confusamen-te sentiamo che, per aiutare davvero, do-

vremmo CONDIVIDERE emotivamente e cioè lasciarci avvicinare anche noi dalla paura. Ma il confronto con le radici delle proprie paure (da adulti come da bambi-ni) può essere molto doloroso e destabiliz-zante. Però “io adulto” non posso spiegare qual-cosa che io stesso non ho profondamente appreso. E il tema della paura smaschera con grande chiarezza chi non ha elabora-to i propri vissuti. Gli interventi frettolosi volti a far tacere i bambini raramente so-no e!icaci. La prima comunicazione fra noi e i bam-bini avviene sempre sul piano emotivo, prima che su quello verbale o razionale.I nostri tentativi di “aggirare” la paura non funzionano, proprio per la fretta con cui sono erogati e per la mancanza dell’e-

sperienza emotiva di SUPERAMENTO del-la paura, che li dovrebbe contenere. L’a-dulto capace di a!rontare la paura non fugge, non minimizza, non è evasivo.L’adulto si siede e GUARDA IN FACCIA la paura con il bambino.Quello che serve al bambino è vedere che si può accettare prima di tutto di avere paura e che non ci dobbiamo vergognare.Accogliere emotivamente significa pre-stare ascolto con calma, fare domande, prendere sul serio le parole del bambino senza manifestare emozioni giudicanti o, peggio ancora, senza “definire o etichet-tare”. È brutto avere paura, ma è un’e-sperienza comune a tutti gli uomini. Mia nonna diceva che la paura è sempre nella tasca di ognuno di noi, pronta a venir fuori.I bambini, ma anche noi adulti, quando

siamo spaventati abbiamo bisogno di qualcuno che ci permetta di parlare di quello che proviamo, di descriverlo per dargli corpo e limite, e poi di qualcuno che ci consoli a!ettuosamente, senza giudicare. Solo dopo questo ascolto empatico e sin-cero, che dimostra la capacità di “stare” di fronte ai racconti e alle emozioni di paura, solo allora potremo provare a rassicurare in modo e!icace, perché saremo credibili, avremo dimostrato di saper condividere emotivamente, mantenendo il controllo e non lasciandoci “spaventare” dai turba-menti propri o altrui.Avremo cioè dimostrato di saper tenere in regola le emozioni e così potremo inse-gnarlo ai bambini, che imparano molto di più da quello che facciamo, piuttosto che da ciò che diciamo loro.

NOI ADULTI DI FRONTE ALLE PAURE DEI BAMBINI.

Dott.ssa Psicologa Anna Colonna

PSICOLOGIA

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I gruppi di discussione nelle comunità genitore-bambino“L’esperienza intensiva di gruppo ha come scopo sia lo sviluppo individuale, sia la terapia, sia l’addestramento nell’arte dei rapporti umani” (Carl R. Rogers, 1976)

Pertanto la psicoterapia di gruppo può essere de-finita come una prassi terapeutica in cui il mezzo principale della terapia è il gruppo stesso, inteso al tempo stesso, sia come contenitore, che come esperienza. Il gruppo, infatti, !non è la semplice somma degli individui che lo compongono, in quanto al suo interno operano delle dinamiche peculiari e specifiche che hanno la potenzialità di creare un e"etto moltiplicatore delle energie umane in esso presente. Esperienza intensiva di gruppo che ha come scopo sia lo sviluppo indivi-duale, sia la terapia sia l’addestramento nell’arte dei rapporti umani. È in questa cornice che avviene l’elaborazione delle vicende individuali in relazione a quanto ac-cade nel gruppo e ai fenomeni che nello stesso si manifestano, pertanto ogni evoluzione e crescita personale diviene un elemento utile e potenzial-mente trasformativo per tutti.Secondo Yalom (Yalom 1997) il gruppo ha delle specifiche funzioni terapeutiche; quelle principali sono le seguenti:universalità: coloro che partecipano al gruppo provano sollievo nel capire !che tutti i loro disa-gi e di"icoltà possono essere condivisi. Inoltre la pluralità che caratterizza il gruppo è fonte, inevi-tabilmente, di notizie e chiarimenti sui problemi condivisi;instillazione di speranza: L’incoraggiamento tra i vari componenti del gruppo !mobilità l’otti-mismo tra i partecipanti e la sensazione di poter-cela fare;cambiamento del copione familiare: consiste nella possibilità di rivedere e rielaborare la storia del proprio gruppo familiare e compiere riflessio-ni e valutazioni mai fatte prima, attraverso il co-stante confronto con gli altri membri del gruppo;altruismo: Tutte le azioni altruistiche che si ve-rificano nel gruppo consentono un aumento

