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8/2009 Gruppo di Ricerca Geriatrica Via Romanino 1, 25122 Brescia Presidente: Renzo Rozzini Direttore scientifico: Marco Trabucchi Editoriale L’assistenza post-acuta all’anziano tra idee senza senso e nobilissima utopia Marco Trabucchi Ancora una volta il dibattito sui giornali ci costringe ad affrontare argomenti che riguardano l’organizzazione dei servizi per gli anziani, anche per evitare la diffusione di idee senza senso o proposte strampalate, fatte dal primo che passa per strada…Ho scritto in altre sedi: “fortunatamente il cittadino saccente non si perita di discutere l’organizzazione di una terapia intensiva ospedaliera, mentre (sfortunatamente) pontifica su come organizzare l’assistenza post-acuta all’anziano”. E’ l’ennesima concreta dimostrazione della debolezza della nostra area e dell’esigenza di contribuire - senza soste- alla formazione di un corpo condiviso di conoscenze serie e fondate: il nostro dovere che sentiamo come una missione sociale alla quale non possiamo sottrarci! Rivediamo l’argomento nelle sue logiche generali: l’anziano ricoverato per una patologia acuta o per un intervento chirurgico di elezione non deve restare a lungo in ospedale dopo che è stata impostata la terapia necessaria per la specifica malattia (o insieme di) che hanno indotto il ricovero, perché è un luogo per alcuni aspetti iatrogeno. Di conseguenza oggi si rimanda a casa un numero crescente di anziani in una condizione di stabilità clinica (perché altrimenti la dimissione sarebbe stata impropria), ma con terapie da proseguire, controlli da eseguire sull’efficacia delle terapie stesse, attenzione da dedicare alla polipatologia che può portare a nuovi squilibri complessivi. Inoltre, lo stato funzionale è spesso più compromesso rispetto a quello precedente la malattia che ha indotto il ricovero. Si tenga conto, a latere, che in questi anni è aumentato in modo considerevole l’accesso delle persone anziane al Pronto Soccorso degli ospedali, con il conseguente rilevante incremento del numero dei degenti molto vecchi. Il problema è organizzare una risposta a questo indubbio bisogno che sia clinicamente funzionale, umanamente rispettosa delle difficoltà, organizzativamente ed economicamente compatibile con l’attuale condizione dei pubblici bilanci. E’ un impresa possibile? Non lo sappiamo, anche perché si sono persi molti anni senza fare sperimentazioni serie e controllate. I risultati di cui disponiamo oggi sono sostanzialmente aneddotici, e quindi poco utili per l’uso da parte di persone serie. Proviamo a porre alcune domande ai nostri lettori, per costruire assieme una griglia dei servizi e delle condizioni che permettono di ipotizzare un’assistenza post’acuta utile e dignitosa: a) quale livello di gravità clinica può essere accettato in queste strutture? Infatti sembra chiaro che il bisogno non è di carattere sociale (l’incapacità di vivere nel proprio domicilio per problemi di solitudine), ma clinico; è quindi necessario identificare risposte adeguate, a cominciare dalla professionalità e quantità degli operatori. Il medico di medicina generale è un candidato efficace e competente per dirigere l’ipotetica equipe che nel territorio si prende in carico i bisogni specifici dell’ammalato anziano? O non rappresenta invece una soluzione

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8/2009 Gruppo di Ricerca Geriatrica Via Romanino 1, 25122 Brescia

Presidente: Renzo Rozzini Direttore scientifico: Marco Trabucchi

Editoriale L’assistenza post-acuta all’anziano tra idee senza senso e nobilissima utopia Marco Trabucchi Ancora una volta il dibattito sui giornali ci costringe ad affrontare argomenti che riguardano l’organizzazione dei servizi per gli anziani, anche per evitare la diffusione di idee senza senso o proposte strampalate, fatte dal primo che passa per strada…Ho scritto in altre sedi: “fortunatamente il cittadino saccente non si perita di discutere l’organizzazione di una terapia intensiva ospedaliera, mentre (sfortunatamente) pontifica su come organizzare l’assistenza post-acuta all’anziano”. E’ l’ennesima concreta dimostrazione della debolezza della nostra area e dell’esigenza di contribuire -senza soste- alla formazione di un corpo condiviso di conoscenze serie e fondate: il nostro dovere che sentiamo come una missione sociale alla quale non possiamo sottrarci! Rivediamo l’argomento nelle sue logiche generali: l’anziano ricoverato per una patologia acuta o per un intervento chirurgico di elezione non deve restare a lungo in ospedale dopo che è stata impostata la terapia necessaria per la specifica malattia (o insieme di) che hanno indotto il ricovero, perché è un luogo per alcuni aspetti iatrogeno. Di conseguenza oggi si rimanda a casa un numero crescente di anziani in una condizione di stabilità clinica (perché altrimenti la dimissione sarebbe stata impropria), ma con terapie da proseguire, controlli da eseguire sull’efficacia delle terapie stesse, attenzione da dedicare alla polipatologia che può portare a nuovi squilibri complessivi. Inoltre, lo stato funzionale è spesso più compromesso rispetto a quello precedente la malattia che ha indotto il ricovero. Si tenga conto, a latere, che in questi anni è aumentato in modo considerevole l’accesso delle persone anziane al Pronto Soccorso degli ospedali, con il conseguente rilevante incremento del numero dei degenti molto vecchi. Il problema è organizzare una risposta a questo indubbio bisogno che sia clinicamente funzionale, umanamente rispettosa delle difficoltà, organizzativamente ed economicamente compatibile con l’attuale condizione dei pubblici bilanci. E’ un impresa possibile? Non lo sappiamo, anche perché si sono persi molti anni senza fare sperimentazioni serie e controllate. I risultati di cui disponiamo oggi sono sostanzialmente aneddotici, e quindi poco utili per l’uso da parte di persone serie. Proviamo a porre alcune domande ai nostri lettori, per costruire assieme una griglia dei servizi e delle condizioni che permettono di ipotizzare un’assistenza post’acuta utile e dignitosa:

a) quale livello di gravità clinica può essere accettato in queste strutture? Infatti sembra chiaro che il bisogno non è di carattere sociale (l’incapacità di vivere nel proprio domicilio per problemi di solitudine), ma clinico; è quindi necessario identificare risposte adeguate, a cominciare dalla professionalità e quantità degli operatori. Il medico di medicina generale è un candidato efficace e competente per dirigere l’ipotetica equipe che nel territorio si prende in carico i bisogni specifici dell’ammalato anziano? O non rappresenta invece una soluzione

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semplicistica con il solo vantaggio di ridurre i costi? Non è piuttosto necessario prevedere vari livelli di intensità e quindi di competenza?

b) l’anziano quando viene ricoverato in una struttura ha sempre l’esigenza di interventi

riabilitativi, sia perché potrebbe trovarsi nella condizione di continuare un iter già iniziato, come nella frattura di femore, nell’ictus, ecc., sia per evitare l’immobilizzazione indotta dalle circostanze dell’assistenza;

c) è possibile distinguere tra di loro i bisogni legati al proseguimento delle terapie, alla

cosiddetta “convalescenza”, alla riabilitazione? Per anni in regioni evolute come la Lombardia questi ambiti si sono sovrapposti, con risultati che da molti sono giudicati positivi. Perché cambiare, quindi? Non potrebbe bastare una struttura riabilitativa, dotata anche delle competenze geriatriche, in grado di inviare l’anziano a casa dopo un periodo di riabilitazione, ma anche di sorveglianza e di intervento clinico?

d) come mettere in rete i servizi in modo da disporre di un centro decisionale, non burocratico,

rapido nelle decisioni, in grado di costruire un programma di cura e assistenza adeguato alle specifiche condizioni cliniche, che però non limita la capacità dei diversi servizi di definire gli itinerari di cura? La guida del sistema dovrebbe essere lasciata all’ospedale? Come dovrebbe riorganizzarsi l’assistenza nello stesso ospedale per acuti al fine di entrare in una rete di continuità con il periodo post-acuzie (si pensi, tra i molti esempi che possono essere fatti, alla frattura di femore e quindi all’ortogeriatria, ai pazienti scompensati di cuore, alle persone affette da demenza, ai diabetici, ecc.)