La parola !gruppo!ha origine!!dall’italiano medio-evale!groppo!=!nodo!che, a sua volta, deriva dal germanico!kruppa; cfr. groppo!=!massa rotonda. L’etimologia indica, dunque, ! due accezioni di significato simili ma diverse: il!nodo!e il!tondo. Il senso di “nodo” allude all’aggregazione, all’unio-ne tra i membri del gruppo, mentre la parola “ton-do” rimanda, più nello specifico ad una riunione di persone o, per conservare la stessa immagine, ad un circolo di persone.Attualmente, infatti, con la parola “gruppo” s’in-tende un insieme di persone che entrano in rela-zione sulla base di interessi, esperienze di vita o caratteri comuni e che interagiscono tra loro in modo diretto.Il primo ad utilizzare il gruppo a scopi terapeutici! fu!Joseph Pratt, un internista di Boston che a par-tire dal 1904 integrò la cura dei pazienti tuberco-lotici con sistematiche riunioni di gruppo durante le quali venivano a"rontati aspetti medici e psi-cologici della malattia. Secondo l’autore questi incontri avevano esiti piuttosto positivi sia rela-tivamente al morale dei pazienti sia sul decorso della loro patologia. (Maria F., Lo Verso G.,!1995).Il “gruppo” presenta, infatti, delle peculiari carat-teristiche che facilitano ! lo sviluppo di relazioni, la nascita di legami identificativi e la creazione di una cultura comune, favorendo la nascita di potenti meccanismi trasformativi e avendo, in tal modo, un grande valore terapeutico-riabilitativo. Si tratta, infatti, di un momento di incontro, una situazione in cui ogni partecipante può portare tanto i propri punti di forza, che possono diven-tare così risorse del gruppo stesso di cui tutti i partecipanti potranno usufruire, quanto le pro-prie peculiari debolezze, con le quali ogni altro partecipante potrà confrontarsi e identificarsi e a cui potrà reagire e rispondere in modo personale e significativo.

9SEGUE A PAG. 10

Lo scorso 25 ottobre Don Danilo ha celebrato una

messa in associazione in ricordo di Zia Maria. Erano

presenti molti amici e sostenitori di Casa Nostra, tra

cui i ragazzi delle comunità e alcuni educatori.

Di seguito riportiamo un vecchio articolo scritto da

una coppia di volontari nei giorni successivi la sua

scomparsa.

La misura dell’amore è donare “senza misura”

RICORDANDO ZIA MARIA

All’inizio abbiamo conosciuto Zia

Maria quando venivamo una volta

all’anno ad organizzare una festa di

-

la festa Zia Maria era pronta a far-

ci i complimenti: “Non sapete che

gioia gli avete regalato”. Poi elogia-

va il nostro modo semplice di fare

preghiera con una di quelle favole

dell’anima adatte ai bambini e ci

dava così anche il privilegio di do-

ver essere noi ad insegnare a Lei a

pregare.

Una delle sue qualità migliori era

proprio questa: far sentire ogni tuo

gesto, anche se semplice e sporadi-

co, la cosa più importante di questo

mondo.

Sapeva cogliere solo il bello di Te

e dimenticava il resto, vedeva il ba-

gliore di luce distogliendo l’interes-

se dal buio intorno. Ora è mancata,

ovviamente lasciando in coloro che

la amavano sconforto e dolore, un

senso di vuoto. Ma da cristiani non

-

gliere nella Morte anche altri aspet-

che porta con sé lutto e dolore, ma

apre alla Risurrezione.

vero della vita che è l’incontro con il

Signore, il seme deve morire se vuo-

le portare il frutto e uno dei frutti

siamo noi che siamo chiamati a

prenderne il testimone e continuare

l’Opera incominciata dalla Zia, con

entusiasmo però, non avviliti nello

E allora in mezzo alle lacrime e al

dolore non è assurdo che possa tro-

vare anche spazio un sorriso di com-

piacimento che inviti alla gioia, del

resto il nostro Dio è pur sempre il

Dio dei Vivi che vince la Morte.

Chissà perché, ma pare già di vede-

re la Zia che da lassù sembri ammic-

care con sguardo divertito di fronte

alle nostre eccessive preoccupazioni.

Sembra quasi che risuoni ancora il

suo motto indirizzato a noi: “Crepa

porcello, ma resisti!”