Queste e molte altre potrebbero essere le domande da porsi per ipotizzare un servizio che abbia lo scopo finale di far riconquistare all’anziano un buon livello di salute, adeguato al ritorno a casa, evitando il ricovero permanente in una struttura per anziani. E’ peraltro tutto da dimostrare che in questo modo si riduce il ricorso alla casa di riposo, dove normalmente non vanno le persone da “sistemare” sul piano clinico, ma anziani molto compromessi, caratterizzati dal susseguirsi di riacutizzazioni di malattie croniche, la cui gestione deve essere stabilmente affidata ad un equipe (medici, infermieri, fisioterapisti), in grado di curare le crisi e di prevenirle. Un altro aspetto interessante legato all’incertezza per il futuro di queste strutture dipende dalle dinamiche politico-organizzative che dovrebbero strutturarle e farle funzionare. Si parla tanto di “welfare community”, come una specie di miracolo che potrebbero compiere i nostri operatori e soprattutto i decisori, cresciuti peraltro fino ad ora in una logica completamente autoreferenziale, per immettere forze libere e nuove nella logica strutturale dei servizi. In questa prospettiva si darebbe spazio al terzo settore ed ai privati; allo stesso tempo, però, non si osserva con occhio critico la struttura sociale, che diviene ogni giorno più insensibile al bisogno dell’altro. E i vecchi sono spesso “l’altro” più vicino, più conosciuto, più bisognoso. Ipotizzare una società forte e responsabile che si faccia carico con i suoi componenti di questo compito è certamente una nobilissima utopia: ma è minimamente attuabile? Purtroppo anche la sensibilità diffusa per i problemi degli anziani è di molto inferiore a quella, ad esempio, per bambini, per cui la prospettiva sembra molto lontana, nonostante il continuo riferimento alla citatissima razingheriana “Deus Caritas Est”. Non possiamo certo pensare che nel futuro sia solo lo stato a risolvere i problemi posti

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da un bisogno che cresce; ma, allo stesso tempo, dobbiamo sorvegliare che il coinvolgimento della comunità sia realisticamente in grado di garantire i diritti delle persone più fragili. Il lettore avrà compreso che il mio scetticismo è dettato dal dovere di arrivare ad una qualche realizzazione, non da un vuoto pessimismo. Vogliamo che la rete dei servizi sia più efficiente ed utile agli anziani che stanno male. Dobbiamo quindi sperimentare soluzioni adeguate, in modo da sottoporre al giudizio delle comunità (ed eventualmente al loro supporto) modelli concretamente attuabili, e dobbiamo anche guardare in faccia il nostro sistema dei servizi, perché, nonostante tutto, vi sono ancora alcune possibili aree di risparmio. Quindi mettiamoci assieme, discutiamone, portiamo dati quantitativi originali e poi decidiamo. Perché non è possibile continuare così, sia nelle regioni dove non è stato fatto praticamente nulla, sia in quelle più avanzate dove si rischia di peggiorare il presente, se non si cambia in tempi brevi. Noi abbiamo idee e modelli di crescita per il futuro, soprattutto per aiutare i meno fortunati, sulla linea dell’”intolleranza creativa” indicataci dal nostro maestro Robert Kane.

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AGGIORNAMENTI Unità di degenza per cure intermedie tra ospedale e territorio: continuità e appropriatezza delle cure Renzo Bagarolo Piccolo Cottolengo Don Orione, Milano I luoghi della cura 2 (7); 2009: 18-23 Premessa Quando, circa otto anni or sono, ho assistito ad una lezione magistrale del prof. Robert Kane su qualità di cura e di vita nei servizi di cura e assistenza per anziani e disabili “cronici”, rimasi particolarmente colpito da come trattò l’argomento del processo decisionale nei percorsi di cura. Sintetizzo a memoria i punti trattati: Criticità - Troppo spesso decisioni importanti vengono prese in momenti critici - Troppo spesso non c’è tempo per considerare obiettivi e risultati desiderabili - Troppo spesso le persone non vengono consultate - Poco tempo per risolvere i conflitti all’interno delle famiglie - La pressione del tempo nel processo decisionale determina che non sempre la soluzione praticabile è la

migliore Tappe del processo decisionale - Definizione degli obiettivi e risultati desiderati (esempio: fra sicurezza e riabilitazione qual è l’obiettivo

primario) - Possesso delle informazioni adeguate (efficacia dell’intervento e del servizio) - Scelta fra diverse opzioni/opportunità (luoghi e/o servizi idonei e appropriati) - Controllo e verifica dei risultati (follow-up: utile per avere dati di efficacia) Criteri facilitanti….le buone decisioni - Tempo - Informazioni - Struttura organizzativa - Guida - Supporto e sostegno Mi è sembrato utile fare questa premessa prima di proporre alcune riflessioni sulla opportunità di pensare, progettare e definire Unità di Cure Intermedie all’interno del sistema di cure sanitarie e socio-sanitarie per le persone fragili e affette da patologie croniche. Il quesito che ci si può porre è il seguente: possono essere le Unità di Degenza di Cure Intermedie una proposta di servizio che “facilita” il percorso di cura più appropriato nel paziente “fragile”, sia esso anziano o disabile (la “cosa” giusta, al “paziente” giusto, nel “momento” giusto), e quali potrebbero essere le caratteristiche essenziali di questo servizio sia in ambito sanitario che socio-sanitario? Materiali e metodi Lo spunto di questo articolo viene da uno studio condotto all’interno di due istituzioni/aziende della Azienda Sanitaria Locale (ASL) di Milano, una sanitaria ospedaliera e l’altra socio-sanitaria extra-ospedaliera, per