G. e P.

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cazione tra le persone fluisce liberamente. Il tera-peuta !fa degli interventi soltanto quando lo ritie-ne opportuno, per evidenziare alcuni contenuti.Gruppi chiusi/gruppi aperti: nei!gruppi chiusi!il lavoro ha una data di inizio ed una di fine presta-bilite, alle quali tutti i partecipanti devono atte-nersi. Nei!gruppi aperti!le persone hanno la possi-bilità di !inserirsi nel gruppo ed uscirne quando !lo desiderano.Gruppi omogenei/gruppi disomogenei: i!grup-pi omogenei!sono formati! da persone che presen-tano uno stesso problema, in quelli!disomogenei, invece, ci! sono persone con problematiche diverse.Gruppi verbali/gruppi agiti: nei!gruppi verba-li! le emozioni si esprimono attraverso la parola, nei!non verbali, invece, le emozioni possono es-sere “agite”, cioè messe in atto tramite!role-play-ing! (giochi di ruolo), o “recitate” come accade nello psicodramma analitico. Gruppi di mutuo-aiuto: la peculiarità principale di tali gruppi! è che non c’è uno psicoterapeuta a guidare il gruppo ma un!helper, ossia !una per-sona che ha già trattato! e elaborato in gruppo il problema e lo ha superato (es. alcolisti anonimi).Esistono, infine,!gruppi che non hanno scopi! te-rapeutici, ma sono gruppi di confronto ed esplo-razione che!vengono chiamati gruppi di discus-sione! o gruppi tematici. Ci si incontra per un preciso numero di volte per discutere in merito ad uno specifico argomento come ad esempio le relazioni a"ettive, i ruoli stereotipati all’interno della famiglia, la genitorialità, ecc..,!il conduttore del gruppo! stimolerà e farà emergere i contenu-ti emozionali profondi o latenti dei membri del gruppo, aiutandoli !nel prendere !consapevolezza dei loro sentimenti e comportamenti in relazione alla tematica presa in esame.Il!gruppo vuole rappresentare uno spazio protet-to in cui poter esprimere ed elaborare emozioni, sentimenti, vissuti e pensieri non facilmente con-divisibili, al fine di stimolare risorse e potenzialità creative che consentono di ra"orzare e sviluppare sia la propria autonomia che il senso di apparte-nenza sociale. O"re, infatti, alle persone l’oppor-tunità di comprendere come agiscono nelle si-tuazioni sociali: i ruoli che giocano, le aspettative, le fantasie inconsce che hanno e le di"icoltà che incontrano nel rapportarsi agli altri.Partecipare ad un gruppo di supporto permette di dare voce, corpo ed espressione a vissuti di di-sagio interiore e ad inso"erenze; ci si sente meno

dell’autostima e di reciproco aiuto che risultano essere fattori terapeutici; sviluppo di tecniche di socializzazione: il gruppo svolge una fondamentale funzione di specchio. I partecipanti attraverso feedback e ri-sposte aiutano e sono aiutati nell’acquisizione di una più accurata auto percezione e autoconsa-pevolezza, la quale è alla base di qualsiasi cam-biamento; comportamento imitativo: ogni paziente ha la possibilità di osservare e prendere a modello gli aspetti positivi del comportamento degli altri partecipanti e del conduttore;apprendimento interpersonale: ogni parte-cipante, per realizzare un cambiamento, un miglioramento della propria situazione, deve attraversare diversi tappe. In primo luogo è indi-spensabile rendersi conto delle proprie modalità di interazione sociale e delle conseguenze che esse hanno sugli altri e su se stesso, quindi, deve modificare tali modalità, attraverso la sperimen-tazione, nel gruppo, di nuovi comportamenti e in-fine deve verificare se essi risultano e"ettivamen-te più adeguati e rispettosi per tutti;coesione di gruppo: i partecipanti sperimenta-no la sensazione che qualcosa di importante sta per avvenire all’interno di un contesto protetto e accogliente. La coesione di gruppo altro non è che la percezione dell’esistenza di un setting o di un contenitore le cui “pareti” sono formate dai vari membri e dalla loro voglia di far parte del gruppo;catarsi: il contesto gruppale sviluppa la poten-zialità liberatoria attraverso l’immedesimazione nell’altro e nelle sue problematiche;fattori esistenziali: non costituiscono di per sé un fattore di cambiamento ma una consapevolez-za necessaria a"inché gli eventi avversi della vita possano essere vissuti con meno drammaticità. Le suddette funzioni terapeutiche del gruppo si basano sul presupposto teorico che gli accadi-menti psichici non avvengono solo come fatto in-terno agli individui e al loro mondo, ma soprattut-to nello spazio relazionale esistente fra loro.! (Lo Verso G. 1994)

Esistono diverse tipologie di gruppi: Gruppi direttivi/gruppi non direttivi: nei primi!il terapeuta conduce la comunicazione tra i parte-cipanti !stabilendo tempi e ritmi delle domande e delle risposte. Nei!gruppi non direttivi!la comuni-