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definire e progettare UNITÀ DI CURE INTERMEDIE tra Ospedale e Territorio per la continuità e l’appropriatezza delle cure a pazienti “fragili” o in condizioni di sub-acuzie. Nel progetto, dopo una fase di definizione di percorso di cura appropriato per pazienti fragili, si è pensato di proporre la realizzazione di Unità di Degenza di Cure Intermedie, esito di trasformazione di servizi già esistenti e operativi all’interno delle rispettive strutture, quindi sia in ambito Ospedaliero che Extra-ospedaliero, individuando gli elementi comuni e quelli specifici propri di ciascun ambito, con l’obiettivo finale di collegare e integrare fra loro queste unità, come nodi di una rete all’interno di un sistema di cure intermedie più complesso. Nello studio citato è stato utilizzato lo strumento “manageriale” della Pianificazione Strategica per definire con chiarezza le fasi del progetto e i passaggi necessari alla realizzazione, dall’analisi del contesto alla definizione di finalità, obiettivi, livelli di responsabilità, risorse e strumenti da attivare, per individuare scelte e percorsi adeguati da proporre all’interno delle rispettive istituzioni. È stata svolta e condivisa soprattutto l’analisi dell’ambiente esterno (minacce e opportunità per la realizzazione del progetto) mentre la sostanziale differenza di servizio e di organizzazione tra le due istituzioni ha richiesto un’analisi separata per l’ambiente interno (elementi di forza e debolezza per la realizzazione del progetto) e l’ipotesi di sviluppo strategico per le rispettive realtà istituzionali e/o aziendali, che non verranno trattate in questo articolo. Quindi, a conclusione della prima fase, individuati obiettivi e strategie da perseguire, è stato formulato un piano di realizzazione di Unità di Cura specifico per ciascun ambito. Nel progetto, una volta definite e sviluppate queste Unità di Cure Intermedie da servizi già operativi all’interno delle rispettive strutture, quindi sia in ambito Ospedaliero che Extra-ospedaliero, individuando gli elementi comuni e quelli specifici propri di ciascun ambito, si prevede di favorire un collegamento e l’integrazione operativa fra queste Unità, come nodi di una rete all’interno di un sistema di cure intermedie più complesso. Analisi dell’ambiente esterno Il cambiamento epidemiologico in atto sta modificando in modo radicale la domanda di salute della popolazione italiana. L’impatto che le patologie cronico-degenerative, l’invecchiamento della popolazione e l’evoluzione tecnologica stanno determinando sulla domanda di salute, mette a rischio anche la sostenibilità economica di tutto il sistema salute. La spesa sanitaria, in Italia, oggi assorbe l’8,3% (6,8% spesa pubblica + 1,5% spesa privata) del Prodotto Interno Lordo (PIL), il 70% di queste risorse viene utilizzato da pazienti cronici che rappresentano il 25% della popolazione (Ministero del Welfare, 2007). Questo cambiamento di scenario ha ricadute importanti sul sistema delle cure che, rispettando i criteri di efficacia, efficienza e appropriatezza, deve rispondere ai nuovi bisogni di salute con logiche di servizio innovative in grado di integrare ospedale e territorio, area sociale e sanitaria. Sempre di più si individuano in una maggiore integrazione dei servizi sanitari e sociali, e nella migliore gestione delle informazioni, le strategie adeguate per poter razionalizzare l’uso di risorse, ridurre gli sprechi, eliminare le inefficienze, continuando a garantire “doverosa solidarietà……e pari opportunità nell’erogazione dei servizi essenziali”. La Regione Lombardia è impegnata da alcuni anni nella riorganizzazione del complesso sistema socio-sanitario, definendo una rete di cure che dall’acuzie gestita in ospedale, attraverso la riabilitazione, ed infine l’assistenza domiciliare, cerca di garantire continuità, sostenibilità e qualità delle cure. Nella nostra regione l’offerta di servizi sanitari e socio-sanitari si può considerare ricca per quantità e tipologia; fra tecnici e operatori spesso ci si chiede se questa offerta sia sufficiente alla domanda di cure sanitarie e socio-sanitarie, mettendo in evidenza anche percorsi asincroni fra “governance” e “disease managment”; queste riflessioni si concludono, il più delle volte, con una richiesta di aumento dei servizi, più che in un miglior coordinamento e revisione organizzativa di quelli già esistenti. Queste criticità del sistema sono oggi particolarmente evidenti nel passaggio dalla fase acuta a quella subacuta e/o cronica delle malattie, e nello scarso governo clinico-assistenziale delle fasi di integrazione dei servizi fra ospedale e territorio comunemente definito delle “cure intermedie”; questo ambito di cure, se

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adeguatamente definito, organizzato e gestito, permetterebbe di rispondere meglio non solo ai bisogni di cura del paziente, ma di ridurre i costi ospedalieri (ricoveri ripetuti, impropri e/o prolungati) e, più in generale, evitare sprechi di risorse altrimenti utilizzabili. I pazienti “fragili”, non autosufficienti, non stabilizzati o in condizioni di sub-acuzie, sono pazienti di difficile e complessa gestione per i reparti ospedalieri orientati per patologia; spesso ricevono risposte inadeguate, la dimissione è problematica, e impegnano impropriamente risorse umane e tecnologiche altrimenti destinate a pazienti con necessità di maggior intensità e specificità di intervento. Nel progetto per “Cure Intermedie” ci si riferisce a quelle fornite a pazienti in esito di acuzie o in stato di sub-acuzie, medicalmente stabilizzati tanto da non richiedere più necessariamente cure in ospedale, ma ancora instabili per essere trattati al domicilio, ambulatorio, o avviati al percorso di lungo-assistenza. In considerazione del cambiamento della struttura demografica e dell’impoverimento delle reti sociali in Lombardia, ed in particolare a Milano, molti di questi pazienti complessi e fragili non possono usufruire di cure intermedie al domicilio. All’interno di questa area eterogenea di cure sono state quindi definite e progettate le Unità di Cura Intermedia come servizi di degenza in grado di fornire prestazioni sanitarie ad alta integrazione sociale, in continuità di azione tra cura e riabilitazione, e capaci di attivare percorsi assistenziali integrati. A seguire, nelle tabelle sinottiche viene rappresentato il risultato sintetico dell’analisi di contesto come minaccia e opportunità per la realizzazione del progetto nei diversi livelli di lettura, nazionale, regionale, territoriale, e gli “stakeholders” (portatori di interesse) da coinvolgere.

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Contesto nazionale Unità di Cura Intermedia – Contesto nazionale

OPPORTUNITÀ MINACCE Cambiamento epidemiologico (aumento di necessità di cura per pazienti disabili, fragili e/o cronici)

Scarsa chiarezza normativa con frammentazione e sovrapposizione di compiti, ruoli e responsabilità

Impoverimento della rete sociale ed aumentato bisogno sociale di continuità di cura

Assenza di una chiara definizione di finalità, standard e requisiti di servizio, con rischio elevato di frammentazione e variabilità delle esperienze

Graduale spostamento di risorse economiche dal settore dell’acuzie a quello della cronicità

Assenza di un sistema validato di misura o di un modello di riferimento per la valutazione delle risorse impegnate in relazione agli obiettivi definiti

Richiesta del sistema di cura ospedaliera di risposte efficaci ed efficienti al problema delle dimissioni protette e continuità di cura

Paradigma culturale sanitario che privilegia la specializzazione rispetto alla cultura della presa in carico globale

Disponibilità del sistema sanitario alla progettazione integrata e rinnovo dei percorsi di cura

Scarsa cultura dell’integrazione fra ospedale e territorio e fra servizi sanitari e sociali

Disponibilità, accesso e utilizzo degli strumenti di tecnologia informatica nel sistema sanitario e socio-sanitario

Eccessiva variabilità territoriale dei sistemi e delle organizzazioni con ridotta riproducibilità delle esperienze

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Contesto regionale Unità di Cura Intermedia – Contesto Regionale

OPPORTUNITÀ MINACCE Presenza di un sistema di cure definito e strutturato per l’acuzie, la riabilitazione ed il domicilio

Complessità del sistema e presenza di pluralità di attori da coinvolgere

Sistema di accreditamento con requisiti e standard definiti per i diversi servizi del sistema delle cure

Cultura del bisogno poco condivisa e diffusa tra ambito sanitario e sociale

Incremento di risorse economiche dedicate alla risposta di bisogni di cura dei pazienti fragili, cronici o in stato di sub-acuzie

Ridotta “governance” del sistema di cure socio-sanitario, assenza di regole definite di integrazione nei percorsi di cura tra ospedale e territorio

Razionalizzazione dei servizi in senso organizzativo e assenza di elevato investimento tecnologico

Difficoltà di “governo clinico” del paziente nel passaggio fra i diversi “setting “di cura

Scarsa presenza competitiva Recente definizione dei criteri di ripartizione delle risorse economiche fra ambito sanitario e sociale

Recente riordino del sistema di cure riabilitative e individuazione di fasce di bisogno di cura non soddisfatte da questo tipo di servizio

Autoreferenzialità dei diversi servizi che rispondono a interessi e logiche diverse e maggiore probabilità di inefficacia e inefficienza

Possesso di competenza e cultura nella gestione del paziente complesso e fragile

Conflittualità tra i diversi attori coinvolti

Disponibilità di uno strumento di valutazione per l’appropriatezza e per l’accesso alle cure riabilitative (Sistema Esperto) i cui criteri sono utilizzabili anche per individuare il bisogno di cure intermedie

Richiesta di elevata interazione e flessibilità fra le diverse professionalità coinvolte nei differenti ambiti di cura

Interesse da parte dei diversi attori del sistema di cure alla costruzione di reti, disponibilità a collaborazioni o sperimentazione di percorsi di cura condivisi

Differente diffusione della cultura del lavoro per obiettivi e budget definiti e formalizzati tra l’ambito sanitario e sociale