soli e più sollevati nel condividere problematiche con altre persone, che a"rontano realtà simili alle nostre.Confrontarsi apertamente e condividere con gli altri le proprie esperienze e vissuti, aiuta a distan-ziarsi dal proprio specifico problema vedendolo sotto una diversa angolatura e rappresenta inol-tre una fonte inesauribile di arricchimento e di crescita personale, perché in questo scambio si sviluppa autoconsapevolezza e solidarietà.È alla luce di tutto ciò che le educatrici della Co-munità La Base hanno deciso di organizzare du-rante l’anno diversi gruppi di discussione per le mamme presenti in comunità, in modo da o"rire a quest’ultime uno spazio di ascolto e di scambio in cui accogliere i loro bisogni e permettere un confronto reciproco sulla loro esperienza come donne e come madri.L’obiettivo era, infatti, o"rire a queste ultime, uno spazio tutto loro, sia fisico che mentale, un punto di ritrovo per parlare di sé, un luogo di ascolto, di condivisione e di confronto in modo da favorire la coesione, il confronto, il sostegno reciproco e la crescita personale.Guidate da una terapeuta che ha condotto il gruppo, le mamme hanno, infatti, avuto modo di condividere le proprie storie di vita, ascoltandosi a vicenda e condividendo forti emozioni.Hanno anche avuto modo di confrontarsi in me-rito alle loro situazioni attuali e ai problemi e alle dinamiche della vita quotidiana che necessaria-mente insorgono dalla convivenza 24 ore su 24 nello stesso habitat. Ogni mamma, infatti, presu-mibilmente ripropone nel contesto comunitario le dinamiche familiari disfunzionali che attuava all’esterno. Si è cercato, dunque, di analizzare le situazioni problematiche attuali e di attivare un processo volto ad elaborare le conflittualità in-terne, in modo da migliorare le relazioni e la co-municazione tra le mamme, sviluppandone una maggiore consapevolezza emotiva. Sono emersi diversi dubbi, curiosità, spunti di ri-flessione in merito al loro ruolo di donne e di ma-dri: alle loro paure, timori, di"icoltà e fragilità. E’ capitato più volte che, nei giorni seguenti ai grup-pi di discussione, alcune mamme chiedessero alle educatrici degli ulteriori momenti di confron-to e discussione in merito alle questioni emerse durante il gruppo, dimostrando di aver interioriz-zato e riflettuto su ciò che era stato detto e che spesso aveva suscitato in loro forti emozioni.

Un’altra grande risorsa è stata l’opportu-nità di un confronto sincero e costruttivo tra le mamme, le quali, hanno condiviso pensieri ed esperienze in merito alle loro reciproche rela-zioni, in modo da attivare strategie per la soluzio-ne dei problemi quotidiani.

L’ultimo incontro al termine dell’estate, è stato un incontro principalmente di restituzione, in cui si è fatto il punto della situazione rispetto al percorso fatto fino ad ora. Il riscontro, complessivamente, è stato positivo infatti, pur essendoci stati momenti di scontro e di confronto particolarmente intensi, le mamme hanno vissuto questo percorso come un’esperienza emotivamente molto forte e sicura-mente significativa e trasformativa che ha modi-ficato profondamente le dinamiche comunitarie.

Nell’ambito di un percorso comunitario di soste-gno alla genitorialità, i gruppi di discussione sono, dunque, un elemento estremamente im-portante, poiché il diventare madre comporta una profonda ridefinizione della propria identità; si tratta di acquisire un nuovo ruolo, individuale e sociale, una nuova immagine di sé, rivedere il proprio rapporto con la famiglia di origine e as-sumersi altre e nuove responsabilità. Pertanto, la complessità dell’essere genitore, la consape-volezza dell’importanza di questo ruolo e la re-sponsabilità educativa che ne deriva, possono generare momenti di grande di"icoltà che, talvol-ta, necessitano di supporto e/o condivisione. Per quanto riguarda le comunità mamma-bambino, i gruppi di discussione possono, quindi, o"rire orientamento e sostegno per conoscersi meglio, per mettersi in discussione e per acquisire nuove modalità di stare nella relazione con le altre ma-dri e con i propri figli, con spontaneità e consape-volezza, favorendo così, processi di cambiamento e maturazione personale. Cito di seguito il pensiero di una delle mamme che ha partecipato ai gruppi:“...Mi hanno saputa ascoltare e capire e i sug-gerimenti costruttivi che ho ricevuto mi hanno dato ancora di più la spinta per andare avanti e diventare la persona che sono oggi: positiva, ottimista e con tanta voglia di raggiungere i miei obiettivi, finalizzati ad una vita miglio-re!”

vogliamo   raccontarvi   quello  

canze  estive.   -­

trascorso   due   splendide  

giornate  in  campeggio  al  la-­

condividere   con   voi   queste    

stri  disegni  e  i  nostri  pensieri.

A.7  anni:  “Del  mare  mi  sono  piaciuti  i  pesci  e  ho  imparato  a  nuotare!   In  campeggio  ho  visto   le  mucche  e  mi  è  pia-­ciuto  dormire  nella  tenda.”

E.8 anni: “Al   mare   mi   è  

piaciuto   giocare   in   acqua  

e   uscire   la   sera   a   prende-­

re   il   gelato   e   a   giocare   nel  

parco   giochi.   In   campeg-­

gio   mi   è   piaciuto   mangiare  

i   marshmallow   attorno   al  

fuoco   e   fare   le   passeggiate  

sulle  montagne.”D.  11  anni:  “

piattaforma   e   in   campeggio  ho  imparato  ad  accendere  il  fuoco.”

S. 10 anni:   “Del  mare  mi  è  

gio  mi  è  piaciuto  dormire   in  

tenda  e  scherzare  con  il  mio  

compagno  che  non   riusciva  

J.   9   anni:   “Mi   è   piaciuto  vivere   al   mare!   Nuotare,  prendere   le   pietre   e   vedere  i   pesci.   In   campeggio   mi   è  piaciuto  dormire  nel  sacco  a  pelo,  cercare  gli  animali  con  il  binocolo  e  fare  le  foto.”

D. 9 anni:   “Durante   la   va-­

canza   al   mare   mi   sono   di-­

e  vedere  i  pesciolini.  Ho  fatto  

Sotto il sole... e sotto le stelle!

al   parco   quando   uscivamo  

la   sera.   In   campeggio   mi   è  

piaciuto   accendere   il   fuoco  

Mi  sono  piaciuti  i  marshmal-­

low  mangiati  attorno  al  fuoco  

e   dormire   in   tenda   sotto   le  

stelle...  anche  se  ci  ho  mes-­

Sono   state   delle   vacanze  

S.   12   anni:   “A   Celle   Ligure    

mi  è  piaciuto  andare  con   la  

rumori   del   mare   e   nuotare  

peggio  mi  è  piaciuto  passeg-­

FILMInside Out

Un paio di mesi fa sono anda-to al cinema a vedere un car-tone animato. La protagoni-sta era una bambina di nome Riley che dentro di sé racchiu-deva diversi personaggi che rappresentavano le emozioni: gioia, disgusto, paura, tristez-za, rabbia. Le emozioni spes-so bisticciavano fra di loro e per Riley a volte era di!icile tenerle tutte a bada. Alla fine del cartone però la bambina riesce, dopo una serie di di!i-coltà, a controllare le emozio-ni e a vivere felice e contenta. Quando sono uscito dal cine-ma ero contento perché mi è piaciuto soprattutto perché ha avuto un lieto fine. (A. 11 anni)

LIBRIL’enigmatico caso di

Cesare Lombroso

James Murray è il protago-nista di un libro che ho letto durante le mie vacanze estive:

SPORTUna serata particolare

Una mia educatrice mi ha proposto di andare allo sta-dio a vedere giovedì 6 Otto-bre la partita Italia-Spagna. Sono venuti a prendermi in struttura la nostra educa-trice e un signore che aveva una macchina bellissima: si poteva aprire il tettuccio e vedere le stelle brillare. Fuori dallo stadio, mentre stavamo andando a prendere un loro amico, delle persone ci hanno fermato per fare passare i vip e noi abbiamo visto Marchisio passare dal vivo. Da lì siamo andati allo stadio, la partita è stata emozionante e anche i tifosi italiani! Comunque la partita è finita 1-1, quasi 2-1 per l’Italia... però è un pecca-to che il “Gallo” (ndr. Calciato-re del Torino di nome Belotti) abbia fatto un fuori-gioco, mi dispiace. Dopo la partita siamo andati a mangiare e quando abbiamo finito mi hanno accompagnato a casa. Mi sono divertito un sacco, anche perché non ero mai an-dato a vedere la Nazionale! Spero di rifarlo! (B. 13 anni)

“L’enigmatico caso di Cesare Lombroso”. Cesare Lombroso era uno esperto di crimino-logia, lui studiava i cadaveri delle persone. Grazie alla for-ma del cranio riusciva a capi-re che tipo di persone c’erano nel nostro mondo; la maggior parte di loro erano criminali, falsari, briganti e assassini. Il libro racconta di un caso in cui Cesare Lombroso viene ac-cusato di aver ucciso una per-sona, ma lui dice che non ha ucciso la persona che hanno trovato morta. Allora James Murray decide di aiutarlo, anche lui era un appassiona-to di criminologia e insieme decidono di far capire che Cesare Lombroso non aveva commesso il crimine. Decide di prendere alcuni tossici, la-dri, barboni, di strada e di stu-diare i loro crani, finché non avrebbero trovato il colpevo-le del crimine. L’assassino fu messo alla ghigliottina. Alla fine del libro Cesare Lombro-so assume come suo aiutante James Murray. Questo libro mi è piaciuto molto! (M. 14 anni)

una comunità diurna per farmi aiutare a fare i compiti, perché non stavo andando molto bene a scuola per via dei libri man-canti e perché alla fine l’indiriz-zo scelto non si è rivelato adatto a me. Ho fatto nuove amicizie con i ragazzi della comunità con cui ho giocato e scherzato: abbiamo giocato a monopoli, twenty questions e negli ultimi tempi soprattutto a poker dopo che, con un colpo di fortuna, ab-biamo trovato le fiches e le car-te. Inoltre abbiamo ascoltato la musica e abbiamo giocato nel campo qua sotto. Spero che il prossimo anno sia come quello scorso e che la scuola vada mol-to meglio. (A. 15 anni)