Scarsa diffusione del servizio di cure domiciliari

Difficoltà di percezione dei contenuti del servizio da parte dei potenziali fruitori

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Contesto territoriale

Unità di Cura Intermedia – Contesto Territoriale (ASL Milano) OPPORTUNITÀ MINACCE

Offerta diffusa e differenziata di servizi di cura sia in ambito ospedaliero che territoriale

Pluralità di attori presenti sul territorio che fanno medesime cose con nomi diversi o definiscono con lo stesso nome servizi diversi

Richiesta di un utilizzo delle risorse di sistema in maniera più efficace ed efficiente

Ritardo nell’azione di “governace” da parte dell’Ente territoriale competente

Presenza di un Progetto sperimentale con possibilità di valutazione e correzione delle criticità emerse

Difficile transizione nel passaggio di competenze socio-sanitarie storicamente detenute dall’istituzione comunale alla ASL

Sviluppo e Valorizzazione delle sinergie di rete Difficoltà a definire in maniera specifica l’ambito di intervento delle cure intermedie

Richiesta di miglioramento del “governo clinico-assistenziale” del paziente attraverso la definizione di percorsi di cura appropriati

Difficoltà ad individuare il ruolo e la collocazione corretta di questi servizi all’interno della rete

Presenza sul territorio di servizi accreditati e professionalità in grado di lavorare in rete

Gestione del servizio di cure intermedie da parte di professionalità con competenze e cultura inadeguate al compito e agli obiettivi assegnati

Sviluppo delle professionalità e delle culture capaci di farsi carico del paziente in senso globale (Valutazione Multi Dimesionale)

Rischio di confondere e farsi carico di aree di bisogno sanitario o sociale non attinenti al servizio

Unità di cura come luogo di incontro e di integrazione del bisogno sanitario e sociale

Scarso governo clinico-assistenziale con squilibrio economico-finanziario e sbilanciamento fra costi e ricavi

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Stakeolders analysis (Fig.1) Pazienti e famiglie richiedono da tempo personalizzazione e continuità nei percorsi di cura per ricondurre ad unicità la persona malata dopo la “frammentazione” degli interventi e prestazioni specifiche erogate nei diversi ambiti di cura. Regione Lombardia in attuazione delle indicazioni di politica sanitaria e socio sanitaria regionale (legge 31/97 e successive modifiche) possono essere definiti percorsi di cura appropriati a partire dalle persone e dai loro bisogni riconosciuti; gli erogatori Pubblici e Privati partecipano con pari dignità e uguali regole di accesso e accreditamento alla rete sistema di offerta di cure. Assessorato Sanità e Assessorato Famiglia e Solidarietà Sociale l’interesse risiede nel ruolo che queste Unità possono avere nel processo di riorganizzazione del sistema sanitario e socio-sanitario e di buon funzionamento della rete di cure e assistenza regionale. ASL Città di Milano ha da tempo individuato nella continuità e integrazione delle cure tra ospedale e territorio l’ambito strategico di intervento per migliorare il sistema di offerta di cure cittadino. Operatori e Associazioni Professionali molti operatori sanitari (medici, infermieri, terapisti, educatori) e sociali (assistenti sociali, operatori assistenziali, animatori, altri) sia dell’ospedale sia del territorio avvertono fortemente la necessità di azioni e ambiti specifici di “governo” dei percorsi di cura dei pazienti complessi e fragili. Figura 1

Regione Lombardia

ASL di Milano

UNITÀ DI CURE INTERMEDIE

Pazienti e famiglie

Direzione Sanità e Famiglia/Solidarietà Sociale

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Operatori e associazioni professionali

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Conclusioni In conclusione, ritengo che il punto di partenza di qualunque “modellizzazione” per analizzare necessità e opportunità di nuove o diverse tipologie di servizio sia, prima di tutto, di avviare una riflessione sulla efficacia teorica (efficacy), e quindi tramite sperimentazione, di una verifica dell’efficacia pratica (effectivness), per proseguire quindi con l’analisi di efficienza e sostenibilità di un servizio. Il fondamento di questa efficacia teorica risiede, a mio avviso, paradossalmente proprio nel concetto di “timing” (tempo giusto e necessario) del percorso di cura dedicato al paziente cronico, al fine di una corretta individuazione, “interpretazione” e gestione della complessità clinica della cronicità in concomitanza con la condizione di acuzie e sub-acuzie. La metodologia della pianificazione strategica ha permesso di evidenziare elementi a sostegno, criticità e strategie utili alla definizione del progetto di Unità di cure intermedie nelle nostre rispettive strutture, quindi sia in ambito ospedaliero che extra-ospedaliero, sia in una logica più generale di sistema, che ha portato alle seguenti conclusioni: - Le unità di cure intermedie potrebbero diventare i nodi di una rete di cure tra ospedale e territorio nella

gestione della transizione tra l’acuzie e la cronicità - L’attivazione di queste unità di cure intermedie può avvenire senza risorse aggiuntive del sistema a

partire da ridefinizione e innovazione di servizi già presenti in ambito ospedaliero ed extraospedaliero - La rete di cure intermedie, per poter essere efficace ed efficiente, deve essere messa a sistema - Nella definizione organizzativa e operativa di queste unità di cure abbiamo individuato elementi comuni

condivisibili ed elementi specifici distintivi: - posti letto o unità di degenza situati in continuità e/o contiguità strutturale e funzionale con i

servizi riabilitativi specialistici intensivi in ospedale ed estensivi in ambito extraospedaliero; - devono esistere cultura e strumenti condivisi di valutazione di appropriatezza

(inclusione/esclusione) dei casi in modo da definire percorsi di cura, modalità di presa in carico e permettere il necessario “governo” dell’accesso al servizio senza conflitti;

- deve essere condiviso uno strumento comune di “governo” della complessità clinica e di valutazione dell’appropriatezza riabilitativa (nel nostro caso Il Sistema Esperto sperimentato dalla regione Lombardia e sviluppato in collaborazione con le società scientifiche), dove livello di disabilità, comorbosità e fragilità sono considerati elementi essenziali nel definire il bisogno del paziente ed il setting di cura adeguato;

- le Unità di cura intermedie ospedaliere possono svolgere la loro attività in stretto contatto/contiguità con la riabilitazione specialistica ed avere come elemento distintivo specifico quello di occuparsi di pazienti non ancora sufficientemente stabilizzati per essere avviati alle cure estensive, che potrebbero ancora necessitare di interventi o servizi specifici di tipo ospedaliero;

- le Unità di cure intermedie extra-ospedaliere possono svolgere la loro attività in stretto contatto/contiguità con la riabilitazione generale/geriatrica e avere come elementi distintivi specifici l’estensività temporale delle cure ed il maggior collegamento con i servizi territoriali.

- Il collegamento fra unità ospedaliere ed extra-ospedaliere, tramite percorsi o protocolli di cura definiti sulla base di cultura e pratiche condivise, sono il passaggio fondamentale per garantire efficienza ed efficacia di questa rete di cure

- Infine, una volta definiti nodi e percorsi all’interno della rete, un valido sostegno può essere fornito dalla tecnologia informatica (ICT)

Si ringrazia per il contributo la Dr.ssa Liliana Sgarbi, Aiuto Fisiatra dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano.

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Bibliografia consigliata Bagarolo R, Sgarbi L. Progetto per unità di cure intermedie tra Ospedale e Territorio, Tesi finale Corso di Formazione Manageriale per Dirigenti di Struttura Complessa - Area Ospedaliera SDS - IReF Regione Lombardia, 2008. Cifalinò A. Il governo dei servizi sanitari territoriali, logiche, strumenti e processi. Edizioni Franco Angeli, 2007. Il Distretto e le “Cure Intermedie”. Atti del 2° Congresso Nazionale Card -2003. Quaderni CARD 2. Ed. Iniziative sanitarie, 2003. Blangiardo GC L’invecchiamento demografico nei comuni lombardi, Edizioni Guerini e Associati, 1999. Governo dei servizi sanitari territoriali e politiche di appropriatezza e controllo: 2007 RICOVERI IN LOMBARDIA. A cura di Federico P, Zucchi C, Zocchetti C. Osservatorio Epidemiologico e Sistemi di Remunerazione, www.sanita.regione.lombardia.it. LEA - Livelli Essenziali di Assistenza, e Mattoni SSN, www.ministerosalute.it. Libro Verde Ministero Welfare 2008, www.ministerosalute.it.