CONCERTIConcerto di Fedez e J-Ax

All’ inizio di settembre, come premio per la buona pagella, sono andata con l’educatrice Laura al concerto di Fedez E J-Ax, al 45° parallelo a Monca-lieri. Siamo arrivate giusto in tempo, ci siamo prese uno yo-gurt poi ci siamo buttate nella mischia. Sono riuscita a se-dermi su una transenna dalla quale si vedeva benissimo, a parte qualche volta che c’era una ragazza che si metteva sulle spalle di un amico. I due cantanti si sono divisi il tempo del concerto. Per un’ora Fedez ha cantato: Magnifico, Gene-razione boh, Cigno Nero e altre sue canzoni famose, nel-la seconda parte del concerto J-Ax ha cantato sia canzoni vecchie sia nuove come Maria Salvador e Intro. Infine J-Ax e Fedez hanno cantato insie-me Vorrei ma non posso. Per me è stata la serata più bella di tutto mondo. (D. 12 anni)

ESPERIENZELa comunità diurna

L’anno scorso ho fatto una nuo-va esperienza: ho frequentato

Ero sempre in acqua, andavo agli scogli, poi un po’ di sole e dritta di nuovo in acqua. Un giorno io e quattro miei amici abbiamo cattura-to: un granchio rosso, una stella marina, un riccio di mare, due con-chiglie. Quest’anno la spiaggia e il mare erano più puliti dello scorso anno. Il mare era molto più calmo e non c’erano le onde enormi come la scorsa estate. Quest’anno il mare mi è piaciuto un sacco, spero di riandarci il prossimo anno. (D. 12 anni)

Al mare mi sono innamorato di Marina

“Mi  sono  innamorato  di  Marina

una  ragazza  mora  ma  carina

ma  lei  non  vuol  saperne  del  mio  amore

quando  le  dissi  che  la  volevo  amare

ti  voglio  al  più  presto  sposar

ti  voglio  al  più  presto  sposar

Mi  sono  innamorato  di  Marina

una  ragazza  mora  ma  carina

ma  lei  non  vuol  saperne  del  mio  amore

quando  le  dissi  che  la  volevo  amare

ti  voglio  al  più  presto  sposar  

ti  voglio  al  più  presto  sposar

(M.  14  anni  –  Marina,  canzone  popolare)

IL MARE BELLOC’era il sole che illuminava tutto e la sabbia era morbi-da ma bruciava. Il mare era grande e io non sapevo nuo-tare, ma usavo il salvagente a ciambella per divertirmi con i mei amici e per raggiunge-re la piattaforma. Nel mare c’erano le meduse e vicino agli scogli c’erano molti pe-sci che si potevano pescare.Finalmente l’ultimo giorno ho imparato a nuotare! (A. 11 anni)

iL MARELA MIA CASA

RECENSIONI E AGGIORNAMENTI A CURA DEI RAGAZZI DELLA COMUNITA’ DELLO SCOIATTOLO

Città del Vaticano

«Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? Questo interro-gativo del Libro della Sapienza, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, ci presenta la no-stra vita come un mistero, la cui chiave di interpretazione non è in nostro possesso. I protago-nisti della storia sono sempre due: Dio da una parte e gli uo-mini dall’altra. Il nostro compito è quello di percepire la chia-mata di Dio e poi accogliere la sua volontà. Ma per accoglierla senza esitazione chiediamoci:

quale è la volontà di Dio nella mia vita? Nello stesso brano sapienziale troviamo la rispo-sta: «Gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito» (v. 18). Per verificare la chiamata di Dio, dobbiamo domandarci e capi-re che cosa piace a Lui. Tante volte i profeti annunciano che cosa è gradito al Signore. Il loro messaggio trova una!mirabile sintesi nell’espressione: «Miseri-cordia io voglio e non sacrifici». A Dio è gradita ogni opera di misericordia, perché nel fratel-lo che aiutiamo riconosciamo il volto di Dio che nessuno può

vedere. Ogni volta che ci chinia-mo sulle necessità dei fratelli, noi abbiamo dato da mangia-re e da bere a Gesù; abbiamo vestito, sostenuto, e visitato il Figlio di Dio.Siamo dunque chiamati a tra-durre in concreto ciò che invo-chiamo nella preghiera e pro-fessiamo nella fede. Non esiste alternativa alla carità: quanti si pongono al servizio dei fratelli, benché non lo sappiano, sono coloro che amano Dio. La vita cristiana, tuttavia, non è un semplice aiuto che viene fornito nel momento del bisogno. Se fosse così sarebbe certo un bel sentimento di umana solida-rietà che suscita un beneficio immediato, ma sarebbe sterile perché senza radici. L’impegno che il Signore chiede, al contra-rio, è quello di una vocazione alla carità con la quale ogni discepolo di Cristo mette al suo servizio la propria vita, per cre-scere ogni giorno nell’amore.

Abbiamo ascoltato nel Vangelo che: «una folla numerosa anda-va con Gesù». Oggi quella folla numerosa è rappresentata dal vasto mondo del volontariato, qui convenuto in occasione del Giubileo della Misericordia. Voi siete quella folla che segue il Maestro e che rende visibile

il suo amore concreto per ogni persona. Vi ripeto le parole dell’apostolo Paolo: «La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, poiché il cuore dei credenti è stato confortato per opera tua». Quanti cuori i volontari confor-tano! Quante mani sostengo-no; quante lacrime asciugano; quanto amore è riversato nel servizio nascosto, umile e di-sinteressato! Questo lodevole servizio dà voce alla fede ed esprime la misericordia del Padre che si fa vicino a quanti sono nel bisogno. La sequela di Gesù è un impegno serio e al tempo stesso gioioso; richie-de radicalità e coraggio per ri-conoscere il Maestro divino nel più povero e mettersi al suo ser-vizio. Per questo, i volontari che servono gli ultimi e i bisognosi per amore di Gesù non si aspet-tano alcun ringraziamento e nessuna gratifica, ma rinuncia-no a tutto questo perché hanno scoperto il vero amore. Come il Signore mi è venuto incontro e si è chinato su di me nel mo-mento del bisogno, così anch’io vado incontro a Lui e mi chino su quanti hanno perso la fede o vivono come se Dio non esi-stesse, sui giovani senza valori e ideali, sulle famiglie in crisi, sugli ammalati e i carcerati, sui

profughi e immigrati, sui de-boli e indifesi nel corpo e nello spirito, sui minori abbandonati a sé stessi, così come sugli an-ziani lasciati soli. Dovunque ci sia una mano tesa che chiede aiuto per rimettersi in piedi, lì deve esserci la nostra presenza e la presenza della Chiesa che sostiene e dona speranza.

Madre Teresa, in tutta la sua esistenza, è stata generosa dispensatrice della misericor-dia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l’acco-glienza e la difesa della vita u-mana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. Si è impegnata in difesa della vita proclamando incessantemen-te che «chi non è ancora nato è il più debole, il più piccolo, il più misero». Si è chinata sulle persone sfi-nite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché rico-noscessero le loro colpe dinanzi ai crimini della povertà creata da loro stessi. La misericordia è stata per lei il “sale” che dava sapore a ogni sua opera, e la “luce” che rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure lacri-

me per piangere la loro povertà e so"erenza.

La sua missione nelle perife-rie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza elo-quente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri. Oggi con-segno questa emble-matica figura di donna e di consacrata a tutto il mondo del volonta-riato: lei sia il vostro modello di santità! Questa instancabile operatri-ce di misericordia ci aiuti a capi-re sempre più che l’unico nostro criterio di azione è l’amore gra-tuito, libero da ogni ideologia e da ogni vincolo e riversato ver-so tutti senza distinzione di lin-gua, cultura, razza o religione. Madre Teresa amava dire: «For-se non parlo la loro lingua, ma posso sorridere». Portiamo nel cuore il suo sorriso e doniamo-lo a quanti incontriamo nel no-stro cammino, specialmente a quanti so"rono. Apriremo così orizzonti di gioia e di speranza a tanta umanità sfiduciata e bisognosa di com-prensione e di tenerezza.

Vi proponiamo un articolo tratto da

“Il Messaggero” che riporta

l’omelia del Papa

«Madre Teresa ci insegna a soccorrere senza distinzione di ideologie, razze, fedi»

VOLONTARIA

TO VOLONTARIATO

La festa liturgica del pri-mo di ottobre legata a Santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni, ha di fatto aperto il mese missionario che si è con-cluso il 19 ottobre. Papa Francesco già sot-tolineava nel 2014 come “oggi c’è ancora moltissi-ma gente che non cono-sce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande urgenza la missione “ad gentes”, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria.”Teresa è sempre forte-mente realista e mai il-lusoria. Sa che la missione au-tentica ha un prezzo. Nel manoscritto A esprime a Madre Agnese la neces-sità della sofferenza con un’immagine diversa ma analoga, quella del chic-co di grano: “Vedo che solo la sofferenza può generare le anime e più che mai queste sublimi parole di Gesù mi svela-no la loro profondità: “In verità, in verità vi dico, se il chicco di grano caduto

La Fraternità ha ripreso

il proprio cammino di

preghiera con Don Da-

nilo, sempre disponibi-

le e generoso nelle sue

riflessioni. Abbiamo

avuto anche occasione

di conoscere un suo

collega, padre Mark, di

origini inglesi, che ha

curato il primo incontro

dell’anno tenutosi il

primo di ottobre,

e che ha avuto come

argomento l’apertura

del Mese missionario,

coinvolgendo in tal

senso la figura di San-

ta Teresa di Lisieux.

Di seguito alcune ri-

flessioni emerse duran-

te l’incontro.

in terra non muore, rima-ne solo; se invece muore, produce molto frutto”. Che messe abbondante lei ha raccolto! Ha semi-nato lacrime, ma presto vedrà il frutto delle sue fatiche, tornerà piena di gioia portando covoni tra le mani. La sofferenza unita al sa-crificio di Gesù è sempre feconda.