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AGGIORNAMENTI Anziani in ospedale: complessità e continuità dell’assistenza Ermellina Zanetti Gruppo di Ricerca Geriatrica Brescia, Società Italiana di Gerontologia e Geriatria Introduzione Il rapido e marcato invecchiamento della popolazione, che ha caratterizzato il nostro paese nelle ultime decadi, ha portato inevitabilmente ad un aumento di tutte le malattie età-associate, che sono diventate una tra le maggiori priorità sanitarie e sociali nel nostro paese. Se la diminuzione dei tassi di mortalità, che ha caratterizzato il secolo scorso, perdurerà nei prossimi 50 anni, potremmo raggiungere una speranza di vita alla nascita di oltre 90 anni (ISTAT, 2009a) l’ISTAT ha stimato nel 2008 una speranza di vita alla nascita pari a 78,8 anni per gli uomini e a 84,1 anni per le donne (ISTAT, 2009b). Lo scenario epidemiologico dell’invecchiamento della popolazione rivela la presenza di due gruppi distinti, che pongono diversi problemi di politica sanitaria: da una parte gli anziani “più giovani”, in buona o discreta salute, che all’insorgere della malattia richiedono interventi specifici e limitati nel tempo e d’altra parte gli anziani, generalmente più vecchi, che si caratterizzano per l’elevato numero di patologie croniche di diversa gravità e disabilità e che si giovano di interventi terapeutici e assistenziali altamente personalizzati. La disabilità fisica, che comporta difficoltà nelle comuni attività quotidiane (lavarsi, vestirsi, mangiare, ecc.), è dovuta principalmente alla comorbilità e colpisce circa il 25% dei maschi e il 34% delle femmine ultrasessantacinquenni. Ormai è noto che la disabilità aumenta con l’età e, nel gruppo di ultraottantenni, circa il 6% dei maschi e l’8% delle donne è totalmente non autosufficiente (Maggi, 2005). Gli anziani, tra i quali in particolare le persone affette da malattie croniche, quando hanno bisogno di cure pongono interrogativi complessi, non segmentabili in tanti interventi singoli. La complessità che caratterizza bisogni e problemi dei soggetti anziani disabili e fragili richiede, infatti, un approccio sistemico e la presa in carico strutturata rappresenta la modalità di risposta più adeguata ai bisogni di questi pazienti, che spesso non si giovano di interventi standardizzati, ma richiedono interventi personalizzati che tengano in seria considerazione le differenze interindividuali e che a parità di condizione di malattia, determinano l’outcome della cura. Nella presa in carico di queste persone è fondamentale il ruolo dell’assistenza infermieristica, purché agita con modelli e strumenti che tengano conto di molteplici aspetti: la variabilità dei quadri clinici e dell’impatto che questi hanno su soggetti diversi, la complessità che caratterizza ogni evento acuto in un soggetto fragile e le ripercussioni sulle abilità funzionali cui spesso consegue la necessità di progettare e condividere con la famiglia un percorso di cure a lungo termine, attivando i servizi preposti. In particolare si rende necessario adottare uno strumento che utilizzando indicatori oggettivi di complessità possa predefinire la quantità e la qualità di assistenza necessaria, per assicurare che la presa in carico sia un reale accompagnamento dell’anziano e della sua famiglia, con il duplice obiettivo di evitare complicanze e ottimizzare il percorso di cura. Metodi In una divisione di geriatria per acuti per individuare quanti e quali pazienti necessitavano di un percorso di dimissione protetta è stato applicato retrospettivamente il Blaylock Risk Assessment Screening Score (BRASS) index (Blaylock,1992; Mistiaen,1999). Sono stati esclusi dall’applicazione dell’indice i soggetti ultrasessantacinquenni in condizioni terminali che rappresentavano il 5% dei ricoverati e coloro che provenivano da una Residenza Sanitaria Assistenziale e che in essa sarebbero poi ritornati (15%). L’indice di BRASS (Figura 1) fu sviluppato come parte del sistema di pianificazione della dimissione soprattutto per i pazienti di età superiore a 65 anni. Le autrici Blaylock e Cason (1992), attraverso la revisione della letteratura e la loro esperienza nel campo dell’assistenza in geriatria e gerontologia, hanno identificato i seguenti fattori che costituiscono l’indice: l’età, la disponibilità dei caregiver, lo stato

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funzionale, lo stato cognitivo, la presenza di disturbi del comportamento, le abilità motorie, la presenza di deficit sensoriali, l’utilizzo del pronto soccorso e/o i ricoveri nei precedenti 3 mesi, il numero dei problemi medici attivi e il numero di farmaci in terapia. L’indice è di facile compilazione e fornisce buone indicazioni per la validità predittiva (specificità) in merito ai problemi legati alla dimissione del paziente. La compilazione dovrebbe essere fatta all’ingresso e richiede pochi minuti (circa 15) e necessita di un addestramento minimo del valutatore. Lo strumento individua 3 classi di rischio, basso-medio-alto, cui possono conseguire tre diversi protocolli di intervento che definiscono le competenze degli infermieri, dei medici e, eventualmente, del servizio sociale. I dati per compilare l’indice sono stati ottenuti dalla valutazione delle cartelle cliniche e infermieristiche informatizzate di 1.188 soggetti ricoverati nell’anno 2007 per un evento medico acuto in una divisione di geriatria. Risultati Il campione è costituito da 1.188 soggetti ultrasessantacinquenni (età media 81 anni Ds + 6,3) di cui il 65,8% è rappresentato da donne. L’autonomia funzionale nelle attività di base della vita quotidiana (muoversi, lavarsi, vestirsi, alimentarsi, continenza) all’ingresso valutata attraverso l’applicazione dell’Indice di Barthel è pari ad una media di 71,1 Ds + 32,8 (la completa autosufficienza è pari ad un punteggio di 100, valori inferiori indicano presenza e gravità di disabilità. Lo 0 corrisponde alla non autosufficienza totale) mentre la funzione cognitiva valutata mediante il Mini Mental State Examination (MMSE) è pari ad un punteggio medio di 22,7 Ds + 8,3 (si considera sinonimo di normale funzione cognitiva un punteggio pari o superiore a 24). Si sono verificati 237 eventi negativi durante il ricovero tra i quali la comparsa di 24 nuove lesioni da pressione pari al 2%, di cui 9 (24%) sono peggiorate (stadio 2- 3 di NPUAP) alla dimissione. Si sono verificate 8 (0.67%) cadute accidentali senza esiti importanti. I pazienti diagnosticati e trattati per infezione delle vie urinarie sono stati 40 (3,37%). Di questi 8 (20%) erano stati cateterizzati durante il ricovero. La degenza media è pari a 6,7 (Ds±3,2) giorni. La tabella 1 riassume i punteggi ottenuti applicando retrospettivamente l’indice di BRASS al campione: il 59% dei soggetti non necessita di alcuna pianificazione della dimissione, il 28% richiede l’attivazione di un percorso di dimissione protetta (che può comprendere anche l’attivazione del servizio di assistenza domiciliare) e il 13% dei soggetti necessita di un ricovero presso strutture a elevata intensità assistenziale (Residenze Sanitarie Assistenziali) o presso un servizio di riabilitazione. Si tratta complessivamente di 454 pazienti che in un anno avrebbero avuto necessità di una pianificazione della dimissione. Confrontando i risultati ottenuti (Tabella 2) dall’applicazione dell’indice di Brass con le caratteristiche demografiche (sesso ed età), funzionali (indice di Barthel) e cognitive (Mini Mental State Examination MMSE) si evince che coloro per i quali si richiede continuità assistenziale, attraverso un percorso di dimissione protetta o il ricovero presso altre strutture, sono più anziani (rispettivamente 83,5 e 85,1 anni) della media del campione (81,1 anni) e di coloro che hanno un basso rischio all’indice di Brass (79,4 anni) e più compromessi sia dal punto di vista dell’autonomia funzionale (56,9 e 25 di Barthel medio vs 81,65 del campione e 98,2 dei soggetti con un basso rischio all’Indice di Brass) che per quanto riguarda le funzioni cognitive (MMSE medio di 21,5 e 4,7 vs 22,7 del campione e 25,8 dei soggetti con basso indice di rischio alla Brass). Tra coloro che necessitano di dimissione protetta si è inoltre osservata una maggiore incidenza di eventi negativi intercorrenti (15,92% nei soggetti a medio rischio Brass e 94,29% nei soggetti ad alto rischio Brass rispetto a quelli a basso rischio Brass, pari al 7,49%) maggiore mortalità intraospedaliera (4,46% e 5,71% vs 2,18%) e a 6 mesi (10,51% e 24,29% vs 6,13% e 9,43% del campione). I dati desunti dalla documentazione clinica confermano la dimissione di 142 pazienti presso altre strutture (140 quelli individuati dall’indice di Brass), di cui 2 soggetti accolti in una casa di riposo per un temporaneo impedimento delle famiglie a farsene carico, mentre non è stato possibile valutare per quanti e quali pazienti è stato effettivamente attivato il servizio domiciliare la cui richiesta è di competenza del Medico di Medicina

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Generale. Dalla valutazione delle lettere di dimissione, nel periodo considerato, l’attivazione del servizio è stata consigliata per meno di 200 soggetti su 300 (14 pazienti sono deceduti durante il ricovero) individuati dall’applicazione del BRASS Index. Discussione La ricerca dimostra innanzitutto che non tutti gli anziani ricoverati per un evento medico acuto richiedono un percorso di dimissione protetta ma, al contempo, che senza uno strumento che individui già all’ammissione i soggetti che ne debbono beneficiare, il rischio è di sottostimare il bisogno di continuità. Inoltre i dati ottenuti hanno confermato che la disabilità funzionale e il deficit cognitivo precedenti l’evento acuto, oltre che essere associati ad outcome negativi, sono indicatori nel soggetto anziano ospedalizzato della necessità di un percorso che richiede la pianificazione delle cure e dell’assistenza. L’età, il sesso e la diagnosi di ammissione non sono, infatti, sufficienti, nel paziente anziano e molto anziano, per spiegare la comparsa di outcome negativi. In un’ampia revisione della letteratura condotta nell’ambito dello studio europeo Admission Case-Mix system for the Elderly (ACMEplus) da Campbell e collaboratori (2004) si evidenzia la necessità di considerare altre variabili, in particolare lo stato funzionale e cognitivo, che sono più strettamente correlate alla comparsa di outcome negativi. Numerosi studi hanno, infatti, dimostrato che la disabilità funzionale e il deficit cognitivo si associano ad outcome negativi nel soggetto anziano ospedalizzato con un aumento della durata della degenza, collocazione in casa di riposo alla dimissione, frequenti riammissioni, aumento della mortalità e dei costi (Narain, 1988; Rudberg, 1996; Satish, 1996; Covinsky, 1997; Carlson, 1998; Alarcon, 1999; Fortinsky, 1999; Ingold, 2000; Cornette 2006). Si potrebbe ipotizzare, seppure siano necessari ulteriori studi, che la complessità dei soggetti anziani ricoverati in ospedale per un evento medico acuto si correla direttamente alla presenza e gravità, precedenti l’evento acuto, della disabilità funzionale e/o del deficit cognitivo. Attraverso la rilevazione, peraltro non particolarmente complessa, di queste due condizioni è possibile per gli infermieri individuare i pazienti che necessitano di una maggiore intensività assistenziale, una più attenta pianificazione delle cure, finalizzata ad evitare le complicanze (lesioni da decubito, infezioni delle vie urinarie, eccesso di disabilità), nonché l’ attivazione già all’ammissione un percorso di dimissione protetta che accompagni l’anziano e la sua famiglia all’apprendimento di quanto sarà poi necessario continuare a fare a casa, con o senza il supporto dei servizi domiciliari. Anche la necessità di un ricovero permanente o temporaneo presso un servizio residenziale, se prevista per tempo, può essere pianificata e rende possibile preparare l’anziano e la sua famiglia evitando, almeno, l’ansia e lo stress di una affannosa ricerca. Conclusioni La complessità rappresenta anche per la professione infermieristica la sfida da affrontare per proporre ai pazienti anziani e alle loro famiglie soluzioni che rendano possibile conciliare presenza di disabilità, deficit cognitivo, malattie e qualità della vita. Per affrontare la complessità dobbiamo abbandonare i modelli lineari, accettare l’impredicibilità, rispettare (e utilizzare) l’autonomia e la creatività, rispondere in maniera flessibile all'emergere di situazioni e opportunità (Plsek e Greenhalgh, 2001), nonché valorizzare e promuovere l’apporto di più saperi e professioni nella definizione, gestione e valutazione del bisogno di salute. I servizi sanitari e socio sanitari chiedono alla nostra professione abilità e strumenti per leggere i bisogni, progettualità per tracciare percorsi di cura realizzabili e centrati su obiettivi misurabili, coniugando efficacia ed efficienza. Gli utenti, in particolare quelli più vulnerabili e fragili, e le loro famiglie chiedono, oggi come ieri, agli infermieri l’ascolto della loro sofferenza e il riconoscimento che anche laddove è impossibile curare è sempre possibile assistere. Anche se significasse “solo” restare accanto.

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Bibliografia Alarcon T, Barcena A, Gonzalez-Montalvo JI, Penalosa C, Salgado A. Factors predictive of outcome on admission to an acute geriatric ward. Age Ageing 1999; 28: 429–32. Blaylock A, Cason C. Discharge Planning predicting patients’ needs, Journal of Gerontological Nursing 1992; 18(7). Campbell SE, Gwyn Seymour1 D, Primrose WR, for the ACMEplus project*A systematic literature review of factors affecting outcome in older medical patients admitted to hospital Age and Ageing 2004; 33: 110–115. Carlson JE, Zocchi KA, Bettencourt DM, Gambrel ML, FreemanJL, Zhang D & Goodwin JS Measuring frailty in the hospitalized elderly: concept of functional homeostasis. American Journal of Physical Medicine and Rehabilitation 1998;77:252–257. Cornette P, Swine C, Malhomme B, Gillet JB, Meert P, D'Hoore W. Early evaluation of the risk of functional decline following hospitalization of older patients: development of a predictive tool. Eur J Public Health. 2006 Apr;16(2):203-8. Covinsky KE, Justice AC, Rosenthal GE, Palmer RM & Landefeld CS Measuring prognosis and case mix in hospitalized elders. The importance of functional status. Journal of General Internal Medicine 1997;12: 203–208. Fortinsky RH, Covinsky KE, Palmer RM & Landefeld CS Effects of functional status changes before and during hospitalization on nursing home admission of older adults. Journals of Gerontology. Series A, Biological Sciences and Medical Sciences 1999;54:M521–M526. Ingold BB, Yersin B, Wietlisbach V, Burckhardt P, Bumand B & Bula CJ Characteristics associated with inappropriate hospital use in elderly patients admitted to a general internal medicine service. Aging 2000;12: 430–438. ISTAT Istituto Nazionale di Statistica Previsioni demografiche nazionali 1° gennaio 2005-1° gennaio 2050 (www.demo.istat.it/altridati/previsioni_naz.it consultato il 13 maggio 09a). ISTAT Istituto Nazionale di Statistica Previsioni demografiche nazionali Anno 2007 (www.demo.istat.it/altridati/previsioni_naz.it consultato il 13 maggio 09b) Maggi S, Marzari C, Noale M, Limongi F, Gallina P, Bianchi D, Crepaldi G Epidemiologia dell’invecchiamento. In Gensini G.F., Rizzini P.,Trabucchi M., Vanara F.(eds) Rapporto Sanità 2005 Invecchiamento della popolazione e servizi sanitari Il Mulino Editore, Bologna, 2005:27-42. Mistiaen P, Duijnhouwer E, Prins-Hoekstra A, Ros W, Blaylock A. Predictive validity of the BRASS index in screening patients with post-discharge problems, Journal of Advanced Nursing 1999; 30(5):1050-6. Narain P, Rubenstein LZ, Wieland GD, Rosbrook B, Strome LS, Pietruszka F & Morley JE Predictors of immediate and 6-month outcomes in hospitalized elderly patients. The importance of functional status. J Am Geriatr Soc 1988;36:775–783. Plsek PE, Greenhalgh T. Complexity science: the challenge of complexity in health care. British Medical Journal 2001;323:625-8. Rudberg MA, Sager MA & Zhang J Risk factors for nursing home use after hospitalization for medical illness. Journals of Gerontology. Series A, Biological Sciences and Medical Sciences 1996;51: M189–M194. Satish S, Winograd CH, Chavez C & Bloch DA Geriatric targeting criteria as predictors of survival and health care utilization. Journal of the American Geriatrics Society 1996;44:914–921.