Dagli scritti di Santa Te-resa di LisieuxDirigere le intenzioni

Durante la sua malattia accettava le medicine più ripugnanti e le cure più penose con una inalte-rabile pazienza, pur con-statando che ciò fosse inutile; non manifestava mai all’esterno la fatica che ciò comportava. Mi confidava di aver of-ferto a Dio tutte queste inutili cure per quel mis-sionario che non avesse né il tempo né i mezzi per curarsi, domandan-do che tutto fosse utile a lui...Siccome le manifestavo

il mio rammarico per non avere tali pensieri rispo-se: “Questa intenzione esplicita non è necessa-ria per un’anima che si è donata completamente a Dio. Il bambino prende il latte dal seno della ma-dre per così dire mecca-nicamente e senza pre-sentire l’utilità della sua azione e intanto vive e si sviluppa, senza peraltro che questo fosse nella sua intenzione”. E aggiungeva: “Un pitto-re che lavora per il suo padrone non ha bisogno di ripetere a ogni tocco di pennello: “è per il signor tal dei tali, è per il signor tal dei tali...”; basta che egli si metta al lavoro con la volontà di lavora-re per il suo padrone”. “È bene raccogliersi spesso e dare un indirizzo alle proprie intenzioni, ma senza eccessiva costri-zione spirituale. Dio intuisce i bei pensieri e le ingegnose intenzio-ni che vorremmo avere. Egli è il Padre e noi i suoi bambini”. “Gesù non può essere triste per i nostri accomodamenti”. Io le di-

cevo: “E’ necessario che io lavori, altrimenti Gesù sarà triste...”“Oh no, sei tu che saresti triste. Egli non può essere triste per i nostri accomodamenti. Ma per noi, quale dolore non potergli dare tutto quello che possiamo!”

Santa Teresa di Lisieux(patrona delle missioni)

La

Amici carissimi,alcune notti fa mi accadde di fare un sogno strano, che vi voglio racconta-re. Mi trovavo accucciato in un posto a me sconosciuto e, posto di !anco a me c’era un gran cesto, nel quale si muovevano dei cuccioli. Io mi incan-tavo a vedere quelle belle bestiole, che formavano un groviglio di musi e zampette. Una voce che veniva da non molto lontano disse: “Sei contento, ora? Vedi quanto sono belli i tuoi !gli”? “I miei... ma... allora...”Al solo pensiero di essere diventato papà mi sentii rimescolare tutto. Non sapevo se ridere o piangere. Certo, ero felice, ma la felicità durò poco per-ché la gioia stessa mi svegliò. Ormai il sonno se ne era andato, ma ciò che avevo sognato mi tornava alla mente lasciandomi un certo turbamento e in preda ad alcune ri"essioni.Certo, quella cucciolata mi riempiva di orgoglio e di tenerezza. Avrei vo-luto prendere i miei cuccioli ad uno ad uno e riempirli di leccate e zam-pate per far sentire loro il mio amore, così come, con baci e carezze, fanno gli uomini con i loro piccoli però... di ri"essione in ri"essione mi trovai a pensare: diventare padre vuol anche dire assumersi una grande respon-sabilità, vuol dire seguire la crescita dei !gli, stare loro vicino, sempre, anche quando ciò comporta sacri!cio e fatica per tutta la vita. No, no...sono ancora troppo giovane per un impegno così gravoso. O, forse, sono un immaturo. Allora, amici cari, lasciatemi rifugiare nel mio sogno, dove tutto è più facile... Ciao a tutti.

Vostro a#.mo Lucky

ni raccoglie in un tutto i figli di Dio, dato che “tut-te queste cose opera... un unico e medesimo Spirito (1 Cor 12,11)”. L’apostolato dei laici è quindi parteci-pazione alla missione salvifica della Chiesa; a questo apostolato sono tutti destinati dal Signo-re stesso per mezzo del battesimo e della confer-mazione. Dai sacramenti poi, e specialmente dal-la sacra eucaristia, viene comunicata e alimentata quella carità verso Dio e gli uomini che è l’anima di tutto l’apostolato. Ma i laici sono soprattutto chiamati a rendere pre-sente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo. Così ogni lai-co, in virtù dei doni che gli sono stati fatti, è te-stimonio e insieme vivo strumento della stessa missione della Chiesa “secondo la misura del dono del Cristo” (Ef 4,7)

La Missione.

Secondo Concilio Vaticano. Lumen Gentium, Cap IV.

Secondo il Concilio Vati-cano non vi è distinzio-ne tra le genti, non tutti camminano per la stessa via (religiosi e laici), tutti però sono chiamati alla santità e hanno ricevuto a titolo uguale la fede che introduce nella giustizia di Dio. La distinzione in-fatti posta dal Signore tra i sacri ministri e il resto del popolo di Dio compor-ta in sé unione, essendo i pastori e gli altri fedeli legati tra di loro da una comunità di rapporto: che i pastori sull’esempio di Cristo sono a servizio gli uno e gli altri e a ser-vizio degli altri fedeli, e questi a loro volta pre-stano volenterosi la loro collaborazione ai pastori e ai ministri. Così, nel-la diversità stessa, tut-ti danno testimonianza della mirabile unità nel corpo di Cristo: poiché la stessa diversità di grazie, di ministeri e di operazio-

La