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Figura 1

Blaylock Risk Assessment Screening (BRASS) Cerchiare ogni aspetto che viene rilevato.

Età (una sola opzione) 0 = 55 anni o meno 1 = 56 – 64 anni 2 = 65 – 79 anni 3 = 80 anni e più Condizioni di vita e supporto sociale (una sola opzione) 0 = Vive col coniuge 1 = Vive con la famiglia 2 = Vive da solo con il sostegno della familiare 3 = Vive da solo con il sostegno di amici/conoscenti 4 = Vive solo senza alcun sostegno 5 = Assistenza domiciliare/residenziale Stato funzionale (ogni opzione valutata) 0 = Autonomo (indipendente in ADL e IADL) Dipendente in: 1 = Alimentazione/nutrizione 1 = Igiene/abbigliamento 1 = Andare in bagno 1 = Spostamenti/mobilità 1 = Incontinenza intestinale 1 = Incontinenza urinaria 1 = Preparazione del cibo 1 = Responsabilità nell’uso di medicinali 1 = Capacità di gestire il denaro 1 = Fare acquisti 1 = Utilizzo di mezzi di trasporto Stato cognitivo (una sola opzione) 0 = Orientato 1 = Disorientato in alcune sfere* qualche volta 2 = Disorientato in alcune sfere* sempre 3 = Disorientato in tutte le sfere* qualche volta 4 = Disorientato in tutte le sfere* sempre 5 = Comatoso

*sfere: spazio, tempo, luogo e sé

Modello comportamentale (ogni opzione osservata) 0 = Appropriato 1 = Wandering 1 = Agitato 1 = Confuso 1 = Altro Mobilità (una sola opzione) 0 = Deambula 1 = Deambula con aiuto di ausili 2 = Deambula con assistenza 3 = Non deambula Deficit sensoriali (una sola opzione) 0 = Nessuno 1 = Deficit visivi o uditivi 2 = Deficit visivi e uditivi Numero di ricoveri pregressi/accessi al pronto soccorso (una sola opzione) 0 = Nessuno negli ultimi 3 mesi 1 = Uno negli ultimi 3 mesi 2 = Due negli ultimi 3 mesi 3 = Più di due negli ultimi 3 mesi Numero di problemi clinici attivi (una sola opzione) 0 = Tre problemi clinici 1 = Da tre a cinque problemi clinici 2 = Più di cinque problemi clinici Numero di farmaci assunti (una sola opzione) 0 = Meno di tre farmaci 1 = Da tre a cinque farmaci 2 = Più di cinque farmaci

PUNTEGGIO TOTALE ________________

Punteggio Indice di rischio

0-10 rischio basso

Soggetti a basso rischio di problemi dopo la dimissione: non richiedono particolare impegno per l’organizzazione della loro dimissione, la disabilità è molto limitata

11-19

rischio medio

Soggetti a medio rischio di problemi legati a situazioni cliniche complesse che richiedono una pianificazione della dimissione ma probabilmente senza rischio di istituzionalizzazione

≥ 20

alto rischio

Soggetti ad alto rischio perché hanno problemi rilevanti e che richiedono una continuità di cure probabilmente in strutture riabilitative o istituzioni

Blaylock A, Cason C. Discharge Planning predicting patients’ needs, Journal of Gerontological Nursing 1992; 18(7).

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Tabella 1: Risultati dell’applicazione dell’Indice di Brass (valutazione retrospettiva) nei 1188 pazienti ultrasessantacinquenni ricoverati in una unità di geriatria Punteggio Indice di rischio n %

0-10

BASSO Soggetti a basso rischio di problemi dopo la dimissione: non richiedono particolare impegno per l’organizzazione della loro dimissione, la disabilità è molto limitata

734

59%

11-19

MEDIO Soggetti a medio rischio di problemi legati a situazioni cliniche complesse che richiedono una pianificazione della dimissione ma probabilmente senza rischio di istituzionalizzazione

314

28%

≥ 20

ALTO Soggetti ad alto rischio perché hanno problemi rilevanti e che richiedono una continuità di cure probabilmente in strutture riabilitative o istituzioni

140

13%

TOTALE

1188

100%

Tabella 2: Caratteristiche funzionali e cliniche dei 1188 pazienti raggruppati in relazione alla classe di rischio ottenuta con l’Indice di Brass Totale Brass index campione 0-10

Brass index 11-20

Brass index 21-40 p

1188 734(59%) 314(28%) 140(13%) M+DS M+DS M+DS Caratteristiche anagrafiche Età (anni) 81.1+6.3 79.4+5.3 83.5+4.9 85.1+5.7 .0001 Femmine (%) (65.8) (59) (73) (75) Autosufficienza Barthel Index 2 settimane prima

81.5+25.9 98.2+2.3 71.2+21.3 39.4+29.6 .0001

Barthel Index all’ammissione

71.6+32.8 92.5+18.3 56.9+27.3 25.0+27.8 .0001

Barthel Index alla dimissione

72.8+3.3 93.5+14.6 62.8+21.2 27.5+27.4 .0001

IADL (n. funzioni perse) 2 settimane prima

3.4+2.8 1.7+2.1 4.3+2.5 6.3+2.5 .0001

Stato mentale Cognitività (MMSE: 0-30)

22.7+8.3 25.8+3.8 21.5+8.6 4.7+5.0 .0001

Eventi negativi intercorrenti*

237 (20%) 55 (7,49%) 50 (15.92%) 132 (94,29%) .001

Mortalità intraospedaliera

38 (3,2%) 16 (2,18%) 14 (4,46%) 8 (5,71%) ns

Mortalità a 6 mesi 112 (9,43%) 45 (6,13%) 33 (10,51%) 34 (24,29%) .0001

Durata della Degenza (giorni)

6,7 DS + 3,2 6,4 DS + 2,7 7 DS + 3,1 8,3 DS + 5,4 ns

Ricovero in RSA 142 (11,95) 0 2 (0,64) 140(100%) ns *Eventi cardiologici, respiratori (infezioni, ecc.), reazione avversa a farmaci, infezione urinaria, delirium, lesioni da pressione, cadute.

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EVENTI

XX Corso Nazionale Infermieri

L’ASSISTENZA ALL’ANZIANO AFFETTO DA DEMENZA Brescia, 18 Settembre 2009

Dopo 10 anni il corso nazionale infermieri torna ad occuparsi dell’assistenza agli anziani affetti da demenza. Molte cose sono cambiate in questi 10 anni: nuove possibilità terapeutiche, qualche timida speranza dalla ricerca. Ma ora che possiamo fare? Che cosa possiamo dire a chi è malato oggi? Purtroppo è ancora diffuso un atteggiamento di sfiducia sulla possibilità di “curare”. Questo determina che in circa la metà dei casi la malattia non viene diagnosticata o avviene molto tardivamente, che le cure disponibili (per quanto di efficacia limitata) vengono utilizzate in una percentuale molto limitata di pazienti (in Italia circa il 6%, contro un 10% medio dell’Europa, con una punta massima di circa il 20% in Francia). La mancanza di una diagnosi e di una cura adeguata sono segni di scarsa attenzione nei confronti dei pazienti e delle loro famiglie in molte aree del nostro Paese. Eppure già oggi è possibile fare molto. E’ infatti dimostrato come i trattamenti disponibili siano in grado di rallentare la malattia e di determinare (in circa un terzo dei casi) miglioramento temporanei (che possono durare 6-12 mesi o anche più). Un attivo coinvolgimento dei familiari determina una riduzione dei disturbi del comportamento, un miglioramento della qualità della vita ed una ottimizzazione delle residue risorse di autonomia. Una cura attenta delle malattie, un adeguato stato nutrizionale, un uso accorto dei farmaci (che spesso vuol dire evitare farmaci inutili o potenzialmente dannosi) migliorano le performance cognitive e rallentano la progressione della malattia. Interventi riabilitativi e, più in generale, trattamenti non farmacologici possono sempre avere uno spazio di utilità. Nelle fasi più avanzate della malattia è sempre possibile cercare di correggere alcune manifestazioni con interventi che trovano nella “relazione” con il paziente (molte volte basata su modelli di comunicazione non verbale) l’elemento centrale. Certamente non è possibile evitare che la malattia, dopo un numero variabile di anni, giunga al suo epilogo, più spesso per una complicanza infettiva. Si può però, attraverso tanti piccoli interventi, singolarmente forse di limitata importanza, ma nell’insieme di grande significato, migliorare la qualità della vita delle persone coinvolte, cioè i pazienti e i loro familiari. C’è ancora molto da fare quindi anche oggi per i pazienti e per le loro famiglie. L’attesa di un futuro migliore non può essere quindi inerte!

la quota di iscrizione sarà interamente devoluta all’Associazione Alzheimer Ricerche Brescia onlus

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Venerdì 18 settembre 09

Programma

Convegno per Infermieri, Fisioterapisti, educatori e Operatori addetti all’Assistenza Obiettivi dell’assistenza al paziente affetto da demenza

Centro Pastorale Paolo VI Aula Magna ore 9-18

Evento accreditato al programma regionale di educazione continua in medicina per Infermieri, Operatori addetti all’Assistenza (6 crediti formativi)

Corso per Infermieri e Operatori addetti all’Assistenza L’assistenza al paziente con disturbi del comportamento

Centro Pastorale Paolo VI sala 10 ore 9-13

Evento accreditato al programma regionale di educazione continua in medicina per Infermieri e Operatori addetti all’Assistenza (3 crediti formativi)

Corso per Infermieri, Fisioterapisti e Operatori addetti all’Assistenza L’assistenza al paziente con disfagia: dalla valutazione all’intervento

Centro Pastorale Paolo VI sala 10 ore 14-18

Evento accreditato al programma regionale di educazione continua in medicina per Infermieri, Operatori addetti all’Assistenza, Fisioterapisti (3 crediti formativi)

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Iscrizione L’iscrizione ai singoli eventi sarà da effettuarsi in loco dietro versamento della quota di partecipazione che sarà interamente devoluta all’Associazione Alzheimer Ricerche Brescia onlus che emetterà regolare ricevuta.

Convegno per Infermieri e Operatori addetti all’Assistenza

Obiettivi dell’assistenza al paziente affetto da demenza Centro Pastorale Paolo VI Aula Magna ore 9-18 Euro 20,00 L’iscrizione comprende: partecipazione ai lavori, kit congressuale e attestato con certificazione dei crediti attribuiti. Saranno accettati fino ad un massimo di 190 iscritti

Corso per Infermieri e Operatori addetti all’Assistenza L’assistenza al paziente con disturbi del comportamento

Centro Pastorale Paolo VI sala 10 ore 9-13 Euro 10,00 L’iscrizione comprende: partecipazione ai lavori, kit congressuale e attestato con certificazione dei crediti attribuiti. Saranno accettati fino ad un massimo di 60 iscritti

Corso per Infermieri, Fisioterapisti e Operatori addetti all’Assistenza L’assistenza al paziente con disfagia: dalla valutazione all’intervento

Centro Pastorale Paolo VI sala 10 ore 14-18 Euro 10,00 L’iscrizione comprende: partecipazione ai lavori, kit congressuale e attestato con certificazione dei crediti attribuiti. Saranno accettati fino ad un massimo di 60 iscritti Per gli studenti iscritti ai corsi di laurea di Infermieristica e Fisioterapia l’iscrizione è gratuita: sono disponibili 10 posti per ciascun corso.

Si ringrazia l’azienda SCA HYGIENE PRODUCTS SPA per i l sostegno all’evento

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ANZIANI E EDUCAZIONE ALLA SALUTE

L’ospedale più adatto agli anziani Marco Trabucchi Gruppo di Ricerca Geriatrica Il cittadino comune rimane spesso sorpreso e preoccupato per le incertezze riguardanti l’assistenza dell’anziano in ospedale, perchè giustamente per lui l’ospedale è il luogo dove ricorrere nei momenti di difficoltà e poco gli interessano le problematiche degli addetti ai lavori. Durante un recente incontro pubblico nel quale cercavo di discutere questi problemi un persona anziana mi ha detto ”A me interessa trovare attenzione, ascolto, capacità di cura adeguata ai bisogni di un vecchio; il resto è una questione che non mi riguarda. Io voglio vedere il risultato; sono pronto a comprendere le motivazioni degli eventuali cambiamenti, però questi non possono essere a mio svantaggio, qualsiasi siano le ragioni. Troppo spesso ho visto che, quando si vuole, le cose si fanno, anche se costano e sono difficili da organizzare”. Per rispondere ai problemi sollevati da questa persona sono molto utili i risultati degli studi sino ad oggi condotti.. Cosa dicono i numeri di importante per migliorare nelle corsie ospedaliere l’assistenza ai vecchi ? Il dato principale è che i ricoveri degli anziani non sono inappropriati come si tende a dire spesso in modo superficiale. L’anziano che viene ricoverato in ospedale soffre di problemi clinici che possono trovare giovamento dal ricovero stesso; l’ospedale non è cioè un luogo per ricevere un’assistenza generica, ma un ambito di alta tecnologia e di interventi necessari e mirati. Inoltre, dove funzionano i sistemi di assistenza a casa (prima di tutto il medico di famiglia e poi i diversi sistemi di supporto domiciliare) gli anziani non affollano il pronto soccorso degli ospedali, perché la loro percentuale è appena superiore a quella della popolazione generale. Però, tra quelli che vanno in pronto soccorso i ricoverati aumentano con l’aumentare dell’età; ulteriore riprova che dopo un’attenta analisi della loro condizione clinica si decide il ricovero solo delle persone più fragili e ammalate. Infine è stato calcolato che circa il 12% dei degenti nei reparti medici è affetto da demenza. Considerando che la malattia è un ostacolo molto rilevante alla raccolta della storia clinica e all’esecuzione delle terapie, un numero così elevato impone una particolare attenzione alla loro cura (e quindi richiede una formazione specifica di medici e infermieri). Come si può capire, questi dati dimostrano che l’ospedale moderno, anche se ha cambiato in parte la sua tradizionale funzione di “hospitalitas”, continua a svolgere compiti fondamentali verso la parte più debole della popolazione, cioè gli anziani che sempre più numerosi chiedono nei momenti di crisi un’adeguata assistenza sanitaria.